ASSEMBLEA DIOCESANA
SULL’INIZIAZIONE CRISTIANA DIOCESI DI CREMA
Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nella diocesi di Crema
Verso un progetto condiviso Febbraio - Settembre 2014
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Il rinnovamento dell’iniziazione cristiana nella diocesi di Crema
Verso un progetto condiviso Febbraio - Settembre 2014
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Perchè l’Assemblea Diocesana L’invito del Vescovo Lo scorso mese di giugno il vescovo Oscar Cantoni indirizzava alla comunità diocesana una lettera con l’invito a dedicare il prossimo anno pastorale 2013-2014 ad una riflessione ampia ed approfondita sul tema dell’iniziazione cristiana. Scriveva tra l’altro: «Da vari anni, ormai, stiamo affrontando il tema della “iniziazione cristiana”: siamo in molti, sacerdoti e laici, che ci chiediamo come introdurre i nuovi battezzati in un progressivo cammino di fede, che permetta loro di vivere una vita degna dei figli di Dio. In una parola: ci interroghiamo sul come aiutare i bambini e i ragazzi a diventare cristiani dentro la nostra Chiesa, ma nello stesso tempo, ci domandiamo, come avviare pratiche di primo annuncio e raggiungere quei genitori che accettano, proprio in ragione della richiesta dei sacramenti ai loro figli, di avanzare anch’essi nella fede, e così ristabilire un ponte tra la coppia e la fede nel Cristo risorto incontrato nella comunità ecclesiale. […] É tempo di sperimentare modalità nuove di proposta, senza temere di mettere in campo nuove energie, pur di far giungere ai piccoli e ai grandi il lieto annunzio del Vangelo, sostenuti dagli orientamenti della Chiesa italiana e dall’esperienza delle diocesi vicine. […] Non possiamo avere paura nello sperimentare nuovi metodi pastorali per giungere a definire un cammino comune, che determini le modalità concrete per iniziare oggi alla fede e permettere agli adulti della nostra diocesi una conoscenza più viva del mistero di Cristo. […]. Auspico perciò che nel prossimo anno pastorale possiamo dedicare un tempo opportuno per una ricerca condivisa e così giungere a determinare quelle scelte pastorali, che sentiamo maggiormente adatte al nostro ambiente di vita, indispensabili per l’iniziazione cristiana in questo tempo particolare». Nel mese di settembre, insediando il comitato preparatorio dell’Assemblea diocesana 2014, il Vescovo ha detto: «Iniziare alla fede e poi aiutare a progredire nella fede è la sfida di ogni Chiesa locale, che si avvale di un metodo acquisito dalla ricca
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esperienza della tradizione ecclesiale, adattato alla situazione del tempo, del luogo e alle problematiche particolari. Le chiese di Lombardia, in questi ultimi anni, sono già uscite con diversi pronunciamenti e hanno sperimentato itinerari specifici, più o meno riusciti! Non sono mancati soprattutto documenti ufficiali del Magistero, che richiedono di essere approfonditi e applicati intelligentemente alle diverse epoche e a seconda delle diverse età della vita. Fra questi, vorrei ricordare l’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI, definita da Papa Francesco come il più alto documento pastorale di tutti i tempi. Lo scorso anno si è concluso un Sinodo sulla Nuova evangelizzazione, da cui potremo trarre proficui insegnamenti. La Chiesa italiana ha pubblicato negli anni scorsi, a cura dell’Ufficio catechistico nazionale, un testo in tre parti sulla iniziazione cristiana: “1/Catecumenato degli adulti; 2/Catecumenato dei fanciulli e dei ragazzi; 3/Itinerari per il risveglio della fede cristiana”. Su questi testi e su altri ancora potremo confrontarci e sarà un mezzo perché noi per primi avanziamo nella fede. La nostra diocesi non è nuova al tema dell’evangelizzazione e della iniziazione cristiana in particolare. Il Sinodo diocesano del 1994 aveva dedicato ampio spazio alla “Nuova evangelizzazione” e in particolare alla iniziazione cristiana (§§ 288-297 e 362-393). In questi anni recenti, dopo esserci confrontati con l’esperienza delle diocesi vicine e valutate le problematiche e i rischi, il nostro Ufficio Catechistico Diocesano ha promosso un itinerario, affrontato solo da alcune (poche) parrocchie e da altre completamente ignorato. Si tratterà di confrontarsi con il cammino percorso dalle singole parrocchie, per riflettere sulle reali difficoltà incontrate, ma anche aiutarci a proporre itinerari possibili, condivisibili e perciò comuni a tutti, evitando il soggettivismo pastorale. Camminare insieme nella Chiesa si traduce nell’assumere tutti, come Chiesa locale, la responsabilità e il mandato insopprimibile della evangelizzazione adottandone però anche i metodi. L’assemblea ecclesiale servirà per far convergere l’esperienza di tutti, evidenziando un possibile comune metodo di evangelizzazione». Per favorire un confronto su queste tematiche, il Vescovo, in accordo con gli organismi diocesani, ha individuato lo strumento dell’assemblea diocesana. La scelta di indire una nuova assemblea diocesana scaturisce dalla positiva esperienza di quella
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tenutasi nell’anno pastorale 2010-11, denominata “assemblea ecclesiale”. Rileggendo quell’esperienza e riconsegnandone alla comunità diocesana il suo “valore” il Vescovo affermava: «Possiamo definire l’Assemblea ecclesiale come un positivo evento di Chiesa perché molti si sono sentiti interpellati e si sono lasciati coinvolgere. In questo modo ci è stato offerto un segno di maturità da parte di sacerdoti e laici, tutti impegnati a cercare non proprie visioni di parte, ma ciò che lo Spirito del Signore poteva chiedere alla nostra Chiesa». Ed aggiungeva: «Un primissimo, qualificante frutto, emerso dalla nostra Assemblea Ecclesiale, è la conferma dell’ormai inderogabile impegno di sentirci, dentro la Chiesa, tutti corresponsabili, a diverso titolo, secondo la visione di ciascuno, senza alcuna contrapposizione tra laici e sacerdoti. Tutti siamo stati interpellati ad assumerci nuove responsabilità, da condividere, in vista di una proclamazione gioiosa e contagiosa del Vangelo di Gesù Cristo». Una delle “scelte” scaturite da quell’assemblea riguardava proprio l’iniziazione cristiana, che «ha bisogno di un coraggioso ripensamento, che eviti sperimentazioni estremiste, e che promuova una prassi che conduce ad un vero e proprio evento di fede per le famiglie, per i ragazzi e per la comunità cristiana» (10 aprile 2011). Questo cammino diocesano di riflessione si pone in sintonia con l’invito di papa Francesco ad un rinnovamento radicale: “La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità” (Evangelii gaudium, 33). Nel lavoro di revisione del cammino di iniziazione cristiana nella nostra diocesi sarà importante riferirci costantemente a questa esortazione apostolica, della quale si citano in questo “quaderno di lavoro” alcuni passaggi significativi.
La finalità dell’assemblea La finalità dell’assemblea diocesana, così come indicata dal nostro Vescovo, è quella di «una ricerca condivisa» che porti a «quelle scelte pastorali, che sentiamo
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maggiormente adatte al nostro ambiente di vita, indispensabili per l’iniziazione cristiana in questo tempo particolare». Siamo chiamati dunque ad un ripensamento complessivo dell’iniziazione cristiana nella nostra diocesi finalizzato ad un suo concreto recepimento nelle parrocchie. Tale ripensamento scaturisce da una constatazione diffusa dei limiti del modello attuale, viene compiuto sulla scorta della riflessione della Chiesa italiana e alla luce delle indicazioni pastorali del nostro Vescovo, ha come base di partenza il progetto varato nella nostra diocesi nel 2011 e fa tesoro delle esperienze in atto, sia in alcune delle nostre comunità che in altre diocesi. L’obiettivo che ci poniamo è dunque quello dell’elaborazione di un orientamento condiviso a livello diocesano, scaturito grazie anche ad un ampio coinvolgimento ecclesiale, orientamento che costituirà la base di un nuovo progetto diocesano di iniziazione cristiana. Uno dei limiti attribuiti al progetto seguito all’assemblea del 2011 è infatti quello di non essere scaturito da una riflessione ampiamente condivisa. La riflessione ed il confronto che scaturiranno, nella misura in cui la comunità diocesana si lascerà coinvolgere in questo percorso, saranno anche un prezioso esercizio di “autocoscienza” circa la nostra fede e le forme con cui la trasmettiamo, un’occasione per prendere maggiore consapevolezza circa quell’aspetto determinante del nostro essere Chiesa che è l’accompagnamento della fede delle giovani generazioni, facendo emergere istanze e bisogni reali, attraverso un ascolto attento e sincero del “vissuto” delle nostre comunità. Inoltre questo percorso, nella misura in cui verrà sinceramente accolto, si rivelerà un’inedita esperienza di Chiesa, nella quale la dimensione diocesana dialoga con quella parrocchiale e con quella “universale”. Esso potrà inoltre manifestare il senso della corresponsabilità di ciascun credente dentro la comunità cristiana e valorizzare la “sinodalità” come stile distintivo della Chiesa.
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I soggetti coinvolti L’Assemblea diocesana vuole dunque essere una grande esperienza ecclesiale. Per questo essa intende coinvolgere il più possibile i credenti della Chiesa di Crema. In particolare i destinatari sono: - gli operatori pastorali delle singole parrocchie: i Consigli pastorali parrocchiali e zonali; quanti in parrocchia offrono un servizio di carattere pastorale e, soprattutto, formativo (catechisti ed educatori); - i gruppi, le associazioni e i movimenti laicali presenti nella nostra diocesi: anche ad essi è chiesto un coinvolgimento ed una riflessione propositiva, chiedendo a ognuno di mettere a disposizione l’originalità del proprio carisma; - le varie commissioni pastorali diocesane, che possono offrire alla comune riflessione un punto di vista qualificato in ragione della competenza acquisita ognuna in un particolare settore della vita diocesana; - i singoli credenti, ciascuno dei quali può offrire un contributo costruttivo a partire dalla propria esperienza. In particolare ci attendiamo il coinvolgimento delle coppie di sposi e dei giovani ma anche dei ragazzi e degli adolescenti. Per questi ultimi ci saranno proposte specifiche.
Indicazioni metodologiche Il “quaderno di lavoro” Il presente “quaderno di lavoro”, redatto dal Comitato preparatorio insediato dal Vescovo nel mese di settembre 2013, è lo strumento sul quale la comunità diocesana viene chiamata ad compiere un primo lavoro di confronto e riflessione, nel periodo che va da febbraio a metà maggio 2014.
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Esso ha l’obiettivo di favorire quella “ricerca condivisa” di cui si diceva nelle finalità. È suddiviso in quattro parti, corrispondenti ad altrettanti aspetti “nodali” del tema dell’iniziazione cristiana: 1) La comunità soggetto dell’iniziazione cristiana; 2) Il ruolo dei genitori nell’iniziazione cristiana ed il modo di accompagnarli nel loro cammino di fede; 3) L’iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi; 4) L’accompagnamento degli adolescenti alla professione di fede. Ciascuna parte presenta alcune affermazioni e una serie di domande, volte a favorire la riflessione ed il confronto. Medesimi aspetti vengono ripresi in più parti, sotto un profilo diverso ed anche le domande a volte possono apparire ripetitive: si tratta di un’inevitabile “circolarità” di contenuti e di questioni. Del resto si è voluto dare a ciascuna parte una propria “compiutezza” in modo da poter essere presa in considerazione anche indipendentemente dalle altre.
Come lavorare Il materiale elaborato dai singoli soggetti (parrocchie, aggregazioni laicali, commissioni, singoli) va fatto pervenire o in forma cartacea all’indirizzo del comitato preparatorio dell’Assemblea presso la Curia vescovile o, preferibilmente, per posta elettronica all’indirizzo
[email protected] entro la fine del mese maggio. Questa prima fase di riflessione - proveniente da parrocchie, aggregazioni laicali e commissioni diocesane - sarà raccolta e rielaborata in uno “strumento di lavoro” che fungerà da base per l’Assemblea diocesana vera e propria che si celebrerà, con diverse sedute, nel settembre 2014.
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Una discussione pubblica L’Assemblea diocesana, come già la precedente, sarà anche l’occasione per una grande discussione pubblica dentro la Chiesa di Crema circa una dimensione essenziale della sua vita. Per questo, accanto al percorso finora delineato, viene sollecitato un dibattito pubblico che troverà spazio sulle pagine del settimanale diocesano Il Nuovo Torrazzo, dibattito al quale tutti sono invitati a partecipare. I testi di cui si chiede la pubblicazione vanno inviati all’indirizzo
[email protected] e contestualmente a
[email protected] o consegnati alla redazione del giornale con la specificazione dell’oggetto “assemblea diocesana”. Tutto il materiale relativo all’Assemblea viene contestualmente pubblicato sul sito www.diocesidicrema.it in un apposito spazio, nel quale verranno via via inseriti anche i testi destinati al settimanale diocesano. Ogni altra iniziativa finalizzata ad arricchire la riflessione sui temi dell’assemblea è sicuramente apprezzabile e benvenuta.
I tempi - Settembre 2013: presentazione alla diocesi dell’assemblea come avvenimento centrale del prossimo anno pastorale e insediamento del comitato preparatorio. - Settembre - gennaio: lavoro del comitato preparatorio per la stesura del “quaderno di lavoro”. - Febbraio 2014: diffusione del “quaderno di lavoro”. - Febbraio - maggio: lavoro di riflessione ed elaborazione dei soggetti coinvolti a partire dal “quaderno di lavoro” e stesura dei contributi scritti. - Fine maggio: raccolta di tutti i contributi pervenuti. - Giugno-agosto: elaborazione da parte del gruppo preparatorio dello “strumento di lavoro”, testo di base delle sessioni assembleari.
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- Settembre: sessioni dell’assemblea diocesana. - Da ottobre 2014: stesura del nuovo progetto diocesano di iniziazione cristiana con l’intervento e l’approvazione del Consiglio pastorale diocesano.
Il comitato preparatorio Il comitato preparatorio dell’Assemblea è stato costituito dal Vescovo, secondo un criterio di rappresentatività delle diverse espressioni della Chiesa diocesana. Esso è composto da: don Emanuele Barbieri, Mimma Brambini, Marco Bressanelli, Giacomina Canidio, Edoardo Capoferri, Maristella Crespiatico, Romano Dasti, Francesca De Lorenzi, Agostino Doldi, don Pier Luigi Ferrari, don Angelo Frassi, don Gabriele Frassi, Caterina Ghiozzi, Camilla Gusmaroli, Greta Lazzari, Luigi Meanti, Marco Mizzotti, Massimo Montanaro, Sofia Ogliari, Stefano Pagazzi, don Giambattista Pagliari, don Angelo Pedrini, Sante Pedrini, Elena Pezzotti, Cristina Rabbaglio, Luisa Scartabellati, Luca Uberti Foppa, don Alessandro Vagni, don Francesco Vailati, Paola Vailati, Ferdinando Valdameri, don Simone Valerani.
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L’iniziazione cristiana: alcune chiarificazioni concettuali Iniziazione cristiana 1. Per iniziazione cristiana si intende il cammino che, grazie soprattutto ai tre Sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia, introduce nel mistero di Cristo e della Chiesa, cioè fa diventare cristiani.
2. Si tratta di un cammino disteso nel tempo e scandito dall’ascolto della Parola di Dio, dalla celebrazione dei Sacramenti e dalla testimonianza della carità, attraverso il quale si diventa figli di Dio; si impara ad accogliere la persona di Cristo e a seguirlo come discepoli; si diventa membri della Chiesa, suo popolo; si apprende a vivere da cristiani.
3. Il processo di iniziazione cristiana suppone la fede e al tempo stesso la alimenta. Non si esaurisca nella sola catechesi, anche se questa ha un ruolo specifico e fondamentale. Il «divenire cristiani», a cui la catechesi è chiamata a offrire un proprio contributo, è un processo graduale che si realizza nella comunità e con la comunità ecclesiale, e trova nella parrocchia il «luogo ordinario e privilegiato».
Catechesi e primo annuncio 4. Scrive papa Francesco: «Abbiamo riscoperto che anche nella catechesi ha un ruolo fondamentale il primo annuncio o “kerygma”, che deve occupare il centro dell’attività evangelizzatrice e di ogni intento di rinnovamento ecclesiale. Il kerygma è trinitario. È il fuoco dello Spirito che si dona sotto forma di lingue e ci fa credere in Gesù Cristo, che con la sua morte e resurrezione ci rivela e ci comunica l’infinita misericordia del Padre. Sulla bocca del catechista
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torna sempre a risuonare il primo annuncio: “Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti, e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rafforzarti, per liberarti”» (Evangelii gaudium, n. 164).
5. «La centralità del kerygma – continua il papa - richiede alcune caratteristiche dell’annuncio che oggi sono necessarie in ogni luogo: che esprima l’amore salvifico di Dio previo all’obbligazione morale e religiosa, che non imponga la verità e che faccia appello alla libertà, che possieda qualche nota di gioia, stimolo, vitalità, ed un’armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine a volte più filosofiche che evangeliche. Questo esige dall’evangelizzatore alcune disposizioni che aiutano ad accogliere meglio l’annuncio: vicinanza, apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non condanna» (Evangelii gaudium, n. 165).
Catechesi e catechesi esperienziale 6. La catechesi è una forma di educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e degli adulti che comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, condotto in modo organico e sistematico sotto la guida di un presbitero, di una religiosa, di un catechista o di altra persona che occupa una funzione nell’ambito della comunità cristiana. Essa si propone di introdurre le persone alla pienezza della vita cristiana.
7. Con il termine “catechesi esperienziale” si indica una catechesi che vuole raggiungere la persona nella sua concretezza, sul piano conoscitivo, affettivo, esistenziale, in vista di una integrazione tra fede e vita. A livello di metodo essa predilige partire dalle realtà umane per illuminarle e approfondirle alla luce del Vangelo. I contenuti della fede sono suscitati anche mediante una rilettura ed un approfondimento delle esperienze e dei vissuti personali.
8. La “catechesi esperienziale” aiuta a maturare e a sviluppare nel fanciullo e nel
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ragazzo atteggiamenti evangelici, ossia a tradurre nella vita quotidiana lo stile di Gesù, a far maturare la «sapienza di Cristo». Il documento della Chiesa italiana Il rinnovamento della catechesi descrive questa catechesi esperienziale con i termini «servire, vedere, amare, giudicare come Cristo».
Il modello catecumenale 9. Frequentemente in alcuni progetti diocesani di iniziazione cristiana appare il riferimento al modello catecumenale. Rifacendosi a testi del Nuovo Testamento, che lasciano intendere un triplice momento nel cammino per divenire cristiani – l’annuncio, la fede/conversione, il Sacramento (vedi ad esempio Atti 2, 37-42) – la Chiesa antica ha sviluppato nei primi 6/7 secoli un modello di iniziazione cristiana denominato “catecumenale”. Esso può essere sintetizzato nella celebre espressione di Tertulliano: “Cristiani non si nasce ma si diventa”. Questo cammino, così strutturato con tappe liturgiche che convergono nella Veglia Pasquale, è oggi offerto a tutti quegli adulti che chiedono di divenire cristiani.
10. Il processo formativo catecumenale prevede quattro tappe: 1) un pre-catecumenato, che, attraverso una prima evangelizzazione, aiuta a maturare un orientamento iniziale a Cristo; 2) il catecumenato, che ha una durata media di tre anni e, grazie ad un tirocinio di formazione cristiana integrale, costituisce la preparazione remota al Battesimo; 3) la fase della preparazione immediata, che si svolge nell’ultima quaresima e culmina a Pasqua con la celebrazione unitaria dei tre Sacramenti dell’iniziazione cristiana; 3) la mistagogia nel tempo pasquale o in quello successivo.
Mistagogia 11. La mistagogia (dal greco mistagoghía: iniziazione ai misteri), era l’ultimo periodo del catecumenato antico. Si svolgeva solitamente la settimana dopo Pasqua, una volta che i neobattezzati avevano ricevuto i sacramenti dell’i-
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niziazione (Battesimo, Confermazione ed Eucarestia) nella Veglia pasquale. Durante il periodo della mistagogia, essi erano aiutati ad agire secondo i sacramenti ricevuti, a trasformare la grazia dei sacramenti in uno stile di vita conforme a Cristo, cioè in una vita di fede, di speranza e di carità. In questo tempo venivano approfondite anche le tematiche fondamentali della dottrina cristiana. Nella Evangelii gaudium papa Francesco definisce la mistagogia come “la necessaria progressività dell’esperienza formativa in cui interviene tutta la comunità ed una rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana” (n.166).
12. Comunemente nei nostri cammini parrocchiali di catechesi abbiamo contraddistinto il cosiddetto tempo della mistagogia con il post–cresima che dovrebbe condurre i preadolescenti a un inserimento sempre più pieno nella vita della comunità, assumendone gli impegni conseguenti di vita e di missione. Nella nuova proposta di iniziazione cristiana, si rafforza ulteriormente la peculiarità di questo tempo. In esso gli adolescenti vengono premurosamente e amichevolmente aiutati dalla comunità dei fedeli e più specificatamente dai genitori, dai loro padrini, dai pastori e dai catechisti ad approfondire i tesori di grazia racchiusi nei sacramenti celebrati, a familiarizzare con la vita cristiana e con i suoi impegni di testimonianza, a realizzare un pieno e sereno inserimento nella vita della comunità parrocchiale. Questa, a sua volta, dev’essere educata ad accogliere al proprio interno coloro che, avendo celebrato i sacramenti dell’iniziazione, iniziano un cammino di fede adulta.
13. Proprio per questo in alcune diocesi, compresa la nostra, il tempo mistagogico o del post–cresima per i ragazzi non è circoscritto al solo tempo liturgico della Pasqua come nel cammino catecumenale per gli adulti, ma abbraccia un ampio spazio di tempo declinato in progetti organici di pastorale dei preadolescenti e degli adolescenti.
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Educare 14. L’amore per i nostri ragazzi, che ci motiva a trasmettere loro quanto di più bello abbiamo in cuore, sembra ferito dalla difficoltà di trovare le giuste modalità comunicative e aggregative. La prima e radicale motivazione dell’azione educativa è il vero bene dei ragazzi. L’amore che previene, è punto di partenza nell’educazione, ma anche forza che sprigiona energie positive, che per diversi motivi possono essere rimaste bloccate o deviate.
15. L’amore che previene trova sempre il momento adatto per manifestarsi, i gesti e le espressioni per incarnarsi. È necessario che l’educatore stabilisca una profonda relazione con la persona da educare e sappia porsi dal suo punto di vista (empatia). È altrettanto importante una conoscenza affettiva delle persone che si vogliono educare, dei loro bisogni, delle aspirazioni, dei problemi, delle difficoltà. Inoltre l’impegno educativo deve caratterizzarsi per la disponibilità e il servizio, per una vera e sincera umiltà, garantita non da parole formali o da gesti scontati, ma da una donazione generosa.
16. Un’altra virtù essenziale per chi è chiamato a educare è la speranza paziente. Un buon educatore sa che l’evoluzione psicologica e morale della persona è paragonabile alla sua crescita fisica. Gesù dice che l’uomo è come il seme che cresce da sé (Marco 4,26-29), ma che ha bisogno di ambiente, persone e tempo. Bisogna attendere con pazienza. L’uomo paziente è ottimista: crede nella bontà delle persone e si affida all’aiuto di Dio. La speranza dell’educatore deve contagiare il ragazzo da educare, il quale affidandosi al proprio educatore imparerà i modi migliori di comportamento e troverà risposte ai suoi problemi. L’educatore responsabile, amorevole, ottimista, diventa così modello ideale di vita. Bambini, ragazzi, giovani imparano a vivere da chi sa vivere, tramite un rapporto affettuoso o, come dice papa Francesco, “per contagio”.
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La comunità cristiana soggetto della iniziazione cristiana
17. La nota Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia (2004) indica la parrocchia quale “luogo originario” nel quale realizzare il cammino dell’iniziazione cristiana, luogo nel quale «la Chiesa madre genera i suoi figli e rigenera se stessa» (n.7). Questa riflessione fa comprendere che l’iniziazione cristiana non è un aspetto secondario e marginale, ma centrale e prioritario della vita e della missione della Chiesa. È la sua stessa ragion d’essere che consiste nell’annunciare Gesù Cristo, renderlo presente e introdurre le persone all’incontro con Lui per vivere un’esistenza rinnovata di fede - speranza - carità.
18. Papa Francesco ci ricorda che «la parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione. Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione. È comunità di comunità, santuario dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, e centro di costante invio missionario» (Evangelii gaudium, 28).
19. Ancora il papa scrive che «la comunità evangelizzatrice sa “coinvolgersi”, si mette nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo. Gli evangelizzatori hanno così “odore di pecore” e queste ascoltano la loro voce». (Evangelii gaudium, 24). E ancora: «Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole
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cariche di rinnovato significato per il mondo attuale. In realtà, ogni autentica azione evangelizzatrice è sempre “nuova» (n. 11).
1. Uno sguardo sulla situazione 20. La parrocchia, oggi, spesso si limita ad offrire accoglienza per chi chiede i sacramenti, come espressione di un “bisogno religioso”, ma più raramente assume il compito di educare la domanda religiosa aprendola alla fede cristiana, di suscitare e risvegliare la domanda di fede, testimoniando la fede di fronte agli indifferenti. È importante che ogni comunità parrocchiale si senta sempre più soggetto responsabile della crescita nella fede delle persone che vi appartengono. Questa consapevolezza diventa il metro di misura nel cammino dell’iniziazione cristiana.
21. Le nostre comunità stanno progressivamente prendendo coscienza di un fatto: non basta proclamare e proporre le verità di fede; occorre mettere in atto una pedagogia che possa portare alla comprensione e assimilazione di queste verità, perché esse non sono più un dato scontato nella cultura odierna e in una società secolarizzata e pluralista.
22. Si constata che molte comunità cristiane sembrano tiepide, ripiegate sulla conservazione di una tradizione, piuttosto che aperte e propositive. Forse come conseguenza diretta di tale atteggiamento si deve registrare che, nonostante i molti investimenti in persone e tempo, i frutti nel cammino dell’iniziazione cristiana non sono quelli di un rinnovamento della fede. L’effetto più evidente è che, dopo la cresima, nella maggior parte dei casi non vi è continuità nel cammino della fede. Di fronte a risultati deludenti non è sufficiente constatarne l’esito, ma occorre interrogarsi sui perché di tali risultati.
23. Sgombriamo, tuttavia, l’animo da un’aspettativa che sarebbe ingenua: non è da pensare che, con la revisione della iniziazione cristiana che la nostra diocesi sta per proporre, tutti accederanno ad una fede matura e costante e che vedremo tutti i ragaz-
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zi all’Eucaristia domenicale. Questo dipende da altri fattori sia attinenti alla vita delle famiglie e della parrocchia, sia di ordine personale relativi alla libertà degli individui, sia di ordine socio-culturale. È permesso, tuttavia, ragionevolmente pensare e sperare che il rinnovamento dell’iniziazione cristiana, se attuato con saggezza e coraggio, porti buoni frutti, tra i quali una spinta di rinnovamento delle nostre comunità, dei presbiteri e di tutti gli operatori pastorali.
Domande, considerazioni, proposte • Che grado di consapevolezza e di condivisione vi è nelle nostre comunità parrocchiali (consiglio pastorale, catechisti, educatori, comunità eucaristica, ...) circa la centralità della iniziazione cristiana? • È mai stata fatta una verifica sulla attuale proposta di iniziazione cristiana nella nostra parrocchia? Quali sono gli aspetti che si valutano positivi? Quali i maggiori limiti? • La comunità parrocchiale è a conoscenza del progetto diocesano sulla iniziazione cristiana proposto dall’Ufficio catechistico nel 2011? Ha fatto propria questa proposta? Oppure ha elaborato progetti autonomi?
2. Quale cammino di iniziazione cristiana 24. Le nostre comunità sono chiamate a prendere coscienza che, con il rinnovamento della iniziazione cristiana, ci troviamo di fronte ad un compito di straordinaria importanza. Esso non costituisce una rottura con la tradizione millenaria della Chiesa, ma un necessario adeguamento dei metodi con i quali l’iniziazione viene proposta. Questo aggiornamento la vuole rendere più adeguata alle condizioni del nostro tempo.
25. Tale revisione non è da ritenere un semplice atto formale, né i suoi esiti devono
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essere dati per scontati. La nuova modalità di iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi potrà risultare efficace solo se l’intera comunità cristiana se ne prende completamente carico. L’iniziazione cristiana infatti riguarda tutta la comunità ecclesiale, in quanto è ciò che la identifica, che le dà motivo di esistere. Essa non è dunque il compito o l’idea fissa di un’élite, ma, come affermava il Concilio Vaticano II, «è compito e responsabilità di tutta la comunità cristiana» (Ad gentes, 13-14). E neppure è semplicemente un’attività da aggiungere a tante altre, ma è parte integrante della missione della Chiesa.
26. Ciò significa essenzialmente tre cose. 1) La comunità cristiana deve tendere, in tutti i suoi membri, a crescere in qualità di fede, di testimonianza di vita, di accoglienza; questo è un presupposto irrinunciabile per una rinnovata iniziazione cristiana. 2) I vari soggetti implicati nell’opera di iniziazione - presbiteri, catechisti, operatori pastorali - devono essere consapevoli che agiscono non a titolo “privato” ma a nome e per mandato della comunità. 3) L’iniziazione cristiana deve avvenire negli appuntamenti consueti della vita comunitaria e non soltanto nei momenti straordinari ai quali purtroppo partecipano quasi soltanto i diretti interessati.
27. Già il Sinodo diocesano del 1994 individuava l’urgenza di passare “dalla conservazione alla missione”, dalla logica di “eredità” alla logica della “proposta”. L’ideale sarebbe poter conservare la logica di eredità immettendo gradualmente la logica della proposta. Se, sotto il profilo quantitativo, prevale ancora la logica della eredità, che assorbe le maggiori energie pastorali delle nostre parrocchie e ne connota lo stile prevalente, sotto il profilo qualitativo occorre avere cura dei piccoli passi che vanno verso la proposta e il rinnovamento per un futuro all’insegna di una maggiore missionarietà.
28. In questo impegno saggio e graduale di passare dall’eredità alla proposta, il rinnovamento dell’iniziazione cristiana gioca un ruolo importante, anzi appare l’elemento cardine, in grado di condurre la pastorale parrocchiale verso una logica nuova e propositiva. Ciò trova un notevole supporto nel Magistero della Chiesa che afferma: «Il campo dell’iniziazione è davvero un ingrediente essenziale del compito di evange-
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lizzare. Il volto futuro delle nostre comunità dipende molto dalle energie investite in questa azione pastorale e dalle iniziative concrete per un suo ripensamento e rilancio» (Sinodo dei Vescovi, La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, Lineamenta, 18.).
29. Il ripensamento e una nuova impostazione della iniziazione cristiana esigono, da parte della comunità, la verifica sulla pertinenza e l’efficacia dei propri metodi pastorali e una loro eventuale coraggiosa revisione. Nel percorso di iniziazione cristiana occorre pensare al passaggio - da un cammino centrato unicamente sui bambini e sui ragazzi, a un cammino che coinvolge necessariamente anche gli adulti della parrocchia; - da un accompagnamento affidato unicamente ai catechisti ad un coinvolgimento maggiore degli altri operatori pastorali e della comunità parrocchiale intera; - da un cammino in cui i sacramenti dell’iniziazione sono vissuti e celebrati separatamente, con il rischio di derive devozionali e folcloristiche, verso una visibile unità tra Battesimo, Cresima ed Eucaristia nell’irrinunciabile contesto celebrativo della Pasqua.
Domande, considerazioni, proposte • Quali sono i passi ritenuti decisivi per avviare un radicale cambio di mentalità nelle nostre comunità in relazione agli itinerari di iniziazione cristiana? • In che modo e a quali condizioni far crescere la convinzione che il volto futuro delle nostre parrocchie dipende molto dalle energie investite nella pastorale della iniziazione cristiana? • Come far sì che il Battesimo, la Cresima e l’Eucaristia siano sempre meno considerati come semplici “tappe tradizionali” e siano vissuti dalle famiglie non solo come cerimonie private?
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3. Soggetti e strumenti pastorali 30. Sul versante dell’attività pastorale, la prima attenzione va rivolta all’insieme della comunità parrocchiale per informarla in modo adeguato sul cammino che la diocesi sta compiendo per aggiornare gli itinerari di iniziazione cristiana. Ma ciò non è ancora sufficiente. Deve essere avviata una formazione graduale e perseverante perché tutta la comunità assuma una nuova coscienza circa l’importanza dell’iniziazione cristiana per la sua stessa vita.
31. È necessario, che in questo aggiornamento della proposta di iniziazione cristiana, le nostre comunità tengano ben salda l’unità del cammino di fede, articolato in catechesi, liturgia e carità. Illuminante, in proposito, è una indicazione della Chiesa italiana: «[Il nostro primo] obiettivo è far maturare delle comunità parrocchiali che abbiano la consapevolezza di essere, in ciascuno dei loro membri e nella loro concorde unione, soggetto - di una catechesi permanente e integrale, rivolta a tutti e in particolare ai giovani e agli adulti; - di una celebrazione liturgica viva e partecipata; - di una testimonianza di servizio attenta e operosa. Dobbiamo favorire un’osmosi sempre più profonda fra queste tre essenziali dimensioni del mistero e della missione della Chiesa» (Evangelizzazione e testimonianza della carità, 28).
32. In tutte le fasi, nelle quali si sviluppa questa nuova proposta, sarà il Consiglio pastorale a sostenere i vari passaggi; a favorire le dovute condizioni; a coinvolgere i catechisti, gli altri educatori, l’equipe per l’accompagnamento dei genitori; a compiere un monitoraggio e una verifica circa l’andamento del cammino.
33. Un elemento decisivo e indispensabile di questa rinnovata proposta di iniziazione cristiana, è il coinvolgimento attivo e la stretta collaborazione della parrocchia con i genitori che di volta in volta chiedono i sacramenti del Battesimo, della Cresima e della partecipazione all’Eucaristia per i propri figli. Per questo aspetto rinviamo alle riflessioni e alle proposte formulate nel secondo capitolo di questo quaderno.
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34. I bambini e i ragazzi nell’età dell’iniziazione cristiana e gli adolescenti del post-cresima devono essere aiutati a partecipare gradualmente e in maniera significativa alla vita liturgica della comunità. Soprattutto la celebrazione eucaristica nel Giorno del Signore costituisce un luogo decisivo per la loro esperienza cristiana e per il loro senso di appartenenza alla comunità. Da parte sua la parrocchia è chiamata a interrogarsi sulla qualità delle proprie celebrazioni liturgiche; deve sentire la responsabilità di curarle e dare loro splendore e bellezza; non deve avere timore di apportare quei rinnovamenti che le rendano significative anche per i ragazzi, per gli adolescenti e per le loro famiglie.
35. La comunità deve anche preoccuparsi di accompagnare il cammino di iniziazione cristiana favorendo alcune progressive esperienze di esercizio della carità. Queste rivestiranno un ruolo decisivo nella crescita umana e cristiana dei ragazzi e degli adolescenti. Alcune iniziative possono essere studiate e attuate dagli educatori con l’aiuto del parroco e con il coinvolgimento delle famiglie. La parrocchia da parte sua è chiamata a interrogarsi sul proprio stile caritativo e su quale esemplarità è in grado di offrire alle nuove generazioni.
Domande, considerazioni, proposte • Il consiglio pastorale è stato sufficientemente formato sulla centralità della iniziazione cristiana per la vita della comunità ed è stato investito della responsabilità di verificare la pertinenza e l’efficacia dell’attuale prassi parrocchiale? • Vi è coinvolgimento della comunità cristiana nel “mandato” agli operatori che seguono i cammini di iniziazione cristiana? Questo coinvolgimento è vissuto solo come delega oppure vi è piena corresponsabilità? • In che modo la Caritas e il gruppo liturgico possono essere a servizio dell’iniziazione cristiana? • In che modo la preparazione all’iniziazione cristiana, oltre ai catechisti e ai sacerdoti, coinvolge altre realtà operanti in parrocchia (Azione cattolica, gruppo caritativo, missionario, liturgico, ...)?
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Il ruolo dei genitori nella iniziazione cristina e il modo di accompagnarli nel loro cammino di fede
36. Le famiglie costituiscono il cuore della comunità cristiana e giustamente sono definite “chiese domestiche”. Risulta prioritaria quindi l’attenzione rivolta ad esse quali luoghi di testimonianza e di sintesi tra fede e vita. Il vissuto di fede dei genitori ha infatti un ruolo importante se non decisivo per la trasmissione della fede, in quanto normalmente la vita cristiana viene trasmessa ai figli come “per contagio”, a partire da esperienze umane e spirituali significative.
37. Papa Francesco scrive: «Questo suppone che realmente la parrocchia stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi» (Evangelii gaudium, 28). «È innegabile - afferma il papa - che molti si sentono delusi e cessano di identificarsi con la tradizione cattolica, che aumentano i genitori che non battezzano i figli e non insegnano loro a pregare, e che c’è un certo esodo verso altre comunità di fede. Alcune cause di questa rottura sono: la mancanza di spazi di dialogo in famiglia, l’influsso dei mezzi di comunicazione, il soggettivismo relativista, il consumismo sfrenato che stimola il mercato, la mancanza di accompagnamento pastorale dei più poveri, l’assenza di un’accoglienza cordiale nelle nostre istituzioni e la nostra difficoltà di ricreare l’adesione mistica della fede in uno scenario religioso plurale» (n. 70).
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1. Uno sguardo sulla situazione 38. Si constata che il ruolo dei genitori e, in senso più ampio, della famiglia nell’educazione alla fede risulta oggi problematico per tanti motivi, non ultimo il distacco dalla pratica religiosa e la scarsa sollecitudine delle comunità parrocchiali ad un loro più attivo coinvolgimento. L’educazione alla fede dei figli da parte dei genitori non va data per scontata. Molte sono le situazioni di lontananza dalla fede o di indifferenza da parte di genitori che pure chiedono i sacramenti dell’iniziazione cristiana per i figli. Anche con queste situazioni, oggi molto diffuse, è necessario mettersi in dialogo costruttivo e accogliente, senza esclusioni a priori e offrendo a tutti delle opportunità per riprendere il cammino di fede e/o iniziare percorsi di condivisione delle esperienze di vita personali e familiari all’interno della comunità. Nessuna situazione deve precludere un fattivo coinvolgimento dei genitori nel cammino di iniziazione cristiana dei figli che può diventare per le nostre comunità un’occasione per incontrare, accogliere, iniziare un dialogo con tutte le famiglie.
39. Nella nostra diocesi sono già in atto alcune esperienze, che possono ulteriormente consolidarsi e diffondersi. Ricordiamo: l’accompagnamento dei genitori dei bambini e dei ragazzi che frequentano l’iniziazione cristiana e che da noi sono ancora la maggior parte; l’esperienza dei catechisti battesimali, sia pure attuata solo parzialmente e da poche comunità; l’accompagnamento, sollecitato dal Vescovo, di quei genitori che, chiedendo i sacramenti per i loro figli, desiderano avanzare nella fede. Inoltre va ricordata la presenza, in alcune parrocchie, di “gruppi famiglia”; l’inizio di forme di accompagnamento di giovani coppie e di conviventi per condividere le difficoltà e le gioie dell’essere coppia e genitori; un’attenzione ai separati e divorziati, nel dialogo e nel rispetto delle loro situazioni.
40. I genitori sono persone adulte e come adulti vanno trattati. Essi hanno accumulato esperienze, hanno fatto scelte di vita anche in relazione alla fede; hanno bisogni, interessi, attese, ma anche dubbi, incomprensioni, fatiche nel credere. Nel cammino con gli adulti bisogna tener conto della loro esperienza personale, per aiutarli a
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comprenderla, a cogliere in essa ciò che è veramente significativo e positivo. Essi sperimentano fasi e dinamiche – legate alla famiglia, al lavoro, all’inserimento sociale – che spesso introducono nella loro vita una evoluzione nel modo di pensare e di essere. Il cammino di iniziazione cristiana dei figli può essere per loro un’occasione per interrogarsi, capace anche di determinare cambi di rotta in relazione alla fede e alla pratica religiosa e di favorire una crescita interiore.
41. Nel cammino di formazione con gli adulti occorre tener conto del loro bisogno di sentirsi personalmente coinvolti; se accostati instaurando un dialogo possono rispondere in modo molto positivo e addirittura diventare protagonisti creativi. Essi hanno bisogno di percepire l’importanza ed il valore dell’esperienza di vita che stanno vivendo: quello di mamma e papà e quello di sposi; hanno bisogno di sentire che il loro vissuto è un valore perché abitato da Dio. Non è raro che essi, una volta coinvolti nel cammino di iniziazione cristiana dei figli, sentano il bisogno di fare qualcosa di significativo per la propria vita. Se l’accostamento nei loro confronti è solo formale e frutto di precetti e non li incontra nella loro realtà e condizione esistenziale, si sentono legittimati a mantenersi nel loro distacco.
Domande, considerazioni, proposte Ai genitori che chiedono l’iniziazione cristiana per i propri figli:
• Quale esperienza di fede abbiamo maturato? Quale immagine di Dio ci siamo fatti? • La nostra esperienza di coniugi e genitori sta facendo crescere la nostra fede? • La qualità umana ed evangelica della nostra relazione di coppia come sta evolvendo nel tempo? • Con quale atteggiamento ci poniamo nei confronti della fede dei nostri figli?
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Domande, considerazioni, proposte Alla comunità, al consiglio pastorale, ai gruppi famiglia, ai catechisti battesimali, agli accompagnatori dei genitori, alle aggregazioni laicali e alle commissioni diocesane: :
• Come la preparazione ai sacramenti dei ragazzi può diventare sempre più per la nostra comunità occasione preziosa di incontro e di dialogo con le famiglie? Abbiamo qualche suggerimento in merito? • La comunità sa dare tempo per ascoltare, sa essere paziente per ricucire e ricomporre le relazioni con le persone che hanno lasciato la Chiesa o vivono come se essa non ci fosse? • Quale attenzione c’è per situazioni di coppie di fatto, di separati, di famiglie segnate dalla fragilità, di famiglie immigrate, che pure chiedono i sacramenti dell’iniziazione cristiana per i figli?
2. Quale cammino di iniziazione cristiana 42. Tra le conclusioni dell’Assemblea diocesana del marzo 2011 è contenuto un appello affinchè “le famiglie diventino il nucleo centrale della pastorale ordinaria e abbiano l’attenzione prioritaria della parrocchia, così da costituire il cuore della comunità” (vedi anche Gaudium et spes, 52 e Familiaris consortio, 17). Ciò che accomuna genitori e comunità cristiana è la stessa preoccupazione educativa: aiutare la vita fragile del figlio a fiorire in tutte le sue potenzialità. Questi genitori, nel momento in cui chiedono l’iniziazione cristiana per i loro figli, interrogano la comunità cristiana ma al tempo stesso diventano per essa una ricchezza.
43. È dovere delle parrocchie assumere una cura diretta dei genitori e delle relazioni che vivono per sostenere la loro missione di educatori alla fede. Questo si può tradurre
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nell’educare o ri-educare le famiglie alla vita cristiana, rivolgendo loro un’attenzione privilegiata, per il ruolo che hanno nella trasmissione della fede ai figli ma anche per quanto esprimono nell’esperienza di coppia, che assume un valore per la comunità tutta.
44. Il magistero di papa Francesco e il suo stile pastorale ci aiutano a leggere nella giusta prospettiva alcuni punti nodali relativi al vissuto cristiano dei genitori, nell’attuale contesto storico. Estendiamo le sue riflessioni, fatte all’episcopato brasiliano (luglio 2013) a partire dal brano dei discepoli di Emmaus, alla situazione dei genitori che chiedono il cammino di iniziazione cristiana per i propri figli, e ci lasciamo interrogare come comunità. Il Papa parla del mistero difficile della gente che lascia la Chiesa; di persone che, dopo essersi lasciate illudere da altre proposte, ritengono che ormai essa non possa offrire più qualcosa di significativo e di importante. Forse appare troppo debole, troppo lontana dai loro bisogni, troppo povera per rispondere alle loro inquietudini, troppo fredda nei loro confronti, prigioniera dei propri rigidi linguaggi; forse aveva risposte per l’infanzia dell’uomo ma non per la sua età adulta. Di fronte a questa situazione che cosa fare? Serve una Chiesa capace di incontrare questi genitori sulla loro strada; in grado di inserirsi nella loro conversazione, di dialogare, di andare al di là del semplice ascolto per accompagnare la gente mettendosi in cammino con essa; capace di decifrare la “notte” contenuta nella fuga di tanti fratelli e sorelle; convinta che i motivi per i quali si sono allontanati contengono già in sé anche le ragioni per un possibile ritorno.
45. Di fronte alle difficoltà di coinvolgere genitori che sono ai margini o sono indifferenti, prima ancora che puntare il dito sul loro rifiuto o sulla loro pigrizia, il Papa ci chiede se siamo ancora una Chiesa capace di riscaldare il cuore, di riaccompagnare a casa. A casa abitano le nostre sorgenti: Scrittura, catechesi, sacramenti, comunità, amicizia del Signore. La ricerca di ciò che è sempre più veloce attira l’uomo d’oggi. Forse anche la Chiesa è entrata in questa frenesia collettiva dell’efficienza e non sa più essere lenta nel tempo per ascoltare, nella pazienza per ricucire e ricomporre. Serve una Chiesa che torni a portare calore, ad accendere il cuore, capace ancora di ridare cittadinanza a tanti dei suoi figli che camminano come in un esodo. Lasciamoci interpellare da queste salutari provocazioni di papa Francesco!
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46. La comunità, mentre sollecita ed accoglie dai genitori la richiesta di iniziazione cristiana, non deve delegare la risposta al solo sacerdote ma piuttosto interrogarsi se è in grado di rispondere pienamente alle loro aspettative. È chiamata a verificare il suo stile di accoglienza e di relazione, la sua capacità di stare con i genitori per un ascolto dei bisogni e delle domande in rapporto all’esperienza di vita di ciascuno, di creare occasioni in cui insieme si ascoltano o si incontrano testimonianze significative. Deve interrogarsi se si è data gli strumenti adeguati per accompagnarli nella loro realtà, fatta di gioie e di speranze, ma anche di tristezze e di angosce; se ha le risorse per aiutarli nel risveglio della loro fede, per proporre un ritorno alla vita comunitaria ed ecclesiale. Ciò richiede uno stile di comunità cristiana fatto di ascolto, accompagnamento, condivisione, confronto e dialogo. Quando una comunità ha saputo creare questa cura complessiva nei confronti delle famiglie, allora la richiesta che i genitori fanno dell’iniziazione cristiana dei propri figli diventa un momento del cammino comunitario; ha meno il sapore di adempimento formale e manifesta un desiderio di coinvolgimento.
47. È bello poi pensare che l’accompagnamento dei genitori nel cammino di fede o verso una sua riscoperta, si offre come momento di vera grazia non solo per i destinatari, ma per gli stessi operatori pastorali e, in ultima analisi, per la stessa comunità, la quale, prendendosi a cuore questo impegno, è sollecitata a rigenerare se stessa. È un processo di reciproca conversione.
Domande, considerazioni, proposte • Siamo consapevoli che i genitori, con le loro aspirazioni positive, ma anche con i loro problemi e con lo ‘stile della famiglia’, costituiscono una grande risorsa per le nostre comunità? • In che modo la comunità li può aiutare a prendersi cura della propria fede, a riaprire la ricerca ed il confronto su di essa mentre accompagnano il cammino cristiano dei loro figli? Possiamo suggerire qualche proposta concreta, a partire dalla situazione della nostra comunità?
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3. Soggetti e strumenti pastorali 48. Sotto il profilo pastorale, l’iniziazione cristiana dei fanciulli interpella la responsabilità della famiglia nella trasmissione della fede. In questo compito essa non va lasciata sola. Si rende necessario proporre loro cammini di formazione e percorsi di accompagnamento e condivisione tra famiglie con uno stile missionario di accoglienza ed apertura alla realtà di ciascuno.
49. La comunità abbia per questi genitori una proposta o un appropriato cammino, parallelo a quello dei figli, che li sostenga nel loro compito di primi iniziatori alla vita cristiana e che li accompagni anche nel loro percorso di vita, aiutandoli a trovare nel Vangelo “parole di vita buona” che costituiscono una risposta alla loro personale, e a volte inespressa, ricerca di senso. Essi vanno poi aiutati a riprendere in mano i dubbi e le fatiche incontrate nel loro cammino di credenti, che possono aver causato indifferenza, disinteresse, pregiudizi, visioni distorte nei confronti della fede e aver condizionato la relazione personale con il Signore e la partecipazione liturgica. Le esperienze parziali di vita cristiana fatte dai genitori, i limiti che accompagnano la loro adesione alla Chiesa, le fragilità che spesso vivono nell’ambito della loro famiglia possono diventare un punto di partenza per aiutarli a riformulare gli interrogativi più profondi della vita ed accompagnarli nel rileggere la propria storia.
50. I cammini di fede che coinvolgono gli adulti della comunità, soprattutto i genitori dei fanciulli in età di iniziazione cristiana, non vanno vissuti come un supplemento che appesantisce il lavoro parrocchiale, ma costituiscono un suo punto qualificante, uno stimolo per la sua crescita. I momenti di formazione dei genitori non sono solo trasmissione di una dottrina ma devono avere un carattere esperienziale, fatto anche di condivisione, testimonianza fraterna e amicizia, che incroci il loro vissuto. L’incontro con la Parola di Dio e con i temi della fede consente loro di tornare alla vita quotidiana orientati dalle scoperte fatte, con uno sguardo nuovo sulla realtà.
51. È un compito pastorale prioritario la formazione di una équipe di accompagnatori degli adulti, che potremmo chiamare “compagni di viaggio”. È il primo passo
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che una comunità parrocchiale deve compiere; si tratta di un investimento necessario per offrire supporto significativo ai momenti formativi e di condivisione che la comunità offre ai genitori. Gli accompagnatori di adulti, che hanno acquisito competenze specifiche e che già operano nelle parrocchie, sono risorse preziose da valorizzare.
52. L’identità della équipe e la sua metodologia di lavoro non possono essere improvvisate, ma esigono una preparazione specifica che la diocesi deve impegnarsi a offrire. Il lavoro di queste équipes sarà tanto più efficace se si stabiliscono collaborazioni interparrocchiali soprattutto a beneficio delle parrocchie più piccole. La formazione di équipes nelle parrocchie o nelle zone deve mettere insieme competenze diverse per curare l’incontro con i genitori nei suoi vari aspetti. La sintonia di un gruppo di adulti, che operano con competenze differenti (laiche e laici, religiose e religiosi, presbiteri) e con uno stile di accoglienza e rispetto per garantire un accompagnamento delle famiglie, costituisce una forte testimonianza di Chiesa.
Domande, considerazioni, proposte • Osservando la situazione della nostra comunità, in che modo si può sempre meglio coinvolgere la partecipazione delle famiglie al cammino di iniziazione cristiana dei figli? • Quali attenzioni avere perché i figli di genitori che non sono partecipi o vivono situazioni di fragilità familiare, si sentano amati e accompagnati dalla comunità cristiana? • A partire dalla situazione della nostra comunità, come è possibile superare il modello che delega al solo sacerdote l’incontro con le famiglie? • Quali possibilità ci sono di costituire in parrocchia una équipe di accompagnatori degli adulti? Nel caso di difficoltà, il consiglio pastorale parrocchiale valuta concretamente l’ipotesi di una collaborazione interparrocchiale? • Al di là dell’accompagnamento in occasione dell’iniziazione cristiana dei figli, quali proposte per favorire la presenza continuativa e positiva dei genitori e delle famiglie nella comunità cristiana?
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L’iniziazione Cristiana dei bambini e dei ragazzi
53. La proposta di una rivisitazione del progetto di iniziazione cristiana ha portato la nostra Chiesa diocesana, da qualche anno a questa parte, a porre l’educazione alla fede dei nostri fanciulli e dei nostri ragazzi come uno degli obiettivi fondamentali della nostra pastorale. Ciò è stato oggetto del Convegno diocesano del settembre 2011 cui è seguita una proposta presentata a tutte le parrocchie.
54. Analizzando quel progetto di iniziazione cristiana e ripercorrendolo nella sua proposta si individuano alcuni punti fondamentali: una fede che è trasmessa già nei primi momenti di vita con il battesimo e l’accompagnamento dei giovani genitori con bambini in età prescolare; gli anni della catechesi comunitaria, che dalla prima elementare alla 2a/3a media conducono alla celebrazione dei sacramenti dell’Eucaristia e della Cresima; le proposte per il tempo del dopo Cresima, o mistagogia, che coincide con il tempo della fede vissuta; le varie proposte formative per i catechisti e gli educatori.
55. Su questo progetto, riarticolato ed inserito in una quadro più ampio, invitiamo ora tutte le nostre comunità ad una riflessione sistematica e coinvolgente.
1. Uno sguardo sulla situazione 56. Le nostre comunità parrocchiali negli anni passati e ancor oggi stanno investendo moltissimo nella catechesi dei ragazzi. Si constata in ogni parrocchia un notevole impiego di energie, di tempo, di persone; i catechisti vivono spesso con passione e generosità questo loro servizio; molti obiettivi vengono raggiunti positivamente.
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57. Vi sono però dei nodi critici, delle difficoltà e delle delusioni che non possiamo sottacere: a volte strumenti, sussidi e metodologie sono un po’ datati; si sperimenta la fatica di coinvolgere i genitori che si sentono ai margini della parrocchia o trovano difficoltà a parlare di Dio ai propri figli; la comunità parrocchiale a volte è più spettatrice che soggetto attivo nella formazione cristiana dei ragazzi. A questo si aggiunge il contesto di una società non più marcatamente cristiana e la delusione per gli adolescenti che, a conclusione del cammino di iniziazione, faticano a percorrere gli itinerari di fede che vengono offerti. Talvolta si constata pure una rinuncia da parte delle comunità a presentare ed attuare questi impegnativi proposta.
58. Nella nostra Chiesa di Crema la richiesta della iniziazione cristiana, nella maggior parte dei casi, avviene da parte dei genitori in età infantile (primi mesi di vita) per il battesimo. All’età di 6/7 anni inizia il percorso per la prima comunione che prosegue in modo stabile per la maggior parte dei ragazzi e delle loro famiglie fino al compimento dell’iniziazione verso i 13/14 anni con la celebrazione della Cresima.
59. Si constata che da noi i sacramenti dell’iniziazione cristiana continuano ad essere largamente richiesti, nonostante la crisi della cristianità, in ragione sia di un più forte radicamento della fede negli anziani e negli adulti. Da molti però vengono vissuti anche come semplici riti di passaggio, spesso con deboli motivazioni di fede. Va tenuto presente, al riguardo, che è in crescita il numero di bambini che non vengono battezzati subito dopo la nascita, mentre il fenomeno dell’immigrazione ha immesso nella società un numero rilevante di non cristiani.
60. Va anche rilevato che nelle nostre comunità esistono alcune problematicità negli itinerari di fede dei ragazzi, relative agli strumenti, ai metodi, alla partecipazione, alla collocazione temporale della celebrazione dei sacramenti. Possiamo d’altro canto registrare anche dei traguardi significativi in relazione a esperienze riuscite e a metodologie efficaci.
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Domande, considerazioni, proposte • Come valutiamo il modello di iniziazione cristiana attualmente proposto dalla nostra comunità, anche alla luce delle considerazioni precedenti? • Come comunità, abbiamo preso in considerazione la proposta diocesana di iniziazione cristiana per i nostri bambini e i nostri ragazzi, presentata in occasione del convegno diocesano 2011? Si è cercato di renderla operativa in parrocchia? Che cosa ne ha ostacolato l’attuazione? Quali osservazioni, sottolineature positive e negative o suggerimenti possono essere fatti in merito? • In che modo coinvolgere nei cammini di iniziazione cristiana l’insieme della comunità, che spesso vive questi percorsi solo da spettatrice? • Quali attenzioni vengono poste per facilitare la partecipazione dei bambini, delle famiglie e dei ragazzi preadolescenti e adolescenti all’eucaristia festiva, elemento costitutivo dell’itinerario di iniziazione cristiana? Come tale partecipazione può diventare l’elemento qualificante dei cammini formativi?
2. Quale cammino di iniziazione cristiana 61. Il cammino di iniziazione cristiana non va inteso unicamente come momento di preparazione al ricevimento dei sacramenti (Battesimo, Eucaristia, Cresima) ma attraverso di essi favorisce la crescita e la maturazione nella sequela di Cristo.
62. L’unità dei tre sacramenti è elemento centrale di tutto il percorso della iniziazione cristiana ed ha come punto di arrivo l’Eucaristia, la quale dà significato al Battesimo e alla Cresima. L’Eucaristia costituisce il momento centrale del divenire cristiani. Partecipando ad essa, insieme a tutta la comunità, il credente viene conformato pienamente a Cristo attraverso la duplice mensa della Parola e del Pane.
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Le nostre comunità devono essere formate a comprendere che «è l’Eucaristia il sacramento che, continuamente offerto, non chiude un’esperienza, ma la rinnova ogni settimana, nel giorno del Signore» (Il volto missionario delle parrocchie in mondo che cambia, 7).
63. L’iniziazione cristiana non è unicamente acquisizione di contenuti e frutto della propria volontà. Essa infatti manifesta il primato della grazia, comunica il dono dell’amore di Dio, introduce alla relazione comunitaria e coinvolge pienamente l’impegno e la responsabilità dei singoli. Si attua così una sinergia di incontro tra grazia e persona in tutte le sue dimensioni.
64. Il progetto diocesano di iniziazione cristiana presentato nel 2011, ripercorrendo le tappe del cammino catecumenale, ha posto la sua attenzione su tappe ed obiettivi, che qui vengono richiamati in sintesi: - l’annuncio di Cristo, morto e risorto, per suscitare la fede, quale adesione a Lui e al suo messaggio di salvezza; - la catechesi finalizzata all’approfondimento in forma organica del messaggio cristiano; - l’esperienza liturgico-sacramentale, in particolare quella dell’Eucaristia domenicale, per realizzare un pieno inserimento nel mistero pasquale di Cristo e nella vita della Chiesa; - l’impegno della testimonianza e del servizio, per una presenza corresponsabile nella società e nella Chiesa; - un coinvolgimento più attento e partecipe della comunità in tutte le sue espressioni nel cammino di iniziazione cristiana.
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Domande, considerazioni, proposte • Nella nostra comunità c’è sufficiente chiarezza e condivisione intorno a questa impostazione? • Circa le cinque tappe sopra indicate, quali possono essere considerate sicuramente acquisite? Quali esigono un ulteriore impegno di attuazione? • Quali sono le maggiori difficoltà che, nella nostra comunità, si frappongono alla piena realizzazione di questo modello? In quali settori si possono individuare (strumenti, modalità, metodo, partecipazione, collocazione temporale della celebrazione dei sacramenti, …)? • Quali possono essere considerati traguardi significativi raggiunti da tenere in considerazione (esperienze riuscite e collaudate, attuazione di metodologie efficaci, strumenti acquisiti con l’esperienza, …)?
3. Soggetti e strumenti pastorali 65. Il cammino di iniziazione cristiana trova nella liturgia un momento particolarmente significativo. Per questo è importante che la comunità curi sempre meglio le sue celebrazioni liturgiche, a partire dall’Eucaristia celebrata nel “giorno del Signore” e posta al centro del cammino. Ad essa deve tendere e da essa deve partire tutta la vita della comunità. Questa è la condizione per introdurre i bambini ed i ragazzi alla bellezza dei riti e al respiro dell’anno liturgico, magari creando per loro momenti specifici, anche con finalità didattiche.
66. Come è già stato più ampiamente sviluppato nella seconda parte del “quaderno”, primi soggetti chiamati ad un educare alla fede all’interno delle nostre comunità sono e rimangono i genitori. È necessario che nei loro confronti vi sia un’attenzione di accompagnamento, coinvolgimento, dialogo, confronto e ascolto.
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67. Per un adeguato rinnovamento del cammino di iniziazione è necessario inoltre valorizzare le figure dei catechisti, degli educatori e degli accompagnatori e investire molto sulla loro formazione. Il documento base Il rinnovamento della catechesi afferma: “A quanti si dedicano ad una missione così nobile, non basta mai la preparazione. I tempi esigono che inventiamo sempre nuove qualificazioni, che affrontiamo specializzazioni sempre diverse e puntuali. Prima di tutto però, è oggi particolarmente urgente, avviare itinerari organici e sistematici per la formazione a diventare “catechisti” e ad essere riconosciuti in questo compito attraverso lo specifico mandato del Vescovo” (n.13).
68. Da alcuni anni nella nostra diocesi è stata proposta dal vescovo Oscar l’esperienza dei catechisti battesimali, cioè degli accompagnatori dei giovani genitori di bambini fino 6 anni, con l’obiettivo di aiutare i genitori a riscoprire, trasmettere e testimoniare la propria esperienza di fede ai loro figli a partire dal momento sacramentale del Battesimo. Questa proposta, salvo lodevoli eccezioni, fatica ad essere accolta per vari motivi. Si tratta, in ogni caso di un investimento capace di rinnovare la nostra azione pastorale e che va presentato e sostenuto dalle nostre comunità.
69. Se nelle nostre parrocchie si hanno difficoltà a trovare catechisti ed educatori disponibili, il problema va posto nell’orizzonte più ampio della maturità di fede della stessa comunità. Ci si deve chiedere in che misura essa è consapevole che la preparazione dei catechisti è uno degli investimenti primari e che le soluzioni di emergenza (catechisti ed educatori troppo giovani, improvvisati o non formati) non fanno il bene della Chiesa locale.
70. Una riflessione seria va introdotta a proposito delle aggregazioni laicali, in particolare quelle che da noi si occupano della formazione dei bambini e dei ragazzi in età di iniziazione cristiana, in particolare l’Azione cattolica e l’AGESCI (Associazione guide e scout cattolici italiani). Le potenzialità di queste associazioni sono notevoli, sia per il numero di ragazzi che coinvolgono, sia per la tradizione pedagogica che possiedono, sia per l’esperienza associativa intergenerazionale. Tali associazioni ven-
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gono riconosciute nella Chiesa italiana nella misura in cui i loro percorsi formativi interagiscono con gli itinerari di iniziazione cristiana svolti in parrocchia. I percorsi formativi di queste Associazioni non vanno considerate alternative al catechismo parrocchiale ma come attività ad esso complementari e pensate in modo collaborativo. Papa Francesco ci ricorda che “movimenti e altre forme di associazione, sono una ricchezza della Chiesa che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti e settori… Ma è molto salutare che non perdano il contatto con questa realtà tanto ricca della parrocchia del luogo, e che si integrino con piacere nella pastorale organica della Chiesa particolare” (Evangelii gaudium, 29).
Domande, considerazioni, proposte • Come la nostra comunità può qualificare sempre meglio la celebrazione eucaristica domenicale, anche per favorire il cammino dell’iniziazione cristiana? • Quali sono le difficoltà che incontra la nostra comunità nell’individuazione di catechisti ed educatori? Quali fattori la possono favorire? • La nostra comunità cristiana ha messo in atto la proposta dei catechisti battesimali? Se sì, quali risultati positivi si sono ottenuti e quali difficoltà si sono incontrate? Se no, quali sono le motivazioni? • Quali modalità si ritengono più efficaci per una formazione adeguata di catechisti, educatori, accompagnatori? Il consiglio pastorale prende in considerazione l’opportunità di collaborazioni interparrocchiali e zonali? Quale supporto ci si attende dall’ufficio catechistico diocesano? • Quanto la nostra comunità accompagna queste figure nel loro cammino, aiutandole in particolar modo nel discernimento sul loro ruolo? • Come la comunità vive la presenza delle associazioni laicali in relazione all’iniziazione cristiana? C’è dialogo fra le figure educative della comunità e delle aggregazioni? Quali difficoltà si incontrano?
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Accompagnamento degli adolescenti alla professione di fede
71. Con la celebrazione della Cresima si conclude il cammino sacramentale della iniziazione cristiana. Il percorso prosegue con un tempo congruo dedicato alla cosiddetta mistagogia che accompagna i preadolescenti e gli adolescenti a vivere una fede matura e responsabile. In questo tempo la comunità cristiana si impegna a stimolarli con adeguate proposte di catechesi, di liturgia e di carità.
72. In alcune diocesi per questo cammino è prevista la durata di almeno 2/3 anni. Il vescovo Oscar ha proposto un tempo più ampio, strutturato e articolato, che si protrae sino al 19° anno e si conclude con una professione di fede, attraverso la quale i giovani sono invitati a diventare protagonisti, mediante l’assunzione di responsabilità nella Chiesa e nella società. Di questa prassi diocesana sono già state sperimentate alcune modalità rituali.
73. Questo tempo della mistagogia si incontra con i problemi tipici della preadolescenza e dell’adolescenza. È auspicabile che le parrocchie e la diocesi avviino una riflessione sulla complessità di questa fascia di età, in relazione ai problemi della crescita umana e della maturazione della fede.
1. Uno sguardo alla situazione 74. Il mondo dell’adolescenza presenta delle caratteristiche che spesso, soprattutto oggi, inquietano gli adulti, che osservano comportamenti non immediatamente comprensibili e difficili da condividere. Spesso infatti ciò che non si co-
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nosce suscita apprensione. Il primo passo delle nostre comunità, in particolare delle famiglie e degli educatori, deve essere la comprensione e l’accoglienza delle dinamiche tipiche di questa fascia d’età.
75. La preadolescenza, coincidente con l’età della scuola media inferiore, è una fase della vita densa di cambiamenti somatici e psicologici. Essa è caratterizzata da: modificazioni fisiologiche e psichiche; dipendenza dall’adulto e contemporaneamente desiderio di autonomia; esposizione ai condizionamenti della cultura anche per le forti pressioni dei media; cambio caratteriale e comportamentale, che può manifestarsi in atteggiamenti di irrequietezza, iperattivismo, esuberanza, oppure, in casi più rari, in tristezza, pigrizia, noia.
76. L’adolescenza, che inizia intorno ai 13 anni circa e che oggi tende ad avere un’estensione temporale sempre più ampia, è caratterizzata dal processo di costruzione dell’identità personale. Esso, durante questa fase della vita, assume il volto di una ‘crisi’, i cui elementi sono: un corpo estraneo e da sperimentare; la fatica nel riconoscersi, nell’accettarsi, nello stimarsi; i conflitti tra sviluppo sessuale, cognitivo e affettivo; un processo di separazione-confronto con il gruppo dei pari; i rapporti ‘a intermittenza’ con genitori, che pure continuano ad essere percepiti come “base sicura”; il bisogno di protagonismo e di appartenenza al gruppo; il desiderio di relazioni amicali ed affettive significative.
77. Il fatto che l’adolescente si svincoli progressivamente dalla famiglia e si individui come persona autonoma mediante la sperimentazione del mondo ‘esterno’, crea le condizioni indispensabili per ristrutturare la propria identità: la costruzione di un concetto di sé sotto il profilo cognitivo e affettivo; l’assunzione di una propria identità sessuale; la definizione e l’interiorizzazione di una scala di valori e la scelta di una professione.
78. Gli adolescenti di oggi sono “nativi digitali”, ossia manifestano una forte dipendenza dal mondo virtuale, il quale ha il potere di condizionare il reale e
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di modificare le strutture concettuali e i modelli di riferimento. Si rileva che “la generazione di oggi può vagabondare con lo smartphone, con mille canali sul televisore personale; gli strumenti virtuali gli permettono di essere in ogni luogo, ma non gli chiedono di prendere posizioni responsabili rispetto al mondo, non domandano che si imprima una direzione alla propria vita”. La nostra pastorale deve farsi attenta a questi processi, analizzandoli, interpretandoli e cercando di darne la giusta direzione.
79. L’esperienza della fede e della vita cristiana ed ecclesiale dei preadolescenti e degli adolescenti appare faticosa, sia in relazione alla preghiera e al rapporto con Dio che nei confronti delle forme rituali. Essi manifestano un’allergia nei confronti di quei percorsi catechistici che sono centrati esclusivamente su un insegnamento dottrinale e dunque poco esperienziali. Infatti constatiamo che il cosiddetto ‘postcresima’ costituisce uno dei momenti più delicati per i nostri adolescenti e uno degli aspetti più impegnativi e problematici della pastorale delle nostre comunità. La maggior parte dei ragazzi, ricevuto il sacramento della Confermazione si allontana dai gruppi formativi e fatica a vivere la comunità, abbandonando o diminuendo soprattutto la partecipazione alla messa domenicale. Anche sul piano etico la distanza tra la proposta evangelica e il vissuto è marcata. Tuttavia sappiamo che l’esperienza religiosa, se vissuta in modo equilibrato e graduale, costituisce un importante fattore di crescita dell’identità dell’adolescente. Questo è un dato sul quale le nostre comunità devono fare leva.
80. Lo sviluppo dell’adolescente ha come fine principale la costruzione di un’identità individuale. Per questo egli si confronta con diverse realtà: la famiglia, la scuola, lo sport, la parrocchia, l’oratorio, il gruppo dei pari. In questa prospettiva soprattutto l’oratorio può avere un ruolo significativo.
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Domande, considerazioni, proposte • Un buon esercizio di discernimento per i genitori, il sacerdote, il consiglio pastorale, il gruppo degli educatori, è quello di osservare e raccontare la vita degli adolescenti con i quali viviamo ogni giorno. • Che cosa la famiglia, la nostra comunità, l’oratorio, l’associazione o il movimento, offrono agli adolescenti per aiutarli nella costruzione di sé, sia sostenendoli nelle fragilità che valorizzando il loro desiderio di protagonismo? • Come si pone la comunità di fronte alla fatica che gli adolescenti manifestano nel loro rapporto con la fede e la pratica religiosa? C’è rassegnazione? Oppure c’è il tentativo di proporre nuovi cammini?
2. Quale cammino di iniziazione cristiana 81. L’obiettivo del cammino mistagogico è quello di aiutare preadolescenti e adolescenti a cogliere il valore del dono ricevuto nei sacramenti, in vista di una crescita nella fede e di una testimonianza nella Chiesa e nel mondo. È questo il primo compito della comunità cristiana. Essa è chiamata, nei loro confronti, a creare le condizioni favorevoli per la crescita della fede.
82. Affinché i nostri adolescenti abbiano la possibilità di proseguire nel cammino di approfondimento dell’iniziazione cristiana, le nostre comunità devono interrogarsi sul modo in cui farsi carico del loro cammino di fede, su come riescono a comunicare loro la gioia di essere discepoli del Signore. Esse devono anche verificare le cause dell’abbandono da parte degli adolescenti.
83. L’adolescente può ricevere un grande aiuto dalla comunità cristiana, in particolare attraverso gli educatori, per elaborare un progetto di vita. È il primo passo verso una maturità fatta di impegno, sacrificio, capacità di progettazione, conoscenza di se stessi, degli altri, di Dio. Questa è la premessa ineludibile per un sano esercizio del discerni-
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mento volto a cogliere, verificare e ri-orientare i propri desideri e le proprie aspirazioni. Sono queste le condizioni per la scoperta della vocazione che il Signore ha posto nella vita di ciascuno. Illuminante quanto scrive papa Francesco a proposito delle vocazioni: «In molti luoghi scarseggiano le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. Spesso questo è dovuto all’assenza nelle comunità di un fervore apostolico contagioso, per cui esse non entusiasmano e non suscitano attrattiva. Dove c’è vita, fervore, voglia di portare Cristo agli altri, sorgono vocazioni genuine» (Evangelii gaudium, 107).
84. La presenza in una parrocchia di un significativo percorso formativo per gli adolescenti diventa anche uno stimolo ed ha positive ricadute sui cammini di iniziazione cristiana dei bambini e dei ragazzi, che intravvedono in ciò la continuità dell’esperienza di fede. La graduale successione dei percorsi formativi è un obiettivo che deve responsabilizzare l’intera comunità cristiana.
85. È opportuno che, anche nell’arco di tempo dedicato alla mistagogia, vi siano momenti di coinvolgimento e di sostegno per i genitori, soprattutto in considerazione della fase particolare di crescita dei loro figli. A quanti hanno accompagnato l’iniziazione cristiana dei loro ragazzi, la comunità offra una continuità di proposte formative, soprattutto in relazione agli specifici problemi educativi dell’adolescenza.
Domande, considerazioni, proposte • Quali sono i luoghi ed i momenti in cui la comunità cristiana si interroga sul percorso di fede dei propri adolescenti? • C’è la preoccupazione di offrire agli adolescenti nel post-cresima percorsi che favoriscano il discernimento sul proprio progetto di vita, sulla propria vocazione e la maturazione di ideali e di valori? C’è qualcuno in parrocchia (sacerdote, educatore) che si offra per un accompagnamento personale? • C’è un coinvolgimento dei genitori anche per questa fascia di età? Come è attuato o come attuarlo?
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3. Soggetti e strumenti pastorali 86. Sotto il profilo strettamente pastorale, possiamo individuare almeno tre pilastri irrinunciabili per un fecondo cammino di educazione alla fede con e per gli adolescenti: - comunità parrocchiali, movimenti e associazioni capaci di esprimere una fede viva; - educatori, sacerdoti e laici, appassionati e desiderosi di spendere tempo per i ragazzi, proponendosi come modelli di vita buona e riuscita; - famiglie attente, che si prendono cura della formazione complessiva dei figli.
87. È questa una fascia di età più che mai bisognosa di accompagnamento personale, indispensabile nei processi di crescita. Un passaggio dell’ultima esortazione apostolica di papa Francesco ci illumina su questo tema: «In una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e, al tempo stesso, ossessionata per i dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. In questo mondo i ministri ordinati e gli altri operatori pastorali possono rendere presente la fragranza della presenza vicina di Gesù ed il suo sguardo personale. La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”» (Evangelii gaudium, 169).
88. Secondo i catechismi della Chiesa italiana, in questo tempo di mistagogia, l’accompagnamento deve sostenere gli adolescenti nel fare proprio il dono acquisito mediante i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana. Essi vanno aiutati: - a conoscere meglio e ad approfondire la ricchezza della Parola di Dio, alimento fondamentale dell’esistenza credente; - ad inserirsi sempre più nel cammino della comunità cristiana, anche mediante significative esperienze di gruppo;
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- a curare la vita spirituale, attraverso solidi itinerari formativi e un accompagnamento personale; - a coltivare relazioni buone e ad educare i legami affettivi e sessuali.
89. Questi aspetti possono essere evidenziati mediante la celebrazione di riti, alcuni dei quali già sperimentati sulla scorta delle indicazioni pastorali del nostro Vescovo, come ad esempio la professione di fede dei diciannovenni. Tra le proposte, si possono prendere in considerazione la consegna simbolica di testi significativi (le beatitudini, l’inno della carità, ecc.); la consegna del “giorno del Signore” in vista della partecipazione all’Eucaristia domenicale; la celebrazione di un eventuale rito di passaggio verso l’età adolescenziale. Inoltre è bene curare l’inserimento progressivo nella vita della parrocchia ed il coinvolgimento in esperienze di carità.
90. È necessario che per questa fascia di età si preparino degli educatori che ricevano questo mandato. In diocesi gli educatori degli adolescenti sono insufficienti e qualche volta poco preparati a livello pedagogico e catechistico. Nessuno può improvvisarsi educatore senza aver acquisito competenze adeguate, quali ad esempio una sufficiente maturità psicologica, affettiva, vocazionale, ma anche una solida scelta di fede e una chiara appartenenza alla comunità ecclesiale. Questo educatore dev’essere il primo a percorrere la strada indicata mediante la testimonianza e la coerenza di vita e deve cercare un’alleanza con le altre figure e agenzie educative che si prendono cura della vita degli adolescenti.
91. Gli adolescenti hanno anche bisogno di luoghi che li accolgano e nei quali sia aiutati a crescere sotto il profilo umano e cristiano. Tale ruolo può essere significativamente svolto dai nostri oratori, chiamati ad essere spazi in cui coltivare relazioni buone e trovare momenti per esprimere la propria multiforme creatività. Le nostre comunità e gli educatori devono impegnarsi a farsi sì che gli oratori siano sempre più luoghi accoglienti, propositivi ed arricchenti.
92. È importante che, nella pastorale per gli adolescenti, nessuna parrocchia sia
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lasciata sola e venga aiutata ad entrare nella logica del lavoro ‘in rete’. La nostra diocesi deve sempre più attrezzarsi per offrire un valido sostegno, potendo contare su alcuni punti di forza: un territorio omogeneo e non segnato dalle dinamiche disgregative tipiche dei grandi tessuti urbani; una consolidata tradizione, tipicamente lombarda, di strutture educative (oratori) per ragazzi e giovani. Al servizio diocesano della pastorale giovanile si chiede di offrire indicazioni progettuali di ampio respiro e di favorire lo scambio di esperienze formative, spirituali ed aggregative.
93. Anche in questa fase del cammino di consolidamento della fede, un apporto significativo può essere offerto dalle aggregazioni laicali, in particolare quelle che si occupano della formazione degli adolescenti (l’Azione cattolica, l’AGESCI, Comunione e liberazione). Valgono a questo proposito le considerazioni introdotte a proposito della iniziazione cristiana dei ragazzi, alle quali rimandiamo.
Domande, considerazioni, proposte • Osservando la situazione dei nostri adolescenti, quali interventi pastorali ci sembrano più decisivi e quali passi più urgenti? • In quali forme è possibile realizzare nella nostra comunità un deciso investimento sulla formazione degli educatori degli adolescenti? Il consiglio pastorale prende in considerazione la possibilità di attivare collaborazioni interparrocchiali e zonali? • La nostra parrocchia ha investito risorse (umane e strutturali) per fare dell’oratorio un luogo significativo dal punto di vista educativo? • Qual è il contributo educativo che nella nostra comunità viene offerto da associazioni/movimenti?
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Editore Finito di stampare: 4 febbraio 2014 Tipografia: Industria Grafica Editoriale Pizzorni, via Castelleone 152 Cremona - Tel. 0372 471004 -471008
ASSEMBLEA DIOCESANA
SULL’INIZIAZIONE CRISTIANA DIOCESI DI CREMA
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