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MARCO SOFFIENTINI
VIDEOSORVEGLIANZA SUI LUOGHI DI LAVORO INFORMATIVA E CARTELLONISITICA SISTEMI INTEGRATI CON DATI BIOMETRICI NOTIFICAZIONI E SANZIONI IMPIANTI AUDIOVISIVI E STATUTO CONTROLLO DEI LAVORATORI E ACCORDO SINDACALE MODULISTICA E CASISTICA CON IL PATROCINIO DI
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PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA © 2014 Wolters Kluwer Italia S.r.l Strada I, Palazzo F6 - 20090 Milanofiori Assago (MI)
ISBN: 9788821747151 Il presente file può essere usato esclusivamente per finalità di carattere personale. I diritti di commercializzazione, traduzione, di memorizzazione elettronica, di adattamento e di riproduzione totale o parziale con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. La presente pubblicazione è protetta da sistemi di DRM. La manomissione dei DRM è vietata per legge e penalmente sanzionata. L’elaborazione dei testi è curata con scrupolosa attenzione, l’editore declina tuttavia ogni responsabilità per eventuali errori o inesattezze.
Videosorveglianza sui luoghi di lavoro
PREFAZIONE Nel 2002 il Presidente STEFANO RODOTÀ intuendo le problematiche che un uso massiccio della tecnologia avrebbe comportato, ebbe modo di riferire nel Suo discorso al Parlamento che: «Sapersi scrutati riduce la spontaneità e la libertà. Riducendosi gli spazi liberi dal controllo, si è spinti a chiudersi in casa e a difendere sempre più ferocemente quest’ultimo spazio privato, peraltro sempre meno al riparo da tecniche di sorveglianza sempre più sofisticate. Ma se libertà e spontaneità saranno confinate nei nostri spazi rigorosamente privati, saremo portati a considerare lontano e ostile tutto quel che sta nel mondo esterno. Qui può essere il germe di nuovi conflitti, e dunque di una permanente e più radicale insicurezza, che contraddice il più forte argomento addotto per legittimare la sorveglianza, appunto la sua vocazione a produrre sicurezza». (Pres. Rel. 2002, p. 21). La sua intuizione si è rilevata fondata, tanto che negli ultimi anni abbiamo assistito ad un massiccio ricorso all’uso delle tecnologie. Anche nel 2007 il Garante aveva precisato che: «Il concreto rischio di muoversi sempre più velocemente verso una società della sorveglianza e della classificazione; una ancora inadeguata cultura della protezione dei dati; il ricorso massiccio a tecnologie di raccolta e conservazione dei dati sempre più sofisticate; i problemi della sicurezza collettiva nazionale ed internazionale; il potenziale uso indiscriminato anche delle più delicate informazioni sulle persone: sono questi i fattori che hanno spinto il Garante, nel corso del 2007, a intensificare l’azione volta alla crescita di una forte consapevolezza da parte di cittadini, istituzioni e mondo dell’impresa sul ruolo centrale svolto nella nostra società dalla protezione dei dati personali». (Relazione 2007, pag. 177). A questa disamina non poteva sfuggire la videosorveglianza, tanto che nel 2009 il Garante è intervenuto sul tema rilevando che: Il ricorso massiccio alla videosorveglianza (relazione 2009, pag. 289) e le problematiche inerenti alla videosorveglianza, anche in combinazione con altri strumenti di controllo, suscitano considerevole interesse da parte degli utenti, per di più in relazione all’implementazione e alla diffusione di nuove tecnologie, spesso utilizzate nell’ambito del controllo del lavoro dipendente. Risultano, infatti, numerose le richieste di chiarimento in merito alla liceità dell’uso della biometria in ambito lavorativo (Relazione 2009, pag. 297). A riprova dell’importanza dell’argomento, nell’ultima relazione al Parlamento dell’Autorità Garante si rileva che: «Il consistente numero di richieste di informazioni e di segnalazioni in materia di videosorveglianza (827 e-mail) testimonia la crescente diffusione, anche in Italia, di questa tipologia di dispositivi, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato, in ambito sia aziendale sia domestico. Le richieste riguardano principalmente alcuni adempimenti previsti dal provvedimento generale in materia [doc. web n. 1712680], con particolare riferimento alla richiesta di verifica preliminare (art. 17 del Codice) ed alle misure di sicurezza (artt. 31- 36 e Allegato B del Codice)». (Relazione 2012, pag. 314). © Wolters Kluwer Italia 2014
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Videosorveglianza sui luoghi di lavoro Oggi nelle aziende e, in generale, in qualsiasi luogo di lavoro, è facile constatare la presenza di un impianto di videosorveglianza, attraverso il quale il datore di lavoro intende proteggere il proprio patrimonio e garantire la sicurezza di lavoratori e terzi in genere. La videosorveglianza è un tema che sicuramente riguarda l’ufficio del personale di un’azienda per le evidenti connessioni con lo Statuto dei lavoratori, ma possiamo già dire che riguarderà anche la figura del privacy officer, in vista del c.d. regolamento privacy europeo. In questo scenario il Garante è intervenuto da ultimo nel 2010 con un provvedimento generale sulla videosorveglianza, in quanto: «La necessità di garantire, in particolare, un livello elevato di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali rispetto al trattamento dei dati personali consente la possibilità di utilizzare sistemi di videosorveglianza, purché ciò non determini un'ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali degli interessati.». Provv. gen. 8 aprile 2010 [doc. web n. 1712680]
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Videosorveglianza sui luoghi di lavoro
1. PROTEZIONE DEI DATI E VIDEOSORVEGLIANZA NEI LUOGHI DI LAVORO 1.1. Videosorveglianza: quadro normativo di riferimento La raccolta, la registrazione, la conservazione e, in generale l’utilizzo di immagini configura un trattamento di dati personali (Provv. 8 aprile 2010, § 2 e art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs n. 30 giugno 2003, n. 196). Come noto, è considerato “dato personale” qualunque informazione relativa a persona fisica identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione. Come ha precisato autorevole dottrina (Imperiali), la identificabilità consiste nella capacità di identificazione, in prospettiva solo potenziale, ma sia i dati identificativi che quelli suscettibili di identificazione appartengono alla comune famiglia dei dati personali, ai quali si applica la normativa contenuta nel Codice privacy. Ne segue che in ambito di videosorveglianza, la cui finalità è proprio quella di identificare l’interessato, non è ammissibile la tesi di coloro i quali sostengono che siccome l’identificazione avverrebbe soltanto in una piccola percentuale del materiale raccolto, prima di questo (eventuale) momento non si avrebbe trattamento di dati personali. Infatti, siamo sempre in presenza di un trattamento di dati personali identificabili, anche se nella pratica alcune delle persone registrate non sono identificabili (vedi il Parere n. 4/2007, wp 136 del Gruppo di lavoro dei Garanti europei). Quindi, le immagini registrate o rilevate da un impianto di videosorveglianza possono essere dati personali nella misura in cui le persone riprese sono potenzialmente riconoscibili. Anche il gruppo di lavoro dei Garanti Europei nel 2004 è intervenuto precisando che le immagini e l’audio, quando consentono di identificare le persone, rappresentino “dati personali”: «Il gruppo di lavoro è del parere che occorra attirare l'attenzione sul fatto che la direttiva n. 95/46/CE si applica al trattamento di dati personali, inclusi i dati sotto forma di immagini e suoni tramite circuiti chiusi di televisione o altri sistemi di videosorveglianza, in totalità o in parte tramite mezzi automatici, e al trattamento diverso da quello automatico di dati personali che formano parte di un sistema di archivio o che sono destinati a formare parte di un sistema di archivio. I dati in forma di immagini e suoni relativi a persone fisiche identificate o identificabili rappresentano dati personali: a) anche se le immagini sono utilizzate nel quadro di un sistema di cir-
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Videosorveglianza sui luoghi di lavoro cuito chiuso e non sono connesse con caratteristiche specifiche di una persona, b) anche se non riguardano individui i cui volti sono stati filmati, anche se contengono altre informazioni, ad esempio numeri di targa di automobili o numeri di codice PIN acquisiti nel contesto della sorveglianza di sportelli automatici, indipendentemente - dal supporto utilizzato per il trattamento, ad esempio, sistemi fissi e/o mobili quali ricevitori video portatili, immagini a colori e/o in bianco e nero, - dalle tecniche utilizzate, ad esempio apparecchi con cavi o fibre ottiche, - dal tipo di attrezzatura, ad esempio fissa, rotativa, mobile, dalle caratteristiche applicabili all'acquisizione di immagini, ad esempio continua (all'opposto di discontinua), il che potrebbe essere il caso se l'acquisizione di immagini occorre unicamente in caso del superamento del limite di velocità e non ha alcuna relazione con immagini video captate in forma interamente casuale e frammentaria e - dagli strumenti di comunicazione utilizzati, ad esempio collegamento con un “centro” e/o trasmissione di immagini a terminal remoti, ecc.». Parere 4-2004 – Art. 29- WP 89
Le osservazioni esposte trovano applicazione anche nei luoghi di lavoro, come precisato fin dal 2001 dallo stesso Gruppo di lavoro dei Garanti europei in un parere sul “trattamento dei dati nel contesto lavorativo”: «il trattamento di dati sotto forma di suono e di immagine nel contesto lavorativo rientra nel campo d’applicazione della legislazione di protezione dei dati e anche la sorveglianza video dei lavoratori è disciplinata dalle disposizioni della direttiva e dalle leggi nazionali che la recepiscono». Parere n. 8-2001, wp. 48
Il fenomeno della videosorveglianza nei luoghi di lavoro è oggi in costante crescita, ed ha sostanzialmente le seguenti finalità: • protezione e sicurezza del personale; • protezione e sicurezza dei clienti (o terzi); • protezione della proprietà o del patrimonio aziendale; • acquisizione di prove (c.d. controlli difensivi). Queste finalità devono bilanciarsi con il diritto alla riservatezza e dignità delle persone. La gestione delle immagini provenienti da un impianto di videosorveglianza configura, pertanto, un’operazione di trattamento di dati personali sottoposta oltre che alla disciplina in materia di protezione di dati personali anche delle altre disposizioni dell’Ordinamento, quali, ad esempio, le norme civili e penali in 4
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Videosorveglianza sui luoghi di lavoro materi di interferenza illecita nella vita privata e, in particolare, per quanto concerne gli ambienti di lavoro, quelle sul controllo a distanza dei lavoratori. Il Garante ha precisato che il Codice è applicabile in relazione ai trattamenti effettuati attraverso sistemi di videosorveglianza, anche se le immagini sono utilizzate solo nel quadro di un circuito chiuso e non sono soggette a registrazione (Relazione 2006, pag. 127). La materia della videosorveglianza, disciplinata dal Codice Privacy e oggetto di specifici provvedimenti dell’Authority, si intreccia con la disciplina prevista dallo Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970) e, in particolare, con le norme contenute nel Titolo I, rubricato «Della libertà e dignità del lavoratore». L’art. 134 del Codice Privacy prevede l’emanazione di un codice deontologico ai sensi dell’art. 12 dello stesso, per il caso di trattamenti effettuati con strumenti elettronici di rilevamento di immagini. Il codice deontologico stabilirebbe specifiche modalità di trattamento e forme semplificate di informativa all’interessato, al fine di garantire la liceità e la correttezza anche in riferimento a quanto previsto dall’art. 11 del Codice. Siccome questo codice non è stato ancora emanato, attualmente la disciplina della videosorveglianza negli ambienti di lavoro deve soddisfare i principi generali che disciplinano il trattamento dei dati personali e che sono sanciti dagli articoli 2, 3 e 11 del D.Lgs. n. 196/2003. All’esame di questi principi è dedicato il prossimo paragrafo. Nel corso degli anni il Garante ha emesso tre provvedimenti generali in tema di videosorveglianza: • Provvedimento 29 novembre 2000 («Il decalogo delle regole per non violare la privacy») doc. web n. 31019; • Provvedimento Generale 29 aprile 2004, doc. web n. 1003482; • Provvedimento Generale 8 aprile 2010, doc. web n. 1712680. Il Provvedimento del 2010 sostituisce quello del 2004, ma rafforza e precisa il quadro delle garanzie a tutela dell’interessato, come affermato in più occasioni dallo stesso Garante. «Il nuovo provvedimento generale in materia di videosorveglianza [doc. web n. 1712680], che sostituisce quello del 29 aprile 2004 [doc. web n. 1003482], adottato visto lo sviluppo della tecnologia, i numerosi interventi normativi, statali e regionali – che hanno incentivato l’utilizzo della videosorveglianza come forma di difesa passiva, controllo e deterrenza di fenomeni criminosi e vandalici, nonché le molteplici finalità per le quali tali sistemi sono utilizzati - delinea un nuovo quadro di garanzie a tutela degli interessati fornendo, contestualmente, specifiche prescrizioni ai titolari del trattamento. (relazione 2009, pag. 204)». Relazione 2009, pag. 204
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A completare il quadro normativo di riferimento è poi la disciplina sul controllo a distanza dell’attività lavorativa disciplinata dallo Statuto dei Lavoratori, che esamineremo nel capitolo secondo.
1.2. I principi privacy e l’informativa nella videosorveglianza L’installazione di sistemi di rilevazione delle immagini - si legge nel Provvedimento generale del 2010 - deve avvenire nel rispetto di determinati e precisi principi generali. In particolare, un trattamento di dati attraverso sistemi di videosorveglianza è lecito quando: • è fondato su uno dei presupposti di liceità che il Codice prevede espressamente in capo a soggetti pubblici e privati; • è fondato sul principio di finalità. I sistemi di videosorveglianza in azienda hanno la finalità di protezione e incolumità dei dipendenti e di eventuali terzi, di protezione della proprietà e del patrimonio aziendale, di acquisizione delle prove nell’ambito dei c.d. controlli difensivi; • è rispettato il principio di necessità, il quale comporta un obbligo di attenta configurazione di sistemi informativi e di programmi informatici per ridurre al minimo l'utilizzazione di dati personali (art. 3 del Codice); • è rispettato il principio di proporzionalità, che è volto a garantire un trattamento di dati pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite (art. 11, comma 1, lett. d) del Codice). In proposito, l’Autorità ha ribadito il necessario rispetto del principio di proporzionalità tra i mezzi impiegati e i fini perseguiti; in particolare, secondo tale principio, impianti di videosorveglianza possono essere attivati solo quando altre misure siano ponderatamente ritenute insufficienti o inattuabili (vedi Relazioni 2005 pag. 95). In base a questo principio andranno prese le decisioni in merito alla scelta delle telecamere (fisse o brandeggiabili, alta o bassa risoluzione, diurne o infrarossi, con zoom potente o meno), il numero delle stesse e il loro posizionamento. Un principio fondamentale da rispettare sempre riguarda gli interessati, i quali devono essere informati quando stanno per accedere ad una zona video sorvegliata. L’informativa, che deve essere conforme a quanto stabilito dall’art. 13 del Codice Privacy, può essere resa in forma “minima” (semplificata), indicando il titolare del trattamento e la finalità perseguita e seguendo il fac-simile presente nell’allegato al provvedimento generale, che prevede anche l’ipotesi di privati collegati con le forze di polizia. E’ auspicabile che il fac-simile rinvii a un testo completo, contenente tutti gli elementi di cui all’art. 13 comma 1 del Codice e che sia disponibile senza oneri
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Videosorveglianza sui luoghi di lavoro per gli interessati ed accessibile anche con strumenti informatici (esempio, affissione all’interno del locale commerciale, reti intranet o siti internet, ecc.). Il supporto con l’informativa: a. deve essere collocato prima del raggio di azione della telecamera, anche nelle sue immediate vicinanze e non necessariamente a contatto con gli impianti; b. deve avere un formato ed un posizionamento tale da essere chiaramente visibile, in ogni condizione di illuminazione ambientale, anche quando il sistema di videosorveglianza sia eventualmente attivo in orario notturno; c. può inglobare un simbolo o una stilizzazione di esplicita e immediata comprensione, eventualmente diversificati, al fine di informare se le immagini siano solo visionate o anche registrate. Naturalmente occorre ricordarsi di compilare la cartellonistica, con l’indicazione del titolare del trattamento e la finalità della rilevazione/registrazione. Si tratta di un aspetto tutt’altro che trascurabile, visto che i controlli ispettivi hanno evidenziato in più occasioni la presenza di cartelli “neutri”. A titolo esemplificativo, in occasione di un accesso ispettivo del Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza, fu rilevato che: «l'obbligo di rendere l'informativa sia stato assolto mediante l'affissione, “in corrispondenza delle aree di accesso”, di apposita cartellonistica risultata sprovvista dell'indicazione del titolare del trattamento» (cfr. Verbale 30 gennaio 2013, p. 4 e all. 6). (Vedi Provvedimento 12 settembre 2013, doc. web n. 2691507). In un altro caso, furono rilevati dalla Guardia di Finanza cartelli sprovvisti dell’indicazione della finalità del trattamento (vedi Provvedimento 17 gennaio 2013, doc. web n. 2291893). Si ricorda che l’art. 161 del Codice Privacy punisce l’omessa o inidonea informativa di cui all’art. 13 con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da seimila a trentaseimila euro. In presenza di più telecamere e in relazione alla vastità dell’area e alle modalità delle riprese, andranno installati più cartelli di informativa. Infine, i cartelli devono essere posizionati in maniera tale da essere ben visibili e, pertanto, non vanno collocati, a titolo esemplificativo, dietro una struttura fissa preordinata all’esposizione della merce posta in vendita (cfr. Provvedimento 17 gennaio 2013, doc. web n. 2291893). La disciplina in tema di informativa (salvo particolari ipotesi) è tassativa e non derogabile, così come sottolinea il Garante nel Provvedimento dell’aprile 2010, quando precisa con riferimento ai soggetti pubblici che: «deve essere obbligatoriamente fornita un'idonea informativa in tutti i casi in cui, invece, i trattamenti di dati personali effettuati tramite l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza dalle forze di polizia, dagli organi di pubblica sicurezza e da altri soggetti pubblici non siano riconducibili a quelli espressamente previsti dall'art. 53 del Codice
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Videosorveglianza sui luoghi di lavoro (es. utilizzo di sistemi di rilevazioni delle immagini per la contestazione delle violazioni del Codice della strada).». La circostanza è stata oggetto di chiarimenti da parte dell’Autorità. «Un Comune aveva manifestato l’intenzione di montare stabilmente telecamere, per sole riprese video, a bordo di veicoli utilizzati dalla polizia locale, ma privi di contrassegni identificativi dell’ente di appartenenza, con la finalità specifica di contrastare il fenomeno dell’abbandono dei rifiuti sul territorio di competenza. Al riguardo, è stato precisato che non sono previste, da parte del Garante, ipotesi di autorizzazione per esentare dall’obbligo di fornire l’informativa agli interessati nell’ambito di un trattamento di dati personali effettuato tramite sistemi di videosorveglianza (art. 13 del Codice). Nel citato provvedimento è specificato che coloro i quali transitano nelle aree sorvegliate devono essere informati della rilevazione dei dati. L’informativa deve essere chiaramente visibile ed indicare chi effettua la rilevazione delle immagini e per quali scopi (cfr.punto 3.1., Provv. cit.) (Nota 13 gennaio 2010). Si è fatto più volte presente che resta, tuttavia, ferma l’esenzione, prevista dalla legge, dall’obbligo di fornire l’informativa agli interessati in relazione alle ipotesi di trattamento di dati personali effettuato “da organi di pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici per finalità di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, prevenzione, accertamento e repressione dei reati, effettuati in base ad espressa disposizione di legge che preveda specificamente il trattamento” (art. 53 del Codice).». Note 9 dicembre 2009 e 13 gennaio 2010, in Relazione 2009, pag. 202
I dipendenti devono essere informati della presenza delle telecamere negli ambienti di lavoro (vedi per ulteriori approfondimento infra § 2.2). Sotto questo profilo, il titolare del trattamento dovrà portare i lavoratori a conoscenza dell’esistenza dell’impianto e comunicare la circostanza che le immagini non saranno utilizzate per finalità disciplinari. In ogni caso, l’informativa ai dipendenti non esime dall’attivazione della procedura di cui all’art. 4, comma 2 dello Statuto dei Lavoratori. Il concetto è stato ribadito recentemente in occasione di un accertamento ispettivo presso un supermercato. In particolare, il Garante ha sottolineato che: «in atti risultano le informative rese ai dipendenti contenenti una manifestazione del consenso degli stessi al trattamento effettuato mediante il sistema di videosorveglianza; ma che, comunque, il sistema di videosorveglianza risulta idoneo a riprendere e registrare l'attività di quanti, ivi compresi i lavoratori nello svolgimento della propria attivi8
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