UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA
SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA
ALIMENTAZIONE, SALUTE E FARMACO DIRETTORE: PROF. ANTONIO BENEDETTI
INDIVIDUAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DI UNA SOTTOPOPOLAZIONE CON PATTERN GENETICO PREDISPONENTE AD UN ALTO RISCHIO CARDIOVASCOLARE.
TESI DI DOTTORATO DI: DOTT. ANDI MUÇAJ
RELATORE CHIAR. MO: PROF. ANTONIO BENEDETTI
ANNO ACCADEMICO 2012-2013
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Ai miei genitori Xhemal e Hedije per avermi donato la grinta ed il coraggio a realizzare i sogni…
Un vivissimo ringraziamento alle persone che con il loro insostituibile lavoro hanno permesso la realizzazione di questo progetto: Prof. Gian Paolo Littarru Dott. Luca Tiano Dott.ssa Francesca Brugè Dott.ssa Annaluisa Tangorra Tutto il personale dell’U.O. Emodinamica del Presidio “Lancisi” Ospedali Riuniti di Ancona
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INDICE
1. INTRODUZIONE 2. POSSIBILE RUOLO DEL COENZIMA Q10 NELLA PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE IN RELAZIONE AD ALCUNI POLIMORFISMI GENETICI 3. PROGETTO DI RICERCA 4. MATERIALI E METODI 5. ANALISI STATISTICA 6. RISULTATI 7. DISCUSSIONE 8. BIBLIOGRAFIA
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1. INTRODUZIONE PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE: RUOLO DELLE LIPOPROTEINE E DEL DANNO ENDOTELIALE Le patologie cardiovascolari (CVD) rappresentano la principale causa di morte sia nei Paesi occidentali sia nei Paesi in via di sviluppo. Si tratta di malattie multifattoriali influenzate sia da fattori ambientali che genetici. Lo studio dei meccanismi molecolari alla base di queste patologie ha dimostrato che lo stress ossidativo, le alterazioni dei livelli e della funzione delle lipoproteine plasmatiche e le disfunzioni a carico dell'endotelio vascolare giocano un ruolo importante. E' noto che un aumento dei livelli di lipoproteine a bassa densità (LDL) e una riduzione dei livelli di lipoproteine ad alta densità (HDL) sono fattori di rischio di CVD. L'ossidazione delle LDL è mediato dai radicali liberi o altre sostanze ossidanti incluse le specie reattive dell'ossigeno, i tioli, l'acido ipocloroso, le aldeidi e la lipossigenasi. Il processo di ossidazione include diverse modificazioni strutturali nei lipidi delle LDL e nelle alterazioni strutturali delle apoB. In questo modo, riducendosi l'affinità delle LDL ossidate per i recettori apoB/E ed aumentando l'affinità per gli “scavanger receptors” dello spazio sottoendoteliale si ha una aumentata fagocitosi delle LDL ossidate e una transformazione dei macrofagi in cellule schiumose “foam cells”. Questo fenomeno, assieme alla transformazione delle cellule muscolari liscie, costituisce la base di partenza verso la formazione dell’ateroma. Numerosi studi hanno dimostrato che molti prodotti della perossidazione lipidica delle LDL stesse manifestano un'ampia varietà di proprietà biologiche potenzialmente implicate nell'aterosclerosi. Le HDL esercitano numerose proprietà anti-aterogeniche: trasporto inverso del colesterolo, attività anti-infiammatoria, anti-ossidante, anti-aggregante, anti-coagulante e pro-fibrinolitica [1]. Diverse componenti delle HDL, come apoproteine, enzimi tra cui la paraoxonasi 1 (PON1) e specifici fosfolipidi sono coinvolti nel ruolo protettivo delle HDL [1]. Il ruolo protettivo della PON1 consiste nell'idrolisi dei acidi grassi ossidati dai fosfolipidi e nella riduzione dell'accumulo dei lipidi ossidati nelle LDL, inibendo in questo modo la risposta infiammatoria. Inoltre la PON 1 inibisce le LDL ossidate dall’innescare una serie di interazioni monociti-cellule endoteliali
idrolizzando prodotti associati alle LDL che
stimolano la produzione di citochine e inducono l'adesione dei monociti alla superficie endoteliale.
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Le lipoproteine plasmatiche e l'endotelio sono i principali target del danno ossidativo. L'endotelio è un organo autocrino, endocrino e paracrino che riveste un ruolo fondamentale nel mantenimento dell'omeostasi vascolare, sullo stato infiammatorio locale e nella regolazione del bilancio emocoagulativo. E' concetto oramai consolidato che i diversi fattori di rischio
cardiovascolare quali,
ad
esempio
l'ipercolesterolemia,
l'ipertensione arteriosa, l'obesità e il fumo, sono in grado di favorire lo sviluppo e la progressione dell'aterosclerosi attraverso le alterazioni che essi determinano nelle funzioni regolatrici dell'endotelio. Il danno a carico dell'endotelio determina una condizione definita come disfunzione endoteliale, caratterizzata da una ridotta biodisponibilità di monossido di azoto (NO.), che costituisce un evento precoce nell'aterogenesi. L'ossidazione delle principali classi lipoproteiche (ox-LDL e ox-HDL) avviene in vivo ed è considerata una modifica aterogenica perché le ox-LDL e le ox-HDL presentano alterazioni strutturali che si riflettono in modificazioni delle funzioni biologiche da esse svolte. L'interazione tra ox-LDL con i corrispondenti recettori scavenger e la conseguente generazione di messaggeri intracellulari, oltre all'assunzione di prodotti ossidati da parte dei macrofagi, danno l'avvio alla risposta infiammatoria e sono la base biochimica dell'azione patogena delle ox-LDL. L'ossidazione delle HDL compromette il loro ruolo protettivo e porta alla formazione di lipoproteine pro-aterogeniche [2]. Sulla base di queste conoscenze emerge l'importanza di una valutazione che comprenda, oltre ai livelli, anche lo studio delle caratteristiche composizionali e funzionali delle lipoproteine.
RISCHIO
CARDIOVASCOLARE
E
FATTORI
DELLA
DIETA:
UN
APPROCCIO
NUTRIGENETICO La dieta riveste un ruolo importante tra i fattori di rischio per la CVD poiché ha un impatto sui livelli di lipidi nel plasma, sulla composizione e struttura delle lipoproteine e sulle funzioni vascolari. Gli antiossidanti della dieta sono in grado di inibire l'ossidazione delle lipoproteine in vitro [3] e di prevenire la disfunzione endoteliale, suggerendo un loro ruolo protettivo nei confronti dello sviluppo di CVD. Risultati contrastanti tuttavia sono stati riportati riguardo l'effetto protettivo degli antiossidanti nella prevenzione primaria o secondaria degli eventi cardiovascolari [4]. Ciò ha stimolato studi successivi finalizzati a studiare le complesse interazioni tra componenti della dieta e patrimonio genetico. Infatti, numerosi studi hanno evidenziato che i soggetti possono rispondere in maniera diversa allo stesso intervento dietetico. Quando i composti antiossidanti sono stati testati in studi di 5
intervento in pazienti ad alto rischio, gli effetti benefici sulla mortalità cardiovascolare sono stati osservati solo in specifici sottogruppi, caratterizzati da un incrementato stress ossidativo. Questo ha suggerito che i soggetti con maggiori alterazioni dello stato ossidativo possono trarre maggior beneficio dagli antiossidanti [5]. Numerosi studi hanno dimostrato che la vulnerabilità al danno ossidativo è in parte determinata dallo sfondo genetico; risulta così importante esaminare polimorfismi genetici con effetti funzionali sulla regolazione redox per comprendere meglio l'efficacia del trattamento antiossidante. La nutrigenetica è una nuova area di ricerca che ha l'obiettivo di investigare le interazioni tra fattori nutritivi e genetici e le conseguenze sulla salute. Un numero crescente di studi ha investigato i legami nutrigenetici a proposito dei fattori di rischio di CVD e agli elementi della dieta [6]. Tuttavia, poco è ancora noto sull'impatto di un intervento antiossidante sulla perossidazione lipidica e su altri markers di malattia cardiovascolare quando si tiene conto dei polimorfismi genetici. Il progetto si inserisce in questa tematica con l'obiettivo di studiare le interazioni tra biomarkers di rischio cardiovascolare, varianti genetiche ed effetto modulatore esercitato da antiossidanti (coenzima Q10). 2.
POSSIBILE
RUOLO
DEL
COENZIMA
Q10
NELLA
PATOLOGIA
CARDIOVASCOLARE IN RELAZIONE AD ALCUNI POLIMORFISMI GENETICI Il coenzima Q10 (CoQ10) è una molecola lipofilica che svolge un ruolo bioenergetico nei processi di fosforilazione ossidativa a livello mitocondriale. Numerosi studi hanno inoltre evidenziato che nella sua forma ridotta (ubichinolo-10), agisce come antiossidante. In particolare, assieme alla vitamina E, costituisce il principale antiossidante delle lipoproteine plasmatiche. Il CoQ10 è presente in certe nazioni anche nella farmacopea ufficiale, principalmente con indicazioni cardiologiche, come coadiuvante della terapia tradizionale nello scompenso cardiaco. Diversi studi hanno riportato che il rapporto CoQ10/colesterolo plasmatico è più basso in soggetti con più elevato rischio cardiovascolare e che la concentrazione di CoQ10 nel plasma è un fattore di rischio indipendente di mortalità nelle patologie cardiovascolari [7]. Studi in vivo supportano l'efficacia del CoQ10 in ambito cardiologico: le LDL isolate da soggetti dopo supplementazione col CoQ10 sono meno suscettibili alla perossidazione lipidica [8]. Inoltre nei pazienti affetti da cardiopatia ischemica, la somministrazione di CoQ 10 è in grado di migliorare la funzione endoteliale [9]. Sempre in campo cardiovascolare, un recente studio
6
longitudinale, in doppio cieco, ha dimostrato un significativo beneficio del CoQ10, in combinazione al selenio sulla sopravvivenza. [26] La ricerca è focalizzata sui polimorfismi di tre geni: aptoglobina (Hp1, Hp2); paraoxonasi 1 (PON1 Q192R); superossido dismutasi 3 (SOD3 R231G). I prodotti di questi geni sono enzimi (PON1 e SOD3) e proteine (Hp) coinvolti nella protezione contro il danno ossidativo delle lipoproteine e delle cellule endoteliali. Questi geni mostrano polimorfismi associati ad un aumento del rischio cardiovascolare e quindi potrebbero essere biologicamente rilevanti per investigare le interazioni nutriente-gene nella prevenzione della patologia cardiovascolare. Questa ipotesi è supportata da recenti studi che hanno dimostrato che la supplementazione con vitamina E è associata ad una riduzione significativa della morte per patologie cardiovascolari solo nei soggetti diabetici con un particolare genotipo dell'aptoglobina (Hp2/2) [10]. L'aptoglobina (Hp) è una glicoproteina plasmatica che si lega all'emoglobina libera (Hb) rilasciata nel plasma durante l'emolisi, formando un complesso stabile Hp-Hb. L'Hb libera può entrare nella parete dei vasi e mediare l'ossidazione delle LDL e HDL, promuovendo così lo sviluppo dell'aterosclerosi [11]. Un polimorfismo del gene dell'aptoglobina, caratterizzato dagli alleli Hp1 e Hp2, genera fenotipi proteici distinti strutturalmente e funzionalmente, conosciuti come Hp1/1, Hp2/1 e Hp2/2. L'incidenza dell'allele Hp1 varia nelle diverse popolazioni da un minino del 7% ad un massimo del 92%. Molteplici studi hanno stabilito un'associazione tra fenotipo dell'Hp e complicanze vascolari nel diabete: Hp1/1 conferisce una significativa protezione, mentre gli individui Hp2/2 sono ad alto rischio per eventi CV [11]. E' stato suggerito che l'aumentata produzione di ox-HDL negli individui diabetici con fenotipo Hp2/2 potrebbe avere un ruolo fondamentale nell'aumento di rischio CVD in questi soggetti. Infatti il prodotto dell'allele Hp1 è in grado di proteggere le lipoproteine plasmatiche dall'ossidazione mediata da Hb più efficacemente rispetto a quello dell'allele Hp2. E' stato dimostrato che la supplementazione con vitamina E negli individui diabetici Hp2/2 protegge le HDL dalla perossidazione lipidica e dalle conseguenti alterazioni funzionali [12]. La paraoxonasi 1 (PON1) è un enzima associato alle HDL ed è stato identificato come determinante primario delle loro proprietà anti-aterogeniche [13]. Topi transgenici PON1 “knockout” sono più suscettibili allo sviluppo di aterosclerosi, mentre i topi nei quali viene indotta una sovraespressione di PON1 sono maggiormente protetti [14]. PON1, in vitro, è in grado di idrolizzare diversi composti come esteri (paraoxone e fenilaceto) e lattoni. In vivo, svolge un'azione antiaterogenica sia inibendo l'accumulo dei fosfolipidi perossidati nelle 7
lipoproteine e membrane [15,16] sia idrolizzando l'Hcy-tiolattone, un derivato tossico dell'omocisteina (Hcy). Studi condotti presso il nostro Dipartimento hanno dimostrato una stretta relazione tra PON1 e danno ossidativo e una significativa riduzione della sua attività in diverse patologie associate al danno ossidativo come il diabete, l'obesità e l'ictus [15,17,18]. Le variazioni dell'attività di PON1 sono dovute in parte alla presenza di polimorfismi nel gene, anche se altri fattori come la dieta, lo stile di vita e altri fattori ambientali svolgono un ruolo importante. I principali polimorfismi di PON1 si trovano nella regione
codificante
del
gene:
leucina(L)/metionina(M)
alla
posizione
55
e
glutammina(Q)/arginina(R) alla posizione 192. Una maggiore attenzione è stata posta sul polimorfismo 192 perché i due allozimi differiscono nella loro attività catalitica: PON1 192R idrolizza il paraoxone, i lattoni e il tiolattone più velocemente di PON1 192Q. Recentemente è stato dimostrato che l'allozima Q si lega alle HDL con una minore affinità e di conseguenza mostra una ridotta stabilità rispetto ad R. La frequenza dell'allele R varia tra il 58% e il 65%. Nell'ultimo decennio sono stati pubblicati molti lavori clinici, la maggior parte dei quali supportano un legame tra il polimorfismo di PON1 e lo sviluppo di CVD. I soggetti portatori della mutazione R hanno minori livelli di markers di perossidazione lipidica e un minor rischio CVD [19]. Tuttavia altri studi non confermano questi risultati [20], ciò sottolinea l'importanza di analizzare le possibili interazioni tra questo polimorfismo e fattori di rischio convenzionali di CVD e il possibile effetto sinergico con altri polimorfismi genetici. La superossido dismutasi extracellulare (SOD3) è un importante enzima antiossidante in grado di neutralizzare l'anione superossido a livello della superficie dell'endotelio. La SOD3 è associata alla superficie cellulare tramite un dominio di legame con l'eparina. Un polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) alla posizione 691 (C>G) dell'mRNA della SOD3 si traduce in una sostituzione della glicina (G) al posto della arginina (R) in posizione 231 (R231G) (frequenza del polimorfismo compresa tra 3% e 6%). Questa mutazione si trova nel dominio di legame con l'eparina; come conseguenza negli individui con la mutazione (231G), l'affinità di SOD3 nei confronti dei gruppi eparansolfato della matrice è ridotta. Ciò si traduce in una diminuita capacità di proteggere l'endotelio dal danno ossidativo [21]. Diversi studi hanno dimostrato che il genotipo R231G della SOD3 è associato al rischio di CVD [22]. L'interesse verso lo studio di tale polimorfismo è supportato da un nostro precedente studio [9] che ha dimostrato che la supplementazione con CoQ10 provoca un aumento dei livelli di SOD3 associata all'endotelio soprattutto nei soggetti che inizialmente presentano quantità minori di enzima. Sebbene il genotipo di questi pazienti non sia stato 8
valutato, un maggiore effetto benefico della terapia antiossidante nei soggetti con mutazione R231G risulta una ipotesi interessante.
3. PROGETTO DI RICERCA Nell'insorgenza delle patologie cardiovascolari sono coinvolti sia fattori genetici che nutrizionali. In letteratura una associazione tra i polimorfismi dei geni che codificano per aptoglobina (Hp), paraoxonasi 1 (PON1) e superossido dismutasi 3 (SOD3) e rischio cardiovascolare è ampiamente documentata. Il progetto nella sua interezza, che si inquadra nella nuova area di ricerca della “nutrigenetica”, si prefigge i seguenti obiettivi: 1- Valutare in soggetti sottoposti a coronarografia, con cardiopatia nota o presunta, la frequenza dei polimorfismi associati a geni codificanti la PON1, la SOD3 e l'Hp e la loro correlazione con la commorbidità clinica e con la severità della malattia coronarica. In particolare il progetto prevede lo studio del polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) R231G del gene SOD3, del SNP Q192R del gene PON1 e di un polimorfismo del gene Hp la cui variante allelica è caratterizzata dalla duplicazione di una sequenza nucletidica. Assieme alla fase di screening genetico verrà valutata la frequenza di fattori di rischio, verranno analizzati i parametri biochimici e la severità della malattia coronarica nelle diverse classi genotipiche considerate. Verrà posta particolare attenzione all'associazione fra genotipo, variabili biochimiche e severità della malattia coronarica correggendo per età, genere,
trattamenti
farmacologici
e
principali
patologie
associate
alle
malattie
cardiovascolari. La ricerca parte dalla caratterizzazione del polimorfismo della SOD ma si propone di studiare non solo l'effetto di una singola variante genica ma di diversi pattern genetici costituiti dalla combinazione delle varianti di interesse. 2- Valutare se i polimorfismi inclusi nello studio, singolarmente o in combinazione, incidono sull’evoluzione della patologia cardiovascolare. A tale scopo la ricerca prevede l’inserimento dell’intera popolazione in un Registro Osservazionale, seguendo i pazienti nel tempo al fine di valutare l’incidenza di MACE a distanza di 36 mesi. I pazienti, dopo apposito consenso scritto rilasciato al momento dell’arruolamento,
verrano contattati telefonicamente e per ciascuno di loro verrà 9
compilato un apposita scheda per la raccolta dei dati. Tali dati ottenuti saranno inseriti nel database e analizzati per ogni sottogruppo. 3- Caratterizzare i soggetti selezionati a livello genotipico per un possibile aumentato (genotipi QQ PON1, Hp2/2 e RG/GG SOD3) o diminuito rischio di sviluppare patologie cardiovascolari (soggetti che non presentano tali genotipi) in rapporto a parametri biochimici-funzionali associati allo sviluppo di CVD. L’analisi degli stessi parametri biochimico-funzionali verrà condotto su un gruppo di controllo. L'associazione tra stress ossidativo e sviluppo di coronaropatie è largamente documentata. In questo contesto i principali target del danno ossidativo con rilevanza patologica sono le lipoproteine plasmatiche e l'endotelio. Pertanto, dopo l'isolamento delle LDL e HDL, i campioni verranno caratterizzati per il contenuto in antiossidanti e prodotti di perossidazione lipidica. Nelle HDL l'analisi composizionale sarà associata allo studio di aspetti funzionali con valutazione dell'attività dell'enzima antiossidante e anti-infiammatorio PON1. Verrà inoltre valutata la suscettibilità delle LDL all'insulto ossidativo ex vivo. Al fine di avere un quadro complessivo, la ricerca prevede di valutare altri markers biochimici quali: livelli di antiossidanti plasmatici idrofilici e lipofilici, capacità antiossidante totale del plasma e markers di danno ossidativo a carico dei linfociti. Inoltre verrà determinata la funzionalità endoteliale in vivo mediante tecniche non invasive e le difese antiossidanti dell'endotelio mediante l'analisi della quantità di SOD3, il principale enzima antiossidante della parete vascolare. 4- Valutare le variazioni dei parametri biochimici-funzionali associati allo stress ossidativo ed alla disfunzione endoteliale nei sottogruppi di soggetti geneticamente selezionati a seguito della supplementazione con ubichinolo, la forma attiva e maggiormente biodisponibile del coenzima Q10 (CoQ10). A tale scopo l'effetto della supplementazione con coenzima Q 10 verrà investigato nei soggetti selezionati a livello genotipico per un aumentato (genotipi QQ PON1, Hp2/2 e RG/GG SOD3) o diminuito rischio di sviluppare patologie cardiovascolari (soggetti che non presentano tali genotipi). Il CoQ10 verrà fornito ai pazienti nell'ambito di una randomizzazione crossover in doppio cieco che prevede l'allocazione dei pazienti ad un gruppo trattato con 300 mg CoQ10/die o un'equivalente quantità di placebo per tre mesi. Seguirà un periodo di washout di due mesi seguito da un successivo periodo di trattamento nei quali il gruppo placebo e CoQ10 si scambieranno. All'ingresso nello studio 10
ed al termine di ciascuna delle tre fasi successive verranno valutati i parametri biochimicifunzionali accuratamente descritti di seguito. Tale studio ci permetterà di investigare gli effetti della supplementazione con CoQ10 sulle qualità composizionali e funzionali delle lipoproteine e sulla disfunzione endoteliale in soggetti sottoposti a coronarografia. Inoltre lo studio ha l'obiettivo di confrontare i risultati ottenuti nei gruppi di soggetti caratterizzati dai polimorfismi ad alto rischio cardiovascolare rispetto al gruppo con diminuito rischio di sviluppare patologie cardiovascolari. Ciò permetterà di valutare, tramite un approccio nutrigenetico, se l'effetto del trattamento con coenzima Q 10 è influenzato dal patrimonio genetico dei soggetti. 5.Verificare quale sia il ruolo aggiuntivo del supplemento giornaliero con CoQ10 H 2 nella prevenzione primaria e secondaria degli eventi ischemici cardiovascolari nei sottogruppi con pattern genetico predisponente ad un alto stress ossidativo.
FASE I 1) Reclutamento dei pazienti e valutazione clinica: I pazienti afferenti per intervento di coronarografia presso la S.O.D. di Emodinamica Presidio Cardiologico "G. M. Lancisi" - Ospedali Riuniti di Ancona, dopo aver firmato un consenso informato, verranno arruolati nello studio. Tutti i pazienti saranno sottoposti alla raccolta dell'anamnesi (familiare, fisiologica, patologica remota e prossima), ad una serie di esami strumentali (valutazione della pressione, ECG, ecocardiogramma, frazione di eiezione %, numero di stenosi ed estensione delle lesioni) e ad esami di laboratorio (profilo lipidico, Lp(a), omocisteina, proteina C reattiva, glicemia, emoglobina glicata). Inoltre ai soggetti verrà effettuato un prelievo di sangue venoso che verrà conservato a 20°C sino alle successive analisi genetiche. L’intera popolazione verrà contattata telefonicamente dopo 36 mesi dalla coronarografia al fine di valutare nella popolazione considerata la percentuale di eventi cardio e neuro vascolari e la frequenza dei decessi. 2) Estrazione del DNA genomico da sangue intero e valutazione delle varianti alleliche dei geni considerati mediante real time-PCR. Lo studio prevede di esaminare il polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) R231G del gene SOD3 (NCBI SNP ID: rs1799895) e il SNP Q192R del gene PON1 (NCBI SNP ID: rs662). In particolare, l'utilizzo della real time per la valutazione delle varianti alleliche oggetto di questo studio, prevede l'utilizzo di sonde LNA 11
(locked nucleic acid) marcate all'estremità 5' con un fluorocromo e all'estremità 3' con un quencher. Si tratta di una metodica, già messa a punto dal nostro gruppo di ricerca per il polimorfismo 231 della SOD 3 [24], che si rivela di estrema utilità per lo screening genetico di un numero rilevante di campioni sia in termini di costi che di tempi di analisi, rispetto alle classiche procedure di analisi, quali RFLP (restriction fragment length polymorphism) e sequenziamento. 2a- Caratterizzazione clinica dei soggetti con profilo genetico a maggiore o minore rischio cardiovascolare Terminata la fase di screening verrà valutata la frequenza di fattori di rischio, parametri ematochimici e la severità della malattia coronarica nelle diverse classi genotipiche considerate. Verrà analizzata l'associazione fra genotipo, profilo ematochimico e severità della malattia coronarica correggendo per età, genere, trattamenti farmacologici e principali patologie associate (in particolare il diabete mellito che incide per circa il 40% sulla popolazione considerata e presenta importanti implicazioni correlate allo stress ossidativo, specialmente in associazione ai polimorfismi considerati). Verrà altresì valutato il profilo di rischio cardiovascolare in funzione dei principali polimorfismi. La caratterizzazione di soggetti che portano una delle varianti alleliche oggetto di studio risulta infine propedeutica alla FASE 2 al fine di identificare tre sottogruppi di pazienti caratterizzati da varianti genotipiche associate ad un aumentato rischio cardiovascolare, un gruppo per ogni gene considerato (un gruppo di soggetti con genotipo QQ PON1, un gruppo di soggetti con genotipo Hp2/2 e un gruppo di soggetti con genotipo RG/GG SOD3) ed un gruppo caratterizzato da un profilo genetico associato ad un basso rischio cardiovascolare. I gruppi saranno bilanciati per età, sesso e caratteristiche cliniche. FASE II 1) Indagine di parametri biochimici-funzionali associati allo stress ossidativo ed alla disfunzione endoteliale L'associazione tra stress ossidativo e sviluppo di coronaropatie è largamente documentata. In questo contesto i principali target del danno ossidativo con rilevanza patologica sono le lipoproteine plasmatiche e l'endotelio. In particolare l'ossidazione delle LDL determina l'aumentato uptake dai monociti che porta alla formazione delle cellule schiumose e della placca aterosclerotica; l'ossidazione delle HDL compromette il loro ruolo antiaterogenico ed infine il danno a carico dell'endotelio determina una condizione definita 12
come disfunzione endoteliale caratterizzata da una ridotta biodisponibilità di monossido di azoto (NO.) che costituisce un evento precoce nell'aterogenesi. Al fine di caratterizzare a livello biochimico i pazienti arruolati in relazione al loro genotipo, gruppi di pazienti con caratteristiche descritte al punto 2a (FASE I) verranno richiamati per condurre i test funzionali e per ottenere campioni biologici (plasma e linfociti) sui quali verranno dosati gli indici biochimici di seguito descritti. - 1a- Analisi funzionalità endoteliale in vivo: Flow mediated dilation (FMD) Questa indagine sarà condotta sul paziente mediante un saggio non invasivo che impiega tecniche ultrasonografiche per rilevare la dilatazione dell'arteria brachiale endoteliodipendente in seguito ad una breve vasocostrizione controllata. - 1b- Valutazione delle difese antiossidanti associate all'endotelio La superossido dismutasi extracellulare (SOD3), costituisce la prima linea di difesa antiossidante enzimatica verso l'anione superossido nella parete arteriosa. Una stima della quantità di SOD associata all'endotelio è possibile in seguito ad iniezione nel paziente di un bolo di 5000U di eparina e quantificazione dei livelli rilasciati in circolo espressi come U SOD/ml plasma/minuto, utilizzando una metodica messa a punto in studi precendenti [9]. -1c- Caratterizzazione della funzionalità delle lipoproteine plasmatiche - Indagini HDL: - Indice proinfiammatorio (HII Index) valutato quantificando l'inibizione dell'ossidazione della diclorofluoresceina ridotta (DCFH) da parte di PEIPC (1-palmitoyl-2-(5,6epoxyisoprostane E2)-sn-glycero-3-phosphocholine). - Misura delle principali attività enzimatiche (arilesterasica, paraoxonasica e lattonasica) associate alla paraoxonasi 1 (PON1). Quantificazione dei livelli di PON1 plasmatici mediante test immunoenzimatico (ELISA). Indagini LDL: - Quantificazione dei livelli e dello stato redox dei principali antiossidanti lipofilici associati alla lipoproteine a bassa densità (vitamina E e coenzima Q10). -Valutazione
della
suscettibilità
ad
insulto
ossidativo
ex
vivo
tramite
analisi
spettrofotometrica della formazione di dieni coniugati in seguito ad esposizione a CuSO 4 -1d- Indici di stress/danno ossidativo nel plasma e in cellule circolanti (linfociti) 13
- Quantificazione su plasma dei livelli e dello stato redox dei principali antiossidanti idrofilici (vitamina C, glutatione e acido urico) e lipofilici (vitamina E, coenzima Q 10 e carotenoidi). - Valutazione della capacità antiossidante totale del plasma tramite il metodo Oxygen Radical Absorbing Capacity (ORAC), il quale consente di valutare l'efficacia della miscela di antiossidanti plasmatici tenendo conto di eventuali attività sinergistiche. - Valutazione indici di stato infiammatorio: poichè le specie reattive dell'ossigeno prodotte a livello vascolare sembrano modulare le risposte infiammatorie che partecipano allo sviluppo e progressione dell'ateriosclerosi, verranno valutati nei pazienti selezionati i livelli di marker di infiammazione quali la proteina C-reattiva e il TNF-alfa - Valutazione prodotti di ossidazione delle principali molecole biologiche. Danno ossidativo a carico dei lipidi: prodotti di perossidazione lipidica (idroperossidi lipidici) nel plasma e livelli plasmatici di 8-isoprostano. Danno ossidativo a carico delle proteine: gruppi carbonilici che i residui nitrotirosinici. In particolare l'indagine di questi ultimi consentirà di mettere in evidenza possibili effetti dannosi associati all'interazione del monossido di azoto prodotto dall'endotelio con specie reattive dell'ossigeno prodotte a livello vascolare. Danno ossidativo a carico del DNA: il danno ossidativo a livello del genoma è stato identificato tra i fattori che promuovono la disfunzione endoteliale con effetti proaterogenici. Nell'ambito del nostro studio verranno quantificati i livelli di 8-idrossi 2deossiguanosina (8-OHdG) plasmatici. Inoltre, mediante il comet assay, una metodica rapida e sensibile per la quantificazione del danno al DNA a livello di singola cellula, verrà valutato il danno in linfociti da sangue periferico. Alla metodica nella sua versione alcalina, in grado di risolvere rotture del singolo e del doppio filamento e siti alcali labili, verrà associato l'impiego di endonucleasi (FPG/ENDO III) per rilevare anche le basi ossidate [25]. 2) Indagine di parametri biochimici- funzionali associati allo stress ossidativo ed alla disfunzione endoteliale dopo supplementazione con coenzima Q 10 Nei pazienti verrà valutato l'effetto del trattamento con coenzima Q10 nella forma ridotta (attiva e con maggiore biodisponibilità) in relazione ai parametri biochimici e funzionali descritti al punto 1 della fase II. A tale scopo, dopo aver raccolto le misure basali, per ciascuno dei gruppi (ad alto e basso stress ossidativo) i pazienti verranno randomizzati in due sottogruppi uno dei quali verrà trattato con capsule di coenzima Q 10 (300mg/die) per tre mesi ed uno di controllo trattato con placebo. Al termine del trattamento i soggetti verranno rivalutati e sottoposti a due mesi di washout ai quali seguiranno altri tre mesi di 14
supplementazione con cambio del trattamento secondo un disegno crossover. Le concentrazioni utilizzate di coenzima Q10 risultano sufficienti per determinare in media un aumento di 2.5 volte dei livelli basali dopo un mese di trattamento. Tale incremento, da nostri precedenti studi, sembra essere associato ad un significativo effetto protettivo a livello dell'endotelio [9]. Inoltre il periodo di washout di due mesi è sufficiente per reversibilizzare i livelli plasmatici di coenzima Q10 ed i loro effetti biologici nella popolazione considerata [9]. 3) Indagine di parametri strumentali. Alla fine del primo periodo (5mesi), ogni paziente verrà sottoposto ad una visita specialistica di cardiologia durante la quale verrano raccolti dati anamnestici
e verrà
eseguito un esame obiettivo, un ecocardiogramma, ecografia, FMD e test ergometrico). La parte del progetto concernente la presente tesi, riguarda l’individuazione e la caratterizzazione della mutazione R231G della SOD 3 in una popolazione di 2131 pazienti sottoposti a coronarografia, e la correlazione della mutazione stessa con parametri di commorbidità clinica e con la severità della compromissione coronarica (punto 1 dell’intero progetto di ricerca come su esposto).
4. MATERIALI E METODI POPOLAZIONE Il progetto ha avuto il parere favorevole dal Comitato Etico dell’Azienda Ospedali Riuniti di Ancona per l’avvio della sperimentazione nella seduta del 10 maggio 2012. In seguito, il 4 Luglio 2012, con determina n.327/DG del 29/6/2012, si è ottenuto l’autorizzazione per l’avvio dello studio da condursi tra l’ UO di Emodinamica del Presidio “Lancisi”- Ospedali Riuniti di Ancona in collaborazione con il gruppo di laboratorio del Prof. Littarru - Sezione Biochimica del Dipartimento “DISCO” Istituto di Biochimica. La raccolta dei campioni è terminata a meta Giugno 2013 con l’arruolamento di circa 2130 pazienti. Tali pazienti venivano sottoposti allo studio coronarografico per una cardiopatia 15
ischemica nota o presunta. Prima dell’arruolamento a ogni paziente era dato un foglio informativo preparato in linguaggio semplice e comprensibile dove venivano spiegati lo scopo e le modalità dello studio. I pazienti venivano arruolati dopo aver firmato un consenso informato al prelievo di sangue per l’analisi genetica e per il trattamento dei dati personali. La quantità di sangue che era utilizzata per l’analisi genetica (circa 1 ml per ogni pz) veniva prelevato dal sangue arterioso che si aspirava dal catetere prima del test di ACT (activated clotting time), di routine nelle procedure invasive. I campioni di sangue erano conservati 4°C durante l’intero arco della giornata, per il trasferimento prima a -20°C presso il laboratorio analisi di Torrette, e successivamente a -80°C. Il protocollo prevedeva l’inserimento dell’intera popolazione in un Registro Osservazionale, seguendo i pazienti nel tempo al fine di valutare l’incidenza di MACE a distanza di 36 mesi.
ANALISI GENETICA L’analisi genetica è stata eseguita presso il laboratorio della Sezione Biochimica del “DISCO”. La tecnologia utilizzata è stata una combinazione fra l’amplificazione in real time PCR (RT-PCR) con l’uso di sonde fluorescenti LNA (locked nucleic acid). Si può aumentare la specificità di sonde a DNA disegnando corte sequenze, tuttavia non sempre questo è possibile perché la temperatura di melting (Tm) di sonde oligonucleotidiche corte potrebbe risultare significativamente bassa da inibire o ridurre l’ibridazione al minimo. Un’interessante
alternativa
che
permette
di
disegnare
corte
sequenze
per
la
discriminazione allelica è l’uso di sonde LNA (Mouritzen P. et al., 2003). LNA è un analogo di un acido nucleico che contiene un ponte 2’O, 4’C (Fig. 1).
Fig. 1 Struttura di un nucleotide LNA
Questo ponte blocca la struttura in una conformazione rigida C3-endo che le conferisce una migliore capacità di ibridazione ed una eccezionale stabilità biologica. L’uso delle sonde LNA in combinazione con la RT-PCR per l’analisi di genotipizzazione aumenta la 16
stabilità termica della doppia elica ed ottimizza la specificità d’ibridazione della sonda alla sequenza bersaglio.
INSERIMENTO DATI NEL DATABASE Il nostro database permette l’inserimento dei dati dell’intera popolazione dello studio arruolata finora. Il registro è stato disegnato da poter inserire i dati anagrafici, dati clinici, dati laboratoristici, dati angiografici e il follow-up clinico della durata di 36 mesi dall’angiografia. -
I dati anagrafici contengono le informazioni riguardanti l’età del paziente, il luogo di nascita e di provenienza e un numero telefonico per il follow-up a distanza.
-
I dati clinici contengono tutti i fattori di rischio cardiovascolare, tali da permettere l’analisi degli endpoint primari e secondari oltre che nell’intera popolazione anche nei diversi sottogruppi. I dati clinici e di laboratori vengono riportati in apposite Schede di Raccolta Dati e sono quindi inseriti in un data base preparato per l'inserimento diretto dei dati su PC. L’accesso al database è protetto da password conosciuta solo dall’equipe di sperimentazione. Inoltre tutti i dati dei pazienti vengono trattati nel rispetto della legge 196 del 2003. Il diabete mellito è stato definito secondo i criteri dell’Associazione Europea per lo studio del Diabete (EASD) e dell’Associazione Americana del Diabete (ADA). Il valore della pressione arteriosa misurato in maniera cruenta veniva rilevato dall’introduttore arterioso all’inizio della procedura. La dislipidemia veniva definita sulla base dei valori di colesterolo totale > 200mg/dl e colesterolo LDL >130mg/dl. Per valutare le caratteristiche della popolazione abbiamo inserito il Charlson Score che è un indice di commorbidità semplice ed affidabile. Secondo la letteratura, la predisposizione genetica a una condizione di aumentato stress ossidativo comporta oltre che un incremento del rischio cardiovascolare, anche di un’aumentata commorbidità clinica. L’indice è costruito in base alla presenza nel singolo paziente di 19 patologie traccianti, ciascuna delle quali contribuisce allo score con un punteggio tra 1 e 6; la somma dei punteggi da malattie coesistenti viene poi ponderata per l’eta (Tab.1). Lo score “grezzo” varia da 0 a 37, mentre il Charlson age adjusted 17
Index e compreso tra 0 a 43, con eccellente validita predittiva per un gran numero di outcome clinici in ambito internistico. Nonostante l’ampiezza del range, uno score > 5 e in genere espressione di importante impegno clinico.
18
I dati clinici riportano anche la diagnosi di ammissione del paziente in ospedale, l’iter terapeutico (PTCA, BAC o terapia medica) e la terapia in dimissione. -
I dati di laboratorio serviranno per confermare alcuni fattori di rischio o stati di commorbidità. I campioni di sangue per la determinazione del genotipo verranno conservati in un congelatore -20°C presso la SOD di emodinamica e trasferiti settimanalmente presso la sede di Biochimica del “DISC” dell’Università Politecnica delle Marche dove verrà condotta l’estrazione del DNA e l’analisi. I campioni di DNA saranno stoccati a – 80 °C nei frigoriferi del Dipartimento di Biochimica, Biologia e Genetica dove verranno conservati anche i campioni di plasma per l’indagine dei parametri biochimici-funzionali e i linfociti per l’analisi del danno al DNA. Tutti i campioni saranno utilizzati unicamente per gli usi indicati nel protocollo e saranno distrutti al termine dello studio.
-
I dati angiografici evidenziano l’estensione della coronaropatia. Sono stati inseriti il numero dei vasi e delle lesioni, il ramo della coronaria interessata e anche il tipo di trattamento al quale si sonno sottoposti i pazienti. Per standardizzare meglio l’estensione della coronaropatia in questi pazienti, abbiamo applicato il Syntax Score. Tale indice è stato sviluppato in combinazione con lo studio SYNTAX, il primo studio clinico randomizzato e controllato, che mette a confronto la rivascolarizzazione coronarica percutanea (PCI) utilizzando il sistema di stent coronarico a eluizione di paclitaxel verso il bypass aortocoronarico (CABG) in pazienti affetti da malattia del tronco comune della coronaria sinistra e/o da un restringimento significativo di tutte e tre le arterie coronarie (malattia dei tre vasi). SYNTAX
Score
è
stato
utilizzato
all'interno
dello
studio
clinico
per
contraddistinguere l'anatomia della coronaria in base a nove criteri anatomici, tra cui frequenza, complessità e localizzazione della lesione, assegnando un punteggio a ogni paziente. L’analisi del SYNTAX score (un punteggio attribuito all’e- stensione della coronaropatia e al significato funzionale delle varie stenosi) evidenziava come ad un punteggio pi
alto corrispondesse un risultato globale migliore della chi-
rurgia rispetto alla PCI (Fig.2). I valori più alti di SYNTAX Score indicano i pazienti con una patologia più complessa e che, di conseguenza, devono essere sottoposti a un trattamento pi
impegnativo. Il SYNTAX Score rimane tutt’oggi l’indice pi
completo per la valutazione della coronaropatia in quanto tiene conto di molteplici fattori anatomici e angiografici (la dominanza, il numero di lesioni, i segmenti 19
coinvolti per ogni lesione, le caratteristiche delle lesioni, le occlusioni totali, le triforcazioni,
le biforcazioni, le lesioni ostiali, la tortuosità, le calcificazioni, la
lunghezza >20 mm, la trombosi, la malattia diffusa e la presenza di piccoli vasi). Fig. 2
(http://www.syntaxscore.com/)
-
I dati di follow-up clinico verranno inseriti a distanza di 36 mesi tramite un contatto telefonico per ciascun paziente. Per ogni paziente verrano inseriti eventuali MACE (morte+IMA+ target lesion revascularisation), ricoveri o altri eventi morbosi.
L’intera popolazione (Registro osservazionale) è suddivisa in due gruppi a sua volta suddivisi in sottogruppi secondo la tipologia del paziente: Pazienti con SCA 1. Trattati con PTCA 2. Trattati con BAC 3. Trattati con terapia medica 20
Pazienti senza SCA 1. Senza coronaropatia e senza valvulopatia 2. Senza coronaropatia e con valvulopatia 3. Con coronaropatia trattati con PTCA 4. Con coronaropatia trattati con BAC 5. Con coronaropatia trattati con terapia medica. Gli endpoint che verrano valutati a 36 mesi saranno i MACE intesi come: Morte per cause cardiovascolari SCA Rivascolarizzazione percutanea (PTCA) o chirurgica (BAC) Eventi ischemici cerebrali ( TIA o Ictus)
Nella seconda fase (Studio Randomizzato), nei due gruppi randomizzati verranno considerati questi endpoint a 8 mesi dall’arruolamento: Primari:
Endpoint biochimici come descritti nella sezione Fase II sezioni 1 e 2.
Secondari:
Il recupero della funzione contrattile ventricolo sx (valutazione eco) Tolleranza all’esercizio fisico valutato tramite test ergometrico Funzione endoteliale tramite FMD Qualità della vita MACE
Lo studio sarà condotto in accordo con la corrente revisione della dichiarazione di Helsinki. 5. ANALISI STATISTICA
La stima per l’intervallo al 95% della prevalenza della mutazione è stata effettuata utilizzando la distribuzione binomiale.
Le variabili qualitative sono state riassunte utilizzando le frequenze assolute e percentuali, le variabili quantitative mediante i percentili (mediana, come misura di centralità, e intervallo interquartile come misura di variabilità). 21
Alcune caratteristiche dei soggetti che determinano il Charlson score e il Syntax score come i fattori di rischio, dati clinici ed angiografici (sesso, diabete mellito, dislipidemia, ipertensione arteriosa, obesità, abitudine tabagica, IRC, pregressa PTCA, pregresso BAC, neoplasie, danno d’organo), sono state analizzate in funzione della mutazione utilizzando il test esatto di Fisher o di Chi - quadro.
I punteggi di Charlson Score e Syntax Score, e le altre caratteristiche dei pazienti come l’indice di massa corporea e l’età rispettivamente nei mutati e non mutati sono stati confrontati utilizzando il test di Wilcoxon. I risultati sono rappresentati graficamente attraverso i box plot, dove la linea centrale all’interno della scatola indica la mediana della distribuzione, il limite inferiore e superiore della scatola indicano rispettivamente il primo (Q1) e il terzo quartile (Q3), le linee nelle estremità, al di fuori della scatola indicano i valori minimo e massimo della distribuzione e i punti al di fuori di delle estremità (outlier) indicano la presenza di valori “anomali”.
L’intera popolazione è stata divisa in quartili in base all’età. Per ciascun quartile è stato confrontato il Charlson score, il Syntax score e la clearence della creatinina dei due sottogruppi (mutati e “wild type” per la SOD) utilizzando il test t di Student.
Per tutte le analisi è stato utilizzato un livello di significatività pari a 5%.
6.RISULTATI
Sono stati analizzati per il polimorfismo della SOD 2130 pazienti. La prevalenza dei mutati era 3.24% con un intervallo di confidenza al 95% di 2.5% – 4.1%.
La Tabella 2 riporta i risultati della distribuzione di alcune caratteristiche dei soggetti in
funzione
della
mutazione.
Non
si
sono
evidenziate
delle
differenze
statisticamente significative tra i soggetti mutati e i non mutati per tali caratteristiche.
22
Tab. 2
Caratteristiche dei soggetti n (%) Genere
Totale Diabete
Totale Dislipidemia
Totale Ipertensione
Totale Fumo
Totale IRC severa
Non Mutati Mutati 2061 69
Totale Familiarità
Totale
p
0 560 (27.2) 18 (26.1) 578 (27.1) 0.951§ 1 1501 (72.8) 51 (73.9) 1552 (72.9) 2061 69 2130 No 1412 (76.4) 52 (78.8) 1464 (76.5) 0.764§ Si 436 (23.6) 14 (21.2) 450 (23.5) 1848 66 1914 No 930 (50.3) 32 (48.5) 962 (50.2) 0.869§ Si 919 (49.7) 34 (51.5) 953 (49.8) 1849 66 1915 No 796 (43.1) 27 (40.9) 823 (43) 0.827§ Si 1053 (56.9) 39 (59.1) 1092 (57) 1849 66 1915 No 1571 (85.1) 56 (84.8) 1627 (85.1) 1.000§ Si 275 (14.9) 10 (15.2) 285 (14.9) 1846 66 1912 No Si
Totale SCA
Totale 2130
1720 (93) 129 (7) 1849
64 (97) 1784 (93.2) 0.317* 2 (3) 131 (6.8) 66 1915
No 1167 (63.1) 39 (59.1) 1206 (63) 0.592§ Si 682 (36.9) 27 (40.9) 709 (37) 1849 66 1915 No 1508 (81.6) 51 (77.3) 1559 (81.4) 0.473§ Si 341 (18.4) 15 (22.7) 356 (18.6) 1849 66 1915
23
Caratteristiche dei soggetti n (%) Pregressa PTCA No Si Totale Pregressa BAC No Si Totale Tumori No Si Totale Classi di BMI <25 km/m2 25 - 30 km/m2 >30 km/m2 Totale Vasi 0 1 2 3 Totale
Non Mutati Mutati 2061 69
Totale 2130
p
1574 (85.1) 57 (86.4) 1631 (85.2) 0.919§ 275 (14.9) 9 (13.6) 284 (14.8) 1849 66 1915 1746 (94.4) 61 (92.4) 1807 (94.4) 0.417* 103 (5.6) 5 (7.6) 108 (5.6) 1849 66 1915 1737 (94) 111 (6) 1848
60 (90.9) 1797 (93.9) 0.291§ 6 (9.1) 117 (6.1) 66 1914
522 (30.8) 21 (34.4) 543 (30.9) 0.729§ 806 (47.5) 29 (47.5) 835 (47.5) 369 (21.7) 11 (18) 380 (21.6) 1697 61 1758 313 (32.1) 18 (28.1) 331 (31.8) 0.419§ 207 (21.2) 10 (15.6) 217 (20.9) 178 (18.2) 16 (25) 194 (18.7) 278 (28.5) 20 (31.3) 298 (28.7) 976 64 1040
§ test di Chi – quadro * test esatto di Fisher
Le apparenti disparità nel numero dei soggetti per le
diverse caratteristiche dei
soggetti stessi, derivano dal fatto che l’intera popolazione proveniva da circa 13 diversi centri clinici (essendo l’Emodinamica di Ancona il centro di riferimento regionale) e la raccolta dei dati clinici veniva continuamente aggiornata fino agli ultimi giorni di elaborazione della tesi).
La Figura 3-7 riporta la distribuzione dell’età, BMI, Clearance, Charlson score e Syntax score valutate in funzione della mutazione. Non si sono evidenziate delle differenze statisticamente significative tra i due gruppi.
24
Fig. 3
p=0.454
40 20
30
Kg/m
2
50
60
BMI
Non mutati (n=1694) Mutati (n=59)
Fig. 4
0
20
Anni 40 60
80
Età
p=0.547 Non mutati (n=2060) Mutati (n=68)
25
Fig. 5
Clearance
0
50
ml/min 100 150
200
p=0.655
Non mutati (n=923)
Mutati (n=32)
Fig. 6
p=0.528
0
punteggio 5 10
15
Charlson Score
Non mutati (n=1848) Mutati (n=65) 26
Fig. 7
p=0.171
0
10
Score 30 50
70
Syntax Score
Non mutati (n=970)
Mutati (n=68)
Nella Tabella 2 si presenta il confronto fra il Charlson score, Syntax score e la clearence della creatinina dei due sottogruppi (mutati e “wild type”) nelle diverse fascie d’età. Mentre per Il Charlson Score e la clearence non si sono verificate differenze statisticamente significative su tutti i quartili, per il Syntax score si è evidenziato una differenza altamente significativa (p=0,005) per il primo quartile (fascia d’eta 20-60 anni). NOTA: Il confronto dell’intero sottogruppo dei mutati, per quanto riguarda il Syntax Score, è stato condotto con circa 1000 non mutati, che rappresentano il 50% dell’intera popolazione “wild type”. Abbiamo ritenuto di usare per la statistica i Syntax score di tutti i pazienti mutati, anche se la complessità dell’analisi di questo parametro ci ha permesso di quantificare al momento della redazione della tesi circa la metà dei pazienti non mutati (limitazione dovuta al tempo effettivo per visionale tutto l’esame angiografico, calcolo dello score sul software e la necessita che sia fatta dallo stesso operatore).
27
Tab. 3
28
7.DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Il primo dato che risalta osservando i risultati è che la mutazione della SOD 3 oggetto dell’indagine, cioè la R231G, è presente nella nostra popolazione, con una prevalenza del 3,24%. Nell’’unico altro studio condotto nel nostro paese, da Campo et al. (27), tale mutazione non era stata, sorprendentemente, riscontrata. La rigorosità della metodica di biologia molecolare adoperata nella nostra indagine (24), consolidata dal continuo confronto col DNA di controlli positivi fornito da laboratori terzi considerati un’autorità in materia, rende il nostro reperto sicuro e in armonia con quanto riscontrato nelle diverse popolazioni mondiali sinora studiate. Esulerebbe dagli scopi di questa tesi il discutere le possibili cause per il mancato riscontro della mutazione nel lavoro di Campo e collaboratori. Questo dato dissipa pertanto, innanzitutto, il sospetto che la mutazione fosse assente nella nostra popolazione, ma mette anche in evidenza che la sua incidenza è inferiore rispetto a quella trovata nella popolazione tedesca (5,5%) dallo studio LURIC (27). Non ci sono differenze significative per quanto riguarda le caratteristiche cliniche nel gruppo dei mutati rispetto a quello dei non mutati, fato che evidenzia una omogeneità della popolazione. Inoltre la distribuzione di Charlson Score si presenta identica nelle diverse fasce d’età sia nei mutati che nei non mutati. Sembra che la mutazione non incida sulla commorbidità clinica globale rilevata dal Charlson Score, e neanche sulle singole patologie che lo determinano; tale dato è in armonia coi risultati evidenziati dal LURIC study La semplice correlazione fra l’età e il Syntax score dimostra che nei pazienti “wild type” c’e una correlazione positiva tra l’età e la gravità della coronaropatia, dato non sorprendente, ma tale correlazione non esiste nei pazienti mutati, nei quali i livelli di Syntax Score sono costantemente elevati a prescindere dall’età. Dividendo i pazienti per quartili di età il Syntax score risulta significativamente più elevato nel primo quartile dei pazienti mutati rispetto al corrispondente gruppo dei non mutati. Tale fatto indica verosimilmente che la mutazione ha un ruolo nel determinare una più precoce insorgenza e una più rapida progressione della coronaropatia. Il dato si conferma significativo nella sottofascia dei pazienti maschi.
29
I dati clinici di follow-up che avremo a distanza di 36 mesi dall’arruolamento ci daranno ulteriori elementi per stabilire l’andamento clinico delle due sottopopolazioni valutando i MACE (morte+IMA+ target lesion revascularisation), ricoveri o altri eventi morbosi. Tra i meccanismi patogenetici alla base di questa più precoce insorgenza e maggiore gravità della coronaropatia nei pazienti affetti da questa mutazione si può verosimilmente includere un’aumentata componente di stress ossidativo, dovuta a un anomalo funzionamento di un enzima deputato alla dismutazione dell’anione superossido. Su tale base siamo indotti a ipotizzare che la popolazione dei mutati potrebbe beneficiare della somministrazione di antiossidanti. Nella fase due dello studio (di cui stiamo ultimando la domanda al comitato etico) verificheremo
quale sia il ruolo aggiuntivo della
supplementazione giornaliera con CoQ10H2 nella prevenzione primaria e secondaria degli eventi ischemici cardiovascolari in questa popolazione con pattern genetico predisponente ad un elevato livello di stress ossidativo.
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