UNIVERSITA’ POLITECNICA DELLE MARCHE CURRICULUM MEDICINA CLINICA E MOLECOLARE CLUSTER ANALYSIS E PATTERN SINTOMATOLOGICI NELLA FIBROMIALGIA RISULTATI DI UNO STUDIO POLICENTRICO SU PIATTAFORMA WEB-BASED
DOTTORATO DI RICERCA 14° CICLO Settore Scientifico Disciplinare MED16 Area CUN 06/D3
Tutor
Dottoranda
Chiar.mo Prof. Walter Grassi
Dr.ssa Antonella Draghessi
Anno Accademico 2014/2015
RINGRAZIAMENTI Desidero innanzitutto ringraziare il Prof. Walter Grassi, per avermi permesso di realizzare questo e molti altri progetti nel corso dei tre anni in cui mi ha ospitato all’interno della Clinica Reumatologica, guidandomi con il suo esempio di inesauribile entusiasmo ed estrema professionalità, tanto da essere punto di riferimento non solo per me ma per tutti i colleghi e le figure professionali che gravitano nel suo Servizio, grazie all’empatia dimostrata da sempre nei confronti di ognuno di noi. Un grazie sincero al Prof. Fausto Salaffi, riserva di insegnamenti preziosi, non solo dal punto di vista medico e strettamente professionale ma anche e soprattutto per avermi trasmesso, con la sua costante disponibilità e dedizione, la passione per questo mestiere e il concetto che tra le molteplici doti che rendono speciale una figura come quella del Medico, due sono imprescindibili: la curiosità e il continuo desiderio di migliorarsi, che, se uniti alla profonda umanità, rendono unica e insostituibile la sua figura. Ringrazio per la stretta collaborazione i miei colleghi il Dott. Di Carlo e la Dott.ssa Gasaprini e anche i colleghi degli altri centri di Reumatologia di Milano e Parma che hanno contribuito alla stesura di questo lavoro e alla sua realizzazione, Il Prof. Sarzi Puttini, il Dott. Mozzani e la Dott.ssa Atzeni. Ringrazio tutti i tecnici informatici di ADVICE PHARMA e APPYCOM Srl (http://www.appycom.it/site/) per il supporto tecnico nella gestione della piattaforma Web e per la loro assidua assistenza durante tutte le tappe dello svolgimento dello studio. Ringrazio infine tutti i pazienti che hanno attivamente collaborato e che, con il loro vissuto, le loro domande, le loro paure e la loro riconoscenza rendono quello che è già il migliore lavoro che un uomo possa svolgere in una vivida, splendente passione.
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INDICE •
Capitolo 1 STORIA ED EVOLUZIONE DEL CONCETTO DELLA SINDROME FIBROMIALGICA…………………………………………………pag.5
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Capitolo 2 EPIDEMIOLOGIA DELLA FIBROMIALGIA………………....pag.14
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Capitolo 3 I SINTOMI………………………………………………………… pag.21
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Capitolo 4 CRITERI DIAGNOSTICI……………………………………..….pag.32
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Capitolo 5 COME SI MISURANO I SINTOMI DEL PAZIENTE FIBROMIALGICO....................................................................... .pag.41
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Capitolo 6 MARKERS LABORATORISTICI……………………….………pag.56
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Capitolo 7 FATTORI SCATENANTI…………………………………….…...pag.64
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Capitolo 8 LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE……………………………....pag.72
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Capitolo 9
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I QUADRI CLINICI ALGODISFUNZIONALI…………………pag.81
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Capitolo 10 FIBROMIALGIA E MALATTIE REUMATICHE……………...pag.89
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Capitolo 11 ASPETTI PSICHIATRICI DELLA FIBROMIALGIA…………pag.97
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Capitolo 12 COSTI DELLA FM: DISABILITA’ E QUALITA’ DI VITA DEL PAZIENTE FIBROMIALGICO...............................………….. pag.102
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Capitolo 13 CLUSTER ANALYSIS E PATTERN SINTOMATOLOGICI NELLA FIBROMIALGIA - RISULTATI DI UNO STUDIO POLICENTRICO SU PIATTAFORMA WEB-BASED……...……………………...
pag.107
♦ Obiettivi dello studio……...…………………………..pag.107 ♦ Introduzione…………………………………………..pag.108 ♦ Materiali e metodi…………………………………….pag.109 ♦ Risultati………………………………………………..pag.115 ♦ Discussione………………………………………….....pag.122 ♦ Conclusioni………………………………………...….pag.134 ♦ Take home messages………………………………….pag.136 ♦ Bibliografia…………………………………………....pag.137
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Capitolo 1 STORIA ED EVOLUZIONE DEL CONCETTO DELLA SINDROME FIBROMIALGICA
La fibromialgia (FM) è un’entità clinica che è stato sviluppata, quasi del tutto, dai reumatologi (1,2), a partire dal concetto di “fibrosite”, termine che risale al 1904. Il suffisso “ite” si riferisce alla presenza di un processo infiammatorio che giustificherebbe dolore e rigidità (3). Verso la fine degli anni ‘40 venne esclusa la presenza di "infiammazione" e la maggior parte degli studiosi del tempo riteneva che la causa più probabile della malattia fosse la genesi “psicologica” (4). Il concetto moderno di FM come sindrome da dolore centrale è molto più recente (5-7). Nel 1990 sono stati messi a punto i primi criteri diagnostici (8) e nel 1994 la diagnosi di FM è stata condivisa a livello internazionale con la cosiddetta “Dichiarazione di Copenhagen”(2). Ovviamente esistono ancora oggi difficoltà diagnostiche e classificative in quanto la sindrome manca di specifici markers laboratoristici e strumentali e si basa solo sulla presenza di sintomi clinici. La FM infatti è da sempre considerata tra le diagnosi più controverse in ambito reumatologico e algologico, dal momento che non tutti accettano l’esistenza della FM come un’entità clinica indipendente. I criteri stessi dell’American College of Rheumatology (ACR) del 1990 (Tabella 1), utilizzati fino al 2010, sono stati aspramente criticati per diversi motivi: in primo luogo perché sono esclusivamente clinici e secondariamente perché identificano un sottogruppo di
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pazienti in cui è presente un numero sufficiente di tender points o nei quali il dolore è molto diffuso e questi aspetti clinici non rappresentano interamente la popolazione osservata nella pratica clinica quotidiana.
Tabella 1 - CRITERI ACR 1990 Storia di dolore diffuso da almeno 3 mesi • Il dolore è considerato diffuso quando sono presenti tutte le seguenti localizzazioni: dolore al lato sinistro del corpo, al lato destro, al di sopra della vita e al di sotto della vita. In aggiunta deve essere presente dolore scheletrico assiale in almeno una delle seguenti sedi: rachide cervicale, torace anteriore, rachide dorsale o lombo-sacrale. • Dolore in almeno 11 su 18 aree algogene alla palpazione digitale (mappa dei tender points). La pressione da esercitare in queste sedi mediante digitopressione dovrebbe essere ci 4 kg per cmq.
Tabella 1. Criteri per la definizione della Fibromialgia secondo l’American College of Rheumatology (ACR) del 1990.
I criteri dell’ACR del 1990 avevano comunque definito che il dolore muscolo scheletrico debba essere diffuso, presente da almeno 3 mesi e caratterizzato dalla presenza di almeno 11/18 tender points.Anche il gruppo Italiano di studio della FM (Italian Fibromyalgia Network) si era espresso sulla definizione della FM definendola “sindrome da sensibilizzazione centrale, caratterizzata da disfunzioni nei neurocircuiti che coinvolgono la percezione, trasmissione e processazione degli stimoli nocicettivi afferenti con la prevalente manifestazione di dolore a livello dell’apparato muscoloscheletrico. In associazione al dolore possono poi esserci una moltitudine di sintomi (astenia, disturbi del sonno, dolore addominale, ecc.) che sono comuni ad altre sindromi da sensibilizzazione centrale“ (9). Questa definizione appariva di difficile comprensione ai non addetti ai lavori e pertanto
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anche ai pazienti; semplificandola, si può affermare che i sintomi del paziente fibromialgico dipendono da un’alterazione della soglia del dolore, in particolare a livello muscolo scheletrico, per cui stimoli che normalmente non evocano dolore, nel paziente fibromialgico vengono percepiti come dolorosi. Probabilmente meccanismi centrali e periferici (del sistema che regola il sintomo dolore) prendono parte a questo processo di sensibilizzazione che induce e auto-mantiene la FM. Da un punto di vista clinico la FM è pertanto caratterizzata da un’estrema varietà di sintomi e da alterazioni della sfera psicoaffettiva e, cronicizzandosi, determina una alterazione significativa della qualità della vita del paziente, causando spesso rilevante disabilità. Se è vero che i criteri diagnostici di FM sono codificati da poco più di venti anni, questa sindrome era già ben nota tempo prima, sottoforma di altri nomi e classificata in maniera differente. La letteratura delle sindromi dolorose muscolari è in effetti molto ampia, è caratterizzata da una terminologia alquanto variegata e il concetto stesso di FM è la storia di una serie di “etichette diagnostiche” (10-12). Verso la metà dell’800 si iniziò a distinguere il reumatismo articolare dal reumatismo extrarticolare. I maggiori contributi si ebbero dalla Germania e dall’Inghilterra. È nella letteratura tedesca (13,14) del XIX secolo, infatti, che si ritrovano i lavori più significativi sulle sindromi dolorose muscolari (Tabella 2). Froriep (15) coniò nel 1843 il temine di Musckel-schweile (callosità muscolari). Questo termine indicava dei punti muscolari occasionalmente dolenti, che venivano percepiti come cordoni tendinei in pazienti affetti da “reumatismo”. Nel 1904 queste definizioni furono sostituite dal termine “fibrosite” dal neurologo
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inglese Sir William Gowers (3), che introducendo tale termine per la prima volta in un articolo sulla lombaggine, attribuiva la presenza di dolore focalizzato e zone di contrattura muscolare ad una infiammazione del tessuto fibroso. Nello stesso anno Stockman pubblicò i risultati di un lavoro istologico su sette biopsie effettuate in pazienti affetti da reumatismo muscolare (16). In questi pazienti veniva descritta la presenza di noduli nel tessuto e nella fascia muscolare, nel tessuto adiposo, sottocutaneo e nel periostio. L’esito della biopsia confermava la presenza di iperplasia infiammatoria del tessuto connettivo, attribuita dall’autore a comuni fattori irritativi che determinavano la proliferazione del tessuto fibroso con essudato sieroso. Tabella 2 - Tappe storiche dello sviluppo del concetto di FM e della terapia Primo autore Concetto o scoperta sviluppata Guillame de Baillou Introduzione del termine “reumatismo muscolare” Froreip Introduzione del concetto di callosità muscolari Gowers Primo utilizzo del termine fibrosite Schade Introduzione del concetto di miogelosi Traut Prima descrizione della FM con i sintomi associati Smythe FM descritta cole dolore muscoloscheletrico diffuso e presenza di tender points Moldofsky Alterazioni del sonno Hench Primo utilizzo del termine “fibromialgia” Yunus Sovrapposizione tra FM e altre sindromi disfunzionali Bennett Priimo studio controllato con amitriptilina nella FM Vaeroy Prima descrizione di aumento della sostanza P nel liquor cefalorachidiano dei pazienti con FM Bennett Prima descrizione della mancanza di fitness aerobico dei pazienti FM Hudson Comorbidità tra disturbi psichiatrici e FM Wolfe Criteri classificativi della FM (ACR 1990) Burckhardt Sviluppo e validazione del FIQ (Fibromyalgia Impact Questionnaire) Granges, Arroyo Prima dimostrazione della sensibilizzazione centrale nella FM Wolfe Primo studio di prevalenza negli USA (2% di pazienti affetti da FM) Buskila Ruolo del trauma nella FM (trauma cervicale) Yunus Primo studio di associazione tra genetica e FM Gracely RMN e alterazione dei meccanismi di processazione del dolore nella FM Giesecke Descrizione di sottogruppi di pazienti con FM Goldenberg Criteri dell’American Pain Society (APS) per il trattamento della FM Carville Criteri EULAR per il trattamento della FM FDA Approvazione del farmaco pregabalin per il trattamento della FM FDA Approvazione del farmaco duloxetina per il trattamento della FM FDA Approvazione del farmaco milnacipram per il trattamento della FM
Anno 1592 1843 1904 1921 1968 1972 1975 1976 1984 1986 1988 1989 1989 1990 1991 1993 1995 1997 1999 2002 2003 2004 2007 2007 2008 2009
Tabella 2. Tappe storiche dello sviluppo del concettosi FM
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Nel 1915 Llewellyn e Jones (17) pubblicarono un libro intitolato “fibrosite” sintetizzando il lavoro di Gowers (3) e le alterazioni studiate da Stockman. La fibrosite veniva suddivisa in fibrosite-articolare, mio-fibrosite e neuro-fibrosite. Negli anni successivi vennero pubblicati numerosi articoli scientifici su questo argomento e la mio-fibrosite di Gowers fu distinta in forma localizzata, forma regionale e forma generalizzata. Schade (18) nel 1921 introdusse il concetto di “miogelosi” affermando che tali indurimenti muscolari erano dovuti ad un aumento della viscosità del colloide muscolare. A partire dagli anni ’30 vennero introdotti in letteratura i termini di dolore miofasciale e di trigger point. Edeiken e Wolferth (19) usarono per primi il termine di zona trigger o area grilletto per descrivere il dolore riferito alla spalla e all’arto inferiore sinistro in risposta alla pressione esercitata sopra la parte superiore della scapola. Travell e coll (20) studiarono il dolore proiettato dai molti trigger points e ne definirono le sedi. La definizione di trigger point era basata sulle seguenti caratteristiche: dolorabilità profonda circoscritta, comparsa di contrazione localizzata o di una fascicolazione, stimolando con la compressione o la pinzettatura del muscolo relativo all’area trigger; evocazione di dolore riferito per compressione del punto trigger. Le sindromi dolorose localizzate e quelle regionali caratterizzate dalla presenza dei trigger points, vengono incluse tra le sindromi dolorose di natura miofasciale. Nel 1976 Smythe e Moldofsky introdussero il termine di sindrome fibrositica (21), dando una grande importanza oltre che alla sintomatologia dolorosa diffusa ed ai punti tender, anche ai sintomi quali stanchezza, disturbi del sonno, ansia e depressione. Negli anni successivi questa impostazione fu contestata con varie
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motivazioni e la sindrome fibrositica di Smythe fu meglio definita da Yunus nel 1981 col termine di FM (22), un termine inizialmente introdotto da Hench nel 1976 (23). Questa nuova accezione, oltre che alla sintomatologia dolorosa diffusa, alla presenza di punti tender ed alla presenza di sintomi generali (astenia, disturbi del sonno, ansia o depressione) enfatizzava i sintomi come cefalea e colon irritabile oltre a vari fattori che interferivano con la modulazione del dolore (clima, stress, attività fisica, rumori). Veniva inoltre considerata la possibilità di classificare le varie forme di FM in sindrome fibromialgica primitiva, secondaria, e concomitante. Successivamente le sindromi dolorose croniche sono state inquadrate in quattro diverse aree: • La sindrome fibromialgica, che attraverso i criteri ACR del 1990 (8) era definita dalla presenza di dolore muscolo scheletrico diffuso e la presenza di punti tender. Minore importanza era riconosciuta ai sintomi generali ed alla sintomatologia viscerale. • La sindrome da stanchezza cronica (24), nella quale il sintomo astenia assumeva una importanza rilevante. • Le sindromi disfunzionali viscerali (25), insieme ad alcune forme a prevalente coinvolgimento splancnico funzionale: forme gastro-enteriche (come la sindrome da globo esofageo, la sindrome da disfagia funzionale, l’aereofagia, ecc.), le forme urogenitali (la sindrome da globo vescicale, la sindrome da dispareunia, l’algomenorrea, ecc.) ed altro ancora. • Il reumatismo psicosomatico, e/o i disturbi somatoformi nei quali vengono compresi le condizioni di dolore cronico diffuso associato a comorbidità
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psichiatriche (in particolare disturbi della sfera affettiva come ansia e depressione) (26). E’ un dato di fatto che molti pazienti presentino una sintomatologia che non trova riscontro in alterazioni morfologiche evidenziabili in nessun organo o apparato. Spesso questi sintomi si sovrappongono dando origine a quadri clinici complessi e il paziente poteva rispettare i criteri diagnostici per più sindromi dolorose contemporaneamente (ad es. pazienti affetti da FM e sindrome da affaticamento cronico) (27,28). Negli ultimi 20 anni in molti si sono interrogati sulle possibili cause della sintomatologia fibromialgica valutando vari aspetti clinici: Moldofsky ha sottolineato l’importanza dei disturbi del sonno sulla genesi di una sintomatologia dolorosa cronica (29); altri hanno studiato l’importanza e la frequenza dei problemi psicologici associati (30); altri ancora ritengono che la FM faccia parte delle sindromi “stress-correlate”, partendo dall’osservazione che l’esordio di questi sintomi sia fortemente influenzato dal livello percepito di stress (31). Studi più recenti hanno perciò cercato di individuare diversi sottogruppi di pazienti FM nei quali le caratteristiche cliniche e di personalità consentano di studiare una strategia terapeutica individualizzata (32,33). Fino al 2010 sia la classificazione che la diagnosi di FM si sono basate sui criteri stabiliti dall’ACR del 1990 (8), validati da un gruppo di esperti, dopo aver raccolto i dati provenienti da uno studio multicentrico su 558 pazienti fibromialgici. Gli studi epidemiologici effettuati utilizzando i criteri ACR 1990 mostravano una prevalenza della FM nel 2-4% della popolazione generale (34), nettamente a favore del sesso femminile. Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi lavori sperimentali che hanno
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avuto come obiettivo quello di individuare i possibili meccanismi fisiopatologici alla base della FM (35). La conclusione più significativa per quanto riguarda i meccanismi che ne guidano le espressioni cliniche, era il riconoscimento che la FM fosse essenzialmente una sindrome del Sistema Nervoso Centrale (SNC), caratterizzata da un’alterata processazione del dolore a livello centrale, sebbene fattori periferici possano iniziare o mantenere i meccanismi centrali (36-38). Inoltre la cronicità del dolore fibromialgico sembra essere di gran lunga influenzata da altri fattori psicologici, ormonali, traumatici e genetici (39). Altri studi si sono concentrati sulla ricerca di alterate concentrazioni nel plasma di sostanza P (40) e aminoacidi essenziali come triptofano (41) o beta-endorfine (42). Gli studi di neuroimaging hanno evidenziato un’alterata processazione del dolore nei pazienti con FM in seguito a stimolazioni periferiche (43-45). In letteratura vengono inoltre riportate alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) e del sistema nervoso autonomo (SSNA) (46). Sono stati pubblicati anche studi di genetica e di aggregazione familiare della FM che confermano la predisposizione genetica della sindrome (47). Sebbene molti trattamenti non farmacologici abbiano mostrato una efficacia significativa (48-50), vi sono dei dati
interessanti
anche
riguardo
terapie
effettuate
con
amitriptilina,
ciclobenzaprina, tramadolo (51) e tre farmaci approvati dall’FDA (Food and Drug Administration) americana per il trattamento della FM (pregabalin, duloxetina e milnacipran) (52-54). I risultati positivi ottenuti dalla messa a punto di strategie multidisciplinari non farmacologiche e delle tecniche cognitivo-comportamentali hanno spostato l’attenzione verso un approccio terapeutico che preveda, oltre alla
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terapia farmacologica, anche l’educazione del paziente e il miglioramento della forma fisica e mentale (55-57). Il trattamento integrato è sicuramente il fondamento dell’approccio terapeutico che si deve proporre a questi pazienti (58,59). Restano problematiche aperte in realzione a quella che potrebbe essere la completa comprensione dei meccanismi fisiopatologici della malattia, degli aspetti prognostici, della prevenzione e la speranza che la ricerca possa mettere a disposizione farmaci realmente capaci di controllare la malattia e di migliorare la qualità della vita del paziente FM (60). Attualmente la FM viene inquadrata nel contesto del complesso capitolo delle sindromi algodisfunzionali centrali di cui ne rapppresenta la principale espressione. Di questo capitolo fanno parte la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), la disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare (DTM), la vescica irritabile o cistite interstiziale (CI), cefalea/emicrania, la sindrome delle gambe senza riposo (RLS), di cui parleremo diffusamente nel capitolo 9.
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Capitolo 2 EPIDEMIOLOGIA DELLA FIBROMIALGIA
L’epidemiologia è quella branca della medicina che studia la distribuzione e la frequenza delle malattie in relazione alle caratteristiche di chi ne è affetto e dell’ambiente che lo circonda (61). L’epidemiologia descrittiva tradizionale analizza gli eventi sanitari e consiste in una vera e propria conta dei pazienti con una determinata malattia all’interno della popolazione generale, non selezionata in base ad una caratteristica particolare. Il numero di soggetti che vengono esaminati varia a seconda della frequenza ipotizzata della malattia: più una patologia è rara più il numero dei soggetti da esaminare deve essere elevato. Gli strumenti fondamentali dell’epidemiologia descrittiva sono incidenza e prevalenza. Con il termine di incidenza si fa riferimento al numero di persone che sviluppano la patologia in esame nel corso di un anno. La popolazione generale dalla quale vengono estrapolati i casi incidenti si definisce denominatore: l’incidenza di solito viene espressa in casi ogni 100.000 abitanti per anno, anche se gli studi possono essere effettuati su un numero inferiore di individui. La prevalenza indica invece la percentuale di malati presenti in un campione di soggetti al momento dello studio. In genere, quanto maggiore è l’incidenza, tanto maggiore la prevalenza, soprattutto per le malattie di lunga durata. L’epidemiologia clinica invece studia le cause e i relativi fattori di rischio di una determinata patologia cercando di ridurne l’impatto sulla popolazione. E’ alla base
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del ragionamento che il clinico compie quando si trova davanti ad un paziente nel considerare la probabilità di una data malattia in base alle relative caratteristiche demografiche (sesso, età, frequenza della possibile diagnosi). Infine l’epidemiologia della sanità pubblica, attraverso gli studi epidemiologici dedicati, fornisce alle autorità sanitarie i dati necessari per la programmazione corretta dell’assistenza, partendo dal presupposto che le malattie più diffuse abbiano necessità di maggiori risorse. I criteri sviluppati dall’ACR nel 1990 rendevano difficile standardizzare la pressione sviluppata dall’esaminatore sui punti dolorabili e come risultato, la prevalenza delle diagnosi variava tra osservatori diversi. Inoltre il dolore alla pressione è una caratteristica presente nella popolazione generale (62) e coloro che ne hanno più di 11 soffrono più spesso di dolore cronico diffuso. I criteri ACR hanno inoltre eliminato la distinzione tra FM primitiva e secondaria, facilitando gli studi epidemiologici. Uno tra gli studi di incidenza più importanti tra quelli effettuati confrontava i risultati di due studi di prevalenza successivi eseguiti nella stessa popolazione norvegese a distanza di 5 anni (63). Un questionario di screening è stato distribuito due volte, nel 1990 e 1995, a 2498 donne di età compresa tra 20 e 49 anni. Un campione di 100 donne che hanno modificato la loro risposta da negativa a positiva e di 100 donne che sono rimaste negative sono state ulteriormente studiate per una diagnosi precisa di FM. 12/100 delle prime potevano essere classificate come fibromialgiche a confronto di nessuna del secondo gruppo. In base a questa osservazione, l’incidenza della FM poteva essere calcolata in 583/100.000. Questo valore è particolarmente alto ed implicherebbe un forte
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incremento della prevalenza nel tempo, essendo la FM una malattia considerata cronica e non fatale. Al contrario, la prevalenza della FM non era aumentata nella seconda fase dello stesso studio rispetto alla prima. Questa osservazione indica pertanto che la FM è una malattia a decorso fluttuante che raggiunge nella maggior parte dei casi la remissione. Ciò non si osserva frequentemente nella pratica clinica, dove vengono selezionati i casi più gravi, ma è probabilmente la realtà nella popolazione generale. Resta da dimostrare quanto i casi lievi, che sono con ogni probabilità la maggioranza, incidano in termine di necessità di assistenza e di utilizzo di risorse. In un altro studio (64), condotto su diagnosi effettuate su una vasta popolazione di soggetti facenti parte di un piano assicurativo negli USA, l’incidenza della FM era sempre maggiore nelle donne (in genere il doppio rispetto agli uomini), aumentava con l’aumentare dell’età fino ai 45 anni, per poi stabilizzarsi, e variava tra 100 casi/100.000/anno tra 0 e 4 anni di età e 1.600 casi/100.000/anno tra i 60 e 64 anni. L’incidenza totale era di 688 casi/100.000/ anno con un rapporto donne:uomini pari a 1,64. I due studi di incidenza, per quanto portati a termini in aree e con metodi diversi danno risultati sovrapponibili. Per quanto riguarda la prevalenza, nei maschi questa varia tra lo 0% ed il 3,9% e nelle donne tra il 2,5% ed il 10,5%. La metodologia dello studio norvegese ha evidenziato una prevalenza del 10,5% tra le donne di età compresa tra 20 e 49 anni, prevalenza elevata che si discosta nettamente da quella osservata negli altri studi ed è stata aspramente criticata. La prevalenza della FM nelle donne aumenta con l’aumentare dell’età fino ai 79 anni. La FM sembra essere frequente anche tra i bambini ed uno studio eseguito in Israele ha riportato una prevalenza di 6,2%
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(65). Il dolore generalizzato e quindi anche la FM non sono stati invece osservati in uno studio della popolazione indiana Pima (66). Questo fatto indica che gli aspetti culturali e sociali che modulano l’atteggiamento nei confronti delle malattie e la percezione del dolore influenzano la frequenza della FM. In generale, i diversi studi sono difficilmente confrontabili poiché sono state utilizzate definizioni di malattia differenti, sono state studiate fasce di età non omogenee e la popolazione a denominatore era di estrazione differente. Inoltre, è stata utilizzata frequentemente la “period prevalence” (prevalenza valutata durante un periodo di mesi o anni) al posto della “point prevalence” (fotografia istantanea della situazione in un unico momento) ed il periodo di tempo considerato non è stato spesso indicato nel lavoro. Dal momento che la FM può spesso raggiungere la remissione, l’utilizzo di periodi diversi per calcolare la prevalenza può portare a stime di prevalenza diverse. Non sembra che la FM abbia un pattern geografico di prevalenza simile a quello dell’artrite reumatoide (AR) (67) e della polimialgia reumatica (68), malattie nelle quali questa diminuisce da nord a sud. In Italia è stato condotto lo studio MAPPING (69) al fine di raccogliere dati sulla prevalenza delle malattie muscolo-scheletriche su un campione della popolazione italiana composto da 3664 pazienti selezionati dai medici di Medicina Generale. A tutti i partecipanti sono stati inviati dei questionari e tra questi 2155 soggetti hanno aderito. L'età media era 57,8 anni e il 53,4% era composta da elementi di sesso femminile. 576 pazienti al momento dello studio avevano già ricevuto diagnosi di malattia muscolo-scheletrica; erano stati esclusi dallo studio tutti coloro il cui dolore fosse imputabile a dei traumi. Il dato sulla prevalenza di
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patologie muscolo-scheletriche è risultato essere del 26,7%. La prevalenza aumentava significativamente con l'età e i pazienti affetti da FM erano il 2,22%, risultato questo sovrapponibile a quelli emersi dagli studi precedentemente svolti e piuttosto omogeneo rispetto quelli tratti dagli altri paesi (Tabella 3) (70).
Tabella 3 – Prevalenza della FM nella popolazione generale Country
Case definition
Africa Tunisia LFESSQ America Brazil COPCORD Canada 1990 ACR criteria Canada Self-reported United States 1990 ACR criteria United States Modified 2010 ACR criteria Asia Bangladesh COPCORD China 1990 ACR criteria Israel LFESSQ and 1990 ACR criteria Japan Modified 2010 ACR criteria Malaysia COPCORD Pakistan COPCORD Thailand Modified 2010 ACR criteria Turkey 1990 ACR criteria Europe Denmark 1990 ACR criteria France LFESSQ and 1990 ACR criteria France LFESSQ and 1990 ACR criteria Finland Yunus Germany LFESSQ and 1990 ACR criteria Germany Modified 2010 ACR criteria Greece 1990 ACR criteria Italy 1990 ACR criteria Italy LFESSQ and 1990 ACR criteria Portugal LFESSQ and 1990 ACR criteria Scotland 1990 ACR criteria 2010 ACR preliminary criteria Modified 2010 ACR criteria Spain LFESSQ and 1990 ACR criteria Spain 1990 ACR criteria Sweden 1990 ACR criteria
n
Age(years) Prevalence(%) Female Pr.(%) Male Pr. (%) Refs
1,000
≥15
9.3
N.R.
N.R.
161
3,038 3,395 131,535 3,006 830
≥16 ≥16 ≥12 ≥18 ≥21
2.5 3.3 1.1 2.2 6.4
3.9 4.9 1.8 3.4 7.7
0.1 1.6 0.3 0.5 4.9
162 163 164 30 24
5,211 1,467 1,019 20,407 2,594 1,997 1,000 600
≥15 N.R. ≥18 ≥20 ≥15 ≥15 N.R. N.R.
3.6 0.8 2 2.1 0.9 2.1 0.6 8.8
6.2 N.R. 2.8 N.R. 1.5 N.R. N.R. 12.5
0.9 N.R. 1.1 N.R. 0.2 N.R. N.R. 5.1
165 166 167 22 168 169 170 171
1,219 1,014 3,081 7,217 1,002 2,445 8,740 2,155 1,002 500 1,604
≥18 ≥15 ≥18 ≥30 ≥15 ≥14 ≥19 ≥18 ≥15 ≥15 ≥18
0.7 1.4 1.6 0.8 3.2 2.1 0.4 2.2 3.7 3.6 1.7 N.R.* N.R.* 2.3 2.4 1.3
N.R. 2 N.R. 1 3.9 2.4 N.R. N.R. 5.5 5.2 N.R.* N.R.*
N.R 0.7 N.R. 0.5 2.5 1.8 N.R. N.R. 1.6 1.8 N.R.*
172 173 174 175 176 29 177 178 176 176 31
1.3 0.2 0
176 179 180
1.2 5.4 1,001 2,192 2,425
≥15 ≥20 ≥20
N.R.* 3.3 4.2 2.4
Tabella 3. Prevalenza della FM nella popolazione generale
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Per quanto riguarda i fattori di rischio che sembrano essere legati all’eziologia della FM, il maggiore sembrerebbe essere il sesso femminile. In tutti gli studi le donne hanno più sedi dolenti degli uomini a qualsiasi età. Forseth (71) ha preso in esame i fattori di rischio che predicevano la FM in un gruppo di donne con dolore diffuso aspecifico ed è giunto ad alcune conclusioni. Sono considerati predittori della FM la durata del dolore superiore a 6 mesi (coloro che hanno dolore da più di 6 mesi hanno 2,8 volte più probabilità di avere la FM di quelli che hanno dolore da meno di 6 mesi, il che si indica in termini scientifici col termine di rischio relativo o RR=2,8); il dolore della colonna (RR=2,5) e nella estremità delle braccia (RR=2,4); la presenza di quattro o più sintomi associati quali la sensibilità alle variazioni atmosferiche, insonnia, cefalea, formicolii, diarrea alternata a stipsi (RR=4,6) e depressione (RR=2,3). L’età all’esordio della FM, la conta dei punti dolenti alla pressione e le caratteristiche del dolore non erano in grado di discriminare le donne, che avrebbero sviluppato la FM, dalle altre. In un altro studio, un basso livello di istruzione, il sesso, lo stato civile, il reddito e la storia riproduttiva predicevano la FM (72). Infine, in uno studio di popolazione, un grado elevato di ansia e depressione associato a storia familiare di depressione potevano considerarsi fattori predittivi di FM (34). Erano associati alla FM anche lo stato di divorziato/a, un basso livello di istruzione ed un basso reddito. Nonostante nei criteri ACR 1990 fosse stata eliminata la distinzione tra FM primitiva e secondaria alla luce del fatto che non vi erano differenze dal punto di vista clinico, è evidente che la prevalenza di FM nei pazienti affetti da una serie di
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malattie croniche (AR, rachialgia artrosi, colon irritabile, Lupus Eritematoso Sistemico, HCV, ecc…) è maggiore rispetto alla popolazione generale. Queste condizioni possono essere pertanto ritenute fattori di rischio per lo sviluppo di FM, la quale potrebbe essere il risultato finale aspecifico di svariate malattie croniche. Infatti ci sono dati che indicano che uno stimolo doloroso continuo può produrre un incremento della sensibilità al dolore che è tipica della FM (73). Questa considerazione contrasta con il risultato dello studio sugli indiani Pima: infatti questa popolazione ha una elevata prevalenza di AR ma non conosce virtualmente la FM (66). In secondo luogo, la FM potrebbe essere più frequente in quelle condizioni che rientrano nella sua descrizione clinica, come ad esempio, il formicolio è il sintomo caratterizzante la sindrome del tunnel carpale e fa parte anche della descrizione clinica della FM (74). Infine, la FM potrebbe associarsi e confondersi con altre malattie come la sindrome da affaticamento (75). A differenza di quanto inizialmente riportato in alcuni studi, i pazienti con dolore cronico diffuso della FM non presentano una maggiore mortalità rispetto ai soggetti della popolazione generale (76). In conclusione, i dati epidemiologici sulla FM indicano che si tratta di una patologia particolarmente diffusa anche se i diversi studi hanno dato risultati talora molto discordanti. Ciò può dipendere dall’utilizzo di diversi criteri classificativi e diagnostici. In Italia, sulla base delle prevalenze osservate in altri paesi e sui dati clinici relativi ai pazienti che afferiscono agli ambulatori reumatologici, si può ipotizzare che i pazienti con FM siano circa un milione. Inoltre, poiché la FM è condizionata fortemente da variabili culturali, sociali ed
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etniche appare particolarmente importante organizzare studi di prevalenza che utilizzino la stessa metodologia in paesi diversi al fine di chiarire aspetti riguardo l’eziopatogenesi della malattia. L’impatto economico potenzialmente elevato della FM sottolinea la necessità di valutazioni accurate dei suoi costi diretti ed indiretti.
Capitolo 3 I SINTOMI
La FM è una complessa sindrome dolorosa cronica, caratterizzata dalla persistenza di dolore muscoloscheletrico diffuso, ma anche da profonda astenia e da numerosi altri sintomi a carico di diversi organi ed apparati (1). Nel tentativo di identificare i domini appropriati da valutare, è stato proposto un insieme multidimensionale di sintomi ritenuti fondamentali (77) che comprende dolore, qualità di vita, la fatica, funzione fisica, disturbi del sonno, grado di soddisfazione del paziente, eventuale presenza di comorbidità, depressione, ansia e disfunzione cognitiva, compliance del paziente ed eventuali eventi avversi. Tali domini sono stati approvati sia dall’IMMPACT (Initiative on Method, Measurement and Pain Assessment in Clinical Trial) (78) che dall’OMERACT (Outcome Measures in Rheumatoid Arthritis Clinical Trials) (79). Secondo lo studio condotto da Silverman et el (80) pazienti e clinici hanno una differente percezione della gravità della FM: secondo i pazienti la maggiore severità della FM è stata significativamente associata con livelli più elevati di dolore, scarsa qualità del sonno (p <0.0001), uso di farmaci (p = 0,0001) e
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presenza di comorbidità di base (p <0,05). Per i clinici invece dolore, disabilità funzionale e stanchezza possono essere considerati come i tre criteri più importanti per valutare la gravità della FM. Questa diversità interpretativa sottolinea ancora una volta l’eterogeneità e la complessità della sintomatologia fibromialgica e suggerisce la necessità di valutarne tutti gli aspetti considerando l’esperienza soggettiva del paziente. Per quanto riguarda l’Italia il gruppo di esperti in FM dell'OMERACT si è riunito e, utilizzando il metodo Delphi, ha valorizzato la prospettiva del paziente (81). Partendo da un elenco iniziale di 40 potenziali domini, gli esperti hanno assegnato un punteggio in termini di rilevanza per ciascun dominio. Allo stesso modo una analoga selezione veniva operata da diversi gruppi di pazienti con FM, distribuiti in vari centri. Lo studio ha coinvolto 252 reumatologi e 86 pazienti affetti da FM e i risultati dell’indagine condotta dagli esperti e dai pazienti hanno fornito risultati sovrapponibili. I principali domini selezionati includono: dolore, stato globale di salute, fatica, qualità della vita (HRQoL), funzione multidimensionale, sonno e depressione. Tra i domini cosiddetti secondari figurano invece la funzione fisica, i “tender points”, disturbi congnitivi (“difficoltà nella concentrazione”, “pensiero disorganizzato”, ecc.) e l’ansia. Classificato al primo posto come indicatore di severità di malattia, il dolore, è ritenuto il criterio principale dal 79% dei medici intervistati. Inoltre, va osservato che una valutazione clinica obiettiva effettuata mediante la ricerca dei “tender points” è stata citata solo dal 60,2% dei clinici e che tutti gli altri criteri selezionati sono pertanto da considerare “pazientecentrici”. Tale metodologia di lavoro ha permesso di sostenere la validità di
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costrutto (veridicità) di ciascun items oltre a raggiungere un consenso unanime relativo alla lista dei domini ritenuti ad alta priorità sia in ambito della ricerca, sia nella pratica clinica quotidiana e utili per la valutazione dell’attività di malattia.
Dolore cronico diffuso Il dolore cronico e diffuso è l’elemento clinico che guida la diagnosi. Viene descritto talora come “bruciante” ed associato spesso a contrattura muscolare. I pazienti, generalmente, percepiscono il dolore a livello dei muscoli ma alcuni di essi lo riferiscono anche a carico delle articolazioni (82). Le caratteristiche del dolore, che viene riferito comunque come generalizzato ed esteso a tutto il corpo, assumono una variabilità estrema da paziente a paziente, sia in termini di intensità che di localizzazione. Il dolore può variare come intensità non solo da un giorno all’altro, ma anche nell’ambito della stessa giornata con un picco tra le undici del mattino e le tre del pomeriggio; può anche subire un peggioramento durante il giorno a livello di quelle parti del corpo che sono sottoposte a maggior carico o ad uno sforzo continuativo come il collo, le spalle, gli arti inferiori (83). Può inoltre rendere difficoltoso lo svolgimento delle comuni attività della vita quotidiana anche sulla base di quelle che sono le eventuali patologie concomitanti a carico dell’apparato locomotore o il tipo di attività lavorativa svolta dal soggetto (84). E’ ben nota in letteratura l’associazione tra FM e malattie reumatiche come l’AR, il lupus eritematoso sistemico (LES), o la sindrome di Sjogren e recentemente è stato dimostrato che questa sindrome è presente anche nei pazienti affetti da Axial-SpA (14,9%) con una prevalenza più elevata nel sesso femminile (85).
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Astenia Il grado di affaticamento è estremamente variabile nei diversi pazienti: la stanchezza può essere tanto marcata da dominare lo scenario clinico diventando per il paziente il problema più invalidante e costringerlo a trascorrere molte ore della giornata a letto piuttosto che impedirgli di portare a termine compiti o lavori nel corso della giornata. Spesso considerata uno dei problemi più angoscianti, è un’esperienza soggettiva che viene descritta come “stanchezza estrema e persistente”, “debolezza o stanchezza-mentale, fisica o entrambi”. Nonostante siano poco note le cause della fatica, nel corso degli ultimi anni il suo utilizzo come misura di “outcome” negli studi clinici è andato progressivamente crescendo (86). Altre volte può simulare la sensazione di astenia simile a quella che subentra in corso di malattie virali come l’influenza (8,22,87,88). La sindrome da stanchezza cronica condivide con la FM numerose caratteristiche (89) e spesso questi pazienti riferiscono spesso un esordio acuto dell’astenia dopo una presunta infezione virale. A supporto delle similitudini tra queste due condizioni è interessante notare che circa il 75% dei pazienti affetti da sindrome da stanchezza cronica rispettano anche i criteri necessari per diagnosticare la FM (90). Alcuni Autori ipotizzano, quindi, che queste due condizioni rappresentino due facce della stessa medaglia; l’unica differenza tra esse sarebbe costituita dall’intensità dei rispettivi sintomi cardine: l’astenia nella sindrome da stanchezza cronica ed il dolore nella FM. In maniera analoga a quanto riportato per il dolore e l’astenia, la severità dei disturbi associati è variabile da soggetto a soggetto.
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Cefalea e distrubi visivi La cefalea, spesso di tipo muscolo-tensivo, è un sintomo molto frequentemente riportato dai pazienti (dal 40 al 60% nei diversi studi) (91) e può essere più o meno associata a disturbi visivi (scotomi scintillanti, difficoltà nella messa a fuoco, fotofobia, xeroftalmia). Il dolore può estendersi a livello dell’occhio, del sopracciglio o associarsi alla contrattura della muscolatura del collo e delle spalle; altre volte viene riportato dolore durante la masticazione a livello della mandibola, condizione nota come sindrome temporomandibolare (92).
Rigidità La rigidità percepita a livello articolare è un sintomo tipico di molte malattie reumatologiche ed è solitamente presente nelle prime ore del mattino o dopo periodi di prolungata immobilità. Nei pazienti fibromialgici la rigidità mattutina è di breve durata e può essere influenzata da fattori climatici. Anche la sensazione di tumefazione soggettiva dei tessuti molli è frequentemente descritta (30-60% dei pazienti) e può erroneamente indirizzare la diagnosi verso una forma di artrite in fase precoce. Coinvolge per lo più le dita delle mani e meno frequentemente i piedi e le ginocchia (22).
Dolore toracico Non è raro che i pazienti riferiscano dolore toracico, descritto a volte come trafittivo ed esacerbato dagli atti respiratori, altre associato a sensazione di
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oppressione o "fame d'aria", caratteristiche che non raramente pongono problemi di diagnosi differenziale con patologie cardiache. In realtà tale sintomo sembra sia dovuto ad una difficoltà nell'espansione della gabbia toracica per via della contrattura della muscolatura di parete ed è presente in quei pazienti fibromialgici che eseguono attività in cui è necessario mantenere a lungo una posizione in flessione del tronco.
Alterazioni della sensibilità e sintomi cutanei Le alterazioni della sensibilità cutanea possono provocare, anche in assenza di stimoli, la percezione di sensazioni fastidiose quali formicolii, bruciore, calore. Le parestesie sono riferite dal 20-30% dei pazienti fibromialgici e sono comunemente descritte come formicolio o trafitture di spilli od aghi localizzate al tronco o alle superfici estensorie dei quattro arti (93). Altri distrubi riguardano sintomi riferiti a cute e mucose, quali prurito, secchezza, discromie cutanee, ipersensibilità al freddo per cui la cute assume un aspetto chiazzato soprattutto a livello degli arti inferiori (livedo reticularis) e fenomeno di Raynaud associato a disturbi più o meno intensi, che vanno dalla perdita della sensibilità cutanea fino a dolori urenti a carico delle dita, analogamente a ciò che accade nelle connettivopatie (94). Nei pazienti affetti da FM l’intensità di tali manifestazioni cutanee è solitamente lieve e non si arriva quasi mai alla comparsa di ulcerazioni (95,96). La xerostomia e xeroftalmia sono presenti in circa il 10% dei pazienti. Questi sintomi, caratteristici di numerose altre malattie, nei pazienti fibromialgici sembrano rispecchiare unicamente un’alterazione funzionale non
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essendo stata descritta alcuna evoluzione verso patologie reumatiche più gravi (97,98). Spesso coesistono disturbi della sensibilità, rappresentati da un’eccessiva risposta alle stimolazioni esterne come la percezione degli stimoli dolorosi, l’ipersensibilità termica e acustica. Alla base vi è un’iperattività generalizzata del sistema nervoso centrale e periferico. Oltre il 30% dei pazienti può sviluppare una condizione neurologica caratterizzata da sensazioni fastidiose a carico degli arti inferiori e dall’irrefrenabile necessità di muovere continuamente le gambe (sindrome delle gambe senza riposo) (99). Questi disturbi diventano particolarmente evidenti durante il sonno e di notte, momento in cui si verificano questi movimenti involontari. Recenti studi hanno inoltre confermato che esiste un'associazione significativa tra dolore muscoloscheletrico cronico (come quello presente nella FM), numero di siti dolenti alla digitopressione e sindrome delle gambe senza riposo, suggerendo in tal modo la presenza di meccanismi patofisiolgici comuni che riguardano disturbi del sonno, stress psicologico, alterazioni del sistema dopaminergico, fattori genetici o fenomeni di sensibilizzazione centrale (100).
Alterazioni dell’equilibrio Consistono in una sensazione d’instabilità, di barcollamento, soprattutto quando viene mantenuta la stazione eretta in posizione fissa per periodi prolungati (101). Le cause possono essere molteplici, dai disturbi visivi cui si è accennato prima, alla contrattura persistente della muscolatura del collo; è stata inoltre documentata, in alcuni pazienti, una diminuzione della pressione arteriosa quando
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si mantiene la stazione eretta (condizione definita ipotensione neuromediata) caratterizzata da sensazione di svenimento, nausea, capogiro, annebbiamento visivo (102).
Sintomi gastrointestinali Difficoltà digestive, dolori addominali, alternanza di stipsi e diarrea sono sintomi abbastanza comuni e costituiscono, nell’insieme, quella che è definita sindrome da colon irritabile (103,104). Alcuni pazienti riferiscono anche difficoltà di deglutizione, secondo alcuni ricercatori secondarie ad un’alterazione della funzionalità della muscolatura intrinseca dell’esofago (105).
Disturbi genito-urinari Si stima che il 40-60% dei pazienti accusi disturbi urinari, quali aumento della frequenza delle minzioni o urgenza minzionale in assenza di infezioni delle vie urinarie (106,107). Sono i sintomi tipici della cistite nella donna e, nell’uomo, dell’ipertrofia prostatica. Questi disturbi sono classificati come sindrome della vescica irritabile. In pochi casi si può sviluppare una condizione dolorosa infiammatoria cronica della vescica conosciuta come cistite interstiziale (108). Nelle donne il periodo mestruale è spesso caratterizzato da dolore pelvico (dismenorrea) o da un peggioramento generale dei dolori diffusi, probabilmente in relazione alle modificazioni ormonali che caratterizzano il ciclo. Sempre nel sesso femminile si può sviluppare una condizione dolorosa a carico dei genitali, nota come vulvodinia, che può causare difficoltà nei rapporti sessuali.
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Disturbi del sonno Alcuni pazienti riferiscono difficoltà all’addormentamento ed al risveglio mattutino (22). Anche quando le caratteristiche del riposo notturno sembrano apparentemente normali per qualità e durata, i pazienti fibromialgici, al risveglio, hanno la sensazione di non aver riposato a sufficienza e “di essere più stanchi della sera precedente”, fenomeno che viene definito come “sonno non ristoratore”; molti di essi riferiscono, inoltre, un sonno molto “leggero”, che si interrompe facilmente per stimoli acustici di bassa intensità (109). In realtà le caratteristiche del sonno sono quasi sempre alterate, come documentato dalla registrazione notturna dell’elettroencefalogramma e di altri parametri (110,111). I disturbi del sonno, inoltre, incidono significativamente sull’amplificazione del dolore e sulla conseguente compromissione funzionale e psico-affettiva (112,113). Non sorprende, pertanto, che sia pazienti che clinici sottolineino l’importanza di migliorare la qualità del sonno, insieme al trattamento della sintomatologia.
Aspetti psico-cognitivi Tra i sintomi che riguardano la sfera cognitiva e della psico-affettività vi sono alcuni aspetti particolarmente importanti. Tra i più diffusamente riportati dai pazienti vi sono difficoltà di concentrazione e di elaborazione con rallentamento dei processi ideativi e perdita della memoria a breve termine, difficoltà nel ricordare parole o nomi e incapacità nello svolgimento di diverse attività contemporaneamente (114). L’aumentata attenzione per le sensazioni provenienti
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dal proprio corpo, il dolore, la sonnolenza diurna secondaria alle alterazioni del sonno e gli effetti indesiderati dei farmaci sembrano essere la causa più probabile di questi disturbi (115). I pazienti fibromialgici sono spesso ansiosi, ma non sembra esserci un rapporto diretto tra questa particolare attitudine caratteriale e la comparsa della malattia; numerosi studi hanno escluso, infatti, che la FM possa rappresentare una forma di ipocondria (116). Utilizzando scale di valutazione specifiche è stato invece documentato come l’ansia e la presenza di tratti caratteriali ipocondriaci rappresentino fattori di peggioramento della sintomatologia dei pazienti fibromialgici: alcuni pazienti riferiscono il peggioramento della sintomatologia algica in concomitanza con stati ansiosi ed in situazioni di stress ambientale (22). Una deflessione del tono dell’umore associato a sintomatologia depressiva più o meno marcata accompagna la maggior parte delle malattie croniche; è presente nel 12-36% dei pazienti ambulatoriali e, probabilmente, in una percentuale più elevata di quelli ricoverati in ospedale (117,118). Gli studi effettuati hanno dimostrato che sintomi depressivi non sono più frequenti nei pazienti con FM rispetto a quelli affetti da altre patologie dolorose croniche quali AR, neoplasie, ecc.. In questi casi si parla, comunemente, di “depressione secondaria”: i sintomi depressivi più o meno importanti non sarebbero la causa di tutto il restante quadro clinico, bensì la conseguenza del proprio stato di salute (119). Occorre quindi, da parte del medico, porre particolare attenzione alle caratteristiche dei sintomi depressivi, ricorrendo eventualmente ad una consulenza psichiatrica qualora vi sia il sospetto di una sovrapposizione tra sindrome
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depressiva e FM (116). In ogni caso i sintomi depressivi, così come l’ansia, rappresentano fattori modulanti in senso peggiorativo di tutto il quadro clinico della FM e, come tali, devono essere adeguatamente trattati.
Fattori di modulazione della sintomatologia I fattori modulanti il dolore nella FM sono conosciuti da tempo: il paziente fibromialgico è molto sensibile alle variazioni atmosferiche ed alla temperatura. La sintomatologia può essere esacerbata da freddo e umidità mentre, al contrario, la maggior parte dei pazienti riferisce un miglioramento con il caldo. In genere è aggravata dall’inattività e dall’iperattività, mentre una moderata attività fisica può fornire un giovamento. Il ruolo dello stress, fisico o psichico, è da tempo noto come fattore di peggioramento del dolore di tutti gli altri sintomi ad esso associati.
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Capitolo 4 CRITERI DIAGNOSTICI
Riguardo i caratteri salienti della FM, la presenza di dolore muscoloscheletrico diffuso è un aspetto che ha sempre riscosso accordo unanime (120). A questo si aggiungerebbe la mancanza di alterazioni laboratoristiche o strumentali. Se però ci si basa unicamente sulla presenza di dolore diffuso, risulta particolarmente difficile distinguere i soggetti affetti da FM dai pazienti con altre malattie reumatologiche. Nel 1990 è stato condotto, sotto l’egida dell’ACR, uno studio multicentrico su 558 pazienti fibromialgici (8) in 16 centri, allo scopo di uniformare i criteri classificativi della FM. Pazienti affetti da FM primaria o secondaria venivano confrontati con gruppi di controllo omogenei formati da soggetti affetti da altre patologie reumatologiche dolorose. Sono state studiate sia le caratteristiche cliniche del dolore (presenza di dolore diffuso e TPs) sia i sintomi di accompagnamento (rigidità, colon irritabile, ansia, depressione) ed esaminate molte variabili, singolarmente od in associazione tra loro. Vennero pertanto stilati, per la prima volta nell’ambito dell’ACR, i criteri classificativi per la diagnosi della FM tra i quali erano ritenuti necessari la presenza di dolore alla digitopressione di almeno 11 su 18 TPs esaminati e la presenza di dolore cronico diffuso (DCD), presente da almeno tre mesi (Tabella 4). Questi criteri consentivano di porre diagnosi di FM indipendentemente dalla
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presenza di altre patologie associate, con una sensibilità dell’88% e una specificità dell’81%. Il dolore veniva considerato diffuso se assiale, presente ad ambedue gli
Tabella 4- 1990 ACR criteria for the classification of fibromyalgia* 1. History of widespread pain Definition. Pain is considered widespread when all of the following are present: pain in the left side of the body, pain in the right side of the body, pain above the waist, and pain below the waist. In addition, axial skeletal pain (cervical spine or anterior chest or thoracic spine or low back) must be present. In this definition, shoulder and buttock pain is considered as pain for each involved side. Low back pain is considered lower segment pain. 2. Pain in 11 of 18 tender point sites on digital palpation Definition. Pain, on digital palpation, must be present in at least 11 of the following 18 sites: Occiput: Bilateral, at the suboccipital muscle insertions. Low cervical: bilateral, at the anterior aspects of the intertransverse spaces at C5-C7. Trapezius: bilateral, at the midpoint of the upper border. Supraspinatus: bilateral, at origins, above the scapula spine near the medial border. Second rib: bilateral, at he second costochondral junctions, just lateral to the junctions on upper surfaces. Lateral epicondyle: bilateral, 2 cm distal to the epicondyles. Gluteal: bilateral, in upper outer quadrants of buttocks in anterior fold of muscle. Greater trochanter: bilateral, posterior to the trochanteric prominence. Knee: bilateral, at the medial fat pad proximal to the joint line. Digital palpation should be performed with an approximate force of 4 kg. For a tender point to be considered positive the subject must state that the palpation was painful. Tender is not to be considered “painful.” *For classification purposes, patients will be said to have fibromyalgia if both criteria are satisfied. Widespread pain must have been present for at least 3 months. The presence of a second clinical disorder does not exclude the diagnosis of FM
Tabella 4. Criteri diagnostici ACR del 1990(Wolfe)
emilati, al sopra e al di sotto della vita. Le 18 aree algogene, illustrate nella mappa dei TP, vengono stimolate imprimendo una forza pari a circa 4 kg mediante digitopressione. Nel 1994 nella decima Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-10) la FM viene annoverata tra le patologie "del sistema muscoloscheletrico e del sistema connettivo"(121). I sintomi di accompagnamento
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quali alterazioni del sonno, astenia e rigidità, pur essendo associati a FM e presenti singolarmente in più del 75% dei pazienti fibromialgici, considerati simultaneamente
non
raggiungevano
la
sensibilità
(diagnostica)
della
combinazione di cui sopra. Infatti, solo il 56% dei soggetti esaminati presentava tutti e tre questi sintomi e l’81% due su tre. Altre condizioni come l’ansia e la sindrome del colon irritabile ricorrevano con minor frequenza, pur essendo più comuni nei pazienti fibromiagici rispetto ai gruppi di controllo. Inoltre, alla luce del fatto che i quadri clinici della FM primaria e secondaria non mostravano differenze, si proponeva l’abolizione del termine di FM secondaria. La diagnosi di FM, infatti, può essere concomitante ad altre patologie reumatologiche, ma rimane un quadro clinicamente indistinguibile dalla forma primaria. La combinazione di 11 TPs positivi su 18, in presenza di dolore muscolo scheletrico diffuso, forniva la combinazione più sensibile, specifica e accurata di criteri per la diagnosi di FM sia primaria che secondaria. Tali criteri erano considerati appropriati per svolgere ricerche cliniche ed epidemiologiche sulla FM e per essere utilizzati sia a scopo diagnostico che classificativo. Nel corso degli anni successivi vennero sollevate una serie di obiezioni rispetto questi criteri soprattutto riguardo la conta dei 18 TPs. La loro valutazione infatti, veniva spesso effettuata in maniera imprecisa o non corretta dal medico non specialista (122). Con valutatori non esperti i criteri rischiavano di essere utilizzati in maniera non uniforme e la diagnosi spesso veniva fatta senza un esame formale dei TPs; oppure i pazienti potevano anche presentare i TPs ma non avere la FM: questo perché probabilmente i TPs e il dolore diffuso non catturano l’essenza
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della FM, un disturbo dai molteplici sintomi che si caratterizza per compresenza di più condizioni associate come astenia, disturbi del sonno e disfunzioni cognitive. Inoltre, quando la conta dei TPs era utilizzata come criterio diagnostico fondamentale il rischio era quello di codificare un’altra malattia come FM e dal momento che i TPs fornirebbero le informazioni diagnostiche più importanti, il principale meccanismo della FM pote vessere erroneamente considerato un problema muscolare piuttosto che una malattia neurologica. L’esame fisico dei TPs è uno strumento soggettivo, aperto all'interpretazione individuale e riflette una riduzione complessiva della soglia del dolore piuttosto che un processo patologico (123). Comunque sia, fino al 2010, la presenza dei TPs aveva una rilevante importanza diagnostica (21), anche se vi erano opinioni contrastanti sul numero minimo necessario a porre diagnosi e sulla loro precisa localizzazione anatomica (124,125). Inoltre non vi era accordo sul fatto che la valutazione dei TPs dovesse essere eseguita manualmente oppure con l’ausilio di un algometro a pressione, in quanto tale strumento sarebbe caratterizzato da elevata riproducibilità senza essere “operatore dipendente” (126). Se si confrontano i diversi criteri diagnostici finora proposti, emergono due differenti orientamenti circa l’importanza conferita dai vari autori a ciascuno di essi. Ad esempio Wolfe e coll (8, 87) ritenevano che un numero relativamente alto di TPs, oltre alla presenza di dolore diffuso e generalizzato, fosse sufficiente per porre diagnosi di FM, senza considerare altri sintomi; Yunus (88,127) invece sottolineava l’importanza dell’associazione di sintomi extrascheletrici e TPs, considerando necessario un numero minimo di TPs ma obbligatoria la presenza di
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alcuni sintomi di accompagnamento. Tra le condizioni associate a FM, i disturbi del sonno erano tra le problematiche più diffuse e significative ed è per questo che sono stati considerati tra i criteri diagnostici da molti Autori. L’uso di categorie diagnostiche così diverse ha generato sicuramente confusione, producendo risultati contrastanti nelle indagini cliniche e epidemiologiche. Di conseguenza, i discordanti risultati ottenuti nella valutazioni di alcune terapie farmacologiche della FM potrebbero essere dovuti anche ad una disomogenea selezione della casistica. In uno studio di consenso sulla definizione diagnostica della FM, un gruppo di autori Canadesi ribadiva l’importanza dei criteri ACR 1990 ma sottolineava l’importanza di valutare anche i sintomi addizionali (in particolare i sintomi neurologici, i disturbi neurocognitivi, la stanchezza, le alterazioni del sonno, le manifestazioni autonomi che e neuroendocrine, la rigidità) per l’impatto che determinano sulla qualità di vita del paziente (128). In un lavoro condotto da Katz (129) è stato esaminato un gruppo di pazienti mediante tre differenti modalità diagnostiche: determinazione del dolore con questionario di autovalutazione che includeva la scala regionale per il dolore (RPS) e valutazione della fatica mediante scala analogica visiva; valutazione mediante i criteri ACR 1990 e valutazione clinica da parte un medico esperto di FM, sulla base della raccolta anamnestica. I risultati di questo studio evidenziavano che solo in 1/3 dei pazienti la diagnosi veniva confermata da tutte e 3 le metodiche utilizzate. L’analisi del numero di TPs in relazione al dolore cronico diffuso evidenziava che 6 TPs potevano ritenersi sufficienti per porre la diagnosi e che il numero di 11 definito dai criteri ACR
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1990 poteva essere sovrastimato. Con la stesura dei nuovi criteri classificativi dell’ACR del 2010 veniva enfatizzato, rispetto al passato, il ruolo della sintomatologia muscolo-scheletrica, presente nella quasi totalità dei pazienti, rispetto alla conta dei TP (130) (Tabella 5).
Tabella 5 - 2010 ACR preliminary diagnostic criteria 1.WPI (widespread pain index): note the number of areas in which the patient has had pain over the last week. In how many areas has the patient had pain? Put a check to indicate a painful region. Score will be between 0 and 19 Shoulder girdle left Hip (buttock, trochanter) left Jaw, left Upper back Shoulder girdle right Hip (buttock, trochanter) right Jaw, right Lower back Upper arm, left Upper leg, left Chest Neck Upper arm, right Upper leg, right Abdomen Lower arm, left Lower leg, left Lower arm, right Lower leg, right 2. SS (symptom severity) scale score: • Fatigue • Walking unrefreshed • Cognitive symptoms For each of the 3 symptoms above, indicate the level of severity over the past week using the following scale: 1. no problem 2. slight or mild problems, generally mild or intermittent 3. moderate, considerable problems, often present and/or at a moderate level 4. severe: pervasive, continuous, life-disturbing problems Considering somatic symptoms in general, indicate whether the patient has*: 1. no symptoms 2. few symptoms 3. a moderate number of symptoms 4. a great deal of symptoms The SS scale score is the sum of the severity of the 3 symptoms (fatigue, walking unrefreshed, cognitive symptoms) plus the extent (severity) of somatic symptoms in general. The final score is between 0 and 12. *Somatic symptoms that might be considered: muscle pain, irritable bowel syndrome, fatigue/ tiredness, thinking or remembering problems, muscle weakness, headache, pain/crambe in the abdomen, numbness/tingling, insomnia, depression, constipation, pain in the upper abdomen, nausea, nervousness, chest pain, blurred vision, fever, dry eyes, ringing in the ears, heartburn, oral ulcers, loss of/change in taste, seizures, shortness of breath, loss of appetite, rash, easy bruising, hair loss, frequent urination, painful urination, and bladder spasms. A patient satisfies the diagnostic criteria for fibromyalgia if the following 3 conditions are met: 1. WPI ≥7 and SS scale score ≥5 or WPI 3–6 and SS scale score ≥9 2. Symptoms have been present at a similar level for at least 3 months 3. The patient does not have a disorder that would otherwise explain the pain
Tabella 5. Criteri diagnostici ACR 2010.
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Lo scopo della pubblicazione di questi criteri era proprio quello di rendere più agevole la diagnosi, eliminando la conta dei TP e utilizzando dei criteri complementari. Wolfe e i suoi colleghi pubblicarono uno studio multicentrico bifasico, che coinvolse 600 pazienti nella prima fase e 300 nella seconda, giungendo ad un core-set di sintomi che si basavano sulla valutazione empirica di 19 zone dolenti e 41 sintomi somatici di accompagnamento (130). La valutazione dei TPs veniva ad essere rimpiazzata dalla combinazione del Widespread Pain Index (WPI), indice quantitativo di dolore diffuso, ottenuta calcolando il numero delle aree dolenti e dalla Symptom Severity (SS) Scale, scala per i sintomi correlati, che considerava un punteggio 0-3 per ciascuno dei quattro items quali stanchezza, disturbi del sonno, sintomi somatici e cognitivi (per un punteggio totale compreso tra 0 e 12). Per soddisfare i criteri per la diagnosi di FM, un paziente dovrebbe avere un WPI ≥7 e un punteggio della scala SS ≥5 o WPI compreso tra 3-6 e un punteggio ≥9 della scala SS. I nuovi criteri riconoscevano i sintomi come parte centrale di una sindrome e per tale motivo imponevano al clinico di intervistare abbastanza a lungo il paziente per poter comprendere entità e severità di ciascuno di essi: la diagnosi in altre parole si basava sulla valutazione soggettiva del medico di quanto fossero gravi i sintomi fisici, senza necessariamente effettuare l’esame fisico, dando luogo alla possibilità di escludere o non considerare altre potenziali cause (123). Quindi la mancata valutazione dei TP poteva incrementare il numero di falsi positivi o al contrario rendeva di difficile inquadramento casi di FM associata ad altra patologia reumatologica come l'artrite reumatoide o il lupus
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eritematoso sistemico (131). I risultati dello studio condotto da Wolfe mostravano che circa il 25% dei pazienti affetti da FM non soddisfaceva i criteri ACR 1990 e che la nuova definizione clinica semplificata classificava correttamente l’88,1% dei i pazienti che rientravano in quei criteri senza l’esame dei TPs. Una notazione interessante è che le 19 sedi individuate come aree probabili di dolore non includevano nessuna articolazione e l'elenco dei sintomi somatici non faceva menzione di dolore o problemi relativi alle articolazioni (123). Nel 2011 questi criteri sono stati nuovamente modificati, eliminando i 41 sintomi fisici emersi dalla valutazione effettuata dal clinico a favore di 6 sintomi che derivavano dall’autovalutazione del paziente (disturbi del sonno, astenia, disturbi cognitivi, cefalea, depressione e disfunzioni addominali) (132). In ogni modo era chiaro come il cardine dal punto di vista diagnostico fosse diventata la sintomatologia dolorosa a discapito dei TPs. Nei criteri del 2011 infatti vi è una lieve modifica di quelli ufficiali del 2010: la diagnosi infatti si basava sull’autodefinizione dei sintomi da parte dei pazienti stessi, che vengono chiamati ad esprimersi sulle caratteristiche della WPI, che fino a quel momento veniva valutata dal medico. La scala SS è sempre costituita da 4 items: i primi tre sono gli stessi e il punteggio di intensità dei sintomi viene espresso dal paziente con una scala 0-3; nel 4° item il paziente esprime una valutazione presenza/assenza di 3 sintomi: cefalea, dolore o crampi addominali e sintomi depressivi con un item a 4 punti (punteggio 0-3) negli ultimi 6 mesi (Tabella 6). All'ulteriore modifica dei criteri ha contribuito un altro articolo di Bennet (133). Le maggiori differenze consistevano nell’aumento del numero delle aree dolenti considerate, che
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diventano 28 aree localizzate secondo la Pain Location Inventory (PLI) e nel numero dei sintomi (dieci sintomi contro i 6) da inserire nel questionario seguendo la Symptom Impact Questionnaire (SIQR). La valutazione secondo questi criteri presenta una sensibilità dell'81%, una specificità del l'80% e una corretta classificazione dell'80% delle diagnosi di FM, rendendo la diagnosi possibile indipendentemente dalla presenza di un’altra sindrome dolorosa cronica.
Tabella 6- 2011 modification of the 2010 ACR diagnostic criteria 1. WPI (widespread pain index): note the number of areas in which the patient has had pain over the last week. In how many areas has the patient had pain? Put a check to indicate a painful region. Score will be between 0 and 19 Shoulder girdle left Hip (buttock, trochanter) left Jaw left Upper back Shoulder girdle right Hip (buttock, trochanter) right Jaw right Lower back Upper arm, left Upper leg left Chest Neck Upper arm, right Upper leg right Abdomen Lower arm, left Lower leg, left Lower arm, right Lower leg, right 2. SS (symptom severity) scale score: fatigue; waking unrefreshed; cognitive symptoms. For the each of these 3 symptoms, indicate the level of severity over the past week using the following scale: 0 = No problem; 1 = Slight or mild problems; generally mild or intermittent; 2 = Moderate; considerable problems; often present and/or at a moderate level; 3 = Severe: pervasive, continuous, life-disturbing problems. The SS score is the sum of the severity of the 3 symptoms (fatigue, walking unrefreshed, and cognitive symptoms) plus the sum of the number of the following symptoms occurring during the previous 6 months: headaches, pain or crambe in lower abdomen, and depression (0–3). The final score is between 0 and 12. A patient satisfies the diagnostic criteria for fibromyalgia if the following 3 conditions are met: 1. WPI ≥7 and SS scale score ≥5, or WPI 3-6 and SS scale score ≥9; 2. Symptoms have been present at a similar level for at least 3 months; 3. The patient does not have a disorder that would otherwise sufficiently explain the pain.
Tabella 6. Criteri ACR 2010 modificati nel 2011.
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Capitolo 5 COME SI MISURANO I SINTOMI DEL PAZIENTE FIBROMIALGICO
Introduzione Negli anni più recenti la codifica di criteri standardizzati per la valutazione dei sintomi del paziente affetto da FM ha rappresentato uno degli obiettivi della ricerca in campo reumatologica (123). Il problema principale é rappresentato dall'elevato grado di variabilità inter-individuale delle diverse espressioni della malattia. La disponibilità di nuove terapie, comporta, inoltre, una crescente necessità di sviluppare e standardizzare degli strumenti che consentano di migliorare la capacità valutativa dell’efficacia dei diversi trattamenti. Fra i numerosi parametri di valutazione suggeriti, il dolore, lo stato psico-emotivo, la fatica (o affaticamento), la qualità del sonno, la funzione fisica, la qualità della vita, il grado di soddisfazione del paziente, la presenza di comorbidità, gli eventi avversi e la compliance del paziente sono stati recentemente raccomandati dalle Conferenze Internazionali dell’IMMPACT (Iniziative on Methods, Measurement, and Pain Assessment in Clinical Trial) (78) e dell’OMERACT (Outcome Measures in Rheumatology Clinical Trials) (134) quali parametri fondamentali (o core set) di valutazione del paziente fibromialgico.
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Il dolore Il dolore nella FM assume un ruolo primario, non solo come indice di gravità di malattia, ma anche nell’ambito di una valutazione prognostica a lungo termine, condizionando le richieste assistenziali del paziente (numero di visite, rischio di ospedalizzazione e richiesta di farmaci), la “compliance” ed il grado di soddisfazione nei confronti del trattamento (135,136). Le misurazioni algometriche nella fibromialgia sono gravate da profonde connotazioni emotive e non esiste relazione psicofisica tra stimolo fisico ed intensità della percezione (136,137). Non sorprende, quindi, la varietà delle metodiche applicate alla misura del dolore in tale condizione che non include solo la componente sensoriale del dolore, ma anche le manipolazioni soggettive del paziente (136, 138-141). In ambito quantitativo questo complesso modello multidimensionale permette di distinguere tre componenti o canali di risposta del soggetto al dolore: fisiologicooggettivo, soggettivo e comportamentale (142,143).
a) Valutazione oggettiva. Le tecniche psicofisiche applicate alla misurazione del dolore hanno contribuito ad ampliare le nostre conoscenze dei meccanismi di percezione sensoriali. Sebbene si tratti, in generale, di metodiche di laboratorio di induzione del dolore mediante stimoli controllati nell'intensità, durata ed intervallo di ripetizione, applicati in ordine crescente o decrescente con varie modalità (meccaniche, chimiche, termiche ed elettriche) e della conseguente valutazione dei parametri di risposta (soglia di percezione, soglia di reazione e soglia di tolleranza, soglia differenziale) essi hanno trovato estese applicazioni
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anche nella valutazione del dolore patologico. In particolare, fra le tecniche di induzione del dolore con metodi meccanici, ha avuto larga diffusione quella effettuata con gli "algometri a pressione", costituiti da una barra collegata ad una molla, mediante i quali è possibile esercitare una pressione graduale e misurabile in Kg/cm2. L'algometria pressoria é stata, infatti, il principale mezzo di valutazione utilizzato nel tentativo di confermare il concetto di FM e di valutarne la risposta al trattamento. Sebbene tali punti di dolorabilità (tender point) vengano considerati una caratteristica della patologia, il loro numero, la sede e le modalità di misurazione della dolorabilità (o più correttamente dell'iperalgesia) sono tuttora discussi (Figura 1).
Figura 1. Sedi anatomiche dei “tender points” (Wolfe ACR 1990).
Ulteriori informazioni concernenti l’esperienza algica nella FM possono essere ottenute con l’impiego delle “mappe del dolore”. Mediante tali mappe, ai pazienti
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viene chiesto di segnare (anche con matite colorate) le parti di una figura umana nelle quali viene avvertito il dolore in uno specifico momento. La mappa può essere utile per valutare sede e distribuzione del dolore e rappresenta una registrazione definitiva nella cartella clinica del paziente. Le mappe del dolore possono essere utilizzate anche per valutare le variazioni del dolore in risposta al trattamento. A tale scopo, l’utilizzo di descrittori verbali ordinati in sequenza crescente (ad esempio da 0 a 3) per ogni punto dolente consentono anche una misura quantitativa (“dolore totale soggettivo”) (144). b) Valutazione soggettiva. Il ruolo centrale dell'affettività nell'esperienza e nel comportamento doloroso giustifica i continui sviluppi dei metodi di valutazione e delle strategie terapeutiche che fanno dei processi emotivi il loro bersaglio. L'introduzione delle scale di valutazione verbale e numeriche (verbal rating scales e numerical rating scales) rappresenta il primo passo nello studio della componente soggettiva del dolore (135,136,145,146). Scale di valutazione verbale. Delle scale verbali di valutazione la più semplice é la scala nominale, con categorie definite da 4, 5, 7 o più attributi ordinati in sequenza crescente; dal dolore meno intenso al dolore più forte. L’uso di una tale scala, ad esempio con quattro categorie (1=dolore nullo; 2=lieve; 3=moderato; 4=severo), semplice e rapida da un lato, comporta, tuttavia, una scarsa sensibilità nel rilevare le modeste variazioni del sintomo dolore; inoltre, non è possibile quantificare l'entità della differenza tra i termini descrittivi del dolore. Scala di valutazione numerica. La scala numerica (Numerical Rating Scale – NRS), consiste in una successione numerica, generalmente, da 0 (assenza di
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dolore) a 10 (il più forte dolore immaginabile). Per molteplici ragioni, è lo strumento che ha mostrato le migliori performance per la misurazione ed il monitoraggio dell’intensità del dolore (135,147). In particolare: • i dati in letteratura dimostrano l’affidabilità e la validità dell’NRS come indice di valutazione dell’intensità e della severità del dolore; • in numerosi studi, l’NRS si è dimostrata uno strumento valido sia nel dolore acuto che nel dolore cronico neoplastico e non-neoplastico; • è di semplice utilizzo per il personale sanitario, e non presenta particolari difficoltà di comprensione da parte dei pazienti, anche in quelli più anziani; • può essere proposta verbalmente e non richiede particolari apparecchiature di supporto. La NRS può essere somministrata adottando differenti strategie (ausili visivi, pittogrammi, regoli con cursore, moduli cartacei, sistemi computerizzati), a seconda le particolari situazioni cliniche. Il metodo più accettato di somministrazione della NRS prevede che lo strumento venga proposto (verbalmente o visivamente) con la seguente struttura: “Su di una scala da zero a dieci, dove zero rappresenta l’assenza di dolore, e dieci il peggior dolore possibile, qual è il Suo livello di dolore in questo momento?”. Un elemento di confusione per il paziente potrebbe presentarsi qualora avvertisse dolore in più di un distretto, e dovesse pertanto stabilire il dolore da enfatizzare o minimizzare per esprimere un punteggio di NRS. E’ compito del medico invitare il paziente a fare una stima globale del proprio dolore, tenendo conto di tutti i distretti ed
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esprimendo, quindi, un giudizio di “media”. Scala analogica visiva. Una misura continua e più diretta é costituita dalle scale visive analogiche in cui la risposta del paziente viene espressa su una scala grafica continua (135,148). Fra le metodiche di valutazione visive ha avuto grande diffusione la "scala analogica visiva" (visual analogue scale - VAS) di Scott e Huskisson, introdotta, principalmente per superare i limiti delle scale descrittive (135,136,148). Questa scala continua, costituita da un segmento di retta (generalmente della lunghezza di 10 cm), alle cui estremità sono normalmente ancorate le indicazioni "assenza di dolore" e "il più forte dolore immaginabile", non presenta problemi di tipo semantico e consente al paziente un numero di scelte teoricamente infinito. Il suo utilizzo é, inoltre, confortato dalla riproducibilità, dalla maggiore precisione e dal buon grado di correlazione che questa scala razionale ha nei confronti delle altre scale categoriali (148). Si deve, tuttavia, considerare che alcuni pazienti (circa il 9-17%), specie se anziani e/o con basso livello di scolarità, possono incontrare difficoltà nell'esprimere l'intensità di una sensazione su una scala analogica, attraverso un procedimento psichico certamente più complesso rispetto all'espressione verbale. La critica principale alla scala analogica resta, tuttavia, quella che, come le precedenti, opera una ipersemplificazione del problema dolore, in quanto ne misura solo l’aspetto unidirezionale e cioé l’intensità. La necessità di apporre una crocetta nel punto voluto o di far scorrere un cursore implicano, inoltre, il possesso di una buona coordinazione motoria ed acuità visiva. Scale cromatiche visive. Ulteriori tentativi per risolvere tali problemi, in
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particolare sul versante psicologico, sono stati operati integrando il test di ScottHuskisson con scale cromatiche, opportunamente adattate e semplificate, comunemente utilizzate in psichiatria. Tra queste metodiche visive il test acromatico di Vaona o test dei grigi (149) e la scala cromatica analogica continua (150), in cui la scala analogica é sostituita da una striscia colorata sfumata in rosso, montata su un regolo, hanno dimostrato qualche vantaggio pratico nei pazienti con ridotte performance psicomotorie, come quelli dell’immediato periodo post-operatorio, ma sono risultate carenti nel riflettere la complessa organizzazione dei sistemi sensoriali, affettivi e cognitivi (151). Metodo dei questionari semantici. L'interpretazione del "linguaggio del dolore' proposto da Melzack rappresenta uno sforzo suggestivo ed un notevole progresso nell'esplorazione della gamma di espressione semantica degli stati dolorosi nella loro multiforme complessità (152). La possibilità di quantificare il dolore attraverso il rapporto verbale ha condotto alla formulazione del questionario algologico McGill (McGill Pain Questionnaire - MPQ) costituito da 78 descrittori del dolore (152,153). Tali 78 termini descrittori del dolore sono suddivisi in 20 sottoclassi ognuna delle quali è caratterizzata da "un'etichetta" descrittiva che comprende un gruppo di voci considerate qualitativamente simili dalla maggior parte dei soggetti. Alcune di queste voci sono indubbiamente dei sinonimi, altre sembrano sinonimi, ma variano per intensità espressiva [sono infatti ordinati secondo un valore di intensità crescente all'interno di ognuna di esse, dal dolore meno intenso (lieve) al più intenso (atroce)], mentre altre presentano sfumature di significato che possono essere importanti per un paziente che cerca disperata-
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mente di comunicare con un medico.
Ideato con la finalità di valutare
adeguatamente la realtà del dolore nella sua multiforme complessità, il MPQ si è affermato come la più diffusa scala multidimensionale semantica (154-156). c) Valutazione comportamentale Un aspetto non trascurabile nell'ambito di un corretto approccio al paziente fibromialgico concerne l'attenzione che deve essere rivolta alla variabilità interindividuale della risposta nocicettiva in base alle differenze di personalità e soprattuto in relazione all'osservazione sistematica del comportamento di doglianza (algometria comportamentale) (157,158). E' ben noto come l'esperienza del dolore cronico, specie in corso di FM, comporti significativi riflessi sulla sfera cognitiva, affettiva e soprattutto comportamentale (comportamento espressivo e motorio, interazioni sociali e familiari, richiesta di farmaci, di interventi chirurgici, disturbi affettivi, abuso di alcool, irritabilità, livelli di attività e conseguenze socio-economiche e lavorative) (159,161). Tale stile maladattivo nell'affrontare la propria affezione viene denominato comportamento anomalo di malattia, ed è inteso come una “modalità di malapprendimento nel percepire, valutare ed agire in rapporto al proprio stato di salute” (157,158). Un modo pratico ed ampiamente utilizzato per valutare i comportamenti da dolore è quello di chiedere ai pazienti di tenere un diario giornaliero delle loro attività. Solitamente i pazienti registrano il numero di volte che compiono delle attività specifiche (ad esempio, sedere, camminare, stare distesi o in piedi) e quanto tempo dedicano ad esse. Il diario del dolore (o tecnica dei resoconti soggettivi) è una esposizione personale, orale o scritta, delle esperienze e del comportamento
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giornaliero. Tali rapporti, sebbene si basino su un metodo di quantificazione indiretta, che per la sua stessa natura contiene un errore intrinseco, si sono dimostrati sufficientemente attendibili e rappresentano un utile metodo per valutare giornalmente i mutamenti delle condizioni patologiche e la risposta alla terapia. La valutazione dell’affaticamento o “fatigue” L'affaticamento o “fatigue” è uno dei sintomi più comunemente riferiti dai pazienti fibromialgici e la sua caratterizzazione e misurazione è di fondamentale importanza sia in ambito clinico che nella ricerca (162,163). Gli strumenti più impiegati in questo ambito sono il Multidimensional Assessment of Fatigue Index (163), il Brief Fatigue Inventory (164) ed il Functional Assessment of Chronic Illness Therapy Fatigue subscale (FACIT-F) (165). Il Multidimensional Assessment of Fatigue index (163) misura la fatica ed il suo effetto sulle attività della vita quotidiana mediante la somministrazione di 16 items. Tre items misurano la severità ed il grado della fatica, 11 items valutano il grado di interferenza della fatica con la capacità a svolgere le comuni attività della vita quotidiana (cucinare, farsi il bagno, vestirsi, attività sociali, visitare amici o parenti, camminare, ecc.), un ulteriore item indaga gli aspetti temporali della fatica ed un altro ancora misura i cambiamenti occorsi nell’ultima settimana. Il punteggio totale del questionario, calcolato dalla somma delle 3 sottoscale, è compreso fra 0,125 e 10. Il Brief Fatigue Inventory (164) è un questionario suddiviso in 4 parti ed è costituito da 10 items. Il primo item indaga se il paziente si è sentito affaticato in maniera inusuale durante l’ultima settimana e non viene,
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tuttavia, incluso nel punteggio finale. Le successive sezioni sono costituite da singoli items (scale a 11 livelli), che misurano lo stato di fatica attuale, quella registrata nelle ultime 24 ore ed il peggior livello di fatica nelle ultime 24 ore. Il Functional Assessment of Chronic Illness Therapy Fatigue subscale (FACIT-F) (165) è formato da 13 items. I pazienti possono rispondere al questionario segnando il numero (da 0, corrispondente al termine “per niente” a 4, corrispondente al termine “moltissimo”) che maggiormente riflette la loro situazione negli ultimi 7 giorni. Il punteggio viene calcolato a seconda degli items sommando i numeri segnati o sottraendo da 4 il numero scelto, per poi eseguire la somma totale. Nel caso in cui mancano una o più risposte ad un item, la somma viene moltiplicata per il numero degli items e poi divisa per il numero degli items a cui il paziente ha risposto.
La valutazione della qualità del sonno La qualità del sonno viene misurata, di norma, mediante una semplice scala analogica visiva o numerica (segmento di retta di 10 cm), in cui ad un estremo è indicato “0 = nessun problema per dormire e nell’altro 10 = massima difficoltà per dormire. Nei trial clinici vengono, tuttavia, adottati strumenti più complessi, come ad esempio il Medical Outcome Study (MOS) Sleep (166) una scala autosomministrata, che misura differenti aspetti correlati a turbe del sonno (difficoltà all’addormentamento ed al mantenimento del sonno, sonnolenza diurna, disturbi respiratori, russamento, quantità del sonno). Ogni dominio, espresso come frequenza nelle ultime 4 settimane, viene misurato mediante una
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scala a 7 livelli (da 0 a 6) ai cui estremi figurano “mai” e “per tutto il tempo”. Mediante algoritmi lineari di trasformazione i punteggi vengono convertiti in una scala compresa fra 0 ne 100.
La valutazione della disabilità e della qualità della vita La misura della disabilità e della qualità della vita (QdV) sono considerati elementi di fondamentale importanza anche in chiave prognostica (167). Il riconoscimento della capacità di autopercezione degli effetti degli interventi di assistenza sanitaria e dell'impatto della malattia cronica sullo stato di salute ha favorito lo sviluppo di scale e di questionari, generici ed artrite-specifici, per la valutazione della disabilità e della QdV, che hanno trovato un crescente impiego anche in questo ambito (168). Gli strumenti generici sono stati messi a punto allo scopo di fornire una descrizione delle condizioni sanitarie, in relazione alle diverse dimensioni e forniscono un quadro generale dello stato di salute (169). Gli strumenti specifici sono stati, invece, concepiti in modo tale da fornire informazioni più attinenti all'area di interesse: a) i segni clinici e i sintomi (biologici e psicologici); b) la funzione fisica e/o cognitiva; c) lo stato di benessere e la funzione emotiva; d) la funzione sociale; e) il grado di soddisfazione nei confronti della terapia. Le due principali categorie del sistema sono gli strumenti generici e gli strumenti specifici.
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Strumenti generici Gli strumenti generici, in particolare i profili sanitari (o profili dello stato di salute), sono stati messi a punto allo scopo di fornire una descrizione delle condizioni sanitarie in una vasta gamma di popolazioni, in relazione alle diverse dimensioni dello stato di salute basato su molteplici attributi. Tale approccio valutativo si fonda sul principio che lo stato di salute può essere definito da un certo numero di concetti, componenti e dimensioni, possibilmente collegati in maniera gerarchica. In teoria, il sistema di attributi può essere tanto ampio e profondo, quanto è richiesto dal grado di dettaglio che si intende perseguire nello studio. Alcuni di tali strumenti forniscono un punteggio per ciascuna scala o componente o dimensione del profilo, mentre altri forniscono solo un punteggio globale, il cui impiego richiede cautela (169). I profili dello stato di salute che più di altri hanno trovato impiego nella FM includono: il Medical Outcomes Study (MOS) 36-Items Short-Form Healthy Survey (SF-36) (170), il Sickness Impact Profile (SIP) (171) ed il Nottingham Health Profile (NHP) (172). L’SF-36, in particolare, prevede otto scale a quesito multiplo, ciascuna delle quali è costituita da due a dieci items ed una valutazione a singolo quesito sul cambiamento delle condizioni di salute, che non viene impiegata per l'attribuzione del punteggio in nessuna delle otto scale a items multipli (170). Indici sintetici che descrivono globalmente lo stato di salute fisica (attività fisica, ruolo e salute fisica, salute in generale, dolore) e quello mentale (vitalità, ruolo e stato emotivo, salute mentale, attività sociali) sono stati ottenuti dall’aggregazione delle diverse sottoscale (Figura 2). I quesiti e le sottoscale dell'SF-36 sono organizzati in modo
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tale che più è elevato il punteggio migliore è lo stato di salute del soggetto. Gli algoritmi relativi alle fasi di attribuzione dei punteggi sono fissati da procedure matematiche standardizzate (170,173). Il questionario, autosomministrato o proposto con la tecnica dell’intervista “faccia a faccia”, viene solitamente completato dal paziente in 5-8 minuti.
Figura 2. SF-36 - Modello di struttura a 2 compartimenti (componente fisica e mentale).
Strumenti specifici Gli strumenti specifici sono stati concepiti per fornire informazioni attinenti l'area di interesse. Le valutazioni specifiche nella FM sono incentrate su aspetti della salute tipici e sul quadro sintomatologico (mobilità, destrezza, attività fisica, ruolo sociale e familiare, dolore, attività della vita quotidiana e stato psico-emotivo). Lo strumento specifico più utilizzato a questo proposito è rappresentato dal Revised
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Fibromyalgia Impact Questionnaire (R-FIQ) (174). Il R-FIQ, disponibile nella versione italiana, comprende 21 items, strutturati su scale di valutazione numerica (NRS) comprese tra 0 e 10. I quesiti vengono suddivisi in tre distinti domini: la funzione fisica (9 items), in relazione alla difficoltà di assolvere le comuni attività della vita quotidiana; lo stato di salute generale (2 items), che indaga l’impatto della malattia sullo svolgimento dell’attività lavorativa; la terza sezione prevede l’autovalutazione dell’intensità/gravità dei sintomi correlati alla malattia (10 items). Il punteggio totale del FIQ-R si ottiene dividendo il punteggio complessivo del primo dominio per 3 (score 0-30), quello del secondo dominio per 1 (score 0-20) e quello del terzo dominio per 2 (score 0-50). Il punteggio finale, dato dalla somma dei punteggi ottenuti nei tre domini, può variare da un minimo di 0 ad un massimo di 100 (più è elevato il punteggio, maggiore è l’impatto della malattia sulla qualità della vita del paziente).
Criteri di risposta al trattamento L’ampia varietà degli strumenti disponibili per la valutazione dei pazienti fibromialgici (135,136) e la significativa etereogenicità con cui la malattia viene “misurata”, rendono difficile la determinazione dell’efficacia dei diversi schemi terapeutici. Uno dei principali problemi è la mancanza di accordo sui criteri di risposta. Sebbene l’”outcome” primario, più adottato nei trial clinici, sia rappresentato dal miglioramento del dolore, non è, tuttavia, accettato che il solo miglioramento dell’intensità del dolore possa rappresentare la risposta al trattamento. Per tale ragione è stato di recente sviluppato e proposto un indice
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composito di malattia denominato Fibromialgia Assessment Status (FAS) (175,176). Il FAS viene ottenuto dal calcolo della media dei valori di SelfAssessment Pain Scale (SAPS), della qualità del sonno (scala numerica da 0 a 10) e della fatica o stanchezza (scala numerica da 0 a 10) e fornisce una singola misura “composita” di stato globale di salute, che varia da 0 (completo benessere) a 10 (peggiore stato di salute). Il SAPS consente una stima dell’intensità del dolore e/o della dolorabilità, riferiti dal paziente nel corso dell’ultima settimana, in ciascuna delle zone del corpo mappate su un pittogramma di riferimento, tracciando una X nelle rispettive caselle, mediante la seguente scala ordinale: 0 = nessun dolore, 1 = lieve, 2 = moderato, 3 = grave. Il punteggio (compreso fra 0 e 48) viene normalizzato a 0-10 utilizzando il relativo nomogramma (Figura 3).
Figura 3: Fibromyalgia Assessment Status (FAS).
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Capitolo 6 MARKERS LABORATORISTICI
La diagnosi di FM è di tipo clinico ed è basata sulla presenza dei criteri precedentemente
esposti.
Questi
criteri
diagnostici
frequentemente
si
sovrappongono a quelli di altre malattie, come alcuni pazienti affetti da sindrome da fatica cronica (CFS) che rientrano nei criteri per la FM e un assetto similfibromialgico potrebbe essere presente anche in malattie non reumatiche: ad esempio pazienti affetti da ipotiroidismo, anche subclinico (con ormoni tiroidei normali e TSH alterato) mostrano un dolore muscolo-scheletrico simile a quello presente nella FM. Molto spesso la FM può essere presente contemporaneamente ad altre malattie delle quali confonde e aggrava i sintomi, come la sindrome di Sjögren, il LES, l'AR, l’anemia, l’ansia e la depressione anche non evidenti, e lo stress cronico (34). La diagnosi basata sui criteri ACR deve tuttavia essere accompagnata dall'esclusione di malattie che hanno in comune con la FM i sintomi ma non le cause: vanno cioè escluse tutte le altre cause di dolore muscolo-scheletrico generalizzato, dalla valutazione di markers specifici di malattia e dall' analisi di tipo umorale che escluda la presenza di malattie che possono avere una sintomatologia simile a quella presente nella FM, come la AR, la polimiosite, la polimialgia reumatica, la spondiloartrite, ecc (9). La diagnosi quindi è clinica e si basa anche sull’esclusione di altre malattie. Pertanto il paziente fibromialgico si
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riconosce anche per la numerosità di esami che ha eseguito prima di arrivare ad essere classificato come tale. Sebbene la FM non sia associata ad evidenti danni organici, è una malattia altamente debilitante. L’esigenza del reumatologo di trovare degli esami strumentali o di laboratorio che aiutino a confermare la diagnosi risulta di estremo interesse e di forte necessità. Un altro quesito è come valutare la gravità della malattia e la risposta alle terapie che non sia solo basata sul una quantificazione clinica verbale o un numero espresso da 0 a 10 ma associata anche a parametri biochimici. Trovare quindi alterazioni misurabili con esami strumentali e con dosaggi ematochimici nel sangue risulta un utile strumento per la diagnosi, per valutare la gravità della malattia e la risposta al trattamento e infine per identificare le cause della malattia.
Siero Paragonati ai soggetti sani o ai pazienti affetti da altre malattie, i pazienti affetti da FM presentano elevate concentrazioni di anticorpi anti-polimero (APA)(177) e di anticorpi anti-serotonina (178), in contrapposizione alla restante popolazione italiana. La ricerca degli APA nei fibromialgici risale all’osservazione che pazienti che avevano subito un impianto di protesi mammaria con silicone sviluppavano un sintomatologia simile alla FM con presenza di APA. La positività per APA nella popolazione italiana appare essere meno frequente che negli USA, anche se la loro positività correla con una malattia più severa; questo potrebbe essere dovuto alle differenti origini etniche delle popolazioni studiate. I pazienti con FM hanno un'elevata incidenza di anticorpi anti-tiroide, la cui
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positività sembra essere legata alla presenza di alcuni sintomi, come cistite interstiziale, faringodinia, ecc. Inoltre frequentemente la presenza di anticorpi antitiroide non si associa ad un’alterazione degli ormoni tiroidei (179). Altri anticorpi
verso
componenti
delle
cellule
nervose
(anti-ganglioside
e
antifosfolipidi) sono stati identificati in pazienti affetti da FM rispetto ai soggetti sani, ma la loro sensibilità e specificità non sono ancora chiare. Studi recenti hanno mostrato un'alta concentrazione di acido ialuronico nei pazienti fibromialgici rispetto ai controlli sani (180,181). Sono state trovate alterazioni di aminoacidi a catena ramificata (valina, leucina, isoleucina) e fenilalanina (182), cross-links del collagene (cioè prodotti di degradazione del collagene) e, in particolare, una riduzione del rapporto pridinolina/deossipiridinolina e livelli ridotti di idrossiprolina (183). La neopterina è stata suggerita come marker di tipo infiammatorio e avrebbe una relazione inversamente proporzionale alla disponibilità di L-triptofano, aminoacido importante per la sintesi di serotonina. In altri studi, sono stati trovati bassi livelli serici di 5-HT o Serotonina (5-idrossitriptamina) in pazienti affetti da FM, rispetto sia ai controlli sani sia ai pazienti affetti
da
altre
patologie
reumatologiche
come
l’AR.
Nota
come
neurotrasmettitore del tono dell’umore, la 5-HT ha svariate diverse altre funzioni: si trova nella parete intestinale (cellule enterocromaffini) e ne regola la motilità; controlla la funzionalità piastrinica e viene rilasciata durante l’aggregazione. A livello del SNC, la 5-HT svolge un ruolo importante nella regolazione dell'umore, del sonno, della temperatura corporea, della sessualità e dell'appetito. La depressione può essere collegata alla carenza di serotonina la quale sembra essere
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coinvolta in numerosi disturbi neuropsichiatrici, come l'emicrania, il disturbo bipolare, la depressione e l'ansia. Questi studi forniscono indirettamente un'evidenza circa le alterazioni del metabolismo della 5-HT nei pazienti affetti da FM. Secondo Jascko, i pazienti fibromialgici mostrano una tendenza ad avere livelli di serotonina più bassi rispetto ai pazienti affetti da AR e ai controlli sani, ma le variazioni dei livelli di serotonina all'interno del gruppo di malattie è troppo generale per differenziare la FM da altre condizioni, specialmente dalla depressione (184). La serotonina viene recuperata dalle cellule nervose ad opera di un trasportatore specifico che geneticamente è più o meno efficiente nel recupero; a partire da questa considerazione si può ipotizzare che i pazienti affetti da FM presentino alterazioni nella funzione del trasportatore della 5-HT a livello sinaptico, dovuta ad un polimorfismo trascrizionale nella regione con un interpretazione di tipo “genetico della alterazione”(185). Diversi studi hanno suggerito un'alterazione dell'ormone della crescita o growth hormone (GH), in senso di insufficiente produzione; questo ormone ipofisario viene prodotto durante il sonno non REM, la sua produzione aumenta con l’esercizio fisico ed è inversamente proporzionale all’età e a disturbi del sonno. Sembra proteggere il corpo dagli effetti immunosoppressivi dei glucocorticoidi durante lo stress (186) e favorire il recupero energetico del muscolo IGF1-mediato prodotto dal fegato. Alcune manifestazioni cliniche della FM sono simili a quelle descritte nella sindrome da deficit di GH dell’adulto, in particolare la debolezza muscolare, l’astenia, la ridotta capacità all’esercizio e l’isolamento sociale. Inoltre, sono stati trovati livelli serici alterati di cortisolo e melatonina, che come è noto sono
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strettamente associati ad alterazioni del ritmo circadiano. Sono state inoltre osservate alterazioni di 5-HT, di somatomedina C, peptide legato al gene per la calcitonina, di calcitonina e colecistochinina, che sono possibili indicatori di dolore diffuso fibromialgico (187). Alcuni studi hanno mostrato un incremento nel plasma dei livelli di IL-6 e IL-8 paragonati ai controlli sani, un incremento della produzione di IL-1 e TNF-α e una ridotta produzione di IL-2 e IFN-α. Altri hanno mostrato un incremento nel plasma di IL-10, IL-8 e TNF-α, nella FM, supportando ll'ipotesi di un'attivazione del sistema immune (188). E’ stata inoltre evidenziata una riduzione dei livelli di TNF-α e IL-8, rispetto al basale, dopo 6 mesi di terapia antidolorifica in pazienti con FM, avvalorando l’ipotesi che queste siano implicate nella FM (189). Il ruolo dei radicali liberi nella FM è controverso, e potrebbe anche trattarsi di un disordine di tipo ossidativo; ci sono studi che hanno mostrato, nella FM, elevati livelli di malondialdeide, marker di danno ossidativo, e bassi livelli di superossido-dismutasi, un antiossidante intracellulare (190). Nel plasma di soggetti fibromialgici sono stati trovati livelli significativamente più bassi rispetto a volontari sani di diversi aminoacidi (taurina, alanina, tirosina, valina, metionina, e fenilalanina), suggerendo un possibile cattivo assorbimento degli stessi (191).
Urine Il fattore stress è probabilmente cruciale e sono state trovate alterazioni del CRFL1 urinario, delle catecolamine, del cortisolo, con gli aplotipi del gene COMT per le catecolamine; come nel siero, nelle urine sono stati trovati cross-links del
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collagene e livelli ridotti di idrossiprolina; l'abbassamento dei livelli dei prodotti del collagene o della sua riparazione e struttura potrebbe contribuire alla riduzione della soglia del dolore caratteristica dei pazienti fibromialgici (192).
Liquor cerebro-spinale Nei soggetti fibromialgici sono presenti livelli elevati di sostanza P nel liquor cerebro-spinale, che comporterebbe un rilascio di IL-6 e una aumentata produzione di IL-8, citochina responsabile del passaggio dei neutrofili attraverso le pareti dei vasi. Nel liquor dei pazienti affetti da FM sono anche stati trovati livelli alterati di serotonina e un incremento del CRH, oltre ad un pool di proteine (α1-macroglobulina,
orosomucoide,
precursori
della
sostanza
amiloide,
ecc.)(193). In questi pazienti, il dolore ma non la fatica, è stato associato alla concentrazione di un fattore rilasciante la corticotropina nel liquor cerebro-spinale (194). Questi dati supportano l'ipotesi che anomalie in risposta allo stress siano associate al dolore di tipo fibromialgico. Inoltre è stata anche trovata una riduzione del fattore neurotrofico derivato dalle cellule gliali (195); questo risultato potrebbe essere legato al ruolo di questo fattore nel prevenire e nel risolvere anomalie che si sviluppano nelle condizioni dolorose croniche.
Cellule isolate e tessuti Nella FM è stata messa in evidenza una risposta anomala sia da parte dei linfociti sia delle citochine (IL-6-8-10, TNF-α). Il numero dei linfociti T e i livelli di immunoglobuline M appaiono alterati e il numero delle cellule natural-killer
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appare ridotto. E’stata anche trovata una ridotta attivazione dei linfociti T e alterazioni dei recettori cellulari, specialmente il recettore periferico per le benzodiazepine, i recettori per la 5- HT e il sistema del re-uptake della 5-HT. Studi condotti sulle piastrine hanno mostrato una ridotta densità dei recettori per la 5-HT ma anche del suo carrier e la sua ridotta funzionalità nella FM, mettendo in evidenza un più basso reuptake della 5-HT a livello delle sinapsi e una upregulation dei recettori periferici delle benzodiazepine (PBR), che risulta anche legata alla severità di malattia (196). Nelle piastrine dei pazienti affetti da FM sono anche state trovate aumentate concentrazioni intracellulari di ioni calcio e ioni magnesio e livelli ridotti di ATP. In uno studio Kaufmann (197) ha confrontato pazienti fibromialgici, soggetti con sindrome dolorosa regionale complessa (CRPS) e controlli sani, riguardo l'influenza del dolore sul numero dei linfociti, le loro sottopopolazioni e il rapporto Th1/Th2. Il numero dei linfociti non era differente tra i gruppi ma c'era una riduzione significativa dei linfociti CD8+ citotossici nei pazienti affetti da FM e nei pazienti con CRPS. Sembra che il muscolo non presenti grossi cambiamenti a livello microscopico, ma i dati appaiono inconsistenti e non sono stati trovati infiltrati infiammatori. È stato trovato che la cute dei pazienti affetti da fibromialgia mostra patterns inusuali di fibre nervose non mielinizzate come le cellule di Schwann; se questi risultati vengono replicati in uno studio di più larghe dimensioni, queste anomalie potrebbero contribuire ad una soglia del dolore più bassa nei soggetti fibromialgici (198). Al momento presente non ci sono markers specifici di FM, essendo molti di essi
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utilizzabili solo a scopo di studio. La presenza di questi fattori, comunque, può aiutare a capire i meccanismi patogenetici e a identificare i sottogruppi di pazienti con lo scopo di prescrivere una terapia più specifica. Alcuni di questi fattori potrebbero essere usati come indici di severità della malattia. La letteratura corrente è molto vivace nell'identificare e suggerire alterazioni sierologiche, che possano assurgere al ruolo di markers di FM, ma occorre che rispondano a criteri di fattibilità e riproducibilità, per poterli utilizzare a scopo diagnostico e terapeutico.
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Capitolo 7 FATTORI SCATENANTI
La sindrome fibromialgica è una controversa condizione dolorosa cronica, dalle cause sconosciute, frequentemente correlata alle reazioni di adattamento allo stress. Numerose evidenze hanno dimostrato che alcuni eventi vitali negativi, soprattutto se vissuti in età formativa, possono condizionare lo sviluppo ed il corretto funzionamento del SNA e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), che rappresentano i componenti cardine della risposta neuroendocrina allo stress. Una loro eventuale alterazione è un importante fattore che predispone l’insorgenza di numerose malattie stress-relate, tra cui la FM (199). Appaiono più vulnerabili il sesso femminile ed in particolare quei soggetti che abbiano nella propria storia familiare parenti di primo grado affetti da sindromi dolorose croniche, in cui la componente genetica svolgerebbe un ruolo importante. Tra le condizioni che possono, nei soggetti predisposti, scatenare la FM, sembrano essere particolarmente importanti gli eventi che vengono percepiti dall’individuo come un cambiamento peggiorativo, un’emozione negativa, un evento stressante e nocivo. Lo stress ha un ruolo importante in tutti i soggetti che percepiscono come amplificato il vissuto nocivo proveniente da fattori esterni, cui possono anche associarsi turbe del carattere o psicopatologie condizionanti (disturbo d’ansia o depressione, disturbo di panico e fobie, ecc.). Lazarus e Folkman in un ampio trattato del 1984 (200) precisano che “lo stress psicologico è caratterizzato dal fatto che l'individuo percepisce le sfide che l'ambiente gli pone
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come troppo gravose ed eccedenti le sue risorse, come fattori in grado di mettere a rischio il suo benessere”. Spesso questi soggetti sopravvalutano l'evento (201) e sottovalutano al contrario le proprie capacità di farvi fronte. L'impatto stressogeno di un evento non è quindi determinato esclusivamente dalle condizioni oggettive, ma anche dal modo in cui il soggetto valuta se stesso in rapporto all'evento (202). In caso di sovraccarico psichico, entra in azione un ormone ipotalamico, il Corticotropin Release Hormon (CRH), che agisce attraverso un meccanismo definito “braccio corto” sul centralino (locus coeruleus) del SNA che, a sua volta, condiziona il funzionamento degli organi e/o dei sistemi da esso dipendenti attraverso il simpatico e il parasimpatico. Lo stesso CRH agisce anche amplificando l’allerta neuro-ormonale (“braccio lungo”) nell’ipofisi, da cui provoca la produzione dell’ACTH, il quale a sua volta incrementa la liberazione dalle ghiandole surrenali dell’adrenalina e soprattutto del cortisolo. L’attivazione dei sistemi dello stress mette in azione, attraverso un’allerta delle cellule nervose competenti, il sistema di percezione del dolore, situato nel sistema limbico, riducendo la via discendente inibitoria del dolore. In tale azione sono coinvolte sostanze quali la serotonina, la norepinefrina, le β-endorfine e la sostanza P.
Fattori prenatali, dell’infanzia e dell’adolescenza L’assunzione materna di cortisone, deficit nutrizionali o l’esposizione a traumi psicofisici durante la gravidanza sarebbero in grado di alterare lo sviluppo dell’asse HPA nel feto (203). Il basso peso alla nascita correla sia con l’iperattività dell’asse HPA nel maschio che con l’ipertono simpatico nella
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femmina (204). Negli animali da laboratorio, l’esposizione ad eventi stressanti quali stimolazioni dolorose o l’allontanamento dalla madre nei primi giorni di vita, determina sia alterazioni comportamentali sia modificazioni dell’asse HPA nell’animale adulto simili a quelle documentate nei pazienti fibromialgici. Allo stesso modo, esperienze traumatiche precoci (abusi, abbandono, gravi malattie nell’infanzia), determinano una maggiore frequenza di alcune condizioni morbose, quali la depressione maggiore e la FM nell’età adulta (205,206). È probabile che la reazione allo stress indotta da questi eventi traumatici, che si verificano in un periodo critico per lo sviluppo di neuro circuiti specifici, induca alterazioni persistenti a carico del SNC (207).
Infezioni Le segnalazioni di casi di FM insorta in concomitanza con malattie infettive croniche, virali e non, si sono moltiplicate negli anni e, spesso, sono state smentite da successivi studi. Tra gli agenti infettivi la Borrelia burgdorferi, agente eziologico della malattia di Lyme, è stata ripetutamente segnalata come possibile fattore scatenante per l’insorgenza di FM (208). Il rapporto tra infezione da virus dell’epatite C (HCV) e FM è stato più volte sostenuto ma anche confutato, così come quello con il Parvovirus B19 (209-211). Sebbene un rapporto di causalità diretta tra malattie infettive e FM non sia mai stato dimostrato, sembra tuttavia plausibile che le infezioni possano in qualche modo fungere da agente scatenante; l’insorgenza della FM, infatti, è stata anche messa in rapporto con molteplici vaccinazioni per malattie infettive, sia virali che batteriche (212). È probabile,
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quindi, che l’ipotetico agente infettivo, agisca stimolando la produzione di citochine che, come è noto, intervengono in molteplici funzioni fisiologiche che sono alterate nei pazienti affetti da FM.
Disturbi del sonno Tra i sintomi extrascheletrici riferiti dai pazienti affetti da FM i disturbi del sonno sono quelli che ricorrono più frequentemente. Moldofsky per primo e diversi altri Autori
successivamente
hanno
evidenziato,
mediante
indagini
elettroencefalografiche, la spontanea intrusione di onde alfa, cioè di onde associate alla reazione di risveglio, entro il ritmo ad onde lente delta che caratterizza il sonno profondo (fase non-REM)(29). Lo stesso autore, inoltre, ha riprodotto artificialmente in volontari sani una sintomatologia analoga a quella riferita dai pazienti affetti da FM, con la comparsa di punti di dolorabilità alla pressione, utilizzando uno stimolo acustico di intensità non sufficientemente elevata da provocare il risveglio ma tale comunque da disturbare la fase non-REM del sonno. Tuttavia, così come un’alterazione della fisiologia del sonno può indurre la comparsa del dolore muscoloscheletrico, è anche vero il contrario: stimolazioni muscolari nocicettive, somministrate a volontari sani durante il sonno, sono in grado di alterarne il pattern elettroencefalografico (213). Molte altre condizioni patologiche si associano a modificazioni del sonno del tutto simili a quelle riscontrate nella FM. Le alterazioni del sonno riscontrate potrebbero rappresentare, quindi, non la causa della FM, bensì la conseguenza di alterazioni neuroendocrine ed immunologiche indotte da infezioni batteriche o virali, da
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traumi fisici o psichici o, più in generale, dalla reazione cronica da stress.
Disturbi psicologici La depressione e l’ansia sono un denominatore comune delle condizioni dolorose croniche (214-215); il rapporto tra dolore e depressione sembra essere bidirezionale, anche se da tutti gli studi effettuati nei pazienti fibromialgici un nesso di causalità tra sindromi depressive ed insorgenza della malattia non è mai stato chiarito.
Eventi stressogeni Stisi (216) ha dimostrato l’influenza dello stress percepito nell’età adulta quale fattore scatenante la FM, dimostrando che la somma di più eventi vitali possa slatentizzare malattia. Nel campione di soggetti affetti da FM e confrontati a pari età sani ed affetti da una o più sindromi disfunzionali, non solo era maggiore il numero di eventi vitali stressanti precedenti la malattia, ma soprattutto il paziente fibromialgico li valutava di più rispetto al soggetto sano.
Dolore cronico Il rischio di sviluppare la FM sembra essere aumentato nei pazienti affetti da condizioni dolorose croniche di altra natura; oltre l’80% dei pazienti, infatti, riferisce di aver sofferto di condizioni dolorose croniche localizzate, prima della generalizzazione del dolore (217). L’incidenza della FM, inoltre, è maggiore, rispetto alla popolazione di controllo, in corso di LES (40-65%), AR (57%),
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artropatia psoriasica (24%), lowback pain cronico (25%) e negli esiti di colpi di frusta a livello del rachide cervicale (218). Gli input nocicettivi persistenti, quindi, potrebbero indurre, in soggetti predisposti, la generalizzazione del dolore e l’insorgenza della FM.
Disturbo post-traumatico da stress Esperienze traumatiche ambientali particolarmente intense, come gli attacchi terroristici dell’11 Settembre 2001, hanno determinato un incremento, nella popolazione di Manhattan, di disturbi post-traumatici da stress ma non di FM (219). È difficile stabilire se la maggiore incidenza di FM, riscontrata nei veterani della guerra del Golfo Persico del 1991, sia ascrivibile allo stress psicologico oppure all’esposizione a sostanze tossiche ambientali (220).
Traumi Il ruolo dei traumi nell’indurre l’insorgenza di FM è controverso; la maggiore incidenza di FM segnalata dopo traumi a carico del rachide cervicale, non è stata confermata negli studi più recenti (218). Il ruolo dei microtraumatismi ripetuti sembrerebbe essere sostenuto dalla maggiore incidenza di FM nei soggetti affetti da ipermobilità articolare (221), ma anche in questo caso il consenso circa un rapporto causale non è unanime (222).
Alterazioni ormonali La constatazione che la FM è più frequente nel sesso femminile ha fatto ipotizzare
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un ruolo degli ormoni sessuali. La reattività dell’asse HPA e del SNA, rispetto all’uomo, è minore nella donna dalla pubertà alla menopausa, mentre tende ad aumentare dopo la menopausa per il venir meno della stimolazione ormonale (223). Lo stato estrogenico, quindi, non interverrebbe in modo diretto sull’insorgenza del dolore cronico muscoloscheletrico, quanto sulla reattività di entrambi gli effettori del sistema di reazione allo stress a stimoli traumatici esterni. L’ipotiroidismo può mimare la sintomatologia muscolo scheletrica della FM, entrando in diagnosi differenziale con essa; l’incidenza è la severità della FM, tuttavia, è maggiore in condizioni di ipotiroidismo subclinico ed in soggetti eutiroidei che presentano solo alterazioni immunologiche (179).
Ipersensibilità a sostanze chimiche Una particolare sensibilità a molteplici sostanze chimiche presenti nell’ambiente sarebbe alla base della sindrome da sensibilità chimica multipla, una sindrome disfunzionale strettamente embricata con la FM e la sindrome da stanchezza cronica. Il mercurio, il nichel, diversi pesticidi ed il silicone, utilizzato nelle protesi mammarie, sono le sostanze più frequentemente citate come possibile causa di sindromi disfunzionali, tra cui la FM (224-225).
In conclusione, mentre i meccanismi patogenetici alla base delle sindromi da ipersensibilizzazione centrale, tra cui la FM, si stanno chiarendo negli ultimi anni, le cause scatenanti sono ancora ipotetiche. È molto improbabile che la FM sia provocata da una singola causa. Tanti pazienti non sono in grado di identificare un
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particolare evento che abbia determinato l’insorgenza dei sintomi; nei casi in cui sia possibile risalire all’evento scatenante, questo è solitamente attribuito ad una malattia febbrile oppure, più frequentemente, ad un trauma fisico o psichico.
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Capitolo 8 LA DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Spesso si giunge alla diagnosi di FM dopo una serie interminabile di visite ed esami specialistici anche invasivi, con grande dispendio di tempo e denaro e conseguente frustrazione sia del medico ma soprattutto del paziente, che non vede riconosciuta la causa della sua sofferenza (226). E’quindi molto importante che il medico di Medicina Generale sappia porre, nel sospetto di malattia, una corretta diagnosi differenziale e/o indirizzare il paziente verso lo specialista di riferimento (reumatologo, algologo, neurologo, ecc.) che confermi la diagnosi e si faccia carico di una gestione “integrata” del paziente. La diagnosi differenziale riguarda un ampio spettro di patologie e i numerosi sintomi associati, che spesso variano da un paziente all’altro o in tempi diversi nello stesso paziente, possono essere un fattore confondente. Le condizioni da porre in diagnostica differenziale con la FM sono:
• patologie reumatologiche infiammatorie e non • patologie endocrine-metaboliche • patologie neurologiche • neoplastiche • infettive • psichiatriche.
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Patologie reumatologiche Il dolore, sintomo cardine della FM, caratterizza la maggior parte della malattie reumatiche. Varie componenti articolari quali la capsula, i legamenti, i tendini, il tessuto peritendineo, le borse, le entesi, possono essere sede di dolore infiammatorio, a volte ad andamento cronico. Occorre innanzitutto escludere sindromi da dolore neuropatico, quali la nevralgia post erpetica, la neuropatia diabetica ed il dolore legato a neuropatie centrali, quali il dolore cronico post ictus, il dolore in corso di sclerosi multipla, il dolore da stenosi del canale midollare, il dolore nei pazienti con siringomielia. Il dolore muscolo scheletrico regionale, localizzato, definito anche con il termine di “sindrome dolorosa miofasciale” è una delle cause più frequenti di dolore reumatico nella popolazione ed è riferito in particolare al rachide, alle spalle, alle ginocchia, alle anche, ai piedi ed alle mani. In alcune sindromi dolorose regionali, il dolore è presente anche senza una evidente causa nocicettiva ed è quindi legato ad una alterata processazione di stimoli periferici da parte del SNC. Il dolore può assumere caratteristiche di dolore sordo, vago, non localizzabile, talora riferito in sedi distanti dalla sede di danno (irradiato), caratteristiche che possono essere confondenti. Va posta attenzione alla differenziazione dei punti tenders (dolorosi), tipici della FM, dai punti “trigger”. Questi ultimi sono rappresentati da fasce muscolari o parti di esse che si presentano ipereccitabili, dolorabili, con rapida contrazione locale alla palpazione; la palpazione o la pinzettatura della cosidetta ”benderella palpabile” suscita dolore in un’area bersaglio (area “target” o di riferimento) e contrazione o fascicolazione localizzate. Questo tipo di dolore
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regionale, scatenato dalla palpazione dei punti “trigger” è tipico del reumatismo mio fasciale (227-229). Il punto trigger è spontaneamente dolente; il dolore è localizzato e non diffuso come nella FM. Per quanto riguarda la malattie non infiammatorie, la FM si associa spesso e va differenziata dalla sindrome da iperlassità legamentosa, in particolare nei bambini e negli adolescenti. Molti studi hanno evidenziato tale associazione evidenziando come molti soggetti con sindrome da iperlassità siano fibromialgici e viceversa, fatto non presente in altre malattie reumatiche. Il dato anatomico-funzionale rappresenterebbe quindi un fattore di rischio. Altre malattie reumatologiche, di tipo infiammatorio, possono entrare in diagnosi differenziale. I pazienti con FM hanno astenia persistente, riferiscono spesso gonfiore e rigidità articolare, lamentano artralgie, rachialgie, localizzano il dolore come a sede articolare, hanno parestesie periferiche, lamentano secchezza dell’occhio e della bocca ed altri disturbi che possono fare sospettare la presenza di connettiviti o di malattie articolari croniche infiammatorie come l’AR o altri reumatismi infiammatori. In presenza di sintomi quali rigidità presente al mattino associata a tumefazione e sensazione di impaccio motorio va considerata la diagnosi differenziale con l’AR: in questo caso clinica, obiettività clinica, esami di laboratorio e strumentali sono però dirimenti. Il LES potrebbe essere confuso con la FM. Entrambe le malattie sono più comuni nelle giovani donne ed entrambe condividono numerosi sintomi. Nella FM però mancano le manifestazioni cutanee tipiche del lupus, non c’è artrite, non si osservano sierositi, non ci sono manifestazioni renali né ematologiche. Wallace ha recentemente pubblicato uno studio che ha avuto come obiettivo quello di studiare
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il profilo immunoistochimico di pazienti affetti da AR, FM e LES al fine di migliorare la capacità diagnostica. 160 pazienti con FM, 98 con AR e 100 con LES si sono sottoposti al test immunoistichimico e sono stati confrontati con 119 controlli sani. Sono state dosate diverse citochine (IL-6, IL-8, MIP-1 alfa e MIP1beta) e i risultati hanno mostrato che i pazienti con FM hanno dei profili specifici e diversi da quelli presenti nei pazienti affetti da AR o LES. Questo test può essere uno strumento utile per aiutare i medici a differenziare le patologie infiammatorie croniche sistemiche dalla FM e nel giungere alla diagnosi definitiva nei casi più controversi (230). Tra le connettiviti che posso entrare in diagnosi differenziale vi è la sindrome di Sjogren, che si associa spesso alla FM (231). Nei fibromialgici ci può essere una sindrome sicca, documentata anche dal test di Schirmer patologico, mentre il profilo anticorpale risulta nella norma (assente la positività gli anticorpi anti SSA e SSB tipica del Sjogren). Anche la polimiosite può entrare in diagnosi differenziale con la FM anche se le mialgie presenti nella FM non hanno le caratteristiche del dolore muscolare dei pazienti con polimiosite; il paziente non ha mai un impegno muscolare così importante come accade in questa malattia. Inoltre la creatinfosfochinasi (CPK) nella FM è per lo più normale o solo lievemente elevato; l’elettromiografia è in genere normale e se ci sono dubbi diagnostici, il riscontro istologico ed immunoistochimico alla biopsia muscolare sono dirimenti. La diagnosi differenziale più difficile, nell’ambito delle connettiviti, rimane quella con la connettivite indifferenziata (UCTD)(232). La UCTD è una condizione clinica caratterizzata da segni e sintomi suggestivi di una
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connettivite ma tali da non essere sufficienti da poter porre diagnosi di una forma definita. Poliartite, fenomeno di Raynaud, puffy fingers, coinvolgimento polmonare e alterazioni della motilità esofagea sono i sintomi che più frequentemente vengono riportati e sono similari a quelli riportati dai pazienti fibromialgici; come il sesso predominante è quello femminile anche l’età di insorgenza è simile. La diagnosi differenziale è spesso possibile solo attraverso lo studio del profilo anticorpale (positivtà degli anticorpi U1snRNP).
Malattie endocrine - metaboliche L’ipotiroidismo, in particolare nella forma subclinica, entra spesso in diagnosi differenziale con la FM. Si può manifestare con stanchezza, mialgie diffuse, sensazione di freddo, gonfiore, astenia, mialgie diffuse, difficoltà della memoria, difficoltà di concentrazione, intorpidimento delle mani, alterazioni intestinali, parestesie. Il paziente ha cute secca, edema del viso, delle mani e degli arti, iporiflessia, perdita dei capelli. È spesso bradicardico e può avere versamenti nelle cavità
sierose.
Dirimente
è
il
dosaggio
degli
ormoni
tiroidei.
Nell’iperparatiroidismo primitivo, legato alla iperfunzione delle paratiroidi, sono comuni le mialgie, la debolezza muscolare, la facile affaticabilità, i dolori ossei diffusi, le artralgie, le alterazioni dell’intestino con presenza anche di vaga dolorabilità intestinale. Possono essere presenti disfunzioni del sistema nervoso centrale, depressione, parestesie periferiche agli arti. La diagnosi si basa sul dosaggio della calcemia, della fosfatasi alcalina, della fosforemia e del paratormone. Anche l’osteomalacia, condizione legata al deficit di vitamina D
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nell’adulto, si accompagna ad astenia e fatica muscolare legata a miopatia prossimale e parestesie. Il dosaggio della vitamina D e della calcemia, insieme agli esami strumentali, consentono la diagnosi.
Malattie neurologiche Sindromi dolorose di tipo neurologico (radicolopatie, nevralgie e/o neuropatie dolorose) possono essere distinte principalmente attraverso un’attenta anamnesi del sintomo dolore soprattutto per quanto riguarda la localizzazione e l’irradiazione oltre ai fattori precipitanti(232). Nelle patologie di tipo neurologico infatti il dolore può essere esacerbato da particolari movimenti o azioni. Altro elemento importante è l'assenza nella FM di segni obiettivi di interessamento motorio o sensitivo, spesso presenti nelle patologie del sistema nervoso periferico. Se il sintomo principale è la stanchezza e l'affaticabilità, possono essere prese in considerazione altre malattie neuromuscolari: una tra le più frequenti e subdole dal punto di vista diagnostico, è la miastenia gravis. In questo caso le caratteristiche dell'affaticabilità (al risveglio è assente, mentre i sintomi, contrariamente alla FM, sono scatenati dall’attività fisica), il coinvolgimento dei muscoli oculari e/o bulbari, il dosaggio degli anticorpi anti-recettore dell'acetilcolina e l'elettromiografia di solito orientano in modo corretto la diagnosi. La sclerosi multipla ha caratteristiche cliniche precise e definite. In questa malattia possono esserci parestesie emilateralizzate; in genere però non c’è affaticabilità e non ci sono punti dolorosi. La RM, l’esame del liquor e lo studio neurofisiologico sono dirimenti. Sono da considerare anche disturbi primitivi del
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sonno con le manifestazioni simil fibromialgiche spesso associate in questi pazienti. L’elettroencefalogramma (EEG) notturno o la polisonnografia sono dirimenti.
Neoplasie In pazienti, specie anziani, con assenza di storia pregressa di dolore e comparsa di dolore diffuso, astenia, febbricola, calo di peso, vanno escluse la presenza di neoplasie quali i mielomi ed altri tumori maligni (233). È possibile che pazienti con sottostanti neoplasie maligne manifestino sintomi quali dolore diffuso, intolleranza allo sforzo, astenia, disturbi del sonno e che abbiano anche positività dei punti dolorosi. La diagnosi differenziale, clinica, laboratoristica e strumentale deve essere precisa. L’esordio in età (50-60 anni), l’eventuale storia personale di neoplasia, la perdita di peso, l’assenza di miglioramento o meglio il continuo peggioramento clinico, il dolore ingravescente continuo, a riposo e notturno, specie lombare devono fare sorgere il sospetto diagnostico.
Infezioni Alcune infezioni (come nella sindrome da stanchezza cronica) possono essere trigger di dolore cronico diffuso e di astenia. E’ nota l’associazione tra FM e diversi tipi di infezioni come malattia di Lyme, infezioni da HIV o HCV o altre infezioni da virus linfotropici, i parvovirus B19 e Micoplasma (234). Per quanto riguarda i rapporti tra sindrome fibromialgica e sindrome da stanchezza cronica le due malattie vanno probabilmente considerate come manifestazioni della stessa
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malattia con diversa espressione clinica. È molto comune che i pazienti affetti da stanchezza cronica abbiamo dolori diffusi e tender points positivi come è comune che i fibromialgici abbiano stanchezza rilevante. Circa il 70% dei pazienti con stanchezza cronica hanno dolore muscolare cronico diffuso e positività dei punti tenders. I disturbi del sonno sono presenti in entrambe le affezioni, il sesso femminile, specie nell’età tra i 18 e 45 anni è quello maggiormente affetto da entrambe le affezioni, i sintomi depressivi, l’ansia, la cefalea tensiva, i disturbi da ipersensibilità a stimoli chimici, il colon irritabile, il dolore toracico atipico, il dolore temporo mandibolare ma anche la faringodinia e l’ingrossamento transitorio linfonodale sono comuni ad entrambe le forme. Diversi studi confermano questa sovrapposizione (235).
Disturbi psichiatrici La FM è frequentemente associata a disturbi psichiatrici (235-237). Almeno il 70% dei fibromialgici nel corso dello loro malattia presentano disturbi in tal senso. Diversi studi hanno evidenziato che circa il 30-35% dei fibromialgici hanno disturbi di ansia e/o disturbi affettivi come la depressione, con tasso di incidenza nettamente maggior rispetto alla popolazione generale, nella quale tali disturbi sono presenti nel 9-10%. Molti pazienti affetti da FM sono depressi, hanno storia di depressione o hanno familiarità in tal senso, altri hanno una sindrome ansiosa, alcuni hanno disturbi fobici. Circa il 50% dei pazienti con FM soffre di disturbo post traumatico da stress (238-239). Ci sono quindi pazienti che hanno depressione e sintomi fibromialgici ma anche pazienti che diventano
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depressi come conseguenza della persistenza dei disturbi della FM, con tutte le conseguenze personali e sulla vita familiare e di relazione che questi comportano. Molti disturbi sono simili a quelli lamentati dai pazienti affetti dalle patologie psichiatriche. In particolare è importante differenziare i sintomi fibromialgici dai sintomi che presentano i pazienti affetti da depressione, che presentano umore depresso associato a perdita di interesse o di piacere nei confronti delle attività della vita personale e relazionale. Possono avere perdita di peso, inappetenza, insonnia, rallentamento ideativo, ridotta capacità di concentrazione, ricorrenti pensieri di morte e di inadeguatezza. Vanno inoltr colti gli aspetti che indirizzano verso le crisi di panico. Alcuni sintomi quali palpitazioni, dispnea soggettiva, dolore al petto, dolori addominali, sensazione di malessere generale, formicolii agli arti, possono essere avvertiti anche dai pazienti fibromialgici. La scelta del trattamento farmacologic è fondamentale ed una terapia non corretta in presenza di specifiche situazioni psichiatriche potrebbe essere deleteria per il paziente. La FM non è sinonimo di dolore muscolo scheletrico cronico. È una malattia con caratteristiche specifiche. È diagnosi che richiede attenzione ai segni e sintomi del paziente, accuratezza nella visita clinica e un adeguato rapporto medico-paziente. La diagnostica differenziale con altre malattie, comprese le affezioni psichiatriche, deve essere precisa.
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Capitolo 9 I QUADRI CLINICI ALGODISFUNZIONALI NELLA FM
Molti pazienti presentano sintomi aggiuntivi che si associano alla malattia, caratterizzati apparentemente dall’assenza di danno d’organo. Questi sintomi possono essere presenti da soli o in associazione tra loro, hanno un andamento altalenante così come il dolore e configurano i quadri clinici definiti algodisfunzionali. Questi riconoscono, come la FM cui si associano, diversi meccanismi fisiopatologici, ma il principale sembra essere una anormale e intensa amplificazione del dolore da parte del SNC (sensibilizzazione centrale) cui si associa un’anomala percezione degli stimoli dolorifici anche in periferia (240). Questo fenomeno spiega sintomi come l’iperalgesia (risposta eccessiva ad uno stimolo doloroso) e l’allodinia (dolore causato da uno stimolo che normalmente non provoca dolore). Inoltre, nei pazienti con FM vi è una ridotta capacità di adattamento allo stress per alterazioni di alcuni circuiti neuro-endocrini (asse HPA)(241) e una disfunzione del SNA, per cui i diversi impulsi diretti verso e provenienti da gli organi interni risultano essere alterati (242). I quadri clinici algodisfunzionali associati alla FM che verranno descritti sono in gran parte dovuti a queste alterazioni.
Sindrome dell’ intestino irritabile (IBS) La sindrome dell'intestino irritabile è il disturbo senza cause organiche più comune e frequente. Nella popolazione generale ne sono affetti circa il 10-20% di
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individui di cui il 60-70% sono donne (243). Non è ben chiara la causa scatenante la sindrome: si riteneva fosse dovuta ad un’alterazione della mobilità intestinale, ma in realtà la patogenesi è più complessa con l’implicazione di fenomeni come iperalgesia e allodinia, alterazioni immunitarie intestinali, disfunzione autonomica e la sensibilizzazione centrale che coinvolge i meccanismi di elaborazione dei segnali afferenti dagli organi viscerali (244). Nei pazienti affetti da FM la frequenza di IBS varia nei differenti studi tra il 41,8% e il 73% (245-246). I sintomi più tipici di IBS sono rappresentati da dolore addominale crampiforme ricorrente, che può insorgere in qualsiasi parte dell’addome, eccessiva flatulenza, sensazione di gonfiore e turbe dell’alvo (stipsi, diarrea o alvo alterno). Spesso si associano cattiva digestione e dispepsia funzionale post prandiale. Tali pazienti presentano anche più evidenti disturbi del sonno, più dolore, malessere, maggiore stress psichico, ansia e fatica (247). Inoltre, similmente all’iperalgesia e all’allodinia somatica caratteristica della FM, nella IBS c’è una diffusa ipersensibilità di tutto il tratto gastrointestinale, per cui pazienti con dispepsia funzionale presentano anche ipersensibilità dell’esofago e del retto, che possono manifestarsi con dolore toracico atipico, bruciore retrosternale, proctalgia. Nel 2006 sono stati rivalutati e definiti i criteri diagnostici per IBS (248). I pazienti con IBS presentano FM associata nel 60% dei casi e queste due condizioni hanno in comune l’esordio o le riacutizzazioni dopo eventi stressogeni. Inoltre nei pazienti con FM è stata rilevata un’elevata prevalenza di sindrome da eccessiva crescita batterica intestinale (Small Intestinal Bacterial Overgrowth-SIBO) che è una condizione che si associa spesso all’IBS e che è dovuta ad una eccessiva
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crescita di flora batterica e fungina che dal colon, dove normalmente risiede, si estende anche al piccolo intestino dove interferisce con la digestione e l’assorbimento dei cibi. I pazienti manifestano sintomi intestinali ed extra intestinali come gonfiore, meteorismo, costipazione, dolore addominale, dolore articolare e stanchezza. I sintomi gastrointestinali sono quindi frequenti nella FM che è significativamente associata con IBS, SIBO, malattie infiammatorie intestinali e probabilmente anche malattia celiaca (244). Un’iperdistensione dei visceri, causata da un eccesso di gas intestinali, può peggiorare la sintomatologia della sindrome del colon irritabile. Per un miglior controllo è opportuno evitare cibi con elevato potenziale flatulogenico, cioè favorente la formazione di aria intestinale (latte e derivati, cipolle, fagioli, sedano, carote, uva passa, banane, albicocche e succo di prugna). Una dieta opportuna,consumata ad orari regolari, aiuta a ripristinare la regolarità della funzione intestinale. È utile una moderata e regolare attività fisica. Va evitato l’uso indiscriminato di farmaci (lassativi, sostanze attive sulla motilità intestinale). I sintomi possono essere attenuati cercando di diminuire lo stress o, comunque, limitando le risposte esagerate alle situazioni di tensione emotiva.
Disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare (DTM) Sebbene la maggior parte dei casi di disfunzione dell’articolazione temporomandibolare (DTM) sia di moderata intensità e limitata nel tempo, circa il 10% dei soggetti sviluppa un’affezione più grave associata con dolore cronico. È stato osservato che il dolore diffuso, la depressione e i disturbi del sonno associati con
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la FM, giocano un ruolo importante nella cronicizzazione della DTM. Entrambe le sindromi hanno simili caratteristiche e riconoscono meccanismi centrali e periferici di dolore cronico. È importante individuare quei pazienti che associano alla DTM la FM poiché il trattamento soltanto della disfunzione temporomandibolare ha scarsi risultati (5% di remissioni) (249). I sintomi caratteristici di DTM sono: • dolore muscolo-scheletrico acuto o cronico con disfunzione della mandibola; • dolore accentuato dai movimenti della mandibola; • dolore mal localizzabile all’articolazione temporo- mandibolare (ATM) e ai muscoli masticatori a volte unilaterale, spesso associato a dolore articolare e/o muscolare in altre sedi; • dolore indipendente da processi del cavo orale o dei denti. La DTM è più frequente nelle donne dalla cui storia clinica emergono elementi comuni alle sindromi algodisfunzionali come il consulto di diversi specialisti per dolore facciale, stress, ansia/depressione, cefalea, disturbi del sonno o bruxismo. Nei pazienti con FM è stata anche rilevata una elevata prevalenza di sintomi orofacciali come xerostomia, glossidinia, disfagia e disgeusia (250). Uno studio compiuto su 92 pazienti affetti da FM ha rilevato che il 42% di questi aveva una precedente diagnosi di DTM e inoltre nel 46% era presente IBS, nel 42% sindrome premestruale/ dismenorrea, nel 19% cistite interstiziale. Nei pazienti con DTM l’esordio era stato di tipo fibromialgico, cioè con dolore diffuso che precedeva il dolore facciale nel 75% dei casi; nonostante ciò erano stati trattati
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con bite senza successo (251). La FM può precedere la disfunzione dell’ATM e nei pazienti affetti da entrambe le condizioni ed è stata rilevata un associazione anche con la cefalea (73%) e con il dolore facciale (78%)(252).
Vescica irritabile o cistite interstiziale La vescica irritabile, o cistite interstiziale (CI), è una sindrome la cui causa è sconosciuta, caratterizzata da aumento della frequenza e dalla comparsa dell’urgenza della minzione e da dolore pelvico in cui non vi sono terapie di sicura e generale efficacia. Alcuni pazienti riferiscono anche di avere dolori muscolari e articolari, emicranie, reazioni allergiche e problemi gastrointestinali. Sono state sviluppate diverse ipotesi per individuare le possibili cause come la presenza di un’infezione occulta (l’urinocoltura è per definizione sempre negativa) o eventuali anomalie di permeabilità della parete vescicale che consentissero ad eventuali sostanze tossiche di irritare i tessuti sottostanti (253). È probabile che sia sostenuta da multipli meccanismi patogenetici. È stata suggerita un’ipotesi neuroendocrina con una disfunzione del SNA e della funzione endocrina dell’asse HPA (254). Anche la dismenorrea primaria si associa con elevata frequenza alla FM (255).
Cefalea/emicrania L’emicrania è una cefalea primaria frequente e disabilitante. Questo tipo di cefalea colpisce solo una parte del cranio, generalmente il lobo frontale, temporale o orbitale, presentandosi con un dolore pulsante che aumenta con i movimenti. La
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predisposizione è ereditaria, ed è un disturbo che colpisce in prevalenza le donne. La cefalea muscolotensiva è una forma molto comune, causata dalla contrattura localizzata dei muscoli del collo. Colpisce generalmente le persone che svolgono attività sedentarie. Questo fenomeno è caratterizzato da un dolore costante e non pulsante, che si aggrava se si fa pressione sui muscoli tesi. Vi è poi una forma di cefalea tensiva cronica che si ripresenta quasi ogni giorno, provocando un senso di pesantezza e un sonno disturbato, e che è una degenerazione della cefalea tensiva occasionale. Uno studio condotto su pazienti affetti da cefalea, ha evidenziato una stretta associazione con la FM. Nei pazienti affetti da FM la cefalea si presentava con elevata frequenza, generalmente diffusa a tutto il capo, frequentemente accompagnata da ansia, depressione e IBS. La sintomatologia peggiorava con lo stress e si giovava del trattamento con farmaci antidepressivi e con un leggero esercizio fisico (256).
Sindrome delle gambe senza riposo (RLS) La sindrome delle gambe senza riposo (Restless Legs Syndrome) è caratterizzata da formicolii, crampi, irrequietezza, prurito, bruciore, a volte anche solo difficoltà a tenere ferme le gambe ed un bisogno irresistibile di muoverle. Il disturbo si attenua alzandosi dal letto e camminando. La RLS provoca difficoltà ad addormentarsi ed i possibili frequenti movimenti delle gambe durante il sonno provocano continui risvegli. Il sonno disturbato è poi la causa di una eccessiva stanchezza e difficoltà nella concentrazione durante il giorno. Nei pazienti affetti da FM questo disturbo è significativamente più frequente rispetto alla popolazione
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generale e, sebbene la causa non sia conosciuta, si suppone abbia in comune meccanismi patogenetici con altre sindromi disfunzionali come l’IBS (257,258). Inoltre una frequente associazione è stata evidenziata anche con l’emicrania e nei soggetti sofferenti di emicrania e FM, come ulteriore dimostrazione della coesistenza tra queste sindromi (259).
Sindrome da stanchezza cronica (CFS) La sindrome da stanchezza cronica (Chronic Fatigue Syndrome-CFS) viene definita come una stanchezza persistente da almeno 6 mesi. Per la diagnosi sono necessari, oltre la stanchezza persistente e debilitante, almeno altri quattro sintomi specifici con l’esclusione di qualsiasi causa medica o psichiatrica in grado di determinare fatica cronica (24). Sebbene la FM e la CFS siano due entità diverse, dal 20 al 70% dei pazienti affetti da FM presenta anche sintomi della stanchezza cronica e circa il 35- 70% di quelli affetti da stanchezza cronica presenta sintomi di FM. Inoltre spesso si associano anche IBS, CI, DTM, cefalea, ma ancora non è chiara la frequenza e l’entità di queste sovrapposizioni (260).
Ipersensibilita’ chimiche multiple Le
ipersensibilità
chimiche
multiple
(Multiple
Chemical
Syndrome)
rappresentano un argomento fortemente dibattuto. In teoria, rappresentano una reazione fisica anomala dovuta all’esposizione a bassi livelli di molti agenti chimici comuni, ma ancora molto si discute se possano o meno essere annoverate tra le malattie. Sono stati coniati numerosi sinonimi per indicare le MCS: malattia
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ambientale, sindrome allergica totale, intolleranza ambientale idiopatica, sindrome del XX secolo. Come per tutte le altre sindromi algodisfunzionali, le cause sono sconosciute e diverse sono le ipotesi patogenetiche: allergie, disfunzioni del sistema immunitario, alterazioni neuro-immunologiche e diverse interpretazione di carattere psicologico. I sintomi riferiti sono multiformi e non corrispondenti ad alterazioni organiche evidenziabili e non è chiaro quale possa essere il trattamento anche se spesso il giovamento si ottiene con l’allontanamento dagli ambienti in cui maggiormente i disturbi si verificano. L’associazione la CSF in particolare e con la FM è piuttosto frequente (261). Questi quadri clinici aggravano la FM e peggiorano la qualità di vita dei pazienti determinando elevati costi sociali. Una terapia “ideale” per ognuna di queste condizioni non è disponibile e un singolo trattamento appare inefficace. L’approccio più corretto è quello che prevede simultaneamente il ricorso a diversi presidi farmacologici e non farmacologici che abbiano come bersaglio i fattori biologici, psicologici, ambientali/sociali che perpetuano il dolore, la fatica e gli altri sintomi caratteristici di queste condizioni.
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Capitolo 10 FIBROMIALGIA E MALATTIE REUMATICHE
La dizione di “FM secondaria” è stata abolita da quando lo studio dell'ACR sui criteri di classificazione della FM (8) ha sottolineato l'impossibilità di distinguere, per lo meno da un punto di vista diagnostico, la forma primitiva da quella secondaria. Non essendo, inoltre, ancora ben definita l'eziopatogenesi della malattia non si può dimostrare un nesso causale tra FM e altre malattie. La forma concomitante ad altre malattie è più comune della forma primitiva e in particolare risulta associata ad alcune malattie reumatologiche quali osteoartrosi (OA), spondiloartriti sieronegative (SpA), artrite reumatoide (AR), sindrome di Sjogren (SS) e lupus eritematoso sistemico (LES)(2). La FM può associarsi anche ad altre affezioni reumatiche molto comuni nella popolazione generale quali le affezioni dolorose non traumatiche del rachide e i reumatismi extra-articolari che possono essere localizzati, come entesiti, tendiniti e periartriti, o generalizzati come le entesopatie non infiammatorie. La frequenza della FM associata a malattie reumatiche è sicuramente sottostimata per la difficoltà di differenziare la FM dalle altre condizioni morbose. La FM occupa per frequenza il 2°-3° posto tra le malattie reumatiche e rappresenta il 1220% delle diagnosi formulate negli ambulatori di reumatologia (262). La prevalenza della FM nella popolazione generale varia dallo 0,3 al 3,3% (263). La FM è spesso associata ad altre malattie, anche in relazione alla sua cronicità (la FM può essere primitiva ma negli anni il paziente può ammalarsi di un’altra
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patologia reumatica oppure un paziente affetto da artrite reumatoide può sviluppare successivamente una FM. A volte può essere difficile se il dolore muscolo scheletrico e la stanchezza siano dovuti alla FM oppure ad altre malattie reumatiche associate. È stato ipotizzato che l’autoimmunità possa giocare un ruolo eziopatogenetico nella FM e questa ipotesi potrebbe spiegare l’associazione tra FM e malattie reumatiche autoimmuni. I dati epidemiologici e sperimentali che supportano la teoria autoimmune nella patogenesi della FM sono però piuttosto scarsi.
FM e LES La FM è stata osservata nel 20-60 % dei pazienti affetti da LES (264-266). Oltre l’80% dei pazienti affetti da LES lamenta astenia marcata ed artromialgie diffuse. La diagnosi di FM in un paziente affetto da LES può essere quindi particolarmente difficile per la somiglianza di alcuni sintomi comuni alle due malattie (265,267). Nei pazienti in cui le due malattie coesistono, il dolore e l’astenia sono particolarmente intensi e si possono osservare altri disturbi come rigidità articolare, sindrome sicca, fenomeno di Raynaud e depressione (268,269,270-272). I sintomi della FM possono però essere erroneamente attribuiti al LES e possono indurre il medico ad errori nella scelta terapeutica (265). Nonostante le misure di attività di malattia e gli indici di flogosi siano simili nei pazienti affetti da LES con e senza FM, la prognosi risulta globalmente peggiore nei primi rispetto ai secondi. In particolare, i casi associati a FM presentano una maggiore compromissione dello stato funzionale globale e della
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qualità della vita (265,273). Sebbene sia stata confermata l’assenza di correlazione tra presenza di FM concomitante e indici di attività di malattia, di danno cronico e d’organo nel LES, studi sulla qualità di vita di questi pazienti hanno dimostrato l’influenza negativa di disturbi quali dolore articolare, ansia e depressione (274). Per questa ragione la qualità di vita dei pazienti con LES è peggiore quando coesistono condizioni morbose come la FM caratterizzate da dolore cronico e sintomi depressivi.
FM e sindrome di Sjögren Il complesso quadro clinico della SS comprende oltre ai sintomi dovuti alle lesioni delle ghiandole esocrine, manifestazioni extraghiandolari generali, quali artromialgie e astenia o quelle legate ad impegno d’organo quali cefalea, disturbi del sonno e dell’umore (275,276). La patogenesi delle manifestazioni extraghiandolari generali non è chiara e si ritiene che questi disturbi siano in parte di origine funzionale. I disturbi dell’umore, come ansia e depressione, si osservano nel 10-40% dei casi di SS e secondo alcuni autori sono secondari ad impegno vasculitico del SNC (277-278), mentre secondo altri rappresentano disturbi da somatizzazione (279). Nella FM sono molto frequenti l’astenia, i disturbi del sonno e alcuni sintomi caratteristici della SS come xerostomia e xeroftalmia. Non è ancora noto perché nei pazienti con SS vi sia un’elevata frequenza dei sintomi della FM e, viceversa, nella FM vi sia un’elevata frequenza di sintomi caratteristici della SS. È stato ipotizzato che molti di questi disturbi siano dovuti a depressione (280) e al coinvolgimento organico del SNC (278) o,
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piuttosto, ad alterazioni dell’asse HPA.
FM e sclerosi sistemica La SSc è una connettivite caratterizzata da fibrosi e anomala deposizione di fibre collagene a livello di cute ed altri organi e apparati, dovuta ad alterazioni del microcircolo e ad alterazioni immunologiche. Clinicamente la SSc è caratterizzata da manifestazioni cutanee (sclerosi cutanea), vascolari (fenomeno di Raynaud), muscolo scheletriche (artralgie, artrite e tendinite) e viscerali. Vi è uno studio che ha riportato una bassa prevalenza di FM, definita secondo i criteri dell’ACR, nei pazienti con SSc (267). Questo risultato potrebbe essere dovuto all’ispessimento fibrotico della cute e del tessuto sottocutaneo, caratteristici della SSc, che potrebbe modificare la soglia del dolore di questi pazienti e rendere difficoltoso l’apprezzamento dei tender points.
FM e artrite reumatoide I pazienti affetti da AR associata a FM differiscono per molti aspetti da quelli con sola AR. Attività di malattia, intensità del dolore, compromissione della funzionalità articolare, ansia e depressione sono le caratteristiche che sembrano più utili per differenziare i pazienti con entrambe le malattie da quelli con sola AR (281). Buskila ad esempio (282) aveva confrontato il numero di TPs dolenti nei pazienti con AR ed artrite psoriasica (comparabili per gli altri parametri clinici e bioumorali) osservando una dolorabilità in oltre 10 TPs nel 57% dei primi e solo nel 24% dei secondi. I test algometrici hanno inoltre dimostrato come le sedi
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dolenti fossero rappresentate più spesso dai TPs e meno frequentemente dalle articolazioni infiammate. Coury et al.(283) hanno suggerito come l’associazione tra FM e AR (circa il 20% dei pazienti con AR è affetta anche da FM) possa essere casuale e probabilmente da imputare alla prevalenza piuttosto elevata di entrambe le malattie nella popolazione generale. L’efficacia di alcuni strumenti utilizzati per valutare il grado di attività dell’AR nella pratica clinica, come ad esempio la DAS28, può essere compromessa da ansia e depressione; nei pazienti in cui FM e AR coesistono, quindi, l’iperalgesia e l’allodinia, caratteristiche della FM, possono pregiudicare la validità dei metodi di valutazione articolare inducendo una sovrastima dell’attività dell’AR e la prescrizione di terapie eccessive rispetto alle reali necessità del paziente, con un maggiore rischio di effetti farmacologici tossici e maggiori costi. È quindi particolarmente importante valutare in modo adeguato il grado di infiammazione articolare in questi pazienti per evitare errori nella valutazione del quadro clinico. Negli ultimi anni, particolare attenzione è stata riservata al ruolo dell’ecografia muscolo-scheletrica: in questo senso le metodiche ultrasonografiche, grazie all’utilizzo di sonde ad elevato potere di risoluzione, possono chiarire i dubbi di natura diagnosticodifferenziale. Recentemente è stato pubblicato un lavoro in cui sono stati messi in relazione dati ultrasonografici e i punteggi di misurazione dell’attività di malattia calcolati con il DAS-28 in tre gruppi di pazienti affetti da AR, FM e AR/FM concomitante.
I
risultati
hanno
evidenziato
come
il
DAS-28
fosse
significativamente più elevato nel gruppo di pazienti affetto da entrambe le patologie rispetto al gruppo AR e quello della FM. Inoltre i pazienti affetti da
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AR/FM concomitante avevano punteggi ultrasonografici simili al gruppo dell’AR, mentre nel sottogruppo FM erano significativamente più bassi, a testimonianza del fatto che l’ecografia è un esame strumentale più specifico nella valutazione dell’infiammazione e nella misurazione dell’attività di malattia e può distinguere pazienti affetti da patologia infiammatoria cronica articolare da quelli con FM. Di conseguenza è chiaro che i punteggi relativi all’attività di malattia calcolati con il DAS-28 o altri indici di attività devono essere interpretati con cautela nei pazienti affetti da AR con FM concomitante (284).
FM e spondiloartriti sieronegative Tra le spondiloartriti o spondilo-entesoatrtiti sieronegative (SpA) sono classificate la spondilite anchilosante, l’artropatia psoriasica, le artriti reattive, le artriti associate a malattie infiammatorie croniche dell’intestino, la sindrome SAPHO e le spondiloartriti indifferenziate. Tali patologie hanno in comune l’interessamento infiammatorio delle entesi, la negatività del fattore reumatoide, l’aggregazione familiare e l’associazione con manifestazioni infiammatorie a carico soprattutto di cute e mucose. Le manifestazioni principali sono dolore di tipo infiammatorio, rigidità diffusa, alterazioni degli indici di flogosi e impegno articolare e vertebrale documentabile mediante tecniche di imaging. Nelle fasi iniziali la FM può essere confusa con una SpA per le algie diffuse al rachide e la rigidità muscolare, comuni ad entrambe le malattie. Per la diagnosi differenziale sono importanti gli indici bioumorali di flogosi e gli esami strumentali che nei pazienti con FM non associata ad altre malattie infiammatorie sono generalmente normali. Vi sono
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pochi studi sulla prevalenza della FM nelle SpA. Manifestazioni cliniche compatibili con la diagnosi di FM sono state riportate nel 50% dei pazienti con spondilite anchilosante (285). Recentemente è stato pubblicato uno studio da Salaffi et al, che ha avuto come obiettivo quello di stimare la prevalenza di FM in pazienti affetti da spondilite anchilosante (AS) o artrite psoriasica (PsA) con coinvolgomento assiale (Axial-PsA), valutando le potenzialità discriminative di vari indici clinimetrici come l’ASDAS e il BASDAI nella valutazione dell’attività di malattia in tre corti di pazienti: un gruppo di pazienti affetti da Axial-PsA, uno da FM e uno con entrambe le patologie. La prevalenza di FM nel gruppo AxialSpA è stata stimata essere del 14,9%, significativamente più elevata nelle donne (p < 0.0001); nel gruppo affetto da AS era del 12.7 % e in quello della axial-PsA era del 17.2 %. Inoltre l’indice ASDAS si è rivelato migliore del BASDAI nel distinguere i pazienti con attività di malattia da quelli con coinvolgimento funzionale. L’utilizzo dell’ASDAS può essere estremamente utile nella pratica clinica in quanto consente la miglior scelta terapeutica per ciascun paziente (85). È quindi possibile che i sintomi della FM possano aggravare il quadro clinico della AS, peggiorando lo stato funzionale e la qualità di vita dei pazienti e, come nel caso dell’AR, possano rendere più difficile l’approccio terapeutico in particolare determinando un uso incongruo di farmaci biologici.
FM e osteoartrosi L’OA è una malattia caratterizzata da lesioni degenerative e produttive della cartilagine articolare. L’OA può essere classificata in forma primaria, localizzata
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o generalizzata, e forma secondaria (a traumatismi, anomalie di sviluppo, turbe biomeccaniche, alterazioni della struttura ossea, malattie metaboliche ed endocrine, ecc.). L’OA rappresenta senza dubbio l’artropatia più frequente nella popolazione ed è quindi chiaro come possa essere relativamente comune osservare pazienti in cui OA e FM coesistono. La forma generalizzata di OA, con interessamento sia assiale che periferico e rigidità articolare, può simulare una FM soprattutto se il paziente lamenta disturbi del sonno o del tono dell’umore. A differenza di quanto visto per le malattie reumatiche infiammatorie, gli indici bioumorali di flogosi non sono utili nella diagnosi differenziale tra OA e FM perché sono normali in entrambe le malattie. Più semplice è il caso del paziente con OA localizzata, in questo caso il problema principale non è la diagnosi differenziale, ma la terapia poiché il dolore localizzato può essere particolarmente intenso per la coesistenza della FM.
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Capitolo 11 ASPETTI PSICHIATRICI DELLA FIBROMIALGIA
Depressione Da tempo è nota l’associazione tra FM e disturbi psichiatrici, soprattutto di natura depressiva o ansiosa. La frequenza della depressione nei soggetti affetti da FM è stata stimata intorno al 70% (7 volte rispetto la popolazione generale), con notevoli ripercussioni sulla tolleranza al dolore e sulla funzionalità dei soggetti.
Tabella 7- Criteri diagnostici per il disturbo depressivo maggiore (DSM-V) A. 5 o più dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un periodo di 2 settimane e rappresentano un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento. Almeno 1 dei sintomi è costituito da 1) umore depresso o 2) perdita di interesse o di piacere Nota: non devono essere inclusi sintomi chiaramente attribuibili ad altre condizioni mediche 1) umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno (come riportato dal soggetto o osservato da altri) 2) marcata diminuzione di interesse o di piacere per tutte o quasi tutte le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno (come riportato dal soggetto o osservato da altri) 3) significativa perdita o aumento di peso, senza essere a dieta oppure riduzione o aumento dell’appetito quasi ogni giorno 4) insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno 5) agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno, osservabile dagli altri 6) astenia o mancanza di energia quasi ogni giorno 7) sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati quasi ogni giorno 8) ridotta capacità di pensare o di concentrarsi o indecisione, quasi ogni giorno 9) pensieri ricorrenti di morte (o paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio o l’ideazione di un piano specifico per commettere suicidio. B. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. C. L'episodio non è imputabile agli effetti fisiologici di una sostanza o di altre condizioni mediche. D. Il verificarsi di un episodio depressivo maggiore non è meglio spiegato da schizofrenia, disturbo schizofreniforme, disturbo delirante, o altro spettro della schizofrenia specificato e da altri disturbi psicotici non specificati. E. Non c'è mai stato un episodio maniacale o un episodio ipomaniacale. Nota: questa esclusione non si applica se tutti gli episodi maniacali e ipomaniacali o simili sono indotti da sostanze o sono attribuibili agli effetti fisiologici di un’altra condizione medica.
Tabella 7. Criteri per la diagnosi di disturbo depressivo maggiore secondo il DSM-V
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Nella Tabella 7 sono riportati i criteri tratti dal DSM-V (286), lo strumento che permette a psichiatri di differente formazione, provenienza e impostazione teorica di effettuare diagnosi confrontabili. Tale diagnosi nel paziente affetto da FM risulta particolarmente complessa, per l’ampia sovrapposizione sintomatologica tra i due disturbi. Infatti sia la FM che la depressione possono essere caratterizzate da umore depresso, astenia, disturbi del sonno, alterazioni della memoria e della concentrazione. Come si può spiegare una cosi elevata prevalenza di disturbi psichiatrici nei pazienti con FM? Una prima ipotesi prevede che i disturbi psichiatrici possano essere una reazione ad una malattia cronica e debilitante ma questa visione è contraddetta dall’evidenza che i tassi di prevalenza dei disturbi psichiatrici sono più elevati di quelli osservabili in malattie debilitanti a prognosi severa come l’infezione da HIV (287) o il cancro (288). L’ipotesi alternativa che la FM possa prendere origine da un sottostante disturbo psichiatrico contrasta con l’osservazione che molti soggetti con FM non presentano né sviluppano alcun disturbo psichiatrico. E’ evidente che FM e depressione condividano alterazioni comuni a livello del SNC e che possano esercitare una reciproca influenza oltre, probabilmente, a condividere alcuni processi patogenetici e molti dei fattori predisponenti e precipitanti. Appare pertanto fondamentale ricercare sintomi che siano elementi caratteristici della depressione e non della FM. Un’attenta anamnesi, con particolare attenzione alla tempistica di comparsa e alle caratteristiche dei sintomi, può aiutare ad attribuire un sintomo all’una o all’altra condizione.
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Disturbi d’ansia Tra i Disturbi d’Ansia è particolarmente frequente nei pazienti affetti da FM l’Attacco di Panico, i cui criteri diagnostici secondo il DSM-V (286) sono i seguenti (Tabella 8):
Tabella 8 - Criteri diagnostici per l’attacco di panico (DSM-V) 1) Palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia 2) Sudorazioni 3) Tremori fini o a grandi scosse 4) Dispnea o sensazione di soffocamento 5) Sensazione di asfissia 6) Dolore o fastidio al petto 7) Nausea o disturbi addominali 8) Sensazioni di sbandamento, instabilità, testa leggera o svenimento 9) Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi) 10) Paura di perdere il controllo o di impazzire 11) Paura di morire 12) Parestesie (sensazione di torpore o di formicolio) 13) Brividi o vampate di calore
Tabella 8. Criteri diagnostici per l’attacco di panico (DSM-V).
È importante diagnosticare gli Attacchi di Panico perché la loro presenza può accompagnarsi a significative alterazioni comportamentali come per esempio l’agorafobia, lo sviluppo di radicate convinzioni ipocondriache o la continua e invalidante preoccupazione di avere altri attacchi, denominata anche “ansia anticipatoria” . Il disturbo di panico può essere curato con efficacia, nella maggior parte dei casi con gli antidepressivi: è infatti necessario iniziare il trattamento a dossi molto basse per evitare che l’antidepressivo, per la stimolazione serotoninergica, produca un aumento degli attacchi di panico inducendo il paziente ad interrompere il trattamento. La terapia farmacologica ha una latenza di azione di 2-4 settimane e deve essere mantenuta per almeno 12-15 mesi da
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quando si evidenzia il netto miglioramento dei sintomi.
Disturbo post-traumatico da stress (PTSD) Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è una patologia caratterizzata da una serie di sintomi che possono comparire dopo che un soggetto è stato esposto a eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o altrui (Tabella 9). Più della metà dei soggetti con fibromialgia presenta sintomi clinicamente significativi di PTSD (289,290). In confronto alla prevalenza del PTSD nella popolazione generale, che è quantificabile attorno al 6%, i soggetti con FM presentano tassi paragonabili a quelli riscontrati nei reduci del Vietnam o nelle vittime di disastri naturali o incidenti automobilistici (291). Il trattamento del PTSD può essere farmacologico e non farmacologico. Tra i trattamenti farmacologici si è dimostrata efficace la somministrazione di antidepressivi serotoninergici in particolare di setralina e paroxetina
che
hanno
ricevuto
l’approvazione
della
Food
and
Drug
Administration (FDA) degli Stati Uniti per il trattamento del PTSD (292). Tra le terapie non farmacologiche gli interventi che si sono dimostrati più efficaci sono la EMDR (Eyes Movement Desensitisation and Reprocessing). L’EMDR è una metodologia di trattamento di recente introduzione. Utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/ inibitorio necessario per l’elaborazione dell’informazione (293).
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Tabella 9- Criteri diagnostici per il disturbo post traumatico da stress (PTSD) A. Esposizione a morte o minaccia di morte, lesioni gravi, o violenza sessuale in uno (o più) dei seguenti modi: 1) La persona ha vissuto direttamente l'evento traumatico. 2) Ne da testimonianza, in prima persona, in quanto l’evento si è verificato per gli altri. 3) Apprende che l'evento traumatico si è verificato ad un parente stretto o ad un caro amico. In caso di morte effettiva o minaccia di morte di un familiare o un amico, l’evento deve essere stato violento o accidentale. 4) Esperienza ripetuta o esposizione diretta all’evento traumatico (ad esempio, i primi soccorritori che raccolgano resti umani; agenti di polizia più volte esposti a dettagli di abusi sui minori). Nota: Il criterio A4 non è valida per l'esposizione attraverso i media elettronici, la televisione, filmati o immagini, a meno che tale esposizione non fosse legata al lavoro. B. Presenza di uno (o più) dei seguenti sintomi associati all’evento traumatico, che iniziano dopo l'evento traumatico: 1) Ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi dell’evento. 2) Sogni ricorrenti spiacevoli dell’evento. Nota: Nei bambini, ci possono essere sogni spaventosi senza contenuto riconoscibile. 3) Reazioni dissociative (ad esempio, flashback) in cui l'individuo si sente o si comporta come se l'evento traumatico si stesse ripresentando. (Tali reazioni possono verificarsi fino all’espressione più estrema con perdita di consapevolezza del presente). Nota: Nei bambini, la rievocazione specifica del trauma può verificarsi durante il gioco. 4) Disagio psicologico intenso in seguito ad esposizione di fattori scatenanti interni o esterni che simbolizzano o assomigliano a qualche aspetto dell’evento traumatico. 5) Marcate reazioni fisiologiche agli stimoli interni o esterni che simbolizzano o assomigliano ad un aspetto dell'evento. C) Evitamento persistente degli stimoli associati al trauma, che iniziano dopo l’evento, come evidenziato dai seguenti eventi: 1) sforzi per evitare pensieri, sensazioni o conversazioni associate con il trauma. 2) sforzi per evitare attività, luoghi o persone che evocano ricordi del trauma. D. Alterazioni negative cognitive e dell'umore associate all'evento traumatico (inizio o peggioramento dopo che si è verificato l'evento traumatico), come evidenziato da due (o più) dei seguenti: 1) Incapacità di ricordare un aspetto importante dell'evento traumatico (tipicamente dovuto ad amnesia dissociativa e non ad altri fattori come trauma cranico, alcool, o droghe). 2) Convinzioni negative persistenti ed esagerate o aspettative su se stessi o sugli altri. 3) Persistenti cognizioni distorte su causa/ conseguenze dell’evento che portano l'individuo ad incolpare se stesso o agli altri. 4) Persistente stato emotivo negativo (ad esempio, la paura, l'orrore, rabbia, senso di colpa o vergogna). 5) Marcata diminuzione dell'interesse o della partecipazione ad attività significative. E. Marcata alterazione dell’eccitazione e della reattività dopo l'evento traumatico, come evidenziato da due (o più) dei seguenti: comportamento irritabile e scoppi d'ira, di solito espressa come aggressione verbale o fisica nei confronti di persone o cose, comportamento imprudente o auto-distruttivo, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme, problemi di concentrazione, disturbi del sonno (ad esempio, la difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno). F. Durata del disturbo (Criteri B, C, D, ed E) da più di 1 mese. G. Il disturbo causa disagio clinicamente significativo o menomazione nel funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree. H. Il disturbo non è imputabile ad effetti fisiologici di una sostanza (farmaci, alcool) o di un'altra condizione medica.
Tabella 9. Criteri diagnostici per il disturbo post traumatico da stress (PTSD) secondo il DSM-V.
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Capitolo 12 COSTI DELLA FM: DISABILITA’ E QUALITA’ DI VITA DEL PAZIENTE FIBROMIALGICO
La FM come precedentemente descritto è caratterizzata da una elevata prevalenza nella popolazione generale e pertanto caratterizzata da elevati costi sociali ed elevata disabilità nelle attività lavorative e quotidiane dei pazienti affetti. I costi di una malattia possono essere suddivisi in tre categorie principali: costi diretti, costi indiretti e costi intangibili. I costi diretti sono le spese per la diagnostica, la terapia, l’ospedalizzazione e per le spese che il paziente paga personalmente (visite private, trattamenti non convenzionati, ecc.). I costi indiretti corrispondono a quelli conseguenti allo stato di salute del paziente che comportano una serie di situazioni relative alle giornate lavorative perse o all’interruzione di contratti di lavoro, spese sostenute per raggiungere il luogo di cura, a volte possibile solo grazie al sostegno di un caregiver (che a sua volta perde giornate di lavoro). A questo si aggiunge, oltre al già noto fenomeno dell’”assenteismo”, anche quello del “presenteismo” sul lavoro, il soggetto cioè che costretto a lavorare nonostante la malattia, ha una performance lavorativa non soddisfacente (294). I costi intangibili infine sono quelli difficilmente misurabili, come ad esempio le alterazioni della qualità della vita o le modifiche della vita personale o di relazione. Ricordiamo che la FM è caratterizzata da dolore diffuso, che spesso non risponde
102
a terapie farmacologiche. Il reumatologo prescrive spesso antidolorifici, antinfiammatori
(FANS
o
COXIB),
antidepressivi,
anticonvulsivanti
o
miorilassanti che in Italia, attualmente, non hanno l’indicazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per la FM e pertanto tutte le prescrizioni sono “off label”. Conseguentemente risultano a carico del paziente, costituendo un costo diretto, mentre per il medico che prescrive la terapia vi è costantemente un rischio medico-legale di prescrivere farmaci “fuori indicazione” ministeriale, nonostante il farmaco consigliato sia in uso in altre Nazioni. Uno studio effettuato recentemente da Knight svolto in vari paesi su 442 confermava che i costi indiretti della FM superano nettamente quelli diretti (295). Gli studi di Berger e Penrod hanno analizzato le singole voci di spesa, osservando come i costi relativi alla diagnostica assorbono mediamente il 40 % delle risorse, con picchi che si avvicinano al 60%, mentre la spesa farmaceutica si limita al 31% e le spese di ospedalizzazione ammontano al 24%; il rimanente 5% è a carico del paziente (296,297). Un investimento in diagnostica sembra comunque essere vantaggioso dal punto di vista economico, in quando il costo di malattia si riduce dopo che la patologia venga correttamente inquadrata; Annemans ha osservato, infatti, nell’arco dei 4 anni successivi alla diagnosi, una consistente riduzione del numero di esami e del consumo di farmaci (298). Per quanto riguarda la spesa farmaceutica si è rilevato che i pazienti fanno uso di medicinali nella quasi totalità dei casi: i farmaci di prima scelta sono i FANS seguiti dagli antidepressivi, assunti con una frequenza intorno al 50%, mentre gli analgesici si attestano a circa il 40%; meno frequentemente sono utilizzati i miorilassanti (20%) e i cortisonici
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(14%) (299,301). Penrod ritiene che la spesa farmaceutica sarebbe tanto elevata a causa del continuo modificarsi del trattamento farmacologico che risulta spesso inefficace (297). Ciò giustificherebbe anche il ricorso frequente a terapie alternative o complementari, abitudine già segnalata 20 anni fa da Wolfe e successivamente verificata in una percentuale di pazienti fibromialgici. Gli studi che hanno indagato su tutte voci di spesa dei pazienti affetti da FM hanno tutti avuto risultati contrastanti, a ragione del fatto che sono moltissimi i fattori che le influenzano. A tal riguardo si deve considerare la comorbidità particolarmente alta di questi pazienti, di circa 3 volte superiore a quella riscontrata negli altri malati reumatici, con patologie che interessano più spesso la psiche e gli apparati digerente e cardiovascolare. In termini economici è stato calcolato che ad ogni malattia concomitante corrisponde un aumento di spesa pari al 20% (297). Più controverso è se la gravità di malattia, misurata con particolari strumenti quali il FIQ, sia correlata ai costi: secondo Penrod ad un peggioramento di 1 punto FIQ corrisponderebbe un aumento dei costi diretti del 1,7%, mentre Walen non conferma questo dato (297,302). Lo studio di questo Autore rappresenta l'analisi più approfondita sulle determinanti di spesa in corso di FM e riveste particolare importanza in quanto esamina una popolazione che, come in Italia, ha accesso a sistemi assistenziali garantiti indipendentemente dalle disponibilità economiche individuali. In un lavoro del 2009 Silverman e coll. hanno confrontato un gruppo di pazienti affetti da FM e un gruppo con AR, mettendo in evidenza come fossero sostanzialmente equivalenti la disabilità nelle attività quotidiane e lavorative, la
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prevalenza di comorbilità e i costi sia diretti che indiretti (303). La disabilità nella FM è ampiamente dimostrata in vari studi che evidenziano la non buona qualità di vita del paziente (304) ed è stata oggetto di trattazione da parte dell’Italian Fibromyalgia Network nel 2008 (305). Salaffi et al nel 2009 (166), hanno confrontato la qualità di vita legata alla salute (health-related quality of life-HRQL) di pazienti affetti da FM rispetto quella dei pazienti affetti da AR e della popolazione generale, indagando su quei fattori che potevano determinare un maggiore impatto della FM. La qualità di vita dei pazienti è stata calcolata con il Medical Outcome Study Short-Form 36 (SF-36). I risultati mostrarono che i pazienti affetti da FM avevano valori più elevati per tutte le otto scale dell’SF-36 e anche per quanto riguarda le funzioni fisiche e mentali queste erano significativamente più compromesse rispetto ai pazienti affetti da AR. I risultati indicano che la malattia ha un notevole impatto sulla HRQL la qualità di vita percepita dai pazienti con FM, la quale sembra essere correlata più alla loro salute mentale che alle loro condizioni fisiche. Ulteriori ricerche sono necessarie per documentare l'impatto sulle risorse sanitarie da parte dei pazienti e avere una prospettiva globale che ne consenta un più efficace uso. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali definisce così la persona disabile (306): “persona che, escludendo le condizioni riferite alle limitazioni temporanee, dichiara il massimo grado di difficoltà in almeno una delle funzioni rilevate con ciascuna domanda, pur tenendo conto dell’eventuale ausilio di apparecchi sanitari”. Vengono distinte quattro categorie di disabilità: -
per confinamento (costrizione permanente a letto, su una sedia o nella
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propria abitazione); -
per difficoltà di movimento (in caso di problemi nel camminare, nel salire le scale e nel raccogliere oggetti da terra;
-
difficoltà nelle attività della vita quotidiana e l’assenza di autonomia nel loro svolgimento (mettersi a letto, utilizzare i servizi igienici, mangiare, vestirsi o lavarsi);
-
difficoltà della comunicazione (nel sentire o nel parlare senza difficoltà).
La misurazione clinica della disabilità nei pazienti affetti da FM può essere effettuata con test generici quali la scala che più di altri test ha trovato impiego nello studio delle malattie reumatiche ovvero il Medical Outcomes Study (MOS) 36 - Items Short-Form Healthy Survey (SF-36)(170). Come si può notare le problematiche qui esposte sono analoghe a quelle prese in considerazione per la formulazione del FIQR (43), che rappresenta, ad oggi, uno tra gli strumenti specifici più utilizzati, a livello nazionale ed internazionale, per la valutazione e la quantificazione dei sintomi nei pazienti affetti da FM. Nei questionari che lo compongono, notevole rilevanza viene data alle attività della vita quotidiana nello svolgimento delle quali, molto spesso, i pazienti fibromialgici trovano insormontabili difficoltà, tali da produrre ulteriori problematiche di natura psicologica e da ripercuotersi spesso e volentieri sulla vita relazionale dell’individuo.
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Capitolo 13 CLUSTER ANALYSIS E PATTERN SINTOMATOLOGICI NELLA FIBROMIALGIA - RISULTATI DI UNO STUDIO POLICENTRICO SU PIATTAFORMA WEB-BASED
Obiettivi dello studio L'obiettivo dello studio è stato quello di identificare e caratterizzare i differenti pattern sintomatologici (Cluster Analysis) all'interno di un campione eterogeneo di pazienti affetti da FM, attraverso l’impiego dei questionari validati di autovalutazione più utilizzati a livello nazionale ed internazionale, quali il FIQR e l'indice composito di malattia FAS. Tali strumenti specifici di valutazione di severità dei sintomi sono stati somministrati mediante l’adozione di una piattaforma informatizzata WEB-based appositamente implementata.
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Introduzione
Senza alcun dubbio il dolore cronico diffuso rappresenta il sintomo guida nella diagnosi di FM, ma è pur vero che esso si accompagna quasi sempre ad una moltitudine di segni e sintomi di accompagnamento (81,307), che possono includere astenia, rigidità, cefalea, toracoalgie atipiche, sindrome dell’intestino irritabile, cisitite interstiziale e disfunzioni cognitive che riguardano memoria e concentrazione, note come “fibrofog” oltre che ansia e depressione (308). La combinazione della varie manifestazioni cliniche e la severità di ogni singolo sintomo presenta un’estrema variabilità interindividuale. Ciò rende difficile la definizione di FM e complica lo sviluppo di appropriate strategie terapeutiche (309). L’idea di selezionare gruppi omogenei di pazienti con caratteristiche cliniche comuni sulla base delle informazioni autorilevate dal paziente stesso è diventato un importante strumento per superare queste limitazioni (310-314). La “Cluster Analysis” aggrega e identifica gli aspetti clinici comuni, quantifica l’importanza di ogni gruppo e permette l’interpretazione dei singoli “cluster” riguardo alle loro intercorrelazioni (315,316). Una valutazione approfondita dei domini dei molteplici sintomi e dell’impatto della FM sugli aspetti multidimensionali della malattia dovrebbe rappresentare una consuetudine nella cura dei pazienti fibromialgici (135,136). I risultati dei dati paziente-centrici (Patient Reporter Outcomes-PROs) svolgono un ruolo chiave per la valutazione dei sintomi e dell’impatto sulla qualità di vita (HRQL) nonché per la messa a punto di un razionale monitoraggio (166). Per la
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misurazione dei sintomi e della qualità di vita dei pazienti da noi arruolati, abbiamo utilizzato come strumenti specifici i questionari della versione italiana validata del FIQR (174) e del FAS che compongono il core-set dei domini identificati per la valutazione della gravità dei sintomi nei pazienti affetti da FM (79). La valutazione in ambito clinico, ha sempre fatto affidamento sulle comuni autovalutazioni retrospettive delle misurazioni PROs su supporto cartaceo, raccolte dal medico attraverso l’intervista “faccia a faccia”, che però hanno limiti importanti: appare evidente, infatti, che i pazienti compiano comunemente errori nel ricordare “a memoria” l’esperienza dolorosa e questo ha fatto riflettere sull’appropriatezza degli strumenti cartacei, che non sembrerebbero propriamente idonei a valutare i cambiamenti della sintomatologia nel tempo, anche in relazione alle diverse circostanze della vita quotidiana. La valutazione EMA (Ecological Momentary Assessment), eseguita su computer, è un metodo utile per raccogliere i sintomi transitori e fluttuanti (come lo sono quelli che identificano il paziente fibromialgico), che si manifestano nel quotidiano. L’EMA ha lo scopo di minimizzare gli errori di memoria del paziente, di massimizzare la “validità ecologica” e di permettere lo studio dei processi che influenzano il comportamento nella realtà di tutti i giorni, oltre che rendere possibile un telemonitoraggio remoto sfruttando una piattaforma WEB.
Materiali e metodi Sono stati arruolati complessivamente 353 pazienti (di cui 85,3% donne), di età media pari a 51 anni e durata media di malattia di 4,7 anni (range 1-18 anni).
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Mediante l’impiego di una piattaforma WEB appositamente implementata (http://fibromialgiaitalia.it/site/), sono stati somministrati la versione italiana del FIQR e l'indice composito di malattia denominato FAS. L’identificazione dei diversi sottogruppi (cluster analysis) sulla base dei sintomi, è stata condotta mediante l’applicazione del clustering gerarchico di tipo agglomerativo.
Popolazione di studio. I partecipanti sono stati selezionati a partire da un largo database di pazienti affetti da FM che afferiscono alla Clinica Reumatologica dell’Università Politecnica delle Marche, Jesi (Ancona), all’Unità di Medicina Interna e Reumatologia dell’Università-Ospedale di Parma e all’Unità Operativa di Reumatologia – Ospedale Universitario L. Sacco di Milano. I soggetti esclusi dallo studio erano quelli affetti da malattie cardiovascolari, patologie polmonari croniche di grado moderato/severo, ipertensione arteriosa non controllata, distiroidismo non compensato, idee suicide,
altre patologie reumatologiche
infiammatorie croniche (AR, LES, ecc) e i pazienti affetti da schizofrenia e altre psicosi. Dei 496 pazienti intervistati e sottoposti a screening 143 hanno rifiutato di partecipare al nostro studio: i rimanenti 353 pazienti avevano ricevuto diagnosi di FM secondo i criteri ACR 2010 (130). Tutti i pazienti avevano prestato il loro consenso informato e lo studio è stato approvato dal Comitato Etico locale.
Valutazione PROs tramite piattaforma WEB. Per questo studio è stato progettato un sito web dedicato. Recenti studi confermano che i questionari di autovalutazione compilati tramite WEB sono validi tanto quanto le versioni
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cartacee (317). Durante la visita di screening nel rispettivo centro, ogni paziente è stato loggato all’interno della piattaforma WEB appositamente implementata (http://www.fibromialgiaitalia.it) (Figura 4), il cui accesso è consentito solo tramite autenticazione. Ad ogni paziente venivano fornite credenziali personali (username/password) necessarie al login, previa registrazione dei dati sensibili (dati demografici, durata di malattia) e veniva anche effettuato un breve training, della durata di circa 15 minuti, da parte dei medici, grazie al quale i pazienti successivamente erano in grado di rispondere autonomamente al questionario elettronico. Inoltre, durante lo studio, è stato messo a disposizione un servizio di assistenza tramite telefono o email. A casa, quando il paziente effettuava il primo login sul sito web, veniva richiesto il consenso informato via elettronica e successivamente venivano somministrati i questionari, per rispondere ai quali
Figura 4. Homepage del sito www.fibromialgiaitalia.it
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venivano impiegati mediamente 10 minuti. Le domande venivano visualizzate utilizzando risposte multiple, risposte selettive o tramite menù a tendina. Ogni item doveva essere completato prima di che il software passasse al successivo e visualizzasse la pagina seguente.
Strumenti specifici di misurazione. Al fine di ottenere una valutazione precisa della severità dei sintomi abbiamo utilizzato i due strumenti specifici più noti in letteratura, il FIQR (318) e il FAS (175,176). Il FIQR è stato sviluppato a partire dalla versione di Bennet al fine di superare le limitazioni dello strumento originale del FIQ (319-321) e principalmente aggiunge, ai precedenti items, dei nuovi quesiti in merito a memoria, dolorabilità, disturbi dell’equilibrio e sensibilità ambientale. La nuova versione del questionario, validata per l’Italia (Figura 5), presenta uno score basato su 21 items (basati su 11 scale di classificazione numeriche da 0-10 dove 10 indica ‘peggiore’), come precedentemente descritto e interessa i seguenti 3 ambiti: ‘funzione fisica’, ‘impatto della FM sulla vita quotidiana’ e i ‘sintomi’. Tutte le domande sono riferite ai precedenti 7 giorni e il punteggio totale massimo è 100, dove gli score più alti indicano il maggior impatto della malattia (174). Abbiamo utilizzato lo score totale per definire il livello di gravità della FM come segue: grado lieve - score totale tra 0-39; grado moderato - score totale tra 39-59; grado severo - score totale tra 59-100.
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Figura 5. Alcune scale di misurazione della versione italiana del FIQR in versione digitale.
Il FAS è un valido, affidabile e sensibile strumento composito di misura di risposta, specifico per la FM. L’indice FAS (175,176) combina i punteggi ralativi alla stanchezza (range 0-10) e alla qualità del sonno (range 0-10) insieme a quello del dolore non articolare calcolato con il Self-Administered Patient Assessment Status (SAPS) (range 0-10) (Figura 6) e fornisce un’unica valutazione composita. Il SAPS tiene conto del dolore avvertito in 16 punti non articolari valutati chiedendo al paziente di indicare il grado di dolore e/o indolenzimento che ha provato nell’ultima settimana in ciascuna delle diverse aree del corpo elencate selezionando il riquadro corrispondente. Sotto queste indicazioni, una serie di descrizioni sono seguite da quattro caselle contrassegnate con 0=nessuno, 1=lieve, 2=moderato, 3=grave. I diversi punteggi della scala variano da 0 a 48 ma per cercare di integrarli tutti in un’unica scala, sono stati normalizzati in una scala da 0 a 10. Al termine dello studio, i dati raccolti con il questionario elettronico che includono il numero, l’età e il sesso dei partecipanti insieme ai risultati del test ottenuti con il WEB, sono stati estratti, esportati in Excel e resi anonimi.
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Figura 6. Self Assessment Pain Scale (SAPS) presente sul sito www.fibromialgiaitalia.it. I diversi colori indicano il grado di dolore (blu= nessuno; verde= lieve; giallo= moderato; rosso= grave).
Analisi statistica. L’analisi descrittiva (deviazione standard, media, e percentili “25%-75%) per numeri continui o per dati percentuali è stata impiegata per descrivere il campione in esame. Il “clustering gerarchico” di tipo agglomerativo con il metodo Ward è stato usato sui dati standardizzati (315,316). Il numero dei cluster è stato scelto esaminando il dendrogramma e considerando l’utilità e l’interpretabilità clinica. I gruppi sono stati successivamente comparati a delle variabili di interesse utilizzando ANOVA seguito da un confronto a coppie tra i gruppi. Per il confronto a coppie, è stato effettuato un aggiustamento di Bonferroni al livello di significatività pari a 0.05, quando sono stati interpretati i valori p. Le analisi con ANOVA sono state utilizzate per confrontare il comportamento delle scale cliniche valutate dal FIQR nei sottogruppi definiti
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della FM. Il livello significativo dei dati statistici è stato stabilito nel 5% per tutti i test. Le analisi statistiche sono state realizzate utilizzando lo Statistical Package for Social Sciences (SPSS Inc. Windows release 11.0 ; Chicago, Illinois, USA) e il software di statistica MedCalc versione 12.7.0 (Mariakerke,Belgium).
RISULTATI Caratteristiche demografiche. La Tabella 10 mostra le caratteristiche dei 353 pazienti che hanno completato lo studio: l’85,3 % sono donne con un’età media di 50 anni (nel 62.5% sono sposate e solo il 24,1% sono diplomate o laureate). Inoltre, la durata media della malattia era di 4,7 anni con un range compreso tra 1 e 18 anni.
Tabella 10. Caratteristiche demografiche dei 353 pazienti inclusi nella Cluster Analisys.
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I pazienti tendono ad essere moderatamente in sovrappeso con un BMI medio di 28,5%; il 40 % infatti ha un BMI >25 e il 7% ha un BMI >30. In aggiunta, non si osservano sostanziali differenze nelle variabili tra i pazienti che hanno accettato di completare il programma e quelli che non l’hanno fatto.
Analisi descrittiva del campione. La Tabella 11 mostra i dettagli del punteggio di ogni singolo item, i punteggi subtotali e il punteggio finale del FIQR. Le cinque voci con punteggio maggiore (che valutano l’impatto della malattia) sono correlate ai seguenti sintomi: qualità del sonno (FIQR15), stanchezza (FIQR 13), dolore (FIQR 12), rigidità (FIQR 14), livello di indolenzimento (FIQR 19), problemi di equilibrio (FIQR 20) e sensibilità all’ambiente esterno (FIQR 21). Le voci con il punteggio più basso si riferiscono alle attività funzionali come lavarsi e pettinarsi i capelli, preparare i pasti, camminare ininterrottamente per 20 minuti, fare la spesa e cambiare le lenzuola del letto. La Figura 7 mostra la distribuzione del punteggio FIQR in tutto il gruppo di pazienti fibromialgici di sesso femminile (n° 301) e maschile (n° 52) e offre un modo semplice per poter visualizzare i risultati complessi ottenuti nei diversi domini del FIQR in una sola immagine. Nonostante l’impatto della malattia sia rusultato maggiore nelle donne rispetto agli uomini, soprattutto per quanto riguarda l’ambito della funzione relativo alla cura personale (FIQR 1) e all’attività della vita quotidiana (FIQR3, FIQR4, FIQR5, FIQR7, FIQR9), queste differenze non sono significative. Allo stesso modo, dolore, stanchezza, rigidità e qualità del sonno sono variabili non significativamente associate al sesso (Figura 7).
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Tabella 11. Scores ottenuti con il FIQR (media e valori medi, deviazione standard e intervallo di confidenza 95% per ogni articolo, score totale del FIQR e per lo score totale del FAS) dei pazienti che hanno partecipato allo studio.
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Figura 7. Spydergramma (grafico a ragnatela) dei domini del FIQR riferito alla coorte dei pazienti fibromialgici (353)di cui 301 donne e 52 uomini. Gli score dei domini sono rappresentati dallo 0 ( al centro) al 10 (risutati peggiori, all’esterno).
Localizzazione dei punti dolorosi. Il SAPS è stato utilizzato per valutare la presenza di dolore in 16 aree del corpo. La maggior parte dei pazienti con FM ha affermato di provare dolore a livello del rachide cervicale (81,4%), al rachide dorsale (70,1%) e rachide lombare (83,2%) (Figura 8). Anche in questo caso non sono state osservate differenze tra i due sessi per quanto riguarda i siti di dolore.
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Figura 8. Localizzazione dei punti dolorosi dopo valutazione con SelfAdministered Fibromyalgia Assessment Status (FAS) nei pazienti fibromialgici che hanno partecipato allo studio.
Cluster analysis. Il raggruppamento gerarchico sulle variabili standardizzate corrispondenti ai 21 subtotali del FIQR risultano in un dendrogramma che fornisce preziose informazioni nel momento in cui i dati sono stati esaminati e i pazienti suddivisi in tre cluster. I tre gruppi sono all’incirca della medesima dimensione, con i sottogruppi corrispondenti al 33.1%, 34% e 32.9% del totale. La suddivisione in tre gruppi ha permesso di distinguere il campione di pazienti in tre livelli di gravità, con il gruppo 1 che rappresenta quello con il valore medio più basso riguardo tutti i sintomi, il gruppo 3 quello con la sintomatologia più severa e il gruppo 2 quello con una sintomatologia di grado moderato e un basso punteggio
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per quanto riguarda i domini che si riferiscono alla sfera cognitiva e psicoaffettiva (FIQR16, FIQR17, FIQR 18) (Tabella 12).
Tabella 12. Sottogruppi del campione di pazienti sulla base degli score ottenuti con il FIQR (media e deviazione standard) per ogni articolo, sub dimension e score totale. Cluster 1 mostra il livello medio più basso dei sintomi, Cluster 3 mostra il livello medio più alto dei sintomi e Cluster 2 è caratterizzato da livelli moderati di sintomi associati a bassi livelli di depressione, ansia e problemi di memoria.
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Il confronto tra i gruppi ha mostrato inoltre differenze significative tra tutti i cluster per quanto riguarda i sintomi con qualche eccezione. I gruppi 2 e il 3, ad esempio, non differiscono molto nei punteggi relativi alla ‘camminata ininterrotta per 20 minuti’ (p= 0.11) e in quello relativo a ‘sollevare e portare le borse della spesa’ (p= 0.21). Il gruppo finale (inteso come la media del punteggio dei diversi domini di ogni gruppo) è rappresentato nella Figura 9.
Figura 9. Cluster 1 (n° 117; linea nera) mostra per lo più un basso livello di sintomi. Cluster 2 (n° 120; linea rossa), caratterizzato da un livello medio di sintomi e un basso impatto psico-cognitivo. Cluster 3 (n°116; linea con tratteggio blu) mostra uno scarso controllo del dolore con alti livelli di sintomi e problemi psico-cognitivi.
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DISCUSSIONE Negli ultimi anni, la progressiva evoluzione dei software dell’Information Technology ha fortemente migliorato la capacità di soddisfare le richieste cliniche della valutazione dei PROs. Il vantaggio principale dei questionari computerizzati è rappresentato dalla possibilità di raccogliere informazioni qualitativamente soddisfacenti, senza il rischio di perdere informazioni (missing). Il problema della perdita dei dati è stato rilevato essere il limite maggiore dei questionari cartacei. Nella loro analisi, Streiner e Norman (322) hanno descritto che il 5%-10% dei questionari cartacei compilati non poteva essere utilizzato, perché conteneva risposte mancanti, illeggibili o non valide. L’introduzione delle scale di valutazione verbali e numeriche (verbal rating scales e numerical rating scales), dei diari clinici e dei questionari semantici ha rappresentato il primo passo nello studio della componente soggettiva del dolore (146). Tali metodiche partono dal presupposto che la capacità dei pazienti di ricordare con precisione l’esperienza dolorosa, la cosìdetta “pain memory”, sia precisa ed affidabile (315,323,324). Spesso, viene richiesto al paziente di riportare i dettagli dell’esperienza algica e di esprimere un giudizio sintetico sulle caratteristiche del dolore: la frequenza, l’intensità o aspetti ancora più complessi (se, ad esempio, ha avuto più riacutizzazioni al mattino o alla sera e se tali episodi sono risultati associati a situazioni di stress). Ricerche sulla “pain memory” dimostrano che il ricordo dell’esperienza del dolore non è una riproduzione esatta dell’evento, essendo modulata da numerose variabili (325). È noto, ad esempio, come diversi pazienti con dolore cronico tendano a sovrastimarne i livelli di
122
intensità (324,325). Anche i fattori demografici o la sede del dolore influenzano i processi di autovalutazione dell’esperienza dolorosa: soggetti con lombalgia o cervicalgia cronica risultano, ad esempio, più attenti nel ricordare la loro esperienza algica, rispetto a pazienti con cefalea o con dolori addominali (326). Le informazioni relative al dolore, raccolte nel contesto di una visita ambulatoriale, sono dati “retrospettivi”, richiamati dalla memoria autobiografica del paziente, secondo una logica “medico-centrica” (327,328). La recente adozione, in numerosi campi della medicina, della tecnica EMA (Ecologic Momentary Assessment) (329-332) consente la registrazione dei parametri in esame in “real life” e in “real time” nella valutazione di fenomeni complessi come appunto l’intensità del dolore e l’impatto che esso determina sulla disabilità fisica, sullo stato psicoaffettivo e più in generale sulla qualità della vita, introducendo una moderna prospettiva nell’approccio alla gestione di tali pazienti. Gli studi condotti con tale metodo si propongono di campionare, con il giudizio espresso dal paziente stesso e ad intervalli di tempo prefissati, i dati relativi a problematiche specifiche (intensità del dolore, grado di ansia o di depressione, compromissione funzionale o più in generale la qualità di vita) del suo vissuto quotidiano. La metodica EMA si caratterizza per due principali aspetti: - “Ecologic”, analizza il paziente nel suo “habitat” naturale, tenendo conto delle sue esperienze quotidiane che rientrano nella sua “real life (329). Tale caratteristica è in contrasto con il tradizionale approccio clinico, nel quale il paziente viene valutato in un contesto completamente diverso, rispetto al suo habitat quotidiano.
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- “Momentary”, si riferisce alla capacità che la metodica presenta di registrare i parametri in tempo reale, nel momento stesso in cui vengono vissuti dal soggetto, in “real time”. Tale caratteristica permette di poter superare le problematiche connesse alla “memoria del dolore”, consentendo una interpretazione reale dell’esperienza sensoriale (329,332). L’attuale disponibilità di diari elettronici (eDiary) e la realizzazione di idonee piattaforme hardware e software, hanno aperto nuovi orizzonti nell’applicabilità della tecnica EMA, anche in campo reumatologico, con una serie di vantaggi che si ripercuotono sul miglioramento della compliance. Lo studio condotto da Salaffi et al (333) ha consentito di confermare l’applicabilità della metodica EMA in una casistica di pazienti affetti da AR, da FM e da gonartrosi sintomatica nella rilevazione del dolore e della rigidità, mediante l’utilizzo di un diario elettronico, denominato “Datalogger - Pain Level Recorder”. Tali risultati inducono a ritenere che il grado di compliance all’utilizzo di tale metodica per il rilievo di dati soggettivi, quali il dolore e la rigidità, risulti elevato nei pazienti con dolore cronico muscolo scheletrico, dimostrando l’applicabilità del metodo EMA con sistemi computerizzati in un contesto reumatologico. Tale approccio offre interessanti prospettive, non solo in ambito clinico, consentendo la personalizzazione del piano terapeutico sulla base delle caratteristiche del soggetto, ma anche nel contesto della ricerca applicata. La tecnologia interattiva computerizzata, come il tele monitoraggio remoto, basato sull’utilizzo di piattaforme WEB-Internet, può facilitare la raccolta dei PROs e può sostenere il passaggio delle applicazioni focalizzate sul giudizio medico a quelle focalizzate
124
sul paziente. La nostra piattaforma WEB è stato progettata in modo tale da ottenere solo risposte complete, così da eliminare gli errori di compilazione e di trascrizione, permettendo l’inserimento dei dati direttamente nel database con la possibilità della stampa immediata e l’utilizzo dei risultati. Il FIQR è attualmente lo strumento più idoneo per valutare lo spettro completo dei sintomi e segni correlati con la sindrome fibromialgica. I sintomi più frequentemente riportati dai pazienti espressi in termini di intensità sono qualità del sonno, stanchezza/energia, dolore, rigidità, indolenzimento, problemi di equilibrio e ipersensibilità all’ambiente circostante. Non sono state rilevate differenze significative tra i due sessi. Il fatto che le donne abbiano riportato punteggi più alti per gli items riferiti alle attività quotidiane (es. lavare e pettinarsi i capelli, preparare i pasti, dare l’aspirapolvere, spazzare per terra e andare a fare la spesa) sembra collegato alla peculiarità delle attività che le donne svolgono e che sono diverse da quelle svolte dagli uomini e più facilmente correlate con le voci del questionario, piuttosto che a una maggiore difficoltà funzionale. Lo stato di malessere generalizzato associato alla FM che emerge dal nostro studio, è simile a quello descritto nei precedenti lavori (166,334-337). Lo studio di Chandran et al, valuta in modo completo la gravità dei sintomi della FM e studia il peso della malattia in relazione ai livelli di gravità della stessa. Nonostante la maggior parte dei pazienti reclutati in questo studio avesse ricevuto una terapia per il trattamento della FM, sono stati riportati elevati livelli di dolore, ansia, depressione, disturbi del sonno, disfunzioni cognitive e limitazioni funzionali. Perrot et al. hanno mostrato un significativo
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stato di malessere associato alla FM. La gravità della FM è stata messa in relazione con un basso HRQL e con disturbi del sonno, ansia e depressione. Più della metà dei pazienti (55%) ha un dolore moderato e il 22% riporta dolore grave, avvalorando la tesi per cui il dolore moderato-severo cronico sia un carattere dominante per i pazienti affetti da FM. Il dolore rappresenta l’aspetto fondamentale per la diagnosi di FM ed è accompagnato da una varietà di altri sintomi sistemici e multiformi che possono risultare di difficile inquadramento perché comuni ad altre patologie muscoloscheletriche e la mancanza di indagini di laboratorio specifiche per FM può facilmente condurre a diagnosi errate (338). A questo proposito, il dolore localizzato a livello del rachide cervicale e lombare (riportato in più del 80% dei pazienti fibromialgici) può rendere difficile la diagnosi differenziale con il dolore infiammatorio del rachide, tipico dei pazienti affetti da Axial-SpA, soprattutto tra le donne. Dal mancato riconoscimento delle due malattie non solo deriva una “misdiagnosi” ma anche un errore interpretativo nel caso di un fallimento della terapia per la Axial-SpA. Il risultato di recenti studi ha confermato che il più frequente errore diagnostico è stato compiuto nei pazienti affetti da SpA. La prevalenza complessiva della FM nei pazienti con SpA è di 14.9%, significativamente più alta tra le donne (p<0.0001) (85). La sua presenza può confondere e ritardare ulteriormente la diagnosi, contribuendo così al fatto che le limitazioni funzionali riportate dalle donne siano peggiori di quelle degli uomini. I risultati della “Cluster Analysis” hanno dimostrato che la soluzione che meglio si adattava alla stratificazione dei dati raccolti era una suddivisione in tre
126
sottoclassi in cui ogni variabile differiva significativamente (p<0,0001) tra i tre gruppi. I tre sottogruppi hanno consentito di classificare il campione iniziale dei pazienti, estremamente etrogeneo nelle varie manifestazioni cliniche, in livelli di severità: il Cluster 1 rispecchiava i più bassi valori rispetto tutti i sintomi; il Cluster 3 rifletteva i più alti valori medi di tutti gli items. Il Cluster 2 comprendeva invece i soggetti con valori moderati riguardo la sintomatologia dolorosa associati a più bassi livelli di psico-affettività. Abbiamo utilizzato lo score calcolato attraverso i singoli valori del FIQR (339) per stabilire il livello di severità della sintomatologia di ogni sottogruppo ed è emerso che il Cluster 1 presentava il punteggio medio totale più basso, rientrando nel range dei sintomi descritti come lievi dal FIQR (score da 0 a 39), mentre il Cluster 3 rientrava nel range di maggiore severità relativamente a tutti i domini (score da 59 a 100). Il Cluster 2, invece, comprendeva sintomi di grado moderato (score da ≥39 a <59) e bassi o normali livelli per quanto riguarda gli items del FIQR che indagano la sfera cognitiva e quella ralativa psico-affettiva. I gruppi 2 e 3, quindi, differiscono relativamente agli items che indagano sugli aspetti legati alla compromissione del tono dell’umore (FIQR16), all’ansia (FIQR18) e al cosiddetto “fibrofog” (FIQR17) (308). Riguardo il “fibrofog”, in un recente lavoro Kravitz e Kats (340) ne hanno analizzato i diversi aspetti, mettendo in risalto come i pazienti con FM spesso riferiscano dimenticanze, difficoltà di concentrazione, nonché declino della funzione cognitiva, della memoria e perdita di lucidità mentale (nebulosità mentale) e come questi aspetti debbano essere inquadrati come sintomi di allerta.
127
Il "Fibrofog" è un aspetto clinicamente rilevante che, ad oggi, è poco studiato e valorizzato nel contesto della patologia ma che può rivelare importanti indizi sullo stato di salute di un paziente. Altri autori hanno già affrontato lo studio dei cluster in pazienti fibromialgici. Sono stati descritti sottogruppi sulla base di diversi parametri, ad esempio le caratteristiche psicosociali (33), la sensibilità dei TPs, la soglia del dolore e le variabili psicologiche (32). Nel 2003 Giesecke (32) pubblicò per prima uno studio in cui identificava tre sottoclassi di pazienti, principalmente in base al dolore e alla psicopatologia e alla dolorabilità dei TPs (che secondo il criteri del 1990 erano ancora un elemento diagnostico fondamentale): un sottogruppo era caratterizzato da una moderata alterazione dell’umore, moderati livelli di catastrofizzazione e di un buon controllo del dolore con bassi livelli di indolenzimento ai test di evocazione; il secondo sottogruppo mostrava un alto grado di disturbi dell’umore, i valori più alti nella scala di catastrofizzazione e dolore severo; il terzo gruppo aveva una normale valutazione dell’umore, livelli di catastrofizzazione molto bassi e un ottimo controllo del dolore, anche se mostrava una sensibilità molto accentuata ai test di evocazione del dolore. Questo risultato si discostava dalle considerazione cui erano giunti altri autori, che ritenevano, contrariamente ai risultati di Giesecke, che la maggiore sensibilità al dolore poteva essere riconducibile all’influenza esercitata dal profilo psicologico e all’emotività del soggetto e che tali fattori influissero in senso peggiorativo (341-343). Secondo Petzke et al, ad esempio, esisteva una correlazione tra il numero dei TPs e l’entità del dolore riportato
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(343). Sebbene la severità del dolore fosse notoriamente associata alla depressione (344), tale rapporto di proporzionalità diretta poteva perdere di significatività nel momento in cui si fosse verificato un miglioramento dell’umore (345). A supporto di quanto sia difficile stabilire se l’umore depresso sia una concausa o piuttosto una conseguenza della complessa sintomatologia fibromialgica, in questo studio il Cluster 2 mostrava elevati livelli di stress emotivo al contrario del Cluster 3 che esibiva un profilo psicologico pressoché normale, in presenza, in entrambi i casi, di elevata sensibilità alla pressione sui TPs. Wilson e i suoi collaboratori nel 2009 (336) hanno, per primi, identificato dei sottogruppi differenti analizzando più criteri: i sintomi muscolo-scheletrici, gli aspetti psicologici e gli altri sintomi di accompagnamento. L’intento era quello di definire pattern clinici, che potessero risultare utili nella pratica clinica e nella gestione dei pazienti fibromialgici, più che per la definizione di nuovi criteri diagnostici. Da questo studio sono emersi quattro differenti gruppi di pazienti: il gruppo 1 aveva un punteggio elevato per tutti e tre i domini sintomatologici, il gruppo 2 mostrava un grado moderato per i domini dei sintomi fisici e valori elevati per i sintomi psico-cognitivi, il gruppo 3 aveva un grado moderato per i due domini fisici e basso per quelli psico-cognitivi mentre il gruppo 4 aveva bassi valori per tutti i sintomi analizzati. Le analisi delle variabili esterne fornivano evidenza che i 4 cluster differivano in modo significativo sotto diversi punti di vista, tra i quali le modalità di ricorso all’assistenza sanitaria, il grado di impatto fisico della malattia e la capacità di far fronte ai sintomi. Nonostante i gruppi 2 e 3 manifestassero livelli moderati di sintomi, la gravità della depressione e dell’ansia
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rappresentava il vero fattore distintivo. Quest’ultimo aspetto è in accordo con i dati riportati da altri autori. A tale proposito lo studio di Vincent et al. (315) ha evidenziato l’esistenza di quattro gruppi, divisi in diversi livelli di gravità: il gruppo 1 comprendeva i pazienti con più bassi valori riferiti a tutti i sintomi; il gruppo 2 e il gruppo 3 presentavano moderati sintomi fisici e differivano relativamente alla componente psicoaffettiva, che era bassa per il gruppo 2 e piuttosto rilevante per il gruppo 3; infine il gruppo 4 comprendeva i livelli medi più elevati. Un ulteriore elemento di rilievo è quello relativo all’uso di farmaci da parte dei pazienti: il Cluster 4 era quello che più ricorreva all’uso di farmaci mentre i componenti del Cluster 1 erano quelli che he ne consumavano meno. Questa affermazione indica che la sintomatologia più pronunciata del Cluster 4 non dipende dalla scarsa compliance al trattamento, ma da una maggior gravità di malattia. Quindi, analogamente a quanto sottolineato da Wilson, anche Vincent giungeva alla conclusione che ansia e depressione sono gli aspetti che contribuiscono in misura maggiore a differenziare i vari sottotipi di pazienti fibromialgici. Loevinger et al. hanno dato ancor più risalto all’aspetto psicoemotivo come tratto distintivo della FM. In questo studio sono stati evidenziati quattro sottogruppi dal campione iniziale di pazienti, tre dei quali presentavano un’elevata componente psico-affettiva.
Del
primo
gruppo
facevano
parte
soggetti
affetti
da
ipocortisolismo, che avevano subito maltrattamenti in età infantile e avevano una soglia del dolore estremamente bassa; il gruppo 2 era caratterizzato da elevati livelli di dolore, astenia, disabilità e coinvolgimento della sfera psicoaffettiva e
130
test bioumorali positivi (immunologici, neurologici o metabolici). Nel terzo gruppo erano compresi quei pazienti che mostravano un profilo psicologico assai compromesso, associato ad una moderata intolleranza al dolore fisico; infine il quarto gruppo si distingueva per benessere psicologico e bassi valori per la componente del dolore. Questi risultati sottolineavano la compatibilità dell’ipotesi che traumi dell’età infantile, stress psico-fisico e patologie infiammatorie potessero rappresentare possibili “trigger” patogenetici. I nostri risultati e quelli riportati in letteratura, non sono facilmente comparabili, poiché essi hanno utilizzato misurazioni sperimentali del dolore e variabili non incluse nel nostro studio. De Sousa et al. (313) hanno sottolineato come ansia e depressione fossero due fattori di differenziazione, basandosi sulle singole voci del FIQ, nel loro modello “two-cluster”. Il sottogruppo 1 era caratterizzato infatti dai più bassi livelli di ansia, depressione e stanchezza al risveglio mentre il sottogruppo 2 era caratterizzato da alti livelli per gli stessi items. Entrambi questi sottogruppi hanno mostrato risposte elevate ai test di provocazione del dolore. In linea con queste osservazioni, Docampo (346) nello studio denominato ‘Spanish Fibromyalgia Cases' ha reclutato 1446 pazienti e ha identificato tre sottogruppi: il gruppo 1 era rappresentato da bassi valori riguardo la sintomatologia e le comorbidità; il gruppo 2 presentava una sintomatologia severa con un alto grado di comorbidità; il gruppo 3 manifestava una sintomatologia severa accompagnata da un basso grado di comorbidità. Una novità nell’ambito di questa classificazione è che i sintomi del dolore sono stati raggruppati insieme a
131
quelli cognitivi nella stessa area. Tali sintomi identificati all’interno dello stesso Cluster potrebbero condividere una comune eziologia, sottolineando ancora una volta la potenziale implicazione del SNC nella fisiopatologia della FM (347). La disabilità psicologica e cognitiva è associata ad una serie di condizioni dolorose che comprendono il dolore localizzato al rachide lombare, che rappresenta uno tra i sintomi più comuni nei pazienti fibromialgici insieme al dolore neuropatico di origine diabetica (348). Il deficit di memoria si dimostra essere la componente cognitiva più rilevante nella FM. Recentemente, Tesio et al. (349), hanno osservato la presenza di riduzione dell’attenzione, della memoria a lungo termine, della memoria di lavoro e della riduzione delle capacità funzionali dei pazienti fibromialgici, comparandoli a pazienti sani. Deficit di memoria sono stati osservati in altre condizioni dolorose croniche (348) ma queste appaiono molto più pronunciate nella FM. Questo concetto evidenzia come la presenza di un gruppo di sintomi in ogni patologia può avere un effetto a cascata su altri sintomi specifici come il dolore (350). I sintomi e le comorbidità associate, possono, entrambi, determinare delle differenze tra condizioni dolorose e differenze all’interno di una sindrome dolorosa come la FM. A questo riguardo, Williams et al. hanno dimostrato che i domini della stanchezza e dell’umore erano fortemente associati con la disfunzione cognitiva percepita nella FM, mentre il dolore era inconfondibilmente associato con i deficit di linguaggio e, inaspettatamente, non era correlato né all’attenzione né alla concentrazione. In accordo a queste osservazioni, i risultati del nostro studio mostrano come i
132
problemi di memoria ed i sintomi psicologici (ansia e depressione) non siano associati all’intensità del dolore nel gruppo 2. Il nostro studio presenta alcune limitazioni concernenti gli aspetti metodologici. Innanzitutto, l’utilizzo di Internet è strettamente correlato a diversi fattori socioeconomici e demografici che includono età, sesso, istruzione e luogo di residenza (351). Perciò, il limite attuale nella raccolta di informazioni sfruttando la tecnologia WEB è rappresentato dalla tendenza ad avere utenti non rappresentativi dell’intera popolazione. Nonostante ciò abbiamo potuto registrare che il 71.2% di pazienti reclutati ha utilizzato in manera affidabile e continuativa il supporto WEB. In secondo luogo, non abbiamo selezionato i pazienti sulla base della terapia farmacologica in corso. Infatti l’influenza esercitata dai farmaci è un importante fattore che può influenzare il riconoscimento dei pazienti affetti da FM. Un’ulteriore precisazione è che questa analisi è basata su una popolazione adulta proveniente da un’area geografica limitata all’Italia del Nord e del Centro.
133
CONCLUSIONI
I risultati di questo studio suggeriscono che l’utilizzo di un diario WEB-Internet rappresenta una soluzione applicabile, accessibile, facile da usare ed economicamente sostenibile per l’acquisizione di dati centrati sul paziente affetto da FM. Le informazioni raccolte forniscono una “snapshot” della FM, facilitando il riconoscimento dei principali pattern clinici. I sintomi più frequentemente riportati dai pazienti espressi in termini di intensità sono scarsa qualità del sonno, stanchezza/astenia, rigidità e dolore. Questo studio dimostra l’esistenza di un gruppo di pazienti fibromialgici (Cluster 1) che manifesta una lieve sintomatologia muscolo-scheletrica e un basso coinvolgimento psico-cognitivo; un gruppo (Cluster 3) con scarsissimo controllo del dolore ed elevato impatto psico-cognitivo ed infine un gruppo intermedio (Cluster 2) che mostra una sintomatologia moderata con scarso coinvolgimento psico-cognitivo. E’ possibile che i sottogruppi identificati possano mostrare prognosi diverse e una differente risposta alla terapia, ma questo non è stato ancora analizzato e sarebbe interessante sviluppare in futuro ulteriori studi in questa direzione. Il portale “Fibromialgia Italia” vuole essere uno strumento di supporto per il paziente attraverso una serie di servizi e applicazioni tali da permettere un accesso rapido ed immediato alle informazioni scientifiche costantemente aggiornate e di prendere quindi coscienza della propria malattia.
134
Il progetto intende migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da Fibromialgia attraverso il monitoraggio a domicilio fornendo soluzioni di auto-gestione e offrendo la possibilità al Reumatologo di intervenire in maniera rapida e razionale. Inoltre questo studio presenta un nuovo modello di assistenza dal quale ci si attende una riduzione dei costi sociali del paziente attraverso una progressiva diminuzione del ricorso a servizi sanitari e cure specialistiche. A conferma dei promettenti risultati ottenuti da questo lavoro, ulteriori ricerche saranno
necessarie
per
valutare
l’efficacia
clinica
ed
economica
del
Telemonitoraggio nei pazienti con Fibromialgia.
135
TAKE HOME MESSAGES
•
I sintomi più frequentemente riportati dai pazienti affetti da FM
sono risultati la scarsa qualità del sonno, la
stanchezza/astenia, la rigidità e il dolore. •
La suddivisione in sottogruppi sulla base dei sintomi ha evidenziato la presenza di tre diversi cluster: il cluster 1 ha mostrato bassi punteggi per tutti i domini FIQR; il cluster 2 ha raggruppato i pazienti con valori intermedi in relazione ai sintomi fisici e con una scarsa componente cognitivopsicoaffettiva; il cluster 3 si è caratterizzato per elevati valori FIQR e spiccata severità dei sintomi.
•
La valutazione EMA (Ecological Momentary Assessment) è un metodo utile per raccogliere i sintomi transitori e fluttuanti (come
lo
sono
quelli
che
identificano
il
paziente
fibromialgico). •
La piattaforma WEB fornisce una soluzione estremamente utile e facilmente fruibile per l'acquisizione di dati PROs, utili nella gestione e nel follow-up dei pazienti affetti da FM.
136
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