“Compiti e Rapporti tra R.S.P.P. ed Esperto Qualificato in radioprotezione” di Dario Russignaga (Coordinatore Gruppo Tecnico Enti finanziari ed assicurazioni dell’AIAS).
1. PREMESSA E OGGETTO DELL’INTERVENTO. Il tema che mi è stato affidato è quello di trattare dei ruoli del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e dell’Esperto Qualificato in radioprotezione e del loro reciproco rapporto nel processo di valutazione del rischio da radiazioni. Parlare del loro rapporto significa parlare del rapporto fra il D. Lgs 626/94 ed il D. Lgs 230/95 soprattutto nella nuova formulazione datane dal D. Lgs 241/2000. Intendo limitare però il campo del mio intervento, in quanto non tratterò di quelle attività dove la radioprotezione è storia consolidata, quelle attività dove sono presenti sorgenti artificiali di radiazioni ionizzanti o si effettuano trattamenti di materie radioattive, quali i macchinari di ospedali o di laboratori, e nemmeno di quelle sorgenti naturali presenti nei lavori in miniere, gallerie o grotte o su aeromobili. Situazioni dove le radiazioni costituiscono un fattore di rischio predominante e dove quindi vi sono già consolidate esperienze, conoscenze, prassi, figure sistemi gestionali. Parlerò invece degli “ultimi arrivati” introdotti dalla 241 del 2000 - ed in particolare dal capo III bis - che tratta dei luoghi di lavoro con presenza di radiazioni naturali, coinvolgendo ogni tipologia di luogo di lavoro: esercizi commerciali, banche, parcheggi, metropolitane, ecc., per valutare l’esposizione al radon dei lavoratori e della popolazione che frequentano locali sotterranei e, nelle zone a più alto rischio, anche i locali fuori terra. Ultimi arrivati che però presentano caratteristiche interessanti per due ordini di motivi: il primo di carattere concettuale perché porta ad un confronto fra il sistema, l’approccio “culturale” del 626 e quello del 230; ed il secondo di carattere “operativo” perché costituisce un ambito dove è necessario sviluppare e dotarsi di metodiche specifiche, diverse da quelle consolidate, non tanto per l’aspetto tecnico, quanto per quello gestionale. In particolare quest’ultimo aspetto è condizionato da un forte elemento di natura quantitativa. Se per le tradizionali attività di radioprotezione i siti interessati si misurano nell’ordine credo delle decine di migliaia, per quelle del terziario si misurano nell’ordine delle centinaia di migliaia o dei milioni. Solo nel settore del credito i siti con interrati sono stimabili in oltre diecimila, quando le regioni individueranno le zone con particolare rischio ove sarà necessario
effettuare
le
valutazioni
nei
piani
fuori
terra
queste
interesseranno
presumibilmente altrettanti immobili. Pensiamo quindi a tutto il settore del terziario, degli uffici, del commercio, del turismo, dei pubblici esercizi, di magazzini e di tutte quelle attività industriali ed artigianali che hanno
interrati o che si troveranno entro i perimetri di quei comuni ove la geomorfologia dei terreni indicherà dei valori medi di rilascio di radon importanti. Tutto questo in settori dove il rischio da radiazioni è sempre stato considerato inesistente, dove non vi è una cultura ed una sensibilità per questa materia, dove non si sono sviluppati strumenti e metodi per affrontare il problema. Settori che vengono ora interessati dalla spinta delle novità introdotte dalle normative comunitarie che hanno modificato gli originari testi di riferimento degli ambiti ove esercitiamo le nostre professionalità. Questo porta alla necessità degli operatori della sicurezza ed in particolari dei Responsabili del Servizi di Prevenzione che lavorano in questi settori di approfondire le loro competenze, di aggiornarsi nella materia, ma anche da parte degli Esperti Qualificati di comprendere le peculiari di questi settori, di dotarsi di metodiche e di strumenti sia operativi che concettuali che non possono essere gli stessi dei siti per loro “tradizionali” dove il problema radiazione è un problema importante e centrale. Il confronto fra le due figure deve quindi svilupparsi, perché ritengo che entrambi - R.S.S.P. ed E.Q. - potranno crescere nella loro professionalità, consentendo alle aziende di tutelare quel bene primario, costituzionalmente tutelato che è la salute dei loro lavoratori, adempiendo agli obblighi della legge. L’ambito del mio intervento è, normativamente parlando, quello indicato dall’art. 10 bis comma 1 del D. Lgs 230/95 ovvero le attività lavorative nelle quali “la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico che non può essere trascurato ai fini della radioprotezione”. Ed in particolare le: 9
attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei; (Art. 10 bis, lett. A)
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attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate;(capo III bis, art 10 bis, lett. B )
2. RAPPORTI FRA IL D. LGS 626/94 ED IL D. LGS. 230/95 2.1. Ampliamento dell’ambito di valutazione del rischio. Parlavo prima delle novità introdotte dal recepimento delle normative comunitarie di modifica del 626 e del 230.
Per quanto riguarda il D. Lgs 626/94 mi riferisco alle modifiche introdotte dalla legge 1 marzo 2002, n. 39, all’art. 4, comma 1, per il quale: "il datore di lavoro, in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, valuta tutti i rischi ….ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari,……….. nonché‚ nella sistemazione dei luoghi di lavoro". Ricordo che prima di queste modifiche lo strumento legislativo di cui come R.S.P.P. disponevamo per trattare della materia era il D.P.R. 303/56, il quale prevede che le lavorazioni negli interrati sono - in linea generale - proibite salvo qualora fossero richieste dalle particolarità delle attività o per deroghe concesse dalle A.S.L. ai sensi dell’art. 8 del citato decreto 303, ed a condizione che queste non dessero “luogo a emanazione nocive e non esponessero a temperature eccessive, rispettassero le norme di sicurezza e si provvedesse con mezzi idonei alla aerazione, alla illuminazione ed alla protezione contro l’umidità”. Queste misurazione di radon nei nostri settori erano infatti eseguite solo dopo il 1990 per le richieste di autorizzazione di utilizzo degli interrati in deroga ai sensi del citato art. 8. Ricordiamo la circolare delle Regione Lombardia del 1991. Invece per quanto riguarda le novità introdotte nel D. Lgs 230/95 mi riferisco alle modifiche del D. Lgs 241/2000 ed in particolare dal Capo 3 bis che richiede la valutazione del rischio significativo per la presenza di sorgenti naturali di radiazioni. Le due direttive ed il loro recepimento nel nostro ordinamento giuridico vanno nella stessa direzione: la valutazione di “tutti i rischi” potenzialmente esistenti "sul lavoro". Rischi sia di origine naturale che artificiale o antropica, ed in grado di generare danno in caso di esposizione dei lavoratori o della popolazione, sia pur non ascrivibili " alla volontà diretta del datore di lavoro" o nel linguaggio della radioprotezione alla volontà dell’esercente. Nuovo parzialmente per noi R.S.P.P. del terziario (per le caratteristiche dei nostri rischi tradizionali) l’ampliamento dei soggetti tutelati dai lavoratori alla popolazione (clienti, terzi che accedono ai locali), nel coinvolgimento quindi nell’attività dell’impresa del contesto ambientale e sociale ove questa si colloca.
2.2. Determinazione del rischio accettabile, prevenzione o protezione. Il secondo argomento di confronto che vorrei trattare è quello che è possibile chiamare, per semplificazione, del “rischio accettabile/rischio zero”. Tema che è stato molto chiaramente risolto nella normativa sulla radioprotezione con un chiaro riferimento allo “sviluppo della tecnica ed alle direttive/raccomandazioni della UE”. L’art.1 del 230 prevede infatti che: “le condizioni per l'applicazione delle disposizioni del decreto…le specifiche modalità di applicazione per attività e situazioni particolari, tra le quali
quelle che comportano esposizioni a sorgenti naturali di radiazioni….i valori dei livelli di azione….. sono aggiornate, in relazione agli sviluppi della tecnica ed alle direttive e raccomandazioni dell'Unione europea”.Una opportuna norma transitoria prevede che “…in attesa dell'emanazione dei decreti di cui al comma 2 le condizioni di applicazione sono quelle fissate negli allegati I e I-bis” dello stesso decreto. La definizione di rischio accettabile trova invece, nella cultura consolidata di noi R.S.P.P., riferimento fondamentale nell’art. 2087 del Codice Civile che prevede, come noto, che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutela l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.” Norma che è stata chiamata di chiusura del sistema prevenzionistico, e sottolineo prevenzionistico, che richiede ai datori di lavoro - e quindi a noi suoi consulenti - di ricercare, in ogni momento e tempo per tempo, la massima sicurezza tecnologicamente possibile o quella normalmente applicata nello specifico settore (non quella commercialmente più diffusa ma quella standardizzata regole tecniche). Nella cultura e nella normativa della radioprotezione, probabilmente in virtù della necessità di convivere con le radiazioni, è invece l’approccio protezionistico ad essere fortemente sviluppato accanto alla considerazione, normativamente esplicitata, della sua dimensione economica. L’approccio prevenzionistico nella radioprotezione è contenuto nella categoria definita dal 230 della “giustificazione” laddove prevede che nuovi tipi o nuove categorie di “pratiche” (attività umane che aumentano l’esposizione degli individui alle radiazioni) che comportano un'esposizione alle radiazioni ionizzanti “debbono essere giustificate, anteriormente alla loro prima adozione o approvazione, dai loro vantaggi economici, sociali o di altro tipo rispetto al detrimento sanitario che ne può derivare.” I criteri di base per “giustificare” l’attività sono: a) i rischi radiologici causati agli individui dalla pratica devono essere sufficientemente ridotti da risultare trascurabili ai fini della regolamentazione; b) l'incidenza radiologica collettiva della pratica deve essere sufficientemente ridotta da risultare trascurabile ai fini della regolamentazione nella maggior parte delle circostanze; c) la pratica deve essere intrinsecamente senza rilevanza radiologica, senza probabilità apprezzabili che si verifichino situazioni che possono condurre all'inosservanza dei criteri definiti nelle lettere a) e b). Il datore di lavoro, per l’art.72 del 230, “è tenuto ad attuare tutte le misure di sicurezza e protezione idonee a ridurre le esposizioni dei lavoratori al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenendo conto dei fattori economici e sociali.”
A tal fine le attività “debbono essere rispondenti alle norme specifiche di buona tecnica, ovvero garantire un equivalente livello di radioprotezione”. Ed il decreto continua prevedendo che “i tipi o le categorie di pratiche esistenti sono sottoposti a verifica per quanto concerne gli aspetti di giustificazione ogniqualvolta emergano nuove ed importanti prove della loro efficacia e delle loro conseguenze. Qualsiasi pratica deve essere svolta in modo da mantenere l'esposizione al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici e sociali.” Questa valutazione bilanciata del rischio con i fattori economici e sociali è ciò che caratterizza il “principio di ottimizzazione” previsto dalla normativa radioprotezionistica. Giustificazione, ottimizzazione, considerazione dei fattori economici sono aspetti che, almeno nella teoria e nella norma, sono nei nostri settori di seconda linea rispetto alla netta prevalenza data alla “prevenzione”. Preferenza che trova la sua esplicitazione normativa nell’art. 3 del D. Lgs 626/94 che definisce le misure generali per la protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori di cui citiamo solo ad esempio il Comma 1 lettere: b) eliminazione dei rischi in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico (non ad aspetti economici n.d.r.)e, ove ciò non è possibile, loro riduzione al minimo; c) riduzione dei rischi alla fonte; d) programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro; e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso; 2.3. Ulteriori elementi di raccordo. Continuando nel raffronto dei due decreti base delle nostre materie ricordiamo il rinvio che l’art. 3 del D. Lgs 230/95 fa all’art. 2 D. Lgs 626/94 per alcune definizioni che vengono quindi fatte proprie. Esse riguardano in particolare le definizioni di : a) lavoratore; b) datore di lavoro; c) servizio di prevenzione e protezione dai rischi; d) medico competente; e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione; f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
g) prevenzione; h) agente; i) unità produttiva. Ricordiamo inoltre l’art. 59 del D. Lgs n. 230/95 (attività disciplinate-Vigilanza)per il quale “il rispetto delle norme del presente capo(Protezione sanitaria dei lavoratori) non esaurisce gli obblighi cui sono tenuti i datori di lavoro, i dirigenti, i preposti, i lavoratori e i medici competenti, ai sensi del D. Lgs 626/94, per il quale restano altresì ferme le attribuzioni in ordine alle funzioni di vigilanza stabilite ai sensi dello stesso decreto”. Evidenziamo in particolare gli obblighi previsti dal capo IV del D. Lgs 626/94 che tratta della sorveglianza sanitaria, dall’art. 15 relativo al Pronto soccorso ed ovviamente quelli dell’ art. 4 che riassume gli obblighi del datore di lavoro (dalla valutazione del rischio, alle predisposizione dell’organizzazione delle sicurezza, alle nomine di RSPP, medico competente, addetti ecc.) 3. RAPPORTI FRA IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE E L’ESPERTO QUALIFICATO IN RADIOPROTEZIONE.
3.1.Competenze nelle attività lavorative di cui all’art. 10-bis del D. Lgs 230/95. Venendo al fulcro del mio intervento abbiamo detto che il campo di applicazione è quello indicato nell’art. 10-bis del 230/95 ovvero le attività lavorative nelle quali “la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione”. L’art. 10 bis prevede un elenco di attività che sono riassumibili in due gruppi: a) il primo gruppo per cui si prevede la misurazione di un parametro di concentrazione ambientale di radon media in un anno; b) il secondo gruppo ove è prevista la misura di un parametro di dose efficace per i lavoratori. Quest’ultimo gruppo contempla i luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative di cui all'articolo 10-bis, comma 1, lettere c), d), ed e) (lavorazioni o presenza di materiali o residui contenenti elementi radioattivi, attività estrattive, terme ed aeromobili) per la cui valutazione si ha la competenza immediata e diretta dell’Esperto Qualificato. Il decreto prevede che l'esercente, entro ventiquattro mesi dall'inizio dell’attività, effettui una valutazione preliminare sulla base di misurazioni effettuate secondo le indicazioni e le linee guida e avvalendosi dell'esperto qualificato il quale comunica, con relazione scritta, all'esercente:
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il risultato delle valutazioni effettuate;
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i livelli di esposizione dei lavoratori, ed eventualmente dei gruppi di riferimento della popolazione;
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le misure da adottare ai fini della sorveglianza delle esposizioni;
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le eventuali azioni correttive volte al controllo e, ove del caso, alla riduzione delle esposizioni medesime.
Il primo gruppo invece comprende invece le attività di cui alle lettere A e B dell’art. 10-bis del 230/95 (sotterranei e ambienti fuori terra nelle zone che saranno individuate a maggior rischio dalle Regioni). Per anticipare qui la tesi che svilupperò nell’intervento, ritengo, in sintesi, che laddove si è in presenza di sorgenti artificiali di radiazioni e per quelle attività con sorgenti naturali ove si prevede la misura di dose efficace si è nel campo di piena e direi quasi esclusiva competenza dell’E.Q. Laddove invece si è in presenza di radiazioni di origine naturale esprimibile in termini di concentrazione media annua ambientale di radon abbiamo due ambiti di competenza: il primo ove non si ha “un significativo aumento dell’esposizione” (dove si sono valori inferiori alla soglia di azione di 500 bq/mc)sostanzialmente gestito dal R.S.P.P.; ed il secondo gestito dall’E.Q. ove si ha “un significativo aumento dell’esposizione” ovvero dove ci sono valori superiori alla soglia di azione di 500 bq/mc.
3.2. Competenze nelle attività lavorative di cui alle lettere a), b) dell’art. 10-bis del D. Lgs 230/95. Nei luoghi di lavoro nei quali si svolgono le attività lavorative in locali interrati (articolo 10-bis, comma 1, lettera a) e nei luoghi di lavoro in zone o luoghi di lavoro con caratteristiche determinate individuati dalle regioni e province autonome ad elevata probabilità di alte concentrazioni di attività di radon(articolo 10-bis, comma 1, lettera b) l'esercente (ovvero il datore di lavoro) procede, entro ventiquattro mesi dall'individuazione o dall'inizio dell'attività, se posteriore, alle misurazioni di concentrazione del radon secondo le linee guida emanate da una apposita commissione ministeriale a partire dai locali seminterrati o al piano terreno. E’ opportuno ricordare che tali luoghi di lavoro possono anche non essere stabilmente occupati da posti di lavoro permanenti, ma sono da considerare anche quelli con presenza saltuaria purché significativa (le linee guida delle Regioni parlano di 10 ore mensili). Per tali misurazioni l'esercente si avvale di organismi riconosciuti o, nelle more dei riconoscimenti, di organismi idoneamente attrezzati, che rilasciano una relazione tecnica contenente il risultato della misurazione.
In questi luoghi di lavoro l’attività è gestita e coordinata dal Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione che provvede alla: 1) individuazione dei luoghi di lavoro che rientrano nell’ambito di applicazione ovvero quelli con sotterranei o quelli nelle aree maggiormente a rischio individuate dalle regioni o province autonome (che devono essere pubblicate nella Gazzetta Ufficiale) e valutazione della presenza “significativa” di personale; 2) Individuazione della normativa e delle linee guida di riferimento per effettuare la campagna di misura (avvalendosi anche della consulenza dell’ E.Q.); 3) Individuazione del tipo di misuratore e delle modalità di posa e di articolazione temporale per il periodo annuale; 4) Pianificazione della campagna di misura e sua realizzazione direttamente o attraverso personale tecnico adeguatamente formato; 5) Individuazione degli “organismi riconosciuti o idoneamente attrezzati” cui far effettuare la misurazione dei dispositivo di misura; 6) Raccolta dei dati delle relazioni di misura. Le linee guida AIAS-ANPEQ costituiscono un utile riferimento tecnico per la gestione di questa fase. 1 Al termine di questa fase abbiamo di fronte due strade diverse in relazione ai valori riscontrati: a) valori inferiori alla soglia di azione (500 Bq/mc): in tal caso si è in presenza di attività lavorative ove la presenza di sorgenti di radiazioni naturali non conduce ad un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, e che quindi può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione. b) valori superiori alla soglia di azione (500 Bq/mc): in tal caso si è in presenza di attività lavorative ove la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell'esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, e che quindi non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione. Nel caso a) le attività effettuate per le misurazioni ed il risultato di queste contenute nelle relazioni di misura dovranno essere riportate nel Documento di Valutazione del Rischio di cui all’art. 4 del D. Lgs 626/94 con le usuali procedure di consultazione.
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Si vedano altresì le “Linee Guida per le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei” approvate dal Coordinamento delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano del 6 febbraio 2003 e la Circolare ABI serie Lavoro n. 20 del 10 febbraio 2003.
Tale valutazione può essere redatta secondo il noto procedimento indicato nelle “Linee Guida per la valutazione del rischio” redatte sia dalla CEE sia dall’ISPESL ed utilizzando altresì le “Linee Guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati” emanato dalla Conferenza Permanente Stato Regioni nel 2001.2
3.3.Attività lavorative con presenza di valori di concentrazione di radon superiori alla soglia di azione. Qualora si superino i valori soglia di attenzione e quindi vi è un significativo aumento dell'esposizione che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione si rientra nel campo di applicazione della norma. In tal caso i datori di lavoro ed i dirigenti che rispettivamente eserciscono e dirigono le attività ed i preposti che vi sovraintendono devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, attuare le cautele di protezione e di sicurezza previste dal D. Lgs 230/95 e dai provvedimenti emanati in applicazione di esso. In particolare i datori di lavoro, prima dell'inizio delle attività debbono acquisire da un esperto qualificato una relazione scritta contenente: –
le valutazioni
–
le indicazioni
di radioprotezione inerenti alle attività stesse. A tal fine i datori di lavoro forniscono all'esperto qualificato i dati, gli elementi e le informazioni necessarie tramite il proprio Servizio di Prevenzione e Protezione (ricordiamo che ai sensi dell’art. 9 ultimo comma del D. Lgs 626/94 il datore di lavoro “utilizza” il SPP) che ha già effettuato la valutazione del rischio generale, ha la conoscenza delle caratteristiche strutturali, impiantistiche e di organizzazione del lavoro dell’aziendaRicordiamo peraltro anche la necessità del coinvolgimento del Medico Competente dell’azienda per la conoscenza che questi ha delle condizioni sanitarie del personale e della presenza di situazioni personali che necessitano di una particolare attenzione di tutela in caso di esposizione a radiazioni (ad esempio la presenza di donne in gravidanza, oggetto di obblighi particolari ai sensi del D. Lgs n. 151). Importante sottolineare che la relazione predisposta dall’Esperto Qualificato costituisce il documento di cui all'articolo 4 comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per gli aspetti concernenti i rischi da radiazioni ionizzanti (art.61 del D. Lgs n. 230/95). Il datore di lavoro, sempre avvalendosi dell'esperto qualificato, pone quindi in essere azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto livello, tenendo 2
Si veda anche il Documento CTS PO626 dell’AIAS “Indirizzi per la redazione del Documento di Valutazione del Rischio” e l’interessante articolo specifico di C. Osimani “Decreti legislativi 626/94 e 230/95.Valutazione dei rischi a confronto nelle diverse attività lavorative” in “dBA.Rumore, Vibrazioni,microclima, illuminazione, onde elettromagnetiche. Valutazione, prevenzione e bonifica negli ambienti di lavoro”.
conto del principio di ottimizzazione, e procede nuovamente alla misurazione al fine di verificare l'efficacia delle suddette azioni. Le operazioni sono completate entro tre anni dal rilascio della relazione dell’EQ e sono effettuate con urgenza correlata al superamento del livello di azione. La norma consente all'esercente - ad esclusione di asili nido, scuole materne o dell'obbligo di non intraprendere azioni di rimedio se dimostra, avvalendosi dell'esperto qualificato, che nessun lavoratore è esposto ad una dose superiore a quella indicata nell'allegato I-bis del decreto stesso.
Sulla base delle indicazioni della relazione dell’Esperto qualificato i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti devono in particolare: a)
provvedere affinché gli ambienti di lavoro in cui sussista un rischio da radiazioni vengano individuati, delimitati, segnalati, classificati in zone e che l'accesso ad essi sia adeguatamente regolamentato.
b) provvedere affinché i lavoratori interessati siano classificati ai fini della radioprotezione. c)
predisporre norme interne di protezione e sicurezza adeguate al rischio di radiazioni e curare che copia di dette norme sia consultabile nei luoghi frequentati dai lavoratori, ed in particolare nelle zone controllate;
d) fornire ai lavoratori, ove necessari, i mezzi di sorveglianza dosimetrica e di protezione, in relazione ai rischi cui sono esposti e)
rendere edotti i lavoratori, nell'ambito di un programma di formazione finalizzato alla radioprotezione, in relazione alle mansioni cui essi sono addetti, dei rischi specifici cui sono esposti, delle norme di protezione sanitaria, delle conseguenze derivanti dalla mancata osservanza delle prescrizioni mediche, delle modalità di esecuzione del lavoro e delle norme interne di cui alla lettera c);
f)
provvedere affinché i singoli lavoratori osservino le norme interne di cui alla lettera c), usino i mezzi di cui alla lettera d) ed osservino le modalità di esecuzione del lavoro di cui alla lettera e);
g)
provvedere affinché siano apposte segnalazioni che indichino il tipo di zona, la natura delle sorgenti ed i relativi tipi di rischio e siano indicate, mediante appositi contrassegni, le sorgenti di radiazioni ionizzanti, fatta eccezione per quelle non sigillate in corso di manipolazione;
h)
fornire al lavoratore esposto i risultati delle valutazioni di dose effettuate dall'esperto qualificato,
che
lo
riguardino
direttamente,
nonché
assicurare
documentazione di sorveglianza fisica concernente il lavoratore stesso.
l'accesso
alla
E’ necessario fare alcune osservazioni in quanto le attività di informazione al lavoratore sono da correlarsi con gli obblighi dell’art. 21 del D. Lgs 626/94 che prevede la necessità di formare ed informare il lavoratore sui rischi connessi alla propria attività lavorativa ed al proprio ambiente di lavoro. Appare senz’altro opportuno che questa attività in/formativa venga integrata fra il R.S.P.P. e l’EQ. Tutte queste misure definiscono quella che il Decreto 230 chiama “sorveglianza fisica” ovvero l'insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati dall'esperto qualificato al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione.La sorveglianza fisica si attiva allorquando le attività svolte comportino la classificazione degli ambienti di lavoro in una o più zone controllate (ogni area di lavoro in cui, sulla base degli accertamenti e delle valutazioni compiuti dall'esperto qualificato sussiste per i lavoratori in essa operanti il rischio di superamento di uno dei valori) o sorvegliate (ogni area di lavoro in cui, sulla base degli accertamenti e delle valutazioni compiuti dall'esperto qualificato sussiste per i lavoratori in essa operanti il rischio di superamento di uno dei limiti di dose fissati per le persone del pubblico, ma che non debba essere classificata Zona Controlla), ovvero comportino la classificazione degli addetti come lavoratori esposti. Per gli obblighi previsti nei casi in cui occorre assicurare la sorveglianza fisica i datori di lavoro, dirigenti e preposti devono quindi avvalersi degli esperti qualificati e, per gli aspetti medici, dei medici “autorizzati”. Nei casi in cui non occorre assicurare la sorveglianza fisica, essi sono tenuti comunque ad adempiere alle disposizioni di cui alle lettere c), e), f),(relativi alla predisposizione di norme interne per ridurre l’esposizione e di formazione ed informazione dei lavoratori su queste) nonché a fornire i mezzi di protezione eventualmente necessari. Questo adempimento si applica per quegli ambienti che superano la concentrazione di 500 Bq/mc, ma non vi sono lavoratori esposti. L'esperto qualificato, nell'esercizio della sorveglianza fisica per conto del datore di lavoro deve: a)
effettuare la valutazione di radioprotezione e dare indicazioni al datore di lavoro nella attuazione dei compiti;
b)
effettuare l'esame e la verifica delle attrezzature, dei dispositivi e degli strumenti di protezione
c)
effettuare una sorveglianza ambientale di radioprotezione nelle zone controllate e sorvegliate;
d)
procedere alla valutazione delle dosi e delle introduzioni di radionuclidi relativamente ai lavoratori esposti;
e)
assistere, nell'ambito delle proprie competenze, il datore d lavoro nell'individuazione e nell'adozione delle azioni da compiere in caso di incidente.
In base alle valutazioni relative all'entità del rischio, l'esperto qualificato indica, con apposita relazione scritta, al datore di lavoro: a)
l'individuazione e la classificazione delle zone ove sussiste rischio da radiazioni;
b)
la classificazione dei lavoratori addetti, previa definizione da parte del datore di lavoro delle attività che questi debbono svolgere;
c)
la frequenza delle valutazioni;
d)
tutti i provvedimenti di cui ritenga necessaria l'adozione, al fine di assicurare la sorveglianza fisica dei lavoratori esposti e della popolazione;
e)
la valutazione delle dosi ricevute e impegnate, per tutti i lavoratori esposti e per gli individui dei gruppi di riferimento, con la frequenza stabilita ai sensi della lettera c).
L'esperto qualificato deve provvedere, per conto del datore di lavoro, ad istituire e tenere aggiornata la seguente documentazione: a)
la relazione, relativa all'esame preventivo dei progetti e delle eventuali modifiche, nonché le valutazioni;
b)
le valutazioni nonché i verbali di controllo;
c)
i verbali dei controlli dei provvedimenti di intervento da lui adottati e prescritti, nonché copia delle prescrizioni e delle disposizioni formulate dagli organi di vigilanza divenute esecutive;
d)
le schede personali sulle quali devono essere annotati i risultati delle valutazioni delle dosi individuali e delle introduzioni individuali; le dosi derivanti da eventuali esposizioni accidentali, di emergenza, da esposizioni soggette ad autorizzazione speciale o da altre modalità di esposizione debbono essere annotati, separatamente, in ciascuna scheda e le relazioni sulle circostanze ed i motivi inerenti alle esposizioni accidentali o di emergenza nonché alle altre modalità di esposizione;
e)
i risultati della sorveglianza fisica dell'ambiente di lavoro che siano stati utilizzati per la valutazione delle dosi dei lavoratori esposti.
Per quanto riguarda il nostro tema del rapporto fra RSPP e EQ rileviamo che per lo stesso decreto 230/95 è consentito che mansioni strettamente esecutive, inerenti alla sorveglianza fisica della protezione contro le radiazioni, siano affidate dal datore di lavoro a personale non
provvisto dell'abilitazione di cui all'articolo 78, scelto d'intesa con l'esperto qualificato e che operi secondo le direttive e sotto la responsabilità dell'esperto qualificato stesso. Si tratta di tutti quegli adempimenti di natura operativa tecnica non di specifica ed alta specializzazione per cui appare opportuno che il personale che li esegue sia in primo luogo componente del Servizio Prevenzione e Protezione tramite il quale il datore di lavoro fornisce i mezzi e le informazioni, nonché assicura le condizioni necessarie all'esperto qualificato per lo svolgimento dei suoi compiti. In secondo luogo si tratta di quegli adempimenti operativi gestionali per i quali può apparire opportuno coinvolgere i preposti che, quotidianamente, gestiscono i processi di lavoro e lo svolgimento dell’attività (pensiamo alla mera informazione e ad alcuni controlli di rispetto delle disposizioni date). La necessità di un coinvolgimento integrato delle diverse figure che costituiscono il Sistema di Gestione della Salute e Sicurezza dell’azienda è ancora maggiormente evidenziata dall’ultimo comma dell’art. 80 del D. Lgs 230/95. Tale disposto normativo prevede che il datore di lavoro garantisca le condizioni per la collaborazione, nell'ambito delle rispettive competenze, tra l'esperto qualificato e il servizio di prevenzione e protezione. L'esperto qualificato è in particolare chiamato a partecipare alle riunioni periodiche di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 626/94. Ricordiamo tali riunioni vedono coinvolti tutti gli attori della sicurezza quali il datore di lavoro, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, il responsabile del servizio prevenzione e protezione, il medico competente ed ora l’esperto qualificato ed ove presente il medico autorizzato. Le riunioni periodiche costituiscono, in un sistema di gestione che opera in qualità, il momento centrale di confronto per il riesame di un ciclo virtuoso di automiglioramento dove si esaminano: 1. la relazione sulla valutazione dei rischi; 2. l’idoneità dei mezzi di protezione individuale 3. i programmi di formazione ed informazione dei lavoratori e ogni significativa variazione delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute di lavoratori. Ricordiamo anche la specifica necessità di una valutazione collegiale della compresenza di più rischi e dei rischi aggiuntivi prodotti dalla combinazione di questi (evidenziamo solo nello specifico il rischio da fumo passivo o attivo che, come dimostrato da studi epidemiologici, combinato con l’esposizione al radon eleva in modo esponenziale la percentuale di rischio di tumori polmonari).
Si ha quindi un coinvolgimento diretto e significativo dell’E.Q. nel processo gestionale della salute e sicurezza e non potrebbe essere altrimenti, anche per il fatto che - come già detto la redazione della parte del Documento di Valutazione del Rischio di cui all’art. 4 del 626 relativa al rischio da radiazioni è di competenza dello stesso EQ. Il datore di lavoro provvede inoltre ai necessari adempimenti sulla base delle indicazioni ricevute dall’E.Q. e si assicura altresì che l'esperto qualificato trasmetta al medico addetto alla sorveglianza medica i risultati delle valutazioni delle dosi relative ai lavoratori esposti, con la periodicità prevista. Appare, per concludere, evidente e necessario che R.S.P.P., E.Q., Medico Competente e Medico Autorizzato costituiscano un team di specialisti esperti che opera, con le specifiche competenze e professionalità, in modo sinergico ed integrato entro un sistema gestionale unico la cui responsabilità complessiva e le cui leve organizzative e di spesa sono nelle mani del datore di lavoro-esercente ed il cui obiettivo finale è il miglioramento continuo delle condizioni di salute e di sicurezza di tutti noi.