Altri progetti di ricerca
ASCOLTARE NON SEMPRE LIBERA LE MANI Effetti della stimolazione acustica “free-hand” sulla percezione e sulla memoria di stimoli visivi e spaziali CARLO CALTAGIRONE Università di Roma Tor Vergata – IRCCS S. Lucia
INTRODUZIONE Il recente avvento della tecnologia “free-hand” nell’uso dei telefoni cellulari ed il loro conseguente utilizzo anche durante la guida di autovetture suggerisce la necessità di studiare gli effetti di stimoli acustici, verbali e non, su alcune prestazioni cognitive e motorie eseguite contemporaneamente alla stimolazione. Questa ricerca si propone di verificare in primo luogo l’eventuale influenza di stimoli acustici sull’eccitabilità della corteccia cerebrale, in particolare delle aree motorie e dei circuiti parieto - temporo - frontali coinvolti nell’integrazione plurimodale degli stimoli sensoriali (acustici, visivi) e nel loro immagazzinamento in memoria. A tale scopo la ricerca sarà articolata in tre fasi: A - in una prima fase sarà studiato l’effetto delle stimolazioni acustiche sull’eccitabilità della corteccia motoria in un gruppo di soggetti normali, avvalendosi dell’uso della stimolazione magnetica transcranica (TMS); B - una seconda fase della ricerca sarà dedicata allo studio degli eventuali effetti di modulazione delle stimolazioni acustiche sui processi attentivi coinvolti nella percezione di stimoli visivi lateralizzati nello spazio; C - nella terza parte prevediamo di valutare l’impatto della percezione di suoni verbali e non sulle funzioni di working memory (memoria di lavoro a breve termine) visuo - spaziale.
METODO A - Studio degli effetti di stimoli uditivi sull’eccitabilità della corteccia motoria mediante stimolazione magnetica transcranica (TMS) La TMS è una metodica non invasiva che consente su soggetti sani o su gruppi di pazienti di studiare le proprietà di eccitabilità di ampie popolazioni di neuroni di determinate regioni cerebrali. La stimolazione magnetica dell’area motoria induce una eccitazione dei neuroni deputati al controllo del movimento e quindi determina una transitoria attivazione di specifici muscoli, registrabile tramite segnale elettromiografico. A seconda delle diverse condizioni sperimentali le proprietà di eccitabilità di questa regione possono variare ed essere modificate. In particolare mediante l’utilizzo di due stimoli somministrati a brevissima distanza l’uno dall’altro (Paired-TMS), è possibile attivare circuiti inibitori o eccitatori in relazione all’intervallo scelto tra i due stimoli (inter stimulu interval-ISIs). ISIs di 2 - 3 millisecondi sono in grado di inibire la risposta motoria, mentre intervalli più lunghi (10 - 15 ms) inducono un transitorio aumento dell’eccitabilità corticale, misurata con risposte motorie evocate di maggiore entità. Scopo di questo studio è pertanto di valutare come questi parametri possano essere modulati dalla afferenza contemporanea di stimoli uditivi complessi. Un precedente lavoro di un gruppo di ricercatori giapponesi ha studiato l’effetto di un suono di elevata intensità sull’eccitabilità dell’area motoria, 2004
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trovando che l’attività dei neuroni di questa regione era transitoriamente soppressa quando udivano uno stimolo acustico improvviso dell’intensità di 80 dB e di durata di almeno 50 ms (Furubayashi et al., 2000). Una ulteriore evidenza della importante interazione tra il sistema motorio e quello uditivo è stata fornita lo scorso anno in uno studio di risonanza magnetica funzionale (fMRI). Hickok e coll. (2003) hanno infatti individuato il coinvolgimento di un ampio network corticale temporo-parieto-frontale specifico per l’integrazione audio-motoria. Inoltre recentemente un altro gruppo di ricercatori ha evidenziato come l’eccitabilità della corteccia motoria possa essere modificata dalla lettura di parole (verbi o nomi) di azione ma non di stato (Oliveri et al. 2004), dimostrando come elementi del discorso (seppure presentati visivamente) siano in grado di modulare le risposte motorie. Obiettivo del presente progetto è pertanto quello di studiare su un numero ristretto di soggetti normali (all’incirca 10) gli effetti sull’eccitabilità della corteccia motoria di stimoli uditivi complessi come parole (nomi e verbi, di stato e di moto) e non-parole, o come suoni non verbali significativi e non (ad es. uno squillo di un telefono). I diversi stimoli acustici verranno fatti ascoltare ai soggetti tramite un supporto biauricolare e contemporaneamente alla stimolazione uditiva si effettueranno le registrazioni dei potenziali evocati motori con la metodica della TMS a doppio impulso (Paired-TMS). Riteniamo pertanto che una diversa modulazione dell’eccitabilità dell’area motoria possa emergere a seconda del tipo di stimolo acustico, fornendo importanti informazioni sulla complessità del sistema di integrazione uditivo-motorio. B - Studio degli effetti della presentazione di stimoli uditivi sulla percezione di stimoli visivi lateralizzati L’integrazione cross-modale tra stimoli uditivi e visivi è un fenomeno noto nella percezione spaziale. I principi che regolano tale integrazione sono stati esplicitati da studi comportamentali e neurofisiologici negli animali (Stein and Meredith 1993) e negli ultimi anni numerosi studi hanno confermato che gli stessi meccanismi operano nell’uomo. In un recente studio condotto su pazienti affetti da eminegligenza spaziale si è dimostrato che veniva potenziata la detezione di stimoli visivi quando venivano presentati simultaneamente stimoli acustici provenienti nella stessa posizione nello spazio (Frassinetti et al. 2002). Tale effetto di facilitazione degli stimoli acustici sulla percezione di stimoli visivi è modulato dalle caratteristiche dello stimolo acustico, come frequenza ed intensità (Britton and Delay 1989), e dal grado di asincronia fra i due tipi di stimolo (Nakano 2002). La seconda fase di questo studio si propone, dunque, di valutare gli effetti della modulazione di stimoli acustici sulla percezione di stimoli visivi lateralizzati nello spazio. In particolare si intende analizzare l’effetto dell’asincronia fra stimoli acustici e visivi e l’eventuale differenza tra stimoli acustici di tipo verbale e non verbale sui processi attentivi spaziali. Saranno esaminati circa 10 soggetti normali, destrimani. La procedura sperimentale prevede l’esecuzione di un compito di detezione di stimoli visivi sub-liminali nel quale si chiede al soggetto di decidere per
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ogni presentazione in che posizione siano gli stimoli presentati, se nella periferia destra, sinistra o bilateralmente. Simultaneamente alla stimolazione visiva, o ad intervalli variabili da essa, i soggetti saranno sottoposti ad un compito di decisione lessicale, che consiste nella presentazione in cuffia (bilateralmente) di 20 parole bisillabiche di lunghezza e frequenza d’uso comparabili e 20 non-parole. Verranno analizzati i tempi di reazione ed il grado di accuratezza del compito di percezione visiva nelle diverse condizioni sperimentali. Ulteriore obiettivo di questo studio è quello di valutare le modificazioni dell’eccitabilità della corteccia parietale durante la concomitante stimolazione acustica, tramite la metodica della TMS a doppio impulso. La corteccia parietale è infatti regione critica nell’integrazione polimodale delle diverse afferenze sensitive (tattile, visiva, propiocettiva). Come dimostrato da recenti ricerche (Oliveri et al. 2001; Koch et al. 2004) la corteccia parietale presenta delle intrinseche proprietà di eccitabilità diverse da quella motoria. Pertanto è nostra intenzione valutare come queste caratteristiche possano essere modificate da fenomeni di integrazione degli stimoli uditivi con la percezione di stimoli visivi. Pertanto lo stesso paradigma precedentemente illustrato verrà adoperato anche durante l’applicazione contemporanea della TMS a doppio impulso. C - Modulazione delle funzioni di working memory visuospaziale da parte di stimoli acustici verbali Per working memory si intende quella componente del sistema di memoria a breve termine che consente non solo di mantenere in memoria l’informazione ma anche di operare su di essa, manipolandola e aggiornandola di continuo e mettendola al servizio di altre operazioni mentali, resistendo a compiti interferenti. D’altra parte, un comportamento flessibile richiede anche di reagire ed adattarsi a stimoli distraenti imprevisti, mantenendo la capacità di memorizzare le informazioni. Memorizzare per pochi secondi un’indicazione stradale, un percorso o la localizzazione di un edificio (ad esempio quando si è alla guida di un autoveicolo) sono operazioni che richiedono l’attivazione di circuiti della working memory visuospaziale. Parlare al telefono o semplicemente ascoltare un interlocutore durante lo svolgimento di queste operazioni rappresentano una situazione comune in cui la memorizzazione a breve termine degli stimoli visivi deve far fronte ed adattarsi a stimoli interferenti. Studi recenti (Berti and Schroger 2003) hanno evidenziato che gli effetti distraenti di stimoli uditivi su un compito di working memory visiva sono modulati dalla difficoltà del compito, riducendosi all’aumentare del carico cognitivo del compito di working memory. Scopo del presente studio è quello di valutare gli effetti di stimoli acustici di tipo verbale sulle funzioni di working memory visuospaziale, sia in termini di accuratezza nello svolgimento del compito, sia in termini di eccitabilità delle regioni cerebrali coinvolte nel compito stesso. Saranno esaminati 10 - 15 soggetti volontari sani, destrimani. 2004
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Test di working memory visuospaziale: verrà presentato un tipico compito di working memory spaziale, con un paradigma di tipo n-back, associato all’attivazione di regioni cerebrali specifiche, come la corteccia parietale, la corteccia premotoria e la corteccia prefrontale dorsolaterale (Oliveri et al., 2001). Sul monitor di un computer verranno presentati tre quadrati bianchi, in tre diverse posizioni spaziali, uno dei quali cambierà transitoriamente colore (da bianco a nero) per la durata di 300 ms, indicando la posizione spaziale da memorizzare (fase di studio). Dopo un intervallo di 5 secondi (delay), sul monitor saranno presentati 3 quadrati bianchi (fase di risposta) e il soggetto dovrà indicare quale delle tre posizioni era stata presentata in precedenza. Il test consisterà di 20 prove successive (20 fasi di studio e 20 fasi di risposta). Inoltre, si chiederà al soggetto di rispondere non allo stimolo appena presentato ma a quello presentato n volte prima (ad es. 2 volte prima). All’aumentare del valore di n aumenta il carico cognitivo del compito. Per rispondere i soggetti utilizzeranno tre tasti, corrispondenti alle 3 posizioni identificate sul monitor. La prestazione verrà in tal modo misurata in termini di accuratezza e tempi di reazione. Test di decisione lessicale con stimoli acustici: Verranno presentate in cuffia (bilateralmente) parole e non parole legali, al ritmo di 1 ogni 2 secondi. La presentazione degli stimoli acustici sarà temporizzata in modo da farla coincidere con la fase di studio, con la fase centrale del periodo di delay o con la fase di risposta del test di working memory visuospaziale. Compito del soggetto sarà quello di indicare verbalmente, dopo ciascuna presentazione, se lo stimolo presentato è una parola della lingua italiana o no. Sarà utilizzato un set di 20 parole bisillabiche, di lunghezza e frequenza di uso comparabili, e un set di 20 non parole bisillabiche. La prestazione al test di working memory visuospaziale con diversi carichi cognitivi (diversi valori di n) in condizioni basali (senza interferenza) sarà confrontata con quella ottenuta durante esecuzione concomitante del test di decisione lessicale. In una seconda fase del lavoro, al fine di valutare le modificazioni del pattern di eccitabilità corticale delle regioni cerebrali coinvolte nel test di working memory, sarà misurato l’effetto di interferenza della TMS della corteccia prefrontale e parietale destra sulla prestazione nel compito di working memory visuospaziale, in condizioni basali e durante esecuzione concomitante del test di decisione lessicale. Studi precedenti (Oliveri et al. 2001; Koch et al. 2004) hanno infatti evidenziato che la TMS della corteccia prefrontale e parietale durante la fase di delay interferisce transitoriamente con le funzioni di WM spaziale. È possibile ipotizzare che la presentazione simultanea del compito di decisione lessicale modifichi non solo la prestazione del soggetto ma anche il pattern di interferenza della TMS delle regioni parietali vs prefrontali con il compito stesso.
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ASPICE Assistive System for Patient’s Increase of Communication, ambient control and mobility in absence of muscular Effort DONATELLA MATTIA IRCCS S. Lucia
PROGRAM OVERVIEW Objectives and Background The aim of the proposal consists of the development of a device which allows the neuromotor disabled persons to improve or recover their mobility (directly or by emulation) and communication within the surrounding environment; this aim will be particularly addressed towards those stages of the disease in which the residual muscular strength could be not adequate, if present, for the utilization of conventional aids and in those conditions in which practical obstacles or security concerns could prevent a displacement from bed. A patient affected by DMD, SMA II or ALS undergoes limitations of mobility, with consequent constraints of the patient independence and therefore increase of caregiver work load. Nowadays, Information Technology (IT) offers the chance to develop devices which, if correctly integrated, allow relief from the described limitations. Description of the project At first, we will integrate the expertise acquired by each partner about: - interfaces for easy access to computer, up to utilization of signals collected directly but non - invasively from Central Nervous System (Brain Computer Interface, BCI); - controllers of intelligent motion devices which could follow complex paths, based on a small set of commands (Robotics); - information transmission and domotics, achieving the information flow between patient and controlled appliances, minimizing structural modifications of the house (Ambient Intelligence, AmI). The resulting system will be then validated on a representative number of patients, with the purpose of improving the system itself during the project and, eventually, assessing its effectiveness. Anticipated output The output will be a communication - control integrated system, customized on the severely motor impaired patient’s residual abilities, based on the aforementioned technologies. Clinical validation of the device will provide for the documentation about patients’ feedback and guidelines for customized system installation.
ROLE OF PARTNERS Fondazione Santa Lucia IRCCS (FSL) - The unit FSL will operate in promoting and coordinating the actions of the consortium. FSL researchers will perform two tasks: - adapting the available Brain Computer Interface (BCI) device to the standards of the integrated system under development; 2004
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- promoting the clinical experimentation, collecting results and coordinating interface modifications to suit needs of single patients. The first task will be carried out in the facilities of Clinical Neurophysiopathology laboratories, where the BCI prototype, based on a desktop PC, is placed. A second prototype of portable BCI will be prepared, based on a miniaturized digital EEG recorder, connected to a palmtop computer; the BCI system will be further improved with the purpose to optimizing the trade-off between speed and specificity in the recognition of patient’s commands, oriented towards the control of the whole system. The second task will be performed in the wards of the Rehabilitation Hospital, where a room, a hallway and the rehabilitation area will be equipped for accommodating patients who will participate in the experimentation. In this context, patients with different degree of disability will be taught the use of the system and data will be collected on system compliance to patients’ needs and on the reduction of caregivers’ work load. FSL will benefit from the collaboration with the Sezione Laziale of the Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare (UILDM), which will undertake patient selection; moreover UILDM will undertake an initial survey on the coort of eligible patients, that will regard the functionalities of the system they would like to see implemented. Dipartimento di Informatica e Sistemistica, Università di Roma La Sapienza (DIS) - The unit DIS will supervise and develop the robotics activities within the proposed project. In particular, DIS will be in charge of designing and implementing the navigation system for the intelligent motion devices used to increase the user’s mobility. The architecture of such system should be independent of the particular device (a mobile agent in virtual world, a legged mobile robot, a robotized wheelchair on which the user is actually moving), so as to be portable between the various application contexts. The navigation system must provide the intelligence layer which will guarantee efficient and safe motion execution in spite of the limited set of high-level commands received from the user through the BCI, and of the low rate of these commands. In particular, basic functionalities to be developed include perception of the surroundings through the sensory system, selflocalization within the environment, avoidance of stationary or moving obstacles, and reaching assigned goals. On the basis of the achieved performance, the DIS unit will give guidelines for designing the experimental environment in such a way that the maximum level of security is achieved for both patients and researchers. The unit will also participate in the clinical experiments to be performed at the Fondazione Santa Lucia, monitoring the mobile robots and their operation. Telecom Italia Learning Services SpA (TILS) - The unit TILS will develop a control system capable to capture the inputs provided by the patients. These inputs will be processed and analyzed to be transformed in commands for domotics applications and mobile robot. TILS will develop the management
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software interface using the Ambient Intelligence system already developed in the TILS research lab. This system will use a wireless network infrastructure to provide web access services to support both the patients and the mobile robot. The localization services for the mobile robot will be developed improving also both the capabilities of the robot to understand the command/inputs and the motion of the robot himself inside the experimentation context. TILS will also work to develop the operative control of a domotics commercial system for the remote control of devices in the experimentation context. Therapeutic Perspective Despite the absence of impact on his clinical situation per se, patient’s quality of life would be considerably improved. He/she will be able to go back to, or go on with his/her work and have fun with a computer, to control frequently - used devices, and to move virtually in his/her house and live family activities, even when a weak or absent muscular contraction would not have allowed other than lying in bed. Relevance for Telethon Promoting application of cutting edge engineering technologies to improve patient autonomy is a way to complement the effort of clinical research on neuromuscular diseases, and to attract IT researchers to become involved in this challenge. On the other hand, high technology applications are mostly appealing for the lay people, resulting in an occasion of more pervasive diffusion of news regarding diseases that are not usually under the spotlight.
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USER
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AmI - based Control Interface
Domotic Appliances (doors, lights, phone, TV, etc.)
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Internet, leisure, etc.)
Feedback
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ENVIRONMENT
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BACKGROUND The ultimate objective of medical care or treatment is the recover from the disease, or alternatively the improvement of the clinical symptomatology proper of the disease. In the field of rehabilitation, the main goal is the reduction of the disability provoked by any pathological condition that is the achievement of the maximum independence for a given clinical frame, by means of orthesis and the management of the disability related to the social disadvantage by means of different types of aids. Recently, the growing evidence for the development of electronic devices capable of ameliorating the possibility to increase the communication and the management of the house-environment has opened new avenues for patients affected by severe movement disorders with preserved cognitive functions. These devices still suffer from limitations due to the necessity of a residual motor ability which might prevent some pathological condition from their use. It exists today the knowledge to convey a cutting edge technological and scientific result in a way that the largest part of the population can benefit from it. Below three examples are described. So far they have been considered separate business for researchers of the respective branch of science. Today we want to integrate them to develop the awareness of a possible application in every day’s life, with particular attention to people who suffer from diseases that affect their mobility. Brain Computer Interface “Brain Computer Interfaces (BCI’s) give their users communication and control channels that do not depend on the brain’s normal output channels of peripheral nerves and muscles.”; “A BCI changes the electrophysiological signals from mere reflections of CNS activity into the intended product of the activity: messages and commands that act on the world”(Wolpaw, 2002). Figure 1 shows the general architecture of a brain-actuated robot. Portable device recording brain electrical activity; these raw signals are processed and transformed to extract relevant features which are then passed on to some mathematical models (in principle, neural networks). This model computes, after some training process, the appropriate mental commands to control robotic devices. Finally, visual feedback, and/or haptic, informs the subject about the performance of the brain-actuated robot so that he/she can learn appropriate mental control strategies and make rapid changes to achieve the task. Recent experiments have shown the possibility to use the brain electrical activity to directly control the movement of robots or prosthetic devices in real time (Chapin et al. 1999; Wessberg et al. 2000; Pfurtscheller and Neuper 2001; Meeker et al. 2002; Scherberger 2002; Serruya et al. 2002; Taylor et al. 2002; Millán et al. 2003). Different experience on BCI technology has been gathered. In USA, the group of Wolpaw has develop a BCI based on variations of EEG rhythmic activity, capturing the signals by means of an electrode cup
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to control the movement of a cursor on a computer screen (Wolpaw et al. 1991, 1997, 1998, 2000; McFarland et al. 1998, 2000; Vaughan et al. 1998). As for European group of Pfurtscheller (Graz University), the BCI system relays on an array with high number of electrode leads located over the scalp primary motor areas. The EEG background activity variation underlying motor imagery (related to different limb segment) are recognized in 80% of the cases, and they controls a cursor on a screen or a prosthetic device for limited hand movements in a tetraplegic subjects (Pfurtscheller et al. 1992, 1994, 2001, 2002). A different approach has been proposed by Birbaumer et al. (Tübingen University), utilizing a BCI based on the slow cortical potential that can open a communication channel with ALS patients. The output is represented by a condition in which the BCI trains the patients to the selection of alphabetic characters from a virtual keyboard (on a computer screen) so that patients with complete palsy have been able to write an entire letter (Birbaumer et al. 1990, 1997, 1999, 2000). As it emerges from this concise review, control tasks based on human EEG have been addressed to simple application, such as moving a computer cursor (Wolpaw and McFarland 1994) or opening a hand orthosis (Pfurtscheller and Neuper 2001). Beyond this pioneer approach, it is conceivable to extend the communication between disabled person and external environment towards mobility interaction. In particular, the recognition of mental activity will be put forward to guide devices (electronic wheelchair) or to interact naturally with common devices within the external word (telephone, switch, etc). This latter application of BCI technology has not been explored, yet; and it will represent the ultimate objective of this proposal. Robotics The possibility of taking advantage of robotic technologies in the present research project stems from the fact that, in the last decades, the morphology of robots has undergone a remarkable mutation: from the fixed-base industrial manipulator, it has evolved into a variety of mechanical structures, characterized by the fact that the robot is capable of locomotion, either on wheels or legs. This ability has largely increased the domain of application of robots, once limited to the traditional factory environment, encompassing a number of different situations, including material and goods transportation, assistance to hospital patients and disabled people, automatic surveillance, space exploration and many others (Zelinksy 1997). Navigation systems for sensor-based robot motion have made impressive advancements in recent years. Along the way, it has been necessary to address a number of theoretical and technological issues, such as: - perception: the robot should be able to acquire a reliable local map of the surroundings using its sensory system (Oriolo et al. 1998); - self-localization: to execute a given task, a precise estimate of the robot location in a world coordinate frame must be maintained (Dissanayake et al. 2001); 2004
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- obstacle avoidance: unexpected or moving obstacles should be avoided by appropriate reactive manoeuvres (Latombe 1991); - motion planning: on the basis of an environment map (local or global), the robot must plan movements leading to the destination, safely and efficiently (Laumond 1998); - motion control: the accurate execution of movements (essential whenever the robot entrusts its own integrity to the sensory system) requires the development of effective feedback controllers whose performance must be robust with respect to perturbations (Oriolo et al. 2002). While solutions are available for all the above problems, there is a gap to be filled concerning the application envisaged in the present project. In fact, the limited set of low-rate, high-level commands received from the user through the BCI must be integrated by an intelligence layer so as guarantee safe and efficient and task execution. Ambient Intelligence The research activity of TISL has been focused on the development of an access and support system for the devices which are considered as piece of equipment such as PDA and common house-tools such as doors, lights switch, telephones. The system is totally transparent to the user to be perceived as user-friendly and not invasive. The user does not feel the presence of the wireless network infrastructure around the ambient. In this regards, TISL will offer the competences already developed during the VICOM national funded project just focused on AmI and it will provide and further improve the skills experienced on context aware services theme.
SPECIFIC AIMS The aim of this project is to develop a system that allows the patient to unbind caregivers from continuous and irreplaceable assistance. We realize that it will not be possible, at the current state of the art, to let a patient with severe motor impairment to be completely independent of a relative or a nurse, but it is already possible to make some daily life activities possible in autonomy, with relief of the effort of the caregiver (no ceaseless presence is needed anymore) and with improvement of the psychological situation of the patient who is now enabled to reserve a “niche” of independence in his own daily life. In this frame, it could appear of remarkable importance the refining of the conventional devices addressing their use towards patients affected by severe neuromuscular degenerative disorders, characterized by the progressive loss of limb muscular activity in presence of intact cognitive performance, as in the case of SMA type II, DMD, ALS. This aim will relay on the effectiveness of the miniaturized BCI, the robotic navigation and domotic systems (ASPICE system) that will operate on the basis of the contribution of users identified as patients and caregivers.
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System Modules For the sake of description the ASPICE system can be divided into four modules. The exact specifications of each module may vary depending on the patient’s need, in order to cope with them. User (input) interfaces - One of the main concerns of the system is its effectiveness of use (to the maximum of the patient’s own ability) for patients with various levels of motor disabilities. This is allowed by to the modular planning of the input (patient to system) interface. In fact, a patient with the control of the distal functionality of the upper limb will be able to use a regular mouse (or a joystick or a row of switches, according the level of confidence of the patient with a computer) to express his will; a patient with a good control of the phonation will be allowed to use vocal control system and speech to text software a patient with more serious motor disability will be able to use alternative input devices, such as puff/sip switches, or even devices based on tracking of head position or eye gaze direction; a patients with extremely severe motor disability will be allowed to benefit from BCIs, which is designed to work in absence of any overt movement. The low number of patients who need of this last kind of interfaces is compensated by the uniqueness of this device to bring back a minimum of independence to the patient. In fact, if it is true that (nearly- ) locked- in patients always have a relative or a nurse who is often able to satisfy his/her needs (ability developed in the long experience at the bedside of that specific patient), this leaves no privacy to the patient and it makes him/her completely dependent. This approach assures that the user is allowed to exploit the maximal performances of the aid, whichever is the stage of its disease. The need for a training period in which the patient learns to utilize a BCI is well conjugated with the modularity of the input interface in case of evolutionary diseases. In fact the patient can learn the use of BCI while he/she uses other more effective interfaces, preparing itself for when its way of communication can only pass through the BCI. Another advantage of the modularity of the interface consists in making possible to relatives to use the same system as the patient; for instance, they can use the domotic facilities of the system, so that it will not be perceived exclusively like an aid, but like something similar to another “appliance”, accessible both from the patient and from his relatives and friends, contributing to diminish the stigma and increasing the probability of acceptance. Excepting software, maximum effort will be placed in utilizing commercial devices, so that the prototype can be easily replicated. The control unit - The control unit receives inputs from the patient, processes them and takes appropriate actions. The input instruction can arrive from any of the input devices listed in the previous section. The control unit will be aware of the input device(s) the patient is using and will tune up its sensitivity on the level of confidence that a statistical evaluation of mistakes made in the past. Moreover, the peculiar device in use will define the type of feedback provided to the patient, e.g. a arrow shaped cursor if a mouse is in use rather than a system of menus if slower input devices such as BCI are used. 2004
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As mentioned before, the control unit will display information to the user. For instance, after he/she has given the command to change the room temperature, the controller can feed back to the user the information that the command was executed. The display will also be used in BCI sessions to provide the biofeedback needed for interface control. The menu issuing strategy will be controlled by a smart algorithm, that, as mentioned, learns about the most common mistakes made by the user and adapts itself to refrain from executing potentially erroneous command; moreover the system will be context sensitive, in a sense that commands issued in the recent past, situations similar to the current one occurred in the past influence the set of choices available to the user, optimizing the speed of command recognition. It will be implemented as a software program running on a palmtop computer, connected via infrared and wireless radio (wifi, blutooth) to other devices. The connectivity of the unit makes it immediately suitable for telesupport, a feature that would allow technicians to solve minor problems connecting to the patient via an Internet dialup line. Excepting software, maximum effort will be placed in utilizing commercial devices, so that the prototype can be easily replicated. Domotic (output) interfaces - Many commercial devices and industry standards are developing with the aim of letting a person control the house appliances remotely, either from a room to another, or when he is away from home. The functionalities comprise: - remote video monitoring of the house, through a videocamera installed in the rooms; - temperature monitoring and heating/cooling system command. Moreover we can consider in this section many appliances that are remotely controlled via infrared or radio remote controls: TV sets, Hi - Fi sets, gates. A telephone can easily be modified so that it can be remotely controlled in the operation of hanging on/off and dialling numbers(some commercial devices also exist). For a or a nurse alarm the adaptation would be even easier. Complete systems, including channels to manage most of the devices mentioned here are also available. Where technically possible (the presence of a custom input port is required in the device), the software that send commands can be implemented in the control unit to support the domotic system without any hardware development. Maximum effort will be placed in utilizing commercial devices, so that the prototype can be easily replicated. Robotic (output) interfaces - The design of a navigation system for intelligent motion devices will have several applications in the project. The first and most intuitive is the implementation of a robot able to move safely in the environment, controlled by the disabled person. As a minimum functionality this robot will be equipped with teleconference devices (microphone, video camera, loudspeakers, even a small screen for duplex video transmission) so that it can emulate in all rooms of the house the presence of a patient constrained in bed. The need of a sensorized robot
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stems from safety issues (it should be able to avoid obstacles such as persons or fragile objects) and for easier driveability (besides a low level set of direction-straight, left, right, stop) it can also behave in a smarter way, finding the optimal path to the pointed target even if some obstacle prevents from following a pre - determined path. The architecture of such system will be independent of the particular device (a weeled or a legged mobile robot, a robotized wheelchair), provided that the device can feed back to the controller information on the surrounding environment (position relative to the room, presence of unexpected obstacles) coming from onboard sensors. This will leave the choice of the actual robotized device to the user - provided its affordability. The navigation system can also be ported to a virtual environment, such as the motion of a cursor on a desktop on which icons represent commands that can be issued. The intelligence layer of the navigation system would guarantee efficient and safe motion execution in spite of the uncertain control that the motor disabled patient will be able to exert on the input device (i.e. joystick). This would produce a lower degree of frustration, especially in those patients that are not accustomed with a computer; these patients would find in the virtual desktop described above an easier start with the complex command and control system. While solutions are available for all the above problems, there is a gap to be filled concerning the application envisaged in the present project. In fact, the limited set of low-rate, high-level commands received from the user through the BCI must be integrated by an intelligence layer so as guarantee safe and efficient and task execution. Maximum effort will be placed in utilizing commercial devices, so that the prototype can be easily replicated. Feasibility and Innovation Feasibility is ensured by using the advanced technologies which are already available for single partners. As demonstrated by the preliminary results, each partner has developed deep-rooted expertise in all fields request by proposed project. The present project has been organized in two parts with the similar duration in time and whose objectives are: first, to obtain an aid’s prototype and second, to verify its effective needs consistently with the needs of patients affected by neuromuscular diseases. The first part is well-scheduled in order to allow the integration of the already existing competence (and not the development of new ones) which will be tuned to eventually realize an innovative system. The second part is established in order to get a feedback from a representative number of patients (adequate for each disease and its evolution degree) which will be consistent with the logistic and economical resources planned in the period of time of the proposal. Innovation relays in the design of the aid, which implies three particular features that make it different from those already realized. First, the adaptability: patients with different degree of disability will be 2004
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operating with it (thanks to the modularity of the interface which will be use by the patient to interact with the system) up to a condition of voluntary muscular activity loss (thanks to the introduction of BCI interface). Second, the possibility to control a mobile device which will bring up the patient’s presence to any house place, being the patient immobilized in bed. Third, accuracy of the system design devoted to both maximize the acceptance of the system itself even by patient with no experience in the computer field and simply the interface in favour of the speed and precision in the command execution. As for BCI technology, the proposed aid would be, in the national scenario, the only one to have it integrated, whereas in an international environment, this would be, to the knowledge of the proponents, the only project which integrates the BCI technology within a complete, modular aid with a scope rather comparable (when not even higher) to the commercialized ones aid or those used as “demos”. The use of programs developed specifically in order to execute complex behaviours starting from simple commands, as in the case of robotic controls, is suitable with the needs of all users who do not have the ability to perform a precise modulation of the activities controlled by their own residual movement. Standard conformity to Home Automation will allow modularity and extent of a system thought for a patient whose needs change as the disease evolves. Command prediction strategies referred to the Ambient Intelligence implementation will be integrated with robotic algorithms so that the patient could be able to execute complete control only by means of a muscular effort as minimum as possible.
PRELIMINARY RESULTS Brain Computer Interfaces Over the last 5 years, Fondazione Santa Lucia has participated and successfully concluded two international and national research projects on the use of Brain Computer Interface technologies, with application in normal subjects as well as in paralyzed subjects. The first research project was funded by the European Community and lasting from 1998 to 2001. Such project has generated the necessary expertise to manage the problems related to the recognition of mental activity from EEG patterns. In this project, the Fondazione Santa Lucia has performed on normal subjects the recordings and the validation of the BCI algorithms provided by the Helsinki University of Technology and the European Joint Research Centre of the European Commission, in Ispra. Original scientific contributions from Fondazione Santa Lucia were also centered on the use of a BCI device with a minimum number of electrodes to reduce the discomfort for the final users of the device. Published results (Cincotti et al. 2002) obtained during the experimentation suggest that 4 channels located in centroparietal scalp areas (C3, C4, P3 and P4 scalp leads of the international 10/20 system) used in conjunction with quadratic
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classifiers for the detection of EEG patterns are enough to reach a 85% positive recognition score. Furthermore, during this project the Fondazione Santa Lucia has also increased the knowledge on the preprocessing aspects of the gathered EEG for BCI devices. This was obtained by performing a study (Babiloni et al. 2001) in which was proved as the use of the surface Laplacian improved in a statistical significant way the recognition of mental thoughts by the BCI device with respect to the use of raw EEG potentials. As a general outcome of the EU funded research project on BCI, Fondazione Santa Lucia participated and promoted 5 peer-review publications on the more important scientific journals devoted both the use of the technologies for the rehabilitation of patients (Millan et al. 2002a; Millan et al. 2002b; Cincotti et al. 2003; Babiloni et al. 2001; Babiloni et al. 2000). The second project led by the Fondazione Santa Lucia on the BCI field was funded by the Consiglio Nazionale Ricerche, the national Italian research agency, during the years 2001 - 2002. The project was centered on the application of BCI on paraplegic and tetraplegic patients (post-traumatic spinal cord injury) by recognized mental states associated to the imagination of movement of left and right hand as well as the right foot, using scalp EEG. During this project the expertise in the use of BCI device at the Fondazione Santa Lucia increased due to its application to several para and tetraplegic patients. Furthermore, original software solutions to increase the efficiency of the BCI device were also derived, and were published on the appropriate peer-reviewed bioengineering scientific journals (Bianchi et al. 2003a, Bianchi et al. 2003b). In this specific project, more than 18 subjects and patients have experimented with the realized BCI system. Most of them were trained for a few consecutive days (from 3 to 5). Training time was moderate, around 1/2 hour daily. Experimental results show that, at the end of training, the accuracy is 70% (or higher) for three mental tasks. This figure is more than twice random classification, which for three tasks is 33.3%. This modest classification accuracy does not preclude practical operation of BCI because is largely compensated by two properties: errors are below 5% (in many cases even below 2%) and decisions are made every 1/2 second. The first property implies that recognition is quite reliable since the neural classifier hardly takes one class for another. This is extremely important for the user to accept BCI. From the second property it follows that recognition takes 1 second in average, thus allowing BCI to respond quickly. This yields to the final user to interact with the BCI sufficiently fast to play a videogame, implementing the popular PACMAN game. In summary, the Fondazione Santa Lucia has developed, in the course of 5 years of funded projects on BCI, an expertise in the technical aspects at the base of the implementation of a BCI device, as well as a great and unique expertise in Italy on the use of such devices with normal and paralyzed subjects. It is worth of notice that Fondazione Santa Lucia has more scientific publications in this BCI field than any other Italian research center, and this provides an international certification of the quality of the research performed at the Fondazione in the described scientific areas. Of interest also the three-years experience with patients and the BCI devices, generated along the two funded projects. 2004
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Intelligent motion devices The DIS - Robotics Laboratory (http://labrob.ing.uniroma1.it) unit has an internationally established reputation in the research field of mobile robotics. Over the last 10 years, the group has successfully investigated various aspects of mobile robots, ranging from perception to map building, from localization to planning, from obstacle avoidance to feedback control design. In particular, the group has proposed reactive strategies for obstacle avoidance for wheeled mobile robots in cluttered environments (De Luca and Oriolo 1994), as well as innovative techniques for robot motion in completely unknown environments (Oriolo et al. 1998) where the robot was able to navigate safely by alternating two fundamental steps: incremental construction of a map of the environment and safe motion inside the reconstructed area. Reliable, accurate maps were built by processing the sensor data by fuzzy logic operators (Oriolo et al. 1997).The quality of the map obtained with this technique is affected by two main factors: the used sensors (sonar) and the estimation of the robot position and orientation (localization problem). In Fabrizi et al. (2001) it was shown that the quality of the map could be improved by fusion of data from different sensors, e.g., laser, sonar, camera, while in Antoniali and Oriolo (2001) a new method for localization was proposed which was shown to outperform the classical Extended Kalman Filter commonly used for localization. The group has also given significant contribution to the solution of both the planning and the feedback control problems of wheeled mobile robots, a class of mobile robots which poses challenging problems in robotics. Probabilistic planning techniques have been adopted to devise efficient planners in known environments (Sartini et al. 2002). For wheeled mobile robots, several nonlinear feedback controllers have been designed and experimented on real robots to track given trajectories or to reach an assigned location (parking task, Oriolo et al. 2002). An higher degree of robustness in the task execution and obstacle avoidance has been achieved by using visual feedback from a fixed camera in the environment (De Luca et al. 2002). As for the problem of obstacle avoidance, the group has contributed the definition of an appropriate distance to the obstacles in the environment for the special class of wheeled mobile robots (Vendittelli et al. 1999).Due to the particular kind of mobility of these robots (like a car, they can not move sideways), their distance to the obstacles in the environment is not the euclidean one but the correct distance can be determined based on the length of the shortest paths for these vehicles. Recent results have also been achieved in planning and controlling the motion of legged robots (Zonfrilli et al. 2002) using a low-energy locomotion strategy. All these research activities have been experimentally validated on the mobile robots available in the laboratory, i.e., the Nomad 200 by Nomadic Technologies, the MagellanPro by iRobot, the self - built wheeled mobile robots MARIO and SuperMARIO, and the quadruped robot AIBO by Sony.
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Ambient Intelligence and system integration The proposed activities fit into the established lines of TILS research, on technologies for Ambient Intelligence (AmI), mobile and pervasive computing, distributed web based services and applications, and testing and validation of end - user services. Building on current research on intelligent ambients, sensor networks, and mobile ubiquitous computing carried on within the Italian VICom project and other European projects, TILS aims at validating tools for ambient services, based on sensors networks and mobile terminals acting both in sensor and user device role. TILS owns and manages a complex application, systems and network infrastructure: example services include knowledge management platform for Intelligent Ambient, developed in collaboration with University of Rome Tor Vergata within Italian VICom project. Over the past years TILS has been involved in many both Italian and European R&D projects. Projects in the VIth Framework Programme have been focused on the FET (Future Emerging Technologies), especially in the “Complexity” Strategic Objective. TILS has provided his competences in agents based platform, JADE. In the DELIS (Dynamically Evolving, Large-Scale Information Systems) project TILS has also developed methods, techniques and tools to understand the structure and dynamics of large scale information systems and has provided methods for controlling and optimizing such systems. In the PACE project (Programmable Artificial Cell Evolution), TILS has provided competence to explore the utilization of the simplest technically feasible elementary living units (artificial cells much simpler than current cells) to build evolvable complex information systems. In the first call in the IST VIth Framework Program, TILS has been working in the SIMPLICTY (Secure, Internet-able, Mobile Platforms LeadIng Citizens Towards simplicity) project to design, develop and evaluate an architectural framework supporting simple customisation of terminals, services and networks. Looking at the research activity carried out during the Vth Framework programme TILS can show expertises on several fields: the ANGELO (Knowledge Based Virtual Facilitator in Team) project, ended in 2001, was focused on the development of an e-Assistant designed to improve the quality of work and the productivity of call-centre agents and supervisors and provided tight integration with existing software. The Neuro Bit (a bioartificial brain with an artificial body: training a cultured neural tissue to support the purposive behavior of an artificial body) project in which TILS has studied how to use living networks of neurons, to control the motor behavior of a mobile robotmoving and acting in a changing environment. Neurons extracted from mammalian embryos are cultured, in vitro and connected to a silicon substrate with a real-time connection to the robot and the I learning project (Immersion/Imagery enhanced learning) focused on using Virtual Reality to deliberately evoke and re-organize “motor imagery” in the mind of a learner. The last two EU funded projects TILS has been involved in, regard new working environments theme. In the MOBIlearn (Next generation paradigms and interfaces for technology supported learning in a mobile environment 2004
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exploring the potential of ambient intelligence ) TILS has been studying and exploring new ways to use mobile environments to meet the needs of learners, working by themselves and with others using state - of - the - art mobile devices; in the Elocus (for a larger integration of the individual at the workspace) project TILS has been working on scenarios and forecast studies to identify the key issues and characteristics of the future collaborative workspaces. The last three projects listed below are funded by Italian agencies. In the first, VICom (Virtual Immersive Communications), actually the biggest project on telecommunication ever funded in Italy-TILS is developing technology demonstrators bringing together the results of basic research into Immersive Virtual Telepresence (IVT), wireless and network technologies. In particular the aims of the project are to develop two demonstrators: • Mobility in Immersive Environments (MIE): immersive augmented reality and advanced infomobility services in indoor and outdoor settings; • Virtual Immersive Learning (VIL): immersive technologies for distance learning and remote collaboration. TILS has also been also working in the MITE TIV project (Microtechnologies for Immersive Virtual Telepresence) desingning a new generation of microsystems, with features specially suited to applications in Immersive Virtual Telepresence, and in the NEURO TIV project (Managed care based on Immersive Virtual Telepresence for assessment and rehabilitation in neuropsychology and clinical) exploring applications of IVT in clinical practice, with the aim of achieving the critical mass necessary for Italy to compete in this area.
CLINICAL PROTOCOL AND METHODS Rationale of the consortium The aim of this consortium is to provide “a unique instrument capable of a set of functions”, rather than “a set of instruments, each one of which capable of only one function”. The technologies made available to the project by the single partners are indispensable for the system to work: 1. The BCI is the only way to help patients with extreme motor impairment; 2. Robotics is the way to allow a safe and effective motion to people who cannot have a fine control on muscular contraction in order to command a joystick or other input devices 3. AmI offers: the standards for domestic ambient control (domotics) that allow for modularity (easy installation of additional units) of the system, wireless networking technologies, that allow addition of units with minimal intervention on the house; “intelligence” peculiar of the AmI approach, which makes more intuitive the access to actually available resources. Collaboration of the partners is indispensable, so that technologies belonging to single partners can be directed with the aim to create an effective assistive system.
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Users that may specifically benefit from the ASPICE system The pathological conditions of interest in this context, referring to as neuromuscular diseases, include the Spinal Muscular Atrophy type II (SMA II), Duchenne Muscular Dystrophy (DMD) and Amyotrophic Lateral Sclerosis (ALS). In particular, the course of these diseases causes a severe global motor impairment which totally reduces the subject’s autonomy and creates a non -stop assistance condition as essential. Currently commercialized aids, although not always available for users, allow to counteract mobility and communication constrains only if reduced voluntary movements are retained. When a further motor impairment occurs during the time course of the disease, and even in those cases of a precocious bulbar involvement and/or in absence of speech ability, it becomes needful to identify new criteria to integrate the already available technologies, with the purpose of implementing aids compatible with phases of advanced neuromuscular impairment. In SMA II , the main indication for the system approach relays in the severe decline of motor functions, which prevents, especially considering upper limbs functionality, to control an electronic wheelchair, or to use a keyboard or a simple remote control. It is of relevance that the resort to an invasive, mechanical ventilation in these patients, is restricted to only few of them (intermediate forms: SMA I/SMA II). In DMD, along with the motor impairment, generating similar functional limitations, the primary indication is certainly the tracheostomy: during certain phases of mechanical ventilation (nocturnal treating with cuffed endotracheal tube) or permanently (subjects with “ab -ingestis” risk) the ventilation circuit excludes high respiratory paths, determining any possibility of voice emission, and the caregiver to be constantly present in the patient’s room. As for the upper and lower motoneuron disorders, the indications for the system to be suitable, include both a precocious loss of verbal communication capability and the need of contrasting the consequence of the progressive and dramatic evolution of the disease (locked-in patient). Regarding the above portrayed condition, UILDM can claims an assistance database (see 2002 Activity Report) which is rather congruent, considering the 1/11 population ratio between Lazio and Italy, with both prevalence data on the regarded diseases and the number of neuromuscular subjects undergoing invasive ventilation. As for epidemiologic data, collected by ANTADIR (the whole of French associations taking care of domiciliary assistance of patients with respiratory failure, see http://www.antadir.asso.fr/), in January 2000 in France, a presence of 2000 mechanically-ventilated patients (about 400 new cases/year) has been noticed, out of 21341 patients in charge. MNM affected patients undergoing invasive ventilation are about 20% of total. UILDM database (45 subjects with tracheostomy out of a whole sample of 80 ventilated subjects) is consistent with the number of invasively-ventilated subjects, while the total number of ventilated patients results as 50% smaller than what expected (180). Based on the overall epidemiological and professional care expertise of the UILDM, its participation to the proposal will be addressed towards the criteria for eligible users (inclusion of the subjects in the proposed experimentation) and continuous approach to the patients and his/her relative. 2004
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Clinical experimentation Patients affected by SMA II, DMD or ALS will be informed on the nature of the device under development and on the modalities of the clinical experimentation. To this aim, a booklet containing the mentioned information will be prepared and the clinician that will perform patients’ inclusion will be given all the technical information necessary. Among all patients that will accept to participate in the experimentation, a number will be selected so that several levels of the variables of interest (and possible combinations) will be represented. The main variable of interest are: • the degree of motor impairment, as assessed by current standardized scale (Barthel Index (BI) for ability to perform daily activities); • the use of and familiarity with transducers (sip/puff, switches, speech recognition, joysticks) that can be used as input to the ASPICE system; • the ability to speak or communicate, resulting comprehensible to an unfamiliar person (professional personnel will be devoted to monitor language ability); • the level of informatics alphabetization, measured by the number of hours/week spent in front of a computer and by the fact that the patient works/used to work with a computer. Since not two patients are alike, slight modification to the original project must be taken into account to cope with special needs. Needs can be evident before the patient’s admission, in which case the system can be prepared in advance, or can be requested by the patient to improve acceptation or efficacy, in which case the modifications would be performed as quickly as possible during the experimentation period of the patient. The adjustment will most probably regard the input interface, but may in principle regard any other module of the device. For a period of time ranging from 3 to 4 weeks, the patient and his caregivers will be given the opportunity to practise with the ASPICE system. During the whole period, even if more intensively at its beginning, an engineer will take care to teach the use of the system. This experience will be conveyed into a manual of the system, for the advantage of users and installers, and into teaching guidelines, that will be available for teachers with less experience. Data on two main aspects will be collection during the experimentation: • increase of the user’s independence; • reduction of caregivers’ workload. The index of daily activities performed at the beginning of the training and when the user masters the system will be recorded and analyzed. Records will be kept and analyzed also of the number of calls delivered to the nurse and total time spent by the nurse at the patient’s bed, when familiar caregivers are not present. Finally a subjective index of satisfaction will be derived from a questionnaire administered both to the patient and to the caregivers.
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The working hypothesis is that the number of activities that the patient can perform will increase, due to the new access to control of appliances; consequently the effort requested to the caregiver to help the patient with the restored activities will be decreased. The involvement of caregivers in favour of patients with extremely reduced communication capabilities will be dramatically reduced, since those patients can rely on a new nurse-call system and they do not need any more constant attention. The usefulness of the BCI-based interface is expected to be acceptable only for those patients who are non able to perform any voluntarily controlled movement. Nevertheless, it will be tested on all patients included in the experimentation because data are needed on the level of acceptation of this input interface in the stages of the disease in which other communication modalities are available to the patient. The test is indispensable since a training period is needed to master the interface, and it is advisable that it occurs while the patient can still communicate. Project Schedule Action 1: Definition - system communication standards This action is aimed at homogenizing in the consortium the technologies proper of each partner. The input/output specifications of each module will be analyzed, and possibilities of modification will be evaluated. The aim of this phase is to draw the interconnection layer between the physical modules that will constitute the ASPICE system. The action will equally involve all three partners. Action 2: Definition – system specifications (aid functionalities) The contribution of the possible users – patients affected by diseased considered in this project together with their caregivers – will be considered at this stage. A survey of desired functionalities will be carried on as follows: An informative note will be prepared to explain in a plain language what the system is and what kind of applications it can support. A questionnaire will be prepared to receive in a structured form the contributions. Technical personnel actively involved in the design will be available for clarifications or meetings, in order to clarify specific doubts or interact with possible users for a better reciprocal understanding. The action will involve all three partners. In particular FSL (through its agreement with UILDM) will behave as a link between the users and the developers. Action 3: Integration – adaptation of single partners’ existent technology This action will be undertaken by all single partners separately. In fact, it is aimed at a refinement of the available devices in order to be ready for integration, accordingly to guidelines defined in Action 1. The exact extent of this action cannot be foretold at this time, but it is reasonable to think that it will be an issue of no new research - rather a merely technical matter. 2004
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Action 4: Integration – development of the interconnection layer This action will consist in the development of the control unit (probably implemented as a software program running on a palmtop computer) that receives inputs from useur-interface devices, sends output to domotic, robotic or software applications, together with a feedback to the user - when not implicit in the output. The control interface will be designed according to easy access paradigm proper of Ambient Intelligence. This action will be mainly carried out by TILS. Action 5: Testing – validation with healthy subjects and virtual devices The effectiveness of the miniaturized BCI, of the robotic navigation and domotic systems and of the control unit will be preliminarily tested. A simulation virtual environment will be developed and utilized for the intrinsically hardware (robotic and domotic) systems, so that tests can be performed even if those devices are not physically available in the laboratories where tests take place. Action 6: Clinical Experimentation - selection and inclusion of patients Patients will be selected according to the criteria described in a previous section. In particular, the comprehension and agreement of the modalities of the clinical experimentation will be necessary. Patients will be selected so that groups of different level of motor impairment are represented, as well as groups that have different attitude and experience with technological aids. The action is in charge to FSL, that in turn will benefit from UILDM contribution. Action 7: Clinical Experimentation – technical adaptation to single patient’s needs Since not two patients are alike, slight modification to the original project must be taken into account to cope with special needs. Needs can be evident before the patient’s admission, in which case the system can be prepared in advance, or can be requested by the patient to improve acceptation or efficacy, in which case the modifications would be performed as quickly as possible during the experimentation period of the patient. The adjustment will most probably regard the input interface, consequently being mostly in charge to FSL, but may in principle regard any other module of the device; also DIS and TILS may therefore be called to give their support in this Action. Action 8: Clinical Experimentation – training of the patient on the use of the system For a period of time ranging from 3 to 4 weeks, the patient and his caregivers will be given the opportunity to practise with the ASPICE system. During the whole period, even if more intensively at its beginning, an engineer will take care to teach the use of the system. This experience will be conveyed into a manual of the system, for the advantage of users and installers, and into teaching guidelines, that will be available for teachers with less experience. This action will be mainly carried out by FSL. Action 9: Clinical Experimentation – assessing the effectiveness of the system Data on two main aspects will be collection during the experimentation: increase of the user’s independence and reduction of caregivers’ workload.
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The index of daily activities performed at the beginning of the training and when the user masters the system will be recorded and analyzed. Records will be kept and analyzed also of the number of calls delivered to the nurse and total time spent by the nurse at the patient’s bed, when familiar caregivers are not present. Finally a subjective index of satisfaction will be derived from a questionnaire administered both to the patient and to the caregivers. This action will be carried out by FSL. Action 10: Dissemination The action responsible will set up a WWW site at the beginning of the project. The WWW site will have a public area that will present documents and videos related to the project development. Furthermore, this WWW site will have a private area that will be accessible only to the project members to (stored internal drafts and confidential documents). Dissemination will be also done by means of peer-reviewed papers in journals and major conferences of the multidisciplinary fields of the project. Coverage by non scientific media will also be cared. This action will be carried out by FSL together with the other partners. Timetable and Deliverables First Year – Technological Integration On month 1 of the project, Actions 1 (Definition) and 2 (System spec.) will start. After one month, Action 1 will be completed and the preliminary results of Action 2 will be available, so that Action 3 (Adaptation) can start. On month 3, Action 2 must be completed. On month 5, after the end of Action 3, the single devices will be ready for Action 4 (Integration) to start. It will last 6 months and it will overlap with Action 5 (testing) that will be performed from month 8 to month 12 included. At the milestone of the first year, there will be 1 Deliverable available: • ASPICE Prototype. Second Year– Clinical Validation Action 6 (Inclusion) will begin two months before the beginning of the second year, and Action 7 (Adaptation) one month before, so that the prototype can account for the peculiarities of the first patients. Actions 8 (Training) and 9 (Assessment) will last during all the second year. At the milestone of the end of the project, there will be 3 Deliverables available: • Revised version of the ASPICE prototype. • ASPICE Installation and Use Documentation. • Report on the experimentation.
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ASPICE
– M C FARLAND D.J., M C C ANE L.M., W OLPAW J.R. (1998) IEEE Trans on Rehabilitation Engineering 6: 7 - 11. – M C FARLAND D.J., M INER L.A., VAUGHAN T.M., W OLPAW J.R. (2000) Brain Topogr 12(3): 177 - 186. – MILLÁN DEL R. J. (2003a) Communications of the ACM 46: 74 - 80. – PFURTSCHELLER G., FLOTZINGER D., MOHL W., PELTORANTA M. (1992 Apr) Electroencephalogr Clin Neurophysiol 82(4): 313 - 315. – PFURTSCHELLER G., PREGENZER M., NEUPER C. (1994 Nov) Neurosci Lett 7; 181(1 - 2): 43 - 46. – PFURTSCHELLER G., NEUPER C. (2001) Proceedings of the IEEE 89: 1123 - 1134. – SCHERBERGER H. (2002) Reach planning in the posterior parietal cortex and the development of a cortical prosthesis for arm control movement. Seminar at the Center for Brain & Mind, Swiss Federal Institute of Technology, Lausanne. – SERRUYA M.D., HATSOPOULOS N.G., PANINSKI L., FELLOWS M.R., DONOGHUE J. (2002) Nature 416: 141 - 142. – TAYLOR D.M., HELMS TILLERY S.I., SCHWARTZ A.B. (2002) Science 296: 1829 - 1832. – VAUGHAN T.M., MINER L.A., MCFARLAND D.J., WOLPAW J.R. (1998 Dec) Electroencephalogr Clin Neurophysiol 107(6): 428 - 433. – WESSBERG J., STAMBAUGH C.R., KRALIK J.D., BECK P.D., LAUBACH M., CHAPIN J.K., KIM J., BIGGS S.J., SRINIVASSAN M.A., NICOLELIS M.A.L. (2000) Nature 408: 361 - 365. – WOLPAW J.R., MCFARLAND D.J., NEAT G.W., FORNERIS C.A. (1991 Mar) Electroencephalogr Clin Neurophysiol 78(3): 252 - 259. – WOLPAW J.R., RAMOSER H., MCFARLAND D.J., PFURTSCHELLER G. (1998 Sep) IEEE Trans Rehabil Eng 6(3): 326 - 333. – WOLPAW J.R., MCFARLAND D.J., VAUGHAN T.M. (2000 Jun) IEEE Trans Rehabil Eng 8(2): 222 - 226. – WOLPAW J.R., BIRBAUMER N., HEETDERKS W.J., MCFARLAND D.J., PECKHAM P.H., SCHALK G., DONCHIN E., QUATRANO L.A., ROBINSON C.J., VAUGHAN T.M. (2000 Jun) IEEE Trans Rehabil Eng 8(2): 164 - 173. – ANTONIALI F.M., ORIOLO G. (2001) IEEE International Conference on Robotics and Automation (Seoul) 1591 - 1596, KR. 2004
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Sezione II: Altri progetti di ricerca
– DISSANAYAKE G., NEWMAN P., CLARK S., DURRANT-WHYTE H., CSORBA M.A. (2001 June) IEEE Transactions on Robotics and Automation 17( 3): 229 - 241. – DE LUCA A., ORIOLO G., PAONE L., ROBUFFO GIORDANO P., VENDITTELLI M. (2002) Visual-based planning and control for nonholonomic mobile robots. 10th IEEE Mediterranean Conference on Control and Automation (Lisbon) (PT). – DE LUCA A., ORIOLO G. (1994) IEEE International Conference on Robotics and Automation (San Diego) (CA) 104 - 110. – FABRIZI E., ORIOLO G., ULIVI G. (2001) In Fuzzy Logic Techniques for Autonomous Vehicle Navigation, Springer-Verlag, 257 - 279. – LATOMBE J.C. (1991) Robot Motion Planning. Kluwer Academic Publishers, Boston. – LAUMOND J.P. (ed) (1998) Springer 229. – ORIOLO G., ULIVI G., VENDITTELLI M. (1997) J of Robotic Systems 14(3): 179 - 197. – ORIOLO G., ULIVI G., VENDITTELLI M. (1998) IEEE Transactions on Systems Man and Cybernetics 28(3): 316 - 333. – ORIOLO G., DE LUCA A., VENDITTELLI M. (2002) IEEE Transactions on Control Systems Technology 10(6): 835 - 852. – SARTINI T., VENDITTELLI M., ORIOLO G. (2002) A resolution-adaptive strategy for probabilistic motion planning. 9th International Symposium on Robotics with Applications (Orlando) (FL). – VENDITTELLI M., LAUMOND J.P., NISSOUX C. (1999) IEEE Transactions on Robotics and Automation 15( 4): 678 - 691. – ZELINSKY A. (1997) Field and Service Robotics, Springer Verlag. – ZONFRILLI F., ORIOLO G., NARDI D. (2002) A Biped Locomotion Strategy for the Quadruped Robot Sony ERS - 210. 2002 IEEE Int Conf on Robotics and Automation, Washington (DC).
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BASI MOLECOLARI DELLE MALATTIE NEUROLOGICHE Responsabile: EMILIO BIZZI European Brain Research Istitute (EBRI) U.O. 2: PAOLO CALABRESI U.O. 5: CLAUDIA BAGNI Università di Roma Tor Vergata - IRCCS S. Lucia
DENOMINAZIONE DEL LABORATORIO EBRI (European Brain Research Institute) è un nuovo centro di ricerca interdisciplinare che ha due principali obiettivi: 1. utilizzare tecnologie avanzate per effettuare ricerche su questioni fondamentali sulla organizzazione funzionale e sullo sviluppo del cervello; 2. tradurre i risultati delle neuroscienze di base in modo da migliorare, e possibilmente curare, malattie che colpiscono il sistema nervoso.
TEMATICHE DI RICERCA • Sviluppo di modellistica per lo studio di reti neuronali. • Metodologie di studio innovative per lo studio dello sviluppo cerebrale. • Produzione di mutanti condizionali di geni coinvolti nello sviluppo ed in patologie nervose. • Proteomica per lo studio del differenziamento e di patologie neurodegenerative.
UNITÀ DI RICERCA COINVOLTE U.R. 1 - European Brain Research Istitute (EBRI) - Responsabile: prof. Emilio Bizzi U.R. 2 - IRCCS Fondazione Santa Lucia, Laboratorio di Neurofisiologia - Responsabile: prof. Paolo Calabresi U.R. 3 - European Brain Research Istitute (EBRI) - Responsabile: dr. Carlo Cogoni U.R. 4 - Università di Tor Vergata, Dipartimento di Medicina Interna Responsabile: prof. Giorgio Federici U.R. 5 - IRCCS Fondazione Santa Lucia, Laboratorio di Neurobiologia Molecolare - Responsabile: prof.ssa Claudia Bagni U.R. 6 - European Brain Research Institute (EBRI) - Responsabile: prof. Antonino Cattaneo U.R. 7 - Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare (CNR) Responsabile: prof. Pietro Calissano
OBIETTIVI GENERALI L’obiettivo principale di EBRI è raggiungere una comprensione delle funzioni cerebrali attraverso un approccio interdisciplinare. A questo scopo, verranno combinate tecnologie di punta in campi molto differenti. L’obiettivo generale di questa proposta è di sviluppare presso EBRI una 2004
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piattaforma integrata di tecnologie abilitanti, organizzate come “core facilities” interconnesse, che diano supporto agli obiettivi scientifici di EBRI stesso. La piattaforma tecnologica verrà implementata direttamente portando avanti le attività scientifiche programmate, e comprende: 1) Modelli sperimentali basati sulle scimmie, per studiare in modo quantitativo compiti di memoria ed apprendimento. 2) Genetica del topo per: • knock out genetico costitutivo e condizionale; • knock out fenotipico costitutivo e condizionale con anticorpi transgenici (neuroanticorpi); • ablazione cellulare in topi transgenici; • marcatura genetica di popolazioni cellulari in vivo con transgenici BAC (Bacterial artificial chromosomes) e geni reporter per imaging. 3) Tecnologie di imaging avanzate, per studiare funzioni proteiche ed attività elettrica e sinaptica in neuroni viventi. 4) Citometria a flusso, per isolare popolazioni omogenee di neuroni marcati per farne profili di espressione. 5) Profili di espressione di mRNA: • Con tecnologie di microarrays; • Profili di espressione di singoli neuroni. 6) Proteomica/spettrometria di massa: • Profili di espressione di proteine; • Identificazione con spettrometria di massa di complessi proteici isolati da neuroni e sinapsi 0. 7) Proteomica funzionale (tecnologie di knock out fenotipico): • RNA interference con piccolo RNA; • Protein knock out con intracorpi; • Delivery Virale di agenti interferenti (RNAi o intracorpi) in neuroni in vivo/in fettine. 8) Registrazioni elettrofisiologiche con multielettrodi in vivo, per registrare simultaneamente la attività di centinaia di neuroni. 9) Modellizzazione computazionale: la attività elettrica delle popolazioni di neuroni viene utilizzata come input per lo sviluppo di modelli computazionali. 10) Interfaccia cervello-macchina. Il sistema multielettrodo verrà utilizzato come input ad una interfaccia computazionale che genera segnali che comandano un robot o un computer. Questa piattaforma tecnologica, che permetterà di studiare le funzioni cerebrali superiori in modo “verticale”, dalle molecole al comportamento, verrà implementata come un insieme di “core facilities”, che verranno rese disponibili ai gruppi di ricerca presenti sul sito EBRI, a gruppi esterni collaboratori ed a visitatori. È importante osservare che tutto il know how scientifico e tecnologico richiesto è disponibile presso i gruppi partecipanti.
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DESCRIZIONE DELLE ATTIVITÀ DI RICERCA Le attività di ricerca saranno basate sulla piattaforma integrata e saranno focalizzate lungo quattro linee principali. Neurogenomica della corteccia del lobo frontale: verso i meccanismi molecolari dell’apprendimento motorio (Tema 2f - 2 “Metodologie per lo studio innovativo dello sviluppo cerebrale”) Gli esperimenti descritti nel seguito mirano a studiare i profili di espressione di mRNA e di proteine da aree corticali del lobo frontale della scimmia. In particolare, ci si focalizzerà sulle regioni attive durante l’instaurazione di memorie a breve ed a lungo termine, come pure sui processi responsabili per il consolidamento delle memorie motorie nelle aree del lobo frontale. Si osservi che i processi che portano alla formazione di memorie a breve ed a lungo termine coinvolgono lo sviluppo di nuove mappe sensori-motorie. È di notevole interesse scoprire come le mappe sviluppate de novo si integrino con quelle stabilite in precedenza. Inoltre, la formazione di nuove mappe può essere vista come una ricapitolazione di processi di apprendimento motorio durante lo sviluppo del cervello. Verrà esplorata anche l’area F5, caratterizzata dalla presenza dei cosiddetti “neuroni specchio” (mirror neurons) (Rizzolatti). I patterns di espressione genica ottenuti dalle aree motorie saranno poi confrontati con quelli ottenuti dalla corteccia cingolata anteriore, una regione dove il controllo motorio e aspetti cognitivi si interfacciano. Le nostre ricerche sull’espressione genica dei neuroni del lobo frontale acquisteranno ulteriore significato dalla collaborazione con i laboratori del S. Lucia di Strata e Calabresi (U.O. 2), che saranno coinvolti nelle analisi in parallelo del cervelletto (Strata) e gangli della base (Calabresi) nel corso di apprendimento motorio. Esperimenti di psicofisica condotti da Bizzi mostrano che nell’uomo e nella scimmia l’apprendimento di un compito motorio innesca processi neurali a breve ed a lungo termine che continuano ad evolvere dopo che l’allenamento si è interrotto, un fenomeno noto come consolidamento. Nell’uomo, i compiti motori neo-acquisiti si trasformano rapidamente nel tempo, da uno stato iniziale fragile ad uno stato più solido (Brasher-Krug et al.). Studi neurofisiologici nella scimmia da parte di Bizzi (U.O. 7), basati su registrazioni da neuroni corticali motori in scimmie che dovevano i loro movimenti alla presenza di campi di forza esterni di disturbo, hanno dimostrato che la corteccia motoria primaria, la corteccia pre - motoria dorsale e le aree motorie supplementari sono tutte coinvolte nell’apprendimento motorio e nel consolidamento delle memorie sensori-motorie. Abbiamo osservato cambiamenti cellulari in una selezionata popolazione di neuroni corticali (“neuroni di memoria”), distribuiti tra i neuroni non coinvolti nell’apprendimento. Questi neuroni vengono a costituire le nuove mappe che codificano i nuovi compiti motori appresi (Gandolfo et al., Li et al., Padoa-Schioppa et al.). L’obiettivo di questa ricerca è di identificare i profili di espressione genica/proteica durante l’acquisizione di nuovi compiti motori nella scimmia e la trasformazione da memoria a breve termine al consolidamento a lungo 2004
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termine. Piccole quantità bioptiche di tessuto cerebrale saranno prelevate da aree corticali coinvolte nel controllo ed apprendimento motorio, da cui verrà isolato ed amplificato RNA, prima e dopo l’apprendimento. Le sonde di RNA saranno ibridizzate a microarrays di cDNA umani (Gustincic e Cavallaro, U.O. 6). Il pattern di espressione genica differenziale sarà validato con RT-PCR real time e con dati di espressione proteica, ottenuti in parallelo con elettroforesi 2D, spettrometria di massa (Federici, U.O. 4) ed immunoistochimica su larga scala. Quest’ultimo approccio utilizzerà la tecnologia sviluppata da Cattaneo, per l’isolamento su larga scala di anticorpi ricombinanti direttamente da sequenze geniche derivate da profili di espressione di mRNA (dai geni agli anticorpi), senza necessità di esprimere le proteine corrispondenti. Questo fornirà un sistematico pannello di anticorpi da usare in immunoistochimica e Western blot per la caratterizzazione dei profili di espressione proteica nella corteccia. Gli esperimenti di espressione di mRNA e di proteine forniranno un insieme di geni la cui espressione è modulata nel corso di apprendimento motorio, sia durante lo sviluppo che nell’adulto. Sistematiche analisi bioinformatiche (Cavallaro) permetteranno di dare priorità ai vari geni identificando un gruppo di candidati “geni-memoria”. Verrà data priorità elevata a geni corrispondenti a proteine neuronali dendritiche e sinaptiche, potenzialmente coinvolti in fenomeni di plasticità sinaptica comuni a tutte le forme di memoria ed apprendimento nel sistema nervoso centrale. Ci si focalizzerà in particolare sullo studio della sintesi proteica locale nel compartimento dendritico post - sinaptico (Bagni, U.O. 5, e Cogoni, U.O. 3), poiché esso rappresenta un meccanismo importante con cui un neurone controlla indipendentemente la composizione proteica delle sue migliaia di sinapsi, in funzione dello stato di attivazione sinaptica di ciascuna di esse. Questo rappresenta quindi un meccanismo con cui un dato neurone può partecipare in modo combinatorio a differenti “mappe”. Verranno implementate procedure di frazionamento subcellulare per isolare complessi multiproteici di interesse, coinvolti ad esempio nella sintesi proteica locale (ad es. prima e dopo l’apprendimento), seguita dalla loro identificazione con tecnologie proteomiche (Federici U.O. 5). Questo porterà alla identificazione di proteine differenzialmente espresse e/o modificate, coinvolte nel processo di apprendimento. Il ruolo funzionale dei geni-memoria candidati verrà studiato con due approcci di knock-out fenotipico, interferenza di RNA (RNAi) con piccole molecole di RNA e knock-out proteico (PKO) con anticorpi intracellulari. In entrambi i casi, ricercatori all’EBRI sono stati i principali iniziatori e sviluppatori delle rispettive tecnologie (Cogoni, U.O. 3, e Cattaneo, U.O. 6). RNAi è una tecnologia per la degradazione sequenza specifica di RNA messaggeri cellulari. Gli anticorpi intracellulari (intracorpi) sono una tecnologia per interferire con la funzione di proteine (PKO), che è stata recentemente sviluppata per le sua applicazioni su scala genomica (Cattaneo, U.O. 6). Questa combinazione di tecnologie di proteinica funzionale rappresenta un punto di forza per superare il ben noto collo di bottiglia di tutti i progetti basati esclusivamente sullo studio dei profili di espressione.
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Gli approcci di interferenza funzionale con RNAi e PKO richiedono il “delivery” dei geni perturbanti in neuroni, dapprima in vitro e poi, per un selezionato numero di geni candidati, in vivo. Questo verrà ottenuto con elettroporazione, Gene Gun, o vettori virali (adeno associati o lentivirus), cui seguirà la valutazione funzionale dell’inibizione genica ottenuta, mediante esperimenti elettrofisiologici e di comportamento. Si potranno reputare di interesse, per il prosieguo del progetto, due gruppi di geni candidati: geni marcatori, espressi selettivamente nella popolazione delle cellule di memoria, dopo l’apprendimento e geni direttamente coinvolti nel processo di apprendimento e memoria. Il trasferimento dei risultati ottenuti con i geni di scimmia al sistema del topo costituirà un elemento fondamentale di questo progetto, allo scopo di sfruttare le potenzialità della genetica del topo. L’isolamento delle sequenze regolatorie della trascrizione dei genimemoria identificati verrà ottenuta dallo screening di librerie di BACs (bacterial artificial chromosomes) disponibili commercialmente, che coprono l’intero genoma del topo, con sonde corrispondenti ai geni-memoria isolati dalla scimmia. I cloni BAC così ottenuti verranno utilizzati per dirigere l’espressione di geni reporter, inseriti al loro interno, in cellule neuronali di interessi, con due obiettivi principali: ablazione funzionale di cellule di memoria motoria (knock-out cellulare) usando geni per tossine come reporter e imaging in vivo di cellule di memoria motoria, mediante geni reporter tipo green fluorescent protein (GFP). Le cellule di memoria sono disperse all’interno della corteccia motoria. La possibilità di marcarle, eventualmente in modo dipendente dall’apprendimento, con GFP, permetterà di isolarle con citofluorimetria a flusso (FACS) (Battistini, U.O. 5), come popolazioni omogenee, da cui prelevare RNA per compiere un secondo ciclo di profilo di espressione di mRNA in cellule di memoria “pure” o arricchite. Data la scarsità di materiale disponibile, si utilizzerà la metodica SMART7, sviluppata da Gustincic (U.O. 6). Modellizzazione della circuiteria neurale del lobo frontale, responsabile della memoria e dell’apprendimento (Tema 2f - 1: “Sviluppo di modellistica per lo studio di reti neuronali”) A) Studi elettrofisiologici e computazionali - L’acquisizione di capacità motorie verrà studiata con un nuovo approccio elettrofisiologico basato sulla registrazione dell’attività di un gran numero di neuroni corticali dalle aree del lobo frontale. Verrà adottata la tecnica dei tetrodi mobili, recentemente sviluppata al Max Planck Institute (Tuebingen). Questa nuova tecnologia rende possibile seguire l’attività di neuroni corticali per molti giorni. L’obiettivo è quello di fornire una descrizione “step by step” dei progressivi cambiamenti cellulari coinvolti nell’apprendimento di una nuova mappa sensori - motoria; saremo in grado di osservare la attività di cellule corticali quando l’animale si è confrontato con il nuovo compito e dopo che lo ha appreso. La descrizione dettagliata di questi cambiamenti elettrofisiologici potrà essere correlata con l’evoluzione dell’espressione genica nella stessa area, durante lo stesso processo. 2004
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B) Studi elettrofisiologici e computazionali: interfaccia cervello-macchina - Si propone lo sviluppo di interfacce cervello-macchina, che uniscano le capacità adattative del cervello umano con le capacità di una macchina. Neurotrofine e neurodegenerazione: modelli murini transgenici per malattie neurodegenerative (Tema 2f: “Produzione di mutanti condizionali di geni coinvolti nello sviluppo ed in patologie nervose”) Molte malattie neurodegenerative di tipo diverso condividono aspetti comuni, come la vulnerabilità selettiva di neuroni in corso di degenerazione, il coinvolgimento di disfunzioni del trasporto assonale e l’alterato misfol - ding di proteine. I fattori neurotrofici svolgono un ruolo centrale nei processi che portano a malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer, la sindrome di Parkinson e la malattia di Huntington. L’obiettivo di questo progetto è lo studio di come i fattori neurotrofici influenzino la sopravvivenza e la degenerazione di popolazioni neuronali specifiche colpite dai processi neurodegenerativi in malattie neurologiche umane. Proteomica del controllo traduzionale locale nella plasticità sinaptica: relazione con malattie neurologiche (Tema 2F: “Proteomica per lo studio del differenziamento e di patologie neurodegenerative”) È opinione corrente che i meccanismi di plasticità sinaptica siano responsabili per i processi di apprendimento e memoria nel sistema nervoso. La complessa morfologia delle cellule nervose pone un problema fondamentale, la cui soluzione è centrale per la nostra comprensione dei meccanismi molecolari e cellulari della plasticità sinaptica: come fa un neurone a controllare in modo permanente la composizione proteica di alcune delle sue sinapsi attive, rispetto alle altre sinapsi inattive della stessa cellula? Eventi di modulazione dell’espressione genica sono sicuramente coinvolti nella transizione da breve a lungo termine, ma questo non risolve il problema. Questo fenomeno verrà studiato in questo progetto con approcci interdisciplinari che coinvolgono tecnologie proteomiche e di imaging: analisi proteomica di complessi ribonucleoproteici da sinapsi attivate e non attivate, e imaging in situ in neuroni viventi con sonde opportunamente ingegnerizzate ed elettrofisiologia a livello cellulare e sinaptico. Lo sviluppo di molecole reporter per la traduzione proteica, di natura chimica o ricombinante, costituirà una priorità del progetto, per poter ottenere la visualizzazione della sintesi proteica in situ. Una linea di ricerca (Bagni, U.O. 5) si prefigge di comprendere le cause della sindrome da X Fragile, la più frequente causa di ritardo mentale ereditario, causata dalla assenza della proteina FMRP (Fragile X Mental Retardation Protein). FMRP è una proteina che lega RNA ed è coinvolta nel controllo locale della sintesi proteica. Bagni ha recentemente dimostrato che FMRP si associa al RNA dendritico non tradotto BC1 e in questo modo regola la traduzione di specifici mRNA localizzati alle sinapsi (Zafra et al. 2003). Come può l’assenza di FMRP portare a deficits di memoria ed apprendimento
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Basi molecolari delle malattie neurologiche
ed a ritardo mentale? Il gruppo di Bagni svilupperà i seguenti approcci per rispondere a tale domanda: 1. Comprensione dei meccanismi responsabili per il trasporto e la ritenzione degli mRNA dendritici, e di FMR1, alle sinapsi. 2. Studio della sintesi proteica e processo di regolazione traduzionale localizzati nelle sinapsi del SNC. 3. Analisi proteomica di ribonucleoparticelle sinaptiche contenenti FMRP. Questo lavoro sottolinea l’importante ruolo che piccoli RNA regolatori giocano nella modulazione della traduzione proteica nei neuroni. Il gruppo di Cogoni è stato un pioniere nella scoperta del “gene silencing” da parte di piccoli RNA, aprendo tra l’altro il campo della interferenza con RNA artificiali (RNAi).
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I DISORDINI DEL MOVIMENTO SU BASE GENETICA: LA COREA DI HUNTINGTON, LE DEGENERAZIONI SPINOCEREBELLARI E LE DISTONIE PROGRESSIVE Una rete nazionale per la diagnosi precoce, il follow-up e la terapia farmacologica, chirurgica e cellulare e lo studio in vitro e in vivo di modelli patogenetici e terapeutici Responsabile: STEFANO DI DONATO IRCCS Istituto Nazionale Neurologico C. Besta U.O. 5: PAOLO CALABRESI Università di Roma Tor Vergata - IRCCS S. Lucia
UNITÀ OPERATIVE COINVOLTE U.O. 1 - Divisione Biochimica e Genetica, Neurologia VIII, INNCB (Stefano di Donato, Caterina Mariotti, Davide Pareyson, Francesco Taroni, Cinzia Gellera, Gaetano Finocchiaro) Partecipano alla U.O. 1: - Divisione di Neuroradiologia, INNCB (Mario Savoiardo, Marina Grisoli) - Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Centro di Eccellenza per lo studio delle malattie Neurodegenerative CEND, Università degli Studi di Milano (Elena Cattaneo, D. Ripamonti) - Neurologia e Laboratorio di Neuroscienze, IRCCS Istituto Auxologico Italiano (Vincenzo Silani) - Divisione di Biochimica, Università degli Studi di Roma (Mauro Maccarrone) U.O. 2 - Divisione di Neuropsichiatria Infantile I, INNCB (Nardo Nardocci) U.O. 3 - Divisione Disturbi del Movimento, Neurologia I, INNCB (Alberto Albanese, Paola Soliveri) U.O. 4 - Divisione di Neurogenetica Molecolare, INNCB (Massimo Zeviani, Barbara Garavaglia) U.O. 5 - Laboratorio di Neuroscienze, IRCCS Fondazione Santa Lucia (Paolo Calabresi) U.O. 6 - Laboratorio di Farmacologia, IRCCS INM Neuromed (Ferdinando Nicoletti) U.O. 7 - Laboratorio di Neurogenetica, IRCCS INM Neuromed (Ferdinando Squitieri) U.O. 8 - Servizio di Neurofisiopatologia, IRCCS INM Neuromed (Alfredo Berardelli) U.O. 9 - Divisione di Neuropsichiatria Infantile, IRCCS Fondazione Stella Maris (Giovanni Cioni) U.O. 10 - Laboratorio di Genetica, IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, S. Giovanni Rotondo (Antonio Pizzuti e Enza Maria Valente)
RAZIONALE E STRUMENTI La base razionale del progetto è la creazione di una rete nazionale che lavori sul percorso del malato per creare un Database Nazionale dei pazienti e la definizione di protocolli di Diagnostica e Terapia. Primo strumento è la costituzione del database nazionale informatizzato 2004
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per le malattie neurodegenerative in studio. I database saranno costruiti mediante strumenti cooperativi che garantiscano: a) la privacy del paziente; b) la quantificazione del fenotipo mediante scale di valutazione clinica internazionalmente validate, sistemi di staging della malattia per la valutazione longitudinale, esami di RM-TAC-RMSpec per la quantificazione del danno anatomico e funzionale del SN; c) la ricerca e la identificazione di marker biologici periferici di malattia per la diagnosi non invasiva, il follow-up e la terapia. Secondo strumento è la creazione di una rete per la ricerca preclinica integrata. Specificamente lavoriamo alla creazione e adozione di modelli cellulari e animali di malattia che riassumano le principali tappe di patogenesi (modelli cellulari FRDA1 e SCA 17, modelli cellulari neuronali di tossicità dello striato, modelli cellulari condizionali di HD, diversi transgenici HD, transgenici SCA 1, topi twitcher per la terapia con cellule neurali ingegnerizzate come modelli di terapia genica e cellulare). Le malattie da espansione di triplette oggetto della ricerca sono la Corea di Huntington (HD), le Atassie Spinocerebellari Dominanti (SCA), la Atassia di Friedreich (FRDA). La HD è un’affezione degenerativa del sistema nervoso centrale (SNC), di origine genetica, che insorge a qualsiasi età ma prevalentemente intorno ai 30-40 anni, ed è caratterizzata clinicamente da segni motori (bradicinesia e ipercinesia), psichiatrici (depressione, irritabilità) e deterioramento cognitivo fino alla demenza. Il gene responsabile della malattia è stato localizzato sul braccio corto del cromosoma 4 e il difetto molecolare è rappresentato da una espansione di una sequenza ripetuta di tipo CAG nel gene IT15 che codifica una proteina detta huntingtina. Le SCA clinicamente e geneticamente eterogenee sono al momento associate a 22 loci (SCA1-8, SCA 10-19, 21, 22, FGF14 e DRPLA). I geni sono stati identificati in dodici casi (SCA1-3, 6-8, 10, 12, 17, PRKCG, FGF14, e DRPLA), e la maggior parte delle mutazioni identificate consistono nella espansione di una breve sequenza ripetuta (CAGn) presente in una regione esonica codificante (per glutammina). Ne consegue che le proteine che sono codificate dall’allele espanso contengono un tratto con ripetizione estesa di poliglutammina, fatto che determina una instabilità conformazionale della proteina con tendenza alla aggregazione, e alla acquisizione di una funzione nuova, tossica per la cellula (“toxic gain of function”). La più frequente degenerazione spinocerebellare autosomica recessiva è l’atassia di Friedreich. La malattia è caratterizzata da insorgenza tra i 5 anni e i 40 anni di età. Il fenotipo classico presenta atassia progressiva, areflessia, neuropatia sensitiva, alterazioni scheletriche e cardiomiopatia progressiva. La malattia è causata dalla riduzione di una proteina mitocondriale denominata fratassina dovuta nel 95% dei casi ad una espansione della tripletta GAA nel gene X25. La mancanza di fratassina determina una alterazione del metabolismo del ferro mitocondriale, una alterazione della genesi di alcuni complessi della catena respiratoria e quindi un danno ossidativo con generazione di radicali liberi.
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I disordini del movimento su base genetica
Le distonie progressive (DP) sono un esteso gruppo di condizioni patologiche eredodegenerative a prevalente esordio in età infantile. La corrente classificazione eziologica separa il gruppo delle distonie primarie, caratterizzate dalla presenza della sola distonia, da quello delle distonie plus, che associano alla distonia mioclono o parkinsonismo, e quello delle distonie eredodegenerative, in cui la distonia è parte di una sindrome neurodegenerativa più complessa. Alterazioni genetiche sono state identificate nelle distonie primarie, distonie plus, e distonie eredodegenerative. Alcune di queste forme, potenzialmente curabili, sono caratterizzate da difetto di produzione di catecolamine (dopamina, epinefrina, norepinefrina) a livello del sistema nervoso centrale e quindi la loro identificazione si basa essenzialmente sul riscontro di un deficit di tali sostanze nel liquor.
OBIETTIVO FINALE In sintesi ci proponiamo: - La creazione di un registro nazionale di pazienti con DH, SCA, FRDA, Distonie Progressive. - Lo sviluppo di scale unificate per la valutazione clinica della sintomatologia e della disabilità. - La messa a punto di metodiche di screening mutazionale ad elevata efficienza e con potenzialità di automazione dei principali geni-malattia coinvolti e controllo di qualità della diagnostica. - L’identificazione di markers biologici periferici per la diagnosi, la diagnosi presintomatica e il follow-up. - Lo sviluppo di protocolli avanzati di trattamento farmacologico (idebenone e nuovi antiossidanti, mitoQ) nei pazienti con atassia di Friedreich; lo sviluppo di un trattamento farmacologico mirato per le malattie da triplette HD e SCA (inibitori delle caspasi, minociclina; inibitori delle istone-deacetilasi, valproato, suberoylanilide-hydroxamic acid, SAHA; somministrazione mirata di fattori di crescita in situ, BDNF); lo sviluppo e l’applicazione di terapie cellulari nella HD (trapianto di striato fetale nei pazienti HD); il trattamento di stimolazione cerebrale profonda del globo pallido interno nel trattamento della distonia. - Lo sviluppo di modelli cellulari neuronali e animali per lo studio della HD, di alcune forme di SCA (SCA1 e SCA17), della atassia di Friedreich al fine di validare protocolli terapeutici derivanti dalla ricerca preclinica.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali - Database per HD, SCA, FRDA, Distonie: numero dei soggetti arruolati e documentazione su base informatica. - Messa a punto di metodiche diagnostiche molecolari ad alta efficienza: protocolli validati diagnostico-molecolari. 2004
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Sezione II: Altri progetti di ricerca
- Identificazione di un biomarker di progressione di malattia: evidenza nelle malattie degenerative. - Creazione di modelli cellulari e animali di malattia: pubblicazione e notifica dei modelli. - Terapie farmacologiche, chirurgiche e cellulari: osservazione di un positivo effetto terapeutico da parte di una delle molecole testate in fase clinica e preclinica; protocolli terapeutici clinici avviati. - Pubblicazioni e Note scientifiche.
OBIETTIVI INTERMEDI - Elaborazione della base informatica del database per nosografia: base Microsoft access. - Validazione di protocolli per la diagnosi quantitativa delle espansioni e dimostrazione di fattori genetici ed ambientali con effetto modulatore. - Biomarkers periferici recettoriali per HD e SCA; markers neurofarmacologici per Distonie. - Validazione di 1 modello cellulare e 1 modello animale. - Messa a punto di colture neuronali da animali transgenici R6/2. - Avvio di almeno 1 trial terapeutico randomizzato. - Estensione in vivo negli animali R6/2 dello studio di neuroprotezione.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi - Presentazione dei database informatici (conferenza). - Presentazione dei criteri per la quantificazione dei fenotipi e metodi di validazione genotipi (conferenza). - Presentazione dei modelli cellulari e animali: riunioni di aggiornamento e coordinazione. - Documentazione di approvazione dei CE dei trial terapeutici. - Pubblicazioni scientifiche e reports annuali.
METODOLOGIA Nell’ambito del programma verranno integrate competenze e metodologie disponibili in ciascuna delle U.O. coinvolte. Il programma verrà articolato in 4 principali Workpackages (WP), ciascuno dei quali è caratterizzato dall’interazione proficua tra diverse esperienze e competenze. Riteniamo che la vastità della casistica clinica disponibile nei vari centri coinvolti, il bilanciato contributo delle diverse U.O. e la consuetudine all’interscambio delle informazioni e delle esperienze costituiscano il substrato necessario per contribuire efficacemente al miglioramento delle conoscenze in quest’area
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di patologia cronica altamente invalidante. Il raggiungimento dei risultati attesi offrirà ai pazienti e alle loro famiglie strumenti sofisticati di diagnosi, consentirà al SSN di ottimizzare l’intervento diagnostico individuando le priorità e le eventuali aree carenti, e, infine, permetterà, prospetticamente, di delineare le basi biologiche per un razionale intervento terapeutico. WP 1 – Rete nazionale e database clinico: analisi quantitativa del fenotipo - Costituzione di una Rete per la creazione di un Registro Nazionale Pazienti (RNP), consistente in un database clinico con i dati criptati in forma anonima dei pazienti associato ad un programma “core-assessment” o “valutazione clinica di base” mirata alle terapie intervenzionali (CAPIT). Il CAPIT deve includere scale cliniche di valutazione del fenotipo: nella corea, nella atassia (UHDRS e UARS = Unified Huntington Disease Rating Scale e Unified Ataxia Rating Scale; TFC = funzionalità totale e autonomia) (Mariotti, Pareyson, Soliveri, Albanese – INNCB; Squitieri – Neuromed Pozzilli). Nella distonia progressiva verrà validata una scala per l’età pediatrica usata per la valutazione clinica e la disabilità della distonia in uso per l’età adulta (BFM severity and functional disability rating scales). Tra le valutazioni oggettive del fenotipo si valuterà lo studio cinematico dei movimenti delle dita in soggetti normali e pazienti con distonia/corea/atassia che coinvolge la muscolatura dell’arto superiore. Sarà inoltre messa a punto una metodologia di studio del cammino in modo da individuare i parametri cinematici, cinetici e di elettromiografia di superficie (EMG) più idonei a verificare l’efficacia del trattamento. Si prevede quindi: - Sviluppo di un protocollo di valutazione della distonia in età pediatrica con procedure di analisi automatica multifattoriale del movimento (Nardocci, Albanese – INNCB; Cioni – Stella Maris; Berardelli - Neuromed). - Valutazione del danno neuroanatomico anatomico tramite RM, fRM, PET: il protocollo prevede uno studio dell’encefalo con RM convenzionale con sequenze nei tre piani ortogonali; uno studio volumetrico con sequenza 3D; uno studio di diffusion tensor imaging (DTI) per quantificare l’eventuale perdita di anisotropia dovuta al danno neuronale e soprattutto alla degenerazione dei fasci di fibre coinvolti (Grisoli, Savoiardo – INNCB; Sabatini – S. Lucia Roma). - Identificazione di un protocollo per il consiglio genetico e la diagnosi genetico-molecolare precoce, la diagnosi presintomatica e prenatale (Mariotti, Gellera, Soliveri – INNCB; Squitieri – Neuromed; Foresti – Centro Fatebenefratelli, S. Colombano al Lambro). WP 2 – Caratterizzazione genetico-molecolare dei geni-malattia e controllo di qualità della diagnostica molecolare. Identificazione di markers biologici e di follow-up - Analisi comparata delle metodiche diagnostico-molecolari ad alta efficienza: HD, SCA, FRDA, APTX (Gellera, Taroni – INNCB; Squitieri – Neuromed). 2004
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- Analisi comparata della diagnostica molecolare delle distonie per i geni DTY1, DYT5, DYT11, TH, Parkina, ARX, con messa a punto di una metodologia rapida ed economica per lo screening di alcuni geni responsabili di sindromi distoniche tipo SGCE, PANK2 mediante DHPLC (Zeviani – INNCB; Valente – S. Giovanni Rotondo): 1) Protocollo diagnostico-molecolare validato dal consorzio per le metodiche ad alta efficienza, quantificazione del genotipo, valutazione costo-beneficio della metodica. L’identificazione di fattori genetici ed ambientali modificatori della suscettibilità a sviluppare distonia primaria. Tale studio sarà effettuato su un’ampia casistica di distonie sporadiche (ad esempio torcicollo spasmodico dell’adulto, blefarospasmo), mediante studi epidemiologici e studi di associazione. 2) L’identificazione di correlazioni genotipo-fenotipo in alcune sindromi distoniche non primarie (es. distonia mioclonica, sindrome PKAN) mediante analisi diretta dei geni responsabili. - Identificazione di marker biologici per il trattamento ed il follow-up della HD e delle SCA (recettori A2a, BDNF, e dei cannabinoidi nel sangue periferico: Cattaneo – CEND Università Milano; Varani – Università di Ferrara; Maccarrone – Università di Teramo; Mariotti, Pareyson – INNCB). Inoltre l’ottenimento di tessuti periferici da pazienti genotipicamente diversi, sia eterozigoti che omozigoti per la mutazione HD, da cui generare linee cellulari primarie (fibroblasti e mioblasti) e stabilmente immortalizzate (linfoblasti), consentirà di analizzare eventuali meccanismi disfunzionali che possano riflettere la neuropatologia in HD, come si evince dalla letteratura recente (Sawa et al. Nat Med 1999; Panov et al. Nat Neurosci 2002). Si propone inoltre la verifica dei dati ottenuti nei modelli di derivazione umana e dalle analisi genetiche e fenotipiche in modelli animali (topo transgenico R6/2, in collaborazione con l’U.O. 6) per la generazione di eventuali terapie sperimentali neuroprotettive. - Caratterizzazione genetica e neurofarmacologica delle distonie progressive: dosaggio dei neurotrasmettitori e delle pterine liquorali, analisi enzimatiche (Cicloidrolasi etc.) su fibroblasti (Garavaglia, Nardocci, Albanese – INNCB; Cioni – Stella Maris; Berardelli – Neuromed) - Caratterizzazione dell’interessamento di un tessuto periferico, mediante valutazione della attività enzimatica della caspasi 3 misurata in mioblasti HD. Analisi puramente sperimentale su un numero limitato di soggetti consenzienti, in considerazione di problemi etici (Silani – Auxologico, Milano) WP 3 - Terapie farmacologiche, neurochirurgiche e cellulari avanzate: studi clinici - Trattamento farmacologico (idebenone e nuovi antiossidanti, mitoQ) nei pazienti con atassia di Friedreich (Mariotti e Solari – INNCB). - Sviluppo di un trattamento farmacologico mirato per le malattie da triplette HD e SCA (inibitori delle caspasi, minociclina; inibitori delle istone-deacetilasi, valproato suberoylanilide-hydroxamic acid, SAHA;
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somministrazione mirata di fattori di crescita in situ, BDNF) (Pareyson, Soliveri – INNCB; Cattaneo – CEND; Squitieri – Neuromed; Nicoletti – Neuromed). - Sviluppo e applicazione di terapie cellulari nella HD (trapianto di striato fetale nei pazienti HD) (Pareyson, Soliveri, Albanese, Savoiardo, Broggi, Spreafico – INNCB). - Identificazione di indici clinici, eziologici e genetico-molecolari predittivi l’efficacia del trattamento di stimolazione cerebrale profonda del globo pallido interno nel trattamento della distonia (Nardocci, Albanese, Broggi – INNCB; Cioni – Stella Maris; Berardelli – Neuromed). WP 4 - Modelli cellulari e animali per la patogenesi e la terapia FRDA: creazione di un modello cellulare neuronale mediante inattivazione della espressione della fratassina utilizzando il sistema degli RNA interferenti (siRNA). L’endpoint di questo sottoprogetto è costituito dalla generazione di un modello cellulare stabile nel quale l’RNA interferente sia espresso sia costitutivamente sia in modo inducibile da lentivirus. Il modello sarà utilizzato sia per caratterizzare gli effetti biologici della riduzione di fratassina (alterazione del metabolismo del ferro, alterazioni del sistema OXPHOS, produzione di ROS e stress ossidativo) sia per validare gli effetti terapeutici di agenti antiossidanti di nuova generazione nella prospettiva di una loro applicazione clinica (Taroni, Finocchiaro – INNCB). SCA: creazione di un modello cellulare neuronale di SCA17 mediante espressione transgenica del gene mutato - Verranno valutati gli effetti cellulari dell’espressione della proteina aberrante contenente il tratto poliglutaminico espanso in particolare per quanto riguarda l’aggregazione proteica e la generazione di inclusioni intranucleari. In un secondo tempo verrà utilizzato il sistema dei siRNA per valutare le possibili implicazioni terapeutiche di una reversione del fenotipo biochimico (Taroni, Finocchiaro, Gellera – INNCB). Modelli Murini Genetici HD: patogenesi / terapia (E. Cattaneo) - Valutazione iniziale in modelli cellulari di malattia di Huntington di parametri che verranno poi analizzati quali potenziali marker biologici per il trattamento ed il follow-up della HD. - Screening in vitro di molecole (inibitori caspasi, inibitori istone-deacilasi, BDNF) aventi potenziale effetto terapeutico nella malattia di Huntington. Il progetto vedrà l’utilizzo di linee cellulari precedentemente ingegnerizzate e caratterizzate dal laboratorio come modello in vitro valido a studiare funzione e disfunzione della proteina huntingtina nella sua forma normale o mutata. Inoltre il progetto vedrà l’impiego di cellule inducibili per l’huntingtina, nella forma normale o mutata (Sipione et al. 2002). In queste cellule, l’espressione della proteina esogena è finemente regolata in maniera, tempo e dose dipendente dall’esposizione a doxiciclina. Modelli Murini Indotti Farmacologicamente HD: fisiopatologia della rete neuronale (P. Calabresi) - Verranno analizzate, prima e durante l’applicazione di 3-NP, diverse proprietà intrinseche di membrana dei neuroni striatali. 2004
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Saranno inoltre studiati gli effetti del 3-NP sui seguenti parametri: a) potenziale postsinaptico eccitatorio corticostriatale; b) sensibilità dei recettori AMPA, + NMDA e GABA-A; c) permeabilità canali voltaggio-dipendenti del Na e del Ca2+; d) variazioni delle concentrazioni intracellulari di Na+ e Ca2+. In particolare, verrà valutato se il trattamento con 3-NP altera la plasticità sinaptica corticostriatale. A tale scopo verrà valutata l’ampiezza e la durata sia della Long Term Potentiation (LTP) che della Long Term Depression (LTD) corticostriatale in animali trattati con la tossina mitocondriale ed in topi HD. Modelli Murini Genetici HD: farmacologia e prospettive di trattamento (Nicoletti) - Per lo svolgimento del progetto verrà sviluppata una colonia di topi transgenici R6/2. Questi topi iperesprimono l’esone 1 del gene umano che codifica per l’huntingtina con espansioni di ripetizioni CAG (145). La caratteristica di questi animali, che li rende un modello ottimale per i nostri studi, è che i neuroni corticali e striatali, che rappresentano le popolazioni maggiormente affette nella patologia umana, presentano una aumentata vulnerabilità alla degenerazione eccitotossica indotta dall’NMDA (Levine et al. J Neurosci Res 1999, 58: 515). Si allega il programma dettagliato dell’Unità Operativa 5 facente capo alla Fondazione Santa Lucia IRCCS.
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U.O. 6 - Laboratorio di Neurofisiologia Paolo Calabresi OBIETTIVO FINALE DEL CONTRIBUTO Il principale obiettivo della nostra U.O. è la caratterizzazione di un modello sperimentale di malattia di Huntington (HD) mediante un approccio elettrofisiologico. Lo scopo di tale ricerca è di accrescere le conoscenze circa i meccanismi cellulari e molecolari che mediano la morte neuronale in questa malattia degenerativa. Tale modello è basato sull’azione dell’acido 3-nitropropionico (3-NP), una tossina mitocondriale che, bloccando irreversibilmente la succinico-deidrogenasi (complesso II del sistema di trasporto degli elettroni), induce una perdita neuronale nello striato simile a quella riscontrata nei pazienti affetti da HD. In particolare, il 3-NP, somministrato cronicamente, riesce a mimare tale patologia degenerativa in quanto è in grado di provocare la morte selettiva dei neuroni striatali spinosi, mentre risparmia gli interneuroni colinergici. Parallelamente ai ratti trattati con 3-NP verrà studiato un ceppo di topi transgenici (R6/2) che mostra lo stesso fenotipo dei pazienti affetti da HD. Il nostro progetto si propone di studiare i meccanismi cellulari, sinaptici, neurochimici e molecolari alla base della neurodegenerazione selettiva mediante una caratterizzazione elettrofisiologica correlata alle alterazioni comportamentali in ratti intossicati con 3-NP ed in topi HD (R6/2).
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali I risultati della ricerca, dopo essere stati discussi tra i componenti del Progetto, verranno utilizzati per la stesura di articoli scientifici da sottoporre a riviste ad alto fattore d’impatto. Inoltre, tali dati potranno contribuire a sviluppare ulteriormente il modello di HD, sia mediante la messa a punto del modello stesso, sia introducendo nuovi approcci di studio, quali valutazioni biochimiche, morfologiche e comportamentali.
OBIETTIVI INTERMEDI Verranno analizzate, prima e durante l’applicazione di 3-NP, diverse proprietà intrinseche di membrana dei neuroni striatali. Saranno inoltre studiati gli effetti del 3-NP sui seguenti parametri: a) potenziale postsinaptico eccitatorio corticostriatale; b) sensibilità dei recettori AMPA, NMDA e GABA-A; c) permeabilità canali voltaggio-dipendenti del Na+ e del Ca2+; d) variazioni delle concentrazioni intracellulari di Na+ e Ca2+. In particolare, verrà valutato se il trattamento con 3-NP altera la plasticità sinaptica corticostriatale. A tale scopo verrà valutata l’ampiezza e la durata sia della Long Term Potentiation (LTP) che della Long Term Depression (LTD) corticostriatale in animali trattati con la tossina mitocondriale ed in topi HD. 2004
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Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi I risultati intermedi ottenuti saranno comparati, per quanto possibile, con dati presenti in letteratura su modelli simili. Inoltre, i dati potranno essere utilizzati già in questa fase per la stesura di articoli da sottoporre a riviste scientifiche internazionali. Infine, sono previste riunioni di aggiornamento e coordinazione tra i vari componenti del Progetto.
METODOLOGIA Le registrazioni elettrofisiologiche verranno realizzate con tecniche intracellulari ed in patch-clamp da neuroni spinosi ed interneuroni colinergici in fettine di tessuto corticostriatale di ratto e di topo. Le cellule registrate saranno identificate grazie alle loro proprietà elettrofisiologiche e, in patch-clamp, per mezzo di un sistema di videomicroscopia ad infrarossi. Le fettine (200-250 µm), ottenute mediante taglio al vibratomo, verranno mantenute prima e durante la registrazione elettrofisiologica in una soluzione fisiologica ossigenata a temperatura costante. Le sostanze farmacologiche da applicare per lo studio dei recettori e dei canali ionici di membrana saranno disciolte direttamente in questa soluzione. Per le registrazioni si utilizzeranno amplificatori Axon Axoclamp 2B e Axopatch 200B, abbinati ad un sistema di visualizzazione on line ed acquisizione digitale su computer (programma Axon pClamp 8). I dati verranno analizzati in seguito grazie ad appositi programmi, come MiniAnalysis e Clampfit. Per evocare i potenziali postsinaptici eccitatori glutamatergici corticostriatali, ci avvarremo di un elettrodo bipolare posto sulle fibre tra corteccia e striato. Verranno studiati diversi parametri di tale evento: ampiezza, area, rise- e decay-time, durata. Saranno inoltre studiate, in termini di frequenza, ampiezza e cinetica, le correnti spontanee postsinaptiche. Alla fine delle registrazione intracellulari, i neuroni preventivamente riempiti con biocitina saranno identificati per mezzo di una reazione DAB, e mediante doppia immunofluorescenza per l’encefalina e la sostanza P, al fine di meglio caratterizzare istologicamente le cellule registrate. Le fettine verranno ulteriormente trattate per evidenziare l’immunoreattività per la colina-acetiltransferasi degli interneuroni colinergici. Il trattamento dei ratti per il modello di HD consiste in somministrazione intraperitoneale di 3-NP a dosi crescenti (da 3.75 a 7.5 mg/kg) ogni giorno per 3 settimane consecutive.
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IL RUOLO DELLA DIAGNOSI PRECLINICA NELL’EVOLUZIONE DEL DISTURBO COGNITIVO DELLE DEMENZE E NELLA VALUTAZIONE DELLA RISPOSTA AI TRATTAMENTI Individuazione di una strategia integrata finalizzata alla validazione di protocolli innovativi diagnostico-terapeutici CARLO CALTAGIRONE Università di Roma di Tor Vergata - IRCCS S. Lucia ANTONIO ORLACCHIO IRCCS S. Lucia
BACKGROUND La demenza è caratterizzata, sul piano diagnostico, dalla presenza di deficit di memoria associati a disturbi di altre aree cognitive. I deficit devono essere obiettivabili clinicamente e devono causare una significativa compromissione delle attività della vita quotidiana del soggetto. Tale definizione clinica di demenza si è evoluta negli anni ed attualmente individua soggetti che, seppur nella fase iniziale di malattia, soffrono ormai una significativa compromissione sia delle capacità funzionali che del substrato neuro-cognitivo. D’altra parte, in questi ultimi anni è emergente nella pratica clinica la realtà di soggetti senza segni clinici di demenza che si rivolgono alle strutture sanitarie lamentando disturbi soggettivi di memoria ed altri disturbi cognitivi più difficilmente obiettivabili e con solo modesta compromissione delle attività della vita quotidiana. La domanda che ci si pone è che cosa fare per questi soggetti. Negli ultimi anni la ricerca ha evidenziato che oltre alla dimensione clinica cognitiva esistono altri parametri che possono migliorare la sensibilità e specificità diagnostica delle demenze. Tali parametri sono quelli neuroradiologici e dei markers biologici, sia genetici che immunitari, ed altri. Considerato che, sulla base di evidenze scientifiche, i soggetti nella fase preclinica di demenza o Mild Cognitive Impairment (MCI) presentano un rischio di ammalare di demenza di almeno 10 volte superiore rispetto alla popolazione generale di ugual sesso ed età che non presenta disturbi cognitivi soggettivi, rimane di fondamentale importanza l’individuazione precoce dei soggetti con tali disturbi cognitivi lievi che evolveranno in demenza al fine di rallentare la progressione di malattia e migliorarne l’outcome. A tale scopo è indispensabile mettere in atto tutte le strategie disponibili. Quindi oltre alla valutazione clinica-neuropsicologica, per migliorare la sensibilità e specificità della predittività di conversione da disturbo isolato di memoria (fase preclinica) a disturbo cognitivo più ampio (fase clinica) bisogna integrare tale valutazione con parametri biologici. Inoltre, anche nei soggetti all’esordio della sintomatologia clinica di demenza è fondamentale il riconoscimento diagnostico tempestivo in quanto esso permette il trattamento precoce ed una maggiore probabilità di rallentare la progressione della malattia sia a livello clinico che a livello neuromorfologico e neurofunzionale. Così, primo compito fra tutti è quello di guidare il paziente con sospetto di deterioramento cognitivo attraverso un articolato iter diagnostico che permetta di giungere il più precocemente e correttamente possibile a una diagnosi della eventuale demenza, anche sul piano eziologico. In questo ambito particolare attenzione deve essere rivolta all’individuazione delle primissime fasi delle demenze (diagnosi clinica tempestiva) nonché, e forse soprattutto, ai decifit cognitivi lievi (diagnosi preclinica) che presentando un elevato rischio di evolvere in demenza richiedono un costante monitoraggio nel tempo. Quest’ultimo ambito sta assumendo un ruolo sempre più fondamentale sul piano clinico, in quanto è molto probabile che la malattia demenziale possa essere “curata” solo nei pazienti nei quali la struttura e funzione cerebrale non è stata ancora compromessa in maniera definitiva o quantomeno importante. In questo caso, curare vuol dire arrestare o far 2004
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regredire per quanto possibile il danno cerebrale. Infatti, anche se è stato dimostrato che soggetti con manifestazioni precliniche di deficit cognitivi soggettivi presentano una compromissione della funzione cerebrale, tale compromissione rimane di grado lieve. In definitiva, il trattamento di soggetti che presentano una compromissione cognitiva preclinica potrebbe anche essere patogenetico, mentre quello di pazienti nei quali l’esordio clinico è già manifesto, anche nel caso in cui la diagnosi è stata tempestiva, rimane sempre sostanzialmente sintomatico. Nel paziente con demenza accertata, di non secondaria importanza è la definizione del grado e del tipo di deterioramento cognitivo nonché la presenza di disturbi comportamentali. A questi scopi, particolarmente curata deve essere la valutazione neurocognitiva effettuata mediante l’utilizzo di una estesa batteria di test neuropsicologici in grado di differenziare le fisiologiche modificazioni cognitive legate all’invecchiamento dalle fasi iniziali di una demenza, nonché di fornire dati sul profilo qualitativo del declino intellettivo utile ai fini della diagnosi del tipo di demenza. L’utilizzo congiunto di interviste semistrutturate da sottoporre non solo al paziente ma anche ad un familiare informato del paziente, permette di non sopravvalutare il dato neuropsicologico a scapito di una valutazione globale del soggetto in esame che sia in grado di evidenziare il grado di decadimento nelle prestazioni delle attività della vita di tutti i giorni rispetto alle sue precedenti abilità. Inoltre, assieme ai familiari del paziente dovrebbe sempre essere eseguito un attento esame della eventuale presenza di sintomi comportamentali, sintomi questi che possono risultare particolarmente stressanti per chi assiste il soggetto affetto da demenza. Come detto sopra, la compromissione cognitiva lieve rappresenta la forma preclinica di demenza, pertanto è di fondamentale importanza lo studio del suo profilo cognitivo, genetico e biochimico ed il confronto con quello dei pazienti con demenza per identificare i fattori coinvolti nella manifestazione clinica della malattia. Numerose evidenze sperimentali hanno suggerito un ruolo attivo dello stress ossidativo e in particolare dell’ossido nitrico (NO) nella patogenesi della malattia di Alzheimer (AD), una forma di demenza degenerativa. L’NO è un radicale libero altamente reattivo coinvolto in un’ampia varietà di processi biologici che viene sintetizzato grazie all’azione dell’enzima NO-sintasi di cui sono presenti tre isoforme: neuronale (nNOS), inducibile (iNOS) ed endoteliale (eNOS). L’incremento dell’attività della eNOS e della iNOS in soggetti affetti da AD è stato riportato dalla letteratura, mentre è ancora fonte di controversia il ruolo del profilo genetico della NOS sull’attività dell’enzima stesso. La variante polimorfica della eNOS (asp/glu nel codone 298) è considerata un fattore di rischio per l’insorgenza dell’AD nella popolazione britannica. Inoltre, è stato dimostrato anche un coinvolgimento del genotipo della ApolipoproteinaE (ApoE) e del sesso nella regolazione della produzione di NO. Così tale parametro biologico potrebbe essere un marker da utilizzare nella pratica clinica per il riconoscimento della malattia demenziale nella sua fase preclinica. Parallelamente, diverse linee di ricerca hanno evidenziato come anomalie a carico del metabolismo ossidativo, in modo particolare a carico degli enzimi coinvolti nella fosforilazione ossidativa (OXPHOS) possano avere un ruolo
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di rilievo nella patogenesi della AD. È altresì noto come la produzione di radicali liberi dell’ossigeno durante il metabolismo cellulare avvenga all’interno dei mitocondri causando in questo modo anomalie genetiche a carico del DNA mitocondriale (mtDNA). È stato dimostrato che l’accumulo di mutazioni nel mtDNA (mutazioni puntiformi e/o piccole, grandi delezioni) correla con il declino del OXPHOS. Tali alterazioni genetiche sono solitamente somatiche e di tipo eteroplasmico; i livelli di eteroplasmia (ovvero la coesistenza all’interno dello stesso tessuto e anche della stessa cellula della molecola di mtDNA mutata e della molecola wild-type) incrementano significativamente con l’età. Sono stati inoltre descritti una serie di polimorfismi genetici a carico del mtDNA associati alla AD e, in quanto tali, considerati come possibili fattori di rischio per la patogenesi della malattia. Tali polimorfismi sono solitamente omoplasmici (salvo rarissime eccezioni) e solitamente trasmessi per via ereditaria. In particolare, diversi studi hanno mostrato un’associazione tra le mutazioni a carico dei nucleotidi 5460 (gene ND2), 3397 (gene ND1), 4336 (tRNAGln) e forme di AD ad insorgenza tardiva. È stata anche riportata un’inserzione di 5 paia di basi all’interno del rRNA12S. Tuttavia, a causa della bassa frequenza (mediamente 3%-6%), unitamente all’elevato grado di variabilità esistente tra le differenti popolazioni esaminate (tali polimorfismi possono infatti raggiungere frequenze simili anche nei soggetti non patologici), l’associazione tra tali varianti polimorfiche e la patogenesi della AD è ancora ampiamente dibattuta. Tuttavia, recentemente è stato evidenziato come altre varianti mitocondriali di tipo ereditario (i cosiddetti aplogruppi mitocondriali) potrebbero essere coinvolte nelle patologie neurodegenerative. In particolare, a supporto dell’importanza dei fattori di rischio genetici nello sviluppo della AD, si ipotizza che la combinazione tra fattori nucleari (APOE4) e alcuni particolari aplogruppi mitocondriali europei (H, U, K) potrebbe avere un ruolo importante nel compromettere la corretta funzionalità della catena respiratoria. Tecniche di genetica molecolare hanno reso possibili test diagnostici di AD per i casi familiari ad esordio presenile (esordio prima dei 65 aa, Early Onset AD, EOFAD) causati da mutazioni nei geni di APP, PS1, PS2 e di FTD Familiare (FFTD) associata a mutazioni nel gene Tau. La possibilità di una diagnosi genetica precoce di EOFAD e FFTD è di cruciale importanza perché permette di sviluppare per il paziente ed i suoi caregivers adeguati piani di intervento per il futuro. Tutti questi dati dimostrano come sia importante attivare un “consultorio genetico” rivolto a soggetti selezionati e consenzienti, composto da un’equipe di medici specialisti e psicologi. Anche lo studio strutturale dei processi di aggregazione conseguenti al folding proteico anomalo sono di fondamentale importanza in questo ambito in quanto essi sembrano essere alla base della patogenesi non soltanto della malattia di Alzheimer e di altre forme di demenza a base ereditaria come la demenza frontotemporale, ma anche di patologie neurologiche a base amiloidogenica quali la sclerosi laterale amiotrofica. Le malattie neurodegenerative hanno in comune, oltre al deficit cognitivo-comportamentale ed a varie caratteristiche genetiche, anche altri aspetti, come ad esempio il coinvolgimento infiammatorio. Infatti, anche se a livelli diversi in queste forme di danno neurologico, numerosi studi hanno 2004
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evidenziato un ruolo importante della componente immunitaria e più in particolare dei processi infiammatori, i quali coinvolgendo spesso la componente gliale, sembrano poter intervenire non solo durante lo sviluppo della malattia, ma in alcuni casi anche nella patogenesi. In studi recenti è stato ipotizzato che alcuni markers infiammatori possano riflettere dei meccanismi cerebrali legati alle demenze e che questi processi siano rilevabili molto prima dell’apparizione della sintomatologia clinica. Inoltre, a conferma di quanto detto, poiché i mediatori della comunicazione bidirezionale che esiste tra sistema nervoso e sistema immune sono rappresentati dalle citochine, molte di esse ricoprono un ruolo importante nei fenomeni cognitivi e la loro deregolazione sembra influenzare il processo cognitivo. Oltre alle forme degenerative della demenza esistono forme che vedono una patogenesi di tipo vascolare e, forse nella maggior parte dei casi, forme miste degenerative-vascolari. La distinzione fra demenza su base degenerativa primaria e demenza vascolare è basata tradizionalmente su criteri clinici: un deficit prevalentemente mnesico, soprattutto in assenza di segni neurologici focali e un andamento progressivo suggerisce la presenza di una demenza di Alzheimer. I criteri utilizzati per la diagnosi differenziale sono basati sul NINCDS ADRDA e del DSM IV per la demenza di Alzheimer, e su quelli del NINDS-AIREN ed Hachinski Ischemic Score (HIS) per la demenza vascolare. Tuttavia, le nuove possibilità terapeutiche basate su farmaci anticolinesterasici, che nella demenza di Alzheimer hanno dimostrato avere una relativa efficacia se utilizzati precocemente, e i progressi ottenuti con lo stretto controllo dei fattori di rischio cardio-cerebrovascolare nel ridurre l’incidenza di demenza vascolare, indicano la necessità di anticipare il più possibile la distinzione fra le due forme di demenza. La diagnosi differenziale è, inoltre, resa difficoltosa dalla presenza di un numero rilevante di pazienti con forme di deficit cognitivo di tipo misto. In questi casi è di fondamentale importanza un approccio integrato per una precoce diagnosi differenziale fra demenza su base degenerativa e demenza vascolare utilizzando i dati provenienti da un sistematico esame della storia clinica e dell’esame obiettivo del paziente, dai risultati di una batteria di tests neuropsicologici, da un’analisi qualitativa e semiquantitativa delle immagini radiologiche, da tests genetici e bioumorali. In particolare, quale specifico parametro utile alla diagnosi differenziale potrebbe essere importante la ricerca e quantificazione nel liquido cefalorachidiano di alcuni markers recentemente dimostrati possedere specificità e sensibilità per la demenza di Alzheimer (proteina tau, Aβ1-42, proteina tau fosforilata). Tali markers sono risultati attendibili anche nelle fasi più precoci del processo neurodegenerativo, permettendo quindi di acquisire un parametro utile alla diagnosi differenziale anche nella fase più precoce. Il metodo più comunemente utilizzato per la rilevazione delle tre proteine è l’ELISA. Inoltre, l’omocisteinemia sierica nei pazienti in fase preliminare potrebbe essere un ulteriore possibile parametro utile alla definizione predittiva del tipo di demenza. In tutti i soggetti verrà infine effettuata l’indagine molecolare per verificare la presenza dell’allele e4 nel gene APOE del cromosoma 19 associato a demenza di Alzheimer.
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Da alcuni anni le tecniche di neuroimaging anatomico funzionale neurofisiologico (l’elettroencefalografia - EEG, magnetoencefalografia - MEG, stimolazione magnetica transcranica - TMS) sono utilizzate al fine di costruire modelli dell’attività neurofisiopatologica cerebrale correlata a fenomeni neurodegenerativi come nella demenza d’Alzheimer (AD), rispetto all’invecchiamento fisiologico o altre patologie come le demenze vascolari. L’EEG computerizzato ad alta risoluzione e quello quantitativo (qEEG) si sono dimostrati delle metodiche affidabili e accurate nello studio delle demenze sia di tipo degenerativo sia secondarie al danno di natura vascolare. Ad esempio, studi recenti hanno mostrato come la demenza vascolare sottocorticale abbia modalità di espressione elettroencefalografiche diverse dalla demenza d’Alzheimer (AD). In particolare, la demenza vascolare sottocorticale presenta un rallentamento significativo della frequenza alfa e un aumento in potenza della banda theta. La diminuzione della potenza nella banda alfa è presente ma in maniera significativamente inferiore rispetto all’AD. Anche la TMS permette di valutare in modo non invasivo le caratteristiche topografiche (es. riorganizzazione plastica) e di eccitabilità delle strutture corticali. L’utilizzo in parallelo di queste metodiche strumentali di elevata specificità consentirebbe di aumentare le informazioni rilevanti disponibili riguardo ai processi involutivi che caratterizzano queste patologie soprattutto per quanto concerne la correlazione di queste alterazioni con deficit di tipo cognitivo comportamentale. In particolare, nelle demenze, evidenze di letteratura hanno mostrato che le vie colinergiche corticopete, che dal proencefalo basale proiettano alla corteccia cerebrale, sono raggruppate in cordoni compatti e ben delineati all’interno della sostanza bianca sottocorticale. Da un punto di vista fisiopatologico, alla base di queste modificazioni potrebbe esserci il danno sottocorticale assonale diffuso che colpisce le connessioni tra la corteccia e le strutture sottocorticali. La qEEG è una metodica particolarmente sensibile alle modificazioni patologiche della funzionalità colinergica. Infatti, è stata dimostrata una stretta correlazione tra la deafferentazione colinergica e la diminuzione in potenza della banda dominante alfa. A conferma di questo, uno studio di analisi delle sorgenti delle potenze spettrali dei ritmi cerebrali nell’AD, patologia caratterizzata da una massiva deafferentazione colinergica, ha riscontrato come marker peculiare della patologia una diminuzione significativa della potenza della banda alfa bassa (8-10.5 Hz) nelle regioni centrali, limbiche, temporali e parietali. Da un punto di vista teorico, il danno della sostanza bianca potrebbe essere specificamente correlato con l’alterazione degli indici EEG. In particolare, il rallentamento della frequenza dominante e l’aumento della potenza nella banda theta potrebbero essere correlati alla quantità di lesione totale della sostanza bianca sottocorticale mentre le alterazioni dei valori di potenza nella banda alfa potrebbero essere legate al danno specifico delle vie colinergiche. Di fondamentale importanza è anche lo studio della struttura e funzione cerebrale al fine di identificare le varie forme di demenze degenerative e di 2004
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predire l’outcome di malattia. Fra le varie metodologie quantitative di Magnetic Resonance Imaging (MRI) estremamente promettenti per la ricerca nel campo delle malattie neurodegenerative, alcune (T1 relaxometry, diffusion tensor imaging DTI) sono da tempo in uso ed altre più innovative, come il fiber tracking, sono in avanzata fase di sviluppo. Caratteristica comune alle metodologie sopra elencate è la loro intrinseca sensibilità alla microstruttura del tessuto cerebrale. Il fenomeno alla base del DTI è rappresentato dai moti casuali di traslazione molecolare dell’acqua nei tessuti. Poiché questi moti sono influenzati dalle proprietà del mezzo in cui avvengono, la misura della diffusione nei tessuti biologici fornisce numerose informazioni sulle proprietà strutturali del tessuto a livello microscopico, ben oltre la risoluzione dei voxels nelle immagini di risonanza magnetica convenzionale. In particolare, i processi patologici che alterano l’organizzazione dei tessuti modificando il numero di barriere che le molecole d’acqua incontrano nel loro moto casuale, alterano anche i normali valori della diffusività, e possono pertanto essere rivelati con questa tecnica. Inoltre la diffusione è un processo intrinsecamente tridimensionale, per cui nei tessuti con microstruttura ordinata, quali ad esempio la sostanza bianca, la mobilità molecolare non è uguale in tutte le direzioni. Questa proprietà viene chiamata anisotropia, e può essere utilizzata per ricostruire i tratti di fibre neuronali tramite la tecnica del fiber tracking. Una rappresentazione quantitativa del fenomeno richiede l’utilizzo di un tensore, ovvero di una matrice 3x3 in cui i termini lungo la diagonale rappresentano i coefficienti di diffusione nelle tre direzioni spaziali, mentre quelli fuori della diagonale correlano gli spostamenti molecolari in direzioni ortogonali. I parametri che più comunemente vengono derivati dal tensore di diffusione sono la diffusività media, D, che è una misura del moto molecolare indipendente dalla direzionalità, e la fractional anisotropy, FA, che rappresenta la deviazione da un moto isotropo ideale, ed è quindi una misura diretta del livello di allineamento delle fibre, come anche della loro integrità strutturale. Questa tecnica è estremamente promettente per studiare le condizioni che influenzano l’integrità e l’organizzazione dei tessuti cerebrali, come anche per quantificare il danno strutturale. In particolare, il DTI rappresenta un potente strumento di indagine di patologie che coinvolgono la sostanza bianca sia primariamente, come le malattie demielinizzanti, che secondariamente, come alcune malattie neurodegenerative quali il morbo di Alzheimer e la sclerosi laterale amiotrofica. Un’altra metodologia squisitamente sensibile ai danni strutturali, e da tempo utilizzata in studi clinici presso il laboratorio di neuroimmagini funzionali, è la cosiddetta “T1 relaxometry”. Il tempo di rilassamento T1 è un parametro influenzato dai campi magnetici locali avvertiti dai protoni nei tessuti. Le alterazioni nei tessuti patologici cerebrali possono essere rilevate in modo quantitativo con questa metodologia, e recenti risultati dimostrano come queste alterazioni presentino un’elevata correlazione con il livello di disabilità dei pazienti affetti da varie malattie che interessano la sostanza bianca.
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L’uso combinato di tecniche “strutturali” quali quelle sopra descritte, che offrono informazioni sul grado di integrità della sostanza bianca, e di tecniche “funzionali”, quali il BOLD imaging, capaci di fornire una mappatura di aree corticali eloquenti, rappresenta uno dei più avanzati avamposti della ricerca clinica nell’ambito delle neuroscienze dei disturbi cognitivi. Tutti i soggetti Down (DS), a partire dalla terza-quarta decade di vita, presentano gli stessi marker neuropatologici della malattia di Alzheimer e nella maggior parte dei casi sviluppano demenza. Ne consegue che tali pazienti possono essere considerati a tutti gli effetti un modello potenziale per studiare i meccanismi patologici coinvolti nell’AD. In letteratura è stato riportato come elemento principale del ritardo mentale presente nei pazienti DS il difficoltoso raggiungimento e la successiva progressiva perdita della memoria e dell’abilità di gestire strategie complesse di elaborazione cognitiva. Pur tuttavia non sono disponibili markers neuropsicologici e biologici in grado di definire e seguire lo sviluppo e l’andamento del declino cognitivo in questi soggetti. Analogamente a quanto avviene nella malattia di Alzheimer, i soggetti DS presentano a livello cerebrale, il deposito di beta-amiloide, l’incremento precoce dei markers di stress ossidativo e l’alterazione del sistema di trasporto di glutammato legati alla sovraespressione dei geni codificanti per APP e SOD1.Tali alterazioni sono state osservate anche nei tessuti periferici dei pazienti DS. Da queste considerazioni nasce tutta una serie di studi volti alla valutazione nella popolazione DS di polimorfismi genetici considerati fattori di rischio per la AD ad esempio l’allele APOE4. PS-1, α-1-antichimotripsina e PRNP. A tutt’oggi non vi sono dati in letteratura circa il ruolo delle varianti polimorfiche mitocondriali (aplogruppi e specifiche varianti associate con AD) nella popolazione DS. Inoltre studi in vitro dimostrano inoltre che i processi neurodegenerativi cui vanno incontro i neuroni di feti con trisomia 21 sono prevenuti dal trattamento con agenti scavengers come vitamina C, E o catalasi. Su queste basi, la sindrome di Down può costituire anche un utile modello per studiare i meccanismi patogenetici dell’Alzheimer in una condizione pre-clinica, per individuare possibili markers biologici in risposta al trattamento antiossidante. Infine, anche i modelli animali delle malattie degenerative rappresentano un fondamentale ausilio nello studio delle forme cliniche di demenza. In particolare, il danno del DNA, conseguente all’attivazione del processo apoptotico, è stato ampiamente evidenziato in pazienti Alzheimer e studiato in modelli animali della malattia di Alzheimer. È stato infatti osservato che cellule non neuronali di pazienti Alzheimer presentano un deficit nella possibilità di riparare il DNA suggerendo una generale inattivazione dei meccanismi di riparo. Allo stesso tempo è stato osservato che colture neuronali ottenute da animali che presentano una inattivazione dei meccanismi di riparo del DNA (quali i topi scid, mutanti per la DNA-dependent protein kinase) sono più sensibili all’apoptosi indotta dal trattamento con β amiloide e glutammato. 2004
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OBIETTIVI PRINCIPALI Il presente programma si pone l’obiettivo di individuare quelle caratteristiche cliniche (cognitive e comportamentali), neuroradiologiche, neurofisiologiche genetiche ed altre caratteristiche biologiche e biochimiche che possano migliorare, nei soggetti in fase preclinica di demenza, la sensibilità e specificità di identificazione dei soggetti la cui diagnosi convertirà in demenza. Altro obiettivo è quello di rendere tempestiva la capacità di riconoscimento diagnostico di pazienti con diagnosi di demenza neurodegenerativa e vascolare e delle forme miste. Inoltre, il programma si propone di riconoscere quelle caratteristiche che possano migliorare la capacità di predire la risposta ai trattamenti e l’outcome delle demenze neurodegenerative e vascolari e di verificare l’efficacia di protocolli integrati di riabilitazione cognitiva e neuromotoria con particolare attenzione a modelli di tecnologie assistite per i disabili. Infine, si propone di studiare il ruolo della alterazione dei meccanismi di riparo del DNA nella degenerazione neuronale e nei disturbi cognitivi tipici delle demenze sia nell’uomo che nel modello animale. Un efficiente riparo del DNA può essere infatti un fattore critico nel rallentare i processi di invecchiamento e la progressione di diverse patologie neurodegenerative. Primo anno: messa a punto dell’apparato sperimentale e inizio raccolta dei dati sperimentali. Secondo anno: completamento della raccolta dei dati sperimentali. Analisi e interpretazione dei dati.
Criteri ed indicatori per la verifica dei risultati finali I risultati del progetto di ricerca si potranno dire raggiunti se: 1) Verrà completata dalle varie U.O. la raccolta dei campioni sperimentali e di controllo previsti nei diversi progetti. 2) Sarà possibile individuare una serie di parametri neuropsicologici, neuroradiologici, genetici e biochimici in grado di predire con un buon livello di affidabilità la conversione dei pazienti con MCI in pazienti con sindrome demenziale. 3) Sarà confermata la validità dei modelli animali per lo studio dei fattori ambientali e biochimici alla base dell’insorgenza della sindrome demenziale nell’uomo. 4) I risultati ottenuti potranno essere oggetto di pubblicazioni e presentazioni a congressi.
Criteri ed indicatori per la verifica dei risultati intermedi Primo anno: Funzionalità della procedura sperimentale. Reclutamento di un numero adeguato di soggetti sperimentali e di controllo. Secondo anno: Raccolta di un campione sperimentale adeguato. Congruità dei risultati raggiunti rispetto alle ipotesi formulate.
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IRCCS PARTECIPANTI U.O. 1 - Fondazione Santa Lucia (SL) - Roma (prof. Carlo Caltagirone: Direzione Scientifica; dr. Antonio Orlacchio: Laboratorio di Neurogenetica) U.O. 2 - E. Medea (ME) - Bosisio Parini (prof. Carlo Ferrarese) U.O. 3 - Ospedale Maggiore Policlinico (PO) - Milano (prof. Nereo Bresolin: Dipartimento di Scienze Neurologiche) U.O. 4 - San Giovanni di Dio, Fatebenefratelli (FB) - Brescia (dr. Carlo Miniussi: Laboratorio di Neurofisiologia clinica e Neuropsicologia) U.O. 5 - Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta (BE) - Milano (dr. Fabrizio Tagliavini: U.O. di Neuropatologia e Neurologia 5) U.O. 6 - Fondazione Salvatore Maugeri (MA) - Mantova (dr. Stefano Avanzi: Istituto Scientifico di Castel Goffredo, Servizio di Neuropsicologia) U.O. 7 - Istituto Superiore di Sanità (ISS) - Roma (dr.ssa Daniela Merlo) U.O. 8 - Istituto Auxologico Italiano (AU) - Milano (dr. Marco StrambaBadiale: Stroke Unit) U.O. 9 - Ospedale San Raffaele (SR) - Milano (prof. Giancarlo Comi: Clinica Neurologica e Servizio di Neurofisiologia)
WORKPACKAGES, PROTOCOLLI E METODOLOGIE WP 1 - Valutazione clinica dei soggetti che saranno inclusi nel progetto con caratterizzazione diagnostica di malattia neurodegenerativa e vascolare e delle forme miste (MCI, AD, FTD, LBD, CBD, DS e VAD), neuropsicologica (MMSE, MDB, WCST), comportamentale (NPI, DAIR, CERAD), neuroradiologica (TC, MRI, DTI, Fiber tracking) e neurofisiologica (qEEG, MEG, TMS). - Reclutamento pazienti MCI: verrà reclutata una popolazione di pazienti con diagnosi di MCI, diagnosticato secondo i criteri di Petersen e coll., e una di soggetti con AD, diagnosticato secondo i criteri NINCDS-ADRDA. - Reclutamento pazienti DS: verranno reclutati pazienti DS di età superiore a 15 anni (e relativi controlli di pari età e con ritardo mentale non DS) da sottoporre alle seguenti valutazioni: • raccolta anamnestica con rilevazione delle caratteristiche genotipiche e ricerca nel gentilizio di eventuali patologie neurodegenerative; • analisi del cariotipo per gli eventuali soggetti sprovvisti di tipizzazione citogenetica; • studio clinico delle caratteristiche fenotipiche dei pazienti; • valutazione neuropsicologica dei soggetti Down con identificazione del profilo cognitivo. 2004
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In particolare si valuterà il grado di deterioramento utilizzando la Dementia Scale for Down Syndrome (DSDS). Essa è stata sviluppata per consentire una valutazione obiettiva del deterioramento cognitivo in adulti con precedente ritardo mentale. La scala consente di differenziare tra assenza di deterioramento, demenza iniziale, demenza di grado medio e demenza avanzata. Unità: SL, ME, PO, FB, BE, MA, AU, SR. WP 2 - Tramite sequenziamento verrà eseguito lo studio dei polimorfismi genetici APP, PS1, PS2, ApoE, Alfa2-Macroglobulina, NOS. In particolare per la NOS verranno studiati i polimorfismi Asp298Glu, nella sequenza codificante del gene e la transizione C→T localizzata nell’esone 29 della n-NOS (PO). Per quanto riguarda l’analisi degli aplotipi mitocondriali verrà determinata l’appartenenza di soggetti MCI, DS ed AD ad uno specifico aplogruppo mitocondriale. Si verificherà successivamente se una particolare interazione genotipo-genotipo tra il genoma nucleare (ApoE status) e quello mitocondriale (un determinato aplogruppo) possa correlare con la conversione da MCI e DS ad AD. Verranno isolati i fibroblasti da biopsia cutanea al fine di valutare il danno a carico del DNA mitocondriale confrontando i livelli di eteroplasmia relativi alle mutazioni somatiche presenti nella regione non codificante con quelli ottenuti dall’analisi di altre specifiche regioni codificanti (ME, PO). Verranno studiati anche markers di stress ossidativo, quali i livelli di ATP, ROS mitocondriali e citoplasmatici, T-bars, di difesa antiossidante (CAT, SGH-Px, GSH) e di infiammazione (citochine, interleuchine) in plasma e linfociti (prima e dopo terapia antiossidante) provenienti da soggetti Down e in vitro nelle rispettive colture di fibroblasti. E verrà inoltre valutato il trasporto di glutammato, la sua suscettibilità ad agenti ossidanti/antiossidanti e ad attivatori/inibitori della PKC in colture di fibroblasti di soggetti affetti confronto ai relativi controlli (ME) Dosaggio dei derivati dell’NO: in campioni di siero raccolti dei pazienti verranno determinati i livelli di nitrati e nitriti, che costituiscono i prodotti finali del metabolismo dell’ossido nitrico con tecniche di analisi biochimica (PO). Studio di un modello sperimentale in vitro per la determinazione della produzione di radicali liberi da colture di fagociti ottenute dai pazienti AD e MCI e dai controlli. Il profilo infiammatorio di monociti/macrofagi verrà analizzato in condizioni basali e dopo stimolazione con Aβ o con le proteine ad essa associate (Apolipoproteina E, cistatina, alfa-1 antichimotripsina, proteoglicani) (PO). Sviluppo di metodi di indagine basati sulla spettroscopia NMR atti a caratterizzare gli stati intermedi di transizione fra proteina o peptide con folding imperfetto, aggregazione prefibrillare e fibrille formate, e a valutare il ruolo del legame al rame in questo processo. Verranno utilizzati due tipi di modelli animali: 1) animali transgenici esprimenti la “Swedish amyloid precursor protein (APP) mutation” (una mutazione della APP, precursore della b-amiloide) i quali sviluppano con l’invecchiamento un maggiore deposito di b-amiloide
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nell’ippocampo e nella corteccia rappresentando quindi un valido modello della malattia di Alzheimer; 2) topi scid, mutanti per la DNA-dependent protein kinase (DNA-PK), i quali rappresentano un modello di mancato riparo del DNA e permetteranno studi sulla funzione dell’alterato riparo del DNA in seguito al trattamento con vari agenti tra cui la b-amiloide. Unità: SL, ME, PO, ISS. WP 3 - Misure di outcome nei soggetti con malattie neurodegenerative in relazione ai diversi profili clinici e neuroradiologici, neurofisiologici e biologici e in relazione ai diversi trattamenti come individuati nei WP1 e WP2. Studio della relazione tra parametri biologici sopracitati e la risposta ai trattamenti antiossidanti (vitamina C ed E) ed anticolinesterasici (donepezil) (ME, PO). In particolare valutazione dell’outcome nella casistica MCI e DS selezionata ad un anno di distanza, in relazione al profilo neuropsicologico con identificazione del deterioramento cognitivo. Ricerca dell’incidenza nel Down delle alterazioni cognitive tipiche dell’Alzheimer (ME) Unità: SL, FB, PO, ME, AU, SR. WP 4 - Studio di protocolli integrati di riabilitazione cognitiva e neuromotoria con particolare attenzione a modelli di tecnologie assistite per i disabili. Unità: MA, SL, AU. TEMPI 1) I primi 3 mesi del presente progetto saranno dedicati a mettere a punto le metodiche sperimentali proprie di ogni singola U.O. e a creare la rete di coordinamento tra le varie unità al fine di uniformare i criteri e le procedure di reclutamento dei campioni sperimentali (pazienti con MCI o Demenza). 2) Nei restanti 9 mesi del primo anno di lavoro le unità operative procederanno al reclutamento dei campioni sperimentali e alla raccolta dei dati sperimentali eventualmente predittivi di conversione dei pazienti MCI in Demenza. 3) Il secondo anno di lavoro sarà completamente dedicato al follow-up dei pazienti con MCI, all’analisi dei dati e ad una loro eventuale pubblicazione.
ARTICOLAZIONE Alla fine del secondo mese - Riunione dei responsabili delle varie U.O. per presentare lo stato di avanzamento dei lavori, soprattutto in relazione alle possibili interazioni e collaborazioni nella raccolta dei campioni sperimentali. 2004
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Alla fine del primo anno - Nuova riunione dei responsabili delle U.O. per fare il punto relativamente alla raccolta dei dati sperimentali e per la eventuale presentazione dei primi risultati. Durante il secondo anno - Interazioni tra le U.O. al fine di mettere in relazione i risultati raggiunti allo scopo di eventuali presentazioni in comune dei risultati. Alla fine del secondo anno - Riunione finale dei responsabili delle U.O. per presentare i risultati finali e per decidere modalità opportune per la presentazione degli stessi alla comunità scientifica (pubblicazioni, convegni, etc.).
RISULTATI ATTESI • Riconoscimento diagnostico precoce sia della fase preclinica che della fase clinica delle demenze neurodegenerative e vascolari. • Individuazione di parametri clinici che possano migliorare la predizione della risposta al trattamento. Individuazione, attraverso metodiche di risonanza magnetica convenzionale e non convenzionale dei predittori neuromorfologici e funzionali della risposta al trattamento e dell’outcome della malattia nelle forme degenerative e vascolari. • Identificazione precoce di modificazioni patologiche della funzionalità colinergica e di danno sottocorticale assonale diffuso che colpisce le connessioni tra la corteccia e le strutture sottocorticali attraverso metodica di elettroencefalografia quantitativa. • Individuazione di markers di stress ossidativo e neurotrasmettitoriali, sia a livello centrale che periferico, associati alla fase preclinica e all’esordio clinico delle demenze neurodegenerative e vascolari e loro modificazione a seguito di terapia farmacologica. • Individuazione di polimorfismi mitocondriali e loro relazione alla risposta al trattamento farmacologico e all’outcome. • Riconoscimento dei parametri immunitari e della risposta infiammatoria che sono in gioco già nella fase precoce ed in quella preclinica della demenza e loro relazione alla risposta al trattamento e all’outcome di malattia. • Caratterizzazione degli stati intermedi di transizione fra proteina o peptide con folding imperfetto, aggregazione prefibrillare e fibrille formate. • Individuazione della relazione tra apoptosi e danno del DNA associata alla demenza nel modello animale.
TRASFERIBILITÀ I risultati del progetto troveranno una loro diretta trasferibilità sia in ambito assistenziale che nell’ambito della ricerca clinica su soggetti con
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demenza, sia di ricerca di base. Le questioni trattate sono, infatti, di fondamentale importanza sia per il riconoscimento precoce di soggetti che, pur non avendo ancora il disturbo demenziale manifestano deficit isolato di memoria (diagnosi in fase preclinica di deficit cognitivo) che evolverà solo successivamente in demenza sia per la diagnosi clinica tempestiva delle demenze neurodegenerative e vascolari in soggetti che già manifestano tali disturbi. La disponibilità di un set di markers neuropsicologici, comportamentali, neuroradiologici, neurofisiologici, genetici e biochimici potrà permettere di: 1) predire con ragionevole specificità e sensibilità la conversione di soggetti nella fase preclinica di demenza in pazienti con demenza neurodegenerativa e vascolare e consentire la valutazione dell’efficacia dei trattamenti farmacologici instaurati precocemente sulla storia naturale di malattia; 2) individuare nei pazienti in fase precoce di demenza neurodegenerativa e vascolare quei markers predittori della risposta ai trattamenti farmacologici, predittori dell’outcome di malattia e predittori della risposta a metodiche integrate di riabilitazione cognitiva e neuromotoria. Si allega il programma dettagliato dell’Unità Operativa 1 facente capo alla Fondazione Santa Lucia IRCCS.
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U.O. 1 – IRCCS Fondazione Santa Lucia Carlo Caltagirone e Antonio Orlacchio OBIETTIVO FINALE DEL CONTRIBUTO Scopo del presente progetto di ricerca è lo studio di una serie di parametri clinici, neuropsicologici, comportamentali, neuroradiologici, immunologici (citochine e linfochine, leucociti) e genetici volti a individuare markers predittivi precoci di malattia di Alzheimer (MA), in soggetti affetti da Mild Cognitive Impairment (MCI). Differenziando i pazienti sulla base del profilo qualitativo di compromissione cognitiva, sulla presenza o meno di disturbi della sfera affettivo-comportamentale, sulla coesistenza o meno di alterazioni della sfera motoria e del pattern di alterazione morfologica delle strutture corticali e sottocorticali encefaliche, sulla presenza di fattori di predisposizione genetica (PS-1, PS-2, APP ed altri) ed immunologici si cercherà di isolare quei parametri che meglio sono in grado di predire l’evoluzione dei pazienti con MCI verso la MA rispetto sia a soggetti nei quali il disturbo cognitivo resterà isolato sia nei confronti di soggetti che evolveranno verso forme di demenza a diversa eziologia. A tale scopo un gruppo di pazienti con MCI, definito come un disturbo isolato di una funzione cognitiva (memoria) che interferisce in maniera significativa con l’autonomia in compiti complessi della vita quotidiana, verranno confrontati con un gruppo di pazienti affetti da MA lieve/medio e con un gruppo di soggetti normali di controllo a una batteria di test neuropsicologici, a una batteria di test per la valutazione dei disturbi della sfera psichiatrico-comportamentale, ad una voxel based morphometry su immagini di RMN delle strutture corticali e sottocorticali encefaliche, a parametri genetici ed immunologici. I pazienti con MCI saranno sottoposti a follow-up clinico e neuropsicologico dopo 12 mesi dal loro reclutamento nello studio al fine di valutare l’eventuale evoluzione verso una sindrome demenziale.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali 1) Reclutamento (ed effettuazione delle valutazioni clinica, neuropsicologica, neuroradiologica, genetica e immunologica) di almeno 45 soggetti sperimentali, di cui: 20 pazienti affetti da MCI, 20 pazienti affetti da MA di grado lieve, 20 soggetti normali di controllo. 2) Effettuazione del follow-up clinico e neuropsicologico a 12 mesi del gruppo di pazienti MCI. 3) Confronti tra i tre gruppi di pazienti e, all’interno del gruppo MCI, tra i pazienti che a 12 mesi presentano o meno una conversione in MA, relativamente ai parametri sopra specificati.
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OBIETTIVI INTERMEDI Primi tre mesi: Allestimento delle procedure di valutazione clinica, neuroradiologica e neuropsicologica 4-12 mesi: Reclutamento del campione sperimentale. Acquisizione della maggior parte dei campioni (DNA, RNA). Analisi di mutazioni genetiche nei geni noti causativi di AD (APP, PS-1 e PS-2) come screening iniziale di diagnosi molecolare in pazienti con MCI; analisi di polimorfismi noti e non noti su geni relati al MCI e quindi alla MA conclamata con particolare riferimento ai geni codificanti l’NGF, BDNF, NT-3 ed i corripondenti recettori TrkA, TrkB, TrkC e p75. 13-24 mesi: Follow up del gruppo di pazienti MCI e analisi statistica dei risultati. Acquisizione e caratterizzazione di ulteriori campioni (DNA, RNA).
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi 12 mesi: Completamento della raccolta del campione sperimentale 24 mesi: completamento del follow up per i pazienti MCI
METODOLOGIA Saranno inclusi nello studio 3 gruppi di pazienti: 1) 20 pazienti con diagnosi di MCI. Criteri di inclusione: • Età compresa tra 65 e 85. • Scolarità >=5. • Diagnosi di MCI secondo i seguenti criteri: - declino clinicamente verificabile di una funzione cognitiva (memoria o altro) di almeno tre mesi di durata, che interferisce con le funzioni coplesse della vita quotidiana (shopping, preparazione di cibo, attività domestiche, utilizzo di mezzi di trasporto, utilizzo di strumenti e gestione del denaro personale; - funzione della vita quotidiana di base conservate (pulizia personale, vestirsi, mangiare, lavarsi, camminare, riassettare); - Clinical Dementia Rating (Hughes et al., 1982) = 0.5. • disponibilità di un caregiver informato. Criteri di esclusione: • Diagnosi di MA secondo i criteri DSM-IV. • Grave malattia internistica (ipotiroidismo, patologie renali e epatiche, ecc.). • Precedenti malattie psichiatriche diagnosticate. • Storia di abuso di alcool o di sostanze secondo i criteri del DSM-IV-TR. 2004
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2) 20 pazienti con diagnosi di MA lieve/medio. Criteri di inclusione: • Età compresa tra 65 e 85. • Scolarità >=5. • Diagnosi di MA secondo i criteri NINCDS-ADRDA. • CDR = 1 o 1.5. • Disponibilità di un caregiver informato. Criteri di esclusione: • Grave malattia internistica. • Precedenti malattie psichiatriche diagnosticate. 3) 20 soggetti normali con caratteristiche socio-anagrafiche paragonabili a quelle dei due gruppi precedenti.
Procedure sperimentali 1) Indagine neuropsicologica a) Batteria per il Deterioramento Mentale (Carlesimo et al., 1995) - Memoria visiva immediata - Rievocazione immediata e differita di una lista di 15 parole - Fluidità verbale fonologica - Costruzione di frasi - Matrici Progressive di Raven ‘47 - Copia di disegni con e senza elementi di programmazione b) Copia e riproduzione a memoria della Figura di Rey (Carlesimo et al., 2002). c) Test di memoria di prosa (Carlesimo et al., 2002). d) Digit Span avanti e indietro (Orsini et al., 1987). e) Test di Corsi avanti e indietro (Orsini et al., 1987). f) Modified Card Sorting Test (Nocentini et al., 2002). 2) Valutazione psichiatrica-comportamentalea) a) Neuropsychiatry Inventory (NPI). b) Brief Psychiatry Rating Scale (BPRS). c) Cornell Scale for Depression in Dementia (CSDD). d) Hamilton Anxiety (HAMA). e) Hamilton Depression Rating Scale (HDRS). 3) Valutazione neuroradiologica Con il metodo della voxel based morphometry (VBM) è possibile investigare le variazioni di intensità del segnale T1 di tutto il cervello,
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mettendo a confronto popolazioni diverse, nel nostro caso pazienti con MCI, MA e soggetti sani di controllo. In tal modo sarà possibile indagare l’eventuale presenza di differenze nella sostanza bianca e nella sostanza grigia tra i tre gruppi di soggetti. Le immagini di RM saranno acquisite con una Siemens 1.5 T Vision Magnetom MR system (Erlangen, Germany; sequenza Mprage, voxel isotropico di 1 mm). 4) Analisi genetica - Reclutamento di campioni per analisi genetica - L’Unità Operativa studierà e caratterizzerà geneticamente forme sporadiche e familiari di MCI e relativi controlli sani appaiati per sesso, età e luogo di nascita già disponibili nella propria banca dati di DNA, RNA e cellule. L’U.O. procederà inoltre all’acquisizione di nuovi campioni di sangue o prelievi bioptici cutanei da rendere disponibili per tali analisi genetiche. - Estrazione DNA, RNA e colture cellulari - I campioni di sangue si pongono come fonte principale per l’estrazione di DNA e RNA, mentre i prelievi bioptici come fonte per lo stabilimento di colture di cellule fibroblastiche dai suddetti soggetti. L’estrazione di DNA e RNA verrà effettuata da sangue periferico con KIT di laboratorio; i prelievi bioptici verranno mantenuti in coltura con specifici terreni biologici (terreno Ham’s contenente 10% FCS a 37°C e con CO2 al 5%). - Analisi mutazionale nei geni delle preseniline - L’analisi di variazioni nucleotidiche nei geni delle preseniline verrà effettuata direttamente su DNA genomico o su prodotti di RT-PCR (cDNA derivante da RNA estratto) mediante i sequenziatori automatici ABI310 e ABI3100Avant utilizzando marcatori fluorescenti. Per confermare la scoperta di nuove mutazioni e verificarne la frequenza nella popolazione sana di controllo o la segregazione in famiglie con MCI, si effettuerà un’analisi con RFLPs (Restriction Fragment Length Polymophisms). - Analisi mutazionale del gene APP - L’analisi di variazioni nucleotidiche nel gene APP verrà effettuata direttamente su DNA genomico (precisamente a livello degli esoni 16 e 17 ove sono state identificate mutazioni) sempre mediante i sequenziatori automatici citati a proposito delle Preseniline. Anche in questo caso per confermare la scoperta di nuove mutazioni e verificarne la frequenza nella popolazione sana di controllo o la segregazione in famiglie con MCI, si effettuerà un’analisi con RFLPs (Restriction Fragment Length Polymophisms). - Analisi del genotipo dell’apoe - Per questo studio di associazione si userà una versione modificata del metodo Hixon e Vernier (J Lipid Res, 1990). - Studi di associazione - Per questi tipi di analisi si partirà da DNA genomico che verrà amplificato mediante PCR utilizzando primers specifici fiancheggianti la sequenza polimorfa. Il prodotto PCR verrà poi analizzato mediante analisi RFLP. Tali studi verranno effettuati su svariati polimorfismi genetici correlati alla MA con particolare riferimento ai geni codificanti l’NGF, BDNF, NT-3 ed i corripondenti recettori TrkA, TrkB, TrkC e p75. 2004
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5) Analisi biologica di parametri dell’immunità Il sangue sarà prelevato dai gruppi di pazienti e relativi controlli. Il prelievo sarà poi sottoposto ad estrazione di DNA, separazione di siero mediante coagulazione, isolamento dei leucociti mediante sedimentazione su gradiente. Infine i campioni biologici ottenuti (DNA, siero, PBMC) verranno raccolti classificati e conservati; tuttavia attualmente è già disponibile una collezione iniziale di DNA e siero, necessaria per avviare la ricerca il prima possibile. Nei sieri raccolti verrà valutata la presenza ed effettuata la misurazione di molecole infiammatorie (es. IL-18) potenzialmente coinvolte nei processi neurodegenerativi mediante saggi immunoenzimatici o funzionali. In alcuni casi sarà analizzata la funzionalità dei leucociti e in particolare dei monociti/macrofagi. Le cellule isolate dal sangue di alcuni pazienti, selezionati in base ai precedenti risultati ottenuti, verranno coltivate in vitro in assenza o presenza di stimoli (es. LPS) e l’espressione di molecole immunomodulanti (es. citochine/recettori) sarà valutata in termini di RNA con RT-PCR o nei sovranatanti di coltura.
Analisi statistica dei dati Saranno effettuati tre tipi di analisi: a) comparazione tra i tre gruppi di pazienti relativamente alle misure neuropsicologiche, psichiatrico-comportamentali, radiologiche, immunologiche e genetiche; b) correlazione tra le misure ottenute dall’indagine neuropsicologica e psichiatrico-comportamentale e ogni singolo elemento del volume cerebrale (voxels); c) analisi della regressione per valutare la predittività degli indici neuropsicologico, comportamentale e neuroradiologico nel predire l’evoluzione verso la MA nei pazienti con MCI; d) analisi del rischio relativo di conversione da MCI a MA dovuto ai fattori genetici ed immunologici studiati.
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IL TRATTAMENTO DEL SOGGETTO PARKINSONIANO: INTEGRAZIONE TRA ASPETTI DIAGNOSTICI, VALUTATIVI E TERAPEUTICI PER L’OTTIMIZZAZIONE DELL’EFFICACIA RIABILITATIVA GLOBALE ALESSANDRO GIUSTINI Istituto di Montescano Fondazione S. Maugeri IRCCS U.O. 10: CARLO CALTAGIRONE Università di Roma Tor Vergata - IRCCS S. Lucia
OBIETTIVI PRINCIPALI Giungere a definire contenuti, parametri e metodologie operative del trattamento ottimale del soggetto parkinsoniano, facendo sinergia tra le valutazioni cliniche e strumentali, le potenzialità di trattamenti farmacologici, chirurgici e riabilitativi, individuando precisi indicatori significativi per determinare modalità ed efficacia di tali sinergie, e parimenti indicatori di outcome funzionale complessivo correlato alla reale implementazione delle condizioni di autosufficienza ed autonomia della Persona come indica la Classificazione ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Si definiranno pertanto in questo contesto complessivo anche limiti ed obiettivi congrui per rendere giustificato e fondato sull’evidenza ogni trattamento, non più basandosi in maniera autoreferenziale sul solo dato diagnostico, privo di un Progetto individuale di Salute. Si offriranno quindi anche alla Autorità di Programmazione Sanitaria elementi di evidenza scientifica e di validità etica per orientare e verificare l’allocazione ottimale delle risorse che il settore consuma e rischia di consumare sempre più nel futuro.
WORKPACKAGES, PROTOCOLLI E METODOLOGIE Somministrazione di procedure diagnostiche, terapeutiche e riabilitative validate nella letteratura internazionale con l’obiettivo di verificarne complementarietà e sinergia, per descrivere sequenza ed effetti attesi nella ottica delle costruzione di precisi Percorsi Diagnostico Riabilitativi (intesi come la successione /integrazione ottimale di tutte le prestazioni efficaci sulla base della Evidenza). In questo quadro verranno utilizzate : - Scale di valutazione ed altri strumenti di misura della abilità motoria, del controllo dell’equilibrio e della postura (validati nel settore). - Scale di valutazione ed altri strumenti di misura della Autonomia e della Autosufficienza. - Scale di valutazione ed altri strumenti di misura della soddisfazione delle Persone prese in cura e dei loro “care givers”. - Scale di valutazione ed altri strumenti di misura della Qualità di Vita delle Persone prese in cura e dei loro “care givers”. Sarà valutata la possibilità di ottimizzare il reinserimento del soggetto parkinsoniano in attività lavorative potenzialmente a rischio fondandosi sulla caratterizzazione degli aspetti genetici responsabili della suscettibilità a tossici ambientali. Sarà valutata la tipizzazione genica secondo metodiche standardizzate al fine di valutare la risposta ai trattamenti in rapporto alla classificazione genetica, identificando percorsi diagnostico-terapeutici ottimizzati. Verranno infine e parallelamente utilizzati strumenti validati per la determinazione e valutazione dei costi finanziari di tali procedure allo scopo di rapportarli alla eventuale efficacia prodotta. 2004
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RISULTATI ATTESI Disporre di Percorsi Diagnostico-Riabilitativi, validati su una casistica idonea, atti a rispondere alla varietà e complessità delle problematiche cliniche e funzionali che la patologia parkinsoniana genera ad un numero sempre crescente di soggetti non solo anziani.
TRASFERIBILITÀ Mettere a disposizione di tutte le strutture cliniche coinvolte nelle diverse fasi della presa in cura dei soggetti parkinsoniani, delle indicazioni idonee perché i diversi interventi (ivi comprese le metodiche terapeutiche più innovative come la Stimolazione Cerebrale Profonda) possano integrarsi efficacemente tra loro, sul piano delle modalità e contenuti e sul piano della congruenza reciproca sia temporale che operativa. Contemporaneamente si metterà a disposizione delle Autorità di programmazione e di controllo strumenti di indicazione e verifica della adeguatezza di ogni fase degli interventi e della loro complessiva congruità rispetto da un lato ai bisogni della popolazione e dall’altro all’evidenza scientifica.
UNITÀ OPERATIVE COINVOLTE U.O. 1 - Struttura Funzionale Integrata di Riabilitazione, Fondazione S. Maugeri IRCCS, Montescano (Pavia) - Responsabile: dr. Alessandro Giustini U.O. 2 - Divisione Recupero e Rieducazione Funzionale I, Fondazione S. Maugeri IRCCS, Montescano (Pavia) - Responsabile: dr. Maurizio Maini U.O. 3 - Servizio di Fisiatria Occupazionale ed Ergonomia, Fondazione S. Maugeri IRCCS, Montescano (Pavia) - Responsabile: dr. Giacomo Bazzini U.O. 4 - Servizio di Riabilitazione Neuromotoria e dei disturbi del movimento, Fondazione S. Maugeri IRCCS, Montescano (Pavia) - Responsabile: dr. Roberto Casale U.O. 5 - Servizio di Neuroriabilitazione e Disordini del Movimento, Fondazione S. Maugeri IRCCS, Veruno (Novara) - Responsabile: Emilia Martignoni U.O. 6 - Neurologia, Fondazione S. Maugeri IRCCS, Veruno (Novara) – Responsabile: dr. Carlo Pasetti U.O. 7 - Servizio di Fisiatria Occupazionale e Ergonomia, Clinica del Lavoro e della Riabilitazione, Fondazione S. Maugeri IRCCS, Veruno (Novara) Responsabile: dr. Franco Franchignoni U.O. 8 - Recupero e Rieducazione Funzionale, Fondazione S. Maugeri Centro Medico, Telese Terme - Responsabile: dr. Bernardo Lanzillo
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Il trattamento del soggetto parkinsoniano: integrazione tra aspetti diagnostici, valutativi e terapeutici
U.O. 9 - Tecnologie Terapeutiche e Riabilitative, Laboratorio Ingegneria Biomedica, Istituto Superiore di Sanità, Roma - Responsabile: dr. Velio Macellari U.O. 10 - Unità di Neurologia e Riabilitazione Neurologica Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma - Responsabile: prof. Carlo Caltagirone U.O. 11 - Centro di Medicina dello Sport Fondazione Don Carlo Gnocchi, Centro S. Maria Nascente IRCCS, Milano - Responsabile: prof. Arsenio Veicsteinas U.O. 12 - Divisione di Neuroriabilitazione, IRCCS Fondazione C. Mondino, Università di Pavia - Responsabile: prof. Giorgio Sandrini U.O. 13 - Neurologia 1 e Neuroriabilitazione, Università Cattolica del Sacro Cuore e Istituto Besta, Milano - Responsabile: Prof . Alberto Albanese Si allega il programma dettagliato della Unità Operativa 1 facente capo alla Fondazione Santa Lucia IRCCS.
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U.O. 10 – Unità di Neurologia e Riabilitazione Neurologica Carlo Caltagirone OBIETTIVO FINALE DEL CONTRIBUTO L’obiettivo principale del progetto è quello di validare un modello di intervento integrato con i pazienti con malattia di Parkinson (MPI) attraverso l’analisi delle diverse componenti che sono coinvolte nella malattia. Fine specifico del progetto sarà, dunque, quello di giungere alla definizione di standard neuropsicologici, psicologico-comportamentali e neuromotori che consentano di predisporre un programma terapeutico adeguato con il paziente con MPI e di predirne e verificarne l’efficacia. Inoltre, verrà indagato quanto l’individuazione tempestiva delle alterazioni cognitive, psicopatologiche e di aspetti motori specifici possa rivestire un ruolo critico sulla possibilità di strutturare un percorso riabilitativo personalizzato in questi pazienti, attraverso la verifica a lungo termine degli esiti dell’intervento. Saranno considerate come variabili, infatti, anche il livello di autonomia e la capacità di utilizzare le risorse disponibili nell’ambiente da parte del paziente per la cui valutazione sarà coinvolto nel progetto il caregiver di riferimento. Nel suo insieme, dunque, il progetto si propone di definire uno strumento clinico multifattoriale che possa essere di ausilio al paziente nella gestione complessiva della malattia.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali Un criterio di valutazione sarà costituito dalla coerenza interna del modello che sarà valutata attraverso le analisi delle correlazioni tra i diversi fattori considerati (variabili neuropsicologiche, psicopatologiche, neuromotorie-outcome riabilitativo). Ulteriori criteri saranno rappresentati dalle modificazioni significative nei valori degli indicatori di seguito descritti in relazione all’erogazione dell’intervento. Due tipi di indicatori sono previsti nello studio: a) Indicatori soggettivi: costituiti dalle scale di autovalutazione sulla qualità di vita, del livello della depressione e d’ansia del paziente. b) Indicatori oggettivi: rappresentati dal colloquio clinico, dai test neuropsicologici e psicometrici, dalle scale cliniche funzionali e dai parametri derivanti dalla metodica utilizzata per l’indagine analitica del cammino.
OBIETTIVI INTERMEDI Il principale obiettivo previsto in questo step del progetto è quello di verificare l’efficacia e la sensibilità degli strumenti di valutazione neuropsicologica e psicopatologica nel correlare con gli esiti della prima fase del trattamento riabilitativo. Verrà inoltre esaminato sia il rapporto tra grado di
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malattia e le alterazioni cognitive e psicopatologiche che l’effetto delle fluttuazioni “on-off” sulle stesse variabili. Un elemento importante di valutazione sarà il livello di compliance del paziente e l’esame dei fattori che possono contribuire a ridurlo o ad alimentarlo. Un ultimo obiettivo è di addestrare il caregiver alla comprensione dei compiti funzionali previsti.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi Un primo criterio di valutazione sarà costituto dalla verifica della correlazione tra i punteggi ottenuti ai test neuropsicologici e psicopatologici con i punteggi alle scale di valutazione funzionale e i parametri dell’analisi cinematica del cammino. Inoltre, verrà esaminato l’effetto della sopensione della terapia sulle stesse variabili e la correlazione tra queste variabli e il livello di compliance del paziente. Infine, verrà valutato il grado di comprensione da parte del caregiver dei compiti funzionali previsti.
METODOLOGIA Soggetti: 30 pazienti affetti da Malattia di Parkinson Idiopatica, 15 pazienti de novo e 15 pazienti con un grado medio di malattia (Hoehn & Yahr=2-3) parteciperanno al progetto dopo aver espresso il proprio consenso informato. Criteri di esclusione: presenza di demenza, malattie sistemiche, pregressi accidenti cerebrovascolari e assenza del caregiver. La valutazione iniziale sarà eseguita a “T-0” senza terapia farmacologica al fine di individuare correttamente il grado reale di malattia (baseline). Verranno eseguite due valutazioni successive, rispettivamente a “T-1” (dopo due mesi da t-0) e a “T-2” (dopo 4 mesi da T-1). Di seguito sono descritte le valutazioni con i relativi strumenti adottati. Assessment psicopatologico: colloquio clinico, Halmiton Depression Rating Scale, Beck Depression Inventory, State and Trait Anxiety Inventory, Toronto Alexithymia Scale-Twenty item. Assessment neuropsicologico: Mental Deterioration Battery, Wisconsin Card Sorting Test, Trail making A and B, Paradigma n-Back. In quest’ultimo compito al soggetto viene richiesto di monitorare una sequenza continua di stimoli (parole, figure astratte o posizioni nello spazio) e di rispondere, ad un certo punto della sequenza, indicando lo stimolo apparso n-1 volte prima nella sequenza. Analisi cinematica del cammino: l’analisi verrà eseguita utilizzando il sistema stereofotogrammetrico SMART a 6 telecamere, con frequenza di 50 Hz, risoluzione delle telecamere 640x286 pixel, obiettivi fotografici da 6 mm. Il volume calibrato per le acquisizioni corrisponde ad un corridoio di 2 2004
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m. d’altezza, 2 m. di larghezza e 6 m. di lunghezza. Il software si compone di 3 moduli: SMART CAPTURE, che permette di acquisire i dati dalle telecamere che riprendono il cammino e registrarli in formato elettronico; SMART TRACKER che trasforma in 3D le immagini bidimensionali ed implementa il modello definito a priori per la valutazione; SMART ANALYZER che consente di analizzare i parametri temporali, dinamici e cinematici e di visualizzare i dati ottenuti dai pazienti. Verrà, quindi, predisposta una “scheda integrativa” da consegnare al care giver principale in cui saranno illustrati gli obiettivi funzionali personalizzati per ciascun paziente per il periodo tra T-1 e T-2. Tali obiettivi saranno strettamente connessi alle attività di vita quotidiana e rispecchieranno le abitudini di vita ed il contesto sociale di ciascun paziente. Infine, verranno adottati modelli di analisi statistica specifici (Correlazioni di Pearson, MANOVA, analisi della regressione) al fine di verificare la sensibilità delle variabili cognitive e psicopatologiche nel correlare e predire dimensioni specifiche dell’outcome riabilitativo.
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INTERAZIONI MULTI-SENSORIALI NEL CERVELLO UMANO EMILIANO MACALUSO IRCCS S. Lucia
INTRODUZIONE Nel corso della maggior parte delle attività quotidiane, il cervello riceve informazioni in diverse modalità sensoriali. In molti casi un singolo evento- od un oggetto- può produrre segnali multi-sensoriali, come un videotelefono che emette sia un segnale uditivo che un segnale visivo. Questi segnali multi-sensoriali sono elaborati in diverse zone del cervello: aree occipitali per stimoli visivi ed aree temporali per stimoli uditivi. Di conseguenza per creare una rappresentazione coerente dell’evento o dell’oggetto multi-sensoriale è necessario che i segnali nelle diverse aree cerebrali vengano integrati. Diversi aspetti dello stimolo multi-sensoriale possono determinare i processi di integrazione, quali ad esempio la sincronizzazione temporale dei segnali in diverse modalità (Stein and Meredith 1993; Calvert et al. 2000; Macaluso et al. in press) e/o la posizione relativa delle sorgenti dei suddetti segnali (Stein and Meredith 1993; Macaluso and Driver 2001; Macaluso et al. in press). L’utilizzo di moderne tecniche per misurare l’attività cerebrale (fMRI, functional magnetic resonance imaging) ha permesso di studiare le basi neurali dei processi di integrazione nel cervello umano in maniera non invasiva. Questi studi hanno evidenziato diversi meccanismi legati ai processi d’integrazione, quali la convergenza di segnali da aree uni-sensoriali occipitali e temporali ad aree multi-sensoriali nei lobi parietali e frontali (Bremmer et al. 2001; Macaluso and Driver 2001), ma pure effetti cross-modali (ossia riguardanti più di una modalità) in aree tradizionalmente considerate uni-sensoriali (Calvert et al. 1997; Macaluso et al. 2000; Macaluso et al. in press). In particolare, studi che hanno manipolato come i soggetti distribuiscono l’attenzione nello spazio (Macaluso et al. 2002a) e studi che hanno variato la posizione relativa di stimoli in diverse modalità sensoriali (Macaluso et al. 2000) hanno dimostrato che l’attività in aree uni-sensoriali può essere regolata in funzione della rilevanza comportamentale che una specifica posizione dello spazio ricopre in un dato momento. In questo contesto, Macaluso e colleghi (Macaluso and Driver 2001) hanno proposto un modello per l’integrazione di segnali multi-sensoriali che prende in considerazione non solo la convergenza di segnali neurali da aree uni-sensoriali ad aree multi-sensoriali, ma anche l’esistenza di effetti cross-modali in aree uni-sensoriali. Questo modello propone che aree multi-sensoriali nelle cortecce frontali e parietali controllano la distribuzione dell’attenzione spaziale, influenzando l’attività in aree uni-sensoriali (vedi anche Desimone and Duncan 1995; Hopfinger et al. 2000). A causa della natura multi-sensoriale dei segnali di controllo, informazioni riguardanti una modalità (es. visione) possono andare ad influenzare l’attività in aree sensoriali responsabili per una altra modalità (es. udito), creando un sistema nel quale i segnali multi-sensoriali sono integrati attraverso il coordinamento dell’attività di aree uni-sensoriali e multi-sensoriali. Il modello proposto ha importanti implicazioni per ciò che riguarda l’ottimizzazione dell’elaborazione di segnali multi-sensoriali, poiché pone la distribuzione dell’attenzione al centro dei meccanismi di integrazione. 2004
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Il progetto di ricerca presentato qui si propone dunque di valutare una serie di previsioni legate a possibili interazioni fra fattori attentivi e l’integrazione di segnali multi-sensoriali. Carico attentivo e integrazione di segnali multi sensoriali Una delle caratteristiche centrali del modello presentato sopra è che l’insorgere di attività coerente in aree uni-sensoriali e multi-sensoriali, che riflette la natura dello stimolo o dell’oggetto multi-sensoriale, si basa sulla distribuzione dell’attenzione. Di conseguenza una previsione del modello è che se le risorse attentive sono assorbite altrove, l’attivazione coerente non dovrebbe avvenire, con relative conseguenze per ciò che riguarda l’integrazione dei segnali multi-sensoriali. Si propone dunque una serie di esperimenti durante i quali viene variata la domanda attentiva di un compito principale, andando poi a misurare come questo influenza le attivazioni legate all’elaborazione e l’integrazione di stimoli multi-sensoriali (attivazione coerente in aree uni-sensoriali e multi-sensoriali). Gli studi manipoleranno vari aspetti del compito attentivo primario al fine di chiarire quali sono gli aspetti decisivi per consentire l’integrazione dei segnali multi-sensoriali. In particolare si verificherà il ruolo delle risorse attentive disponibili utilizzando: 1. compiti che richiedono un alto livello attentivo in una modalità sensoriale ma senza alcuna componente spaziale (es. discriminazione di frequenza, utilizzando dei toni uditivi); 2. compiti uni-sensoriali, ma con componenti spaziali (es. giudicare la posizione relativa di due toni presentati in rapida sequenza); 3. compiti multi-sensoriali, con o senza componenti spaziali (es. giudicare la posizione relativa di stimoli visivi ed auditivi, o giudicarne la sincronizzazione temporale). Ci si attende che questi esperimenti rivelino come la disponibilità di specifiche componenti attentive (risorse unimodali, multimodali, spaziali e non) influenza l’integrazione di segnali multi-sensoriali attraverso la co-attivazione di aree uni-sensoriali e multi-sensoriali. Attenzione volontaria e integrazione di stimoli multi-sensoriali Una delle distinzioni fondamentali riguardante i sistemi cerebrali che controllano le risorse attentive concerne la separazione fra attenzione endogena e attenzione esogena. I processi endogeni dipendono dalla volontà del soggetto di prestare attenzione ad una particolare posizione nello spazio, o ad una particolare caratteristica dell’input sensoriale (es. forma o movimento di uno stimolo visivo). Al contrario i processi esogeni sono interamente dipendenti dalle caratteristiche dell’input sensoriale, e avvengono in maniera automatica. Alcuni precedenti studi di neuroimmagini funzionali hanno studiato le basi neurali di questi sistemi (es. Kim et al. 1999; Corbetta et al. 2000; Macaluso et al. 2002b) implicando aree frontali e parietali. Bisogna però notare
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Interazioni multi-sensoriali nel cervello umano
che in molte situazioni i due tipi di processi attentivi interagiscono, con i processi automatici che possono essere modificati a dipendenza di quali sono le intenzioni del soggetto. Queste interazioni sono particolarmente rilevanti nel contesto dell’integrazione multi-sensoriale, visto che i processi d’integrazione sono prevalentemente di natura esogena (dipendono da aspetti legati agli stimoli, es. posizione delle sorgenti e sincronia temporale) ma possono anche venire alterati da fattori volontari (Eimer 1999). Si propone dunque una serie di esperimenti per studiare come aspetti endogeni (attenzione volontaria) possano influenzare l’attività cerebrale legata all’integrazione multi-sensoriale (un processo tipicamente esogeno). A questo scopo si manipolerà la direzione dell’attenzione endogena (es. attenzione diretta verso l’emicampo destro o verso l’emicampo sinistro) e si verificherà con quale efficienza stimoli multi-sensoriali (es. visione ed udito) vengono integrati in funzione della loro posizione rispetto all’emicampo atteso. Ulteriori varianti di questo approccio potranno studiare come aspetti temporali (sincronia tra segnali visuali ed auditivi) e aspetti spaziali (distanza fra la sorgente visiva e la sorgente uditiva) possono avere differenti ruoli, a dipendenza che gli stimoli multi-sensoriali si trovino nell’emicampo atteso o nell’emicampo non atteso. Pianificazione motoria e integrazione di stimoli multi-sensoriali Infine un altro importante fattore che deve essere considerato concerne la relazione fra i processi attentivi e i processi motori. Mentre gli esperimenti proposti sopra non considerano in maniera esplicita il ruolo delle funzioni motorie, è importante notare che l’orientamento dell’attenzione è generalmente legato all’esecuzione di movimento (es. movimenti oculari). Il legame fra attenzione ed intenzione (o pianificazione motoria) è ancora causa di dibattito scientifico (es., Andersen et al. 1997; Colby and Goldberg 1999), ma recenti dati riguardanti movimenti verso stimoli in diverse modalità sensoriali suggeriscono un legame fra le aree cerebrali impegnate nel controllo attentivo e quelle responsabili per il movimento (Macaluso et al. 2003). Qui si propone una serie di esperimenti con lo scopo di investigare se e come l’integrazione di stimoli multi-sensoriali può essere influenzata dall’intenzione e la pianificazione di specifici movimenti. Una strategia classica per differenziare effetti attenzionali ed effetti motori consiste nell’utilizzo di “anti-movimenti”. Durante questo tipo di studio ai soggetti vengono presentati stimoli in una posizione dello spazio (dunque attraendo l’attenzione esogena verso quella posizione) ma il movimento (es. un movimento oculare) deve essere effettuato verso un’altra posizione. Questa logica può essere applicata allo studio delle interazioni multi-sensoriali utilizzando stimolazioni multi-sensoriali per attrarre l’attenzione esogena, e richiedendo anti-movimenti verso altre zone dello spazio. Questo tipo di studio dovrebbe chiarire i rispettivi ruoli di attenzione e pianificazione motoria, nel determinare le attivazioni cerebrali legate all’integrazione di stimoli multi-sensoriali.
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INTERFACCE DIRETTE CERVELLO-COMPUTER NON INVASIVE DONATELLA MATTIA IRCCS S. Lucia
Negli ultimi anni si sono accumulate evidenze che mostrano la possibilità di analizzare le onde cerebrali (segnali Elettroencefalografici, EEG) in tempo reale per ricavarne informazioni utili circa lo stato mentale del soggetto sperimentale. Tali informazioni potrebbero poi essere mappate verso qualche azione eseguita nel mondo reale, come ad esempio nella selezione di una lettera da una tastiera virtuale o nella guida di un dispositivo robotico. Sia procedure invasive (che richiedono l’inserimento di elettrodi nel cervello) che costose e sofisticate tecnologie di brain imaging non invasivo possono dare informazioni sui processi cerebrali in corso nel soggetto. Una alternativa più semplice a queste tecnologie è rappresentata dalla misura dell’EEG sullo scalpo, in maniera completamente non invasiva. D’altra parte, va osservato come il segnale EEG in realtà sia di difficile analisi, in quanto i fenomeni di interesse sono completamente immersi nel segnale EEG di fondo. Questo accade in particolar modo durante la registrazione di attività mentale spontanea, dove il soggetto è libero di immaginare un oggetto od un movimento senza la sincronizzazione con uno stimolo esterno. La sfida in questo caso è quella di riconoscere lo stato mentale del soggetto, fra un insieme discreto di stati possibili, mediante la sola analisi dell’EEG. L’obiettivo di queste ricerche è di generare un dispositivo trasportabile che implementa una interfaccia fra cervello e computer (Brain Computer Interface, BCI).
BACKGROUND Nelle neuroscienze si sta affermando lo studio sulla comunicazione con un computer tramite la modifica volontaria di segnali elettrofisiologici. La ricerca è volta allo sviluppo di un’interfaccia cervello-computer (BCI, Brain Computer Interface). Un dispositivo BCI è un sistema di comunicazione che non dipende dai normali output periferici cerebrali. Per l’elevata risoluzione temporale, l’elettroencefalogramma (EEG) è la tecnica più impiegata per realizzare dispositivi BCI in grado di interpretare semplici comandi mentali. I BCI si classificano in base al tipo di attività EEG: generata internamente dal soggetto (endogena) o esternamente e a cui l’EEG del soggetto “reagisce” (esogena o evocata). I BCI basati su attività endogena EEG consentono all’utente, dopo un periodo di addestramento, la generazione spontanea di stati mentali usati per il colloquio con il dispositivo. Il gruppo di Wolpaw (Wadsworth Center, Albany, NY) è il più attivo in questo campo negli USA. Il loro BCI impiega le variazioni EEG nella banda 8-22 Hz, raccogliendo il segnale EEG con cuffie a 64 elettrodi (Wolpaw et al., 1991, 1997, 1998, 2000; McFarland et al., 1998, 2000; Vaughan et al., 1998). Il gruppo europeo di Pfurtscheller (Università di Graz) usa un elevato numero di elettrodi disposti lungo le aree motorie primarie. L’attività immaginativa di distretti (braccia, gambe), riconosciuta nell’80% dei casi, comanda un cursore sullo schermo oppure un’ortesi per la chiusura/apertura di una mano in un soggetto tetraplegico (Pfurtscheller et al., 1992, 1994, 2001, 2002). Un diverso approccio è stato seguito dal gruppo di Birbaumer (Università di 2004
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Tübingen). Impiegando un BCI sulle variazioni lente (10 s) del potenziale sullo scalpo è possibile aprire un canale di comunicazione con pazienti ALS. Il BCI addestra i pazienti alla selezione alfabetica da uno schermo di computer; pazienti completamente paralizzati sono riusciti a scrivere una lettera intera (Birbaumer et al., 1990, 1997, 1999, 2000). La classe di dispositivi BCI esogeni funziona invece sulla modulazione dell’EEG generata da stimoli forniti al soggetto dall’apparato stesso. Non è necessario un addestramento dell’utente, ma la difficoltà di trasportare l’ambiente di stimolazione al di fuori del laboratorio rappresenta uno svantaggio importante. Un esempio è fornito dal gruppo di Mc Millan (Wright - Patterson AFB, Ohio): stimolando l’apparato visivo del soggetto con una frequenza prefissata, vengono registrati segnali EEG occipitali alla stessa frequenza di stimolazione. Quando il soggetto dirige lo sguardo verso una delle differenti sorgenti luminose concorrenti, il dispositivo ne riconosce il tipo (Sutter, 1992; Middendorf et al., 2000). Un altro esempio è quello del gruppo di Donchin (U. Illinois) che nel 1988 ha realizzato un dispositivo per la scrittura su tastiera virtuale mediante variazioni indotte dell’EEG. È noto che eventi rari (o rilevanti per il soggetto) in un compito sperimentale generano l’insorgenza di un’onda EEG caratteristica sullo scalpo, detta P300. Il sistema di Donchin presentava una matrice di lettere al soggetto, illuminandole in modo random. Quando la lettera desiderata è illuminata, l’onda P300 generata dal soggetto viene rilevata dal dispositivo (Farwell e Donchin, 1988; Donchin et al., 2000). Le esperienze internazionali di ricerca evidenziano come le applicazioni dei BCI siano per ora limitate all’interazione dell’utente con lo schermo di un computer (per selezionare lettere dallo schermo). Al di là di tale uso di estremo interesse, è plausibile estendere la comunicazione fra soggetto disabile e ambiente esterno ad interazioni con mobilità. In particolare, il riconoscimento di stati mentali potrà guidare dispositivi (una sedia a rotelle motorizzata) o far interagire naturalmente con dispositivi comuni del mondo esterno (telefoni, interruttori della luce, ecc.). Questa estensione delle capacità dei BCI verso l’interazione con oggetti del mondo reale non è stata ancora esplorata. Tali dispositivi avrebbero interesse non solo per soggetti disabili ma anche per soggetti normali. La Fondazione Santa Lucia è attivamente coinvolta nella ricerca sul BCI dal 1998. In questo periodo ha partecipato ad un progetto multicentrico europeo e ad un progetto nazionale, ottenendo risultati di rilievo nel campo. Il dispositivo BCI realizzato ha reso possibile l’interazione di soggetti sperimentali umani ed un computer mediante il controllo dei soggetti stessi della generazione di alcuni pattern EEG caratteristici sullo scalpo. Il cuore di questo sistema BCI è un classificatore di pattern EEG basato su una tecnologia di reti neurali proposta nell’ambito di questo progetto. Tale classificatore riesce a riconoscere i pattern EEG associati a pensieri stereotipati nella mente del soggetto sperimentale. Una volta che il compito mentale del soggetto è stato fissato, ad esempio l’immaginazione del movimento della mano destra, il riconoscimento delle onde EEG caratteristiche di questo compito può dar luogo ad un evento comandato dal computer, quale ad
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esempio l’accensione di una lampadina, oppure la selezione di una lettera su di una tastiera su schermo. La rete neurale all’interno del sistema BCI implementato impara rapidamente l’associazione fra pattern EEG registrati e compiti sperimentali contemporaneamente eseguiti dal soggetto stesso. Questo aumento di precisione nel riconoscimento significa che il dispositivo BCI potrà eseguire in maniera più precisa le indicazioni (mentali) del soggetto stesso. La personalizzazione del BCI, l’adattarlo cioè ai bisogni differenti dei vari pazienti e dei vari soggetti sperimentali di controllo è il concetto innovativo alla base del sistema implementato. Questa personalizzazione consente anche di abbreviare notevolmente i tempi di addestramento. Gli aspetti chiave di un sistema BCI sono: affidabilità, il sistema deve raramente fare classificazioni di stati mentali che non siano corrette (devono in generale essere sotto il 5%) mentre devono raggiungere almeno il 70% per quanto riguarda la percentuale corretta di classificazione. Rapidità della risposta, il sistema prova a riconoscere gli stati mentali ogni mezzo secondo, addestramento rapido, in generale grazie all’approccio mediante classificatori non lineari si riesce ad eseguire un riconoscimento di pattern mentali ogni mezzo secondo, semplicità e naturalezza dell’interazione, il soggetto nel sistema BCI considerato compie spontaneamente la selezione dello stato mentale che più gli necessita senza il bisogno di eseguire una scelta a tempi prefissati. In questo rispetto l’approccio seguito è unico in letteratura, laddove tutti gli altri sistemi BCI possono analizzare i dati EEG solo in particolari e prefissate finestre temporali definite dal computer. Come già detto la naturalezza dell’approccio si riflette sulla velocità di apprendimento mostrata dai soggetti sperimentali nell’utilizzo del nostro sistema.
OBIETTIVI La Tecnologia dell’Informazione, in congiunzione con la Neurofisiologia e la Bioingegneria ha il potenziale di contribuire all’integrazione sociale di queste persone. Questa richiesta è particolarmente pressante per coloro i quali soffrono di disabilità motorie severe, dovute a lesioni vascolari o del midollo spinale, nonchè per pazienti coinvolti nel processo di riabilitazione. I problemi di queste persone riguardano tre aree principali: comunicazione mobilità e controllo. Da queste necessità si sono sviluppati studi su nuove vie di comunicazione tra uomo e computer. Esiste un’area di ricerca che studia come sia possibile comunicare con un computer tramite la modificazione volontaria di segnali elettrofisiologici. L’oggetto di questa ricerca è detto interfaccia cervello computer (BCI) I vantaggi che risiedono nell’uso della Elettroencefalografia ad alta risoluzione spaziale per lo studio delle dinamiche cerebrali e la connettività funzionale della corteccia, risiedono nella sua semplice esecuzione e nella sua elevata frequenza di campionamento dei segnali di interesse. L’EEG riflette l’attività dei generatori corticali orientati sia tangenzialmente che radicalmente alla superficie dello scalpo. Le diverse conducibilità di cervello, cranio e scalpo provocano però una sfocatura delle distribuzioni di potenziale 2004
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misurabili sullo scalpo, rendendo più difficile l’identificazione delle sottostanti sorgenti corticali attive. Le sorgenti neuronali dell’EEG possono essere localizzate facendo ipotesi a priori sul loro numero ed estensione. Quando l’attività EEG è principalmente generata da un numero noto di sorgenti corticali, la locazione e l’intensità delle sorgenti più essere affidabilmente rilevata facendo ricorso alle tecniche di localizzazione dipolare. Quando invece si suppone l’attività di reti neuronali distribuite, le sorgenti dell’EEG possono essere modellizzate mediante la stima lineare inversa. Con questo approccio, migliaia di dipoli di corrente equivalenti vengono utilizzati come modello di sorgente, e un modello di testa realistico costruito sulla base di immagini di risonanza magnetica viene utilizzato come volume conduttore. Da queste soluzioni distribuite può poi essere ricavata la stima del livello di attività di un numero limitato di regioni di interesse corticali (aree motorie bilaterali, area supplementare motoria, aree associative visuo-motorie parietali). Lo studio proposto è volto ad implementare e valutare sperimentalmente i vantaggi che le tecniche di stima delle sorgenti corticali possono portare al BCI in termini di maggiore accuratezza nel riconoscimento degli stati cognitivi prodotti dall’utente dell’interfaccia.
ARTICOLAZIONE Una prima fase dello studio riguarderà la messa a punto di programmi ottimizzati per la risoluzione in tempo reale del problema lineare inverso alla frequenza di campionamento richiesta dall’interfaccia (nell’ordine dei 200 campioni al secondo). Una seconda fase farà uso di dati provenienti da un database di registrazioni ottenute con il protocollo BCI per valutare quali regioni di interesse corticali permettano una migliore rappresentazione e quindi una migliore separabilità degli stati mentali. Verrà poi definito un protocollo di validazione della tecnica proposta basato sul suo utilizzo on-line, confrontando i risultati con quelli ottenibili fornendo all’interfaccia il segnale EEG non processato. Essendo descritte in letteratura delle tecniche di valutazione dei descrittori (spettrali) dell’EEG basati su tecniche di feature-selection, un secondo studio di comparazione prenderà in considerazione la possibilità di integrare la tecnica proposta di preprocessamento del segnale EEG con quello di selezione dei suoi descrittori, valutando se i benefici apportati dalle due tecniche possano essere combinati. Il processamento dei dati avverrà estraendo le caratteristiche spettrali dei segnali EEG nella banda 8-30 Hz dalla serie di elettrodi posti sulle aree centroparietali dello scalpo. Verrà anche stimata l’attività corticale in regioni di interesse (ROI) poste sulle aree motorie e somatosensoriali dell’uomo. Verranno impiegati due classificatori (lineare e quadratico) per la classificazione ed il riconoscimento dei dati sperimentali. Definizione dell’ambiente di simulazione. L’ambiente di simulazione sarà basato sul software Move3D (http://www.kineocam.com) sul sistema operativo Linux. Tale software permette la definizione e rappresentazione tridimensionale
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di oggetti, la valutazione delle collisioni e l’esecuzione di routine di movimento controllato scritte dall’utente. Verranno generate due tipologie di ambienti virtuali: a) un ambiente interno, composto da stanze, porte, corridoi e mobilio, nel quale l’utente navigherà su una carrozzella motorizzata; b) un ambiente di manipolazione di semplici oggetti mediante un braccio manipolatore, che realizza le intenzioni dell’utente. Descrizione della comunicazione con l’ambiente di simulazione. Il dispositivo BCI manderà una sequenza di due o tre semplici comandi via socket tra processi concorrenti o via porta seriale al software di simulazione. La successione dei comandi sarà collegata al numero di stati mentali che potrà essere possibile riconoscere effettivamente nel soggetto sperimentale. Descrizione dell’interazione fra soggetto e componenti robotici simulati. Nel caso della carrozzina all’interno di ambiente virtuale, l’utente fornirà semplici comandi (binari) che guideranno il movimento nelle fasi decisionali (start/stop, vai a dx/sn ad un bivio). In modalità trasparente all’utente, ci sarà poi una componente automatica di navigazione completa di un modulo per l’evitamento di ostacoli. Nel caso della manipolazione, i semplici comandi dell’utente guideranno la scelta sulla presa/rilascio di oggetti tra posizioni iniziali/finali predefinite. L’elaborazione dei comandi a livello di articolazioni di giunto del braccio robotico sarà invece automatica. Tali interazioni elementari sono puramente esemplificative e potranno assumere più in generale livelli di astrazione diversi (da comandi locali a globali, quali “vai nella stanza selezionata”). Nella seconda fase del progetto si passerà alle registrazioni EEG vere e proprie del gruppo dei soggetti sperimentali durante l’interazione con il software di navigazione virtuale. In questa fase, risulteranno oltremodo importanti le modalità di addestramento dei soggetti sperimentali all’ambiente di interazione proposto. Si svolgeranno quindi le seguenti attività: - Addestramento continuativo dei soggetti sperimentali all’interazione con il dispositivo. - Valutazione della bontà dei classificatori impiegati per il riconoscimento di stati mentali durante l’interazione con il dispositivo. - Valutazione delle difficoltà riportate dai soggetti sperimentali ed eventuale raffinamento delle modalità di interazione fra utente e computer. - Generazione dei report scientifici relativi allo studio intrapreso. La validazione del dispositivo BCI sulla base di segnali EEG prevede la verifica della sua capacità di generare una sequenza di comandi robotici per la navigazione all’interno di ambienti con una sedia a rotelle virtuale, l’interazione con semplici oggetti, quali interruttori della luce, e lo spostamento di un braccio robotico e la successiva presa di un oggetto posto in prossimità del braccio stesso. Gli utenti di tale dispositivo saranno un gruppo di soggetti normali e un ristretto gruppo di pazienti con disabilità motorie agli arti inferiori (paraplegia). L’idea base del progetto è la possibilità di avere un buon riconoscimento 2004
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di due stati mentali basati sull’EEG per poter interagire efficacemente con i dispositivi robotici simulati al computer. Va sottolineato che i comandi forniti dall’utente sono generati sempre dagli stessi stati mentali (ad esempio relativi all’immaginazione del movimento di un arto sinistro o destro); l’interazione con gli elementi della realtà virtuale avverrà poi in maniera differente a seconda del contesto. Ad esempio, mentre l’utente con una singola scelta binaria può decidere di voltare a destra o a sinistra lungo un cammino di navigazione virtuale, con la stessa scelta può, in prossimità ad esempio di un telefono (virtuale), iniziare o no una sequenza di composizione di un numero telefonico. Questa articolazione rende l’utente sempre più esperto nel padroneggiare i semplici comandi mentali che gli saranno richiesti per interagire con un numero limitato ma significativo di dispositivi “virtuali” differenti. È chiara l’intenzione di sostituire, al raggiungimento dell’obiettivo del progetto stesso, alcuni oggetti virtuali con oggetti fisici per passare da una fase di navigazione simulata ad una di navigazione “reale” del soggetto nell’ambiente esterno.
POSSIBILI APPLICAZIONI È di interesse ricordare che altri gruppi di ricerca hanno dimostrato che alcuni soggetti possono imparare a controllare la loro attività cerebrale mediante appropriate, ma lunghe, sedute di training per poter generare pattern EEG prefissati (e non variabili) che la macchina possa tradurre in azioni. Inoltre, la maggior parte dei lavori presenti in letteratura presenta un riconoscimento di due stati mentali soli, mentre in questo progetto si è giunti a controllarne tre in un vasto insieme di soggetti sperimentali. Nell’ambito di precedenti progetti di ricerca si sono sviluppati diversi dimostratori software connessi al dispositivo BCI implementato. Si sono implementate tastiere virtuali funzionanti con il riconoscimento di pattern EEG, con le quali si potrà aumentare il livello di comunicazione da parte di persone inabili a muovere i loro muscoli, si sono sviluppate applicazioni di intrattenimento e si sono anche generate applicazioni che in un futuro vicino potranno essere impiegate per il controllo di una carrozzina motorizzata. Il BCI può essere usato per selezionare lettere da una tastiera virtuale su di un computer e scrivere un messaggio. Inizialmente, l’intera tastiera è divisa sullo schermo del computer in 3 parti, ognuna associata a uno dei compiti mentali richiesti al soggetto. Successivamente, come la rete neurale riconosce lo stato mentale generato, viene generata una divisione in parti più piccole della tastiera virtuale. Questo processo si ripete finché non si arriva alla selezione della singola lettera. Una parte della tastiera infatti viene selezionata in corrispondenza dello stato mentale generato dal soggetto e riconosciuto dal BCI. Nel caso di una selezione sbagliata, l’utente può tornare sulle sue decisioni. La task mentale per la quale il soggetto può cancellare le scelte sbagliate viene presa come quella in cui il soggetto sperimentale ha la più alta
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percentuale di classificazione corretta. Per soggetti allenati, questo procedimento prende in media 22 secondi per la selezione di una lettera (prendendo in esame anche il tempo impiegato per cancellare una selezione sbagliata). Naturalmente, l’inserimento in questo protocollo di accorgimenti (quali un suggeritore di parole, basato per esempio sul sistema T9) potrebbe aumentare in maniera decisiva tale velocità di selezione. È anche possibile guidare una carrozzina motorizzata mediante il BCI, a patto che questa abbia a bordo dei sensori di prossimità per evitare gli urti. Inoltre, una volta che uno stato mentale è stato riconosciuto e l’associato comando ad alto livello è stato mandato alla piattaforma mobile, il soggetto non deve tenersi concentrato su quello stato mentale. Un altro aspetto critico per il continuo controllo della sedia a rotelle motorizzata (che rappresenta il prossimo passo per una applicazione del BCI qui realizzato) è che il soggetto può generare dei comandi in qualsiasi momento senza aspettare prompt esterni da parte del sistema (come sarebbe nel caso di un sistema BCI sincrono). La carrozzina motorizzata e guidata dal dispositivo BCI continuerà ad eseguire il comando ad alto livello generato dall’utente finché il prossimo comando non venga generato nuovamente dall’utente stesso. Esempi di comandi ad alto livello sono avanti, dietro, stop e gira (destra e sinistra). Tale sedia a rotelle motorizzata poggerebbe su un insieme di sensori ed una logica a bordo che consenta l’evitare collisioni in maniera autonoma ed indipendente dal soggetto. Altre dirette applicazioni del BCI qui implementato sono nel campo della domotica (luci, TV, porte). L’obiettivo è l’incremento del numero di attività quotidiane che il paziente può eseguire, grazie alla nuova modalità di controllo delle apparecchiature della casa; conseguentemente, diminuirà lo sforzo richiesto al caregiver per aiutare il paziente ad eseguire le attività suddette. Il coinvolgimento del familiare in favore del paziente con capacità comunicative estremamente limitate sarà fortemente ridotto, poiché questi pazienti potrebbero contare su un nuovo sistema di richiesta di assistenza e non hanno quindi più necessità continuativa di attenzioni.
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LA MUSICOTERAPIA ATTIVA NELLA RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE POST-COMATOSO RITA FORMISANO IRCCS S. Lucia
INTRODUZIONE Una condizione di coma può essere secondaria a gravi traumi cranioencefalici, ipossia cerebrale, encefaliti, ischemie o emorragie cerebrali estese e altre gravi cerebrolesioni acquisite. Il coma può persistere per diverse settimane e talora evolvere verso uno stato vegetativo, che consiste in un recupero della vigilanza (apertura degli occhi) senza recupero della coscienza (capacità di eseguire ordini semplici). In fase di recupero dal coma e/o dallo stato vegetativo può manifestarsi una condizione di stato di minima coscienza, in cui il paziente è in grado di eseguire ordini semplici in maniera incostante e fluttuante. In questa condizione il paziente può presentare gravi disturbi neuropsicologici, che consistono in assenza o riduzione dell’iniziativa psicomotoria definita inerzia o al contrario in agitazione psicomotoria, aggressività e disinibizione nei comportamenti. Tali disturbi cognitivo-comportamentali possono compromettere la collaborazione dei pazienti post-comatosi al programma riabilitativo, talvolta con influenza negativa sul recupero finale. Il paziente comatoso e post-comatoso inoltre può presentare una disautonomia vegetativa importante, consistente in tachicardia, tachipnea, sudorazione profusa, crisi di ipertonia muscolare e di ipertensione arteriosa con ipotensione ortostatica in posizione seduta. La musicoterapia attiva, improvvisata, creativa, basata sull’approccio di Nordoff e Robbins (1977), può rappresentare una forma aggiuntiva di terapia nella riabilitazione precoce. Lo stesso approccio è già stato utilizzato da Gustorff (1990) con risultati interessanti nei pazienti comatosi, con efficacia soprattutto sulla modulazione di alcuni parametri vitali come la frequenza cardiaca, il respiro e la pressione arteriosa. La musicoterapia attiva creativa è basata sulla improvvisazione musicale del musicoterapeuta che, attraverso il canto o l’utilizzo di diversi strumenti musicali a tastiera, a percussione o a fiato, cerca di creare un canale comunicativo con il paziente. L’intervento del musicoterapeuta può essere utilizzato nelle prime fasi di recupero dal coma, per facilitare la ripresa di un canale comunicativo con il mondo esterno. Successivamente, quando il paziente recupera la posizione seduta, il musicoterapeuta può trattare il paziente in una stanza attrezzata con diversi strumenti musicali e improvvisare un dialogo musicale, creando delle pause in cui il paziente è incoraggiato dal co-terapeuta a rispondere, utilizzando uno degli strumenti, compatibilmente alle sue condizioni neurologiche, in particolare il livello di coscienza, l’assenza di iniziativa o l’agitazione psicomotoria e le abilità motorie residue. In questi ultimi anni la Fondazione Santa Lucia di Roma in collaborazione con l’Università di Witten-Herdecke (Germania) ha condotto uno studio preliminare per verificare l’efficacia della musicoterapia attiva sulle abilità comunicative di pazienti in stato di minima coscienza, che non avevano ancora recuperato la comunicazione verbale. L’ipotesi di efficacia è basata sulla possibilità che, anche laddove l’interazione con il paziente attraverso la mediazione verbale sia compromessa, altri canali comunicativi siano invece risparmiati. 2004
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Sezione II: Altri progetti di ricerca
Lo studio preliminare è stato condotto su 34 pazienti post-comatosi con un coma della durata media di 52 ± 37.2 giorni e diagnosi di stato di minima coscienza all’ingresso nell’Ospedale di Riabilitazione Santa Lucia. I risultati di questo studio hanno dimostrato un miglioramento significativo della collaborazione dei pazienti nel corso del trattamento con musicoterapia, con riduzione di comportamenti indesiderati come l’assenza di iniziativa e l’agitazione psicomotoria (Formisano et al. 2001). Lo studio era stato condotto secondo un disegno caso-singolo (ciascun paziente era controllo di se stesso) e i miglioramenti evidenziati erano stati rilevati mediante la videoregistrazione delle sedute di musicoterapia e la valutazione “in cieco” di un esaminatore, che non conosceva gli obiettivi dello studio. Le scale di valutazione utilizzate non avevano invece mostrato una sensibilità sufficiente ad evidenziare le modificazioni delle abilità interattive e comunicative dei pazienti post-comatosi.
RISULTATI ATTESI Il presente studio ha quindi lo scopo di confermare l’efficacia della musicoterapia attiva, come trattamento riabilitativo aggiuntivo al programma riabilitativo convenzionale (neuromotorio, neuropsicologico, rieducazione respiratoria, foniatrica, idrochinesiterapia), in pazienti con diagnosi di stato di minima coscienza, individuando scale di valutazione semi-quantitative in grado di registrare i possibili cambiamenti delle abilità di interazione con l’ambiente esterno e del livello di collaborazione del paziente post-comatoso. Utenti Saranno inclusi nello studio 20 pazienti con danno cerebrale grave (severe brain injury), definito con Glasgow Coma Scale (GCS) uguale o inferiore a 8 nelle prime 6 ore (Jennett, 1974), durata del coma uguale o superiore a 15 giorni (coma prolungato) e Glasgow Outcome Scale (GOS) (Jennett, 1975) uguale o inferiore a 3 (disabilità grave). La durata del coma verrà definita come l’intervallo di tempo tra l’insorgenza del coma e la prima esecuzione di ordini semplici (Ross, 1994).
METODI In tutti i pazienti verrà registrato l’intervallo di tempo tra l’insorgenza del coma e l’inizio del programma riabilitativo. I pazienti saranno esaminati mediante le seguenti scale: la GOS (Jennett, 1975), la Levels of Cognitive Functioning Hagen, 1979) e la Post-Coma Scale (PCS) (Formisano, 1996), all’ingresso in riabilitazione (baseline) e ad intervalli di tempo prestabiliti (T0, T1, T2, T3, T4, T5) (Tab. 1). Personale coinvolto Il progetto prevede il coinvolgimento di 1 musicoterapeuta ed 1 coterapeuta (fisioterapista).
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La musicoterapia attiva nella riabilitazione del paziente post-comatoso
Tabella 1 T0
Ingresso in riabilitazione
T1
15 giorni dopo l’inizio del programma riabilitativo convenzionale (neuromotoria, terapia cognitiva per tutti i pazienti; rieducazione foniatrica, respiratoria e idrochinesiterapia quando opportuna), prima dell’inizio della musicoterapia (baseline).
T2
Dopo 15 giorni dall’inizio della musicoterapia (come trattamento aggiuntivo al programma riabilitativo convenzionale).
T3
1 mese dopo l’inizio della musicoterapia.
T4
2 mesi dopo l’inizio della musicoterapia.
T5
1 mese dopo la sospensione della musicoterapia (follow up).
Tempi di realizzazione Il trattamento di musicoterapia sarà basato sull’approccio di Nordoff e Robbins (1977) e sarà praticato 3 volte a settimana per una durata di ciascuna seduta di 20-40 minuti, a seconda del livello di attenzione e collaborazione del paziente e quindi della esauribilità attentiva individuale. La durata complessiva del trattamento, per ciascun paziente, sarà di due mesi, con un follow-up di un mese dalla sospensione della musicoterapia (tab. 1). La valutazione sarà inoltre eseguita da un esaminatore esperto nella riabilitazione dei pazienti post-comatosi, non informato (“cieco”) rispetto agli obiettivi dello studio, che giudicherà esempi randomizzati di videoreggistrazioni delle sedute di musicoterapia, mediante una scala semi-quantitativa delle variazioni cliniche (+ migliorato; 0 invariato; - peggiorato). I cambiamenti clinici esaminati saranno i seguenti: a) interazione con l’ambiente; b) iniziativa psicomotoria; c) agitazione; d) collaborazione. Durante l’intero periodo di osservazione e trattamento non sarà modificata alcuna terapia farmacologica. Una complicanza medica generale, come nel caso di infezioni e/o ipertermia prolungata, potrà essere considerata causa di esclusione dal protocollo di studio.
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BIBLIOGRAFIA – FORMISANO R., VINICOLA V., CARLESIMO G.A. et al. (1996) Proceedings of the 5th Conference of the International Association for the Study of Traumatic Brain Injury. Melbourne (Australia) 110 - 113. – GUSTORFF D. (1990) Musiktherapeutische Umschau 11: 120 - 126. – HAGEN C., MALKMUS D., DURHAM P. (1979) Levels of cognitive functioning. In: Rehabilitation of the head injured adult. Comprehensive physical management: 8. Professional Staff Association of Rancho Los Amigos Hospital. Inc. Downey. – JENNETT B. and BOND M. (1975) Lancet 1: 480 - 484. – NORDOFF P. and ROBBINS C. (1977) Creative music therapy (New York): John Day. – FORMISANO R., VINICOLA V., PENTA F., MATTEIS M., BRUNELLI S., WECKEL J.W. (2001) Annali Istituto Superiore di Sanità 37(4): 627 - 630. – ROSS B.L., TENKIN N.R., NEWELL D. et al. (1994) American Journal of Physical Medicine and Rehabilitation 73: 341 - 347. – TEASDALE G. and JENNETT B. (1974) Lancet 13: 81 - 84.
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LA PLASTICITÀ NEURONALE NELL’EVOLUZIONE DELLA MALATTIA DI PARKINSON E NELLA RISPOSTA AL TRATTAMENTO Studio multi-integrato mirato all’individuazione di nuovi protocolli diagnostico-terapeutici GIUSEPPE NAPPI IRCCS C. Mondino U.O. 3: PAOLO CALABRESI Università di Roma Tor Vergata - IRCCS S. Lucia
OBIETTIVO FINALE DEL PROGETTO Il progetto si propone i seguenti obiettivi: - identificare marcatori precoci e indicatori di follow-up della malattia attraverso metodiche di neuroimaging funzionale e/o neurofisiologiche; - individuare nuove strategie terapeutiche mediante l’impiego di modelli sperimentali; - valutare e caratterizzare, nel paziente, le modificazioni “plastiche” secondarie al trattamento chirurgico della malattia di Parkinson (elettrostimolazione profonda del nucleo subtalamico).
UNITÀ OPERATIVE COINVOLTE U.O. 1 - Laboratorio di Elettromiografia e Laboratorio di Neurofisiopatologia dei riflessi troncoencefalici e spinali, IRCCS C. Mondino, Pavia – Responsabile: dr. Enrico Alfonsi U.O. 1.1 - Laboratorio di Neurochimica Funzionale, IRCCS C. Mondino, Pavia – Responsabile: dr. Fabio Blandini U.O. 1.2 - U.O. Parkinson e Disordini del Movimento, IRCCS C. Mondino, Pavia – Responsabile: dr. Claudio Pacchetti U.O. 1.3 - Servizio di Neuroradiologia, IRCCS C. Mondino, Pavia – Responsabile: dr.ssa Carla Uggetti U.O. 2 - Laboratorio di Neurofisiologia Clinica e Neuropsicologia, IRCCS San Giovanni di Dio – Fatebenefratelli, Brescia – Responsabile: dr. Claudio Bonato U.O. 3 - Laboratorio di Neurofisiologia, IRCCS Fondazione Santa Lucia, Roma – Responsabile: prof. Paolo Calabresi U.O. 4 - IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo (Neuromed), Pozzilli (IS) – Responsabile: dr. Giuseppe Battaglia U.O. 4.1 - IRCCS Istituto Neurologico Mediterraneo (Neuromed), Pozzilli (IS) – Responsabile: prof. Giampaolo Cantore U.O. 5 - IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Oggebbio (VB) – Responsabile: prof. Alessandro Mauro U.O. 6 - IRCCS Istituto Neurologico C. Besta, Milano – Responsabile: dr. Eugenio Parati U.O. 6.1 - IRCCS Istituto Neurologico C. Besta, Milano – Responsabile: prof. Alberto Albanese U.O. 7 - Dipartimento di Scienze Neurologiche – Unità di Risonanza Magnetica, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Milano – Responsabile: dr. Mario Rango 2004
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MOTIVAZIONI E OBIETTIVO FINALE Il processo neurodegenerativo che sottende la malattia di Parkinson provoca una serie di modificazioni adattative nel circuito preposto all’esecuzione dei movimenti – di cui fanno parte i nuclei della base insieme al talamo e alla corteccia – che caratterizzano sia l’evoluzione della malattia, sia la risposta ai diversi interventi terapeutici (farmacologico, chirurgico, riabilitativo). Il ruolo della “plasticità neuronale”, intesa come l’insieme delle modificazioni bio-molecolari, neurofisiologiche ed anatomo-funzionali che accompagnano la storia naturale della malattia, è quindi fondamentale in ogni momento del processo patologico: dalla fase iniziale, pre-sintomatica - in cui si attivano meccanismi di compenso - alla fase sintomatica in cui tali meccanismi diventano insufficienti, a quella più tardiva, caratterizzata dalle complicanze legate al trattamento a lungo termine con L-Dopa (discinesie in particolare), anch’esse espressione di modificazioni di tipo plastico. Lo studio dei diversi riflessi di questo fenomeno – nel paziente come nell’animale da esperimento – attraverso un approccio multi-integrato può quindi fornire indicazioni importanti, sia nell’ambito diagnostico e terapeutico che nel quadro di un approfondimento delle attuali conoscenze della fisiopatologia della malattia di Parkinson. L’obiettivo finale che il progetto si propone si articola essenzialmente nei seguenti tre punti: - identificare marcatori precoci e indicatori di follow-up della malattia attraverso metodiche di neuroimaging funzionale e/o neurofisiologiche che consentano di monitorare, nel paziente, le modificazioni della plasticità corticale che accompagnano le varie fasi della malattia ed eventualmente la risposta ai diversi trattamenti; - individuare nuove strategie terapeutiche mediante l’impiego di modelli sperimentali che consentano lo studio delle modificazioni adattative del circuito dei nuclei della base, con particolare riferimento alle discinesie da L-Dopa, intese come forma di plasticità “aberrante”; - valutare e caratterizzare, nel paziente, le modificazioni “plastiche” secondarie al trattamento chirurgico della m. di Parkinson (elettrostimolazione profonda del nucleo subtalamico), mediante l’utilizzo di misure di outcome.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali I risultati ottenuti nei diversi gruppi di soggetti reclutati o nelle diverse condizioni sperimentali che saranno disegnate, saranno sottoposti ad analisi statistica, per la validazione dei fenomeni eventualmente osservati e per una loro successiva caratterizzazione. Tali risultati, dopo essere stati discussi fra i partecipanti al Progetto, saranno quindi messi a disposizione della comunità scientifica, mediante comunicazioni a congressi e pubblicazioni su riviste scientifiche indicizzate.
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Plasticità neuronale nell’evoluzione della malattia di Parkinson e nella risposta al trattamento
OBIETTIVI INTERMEDI Gli obiettivi intermedi del progetto consisteranno nella standardizzazione delle procedure operative, sia all’interno delle singole Unità che tra le diverse Unità, soprattutto per i workpackages che prevedono la convergenza di più gruppi di ricerca su un obiettivo comune.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi Messa a punto e validazione delle procedure sperimentali e stesura di protocolli e procedure il più possibile omogenei e confrontabili tra le diverse Unità Operative.
METODOLOGIA WP 1 - Studio della plasticità/attivazione corticale nelle varie fasi della malattia, mediante metodiche di neuroimaging funzionale (fMRI), neurofisiologiche (stimolazione magnetica transcranica, analisi riflessi esterocettivi, analisi elettrocinesiografica, etc.), e di analisi neurometabolica (spettroscopia a risonanza magnetica), in relazione alle strategie terapeutiche di tipo farmacologico, chirurgico, riabilitativo e/o ai diversi genotipi (forme giovanili/sospette, forme familiari). Unità partecipanti: Centro S. Giovanni di Dio, Fatebenefratelli; Istituto Neurologico C. Mondino; Ospedale Maggiore Policlinico. WP 2 - Studio della plasticità neuronale e dei meccanismi di neurodegenerazione e neuroprotezione in modelli animali di malattia di Parkinson, con particolare riferimento alle modificazioni bio-molecolari ed anatomofunzionali associate alle discinesie da L-Dopa: sperimentazione di nuovi approcci farmacologici (modulazione del sistema glutammatergico mediante farmaci attivi sui recettori metabotropici) e trapiantologici (c. staminali). Unità partecipanti: Fondazione Santa Lucia; INM Neuromed; Istituto Neurologico C. Besta; Istituto Neurologico C. Mondino. WP 3 - Misure di outcome nel paziente parkinsoniano (somministrazione di scale di valutazione dei segni parkinsoniani, psico-cognitivi, comportamentali e/o analisi strumentale del movimento e della postura) in relazione alle diverse strategie terapeutiche - con particolare riferimento al trattamento chirurgico (DBS) - e/o ai diversi genotipi. Unità partecipanti: INM Neuromed; Istituto Auxologico Italiano; Istituto Neurologico C. Besta; Istituto Neurologico C. Mondino. Si allega il programma dettagliato della Unità Operativa 3 facente capo alla Fondazione Santa Lucia IRCCS. 2004
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U.O. 3 – Laboratorio di Neurofisiologia Paolo Calabresi OBIETTIVO FINALE DEL CONTRIBUTO La degenerazione dei neuroni nigrostriatali dopaminergici rappresenta la principale caratteristica fisiopatologica della Malattia di Parkinson (MP). La progressiva degenerazione delle fibre contenenti dopamina (DA) che innervano lo striato è considerata la principale causa dei sintomi motori osservati in questa malattia neurodegenerativa. Il ripristino dei normali livelli di DA, attraverso il trattamento con levodopa (L-DOPA), rappresenta fino ad oggi il principale mezzo terapeutico nel MP. Una drammatica complicazione riscontrata nella maggioranza dei pazienti affetti dalla MP trattati cronicamente con L-DOPA è l’insorgenza di movimenti involontari, o discinesie. Oltre all’importante innervazione dopaminergica, lo striato riceve una massiccia innervazione glutammatergica dalle aree corticali che porta informazioni sensomotorie, limbiche e cognitive a questa centrale struttura dei gangli della base. L’interazione tra queste due importanti vie di trasmissione del segnale, dopaminergica e glutammatergica, è fondamentale per il corretto funzionamento dei circuiti dei gangli della base, come le sinapsi corticostritali e subtalamo-nigriali. Le discinesie indotte dal trattamento cronico con L-DOPA, comportano dei profondi cambiamenti nell’interazione tra la via dopaminergica e glutammatergica, sfociando quindi in forme aberranti di plasticità sinaptica. Lo scopo della ricerca sarà quello di raggiungere una conoscenza più approfondita dei cambiamenti molecolari e funzionali associati con le discinesie indotte dal trattamento cronico con L-DOPA e di considerare, mediante l’utilizzo di farmaci selettivi, il potenziale coinvolgimento dei recettori metabotropici del glutammato (mGluRs) nelle modificazioni della plasticità sinaptica conseguenti all’insorgenza delle discinesie allo scopo di sviluppare nuove strategie farmacologiche nel trattamento e nella prevenzione dei disturbi motori nei pazienti affetti dalla MP.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali I risultati della ricerca, dopo essere stati discussi tra i componenti del progetto, verranno utilizzati per la stesura di articoli scientifici da sottoporre a riviste ad alto fattore d’impatto. Inoltre, tali dati potranno contribuire a sviluppare ulteriormente il modello di MP introducendo nuovi approcci di studio, quali valutazioni biochimiche e morfologiche.
OBIETTIVI INTERMEDI L’U.O. studierà il potenziale coinvolgimento dei recettori metabotropici del glutammato (mGluRs) nelle modificazioni della plasticità sinaptica
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Plasticità neuronale nell’evoluzione della malattia di Parkinson e nella risposta al trattamento
associate all’insorgenza delle discinesie indotte dal trattamento cronico con L-DOPA. Utilizzando microiniezioni intrastriatali di diversi agenti farmacologici si cercherà, inoltre, di normalizzare le alterazioni motorie, elettrofisiologiche e molecolari conseguenti alla denervazione nigrostriatale.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi I risultati della ricerca verranno utilizzati per la stesura di articoli scientifici da sottoporre a riviste ad alto fattore d’impatto.
METODOLOGIA Le registrazioni intracellulari saranno effettuate su fettine corticostriatali di ratto, ottenute dopo sezione mediante vibratomo (diametro pari a 200-400µM) e perfuse nella camera di registrazione da una soluzione di Krebs continuamente ossigenata. Per le registrazioni, sia in current-clamp che in voltage-clamp, verrà usato un amplificatore Axoclamp 2A. Il segnale dell’headstage verrà continuamente monitorato da due oscilloscopi separati. Le tracce verranno mostrate su un oscilloscopio e immagazzinate da un sistema digitale. L’utilizzo di elettrodi bipolari posti in corteccia o nella sostanza bianca in prossimità dell’elettrodo registrante consentirà di stimolare la via corticostriatale. Gli elettrodi di registrazione saranno riempiti con KCL 2M per le registrazioni intracellulari. Per lo studio verranno utilizzati ratti Wistar maschi (150-250 gr) lesionati con 6-OHDA iniettata unilateralmente in sostanza nera pars compatta. Dopo 15 giorni gli animali verranno sottoposti al cilinder test per studiare le possibili asimmetrie posturali conseguenti alla lesione unilaterale e poi al test con l’apomorfina (0.05mg/Kg s.c.) per il conteggio del turning behaviour. Solo gli animali con una chiara asimmetria posturale e con un numero di rotazioni contralaterali >200/40 min verranno utilizzati per lo studio. Lo studio molecolare, elettrofisiologico e comportamentale verrà effettuato un mese dopo la lesione. Per studiare le differenze di coordinazione e di controllo motorio nei ratti 6-OHDA e negli sham operated verranno effettuati test comportamentali quali il Rotarod e il cilinder test. Lo studio si servirà di un RotaRod System (TSE), ed un programma di acquisizione dell’immagine computerizzato per lo studio delle asimmetrie posturali degli animali lesionati. Verranno, inoltre, effettuate microiniezioni di diversi farmaci nello striato ipsilaterale degli animali sham e 6-OHDA, prima e durante i test comportamentali in vivo e su questi stessi animali verrà effettuato lo studio elettrofisiologico della plasticità sinaptica. Una parte degli animali riceveranno, inoltre, un trattamento subcronico con L-DOPA più Benserazide (10mg/Kg più 7.5 mg/Kg i.p.) iniettata due volte al giorno per 4 giorni. Verranno inoltre effettuate microiniezioni di agonisti ed antagonisti dopaminergici nello striato di animali di controllo e di animali lesionati per chiarire il ruolo della DA sia nelle alterazioni motorie che a livello molecolare.
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MALATTIE DEL MOTONEURONE: MARCATORI BIOLOGICI TRANSLATI ANCHE DAI MODELLI SPERIMENTALI PER LA DIAGNOSI ED UN TRATTAMENTO TERAPEUTICO/RIABILITATIVO INDIVIDUALIZZATO ED OTTIMIZZATO VINCENZO SILANI IRCCS Istituto Auxologico Italiano U.O. 5: MARIA TERESA CARRÌ Università di Roma Tor Vergata - IRCCS S. Lucia
OBIETTIVO FINALE Il progetto si propone, in pazienti affetti da malattia del motoneurone, di ridefinire parametri molecolari e di evoluzione clinica utilizzanti scale funzionali supportate da marcatori neurofisiologici, neuroradiologici, neuropsicologici, nutrizionali e polmonari per identificare sottogruppi di pazienti per un approccio terapeutico e riabilitativo individualizzato mirante al miglior recupero sociale del paziente stesso, con iniziale sviluppo di una interfaccia computerizzata per garantire la comunicazione essenziale nelle fasi più avanzate di malattia.
UNITÀ OPERATIVE COINVOLTE U.O. 1 - U.O. di Neurologia e Laboratorio di Neuroscienze, IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano – Responsabile: prof. Vincenzo Silani con U.O. 1.1 - Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano U.O. 2 - Neurologia IV, IRCCS Istituto Nazionale Neurologico C. Besta, Milano – Responsabile: dr. Renato Mantegazza U.O. 3 - Laboratorio di Biologia, Fondazione don C. Gnocchi IRCCS S. Maria Nascente, Milano – Responsabile: prof. Pasquale Ferrante U.O. 4 - Laboratorio di Neurobiologia Sperimentale, IRCCS Fondazione Istituto Neurologico C. Mondino, Pavia – Responsabile: prof. Mauro Ceroni U.O. 5 - Laboratorio di Neurochimica - Fondazione Santa Lucia, IRCCS Roma – Responsabile: prof.ssa Maria Teresa Carrì U.O. 6 - Divisione di Neurologia, IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri, Ist. Scientifico di Veruno – Responsabile: dr. Gabriele Mora
MOTIVAZIONI E OBIETTIVO FINALE Gli IRCCS forniscono una esperienza consolidata nella definizione di marker molecolari pre-clinici mediante utilizzo delle più moderne tecniche di analisi molecolare per i geni SOD1, Alsina, VEGF, FMO1 e 4 (U.O. 1, 2, 5, 4), disponendo di siero/liquor/tessuti bioptici dei singoli pazienti in database (U.O. 1, 2, 3, 4) per un approccio con microarray e di proteomica (su tessuto ed in particolare cellule muscolari scheletriche umane e linfociti) mirante alla definizione di nuovi marker biologici unitamente al dosaggio di citochine proinfiammatorie, di tipo 1 e 2 ed alla determinazione di sequenze genomiche ed eventuali trascritti di virus neurotropi (Enterovirus, Virus erpetici, Poliomavirus e Retrovirus) nel siero e nel liquor dei pazienti (U.O. 1, 1.1, 2, 3, 4, 5). L’analogia translazionale degli stessi marcatori in modelli animali in vitro (colture primarie di cellule motoneuronali, neuroblastoma, linee cellulari, 2004
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cellule muscolari, etc.) (U.O. 1, 1.1, 2, 5, 4) ed in vivo (topo transgenico SOD1 G93A, wobbler, topi Loa mutati per la dineina) (U.O. 1.1, 2) amplifica la possibilità di comprendere le diverse fasi del meccanismo patogenetico della degenerazione neurogliale precipuo delle malattia. L’esperienza dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano (U.O. 1.1), può garantire a tutte le U.O. implicate nel progetto con la U.O. 2 un pronto riscontro nell’animale sperimentale, avendo la disponibilità con i modelli in vivo ed in vitro di verificare il valore del marcatore(i) eventualmente identificato correlandolo al momento patogenetico ed indirizzando una specifica strategia terapeutica in fase pre-clinica. La disponibilità di biomarker con espressione anche quantitativa, la definizione di parametri neuroradiologici (U.O. 1, 2, 4, 6), nutrizionali (U.O. 1, 2, 4, 6), polmonari (U.O. 1, 2, 4, 6), neurofisiologici (MUNE) (U.O. 1, 2, 4) in rapporto alle scale cliniche di valutazione (ALSFRS-R), lo sviluppo di una strategia per somministrazione di test neuropsicologici anche in assenza di contatto verbale (U.O. 1, 2, 4, 6) garantiscono la ridefinizione del follow up clinico. L’impiego di nuove molecole di potenziale impiego terapeutico viene considerato nella propria efficacia come strettamente correlato alle caratteristiche molecolari del singolo paziente (minociclina, IGF-I, CoQ10, TCH346, ONO-2506PO) (U.O. 1). Il riconoscimento di sottogruppi di pazienti mira alla ridefinizione dell’approccio riabilitativo modulato alle esigenze clinico-molecolari del singolo paziente con individuazione di trattamenti riabilitativi selettivi per le regioni interessate (U.O. 1, 4, 6). La definizione clinico-biologica e funzionale del paziente viene utilizzata per: - definire singoli progetti/programmi riabilitativi, basati sul profilo di disabilità in singole Activities of Daily Living, inclusivi di misure di outcome e definizione di percorsi appropriati (ospedale, domicilio, riabilitazione intensiva ed estensiva, cure palliative); - definire algoritmi decisionali/predittivi dello stato funzionale (in particolare, tecnica CART- classification and regression trees, particolarmente indicata per cogliere interazioni significative di grado elevato), aventi come variabili indipendenti markers bio-medici, dati clinico-demografici, dati funzionali all’ingresso e le eventuali terapie farmacologiche. Si applicheranno tecniche psicometriche innovative (Analisi di Rasch) allo sviluppo e validazione di indicatori funzionali già descritti, inclusi alcuni non specificamente proposti per le Malattie del Motoneurone, ma per menomazioni che comunque affliggono questi pazienti. Lo studio psicometrico si estenderà allo studio di stabilità delle scale (differential item functioning) attraverso sottotipi diagnostici e diversi livelli di gravità, requisito essenziale per il loro utilizzo come valide misure di outcome in trials terapeutici, soprattutto se multicentrici o internazionali. Le misure funzionali, rese lineari attraverso l’analisi di Rasch, verranno poi inserite, unitamente alle variabili neurobiologiche e di percorso terapeutico, in modelli predittivi di outcome (mortalità, minuti assistenziali, istituzionalizzazione vs reinserimento sociale). Si utilizzeranno appositi algoritmi di “grouping” classificativo a tipo
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Malattie del motoneurone: marcatori biologici per la diagnosi e il trattamento
albero decisionale (Classification and Regression Tree-CART). L’outcome atteso costituirà uno strumento programmatorio dell’assistenza ed anche un bench-mark con cui confrontare l’outcome osservato. Eventuali scostamenti consentiranno di perfezionare sia i processi assistenziali sia il modello predittivo. Il programma si propone di modulare un approccio terapeutico e riabilitativo individuale mirante al miglior recupero sociale del paziente. Non si esclude di approfondire la fattibilità di un dispositivo di interfaccia computerizzata per garantire la comunicazione essenziale nelle fasi più avanzate di malattia (U.O. 1, 6).
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali - Individuazione di sottopopolazioni di pazienti affetti da diverse forme di malattia del motoneurone mediante definizione di marcatori genetici (mutazioni del gene SOD1, VEGF, Alsina, FMO1 e 4, etc.), proteici e/o genomici virali sierici e/o liquorali (IGF-1, citochine, MCP-1, anti-NFL, etc.), bioptici muscolari, linfomonocitari, neuroradiologici (RM), neuropsicologici, neurofisiologici (MUNE), relativi alla QoL, polmonari, nutrizionali e clinici (ALSFRS-R). - Verifica del diverso comportamento delle sottopolazioni individuate al trattamento con farmaci e a percorsi riabilitativi individualizzati mediante scale di valutazione clinica (ALRFRS-R) ed indicatori di outcome funzionale.
OBIETTIVI INTERMEDI - Analisi del valore prognostico dei marcatori biologici e clinici indicati e correlazione con i singoli parametri di valutazione funzionale clinica e strumentale con definizione del grado di significatività. - Definizione di sottopolazioni di pazienti in base ai marcanti biologici, caratteristiche cliniche (esordio di malattia, sesso, età, etc.) e valutazioni strumentali. - Valutazione del decorso di malattia per 3-5 mesi mediante scale di valutazione clinica validate (ALSFRS-R) per costruire la curva di evoluzione clinica del singolo paziente. - Definizione di diversa progressione clinica di diversi sottogruppi di pazienti anche in rapporto al database storico (ALSFRS-R).
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi - Definizione di sottogruppi di pazienti sulla base di marcatori genetici (SOD1, microarray muscolari, etc.), biochimici sierici/liquorali (MCP-1, etc.), bioptici muscolari, linfocitari, neurofisiologici (MUNE), neuropsicologici (tests), neuroradiologici (RM per alterato segnale della via cortico-spinale), nutrizionali (BMI), polmonari (VC) e scale di progressione clinica (ALSFRS-R, etc.). 2004
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- Analisi di varianza rispetto alle scale storiche di progressione di malattia dell’U.O. e della letteratura. - Individuazione di sottogruppi di pazienti identificati da marcatori biologici e dal decorso di malattia.
METODOLOGIA WP 1 - Diagnosi di mutazione per sequenza per le principali mutazioni (SOD1, Alsina, VEGF, FMO1 e 4) (U.O. 1, 2, 4, 5); microarray di tessuti/cellule in coltura/siero e liquor ottenuti da prelievi o prelievi bioptici (U.O. 1, 1.1, 2, 4); indagine qualitativa e quantitativa di citochine ed anticorpi sierici e liquorali (U.O. 1, 2, 3); ricerca di sequenze genomiche virali su liquor (U.O. 3); valutazione della cascata apoptotica in cellule linfomonocitarie (U.O. 5); modelli animali in vitro (cellule motoneuronali, neuroblastoma) (U.O. 1, 1.1, 2, 5) ed in vivo (topi SOD1, wobbler, Loa mutati nella dineina) (U.O. 1.1, 2); analisi in alcuni pazienti di prelievi bioptici muscolari (metodi immunoistochimici ed istochimici) con eventuale allestimento di colture cellulari in vitro (analisi delle curve di crescita e di suscettibilità allo stimolo pro-apoptotico del muscolo scheletrico in vitro con misura dei livelli di caspasi) e studio di espressione genica con microarray (U.O. 1, 2); l’U.O. 1 dialoga attivamente con l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano (U.O. 1.1) in grado di studiare modelli in vitro ed in vivo da roditore (topi SOD1, wobbler) per la definizione di ulteriori markers utili allo screening di pazienti o di proporre molecole di potenziale impiego clinico (creatinolfosfato, creatina) testando nuove strategie terapeutiche nell’animale sperimentale in fase pre-clinica. La U.O. 1 dispone di colture muscolari ottenute da due coppie di gemelli monocoriali di cui uno solo affetto. L’analisi dell’espressione genica condotta con utilizzo della tecnica di “microarray” di cui l’U.O. 1 ha buona esperienza (Genechips Affimetrix) potrà permettere di identificare una precipua espressione genica che, riportata alle U.O. 1.1 e 2, potrà permettere di elaborare una strategia terapeutica appropriata in modelli animali in vitro ed in vivo possibilmente esportabile per sottogruppi di pazienti (gene silencing per esempio) WP 2 - Dopo identificazione di circa 50 pazienti dalle U.O. 1, 2, 4, 6, i pazienti sono posti in database (U.O. 1, 2, 4, 6) ed esaminati con scale di valutazione clinico-funzionale (ALS-FRS, Baylor scale, FIM-Functional Independence Measure; ABILHAND, Life Satisfaction Index-sf, Relative Stress Scale ed altre) da definirsi in singole sedi (U.O. 1, 2, 4, 6); con valutazione neurofisiologica (MUNE) (U.O. 1, 2, 4); valutazioni neuroradiologiche seriate (RMN in t1, t2 e FLAIR) (U.O. 1, 2, 4, 6); batterie di tests neuropsicologici (U.O. 1, 2, 4, 6); studio videofluoroscopico della deglutizione (U.O. 1, 4, 6) e test di fisiopatologia respiratoria (U.O. 1, 4, 6). I diversi sottogruppi di pazienti individuati sulla base di marcatori biologici e clinici, preliminarmente suddivisi in trattati e non trattati con riluzolo, vengono analizzati nella loro
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Malattie del motoneurone: marcatori biologici per la diagnosi e il trattamento
progressione di malattia utilizzando parametri clinici (ALSFRS-R) e strumentali (MUNE), tests neuropsicologici, stato nutrizionale e polmonare per circa 3 mesi e quindi sottoposti a diverso trattamento farmacologico (ONO-2506PO, TCH346, CoQ10, IGF-I, Minociclina). La valutazione della efficacia clinica e degli effetti collaterali delle diverse molecole utilizzate viene correlato con i diversi marcatori biologici indicati cercando di dimostrare la significatività della eventuale correlazione (U.O. 1, 2, 4, 6). WP 3 - Per la ricaduta riabilitativa dello studio, la definizione clinicobiologica e funzionale del paziente viene utilizzata per: - definire singoli progetti/programmi riabilitativi, basati sul profilo di disabilità in singole Activities of Daily Living, inclusivi di misure di outcome e definizione di percorsi appropriati (ospedale, domicilio, riabilitazione intensiva ed estensiva, cure palliative); - per definire algoritmi decisionali/predittivi dello stato funzionale (in particolare, tecnica CART-classification and regression trees, particolarmente indicata per cogliere interazioni significative di grado elevato), aventi come variabili indipendenti markers bio-medici, dati clinico-demografici, dati funzionali all’ingresso e le eventuali terapie farmacologiche (U.O. 1, 2, 4, 6). WP 4 - Per lo studio dei BCIs, più segnali registrati sono incanalati in rilevatori multicanale per ricercare pattern precisi e ricorrenti (U.O. 1, 6). Un opportuno training di selezionati pazienti permetterà di controllare (feedback) la attività mentale fino ad ottenere in modo volontario particolari configurazioni delle onde elettriche cerebrali. Associando tali configurazioni a set di codici prestabiliti è possibile scegliere lettere per comporre parole, muovere un cursore, azionare servomeccanismi. Il sistema studiato utilizza segnali di vario genere: EEG, EMG, ECG, segnali di movimento oculare, PEV, PEU, PESS, saturazione O2, resistenza elettrica della cute. L’ampia gamma di segnali permetterà una buona versatilità di configurazione ed un maggior numero teorico di possibili configurazioni/messaggi. L’ U.O. 1 dispone degli apparecchi neurofisiologici citati ed una competenza in Riabilitazione Funzionale con esperienza nel trattamento di soggetti con disabilità motoria (malattie motoneuronali). Si allega il programma dettagliato dell’Unità Operativa 5 facente capo alla Fondazione Santa Lucia IRCCS.
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U.O. 5 – Laboratorio di Neurochimica Maria Teresa Carrì OBIETTIVO FINALE DEL CONTRIBUTO La individuazione di alterazioni molecolari presenti in pazienti affetti da malattie del motoneurone presenta una duplice valenza, in quanto consente da un lato la definizione di marcatori biologici utili ad una diagnosi precoce ed ad una classificazione del singolo paziente e dall’altro offre suggerimenti su potenziali bersagli di nuove strategie terapeutiche. In quest’ottica, l’uso di sistemi sperimentali adeguati rende possibile uno screening di ampi pannelli di molecole bersaglio, rapidamente verificabile nel paziente, e facilita test farmacologici preclinici volti all’intercettazione del danno, traslabili in una terapia modulata per singolo paziente. L’U.O. si propone di utilizzare moderne tecniche di proteomica in alcuni modelli sperimentali, tra cui una collezione di cellule in coltura neuronali umane che possiedono alcune alterazioni molecolari tipicamente osservate nei pazienti affetti da ALS sporadica e familiare (ad es. alterazione della difesa da stress ossidativo, del metabolismo del glutammato e del calcio, ecc.) e topi transgenici G93A (che esprimono una SOD1 mutata tipica dei pazienti di SLA familiare) per mettere a punto l’analisi quantitativa di alcuni biomarkers quantificabili anche in linfociti o materiale bioptico da pazienti. Particolare attenzione sarà data alle modificazioni proteiche dovute all’alterazione del bilancio ossidoriduttivo intracellulare, della funzionalità proteasomica e di alcune cascate di trasduzione del segnale. Sarà pertanto seguita la comparsa di forme proteiche carbonilate o altrimenti modificate ossidativamente, di aggregati proteici ad alto peso molecolare e di forme fosforilate di proteine coinvolte nella patogenesi delle malattie del motoneurone. L’individuazione di alterazioni in markers selezionati in questa prima fase consentirà un esame quantitativo di questi in materiali provenienti dai pazienti e di correlare la loro abbondanza alla condizione clinica espressa da parametri quali l’età di esordio, la progressione dei sintomi, trattamenti farmacologici, etc. In una seconda fase, sarà valutata in sistemi sperimentali l’efficacia di alcune molecole ad azione antiossidante o anti-aggregante nel prevenire le modificazioni proteiche individuate e/o nel revertire l’induzione di morte cellulare. Il trattamento sarà effettuato seguendo curve di dose-effetto e di efficacia nel tempo, allo scopo di fornire indicazioni di fattibilità a possibili trial terapeutici successivi.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali - Individuazione di biomarkers proteici modificati nei campioni provenienti da modelli sperimentali e da pazienti affetti da SLA. - Definizione del tipo di alterazioni indotte in biomarkers proteici dalla espressione di SOD1 mutate tipiche dei pazienti SLA.
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Malattie del motoneurone: marcatori biologici per la diagnosi e il trattamento
- Individuazione di molecole in grado di intercettare la alterazione dei biomarkers nei sistemi sperimentali, da sottoporre a test per un potenziale uso farmacologico nel trattamento della SLA. - Pubblicazioni su riviste internazionali.
OBIETTIVI INTERMEDI - Messa a punto di metodologie per la analisi di proteine totali da materiali cellulari e tissutali murini ed umani. - Caratterizzazione preliminare delle isoforme della proteina SOD1 e della proteina tau nei modelli sperimentali utilizzati.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi - Dati statisticamente significativi sulla presenza di forme ossidate e/o aggregate delle SOD1 nei modelli sperimentali utilizzati. - Dati statisticamente significativi sulla presenza di forme fosforilate differenzialmente della proteina tau nei modelli sperimentali utilizzati. - Comunicazioni a congressi internazionali e pubblicazioni su riviste internazionali.
METODOLOGIA Campioni biologici - Saranno utilizzati diversi materiali umani e murini: - Cellule neuronali in coltura che esprimono le SOD1 mutate tipiche dei pazienti FALS (neuroblastoma umano SH-SY5Y, già disponibili in laboratorio), che saranno valutate per confronto con la stessa linea parentale o con la linea che esprime SOD1 wild-type. - Aree cerebrali e midollo spinale di modelli murini di SLA (topi G93A, anch’esse già disponibili in laboratorio, insieme ai controlli non transgenici). - Materiale proveniente da pazienti ALS (biopsie cutanee e linfociti). Saranno estratti campioni di proteine totali derivanti da vari tessuti murini ed umani o dalle linee cellulari mediante omogenazione e trattamento con solubilizzanti. Analisi delle preparazioni proteiche - Gli estratti proteici verranno sottoposti ad analisi mediante elettroforesi mono- e bi-dimensionale su gel di poliacrilammide. La stima quantitativa o semi-quantitativa di specie proteiche modificate post-traduzionalmente e/o aggregate verrà condotta su campioni preparati mediante tecniche standard di western blotting, in cui sarà utilizzato un pannello di anticorpi specifici disponibili commercialmente e mediante l’uso di alcuni kit per la determinazione di forme proteiche modificate post-traduzionalmente (anch’essi disponibili commercialmente). 2004
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In un set di esperimenti le proteine di interesse (ad es. SOD1, tau) saranno purificate dagli estratti totali mediante immunoprecipitazione con anticorpi specifici. La stima quantitativa sarà ottenuta mediante metodologie di analisi dell’immagine, che consentono di valutare l’abbondanza relativa di singole specie proteiche native e modificate in relazione a marcatori e per confronto con i campioni derivati da materiale di controllo. Trattamenti sperimentali - Le cellule in coltura che esprimono SOD1 mutate saranno trattate con molecole antiossidanti e con molecole in grado di prevenire la aggregazione delle proteine, seguendo curve di dose-effetto e di efficacia nel tempo.
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NON-INVASIVE BRAIN INTERACTION WITH ROBOTS Mental Augmentation through determination of Intented Action (MAIA) DONATELLA MATTIA IRCCS S. Lucia
PROJECT OBJECTIVES The main objective of the MAIA project is to develop a non-invasive direct brain-computer interface (BCI) that determines the subject’s voluntary intent to do primitive motor actions on the order of milliseconds and conveys this intention to a robot that will implement the necessary low-level details for achieving complex tasks. To attain this goal we will take a radical departure from current assumptions and approaches in BCI. In particular, we will follow five innovative principles: • recognition of the subject’s motor intent from the analysis of high resolution brain maps, which estimates intracranial potentials from scalp EEG, what would facilitate scaling up the number of mental commands and increasing recognition speed; • adaptive shared autonomy between two intelligent agents, the human user and the robot, so that the user only gives high-level mental commands that the robot performs autonomously; • use of haptic feedback to the user to accelerate training and facilitate accurate control; • recognition of brain events associated to high-level cognitive states, such as error recognition and alarm, to increase the reliability of the brain-actuated robots; • on-line adaptation of the interface to the user to keep the BCI constantly tuned to its owner. These principles will be demonstrated in three applications, which will be used to measure the S&T objectives of the MAIA project. The three demonstrations are: • driving a wheelchair in an indoor environment; • controlling a robot arm for reaching and manipulation tasks; • handling emergency situations after recognizing the subject’s alarm state (e.g., braking the vehicle or retracting the robot arm). One of the aspects of the MAIA project involving more novelty and higher risks is the estimation of intracranial potentials from scalp EEG. From these potentials we will investigate usual features in the space domain, time domain, frequency domain, and the combined time-frequency domain. But, because the inverse solution methods that estimate the intracranial potentials act as a spatial filter that disentangles the contributions of simultaneous active areas, it will be then possible to determine the subject’s voluntary intent to do primitive motor actions on the msec range, as it is the case for brain electrical activity measured with implanted electrodes. On month 7 we will deliver an initial assessment of the feasibility of using these estimated intracranial potentials for a brain-computer interface. At this time we will try to demonstrate that it is possible either to determine the intention to 2004
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perform four different motor actions, or to recognize a lower number at a significantly higher speed than it is currently possible with EEG-based methods (i.e., on the sec range), or to predict limb trajectories (as it has been shown with implanted electrodes by the teams of Nicolelis (Wessberg et al. 2000), Schwartz (Taylor et al. 2002), and Donoghue (Serruya et al. 2002). In the case of failure, as a contingency plan, we will try two alternatives in between the ideal intracranial potentials and the usual surface EEG. The first one is the estimation of the energy at physiologically relevant regions of interest. This information is still providing a 3D picture of brain activity but a lower spatial resolution. Most probably this is sufficient to differentiate, at the msec range, motor actions that are sufficiently different. As in the case of intracranial potentials, this avenue has never been explored in the framework of BCI. The second alternative is the estimation of cortical surface potentials. These potentials are no more providing 3D information but still yield deblurred estimates of the surface EEG. Different brain imaging studies have proven that these methods improve significantly the localization of brain phenomena compared to surface EEG. Again, these alternative methods have never been used for BCI. The demonstrators will be the vehicle to foster collaboration and maximize research/innovation impact, as well as to show how our ideas can augment human’s motion and interaction in a direct and natural way. These demonstrators will also help to create awareness in society and, in particular, among potential end-users and industrial players, so contributing to future technology transfer. It is also worth noting that, in the MAIA project, we will work with a substantial number of volunteers, no less than 15 physically-disabled and able-bodied subjects, at different sites to extensively test and validate our approach. In this respect, it is worth noting that four (out of five) of partners have their own EEG systems. Also, SL and HUG are research units in hospitals, what will allow experimentation with patients suffering from different physical disabilities such as spinal injury, multiple sclerosis, or vascular stroke. As further discussed the number of paralyzed persons in Europe is significant. To train the different experimental subjects and their personal BCI, and address the research questions described before, we will rely on realistic simulators of the both kinds of robots we will work with in the MAIA project, namely a wheelchair and a manipulator. We will start from the existing robot simulators available at KUL, which will need to be adapted and extended for achieving the objectives of MAIA. The actual robots are located at KUL. The wheelchair is equipped with interoceptive (odometry, gyroscopes) and exteroceptive (laser scanner, ultrasonic and infrared distance) sensors. The manipulator is a six - degrees - of - freedom force controlled “soft” arm. During the MAIA project we will have an incremental set of four demonstrators, each showing different types and capabilities of brain-actuated robots:
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• Driving of a simulated wheelchair between rooms. At this time we will only assess general navigation abilities using a limited number of mental commands (say 4, each associated to a motor intent such as imagining moving the arm to the right). This demonstrator will be ready by month 12. • Driving of a real wheelchair illustrating also fine manoeuvres, such as docking to allow manipulation of objects on a table or getting in an elevator. This demonstrator will include the capability to exploit error recognition. This demonstrator will be shown by month 24. • Operating a robot arm for reaching an object (e.g., a bottle), grasping it and performing some manipulation such as putting down the bottle on a table. This major challenge, where haptic feedback should play an important role, will be achieved by month 36. • Detecting the subject’s alarm state and handling the corresponding emergency situation to rapidly and safely react to an unexpected event. Most probably, this capability will be demonstrated using the simulator of either the wheelchair or the manipulator. This demonstrator will be ready by month 36.
RELEVANCE TO THE OBJECTIVES OF FET OPEN The proposed research on non-invasive brain-computer interfaces (BCI) involves high risks and is of medium- to long-term nature with respect to its applicability. Given the current state of the art in the field of BCI, the proposed research is not embryonic, but involves new ideas that need a proof-of-concept and, if successful, will lay down the basis of future BCI for control and interaction with robotic devices. Recent experiments have shown the possibility to use the brain electrical activity to directly control the movement of robots or prosthetic devices in real time (Chapin et al. 1999; Wessberg et al. 2000; Pfurtscheller and Neuper 2001; Meeker et al. 2002; Scherberger 2002; Serruya et al. 2002; Taylor et al. 2002; Millán et al. 2003; Mehring et al. 2003). Such a kind of brain-computer interface (BCI) is a natural way to augment human capabilities by providing a new interaction link with the outside world and is particularly relevant as an aid for paralyzed humans, although it also opens up new possibilities in human-robot interaction for able-bodied people. Figure 1 shows the general architecture of a brain-actuated robot. Brain electrical activity is recorded with a portable device. These raw signals are first processed and transformed in order to extract some relevant features that are then passed on to some mathematical models (in principle, neural networks). This model computes, after some training process, the appropriate mental commands to control robotic devices, from robot arms to vehicles. Finally, visual feedback, and maybe other kinds such as haptic, informs the subject about the performance of the brain-actuated robot so that she can learn appropriate mental control strategies and make rapid changes to achieve the task. 2004
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Figure 1. General architecture of a brain-actuated robot
Initial demonstrations of the feasibility of these brain-actuated robots have relied on intracranial electrodes implanted in the brain of rats and monkeys (Chapin et al. 1999; Wessberg et al. 2000; Meeker et al. 2002; Scherberger 2002; Serruya et al. 2002; Taylor et al. 2002; Mehring et al. 2003). In these experiments, carried out in the US, an array of microelectrodes records the extracellular activity of single neurons (their spiking rate) in different areas of the cortex related to planning and execution of movementsmotor, premotor and posterior parietal cortex. Then, from the real-time analysis of the activity of the neuronal population, it has been possible to predict either the animal’s movement intention (Chapin et al. 1999; Meeker et al. 2002; Scherberger 2002; Mehring et al. 2003) or the monkey’s hand trajectory (Wessberg et al. 2000; Taylor et al. 2002), and to drive a computer cursor to desired targets (Serruya et al. 2002; Taylor et al. 2002). These methods are called direct BCI since they work with intracranial brain signals. The motivation for these invasive direct approaches is that it has been widely shown that motor parameters related to hand and arm movements are encoded in a distributed and redundant way by ensembles of neurons in the motor system of the brain (for a review see Schwartz et al. 2001). Given these encouraging results, it is believed that only implanted BCIs will provide natural and flexible control of robots, a hypothesis that is yet to be demonstrated, especially in humans. In this respect, Kennedy and colleagues (2000) is the only group to have implanted a special electrode in the motor cortex of paralyzed human patients. This new electrode contains a neurotrophic factor that induces growth of neurons within the hollow electrode tip, where they contact one of the recording wires. One of the patients was eventually able to drive a cursor and write messages. His performance, however, was similar to that achieved with non-invasive BCI systems (Millán 2002a).
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For humans, however, non-invasive methods based on electroencephalogram (EEG) signals are preferable, especially if we want to make BCI technology available to a wide population. Indeed, given the invasive nature of the previous approaches, the number of end-users may limit to severely disabled people. And even in this case, not all patients would accept an invasive BCI1. The main source of the EEG -the brain electrical activity recorded from electrodes placed over the scalp- is the synchronous activity of thousands of cortical neurons. Thus, EEG signals suffer from a reduced spatial resolution and increased noise due to measurements on the scalp. As a consequence, current EEG-based BCIs are limited by a low channel capacity and are considered too slow for controlling rapid and complex sequences of movements. So far control tasks based on human EEG have been limited to simple exercises such as moving a computer cursor to the corners of the screen (Wolpaw and McFarland 1994) or opening a hand orthosis (Pfurtscheller and Neuper 2001). However, IDIAP has recently shown that asynchronous analysis of EEG signals is sufficient for humans to continuously control a mobile robot (Millán et al. 2003). Two human subjects learned to mentally drive the robot between rooms in a house-like environment using an EEG-based BCI that recognized three mental states. Furthermore, mental control was only marginally worse than manual control on the same task. A key element of this brain-actuated robot is a suitable combination of intelligent robotics, asynchronous EEG analysis and machine learning that only requires the user to deliver high-level commands, which the robot performs autonomously, at any time2. But, since the resolution of the brain signals measured with this EEG system is not comparable to that recorded by implanted electrodes, this non-invasive BCI will never allow the accurate, natural and rapid control of robots that implanted BCIs are thought to provide because of its reduced number of recognizable mental states (no more than 5), artificial association to motor commands (e.g., the subject needs to visualize a spinning cube to make the robot turn right), and speed of recognition (1 - 2 seconds instead of, in principle, a few milliseconds). The main objective of the MAIA project is to develop a non-invasive direct BCI that, like invasive ones, determines the subject’s voluntary intent to do a large set of primitive motor actions on the order of milliseconds and conveys this intention to a robot that will implement the necessary lowlevel details for achieving complex tasks. A first step in this direction is represented by the abovementioned brain-actuated mobile robot. But, for the reasons explained before, the current approach will never scale up to reach the intended objectives. So, we will take a radical departure from current assumptions and approaches in BCI. In particular, we will follow five innovative principles: 1 For instance, in a recent article in Psychology Today (Winters 2003), Niels Birbaumer, one of the pioneers in BCI who works with totally paralyzed patients, says that his patients refuse to have implants and that they prefer to interact slowly by means of an EEG-based BCI than to take on all the risks from surgery. 2 This is possible because the operation of the BCI is asynchronous and, unlike synchronous approaches (Wolpaw and McFarland 1994; Birbaumer et al. 1999; Donchin et al. 2000; Roberts and Penny 2000; Pfurtscheller and Neuper 2001), does not require waiting for external cues that arrive at a fixed pace of several seconds.
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• recognition of the subject’s motor intent from the analysis of high resolution brain maps, what would facilitate scaling up the number of mental commands and increasing recognition speed; • adaptive shared autonomy between two intelligent agents - the human • user and the robot -so that the user only gives high-level mental commands that the robot performs autonomously; • use of haptic feedback to the user to accelerate training and facilitate accurate control; • recognition of brain events associated to high-level cognitive states, such as error recognition and alarm, to increase the reliability of the brainactuated robots; • on-line adaptation of the interface to the user to keep the BCI constantly tuned to its owner. The next subsections describe the innovative aspects of the four principles and discuss the advances with respect to the state of the art. They also highlight the key competences of the partners at the cutting edge of the state of the art that will enable the project to achieve its objectives.
Non-invasive estimation of Brain Maps The first principle aims to fill the gap between invasive and surface EEG methods by estimating the simultaneous activity of a large number of small areas inside the brain (but never as small as those directly recorded with implanted electrodes) from the scalp potentials obtained with a sufficiently large number of EEG electrodes - 32, 64 or more. Then, the mathematical models in Figure 1 would work upon selected brain areas (technically called voxels) instead of using EEG features. The advantage is that, ideally, it would be possible to accurately estimate differences in the activity of neighboring voxels. While these inverse mapping methods are becoming more and more popular in brain imaging (Hämäläinen et al. 1993; Grave de Peralta and Gonzalez Andino 1998; Babiloni et al. 2001a), to the best of our knowledge, their application to BCI has never been explored, perhaps because of their complexity, working assumptions, and still-to-demonstrate reliability for on -line analysis of spontaneous brain activity. However, HUG has recently developed some linear inverse mapping methods that seem to suit a BCI framework. In particular, one of these methods, called ELECTRA (Grave de Peralta et al. 2000; Thut et al. 2000; Grave de Peralta et al. 2003), estimates local field potentials - the synchronous activity of a group of neurons, the kind of information we can compute from scalp EEG that is the closest to the neuronal population activity recorded directly with implanted electrodes. It is worth noting that, apart from ELECTRA, no other existing method allows to estimate local field potentials inside the 3D brain volume from scalp EEG. But this method has only been demonstrated in limited and well -controlled settings (epilepsy and evoked-response tasks) and it is still an open question its adaptation to an asynchronous BCI protocol. In addition, HUT has designed a non-linear statistical inverse method that, after results in various complex engineering problems (Lampinen and
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Vehtari 2001), deserves exploration for the estimation of brain maps. This approach facilitates approximate inverse solutions where the prior information from the problem domain can be included to constrain the solution space. In this project we will extend this approach to yield real time approximate solutions for estimating brain maps (i.e., mapping scalp potentials to cortical generators). This is a challenging learning task never tried before. Most probably, a single brain activity sample will not provide enough information to perform adequate inversion. Therefore, additional information must be brought in from past samples. This is possible by assuming that the dynamics of the change of the brain activity are such that the inversion results between series of consecutive or overlapping samples differ only slightly. Practically this can be achieved by regularizing the brain activity sample inversion result with respect to the inversion results for previous samples. The methodology for such task varies from simple lowpass filtering to more complex Kalman and particle filtering. In principle, we could estimate the intracranial potentials at hundreds of locations covering the whole cortex. Then, from these potentials we will investigate features in the space domain, time domain, frequency domain, and the combined time - frequency domain3. But, clearly, using all possible potentials as input to the mathematical model in Figure 1 is unfeasible for real-time analysis. Thus a critical component of the first principle is the selection of relevant features (voxels and components of brain activity at those locations) from where to compute the mental control commands. Initially, we will be guided by available neurophysiological findings about planning and execution of limb movements, where SL has substantial expertise (Babiloni et al. 2001a; Babiloni et al. 2002). Although feature selection is a well-known problem in the field of machine learning and some studies have been previously done in the framework of BCI (Millán et al. 2002a), to the best of our knowledge it has been never tried in problems characterized by a huge number of dimensions, realvalued inputs, non-stationary data, and neurophysiological constraints.
Adaptive Shared Autonomy The second principle aims to allow the mental control of robotic tasks that are beyond reach of the present state of the art by splitting the control task in two levels so that the subject only delivers highlevel commands that the robot executes autonomously - using the readings of its on-board sensors to decide all the necessary low-level details. Millán and coworkers’ current brain-actuated mobile robot (2003) already utilizes a basic form of this concept, known as shared autonomy (Sheridan 1992; Demeester et al. 2003). In this system, however, human-robot interaction is determined by a fixed, hand-coded scheme. But the level of shared autonomy must ultimately be adaptive, taking into account two aspects, namely the (changing) user’s ability 3 Other possible features will take into account the possible interaction among regions - e.g., frequency synchronization, activity ratios, etc.
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to operate the BCI and the quality of the user’s mental commands. From the first aspect it follows that there is a need for a level of autonomy that suits individual requirements, which may evolve in time. On the short term, users may for instance experience periods of fatigue that call for an increased assistance. On the long term, users will hopefully increase the number of mental commands they can reliable generate, what leads to a lower level of robot autonomy4. The second aspect means that, since brain signals are noisy and may lack the necessary resolution at every decision step for the mathematical models in Figure 1 to reliably detect the subject’s intent, we will exploit sensor feedback and incorporate learning capabilities in the robot controller to generate purposeful and continuous actions from the representation of the intent. Recently, KUL has made important contributions to the robust implementation of adaptive shared autonomy in human-robot interaction (Demeester et al. 2003; Vanhooydonck et al. 2003). Also, KUL and IDIAP have pioneered work in robot learning (Millán 1996, 2002b; Monostori et al. 1996; Nuttin and Van Brussel 1999). Altogether, this principle of adaptive shared autonomy will make possible to develop brain-actuated robots that are operational since the very beginning, although with an initial reduced functionality that will improve over time. The problem of shared autonomy appears when both an intelligent controller and a human user are in control of a system. In this framework, the user usually plans what to do, monitor the system to make sure all is going as planned, detect failures, and learn from experience. The issue of shared control is indispensable to develop future generation BCI systems. What is missing is a sufficiently generic approach that is adaptive and that performs user plan recognition, and that can be applied to a wide range of application domains, such as tele-manipulation, intelligent prostheses, assistive devices, service robots, space applications, intelligent production assistants, hazardous environments, etc. This need for adaptive shared autonomy is not only relevant for the next generation of assistive robotics for the elderly and disabled, but also for service robots, ambient intelligent environments, space applications and, in the long-term, for bionics as envisoned in the proactive initiative of FET.
Haptic Feedback The third principle aims to accelerate training and facilitate accurate control by providing the user with transforming the robot’s sensor readings into vibrotactile stimulations generated by a small device attached to the body (of course, not the part the subject is imagining to move to generate mental commands). There exists evidence that multimodal feedback facilitates learning of motor skills (Purdy et al. 1999) and, equally important, that subjects learn to interpret highly noisy sensory stimuli provided they have a regular structure the brain may model (e.g., in the case of cochlear implants) (Loeb 4 The fact that the user’s ability to operate the BCI changes over time, as well as drifts in the distribution of EEG signals that naturally occur between sessions, leads also to the need of on-line adaptation of the mathematical models in Figure 1 (Millán, 2004). This issue is further discussed.
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1990). SL is a neurological rehabilitation clinic and has the necessary experience to address the somatosensory issues (Babiloni et al. 2000; Mattia et al. 2003), while KUL has extensively worked on force, tactile and haptic feedback (De Schutter and Van Brussel 1988; Reynaerts and Van Brussel 1993), what is highly relevant when addressing manipulation tasks. Usually, the standard feedback strategies for EEG-guided devices included visual and only occasionally auditory stimuli. In this context, a novel idea in MAIA is the use of haptic feedback from the robotic device. The potential benefit of this modality is supported by the fact that tactile stimuli are a natural feedback in the case of manipulation tasks. Furthermore, an additional benefit of the use of the haptic feedback is to free visual and auditory attention to follow the process the user is controlling. This fact could open the way for a larger use of such brain-actuated devices able to preserve the visual and auditory processes that are usually engaged in the normal brain surveillance activity. Different places on the subject’s body will be tested as possible sites for haptic stimulation. On the other hand, only a few studies exist on the effects of the feedback in BCIs (e.g., McFarland et al. 1998; Neuper et al. 1999). Especially long-term effects of the feedback have not been studied. We will conduct a long-term study of the benefits of different feedback methods (visual, haptic or both). The goal is to find the most effective feedback methods. An effective feedback could enhance the brain activation related to motor intents and thus make classification of them easier. User could learn to use BCI more rapidly and reliable. Feedback itself (being visual or haptic) affects the brain rhythms in the same areas which are being measured. These effects should be extensively studied in order to understand how the feedback could be optimized.
High-level cognitive states The fourth principle aims to increase the reliability of brain-actuated robots by recognizing some high-level cognitive states, such as error recognition and alarm, from the transformed scalp EEG (first principle). This is a unique feature of the “brain channel” compared to other interaction modalities, namely that it conveys both motor information from which we can derive mental control commands as well as information about cognitive states that are crucial for a purposeful interaction (independently of the kind of user, disabled, elderly or able-bodied), all this on the millisecond range5. Due to the nature of brain signals, recognition of the subject’s intent is prone to errors. We propose to detect classification errors automatically, what would be used by the robot controller to correct the trajectory. To do so, we will build on recent research that is uncovering the neural correlates of how humans get aware of erroneous responses (Bush et al. 2000; Falkenstein et al. 2000). In particular, it has been observed a negative potential with a frontocentral scalp distribution whenever subjects make errors. This negative 5 Clearly, there are other cognitive/affective states that could enormously improve human-robot interaction. But since this is an uncharted territory, MAIA will only explore error recognition and alarm states.
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potential is most probably generated in a brain area called anterior cingulate cortex, which is crucial for regulating emotional responses. It is worth noting that some groups have observed similar potentials in the framework of a BCI (Schalk et al. 2000; Millán, unpublished data), but, to the best of our knowledge, this error detection capability has not yet been implemented in any interaction device (BCI or not). This evidence comes from well-controlled experiments where many trials are averaged and EEG signals are processed off-line. The challenge is to develop real-time methods for recognizing this neural correlate of error detection during real-world interactions. Alarm states resemble the so-called cortical arousal, the abrupt transition from sleep to waking activity. This state is characterized by an initial diphasic slow wave followed by a series of rapid oscillations of about 8 to 14 Hz, the total pattern occurring maximally in the central regions with lower amplitude over the frontal, temporal and occipital areas. Physiologically this event is mediated by the interaction between the brainstem structures (reticular formation) and cortex (Bocker et al. 2001; Bonnet and Arand 2001). The challenge is to detect this event on the order of milliseconds and handle the corresponding emergency situation in a safe way. For instance, in the case of navigation, if the subject suddenly perceives something approaching at high speed, then the alarm state will send an interruption to the intelligent controller that will make the vehicle react immediately to avoid the arriving object (e.g., braking or “jumping” out of its way). In the case of manipulation, an emergency situation may happen if while handling a dangerous object (say, hot oil) the handle breaks (what is perceived by force feedback and sent to the user through the haptic device); in this case the arm must retract immediately. To the best of our knowledge, real- time detection of alarm states in realistic settings has never been tried before.
On-line learning Finally, the fifth principle aims to keep the BCI constantly tuned to its owner. This requirement arises because, as subjects gain experience, they develop new capabilities and change their brain activity patterns. In addition, brain signals changes naturally over time. In particular, this is the case from a session (with which data the neural network is trained) to the next (where the network is applied). The challenge is to adapt on-line the neural network while the subject operates the brain-actuated robot. On-line learning is a difficult task in many respects. It requires the ability to learn on the fly with a small amount of data as opposed to through off-line sweeps on a large training set. As a starting point, we will resort to local neural networks since they usually exhibit fast learning, avoid catastrophic interference and are computationally inexpensive (Millán 2004). In on-line learning the learning rates, usually one for each free parameter of the model, are updated after the presentation of each training sample to better fit the local error surface, what accelerates convergence (Saad 1998). In a BCI context, however, the
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risk exists that since the subjects are trained in a changing environment, a classifier that learns too fast (and maybe in opposing directions for every training sample) may confuse them. As a consequence, the BCI acquires wrong classification rules, what may lead to a collapse if the user tries to follow those rules. A better alternative could be, instead of moving down the error gradient direction at each step, to use a kind of trace that modifies the parameters along more stable directions. Also, for the interaction to be meaningful to the user, we need to find a good match between the speed of change of the interface and what the user can effectively master. Finally, another important characteristic of our on-line learning task is that it may not happen in a supervised context because the subject’s intention is not known instant by instant. In this case, it is natural to resort to reinforcement and temporal-difference learning (Sutton 1988; Sutton and Barto 1998). The reason to do so is that this kind of techniques allows exploiting the natural way in which the subject’s intentions manifest in relation to specific events at uneven points in time (i.e., detection of errors and satisfactory completion of tasks). It is worth noticing that, apart from the basic on-line algorithm developed in (Millán 2004), there is no other attempt to tackle this challenging and crucial issue for the efficient and long-term operation of a brain-actuated device.
POTENTIAL IMPACT If successful, the MAIA project will be a scientific and technological breakthrough in the general field of human-machine interaction, paving the way into revolutionary low-cost, non-invasive neuroprostheses that will augment human’s motion and interaction in a direct and natural fashion. It will also have a high societal impact because it will give rise to a new generation of assistive devices for paralyzed humans. The improvement in patients’ quality of living, and that of their families, goes without saying. In this respect, The Council of Europe Parliamentary Assembly expressed in 26.04.2002 its concern about the increasing number of people living with spinal cord injury (paraplegia and tetraplegia). There are roughly 300.000 paralyzed persons in Europe, with a mean age of 31, and 5000 new cases occur every year. In addition to spinal cord injury trauma, other causes of physical disabilities are tumors, vascular malformations and strokes, infections or degenerative processes, and late surgical complications. If in the US, it might be natural to highlight that the proposed research will open new grounds for intelligent defense systems-for instance as an essential aid for fighter pilots. However, we prefer not to follow this road and, instead, have paid more attention to the requirements and needs of future daily brain-actuated devices. In this sense, the proposed research is not only relevant for the next generation of assistive robotics for the elderly and disabled, but also for space applications, service robots, ambient intelligent environments and, in the long-term, for bionics as envisoned in the proactive 2004
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initiative of FET. We think that these applications will find their way to the market in this sequence. MAIA brings together research groups at the forefront of the different fields involved in this multidisciplinary project coming from four different European countries. Only the combination of such a wide range of expertise, which could hardly be found within one single country, will eventually allow Europe to keep the pace of US in this important area of research and technology. In this regard, the MIT’s Technology Review magazine recently listed BCI as one of the 10 emerging technologies that will change the world. Also, in a BCI meeting last summer in Albany (New York), it came out that all the major US funding agencies are devoting substantial resources to this area. Regarding this later point, it is worth mentioning that BCI is one of the emerging multidisciplinary areas for US funding agencies and that just the US Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) is devoting almost 10% of its basic research budget. But it is highly significant that even the journal Nature (vol. 423, no. 6942, 19/06/03) has recently expressed in an editorial its concern with some ethical issues about the highly invasive nature of this research. On the contrary, the newspaper The Times (24/07/03) has written a rather positive editorial about Millán and coworkers’ brain-actuated mobile robot praising its non-invasive nature (after the article of the journal New Scientist (vol. 179, no. 2405, 26/07/03) describing our work). All partners will participate in activities leading to the dissemination of the results of the project in order to create public awareness of the technology being developed, make MAIA reach a high profile and visibility, and foster further research and developments in the field. For this, we will takex full advantage of the different experiences and backgrounds of the partners. A variety of media and channels will be exploited for this activity. Two workshops will be held during the project targeted to potential end-users (e.g., disabled associations), relevant industrial sectors, and academia. Dissemination will be done as well by means of peer-reviewed papers in journals and major conferences of the multidisciplinary fields of the project. Possibilities exist to participate in national and international TV and radio programs on associated topics. In this respect, it is worth mentioning that previous work of some of the partners on BCI (i.e., the project ABI, coordinated by José del R. Millán with the participation of SL and HUT, and more recent work on the brain-actuated mobile robot) has received a quite large media coverage around the world and several scientific recognitions, such as the nomination as a finalist for the European Descartes Prize 2001. We will also organize press conferences associated to the workshops. Another activity will be to set up a user group at the beginning of the project. It will mainly be formed by disabled associations and major industrial players, which will give requirements, evaluate results, advice on future developments, and disseminate results among potential end users and relevant industrial sectors. The feedback of this user group may well identify market areas and potential customers other than the members themselves.
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Figure 2. RTD workpackages interdependencies for the MAIA project
WORKPACKAGE DESCRIPTION INTERDEPENDENCIES AND PERT DIAGRAM WP1: Experimental Setup Objectives - Design and build the experimental setup for the project. Description of work - In order to focus the work of the consortium on the common objectives and facilitate integration of results (thus maximizing the impact of the project), all the partners will use the same experimental setup (or parts of). This will include: (a) design of the protocols for EEG recordings; (b) integration of the commercial haptic device into the whole system, including the drivers for generating the vibrational stimulation patterns from the robot sensor’s readings; (c) development of the two robot simulators (for the wheelchair and for the manipulator), including the drivers for sending the mental commands from the BCI. WP2: Haptic Feedback Objectives - Exploration of the benefits of haptic feedback for user’s training and accurate control. Description of work - To answer the question above, it will be necessary to specify the protocols for providing haptic feedback (what kind of stimuli, how many of them, and where to deliver it -i.e., optimal site in the human body) and to assess the improvement in performance between a set of subjects using a combination of visual and haptic feedback compared to a second group receiving just visual feedback. WP3: Non-Invasive Estimation of Brain Maps Objectives - Estimation of high resolution brain maps -actually, intracranial potentials- from scalp EEG. The target is the computation of local field potentials (LFP), the very same kind of brain activity that can be measured 2004
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with implanted electrodes, at different 3D locations of the brain. But, as a contingency plan, we could also estimate other kinds of potentials restricted to the cortical or the head surface. Description of work - Besides the computation of the transformation matrices for each head model, we will need to adapt our methods to spontaneous EEG data. For that we will consider the selection of proper regularization approaches and/or denoising techniques able to produce accurate estimates in real time. Based on those estimates, we can select those features or patterns associated for the recognition of the motor intents and high-level cognitive states. For the case of intracranial LFP, the selection of features will be guided by the neurophysiological knowledge available so far. WP4: Recognition of Subject’s Motor Intent Objectives - Recognition of subject’s motor intent from the estimated brain maps. Description of work - Initially, we will start exploring the use of statistical neural classifiers that, as output, estimate the posterior class probability distribution for a sample to belong to one of the primitive motor intents. This is so because, for the milestone M1, we will seek to recognize reliably and rapidly a limited number of motor intents (e.g., moving the arm forward, backward, right, and left). Then, if necessary, we will also investigate regression approaches to predict the direction of the intended movement at each time step. In addition, we will also address the key issue of on-line adaptation of the BCI to the user. We will also develop a second classifier for the recognition of high-level cognitive states, namely error and alarm. WP5: Adaptive Shared Autonomy Objectives - Achieve adaptive shared autonomy that, in combination with the proposed BCI approach, allows controlling tasks that are beyond reach of the present state-of-the-art. Description of work - The right level of shared autonomy must suit individual requirements, which may evolve in time. In addition to this core adaptivity feature, the whole framework will also incorporate two other capabilities in order to cope with the (possibly) low-quality outputs of the neural network, namely the use of sensor feedback and the incorporation of learning capabilities in the robot controller to generate purposeful and continuous actions from the representation of the intent. WP6: Demonstrations Objectives - Demonstrate how the integration of the different components of the MAIA project enables subjects to mentally control robots in an accurate, natural and rapid way. Description of work - To do so, we will develop 4 demonstrators (see deliverable list below), whose results will be important milestones of the project.
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WP7: Dissemination Objectives - Disseminate the results of the MAIA project as widely as possible to create public awareness of this technology, make MAIA reach a high profile and visibility, and foster further research and developments. Description of work - To this end, we will undertake different actions: setting up the web site of the project, organization of 2 workshops (targeted to potential end-users, relevant industrial sectors, and academia), constitution of a user group, and scientific publications. WP8: Assessment of Progress Objectives - Assess the progress of the project as a whole according to the work plan as well as of the appropriateness of the different components and their timing. Important sources for this assessment are the deliverables, the demonstration results and the feedback from the project reviews. Description of work - At the project level, evaluation includes the quality assessment of the ongoing WPs, an analysis of their sufficiency to achieve the objectives of MAIA, and the identification of the weaknesses in the project. At the component levels, there already exists well-established performance indicators for some of the components contributing to MAIA (e.g., for classification). For the assessment of other components such as the haptic device and, in particular, of the integrated demonstrators, we will design experiments and metrics to evaluate them. WP9: Management Objectives - Plan, organize, direct, control, and adjust the integrated effort to efficiently achieve the technical objectives of MAIA. Description of work - It will establish an appropriate project management structure at the start of the project and proactive management techniques will be employed on a day-to-day basis. Whilst project management is principally the responsibility of the project coordinator, the consortium will set up a management team comprising key staff from each partner organization to assist in the day to day running of activities. Whilst all attempts will be made to plan the project, it is accepted that unexpected turns of events do occur and that a structure must be in place to deal effectively with them and to ensure the overall direction of the project is maintained. If necessary for the timely success of the project, it will also adapt the project workplan, deliverables and resource allocation in liaison with the EC officials. WP9 will also coordinate the reporting within the consortium and to the EC officials, organize the review meetings and project meetings (at least 4 times a year). It will also execute all accounting, billing and other administrative tasks.
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SISTEMA INTEGRATO INTELLIGENTE PER L’ASSISTENZA E LA MOBILITÀ DELLE PERSONE DISABILI CARLO CALTAGIRONE Università di Roma Tor Vergata - IRCCS S. Lucia
INTRODUZIONE La transizione demografica che ha portato all’invecchiamento della popolazione, verificatasi prima in Europa e, più recentemente, nei Paesi in via di sviluppo(1), rappresenta un fenomeno, tuttora in espansione, che ha determinato radicali mutamenti delle strategie sanitarie con una spinta verso la ricerca di nuovi modelli assistenziali. Questo progressivo invecchiamento della popolazione e l’aumento del numero di persone che sopravvivono alle condizioni di acuzie delle malattie hanno determinato non solo un aumento del numero di anziani ma anche di soggetti disabili. Nel corso degli ultimi anni la medicina ha sviluppato uno stretto rapporto di collaborazione con l’area ingegneristica nel campo specifico dell’Intelligenza Artificiale(2) e dei Sistemi Basati sulla Conoscenza. Alcune aree mediche si sono mostrate più direttamente coinvolte in questa collaborazione: ad esempio, l’integrazione con alcune aree specifiche dell’Intelligenza Artificiale (agent-based technology) si è rivelata molto utile nelle situazioni in cui sono coinvolti diversi specialisti nella presa di decisioni o che richiedono un alto grado di coordinazione sia a livello decisionale che attuativo, come nel caso della gestione delle persone disabili e degli anziani(3,4,5). In questa ottica proponiamo un progetto fondato sull’integrazione di alcune fra le “nuove tecnologie” e sulla loro applicazione nel campo della disabilità, partendo dall’impiego degli agenti intelligenti (software agents) e della robotica, fino alle reti informatiche integrate nell’ambiente, che rendono facile l’accesso ad una serie di servizi grazie all’uso di semplici interfacce “easy-to-use”. Con i recenti progressi ottenuti nel campo dei sistemi di embedded computing e della comunicazione wireless oggi è infatti possibile pensare alla realizzazione di un “Ambiente Intelligente”, e all’inserimento “dell’intelligenza” all’interno di strutture ospedaliere, di case e, in un prossimo futuro, anche in ambienti esterni (ad es. lungo le strade). Il nostro obiettivo è quello di prospettare una nuova soluzione per aumentare l’autonomia e per migliorare la qualità della vita degli anziani e dei disabili, attraverso un sistema(6) in cui agenti intelligenti e networks risultano integrati nell’ambiente quotidiano; in particolare presentiamo la creazione di una piattaforma sulla quale può essere posizionata qualsiasi sedia a rotelle dotata di agenti intelligenti, inserita all’interno di un ambiente “integrato”, e-tool in grado di spostarsi in maniera autonoma e di interagire con l’utente in maniera direttamente proporzionale alla disabilità presentata dall’utente stesso. Lo scopo principale di questo progetto non è quello di velocizzare e semplificare alcuni compiti grazie all’intervento di un e-tool, ma dare la possibilità alle persone disabili di svolgere alcuni compiti in completa autonomia e di eseguirne nuovi, ottenendo in definitiva una maggiore indipendenza. Architettura di un e-tool Il progetto prevede l’installazione, nell’hardware rappresentato dal complesso delle strutture della piattaforma, di un agente intelligente autonomo dotato di interfaccia flessibile che fornisca gli utenti, a seconda delle loro 2004
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individuali capacità, maggiore o minore assistenza nella navigazione(7); tale “piattaforma intelligente”, considerata insieme “all’ambiente intelligente” all’interno del quale è inserita, è parte integrante di un una architettura multi-livello di controllo e gestione. Si tratta nel complesso di un sistema servo-assistito, in grado di essere di supporto ad un soggetto disabile e in grado di adattarsi al suo livello di disabilità, fornendo esattamente il tipo e la quantità di aiuto necessari per lo specifico individuo. Nel nostro progetto grande attenzione è posta al recupero di tutta l’autonomia personale possibile; in questo senso il tool in nessun caso si sovrappone ad una capacità dell’utente, intervenendo solo quando l’individuo non è in grado di svolgere quel determinato compito autonomamente. La tipologia di soggetti a cui questo tool è indirizzato è molto eterogenea, sia nelle caratteristiche fisiche, che cognitive, che emotivo-comportamentali; pertanto, mentre in alcuni casi il compito del tool potrà limitarsi ad un banale supporto per gli spostamenti, spesso esso dovrà supportare deficit ben più complessi, come nel caso di soggetti con deficit motori associati a disturbi dell’attenzione che impediscono di esplorare una parte di spazio (eminattenzione), o nel caso di soggetti affetti da deficit motori e deficit mnesici. In casi come questi il tool dovrà intervenire gradualmente non soltanto riguardo agli spostamenti, ma soprattutto nella fase decisionale e di programmazione. Questo e-tool è in grado di: - adattarsi all’utente nel miglior modo possibile, assicurandogli il maggior grado di sicurezza; - prendere autonomamente alcune decisioni in casi estremi (ad esempio sul dove e come spostarsi); - percepire aspetti della localizzazione dell’utente nell’ambiente circostante, basandosi su un ampio numero di sensori quali badges attivi, rilevatori di movimento, e altre infrastrutture computazionali localizzate; - imparare ad interpretare autonomamente i pattern dei comportamenti quotidiani; - riconoscere i segni di angoscia, disorientamento, confusione, attraverso l’uso di tecniche di “state estimation”, “plan recognition” e “machine learning”; - offrire un aiuto proattivo all’utente attraverso diversi tipi di interventi fisici e verbali; - allertare il caregiver in caso di pericolo. Interfaccia L’interfaccia del nostro tool è formata da più sistemi: un sistema di interfaccia vocale, uno con interfaccia touch pad ed un sistema di condivisione di memoria. Queste soluzioni sono in grado di adattarsi alle abilità dei diversi utenti, consentendo loro di controllare la sedia e di navigare nel modo più scorrevole e sicuro possibile. Compito principale è quello di interpretare i comandi dell’utente, anche quando siano disturbati, imprecisi e/o incompleti, e trasformarli in ordini e programmi plausibili. La maggior parte delle volte l’utente del nostro tool potrebbe essere solo in grado di dire cosa intende fare,
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o dove vuole andare. Attraverso un interprete vocale o un touch pad fornito di semplici disegni riferibili alle cose desiderate – ad esempio un bicchiere per indicare la richiesta di acqua a cui la sedia può rispondere portando il paziente nella sala da pranzo, o un televisore per spostare il paziente nella sala TV – si trasmette all’agente di controllo il compito di raggiungere l’obiettivo. Questi ordini devono essere integrati nell’ambiente attraverso la creazione di una memoria condivisa e seguire le preferenze dell’utente; ciò implica che l’agente che supporta l’interfaccia sia a conoscenza della realtà che lo circonda(8). Architettura multi-livello di controllo e assistenza Per risolvere in maniera appropriata la gestione di uno scenario così complesso, proponiamo un sistema multi-livello che controlli l’ambiente circostante la sedia, controlli le condizioni di salute del paziente e interagisca con questo attraverso una interfaccia flessibile in grado di fornire assistenza variabile a seconda delle esigenze del paziente stesso. Uno dei nodi fondamentali per la realizzazione del progetto è rappresentato da un sistema di trasmissione dei dati che sia efficace ed affidabile in ogni momento. Sull’esatta localizzazione dell’utente in rapporto all’ambiente, sulla veloce ed esatta trasmissione delle informazioni personali dell’utente (condizioni motorie, emotive, cliniche) al sistema di rilevazione e di sorveglianza delle azioni, sulla veloce ed efficace trasmissione delle istruzioni da parte del sistema di controllo agli effettori, si basano la utilità e sicurezza di tutto il sistema. Stiamo sostanzialmente facendo riferimento ad un sistema che si affida ad un flusso continuativo e multilaterale di informazioni: l’efficienza del sistema di trasmissione è quindi fondamentale. La tecnologia scelta è quella dei sistemi wireless (le connessioni wireless sono normalmente basate sulla tecnologia ad infrarossi o a microonde; nel nostro caso utilizzeremo la tecnologia a microonde poiché i collegamenti basati sugli infrarossi richiedono una diretta visibilità tra trasmittente e ricevente e perché le trasmissioni veloci non sono molto potenti). Nella figura 1 è mostrato in dettaglio il sistema su tre livelli che compone questa architettura. Nel primo livello si trovano tutti i dispositivi connessi con l’ambiente: telecamere, sensori posti sui muri, sistemi di monitoraggio per i pazienti, PDA o altri strumenti portatili e la sedia inserita nella piattaforma “intelligente”. Il livello successivo è formato dall’hardware di controllo che consente il funzionamento dei diversi dispositivi ed invia le informazioni al livello successivo. Nel caso di dispositivi complessi come una sedia a rotelle o telecamere, questo livello deve svolgere compiti che necessitano dell’immediata risposta dei dispositivi stessi (ad esempio nel caso di una telecamera questa deve poter seguire gli spostamenti dell’utente; nel caso di una sedia a rotelle questa deve essere in grado di individuare un ostacolo e di evitarlo - navigazione reattiva). Il terzo livello è composto da un agente di controllo che riceve le informazioni dall’hardware di controllo ed è in grado di ragionare sul proprio livello di conoscenza riguardo allo stato del sistema, sulle informazioni necessarie per aumentare la sua conoscenza, su dove può trovarle, e come 2004
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può reperirle. Questo agente, inoltre, è in grado di valutare la rilevanza delle informazioni che riceve e che distribuisce agli altri agenti o ai sistemi di controllo che possono averne bisogno. In definitiva, questo tipo di architettura serve da supporto all’interazione ed alla coordinazione delle diverse entità per risolvere alcuni dei problemi quotidiani dei pazienti a cui fanno fronte i caregiver. Ad esempio, questo sistema multi-livello sarebbe in grado di attivare un allarme qualora il paziente si trovasse in una situazione di pericolo; in questo caso il terzo livello sarebbe in grado di riconosce il caregiver più vicino al paziente e di avvisarlo. Uno fra i più immediati servizi che questo sistema è in grado di fornire è rappresentato dalla possibilità fornita ad un paziente non in grado autonomamente di spostarsi e di riconoscere il percorso da effettuare di poter raggiungere il caregiver situato in un’altra stanza. In una situazione di maggiore compromissione dell’utente, il tool potrebbe essere programmato per spostare il paziente dalla stanza di degenza all’interno dell’ospedale fino alla palestra, esattamente all’orario della sua seduta di riabilitazione.
Wireless Network
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Sensor controllers
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Movement Sensor
Room Sensor
Navigazione La navigazione autonoma consente alla piattaforma, dopo aver individuato l’obiettivo, di raggiungerlo senza supervisione. I due problemi fondamentali della navigazione sono rappresentati dalla localizzazione e dalla pianificazione del compito. La localizzazione consiste nel determinare la posizione della sedia in un sistema globale di coordinate ed è tipicamente risolto da misure, correlazioni e triangolazioni. La localizzazione può essere ottenuta utilizzando sensori attivi localizzati sul paziente o esterni ad esso. Nel nostro caso è utilizzato un sistema di rilevatori attivi per calcolare la posizione dell’oggetto attraverso triangolazioni. La pianificazione del compito nel mondo reale è di solito complessa a causa di situazioni inattese o errori. Ci sono due tipi di schemi:(9) reattivo e decisionale(10). Noi proponiamo una architettura ibrida che combini i due schemi per ottenere una migliore performance. Fondamentalmente questo
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approccio(11) si svolge in due momenti successivi. Il primo prevede il calcolo di una traiettoria efficiente che unisca le posizioni attuali della sedia e dell’obiettivo. Il tool controlla una mappa metrica facilmente aggiornabile combinando qualsiasi mappa a disposizione e i suoi punti di riferimento; viene quindi estratta una mappa topologica da quella metrica per velocizzare l’azione dell’algoritmo della programmazione del percorso. Seguendo questo approccio possiamo ricalcolare il percorso ogni volta che l’obiettivo cambi la sua posizione o sia impossibile percorrere ulteriormente il percorso precedente. Il secondo momento riguarda la percorrenza della traiettorie calcolata in sicurezza. Un approccio in grado di produrre soluzioni specifiche finalizzate al movimento in sicurezza in piccoli spazi è già stato sviluppato e testato (12). Sicurezza Una parte importante di questo lavoro è dedicata al problema della sicurezza, sempre una delle principali preoccupazioni quando si progetta uno tool dedicato ai disabili. Questi strumenti devono essere situati all’interno di ambienti che vengono definiti “strutturati” o “semi-strutturati”, cioè in situazioni che normalmente non subiscono modifiche strutturali, dove possono essere possibili piccoli cambiamenti ma dove i più importanti segni di riferimento rimangono stabili per lunghi periodi. Tuttavia, questo non esclude che l’ambiente sia dinamico e, qualora dovessero sorgere cambiamenti inaspettati, il sistema sarebbe in grado di affrontare queste situazioni impreviste e risolvere i problemi derivanti legati alla sicurezza dell’utente e dell’ambiente circostante in generale. Ciò implica che questi sistemi hanno bisogno di mostrare un comportamento intelligente finalizzato al raggiungimento di una meta e tuttavia essere reattivi ai cambiamenti dell’ambiente circostante. Nel progetto da noi proposto, la sicurezza degli utenti impone restrizioni di grado elevato e i sistemi devono essere largamente testati, anche con simulazioni off-line, per assicurare l’efficacia e la prestazione del tool.
CONCLUSIONI Possiamo concludere affermando che, nonostante esistano già soluzioni in grado di aumentare l’autonomia nelle persone anziane e disabili, garantendo loro una migliore qualità della vita, attualmente sul mercato sono disponibili soprattutto soluzioni parcellizzate e che si rivolgono a singoli bisogni ed esigenze. Le soluzioni da noi proposte sono applicabili a un ampio spettro di situazioni e di bisogni e, soprattutto, propongono una integrazione utente-tool-ambiente, che risponde al complesso delle esigenze di(13)supporto funzionale. Ampia è la tipologia dei possibili utenti , che va dalle persone in buono stato di salute a quelle con limitazioni cognitive lievi fino a quelle con disabilità motorie gravi; il raggio di azione si amplia fino a dare sostegno anche ai caregivers degli anziani con moderata disabilità e deterioramento. Ciò che riteniamo importante sottolineare è che l’uso di tecnologie basate sugli agenti intelligenti può facilmente risolvere problemi, all’apparenza semplici, ma che in realtà possono pesantemente peggiorare la qualità della vita. 2004
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SPERIMENTAZIONE DI UN MODELLO PER IL SUPERAMENTO DELLE BARRIERE COMUNICATIVE ANTONINO SALVIA IRCCS S. Lucia
OBIETTIVI - Favorire le pari opportunità delle persone sorde in ambito sanitario. - Promuovere il rispetto delle persone sorde. - Abbattere le barriere comunicative. - Sensibilizzare il personale sanitario rispetto ai problemi della comunicazione. - Sperimentare un modello per la formazione del personale sanitario in ambito ambulatoriale e in situazioni di ricovero. - Promuovere metodi e contesti innovativi nel rapporto con il paziente sordo. - Divulgare informazioni su sordità e salute. - Esportare il modello di buone pratiche sanitarie con i pazienti sordi. - Produrre un opuscolo informativo con video e CD Rom. - Promuovere statistiche sanitarie sui ricoveri delle persone sorde. Beneficiari del progetto -
Pazienti sordi in ambito ambulatoriale e in situazioni di ricovero. Pazienti sordi post-comatosi. Pazienti udenti diventati sordi in seguito a trauma. Personale paramedico delle strutture sanitarie nazionali. Personale medico delle strutture sanitarie nazionali.
INTRODUZIONE In Italia i sordi sono circa 60 mila. Non si tratta però di una categoria omogenea, anzi dietro la parola sordo ci sono realtà molto diverse tra loro: - bambini nati sordi o divenuti tali entro i 3 anni di vita (cioè prima di aver acquisito completamente il linguaggio), oppure diventati sordi dopo i 3 anni; - sordi figli di sordi e sordi figli di udenti; - sordi che conoscono la LIS (Lingua Italiana dei Segni) e sordi che non la conoscono; - sordi rieducati al linguaggio con un metodo esclusivamente orale; - sordi rieducati con il metodo bimodale; - sordi esposti ad un’educazione bilingue. A tutto questo va aggiunto il grado di sordità; l’età della diagnosi e della protesizzazione; l’iter riabilitativo e scolastico oltre, naturalmente, ai fattori individuali che costituiscono la peculiarità di una persona quali l’intelligenza, la personalità, l’ambiente socio-culturale, le esperienze vissute, ecc. L’elemento comune a tutte queste categorie è la necessità di comunicare attraverso una lingua parlata e scritta che si impara solo dopo un lungo e faticoso iter logopedico, perché non è possibile per i sordi acquisire il linguaggio verbale in modo naturale spontaneo e completo. In Italia le persone diventate sorde entro il 12° anno di età (L. 381/70) sono circa 60.000. A questo dato poi vanno aggiunti tutti coloro che hanno perso l’udito da adulti che si stimano intorno ad 800.000. 2004
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Il progetto riguarda però le persone sorde, ai sensi della L. 381/70, che hanno problemi di comunicazione: “Si considera sordomuto il minorato sensoriale dell’udito affetto da sordità congenita o acquisita durante età evolutiva, che gli abbia impedito il normale apprendimento del linguaggio parlato, purché la sordità non sia di natura esclusivamente psichica o dipendente da causa di guerra, di lavoro o di servizio” (art. 1 L. 381/70). Pregiudizi - Le difficoltà di comunicazione con una persona sorda derivano spesso da una serie di pregiudizi sulla sordità ancora molto diffusi, anche tra gli addetti ai lavori. Si pensa, ad esempio, che i sordi siano muti come dimostra l’uso stesso del termine sordo-muto. Ma l’apparato vocale dei sordi è integro e il bambino sordo, anche mancando di una verifica da parte dell’udito, può imparare, nel corso della logopedia, a regolare l’emissione dei suoni. Inoltre, secondo un approccio che considera la sordità solo da un punto di vista clinico e riabilitativo, il sordo non rieducato al linguaggio verbale è “muto”. Al contrario, in una prospettiva socioculturale, ogni “muto” diventa “parlante” non solo se si impadronisce della parola parlata, ma quando riesce a far propri gli strumenti della comunicazione, qualunque sia la modalità di linguaggio adottata. È dunque la facoltà di linguaggio, e non la sua modalità, che consente di costruire la comunicazione e di uscire dal mutismo. E nei sordi la facoltà linguistica è intatta. Un altro pregiudizio consiste nel ritenere che i sordi abbiano un ritardo mentale complessivo. Ma il loro è un deficit sensoriale e non cognitivo. La sordità di per sé non comporta, cioè, disfunzioni a livello cerebrale e psichico. I problemi della persona sorda riguardano piuttosto, come sappiamo, l’acquisizione della lingua verbale, perché questa viaggia sulla modalità acustica che nel sordo è deficitaria e quindi la comunicazione ne risente. La società e le strutture sanitarie spesso non sono preparate per una comunicazione che sfrutti le capacità integre del sordo, tra cui la vista. Così le persone sorde restano molte volte escluse da tutti quei contesti in cui la comunicazione verbale è essenziale, tra cui l’ambito socio-sanitario, con conseguenze “drammatiche” per la salute. Deficit e handicap - La parola sordità viene generalmente usata sia per indicare il deficit sensoriale uditivo sia l’handicap che ne deriva: fra le due accezioni però esiste una profonda differenza. Con il termine deficit ci si riferisce, infatti, nel caso dei sordi, alla quantità o alla qualità della perdita uditiva, misurabili attraverso i test audiologici. Le implicazioni socio-psicologiche del deficit non sono, invece, oggettivamente misurabili. Questo perché la lesione si traduce in una disabilità, che comporta uno o più handicap. La gravità degli handicap dipende dal valore che la cultura dominante attribuisce all’abilità in difetto. Nel caso della sordità l’handicap che consegue direttamente al deficit è l’impossibilità di percepire e decodificare i suoni ambientali e in particolare quelli emessi dalla voce per comunicare. La sordità, dunque, è un problema che ha le sue radici nel rapporto dell’individuo con la società nell’ambito delle relazioni interpersonali. Sono la famiglia, la scuola, le istituzioni, infatti, che devono e possono abbattere le barriere comunicative. L’handicap causato dalla sordità risulta “nascosto”, invisibile ad uno sguardo superficiale e difficile da mettere a fuoco in tutti i suoi aspetti. La sordità non si “vede”: è riconoscibile solo al momento di comunicare. Così le persone
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Sperimentazione di un modello per il superamento delle barriere comunicative
sorde non sempre ricevono da parte degli udenti tutte quelle attenzioni e quella disponibilità necessarie. L’impossibilità di instaurare con gli altri una relazione significativa espone dunque la persona sorda a una serie di frustrazioni che assumono un aspetto drammatico quando riguardano il contesto sanitario. Spesso gli udenti manifestano un certo distacco quando hanno a che fare con le persone sorde, forse anche il senso di impotenza provato dall’udente di fronte alle difficoltà di comunicazione con la persona sorda, impotenza che provoca una reazione di graduale indifferenza emotiva. Questo è ancora più grave quando l’interlocutore udente è un medico. In Italia il paziente sordo non trova strutture sanitarie idonee, né a livello ambulatoriale, né in caso di ricovero; per lui rimane sempre la necessità di essere accompagnato da un udente sia esso un famigliare o un interprete. La situazione socio-sanitaria - Questo progetto è il primo in Italia che si pone l’obiettivo di abbattere le barriere comunicative con il paziente sordo, sperimentando un modello di “buone pratiche assistenziali” che possa poi essere diffuso nelle strutture sanitarie nazionali, con una forte ricaduta in ambito socio-sanitario e con l’offerta di pari opportunità anche ai pazienti sordi. La realtà sanitaria del nostro Paese, a differenza di quanto avviene in nazioni più avanzate, non tiene conto delle difficoltà comunicative delle persone sorde, alle quali dovrebbe essere garantita: - la salvaguardia della privacy mediante un rapporto diretto tra medico a paziente; - il rispetto del paziente e delle sue competenze comunicative; - il consenso informato del paziente senza “mediazioni”. Per raggiungere questi obiettivi occorre attivare un corso di formazione rivolto al personale. Per avere una buona comunicazione l’operatore sanitario deve infatti conoscere sia alcune “strategie” che possano facilitare il colloquio orale (ad es. l’interlocutore deve avere il viso bene illuminato, deve essere in posizione frontale, non deve parlare in modo troppo veloce, ecc.); sia alcuni elementi di base della LIS. Molti sordi, infatti, sono bilingui, conoscono cioè sia l’italiano parlato e scritto, sia la lingua dei segni. Questa può facilitare la comunicazione in tutti quei casi in cui la lettura labiale non è sufficientemente scorrevole (ad es. barba e baffi dell’interlocutore, poco movimento delle labbra, ambienti male illuminati, troppa distanza, posizione delle persone, ecc.). Il Parlamento Europeo con risoluzione 17/06/88, riconfermata il 18/11/ 98, ha sollecitato gli Stati membri ad inserire la lingua dei segni in tutti i settori sociali, compresa la Sanità.
OBIETTIVI Il progetto si propone di superare le attuali difficoltà che incontra il paziente sordo nell’ambito della Sanità e si sviluppa in due aree: - il contesto ambulatoriale; - il ricovero ospedaliero. 2004
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ARTICOLAZIONE Il progetto viene articolato in quattro fasi: 1) Studio e indagine con il monitoraggio di situazioni reali o simulate nel rapporto fra paziente sordo e struttura sanitaria (accoglienza, ambulatorio, indagini diagnostiche, ricovero) con riprese video. 2) Corso di formazione “Comunicare con il paziente sordo”, per il personale medico e di assistenza, per un totale di 100 ore di cui 20 sugli aspetti teorici e 80 sugli elementi base della LIS, lingua dei segni italiana. 3) Pubblicazione di una scheda ospedaliera che consenta il rilievo statistico dei pazienti sordi, e di un opuscolo con videocassetta/CD Rom allegati che sia di aiuto al personale di tutte le strutture sanitarie del SSN per comprendere le problematiche della comunicazione con pazienti sordi. 4) Evento/Conferenza per presentazione, divulgazione, esportazione del modello sperimentato. Il Progetto “Sordità e salute: pari opportunità per il paziente” verrà coordinato dall’ENS e si svolgerà presso la Fondazione Santa Lucia. La realizzazione della scheda ospedaliera e dell’opuscolo con video e CD Rom sarà curato da entrambi gli Enti. Modalità di conduzione - Monitoraggio di contesti reali (o simulati) in cui viene a trovarsi il paziente sordo (con riprese video). - Verifica, discussione e valutazione delle problematiche. - Eventuali simulazioni. - Messa a punto, in collaborazione con il personale medico e non medico, di sistemi e metodi per il superamento delle barriere culturali, comunicative ed architettoniche. Luoghi Presso la Fondazione Santa Lucia: - l’accettazione; - l’ambulatorio di oculistica; - il laboratorio di risonanza magnetica; - il reparto post-comatosi. Tempi - 1 mese per la verifica, la discussione e la valutazione delle problematiche; - 1 mese per le riprese; - 1 mese per la selezione, il monitoraggio e la rielaborazione del materiale video che sarà presentato con sottotitoli e finestra con interprete di LIS.
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STRUCTURAL AND FUNCTIONAL BRAIN REORGANIZATION IN MULTIPLE SCLEROSIS: A COMBINED fMRI AND DTI STUDY ALESSANDRO CASTRIOTA-SCANDERBEG IRCCS S. Lucia
AIMS Aim of this study is to perform subcortical motor pathway mapping by Magnetic Resonance (MR), Diffusion Tensor Imaging (DTI), and correlate these structural findings with the anatomical location of the eloquent cortical areas detected using functional MR Imaging (fMRI) in multiple sclerosis (MS) patients with acute isolated hemiparesis before and after training with an intensive finger movement tracking program. Hypothesis behind the study and expected results Cortical reorganization following the acute motor system dysfunction is expected to be associated with a parallel change in the arrangement of the subcortical motor pathway fibers. Furthermore, reorganization of the motor system is expected to be different in trained patients compared to a group of non-trained MS patients, in parallel with a different pattern of functionally related white matter tracts.
INTERMEDIATE RESULTS First year - During the first 6 months of research, the DTI and fMRI sequences will be designed to fit the specific needs of the research program and feasibility in the patient population. The imaging protocol and practical procedures for acquisition of data will be shared by the two Institutions involved in the research program, namely Fondazione Santa Lucia (Roma) and Ospedale S. Raffaele (Milano). During the same time, the CNR will develop new models, methods and algorithms to process the DTI data-sets and generate fiber tractography maps. Moreover, time will be invested in the implementation of appropriate software. Eligible MS patients will be recruited consecutively among those presenting with acute motor system compromise to the Fondazione Santa Lucia and Ospedale S. Raffaele. It is estimated that 15 to 20 patients fulfilling the inclusion criteria will be enrolled in the study during the first year. Once the first patient has been scanned, DTI data will be transferred via Ethernet from either the Fondazione Santa Lucia or the Ospedale S. Raffaele to the CNR for off-line analysis and assessment of the potential of methodology. Second year - During the second year of research, the enrolled patients will undergo a follow-up MR scan with the same modalities as the first examination. All 20 MS patients will be recruited by that time. At the CNR, researchers will work at improving the applied models, methods and algorithms, striving to make the procedures fully automatic. Final analysis of patient data will be achieved by integrating the results of the fMRI studies with those deriving from the anatomical models applied to the DTI data. 2004
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BACKGROUND MS is a demyelinating disease of the central nervous system that often affects the white matter tracts pertaining to the motor system. The typical clinical course of MS is one of recurrent acute relapses with progressive accumulation of clinical disability. Despite progressive increase in brain tissue damage, relative preservation of normal motor performance may be observed over years, a finding suggesting that brain plasticity, a generic term used to signify any changes in brain structure or function, allows for compensation of tissue loss. Recently, evidence has emerged that functional adaptive changes, such as activation of the ipsilateral motor pathway and posterior extension of the contralateral primary motor area, occur in the cerebral cortex of MS patients in response to motor stimulation(1,2). Furthermore, cortical reorganization in MS patients has been demonstrated after a single acute disease attack involving the motor system(3). Assuming that symptomatic recovery from recurrent MS damage to the motor system involves structural and functional reorganization of the motor pathways, improved understanding of the mechanisms of recovery is only possible if both processes are thoroughly investigated. Functional MRI, a powerful means to explore cortical reorganization, remains unable to map white matter. Thus, the effects of direct or indirect subcortical tissue damage occurring in patients with MS lesions cannot be established by means off MRI. In contradistinction, DTI provides an exquisite characterization of brain tissue microstructure(4, 5), thereby qualifying as the MRI technique able to examine the mechanisms underpinning human brain connectivity(6). Given typical DTI spatial resolution, connectivity is addressed at the level of fascicles made up by a bunch of parallel fibers(7). DTI fiber tractography of the human brain, in combination with fMRI, might open a window on the important issue of brain plastic reorganization during recovery. The fundamental property of the human brain to accommodate to the pathological changes so that it optimizes behavioral gain when injured, may be facilitated by intensive specific rehabilitation programs. In order to address this issue, a neural system of known structure, architecture and function would be desirable. The motor system fulfills these criteria, and is therefore particularly suitable to illustrate the mechanisms of recovery, either spontaneous or after a specific rehabilitation program. Cortical reorganization of motor areas has been repeatedly reported in various clinical conditions, including stroke, brain tumors, and multiple sclerosis. The reorganization of cortical motor areas in the lesioned hemisphere, thus contralateral to the execution of movement, usually occurs with enlargement of the activated areas and/or their extension outside the usual boundaries. A number of previous studies on motor recovery have also highlighted the contribution of the motor pathway ipsilateral to the execution of movement after brain damage. All these mechanisms account for preservation of normal performance despite neural damage or loss. However, there is no uniform consensus as to whether expanded areas of neural tissue dedicated to a
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Structural and functional brain reorganization in MS: a combined fMRI and DTI study
given task, or the increased number of neurons recruited in a given functional area, are the due to the bilateral representation of motor function, the creation of new connections, the release of inhibition, or synaptic sprouting. Destructive MS lesions, which appear hypointense on conventional T1-weighted images, are associated with a significant degree of axonal transection. Axonal destruction may cause, in turn, pyramidal cell death by retrograde degeneration, which could be compensated for by vicarious or redundant neuronal pathways. In addition to the retrograde degeneration, another form of secondary white matter fiber degeneration, termed anterograde or wallerian, proceeds distally from the primary MS lesion towards the axon’s terminals. DTI has the potential of mapping both types of secondary fiber degeneration(8), and thus the entire degenerated pathway, as well as the “new” bundles of fibers recruited during recovery. Moreover, DTI is sensitive to changes in normal-appearing white matter, and may therefore elucidate the contribution of these changes to cortical motor reorganization in MS. In this study, we will map the changes in the motor pathways of MS patients by using the DTI, and compare the arrangements of local brain architecture, notably of the degree of orientational coherence of fibers, with the number of activated voxels in the cortex as detected by fMRI during a simple finger-tapping motor task. We will also compare the amount of axonal damage of the corticospinal tract as determined by hypointense T1 lesion load with fMRI and DTI data, based on the assumption that the more severely injured the motor pathway, the more extensive the cortical and subcortical brain reorganization. Finally, we will investigate whether a specific motor rehabilitation program in a subgroup of patients has any influence on the process of functional and structural recovery. The final aim of this research project is to improve our understanding of the mechanisms of recovery in MS patients, which is likely to generate, in turn, new therapeutic strategies aiming at promoting plastic brain compensation for loss of function.
MATERIALS AND METHODS Twenty patients with well-established relapsing-remitting MS, and focal lesions selectively involving the descending motor pathways will be enrolied. To be included in the study, patients should not have a disease duration longer than 10 years and an Expanded Disability Status Scale (EDSS) score higher than 4. Additional inclusion criteria are: 1) History of transient neurological dysfunction of the motor system. 2) Absence of MRI evidence of significant lesions in the spinal cord. 3) Absence of MRI evidence of lesions other than typical MS plaques. 4) Clinical evidence that all patients are right-handed. A group of 10 age-and sex-matched healthy volunteers will serve as the control group. 2004
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Image acquisition Images will be acquired according to the following imaging protocol: a. anatomical T1 - weighted MRI (MPRAGE, “Multi-planar rapid acquisition gradient echo”, TR=650 ms, TE=14 ms, FA=70°, resolution: 1x1x1 mm, duration: 9 min); b. axial T2K weighted MRI (turbo spin echo, TR=3800 ms, TE=22,90 ms, 0.89x0.89x5 mm, duration: 2 min); c. axial DTI (single-shot EPI, TR=5000 ms, TE=98 ms, five b-values ranging between 0-530 smm-2 in six non-collinear directions, resolution: 2x2x2 mm, duration: 15 min); d. fMRI-protocol (single-shot EPI, 110 volumes, TR=3000, TE=60 ms, resolution: 3x3x3 mm while performing finger-tapping movements. Each subject will have his/her gaze fixated upon a central white cross, projected onto a black background. The subjects will be asked to perform finger movements at time-points defined by a flashing green dot, that replaces the white cross during the task. The performance of the movement task will be controlled via a response box. The duration of the task and the rest conditions will be 30 s each.; total duration: 10 min); e. T1 weighted MRI (TR=650 ms, TE=14 ms, FA=70°, resolution: 0.89x0.89x5 mm; duration: 4 min). All images will be acquired on a Siemens Vision 1.5 T whole-body MR-scanner (equipped with EPI gradients and circularly polarized head coil), and the total examination time of the final protocol will not exceed 60 min, in order to improve patient compliance. The final imaging protocol may need improvement, depending on the exact approach selected for post-processing of the DTI-maps. Initial pilot single-subject measurements will help to elucidate this matter prior to the examinations of the entire patient cohort. Image post-processing Fiber-tractography will be performed by CNR as described below. In addition, the following diffusion parameters will be quantified: the principal diffusivities (eigenvalues of D), the Trace of the diffusion tensor (Trace D), indices of diffusion anisotropy (e.g. fractional anisotropy, lattice index, etc.), and the principal directions of diffusion (eigenvectors of D). Moreover, we will measure the total hypointense T1 lesion load in the anatomical regions of interest to correlate the amount of destructive lesions to changes in local diffusion properties and activated areas. Functional MRI data will be analysed using SPM2 (www.fil.ion.ucl.ac.uk/spm) and FSL (www.fmrib.ox.ac.uk/fsl). Both fiber tractography maps and fMRI activation maps will be coregistered and superimposed on the anatomical MPRAGE images. Collaborations with the Istituto per le applicazioni del calcolo “Mario Picene” Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Roma The role of CNR in the present project concerns mainly the post-processing of DTI data, with the aim to reveal underlying brain tissue architecture in form of fiber tractography maps. Currently used fiber-tracking methods are based on local estimates of the diffusion tensor, obtained directly from the DTI images. By means of either spectral analysis or regularization
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Structural and functional brain reorganization in MS: a combined fMRI and DTI study
methods(9), the final tractography maps are generated. The robustness of existing methods is limited, especially in the presence of lesioned white matter, hence in this project new models, methods and software, tailored to fit the specific needs of MS, will be developed. Moreover, attempts will be made to find new models that better describe the relationship between the diffusion tensor operator and water diffusion in MS, for instance by modelling the diffusion behavior of more complex tissue structures than those currently considered. Models and methods will be developed in the framework of Bayesian Statistics(10). This approach has proven very successful to solve ill-posed inverse problems in many applied imaging fields, including medicine(11-15). The main advantage of this approach lies in the possibility to incorporate in the same model both information related to the physical mechanisms of imaging technique, including those related to degradation of image quality, and “a priori” qualitative or quantitative information about the involved physical quantities. In order to formulate such models in a clinical context at an appropriate level of complexity, close interactions between mathematicians, statisticians, physicists, radiologists, and clinicians will be needed. After formulation of a model within the Bayesian framework, tractography maps will be generated by selected image algorithms. In particular, we will not use locally based estimators, as is the case for most standard approaches. Instead, global optimization methods will be applied, by use of, for example, simulated annealing methods. Other possible methods to generate tractography maps are purely statistical (probabilistic). Such methods may prove more advantageous than those based on the optimization of proper regularization functions. Since the estimators of the statistical variables considered in imaging problems are almost never available in a closed form, we will use dynamic Monte Carlo simulations based on Markov chains (MC) to obtain good approximations(16). Unfortunately, available MC algorithms have slow convergence. To overcome this limitation, new MC algorithms, based on coupling, relaxation, and suitable initialization will also be investigated(17, 18).
REFERENCES 1. LEE M., REDDY H., JOHANSEN-BERG H., PENDLEBURY S., JENKINSON M., SMITH S. et al. (2000) Ann Neurol 47: 606 - 613. 2. REDDY H., NARAYANAN S., AMOUTELIS R., JENKINSON M., ANTEL J., MATTHEWS P.M. et al. (2000) Brain 123: 2314 - 2320. 3. PANTANO P., IANNETTI G.D., CARAMIA F., MAINERÒ C., DI LEGGE S., BOZZAO L., POZZILLI C., LENZI G.L. (2002) Brain 125: 1607 - 1615. 4. PARKER G.J., STEPHAN K.E., BARKER G.J., ROWE J.B., MACMANUS D.G., WHEELER-KINGSHOTT C.A., CICCARELLI O., PASSINGHAM R.E., SPINKS R.L., LEMON R.N., TURNER R. (2002) Neuroimage 15: 797 - 809. 2004
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5. LE BIHAN D., MANGIN J.F., POUPON C., CLARK C.A., PAPPATA S., MOLKO N., CHABRIAT H. (2001) J Magn Reson Imaging 13: 534 - 546. 6. FRACKOWIAK R.S. (2001) Bull Acad Natl Med 185: 707 - 724. 7. POUPON C., MANGIN J., CLARK C.A., FROUIN V., REGIS J., LE BIHAN D., BLOCH I. (2001) Med Image Anal 5: 1 - 15. 8. PIERPAOLI C., BARNETT A., PAJEVIC S., CHEN R., PENIX L.R., VIRTA A., BASSER P. (2001) Neuroimage 13: 1174 - 1185. 9. POUPON C., CLARK C.A., FROUIN V., REGIS J., BLOCH I., LE BIHAN D. and MANGIN J.F. (2000) Neuroimage 12: 184 - 195. 10. WINKLER G. (1995) Image analysis, random fields and dynamic Monte Carlo methods. Springer Verlag (New York). 11. SEBASTIANI G. (1997) Mathematical and statistical methods for medical Magnetic Resonance imaging, dr. Phil. Thesis at the University of Trondheim (Norway). 12. DE PASQUALE F., SEBASTIANI G., EGGER E., GUIDONI L., LUCIANI A.M., MARZOLA P., MANFREDI R., PACILIO M., PIERMATTEI A., VITI V., and BARONE P. (2000) Magnetic Resonance Imaging 18: 721 - 731. 13. BARONE P. and SEBASTIANI G. (2001) Real Time Imaging 7: 21 - 29. 14. TORHEIM G., AMUNDSEN T., RINCK P.A., HARALDSETH O. and SEBASTIANI G. (2001) Journal of Magnetic Resonance Imaging 13: 577 - 587. 15. De PASQUALE F., BARONE P., SEBASTIANI G. and STANDER J. Bayesian analysis of dynamic Magnetic Resonance breast images (submitted to Journal Applied Statistics). 16. GILKS W.R., RICHARDSON S. and SPIEGEIHALTER D.J. (1996) Introducing Markov chain Monte Carlo. In: Markov chain Monte Carlo in Practice, (eds W.R. Gilks, S. Richardson and D.J. Spiegeihalter), London: Chapman and Hall. 17. BARONE P., SEBASTIANI G. and STANDER J. (2001) Statistics and Probability Letters 52: 115 - 124. 18. BARONE P., SEBASTIANI G. and STANDER J. (2002) Statistics and Computing 12: 17 - 26.
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STUDIO MULTIDISCIPLINARE DI UN MODELLO GENETICO DELLA SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA) CRISTINA ZONA Università di Roma Tor Vergata U.O. 3: PATRIZIA LONGONE IRCCS S. Lucia
ABSTRACT DEL PROGETTO La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa caratterizzata dalla morte selettiva dei motoneuroni spinali e del tratto cortico-spinale. Il disordine ha una incidenza di 1-2 per 100mila, che è confrontabile con quello delle sclerosi multiple. Di tutti i casi di SLA, 5-10% sono della forma familiare (FSLA), trasmissibili in modo autosomico dominante. In una piccola percentuale di famiglie FSLA è stato riportato un legame con il cromosoma 21q. Studi genetici sono stati quindi effettuati su popolazioni di pazienti FSLA e sono state dimostrate mutazioni del gene che codifica per la Cu,Zn superossido dismutasi (SOD1). Ad oggi, 23 differenti mutazioni del gene SOD sono state trovate nei pazienti FSLA. Mutazioni della SOD1 compaiono nel 15-20% dei casi FSLA e non sono presenti nella forma sporadica di SLA. Poco comunque è conosciuto su questi meccanismi che potrebbero spiegare come la forma mutata delle SOD possa provocare questo tipo di patologia. Recenti evidenze derivate da esperimenti su colture organotipiche e cellulari da topi transgenici, indicano che la proteina mutata SOD1 potrebbe avere una diretta azione citotossica. L’intenzione è di effettuare uno studio multidisciplinare di topi transgenici che over esprimono il gene umano SOD1 e quello nella forma mutata, nella quale la glicina 93 è stata sostituita con l’alanina (gly93 ® ala, G93A). Questa mutazione è stata infatti trovata in alcuni pazienti affetti da FSLA. Questi topi sviluppano la patologia dei motoneuroni caratterizzata da una morte neuronale nella regione lombare e cervicale della spina dorsale e una progressiva difficoltà nella attività motoria. La proposta è di esaminare se la sopraespressione della SOD1 umana e della sua forma mutata G93A nei topi causa modificazioni: - nel comportamento; - nell’espressione e funzionalità dei canali ionici di membrana; - nell’espressione proteica; - nei modelli biofisici di funzionalità elettrica. Scopo principale di questo progetto di ricerca è di studiare la relazione che può esistere tra la funzione mutata della proteina SOD1 e la degenerazione neuronale nei topi mutati geneticamente.
OBIETTIVI Gli obiettivi di questo progetto di ricerca sono quelli di indagare nel modello sperimentale di topo transgenico della forma familiare della Sclerosi Laterale Amiotrofica (FSLA) le modificazioni indotte dalla sovra espressione della SOD1 umana, nativa e mutata, a livello comportamentale, funzionale e di espressione genica. Sarà inoltre sviluppato un modello computerizzato per integrare quantitativamente le conoscenze biofisiche con gli alterati meccanismi di base coinvolti nella patologia della SLA. 2004
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Verranno prioritariamente effettuati esperimenti di comportamento al fine di studiare, oltre che il midollo spinale, anche quelle aree cerebrali superiori interessate in questa patologia. Elementi per la valutazione globale dell’impatto dei risultati conseguiti nel contesto scientifico nazionale ed internazionale La forza di questo progetto è l’approccio multidisciplinare alla SLA, una malattia fino ad oggi poco conosciuta. I risultati saranno sottoposti alla revisione di importanti giornali internazionali. I revisori di questi giornali valuteranno la correttezza delle ipotesi e la consistenza dell’approccio metodologico adottato e l’originalità dei risultati ottenuti.
UNITÀ DI RICERCA COINVOLTE U.R. 1 - Università di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Neuroscienze Responsabile: prof.ssa Cristina Zona U.R. 2 - Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), Istituto di Psicobiologia e Psicofarmacologia - Responsabile: dr.ssa Anne Marie Martine Ammassari Teule U.R. 3 - Fondazione Santa Lucia IRCCS, Laboratorio di Neurobiologia molecolare - Responsabile: dr.ssa Patrizia Longone U.R. 4 - Università di Bologna, Dipartimento di Elettronica, Informatica, Sistemistica - Responsabile: prof. Silvio Cavalcanti U.R. 5 - Istituto Superiore di Sanità (ISS), Laboratorio di Metabolismo e Biochimica Patologica - Responsabile: dr.ssa Annamaria Confaloni Si allega il progetto dettagliato della Unità di Ricerca. 3 facente capo alla Fondazione Santa Lucia IRCCS.
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Studio multidisciplinare di un modello genetico della SLA
U.R. 3 – Laboratorio di Neurobiologia molecolare Patrizia Longone DESCRIZIONE DELL’UNITÀ DI RICERCA L’unità di ricerca è un laboratorio di Neurobiologia molecolare situato all’interno dell’IRCCS Fondazione Santa Lucia. L’unità è composta di un locale laboratorio fornito delle attrezzature necessarie per analisi di espressione genica e di RNA messaggeri: macchine per PCR, apparecchiature per elettroforesi verticale ed orizzontale e strumentazione da laboratorio varia; altre apparecchiature (incubatore a secco per colture batteriche su agar, rotary shaker, forno per ibridizzazzione in situ, spettofotometro, criostato) non sono in dotazione al laboratorio ma sono presenti nella struttura e possono venire utilizzate liberamente dall’unità di ricerca. Adiacente al locale laboratorio è presente un locale per le colture cellulari fornito di due cappe a flusso laminare, due incubatori umidificati per cellule ed un microscopio a fluorescenza. La struttura è formata da diversi laboratori: neuroimmunologia, neurochimica, comportamento, neuroanatomia, neurogenetica ed elettrofisiologia; è fornita di un microscopio confocale, di un sistema di analisi di immagine per elettroforesi di acidi nucleici e proteine e uno stabulario.
OBIETTIVI E METODI Il laboratorio si occupa principalmente di studiare il coinvolgimento del sistema glutammatergico nei fenomeni di eccitotossicità e di degenerazione neuronale in seguito ad una alterata funzionalità del sistema glutammatergico stesso in patologie quali la SLA ed il Parkinson’s in cui questo sistema è comunque coinvolto. L’approccio che il laboratorio ha è di tipo molecolare, viene studiata l’espressione del mRNA dei recettori glutammatergici (in particolare ionotropici) e di altri sistemi recettoriali, quali per esempio il sistema GABAergico (GABAA) e il sistema dopaminergico in topi transgenici (per esempio il modello G93A) o in animali trattati farmacologicamente (per esempio trattamento con 6-idrossidopamina). Le tecniche in uso sono principalmente la PCR quantitativa (utilizzando standard interni appositamente ingegnerizzati), la PCR semiquantitativa, la PCR da singolo neurone (fatta principalmente in collaborazione con l’U.R. 1 del responsabile della ricerca) e la ibridizzazione in situ radioattiva e colorimetrica. Studi preliminari fatti su tessuti cerebrali di topi G93A e dei relativi controlli sia prima dell’insorgere della malattia che a malattia conclamata stanno dimostrando che alcune subunità del recettore glutammatergico AMPA sono alterate in aree cerebrali quali la corteccia e l’ippocampo dei topi G93A rispetto ai topi controllo. Nel laboratorio inoltre vengono fatti esperimenti di biologia cellulare, in particolare esperimenti di tossicità, sui sistemi cellulari di colture neuronali primarie attualmente studiate, motoneuroni e cellule corticali, ottenuti da topi controllo, SOD1 e G93A. 2004
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Una alterata omeostasi del sistema glutammatergico è, con tutta probabilità, una delle cause della SLA, è inoltre chiaro il coinvolgimento del recettore AMPA. Quindi, uno dei principali aspetti di cui si occuperà l’unità di ricerca sarà l’espressione dei recettori glutamatergici ionotropici in colture ottenute da topi controllo e topi transgenici, SOD1 e G93A. L’unità di ricerca analizzerà l’espressione delle quattro subinità del recettore AMPA (GluR1-4) e delle loro isoforme. Tali esperimenti verranno fatti in collaborazione con l’U.R. 1, gli stessi neuroni analizzati elettrofisiologicamente vengono anche analizzati molecolarmente utilizzando la tecnica della PCR da singola cellula. In un secondo tempo verrano eseguiti esperimenti di PCR da singolo neurone semi-quantitativi e quantitativi per analizzare meglio le differenze tra i tre campioni di controllo, SOD1 e G93A, e l’analisi verrà allargata ad altre popolazioni neuronali. In un modello di FALS creato transfettando una linea cellulare di neuroblastoma, la SH-SY5Y, con plasmidi che determinano l’espressione costitutiva dalla SOD1 umana nella sua forma non mutata e mutata (G93A) è stata vista una notevole riduzione nella ampiezza delle correnti dei canali Na+ voltaggio-dipendentie uno shift dello stady-state della curva di inattivazione delle correnti del Na+ verso valori positivi. Alla luce di questi dati verrà fatta una dettagliata analisi molecolare dei canali ionici espressi nelle colture neuronali ottenute da topi controllo, G93A e SOD1, correlata ai dati elettrofisiologici. L’analisi molecolare, a livello di singola cellula, fatta in collaborazione con l’U.R. 1 verrà anche ampliata allo studio della espressione genica, in toto, della cellula con lo scopo di individuare geni non espressi o espressi in modo differenziato nei diversi campioni di controllo, SOD1 e G93A. Una delle caratteristiche di patologie come la SLA è la specifica degenerazione di determinati gruppi cellulari, per esempio i motoneuroni spinali, senza che altre cellule neuronali vengano colpite dalla malattia. Uno dei compiti dell’unità di ricerca, e del progetto tutto, è l’individuazione di specifici fattori che possano spiegare questa selettività della malattia. L’unità inoltre inizierà l’analisi molecolare di altre aree cerebrali possibilmente alterate dalla over-espressione della SOD umana non mutata e mutata, anche in seguito a suggerimenti sperimentali delle altre unità, per esempio l’unità di comportamento 2. I dati comportamentali possono individuare aree cerebrali, diverse da quelle normalmente interessate dalla SLA, che possono venire alterate dalla over-espressione della SOD1 wild type e della SOD1 mutata, questi dati potranno essere correlati da una analisi molecolare dei tessuti cerebrali di quegli animali, per esempio, precedentemente analizzati nel comportamento.
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VALIDAZIONE DI UN PROTOCOLLO DI IMAGING MORFOLOGICO E METABOLICO CLINICAMENTE APPLICABILE PER LA DIAGNOSI PRECOCE, LA PROGNOSI E IL FOLLOW-UP DELLE MALATTIE NEURODEGENERATIVE MARIO SAVOIARDO IRCCS Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta U.O. 3: UMBERTO SABATINI IRCCS S. Lucia
MOTIVAZIONI E OBIETTIVO FINALE Lo scopo di questo lavoro è identificare gli indici quantitativi misurabili con le tecniche innovative di Risonanza Magnetica (RM) in grado di contribuire alla formulazione di una diagnosi precoce e di seguire con dati obiettivi l’evoluzione della malattia e di conseguenza l’efficacia di eventuali nuove terapie. L’impatto diagnostico di questi indici verrà confrontato con i dati della RM convenzionale e integrato con le informazioni cliniche e genetiche. L’obiettivo del presente progetto consiste nell’applicare le seguenti tecniche innovative di RM: 1) tecniche volumetriche (voxel based morphometry-VBM e structural image evaluation using normalization of atrophy-SIENA); 2) tecniche di diffusione (diffusion tensor imaging-DTI); 3) spettroscopia del protone; 4) RM funzionale (fMRI) con tecnica BOLD. Saranno esaminati in totale almeno 190 pazienti così suddivisi: 1) pazienti con disturbi del movimento: parkinsonismi (MSA e PSP), malattia di Parkinson (MP), corea di Huntington, eredoatassie e distonie (100 pazienti); 2) pazienti con disturbi cognitivi: “mild cognitive impairment” (MCI), malattia di Alzheimer (AD) e demenza fronte-temporale (FTD) (90 pazienti). Ciascuna Unità Operativa acquisirà inoltre un numero adeguato di controlli sani e di patologie che rientrano nella diagnosi differenziale (es. MP versus parkinsonismi) (circa 70 soggetti). L’obiettivo finale sarà elaborare un protocollo integrato, correlato con i dati clinici, biochimici e genetici, che comprenderà le tecniche avanzate che avranno dimostrato la maggior sensibilità e specificità nello studio della patologia neurodegenerativa.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali 1) Confronto tra risultati ottenuti con le diverse metodiche nelle varie patologie in esame rispetto ai soggetti di controllo. 2) Confronto tra i risultati ottenuti e gli indici clinici. 3) Verifica della significatività e specificità delle varie metodiche impiegate. 4) Analisi e confronto dei dati ottenuti da tutte le strutture afferenti al progetto.
OBIETTIVI INTERMEDI Verificare l’attendibilità e la riproducibilità dei dati e l’efficienza dell’interscambio di questi per un post-processing incrociato nei soggetti di controllo e in un numero iniziale dei pazienti affetti dalle varie patologie in esame. 2004
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Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi - Verifica della qualità degli esami acquisiti con ciascuna metodica di imaging avanzato. - Verifica della riproducibilità dei risultati e dell’equipollenza dei metodi di post-elaborazione dei dati tra le varie U.O. - Verifica del numero di esami eseguiti in pazienti e soggetti di controllo. - Indicazione preliminare degli indici più significativi per la diagnosi precoce e per il monitoraggio dell’evoluzione nelle varie malattie. - Valutazione preliminare delle sinergie tra i vari progetti.
METODOLOGIA WP 1: RM convenzionale (MRI) - Sequenza SE TI sagittale, 4mm. - Sequenza assiale SE doppio eco DP e T2, 5mm di spessore, gap 0,5mm. - Sequenza fluid attenuated inversion recovery (FLAIR) coronale, 5mm di spessore, gap 0,5mm. WP 2: Voxel-based morphometry Sequenza volumetrica 3D MPR (TR= 9.7 ms, TE= 4 ms, Flip angle 12°, spessore effettivo 1 mm). Metodi di analisi: VBM e “Structural Image Evaluation using Normalisation of Atrophy for cross-sectional measurement” (SIENA X). WP 3: Sequenza di diffusione Sequenza DTI: Pulsed-gradient spin-echo EPI single-shot: TR 3500 ms, TE=85 ms, max b = circa 1000 s/mm2 (max gradiente impiegato=40 mT/m), pesata in diffusione in 6 direzioni, non colineari. Numero di fette minimo=18, slice thickness=4 mm. Metodi di analisi: l’analisi dei dati spettroscopici verrà eseguita con software proprietario delle ditte fornitrici delle apparecchiature RM e con una suite di software sviluppata presso il Kennedy Krieger Institute (KKI) di Baltimora, USA. La suite comprende una parte per il calcolo della diagonalizzazione del tensore e la generazione di mappe di anisotropia color-map. WP 4: Spettroscopia RM 1) Tecnica localizzata con sequenza PRESS multivoxel: TR/TE=1.500/272 ms; spessore di sezione=15 mm; matrice di 32x32 (16x16); soppressione dell’acqua con metodo CHESS. 2) Tecnica localizzata con sequenza PRESS o STEAM a voxel singolo: TR=1500 ms, TE=30/136/272 ms, VOI=20x20x20 mm3 circa; soppressione dell’acqua con metodo CHESS.
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Protocollo di imaging morfologico e metabolico delle malattie neurodegenerative
3) Tecnica non localizzata (Whole Brain Spectroscopy); soppressione dell’acqua mediante impulso CHESS seguito da un impulso 1331. TR= 10s. La sequenza è costituita da un unico impulso a 90° per annullare l’effetto di pesatura T2; un TI di circa 0.9 s viene usato per la soppressione del grasso; una sequenza per la misurazione dell’NAA con TR=10000 s, 8 acquisizioni della durata di 2.5 minuti. Metodi di analisi: l’analisi dei dati spettroscopici verrà eseguita con software proprietario delle ditte fornitrici delle apparecchiature RM e con una suite di software sviluppata presso il Kennedy Krieger Institute (KKI) di Baltimora, USA. La suite comprende un software per la manipolazione di immagini morfologiche e uno per l’analisi e l’elaborazione numerica dei dati di spettroscopia. WP 5: functional MRI Sequenze EPI single-shot ottimizzate per la misura BOLD (40 slices, spessore 2.5 mm, gap 0.5 mm, pixel-size 3 mm); paradigma di attivazione motoria caratterizzato dall’esecuzione di un movimento di semplice flessoestensione del dito indice in risposta ad uno stimolo ritmico acustico e/o visivo. Metodi di analisi: L’analisi dei dati ottenuti sarà effettuata mediante SPM99 e SPM2, per ogni singolo soggetto, in ciascun gruppo ed infine sarà effettuato uno studio comparativo tra i due gruppi.
ELENCO DELLE UNITÀ OPERATIVE U.O. 1 - Unità Operativa di Neuroradiologia, IRCCS Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta, Milano – Responsabile: dr. Mario Savoiardo U.O. 2 - Servizio di Neuroradiologia, Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele, Milano – Responsabile: dr. Andrea Falini U.O. 3 - Radiodiagnostica, Laboratorio di Neuroimmagini Funzionali, Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma – Responsabile: dr. Umberto Sabatini U.O. 4 - U.O. di Neuroradiologia, IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, San Giovanni Rotondo – Responsabile: dr. Tommaso Scarabino Si allega il programma dettagliato della Unità Operativa 3 facente capo alla Fondazione Santa Lucia IRCCS.
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U.O. 3 – Diagnostica per immagini Umberto Sabatini OBIETTIVO FINALE DEL CONTRIBUTO Questa U.O. ha il principale obiettivo di evidenziare, mediante tecniche di neuroimaging, le modificazioni funzionali dell’attività delle aree corticali e dei nuclei sotto-corticali, implicati nel circuito motorio, che accompagnano la progressiva degenerazione neuronale della malattia di Parkinson idiopatica, in fase precoce. Tali modificazioni dovranno essere correlate alla valutazione di due principali fenomeni presenti in questa patologia: - il grado di depositi ferrosi a livello dei gangli della base e della pars compacta della sostanza nera; - la densità e l’orientamento delle fibre assono-dendritiche appartenenti al circuito motorio in esame. I dati ottenuti dovrebbero permettere una più completa valutazione morfo-funzionale della patologia in esame in grado di fornire nuovi indici predittivi di prognosi della malattia.
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati finali Questi saranno rappresentati dal numero di pazienti, portatori della malattia di Parkinson, e da un gruppo di controllo, entrambi sottoposti allo studio di neuroimaging, dalla qualità delle immagini acquisite, dalla identificazione di una significativa correlazione (diretta o inversa) tra parametri funzionali, indici quantitativi dei depositi ferrosi, densità ed orientamento delle fibre assono-dendritiche e parametri clinici, questi ultimi ottenuti mediante specifiche scale di valutazione dello stato neurologico e cognitivo.
OBIETTIVI INTERMEDI PREVISTI Saranno rappresentati dalla selezione ed inclusione nel protocollo di studio di un gruppo predefinito di pazienti parkinsoniani e gruppo di controllo di volontari sani, dalla valutazione clinica, dall’acquisizione dei dati (RM funzionale, mappe quantitative in T2*, diffusione tensoriale) in un numero congruo di pazienti, dalla definizione del sistema di analisi dei dati (trasferimento dei dati grezzi su stazioni di lavoro dedicate, software per elaborazione dei dati nel singolo soggetto, analisi di gruppo).
Criteri e indicatori per la verifica dei risultati intermedi Si baserà su di un congruo numero di pazienti e volontari sani inclusi, sui risultati ottenuti nel gruppo di soggetti normali (n=10 per gruppo) studiati
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con il protocollo definito e sulla creazione di mappe funzionali, quantificazione dei depositi ferrosi, quantificazione della densità delle fibre e loro orientamento, sulla valutazione clinica e quantificazione mediante scale nel gruppo dei pazienti parkinsoniani.
METODOLOGIA Lo studio di neuroimaging sarà realizzato mediante apparecchiature RM a 1.5 T (Magnetom Vision, Siemens, 20 mT/m, slew rate 125 T/m/s), e 3 T (Allegra, Siemens, 40 mT/m, slew rate 400 T/m/s). Il protocollo di ricerca include uno studio RM convenzionale e morfo-funzionale. Quest’ultimo sarà rappresentato da: - studio fMRI con sequenze ecoplanare single shot ottimizzate per la misura BOLD (40 slices, spessore 2.5 mm, gap 0.5 mm, pixel-size 3 mm); - sequenze per generare mappe quantitative in T2* multi-eco EPI single shot (ad 1.5 T, TE=23, 66, 105, 145 ms, da 36 a 48 slices, spessore 2.5 mm, gap 0.5 mm, pixel-size 3 mm); - sequenze DTI ecoplanari single shot con misure ripetute (ciascuna con diverso valore di b, 40 slices, spessore 2.5 mm, gap 0.5 mm, pixel-size 2 mm), volumetria 3D ad alta definizione, multiplanar rapid acquisition gradient-echo, MPRAGE (risoluzione isotropica 1mm). L’analisi dei dati ottenuti sarà effettuata mediante SPM99 e SPM2, per ogni singolo soggetto, in ciascun gruppo ed infine sarà effettuato uno studio comparativo tra i due gruppi. Il calcolo volumetrico sarà ottenuto a partire da un singolo volume cerebrale (MPRAGE) per soggetto e realizzato in maniera automatica tramite SPM2. Questa analisi permetterà di ottenere informazioni relative alla densità tissutale della materia grigia. Inoltre, le mappe quantitative cerebrali in T2* verranno sottoposte a segmentazione in regioni di interesse allo scopo di quantificare i depositi di ferro. La densità e l’orientamento delle fibre assonali appartenenti al circuito motorio in esame saranno valutati utilizzando tecniche di diffusione, mediante estrapolazioni degli indici di diffusività media ed anisotropia. La diffusione anisotropica sarà effettuata mediante l’uso di regioni d’interesse. I dati morfo-funzionali ottenuti nel gruppo dei pazienti saranno correlati ad i dati clinici quantificati mediante le scale di valutazione.
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VALUTAZIONE DELLA RIORGANIZZAZIONE PLASTICA DELLE AREE SENSORI-MOTORIE CONSEGUENTI AD INTERVENTI DI RIPRISTINO ANATOMICO E FUNZIONALE IN PAZIENTI CON LESIONI PERIFERICHE DANIELA PERANI Università Vita e Salute San Raffaele U.O. 2 - LUIGI PIZZAMIGLIO Università di Roma La Sapienza - IRCCS S. Lucia
OBIETTIVO FINALE Si vogliono indagare con tecniche di neuroimmagine funzionale (PET e fMRI) le alterazioni funzionali cerebrali indotte da lesioni periferiche e da patologia degenerativa (Malattia di Parkinson) e le modificazioni plastiche in particolare dei sistemi sensorimotori a seguito di interventi di ripristino anatomico e funzionale. In particolare saranno valutati i seguenti modelli lesionali: - Pazienti con amputazione traumatica della mano, in fase cronica, prima e dopo intervento chirurgico di allotrapianto di mano, con follow-up fino a completo ripristino dell’uso della mano trapiantata. - Pazienti con sindrome del tunnel carpale prima e dopo intervento chirurgico. Si vuole indagare in vivo come gli interventi di re-innervazione periferica siano in grado di modificare la situazione funzionale delle mappe sensori-motorie. In questa ricerca lo studio di questi unici modelli umani lesionali periferici consentirà una valutazione in vivo della plasticità del sistema nervoso centrale. - Pazienti con malattia di Parkinson grave e generalizzata prima e dopo impianto per la stimolazione cerebrale profonda. Nella malattia di Parkinson, alterazioni cognitive possono affiancarsi ai deficit motori. La riduzione nella sintesi di dopamina, a livello dei terminali dopaminergici, causa un disequilibrio fra i diversi neurotrasmettitori nei circuiti connessi al sistema nigro-striatale. In questa ricerca, studi PET di neurotrasmissione per la valutazione del sistema dopaminergico e gabaergico saranno utilizzati in pazienti con PD prima e dopo DBS e messi in relazione alle modificazioni cliniche e cognitive. È possibile che tecniche di stimolazione sottocorticale possano indurre profondi cambiamenti anche nella attività mentale e cognitiva e che questi siano correlati al ripristino della attività funzionale di sistemi ad essi preposti, misurabili con tecniche di neuroimmagine.
UNITÀ OPERATIVE COINVOLTE U.O. 1 - Università Vita e Salute San Raffaele, Milano - Coordinatore: prof.ssa Daniela Perani U.O. 2 - Fondazione Santa Lucia IRCCS, Roma - Responsabile: prof. Luigi Pizzamiglio U.O. 3 - Fatebenefratelli Isola Tiberina, Roma - Responsabile: prof. Paolo M. Rossini U.O. 4 - IRCCS Fondazione Stella Maris, Pisa - Responsabile: prof. Giovanni Cioni Si allega il programma dettagliato della Unità operativa 2 facente capo alla Fondazione Santa Lucia IRCCS.
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U.O. 2 - Fondazione Santa Lucia IRCCS Luigi Pizzamiglio OBIETTIVO FINALE Numerosi esperimenti hanno mostrato come, anche in individui adulti di specie animali, denervazioni periferiche diverse producano una notevole riorganizzazione delle rappresentazioni somatosensoriali (Merzenich M.M. et al. (1983a) Neuroscience 8: 33-55; (1983b) Neuroscience 10: 639-665) e retinotopiche (Kaas, J.H. et al. (1990) Science 229-231; Gilbert C.D. and Wiesel T.N. (1992) Nature 356:150-152). Fenomeni di riorganizzazione funzionale somatosensoriale sono stati descritti anche nell’uomo (Ramachandran V.S. et al. (1992) Science 258: 1159-1160; Rorich S. et al. (1999) Neurology 53: 106-111). Un soggetto con amputazione del braccio, nel periodo post-operatorio, mostrava una precisa rappresentazione somatotopica della mano sulla cute della faccia omolaterale alla amputazione (Ramachandran V.S. et al. (1992) Science 258: 1159-1160): paziente toccato in una data area della faccia aveva la sensazione di essere toccato su un dato punto della mano “fantasma”. La corrispondenza tra diverse dita o parti della mano ed aree facciali era precisa e stabile nel tempo. Risultati simili sono descritti in amputati degli arti inferiori e in donne mastectomizzate (Aglioti S. et al. (1994a) Proc R Soc Lond B 255: 273-278; (1994b) Neuroreport 5: 473-476) e modificazioni delle rappresentazioni corticali in amputati dell’arto superiore sono state dimostrate utilizzando stimolazioni magnetiche transcraniche (Cohen L.G. et al. (1991) Brain 114: 625-627) e magnetoencefalografia (Flor H. et al. (1995) Nature 375: 482-484). Giroux e coll. (Giroux P. et al. (2001) Nature Neuroscience 4(7): 691-692) hanno mostrato che tali riorganizzazioni possono avvenire anche dopo un ripristino di una connessione tra periferia e corteccia. In seguito ad un’amputazione bilaterale delle mani si osservava una riorganizzazione delle rappresentazioni delle mani nell’area motoria (MI); tuttavia, dopo il trapianto di entrambe le mani si osservava una nuova riorganizzazione corticale, e le mani risultavano di nuovo rappresentate nell’area corticale corrispondente a quella registrata in soggetti normali. Si può quindi osservare una riorganizzazione strutturale, accompagnata da mutamenti prestazionali, nella corteccia sensoriale e motoria di mammiferi adulti: i cambiamenti strutturali meglio documentati si verificano a livello delle connessioni intracorticali e delle aree funzionalmente collegate a quelle lese o deafferentate (Basso A. and Pizzamiglio L. (2000) In: Denes G. and Pizzamiglio L. “Handbook of clinical and experimental neuropsychology”. Psychology Press, London). Il cambiamento nelle riorganizzazioni funzionali è stato finora studiato in soggetti con deprivazioni sensoriali periferiche, ma riguardo alla plasticità
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cerebrale di individui adulti, un problema particolare, mai studiato in precedenza, è rappresentato dalla riorganizzazione in soggetti con sistema neurofisiologico indenne che subiscano modificazioni delle dimensioni di segmenti corporei, che non coinvolgono amputazioni o trapianti.
METODOLOGIA Nella presente ricerca saranno studiati soggetti sottoposti ad allungamento progressivo degli arti inferiori ottenuto mediante la tecnica chirurgica Lizarof. In seguito all’intervento ci attendiamo di osservare sia cambiamenti psicofisici, consistenti in una modificazione della percezione corporea e della rappresentazione “egocentrica” del corpo, che cambiamenti plastici delle rappresentazioni corticali, a livello delle aree somatosensoriali e a livello dei sistemi di integrazione delle diverse informazioni corporee. È ragionevole attendersi che le sensibilità tattile e discriminativa del tratto di arto oggetto d’allungamento mostrino variazioni progressive in misure effettuate prima, durante e al termine dell’allungamento. Verranno anche valutate eventuali variazioni nella precisione della percezione della lunghezza dei propri arti e delle proprie “barriere corporee”. Si ipotizza che l’insieme di queste capacità di integrare informazioni somatosensoriali per costruire una corretta rappresentazione corporea si modifichi nel corso del lungo periodo durante il quale avvengono macroscopici cambiamenti nelle dimensioni di un segmento corporeo. A livello delle rappresentazioni corticali, si ipotizza un ampiamento delle aree somatosensoriali corrispondenti, evidenziato dal confronto delle aree attivate da stimolazioni tattili del segmento corporeo oggetto di studio in due esami di Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI), eseguiti prima e dopo il trattamento chirurgico. Verranno anche confrontate le attivazioni alla fRMI, prima e dopo l’intervento, in aree corticali che elaborano la rappresentazione spaziale corporea integrandola con quella extracorporea, tramite compiti nei quali si chiede di valutare la posizione di stimoli visivi rispetto al proprio corpo (attivazioni “egocentriche”) o rispetto a stimoli esterni (attivazione “allocentrica”). L’insieme di questi dati offrirà un approfondimento dei meccanismi di plasticità corticale mai studiato prima d’ora in soggetti con uno sviluppo neurofisiologico normale e senza amputazioni di parti corporee. Si otterranno inoltre informazioni rilevanti sui correlati corticali di un processo di apprendimento e riorganizzazione dell’uso di arti dimensionalmente modificati. Un altro aspetto dello studio tratterà le modificazioni plastiche indotte dal recupero di deficit cognitivi conseguenti lesioni cerebrali. Diversi studi di neuroimmagine condotti negli ultimi 15 anni hanno dimostrato che il recupero funzionale di deficit cognitivi, quali l’afasia (conseguente lesioni cerebrali sinistre) e l’eminattenzione (conseguente lesioni cerebrali destre), si accompagna a modificazioni plastiche, che in alcuni studi risultano a carico di aree circostanti la lesione, o comunque ipsilaterali alla lesione, ed in altri 2004
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a carico di aree dell’emisfero controlaterale, omologhe a quelle lese. Sebbene le limitazioni tecnico-metodologiche di questi studi non permettano di trarre conclusioni certe, sembra esservi un’ampia variabilità individuale nei meccanismi di recupero, che merita di essere studiata appropriatamente. La fRMI, data la sua elevata sensibilità spaziale e temporale, permette di evidenziare attivazioni cerebrali in singoli soggetti e non solo in gruppi di pazienti, consentendo lo studio di differenze individuali nei meccanismi di recupero. Ci proponiamo, quindi, di utilizzare questa tecnica per studiare i meccanismi neurali alla base del recupero da disturbi neuropsicologici come l’afasia e l’eminegligenza spaziale. Una prima fase dello studio sarà condotta su soggetti normali, per esaminare i meccanismi cerebrali alla base dei compiti linguistici e spaziali che saranno utilizzati nei pazienti, con particolare enfasi sulla variabilità interindividuale. Infatti, è possibile che la variabilità nell’entità del recupero funzionale, e nelle strutture cerebrali che lo mediano, sia almeno parzialmente dovuta ad una variabilità funzionale preesistente al danno cerebrale. Ad esempio, è stato proposto che la variabilità nella rapidità e nell’entità del recupero funzionale dipenda dalle competenze linguistiche preesistenti dell’emisfero destro: pazienti con un emisfero destro linguisticamente più competente, a parità di lesione, presenterebbero afasia meno grave e recupererebbero più velocemente, essendo il recupero mediato dall’emisfero destro. Successivamente, saranno studiati singoli pazienti afasici o eminegligenti selezionati per tipo di lesione e gravità del deficit. I pazienti saranno sottoposti a fRMI in varie fasi del recupero funzionale, studiando le attivazioni cerebrali nei diversi compiti selezionati nella prima fase. Il pattern di attivazioni cerebrali verrà correlato con le prestazioni raggiunte nei compiti, in modo da evidenziare relazioni sistematiche tra aumento o diminuzione di attività in determinate regioni e miglioramento o peggioramento della prestazione in un compito. Solamente le aree il cui grado di attività è correlato al livello prestazionale verranno considerate come legate al recupero funzionale. L’individuazione delle aree attive in pazienti con livelli diversi di recupero permetterà di chiarire le modalità con cui avviene la riorganizzazione plastica e le basi neurali dei processi di recupero funzionale.
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Finito di stampare per i tipi della Tipografia Artistica Editrice di L. Nardini, nel mese di luglio 2005