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magazine SAPER VIVERE LA CITTÀ
IUPPITER EDIZIONI
anno V n.3/4 marzo aprile 2010
CAPOLINEA
1 SOM MARIO
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010 pag. 2
SOS CITY EDITORIALI di Massimiliano De Francesco e di Marco Mansueto
pag. 3
COVER LA VALIGIA DELL RATTOPARDO di Massimiliano De Francesco
pag. 4
PRIMO PIANO FORUM DELLE COTTURE di Oscar Medina
pag. 6
QUARTIERISSIME IL GIALLO DEI GRADONI di Alvaro Mirabelli
pag. 8
QUARTIERISSIME FUORI CONTROLLO di Adriano Padula
pag. 11
POLITICA INSORGENTI E MERIDIONALI di Nicola Sellitti
pag. 12
QUARTIERISSIME NEWS
pag. 14
QUARTIERISSIME SGUARDI LONTANI / IL MORSO DELLA TARANTA
pag. 15
pag. I
LE PORTE APERTE
pag. II
SPIRAGLI BMT, LA PROVINCIA E LO STAND DELLE ECCELLENZE PORTA D’INGRESSO GIAN MARCO TOGNAZZI: CHE NOIA IL CINEMA DI MODA! di Laura Cocozza
pag. III
PORTA DEL GOL CHIAMATECI “PATUTE” di Rita Giuseppone
pag. IX pag. XIII
PORTA MAGICA CIMMINO: LAVORATE UN’ORA PIÙ DEGLI ALTRI di Laura Cocozza IM-PORTA IL GRANDE ORECCHIO di Alberto Capuano PORTA SEGRETA L’UOMO E L’ABISSO di Alvaro Mirabelli
pag. XVII pag. XXI
PORTA SUL RÈTRO I GIGANTI RITROVATI di Alvaro Mirabelli
pag. XXVI
IL MUSEO DI S.LORENZO MAGGIORE di Oscar Medina
pag. XXVIII
LE MERAVIGLIE DEL MUSEO CONTADINO di Luca Saulino
pag. XXIX
BONELLI L’AUDACE Rita Giuseppone
pag. XXX
Saper Vivere SAPER VIVERE ARTE STARNONE, IL “VOYEUR” DELL’ARTE di Valeria Puntuale
pag. 17
SAPER VIVERE ARTE PRIMAVERA DELLA CREATIVITÀ di Valeria Puntuale
pag. 20
SAPER VIVERE LIBRI BRAGA, MAESTRO GENTILUOMO di Aurora Cacopardo
pag. 22
SAPER VIVERE LIBRI SHOAH NAPOLETANA NELLE STORIE DI PIROZZI di Aldo De Francesco
pag. 24
SAPER VIVERE ZONA BENESSERE IL JET PERSONALE DI MADONNA di Antonella Salvati
pag. 26
SAPER VIVERE LAPILLI QUEL GENIO DEL MAESTRO CANESSA di Massimo Lo Iacono
pag. 28
FERRAGAMO’S CREATIONS di Laura Cocozza
pag. 30
EXIT
pag. 32
2 SOS CITY
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
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Galleria Vittoria, l’incuria che può uccidere
Gentile direttore, ho letto recentemente che due dirigenti del Comune saranno processati per la morte di Franco Nico, figura simbolo della cultura e dello spettacolo a Napoli, un uomo che ricordo con lo stesso affetto contenuto nelle pagine di Chiaia Magazine a lui dedicate, dopo la tragedia della sua scomparsa. Una morte che poteva essere evitata, secondo il Pubblico Ministero. E allora mi chiedo perché non la si è evitata e si continua a non evitare il pericolo di incidenti, mortali e non, al quale ci esponiamo percorrendo tutti i giorni le strade della nostra amata città? E ancora, a che servono le campagne per la sicurezza, per favorire l’uso del casco tra i giovani se nemmeno questo è in grado di salvare la vita di chi incappa nella buca sbagliata? Ora, come in quel tragico novembre 2008, la galleria Vittoria versa ancora in condizioni penose, sia di viabilità che d’illuminazione, ma è possibile che si ricorra alla sentenza di un tribunale penale per rendersene conto? Purtroppo è sotto gli occhi di tutti la vergognosa assenza di manutenzione delle strade di Napoli: Posillipo, il Vomero, Fuorigrotta, via Marina e tutte le strade di grande percorrenza del centro sembrano campi minati. Ma è possibile che con tutti i soldi che si andranno a spendere per eventi come il Maggio dei Monumenti, ad esempio, non ci siano fondi per riparare le strade principali, o almeno, tamponare i danni in quelle più pericolose? Quale immagine diamo della nostra città ai turisti che ne verranno a visitare le bellezze? Ma soprattutto, quante persone devono ancora soffrire per questa indegna mancanza? Giovanna Russo anno V n.3/4 marzo aprile 2010 DIRETTORE RESPONSABILE Massimiliano De Francesco RESPONSABILE SAPER VIVERE Laura Cocozza PROGETTO E REALIZZAZIONE GRAFICA Ferdinando Polverino De Laureto REDAZIONE Iuppiter Group Via dei Mille, 59 - 80121 Napoli Tel. 081 19361500 Fax 081 2140666
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Posta in arrivo Spett.le redazione, scrivo in rappresentanza dei residenti di via B. Cavallino per segnalare le mancate opere di bonifica e disinfestazione, ripristino manto stradale, sistemazione dei marciapiedi e potatura degli alberi (che non avviene da ben 3 anni). Per tutelare la sicurezza e le condizioni igienico-sanitarie dei cittadini, abbiamo inviato la nostra petizione all’assessore all’Ambiente del Comune e alla V Municipalità Arenella-Vomero sollecitando questi interventi, soprattutto la potatura degli alberi in quanto la loro ramificazione incontrollata riduce la visibilità in strada, già scarsa, favorendo gli episodi di microcriminalità e la proliferazione di insetti. Giovanni Cotarelli
Gentile Direttore, da oltre un anno, a causa dei lavori della metropolitana, il mio negozio di intimo Yamamay sito in via Chiaia subisce rilevanti danni a causa di infiltrazioni causate dagli interventi di scavo. Le segnalazioni della Municipalità non hanno sortito nessun esito, così come le azioni legali da me intraprese e le perizie del Ctu e del Ctp. Per nove mesi il negozio è rimasto chiuso in attesa che Comune, Enel, Municipalità e Metropolitana di Napoli prendessero iniziative atte a restituire la funzionalità del locale. Nel frattempo a mie spese ho dovuto far impermeabilizzare un appartamento sovrastante (di proprietà del Comune di Napoli) per impedire lo stillicidio nel negozio. Recentemente, e sempre a mie spese, il negozio è stato nuovamente ristrutturato ma, sempre a causa dei lavori, si è verificata una copiosa infiltrazione che ne ha pregiudicato nuovamente l’agibilità. Da questa attività dipendono 6 famiglie che hanno già sperimentato la perdita del posto di lavoro per 9 mesi, a causa dell’arroganza di strutture di potere che si sono dimostrate insensibili di fronte alle problematiche evidenziate. Per questo motivo chiedo a Comune, Ansaldo e Municipalità un intervento urgente, visto che neppure la giustizia ordinaria è stata in grado di riparare i torti subiti.
Via B. Cavallino, petizione contro il degrado
P
piazza deimartiri
Ida Buglione
Via Chiaia, lavori metro danneggiano Yamamay
di Nino De Nicola* da sforzi individuali priarte dal cuore imprenvati che spesso non baditoriale di Chiaia una PEEPUL E I PULMINI stano a sostenere l’onere novità che mi auguro DELLA SOLIDARIETÀ economico dell’attività di si diffonda anche in altre volontariato. È stato così realtà produttive della che Ileana Lepre ci ha procittà. Le «Nuove Botteghe posto di appoggiare dei Mille», infatti, inaugul’azione della onlus. rano un nuovo capitolo Come? Con un contributo della propria politica sul in cambio del quale le territorio: cioè l’impegno aziende delle «Nuove Botsolidale con i deboli e gli teghe dei Mille» potranno svantaggiati, partendo pubblicizzarsi, esponendo dall’assunto che l’interesse il proprio logo sulle fiandi impresa può e deve cate del pulmino utilizzato conciliarsi con l’attenzione da «Peepul» per le sue atal sociale. Lo spunto di tività di sostegno ai disaquesta scelta nasce dalbili. Idea di grande l’invito rivolto al nostro sodalizio da Ileana Lepre, presidente di dignità solidale quella di Ileana Lepre che «Associazione Peepul», onlus benemerita de- consentirà, ad esempio, a persone inabili di dicata ai portatori di handicap e che ha sede godere di maggiore assistenza o di potersi in via Carlo Poerio. «Peepul» nasce appunto concedere anche una semplice gita al mare.
3 EDITO RIALI
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
di Massimiliano De Francesco
di Marco Mansueto
Lasciateci divertire. Rigorosamente senza insulti perché non siamo De Luca. Come Alice nel Paese delle Meraviglie, prima di fare colazione pensiamo a cose impossibili. Per anni, tra gli impossibili avvenimenti ce
Dopo la giornata storica del 29 marzo 2010, che ha sancito la fine dello sciagurato “passo dopo passo” bassoliniano, il neogovernatore della Campania Stefano Caldoro dovrà, con urgenza e lungimiranza, inaugurare la politica del “cambio di passo”. Potrà farlo, malgrado le eredità pesanti lasciategli dal centrosinistra (tra tutte il buco nero della Sanità), puntando su tre azioni necessarie: patto per il lavoro attraverso una decisa sinergia con il governo nazionale, in cui siano previsti moderna formazione dei giovani, incentivi alle piccole e medie imprese, uso virtuoso dei fondi europei; rafforzamento di un’alleanza con le Province che, se si esclude quella di Benevento, sono dello stesso “colore” della nuova Regione; piano di rilancio produttivo per Napoli e i suoi territori, in cui oltre al sostegno ai settori dell’alta tradizione artigianale partenopea, includa risorse e
LA VALIGIA DEL RATTOPARDO n’era uno che si ripresentava con indolenti incursioni prima del cappuccino: lo sfratto da palazzo Santa Lucia di Antonio Bassolinismo. Fu tale la voracità di potere dell’uomo e la capacità di svilire ogni punto di vista diverso dal suo, che il suo cognome, in breve tempo, si tramutò in tirannide. Classe 1947, capelli dalle tinte variabili, espressivo come un termovalorizzatore, sorriso da ex ciminiera, arroganza nobilitata da un raro sarcasmo, dialettica incerta e urlante, il comunista venuto da Afragola ha saputo, tra fortune e spregiudicatezze, per dirla alla Mazzarino, “governarsi secondo le congiunture”. Non è nostra intenzione ripercorrerne il quasi ventennio di dominio, ma qualche congiuntura a suo favore va accennata: competitori inconsistenti (se si esclude la focosa Mussolini), scelti per contrastarne l’ascesa da un centrodestra svuotato di futuro; un Berlusconi per amico che ne ha favorito l’inizio da sindaco (1994, G7 a Napoli: città splendente, il mondo a piazza del Plebiscito, piennoli di denari per lucidare monumenti e strade) e il “durante” da governatore della “monnezza” (2004, Bassolino lascia il commissariamento straordinario dei rifiuti: il silenzio del Cavaliere sulla sua scriteriata gestione, agevola, un anno dopo, la vittoria alle Regionali contro lo sguarnito Bocchino); la possibilità di abbeverarsi ai pozzi dei fondi europei in un periodo in cui erano gioiosamente colmi continua a pag 4
Relegato nel lebbrosario della politica, negli ultimi tempi da regnante, Bassolino ha distribuito nomine come un topastro azzoppato che non vuole mollare il formaggio
CAMBIO DI PASSO progetti concreti per le quattro filiere strategiche del territorio: turismo e beni culturali, aeronautica ed aerospazio, agroalimentare ed economia del mare. Ognuna di queste azioni è strettamente legata a una imprescindibile condizione che determina il valore di un’amministrazione: la qualità della spesa. Una qualità, è bene ricordarlo, che è mancata con l’ex governatore di Afragola perché sostituita, con irresponsabile magia, da una quantità della spesa utile a foraggiare l’infinita rete clientelare tessuta in questi anni di “basso impero”. Non meravigliamoci, quindi, se il debito della Regione Campania è pari a 11, 4 miliardi di euro accertati, senza prendere in considerazione i debiti fuori bilancio e delle società miste il cui ammontare è ancora ignoto. Il passo nuovo e riformista del governa tore Caldoro sarà ostacolato da questo incredibile fardello del passato.
4 CO VER
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
di Massimiliano De Francesco
LA VALIGIA DEL continua da pag 3 (acqua “santa” se utilizzata con saggezza, servita però più ad innaffiare la malapianta del clientelismo che a produrre germogli di sviluppo); la facilità d’acquisto di una compiacente élite, trasversale e pavida, formidabile classe “digerente”, preoccupata così tanto dei rumori dello stomaco che, una volta messi a tacere grazie agli oboli del viceré, ha chiuso gli occhi e incappucciato le penne con allegro disincanto. L’inefficace contrasto a un leader, le cui fortune finirono quando i rifiuti invasero Napoli e la montagna delle ecoballe divenne star indiscussa, determinò la creazione di un mondo parallelo e perverso: la “Straregione delle faville”. In questo “sottomondo”, termine con cui gli strambi personaggi creati da Lewis Carroll chiamano il Paese delle Meraviglie, lo spreco divenne legge, la casta zittì ogni cappellaio matto, le
eurotorte saziarono vassalli e partecipate. Sterminata è la letteratura dello sperpero proveniente dal sottomondo, una goccia come esempio: si va dai 962.506 euro e 26 centesimi nel 2004 bruciati per le sole “spese di rappresentanza del presidente della giunta regionale” ai 700 consulenti chiamati nel 2008 per un costo di 30 milioni di euro; dai 5 milioni di euro spesi negli spot promozionali per il rilancio del turismo in cui compare la Piscina Mirabilis, opera grandiosa d’ingegneria romana, oggi praticamente inaccessibile ai turisti, agli 11 milioni elargiti, dall’ottobre 2008 all’agosto 2009, a Città della Scienza, luoghi cult della Straregione, da poco anche tempio di Bacco con l’arrivo dell’enoteca regionale (4milioni e mezzo di euro). Se in Alice nel Paese delle Meraviglie - storia di recente riproposta al cinema dal geniale Tim Burton - la
5 CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
MAGNANAPOLI, LA SPRECOPOLI DELL’EX GOVERNATORE Si dice che un buono scrittore debba essere innanzitutto un buon lettore. E visto che l’ex Governatore della regione Campania Antonio Bassolino sta raccogliendo le idee per scrivere un libro «su Napoli e l’Italia» gli consigliamo di leggerne prima un altro: «Magnanapoli. Clientele e sprechi di un potere sotto accusa» di Francesco D’Ercole, a cura di Mimmo Della Corte, corredato dalla vignette di Malatesta. Chissà se il grande promotore del decantato «Rinascimento napoletano» si stupirà leggendo che dal 2004 ad oggi l’occupazione in Campania è diminuita di 130mila unità e che il progetto I.so.la (Inserimento sociale attraverso il lavoro) ha bruciato 60 milioni di euro, creando meno di un centinaio di nuovi posti di lavoro, ognuno dei quali è costato alle nostre tasche 600mila euro. Ci chiediamo cosa penserà nel constatare di aver lasciato in eredità miliardi di debiti e che per questo i nostri figli sono destinati ad accollarsi sovrattasse fino al 2040. Non lo sappiamo, ma speriamo che abbia il tempo di rifletterci durante il lungo viaggio, zaino in spalla, attraverso il Tibet che ha recentemente annunciato. Ci auguriamo che nel suo zaino ci sia spazio almeno per un po’ di pentimento. (r.g.)
RATTOPARDO protagonista, dopo aver conquistato la fiducia dei buoni, libera il sottomondo dalla tirannia della Regina Rossa uccidendo il mostruoso drago Ciciarampa, nella Straregione delle faville e dei milioni fumati, il sovrano, certo di una sonora sconfitta, evita l’ultima battaglia, dandosi alla fuga preventiva, stimolato anche dalla maggioranza del suo partito che, ossessionata dall’escalation dei suoi disastri, lo tiene lontano dal palco di piazza del Plebiscito nell’ultimo comizio dello sceriffo di Salerno.Relegato nel lebbrosario della politica, negli ultimi tempi da regnante, Bassolino ha distribuito nomine come un topastro azzoppato che non vuole mollare il formaggio. Il suo futuro non è più da uomo ma da «rattopardo», nuova specie di animale politico che passa i giorni a rodersi di rabbia. Contro la malefica noia e in preda alla sindrome del santone ripudiato, fingendosi topo da
biblioteca, si darà alla scrittura, professando un nuovo meridionalismo e uno strategico antileghismo. Abituato a frequentare dispense altolocate e non certo scantinati di povericristi, ha pianificato una aristocratica sopravvivenza, sovvenzionata da soldi pubblici, con l’idea della fondazione Sudd, nata per “essere il luogo di partecipazione e di riflessione politico culturale sul Mezzogiorno e dei suoi rapporti con l’Italia, l’Europa e il mondo di oggi”. Dopo il verdetto delle urne, da esperto della toponomastica del potere, conoscendo umori ed appetiti della sua società di sudditi cresciuti a pane e totonno, il «rattopardo» non rinuncerà al sogno di una candidatura a sindaco della città dei topi. Intanto, mentre Santa Lucia è ormai lontana, una valigia di risentimenti e rinvii a giudizio gli appesantisce il cammino.
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A
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010 di Oscar Medina
America del Nord e del Sud, Spagna, Cina, Francia: Nicola Oddati, assessore comunale alla Cultura, campa con la valigia a portata di mano. Vola da un continente all’altro l’ambasciatore istituzionale della cultura partenopea. Trasferte a carico del Comune: e sembrerebbe un lusso per un municipio sull’orlo del crac. Alla sua immagine di giramondo, però, Oddati un senso lo ha dato. Perché se è vero che rischia l’impopolarità tipica dei politici che vanno all’estero a spese della
collettività, lui alla fine ha centrato il bersaglio: è stato infatti Oddati, nel 2007, a convincere il Comune di Barcellona a scegliere Napoli come organizzatrice del Forum Universale delle Culture 2013. E l’evento è di quelli che muovono soldi, investimenti, occupazione e turisti su scala industriale: una vetrina doc per la città e una manna per Bagnoli, quartiere epicentro della kermesse e candidato ad un massiccio risanamento entro il 2013. Grandi manovre. Incassato però il risultato, Comune e Regione in un primo momento si sono
Forum
delle Cotture inventati una macchina organizzativa monumentale: la Fondazione del Forum. Più terra terra, un carrozzone con 50 poltrone, almeno a dar retta al governo: 7 per il consiglio d’amministrazione, 21 per il Comitato Operativo, 16 per il Comitato Scientifico, 5 per il Collegio dei Revisori, e una per il Direttore Generale. Scenario costoso e ipertrofico
con un uomo solo al comando: l’assessore del Forum. Un «mostro» istituzionale finito subito nel tritacarne delle polemiche per deragliare poi sull’altolà del Governo. Spese pazze, infatti, secondo il metro di Palazzo Chigi cui spettava e spetta ancora nella vicenda un passaggio chiave, quello di conferire al Forum il riconoscimento di «grande
evento», investitura che apre il rubinetto dei finanziamenti. Quanto? A occhio e croce 1.200.000.000 euro: in gran parte quattrini pubblici. E così fra Roma e Napoli è calato il gelo. Poi, però, il terrore di perdere l’ombrello economico del governo ha indotto sindaca e governatore a sgonfiare la Fondazione.
7 CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010 Gli sviluppi. E così, a febbraio 2010, a furia di tagli, le poltrone sono scese a 21: 4 per il Cda (una per il rappresentante governativo), 11 per il Comitato Scientifico, 5 per il Collegio dei Revisori e una per il Direttore Generale. Mentre il Comitato Operativo è addirittura sparito. Sforbiciate gradite soprattutto dai due che contano nell’attribuzione di «grande evento» al Forum napoletano: Gianni Letta, braccio destro del premier, e Sandro Bondi, ministro per i
quando sindaca e governatore hanno designato Nicola Oddati presidente del Cda della Fondazione e con lui anche i due consiglieri: l’assessore regionale Gabriella Cundari e il professor Michele Scudiero, stimatissimo dalla Iervolino. L’incarico di direttore generale, infine, è toccato a Mario Bologna, portavoce storico di Bassolino. Tutta gente che starà in sella fino al 2013, a prescindere dalle fluttuazioni politiche dei prossimi 4 anni. In pratica un’ipoteca sul futuro del Forum, figlia di un’acrobazia politica plateale. E così Roma ha perso la pazienza del tutto: la sfiducia per gli amministratori napoletani è schizzata a mille e la qualifica di «grande evento» è evaporata di nuovo. Le prospettive. Dunque: stallo istituzionale. E se ne esce in un solo modo: il governo, che ha il coltello dalla parte del manico, adesso condiziona il rilascio della qualifica di «grande evento» all’invio di un commissario straordinario:
Beni Culturali. Subito dopo, però, un finale a sorpresa ha riacceso le ostilità. Nel Cda, ormai dimagrito a 3 posti (4 col fiduciario governativo), mancavano infatti i nomi: e con Bassolino a un passo dall’addio, riempire le caselle di vertice della Fondazione sarebbe toccato ad altri. Così è arrivata la raffica di nomine del 18 febbraio
in pratica un tutor di fiducia di Palazzo Chigi incaricato di controllare a vista il turbolento Forum napoletano. Che è come dire: un supervisore con l’ultima parola nella gestione delle scelte e dei fondi. Solo un’ipotesi? Tutt’altro. Anzi il più probabile dei finali. E molto dipenderà anche dal nuovo governatore Stefano Caldoro.
Oddati, l’assessore viaggiatore FORUM 2013. QUANTO CI COSTA? La preparazione del Forum 2013 durerà dal 2010 al 2012 incluso. 3 anni che costeranno cari. La Regione, però, sta aiutando il Comune di Napoli con un finanziamento di 45 milioni. La tranche per il 2010 è di circa 3.650.000 euro. E tra le voci di spesa di tutto: in primis la partecipazione della delegazione napoletana al Forum 2010, in programma a Valparaiso (Cile) che in autunno ospiterà la 3° edizione dell’evento. L’assessore Nicola Oddati è anche presidente della Fondazione Forum 2013, cioè il regista dell’edizione partenopea: incombenza che prevede per lui e per i partecipanti alla missione un corposo filotto di viaggi in Cile che culminerà, appunto il prossimo autunno, con la partecipazione della delegazione napoletana, assessore in testa, alla kermesse sudamericana. Oddati ha detto: «Ci saremo per un patto culturale tra le due città. Ci saremo con la nostra arte, cultura e gastronomia». Insomma una supercomitiva di artisti, di personalità, e, a dargli retta, pure di chef. Le previsioni di spesa? Trapelano già da un po’ sulla stampa cittadina. Ad esempio: quanto ci costerà la spedizione? 900mila euro, a quanto pare. Ma, a sfogliare le altre voci, l’inquietudine monta. Ad esempio: 200mila euro per le trasferte. Ma quante e quali? Ed è compresa anche quella di Valparaiso che già costa 900mila euro? E poi: 200mila euro per i rapporti internazionali. Con chi e perché? Altri dubbi sulle voci generiche: 100mila per spese generali e 200mila per la programmazione. Che sanno di faraonico. Infine il museo Pan, creatura prediletta di Oddati, destinata a contenitore di iniziative pro Forum: 600mila euro. Cifre in attesa di conferme e di giustificazioni dettagliate.
8 QUART IERISSIME
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
Recupero incerto per la storica via chiaiese Persi per ora i fondi della compagnia S. Paolo
ILGIALLODEIGRADONI G di Alvaro Mirabelli
Gradoni di Chiaia: per chi ci abita l’antico asse urbano, butterato dai fossi, inchiodato al ruolo di preferenziale della Malanapoli, è il simbolo della riqualificazione tradita di S. Ferdinando, la misura eloquente della inviolabilità dei Quartieri Spagnoli. Lo confermano due storie un po’ complicate. La prima riguarda la parte alta, lì dove i Gradoni cedono il passo a via S. Caterina da Siena: qui, al contrario dei Gradoni, la provvidenza è arrivata con un sofferto ma esemplare risanamento urbanistico fino a piazzetta Cariati. La riqualificazione, annunciata nel 2005 e decollata nel luglio 2007, è il frutto della collaborazione tra Comune di Napoli e la torinese Compagnia di San Paolo, da anni finanziatrice di recuperi urbanistici in Italia. Torino e Napoli, infatti, si son divisi la spesa: 700mila euro per uno. 1.400.000 in
totale. E adesso via S. Caterina da Siena è nuova di zecca. Tutto liscio, allora? No, perché un passo falso del Municipio ora rischia di fare guasti pesanti. Cosa è successo? Per capirlo 2 premesse. La prima. All’atto della Convenzione, stipulata nel 2005 tra Compagnia e Comune per il restauro di via S. Caterina da Siena, Franzo Grande Stevens, presidente della Compagnia, si dichiarò disponibile a sovvenzionare in futuro anche il 2° lotto dell’impresa, cioè i Gradoni di Chiaia: che così sono entrati in lista d’attesa. La seconda premessa è che la convenzione del 2005 prevedeva anche il restyling di piazza Bellini su cui Torino si impegnava con 300mila euro. E da qui parte la storia numero due, quella dei Gradoni di Chiaia. Per il loro recupero, infatti, è spuntata nel 2008 una chance inattesa: l’intervento in piazza Bellini è tramontato di colpo ma sul
piatto sono restati i 300mila euro. E così, il 12 marzo 2008, chi al Comune aveva competenza sulla vicenda, ha spedito alla Compagnia S. Paolo la richiesta di dirottare i fondi ex Bellini sui Gradoni di Chiaia. E il 2 maggio 2008 ecco la risposta della Compagnia, rivolta direttamente alla sindaca Iervolino: «Mandateci il “progetto aggiornato” e i nuovi costi dice Torino - ma presto, pena la revoca dei fondi». In pratica un sì. Ma il tempo passa e la «richiesta motivata» di storno non
Nuzzolo: «L’intervento si farà lo stesso»
parte. Il primo aprile 2009, però, insorge Alberto Boccalatte, assessore alla Manutenzione della Municipalità 1 che con una delibera, sottoscritta da tutta la giunta Chiosi, sollecita il Comune a spedire la documentazione. «La delibera - ricorda Boccalatte - era indirizzata per competenza al vicesindaco Sabatino Santangelo, assessore all’Urbanistica. Con la revoca in agguato, non c’era tempo da perdere. Ma l’invito è caduto nel vuoto ». E così calma piatta fino al 24 febbraio 2010 quando Boccalatte, in ansia, scrive al vicesindaco e anche all’assessore alla Manutenzione Agostino Nuzzolo perché ha «appreso in via informale che la Compagnia avrebbe intenzione di revocare i finanziamenti». E il 5 marzo qualcosa si muove: il vicesindaco convoca Nuzzolo, fresco comprimario della vicenda. E che si decide? Nuzzolo lo svela
9 CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
La denuncia del Comitato Civico Portosalvo LA FONTANA (A PEZZI) DEI PAPIRI E L’APPRODO DIVORATO È un vecchio pallino di Antonio Pariante, presidente del Comitato Civico Portosalvo, da sempre in trincea nella tutela del patrimonio monumentale napoletano: una fissazione che dura da anni quella del recupero della suggestiva Fontana dei Papiri, realizzata in pietra lavica nel 1938 nei giardini del Molosiglio. Uno spaccato doloroso ed antico di ordinario degrado partenopeo, «antico quanto il disinteresse colpevole - osserva Pariante - delle amministrazioni comunali succedutesi negli anni». Per il paladino dell’arte perduta, insomma, il capitolo della fontana che casca a pezzi resta apertissimo almeno finché la riqualificazione del monumento non sarà definitivamente infilata nella lista di priorità del Comune. Il quadro clinico della fontana, infatti, non consente più dilazioni. A registrare guasti pesanti è soprattutto l’assetto decorativo: gran parte dei 76 altorilievi con conchiglie, ad esempio, risulta mutilata o compromessa. Non solo. L’impianto idrico è fuori uso da tempo. Ma a ferire l’osservatore è anche l’abbandono mortificante dell’aiuola centrale della fontana, piena di sterpaglie, erbacce e immondizia lasciata lì da bivacchi di poveri cristi di varia estrazione. Inerzia che ha un’aggravante: la Litoranea con i suoi giardini è spesso un passaggio obbligato per i turisti diretti agli imbarchi del Beverello. E quelle pietre oltraggiate sono davvero il peggiore dei biglietti da visita da esibire ai visitatori della città. «Restauro subito», taglia corto Pariante. Una sollecitazione il cui destinatario naturale è Diego Guida, assessore comunale al Decoro Urbano. Nell’agenda di Pariante, però, c’è un’altra pressante emergenza: sull’orlo dell’estinzione c’è anche l’antico approdo borbonico di via Nazario Sauro, proprio di fronte alla statua di Umberto I. Da tempo, infatti, gli storici blocchi lavici dell’antica banchina, sottoposti all’azione incessante del mare, si stanno progressivamente staccando e molti di essi ormai sono scomparsi in acqua. Un’emergenza annunciata che rischia di cancellare letteralmente un frammento illustre di lungomare. Ma anche un bel guaio per i pescatori per i quali ogni mareggiata è ormai un autentico incubo. Pariante, intanto, ha bussato a tutte le porte: «Ho allertato Sovrintendenza, Demanio, Comune e prima Municipalità». E la Municipalità1 è stata l’unica ad avergli aperto la porta: «In seguito alla denuncia del Comitato Portosalvo - puntualizza il presidente Fabio Chiosi - ho eseguito di recente un sopralluogo nel sito e ho inviato al “Servizio Risorsa Mare” del Comune una segnalazione, con relativo report fotografico, sulle allarmanti condizioni della banchina. Per ora nessuna risposta. Evidentemente dovrò tornare alla carica».
qualche giorno dopo: «Abbiamo proposto di iscrivere nel bilancio di spesa 2010 500mila euro: con una quota minore della cifra realizzeremo le scale mobili sulla gradinata di S. Caterina da Siena, videosorveglianza compresa, (ndr l’opera era congelata per carenza di fondi) e tutto il resto andrà ai Gradoni di Chiaia. Sull’intervento c’è piena volontà politica ». In questa occasione Nuzzolo ha anche confermato che Torino ha revocato i 300mila euro: «E’ l’esito infelice di irregolarità passate. Ma cercheremo di ricucire lo strappo e riavere quei fondi». Indurre la Compagnia a ripensarci? Magari. Perchè, secondo alcune indiscrezioni, nel bilancio preventivo 2010, approvato il 12 marzo dalla Giunta Iervolino, pare sia stata approvata solo una spesa di 200mila euro. E se è così, si farà solo la scala mobile. Peccato.
11 QUART IERISSIME
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
Sos buche, il punto con l’assessore alla Manutenzione
Q
di Adriano Padula
Quando Agostino Nuzzolo, assessore comunale alla viabilità e alla manutenzione stradale dal maggio 2008, si accomoda sulla poltrona del suo ufficio, al 3° piano di Palazzo S. Giacomo, dà l’impressione di sedersi su una polveriera. L’eredità del passato, remoto e prossimo, che gli tocca gestire sul fronte strade, è ingombrante e fallimentare: a partire dal naufragio del Global Service, mega-appalto milionario annunciato nel 2007 dal sindaco e destinato a curare i 250 kilometri della viabilità principale in città. Ma quel superpiano di affidamento delle grandi strade ad un unico gestore è stato poi travolto dalla nota inchiesta giudiziaria decollata nell’autunno 2008. E la coda più letale di quel pasticcio si avverte ora. Se, infatti, l’effetto gruviera è ormai colossale, è perché per un anno le spese per la manutenzione sono scomparse dai bilanci municipali. Il motivo? Palazzo S. Giacomo puntava tutto sul Global Service: poi la piega dei fatti ha fatto saltare tutti i piani. E così, da quel dannato autunno 2008 i postumi di quel disastro aleggiano come spettri tra le pareti dell’assessorato alla
FUORI CONTROLLO
Manutenzione. Metteteci il deficit cronico del Comune e il quadro è completo. Nuzzolo lo sa, lo dice e allarga le braccia. E benedice i 15 milioni di euro, ossigeno puro, appena arrivati dalla Regione: li aveva promessi nel 2008, Ennio Cascetta, assessore regionale ai Trasporti, ma poi lo slalom dei fondi tra le procedure è durato 2 anni. Ora, però, i soldi ci sono e pure le ditte che hanno vinto l’appalto per gli interventi previsti. Anzi, a gennaio, Nuzzolo ha spiegato persino i dettagli: nuovo manto d’asfalto in 26 strade, le più disperate, tutte a Posillipo, Vomero e periferie. 39 chilometri in tutto. «E coi cantieri si parte a inizio
febbraio», si è sbilanciato poi Nuzzolo in quell’occasione, sottovalutando però la palude delle procedure. I tempi di decollo dell’operazione, infatti, si stanno allungando. «In effetti - chiarisce ora - gli appalti sono ancora al vaglio del Commissariato al Traffico». Sfumatura allarmante. Infatti la struttura commissariale, nata per far funzionare i poteri speciali della sindaca in materia di strade e affidata ad un city manager per i risvolti operativi, adesso ha rallentato il lavoro perché il manager in questione, Luigi Massa, è stato nel natio Piemonte a fare il candidato alle Regionali. Per questo Massa è stato sospeso e al suo posto c’è l’ingegner Gianfranco Pomicino. Ma il cambio di mano sta ritardando le pratiche in lista d’attesa, compresa quella sugli appalti da 15 milioni di euro. «I primi cantieri? Spero a maggio», rettifica adesso Nuzzolo ma intanto l’intoppo c’è. E tutto il resto? Cioè la manutenzione ordinaria antibuche? «Per il 2010 ribatte - l’Ufficio Manutenzione Strade (ndr. il Prms) che si occupa delle vie principali della città, ha
avuto un milione mentre ogni municipalità ha ricevuto mezzo milione per le strade minori. Ma ci vorrebbe di più: almeno 5 milioni per le grandi strade e un milione e mezzo per ogni Municipalità». Ma proprio alcune Municipalità, Chiaia in testa, denunciano che le ditte che a dicembre hanno vinto gli appalti per le strade minori, in realtà sono state bloccate a lungo. La colpa? Dell’Ufficio «Gare e Contratti», accusato di tempi biblici nell’autorizzare le ditte all’azione: «Gli uffici del Comune - giustifica Nuzzolo hanno carenze di organico, compreso quello “Gare e Contratti”. Ma solleciterò». Un assessore braccato dagli sos. Che però alcune idee le ha sfornate. Come il nuovo corso degli appalti: «Adesso ho imposto ribassi contenuti e premialità per i cantieri veloci». E la trovata del «dipartimento buche» di un anno fa? «È in via di riorganizzazione, ma la ditta incaricata - spiega - sta lavorando sulle segnalazioni della Protezione Civile e dei servizi di manutenzione di ogni Municipalità». Infine le 3 squadrette di pronto intervento, promesse a gennaio: «Sono in azione da inizio marzo, dirette dal Prms».
12 POLI TICA
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
Insorgenza Civile e Partito del Sud: dal 2007 contro il Nord. Lo sdegno per il Museo Lombroso che espone i teschi dei rivoltosi sudisti
I
di Nicola Sellitti
Il rilancio del Sud passa per la rivisitazione della storia d’Italia, dall’Unità a oggi scritta solo dai vincitori. Un manifesto programmatico contro l’agiografia errata che accomuna Insorgenza Civile e Il Partito del Sud, due enclavie del Meridione contro «il potentato del Nord». Entrambi riconoscono l’Unità d’Italia solo dal 2 giugno 1946, con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana. Insorgenza civile nasce nel 2007 come associazione culturale. Si propone ora come movimento militante di carattere civico-identitario. Si è candidata alle Comunali, ad Angri e Mugnano. L’obiettivo politico, spiega il presidente Nando Dicè, è «portare la questione meridionale nel quadro europeo, sul modello dei Paesi Baschi, della Vallonia». La difesa del Sud, secondo Insorgenza, passa anche attraverso il rispetto per le vittime dei soprusi contro il Regno delle Due Sicilie. Il movimento ha organizzato una manifestazione l’8 maggio a Torino per protestare contro la riapertura del Museo di Antropologia criminale «Cesare Lombroso», «una battaglia di dignità contro il criminologo - spiega Dicè che teorizzò l’inferiorità della
Insorgenti eMeridionali razza meridionale, portata geneticamente alla delinquenza sulla base di misurazioni del cranio di migliaia di conterranei, passati alla storia come i briganti, prelevati al seguito delle truppe piemontesi che
invasero il Regno delle Due Sicilie». Il movimento chiederà al ministro della Giustizia Angelino Alfano la restituzione dei resti «dei briganti meridionali». «Il museo di Gioia del Colle in Puglia e di Motta, in Calabria, si sono
proposti per custodirli», informa il presidente di Insorgenza Civile. Il rilancio del Mezzogiorno passa anche da una nuova politica industriale. «Una banca del Meridione con relativo signoraggio», afferma il presidente Dicè. Stato unitario? Era solo «una propaggine sabauda», spiega il responsabile napoletano del Partito del Sud, Emidio De Franciscis. Il partito, presente in Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Puglia, Basilicata, Sicilia, Campania e che non prenderà parte alle imminenti Regionali, nasce come Insorgenza nel 2007 dall’iniziativa di Antonio Ciano, attuale assessore al Demanio del comune di Gaeta, «ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie, che era la terza potenza economica
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UNA PIAZZA PER LAURO Perché il Comandante divide ancora la città
al mondo nel 1856, a cadere nelle mani sabaude nel biennio 1860-1861» e cittadina in cui il Partito governa alla guida di una lista civica. Ciano è noto alle cronache nazionali per aver chiesto tre mesi fa un risarcimento danni da 220 milioni di euro alla famiglia Savoia - il documento è visibile sulla web tv all’interno del blog del partito - per la distruzione di Gaeta durante l’assedio del 1860-1861. L’obiettivo politico a medio termine del Partito del Sud consiste nel contribuire a formare una macroregione del Meridione, sul modello irlandese e scozzese, aggregando gli stimoli autonomistici delle varie regioni. «Un humus fertile per il ricambio di una classe dirigente che ha fallito, non in grado di realizzare in 150 anni quell’unificazione politica ed economica che la Germania ha compiuto in appena venti». La ricetta economica per il rilancio del Mezzogiorno parte dalla valorizzazione delle eccellenze del territorio. Ecco dunque la proposta di una catena di trenta supermercati, con scaffali colmi solo di prodotti «sudisti». Tra le proposte, anche un federalismo sui consumi, differente dalla legge approvata dalle Camere: «Il Sud non ha banche, non ha società di assicurazioni, non è rappresentato in Parlamento, è solo bacino di consumo per foraggiare l’economia del Nord», afferma il coordinatore napoletano del Partito del Sud, Andrea Balìa.
Il ricordo che Napoli serba di Achille Lauro è simile al whisky scozzese che riposa in una cassa di legno di quercia: migliora con il passare del tempo. Personalità politiche, della società civile e della cultura partenopea hanno preso parte a un convegno, tenutosi il 17 febbraio nella sala del Consiglio Provinciale di Napoli, sulla figura controversa e discussa dell’ex sindaco della città e fondatore della flotta Lauro. «Ho vissuto le gesta del Comandante attraverso i racconti di mio nonno - racconta il presidente dell’Ordine dei giornalisti di Napoli, Ottavio Lucarelli - Era una figura di profilo nazionale e uomo del fare, carismatico, non privo di contraddizioni, di sicuro una figura che sarebbe protagonista anche nello scenario attuale». Il presidente dell’Ordine ricorda Lauro come prima vittima in Italia del «ribaltone», perdendo la guida del Comune per mano de «I sette puttani», come furono definiti dal direttore de «Il Roma», Alberto Giovannini, ovvero sette esponenti monarchici che abbandonarono il Pnm, partito monarchico che il Comandante in pratica fondò, per passare alla Democrazia cristiana. La Dc era il suo vero nemico, lo guardava con sospetto temendo una deriva a destra del partito. «La damnatio memoriae operata dalla sinistra ha tentato dal giorno della sua morte di cancellarne il ricordo – interviene l’ex presidente della Regione Campania e deputato Antonio Rastrelli – Lauro, però resta nel cuore dei napoletani, ho avuto modo di verificare personalmente che, dopo Nicola Amore, è stato il sindaco più amato della storia della città». Rastrelli, nel corso del suo intervento, rammenta i successi del Lauro imprenditore, della potenza della sua flotta, evidenziando come il Comandante si spendesse in prima persona per i bisogni dei napoletani: «Anticipò con le risorse della flotta gli stipendi che lo Stato non aveva ancora pagato ai netturbini in sciopero e introdusse per primo la partecipazione dei dipendenti, compresi i marinai, agli utili d’impresa». Per il presidente del Consiglio provinciale Luigi Rispoli «a Lauro si deve il primo tentativo di una destra moderata. Intuì la voglia di riscatto sociale della città, mentre i suoi aspetti negativi sono stati troppo amplificati». Sul Lauro presidente del Napoli calcio: «Ha dato la possibilità di competere con le squadre del Nord, e non solo per l’acquisto dello svedese Jeppson». Il giornalista e avvocato Salvatore Maria Sergio parla del Lauro editore: «Il Roma divenne il contraltare de Il Mattino. Rispettava tutti, non interferendo mai nel lavoro altrui». «Si trattava di una figura eccessiva su cui il manicheismo ideologico è ormai superato. È stato comodo per molti attribuire solo a lui le colpe del sacco di Napoli», è il commento del professore ordinario della Facoltà di Storia dell’Architettura dell’Università degli studi di Napoli Federico II, Benedetto Gravagnuolo. Il ricordo di Lauro ora passa dalle parole ai fatti. Il presidente del Consiglio Provinciale di Napoli, Luigi Rispoli, propone infatti di intitolare piazza del Municipio al Comandante. «Sarebbe il modo migliore per rivalutare serenamente la sua figura». Concorda in parte l’ex giornalista de «Il Roma», sotto la proprietà Lauro, Vittorio Paliotti: «Il Comandante merita questo e altro, ma chiedere che piazza del Municipio diventi il simbolo del suo ricordo, vorrebbe dire perdere in partenza. Si favorirebbero solo le tesi degli oppositori». Benedetto Gravagnuolo, si dice non contrario all’idea di una piazza dedicata a Lauro ma preferirebbe «via Guantai Nuovi, ampliamento in età laurina del quartiere Carità, oppure un’area del Parco San Paolo, a Fuorigrotta». L’architetto Massimo Rosi invece ritiene che Lauro non meriti il riconoscimento, «poiché a Napoli ha fatto più male che bene». (n.s.)
Nell’altra pagina, in alto: Michele Iannelli, rappresentante Insorgenza civile Lazio; Nando Dicè, presidente Insorgenza civile; Fernando Luisi, rappresentante Insorgenza civile Friuli Nell’altra pagina, in basso: resti di meridionali al museo lombrosiano (Torino) In questa pagina, in alto: Cesare Lombroso a lato: il giro di campo di Achille Lauro (Archivio Ruggieri)
14 QUART IERISSIME
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
Ora unica, ora sbagliata
Piazza San Luigi, vince il progetto «S’Move»
Forse si è trattato di un benvenuto anticipato all’ora legale o di un errore di sincronizzazione, sta di fatto che per lungo tempo gli orologi dell’«ora unica» hanno segnalato l’ora sbagliata: 60 minuti in avanti. Ciò è accaduto, ironia della sorte, proprio ad un anno dalla loro ricomparsa in città. Gli orologi, inizialmente 40, di questi solo dodici sono sopravvissuti alla guerra, erano sincronizzati tramite un segnale radiotrasmesso da Norimberga e, alla fine degli anni ’80, la loro manutenzione fu affidata all’Eav per una spesa annua di sette milioni di lire. Le carenze causate dalla ditta di Afragola che vinse l’appalto per la manutenzione sotto la giunta Bassolino nel ’95 e dell’Acea in seguito, resero necessari gli interventi di restauro del novembre 2008. Gli esemplari furono affidati alla Cittarredo, che impiegò lungo tempo per riportare la struttura e i quadranti degli orologi al loro antico splendore. Febbraio 2009, al momento dell’inaugurazione si scopre l’errore: il colore del sostegno in ghisa è diverso e il quadrante ha i numeri arabi anziché quelli romani. Inevitabili le lamentele dei cittadini che ora si sono dovuti abituare ai «nuovi» orologi non più dell’ora unica ma dell’ora errata. Leggendole adesso, fanno sorridere le parole con cui i giornali del 1931 accoglievano gli orologi: «L'iniziativa del Volturno elimina una deficienza da tutti lamentata e cioè la mancanza di orologi che funzionino costantemente: di orologi che non interrompano la loro attività per rendere inerti i loro meccanismi e per funzionare da motivi decorativi». Evidentemente i tempi non sono poi così cambiati.
Una piazza dinamica con panchine che si muovono lungo una serie di binari è l’idea del progetto «S’Move», scelto tra gli otto in esposizione al Pan dal 5 marzo scorso nell’ambito della mostra-concorso «La convivialità urbana» organizzata dall´associazione di architettura e design «Napolicreativa» e realizzata grazie al sostegno della SudTirol Bank. Un esperimento di architettura partecipata che ha coinvolto 154 architetti e prodotto 50 progetti per la riqualificazione di piazza San Luigi a Posillipo con lo scopo di stimolare un dibattito tra professionisti del settore, istituzioni e soprattutto cittadini sulla qualità di vita negli spazi urbani. Il gruppo vincitore, guidato dall´architetto Giuseppe Parità e composto dai giovanissimi Laura Riccardi, Serena Marra, Eduardo Bonifico e Daniela Buonanno, è stato premiato lo scorso 19 marzo con 2500 euro consegnati dal presidente della Municipalità I Fabio Chiosi alla presenza di Gennaro Polichetti, presidente dell'Ordine degli Architetti e di Aniello Palumbo assessore all'Urbanistica della Provincia di Napoli. Il progetto «S’Move» ha raccolto 268 preferenze su 1100 schede scrutinate, mentre le tavole non finaliste sono state votate sul sito www.laconvivialitaurbana.it per partecipare ad un premio di consolazione di 500 euro.
Sportello famiglia: iniziativa di successo
Vicoletto Belledonne a Chiaia si è vestito a festa in occasione dello scorso Carnevale. L’associazione «Artemisia», laboratorio di arti creative e la boutique «Il cuore nello zucchero» hanno organizzato una manifestazione patrocinata dalla Municipalità I che ha visto protagonisti i tanti bambini della zona, tutti mascherati per il carnevale. Il vicoletto, addobbato con coreografici palloncini colorati, ha ospitato la sfilata delle bambine vestite da «Il cuore nello zucchero», seguita dalla distribuzione di dolcetti e infine dall’aperitivo pomeridiano per accontentare grandi e piccini. Nel corso della manifestazione il laboratorio «Artemisia» ha distribuito ai bambini maschere di feltro realizzate sul momento, mentre gli animatori del team «Loris» hanno allietato i passanti con giochi musicali, manipolazione di palloncini e la distribuzione di zucchero filato. Una giornata all’insegna dell’allegria promossa con l’obiettivo di valorizzare vicoletto Belledonne e le tante attività di artigiani e commercianti che lo animano e che hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa.
Presso la Municipalità 1 è attivo da oltre un anno, grazie all’impegno dell’avvocato Antonella Esposito (nella foto), lo Sportello Famiglia: l’iniziativa si rivolge alle famiglie, alle coppie e ai singoli cittadini di Chiaia-Posillipo-S. Ferdinando per dare ad essi concreto sostegno tecnico sul fronte delle problematiche familiari. Il progetto, intanto, si è arricchito di un nuovo servizio, quello della conciliazione, che presta consulenze sui problemi legati al mondo del consumo e del risparmio gestito, fornendo anche consulenza legale/psicologica/sociale e di orientamento verso gli altri servizi territoriali esistenti, grazie alla presenza di un esperto.
Maschere a vicoletto Belledonne
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QUART IERISSIME
CHIAIAmagazine 3/4 marzo aprile 2010
Sguardi Lontani di Francesco Iodice
FANTASMI RITROVATI
La scienza, si sa, è l’osservazione della realtà, quindi evidente, palpabile ed alla portata di ogni buon osservatore; ma per guardare il mistero, interpretare l’esoterismo, ricercare i fantasmi occorre trasformarsi in «cronista dell’impalpabile» e la ricognizione ci porta alla ricerca del fantasma ritrovato per verificare se Napoli possa o debba essere considerata – come sostiene il mio caro amico Paolo F., esperto occultista ed il cui interesse per questo filone narrativo è nato con Edgar Allan Poe - la «capitale del mistero». Fra fenomeni paranormali e mille e più racconti, l’anima ed il pensiero anelano alla libertà e vagano per il non-definito; ma, chi la vede grigia e chi colorata ed allegra, c’è chi classifica Napoli fra le capitali planetarie (ma ignora cosa sono oggi Londra o New York), e chi la identifica con quella dei Quartieri Spagnoli, della Sanità o di Secondigliano; per altri si riduce a piazza del Plebiscito, via dei Mille o alla collina di Posillipo. Se ci sia o no un nesso tra tutte queste opinioni o se un fatto sia chiaro subito o non lo sarà mai, che importanza ha? È un gioco e non contiene messaggio alcuno (i messaggi li porta il postino, diceva Sciascia). Nella cultura popolare
Il morso della Taranta di Paolo D’Angelo
POGGIOREALE SHOCK
A
partenopea hanno sempre avuto un ruolo primario le storie di fantasmi, di leggende e di personaggi misteriosi per cui faremo un piccolo viaggio attraverso la Napoli dei misteri, una passeggiata nell’Ombra. Quante Napoli ci sono? C’è quella raccontata dagli scrittori, quella analizzata dagli studiosi, quella sentita ed interpretata dagli artisti, quella partorita dall’immaginario degli stranieri in buona o cattiva fede, e infine c’è la Napoli cresciuta nella mente e nell’animo dei suoi abitanti che ci hanno tramandato tanti «cunti» sull’esosterismo e sui suoi misteri. Le leggende sono tante, da quella di Maria d'Avalos e Donn'Anna Carafa per arrivare alle storie di Calata Marechiaro, Villa Imperiale, Villa Pierce, Villa degli Spiriti fino alla leggenda dello scoglio di Posillipo. È una rincorsa continua tra superstizione e religione, giocata lungo la tradizione pagano-esoterica; Benedetto Croce ha scritto che le leggende esprimono e contengono tendenze morali, politiche e soprattutto sentimentali; pertanto esse «sono il prodotto dello spirito collettivo, del genio della stirpe e dell’animo popolare». Ma ora è obbligatoria una domanda sibillina: ai fantasmi bisogna credere o no? Diceva Eduardo: «Se hai una bella moglie devi credere ai fantasmi» (imposizione per coprire quello che non vuoi vedere!). E chi la bella moglie non ce l’ha? In pubblico nega, ma in privato ci crede. Eccome!
chi non è capitato di sognare da bambino di voler diventare il super poliziotto pronto a tutto pur di sgominare la banda criminale di turno? Beh, anche io da bambino ho spesso giocato con la fantasia e nei miei giochi è capitato di fare il poliziotto, avevo tutto il necessario: un bel distintivo americano, la paletta, le manette e soprattutto una bellissima pistola giocattolo che sembrava così reale da farmi sentire un vero poliziotto. Il gioco era semplice: arrestare il cattivo che spesso era un povero amico costretto ad impersonare il criminale. Il cattivo tentava una fantomatica rapina ed io intervenivo con coraggio arrestando il malvivente, quindi, dopo averlo ammanettato, lo rinchiudevo nella stanza-carcere e la giustizia trionfava. Lo stimolo maggiore al gioco era dato da quei bellissimi film polizieschi americani, dove si vedevano uffici mozzafiato, macchine potenti e donne sempre innamoratissime del principale interprete. Che dire poi del carcere in cui rinchiudevano i cattivi? Vetri blindati sfavillanti, svariate fila di cancelli di ferro, corridoi di marmo lucidi come quelli dei palazzi reali, mense da far invidia al miglior centro commerciale, insomma, un carcere che garantiva qualità di vita ma anche certezza della pena al cattivo di turno. Purtroppo crescendo impariamo a capire che la realtà è a dir poco diversa dalla storia di un film americano e ciò accade sopratutto nella nostra città. Gli uffici sono fatiscenti, le auto spesso sono normalissime utilitarie, la vita di un poliziotto è difficilissima - provate a chiederlo ad uno di loro - per non parlare poi dello stipendio inadeguato. E del carcere? Che dire del nostro carcere di Poggioreale che solo a guardarlo da fuori sembra ormai più un monumento presepiale che un carcere? Eppure in quel «monumento» ci sono ben 2600 persone contro una capienza regolamentare prevista di circa 1400 unità. Ora, non voglio entrare nel merito tecnico delle problematiche del carcere di Poggioreale, nemmeno ne avrei la competenza, ma mi pongo una domanda che giro ai lettori amici di Chiaia Magazine: l’età adulta impone di ragionare e da oramai molto tempo ho capito che la realtà è ben diversa da un film americano, ma come è possibile che ancora oggi il primo quotidiano cittadino pubblichi un articolo dal titolo «Poggioreale, rapporto choc: carcere insicuro»? Il vero rapporto choc è che solo adesso se ne sono accorti! Meglio tardi che mai, parola della taranta.
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anno II numero 3/4
apri le 1O porte del piacere
Questo mese abbiamo aperto per voi La Porta d’ingresso La Porta magica la porta del gol L’imPorta La Porta segreta La Porta sul rètro
anno due n.3 / 4 marzo aprile 2010 Periodico edito da Associazione Napoli Via Carlo Poerio, 89/A 80121 Napoli DIRETTORE EDITORIALE Marco Mansueto DIRETTORE RESPONSABILE Alessandra Fabbroni COMITATO DEL GARANTE DEI LETTORI Raffaele Bellucci Giuseppe Savona Gabriella Napoli ART Ferdinando Polverino De Laureto STAMPA Arti grafiche Litho 2 Via Principe di Piemonte 118 - Casoria (Napoli) Tel. 081.19577163
SPIRAGLI
Grande successo per la quattordicesima edizione della Borsa Mediterranea del Turismo a Napoli, tenutasi dal 26 al 28 marzo alla Mostra D’Oltremare, che ha fatto registrare il 9% di presenze in più rispetto all’anno scorso. Tra gli stand espositivi più curati della rassegna ha molto ben figurato quello allestito dalla Provincia di Napoli, su iniziativa dell’assessore al Turismo dell’Ente di piazza Matteotti, Valeria Casizzone (nella foto insieme al presidente della provincia di Napoli Luigi Cesaro). Il bianco e il nero sono stati scelti come colori dominanti dell’area espositiva, realizzata con particolare cura dei dettagli, sia nel design che nella galleria fotografica a tema. Ad animare il tutto, i grandi prodotti gastronomici, naturali e di artigianato della Campania come la
dall'enogastronomia fino alla cultura. La grande affluenza di visitatori - ha aggiunto - e di addetti ai lavori conferma l'interesse che c'è attorno al prodotto turistico della provincia di Napoli, una delle nostre principali attrazioni». «Stiamo lavorando - ha affermato l’assessore Casizzone - a un piano di progetti turistici che possano “fare sistema” con tutte le realtà positive e sane del territorio e puntare ad un "turismo policentrico” che da Napoli abbracci tutto il circondario». Tra gli oltre 4000 visitatori accorsi quest’anno, anche il neo-presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, che si è recato alla BMT durante la campagna elettorale, dimostrando grande entusiasmo per l’iniziativa dell’Ente provinciale, avendo già affrontato il tema per il progetto “Il futuro di Roma capitale”.
Sito web: www.il10.it Iscrizione al Tribunale di Napoli N° 7 del 03/02/2009 Iscrizione ROC 16538
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Laura Cocozza Alvaro Mirabelli
Luca Saulino
pasta e i vini di Gragnano, la pietra della Solfatara, le creazioni di Borgo Orefici, le specialità della Costiera Sorrentina, il pomodorino del Vesuvio e il caffé «Lazzarella» di Pozzuoli, prodotto dalle detenute della Casa circondariale della cittadina flegrea. «La Borsa Mediterranea del Turismo è stata l'occasione per promuovere le risorse del nostro territorio - ha affermato il presidente della Provincia di Napoli Cesaro, nel corso della sua visita allo stand dell'Ente - risorse che possono concorrere, in maniera risolutiva, a un prezioso sviluppo integrato e a un nuovo protagonismo turistico che possa coinvolgere tutta la filiera della nostra produzione,
Rita Giuseppone
BMT, la Provincia e lo stand delle eccellenze In questo numero hanno scritto
In copertina 1O sembra la testata del magazine ma non lo è: 1O diventa così una parte integrante della PASS1ONE. Forse quella più evidente. Semplicemente la CHIAVE d’eccellenza che conduce alle 1O PORTE DEL PIACERE selezionate di volta in volta, che il lettore dovrà aprire con curiosità (fra quelle che ogni mese la redazione selezionerà) magari anche solo “sbirciando” dal buco della serratura. Ogni PORTA rappresenta un pretesto per consentire al lettore di spaziare dove non è mai stato. O, meglio, dove in fondo vorrebbe essere. Una CHIAVE D’ACCESSO per tutto ciò che è aspettativa, pulsione e desiderio, fonte inesauribile di idee, viaggi in luoghi del buon vivere e non, incontri con personaggi must, curiosità, divertissement ma anche una miriade di aspetti della realtà che gioco non sono.
IV/Gian Marco Tognazzi: che noia il cinema di moda!
L’intervista
A febbraio ha ricevuto il Nastro d’argento come miglior attore protagonista per il corto “Fuori uso”.
Che noia il cinema di moda! IV
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A febbraio ha ricevuto il Nastro d’argento come miglior attore protagonista per il corto “Fuori uso”. Un corto tutto napoletano se si considera il regista e sceneggiatore (Francesco Prisco), la produzione (Run Communication dei fratelli Andrea e Alessandro Cannavale), le location (casa Cannavale, i bagni della scuola media Tito Livio di Chiaia, un’area di servizio a Frattamaggiore). Lui è Gian Marco Tognazzi, figlio del grande Ugo: come il padre, una vita stregata dai copioni. Attualmente è in teatro con il testo di Friedrich Durrenmatt, “Die Panne”, conosciuto anche per l'adattamento nel film di Ettore Scola; a maggio, invece, tornerà sul grande schermo nel film di Claudio Fragrasso, “Le ultime 56 ore”. Intanto sta girando “Maledimele”, un film sul tema dell’anoressia, diretto da Marco Pozzi e “Vorrei vederti ballare”, del giovane regista esordiente Nicola Deorsola.
Fuori uso è una chicca. Ha collezionato consensi e premi, fino a raggiungere l’ottimo risultato del Nastro d’argento. È uno dei riconoscimenti cinematografici più prestigiosi in Italia, soprattutto per i corti perché è più difficile vincere se si considera che se ne producono tra i 500 e i 600 l’anno, a fronte dei pochi lungometraggi. Come è stato girare il corto? C’era molto affiatamento sul set e un feeling speciale con la produzione. Tutti erano protesi a realizzare il film nei tempi previsti, cioè 4 giorni, e a risolvere anche gli inconvenienti che si sono verificati durante le riprese. Quali inconvenienti? Francesco ha deciso di girare il corto con una particolare cinepresa, disponibile a Napoli solo in due esemplari. Il primo giorno che l’abbiamo montata, si è
per svago: ci deve essere sempre un motivo. E se non è per lavoro, almeno deve esserlo per incontrare persone e amici che magari ho dovuto tralasciare proprio per esigenze lavorative. Da mio padre ho ereditato la dedizione al lavoro e la capacità di adattarmi alle situazioni. Lui stava bene con tutti e trattava con tutti, dal giornalaio al Presidente della Repubblica. E la cucina? Ricky è lo chef di famiglia. Io ho preferito evitare quest’altro fardello di confronto, visto che sono l’unico ad aver scelto di fare esclusivamente la stessa professione di mio padre… già devo subire raffronti sulla recitazione, volevo evitare anche quelli sui fornelli, nonostante io fossi il suo assaggiatore ufficiale. Davvero? Sì, ma lo facevo solo perché così potevo stare seduto a tavola con i suoi ospiti e sentire parlare di cinema. C’è un film italiano che l’ha colpita particolarmente o che le sarebbe piaciuto interpretare? Non faccio mai classifiche né a proposito di cinema né di musica. Guardo i film e ascolto la musica, e
rotta. Ho apprezzato molto l’atteggiamento suo e della squadra per l’invidiabile calma dimostrata. Io caratterialmente sono molto diverso e poiché sul lavoro sono scientifico, mi altero con facilità se ci sono inconvenienti di questo tipo che ti fanno perdere mezza giornata di lavoro. A proposito di carattere, cosa c’è di suo padre nel suo? Noi fratelli abbiamo tutti qualcosa in comune con nostro padre, sia un aspetto caratteriale o somatico o solo per il modo di affrontare le cose. Io ho la necessità di dover sempre impiegare il mio tempo per qualcosa di utile, sia sotto il profilo professionale che umano. Ad esempio, per me non ha senso viaggiare solo
basta. Sono onnivoro, in questo senso, anche perché credo che tutti i film, belli o brutti, possano insegnare qualcosa ad un attore. Escludo solo quelli dell’horror, perché è un genere che non mi ha mai incuriosito. Quindi anche quando guarda un film non lo fa mai per puro svago? Vedo e mi godo i film sempre sotto il profilo professionale. Come le ho detto, devo fare sempre qualcosa di utile. L’unica differenza è che il mio giudizio è più libero se guardo un film che non è stato girato da qualche amico, mentre se conosco chi lo ha realizzato, mi sento più coinvolto e comincio a fare una serie di valutazioni rispetto al lavoro e alle scelte fatte.
Come è nata l’idea di interpretare il corto di Francesco Prisco? È nato tutto via mail. Lui mi aveva inviato la sceneggiatura, a me era piaciuta subito e gli avevo detto
di Laura Cocozza che l’avrei girato. Ma Francesco poi ha insistito che vedessi il suo primo corto prima di decidere. Mi ha divertito molto il suo approccio. Mi ha detto: devi vederlo, mi è costato 40 euro e magari ti fa schifo come giro. È venuto a portarmelo a Roma, qui a casa. Lo abbiamo visto insieme, mi è piaciuto un casino e gli ho subito confermato la volontà di girare con lui. Siamo diventati molto amici e sicuramente faremo un altro corto insieme. Stiamo valutando diverse idee nel cassetto. Apprezzo molto le sue storie e la sua capacità di scrittura e di narrazione. Dovrebbe fare un lungometraggio perché ha le doti giuste. Torniamo al corto Fuori uso…
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La scheda
Scatti dal set di Fuoriuso NELL’ALTRA PAGINA: In alto, il regista Francesco Prisco in basso, Sonia Aquino
FUORIUSO di Francesco Prisco Fiction | Italia | 2008 | HDV | 22 min. Gildo Bonelli è un riottoso venditore di polizze vita. Durante una delle sue numerose soste all'autogrill, si imbatte in una scritta impressa su una mattonella in bagno. Da quel momento, piomba in una vera e propria ossessione d'amore... Francesco Prisco ha iniziato la sua carriera di regista con il cortometraggio Il diavolo custode, a cui hanno fatto seguito Storie di talent (cm.), 127 battiti (Spot contro l’uso dei fuochi illegali con protagonista Silvio Orlando), La mezz’ora (spot sociale per la Provincia di Napoli, con Enzo Cannavale). Regia Sceneggiatura Fotografia Montaggio Musica Interpreti Produzione
Francesco Prisco Francesco Prisco - Carlo Montariello Ettore Cestari Dino Negri Musiche Originali di Sergio Cammariere Gian Marco Tognazzi, Sonia Aquino Francesco Procopio, Imma Villa RUN COMUNICAZIONE
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Come è Gian Marco sul set? Non sono uno di quelli che appena ha finito di girare una scena si piazza davanti al monitor per rivederla. Non mi piace questa tendenza adottata da molti miei colleghi. Preferisco non interferire col lavoro del regista ma affidarmi a lui e guardare il film finito. A teatro è diverso, sono io che decido cosa succede ogni sera. Il 2010 è un anno importante per lei perché è in uscita con tre film… Di questi tre, però, l’uscita nelle sale a fine maggio è certa solo per Le ultime 56 ore di Claudio Fragrasso. Un film intenso, di denuncia, che racconta la storia di un gruppo di soldati che cinque anni dopo il ritorno da una missione in Kosovo decidono di barricarsi in un ospedale e gli vengono imposte 56 ore come ultimatum per arrendersi. Fragrasso dimostra che anche in Italia si possono fare film d’azione e di impegno sociale, a differenza di ciò che si dice. Il film ha rispettato la bellissima sceneggiatura che prende spunto dalla realtà per poi romanzarla, come è giusto che si faccia per un film, che altrimenti diventa un
30, di cui sì e no 15 vanno in distribuzione nelle sale. Purtroppo però nessuno se ne preoccupa. E il risultato è anche che non è la qualità del film a fare la differenza. Nel 2000, ad esempio, Prime luci dell’Alba di Lucio Gaudino è stato l’unico film italiano in concorso a Berlino e non è mai stato distribuito. E cos’è allora che fa la differenza? L’Italia è la fabbrica delle mode. Non conta cosa sai fare ma quanto sei riconoscibile: l’importante è quanto sei personaggio. E questo è
difficile, bisogna studiare e acquisire una grande professionalità. Siamo invasi da attori che fanno i personaggi che poi vengono dimenticati perché passano di moda. Sullo schermo interpretano sempre se stessi e non i soggetti cinematografici in cui dovrebbero calarsi. Non voglio essere polemico ma dico la realtà delle cose. Io pago il fatto che non amo fare me stesso ma, al contrario, preferisco andare incontro al personaggio che devo rappresentare e analizzarlo, cercando sia i punti di contatto tra me e lui sia le differenze. Lo trovo molto più stimolante: che divertimento c’è a fare sempre se stesso con un vestito diverso, fingendo di essere timido o innamorato o altro? I miei colleghi che lo fanno mi annoiano. Penso invece a Gian Maria Volonté, a Gassman, a mio padre che ogni volta erano diversi, pur mantenendo una loro forte caratterizzazione. Era quello il fascino dell’attore che oggi si è perso. Che cosa direbbe, allora ad un giovane che volesse intraprendere il mestiere di attore?
Da mio padre ho ereditato la dedizione al lavoro e la capacità di adattarmi alle situazioni documentario. Difficilmente mi sbilancio a dare certi giudizi, ma in questo caso mi sento di dire che questo ha tutte le caratteristiche per diventare un successo. Però sono in uscita anche Maledimele di Marco Pozzi e Vorrei vederti ballare di Nicola Deorsola. L’uscita per queste due pellicole è prevista per ora solo per i festival. Ciò significa che poi dovranno trovare una distribuzione e non è facile in Italia. Perché il sistema cinematografico è abbandonato a se stesso, ingabbiato in una legge che risale al 1945 e che ha trasformato un’industria che produceva 300 film ogni anno, in un’impresa artigiana che ne produce ora solo
il motivo per cui nel nostro paese il mestiere dell’attore lo fanno tutti. Altrove è molto più
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Che deve essere pronto a fare sacrifici e rinunce se vuole lavorare a teatro, che poi è quello che ti assicura il lavoro per 3-4 mesi l’anno e certo non può escluderlo. Che ci sono periodi in cui le cose girano ed altri in cui stanno completamente ferme; che il successo non è solo bravura; che ci sono circoli chiusi dove non si può entrare; che ci sono registi che lavorano sempre con gli stessi attori e distributori che distribuiscono sempre gli stessi film e per questo si fanno sempre gli stessi tipi di film; che se gli gira bene può riuscire a fare l’attore a prescindere dalla sua professionalità e dalla sua bravura. E magari farà anche il botto.
All’assalto di Facebook
La passione per il Calcio Napoli dilaga anche sul social network Facebook. Tra i gruppi più attivi in rete figura il «S.S.C. Napoli Facebook Fan Club», fondato da due tifosi «illustri» quali Antonio Squitieri, noto imitatore e volto delle tv private campane, conosciuto come «1000 voci», e Carmine Montuosi, organizzatore di eventi sportivi. Tra gli oltre 4.000 iscritti al gruppo, gli ex calciatori Luciano Marangon, addetto al marketing ed alla comunicazione del S.S.C. Napoli Fan Club, e Roberto Scarnecchia. Per festeggiare la nascita del Fan Club, a fine campionato è prevista una cena-spettacolo con ospiti di riguardo, tra cui inviati sportivi e giornalisti, artisti, calciatori azzurri, tifosi e simpatizzanti. In vista dell’evento il gruppo si pone l’ambizioso obiettivo di raggiungere la quota record di ben 6.000 iscritti.
LAPORTA DELGOL
XI/Chiamateci «Patute»
In qualunque angolo del mondo c’è un bambino che tira calci ad un pallone e milioni di adulti che vorrebbero essere quel bambino
«Seppelliteci qui», 90 minuti tutti da leggere Una data resterà impressa nelle menti e nei cuori di tutti i tifosi del Napoli: il 31 ottobre 2009, passato alla storia come il giorno della grande vittoria, con rimonta, per 3-2 del Napoli contro la Vecchia Signora del calcio, la Juventus, sul campo dell’Olimpico di Torino. In quell’occasione Raffaele Auriemma, giornalista sportivo del quotidiano «Roma» e telecronista «fazioso» per Mediaset Premium, si produsse in un’esultanza che è rimasta simbolo di quella giornata storica. «Seppelliteci qui», infatti, oltre a rappresentare il grido di gioia che ha raggiunto le case dei tanti tifosi collegati, è anche il titolo del libro che Raffaele Auriemma ha pubblicato con la Graf. Undici eroi in casacca azzurra, undici capitoli, 90 minuti vissuti appassionatamente animano il volume che Auriemma ha presentato di recente nella sede dell'Ente Provinciale del Turismo di Napoli, a Palazzo Partanna. Con lui, a ripercorrere quelle magiche emozioni, l'amministratore dell'Ept, Dario Scalabrini, l'editore Luciano Chirico, il presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli, e uno degli ex calciatori del Napoli che i tifosi ricordano con maggior affetto, il portiere Pino Taglialatela. La prefazione del libro è a cura di un altro napoletano doc, Nino D’Angelo, ospite d’onore della presentazione del 23 marzo alla Feltrinelli di piazza dei Martiri.
«A bordocampo» con Enrico Varriale Il primo marzo presso il Centro Tecnico Federale di Coverciano è stato presentato il libro di Enrico Varriale «A bordocampo. Il calcio oltre la linea bianca», edito da Testepiene per Graf. Alla presentazione, tenutasi durante il ritiro della Nazionale in vista dell’amichevole Italia-Camerun che si è giocata il 3 marzo a Montecarlo, hanno preso parte il presidente della Figc Giancarlo Abete, il direttore generale Figc Antonello Valentini e il commissario tecnico della Nazionale Marcello Lippi, che ha firmato la presentazione del volume. Varriale, napoletano, classe 1960, ha cominciato giovanissimo la sua carriera di giornalista sportivo collaborando con Il Mattino e i settimanali sportivi Sport Sud e lo Sport del Mezzogiorno. Inviato di punta del «Processo» di Biscardi e dal ’90 in poi della Rai per i mondiali di calcio, ha saputo cogliere con occhio attento tutto ciò che succedeva in campo ma soprattutto oltre quella linea bianca, il confine che separa il grande campione dall’uomo. Una visione a 360° su storie, aneddoti, persone e personaggi legati al gioco del calcio e i suoi protagonisti più amati e controversi: da Lippi a Cannavaro, da Collina a Maradona, senza dimenticare le questioni legate al conflitto tra Rai e Sky ripercorrendo esperienze, incontri, scontri, successi e sconfitte, per consegnare al lettore una nuova chiave di lettura del pallone.
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Anche il pallone ha le sue «quote rosa». Fino a una dozzina di anni fa il nostro calcio era fatto di cliché che vedevano gli uomini allo stadio e le donne a casa mentre dappertutto risuonava la radiocronaca di «Tutto il calcio minuto per minuto». Adesso invece lo scenario è notevolmente cambiato: non è raro sorprendere donne discutere dello schema ad albero di Natale, mentre gli uomini, anche gli Ultras più sfegatati, impossibilitati a seguire le notturne, gli anticipi e i posticipi, si sono arresi alla più comoda accoppiata divano-parabola. Così lo stadio è diventato terreno di conquista anche per le donne, di tutte le età, con la testa nel pallone. Chi le guarda con diffidenza, pensando che le tifose apprezzino più la bellezza dei calciatori che la loro bravura, dovrà ricredersi: sono competenti, devote e non esitano a bacchettare il loro beniamino quando sbaglia una partita. Sono le «patute» del Napoli, ragazze dal sangue azzurro provenienti da ogni parte della città. La squadra ormai ha imparato a conoscerle: vanno allo stadio, seguono gli allenamenti, commentano schemi e risultati su internet, organizzano raduni e spesso salutano i calciatori all’aeroporto prima della partenza per una trasferta importante o al ritorno di un match vittorioso. Il difensore Fabiano Santacroce, ad esempio, ha un rapporto molto amichevole con loro e spesso passa a salutarle scrivendo sul forum a lui dedicato che conta circa una sessantina di iscritti. L’amministratrice del forum Ylenia, 24 anni e una laurea in Ortottica, ha creato questo spazio per riunire tutte le ragazze (e anche qualche ragazzo) che seguono il Napoli e che, durante le lunghe ore allo stadio o fuori al centro sportivo di Castelvolturno per strappare una foto o un autografo, sono diventate come una famiglia. Divise dal gusto estetico (insieme a Santacroce i più «ammirati» dalle tifose rosa sono Contini, Mannini e Blasi, ceduti dalla società ad altre squadre) ma unite e concordi quando si tratta di commentare le questioni inerenti al Napoli, dal mercato alla prestazione dei singoli e della squadra che, a loro dire, è stata «resuscitata» dall’allenatore Mazzarri. Aspettando il ritorno in campo
dell’«Imperatore Nerone» (soprannome di Santacroce, al momento ancora infortunato), sostengono i nuovi acquisti Campagnaro e Cigarini e i campioni che stentano a ritrovare la condizione ottimale (ad esempio Hamsik e Quagliarella), penalizzati, secondo le tifose azzurre, dalla forte pressione della piazza partenopea. «Spesso - racconta Michela, 25 anni, studentessa di Lettere Moderne e “patuta” doc - mi sono trovata a difendere i giocatori durante le discussioni sul Napoli che scaturiscono in strada. La maggior parte dei tifosi non capisce che sono ragazzi come tanti e anche loro possono sbagliare». Le svariate chiacchiere che circolano nell’ambiente sulla vita notturna non proprio morigerata dei calciatori non minano la fiducia che le tifose ripongono nei loro idoli: «Quando la squadra gioca bene e vince - continua Michela - si tende a non dare ascolto a
Chiamateci «Patute» di Rita Giuseppone
queste voci. L’accanimento per il pettegolezzo esce fuori quando le cose vanno male. Nel caso di Fabiano (Santacroce, al quale fu ritirata la patente per guida in stato di ebbrezza) ha inciso anche un po’ di sfortuna, ad un ragazzo di 23 anni può capitare di commettere qualche sciocchezza». Molto più concrete dei loro «colleghi» uomini, le ragazze del Napoli non si sono lasciate sedurre dal sogno Champions ma sperano e credono che l’Europa League sia alla portata della squadra azzurra, anche grazie al sostegno della tifoseria partenopea: «I veri tifosi - dicono - sono quelli corretti, che amano il calcio non i ribelli che causano disordini in trasferta. Al San Paolo siamo tutti come una grande famiglia». Una famiglia sempre più a tinte rosa.
XI
Azzurro tinto di rosa
Ogni favola è un gioco ed è vera soltanto a metà
XIV/Cimmino: lavorate un’ora più degli altri
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«Dopo tanto lavorare, ora ho bisogno di qualcosa di veramente stimolante per continuare a farlo. Per questo mi sono creato delle nicchie creative all’interno delle aziende guidate dai miei figli. Figli di cui, lo ammetto, sono molto orgoglioso». Si racconta così, Luciano Cimmino, 76 anni portati con la giusta dose di consapevolezza, lo sguardo di un ragazzo con gli occhi sempre aperti sul mondo e la fantasia lasciata a briglia sciolta. È grazie a questa che oggi si diverte a fare il deus ex machina nelle aziende dei figli Gianluca e Barbara, facenti capo ai marchi in franchising Yamamay e Carpisa, leader rispettivamente nei settori intimo-mare e pelletteria di fascia accessibile. Sua è, ad esempio, l’idea della valigia assicurata, che ha fatto fare un balzo in avanti al fatturato e alla popolarità di Carpisa, e suo è anche il copyright del marchio stesso Yamamay, nato per caso da una lettura. «In un libro che stava leggendo mia moglie mi colpì il nome di questo baco da seta che faceva il suo bozzolo (Bombix Yamamay) sulle colline giapponesi. Stavamo cercando il nome per il nuovo marchio e così decidemmo per quello». Era il 2001, l’anno in cui, dopo aver liquidato la partecipazione nella Original Marines, l’azienda da lui fondata e poi portata avanti per dieci anni, Cimmino decide di lasciare il campo ai due figli. «Ho deciso che era giunto il momento di fare un passo indietro e dare loro l’opportunità di dimostrare le proprie capacità. E lo hanno fatto, cominciando veramente da zero, investendo i loro risparmi. Certo, avevano già un’esperienza alle spalle, maturata affiancandomi nel lavoro. Barbara, ad esempio, ora è responsabile della gestione marketing del prodotto delle due aziende, ed è molto brava, ma ha un’esperienza più che decennale, perché ha cominciato con me nell’87. E Gianluca, che è l’amministratore delegato di Yamamay con delega alla comunicazione, è lui che ha inventato
Regole, intuizioni e successi del patron di Carpisa e Yamamay
Cimmino: lavorate un’ora più degli altri
«Casa Carpisa», all’Interporto di Nola è il nuovo quartier generale dell'azienda: quattro piani, 10 mila mq coperti, in cui oltre a una scuola di formazione, c’è tutto quanto possa servire ai 150 collaboratori che vi lavorano. Sono 430 i negozi del marchio sparsi in Italia e all’estero (Spagna, Serbia, Grecia, Germania); ogni anno vengono venduti 13mila pezzi per un fatturato che nel 2009 ha toccato i 115 milioni di euro. Il fenomeno Yamamay, invece,
Le aziende in cifre
molte campagne promozionali per i due marchi, tra cui l’ultima, la “green revolution”, progetto basato sulla ecocompatibilità e sul riciclo». Dal 2001 i due giovani sono entrati in società prima con la famiglia Garda, industriali varesini di lunga
concorrenti bastava lavorare un’ora in più degli altri. Ed avere un sogno nel cassetto da realizzare». L’ultima sfida di Cimmino, in ordine di tempo, è stata di creare una linea di prodotti beauty per Yamamay. Sono due anni che ci lavora ed è andato
conta più di 500 negozi di cui 70 all’estero. Lo store più grande della catena è a Colonia (400 metri quadri); Il marchio ha inaugurato uno shop in the shop a Tirana e un corner nell’aeroporto di Manchester. Tra un mese aprirà a Barcellona, precisamente sulle Ramblas un quinto negozio al posto di Massimo Dutti. Per l’estate, invece, il marchio sbarcherà ad Ibiza
di Laura Cocozza esperienza nel settore dell’intimo e poi con la famiglia Carlino, napoletani specializzati nel campo della pelletteria. Per sé Cimmino non ha voluto incarichi societari, se non un ruolo di consigliere all’interno di Yamamay. «Vedo troppi miei colleghi imprenditori che soffocano le aspirazioni dei loro figli con la loro costante presenza: non voglio fare lo stesso errore». Ai figli dice di non aver mai dato particolari consigli, ma di aver trasmesso loro alcuni valori attraverso il suo esempio. «Ho sempre mantenuto un’estrema chiarezza e correttezza nei rapporti professionali ed ho sempre creduto che per riuscire a fare meglio dei
persino nella foresta amazzonica per trovare gli ingredienti più efficaci. A parte un’invasione di scimmie nella stanza d’albergo, tutto è andato a meraviglia ed è tornato con ingredienti naturali ma molto innovativi che saranno alla base della prossima linea di creme solari, abbronzanti e tonificanti. Un tonificante, di altro genere, servirebbe anche all’economia italiana: «È dagli anni ’70 che non si fa altro che parlare dei diritti e mai dei doveri, ed oggi se ne pagano le conseguenze. L’Italia viaggia con un’andatura lentissima rispetto agli altri paesi, europei ma soprattutto asiatici. Per non parlare di
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Napoli: sono tre anni che devono ripavimentare via Marina ed ancora è una gruviera». La soluzione è sempre la stessa: bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare un’ora più degli altri. «Questo è l’unico segreto per farcela: siamo tutti più o meno dotati di talento, e quindi chi si applica di più riesce di più. Credo che i miei figli l’abbiano assimilato fin troppo bene: ora di tanto in tanto cerco di ricordar loro che il lavoro non è tutto nella vita ma non mi ascoltano proprio. Ecco, a volte mi sento un po’ responsabile del fatto che non si divertono abbastanza».
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Negli ultimi tre anni sono aumentate in modo clamoroso le intercettazioni telefoniche ed ambientali eseguite nell’ambito dei procedimenti penali. Per comprendere l’entità del fenomeno occorre indicare i numeri trasmessi dalla Procura della Repubblica di Napoli al Ministero della Giustizia e relativi all’anno 2008 XVIII/Il Grande Orecchio
Non importa ciò che è, ma quello che diventa importante:
un’irrinunciabile porta-spia su ciò che non si può non sapere
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Le richieste di autorizzazione a disporre le intercettazioni inoltrate dal Pubblico Ministero (sezione Direzione distrettuale antimafia) all’ufficio Gip sono state 756 (delle quali 717 sono state accolte), i decreti d’urgenza disposti dal P.M. e convalidati entro le 48 ore dal Gip sono stati ben 4548, mentre le richieste di proroga di intercettazioni già disposte sono state 9896. Le sezioni ordinarie della Procura della Repubblica di Napoli hanno inoltrato 297 richieste di autorizzazione a disporre le intercettazioni, hanno emesso 423 decreti d’urgenza e 1622 richieste di proroga di intercettazioni già disposte. Questi dati, riferiti al solo 2008 e in costante crescita nel 2009 devono essere attentamente letti, difatti quando si parla di richieste e di decreti non si fa riferimento ad un’unica utenza telefonica o ad un unico ambiente da intercettare atteso che lo stesso decreto può contenere un numero plurimo di utenze e di luoghi ove si vogliono captare le conversazioni. Così come appare evidente e palese il sempre
maggiore ricorso alla decretazione d’urgenza prevista dal legislatore in casi di necessità e divenuta, di fatto, strumento ordinario d’indagine laddove si consideri che i decreti d’urgenza emessi da tutte le sezioni della Procura della Repubblica di Napoli sono stati 4971 a fronte di 1053 richieste ordinarie di autorizzazione a disporre le intercettazioni. Questo appare essere il dato più preoccupante atteso che il
Gip ha soltanto 48 ore di tempo per esaminare il fascicolo e per convalidare le intercettazioni disposte dal P.M.
Non bisogna, tuttavia, dimenticare che lo strumento delle intercettazioni telefoniche ed ambientali appare ancora essere uno strumento indispensabile per la effettuazione di indagini soprattutto per sconfiggere i reati di criminalità organizzata ma l’entità del fenomeno dimostra o che tutti i napoletani sono camorristi o che si ricorre a tale strumento anche nei casi in cui non è necessario. D’altronde la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che non occorre essere iscritti nel registro degli indagati per essere intercettati essendo sufficiente che dalle conversazioni captate possano emergere elementi utili per il prosieguo delle indagini. Nel 2006 il «controllo degli indagati» è costato poco meno di 224 milioni di euro. Nell’anno precedente la spesa era stata anche maggiore: quasi 287 milioni. La riduzione è forse dovuta alle misure adottate per contenere i costi, ad esempio, del noleggio delle apparecchiature, passato da 70 a 20 euro al giorno. Una ricerca elaborata dall’Eurispes rileva che in soli cinque anni, dal 2000 al 2004, le intercettazioni telefoniche sono aumentate del 128%.
Spese sostenute dagli uffici giudiziari anni 06/07/08
di Alberto Capuano* Nella relazione del Ministero - DOG / Direzione di Statistica, si riportano i dati relativi al triennio 2006-2008 e sono quelli ricevuti fino al 20 novembre 2009 dalla maggior parte degli uffici giudiziari. Dai dati emerge che le intercettazioni costituiscono la maggior voce di spesa sostenuta dallo Stato (33% di tutta la spesa pagata dall’Erario per le spese di giustizia nell’anno 2008). Dell’importo liquidato per le intercettazioni nel corso dell’ultimo anno il 79% è stato speso per il noleggio degli apparati, il 13% per le fatture emesse e il restante 8% per l’acquisizione dei tabulati Voci di spesa
Anno 2006
Anno 2007
Anno 2008
Spese
295.229.819,95
312.191.597,37
302.288.367,24
Viaggi Incarichi Intercettazioni Straordinarie processi penali
6.712.740,69 16.982.730,31 243.134.926,83 15.597.596,05
6.860.477,59 18.298.917,34 251.988.076,77 21.917.336,91
6.911.954,71 21.407.651,38 244.425.064,97 15.985.497,45
Da quanto detto consegue la necessità di riformare la disciplina relativa alla intercettazioni telefoniche ed ambientali limitandole, innanzi tutto, nei confronti di persone già iscritte nel registro degli indagati e ciò al fine di evitare che le stesse rappresentino una enorme rete gettata in mare e sollevata dopo molti mesi al fine di vedere chi e cosa vi è caduto all’interno ma senza dover rinunciare a questo importante e fondamentale strumento senza il quale lo Stato non avrebbe potuto raggiungere importanti risultati nella lotto contro la criminalità organizzata.
Ipotizzando che per ogni utenza controllata siano coinvolte un centinaio di persone diverse (familiari, amici, colleghi), nel decennio 1995-2004 si arrivano a contare 30 milioni di italiani ascoltati dal «grande orecchio». Significa che tre persone su quattro nella fascia d’età tra i 15 e i 70 anni sono state, o continuano a essere, intercettate. *Giudice in servizio presso la sezione Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli
I trucchi anti-intercettazioni
Esistono diversi metodi per impedire che una intercettazione possa essere efficace, ovvero utilizzando strumenti di crittografia telefonica. Tecnologie di cifratura che si applicano a computer e telefoni mobili smartphone e che «criptano» la voce prima di inviarla su di una rete dati. Un esempio è il software PrivateGsm. che non ha bisogno di essere installato anche dai telefoni che ricevono la chiamata, ma solo da quelli che la fanno partire: infatti il programma invia un sms all'utente a cui si vuole telefonare, che contiene la «chiave segreta» per decodificare la chiamata. I progressi della tecnologia a basso costo hanno fatto sì che a spiare non siano solo le forze dell’ordine autorizzate. Aumentano, infatti, le intercettazioni «fai da te» (punibili con 5 anni di carcere) affidate ad agenti privati per questioni di fedeltà coniugale, ma anche aziendale. Le informazioni rubate dalle aziende possono valere un patrimonio (le prime mille aziende del mondo perdono circa 50 miliardi di dollari l’anno a causa delle informazioni rubate dai rivali) e quindi scatta la corsa allo spionaggio fatto in casa: con 30 euro è possibile comprare un chip Spy Phone, da installare sul telefonino per ricevere tutti i suoni captati nel raggio di 5 metri del telefono spiato. Mentre, con 99 euro, è possibile acquistare l’antidoto, il KO Spy, un software capace di individuare e neutralizzare gli Spy Phone nelle vicinanze.
30 milioni di italiani intercettati. Urge una riforma per contenere le spese
Il Grande Orecchio
LAPORTASEGRETA
XXII/L’uomo e l’abisso Ognuno ha una passione nascosta che muore dalla voglia di raccontare agli altri
Lì sotto a 40 metri trovo pace e cultura
L’uomo el’abisso Le confessioni di uno speleologo napoletano
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Di fare notizia gli capita spesso. Gianluca Minin, 39 anni, sposato, laurea in Scienze Geologiche, speleologo per
passato. Su e giù dagli inferi napoletani, magari appeso a una fune di 50 metri come gli è capitato in un abisso sotto
piazza Plebiscito per restaurarlo e farne un sito turistico. Così è nata la società «Borbonica Sotterranea», tarata apposta sulla nuova avventura. Ora la galleria è quasi pronta ma Minin non dimentica la guerra dei permessi: «5 anni di sofferenze, accampati sull’uscio della burocrazia comunale. Agli assessori l’idea piaceva. Ma quando la pratica è finita sul tavolo di tecnici e dirigenti municipali, è iniziato il delirio: superficialità, supponenza, disinteresse. E così si affossano tanti giovani che potrebbero essere risorsa preziosa per la città. Il permesso, alla fine, ce lo ha dato il Demanio». Intanto, in quel tunnel Minin è andato di nuovo a segno, finendo ancora sui media: «Durante la rimozione di quintali di detriti, propiziata dalla disponibilità della Quick (ndr. società che nell’antro di via Morelli sta realizzando un grande parcheggio) e da una scavatrice dell’impresa Cipa, sono affiorati - spiega lo speleologo - 6 colossali altorilievi di era fascista. E si potrebbe valorizzarli in loco». Tunnel turistico: a quando l’apertura? «Fosse per noi, tra 2 mesi. Ma servono risorse. E forse sarà il Nord a darci una mano: ad esempio la
di Alvaro Mirabelli vocazione, nel ventre di Napoli ci va per mestiere. E ha un vizio: tutte le verità, comode o scomode, intercettate nella città sotterranea, le porta alla superficie. In cronaca ci è già finito 6 mesi fa: le sue rivelazioni sulla monnezzopoli, germogliata nella città di sotto, seminarono gravi imbarazzi tra gli amministratori locali. «L’uso infame delle cavità, stracolme di rifiuti abusivi da Chiaia a Marianella, è noto da un pezzo: una vergogna che, però, andava resa pubblica nella speranza che qualcuno arginasse questa malapratica», si inalbera lo speleologo che nel cuore di tenebra della città ha già scoperto 40 nuove cavità, andate ad aggiungersi al centinaio già inventariato in
Monte di Dio: coi rischi e la fatica che la cosa comporta. Ma chi glielo fa fare? Il fatto è che andare a spasso da un antro all’altro, gli piace da matti. «Un’idea fissa da sempre», conferma lui. Che nel ’99 è passato all’azione, edificando da zero con altri spericolati la società Ingeo. E che ha toccato il cielo con un dito nel duemila quando il Commissariato al Sottosuolo lo ha ingaggiato per ispezionare le viscere della città: incarico svolto fino al 2008, finchè sono durati i quattrini. E nel frattempo, siccome non gli bastava, nel 2005 Minin, accarezzando un’idea che poi è diventata un percorso di guerra, ha puntato un altro obiettivo: scavare nel vecchio tunnel borbonico che collega via Morelli a
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Banca Popolare di Milano. E costa anche l’illuminazione: ad Aprile, ci sarà un sopralluogo di Enel Sole. Speriamo. La città lo merita». Già, Napoli: «Città unica gestita da persone che vivono nel medioevo. Ma io sono fortunato: lì sotto, a 40 metri, trovo pace e cultura».
XXVI / I Giganti ritrovati XXXI / Bonelli, l’audace
laportasulrètro IL PASSATO È L’UNICA COSA DI CUI SIAMO DAVVERO CERTI
Apre a Sant’Elmo «Napoli Novecento»
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fotografie pubblicate per gentile concessione di Civita
tour d’honneur in 70 anni di arte napoletana
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NN: l’acronimo sfida ironie scontate. Dietro la sigla si cela, però, l’identità orgogliosa di una nuova creatura dello scenario espositivo partenopeo. Si chiama «Napoli Novecento», è il neonato museo d’arte moderna della capitale del Sud e abita negli spazi del Carcere Alto di Castel Sant’Elmo. Al suo interno le 170 opere di 90 artisti, tutti napoletani (o non partenopei ma attivi in città) la cui parabola creativa ha navigato il «secolo breve» tra il 1910 e il 1980. Un museo con un padre e una madre: Nicola Spinosa, sovrintendente del Polo Museale Napoletano, che coltivava l’idea da una vita, e Angela Tecce, direttrice di Castel Sant’Elmo, guadagnata alla causa dal sovrintendente. Tutti e due testardi quanto basta per condurre in porto una sfida culturale da sudori freddi fino all’apoteosi finale: l’inaugurazione del 5 marzo. «Napoli Novecento»: ovvero tour d’honneur in 70 anni di arte napoletana, selezionata dai due mattatori con criterio storicocronologico in gradevole bilico sull’intento didattico. Un percorso che privilegia pittura, scultura, disegno e anche grafica sperimentale, frenando appena in
infilare italiani e napoletani del ‘900 nel retrobottega della storia dell’arte. Adesso, però, a Sant’Elmo raccolgono gloria firme come quelle di Vincenzo Gemito, Eugenio Viti, Antonio Mancini, Luigi Crisconio, Edoardo Pansini o Emilio Notte. In ogni caso 90 autori: e, per assemblarli, salti mortali. Le opere, infatti, provengono dalle raccolte della Sovrintendenza, dalla Gnam di Roma, dal Museo d’Arte Moderna di Rovereto e persino da collezionisti privati. Ma già Spinosa scavalca il presente: «Chissà che tra qualche
anno il Museo, magari accresciuto da nuove acquisizioni, non possa essere trasferito nei sontuosi ambulacri in tufo di Sant’Elmo. Ma questo sarà un impegno per altri». Lascito impegnativo per i suoi successori.
Igiganti ritrovati di Alvaro Mirabelli tempo sull’uscio degli anni ’80 e risparmiando così a sé stesso e al prossimo le furbate del «concettuale contemporaneo». Un museo costato fatica - commenta chi conosce i retroscena dell’avventura - ma soprattutto un atto di giustizia nei confronti di tanti formidabili maestri del ‘900 partenopeo, castigati da un ostracismo critico e commerciale durato un secolo, emarginati da una città troppo spesso matrigna, inchiodati a scarsa fortuna critica da un’esterofilia troppo disponibile a
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Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore di Oscar Medina
Ha poco più di due anni di vita ma le credenziali sono già quelle di un grande attrattore culturale, malgrado la scarsa promozione che ne ha scortato il decollo. Ennesimo fiore all’occhiello del Decumano Maggiore, il Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore è stato inaugurato a dicembre 2007 negli spazi della cinquecentesca Torre Civica, annessa al grande complesso conventuale angioino. Un percorso museale che si è inserito a pieno titolo accanto ai tradizionali gioielli incastonati nella grande struttura medievale di piazza San Gaetano: vale a dire la chiesa, il chiostro, la Sala Capitolare, la Sala del Refettorio e l’area archeologica, anch’essa teatro di un’ulteriore sorpresa visto che da maggio 2009 è addirittura raddoppiata l’estensione del sito. Il Museo intanto offre testimonianze di un arco temporale compreso tra l’età greco-romana e l’Ottocento, riflettendo fedelmente la millenaria stratificazione storico-artistica avvenuta in San Lorenzo. Proprio in questo scorcio del Decumano Maggiore infatti si sono alternati la polis greca, il foro romano, una basilica paleocristiana, infine la chiesa e il convento voluti da Carlo I d’Angiò e dai suoi successori tra il 1270 e il 1275. Le sale del Museo dell’Opera ospitano, dunque, reperti di epoca greco-romana e paleocristiani, venuti alla luce durante le operazioni di scavo della sottostante area archeologica. Ma l’itinerario è anche ricco di capolavori pittorici. Tra essi l’affresco (1330-1340) di ignoto giottesco che rappresenta «San Francesco che dà la regola ai Minori e alle Clarisse» e che ornava la lunetta del portale gotico che introduce alla sala Capitolare. O la suggestiva tavola della «Madonna con Bambino in trono» (1305), purtroppo mancante della parte superiore, e una preziosa «Natività», entrambe firmate da Montano d’Arezzo, altro eccelso maestro attirato a Napoli dai mecenati del reame angioino. E ancora la tavola cinquecentesca, intitolata «Madonna con Bambino, San Francesco e gli angeli», realizzata da Francesco Curia o il gigantesco olio su tela secentesco di Domenico Antonio Vaccaro. Da tempo, poi, tra le perle di San Lorenzo spicca l’ormai famoso sito archeologico, emerso dal sottosuolo. La buona notizia, abbastanza recente, è che dallo scorso maggio l’area recuperata dagli archeologi ha raddoppiato la sua superficie. Il percorso sotterraneo, che già offriva testimonianze consistenti dell’antico mercato di Neapolis, con porticati, botteghe, mosaici, taverne, ha incrementato quindi le sue meraviglie, includendo ad esempio un’antica «schola», sede di corporazioni sacre, che appare decorata da pareti e pavimenti pregiati.
Il complesso di San Lorenzo Maggiore: gloria del decumano maggiore. E da due anni, al suo interno, c’è una credenziale in più, sontuosa ma misconosciuta: il Museo dell’Opera. Il percorso, sistemato nell’antica Torre Civica, contiene splendide testimonianze la cui cronologia (dal settimo secolo a.C. al medioevo angioino) riflette la millenaria stratificazione storica, sedimentatasi in quel lembo di Napoli
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Le meraviglie del Museo Contadino di Luca Saulino
La struttura è tornata al suo storico splendore grazie ad un intervento di ristrutturazione realizzato dal Comune, che mette fine ad un lunghissimo periodo d’abbandono. Si è concretizzato così lo sforzo dell’associazione «Maria Santissima della Luce», da sempre legata a Palazzo Carizzi, nel quartiere di S. Pietro a Patierno, attraverso attività tese alla valorizzazione dell’edificio, come l’esposizione nelle sue sale di attrezzi del passato, l’organizzazione di laboratori improntati alla conoscenza delle tradizionali attività della zona, al teatro e all’allestimento di una fattoria didattica. «L’obiettivo dell’iniziativa – spiega il professor Antonio Esposito, studioso della storia dell’area nord del capoluogo campano e cicerone del museo – è quello di mantenere viva la memoria dei territori a vocazione agricola, poi diventati periferia della città, perché è sulla memoria che si costruisce il futuro dei giovani». Nelle sale al piano terra del settecentesco edificio sono raccolti oggetti donati da docenti, contadini ed eredi, riconducibili al periodo in cui la lavorazione della terra e delle calzature costituivano le principali risorse di sostentamento per la popolazione locale. Il museo si divide in tre sezioni che s’integrano nell’interezza del complesso architettonico costituito da corti, padronale e contadina, la cappella, il cellaio, i pozzi, i veroni, il giardino con l’orto didattico. La prima è dedicata alla religiosità popolare. Qui sono custoditi reperti di antiche cappelle, arciconfraternite ed associazioni, oltre ad una notevole collezione di presepi. Nell’ala dedicata all’agricoltura si possono notare la riproduzione di una casa di un contadino eattrezzi di piccoli e grandi dimensioni, collocati su un cellaio, che venivano utilizzati per l’aratura, la semina, la raccolta, il vino e la vendita dei prodotti, tra cui antichi aratri, crivelli, solcatoi, gioghi, rastrelli, falci a mano, botti, torchi. E poi una falciatrice elettrica, una macchina spoliatrice a mano, una delle prime grandi trebbiatrici. Non manca un reparto che racchiude centinaia di foto e documenti d’epoca. Il museo, abituale luogo di visite guidate di scolaresche ed anche luogo di ricerca e di studio per studenti universitari, è aperto dal martedì al sabato dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20, nei giorni festivi invece solo la mattina. Al museo sono legati due laboratori: uno di animazione artistica e l’altro dal titolo «Coltiva il tuo spazio verde in masseria». Anche nel 2009, in occasione delle festività di fine anno, Masseria Luce ha ospitato il presepe vivente, durante il quale i figuranti hanno rappresentato i vari mestieri della tradizione presepiale napoletana con i loro banchi e le relative attrezzature, e la suggestiva sfilata dei re magi a cavallo il giorno dell’Epifania.
Esistono testimonianze di una cultura e di un’economia purtroppo scomparse nel Museo della civiltà contadina, nascosto in via Luce a San Pietro a Patierno. È un viaggio alla riscoperta dell’antico casale, un tempo noto per la produzione di calzature, oggi per la morsa del degrado e dell’invivibilità che lo attanaglia, quello che si può fare all’interno della Masseria Luce.
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La mostra sulla casa editrice pioniera dei comics all’italiana
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«L’audace Bonelli, l’avventura del fumetto italiano» è la grande mostra dedicata alla più prestigiosa casa editrice di fumetti made in Italy, la storica Sergio Bonelli. L’esposizione, a cura di Napoli Comicon, promossa dall’assessorato alle Politiche Giovanili, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e Sergio Bonelli Editore, è inserita nel progetto VisioNa 2010 ed è visitabile gratuitamente al Pan in via dei Mille 60 fino al 9 maggio. Oltre 150 tavole che mostrano l’evoluzione di un’arte che appassiona sempre meno bambini e sempre più adulti, attraverso la storia della casa editrice Audace, nata tra il 1939 e il 1940 per volere di Gianluigi Bonelli e portata avanti, insieme alla moglie Thea, fino al dopoguerra quando nel 1950, dopo la nascita di Tex, l’azienda fu affidata nelle mani del figlio Sergio. Da Martin Mystère a Dylan Dog, passando per Magico Vento, Zagor, Dampyr, Nathan Never, Mister No, Piccolo Ranger e ovviamente il mitico Tex, visto dai più grandi illustratori italiani, in un allestimento unico al mondo per rarità delle illustrazioni, tutte curate nei minimi dettagli sia sotto l’aspetto storico che
con Sergio Bonelli che ha definito l’esposizione la più completa mai realizzata in Italia sui fumetti della casa editrice. Un’arte, un tempo definita come «il cinema dei poveri», che Bonelli porta avanti con passione e professionalità, sovrintendendo personalmente alla nascita dei nuovi progetti ma
Bonelli,l’audace di Rita Giuseppone bibliografico. La mostra, che ha ricevuto anche il patrocinio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, celebra la fortunata e, ovviamente, audace intuizione di Gianluigi Bonelli nel centesimo anniversario della sua nascita e nel settantesimo di quello della casa editrice milanese. L’evento si snoda su molteplici percorsi tematici, dagli esordi ai progetti più recenti, passando per i disegnatori più illustri e le nuove leve della scuola campana, ed è arricchito da diversi dibattiti, pubblicazioni e incontri tra i quali quelli
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restando fedele alle origini del fumetto. Ancora oggi, infatti, il lettering e i disegni vengono eseguiti a mano con matite e chine, solo la sceneggiatura viene sviluppata al computer per non deludere un pubblico di lettori più ristretto rispetto a vent’anni fa ma senz’altro molto più esigente.
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Arte / Costume / Storie / Personaggi / Cultura / Lifestyle / Eventi / Turismo / Relax / Webmania
Starnone, «voyeur» dell’arte
Nelle foto le immagini catturate da Starnone nei musei più importanti del mondo
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Starnone, «voyeur» dell’arte di Valeria Puntuale
Uno sguardo cattura momenti fugaci, immagini e situazioni sul filo del surreale, l’ironico e il grottesco, immortalati dal «clic» di una macchina fotografica. L’azione si svolge nei musei più importanti del mondo, habitat naturale del «ladro di immagini» Vincenzo Starnone, abile nel cogliere nelle sue istantanee il rapporto che nasce tra i visitatori e l’opera d’arte. La natura che imita l’arte è l’ispirazione della mostra «Viaggio nei musei» tenutasi di recente nella sala Carlo V del Maschio Angioino. In una vera e propria indagine antropologica, Starnone, medico napoletano, ha individuato in 40 scatti, in bianco e nero e a colori, le similitudini tra lo spettatore e la creazione artistica, ricavandone un’ulteriore rappresentazione. Londra, Washington, Pompei, Atene, Parigi, Napoli: i visitatori dei musei sono tutti uguali e tutti diversi mentre si rispecchiano nelle manifestazioni creative
dell’artista, «altro da sé» che stanno osservando. «Dov’è successo non importa - racconta Starnone - vi è una modificazione, una nuova dimensione dove ognuno partecipa al momento della fruizione estetica e la trasforma in qualcosa di inatteso e diverso». Così si può sorprendere un uomo che potrebbe essere il sosia di Van Gogh ad osservare l’autoritratto dell’artista olandese, o fermare, nel gesto di una turista che si sfila la macchina fotografica dal collo, i contorni della sagoma di una statua di Picasso che sta accanto a lei, oppure ancora catturare le similitudini tra i cavalli immersi nella «Montagna di sale» di Mimmo Paladino a piazza del Plebiscito e un gruppo di ragazzi che passano accanto all’installazione. I visitatori dei musei, dunque, diventano contemporaneamente soggetto e oggetto dell’arte. Nella visione di Starnone, sono le opere che vanno verso gli spettatori e i luoghi dell’arte si trasfor-
Viaggio nei musei alla scoperta dei comportamenti umani
mano, da semplici contenitori, in momento di integrazione tra l’osservato e l’osservante. Il «Viaggio nei musei» del medico napoletano, durato trent’anni, parte negli anni ’70 dalla Mostra d’Oltremare nella Napoli di Valenzi per poi svilupparsi in giro per il mondo, cogliendo dettagli particolari secondo una visione artistica non accademica ma socializzante. Mon una museografia insomma, ma uno studio dei comportamenti umani e degli atteggiamenti comuni, buffi o sorprendenti di chi si trova a contatto con rare e pregiate espressioni della creatività dei artisti del passato. «Da fuori, da estraneo, ho visto tutto questo - ricorda Starnone - partecipando a questi avvenimenti con il mio occhio meccanico. Non ricordo più in quanti e quali luoghi è successo, ho la memoria confusa dagli stessi eventi, ho semplicemente vissuto un momento diverso nell’ammirare l’estetica di adesso e di sempre».
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di Francesco Iodice
Presso il Palazzo delle Arti di Napoli (PAN), alla presenza della vedova di Gianni Rodari, Maria Teresa Ferretti Rodari e del direttore del Centro Studi Gianni Rodari di Orvieto Mario Di Rienzo, ha preso il via l’esposizione «Cromatica della fantasia» che apre la mostra «Essere o apparire?», aperta fino al 17 maggio. La manifestazione fa parte della sesta edizione del progetto «Girogirotondo, cambia il mondo» ideato dalla giornalista Donatella Trotta: un percorso di educazione alla legalità, all’intercultura, all’arma nonviolenta del sorriso per una «cromatica della fantasia», dell'associazione culturale Colibrì, premio Andersen 2007 per il miglior progetto educativo. L’instancabile attività di Trotta consentirà a versi, storie e immagini di dialogare attraverso mostre, incontri con autori, laboratori creativi, reading e animazioni. Kolibrì è un’associazione culturale napoletana, nata per dare casa a passioni e competenze di chi scommette sui più giovani come anticipo di fu-
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Filastrocche in cielo e in terra di Gianni Rodari
turo. Tutela e divulga la cultura e i diritti dei bambini e degli adolescenti in dialogo con il mondo degli adulti. «Cromatica della fantasia» è un triplice percorso espositivo con due mostre (una inedita, in anteprima nazionale, con prestiti d'epoca), dedicate a Gianni Rodari, grande e poliedrico autore del Novecento: “Rodari Fullcolor”, con 75 opere di illustratori italiani dedicate alle storie di Gianni Rodari e “Il gioco dei se” che comprende illustrazioni e sculture inedite, ispirate dalle poesie e filastrocche di Rodari, Premio Andersen, Nobel della letteratura per l’infanzia, che continua ad essere amato dai bambini e dagli adulti. Rodari - scrittore, favolista e giornalista - a nostro parere, fu sopratutto un educatore perché aveva capito che nessuna riforma della società è possibile se non si parte dalla scuola. Il team di Kolibrì (www.kolibrinapoli.it) è composto da Francesca Assirelli, Bruno Cantamessa, Antonella Giardiello, Martina Peluso, Marilina Ricciardi, Anna Maria Schisano e Donatella Trotta.
PALAZZO SAN TEODORO “FLASH OF GOLD”, FOTOGRAFI PER UNA NOTTE na serata unica e assolutamente innovativa», questo il commento che è corso di bocca in «U bocca fra tutti gli oltre trecento partecipanti di «Flash of gold», la serata-evento organizzata a Palazzo San Teodoro da Luciano Ferrara (art director degli eventi culturali del palazzo rosso
pompeiano sito alla Riviera di Chiaia). Un’incredibile rassegna di colori, sapori e suoni ha caratterizzato la serata, incentrata sulla creatività di esprimersi a trecentosessanta gradi e in tutte le sue forme. Agli ospiti, infatti, è stata data la possibilità di diventare “golden reporter” della serata, grazie alle fotocamere monouso consegnate dalla Sifacademy, Scuola Accademica di Fotografia. In questo modo si è creata la possibilità di interagire con un vero e proprio set fotografico e con professionisti, guidati da Stefano Nasti, fotografo di moda, dando vita alla performance del «Fashionaires Arts», format nato a Londra che sta ramificandosi con eventi simili sia in Italia che in Barhein e prossimamente anche a Berlino e New York. Mattatore della serata Oliver Morris, il fotografo londinese ideatore del format, intervenuto con le sue splendide modelle di punta, vestite dagli abiti creati per l’occasione da Carmine Vallone della griffe «via Roma 66» e truccate coi prodotti della «Ultima II», sponsor della serata. Gli scatti realizzati dagli ospiti saranno visionati da una giuria composta da Luciano Ferrara, Mario Avallone de «La stanza del Gusto» e Antonio Fiore del Corriere del Mezzogiorno. I tre vincitori verranno premiati con dei doni offerti da Ileana della Corte nel corso di un aperitivo al Seventy Lounge Bar di via Bisignano. Altre chicche della serata sono state l’esposizione di un’opera in tema con l’evento realizzata da Danilo Ambrosino e la suggestiva performance del soprano Anna Maria Sica accompagnata dalla fisarmonica del maestro Sasà Mendoza. Gli ospiti di «Flash of Gold» hanno potuto degustare i prodotti offerti da Confagricoltura Napoli, tra cui i vini de «la Strada del Vino del Vesuvio» e i prodotti gastronomici tipici del comprensorio vesuviano. Tra gli altri ospiti, sono stati avvistati: Claudio Montuoro con Gaia e Pierluigi, Gnagni Chef, Gino Calenda, i gemelli Foglia Manzillo, Luciana Manfredonia, Furio Stasi, Stefania e Nika del Barone, Francesca Leosini, Marina Improta, Giovy Caiazzo, Guido Cabib, Peppe Morra con Teresa, Giovanna Fontanelli, Maria Grazia Biggiero, Gianfrancesco Zezza Mottola d’Amato, Federica Spada, Alessandra Naldi, Paolo Bonavolontà, Paola De Giorgio, Guglielmo Rubinacci, Peppe Leonetti, Peppe Ursino.
Foto di Stefano Nasti
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Vernissage giovedì primo aprile alla Galleria Monteoliveto di piazza Monteoliveto 11 per due mostre che rientrano nel Progetto Itinerari Napoletani 2010. Fino al 14 aprile, infatti, sarà possibile visitare la personale di Marta Vezzoli «Intimi legami
fra sogni e vita» e «Primavera Grand Format», collettiva di artisti dedicata al grande formato con opere di Alfieri, Cherny, Giannetti, Minowa, Russo, Sceral, Vaccaro e Vairo. Nella collettiva anche alcune opere della Vezzoli, l’artista bresciana, classe 1976, che oggi vive e lavora a Pavia, e che espone per la prima volta a Na-
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poli i suoi ultimi lavori caratterizzati da riflessioni più intimistiche, espresse da tele dove le geometrie materiche e pastose sono segnate, quasi incise, da tagli netti che creano zone d’ombra e nuovi anfratti da scandagliare, facendo emergere
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Dalle tele intimistiche della Vezzoli ai «Libri bianchi» di Perrone, passando per le «Four Decades» di Martin Parr
un ritrovato sé vibrante di colore. I comportamenti sociali, il modo in cui le persone arredano le proprie case, i cibi che scelgono di mangiare, gli abiti che indossano e le mete turistiche che prediligono sono i soggetti preferiti delle foto dell’inglese Martin Parr, in mostra da giovedì 8 aprile presso lo Studio Trisorio di Napoli, in via Riviera di Chiaia 215. Il suo sguardo acuto e ironico ha prodotto un'attenta riflessione sul consumismo, inteso non solo come stile di vita, ma come ideologia paradossale della società contemporanea. La personale «Four Decades», in mostra fino al 29 maggio, ripercorre 40 anni di carriera del fotografo, membro della prestigiosa agenzia Magnum Photographic Corporation: in esposizione le prime opere in bianco e nero degli anni ’70 scattate a Manchester, nello Yorshire, nell'East Sussex, gli interni domestici della serie Home Sweet Home (1974), e varie immagini delle serie The Last Resort (1983-86), Small
Primavera della creatività
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World (1987-94), Bored Couples (1991-93), Common Sense (1995-99) e Luxury (2009). I lavori di Parr esprimono soprattutto una riflessione sulla fotografia come mezzo di rappresentazione del reale in un mondo in cui il reale e la sua immagine si confondono sempre di più fra loro. Un connubio singolare, ma molto affascinante, quello tra libri ed arte, è stato l’anima dell’esposizione di Lorenzo Perrone nelle sale di Al Blu di Prussia, in via Filangieri 42, fino al 3 aprile. «Libri bianchi», titolo della mostra, è anche il nome del filone artistico su cui il milanese Perrone lavora da circa sette anni. L’artista spoglia i libri del loro contenuto, rendendoli oggetti apparentemente anonimi, con colla, gesso, vernice, anime di metallo, eseguendo un lavoro che lo scrittore Kerbaker ha definito «ossessivo, un po’ angoscioso e un po’ furioso come tutte le ossessioni, dove quella che inizia come una sottrazione
diventa vera e propria scarnificazione». Così i libri bianchi di Perrone non perdono la loro funzione originaria, ma anzi raccontano storie attraverso il filo spinato, ad esempio, come in «Arcipelago Gulag» o, come in «Spaccanapoli» mediante uno squarcio profondo che attraversa in maniera trasversale le pagine rigide ed immobili e che rappresenta il cuore della città partenopea.
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Nell’autobiografia curata da Luciana Renzetti, la vita intensa e cosmopolita del compositore napoletano
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di Aurora Cacopardo
La letteratura e la musica del ‘900 sono state caratterizzate da griglie che hanno posto all’attenzione scuole di pensiero, modelli musicali, eredità e innovazioni che si sono definiti
nel corso delle stagioni in cui gli scrittori ed i musicisti sono stati protagonisti. Antonio Braga compositore, saggista, giornalista musicologo napoletano è stato anche organizzatore di eventi, abile
conversatore, viaggiatore instancabile, un personaggio che ha portato nel mondo musicale del nostro tempo una chiave di lettura profonda sulla concezione di un rapporto tutto giocato tra vita e musica. Lo sottolinea egli stesso in «My four cities» (Iuppiter Edizioni): «Alla fine degli studi liceali, ebbi la folgorazione musicale... ed iniziai i corsi di piano e di composizione al Conservatorio San Pietro a Majella sotto la direzione del maestro Vincenzo Vitale». Le sue partiture musicali amava ripetere - erano lunghi diari nei quali le avventure si incrociano con la memoria, con il mistero, con i simboli. Per cui i lavori del Maestro Braga ritengo possano essere letti come in una cesellatura musicale tra le pieghe della vita ed i filamenti del tempo. La Sinfonia biografica
Braga, maestro gentiluomo
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in quattro movimenti» ci rivela che il Maestro Braga, in effetti, ha avuto quattro patrie: quella del corpo e della fanciullezza che fu Napoli dove, oltre a diplomarsi in Pianoforte e Composizione, successivamente si laureò in Lettere e Filosofia con una tesi sulla musica ed i musicisti delle corti italiane del Rinascimento; quella della giovinezza e dell’arte che fu Parigi ove, oltre a perfezionare la sua arte, conobbe compositori emergenti che poi sarebbero nel dopoguerra - diventati famosi: Honegger, Milhaud, Poulenc, anche filosofi come Camus, Sartre, Simone de Beauvoir, Jean Genet. A parigi ottenne successo e fama avendo tradotto in francese al-
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NELL’ALTRA PAGINA Braga con Luciana Renzetti La copertina Rossellini e Bergman alla Prima di Miseria e Nobiltà- Parigi 1956 IN QUESTA PAGINA Braga col compositore francese Milhaud Darius Braga tiene Lezione alla Sorbona 1955
cune commedie di Scarpetta e di Eduardo de Filippo scrivendone le musiche per la loro rappresentazione; quella del suo spirito errabondo e sognante: «il mio trentesimo compleanno mi portò un evento eccezionale: il viaggio
uigi Compagnone ha concepito l’attività letL teraria sperimentata da narratore, poeta, saggista come il coronamento e, forse, la compensazione del lavoro giornalistico portandovi la medesima viva sensibilità verso problemi della società contemporanea. La natura surreale e grottesca della sua aspirazione ha favorito una interpretazione emblematica dell’amato-odiato orizzonte napoletano. «La famiglia De Gregorio» (edizioni Guida) a cura di Raffaele Messina è un corpus di 28 testi nei quali, come sottolinea il curatore, la satira sociale, di costume tipica di Compagnone, abbandonate le ambivalenze della scrittura umoristica di ascendenza pirandelliana, si manifesta nelle forme della comicità diretta e macchiettistica. I personaggi sono tipizzati: il capofamiglia remissivo, la moglie litigiosa e prevaricatrice, la suocera ingorda, il primogenito disoccupato, il fidanzato della figlia interessatamente servizievole. Raffaele Messina, docente e dottore di ricerca in italianistica, ha curato il recupero dei racconti giovanili di Luigi Compagnone («Gli ultimi Paladini» ed altri racconti, 2006) e nel presente saggio pone in evidenza il disagio della nostra civiltà che è determinato dal contrasto tra la felicità individuale e responsabilità sociale.
verso il nuovo mondo tanto desiderato», San Francisco e le Americhe. A San Francisco ricevette la cittadinanza onoraria e il suo cammino subì alcune evoluzioni che lo portarono ad una meta finale: la sua identificazione con Santo Domingo. Il senso del viaggio per Braga conteneva una forte dimensione mitica: il mito come rivelazione ma anche come memoria, nostalgia, ritorno. La metafora del ritorno ci riporta alla ciclicità del tempo. La vita è sempre un cerchio, si parte da un punto e si ritorna lì da dove si era partiti. Così dopo aver vissuto ad Haiti e Santo Domingo, dove organizzò il dipartimento di Composizione del Conservatorio,
ritornò in Italia. Il viaggio del Maestro Braga, narrato con chiarezza e grande forza evocativa, è stato un lungo percorso nella circolarità dei sogni che vivono dentro di noi e fanno parte di noi. Viaggio circolare in cui la ciclicità ha una sua valenza, non solo formale, ma etica e religiosa. Tutti noi siamo costantemente lungo questa linea d’ombra che ci sovrasta, che crea orizzonti nel mare dei simboli e delle metafore. Tutto sembra trasformarsi ma tutto resta avvolto nel sogno degli archetipi che sono la chiave di lettura, per penetrare, capire, per cercare il senso del nostro essere. C’è chi ci riesce e chi no, il Maestro Braga ci è riuscito.
Inoltre Messina con molto acume padroneggia con disinvoltura e valida scrittura gli argomenti di Aurora Cacopardo e l’articolata ampiezza di vicende più elaborate. Si muove senza incertezze tra realismo ed ironia, umorismo e critica, anche un po’ amara, soprattutto nei confronti di quanto ruota attorno agli ambienti culturali e politici. «La comicità di Compagnone - sottolinea Messina nella sua acuta introduzione al volume - scaturisce dalla messa in scena di situazioni e personaggi di assoluta negatività nei quali lo spettatore riconosce la parte peggiore di se stesso, una parte che gli appartiene anche se di essa si vergogna e vorrebbe nasconderla». È un saggio che va letto e che legittimamente può ambire a rimanere e a non perdersi nel mucchio di pubblicazioni che durano una sola stagione.
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FAMIGLIA RISTRETTA
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di Aldo De Francesco
«Per capire seriamente la storia - disse anni fa Giovanni Spadolini in una delle sue illuminanti evocazioni della shoah - non basta sapere come stanno le cose, ma come sono giunte a stare così; solo in questo modo essa può insegnarci il valore della civiltà, il rispetto che si deve al prossimo, impedire che l’uomo ripeta inenarrabili nefandezze verso il proprio simile». Dopo aver letto la recente opera di Nico Pirozzi, dal titolo: «Traditi», sottotitolo: «Una storia della shoah napoletana», (Edizioni Cento Autori) - il racconto dell’amara e tragica sorte
toccata a una famiglia di ebrei fiorentini, naturalizzati napoletani - devo dire che questa nuova testimonianza, su una delle
SHOAH NAPOLETANA NELLE STORIE DI PIROZZI Da piazza della Borsa 33 all’inferno di Auschwitz
pagine più tragiche della storia dell’umanità, va proprio nella direzione appena evocata, di segno spadoliniano, per valore storico, saggistico e narrativo. Essa informa e ammonisce, narra e fa riflettere, indicando a non limitare a una ritualità il dovere del ricordo, ma a saperlo testimoniare con una conoscenza approfondita. Che, in una vicenda di tale rilevanza
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e di monito per il presente e le future generazioni, deve coniugare razionalità e sentimenti. Giornalista e narratore di lungo e rigoroso corso, divenuto, con le sue opere, riferimento ineludibile per coloro che studiano e moltiplicano le ricerche su questo dolente e tragico periodo, Pirozzi ha saputo cogliere da una normale storia di vita la tragicità di un contesto, visto stavolta da un’angolatura, apparentemente sorprendente, di una famiglia di ebrei che ripose la sua fiducia nel Partito Nazionale fascista, ne condivise fasti e parate, per doverne poi subire con la «shoah» il più atroce dei tradimenti. Siamo nel 1919. È finito da poco il primo conflitto mondiale e nonostante la vittoria, la maggioranza degli ita-
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Foto di S. Siano
MEMORIE IN VIAGGIO, “DOCU” DELLA PROVINCIA CON SHLOMO VENEZIA fa, il 27 gennaio 1945 alle 11.45, l'Armata Rossa entrò nel campo di sterminio di Auschwitz. Ed è questa 6tutto5laanni data che è stata scelta per ricordare le vittime della Shoa. E proprio per non dimenticare, proprio per far sì che questo resti ben impresso nelle menti delle generazioni future, la Provincia di Napoli ha organizzato un viaggio nella memoria, fortemente voluto dal presidente Luigi Cesaro, nei due campi di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, affinché ciò che si scoprì il 27 gennaio 1945 costituisca un monito all'umanità tutta a non ripetere mai più simili atti di crudeltà. La delegazione dell’ente di piazza Matteotti era composta da alunni e insegnanti di istituti superiori del napoletano, una delegazione di studenti universitari della Federico II di Napoli e una rappresentanza della scuola media. Per il «Bernini», oltre a padre Franco, c’erano la professoressa Maria Giordano e il preside Carmine Notaro. I ragazzi della scuola media «Annecchino» di Pozzuoli, erano accompagnati da Luigi Arionte (il preside) e dalla professoressa Aloisa Semler; quelli dell’Itc «Torrente» di Casoria erano guidati da Patrizia Arenga e Marisa Speranza; il liceo scientifico di Sant’Antimo da Angela Sarubbi; l’Itc «Moscati» di Sant’Antimo da Pasquale De Cristofaro; la delegazione dell’istituto Vitruvio di Castellammare di Stabia era coordinata dalla professoressa Adriana Maria Loredana Miro e dal dirigente Sebastiano Piccolo. Il liceo classico «Umberto» dal professor Domenico Bianco; l’Ips «Miglio» di Frattamaggiore da Alberto De Vincenzis; l’Itis «Galileo Ferraris» di Napoli da Giuseppina Marino. Presenti anche gli allievi dell’Itg «Della Porta» di Napoli, i ragazzi dello scientifico «Braucci» di Caivano e gli alunni dell’Itis «Marie Curie» di Napoli (professoressa Maria Filippone). La preside Filippone ha organizzato la giornata conclusiva del percorso sulla memoria presso la sala multimediale dell’Istituto di via Argine. Nel corso dell’incontro, è stato proiettato il documentario «Memorie in viaggio» realizzato dal’Ufficio Stampa della giunta della Provincia di Napoli nell’ambito del progetto Metronapoli WebTV. Il lavoro raccoglie tra l’altro la testimonianza di Shlomo Venezia, unico deportato sopravvissuto che abbia lavorato nei «sonderkommando», squadre composte da internati e destinate alle operazioni di smaltimento e cremazione dei corpi dei deportati uccisi mediante gas.
liani, uscitane malconcia, si industria come può per costruirsi un futuro. In questa maggioranza c’è anche una famiglia di ebrei fiorentini composta da Amedeo Procaccia, la moglie Iole e i figli Aldo, Jvonne ed Elda - che si trasferisce a Napoli, dove è accolta senza alcun pregiudizio. Qui vive da sempre una co-
munità cospicua di ebrei e quindi una concreta possibilità di trovarvi accoglienza. Amedeo il capostipite ha visto giusto. Lui, «rappresentante di tessuti», diventa ora «shammash» custode della sinagoga. Un passo importante per una dignitosa integrazione che consente ai Procaccia di vivere come tanti altri italiani. Quando il
fascismo non è ancora - neanche alla lontana - sospettabile di antiebraismo, essi aderiscono al PNF, al Partito nazionale fascista, partecipano alle sue cicliche ritualità. Ma il fuoco cova sotto la cenere: per questa pacifica famiglia, che abita in Piazza della Borsa, 33, tutto comincia vacillare dal 7 settembre del 1938 per una terribile
successione di eventi. Prima, il varo delle leggi razziali, poi lo scoppio della guerra nel giugno ’39, infine i bombardamenti su Napoli, di tale violenza tra il porto e Piazza della Borsa, da spingere i Procaccia alla fuga, alla ricerca di un luogo più sicuro. Pensano di averlo trovato, in Toscana, in un casolare della Lucchesia a Cerasomma, ma in questo apparente, sereno approdo, devono fare i conti con la più atroce delle illusioni. Per una vile soffiata di irrudicibili repubblichini, sono traditi, scovati, arrestati e destinati, dopo un lungo viaggio, all’inferno di Auschwitz. Questa la storia, che si fa sovrano insegnamento. Ho voluto di proposito fornirne nel dettaglio la sintesi, nei suoi essenziali percorsi, perché essa da sé lascia immaginare la forza del libro, che l’accorato racconto di Pirozzi, rende di straordinaria commozione e monito. È tale difatti la sua partecipazione, da farlo parere un testimone di quei giorni, scampato a quell’inferno, per raccontarci, come facevano gli antichi aedi, le nequizie cui si va incontro quando la follia acceca le coscienze.
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La macchina della giovinezza che ha conquistato la star
B
di Antonella Salvati*
Bellezza significa sentirsi bene nella propria pelle, essere in equilibrio psicofisico. Tutti conoscono l'entità degli scompensi psicosomatici che si producono nell'individuo per disordini estetici mal accettati, ed è impossibile non considerare l'importanza dell'estetica, oggi, sotto l'aspetto psico-sociologico, quando la civiltà attuale non permette più d'ignorare l'interesse crescente accordato all'aspetto fisico. Purtroppo il tempo che possiamo dedicare alla cura
del nostro corpo spesso si riduce in maniera drastica. Diventa fondamentale sfruttare tutte le risorse e i rimedi offerti dalla natura e dalla scienza. Tanti problemi causati dallo stress e da abitudini di vita sbagliate possono essere combattuti efficacemente anche grazie alle innovazioni tecnologiche. Il mercato del wellness, infatti, è molto dinamico: clienti e produttori sono alla ricerca di soluzioni in grado di rispondere con efficacia alla crescente domanda di bel-
IL JET PERSONALE DI MADONNA CICCONE
BEN ESSERE
lezza e di benessere. In questo contesto, essere in grado di anticipare il mercato con innovazioni capaci di rivoluzionare l’approccio alla metodica estetica assume rilievo preminente. È naturale che per poter individuare e promuovere nuove tecnologie, in grado di offrire risultati concreti e non effimere promesse, è necessario investire in ricerca scientifica così come ha fatto la Dibi Center con le nuove apparecchiature Jet M e Dibiskin Ra-
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diofrequenza. Jet M è un sistema brevettato che trae origine dalla tecnologia aerospaziale: si avvale, infatti, di un getto controllato, costituito da un mix aria ed acqua erogati a una velocità supersonica attraverso uno speciale erogatore Hydra Jet. Questa tecnologia non invasiva e multifunzionale stimola la cute in modo selettivo e calibrato svolgendo azioni diverse mirate al ringiovanimento della pelle di viso e corpo. Il flusso ad alta energia cinetica consente di drenare, esfoliare, rimuovere, asciugare, e ossigenare la pelle del viso per un ringiovanimento globale e visibile. Il sistema Dibiskin Rf sfrutta la radiofrequenza, basandosi su un apparecchio che emette energia termica (sotto forma appunto di radiofrequenza). Le onde penetrano profondamente nel derma, rilasciando calore al tessuto circostante.
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Nel viso ciò permette di "riscaldare" il collagene, con un effetto di contrazione di quest’ultimo, c’è un ispessimento del derma che si riflette sulla cute provocando un’azione di distensione, maggior tonicità ed una sorta di "tiraggio" che viene denominato effetto lifting. I test clinici dell’Università di Pavia dimostrano che nel viso si è avuto il 100% di risultati positivi per l’incremento della compattezza cutanea,il 100% di risultati positivi nella levigatezza cutanea e nella luminosità. L’intervento può essere effettuato su tutti i fototipi di pelle ed anche nei periodi estivi, dura circa un’ora, alla quale va aggiunto un tempo per la preparazione della pelle prima della procedura. Nei trattamenti corpo il calore richiama un maggior afflusso sanguigno ed una migliore ossigenazione, migliora la stasi linfatica, favorisce la tonifica-
zione dei tessuti, aumenta la produzione di collagene. I test clinici condotti dall’Università di Pavia dimostrano dopo 10 sedute che si è arrivati fino ad un massimo di 2,5 kg di massa grassa e 4,7 litri di acqua extra cellulare persi. Dopo il trattamento il paziente può ritornare subito alla vita sociale. Si può ricorrere alla radiofrequenza a qualsiasi età. * Direttrice del centro benessere Eracles Bodymention (Piazza Nolana 13)
CALVIZIE GIOVANILE, COME COMBATTERLA
alvi sin da giovani. Una prospettiva che toglie il sonno ad un ragazzo su Cdi arrestare due, tra i 18 e i 26 anni. C'è chi è disposto a spendere qualsiasi cifra, pur la caduta e riavere i capelli ormai persi e chi già si indebita, per
cure mensili il cui costo eguaglia lo stipendio medio di un operaio. È quanto emerge da un'accurata ricerca firmata da due dermatologi napoletani, Gabriella Fabbrocini e Giuseppe Monfrecola. docenti dell'Università Federico II, che ha commissionato lo studio.“Più' del 60 per cento dei giovani tra 18 e 26 anni - spiega la Fabbrocini - riferisce di avere problemi di caduta di capelli, cosa che può turbare l'equilibrio psicofisico di ragazzi e ragazze che affrontano un periodo già delicato, quello dell'inizio dell'università”. Dall' indagine condotta dai due specialisti, emerge un dato emblematico: circa il 50% degli intervistati, un campione di 200 tra ragazzi e ragazze, attribuisce ai capelli uno degli aspetti più importanti del proprio aspetto. «Ovviamente - sottolinea la dottressa - sono i maschi i più preoccupati, probabilmente perché il problema ha riguardato il padre o altri uomini della famiglia». La spasmodica ricerca di un rimedio però nasconde il pericolo di imbattersi in un inutile e pericoloso fai da te o, peggio, di incappare in millantatori alla ricerca di facili guadagni. Infatti, più del 60% degli intervistati ha ammesso che farebbe qualsiasi terapia per migliorare la propria capigliatura e che spesso, ha avuto esperienze negative rivolgendosi a centri non specializzati, mentre Il 30% del campione si è detto disponibile a considerare il trapianto come possibile soluzione trovando, però, nell'alto costo un ostacolo insormontabile. Tra le nuove tecniche in uso le più efficaci sembrano essere la lasercombi, un pettine a luce pulsata, e le microiniezioni di gel piastrinico. Inoltre, il finasteride, un prodotto farmacologico, si è rivelato un successo tra gli uomini tra i 18 e i 40 anni ma è risultato inefficace sulle donne. «Presso i nostri ambulatori conclude la Fabbrocini - è possibile effettuare il tricogranma e la tricoscopia, nonchè il test genetico per personalizzare gli interventi che, oltre alle classiche vitamine, comprendono terapie topiche innovative ed un approccio multidisciplinare come la valutazione del profilo ormonale e tiroideo».
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Sfizi&Note di Massimo Lo Iacono QUEL GENIO DEL MAESTRO FRANCESCO CANESSA RACCONTI DI CINQUE MISTERIOSE BACCHETTE CELEBRI
C
inque pezzi brevi, brillanti e densisissimi d’humour, umanità, saggezza narrativa e musicale Francesco Canessa dona ai suoi lettori, sorta di fan club in allestimento, nel suo ultimo volume, «Al maestro manca la testa! Non ne ha bisogno, è un genio», fatica letteraria, come si dice per tradizione, ma qui tutto è così lieve che di faticoso nulla si sospetterebbe nella stesura di questi testi. Cinque racconti che folgorano, cinque esperienze umane di artisti, bacchette insigni, ed una, solo una per ora, mitica proprio, colti però nella loro umanità, in cui di striscio entra la musica, in vicende che tuttavia sono assolutamente musicali. Sullo sfondo di «Madame San Gene», del «Barbiere» e «Valchiria», aneddoti pregnanti istruttivi oltre le opere sull’umanità bizzarra, su figure e figurette gustose. Vivono queste in dialoghi e movimenti di intensità tale che si ricordano gesti e parole a libro chiuso, ed è una maraviglia. I «Segugi» tardivi nel secondo racconto, la costumista nell’ultimo, tutto il coretto dei mondani in scampagnata nel quarto sono sfiziosissimi e verissimi. E stupisce la dilatazione del racconto con vicende di Napoli nella Prima Guerra Mondiale, di Firenze nella Seconda, della vita di un rimorchiatore nella nebbia tra Napoli e Salerno. L’anonimato imposto ai direttori illustri da Canessa regge benissimo, anche se il primo racconto è basato su di un avvenimento così importante per il San Carlo
che gli appassionati lo conoscono, e riconoscono il protagonista. Qui e nell’ultimo testo l’autore rivela se stesso, soprintendente preoccupato e lucido, nel racconto wagneriano, invece, rivela il soprintendente comprensivo: sono ruoli che ha vissuto e fa rivivere con l’eleganza della comunicazione indiretta da gran signore. Di ben altro calibro i due altri racconti, di narrativa pura, gran testi corali. Da Chiaia, ove abita, a Capri dove è nato e dove pubblica, presso la sapiente «Conchiglia», Canessa vola verso il mondo degli appassionati d’opera, e di più dei lettori forti, con la sua prosa d’incanto equilibrata di calore e colore, senza sbavature, e soprattutto come narratore napoletano di gran respiro, mai, proprio mai provinciale, evitando l’errore soprattutto se parla del suo San Carlo o del suo mondo. Il che alle falde del Vesuvio, tra piazza dei Martiri e piazzetta di Capri è pressoché esperienza unica. Il titolo del libro, le indicazioni preposte ad ogni testo tratte da Ionesco sono pertinenti e fantasiose: chi ricorda Ionesco oggi? Magari diventa questo il sesto imprevedibile quiz del libro. Già presentato al «Blu di Prussia», dall’autore con la collaborazione del figlio Riccardo come lettore, e da Michele Campanella e Massimo Lo Cicero, il volumetto sembra destinato a rallegrare molti lettori.
Il Collezionista di Lanfranco Cirillo DA ELEA A VELIA ntorno al 600 a. C. i focesi fondarono Massalia (oggi Marsiglia) stabilendo alcuni insediamenti nel loro Icomune percorso lungo il litorale tirrenico. Uno di questi fu posto in località Castellammare della Bruca, oggi di Ascea, in provincia di Salerno. Sorgeva qui l’antica città greca di Elea, Velia per i Romani. La sua
fondazione risale al 540-536 a. C., come ampiamente descritto da Erodoto e Antioco e testimoniato da Senofane. Circa 5-6000 mila focesi, superstiti dalla battaglia di Alalia in Corsica contro i Cartaginesi, trovarono rifugio con le proprie navi ad Elea, su questo promontorio sporgente sul mare e limitato a Nord dall’Alento e dal Palistro e a sud dalla fiumarella Santa Barbara. Elea, grazie alla sua politica di equilibrio, è stato uno dei centri di maggior interesse culturale e commerciale di tutta la Magna Grecia, come testimoniano la presenza della grande Scuola eleatica di Parmenide e Zenone e gli intensi traffici commerciali. Ben fortificata, con la presenza di avamposti verso l’interno, Elea ha mantenuto la sua autonomia e conservato a lungo la sua grecità. Dopo la caduta di Taranto, entrò nell’alleanza con Roma schierandosi al suo fianco nella 2° guerra punica. Con il progressivo insabbiamento dei suoi due porti iniziò la sua decadenza. Qui a Velia molti patrizi romani avevano la propria villa, e durante uno dei suoi numerosi viaggi, Cicerone vi ebbe un drammatico colloquio con Bruto. La presenza di molti medici, le varie iscrizioni che fanno riferimento alla medicina (es.“Parmenide, figlio di Pireto, medico Uliade”), hanno spinto alcuni studiosi a cogliere uno stretto legame tra la cutura medica eleatica e la Scuola medica salernitana. Il sito è ancora oggi poco esplorato e costituisce uno dei più promettenti siti archeologici di tutta la Magna Grecia.Vanno ricordate: l’acropoli greca, vari templi minori e due quartieri, uno residenziale a sud-est e uno commerciale a nord-ovest. Interessante e di aspetto monumentale la Porta Rosa, dotata di potenti contrafforti, che rappresenta l’unico esempio della Magna Grecia di una volta a tutto sesto di età classica. La monetazione eleatica è in argento e bronzo e presenta un incisione di pregevole fattura. Le raffigurazioni più utilizzate sono: l’effigie di Atena, il leone, il gufo, Ercole, il tripode e altri simboli accessori che fanno da supporto all’immagine principale: il grappolo d’uva, la spiga di grano, il pentagramma, il grifone. La moneta in oggetto è un didramma in argento del peso di gr. 7,40 e di un diametro di 21 mm, coniata tra il 450 e il 400 a.C. Al diritto troviamo la testa di Atena, volta a destra, che indossa un elmetto attico sormontato da un grifone; dietro al collo la lettera greca X. Al rovescio è presente un leone che cammina a destra, sopra c’è la lettera greca E, sotto la lettera Ω e la legenda YELHTON. Questa moneta è piuttosto rara e, in alta conservazione, vale diverse centinaia di euro.
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Amarcord
MARCELLO FASOLINO PER I BAMBINI DE «L’ALTRA NAPOLI» 24 marzo nella Libreria Guida Portalba si è svolta la manifestazione «Una Millecento blu for i I«Unalragazzi del Rione Sanità» che ha visto l’imprenditore-scrittore Marcello Fasolino, autore del libro Millecento blu» per Guida Editore, donare il ricavato dei diritti d’autore all’Orchestra Giovanile «Sanitansamble», un progetto di recupero dell’associazione Onlus «L’Altra Napoli». Nella storica «Saletta Rossa» della libreria l’editore Mario Guida ed Ernesto Albanese, presidente della Onlus «L’Altra Napoli», si sono congratulati con Fasolino per la recente assegnazione del «Premio città di Reggio Calabria» e lo hanno ringraziato per aver scritto un libro che incarna l’amore per Napoli e per il sentimento dell’amicizia, valori che si ergono a simbolo di una nuova Napoli, diversa da quella negativa che tutti conoscono, come ha sottolineato anche Daniela Vergara presentatrice dell’evento. Fasolino, riguardo alla sua peculiarità di imprenditore che s’«inventa» scrittore, ha detto: «Un uomo è quello che sente di essere. Io sento di essere uno scrittore». In seguito si è dato ampio spazio alle note dell’Orchestra Giovanile «Sanitansamble», un gruppo di 28 bambini e adolescenti, preparati dal Maestro Maurizio Baratta e diretti dal Maestro Paolo D’Acunzo, che grazie alla Onlus «L’Altra Napoli» si sono avvicinati alla musica diventando così una famiglia. Dopo le briose esecuzioni dell’Ouverture del «Guglielmo Tell» di Rossini, del tema del film «La vita è bella» di Nicola Piovani e del «Mambo Italiano» di Bob Merril, Fasolino ha donato all’Orchestra un assegno di 4.000 euro per l’acquisizione dei nuovi strumenti in vista dell’ampliamento di un progetto partito due anni fa, che prende spunto dall’Orchestra Giovanile di Caracas fondata ben trent’anni fa, sperando di ricalcarne le orme.
CHIESA LUTERANA: «CONCERTI DI PRIMAVERA» l via la dodicesima edizione di «Concerti di Primavera», la serie di eventi musicali Aartistica organizzati dalla Chiesa Evangelica Luterana di via Carlo Poerio 5, sotto la direzione di Luciana Renzetti. Mercoledì 14 è di scena il chitarrista Salvatore Morra,
impegnato nell’esecuzione delle musiche di D. Scarlatti, J.S. Bach, G. Regondi e F. Tarrega. Giovedì 22, sempre alle 20.30, è previsto il concorso di composizione con le esecuzioni dei finalisti e la proclamazione dei vincitori del «Premio della Giuria» e del «Premio Franco Caracciolo». Si riprende lunedì 26 aprile con il concerto di Leonora Armellini al pianoforte in occasione del bicentenario della nascita di Chopin. La serata conclusiva di venerdì 30 aprile vede protagoniste le musiche di L. van Beethoven e J. Brahms eseguite da Dan Velea al violoncello e Alexandra Brucher al pianoforte. L’ingresso è gratuito.
di Rosario Scavetta
LE BUONE MURENE DI POSILLIPO
I
l termine «Pausylipon», dal greco «cessazione degli affanni», era il nome della sontuosa villa romana che sorgeva su Capo Posillipo - tra Marechiaro e Gaiola - appartenuta a Publio Vedio Pollione, uno dei principali sostenitori di Ottaviano Augusto e protagonista della vita politica di Roma nel periodo della sua transizione verso l’impero. Un singolare episodio avvenuto proprio all’interno del Pausilypon, giunto ai nostri giorni grazie al filosofo Seneca, merita di essere ricordato: si narra che nella villa di Posillipo, il magnificentissimo patrizio Vedio Pollione allevasse murene dal sapore prelibato, bianche da far invidia alla più raffinata carne di volatili, le quali costituivano il ghiotto piatto per le cene che offriva ai potentissimi amici. Uno di questi era nientedimeno che l’imperatore Cesare Augusto, persona di un equilibrio e di una sensibilità eccezionali. La cena prese il via in un’atmosfera di eccitante euforia: scorrevano fiumi di Falerno, gli schiavi in frenetico andirivieni sfoggiavano artistica professionalità nel servire i piatti più rari e gustosi: le specialità di carne e di pesce nelle salse più sofisticate. Ad un tratto fu come un fulmine fosse stato scagliato nel sereno cielo stellato da un drammatico Giove. Augusto era in piedi ed in piedi erano tutti, mentre uno schiavo etiope tremava insieme alla pallida luce delle lucerne come se gli fosse piombato addosso l’inverno della Sarmazia. Lo schiavo aveva fatto cadere un calice di prezioso cristallo mandandolo in frantumi. Senza pietà, Pollione aveva ordinato che fosse buttato nella piscina, per farlo divorare dalle feroci murene. Il servo si gettò carponi ai piedi dell’imperatore perché gli desse un’altra morte e non lo si usasse come cibo dei pesci. L’imperatore Augusto fu scosso da tanta crudeltà: ordinò di liberare lo schiavo e di gettare subito, alla sua presenza, tutte le coppe di cristallo nella pescheria finché ne fu piena.
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FERRAGAMO’S CREATIONS ANTEPRIMA PRIMAVERA/ESTATE 2010 salottiera, eleganza a profusione e un tocco di esclusività: pochi ingredienti ma Aallatmosfera scelti ad arte, come è tradizione della maison, e l’indice di gradimento delle signore presenti sfilata della collezione primavera/estate 2010 Ferragamo’s Creations è salito alle stelle. La
presentazione dei pregiati modelli, realizzati interamente a mano utilizzando costruzioni, pellami e forme originali e caratterizzati dall’etichetta storica del marchio disegnata nel 1930 dal pittore futurista Lucio Venna, ha avuto luogo nel negozio Salvatore Ferragamo di Piazza dei Martiri, sotto la direzione attenta di Veronica Panza e la collaborazione di tutto lo staff della boutique. Nata nel 2006 per il concept store adiacente il Museo Salvatore Ferragamo di Firenze, la collezione Ferragamo’s Creations è ora disponibile in poche selezionate boutiques Ferragamo. In seguito all'accoglienza entusiasta delle prime collezioni, le scarpe sono diventate anche fonte di ispirazione di alcune borse simbolo di di Laura Cocozza Ferragamo e di un’esclusiva linea di abbigliamento che per il 2010 si ispira agli anni ’50 e alle sue dive. Fanno parte della linea anche bijoux d'epoca e foulard storici del brand, in primo luogo quelli che riproducono le scarpe conservate nel Museo Salvatore Ferragamo. Lo spirito è quello di creare capi esclusivi in serie limitata, dove la semplicità della costruzione si combina con l'originalità degli stampati.
rande successo per la serata organizzata G dall’animatore del by night Ambrogio Ferrillo lo scorso 21 marzo al Remake Club. Ospite d’onore un’icona dello spettacolo italiano, il comico e attore Jerry Calà, mattatore della serata, che si è confermato un vero «one man show», insieme alla sua band. Gli ospiti del Remake, dopo la sofisticata cena, hanno apprezzato, oltre alla simpatia di Calà, l’intrattenimento del vocalist Nico P, speaker della serata, e la selezione musicale del dj Bruno Barra. Non solo ritmi scatenati: la serata, infatti, ha previsto anche un «corner mistico» dove il Mago G ha offerto una consultazione gratuita. Sponsor ufficiale dell’evento, che ha registrato il pienone, il marchio di abbigliamento Bonavita.
NOTTE DI STELLE AL REMAKE
IL CICLONE DODI ALLO S’MOVE i sono feste che andrebbero archiviate nel libro Cdell’entusiasmo. della notte, quello del divertimento, del mistero e Ci sono feste che diventano mito
Terni&Favole
Alla Tabaccheria Postiglione di Largo Ferrandina a Chiaia la vita scorre a suon di gratta e vinci e chiacchiericci politici. Il dopo elezioni è sempre un momento di analisi e di bilanci anche se la gente, con le tasche vuote, crede esclusivamente nel “Turista per sempre”, uno degli ultimi giochi da “grattare” che sta spopolando in tutta Italia. Alberto Postiglione, trincerato nella sua cabina dei sogni, spara numeri con il piglio dell’esperto: “Il terno delle elezioni è 18 - 69 - 25: va giocato su Roma, Napoli e tutte per 9 estrazioni. Per chi, invece, ama gli ambi consiglio l’ambo della zeppola che fa 49 e 47. Combinazione da giocare su tutte le ruote per 10 estrazioni”. Postiglione, tra una ricarica di cellulare, uno “Sbanca tutto” e un commento sull’ultima dichiarazione di Mourinho, trova il tempo per regalare ai nostri lettori quella che lui chiama la “quaterna delle meraviglie”: 19 - 49 - 70 73. “Questi numeri giocateli per 5 estrazioni sulle ruote di Roma, Milano, Napoli e Bari. Se non dovessero uscire, continuate a credere nell’ambo 73 - 19 e dovete giocarlo, almeno per 6 estrazioni, su Napoli e tutte. Buona fortuna!”
18+69+25/49+47/75+19/19+49+70+73
nel momento in cui se ne parla ricordando luci, occhi, volti e dischi della magia passata. Memorabile è stato l’happening che si è svolto in onore della bella giornalista Dodi Raggio. Il ciclone biondo, che ricorda tanto Candy Candy, per il riccio fumettistico che la contraddistingue, ha festeggiato con i suoi amici più cari il suo 29esimo compleanno allo S’move di Napoli. Dopo un succulento buffet, offerto da Radici, tanto vino, champagne e i drink di Salvatore D’Anna. L’originalità e la verve esplosiva dei mixaggi sonori dei JG Bross, la coppia di dj’s più famosa all’ombra del Vesuvio, hanno fatto da colonna sonora della serata. Grande stupore degli invitati al momento del taglio della torta, gustosa quanto originale, a forma di disco in vinile. In uno S’move a gradazione alcolica sono stati notati mentre danzavano completamente immersi nella musica la mamma di Dodi, il fratello, Enrico, e il fidanzato, Alessandro De Gais. Ad animare la serata i mitici passetti felpati di Toto Pirozzi, Alfonso Figueras e Simona Bencivenga, l'avvocato Rosmunda Cristiano, Massimo Anastasio, gli immancabili proprietari dello S’move Mario Cirillo e Dario Tofano. Poi Massimo Anastasio, Antonella Cirillo e Luciano Squeglia, il ballerino del San Carlo Marco D’Andrea, le inseparabili Stella Buono e Titty Generale, l’attrice Annamaria Papa, Barbara Silvestri, Massimiliano Monaco, Lugi Gallotti, Sonia Giattini, Lucia Cimmino, Daniela Anastasio, Beatrice Iervolino, Francesca Iengo.
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BellaGente di Tommy Totaro MARIO CIRILLO /S’MOVE LIGHT BAR Mario Cirillo, in coppia con Dario Tofano, è uno dei personaggi più popolari del by night partenopeo. Una vera e propria icona storica sancita dai 18 anni di felice gestione dello S’move di vico dei Sospiri a Chiaia. Qual è l’elemento che sancisce il successo di un Club? Fino a qualche tempo fa avrei detto la musica, anche se l’unica novità del momento, l’elettronica, è un fenomeno soprattutto da discoteca. Altri elementi imprescindibili sono la professionalità, il servizio e la qualità dei prodotti usati. Naturalmente anche il design del club ha una sua importanza. Quali sono invece gli errori da evitare? Non esiste una vera regola, se non quelle date dall’esperienza di aver affrontato varie situazioni. È quindi importante seguire sempre l’istinto. Che cosa distingue la scena napoletana dalle altre? La scena napoletana è da sempre di gran lunga differente da tutte le altre. Il by night soffre di mille contraddizioni. Da un lato c’è la
L
a Miss Pin Up Chiaia di Marzo si chiama Oksana Uzhgalova. Nata a Ludza, in Lettonia, 21 anni fa sotto il segno del Leone, Oksana, modella e fotomodella, è anche una delle ballerine del club più famoso al mondo, l’Amnesia di Ibiza. Alta un metro e settantaquattro, le sue misure sono 8460-87. La bella lettone si definisce una ragazza dolce, solare e determinata che ama ballare e scatenarsi nei party più folli all’interno dei suoi locali preferiti: il Godvil e il Push di Riga e l’Amnesia di Ibiza, dove ha animato diversi «Espuma Party» e «Troya Asesina Party». Ama le collezioni di Max Mara, Calvin Klein, Victoria Secret, Juicy Couture e Ed Hardy per le quali ha lavorato come indossatrice. Oksana, dopo aver lasciato la sua città natale per trasferirsi a Riga, ha cominciato la carriera di modella a 18 anni partecipando a numerosi concorsi di bellezza. La sua passione per i viaggi e la danza moderna, però, non interferisce con gli studi che Oksana conduce con grande tenacia alla Facoltà di
Napoli aperta mentalmente e pronta a recepire nuove fenomeni musicali e culturali, e dall’ altro c’è la Napoli conservatrice, legata ad un vecchio modo di intendere il divertimento. Ad ogni modo rimango dell’opinione che a Napoli non solo siamo al passo con i tempi, ma siamo anche molto innovativi, anche se siamo tagliati fuori dalla scena musicale internazionale. Le tendenze della notte oggi... Ormai non esiste una vera e propria tendenza, perché nel settore musicale stenta ad emergere un fenomeno di impatto internazionale. Forse l’avvento dei computer ha dato un input alle produzioni musicali degli ultimi vent’anni, ma adesso è come se si fossero esaurite le risorse e si dovesse ricominciare dalla musica suonata. Quanto hanno inciso i 18 anni di S’move nel tuo modo di essere? Ho cominciato la mia carriera professionale nel 1985 lavorando per vari club ed ho organizzato il mio primo party all’età di 16 anni. È stato il mio primo ed unico lavoro, quindi non saprei immaginare una vita diversa. Qual è stato l’elisir che ha concesso così lunga vita allo S’move? Lo S’move è nato dal desiderio di avere una location dove esprimere il nostro modo di intendere la notte, non per un’esigenza commerciale. È un club nato dalla passione per il by night. Infatti, durante il corso degli anni, il locale ha avuto ben quattro trasformazioni sostanziali ed è sempre in continua evoluzione.
Miss Pin Up Chiaia a cura di Fabio Tempesta
OKSANA, BIONDA TUTTA PEPE
Gestione del Turismo della capitale lettone. L’attività di ragazza immagine nei locali ha permesso ad Oksana di sviluppare anche la sua creatività: infatti, si diverte ad ideare i costumi che lei stessa e le altre ballerine provenienti da tutta Europa indossano per dare vita alle coreografie inscenate negli eventi esclusivi di cui è protagonista. Decisa, ambiziosa e molto attiva, collabora con l’agenzia di Julia Tabore a Riga e spera di poter trasformare il suo estro creativo di costumista in un vero e proprio business anche se, per ora, la danza resta la sua più grande passione.
EXIT
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In questo numero hanno scritto
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Fabio Tempesta
Massimo Lo Iacono
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Il poeta della civiltà moderna: il cantascorie di Renato Rocco
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Colmo di fulmine
La Bacheca
Aurora Cacopardo
magazine SAPER VIVERE LA CITTÀ
Il cavallo vecchio: ex-equo. Il cornuto festeggia le nozze toro. La lavanderia si dà alla macchia. La forza del cestino è la carta straccia. L'informazione idrica: tenersi al torrente