UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI “M.FANNO” CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN ECONOMIA E DIREZIONE AZIENDALE
TESI DI LAUREA “LE RESTRIZIONI RELATIVE AL FENOMENO DELL’INSIDER TRADING SONO REALMENTE EFFICACI? UN’ANALISI EMPIRICA SU ALCUNI MERCATI EUROPEI”
RELATORE: CH.MA PROF.SSA BALDAN CINZIA
LAUREANDA: PICCINOTTI FEDERICA MATRICOLA N. 1035915 ANNO ACCADEMICO 2013 – 2014
"Il talento non basta: occorre tenacia. Tra una persona talentuosa senza tenacia e un’altra tenace, ma senza talento, sarà quest’ultima a ottenere i risultati migliori.”
Beppe Severgnini
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SOMMARIO
INTRODUZIONE ...........................................................................................................6 Capitolo I: IL FENOMENO DELL’INSIDER TRADING ..........................................9 1.1 Premessa ......................................................................................................................9 1.2 L’abuso di mercato ....................................................................................................10 1.3 La definizione di “insider trading” ...........................................................................11 1.3.1 La definizione di “inside information” ...............................................................14 1.3.2 I soggetti attivi nell’insider trading .....................................................................16 1.4 Il dibattito sull’insider trading ...................................................................................17 1.4.1 Le ragioni di coloro favorevoli ad una deregulation e le relative critiche..........17 1.4.2 Le ragioni di un inasprimento delle sanzioni e le relative critiche .....................24 Capitolo II: LA REGOLAMENTAZIONE DELL’INSIDER TRADING NEGLI STATI UNITI, IN EUROPA E IN ITALIA .............................................................................29 2.1 Premessa ....................................................................................................................29 2.2 La legislazione statunitense sul fenomeno dell’insider trading .................................29 2.3 La normativa in Europa sull’insider trading ..............................................................40 2.3.1 La normativa e l’attività di enforcement in Italia................................................43 2.4 L’enforcement pubblico delle normative sull’insider trading ...................................51 Capitolo III: ANALISI EMPIRICA DEL FENOMENO DELL’INSIDER TRADING SU ALCUNI MERCATI EUROPEI ..................................................................................55 3.1 Premessa ....................................................................................................................55 3.2 Il modello: le tre ipotesi fondamentali.......................................................................56 3.2.1 Descrizione delle variabili e scelta del dataset....................................................57 3.3 Analisi dei risultati.....................................................................................................73 3.4 Conclusioni sulle restrizioni del fenomeno dell’insider trading in Europa ...............90
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE ...............................................................................92
BIBLIOGRAFIA ...........................................................................................................95 APPENDICE ................................................................................................................102 3
RINGRAZIAMENTI ..................................................................................................106
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INTRODUZIONE Secondo l’Unione Europea, due dei requisiti fondamentali per preservare il buon funzionamento dei mercati finanziari consistono nel tutelarne l’integrità e nell’accrescere la fiducia degli investitori nei mercati stessi1. Il fenomeno del market abuse nel suo complesso ed, in particolare l’insider trading, rischiano di minare la fiducia riposta dagli investitori. Al fine di evitare che ciò accada, è necessario che il legislatore prenda dei provvedimenti volti a prevenire la diffusione del fenomeno e a punire gli autori di tale reato. In particolare, l’insider trading consiste nel porre in essere operazioni su strumenti finanziari sulla base di informazioni chiave, prima che esse divengano di dominio pubblico, con lo scopo di realizzare profitti considerevoli. Le informazioni, oggetto del reato di insider trading, vengono definite “informazioni privilegiate” e debbono essere specifiche e di contenuto determinato, non a disposizione del pubblico, concernenti gli strumenti finanziari ed, infine, atte a influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari cui si riferiscono, se rese pubbliche.2 Il Paese pioniere nella regolamentazione e repressione del fenomeno dell’insider trading sono gli Stati Uniti, i quali costituiscono un modello emblematico per gli altri Paesi europei. Infatti, la legislazione relativa all’insider trading in Europa si è sviluppata principalmente a partire dagli anni ’90 e, solo in tempi recenti, con l’approvazione della direttiva 2003/6/CE, nota con il nome di Market Abuse Directive, si è avuto un trattamento omogeneo del fenomeno nei diversi Paesi europei e le restrizioni sono diventate più rigorose. Nonostante ci sia stato un incremento delle sanzioni per coloro che compiono il reato di insider trading, il dibattito relativamente al fatto se le restrizioni siano efficaci o meno è tuttora acceso. Infatti, dato che l’insider trading produce molteplici e differenti effetti economici, le opinioni al riguardo sono difformi: vi sono coloro che sostengono che sia dannoso per i mercati finanziari e coloro che, invece, ritengono che sia foriero di effetti positivi per i mercati stessi. Con la presente tesi si tratta il tema dell’efficacia delle restrizioni poste al fenomeno dell’insider trading. In particolare, si cercherà di stabilire se e in quale misura l’applicazione di una normativa restrittiva risulti efficace nel combattere il fenomeno in esame in alcuni Paesi europei, quali Italia, Francia, Germania e Spagna. 1
Cfr. http://europa.eu/legislation_summaries/internal_market/single_market_services/financial_services_transactions_ in_securities/l24035_it.htm 2 Le informazioni sono tratte da Borsa Italiana e sono disponibili al sito internet: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/insidertrading.htm
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A tal fine, nel Capitolo I si delinea il fenomeno dell’insider trading, evidenziandone i tratti caratterizzanti e focalizzando l’attenzione sull’inside information e sui soggetti che possono essere accusati di tale reato. Poi si descrive il dibattito che vede protagonisti, da un lato, coloro che sostengono l’insider trading e sono quindi favorevoli ad una sua deregulation e dall’altro lato, coloro che, invece, auspicano ad un inasprimento delle sanzioni previste, con un particolare approfondimento delle ragioni alla base di entrambe le posizioni. Nel Capitolo II si descrive l’evoluzione nel tempo della legislazione statunitense e della legislazione europea, in particolare quella italiana, mettendone in evidenza le analogie e le differenze. In tale descrizione verranno proposti alcuni dei principali lavori volti a studiare l’efficacia delle restrizioni in diversi periodi di tempo nei confronti del fenomeno dell’insider trading. Per ognuno degli studi presi in considerazione, si descriverà l’obiettivo perseguito per poi fare riferimento alla metodologia utilizzata e soprattutto ai risultati conseguiti. Un’ultima sezione sarà dedicata al tema di come deve essere l’enforcement pubblico per risultare efficace nel ridurre i casi di insider trading. Nel capitolo III, infine, si presenta l’analisi empirica: per capire se una normativa restrittiva sia o meno efficace nel combattere l’insider trading, si adotta il modello sviluppato da Beny (2005). Tale modello si propone di testare tre differenti ipotesi che associano all’imposizione di leggi proibitive tre diversi effetti sul mercato: un incremento dell’ownership dispersion, della stock price informativeness e della stock market liquidity. Le tre ipotesi vengono confermate per un campione di trentatré Paesi, comprendenti anche i Paesi europei, per l’anno 1995. Data l’impossibilità di replicare tale modello per gli anni 2012 e 2013, a causa della mancata disponibilità di dati su un numero così cospicuo di Paesi, si è deciso di procedere con una differente analisi, pur mantenendo il focus sulle ipotesi appena descritte. Tale analisi si concentra su quattro mercati europei (Italia, Francia, Germania, Spagna), per i quali ci si attende una conferma delle ipotesi, essendo la legislazione in vigore sugli abusi di mercato, a partire dalla direttiva 2003/6/CE molto più simile e restrittiva rispetto a quella vigente nell’anno 1995. Laddove le ipotesi non trovassero conferma, si cercherà di spiegarne le motivazioni.
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CAPITOLO I
IL FENOMENO DELL’INSIDER TRADING 1.1 Premessa Le operazioni, messe in atto dalle società quotate, determinano reazioni sul mercato che possono diventare oggetto di comportamenti illeciti da parte di alcuni operatori.3 Tali operatori, con la condotta assunta, alterano il regolare funzionamento dei mercati finanziari con conseguente lesione dell’integrità degli stessi e degli investitori. Uno di questi possibili comportamenti illeciti è definito con l’espressione “insider trading” : gli insider sono coloro, i quali effettuano scambi sulla base di informazioni che riguardano il valore dello strumento, oggetto dello scambio, che non è di pubblico dominio. Generalmente, il fenomeno dell’insider trading coinvolge informazioni riservate legate alle società, di cui i relativi corporate manager sono a conoscenza. Tuttavia, il fenomeno potrebbe interessare informazioni che gli operatori ottengono in modo illecito anche da altre fonti. 4 L’approfondimento del problema sotto il profilo politico, etico, economico e giuridico si è concretizzato in tempi piuttosto recenti, soprattutto se si pensa alla situazione europea. Prima di analizzare “se e come“ controllare l’insider trading, è utile delineare nelle linee generali il fenomeno stesso. A tale proposito, l’inizio di questo capitolo è dedicato al tema del market abuse, spiegando soprattutto le differenze che intercorrono tra l’insider trading e la manipolazione del mercato o aggiotaggio. Successivamente, ci si concentra sul definire il fenomeno dell’insider trading, evidenziandone i tratti caratterizzanti e con un particolare focus sull’inside information e sui soggetti, che possono essere accusati di tale reato. Nell’analisi del fenomeno, si considerano sia il vero e proprio insider primario, sia i casi di tipping e tuyautage. Infine, l’ultima parte del presente capitolo si concentra nell’acceso dibattito tra coloro che sostengono l’insider trading e sono quindi favorevoli ad una sua deregulation e coloro che, invece, auspicano ad un inasprimento delle sanzioni previste, con un approfondimento sulle ragioni alla base di entrambe le posizioni.
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Chiesa (2010): p. 2. Harris (2003): p. 584.
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1.2 L’abuso di mercato Si parla di “abuso di mercato” quando gli investitori subiscono, direttamente o indirettamente, le conseguenze sfavorevoli del comportamento di altri soggetti che:
hanno approfittato di informazioni confidenziali (insider trading);
hanno falsato il meccanismo di determinazione dei prezzi degli strumenti finanziari; hanno divulgato informazioni false o ingannevoli. Tali comportamenti possono in effetti violare il principio generale, secondo cui tutti gli investitori devono operare in condizioni di parità.5 Con l’espressione “abusi di mercato” si comprendono due fenomeni: l’insider trading e la manipolazione del mercato o aggiotaggio. Entrambi i fenomeni, appena citati, sono considerati abusi di mercato, poiché influiscono sul corretto processo di formazione dei prezzi sul mercato finanziario. “L’abuso di informazioni privilegiate e la manipolazione del mercato sono di ostacolo alla reale e piena trasparenza del mercato, che è requisito fondamentale perché tutti gli operatori economici siano in grado di operare su mercati finanziari integrati”.6 Combattere e reprimere gli abusi di mercato è una tappa fondamentale per assicurare l’integrità dei mercati finanziari a livello internazionale e per incrementare la fiducia degli investitori nella trasparenza e nell’efficienza dei mercati stessi. 7 Il primo fenomeno, che rientra nell’espressione “abusi di mercato”, è l’insider trading: esso consiste nella operatività di soggetti sui mercati finanziari finalizzata allo sfruttamento di informazioni non ancora di pubblico dominio e che, una volta che vengono diffuse, determinano una variazione di prezzo dei titoli. Il secondo fenomeno è la manipolazione del mercato, che viene definito nell’art. 185 del TUF come il comportamento di “chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artefizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”. Tale condotta può essere attuata attraverso la manipolazione operativa, ossia la market based manipulation, e la manipolazione informativa, ossia l’information based manipulation. La prima forma di manipolazione si realizza direttamente sui mercati finanziari attraverso l’effettuazione di operazioni di negoziazione anche simulate. La seconda consiste, invece, nella diffusione di informazioni false o tendenziose relative alla 5
Le informazioni sono tratte dalla direttiva 2003/6/CE e sono disponibili al sito internet: http://europa.eu/legislation_summaries/internal_market/single_market_services/financial_services_transactions_ in_securities/l24035_it.htm 6 Direttiva 2003/6/CE 7 Faccincani (2004): p. 7.
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società emittente i titoli quotati sui mercati finanziari.8 La differenza sostanziale tra l’insider trading e la manipolazione del mercato è che il manipolatore diffonde notizie oppure effettua operazioni che non sono veritiere e prive di movente economico, se non quello di alterare l’andamento del mercato di riferimento e, dunque, trarre vantaggio dal disorientamento conseguente alla condotta assunta. L’insider, invece, effettua gli scambi sulla base di informazioni che sono comunque vere; egli si avvantaggia di una situazione di asimmetria informativa, perseguendo come finalità quella di trarre un profitto illecito. Inoltre, mentre con l’insider trading, il prezzo viene spinto a riflettere il valore fondamentale del titolo a cui si riferisce, con la manipolazione, il prezzo verso cui viene indirizzato il mercato è un prezzo scorretto e si rischia di incorrere in una eccessiva rivalutazione (o svalutazione) del titolo. Infine, il market manipulator può avere interesse a rendere manifesta al mercato la propria condotta, mentre l’insider, che effettua transazioni con la finalità di sfruttare il valore di un’informazione privilegiata, tende a nascondersi agli occhi del mercato.9 1.3. La definizione di “insider trading”
Il concetto di insider trading si è sviluppato nella sua accezione moderna nel XIX secolo nel Nord America, anche se ha suscitato maggior interesse ed è divenuto oggetto di studio soprattutto in tempi recenti, a partire dagli anni ’80 e ’90 del XX secolo. Elaborarne una definizione risulta molto complesso, trattandosi di un concetto soggetto a molteplici e differenti interpretazioni. L’insider trading viene definito da Borsa Italiana come la compravendita di strumenti finanziari da parte di un insider, cioè di una persona che, in virtù della posizione che ricopre, è a conoscenza di informazioni privilegiate che vengono appunto utilizzate per ottenere un profitto.10 Tali informazioni, denominate inside information, sono specifiche e di contenuto determinato; una volta rivelate al mercato, sono in grado di influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari a cui si riferiscono. L’utilizzo di questo tipo di informazioni può avvenire da parte di soggetti che ne sono venuti a conoscenza nell’ambito dello svolgimento delle proprie mansioni professionali, i cosiddetti insider, oppure in seguito ad una comunicazione indebita da parte di un insider.11
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Minenna (2003): p. 5. Ibidem. 10 Le informazioni sono tratte da Borsa Italiana e http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/insidertrading.htm 11 Lanciano e Macchiati (2002): p. 13. 9
sono
disponibili
al
sito
internet:
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“Non rileva che l’agente sia interno alla società o ad essa legato da rapporti contrattuali o invece appartenga alla Pubblica Amministrazione o, ancora, abbia ottenuto dalla società determinate notizie per usarle conformemente alle proprie mansioni: quel che fonda la violazione del precetto normativo, infatti, è sempre l’indebito approfittamento di conoscenze ottenute per ragione della posizione, dell’ufficio o della professione”. 12 Infatti sono considerati facenti parte del reato di insider trading e quindi oggetto di sanzione anche i fenomeni del tipping e del tuyautage. Il primo fenomeno consiste nella comunicazione a terzi dell’inside information in assenza di giustificato motivo, come, ad esempio, la comunicazione da parte di manager, direttori finanziari e dipendenti di informazioni privilegiate ad amici, membri della famiglia e partner commerciali, i quali utilizzano tali informazioni a proprio vantaggio. Se il destinatario del tip, denominato tippee, fa uso dell’informazione privilegiata, ricevuta, potrà ritrovarsi nella posizione di tippee trader quando compie operazioni sulla base di tale informazione oppure di second generation tipper se egli rivelasse ad altri l’informazione; in questo ultimo caso si parla di sub tipping o di un fornitore di tuyau. Le due principali differenze tra la figura del tippee e quella dell’insider sono: il tippee non può fare un uso legittimo dell’informazione, altrimenti non si tratterebbe di un caso di tipping e non può avere un dovere di riservatezza generalizzato, a meno che non sia imposto dall’ordinamento e valga per tutti i partecipanti al mercato.13 La ratio del divieto di tipping è quella di impedire l’incontrollata e ingiustificata comunicazione di informazioni privilegiate, in quanto queste potrebbero essere utilizzate per effettuare operazioni di compravendita sugli strumenti finanziari cui le informazioni si riferiscono.14 Il secondo fenomeno, invece, si concretizza nella raccomandazione a terzi di porre in essere tali informazioni, senza rivelare loro le informazioni privilegiate possedute. L’insider fornisce il tuyau, ossia un semplice consiglio, al tuyautée di comportarsi in un certo modo: si può trattare di comprare o vendere o compiere un’altra operazione precisata avente ad oggetto un determinato strumento finanziario. Nel caso di tuyautage, rispetto al tipping, la potenzialità del tuyau dovrebbe essere inferiore a quella del tip. Per quanto riguarda la figura del tuyautée, non è previsto alcun dovere di riservatezza a suo carico, in quanto l’utilizzo dell’informazione privilegiata in questione rimane nella disponibilità di chi dà il tuyau. Di conseguenza, non si parla di tuyautage di seconda generazione ma il divieto di trading è in capo al primo destinatario del tuyau.15 12
Seminara (1989): p. 171. Galli (2010): p. 18. 14 Petrulli e Rubino (2007): p. 115. 15 Galli (2010): p. 19. 13
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Altre due varianti di operazioni effettuate sulla base di informazioni privilegiate sono il front running e lo scalping. Il front running è la prassi dell’operatore che agisce per conto di terzi, che consiste nell’avvalersi di un’informazione privilegiata, che è rappresentata dalla prossima immissione sul mercato di un ordine di acquisto o di vendita idoneo a influenzare il prezzo di uno strumento finanziario. Si tratta di un caso in cui si gioca d’anticipo rispetto al mercato, però è un’altra operazione, decisa in precedenza, a costituire informazione price sensitive per la transazione che il soggetto front runner va a compiere, che consiste nell’anticipare l’ordine stesso.16 Lo scalping, invece, consiste nel compiere operazioni sfruttando l’informazione creata dall’agente medesimo o da un suo legittimo dante causa mediante il consiglio che lo scalper rivolge ai terzi di acquistare o vendere un certo valore mobiliare oppure un certo strumento finanziario. Un esempio tipico di scalping è il caso del giornalista, il quale acquista, il giorno prima dell’apparizione della propria rubrica finanziaria le azioni che egli consiglia ai lettori di acquistare nella sua rubrica.17 Mentre il front running è una pratica ritenuta censurabile, lo scalping è oggetto di accese e articolate discussioni: i commentatori nordamericani sono favorevoli alla sua sanzionabilità; altri autori, tra cui Seminara (2000), hanno, invece, escluso la possibilità di ricondurlo al fenomeno dell’insider trading e ai suoi relativi divieti. Infine, come ultima puntualizzazione, è utile sottolineare che l’insider trading non deve essere confuso con l’internal dealing. Quest’ultimo, infatti, consiste nelle operazioni di compravendita sui titoli di una società quotata da parte dei propri amministratori, sindaci e top manager. Tenendo conto della posizione di rilievo che tali soggetti rivestono all’interno della società, è chiaro che le operazioni di acquisto e di vendita sui titoli della società possono avere un particolare valore informativo per il mercato. Alla luce di quanto detto sul valore segnaletico che assumono tali operazioni, la normativa italiana ha posto in capo a questi soggetti l’obbligo di comunicare al mercato tempestivamente ogni operazione di acquisto o di vendita compiuta sui titoli della loro società. Tali segnalazioni sono poi riportate anche sul sito di Borsa Italiana. Quando si parla di internal dealing non si ha quindi uno sfruttamento di informazioni riservate, come accade, invece, nell’insider trading. 18
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Ivi: p. 16. Ibidem. 18 Le informazioni sono tratte da Borsa Italiana e sono disponibili al sito internet: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/internaldealing.htm 17
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1.3.1 La definizione di “inside information” L’elemento essenziale che caratterizza l’attività dell’insider è l’utilizzo di informazioni particolari. Le informazioni rivestono nell’ambito del mercato mobiliare, un ruolo centrale: “la divulgazione immediata di tutte le informazioni che riguardano i prezzi e le quantità delle operazioni, l’offerta di ciascun intermediario, la natura dell’intermediario stesso e la funzione che esso svolge, permettono al mercato di raggiungere tanto l’efficienza funzionale quanto la trasparenza informativa.”19 La presenza dell’informazione è quindi fondamentale sia per garantire l’efficienza del mercato mobiliare sia per consentire l’operatività dell’insider sul mercato stesso; tuttavia non tutte le informazioni esistenti sono in grado di dar luogo ad una inside information. Si possono distinguere tra le corporate information, ossia le informazioni che riguardano la società e le market information, ossia le informazioni inerenti l’andamento delle negoziazioni e le caratteristiche degli scambi. Tuttavia, mentre le prime si possono definire come inside information, le seconde costituiscono l’oggetto di studio degli analisti finanziari delle imprese e, in generale, di tutti coloro che trasformano tali informazioni in previsioni. “Con le prime si intende far riferimento all’insieme di conoscenze di provenienza interna alle imprese aventi ad oggetto la situazione patrimoniale (utili, passività, dividendi) di queste ultime o le loro prospettive di sviluppo (importanti scoperte, apertura a nuovi mercati, commercializzazione di nuovi prodotti). Con le seconde ci si riferisce ad informazioni provenienti da fonti esterne alle società idonee ad influire sulla quotazione dei titoli di queste ultime.”20 Le informazioni inerenti la società sono quindi potenzialmente informazioni inside. Esse possiedono una serie di caratteristiche che le contraddistinguono. Prima di tutto, non sono direttamente prodotte dal mercato ma ad esso dirette, attraversando una fase intermedia, denominata fase di attesa, tra quella della produzione dell’informazione e quella della sua diffusione. La diffusione, che avviene solo in un secondo momento, implica la privatezza dell’informazione. In secondo luogo, non comportano investimenti in ricerca o in acquisto da parte dell’insider, come accade invece per le market information. L’insider, infatti, entra in possesso della notizia perché ha contribuito a determinare il fatto oggetto della notizia oppure in virtù del rapporto che lo lega alla società e che gli permette la conoscenza di particolari vicende non ancora note al mercato. Infine, sono material information, cioè informazioni che hanno un impatto sull’andamento dei titoli oggetto dell’informazione. Uno dei criteri adottati per distinguere le informazioni sulla base del grado di influenza è 19 20
Carbone (1993): p. 74. Amatucci e Di Amato (1993): p. 5.
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quello tra first-category information e second-category information (Manne, 1966). Le prime sono informazioni disponibili al pubblico ed il cui contenuto consiste nella sola conoscenza di tutti gli eventi rilevanti del passato; le seconde riguardano la conoscenza di circostanze specifiche, di dati che rendano probabile il verificarsi di eventi, i quali possono causare un cambiamento nelle quotazioni dei titoli. Da questa classificazione si può comprendere che un insider concentrerà la sua attenzione sul secondo tipo di informazioni, cioè sulle informazioni, la cui diffusione provocherà una reazione sul mercato. Nel nostro Paese, gli elementi che qualificano le informazioni come “privilegiate”, sono citati nell’art. 181 del TUF21:“Ai fini del presente titolo per informazione privilegiata si intende un'informazione di carattere preciso, che non è stata resa pubblica, concernente, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari”. L’informazione, definita come “privilegiata”, deve essere un’informazione di carattere preciso, ossia deve comprendere non solo quanto accaduto effettivamente ma anche un complesso di circostanze, che non si sono verificate ma per le quali esiste una ragionevolezza nel realizzarsi e deve avere una natura specifica. Per “natura specifica” il legislatore intende che la conoscenza abbia un certo effetto sulla formazione dei prezzi degli strumenti finanziari oggetto dell’operazione.22 Questa precisazione, in riferimento alla natura dell’informazione, consente di isolare dalla nozione di informazione privilegiata le semplici voci di mercato (c.d. rumors) nonché le previsioni, le stime, le mere speculazioni (c.d. soft information e forward looking information). Inoltre, assumono la connotazione di “privilegiate” tutte le informazioni che si mostrano connesse in un modo o nell’altro agli emittenti stessi. Tale informazione non deve poi essere resa disponibile per il pubblico. Infine, l’ultima caratteristica è che l’informazione sia price sensitive, cioè incida sulla combinazione degli elementi informativi che “fanno il prezzo”.23 In particolare, la notizia deve avere una rilevanza tale da indurre un investitore ragionevole ad utilizzare tale informazione “come uno degli elementi su cui fondare le proprie decisioni di investimento”.24
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Dlgs. 24 febbraio 1998, n. 58. È comunemente noto come “Testo unico della finanza”, d’ora in poi TUF. Galli (2010): p.141. 23 Ivi: p. 150. 24 Art. 181, comma 4 del TUF 22
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1.3.2 I soggetti attivi nell’insider trading25 I soggetti, che possono essere accusati del reato di insider trading, appartengono ad una delle seguenti categorie, definite sulla base del rapporto con la società: insider primari oppure insider secondari. I primi sono soggetti che hanno un legame stabile con la società, mentre i secondi hanno con essa un legame occasionale. Per gli insider primari la conoscenza della notizia è un fatto fisiologico e legittimo avendo accesso diretto alla fonte; entrano in possesso dell’informazione attraverso il naturale canale della partecipazione alla produzione della stessa o comunque alla vita della società ove l’informazione è prodotta. Per tali soggetti il solo accesso all’informazione è un requisito non sufficiente ad integrare l’ipotesi di insider trading. La violazione dei doveri fiduciari, che deriva dall’uso di tale informazione comporta, invece, l’insider trading. Essi possono essere poi distinti in due sottocategorie: propri e impropri. Gli insider propri, definiti anche con la denominazione di insider interni o istituzionali, includono figure come i sindaci, gli amministratori, i dipendenti della società. Gli insider impropri, definiti anche come esterni, sono invece coloro i quali hanno un rapporto di collaborazione stabile con la società e partecipano alle decisioni strategiche, ma non sono suoi dipendenti. Gli insider secondari, invece, sono soggetti che, non avendo la possibilità di entrare in possesso dell’informazione in modo diretto, devono necessariamente ottenerla tramite un insider primario. Essi si distinguono in tippee o insider occasionali. I tippee giungono in possesso dell’informazione in via indiretta, grazie alla “soffiata” compiuta da un insider primario. Gli insider occasionali sono soggetti che non hanno alcun rapporto con la società e che, in genere, acquisiscono la notizia in modo passivo o casuale: ad esempio, attraverso l’ascolto di una conversazione telefonica tra due insider primari oppure nel caso in cui un tassista assista al colloquio tra due passeggeri dirigenti di una società oppure nel caso in cui la donna delle pulizie trovi nel cestino della stanza, in cui si è tenuta una riunione tra gli esponenti apicali di una società, una carta dove è riportata una notizia “sensibile” non ancora pubblica.26 La differenza sostanziale tra i tippee e gli insider occasionali è che nel caso in cui il soggetto che opera nel mercato sia un tippee, si parla di “soffiata”, ossia dell’intenzionalità della comunicazione della notizia. Tuttavia, il termine tippee ha assunto un significato ben più ampio nelle interpretazioni dottrinali e soprattutto nella giurisprudenza statunitense: si è arrivati ad identificare come tippee tutti gli insider secondari, facendo venir meno l’elemento della volontà di divulgare la notizia. Mantenendo la distinzione tra le due figure, si può 25 26
Il contenuto di questo paragrafo è frutto di una rielaborazione di Carbone (1993): pp. 112-127. Falzea et al. (2008): p. 6.
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aggiungere che i tippee e i relativi insider primari, che divulgano loro la notizia, potranno essere accusati di aver commesso il reato di insider trading, poiché il tippee collabora con l’insider-tipper affinché venga violato il dovere fiduciario. Gli insider occasionali, invece, non possono essere accusati del reato di insider trading, sia nel caso in cui utilizzino l’informazione per trarne profitto, sia che ne facciano uso senza ottenere un profitto, sia che non ne facciano uso. Essi infatti non sono responsabili di violazione di alcun dovere fiduciario perché non hanno alcun rapporto con l’informazione e con chi la produce.
1.4 Il dibattito sull’insider trading Il fenomeno dell’insider trading determina molteplici e differenti effetti economici. Nei mercati finanziari esso colpisce la fiducia degli investitori, l’efficienza per quanto riguarda i prezzi e la liquidità. Nell’economia globale esso interessa il mercato del lavoro per i senior corporate manager e la qualità delle decisioni relative al management che questi dirigenti prendono.27 Considerando tali effetti, è sorto un acceso dibattito riguardo al fatto se l’insider trading rientri o meno tra le cause dell’inefficienza nei mercati e quindi sia o meno dannoso per i mercati finanziari. Il dibattito coinvolge due parti: da un lato, ci sono coloro che si oppongono al fenomeno dell’insider trading, in quanto lo ritengono dannoso e quindi che sono favorevoli ad un inasprimento delle sanzioni; dall’altro lato, ci sono coloro che, invece, lo sostengono e ne mettono in luce gli aspetti favorevoli.
1.4.1 Le ragioni di coloro favorevoli ad una deregulation e le relative critiche Coloro, i quali sostengono il fenomeno dell’insider trading, utilizzano tre principali argomentazioni a supporto della posizione assunta. La prima argomentazione riguarda il fatto che gli insider, essendo well informed traders, rendono i prezzi informative, cioè vicini ai corrispondenti valori fondamentali.28 Coloro, i quali vengono definiti come well informed traders, acquisiscono e agiscono sulla base di informazioni inerenti i valori fondamentali degli strumenti, oggetto dei loro acquisti e delle loro vendite. Essi comprano quando i prezzi sono al di sotto delle loro stime relative al valore fondamentale, cioè quando gli strumenti sono significativamente sottovalutati; essi vendono, 27 28
Harris (2003): p. 584. Ivi: p. 594.
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invece, quando i prezzi sono al di sopra di tale stime, cioè quando gli strumenti sono significativamente sopravvalutati. Agendo in questo modo, tendono a rendere i prezzi maggiormente informative: i loro acquisti fanno aumentare i prezzi e le loro vendite li fanno diminuire. Il fine ultimo degli insider rimane comunque quello di realizzare un profitto, sfruttando la differenza intercorrente tra i prezzi e il loro valore fondamentale e questo risulta essere possibile soprattutto nei mercati più liquidi. Quindi intensificare le restrizioni per limitare il fenomeno dell’insider trading determinerebbe l’espulsione dal mercato non solo degli insider ma anche delle loro informazioni. Tali restrizioni renderebbero i prezzi meno informative e, di conseguenza, farebbero venir meno un’efficiente allocazione delle risorse in economie basate sul mercato.29 Lo stesso Manne (1966), il quale fu il primo a schierarsi a favore dell’insider trading in un’epoca in cui l’opinione comune sosteneva la promozione delle restrizioni per limitare i danni del fenomeno, argomentò che lo scambio sulla base di informazioni privilegiate può contribuire all’efficienza del mercato. Infatti, secondo questa corrente di pensiero fortemente sostenuta da Manne e dai suoi seguaci, l’attività dell’insider trading contribuisce all’equilibrio del mercato, poiché riduce le differenze intertemporali dei prezzi, compensando l’offerta eccedente con il successivo eccesso di domanda e attuando una trasposizione dei beni da un periodo con margini di profitto relativamente bassi ad un periodo successivo con margini più elevati. L’insider trading promuove quindi l’efficienza allocativa del mercato, poiché sconta gradualmente nel tempo le conseguenze delle nuove informazioni ed evita sbalzi improvvisi dei prezzi, riportandoli a corrispondere al valore fondamentale dei titoli a cui si riferiscono. Manne sostiene che gli effetti indotti dall’insider trading sul piano informazionale e allocativo compensano ampiamente il danno sofferto dai pochi investitori che hanno focalizzato la loro attenzione e successivamente agito proprio sui titoli oggetto delle transazioni con gli insider.30 Gli effetti dell’insider trading sulla price discovery, ossia sul processo di determinazione del livello di prezzo di uno strumento finanziario a seguito della libera interazione di acquirenti e venditori, sono quindi positivi e generano riflessi benefici sull’efficienza allocativa e operativa dei mercati.31 Infatti si riducono i costi di ricerca e di informazione, dato che tutti gli investitori, anche quelli meno informati, possono limitarsi a osservare i corsi dei titoli per inferirne il valore fondamentale. Questo risultato non è però automatico, in quanto il contributo degli scambi informati alla 29
Ibidem. Amatucci e Di Amato (1993): p. 14. 31 La definizione di “price discovery” è tratta dal sito internet: http://www.borsaitaliana.it/bitApp/glossary.bit?target=GlossaryDetail&word=Price%20Discovery%20Attiva 30
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price discovery dipende dal verificarsi di determinate condizioni, essendo tanto maggiore quanto più numerose sono le fonti di incertezza, maggiore la volatilità degli scambi e minore l’avversione al rischio degli insider. Se l’insider trading migliorasse l’efficienza informativa del mercato, dovrebbero trarne vantaggio non soltanto gli investitori ma anche le società emittenti, le quali non avendo da rispettare specifici obblighi regolamentari, potrebbero essere restie, a causa dei costi di disclosure e dell’esigenza di riservatezza, a rendere pubbliche informazioni confidenziali, nonostante l’interesse alla loro trasmissione al mercato.32 In realtà, l’efficacia o meno delle restrizioni, in riferimento a questa prima argomentazione, dipende dal tempo necessario affinché i prezzi inglobino le nuove informazioni: solo se tali informazioni perdono lo status di material information in tempi brevi, ossia diventano informazioni di dominio pubblico, le restrizioni sono efficaci e i prezzi tendono a rimanere informative. In tal caso, le restrizioni non sono nemmeno eccessivamente onerose, in quanto interessano solo decisioni di effettuare scambi nel breve termine. C’è comunque il rischio che le mancate restrizioni al fenomeno dell’insider trading diminuiscano gli incentivi manageriali a condividere le informazioni e questo fatto si traduce in una diminuzione delle informazioni riflesse nei prezzi.33 La seconda argomentazione concerne il fatto che l’insider trading costituisce uno stimolo affinché i manager assumano comportamenti imprenditoriali. Il primo a sostenere tale tesi fu Manne (1966), il quale considera il profitto derivante dall’insider trading come il giusto premio allo spirito imprenditoriale.34 In altre parole, il profitto degli insider è compensato dalla loro attività imprenditrice e soprattutto innovatrice.35 L’insider trading costituisce un meccanismo di compensazione per le attività compiute dai manager. Essi, se hanno proposte valide, possono ricevere un compenso per la loro implementazione, comprando titoli della loro azienda prima che la proposta divenga di dominio pubblico e vendendo titoli quando il prezzo riflette il valore della nuova idea.36 In quest’ottica, i manager possono beneficiare delle loro idee e diventare innovatori-imprenditori, facendo emergere il loro spirito imprenditoriale, di cui parlava Joseph A. Schumpeter. Manne (1966) attribuisce al fenomeno in esame, in particolare nelle società con un numero elevato di azioni, una utile funzione di arbitraggio che permetterebbe di scontare gradualmente nel tempo l’effetto della buona o cattiva notizia e 32
Linciano e Macchiati (2002): p. 25. Harris (2003): p. 595. 34 Carriero (1992): p. 7. 35 Amatucci e Di Amato (1993): p. 10. 36 Harris (2003): p. 595. 33
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quindi di evitare le conseguenze di uno sbalzo improvviso del corso delle azioni. 37 Inoltre, Manne sostiene che questo meccanismo di compensazione sia più efficace di qualsiasi altro meccanismo che gli shareholders siano in grado di costruire e poi di implementare. Tale meccanismo piuttosto inusuale, può essere utilizzato dai manager quando lo desiderano. Nonostante che i compensi dell’insider trading, derivanti dall’implementazione di una buona idea, possano essere di ammontare elevato, i manager corrono comunque il rischio di incorrere in perdite, se il prezzo del titolo scende. È proprio la possibilità di subire delle perdite che distingue la compensazione che deriva dall’insider trading rispetto agli altri meccanismi di compensazione.38 Di conseguenza i manager, che utilizzano questo tipo di compensazione, sono quelli che credono fermamente che l’azienda possa realizzare migliori performance, in seguito all’implementazione della nuova idea. L’attività innovatrice svolta dai manager è tale da accrescere la competitività dell’impresa con i conseguenti effetti positivi indotti a favore degli azionisti e della società in generale. La conclusione logica, alla luce di questa teoria, è che l’insider trading, lungi dal dover essere vietato, va stimolato per il migliore funzionamento della grande impresa.39 L’insider trading diventa un metodo per selezionare i manager più capaci. A tale proposito, gli autori Carlton e Fischel (1983) sottolineano il fatto che le aziende, quando assumono i manager, hanno spesso delle difficoltà a valutare il loro talento e la loro disponibilità ad assumersi i rischi necessari per creare valore economico. Offrendo loro dei contratti che prevedano come forma di compensazione la pratica dell’insider trading piuttosto che l’assegnazione di uno stipendio fisso permette di individuare coloro che possono essere definiti come high-quality managers e quindi di realizzare il bene per la società.40 Easterbrook e Fischel (1991) affermano: “Il trading da parte degli insiders (nella specie, managers e loro tippee) può fornire alle società un meccanismo importante per comunicare le informazioni ai partecipanti al mercato. Permettere agli insiders di effettuare scambi può anche creare incentivi a massimizzare il valore della società a uguale beneficio sia degli insiders che degli outsiders”.41 Secondo gli stessi autori, privare i manager della possibilità di effettuare scambi significherebbe passare il vantaggio legato all’informazione posseduta a figure quali i broker e le banche di investimento. Questo fatto spiega, in parte, l’appoggio
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Amatucci e Di Amato (1993): pp. 10-11. Harris (2003): p. 596. 39 Amatucci e Di Amato (1993): p. 11. 40 Hu J. e Noe T.H. (1997): p. 41. Articolo disponibile al sito internet: www.frbatlanta.org/filelegacydocs/noehu.pdf 41 Amatucci e Di Amato (1993): p. 12. 38
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politico che la comunità di operatori professionisti offre alla restrizione del trading da parte dei manager.42 Inoltre, nella pratica sarebbe impossibile per gli shareholders compensare ogni dipendente che dichiara di avere una buona idea; essi non hanno nemmeno il tempo di valutare ogni singola dichiarazione. Adottando un sistema di compensazione in cui è incluso il rischio di subire delle perdite, non è necessario che gli shareholders effettuino tali valutazioni. Un altro modo per incoraggiare e promuovere lo spirito imprenditoriale, oltre al ricorso all’insider trading, è dato dalle stock options. Tuttavia, gli shareholders devono individuare con attenzione a quali soggetti conferire tali opzioni. Questo metodo di compensazione risulta maggiormente efficace quando i dipendenti possono scegliere la forma di pagamento che preferiscono: ottenere uno stipendio oppure ricevere opzioni. 43 I sostenitori delle teorie proinsider di Manne vedono nell’insider trading la possibilità di ridurre al minimo le negoziazioni tra i manager e la società, consentendo alle società stesse di avere a disposizione un management selezionato, disposto ad affrontare i rischi di innovazioni e pertanto a produrre informazioni di valore.44 A sostegno di tale tesi, vi è l’idea che i manager non ricevano un compenso adeguato alle loro doti: gli attuali schemi compensativi non sono incentivanti affinché essi contribuiscano in modo significativo all’incremento economico della società. Proprio per evitare la perdita di risorse preziose per la società, dovuta al fatto che i manager potrebbero decidere di dedicarsi ad altre professioni dove il rapporto rischio profitto è più equilibrato, esiste l’attività dell’insider trading con i relativi profitti, i quali sono in grado di compensare, almeno in parte, tale rischio. Se non esistesse l’insider trading, ci si ritroverebbe nella seguente situazione: i top manager vorrebbero essere compensati lautamente se le loro prestazioni sono positive, ma le società non fissano alti compensi, prima che siano stati prodotti risultati significativi; esse preferiscono fornire degli incentivi ai manager, che tuttavia non riescono quasi mai a soddisfare le loro aspettative. Di conseguenza, tali manager continueranno a chiedere rinegoziazioni in riferimento ai compensi. La possibilità di praticare l’insider trading spingerà i manager a produrre informazioni di valore. Tanto maggiori sono le opportunità di sviluppo della società, tanto più elevati saranno i profitti, in caso di successo dell’operazione.45 Numerose sono state le obiezioni alla teoria che vede nell’insider trading un efficace meccanismo di compensazione per le attività compiute dai manager. I principali oppositori di 42
Ivi: p. 13. Harris (2003): p. 597. 44 Carbone (1993): p. 146. 45 Ivi: p. 150. 43
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tale teoria evidenziano che il fenomeno dell’insider trading non remunera un’efficiente amministrazione ma solo il mero possesso o accesso ad informazioni inside, indipendentemente dal fatto che esse siano favorevoli o sfavorevoli alla stessa società. 46 Il profitto conseguito, infatti, non potrebbe essere definito come il risultato di sforzi o di attività produttivo-innovative. Inoltre non è possibile distinguere tra i manager, i quali meritano l’incentivazione dell’insider trading ed altri soggetti che non hanno contribuito a creare una situazione positiva. L’insider trading spingerebbe i manager a coinvolgere le società in situazioni troppo rischiose o a ritardare la diffusione delle informazioni o ad alterarne il contenuto. Il fenomeno, oggetto di studio, potrebbe quindi costituire un perverse incentive, spingendo i manager a gestire la società in modo sfavorevole al fine di trarre profitto dalle sue traversie. Tale fatto emerge chiaramente dalla casistica giurisprudenziale statunitense. 47 Ulteriori critiche sono emerse da Schotland (1967) e Clark (1986), due degli oppositori di Manne: essi affermano che risulta inaccettabile definire gli schemi di compensazione normalmente in uso inadeguati dai manager. Schotland sostiene che gli stessi compensi da insider trading siano subordinati alla disponibilità economica degli insider e alla loro possibilità di acquistare titoli. Se questi soggetti possono usufruire di prestiti di denaro, il compenso dipende dalla possibilità e dalla capacità di ottenere maggiori crediti e non dalla capacità di introdurre innovazioni.48 Le obiezioni continuano sostenendo che non esiste un giustificato motivo che spieghi perché non si possano attribuire schemi di compenso, quali i diritti d’opzione, stock option. Lo strumento delle stock options rappresenterebbe una forma di incentivo efficiente, il quale non lede né gli interessi degli azionisti né della società. La scelta di retribuire tramite azioni o stock option ha come obiettivo principale quello di allineare gli interessi dei manager con quelli degli azionisti. Con tale metodo di compensazione, i manager diventano proprietari d’azienda e di conseguenza si comportano come tali. Questo metodo è tanto più efficace quanto meno i comportamenti del management sono controllabili. Di fatto, soprattutto negli Stati Uniti, ma in parte anche in Italia, la prassi di remunerare i dipendenti con azioni o stock option si è estesa a figure che occupano livelli inferiori rispetto ai manager, le cui azioni sono in genere meno direttamente correlate alla creazione del valore. Dietro questa scelta c’è la volontà di attrarre talenti, fidelizzare e
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Ivi: p. 153. Ivi: p. 154. 48 Ivi: p. 156. 47
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trattenere i dipendenti chiave, gratificarli per l'operato svolto, creare spirito di gruppo e senso di appartenenza.49 Bisogna tenere in considerazione che la maggior parte delle idee imprenditoriali impiegano un periodo di tempo prolungato per essere implementate. “To provide effective incentives to entrepreneurs within the firm, compensation schemes must benefit insiders when they are successful and penalize them when they are unsuccessful. Insider trading can provide this type of compensation, but it does so only when the insiders establish their positions before they know the outcomes of their initiatives”. 50 Se gli insider possono scambiare dopo aver capito se le loro iniziative sono foriere di successo o meno, essi non saranno penalizzati in caso di fallimento. Proprio perché il rischio di perdita è basso, essi avranno un maggior incentivo ad investire in progetti rischiosi. Di
conseguenza,
il
legislatore
dovrebbe
permettere agli insider di stabilire le loro posizioni prima di prendere le relative decisioni e impedire loro di effettuare scambi sulla base di short-term information, che diventeranno a breve di dominio pubblico. Infine, si reputa necessario distinguere tra l’insider trading che produce long positions e quello che produce short positions: se gli insider sono in grado di realizzare net short positions nelle loro società, essi vogliono distruggere valore piuttosto che crearne. Quasi tutti gli enti regolatori proibiscono ai manager di creare short positions nelle loro società, poiché distruggere valore è sempre più facile che creare valore. 51 La terza argomentazione a sostegno di un allentamento delle restrizioni all’insider trading riguarda i costi legati all’enforcement. È d’obbligo fare una premessa: l’insider trading è un fenomeno difficile da reprimere. “Unfortunately, the generally low probability of detection means that no reasonable punishment will deter unethical people from illegal insider trading.”52 Sono in molti a sostenere che è improduttivo avere delle leggi, che poi è difficile fare rispettare, poiché viene meno anche il rispetto per l’autorità. Questa situazione comporta selective enforcement problems. Quando molte persone violano una determinata legge, ma solo alcuni vengono poi realmente processati, le autorità hanno la possibilità di esercitare un grande potere che consiste, spesso, nella scelta dei soggetti che non sono loro graditi. Di conseguenza tale selezione può essere profondamente ingiusta con possibili ripercussioni negative sulla società.
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Le informazioni relative al metodo di compensazione basato sulle stock option sono tratte e rielaborate dal sito internet: http://www.corriere.it/speciali/american_business/pop-arch-011001.shtml 50 Harris (2003): p. 597. 51 Ibidem. 52 Ivi: p. 595.
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Coloro, i quali si oppongono a tale teoria, ritengono che, in ogni caso, i comportamenti sono sempre diversi in presenza di una legge vigente, anche se ci sono delle difficoltà legate alla sua applicazione, rispetto a quando non c’è alcuna legge. Per la maggior parte delle persone i costi a livello etico, derivanti dall’infrangere la legge, sono maggiori rispetto ai costi attesi della condanna, così che esse tendono a rispettare le leggi. 53
1.4.2 Le ragioni di un inasprimento delle sanzioni e le relative critiche In tempi recenti, sia negli Stati Uniti che in Europa, si è sviluppata una convergenza attorno all’idea che tutti gli investitori debbano avere pari accesso alle informazioni, le quali influenzano le loro decisioni e che quindi non deve essere consentito compiere transazioni servendosi di notizie ignote alla generalità. Se così non fosse, verrebbe meno la fiducia degli investitori nel mercato mobiliare in cui effettuano gli scambi: tale mercato non verrebbe più percepito come un’istituzione integra e onesta, ma come un luogo di sfruttamento di conoscenze privilegiate nei confronti dei cosiddetti outsiders. In particolare, vi è un diffuso sentimento di riprovazione per una condotta lesiva del fiduciary duty e del fair play, ossia di quelli che sono ritenuti i principi guida dell’agire borsistico. 54 A tal proposito, Bergmans (1991) afferma che, nel momento in cui la pratica dell’insider trading è concessa, la distribuzione della ricchezza andrà sempre in favore del gruppo di insider. Ci potrà essere rivalità tra gli insider appartenenti al gruppo per ottenere la maggior parte dei profitti; tuttavia, come gruppo, aumentano comunque la loro ricchezza rispetto agli outside shareholders. Gli effetti distributivi di tale fenomeno sono ritenuti la spiegazione fondamentale del perché questo fenomeno debba essere considerato ingiusto. Un altro motivo che spinge ad essere favorevoli ad una regulation dell’insider trading è dato dal fatto che l’insider non deve sostenere alcun costo al fine di acquisire l’informazione; essa viene infatti ottenuta senza ricorrere ad investimenti specifici per produrla.55 Di conseguenza, considerando l’efficienza allocativa, non si può parlare di remunerazione dell’investimento e quindi si è in mancanza di qualsiasi giustificazione atta a far prevalere le ragioni dell’insider rispetto alla controparte ignara.56 L’interesse principale che le legislazioni dei diversi Paesi devono tutelare, attraverso la repressione del fenomeno dell’insider trading, è la parità conoscitiva, il cosiddetto market egalitarianism. A tal proposito, Seminara (1989) afferma: “È necessario assicurare a tutti gli operatori una parità di chances di profitto ed in tale eguaglianza viene ravvisata la via 53
Le informazioni inerenti la terza argomentazione sono tratte e rielaborate da Harris (2003): p. 595. Amatucci e Di Amato (1993): p. 18. 55 Carriero (1992): p. 13. 56 Amatucci e Di Amato (1993): p. 19. 54
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maestra per raggiungere l’efficienza del mercato e per mantenere la fiducia degli investitori: eguaglianza di accesso all’informazione (equal access) e trasparenza societaria (full disclosure), in altre parole, si pongono come i presupposti del market egalitarianism, costituente la fonte del benessere collettivo”. Coloro, i quali sono favorevoli ad una politica di restrizioni nei confronti del fenomeno dell’insider trading, utilizzano tre principali argomentazioni a sostegno della posizione assunta. La prima argomentazione riguarda l’equità: molti sono favorevoli ad una politica di restrizioni nei confronti dell’insider trading perché ritengono che queste leggi contribuiscano alla creazione di mercati più equi.57 Il beneficio che ne traggono i mercati consiste nell’aumentare la fiducia degli investitori, i quali non si troverebbero più ad agire in una condizione di asimmetria informativa. Nel momento in cui manca una politica efficace nel combattere il fenomeno in esame, vi è una perdita di fiducia nella correttezza e nell’integrità del mercato. Infatti, il mercato perde la sua condizione di efficienza, ossia non è più in grado di garantire un’ottimale allocazione delle risorse poiché i prezzi non riflettono tutte le informazioni disponibili. La condizione di asimmetria informativa, che così si viene a formare, determina una turbativa nel funzionamento dei meccanismi economici di distribuzione delle informazioni e della conseguente incorporazione delle informazioni nei prezzi ma anche una violazione del diritto ad una tempestiva disclosure riconosciuto al pubblico degli investitori affinché il mercato mobiliare sia ben funzionante e completamente efficiente. 58 Richiamando la teoria dell’agenzia, si può affermare che l’insider trading sia un tipico caso di costi di informazione asimmetrica, moral hazard e problemi di agenzia. Padilla (2002) sostiene che ci sia un lemon problem59 nell’insider trading: i manager delle società non sono in grado di discriminare gli agenti onesti da quelli che sono coinvolti nell’insider trading. Spesso per scoraggiare l’assunzione di comportamenti disonesti, i manager tendono a diminuire i compensi dei loro agenti. Questa scelta comporta che i buoni agenti tenderanno a lasciare la società poiché non sono soddisfatti della retribuzione ricevuta, mentre gli agenti peggiori, cioè i “lemons”, rimarranno. Nonostante le possibili soluzioni che possono essere adottate dalla società, si rivela arduo sconfiggere il problema di base, cioè quello dell’asimmetria informativa. L’insider trading è definito un caso di moral hazard in riferimento al comportamento perverso assunto dall’agente, dipendente della società, che si rivela svantaggioso per i suoi shareholders. Gli agenti, infatti, non devono sostenere i costi 57
Harris (2003): p. 591. Carbone (1993): p. 185. 59 Padilla riprende il modello, che si riferisce al mercato delle auto usate, elaborato da Akerlof (1970). 58
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delle loro azioni, le quali possono contribuire ad una diminuzione di valore della società. Il mercato, infatti, non funziona in modo perfetto e spesso si trova a sbagliare traiettoria seguendo le negoziazioni effettuate dagli insider. Può accadere che tali negoziazioni siano basate solo su rumours senza reali fondamenti con l’inevitabile conseguenza di un incremento della volatilità dei mercati. Infine, connessi con l’insider trading ci sono i costi di agenzia, i quali, secondo la teoria dell’agenzia, derivano dai comportamenti opportunistici dell’agente. Essi debbono essere gestiti dalle società. Tali costi emergono proprio dai problemi causati dalla presenza di asimmetrie informative e moral hazard. La seconda argomentazione concerne la liquidità: il fenomeno dell’insider trading danneggia coloro che offrono liquidità. Esso conseguentemente aumenta il bid/ask spread del dealer e quindi incrementa i costi di transazione per i market order traders non informati. Inoltre, non solo i dealers, ma anche i limit order traders subiscono delle perdite quando effettuano degli scambi con gli insider; se provano a schierarsi dallo stesso lato degli insider, i loro ordini rischiano di non essere eseguiti perché in competizione con gli insider nell’eseguire i loro ordini. Le perdite subite sono spesso dovute ai costi di transazione; la situazione che si verifica con maggiore frequenza, è quella in cui gli investitori non informati rimpiangono di aver scambiato quando i loro ordini vengono eseguiti e, invece, lo desiderano, in caso contrario.60 Liberalizzare l’insider trading significherebbe quindi aumentare l’incertezza sui guadagni netti attesi dagli intermediari “azionisti pubblici”, i quali chiederanno un più alto tasso di guadagno come compenso per sopportare l’incertezza. Il prezzo del capitale risulterà più elevato e questo si traduce in una diminuzione degli investimenti e in una minore formazione di capitale.61 Imporre delle restrizioni a tale fenomeno renderebbe dunque i mercati più liquidi per i traders meno informati e comporterebbe una diminuzione dei costi di transazione, escludendo un’importante e corposa categoria di traders informati dall’effettuare scambi nei mercati.62 Il fatto che l’insider trading renda i mercati meno liquidi dipende anche da come gli insider scambiano. Infatti, nel caso in cui ci sia un solo trader a conoscenza dell’inside information e la società non intenda rivelarla in tempi brevi, l’insider cercherà di agire al fine di ottenere il massimo valore da tale informazione. In altre parole, l’insider cercherà di imporre la maggior parte dei costi agli altri traders. Invece, nel caso in cui ci siano più traders che sono a conoscenza dell’inside information nello stesso momento, si sviluppa una competizione tra i diversi insider: ogni insider vuole scambiare in fretta, prima degli altri 60
Harris (2003): p. 592. Carbone (1993): p. 198. 62 Harris (2003): p. 592. 61
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operatori, al fine di non perdere l’opportunità di realizzare un profitto. Se tutti gli insider agiscono contemporaneamente ed in tempi brevi, i prezzi si modificano in maniera significativa tanto da suscitare il sospetto che ci sia una nuova informazione nel mercato. Di conseguenza, la competizione che si sviluppa tra gli insider porta ad una rivelazione dell’inside information e i profitti totali che gli insider ottengono sono inferiori rispetto a quelli che avrebbero ottenuto, se avessero colluso al fine di scambiare più lentamente. Se non vengono poste delle restrizioni che limitino il fenomeno, gli accordi di collusione tra insider diventano difficilmente evitabili perché ogni insider, non essendo minacciato dal rischio di incorrere in un processo e in una condanna, può violare la correttezza negli scambi.63 In conclusione, alla luce di quanto finora esposto, emerge che la presenza di insider trading sul mercato mobiliare impone di fatto una vera e propria “tassa implicita” che pesa notevolmente sulle decisioni di finanziamento e di investimento delle società e degli investitori.
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Questi ultimi, scoraggiati dalla presenza degli insider, sono spinti alla fuga dal
mercato, con conseguente perdita complessiva di liquidità: tanto più elevata è l’incertezza e il grado di volatilità dei prezzi, tanto più elevati saranno i profitti dell’insider, ma maggiore l’effetto-fuga. L’aspetto della liquidità è strettamente connesso all’attività di ricerca. La regolazione del fenomeno si rivela fondamentale, se si considera che l’insider trading agisce negativamente, in quanto produce disincentivi per lo svolgimento dell’attività di ricerca. L’insider, infatti, si inserisce nel mercato come elemento patologico poiché l’informazione posseduta non è frutto di un investimento di risorse, ma del mero sfruttamento di risorse esistenti. Gli effetti derivanti da questa situazione hanno un impatto che non interessa solo la società, la quale si può trovare in una situazione di pericolo, in seguito allo sfruttamento da parte di terzi di informazioni inside, ma anche l’intero mercato. Due sono gli effetti principali che riguardano l’intero mercato. Da un lato, è necessario distinguere tra coloro che acquisiscono l’informazione attraverso una costosa e lecita attività di produzione ed elaborazione e gli insider. Tale distinzione è funzionale ad evitare che la possibilità di ottenere e sfruttare le informazioni in modo gratuito si riveli un disincentivo per coloro che esercitano l’attività professionale oppure uno stimolo a dedicarsi ad attività che consentano di ottenere informazioni anche in modo illecito. Dall’altro lato, l’insider trading diffonde un sentimento di sfiducia negli investitori, poiché il comportamento dell’insider inquina la trasparenza del mercato stesso e crea l’effetto-fuga, con conseguente diminuzione di liquidità.65
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La parte relativa alla competizione tra gli insider è stata tratta e rielaborata da Harris (2003): p.592. Carbone (1993): p. 198. 65 Carbone (1993): p. 200. 64
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La terza ed ultima argomentazione concerne il fatto che la regolamentazione del fenomeno contribuisce all’efficienza del mercato del lavoro: i manager non sono incentivati ad abusare della loro posizione all’interno della società in cui operano.66 Infatti uno degli effetti maggiormente dannosi, che deriva dall’assenza di una regulation del fenomeno, è la mancata propensione da parte degli insider alla condivisione e divulgazione delle informazioni. Di conseguenza, i dirigenti incontrano crescenti difficoltà nel valutare ed esercitare un’attività di controllo sull’operato dei corporate managers e gli azionisti faticano a valutare i loro investimenti. “In extreme cases, managers may choose investment projects based on the degree to which projects increase their informational advantage rather than strictly on the net benefits of the projects to the shareholders”. 67 Tali decisioni riducono ovviamente il valore della società. Infine, i manager, quando scambiano sulla base di inside information, possono esercitare l’attività illegale, denominata front running68, nei confronti degli scambi che le loro società praticano.
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Harris (2003): p. 594. Ibidem. 68 Il “front running” è una pratica illegale compiuta generalmente da un broker, che consiste nell’eseguire un ordine prima degli altri, sfruttando il vantaggio in termini di informazione e realizzando così notevoli profitti. 67
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CAPITOLO II
LA REGOLAMENTAZIONE DELL’INSIDER TRADING NEGLI STATI UNITI, IN EUROPA E IN ITALIA
2.1 Premessa Il presente Capitolo si concentra nella descrizione dell’evoluzione nel tempo della legislazione statunitense e della legislazione europea, con particolare attenzione verso quella italiana, mettendone in risalto le analogie e le differenze. In tale descrizione verranno proposti alcuni dei principali lavori, i quali si propongono di studiare l’efficacia delle restrizioni in diversi periodi di tempo nei confronti del fenomeno dell’insider trading. Per ognuno degli studi presi in considerazione, si descriverà l’obiettivo perseguito per poi fare riferimento alla metodologia utilizzata e soprattutto ai risultati conseguiti. Infine, un ultimo paragrafo sarà dedicato al tema di come deve essere l’enforcement per risultare efficace nel ridurre i casi di insider trading. 2.2 La legislazione statunitense sul fenomeno dell’insider trading Gli Stati Uniti sono il Paese pioniere nella repressione del fenomeno dell’insider trading: le normative elaborate sono state utilizzate anche come modello emblematico per gli altri Paesi europei, i quali hanno adottato una legislazione principalmente a partire dagli anni ’90. Nel periodo precedente la regolamentazione attinente agli scambi di titoli era basata sui principi di common law. Tuttavia, tali principi hanno avuto un’importanza limitata nel regolare le transazioni, che avvenivano nelle borse valori. 69 Negli Stati Uniti il divieto di insider trading è stato introdotto con due provvedimenti, come reazione ad alcune situazioni che si erano venute a creare nel mercato immobiliare: nel 1933 con il Securities Act e l’anno seguente con il Securities Exchange Act, nell’ambito dell’ondata regolatoria della stagione del New Deal. Infatti, tra le cause della crisi di Wall Street del 1929 vi erano le operazioni di investimento a fini speculativi compiute dal management in posizione di privilegio informativo. Tale crisi aveva messo in luce la necessità di stabilire delle regole per facilitare la divulgazione delle informazioni rilevanti da parte delle società. “Following the stock market crash in 1929, Congress looked to the creation of securities legislation to revive the confidence of investors in the securities markets. Through the
69
Jaffe (1974a): p.115.
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Securities Act of 1933 (the 1933 Act) and the 1934 Act, Congress created and empowered the SEC as well as the securities plaintiff to curb market abuses through a series of statutes and rules imposing liability on those who fraudulently manipulate securities markets”. 70 I due provvedimenti sopra citati rappresentano l’introduzione, per la prima volta, di un regime di informazione societaria obbligatoria al fine di offrire un’efficace tutela degli investitori. Il Securities Act si focalizza sul controllo dei titoli e sulla regolamentazione delle offerte dei valori mobiliari da parte degli issuers ossia le società emittenti per le quali si prevede l’obbligo di registrare presso la SEC ogni titolo scambiato ed approntare un prospetto informativo, il cui contenuto è stabilito dalla legge. Due sono gli obiettivi fondamentali per cui è stato elaborato tale provvedimento: prima di tutto, assicurare la presenza di una maggiore trasparenza nel bilancio d’esercizio in modo che gli investitori possano compiere decisioni relative agli investimenti sulla base di solide informazioni ed, in secondo luogo, stabilire delle leggi contro la misrepresentation e le attività fraudolente nel mercato dei valori mobiliari. Solo agendo in questo modo, il governo federale aveva la possibilità di riportare la stabilità ed accrescere la fiducia degli investitori nel sistema.71 In generale, si può affermare che le norme ivi incluse non prendono direttamente in considerazione il fenomeno dell’insider trading; tuttavia la sua illiceità emerge dall’insieme di disposizioni contenute nelle leggi federali. In particolare, la norma presente nella section 17(a) reprime, in generale, le frodi compiute nella vendita di valori mobiliari. Il Securities Exchange Act può essere definito come il provvedimento legislativo perfezionativo del Securities Act del 1933. Esso è destinato a disciplinare i meccanismi e le tecniche di vendita e di acquisto di valori mobiliari e ad offrire adeguati strumenti di tutela dell’investitore contro fattispecie di manipolazione e di deception (inganno, raggiro) nell’ambito del mercato mobiliare.72 In riferimento a tale provvedimento, le norme che spiccano sono la section 16(a), la section 16(b) e la section 10(b). La prima sezione, nel suo primo comma, impone a carico degli azionisti di una certa rilevanza titolari del 10% o più del capitale sociale e degli amministratori e degli alti dirigenti, che possiedono azioni della società, indipendentemente dal loro ammontare, l’obbligo di rendere pubbliche tutte le operazioni relative a tali titoli, iscrivendole in un apposito registro presso la SEC.73 Nel comma secondo è imposto agli stessi soggetti l’obbligo di versare alla società gli “short-swing profits”, ossia i profitti derivanti da operazioni di compravendita sui titoli della corporation, realizzate in un arco temporale 70
Amatucci e Di Amato (1993): p. 27. Le informazioni sono tratte da Investopedia: http://www.investopedia.com/terms/s/securitiesact1933.asp 72 Amatucci e Di Amato (1993): p. 26. 73 Carriero (1992): p. 47. 71
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inferiore ai 6 mesi. Nonostante la sua rigidità, essa manifesta l’intenzione del legislatore di rinvigorire la fiducia dei risparmiatori, la quale si era affievolita durante la crisi del ’29. L’enforcement di questa disposizione ha costi pressoché nulli per la SEC, in quanto la restituzione dei profitti prescinde dalla prova che il soggetto abbia utilizzato informazioni privilegiate e dalle sue intenzioni e può essere richiesta dalla società oppure da qualsiasi azionista. Inoltre, la section 16(b) dovrebbe costituire un disincentivo per gli insiders a scambiare. Secondo gli oppositori, invece, l’efficacia della norma è seriamente compromessa dal fatto che per la sua disapplicazione è sufficiente che i titoli siano venduti anche soltanto sei mesi ed un giorno dopo la data del relativo acquisto, con possibili accordi tra più insiders di una stessa società. Infine, la disposizione disincentiverebbe l’acquisizione di partecipazioni superiori al 10% del capitale.74 La seconda sezione citata, invece, attribuisce alla Securities and Exchange Commission il potere di emanare i provvedimenti opportuni per reprimere gli abusi da insider trading.75 Nel 1942 la SEC, avvalendosi del potere regolamentare, che le è stato riconosciuto, ha emanato la rule 10b-5, al fine di reprimere ogni genere di frode realizzabile nelle negoziazioni di valori mobiliari. L’importanza della rule 10b-5 consiste nel fatto che questa norma ritiene illecito “qualsiasi atto, attività, affare, che costituisca una frode (truffa o raggiro) ai danni di chiunque in connessione con l’acquisto o vendita di qualsiasi valore mobiliare”.76 Le disposizioni contenute nel testo di tale rule furono ritenute dalla giurisprudenza “catchalls provisions” poiché, grazie alla genericità terminologica, possono far rientrare nell’ambito del divieto tutti i comportamenti e le fattispecie contrarie ai principi che le avevano ispirate. 77 Il successo di questa rule, come già anticipato, è dovuto all’assenza di una definizione precisa dell’insider trading, sia dal punto di vista soggettivo, essendo rivolta a qualunque persona impieghi gli strumenti del commercio interstatale o della posta o della borsa valori, sia come ambito applicativo, poiché non ci sono limiti né cronologici né tipologici alle operazioni prese in considerazione. Tuttavia, nel periodo dal 1934 al 1961, la regolamentazione, che ha condotto ad una restrizione nell’uso di special information da parte degli insider, non è stata applicata in modo diffuso.78 Solo agli inizi degli anni ’60, come risulta dal caso Cady, Roberts & Co., la giurisprudenza ha iniziato a considerare l’insider trading come una violazione della legislazione federale sui mercati finanziari, in particolare come una frode ai sensi della rule 10b-5 e dunque
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Lanciano e Macchiati (2002): p. 69. Amatucci e Di Amato (1993): p. 27. 76 Rabitti Bedogni (1992): p. 9. 77 Ibidem. 78 Jaffe (1974a): p. 116. 75
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perseguibile dalla SEC. In particolare, l’opinione espressa dalla SEC al riguardo ha esteso l’applicazione della rule alle transazioni che hanno luogo nelle borse valori. In riferimento al caso sopra citato, furono condannati sia l’amministratore della società che, essendo venuto a conoscenza nel corso di un consiglio di amministrazione della decisione di tagliare parte dei dividendi, aveva comunicato la notizia ad un broker, sia il broker stesso che aveva provveduto a vendere i titoli prima che la notizia venisse divulgata al pubblico. Una decisione di questo tipo apriva la strada all’applicazione del principio della parità di accesso all’informazione che riconosceva a tutti i partecipanti al mercato il diritto di operare sostenendo il medesimo rischio. Lo stesso principio è stato applicato anche nel caso Texas Gulf Sulphur Co. del 1968: nello specifico, gli insider avevano acquistato azioni e opzioni call prima dell’annuncio della scoperta di ricchi giacimenti minerari che avrebbero cambiato i guadagni attesi della società. 79 Analizzando la letteratura passata, uno dei lavori più importanti e significativi per valutare l’efficacia della regolamentazione del fenomeno dell’insider trading negli anni ’60 e ’70 risulta essere il lavoro di Jaffe (1974a). Dopo che gli studi precedenti hanno dimostrato che gli insider possiedono informazioni speciali, si può confrontare l’uso di tali informazioni in diversi periodi di tempo, tenendo conto della regolamentazione vigente nei periodi considerati. In particolare, dopo il Securities and Exchange Act del 1933-1934, tutti i cambiamenti inerenti la regolamentazione derivano da casi giurisprudenziali. I tre casi principali considerati nel presente lavoro sono: Cady Roberts & Co. (8 Novembre 1961); L’accusa riferita al caso Texas Gulf Sulphur Co. (19 Aprile 1965); La decisione riferita al caso Texas Gulf Sulphur Co. (19 Agosto 1966).80 Questi tre casi hanno segnato cambiamenti importanti nel comportamento adottato dalle corti nei confronti del fenomeno dell’insider trading. Quindi in questo studio si confrontano le caratteristiche dell’insider trading, quali la profittabilità ed il volume, immediatamente prima e subito dopo ciascuno dei cambiamenti associati ai tre casi appena citati. 81 Esaminando gli effetti individuali dei tre casi giurisprudenziali sulla profittabilità degli scambi degli insider, si perviene ai seguenti risultati: da un lato, c’è un calo nella profittabilità media degli scambi degli insider, in seguito alle decisioni sul caso Cady Roberts & Co. e sul caso Texas Gulf Sulphur; dall’altro lato, c’è un aumento della profittabilità, in seguito all’accusa 79
Lanciano e Macchiati (2002): p. 48. Jaffe (1974a): p. 94. In riferimento al caso Texas Gulf Sulphur, si considerano come eventi separati l’accusa e la successiva decisione, poiché sia l’accusa della SEC che la decisione della Corte d’Appello hanno contribuito ad espandere e a chiarire le restrizioni legali sugli insiders. 81 Ibidem. 80
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sul caso Texas Gulf Sulphur. Tuttavia, per ciascuno dei tre eventi, la profittabilità media degli scambi degli insider prima del verificarsi di un evento non è significativamente diversa dalla performance degli insider in un periodo successivo a tutti e tre gli eventi. In conclusione, i risultati ottenuti suggeriscono che i cambiamenti della regolamentazione non hanno effetto sulla profittabilità dell’insider trading.82 L’altra caratteristica dell’insider trading, che è stata esaminata, è l’effetto delle tre decisioni sul volume degli scambi. Per realizzare tale studio, l’autore ha inizialmente utilizzato i dati mensili: le serie temporali del numero di insider traders ogni mese sono state calcolate e poi i dati sono stati standardizzati per il volume di mercato mensile totale sulla borsa valori NYSE. Sia le serie temporali standardizzate, sia quelle non standardizzate non hanno registrato un effetto sul volume per nessuno dei tre casi considerati. Successivamente sono stati impiegati i dati giornalieri per gli ultimi due eventi regolatori. I dati non suggeriscono che i cambiamenti della regolamentazione, avvenuti negli anni ’60, abbiano avuto un’influenza significativa sul volume dell’insider trading.83 Le cause di un effetto limitato sulle due caratteristiche esaminate dell’insider trading dipendono dalla natura delle regolamentazioni e dalla loro applicazione. Nonostante i nuovi sviluppi giurisprudenziali in termini di regulation abbiano aumentato la restrizione delle vecchie leggi, esse continuano a proibire solo gli esempi più scandalosi di speculazione sull’inside information. Inoltre, la SEC, la quale, al fine di processare un insider, deve provare non solo che l’individuo abbia realizzato profitti anormali ma anche che abbia scambiato sulla base di material information non conosciute dal pubblico, è accusata di utilizzare delle tecniche investigative superficiali. Le punizioni poi non sembrano essere un deterrente sufficiente per gli insiders.84 Questo lavoro solleva dei dubbi in merito al valore della regulation per la società; tuttavia, prima di prendere decisioni in termini di policy, è necessario condurre nuove ricerche, che toccano anche aspetti diversi. 85 In netta contrapposizione con quanto sostenuto da Jaffe e da altri autori, si colloca il recente lavoro di Tanimura e Wehrly (2012). I lavori precedenti, attraverso la conduzione di analisi empiriche, sono giunti alla conclusione che le restrizioni riguardanti il fenomeno dell’insider trading si sono rivelate inefficaci durante gli anni ’60 e ’70. Tanimura e Wehrly individuano il limite principale di tali ricerche: esse focalizzano la loro analisi su periodi molto brevi, durante i quali l’insider trading ha subito continuamente delle restrizioni; esaminano
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Ivi: p.109. Ivi: pp. 113-114. 84 Ibidem. 85 Ivi: p. 115. 83
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esclusivamente ciò che resta dell’insider trading, in seguito al continuo inasprimento della regolamentazione. Al fine di superare tale limite, gli autori confrontano i risultati, ottenuti attraverso l’analisi empirica, del periodo che va dal 1935 al 1960, denominato “periodo di controllo”, con quelli del periodo dopo il 1961.86 Le differenze tra questi due periodi illustrano gli effetti dell’inasprimento delle restrizioni: infatti nel periodo che va dal 1935 al 1960 le transazioni effettuate dagli insiders nelle Borse valori non erano sottoposte a limitazioni; solo a partire dagli anni ’60 la SEC ha incrementato le proibizioni in riferimento a tali transazioni.87 Gli autori del lavoro, preso in esame, conducono un’analisi empirica, utilizzando come campione gli annunci di pagamento o di omissione dei dividendi dal 1935 al 1974 riferiti alle società quotate presso NYSE, al fine di valutare l’efficacia delle sanzioni contro l’insider trading introdotte negli anni ’60 e ’70. Si considerano esclusivamente i dividendi pagati su base regolare, ossia quelli ricorrenti ad una scadenza fissa. 88 L’analisi empirica si focalizza sulla verifica di tre ipotesi principali: la letteratura precedente aveva sottolineato come generalmente l’annuncio del pagamento dei dividendi determinasse un incremento del prezzo del titolo, a cui i dividendi si riferiscono e, invece, la mancata distribuzione dei dividendi una sua diminuzione. Di conseguenza, l’aumento delle restrizioni poste al fenomeno agli inizi degli anni ‘60 determina una riduzione della frequenza degli acquisti da parte degli insiders, prima dei pagamenti dei dividendi e delle loro vendite, prima delle omissioni dei dividendi. Generalmente gli insiders riescono a realizzare profitti eccezionali, se comprano prima dell’annuncio dei pagamenti e se vendono prima dell’omissione. Nel primo caso, il profitto è dato dal guadagno realizzato mentre nel secondo caso, deriva dalla perdita evitata. Restrizioni più stringenti, a partire dagli anni ’60, determinano una diminuzione dei benefici netti e quindi della profittabilità sia prima dell’annuncio che prima dell’omissione. Generalmente, prima dell’annuncio di buone notizie, si ha un aumento dei prezzi dei titoli e viceversa, in caso contrario: questi movimenti dei prezzi dei titoli sono segnali di una reazione del mercato alle news, prima che vengano annunciate pubblicamente. Attraverso un aumento delle restrizioni negli anni ’60, si ha una riduzione di positive
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Tanimura e Wehrly (2012): p. 3. Ibidem. 88 Ivi: pp. 3-4. 87
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stock price runup, prima dell’annuncio del pagamento dei dividendi e di negative runup, prima dell’omissione dei dividendi.89
La verifica di tutte e tre le ipotesi include la suddivisione dei dati tra control period, dal 1935 al 1960 e regulatory period, dal 1960 in poi. Per quanto concerne la prima ipotesi, i dati raccolti ed elaborati non forniscono un supporto a quanto ipotizzato, a causa principalmente della mancanza di significatività statistica. In riferimento alla seconda ipotesi, invece, i risultati confermano che c’è stato un declino misurabile della profittabilità degli insider nel passaggio dal control period al regulatory period. Infine, anche la terza ipotesi è confermata: positive stock price runup nei 20 giorni precedenti il pagamento dei dividendi è diminuito così come negative runup prima delle omissioni, negli anni ’60 e ’70.90 In conclusione, i risultati conseguiti sono in disaccordo con quanto era emerso nei lavori precedenti: le restrizioni per limitare il fenomeno dell’insider trading hanno avuto effetti rilevanti durante il periodo di tempo considerato. Lo stato di incertezza interpretativa della giurisprudenza, manifestato dal carattere oscillante delle sue pronunce, era il segno di una visione non univoca e nemmeno pacifica della materia e dell’uso dei mezzi per regolarla. Di conseguenza, si erano diffusi non pochi dubbi sull’effettivo ambito di applicabilità della disciplina accentuati dal dibattito della dottrina in merito all’adeguatezza degli strumenti normativi.91 Era quindi necessario un imminente intervento legislativo del Congresso per porre fine alle numerose polemiche. Il primo provvedimento legislativo federale esplicitamente finalizzato alla repressione dell'insider trading è l’Insider Trading Sanction Act (ITSA) del 1984. Si tratta di una legge che comporta da un lato, un inasprimento delle sanzioni esistenti e dall’altro, l’introduzione di nuove sanzioni. Segue poi nel 1988 l’introduzione dell’Insider Trading and Securities Fraud Enforcement Act (ITSFEA). In questi due interventi si individua l’intenzione del legislatore di aumentare il “prezzo” dell’illecito, sia attraverso la progressiva elevazione dei limiti massimi delle sanzioni pecuniarie e detentive, sia mediante il potenziamento di meccanismi incentivanti volti a stimolare iniziative di autoregolamentazione, che dovrebbero accentuare gli sforzi di prevenzione del fenomeno ma anche la probabilità di scoperta e quindi ridurre tempi e costi di accertamento da parte dell’organo di controllo. Un esempio di tali iniziative è dato dall’inserimento della responsabilità in capo ai soggetti con funzioni direttive e di
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Ivi: pp. 4-5-6. Ivi: p. 23. 91 Amatucci e Di Amato (1993): p. 39. 90
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controllo interno per gli illeciti compiuti dai propri collaboratori.92 Nel dettaglio, l’ITSA del 1984 prevede la modifica della section 21(d) del Securities Exchange Act (SEA), conferendo la possibilità alla SEC di provvedere ad una sanzione amministrativa pecuniaria per un importo fino a tre volte l’importo del profitto conseguito o della perdita evitata a carico di chiunque compia operazioni di compravendita e si trovi in possesso di informazioni rilevanti e non pubbliche.93 Inoltre, il provvedimento in questione introduce nella section 21 (a) del SEA una civil penalty irrogabile dalle corti contro gli stessi soggetti appena citati, sempre nella misura del triplo del profitto illecitamente conseguito o della perdita evitata. L’inasprimento si ha anche in sede penale: la sanzione penale viene elevata da 10.000 a 100.000 dollari.94 In conclusione, si può affermare che l’ITSA contribuisce ad irrigidire il trattamento sanzionatorio nei confronti degli autori di insider trading, senza però fornirne una definizione positiva. D’altra parte una definizione legislativa rigida del fenomeno avrebbe comportato, oltre alle incertezze dovute alla sovrapposizione con le definizioni che derivano dalle elaborazioni giurisprudenziali, una diminuzione della capacità della Commissione nel valutare nuove ed imprevedibili forme di abuso informativo escogitabili. Vi è una sola disposizione, che chiarisce la definizione di insider trading, la section 20(d) del SEA, la quale elimina la possibilità di elusione del divieto di insider trading nel caso di scambi che abbiano ad oggetto i derivati. L’ITSFEA del 1988, invece, introduce la section 20A del Securities Exchange Act, la quale codifica un esplicito diritto di azione per danni contro insiders e tippees a favore di quanti abbiano contemporaneamente operato sugli stessi titoli, anche se non come controparte diretta, con operazioni uguali e contrarie a quelle poste in essere dall’insider.95 Con tale disposizione il legislatore accoglie la misappropriation theory, ossia la teoria per cui un soggetto, che si appropria di un’informazione dal proprio datore di lavoro ed effettua scambi sul mercato sulla base di tale informazione, è considerato colpevole di insider trading. Tale teoria non guarda solo ai soggetti che scambiano azioni della propria società, ma include anche coloro che sfruttano la loro conoscenza per realizzare profitti in qualsiasi società.96 Inoltre, con l’intervento del 1988 si opera un ulteriore inasprimento sanzionatorio, prevedendo la reclusione fino ad un massimo di dieci anni e la multa fino ad un milione di dollari per gli autori di insider trading. La SEC ha poi anche la possibilità di riconoscere una taglia fino al 10% della sanzione pecuniaria inflitta oppure dell’importo concordato in caso di 92
Lanciano e Macchiati (2002): p. 45. Carriero (1992): pp. 74-75. 94 Ibidem. 95 Ivi: p. 76. 96 Le informazioni sono tratte da Investopedia: http://www.investopedia.com/terms/m/misappropriation_theory.asp 93
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patteggiamento, in favore di chi fornisca informazioni utili per elaborare una condanna per insider trading.97 L’ultima considerazione relativa all’ITSFEA riguarda l’inserimento nel Securities Exchange Act della section 21A(b), la quale prevede che la SEC sia legittimata ad esercitare un’azione civile anche nei confronti delle cosiddette controlling persons. Infatti i soggetti, i quali, al momento della violazione, direttamente o indirettamente controllano la persona che commette la violazione, rispondono per un importo fino al triplo del profitto o della perdita evitata, se emerge che essi fossero a conoscenza o avessero negligentemente trascurato il fatto che il soggetto sottoposto a controllo stesse compiendo la violazione, senza adottare le opportune misure per prevenire tali atti prima del loro compimento. “ITSFEA generally has expanded the civil penalty provision of the 1984 Insider Trading Sanctions Act to cover not only traders and tippers, but also controlling persons who fail to take appropriate steps to prevent potential insider trading or tipping by their employees”.98 In conclusione, si può affermare che l’ITSFEA rappresenta un’ulteriore condanna nei confronti di ogni pratica di abuso informativo e conseguentemente viene ribadita la volontà di tutelare gli investitori. Nonostante l’emanazione di un atto aggiuntivo, manca ancora una definizione positiva dell’illecito di abuso di informazioni privilegiate. Il primo autore a comparare il comportamento degli insiders prima e dopo l’approvazione dell’Insider Trading and Securities Fraud Enforcement Act è stato Garfinkel (1997). In particolare, egli decide di focalizzare la sua attenzione sugli effetti dell’ITSFEA sul fenomeno dell’insider trading nel periodo dell’annuncio pubblico dei profitti delle società. È necessario premettere che l’obiettivo principale di tale provvedimento è di “enhance deterrence against insider trading, and where that deterrence fails, to augment the current methods of detection and punishment of this behavior”.99 I lavori precedenti realizzati da Seyhun (1992) e da altri autori hanno esaminato l’effettività delle sanzioni relative all’insider trading, analizzando il loro effetto sia sulla profittabilità, sia sul volume degli scambi.100 I risultati portano ad affermare che l’inasprimento delle sanzioni ha avuto un effetto limitato sugli aspetti del fenomeno appena citati. Tuttavia, tali lavori si sono focalizzati su un’analisi dell’impatto del fenomeno in periodi di tempo, che includono il passaggio dell’ITSFEA e non comparando il comportamento prima e dopo l’approvazione di tale atto.101 Per la realizzazione dell’analisi, Garfinkel (1997) utilizza come campione circa 97
Le informazioni sono tratte e poi rielaborate dal sito internet: http://www.sechistorical.org/museum/galleries/it/raisingStakes_b.php 98 Amatucci e Di Amato (1993): p. 43. 99 Garfinkel (1997): p. 90. 100 Ibidem. 101 Ibidem.
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14.000 annunci dei profitti trimestrali da parte di 644 società nel periodo che va da Gennaio 1984 a Marzo 1991.102 Gli effetti dell’ITSFEA evidenziati e presi in esame da Garfinkel (1997) sono due: gli effetti “on liquidity trade timing by insiders”. Una premessa è d’obbligo: gli scambi di liquidità si caratterizzano e contraddistinguono per l’immediatezza dell’esecuzione e per il loro scarso interesse nei confronti del profitto. Inoltre Garfinkel afferma che “the language of the House Report on ITSFEA explicitly mentions pre-earnings announcement trading as a potential insider abuse”.103 I risultati sottolineano che, dopo l’approvazione del provvedimento in questione, gli insider “that need to sell” scelgono di perdere più frequentemente rispetto al periodo precedente l’ITSFEA, vendendo dopo piuttosto che prima di possibili sorprese negative. Inoltre, gli insiders sembrano posticipare le vendite, aspettando anche il periodo successivo alle sorprese positive. Quest’ultimo comportamento si registra con maggiore frequenza dopo l’approvazione dell’atto.104 Gli effetti “on information based trade timing of insiders”. L’autore esamina le correlazioni tra gli indici relativi all’insider trading e i proxies per le informazioni inerenti i profitti prima e dopo l’approvazione del provvedimento. Il risultato, a cui l’autore è giunto, è il seguente: dopo l’approvazione dell’ITSFEA, si registra una correlazione tra pre-event trading e i proxies sulle imminenti novità sui profitti significativamente più negativa. Inoltre, si evince che gli insiders hanno aumentato la loro tendenza a scambiare subito dopo che sono state rese note le informazioni relative ai profitti. Inoltre, per studiare gli effetti considerati, è stata esaminata l’informativeness of earnings announcements, prima e dopo l’ITSFEA; il coefficiente di reazione dei profitti è in media maggiore dopo l’emanazione del provvedimento. Tale risultato è in linea con un trading meno informato nel periodo precedente gli annunci dei profitti, dopo l’ITSFEA e con la nozione che il trading maggiormente informato incoraggia il processo di price discovery.105 La normativa statunitense più recente ha adottato due nuove regole nel corso dell’anno 2000 per regolare il fenomeno dell’insider trading, la rule 10b5-1 e la Regulation Fair Disclosure (Reg FD). Il primo provvedimento è stato introdotto dalla SEC al fine di permettere agli insiders di società che scambiano pubblicamente di realizzare un trading plan per vendere i 102
Ivi: p. 94. Ivi: p. 92. 104 Ivi: p. 91. 105 Ivi: p. 110. 103
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titoli che possiedono. Questi plans consentono ai principali possessori di vendere un numero di azioni in un periodo di tempo predeterminato e sono utilizzati dai principali corporate executives con l’obiettivo di evitare di essere accusati di insider trading. 106 Il secondo provvedimento rappresenta un ulteriore sforzo da parte della SEC di limitare la possibilità che si realizzi il fenomeno dell’insider trading. Tale regolamentazione prevede che quando l’emittente rivela material nonpublic information ad un certo numero di persone, come ad esempio possono essere i detentori dei titoli dell’emittente, deve obbligatoriamente rendere pubblica tale informazione. Il periodo di tempo, entro il quale l’informazione deve essere rivelata, dipende dal fatto se la rivelazione è intenzionale o meno; nel caso sia intenzionale deve avvenire simultaneamente, mentre, in caso contrario, l’emittente deve rivelare la notizia con prontezza.107 Gli scandali finanziari americani, che si sono succeduti a ripetizione, all’inizio degli anni 2000, senza risparmiare alcun settore dell’economia degli Stati Uniti, il Paese da sempre considerato come “il motore del mondo”, si sono rivelati come una clamorosa degenerazione patologica all’interno del meccanismo di funzionamento del mercato e dei presidi posti a sua tutela.108 In risposta a questa situazione, nel 2002 fu adottato il Sarbanes-Oxley-Act (SOX) con l’obiettivo fondamentale di recuperare la fiducia dei risparmiatori. Esso fu definito dal Presidente Bush “the most far reaching reforms of American business practices since the time of Franklin Delano Roosevelt”.109 Tale atto prevede un numero consistente di riforme volte a migliorare le dichiarazioni finanziarie da parte delle grandi società e a prevenire l’esercizio di attività fraudolente.110 Tra le varie riforme, il SOX prevede una maggior trasparenza da parte delle big corporations, un inasprimento delle sanzioni per gli illeciti e un più elevato potere e più risorse a disposizione della SEC. Il suo approccio è fortemente garantista nei confronti del mercato: infatti con l’introduzione di norme sulla corporate responsability maggiormente incisive e con l’obiettivo di prevenire i fenomeni criminosi del market abuse il governo americano ha inciso fortemente sulla struttura organizzativa e sul funzionamento interno delle imprese. Le società americane quotate a Wall Street, ma anche gli emittenti stranieri che hanno rapporti d’affari con tali società o che sono da queste controllate, sono obbligati a rispettare le regole e gli standard previsti dal SOX. 111
106
Le informazioni sono tratte e rielaborate da Investopedia: http://www.investopedia.com/terms/r/rule-10b51.asp 107 Le informazioni sono tratte e rielaborate dal sito internet: http://www.sec.gov/rules/final/33-7881.htm 108 Petrulli e Rubino (2007): p. 13. 109 La citazione è stata tratta dal sito internet: http://www.sec.gov/about/laws.shtml 110 Le informazioni sono tratte e rielaborate da Investopedia: http://www.investopedia.com/terms/s/sarbanesoxleyact.asp 111 Chiesa (2010): p. 16.
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2.3 La normativa in Europa sull’insider trading La situazione dell’Unione Europea è più complessa da esaminare rispetto a quella americana, in cui risulta prevalere un substrato normativo sostanzialmente più omogeneo, a causa dell’eterogeneità che caratterizza gli ordinamenti dei singoli Stati, i quali sono concettualmente e tradizionalmente diversi. Le legal origins influenzano notevolmente numerosi aspetti di uno Stato, dalla legislazione ai risultati economici raggiunti. La distinzione principale è tra common law countries e civil law countries: i primi sono basati sui precedenti giurisprudenziali più che su leggi, codici e forniscono un maggior supporto ai mercati; i secondi, invece, prevedono un maggior intervento dello Stato nella vita economica e sociale del Paese e tendono a far emergere l’allocazione delle risorse da loro desiderata. 112 Tenuto conto di un ambiente in cui le differenze tra sistemi giuridici tutt’ora persistono, sono emerse non poche difficoltà in sede comunitaria durante i lavori finalizzati a favorire l’armonizzazione del diritto europeo su questa delicata materia. La prima direttiva emanata in ambito europeo per regolare i fenomeni riconducibili agli abusi di mercato è la direttiva 89/592/CEE. Essa è stata adottata con tre principali scopi: prima di tutto, garantire il buon funzionamento del mercato, poi assicurare agli investitori la parità delle condizioni e la protezione dall’uso illecito dell’informazione privilegiata ed infine, creare una legislazione coordinata tra gli Stati membri. 113 Essi infatti sono sempre stati dotati di sistemi legislativi fortemente differenti: le ragioni di tali diversità sono da attribuire alla differente dimensione dei mercati finanziari europei (dovuta anche alla mancanza di un unico grande mercato borsistico europeo) ed al conseguente ridotto numero di società presenti su tali mercati; in secondo luogo, alla visione dell’insider trading come fenomeno circoscritto tanto da non provocare eccessivo timore. La prospettiva di creare un mercato unico europeo ha poi portato a riesaminare la materia fino ad arrivare all’emanazione di una direttiva europea.114 Quest’ultima è stata concepita, a partire dai concetti sviluppatisi nelle corti statunitensi.115 “The directive confronts head-on the problem with which the courts in the United States have struggled since 1961-namely, the extent to which the prohibition extends to persons not in a fiduciary or other special relationship to the entity whose information is being used”.116 Il provvedimento in questione è stato costruito, cercando di trovare il giusto compromesso tra il bisogno di fornire una chiara regolamentazione per gli Stati europei e la paura di 112
Tali informazioni sono state elaborate, in seguito alla lettura del paper di La Porta et al. (2008). Faccincani (2004): p. 26. 114 Amatucci e Di Amato (1993): pp. 74-75. 115 Hazen (1992): p. 232. 116 Ivi: pp. 235-236. 113
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overregulating gli scambi, che avvengono nel mercato; inoltre, la determinazione dell’improper trading non è basato sul fiduciary duty ma piuttosto sullo scambio, che avviene mentre si è in possesso dell’informazione privilegiata.117 Nello specifico, il primo articolo della direttiva fornisce la definizione di informazione privilegiata, per la quale sono riconosciuti quattro caratteri fondamentali: non è stata resa pubblica, ha un carattere preciso, concerne uno o più emittenti di valori mobiliari o uno o più valori mobiliari e se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sul corso di tale o tali valori mobiliari.118 Inoltre, in tale provvedimento, è vietato alle persone, le quali dispongono di un’informazione privilegiata, di acquistare o vendere, sia per conto proprio che di terzi, i valori mobiliari degli emittenti interessati da tale informazione. Ogni Stato membro è poi libero di designare l’autorità o le autorità amministrative competenti incaricate di vigilare sull’applicazione delle disposizioni, come si legge nell’articolo 8, e di decidere quali sanzioni applicare, in caso di violazione delle norme. Nel complesso, la direttiva europea ha definito specificatamente le persone e le transazioni interessate alle proibizioni legate al fenomeno dell’insider trading, garantendo certezza nel ruolo della legge. La stessa certezza non è stata trovata nell’omologo statunitense.119 In conclusione, nonostante la presenza di alcuni aspetti positivi, il limite principale della direttiva 89/592/CEE risiede nell’esclusiva attenzione alla prevenzione dell’abuso di informazioni privilegiate, senza tener conto della manipolazione del mercato. Inoltre, nel corso del tempo, le nuove tecnologie e i nuovi prodotti finanziari hanno incrementato le occasioni per manipolare il mercato. A fronte di tali problematiche, si è rivelato necessario introdurre una nuova direttiva per assicurare un quadro giuridico comune con riferimento alla prevenzione, all’accertamento, alle indagini e alle sanzioni degli abusi di mercato. 120 Il nuovo provvedimento è stato emanato nel 2003 con la direttiva 2003/6/CE, nota anche con il nome di Market Abuse. Essa è innovativa, sia in termini di presa di coscienza su scala europea degli sviluppi verificatisi nei mercati finanziari, sia quanto alle limitazioni evidenziate dalle normative dei Paesi membri vigenti in materia sotto l’egida della precedente direttiva, sia per ciò che concerne le “prassi” degli abusi che essa si propone di reprimere. 121 Essa tratta congiuntamente il tema dell’insider trading e dell’aggiotaggio, in quanto gli obiettivi perseguiti sono gli stessi: garantire l’integrità dei mercati finanziari europei ed accrescere la fiducia degli investitori in tali mercati. Sono stati però eliminati i riferimenti 117
Ivi: p. 236. Tali informazioni sono tratte dal testo della direttiva 89/592/CEE, disponibile al sito internet: http://eurlex.europa.eu/smartapi/cgi/sga_doc?smartapi!celexplus!prod!CELEXnumdoc&numdoc=389l0592&lg=it 119 Hazen (1992): p. 239. 120 Faccincani (2004): pp. 28-29. 121 Galli (2010): p. 43. 118
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espliciti agli inarrivabili “market egalitarianism” e “equal access” presenti nella direttiva 89/592/CEE.122 L’esistenza di una sola direttiva per regolare entrambi i fenomeni permette di disciplinare in modo uniforme gli aspetti riguardanti la ripartizione delle competenze, la vigilanza sull’applicazione e la cooperazione, evitando in tal modo che sorgano incomprensioni.123 Inoltre, la mancata integrazione, a dispetto della già conseguita unità monetaria con l’introduzione dell’euro, avrebbe rappresentato un peso insostenibile per la crescita economica dell’Unione Europea. Quest’ultima avrebbe altrimenti dovuto sostenere una grave perdita di competitività rispetto al più evoluto mercato americano, verso il quale si sarebbero sempre più indirizzati i capitali dei grandi investitori, ispirati da garanzie di maggiore sicurezza. 124 I punti fondamentali toccati da tale direttiva e che la contraddistinguono dal provvedimento precedente sono i seguenti: l’individuazione di due vicende criminose da sanzionare, l’insider trading e la manipolazione del mercato.125 Gli emittenti di strumenti finanziari (espressione che sostituisce “valori mobiliari”) devono comunicare al pubblico le informazioni privilegiate che li riguardano, utilizzando il loro sito internet. Un emittente può ritardare la comunicazione al pubblico di informazioni privilegiate al fine di non pregiudicare i suoi legittimi interessi, a condizione che tale omissione non inganni il pubblico e che l’emittente sia in grado di assicurare la riservatezza delle informazioni.126 Se però la notizia viene divulgata selettivamente a terzi, sia in maniera accidentale che volontaria, deve essere comunicata
al
pubblico,
contestualmente
alla
divulgazione
se
effettuata
volontariamente, oppure nel più breve tempo possibile se la divulgazione avviene in modo accidentale.127 Gli emittenti devono inoltre redigere un elenco delle persone che lavorano per loro e che hanno quindi accesso alle informazioni privilegiate. Ogni Stato membro deve designare un’unica autorità di regolamentazione e di vigilanza cui venga attribuito un insieme minimo comune di competenze. Le autorità di regolamentazione e di vigilanza utilizzeranno metodi convergenti per reprimere gli abusi di mercato e dovranno poter contare su un’assistenza reciproca per perseguire le infrazioni, specie nell’ambito delle attività transfrontaliere. 122
Ivi: p. 44. Faccincani (2004): p. 29. 124 Petrulli e Rubino (2007): pp. 19-20. 125 Chiesa (2010): p. 23. 126 Faccincani (2004): p. 33. 127 Chiesa (2010): p. 23. 123
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Uno stesso reato dovrebbe essere punito con l’utilizzo delle medesime sanzioni in tutti gli Stati membri o comunque garantire una certa uniformità di trattamento. La direttiva emanata successivamente è la direttiva comunitaria 2004/72/CE, la quale disciplina le modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE in riferimento alle prassi di mercato ammesse, alla definizione di informazioni privilegiate, alla notifica delle operazioni effettuate da persone che esercitano responsabilità di direzione e alla segnalazione di operazioni sospette.128 La precisazione circa le modalità appena citate sono di fondamentale importanza per favorire l’applicazione concreta di una normativa omogenea negli Stati membri. Per quanto concerne le sanzioni, tale direttiva, all’articolo 14, afferma che gli Stati membri hanno libertà di scelta, purché le misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive.
Nel corso degli anni, sono state apportate alcune modifiche relative ad alcuni articoli della direttiva 2003/6/CE. Inoltre, nel 2011 la Commissione europea ha presentato un progetto di direttiva con cui si intende soprattutto rafforzare le sanzioni contro gli abusi di mercato, fino ad arrivare a sanzionare penalmente chi compie abusi di mercato. Infatti la libertà lasciata ai Paesi di individuare le sanzioni più opportune ha determinato significative differenze nel regime sanzionatorio applicato a danno del mercato unico. Di conseguenza, chi intende manipolare il mercato sceglie il Paese, dove la legislazione è meno severa. Al fine di promuovere l’efficacia della legislazione sugli abusi di mercato, la Commissione europea vorrebbe che gli Stati membri introducessero nelle legislazioni nazionali delle regole minime sulla definizione degli abusi di mercato più gravi e dei livelli minimi di sanzioni penali. 129 Tuttavia, la questione relativa all’utilizzo di sanzioni penali è ancora fortemente dibattuta.
2.3.1 La normativa e l’attività di enforcement in Italia Osservando la situazione italiana, si evince immediatamente che il fenomeno dell’insider trading, come del resto molti altri aspetti del mercato mobiliare, sono stati solo di recente oggetto di disciplina. In particolare, soprattutto dagli anni ’90 si è proceduto con un’accelerazione nella ridefinizione di un’architettura normativa che fosse più in linea con le legislazioni dei Paesi più evoluti dal punto di vista economico e anche più adeguata alle
128
Le informazioni sono state tratte dal testo della direttiva comunitaria 2004/72/CE e sono disponibili al sito internet: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2004:162:0070:0075:IT:PDF 129 Le informazioni relative al progetto di direttiva sono state tratte ed elaborate da un articolo tratto da “Il Sole 24 Ore” e disponibile al sito internet: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-10-14/direttivacontro-insider-trading-222626.shtml?uuid=AaUaN5CE
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esigenze di un moderno mercato dei capitali.130 Il primo provvedimento legislativo, che è stato introdotto, è la legge 157 del 1991, in attuazione della direttiva europea 89/592/CEE. Tuttavia, già prima dell’entrata in vigore di tale legge, si era avvertito il disvalore delle condotte di insider trading: si è infatti tentato, non senza difficoltà, di individuare nella normativa esistente gli strumenti sia civilistici sia penalistici per la repressione del fenomeno dell’insider trading.131 Tenuto conto della lacunosità ed insufficienza della disciplina allora vigente e della rapida evoluzione del mercato borsistico italiano, era necessario un adeguato intervento normativo. “È stato raggiunto nel nostro Paese, un livello di piena coscienza sulla necessità di un intervento normativo di repressione di quei fenomeni che, intervenendo scorrettamente sul processo di informazione del mercato e minando la fiducia degli investitori sul suo corretto operare, li determina ad estraniarsi dal parteciparvi con il risultato ultimo di accentuarne una connotazione meramente speculativa”.132 La normativa sull’insider trading in Italia fu oggetto di numerose discussioni, focalizzate sul sostegno alla repressione del fenomeno e sul regime sanzionatorio da applicare. Visco (1989) esprime perplessità sulla rilevanza di una normativa in materia, affermando che “quella dell’insider trading non è una questione decisiva, e anzi è addirittura ipotizzabile una funzione positiva dell’insider al fine della convergenza dei prezzi in equilibrio”.133 Gallo (1990), invece, riprende il concetto di market egalitarianism sostenendo che il provvedimento intende tutelare una reale par condicio tra tutti coloro che hanno accesso al mercato dei valori mobiliari.134 In quanto al regime sanzionatorio, la direttiva comunitaria del 1989 ha trovato in Italia un’attuazione che ne rispecchia l’ispirazione fortemente repressiva. La strada scelta dal legislatore italiano è quella della repressione penale del fenomeno.135 Si tratta di una scelta forte, visto che la direttiva prevedeva che le sanzioni venissero scelte dallo Stato e quindi non fossero necessariamente penalistiche, purché sufficientemente dissuasive da indurre al rispetto della normativa introdotta. Nel dettaglio, la legge in questione contiene sia profili repressivi, attraverso la previsione del reato dell’uso di informazioni riservate, sia profili di prevenzione, introducendo una disciplina dell’informativa societaria continua e prevedendo obblighi di registrazione delle operazioni su titoli negoziati in mercati regolamentati ma anche obblighi di comunicazione delle operazioni
130
Amatucci e Di Amato (1993): p. 67. Ibidem. 132 Ivi: p. 70. 133 Linciano e Macchiati (2002): p. 99. 134 Ibidem. 135 Amatucci e Di Amato (1993): p. 87. 131
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su titoli quotati, convenute al di fuori dei mercati regolamentati.136 Un aspetto negativo della norma è l’eccessiva estensione e indeterminatezza delle fattispecie di reato. Essa infatti prevede che chiunque si trovi in una posizione di privilegio informativo abbia un obbligo di astensione: tale obbligo riguarda sia il compimento di operazioni borsistiche, sia la comunicazione della notizia a terzi (tipping) o il suggerimento dell’operazione (tuyautage).137 L’estensione del reato relativo all’insider trading, secondo questa legge, considera come soggetti attivi del reato sia gli insider primari sia quelli secondari. Inoltre, essa appare notevolmente rigida quando impone ai tippee tutti i divieti imposti agli insider primari e non solo quello di negoziare, come invece era previsto nell’articolo 4 della direttiva. La definizione di informazione privilegiata rimane in linea con la direttiva europea; in essa si scorge un fattore di differenziazione rispetto al modello statunitense, in cui non vi è una definizione legislativa di “material” ma solo l’individuazione di un significato a livello giurisprudenziale.138 Per quanto concerne il trattamento sanzionatorio, la legge in questione al comma 5 dell’articolo 2 prevede, nel caso di compimento del reato, la reclusione fino ad un anno e la multa da lire dieci milioni a lire trecento milioni, con la possibilità di autorizzare il giudice ad aumentare la multa fino al triplo quando, per la rilevante gravità del fatto, essa può ritenersi inadeguata, anche se applicata nel massimo. Nel complesso, si tratta di sanzioni molto meno stringenti rispetto alla severità raggiunta dall’ordinamento statunitense nell’epoca considerata. La Consob ha sottolineato alcune difficoltà applicative della normativa, la quale viene giudicata insufficiente o comunque inadeguata a raggiungere l’obiettivo della repressione del fenomeno e ha portato ad un numero esiguo di condanne: oggetto di riflessione è quindi la possibilità di introdurre un procedimento sanzionatorio che garantisca una maggiore efficacia e rapidità all’azione repressiva. 139 Per fare fronte alla critiche riferite alla legge del 1991, nel 1998 è stato approvato il Testo Unico dell’intermediazione finanziaria (TUF), che costituisce il secondo intervento legislativo in materia. Con il TUF si realizza un intervento contradditorio: si disciplina con maggiore rigore l’informativa societaria comune; si limitano i fatti di insider trading penalmente rilevanti a quelli in cui è concretamente rinvenibile l’abuso di informazioni privilegiate; si riducono i poteri della Consob; in apparenza, ma non sostanzialmente viene inasprito il regime sanzionatorio; non si introduce né la via amministrativa né si rende esplicita l’autonomia della via civilistica.140 La norma cardine del nuovo sistema legislativo è l’articolo
136
Linciano e Macchiati (2002): p. 102. Ibidem. 138 Caroli-Casavola (2012): p. 72. 139 Linciano e Macchiati (2002): p. 104. 140 Ivi: p. 105. 137
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180 che prevede, innanzitutto, una diversa configurazione del reato: esso non consiste più nell’obbligo di astenersi dall’operare da parte di chi sia in possesso di un’informazione riservata, ma richiederebbe anche la prova che questi abbia agito avvalendosi di detta informazione. Con questa nuova configurazione, risulta essere maggiormente difficile perseguire comportamenti ritenuti non corretti. L’articolo 180 definisce, in secondo luogo, il regime sanzionatorio: le sanzioni risultano essere raddoppiate rispetto alla legge 157/1991, prevedendo la reclusione fino a due anni. Tuttavia, il trattamento sanzionatorio, comparato con gli altri ordinamenti, primo tra tutti quello statunitense, non risulta essere un efficace deterrente per la limitata severità che lo caratterizza. Inoltre, la massima pena detentiva prevista consente, attraverso il patteggiamento, di monetizzare integralmente la responsabilità penale con costi che non sono tali da disincentivare la perpetrazione del reato. Anche le pene accessorie previste dall’articolo 182 del TUF, tra cui l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese vengono a decadere con l’istituto del patteggiamento.141 Un’ulteriore novità introdotta dal legislatore italiano riguarda i tippees: essi non possono più essere condannati per aver diffuso informazioni privilegiate oppure per aver indotto alcuni soggetti ad effettuare degli scambi sulla base di queste informazioni. 142 Di conseguenza, in capo ai tippes rimane solo il divieto di compimento di operazioni borsistiche. Infine, per quanto riguarda il potere della Consob, si può affermare che è consentito alla commissione di effettuare ispezioni solo presso i soggetti vigilati limitando così i suoi poteri investigativi, come previsto dall’articolo 187 del TUF, mentre la norma precedente sembrava attribuirle un potere più ampio. Inoltre, la normativa del 1998 ha anche eliminato il pagamento di multe per i soggetti, i quali hanno fallito nella cooperazione con la Consob oppure hanno ostacolato le sue indagini.143 Tuttavia, la normativa del 1998, anche alla luce dell’applicazione che ne era stata fatta, non sembra aver sortito l’auspicato effettivo passo avanti rispetto alle disposizioni della legge 157/1991.144 Uno dei principali lavori, che si propone di studiare l’efficacia della regolamentazione del fenomeno dell’insider trading in Italia, è stato realizzato da Linciano (2003). La legislazione, che è stata introdotta ormai in gran parte dei Paesi sviluppati ed emergenti, non sembra aver sortito l’effetto auspicato, come risulta dal numero delle condanne negli
141
Ivi: p. 108. Linciano (2003): p. 204. 143 Ibidem. 144 Galli (2010): p. 70. 142
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ultimi decenni e dalla diffusione dell’insider trading segnalato dagli stock-price-run-ups attorno all’annuncio dell’informazione privata. 145 I sistemi legislativi presenti nei diversi Paesi differiscono sia per la durezza, sia per la severità dell’applicazione della normativa. Il primo aspetto dipende da diversi fattori: se la condanna degli insiders richiede una prova relativa alla consapevolezza dell’uso di material non-public information, se le restrizioni previste per i primary insiders sono le stesse di quelle dei secondary insiders, se le sanzioni prevedono il pagamento di una multa oppure se hanno dei risvolti penali e se gli investitori possono fare causa agli insiders nel caso in cui abbiano subito le conseguenze negative dei loro scambi. Il secondo aspetto, invece, dipende dai poteri investigativi dell’autorità di controllo e dall’efficienza del sistema giudiziario.146 In riferimento alla situazione italiana in materia, la quale è stata disciplinata da un punto di vista legislativo solo a partire dal 1991, si può evidenziare che le condanne relative all’insider trading sono in numero limitato. Le principali mancanze evidenziate dal presente lavoro sono: gli insiders vengono processati solo se viene provato che gli scambi sono stati posti in essere, usando price sensitive non-public information; la debolezza dei poteri investigativi dell’autorità di sorveglianza italiana e l’esclusivo affidamento alle sanzioni penali, scelta che comporta una lunghezza procedurale notevole. 147 Di conseguenza, il mancato rispetto della legislazione relativa al fenomeno apporta i suoi benefici agli insiders; inoltre, il clima culturale italiano tende a far emergere l’idea che l’insider trading sia una pratica nel complesso positiva, indebolendo così l’efficacia della normativa in vigore. Il presente studio esamina l’efficacia della legislazione italiana sull’insider trading, focalizzandosi sulla diffusione dell’information-based trading nella borsa valori e cerca di rispondere alla seguente questione: l’applicazione della legislazione italiana relativa all’insider trading fa trasparire che la punizione per colui che compie il reato non sia così grave, ne consegue quindi che l’insider trading possa essere ritenuto un fenomeno diffuso? 148 Il fenomeno sembra manifestarsi in connessione a block transactions e a takeover bids perché il prezzo offerto usualmente eccede il prezzo dell’azione della società target; vi è infatti un premio, che svanisce dopo l’annuncio pubblico della transazione; quindi effettuare scambi nel periodo precedente può essere altamente profittevole. Nel presente lavoro si considera un campione di 13 cessioni del pacchetto di controllo (block sales) e di 16 offerte pubbliche di acquisto preventive (takeovers) nel periodo 1998-2000. L’organo di vigilanza italiano, la Consob, ha inviato alla magistratura una segnalazione per ipotesi di insider trading in 8 casi 145
Linciano (2003): p. 199. Ivi: p. 200. 147 Ibidem. 148 Ivi: p. 205. 146
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dei 29 totali.149 Sono stati calcolati gli extra-rendimenti cumulati (Cumulative Abnormal Returns, d’ora in poi “Car”) e gli stock price run-ups, al fine di capire se si può confermare o meno la presenza di insider trading.150 Tanto meno diffuso è l’abuso, tanto maggiore è l’effetto annuncio e tanto minore è il run-up. Dall’analisi effettuata nel presente lavoro in riferimento alle corporate control transactions, si evince che i prezzi dei titoli delle società acquisite iniziano a crescere prima dell’annuncio dell’operazione. In particolare, osservando gli extra-rendimenti cumulati relativi alla finestra, che comprende i 20 giorni precedenti e i 20 giorni successivi la data di divulgazione, si può notare che i prezzi iniziano ad aumentare già 15 giorni prima della data di divulgazione della notizia da parte della società offerente. Il giorno in cui viene resa nota l’operazione, l’incremento del prezzo raggiunge un valore pari al 10% circa.151 Figura 2.1: Car delle operazioni di trasferimento del controllo (calcolato rispetto all’indice generale di mercato).
Fonte: Linciano (2003): p. 208.
Si possono individuare diverse cause per spiegare tale andamento: la capacità del mercato di anticipare l’evento, la capacità degli analisti finanziari di prevedere quali società potrebbero essere acquisite, utilizzando le informazioni disponibili pubblicamente oppure l’attività di insider trading. Confrontando l’andamento dei Car delle operazioni con e senza sospetto di insider trading, si può notare che l’incremento del prezzo dei titoli è maggiore e più marcato nei casi con sospetto di insider trading. Per tali casi, il Car raggiunge un valore pari al 15%, 149
Ivi: p. 206. Ibidem. 151 Linciano e Macchiati (2002): p. 124. 150
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prima dell’annuncio pubblico mentre nei casi in cui non c’è sospetto di insider il 7%: la differenza tra i due però non è statisticamente significativa. 152 Figura 2.2: Car delle operazioni con e senza sospetto di insider trading (calcolati rispetto all’indice di mercato).
Fonte: Linciano (2003): p. 210.
L’andamento dei prezzi descritto può essere dovuto a diversi fattori. Nel momento in cui si verifica una cessione del pacchetto di controllo generalmente sono in molti (dirigenti, dipendenti, banche di investimento) ad essere a conoscenza della material inside information. Evitare la fuga di notizie è molto difficile, se non ci sono sistemi di controllo efficaci. In particolare, il problema è che solo alcuni scambi possono essere monitorati in Italia: il TUF approvato nel 1998 infatti prevede che gli insiders secondari non possano essere perseguiti, se incoraggiano altri soggetti a scambiare, dopo aver ricevuto una soffiata da parte di un insider primario; inoltre, anche coloro che ottengono l’accesso all’informazione privilegiata grazie ad un tippee non vengono perseguiti. A conferma di quanto espresso, c’è un dato significativo: i soggetti coinvolti nell’attività di insider trading si sono duplicati, passando dal 28% nel biennio 1997-1998 al 56% nel biennio successivo 1999-2000.153 In conclusione, si può affermare che, nonostante le differenze che intercorrono tra i diversi Paesi, gli studi sia teorici sia empirici sono d’accordo sul fatto che la repressione del fenomeno sarà più significativa, se l’attività di enforcement è più severa. In riferimento al 152 153
Ivi: p. 126. Linciano (2003): p. 211.
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caso italiano, una maggiore severità può essere raggiunta attraverso l’adozione di misure sia preventive sia repressive. Le prime riguardano il favorire la trasparenza, la scoperta di price sensitive information ed il controllo sulle operazioni effettuate dagli insiders. Il problema è che la legge italiana non impone ad amministratori, dirigenti e agli azionisti di maggioranza di riferire tutte le transazioni, che hanno ad oggetto i titoli della loro società. Inoltre, l’adozione di altre misure preventive, come i Chinese walls154, non sembra essere una pratica di mercato molto diffusa. Alcune misure preventive potrebbero derivare anche dalle iniziative di autoregolazione: un esempio è dato dall’adozione di elevati standard di corporate governance e di protezione dei diritti dei piccoli azionisti all’interno delle società. Le seconde, invece, richiedono una definizione, dal punto di vista legislativo, chiara e facilmente identificabile del comportamento illegale, opportune sanzioni, che abbiano un effetto deterrente e poteri investigativi dell’autorità competente.155
Alla luce delle numerose questioni rimaste senza risposta, la disciplina contenuta nel TUF è stata oggetto di una successiva modifica legislativa, approvata nel 2005, in recepimento della direttiva 2003/6/CE e seguenti. La nuova legge 66/2005 ha completamente riformato la disciplina sugli abusi di mercato contenuta nel TUF. Innanzitutto, ai tippees vengono nuovamente imposti i medesimi divieti previsti per gli insiders primari, contrariamente a quanto previsto nel TUF che vietava solo il trading; il tipping è quindi punito a prescindere dall’effettiva negoziazione. Per quanto riguarda le sanzioni per le condotte criminose degli insiders primari, esse hanno subito un inasprimento: è prevista la reclusione da un minimo di un anno ad un massimo di sei anni e il pagamento di un’ammenda fino a tre milioni di euro; il giudice può decidere di aumentarla fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato. Il rigore delle attuali sanzioni è in linea con la severità prevista dal modello degli Stati Uniti.156 Il fatto commesso dagli insiders secondari, i quali sono coloro che hanno ricevuto le informazioni privilegiate dagli insiders primari, è passato da reato ad illecito amministrativo. 157 L'intervento del 2005 ha inoltre ampliato e rafforzato la gamma dei poteri riconosciuti alla Consob, equiparandone il ruolo a quello 154
Con l’espressione “Chinese walls” si fa riferimento ad alcune procedure fissate all’interno di uno stesso gruppo o di un’azienda volte a tenere separate le attività dei diversi dipartimenti e ad eliminare la possibilità di un uso illegittimo di informazioni non pubbliche. 155 La conclusione riferita al lavoro di ricerca raccoglie informazioni tratte e poi rielaborate da Linciano (2003). 156 Caroli-Casavola (2012): p. 88. 157 Le informazioni sono state tratte da Borsa Italiana e sono disponibili al sito internet: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/insidertrading.htm
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rivestito dalle corrispondenti autorità degli Stati membri. I poteri di vigilanza e investigativi, che le sono attribuiti per permettere l’esercizio delle sue funzioni, richiamano i poteri assegnati alla SEC negli Stati Uniti.158 Nel 2009 è stato poi introdotto il decreto legislativo 101, con l’obiettivo di estendere le tutele previste per gli strumenti finanziari quotati sui mercati regolamentati agli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione, richiesta con il consenso dell’emittente, sui sistemi multilaterali di negoziazione. Essi rispondono principalmente alle esigenze delle piccole e medie imprese, le quali preferiscono negoziare i propri strumenti finanziari su tali sistemi, caratterizzati da minori obblighi informativi e gestionali piuttosto che chiedere l’ammissione sui mercati regolamentati. Il legislatore ha voluto predisporre un complesso di regole che garantiscano il corretto svolgimento delle negoziazioni, estendendo quindi anche a tali sistemi la disciplina sugli abusi di mercato.159 2.4 L’enforcement pubblico delle normative sull’insider trading Dopo aver descritto le normative vigenti sia nel contesto statunitense, si in quello europeo, è utile capire come deve essere l’enforcement affinché risulti efficace per ridurre i casi di insider trading. A tal proposito, il primo lavoro in letteratura che ha affrontato il tema “the optimal enforcement of insider trading regulations” è lo studio di DeMarzo et al. (1998). Gli autori premettono che una linea politica di enforcement deve bilanciare i benefici che ne derivano con i costi associati all’attività di enforcement. In particolare, una linea politica deve specificare: ”the conditions under which the regulator conducts an investigation, the penalty schedule imposed if an insider is caught, and a transaction tax to fund enforcement”.160 Solo in questo modo si definisce una linea politica in grado di massimizzare il benessere degli investitori. Il presente lavoro tratta del problema relativo all’applicazione delle normative sul fenomeno dell’insider trading. Affinché esse siano efficaci, richiedono monitoring ed enforcement. Questo tipo di problema ha due aspetti fondamentali: da un lato i legislatori sono guidati dai dati di mercato, i quali sono un segnale disturbato per capire se è stato commesso o meno il reato; dall’altro il costo sociale e il beneficio privato, che derivano dal compimento del reato, dipendono dal comportamento degli altri partecipanti del mercato. Gli scambi effettuati dagli altri operatori (non-insider) dipendono dal numero e dal tipo di 158
Caroli-Casavola (2012): p. 91. Le informazioni sono state tratte e rielaborate dal sito internet: http://www.confindustriapa.it/public/doc/INFO%20-%20MERCATI%20%20ECONOMIA/Circolari%20ASSONIME/2010/Nuova%20disciplina%20strumenti%20finanziari%20n%202 2.pdf 160 DeMarzo et al. (1998): p. 602. 159
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soggetti nei confronti dei quali vengono applicate le normative relative all’insider trading.161 L’obiettivo dello studio in esame consiste nella massimizzazione dell’utilità attesa degli investitori non informati, i quali scambiano per bilanciare i loro portafogli. Tali traders sono danneggiati dal fenomeno dell’insider trading, a causa del problema dell’adverse selection. “That is, in quoting bid and ask prices, a market maker must take account of expected losses that he will incur when trading with better-informed insiders. To compensate for these losses, a market maker widens the bid-ask spread relative to a market with no insiders. In turn, this wider spread, a form of transaction cost, leads uninformed traders to trade less, resulting in less efficient portfolio decisions. The role of an optimal enforcement policy in this setting is to lessen the adverse selection problem associated with insider trading, enabling market makers to quote more favorable prices”.162 Una linea politica di enforcement deve specificare le situazioni in cui il legislatore deve intraprendere un’indagine costosa sulla base delle informazioni disponibili, stabilire un programma di punizioni e una tassa, la quale deve essere imposta per finanziare il budget del legislatore.163 Il risultato principale conseguito con il presente lavoro, adottando un game theoretic setting, è il seguente: il legislatore indaga per il reato di insider trading se e solo se il volume scambiato eccede una data soglia, la quale dipende dalle informazioni disponibili circa il valore del titolo. Tale linea politica costituisce uno dei deterrenti più efficaci per l’insider trading, poiché gli sforzi investigativi si concentrano sui volumi scambiati, i quali costituiscono un chiaro segnale che l’insider abbia scambiato nel mercato. 164 Inoltre, viene descritto anche il programma ottimale delle sanzioni da applicare a chi è accusato del reato di insider trading. Se l’insider, che viene scoperto, ha scambiato al di sopra di un dato livello critico, gli verrà imposto il pagamento della sanzione massima prevista. In caso contrario, egli non paga una penalità. Infatti, è ottimale legalizzare un ammontare minimo di insider trading. Nel dettaglio, si supponga che l’insider possa scambiare x > 0 titoli e avere un profitto atteso al netto delle sanzioni pari a π. Mantenendo invariata la linea politica di enforcement e abbassando le sanzioni per alcuni scambi x’< x, nel momento in cui l’insider scambia x’ titoli, il suo profitto atteso al netto delle sanzioni è ancora pari a π. Di conseguenza, le perdite nette per l’insider non sono cambiate, però si sono ridotti i costi attesi relativi all’indagine: se l’insider scambia meno, il volume di scambio non tende ad eccedere la soglia e così è meno
161
Ivi: p. 603. Ivi: pp. 603-604. 163 Ivi: p. 604. 164 Ibidem. 162
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probabile che il legislatore indaghi.165 “In our analysis, with the optimal enforcement policy both the probability of apprehension and the penalty increase with the severity of the offense”.166 Questa politica induce l’insider a scambiare meno di quanto avrebbe scambiato, se gli fosse stata imposta la massima pena disponibile. Il beneficio è dato, come già evidenziato sopra, dalla diminuzione dei costi investigativi. Un lavoro successivo che richiama la tematica affrontata da DeMarzo et al. è lo studio di Wielhouwer (2013), il quale si occupa di indagare circa l’efficacia di diversi strumenti nel ridurre il fenomeno dell’insider trading, utilizzando un game theoretic approach to insider trading.167 Si differenzia rispetto al paper descritto sopra per cinque aspetti fondamentali 168: 1. l’obiettivo del legislatore non ha un interesse solo pubblico (benefici dei traders non informati), ma anche privato (benefici che riguardano la carriera e la politica). 2. Il problema dell’ottimizzazione non viene più analizzato dal punto di vista del legislatore, il quale ha un vincolo di budget, che comporta che un’indagine non può essere portata a termine a meno che i costi del controllo non siano compensati dalle risultanti sanzioni. Il presente lavoro considera che ci possano essere elevati costi di controllo se sono compensati da benefici, perfino in assenza di sanzioni che generino fondi. 3. DeMarzo et al. incorpora in un’unica probabilità tre diversi elementi: se l’indagine viene portata avanti, la possibilità di essere presi e quella di essere condannati. Wielhouwer, invece, considera questi tre elementi separatamente per studiare la sensibilità all’efficacia del legislatore e del sistema legislativo. 4. Con la separazione dei tre elementi, è possibile studiare in modo migliore gli effetti di un sistema normativo in cui il legislatore ha anche interessi privati. 5. Infine, DeMarzo et al. non tiene conto se la minaccia di controllo sia credibile o meno. Wielhouwer, invece, dimostra che esiste un “equilibrium strategy” in cui il legislatore non può minacciare in modo credibile di esercitare il potere di controllo, anche se il controllo può essere socialmente ottimale. Tale lavoro dimostra, in primo luogo, che esistono delle equilibrium strategies in cui il legislatore non ha una minaccia credibile nell’esercitare il potere di controllo; questo aspetto può contribuire a spiegare che non tutte le leggi vengono applicate attivamente. 165
Ivi: p. 605. Ibidem. 167 Wielhouwer (2013): p.52. 168 Ivi: p.54. 166
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Secondariamente, ci sono delle strategie di equilibrio con tassi di applicazione elevati ma senza alcun effetto sull’ammontare di insider trading. Infine, requisiti più duri per la divulgazione di notizie riducono il contributo dell’enforcement pubblico alla repressione dell’insider trading.169 In particolare, per esercitare il controllo, al fine di dissuadere i traders ad utilizzare inside information, il legislatore deve prevedere i benefici diretti, i quali devono essere superiori rispetto ai costi; questo si traduce nell’investire per migliorare l’efficacia e l’efficienza del processo di controllo. Inoltre, deve essere presente un numero sufficiente di benefici elevati a favore del supervisore. Per finanziare lo sforzo investigativo, è possibile ricorrere a sanzioni pagate dai soggetti condannati per aver commesso il reato. Poi le penalità per aver commesso delle infrazioni devono eccedere i potenziali profitti.170 Infine, se l’enforcement è efficace, un’ulteriore riduzione del fenomeno dell’insider trading può essere realizzata solo attraverso un miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza del sistema normativo.171
169
Ivi: p. 52. Ivi: p. 59. 171 Ibidem. 170
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CAPITOLO III
ANALISI EMPIRICA DEL FENOMENO “INSIDER TRADING” SU ALCUNI MERCATI EUROPEI 3.1 Premessa Nel presente Capitolo si cercherà di stabilire se e in quale misura l’applicazione di una normativa restrittiva risulti efficace nel combattere il fenomeno dell’insider trading in alcuni Paesi europei. Al fine di dare una risposta sul tema, si partirà dal modello sviluppato nel lavoro di Beny (2005), il quale si propone di testare tre diverse ipotesi che associano all’imposizione di regole restrittive tre diversi effetti sul mercato: -
un incremento dell’ownership dispersion
-
un incremento della stock price informativeness e
-
un incremento della stock market liquidity.
Tali ipotesi, attraverso l’uso di analisi di correlazione e di regressione, vengono confermate per un campione di trentatré Paesi, comprendenti anche i Paesi europei, per l’anno 1995. L’obiettivo iniziale era quello di riprendere il modello in esame, replicandolo per gli anni 2012 e 2013; tuttavia l’impossibilità di avere a disposizione i dati per il calcolo delle variabili per tutti e trentatré i Paesi, ne ha impedito la completa replicazione. Si è pertanto deciso di procedere con una differente analisi empirica, mantenendo come punto di partenza le ipotesi del modello di Beny (2005). Per compiere tale analisi, sono stati presi in esame quattro Paesi europei: Italia, Francia, Germania e Spagna. Per i Paesi considerati, essendo la legislazione in vigore, a partire dalla direttiva 2003/6/CE, molto simile e sicuramente più restrittiva, in riferimento agli abusi di mercato, rispetto all’anno 1995, ci si aspetta una conferma delle ipotesi del modello iniziale. Si vedrà che, per alcuni aspetti, ci sarà una conferma delle ipotesi da parte di tutti i Paesi considerati, mentre per altri ci saranno delle discordanze, di cui si tenterà di dare spiegazione. A tal fine, il Capitolo risulta strutturato nel modo seguente. Nella prima parte, vengono esplicitate le tre ipotesi su cui si fonda il modello di riferimento. Quindi, nel tentativo di attualizzare il modello, vengono indicate le modalità di calcolo dei valori da attribuire alle variabili, considerando come Paesi: Italia, Francia, Germania e Spagna. Nella seconda parte, si concentra l’analisi attualizzata delle ipotesi sui quattro Paesi europei, a fronte di un inasprimento delle leggi contro l’insider trading. La sezione finale raccoglie le riflessioni 55
conclusive, alla luce dei risultati ottenuti. 3.2 Il modello: le tre ipotesi fondamentali Il modello empirico su cui si basa la presente analisi è il modello sviluppato da Beny (2005). Esso prende in esame trentatré Paesi, i quali si differenziano in più aspetti, quali, ad esempio, l’efficienza, la trasparenza e la regolamentazione dei mercati, le tradizioni legali, le normative in vigore e la capacità di applicarle. L’obiettivo principale è dimostrare che, nei Paesi in cui le leggi sull’insider trading sono più proibitive, si verificano nel mercato i tre seguenti effetti: 1. un aumento dell’ownership dispersion, ossia della dispersione della proprietà. La Porta et al. (1998) sostengono in tal senso che un’elevata concentrazione della proprietà riflette un basso livello di protezione per gli investitori. In particolare, si può notare che nei Paesi French civil law, soprattutto in passato, la bassa protezione degli investitori era associata ad una proprietà estremamente concentrata. Di conseguenza, gli investimenti da parte del pubblico risultavano essere scoraggiati. Inoltre, un elevato livello di concentrazione della proprietà di una determinata società fornisce, da un lato, gli incentivi affinché i manager eseguano secondo correttezza le rispettive mansioni; dall’altro lato fornisce gli incentivi agli azionisti maggioritari per controllare l’operato dei manager. Tuttavia, tali azionisti devono essere compensati per il ruolo loro attribuito e per i rischi associati alla detenzione di un portafoglio non diversificato; quindi un potenziale meccanismo di compensazione viene individuato nell'insider trading. Alla luce di quanto enunciato, non adottare leggi proibitive per combattere tale fenomeno significa incoraggiare un’ampia partecipazione azionaria, mentre proibire legalmente l'insider trading può avere l'effetto opposto. Ne segue, in sostanza, che i Paesi che intendono promuovere una proprietà maggiormente diffusa dovrebbero adottare norme che proibiscano l’insider trading;172 2. un incremento della stock price informativeness; le leggi sull'insider trading maggiormente proibitive sono associate a prezzi dei titoli considerati forieri di un numero superiore di informazioni. Infatti, non circoscrivere il fenomeno dell’insider trading, con una normativa adeguata, porterebbe a ridurre gli incentivi per gli insiders di rivelare le informazioni al mercato;173
172 173
Beny (2005): p. 5. Ivi: p. 6.
56
3. un aumento della stock market liquidity, ossia della liquidità di mercato. L’insider trading, infatti, accentua l’asimmetria informativa e ciò determina un aumento dei costi legati al trading e, di conseguenza, una diminuzione della stock market liquidity.
Tabella 3.1- Le tre ipotesi del modello
Ipotesi 1
Ipotesi 2
Ipotesi 3
Leggi sull’insider trading maggiormente restrittive implicano forte dispersione della proprietà. Leggi sull’insider trading maggiormente restrittive implicano prezzi dei titoli più informativi. Leggi sull’insider trading maggiormente restrittive implicano incremento della liquidità di mercato.
Fonte: elaborazioni personali.
3.2.1 Descrizione delle variabili e scelta del dataset Il modello proposto nel lavoro di Beny (2005) si basa su una metodologia del tipo:
dove i varia tra le osservazioni, i = 1, ...., n; Yi è il i-esimo valore della variabile dipendente; X1i +X2i +…+Xki sono le i-esime osservazioni di ciascuno dei k regressori; β0 è il valore atteso di Y quando tutte le X sono pari a 0; β1 è il coefficiente angolare di X1, β2 è il coefficiente angolare di X2, ecc.; ui è l’errore statistico. Questa metodologia viene applicata su dati dell’anno 1995. Tale modello è stato ripreso per tentare di attualizzare l’analisi e verificare se in anni successivi le tre ipotesi iniziali trovino o meno conferma. Data l’impossibilità di reperire le informazioni per il calcolo delle variabili per tutti i Paesi presenti nel lavoro di Beny (2005)174, si è deciso di intraprendere un’analisi diversa, pur mantenendo il focus sulle tre ipotesi precedentemente enunciate. A tal fine si è deciso di analizzare le variabili del modello per i seguenti Paesi europei: Italia, Francia,
174
Per costruire il modello è necessario avere a disposizione anche informazioni sulle legislazioni in vigore in Paesi come Malesia, Filippine, Tailandia, Taiwan.
57
Germania e Spagna, prendendo a riferimento gli anni 2012-2013 e infine confrontando i risultati ottenuti con le ipotesi sottostanti il modello. Beny (2005), considerando un campione di trentatré Paesi (tra cui gli stessi Italia, Francia, Germania, Spagna) era arrivato a dimostrare che nei Paesi in cui le leggi sul fenomeno dell’insider trading sono più restrittive, vi è una maggiore dispersione della proprietà (ownership dispersion), un incremento dell’informatività dei prezzi (stock price informativeness) e una maggiore liquidità nel mercato (stock market turnover), tenendo conto sia di variabili relative all’enforcement, sia di variabili sulla disclosure. Di conseguenza, una normativa restrittiva comporterebbe dei benefici nel mercato e funzionerebbe come valido deterrente per ridurre il numero di abusi di mercato. Focalizzando l’attenzione sui mercati europei presi in esame nel presente lavoro si può affermare che oggi le legislazioni in vigore sono molto più restrittive rispetto all’anno 1995. Nel periodo precedente a tale anno, vi era una certa disomogeneità nel trattamento del fenomeno dell’insider trading nei Paesi considerati: infatti, vi erano Paesi in cui il regime era più restrittivo ed altri meno. Oggi, invece, in particolare con l’introduzione della direttiva 2003/6/CE del 28 Gennaio 2003, si è raggiunta un’armonizzazione nella regolazione del fenomeno per i Paesi membri dell’Unione Europea, i quali si sono ritrovati ad adottare normative al riguardo molto simili, almeno per gli aspetti principali. Alla direttiva 2003/6/CE, nota anche con il nome di Market Abuse Directive (MAD), è poi seguita la direttiva comunitaria 2004/72/CE, la quale disciplina le modalità di esecuzione della MAD. Gli aspetti su cui si focalizza sono principalmente le prassi di mercato ammesse, la definizione di informazioni privilegiate, l’istituzione di un registro delle persone aventi accesso a tali informazioni, la notifica delle operazioni effettuate da persone che esercitano responsabilità di direzione e la segnalazione di operazioni sospette. 175 Successivamente, nel 2011, è stata proposta una revisione della direttiva 2003/6/CE e sono state inserite ulteriori restrizioni: l’introduzione di sanzioni penali comuni per i Paesi membri dell’Unione Europea e l’aggiunta di un regolamento che comporta l’estensione della definizione di manipolazione del mercato ai prodotti derivati. Infatti, dopo l’introduzione della Markets in Financial Instruments Directive (MIFID), gli strumenti finanziari non vengono negoziati solo nelle borse ufficiali ma sempre più spesso sui multilateral trading facility (MTF) e sugli organised trading facilities (OTF) oppure sugli over the counter (OTC). Questi nuovi sistemi di negoziazione si sono rivelati più competitivi rispetto ai mercati regolamentati e hanno quindi 175
Tali informazioni sono tratte dal testo normativo disponibile come documento online al sito: http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2004:162:0070:0075:IT:PDF.
58
attirato l’interesse di molti investitori. L’aumento delle negoziazioni effettuate attraverso varie sedi ha reso più difficili i controlli su eventuali abusi di mercato. Di conseguenza, il legislatore sente l’esigenza di intervenire, estendendo il campo di applicazione della normativa a tutti gli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione su un MTF o un OTF e a quelli collegati OTC che possono avere un impatto sul mercato sottostante, per tutelare gli investitori e garantire l’integrità del mercato.176 Tuttavia, l’applicazione di queste nuove regole non è prevista prima del 2015, essendo ancora oggetto di discussione da parte del Parlamento Europeo e della Commissione Europea.177 L’implementazione della MAD è avvenuta in tempi ravvicinati nei diversi Paesi dell’Unione Europea considerati nell’analisi empirica. In particolare, l’Italia ha recepito la direttiva del 2003, attraverso la legge 66/2005, riformando la materia relativa agli abusi di mercato precedentemente regolata dal TUF, come già descritto nel secondo capitolo. In Francia, l’implementazione è avvenuta attraverso il regolamento generale, soprattutto il “livre VIAbus de marché : Opérations d'initiés et manipulations de marché”, introdotto dall’AMF nel 2004. In Germania, nello stesso anno, è stato approvato un atto per migliorare la protezione degli investitori, Anlegerschutzverbesserungsgesetz (AnSVG). Infine, in Spagna, prima ancora dell’introduzione della MAD, il regime legale nei confronti del fenomeno dell’insider trading era già avanzato rispetto agli altri Paesi europei. Questa situazione è il risultato dell’approvazione dell’Atto 44/2002, il quale tenta di incrementare la fiducia degli investitori, assicurando una maggiore integrità di mercato. L’esistenza di tale normativa all’avanguardia ha permesso di facilitare il recepimento della MAD, avvenuto attraverso l’emanazione del Royal Decree 1333/2005.178 Il regime restrittivo, adottato dai Paesi presi in esame, può trovare conferma nel valore attribuito alle variabili legate all’enforcement proposte nel paper di Beny (2005): in particolare, la variabile aggregata, IT Law, la quale può assumere un range di valori da 0 (regime lassista) a 4 (regime molto restrittivo), oggi è pari a 4. Infatti l’abuso di informazioni privilegiate è ritenuto un reato, le sanzioni applicate sono più severe, è condannata la condotta di tipping e sono imposti divieti severi anche ai tippees. Quindi se il regime negli anni 2012 e 2013 risulta così restrittivo, seguendo le tre ipotesi 176
Tali informazioni sono tratte dalla proposta di regolamento disponibile come documento online al sito: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0651:FIN:it:PDF. 177 Tali informazioni sono tratte dal sito internet: http://www.lseg.com/markets-products-and-services/post-tradeservices/unavista/regulation/market-abuse-directive-mad-ii 178 Welch et al. (2005): articolo online disponibile al sito internet: http://www.cityoflondon.gov.uk/business/economic-research-and-information/researchpublications/Documents/20072000/Comparative%20Implementation%20of%20EU%20Directives%20I_Insider%20Dealing%20and%20Mark et%20Abuse.pdf
59
dimostrate nel paper di Beny (2005), si dovrebbe registrare: 1. un aumento dell’ownership dispersion e dunque una diminuzione della concentrazione della proprietà; 2. un aumento della stock price informativeness e quindi una diminuzione della stock price synchronicity. Infatti una misura inferiore di synchronicity, indica la presenza di prezzi dei titoli più informativi; 3. un aumento dello stock market turnover, ossia della liquidità di mercato. A questo punto, calcolando i valori delle variabili per gli anni 2012-2013 si tenta di capire se tali ipotesi siano verificate per tutti e quattro i Paesi oppure se si verifichino delle discordanze, per cui alcuni Paesi risultano in linea con le ipotesi ed altri no. In quest’ultimo caso, si tenta di individuare quali possono essere i motivi di tali differenze tra Paesi europei, che applicano la stessa legislazione, almeno in linea generale, e per i quali ci si aspetterebbe una conferma delle ipotesi iniziali. Nella costruzione del modello sono considerate quattro tipologie di variabili: le variabili dipendenti, le variabili relative alla legislazione sull'insider trading, le variabili sull'enforcement ed, infine, le variabili di controllo. Le tre ipotesi da verificare richiedono il calcolo di tre variabili dipendenti relative all’ownership dispersion, alla stock price informativeness e alla stock market liquidity. In primis, è stata calcolata la misura della dispersione della proprietà: essa è posta uguale a uno meno la misura della concentrazione della proprietà, la cui modalità di calcolo è stata ripresa dal lavoro di La Porta et al. (1998). Tali autori hanno definito la concentrazione della proprietà come la concentrazione media della proprietà dei tre maggiori azionisti delle più “grandi”, in termini di capitalizzazione di mercato, società “domestiche” (non detenute da multinazionali straniere), non afferenti al settore finanziario (vengono pertanto escluse banche e compagnie di assicurazioni), totalmente private (si escludono le società di proprietà dello Stato), le cui azioni vengono scambiate pubblicamente. Nella presente analisi, per il calcolo di tale variabile per l’Italia, si considera come campione l’insieme delle società maggiormente capitalizzate appartenenti al FTSE MIB (Financial Times Stock Exchange Milano Indice di Borsa), le quali rispecchiano le caratteristiche sopra enunciate. A tal proposito, in questa sede si è assunto di analizzare le società che hanno una percentuale di azioni detenute da investitori stranieri inferiore al 7%, al fine di evitare un eccessivo restringimento del campione. Per determinare la misura della concentrazione della 60
proprietà si calcola, prima di tutto, la media della percentuale di azioni detenute dai tre maggiori azionisti per ciascuna delle dieci società selezionate; quindi si determina la media dei valori medi ottenuti. Non si corregge tale misura, tenendo conto della possibilità che i maggiori azionisti siano associati uno con l’altro oppure che la società stessa sia proprietaria delle azioni dei suoi azionisti. Tali correzioni, infatti, comporterebbero una riduzione della misura della concentrazione della proprietà.179 La variabile relativa alla dispersione della proprietà sarà uguale alla differenza tra uno e la media finale. Per la Francia, si procede in modo analogo, considerando come campione l’insieme delle società maggiormente capitalizzate appartenenti al CAC 40 (Cotation Assistée en Continu). Per la Germania, si considera come campione l’insieme delle società maggiormente capitalizzate appartenenti al DAX30 (Deutsche Aktienindex 30, in precedenza Deutscher Aktien-Index 30), che è il segmento della Borsa di Francoforte contenente i 30 titoli a maggiore capitalizzazione. Per la Spagna, invece, il campione scelto è l’IBEX 35, un indice della Borsa di Madrid, comprendente i 35 titoli a maggiore capitalizzazione. All’interno di questi due campioni vengono scelte le 10 società maggiormente capitalizzate, non afferenti al settore finanziario, totalmente private (si escludono le società di proprietà dello Stato), la cui percentuale di azioni detenute da investitori stranieri sia inferiore al 9,5%.180 La seconda variabile dipendente è quella legata all’informatività dei prezzi dei titoli (stock price informativeness), la quale viene calcolata utilizzando una misura di sincronicità dei prezzi dei titoli, seguendo la formula tratta dal lavoro di Morck et al. (2000). Nel dettaglio, tale variabile viene calcolata come la frazione di titoli quotati che si muovono nella stessa direzione in un Paese j,
In tale equazione, nupjt è il numero di titoli, i cui prezzi aumentano nel periodo t, n down jt è il numero di titoli, i cui prezzi diminuiscono, e T corrisponde al numero di periodi utilizzati. Si tralasciano i titoli, i cui prezzi non subiscono variazioni, al fine di evitare errori dovuti al nontrading. I valori di fj devono essere compresi tra 0,5 e 1. “Greater synchronicity (comovement) of stock returns implies that a larger proportion of 179
La Porta et al. (1998): p. 1146. Per la Germania e la Spagna è stata scelta una percentuale inferiore al 9,5% e non al 7%, come per l’Italia e la Francia, per evitare un eccessivo restringimento del campione. Se si considerava una percentuale inferiore al 7%, non si riuscivano ad avere a disposizione le 10 aziende, aventi le caratteristiche illustrate, su cui calcolare i valori medi per determinare l’ownership dispersion. 180
61
stock return variation is explained by market-wide than by firm-specific factors, suggesting that stock prices are less informative”.181 Nel presente lavoro, per l’Italia, si considerano i titoli componenti l’indice FTSE MIB e i relativi prezzi giornalieri di chiusura; invece, per la Francia, si esaminano i componenti dell’indice CAC 40 e i relativi prezzi giornalieri di chiusura. Per la Germania si considerano i titoli componenti l’indice DAX 30 e i relativi prezzi giornalieri di chiusura; per la Spagna, si esaminano i componenti dell’indice IBEX 35 e i relativi prezzi giornalieri di chiusura. Per tutti i Paesi, si considera come T la settimana che va dal 21 al 25 ottobre 2013. La terza ed ultima variabile dipendente è quella relativa alla liquidità dei titoli di mercato: una misura comunemente utilizzata, per il calcolo della liquidità, è lo stock market turnover, il quale è uguale al rapporto tra il valore totale delle azioni scambiate e la capitalizzazione media di mercato. Quest’ultima viene calcolata come media dei valori che si hanno alla fine dell’anno corrente e dell’anno precedente. I termini del rapporto sono relativi all’anno 2012 e vengono riportati nella Tabella 3.2. La World Bank fornisce il valore di tale variabile: per l’Italia vale 166,6%, per la Francia 66,4%, per la Germania vale 91,8% ed, infine, per la Spagna 106,3%182. Tabella 3.2- Dati utilizzati per la determinazione delle variabili dipendenti.
Paese
Dispersione della proprietà Informatività dei prezzi
Liquidità di mercato
Italia
0,83
0,79
1,67
Francia
0,91
0,64
0,66
Germania
0,84
0,56
0,92
Spagna
0,87
0,82
1,06
Fonte: elaborazioni personali su dati World Bank.
Le variabili relative alla legislazione sull'insider trading riguardano quattro elementi considerati maggiormente significativi. Tra gli aspetti presi in esame, non vi è la pricesensitivity (materiality), poiché gli standards per definirla non sono omogenei tra Paesi ma dipendono da fattori specifici di ogni singola società.183 Il primo elemento è il Tipping, il quale è uguale a 1 se per i corporate insiders esiste il divieto di tipping, che consiste nella 181
Beny (2005): p. 6. Le informazioni sono state tratte dalla World Bank e sono disponibili al sito internet: http://data.worldbank.org/indicator/CM.MKT.TRNR/countries?order=wbapi_data_value_2012+wbapi_data_val ue+wbapi_data_value-last&sort=desc 183 Beny (2005): p. 7. 182
62
rivelazione agli outsiders di informazioni non pubbliche e/o nell’incoraggiamento nell'effettuare scambi sulla base di tali informazioni per ottenere un profitto personale; altrimenti è uguale a 0. Esaminando l’Italia, alla variabile Tipping è stato attribuito il valore 1: infatti la legge 62/2005, riprendendo fedelmente la direttiva 2003/6/CE, annovera tra le fattispecie sanzionabili sia la comunicazione dell'informazione privilegiata a terzi senza giustificato motivo, sia il consiglio, dato sulla base di questa, di compiere operazioni su strumenti finanziari, seppur non svelando l'informazione su cui si fonda detto suggerimento.184 Per quanto concerne la Francia, il valore da assegnare alla variabile è sempre 1; a conferma di tale valore, il regolamento generale, valido nei mercati finanziari regolamentati, all'articolo 622-1 impone il divieto per gli initiés di “communiquer cette information à une autre personne en dehors du cadre normal de son travail, de sa profession ou de ses fonctions ou à des fins autres que celles à raison desquelles elle lui a été communiquée; recommander à une autre personne d'acquérir ou de céder, ou de faire acquérir ou céder par une autre personne, sur la base d'une information privilégiée, les instruments financiers auxquels (Arrêté du 14 juin 2012) «se rapporte» cette information ou les instruments financiers auxquels ces instruments sont liés".185 In Germania ed in Spagna il valore della variabile è 1 perché, anche in tali Paesi, è stata recepita la direttiva 2003/6/CE, la quale prevede il divieto di tipping. Il secondo elemento è il Tippee, il quale vale 1 se il divieto di scambiare sulla base delle informazioni privilegiate è esteso anche ai tippees; altrimenti è uguale a 0. Per l'Italia, tale variabile vale 1, poiché la legge 62/2005, a differenza di quanto previsto dalla disciplina previgente dettata dal TUF, impone anche per gli insiders secondari la punizione per tutte le condotte illecite previste, tra cui quindi anche il trading.186 Anche per la Francia, questa variabile assume il valore 1, poiché l'astensione dal trading è prevista per tutte le persone che vengono a conoscenza di un'informazione privilegiata.187 In Germania ed in Spagna il divieto in
esame
è
esteso
anche
ai
tippees
ed
è
previsto
rispettivamente
nel
Anlegerschutzverbesserungsgesetz (AnSVG) e nel Royal Decree 1333/2005. Il terzo elemento è la variabile Damages, la quale è uguale a 1 se le sanzioni monetarie previste per la violazione del divieto di insider trading sono potenzialmente superiori rispetto ai possibili profitti, che si possono conseguire; altrimenti è uguale a 0. Affinché la normativa 184
Quirici (2006): p. 121. Le informazioni sono tratte dall’AMF, Autorité des marchés financiers, e sono disponibili al sito internet: http://www.amf-france.org/ 186 Quirici (2006): p. 121. 187 Le informazioni sono tratte dall’AMF, Autorité des marchés financiers, e sono disponibili al sito internet: http://www.amf-france.org/ 185
63
sul fenomeno risulti efficace, i costi dovrebbero essere superiori ai benefici per i soggetti accusati di violazione. In Italia tale variabile vale 1 poiché, con la legge 62/2005, sono state inasprite le pene per le condotte criminose degli insiders primari punite, in tema di sanzioni monetarie, con una multa fino a tre milioni di euro; il giudice può decidere anche di aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato.188 In Francia la variabile assume lo stesso valore: “La stessa legislazione francese, che non ha mai conosciuto l’azione civile, affianca alle sanzioni penali (consistenti nella pena detentiva fino a 2 anni e in una multa fino a massimo 10 volte il profitto conseguito o, se inferiore, fino a 1.549.000 euro) diversi rimedi di carattere amministrativo, consistenti nella facoltà in capo alla Autoritè des Marchès Financiers (AMF) di disporre il divieto per gli insiders di esercitare la professione precedentemente svolta o di irrogare una sanzione pecuniaria pari a minimo 1.500.000 euro”.189 Anche in Germania ed in Spagna la variabile assume valore 1: la direttiva 2003/6/CE prevede che le sanzioni amministrative siano efficaci, proporzionate e dissuasive. Il quarto elemento è la variabile Criminal, la quale vale 1 se la violazione delle leggi sull'insider trading si configura come un potenziale reato penale; altrimenti vale 0. In tutti e quattro i Paesi, l'insider trading è ritenuto un reato penale, infatti viene punito con sanzioni penali quali la detenzione, oltre alle ammende da pagare. In particolare, in Italia è prevista la reclusione da uno a sei anni, mentre in Francia la pena detentiva è pari a due anni. A partire da questi quattro elementi, vengono calcolati due sub-indici, che rappresentano due dimensioni caratterizzanti la proibizione del fenomeno dell'insider trading in ciascun Paese: Scope delle condotte vietate, il quale è pari alla somma di Tipping e Tippee, e Sanctions per averle violate, il quale è pari alla somma di Damages e Criminal ed è ritenuto un proxy per il costo atteso per la violazione delle leggi sull'insider trading vigenti nel Paese considerato. 190 Tali sub-indici sono calcolati per evidenziare due aspetti in particolare: la normativa risulta essere maggiormente proibitiva, se il divieto riguarda sia il trading sia il tipping e se il divieto di trading è imposto anche ai tippees; supponendo costanti i benefici derivanti dalla violazione della normativa, maggiori sono i costi attesi, maggiore sarà l'effetto deterrente della legge.191 Infine, è stato costruito un indice aggregato, IT Law, pari alla somma dei quattro elementi precedentemente elencati oppure equivalente alla somma dei due sub-indici 188
Le informazioni sono tratte da Borsa italiana e sono disponibili al sito internet: http://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/insidertrading.htm 189 Le informazioni sono tratte dal sito internet: http://www.reatisocietari.it/index.php/notizie/163-la-disciplinadellinsider-trading-i#sthash.YTYkMfUW.dpuf 190 Beny (2005): p. 8. 191 Ibidem.
64
sopra citati. IT Law può assumere un range di valori compreso tra 0 e 4: se è uguale a 0 il regime legale del Paese sull'insider trading è molto lassista, mentre se vale 4 è molto restrittivo. Nei Paesi considerati in quest'analisi il regime sull'insider trading, da un punto di vista normativo, è molto repressivo nei confronti del fenomeno. Tuttavia, non è necessario solo promulgare leggi proibitive, ma il loro effetto deterrente riguarda anche la loro applicazione e quindi i poteri attribuiti alle autorità predisposte al controllo dei mercati finanziari. È proprio per questo motivo, che nella costruzione del modello sono state introdotte anche delle variabili relative all'enforcement: enforcement attuale (o passato) e i poteri legati all'enforcement, sia pubblici sia privati (Tabella 3.3).192 Tabella 3.3- Dati per la determinazione delle variabili relative alla normativa sull’insider trading.
Paese
Tipping
Tippee
Damages
Criminal
Scope
Sanction
IT Law
Italia
1
1
1
1
2
2
4
Francia
1
1
1
1
2
2
4
Germania
1
1
1
1
2
2
4
Spagna
1
1
1
1
2
2
4
Fonte: elaborazioni personali.
Per l'enforcement attuale sono utilizzate le informazioni, relative all'anno di applicazione per la prima volta delle leggi sull'insider trading nei Paesi considerati, presenti nel lavoro di Zhang, I. e Zhang, Y. (2012). La variabile utilizzata, a tal fine, è Enforced by 2005, la quale sarà uguale a 1 se le leggi sull'insider trading nel Paese in esame sono state applicate per la prima volta entro la fine dell'anno 2005; altrimenti vale 0. Per tutti i Paesi considerati questa variabile assume il valore di 1, in quanto gli anni della prima applicazione della normativa corrispondono all’anno 1996 per l’Italia, all’anno 1975 per la Francia, all’anno 1995 per la Germania e all’anno 1998 per la Spagna. La Francia si è rivelata quindi un Paese maggiormente precoce, da questo punto di vista, rispetto agli altri Paesi: infatti, già negli anni Settanta, a norma della loi 69-12 del 6 gennaio 1969, il deposito obbligatorio delle azioni degli initiés o la loro nominatività ha offerto la possibilità alla COB di esercitare un maggiore controllo sui titoli e di intervenire nel caso di sfruttamento di informazioni privilegiate. Per il potere legato all'applicazione della normativa sull'insider trading, si considerano due differenti misure: public enforcement power e private enforcement power. Al fine di costruire 192
Beny (2005): p. 9.
65
la prima variabile, ripresa dal lavoro di La Porta et al. (2003), si considera la media aritmetica di due indici, uno facente riferimento alle caratteristiche del Supervisore del mercato finanziario e l'altro relativo ai poteri investigativi che gli sono attribuiti. Il primo indice è calcolato come media aritmetica di quattro componenti:
la nomina: è uguale a 1 se la maggioranza dei membri del Supervisore sono nominati unilateralmente dal ramo esecutivo del governo; altrimenti è uguale a 0. In Italia la nomina assume il valore di 1: la Commissione è un organo collegiale composto da un presidente e da membri, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.193 In Francia, l'AMF, l'autorità corrispondente della Consob, è diretta da un Presidente, nominato dal Presidente della Repubblica, e da un commissaire du gouvernement, designato dal ministro dell'economia in carica.194 In Spagna, la CNMV (Comisión Nacional del Mercado de Valores) è governata da un Board, in cui diversi membri sono nominati dal ministro dell’economia. In Germania tale variabile vale 1: “The members of the Executive Board shall have special professional qualifications and shall be appointed by the Federal President based on a proposal brought forward by the Federal Government”.195
Il mandato: è uguale a 1 se la maggioranza dei membri del Supervisore possono essere licenziati, a seconda della volontà dell'autorità che li nomina; altrimenti è uguale a 0. In Italia, tale componente vale 0, in quanto i membri della Consob, con la legge 31 del 28 febbraio 2008, hanno una carica fissata in 7 anni, senza possibilità di licenziamento da parte dell'autorità che li ha nominati.196 Anche in Francia vale 0, infatti il Presidente viene nominato con un mandato non revocabile di 5 anni.197 Lo stesso vale per la Spagna: la carica dei membri del Board dura 4 anni, trascorsi i quali, essi possono essere rinominati ancora una volta. In Germania, invece, vale 1 perché il Presidente federale può licenziare un membro del Board per una giusta causa su sua richiesta
193
Le informazioni sono state tratte dal sito ufficiale della Consob: http://www.consob.it/main/consob/Chi_e/commissione/commissione.html?symblink=/main/consob/Chi_e/comm issione/index.html 194 Le informazioni sono tratte dal sito internet: http://fr.wikipedia.org/wiki/Autorit%C3%A9_des_march%C3%A9s_financiers_%28France%29 195 Le informazioni sono tratte dal sito ufficiale della Bafin: http://www.bafin.de/SharedDocs/Aufsichtsrecht/EN/Gesetz/findag_en.html?nn=2821360#doc2684274bodyText 12 196 Le informazioni sono tratte dal sito internet: http://it.wikipedia.org/wiki/Commissione_nazionale_per_le_societ%C3%A0_e_la_Borsa 197 Le informazioni sono tratte dal sito ufficiale dell’AMF: http://www.amf-france.org/LAMF/College/Presentation.html?#title_paragraph_1
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oppure sulla base di una decisione del Governo federale.198
Il focus: è uguale a 1 se le agenzie governative indipendenti o le autorità ufficiali hanno la responsabilità di sovrintendere alle banche commerciali e alle borse ufficiali; altrimenti è uguale a 0. Tale componente vale 1 per tutti i Paesi considerati in quanto le corrispondenti autorità di vigilanza hanno il compito di sovrintendere ai mercati finanziari.
Le regole: è uguale a 1 se il Supervisore può pubblicare le normative sull'IPO 199 e sulle regole della quotazione nelle borse ufficiali, senza la precedente approvazione di altre autorità governative; a ½ se la pubblicazione può avvenire solo se precedentemente il Supervisore ha ottenuto l'approvazione di altre autorità governative.; altrimenti vale 0. In Italia, tale componente vale 1: la Consob può emettere regolamenti senza il bisogno dell'approvazione di altre autorità governative. I regolamenti sono, in genere, attuativi di una direttiva, di una legge o di un decreto legislativo; in quest'ultimo caso, è chiaro che ci sia un'implicita approvazione da parte del governo, poiché il decreto legislativo è un atto normativo avente forza di legge emanato dal potere esecutivo. Anche in Francia vale 1, in quanto non si parla di necessità di approvazione: “l’Autorité des marchés financiers édicte des règles”.200 Lo stesso vale per la Spagna. In Germania, invece, l’autorità di vigilanza, BaFin (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht) è soggetta ad una supervisione sia legale sia tecnica da parte del Ministro Federale della Finanza e quindi tale componente vale ½.201
Il secondo indice, che fa riferimento ai poteri investigativi del Supervisore, è calcolato come media aritmetica di due fattori:
il documento: si tratta di un indice del potere del Supervisore sul controllo dei documenti, quando compie delle indagini relativamente ad una violazione delle leggi sui titoli. Esso vale 1 se il Supervisore può emettere un ordinamento amministrativo, il quale prevede una modifica di tali documenti, rivolto a tutte le persone; vale ½ se il
198
Le informazioni sono tratte dal sito ufficiale della BaFin: http://www.bafin.de/SharedDocs/Aufsichtsrecht/EN/Gesetz/findag_en.html?nn=2821360#doc2684274bodyText 12 199 Initial public offering (IPO). 200 Le informazioni sono state tratte dal sito ufficiale dell’AMF: http://www.amf-france.org/L-AMF/Missions-etcompetences/Presentation.html 201 Le informazioni sono tratte dal sito ufficiale della BaFin: http://www.bafin.de/SharedDocs/Aufsichtsrecht/EN/Gesetz/findag_en.html?nn=2821360#doc2684274bodyText 5
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Supervisore può emettere l'ordinamento solo nei confronti delle società quotate e/o dei loro dirigenti; altrimenti è uguale a 0. In Italia, in Francia e in Spagna gli ordinamenti amministrativi possono essere emessi solo nei confronti delle società quotate, essendo la Consob, la Cob e la Cnmv enti regolatori dei mercati finanziari e delle società quotate e quindi l'indice vale ½. In Germania, invece, tale indice vale 1 perché la BaFin si occupa sia di supervisione bancaria, sia di supervisione dei sistemi assicurativi, sia di supervisione dei mercati azionari.
Il testimone: è un indice che riguarda il potere del Supervisore di citare i testimoni, quando è in corso un'indagine per violazione delle leggi sui titoli. È uguale a 1 se il Supervisore può citare tutte le persone affinché testimonino; ½ se il Supervisore, invece, può citare solo i dirigenti delle società quotate; altrimenti vale 0. Per lo stesso motivo enunciato per la variabile precedente, l'indice vale ½ per Italia, Francia e Spagna e 1 per la Germania.
Per costruire la seconda variabile, Private enforcement power, ripresa anch’essa dal lavoro di La Porta et al. (2003), sono necessarie due misure: Private Right ed Efficiency of the Judiciary. Tale variabile sarà uguale al prodotto tra queste due misure. La misura Private Right è uguale a 1 se i privati possono intraprendere una causa legale contro i soggetti che hanno violato la normativa sull'insider trading vigente nel Paese; altrimenti è uguale a 0. Teoricamente il fatto che possa essere riconosciuto ai privati tale diritto dovrebbe incrementare gli incentivi degli investitori ad applicare le leggi sull'insider trading, indipendentemente da ogni possibile azione intrapresa dagli enti regolatori. 202 A tale misura è stato deciso di attribuire, per tutti i Paesi considerati, il valore di ½, in quanto la possibilità di intraprendere una causa legale contro i trasgressori della normativa sul fenomeno esiste in linea teorica, ma si rivela difficilmente applicabile nei casi concreti e quindi non di consueto utilizzo. La misura Efficiency of the Judiciary è relativa all'efficienza e all'integrità del sistema giudiziario e deve espressa in una scala di valori che va da 0 a 10. A tal fine è stato utilizzato un particolare indice, FB-Index 2012, il quale compara l'efficienza di 42 sistemi giudiziari europei, utilizzando dati della World Bank e dei Cepej reports. Tale indice è calcolato come media aritmetica dei risultati ottenuti da ogni sistema giudiziario in 14 indicatori selezionati
202
Beny (2005): p. 10.
68
tra quelli utilizzati dalla World Bank e dal Cepej.203 Per l'Italia, FB-Index 2012 è pari a 45,1 e per la Spagna vale 27,1 e, rapportato in una scala da 1 a 10, risulta uguale rispettivamente a 4,1 e a 2,5; questi risultati suggeriscono la percezione di una bassa qualità dell'efficienza del sistema giudiziario italiano e spagnolo. Per la Francia e la Germania, invece, esso vale rispettivamente 83,3 e 75,3 e, rapportato in una scala da 1 a 10, risultano uguale a 7,6 e a 6,8; la Francia e la Germania si collocano in una buona posizione, se confrontate con gli altri Paesi europei (Tabella 3.4). Tabella 3.4- Dati per la determinazione delle variabili relative all’applicazione della normativa sull’insider trading.
Paese
Enforced by 2005
Public Enforcement Power
Private Enforcement Power
Italia
1
0,625
2,05
Francia
1
0,625
3,8
Germania
1
0,94
3,4
Spagna
1
0,625
1,25
Fonte: elaborazioni personali.
Le ultime variabili considerate sono quelle di controllo, le quali sono utilizzate per isolare la relazione tra la regolamentazione dell'insider trading e le variabili dipendenti. Esse fanno riferimento a fattori attinenti alla struttura del mercato finanziario e alla sua performance.204 Le prime due variabili di controllo sono associate al Gross Domestic Product (GDP). Dato che lo sviluppo economico è per lo più associato ad un maggior sviluppo del mercato finanziario, con migliori istituzioni e con più marcate capacità di enforcement, si considera il logaritmo del GDP per capita dell’anno 2012. Poi, visto che la liquidità del mercato è legata positivamente alla crescita economica, si prende in considerazione anche la crescita media annuale del GDP calcolata nel periodo di tempo dal 2008 al 2012. In Italia, il logaritmo del GDP per capita per l’anno 2012 è pari a 4,52, in Francia è pari a 4,6, in Germania a 4,62 ed, infine in Spagna a 4,46. In tutti i Paesi si registra una decrescita del GDP per capita: in Italia
203
Bartolomeo (2012): articolo online disponibile al sito internet: http://webstat.giustizia.it/AreaPubblica/Analisi%20e%20ricerche/Studio%20FB%20%20Index%202012%20%28ITA%20-%20v%202%29.pdf 204 Beny (2005): p. 10.
69
pari a -0,036, in Francia a –0,023, in Germania a -0,013 e in Spagna a -0,042.205 La terza variabile, Anti-director Rights, riguarda i diritti degli azionisti di minoranza; essa viene creata aggiungendo 1, se la normativa prevede una serie di condizioni:
gli azionisti possono inviare via mail i loro voti. In Italia, tale condizione è riconosciuta nell'ultimo comma dell'articolo 2370 del c.c., dove si parla di espressione del voto per corrispondenza e si può immaginare la trasmissione via internet come una forma di corrispondenza.206 In Francia, la legge del 15 maggio 2001 ha introdotto la possibilità di usufruire del voto elettronico nelle assemblee degli azionisti. Anche in Germania e in Spagna è possibile usufruire del voto via mail.
La legge non richiede agli azionisti il deposito delle azioni prima dell'assemblea. In Italia, con l'abrogazione dell'articolo 4 della legge n. 1745 del 1962, non vi è l'obbligo di depositare le azioni cinque giorni prima dell'assemblea, offrendo così l'opportunità agli azionisti di poter operare nel mercato, negoziando i titoli anche a ridosso dell'assemblea. Anche negli altri Paesi non è previsto il deposito delle azioni.
La legge permette il cumulative voting207. L'ordinamento italiano prevede questo sistema di voto.208 Lo stesso si può dire dell’ordinamento francese: esso contempla l’esistenza del cumulative voting come meccanismo che favorisce la manifestazione della volontà degli azionisti di minoranza nel consiglio d’amministrazione. 209Il cumulative voting è previsto anche in Germania e in Spagna.
Esiste un meccanismo che consenta agli azionisti di minoranza di intraprendere un'azione legale contro i dirigenti. In Italia, in Francia ed in Spagna il funzionamento dell'assemblea è retto dal principio di maggioranza, in virtù del quale la volontà dei più esprime la volontà sociale e, come tale, s'impone alla minoranza dissenziente. In Germania, invece, i tribunali prevedono due sistemi, i quali consentono la protezione degli azionisti minoritari: il ritiro dalla società ed il riconoscimento dei propri diritti (Austritt) e l’espulsione di un altro azionista dalla società (Ausschlissung).
205
I dati del GDP per capita sono tratti dalla World Bank e sono disponibili al sito internet: http://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.PCAP.CD/countries?order=wbapi_data_value_2012+wbapi_data_ value+wbapi_data_value-last&sort=asc 206 Ioli (2008): p. 4. 207 Il cumulative voting è un sistema, grazie al quale, ogni azionista o gruppo di azionisti, che supera una certa soglia critica, ha diritto di eleggere un amministratore. Tale sistema permette di assicurare la presenza di componenti di minoranza nell'organo amministrativo. 208 Civerra (2010): p. 86. 209 OECD (2011): p. 135.
70
La percentuale minima di azioni, che permetta ad un azionista di richiedere un'assemblea straordinaria, è inferiore o uguale al 10% delle azioni, che costituiscono il flottante. In Italia, tale condizione è prevista dall'articolo 2367 del c.c. e in Francia dall'articolo L223-27 del Code du commerce. Anche in Germania è prevista la stessa condizione. In Spagna un’assemblea straordinaria può essere richiesta dagli azionisti che detengono almeno il 5% delle azioni della società.
Nel complesso la variabile in esame può quindi assumere un valore da 0 a 5, dove i due estremi indicano rispettivamente una bassa protezione degli investitori ed una significativa protezione degli investitori. La quarta variabile è quella relativa all’origine legale ed è ripresa dal lavoro di La Porta et al. (1998): è uguale a 1 se l'origine del Paese è English common law, 2 se l'origine è French commercial code, 3 se l'origine è German commercial code e 4 se l'origine è Scandinavian civil law. Per Italia, Francia e Spagna tale variabile vale 2, mentre per la Germania vale 3. Un'ulteriore variabile è relativa alla divulgazione, Disclosure, e viene calcolata come media aritmetica di sei indici separati relativi alle informazioni che le società debbono includere nei prospetti informativi:
la retribuzione è un indice che riguarda la rivelazione della compensazione spettante ai dirigenti e ai principali amministratori nel prospetto informativo. Esso vale 1 se la legge o le regole sulla quotazione in borsa richiedono che la remunerazione di ogni dirigente e di ogni amministratore sia riportata nel prospetto informativo di ogni nuova società quotata; vale ½ se è richiesta solo la rivelazione della compensazione aggregata dei dirigenti e degli amministratori principali; se invece non è richiesto di rivelare il compenso, sarà uguale a 0. In Italia, il regolamento Consob 11971/99 prevede che nel prospetto informativo debbano essere indicate le singole remunerazioni del Consiglio di Amministrazione, del Collegio Sindacale e dei principali dirigenti e, di conseguenza, l’indice assume valore 1. Anche in Francia assume lo stesso valore; infatti, il document de reference, che è uno dei documenti richiesti per l’elaborazione del prospetto informativo, impone che vengano indicate le remunerazioni dei singoli dirigenti.210 In Germania e in Spagna si richiede che vengano esplicitate le compensazioni dei dirigenti e dei principali amministratori nel prospetto informativo.
210
AMF (2012): documento online.
71
Gli azionisti è un indice relativo alla necessità di divulgare la composizione della struttura proprietaria dell’emittente nel prospetto informativo. Esso vale 1 se la legge oppure le regole sulla quotazione in borsa impongono la rivelazione del nome e della partecipazione azionaria di ciascun azionista, il quale direttamente o indirettamente controlla il 10% o più dei titoli con diritto di voto dell’emittente; vale ½ se tali obblighi non sono estesi alla proprietà indiretta oppure se deve essere rivelata solo la proprietà aggregata; se, invece, non c’è alcun obbligo di rivelazione, in riferimento all’argomento, è pari a 0. In Italia, tale indice assume valore 1, poiché il regolamento Consob 11971/99 prevede che siano presenti le informazioni sopra citate per ogni azionista. Anche negli altri Paesi, tale indice assume lo stesso valore.
La proprietà dei dirigenti e degli amministratori è un indice che riguarda gli obblighi di rivelare le azioni dell’emittente di proprietà dei dirigenti e degli amministratori principali. Esso vale 1 se la legge oppure le regole sulla quotazione in borsa richiedono che venga rivelata la proprietà delle azioni dell’emittente da ciascuno dei suoi dirigenti e dei suoi amministratori; vale ½ se deve essere rivelato solo il numero aggregato delle azioni detenute dai dirigenti e dagli amministratori principali; se, invece, tale informazione non deve essere divulgata, vale 0. In tutti i Paesi in esame, sulla base di quanto dichiarato per il primo indice, tale misura vale 1.
I contratti irregolari è un indice relativo alla divulgazione dei contratti dell’emittente, i quali non rientrano nel corso ordinario del business, nel prospetto informativo. Esso vale 1 se la legge oppure le regole sulla quotazione in borsa richiedono la rivelazione dei termini dei contratti sopra citati; vale ½ se la divulgazione è limitata solo ad alcuni dei contratti; altrimenti è uguale a 0. In tutti i Paesi considerati tale misura vale ½.
Le transazioni è un indice, il quale concerne la divulgazione delle transazioni tra l’emittente e i suoi dirigenti, amministratori e/o maggiori azionisti (related parties), nel prospetto informativo. Esso è uguale a 1 se la legge oppure le regole sulla quotazione in borsa impongono che tutte le transazioni tra l’emittente e le related parties debbano essere rivelate; è uguale a ½ se è necessaria la divulgazione solo di alcune di queste transazioni; se, invece, nessuna di tali transazioni deve essere divulgata, vale 0. In tutti i Paesi considerati, tale misura assume il valore 1 poiché i corrispondenti ordinamenti si sono conformati al Regolamento (CE) 809/2004 del 29 Aprile 2004, riguardante le informazioni da inserire nel prospetto.
Nel condurre l'analisi empirica per gli anni 2012 e 2013, non viene considerato, tra le 72
variabili di controllo, l’indice Accounting relativo alla qualità degli accounting standards, poiché a partire dal 2005 alla gran parte delle imprese europee, comprese quelle italiane, francesi, tedesche e spagnole è stato richiesto dall'Unione Europea di adottare gli International Financial Accounting Standards (IFRS). L'adozione degli IFRS è associata ad una migliore qualità dei reports e ad una minore asimmetria informativa.211 Tabella 3.5- Dati per la determinazione delle variabili di controllo.
Paese
Log GDP GDP Growth Anti-director Rights
Legal Origin Disclosure
Italia
4,52
-0,036
4
2
0,9
Francia
4,60
–0,023
4
2
0,9
Germania
4,62
-0,013
5
3
0,9
Spagna
4,46
-0,042
4
2
0,9
Fonte: elaborazioni personali.
3.3 Analisi dei risultati Ownership dispersion Per quanto concerne i risultati ottenuti, si può affermare che la misura della dispersione della proprietà è risultata maggiore, anche se non di molto, in Francia rispetto all’Italia: in Francia è pari al 90,9%, mentre in Italia è uguale all’82,8%. In Germania tale misura è uguale all’84% e in Spagna all’87%. Per tutti i Paesi europei considerati, vi è un aumento significativo dell’ownership dispersion rispetto all’anno 1995 (grafico 3.1). Questo risultato conferma la prima ipotesi: un aumento delle restrizioni per il fenomeno dell’insider trading nei Paesi europei è associato ad un incremento della misura della dispersione della proprietà, almeno sulla base della formula utilizzata per il calcolo e proposta nel lavoro di La Porta et al. (1998).
211
Zhang I. e Zhang Y. (2012): p. 19.
73
Grafico 3.1- Variazione della ownership dispersion tra il 1995 ed il 2013.
Fonte: elaborazioni personali sulla base dei dati di La Porta et al. (1998) per l’anno 1995 e dei dati ricavati dai siti internet ufficiali delle Borse dei Paesi considerati per l’anno 2013.
Stock Price Informativeness I risultati ottenuti fanno trasparire una maggiore misura della sincronicità dei prezzi dei titoli in Italia rispetto alla Francia, anche se il divario non è eccessivo: infatti, in Italia la misura è pari a 0,79, mentre in Francia vale 0,64. Di conseguenza, sulla base di questi risultati, in Italia i prezzi dei titoli risultano leggermente meno informative rispetto ai prezzi dei titoli francesi. I valori ottenuti per Germania e Spagna, in riferimento all’anno 2013, sono, invece, rispettivamente pari a 0,56 e a 0,817. Se si confronta la misura della stock price synchronicity del 1995 con quella del 2013 per tutti i Paesi esaminati, si nota che tra di essi vi è una divergenza: la seconda ipotesi viene confermata per la Francia e la Germania, e invece, smentita per l’Italia e la Spagna. In particolare, a fronte dell’imposizione di leggi più restrittive sul fenomeno dell’insider trading, in Francia ed in Germania si è registrata una diminuzione della synchronicity e quindi i prezzi dei titoli sono diventati più informativi, mentre in Italia ed in Spagna si è registrato un incremento della synchronicity, e quindi i prezzi sono diventati meno informativi, come si può vedere dal grafico 3.2.
74
Grafico 3.2: Variazione della stock price synchronicity tra il 1995 ed il 2013.
Fonte: elaborazioni personali sulla base dei dati ripresi dal paper di Morck et al (2000) per l’anno 1995 e sulla base dei dati inerenti i prezzi giornalieri di chiusura tratti dalle Borse ufficiali dei Paesi esaminati per l’anno 2013.
A questo punto, diventa interessante tentare di identificare quali sono le motivazioni, che stanno alla base delle divergenze tra i Paesi europei presi in esame, per i quali ci si attendeva, in linea con la seconda ipotesi, una diminuzione della stock price synchronicity e quindi un aumento della stock price informativeness. Per studiare in maniera più approfondita gli effetti prodotti dall’aumento delle restrizioni sull’insider trading, è utile confrontare i valori della stock price synchronicity nell’anno precedente al recepimento della MAD e nell’anno immediatamente successivo alla sua introduzione per tutti i Paesi esaminati. Il metodo utilizzato per il calcolo della synchronicity rimane indifferenziato rispetto a quanto descritto per gli altri anni. Di conseguenza, per l’Italia e la Spagna si considerano gli anni 2004 e 2006, dato che la normativa è stata introdotta, come già spiegato, nel 2005. Dalla tabella 3.6 si evince che, dopo l’introduzione di una normativa maggiormente restrittiva, c’è stato un decremento della stock price synchronicity e quindi un aumento della stock price informativeness. Si può affermare che i risultati sono in linea con la seconda ipotesi, ossia che la normativa ha avuto un effetto positivo, cioè ha reso i prezzi più informative.
75
Tabella 3.6- Dati sulla stock price synchronicity negli anni 2004 e 2006 in Italia e in Spagna.
2004
2006
Italia
0,682
0,666
Spagna
0,710
0,638
Fonte: elaborazioni personali.
Per la Francia e la Germania, invece, si considerano gli anni 2003 e 2005, poiché il recepimento della MAD è avvenuto nel 2004. Dalla tabella 3.7, si evince che per la Germania si ha una riduzione della stock price synchronicity, mentre per la Francia si registra un aumento, anche se minimo, di tale misura. Di conseguenza, per la Germania la seconda ipotesi può essere confermata; altrettanto non si può dire per la Francia, che, invece, la smentisce. Tabella 3.7- Dati sulla stock price synchronicity negli anni 2003 e 2005 in Francia e in Germania.
2003
2005
Francia
0,694
0,707
Germania
0,771
0,753
Fonte: elaborazioni personali.
Al fine di trovare delle spiegazioni esaustive circa l’andamento della stock price informativeness, è utile fare una precisazione: la stock price synchronicity (co-movement) misura il grado con cui i prezzi dei titoli relativi a differenti società si muovono nella stessa direzione, ossia si registrano quasi tutti up oppure down. Tanto maggiore è la misura della synchronicity, tanto più i prezzi dei titoli quotati sono influenzati più da fattori di mercato che da fattori firm-specific, ossia legati alle dinamiche che coinvolgono le relative società; di conseguenza, in tal caso, i prezzi risultano essere meno informative.212 Infatti, se la synchronicity aumenta, la stock price informativeness diminuisce: affinché i prezzi siano forieri di informazioni, essi devono muoversi in direzioni diverse, registrando per alcuni titoli degli up e per altri dei down. In questo modo, anche il mercato finanziario raggiunge un maggiore livello di efficienza informativa. Nel periodo in cui le legislazioni nazionali dei Paesi europei considerati hanno recepito la MAD, è subentrato un altro importante fenomeno, che ha contribuito a valorizzare l’effetto 212
Beny (2005): p. 7.
76
positivo della normativa sulla stock price informativeness. Tale fenomeno riguarda l’adozione degli IFRS (International Financial Reporting Standards) precedentemente denominati IAS (International Accounting Standards). Dal 2005, infatti, tutte le società quotate dell’Unione Europea (comprese le banche e le imprese di assicurazione) devono redigere i loro bilanci, applicando i principi contabili internazionali IFRS. 213 La letteratura esistente al riguardo documenta che gli IFRS richiedono maggiori obblighi in termini di divulgazione e sono più esaurienti rispetto agli standards di contabilità nazionali. Tra i benefici derivanti dall’adozione degli IFRS, c’è la riduzione dell’asimmetria informativa e quindi gli investitori devono sostenere minori costi per ottenere le informazioni. Inoltre, la maggiore facilità in termini di comparabilità dell’informativa finanziaria tra società di Paesi diversi riduce la necessità di ulteriori aggiustamenti ai bilanci d’esercizio, costruiti utilizzando standards differenti; di conseguenza, vi è una diminuzione dei costi e un aumento della velocità con cui l’informazione viene trattata. “This potential decrease in the cost of private information should reduce comovement and increase stock price informativeness, consistent with the predictions of Grossman and Stiglitz (1980) and Veldkamp (2006). In addition, if IFRS adoption indeed improves the transparency of financial statements, this should also increase firm-specific return variation by reducing capture by insiders, consistent with the predictions of Jin and Myers (2006)”.214 Conseguentemente si può presumere che la diminuzione della stock price synchronicity sia dovuta a due fattori: l’introduzione di una normativa più restrittiva sul fenomeno dell’insider trading e l’imposizione inerente l’adozione degli IFRS nel 2005 nei Paesi europei considerati. L’unico dei quattro Paesi che sembra non confermare la seconda ipotesi è la Francia. A tal riguardo, è interessante evidenziare che, per il confronto pre e post normativa, per l’Italia e la Spagna sono stati considerati gli anni 2004 e 2006, anno in cui si suppone ci sia stata la completa ricezione della normativa degli IFRS e in cui si comincino a vedere i relativi effetti. Per la Germania e la Francia, invece, sono stati scelti gli anni 2003 e 2005. Quindi si può presupporre che in Francia la normativa relativa agli IFRS non fosse stata ancora applicata nella totalità dei casi nel 2005, anno della sua introduzione. Solo negli anni seguenti, probabilmente c’è stata una diminuzione della stock price synchronicity, determinata da due fattori: l’adozione della MAD e l’applicazione degli IFRS, i cui effetti si sono realizzati
213
Tali informazioni sono state tratte dal sito internet: http://europa.eu/legislation_summaries/internal_market/single_market_services/financial_services_general_fram ework/l26040_it.htm 214 Loureiro e Taboada (2012): p. 3.
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concretamente. In Germania, sebbene siano stati considerati gli stessi anni utilizzati per la Francia, c’è un elemento distintivo da sottolineare: in Germania il numero di imprese, che avevano adottato gli IFRS volontariamente prima dell’imposizione da parte dell’Unione Europea nel 2005, era notevole; su un totale di 346 imprese, 137 avevano già applicato volontariamente i principi internazionali. In Francia, tale elemento è molto più marginale: su un totale di 432 imprese, solo 27 avevano adottato, prima dell’imposizione, gli IFRS. 215 Questa particolarità contribuisce a spiegare perché in Germania, a differenza di quanto è accaduto in Francia, già nel 2005 si registri una riduzione della stock price synchronicity, ossia trovino manifestazione gli effetti positivi dell’introduzione della MAD e dell’adozione degli IFRS, che appunto era già diffusa. Inoltre, come evidenziato da Loureiro e Taboada (2012), l’adozione volontaria di tali principi è in grado di produrre un aumento maggiormente significativo della stock price informativeness rispetto all’adozione imposta. Concentrando ora l’attenzione sui risultati relativi alla stock price synchronicity nel 2012 per i Paesi presi in esame, si nota che in Italia ed in Spagna l’effetto positivo prodotto dall’introduzione di una normativa maggiormente restrittiva sembra essere svanito nel corso degli anni. La crisi finanziaria, derivante dal default di Lehman Brothers, che ha colpito con maggiore o minore intensità tutti i Paesi dell’Eurozona, è un fenomeno che può aver prodotto un effetto negativo tale da assorbire l’effetto positivo sulla stock price informativeness derivante, come già spiegato, dall’applicazione della MAD. Nel momento in cui la crisi è giunta anche in Europa, ci sarà stata una tendenza al movimento nella stessa direzione da parte di tutti i titoli quotati: l’effetto negativo della crisi è stato tale da comportare un crollo dei valori dei titoli quotati, i quali hanno assunto un’unica direzione e quindi si sono registrati quasi tutti down. Nel 2013 la stock price synchronicity risulta in crescita rispetto al 1995 in Italia ed in Spagna, ma non in Francia ed in Germania. Infatti, l’Italia e la Spagna sono stati due tra i Paesi più colpiti dalla crisi scoppiata nel 2007 e hanno affrontato un lungo periodo di recessione che sembra essere giunto al termine nel terzo trimestre del 2013 per la Spagna, mentre continua in Italia.216 Le prospettive di crescita per questi due Paesi rimangono piuttosto limitate: l’Eurostat prevede, per l’anno 2014, un tasso di crescita del GDP molto basso pari allo 0,5 per la Spagna e allo 0,7 per l’Italia.217 In Francia e in Germania, i due Paesi considerati come le potenze economiche dell’Eurozona, l’effetto negativo della crisi è stato 215
Loureiro e Taboada (2012): p. 30. Tali informazioni sono tratte da un articolo di “Il Corriere della Sera” e sono disponibili al sito internet: http://www.corriere.it/economia/13_ottobre_23/eurostat-debito-italia-record-1333percento-spagna-escerecessione-cfe818d8-3bc2-11e3-ac98-5d5614d1875c.shtml 217 Tali dati sono tratti dall’Eurostat e sono disponibili al sito internet: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=en&pcode=tec00115 216
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meno accentuato rispetto all’Italia e alla Spagna. Le previsioni per l’anno 2014 sono le seguenti: l’Eurostat prevede per l’anno 2014 un tasso di crescita del GDP pari allo 0,9 per la Francia e pari all’1,7 per la Germania.218 Tali previsioni sembrano rafforzare le differenze intercorrenti tra questi due gruppi di Paesi. In conclusione, in Italia ed in Spagna l’effetto negativo della crisi è stato (e lo è tuttora) tale da assorbire l’effetto positivo della normativa, mentre in Germania ed in Francia l’effetto negativo della crisi non ha inciso così pesantemente sulla misura della stock price synchronicity. Market Liquidity Se si confronta la misura della liquidità di mercato del 1995 con quella del 2012 per tutti i Paesi presi in considerazione, si nota che tra di essi c’è una divergenza: la terza ipotesi viene confermata per l’Italia e la Spagna, ma non per la Francia e la Germania. Infatti, a fronte di una restrizione delle leggi sull’insider trading, in Italia ed in Spagna si è registrato un aumento della liquidità di mercato, mentre in Francia ed in Germania una diminuzione, come si può vedere dal grafico 3.3. Grafico 3.3- Variazione dello stock market turnover tra il 1995 ed il 2012 in Italia, Francia, Germania e Spagna.
Fonte: elaborazioni personali sulla base dei dati tratti dalla World Bank.
218
Ibidem.
79
A questo punto, diventa interessante tentare di identificare quali sono le motivazioni, che stanno alla base delle divergenze tra i Paesi europei presi in esame, per i quali ci si attendeva, in linea con la terza ipotesi, un incremento della liquidità. Per quanto concerne l’Italia, al fine di valutare l’effetto positivo sulla liquidità di mercato determinato dall’introduzione di una regolamentazione più proibitiva, l’anno di riferimento è il 2005, anno in cui viene approvata la legge che recepisce la MAD. Prima di fare qualsiasi considerazione, è d’uopo sottolineare che il mercato italiano risulta essere molto più asfittico rispetto al mercato statunitense ma anche rispetto ad altri mercati europei. Si tratta di un mercato molto meno espanso e la cui storia legata agli scambi finanziari è storia piuttosto recente, che non ha trovato ancora pieno sviluppo. Inoltre, il numero di titoli quotati in Italia è notevolmente inferiore a quello dei principali Paesi europei e, di conseguenza, anche il valore di capitalizzazione di borsa. Dato che le più grandi società italiane sono quotate, il sottodimensionamento del listino italiano riguarda principalmente il fatto che il tessuto italiano è caratterizzato da piccole-medie imprese.219 Analizzando le misure di stock market turnover negli anni precedenti al 2005 e in quelli immediatamente successivi, si può notare che, a partire dal 2005, vi è una tendenza all’aumento di tale variabile e quindi si può confermare l’ipotesi, secondo la quale ad un regime più restrittivo corrisponde una maggiore liquidità di mercato. In particolare, nel 2007, Borsa italiana ha confermato la propria leadership in Europa per turnover velocity: infatti, si è assistito ad una robusta crescita del numero di contratti conclusi (+27% in media giornaliera) e del controvalore medio giornaliero negoziato (+38,5%). Un forte trend di crescita è stato registrato per gli Exchange Traded Funds (ETFs), confermando il primato del mercato italiano a livello europeo, per i securitised derivatives, per gli strumenti derivati e per la negoziazione retail di strumenti del reddito fisso.220
219
Siciliano (1998): p. 97. Tali informazioni sono tratte da Borsa Italiana e sono disponibili al sito internet: http://www.borsaitaliana.it/speciali/mifid/borsaitalianaelamifid/laliquiditadeimercati/laliquiditadeimercati.htm 220
80
Grafico 3.4: Turnover velocities dei mercati azionari europei nel 2007.
Tuttavia, la tendenza all’aumento viene drasticamente bloccata dal picco negativo registrato nel 2008. A partire dalla formula di calcolo dello stock market turnover, Turnover ratio= Totale del volume di titoli scambiati/ Capitalizzazione di mercato è ragionevole pensare che nel 2008 ci sia stata una diminuzione del numeratore, ossia del totale del valore di titoli scambiati, per giustificare un calo del turnover ratio. Il motivo è presumibilmente da ricercarsi nella manifestazione degli effetti della crisi dei mutui subprime scoppiata nel 2007 negli Stati Uniti. Infatti, il 2008 è definito come “l’anno più nero per le Borse mondiali”.221 In particolare, Piazza Affari arriva ad avere una capitalizzazione dimezzata rispetto al 2007: si passa infatti da un valore di 1.072.691.504.606 dollari statunitensi ad un valore pari a 520.855.088.990 dollari statunitensi.222 Inoltre, come già preannunciato, gli scambi sono drasticamente diminuiti, la volatilità raddoppiata ed il rapporto capitalizzazione di Borsa/PIL passa dal 47,8% del 2007 (già in calo dal 52,8% del 2006) al 23,4% del 2008. Si potrebbe quindi ipotizzare che nel 2008, in Italia, l’effetto negativo provocato dalla crisi abbia assorbito l’effetto positivo in termini di liquidità di mercato legato ad un regime fortemente restrittivo introdotto nel 2005. Negli anni seguenti, si registra una 221
L’espressione è tratta da un articolo online di “La Repubblica”, disponibile al sito internet: http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/economia/borse-12/borse-2008/borse-2008.html 222 Tali dati sono tratti dalla World Bank e sono disponibili al sito internet: http://data.worldbank.org/indicator/CM.MKT.LCAP.CD?order=wbapi_data_value_2012+wbapi_data_value+wb api_data_value-last&sort=asc
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tendenza all’aumento dello stock market turnover, con l’eccezione dell’anno 2012, per il quale si verifica un calo. La crisi del debito sovrano ha inciso negativamente sul livello di liquidità in Italia rispetto all’anno 2011: secondo l’Eurostat, il debito pubblico italiano nel primo trimestre del 2012 aveva già raggiunto il picco di 123,7% del PIL, il valore più alto dal 1995 quando era al 120,9%, e nel secondo trimestre del 2012 risultava pari al 126% del PIL.223 Infatti, i volumi scambiati diminuiscono nel 2012, passando da un valore di 887.454.035.933 dollari statunitensi nel 2011 a 759.672.627.200 dollari statunitensi.224 In riferimento alla capitalizzazione di mercato, Borsa Italiana si piazza al XXIII posto fra le principali Borse Mondiali con una capitalizzazione di 353 miliardi di euro alla data del 30 giugno 2013, con un’incidenza sul Prodotto Interno Lordo pari solo al 22,6%. Si pensi che nel 2003 era all’XI posto della classifica mondiale con una capitalizzazione pari al 38% del PIL di allora. L’unica nota positiva per la Borsa di Milano riguarda la liquidità: essa è molto liquida, la terza al mondo dopo il Nasdaq e Seoul per rotazione (cioè il rapporto, nell'anno, tra il controvalore degli scambi e la capitalizzazione complessiva). 225 Per quanto concerne la Spagna, per la quale risulta verificata l’ipotesi relativa alla liquidità, si potrebbe prendere come anno di riferimento, per fare alcune considerazioni, l’anno 2002, poiché, come già spiegato, la Spagna era già all’epoca all’avanguardia in riferimento alle normative sull’insider trading rispetto agli altri Paesi Europei. Tuttavia, negli anni 2003 e 2004, i dati relativi allo stock market turnover sono in calo rispetto al 2002. Questo fatto spinge ad ipotizzare che la normativa allora vigente non imponeva un regime così restrittivo come, invece, ha poi previsto la MAD, recepita nel 2005. Negli anni 2006 e 2007 vi è un tendenziale incremento dello stock market turnover, dimostrato sia da un aumento del volume di scambi, sia da un incremento della capitalizzazione, la quale nel 2005 valeva 960.023.632.225 dollari statunitensi per poi passare nei due anni successivi a valori rispettivamente uguali a 1.930.619.842.254 e 2.962.122.203.000 dollari statunitensi.226 Negli anni immediatamente seguenti, si ha una generale diminuzione: in particolare, nel 2009 vi è un significativo decremento dei volumi scambiati. Si potrebbe quindi ipotizzare che, almeno 223
Tali informazioni sono tratte da un articolo online di “Il Fatto Quotidiano” e sono disponibili al sito internet: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/24/crisi-italia-nuovo-record-del-rapporto-debito-pubblico-pil-su-al126/391801/ 224 Tali dati sono tratti dalla World Bank e disponibili al sito internet: http://data.worldbank.org/indicator/CM.MKT.LCAP.CD?page=1 225 Tali informazioni sono state tratte da un articolo online di “Il Sole 24 Ore”, disponibile al sito internet: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-10-22/piazza-affari--scala-13-23-posto--mondocapitalizzazione-ma-resta-top-liquidita-163521.shtml?uuid=ABru2WY&fromSearch 226 Tali dati sono tratti dalla World Bank e sono disponibili al sito internet: http://data.worldbank.org/indicator/CM.MKT.LCAP.CD?page=1
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per quanto concerne tale misura di liquidità, gli effetti della crisi finanziaria si siano manifestati in Spagna nell’anno 2009. In tale anno ed in parte anche negli anni seguenti, l’effetto negativo provocato dalla crisi, la quale si è allargata ad una crisi del debito sovrano, potrebbe essere stato maggiore rispetto all’effetto positivo determinato dalla normativa, fino ad assorbirlo; mentre negli anni immediatamente successivi al 2005, l’effetto positivo della normativa si è manifestato. Grafico 3.5- Andamento turnover ratio dal 2000 al 2012 in Italia e in Spagna.
Fonte: elaborazioni personali sulla base di dati tratti dalla World Bank.
Per quanto concerne Francia e Germania, per le quali dal confronto tra la situazione sulla liquidità di mercato odierna e quella dell’anno 1995 non risulta confermata la terza ipotesi, si considera come anno di riferimento per l’analisi il 2004. In tale anno, infatti, in entrambi i Paesi, viene applicata la direttiva MAD. In Francia, si nota un incremento dello stock market turnover negli anni 2006, 2007 e 2008, presumibilmente in seguito all’introduzione di un regime maggiormente restrittivo nella regolamentazione dell’insider trading. Durante l’anno 2005, tale misura subisce una leggera diminuzione passando da un valore pari al 97,1% a un valore uguale al 92%; si può pensare che nel 2005 gli effetti determinati dalla restrizione della normativa non abbiano avuto ancora la possibilità di manifestarsi concretamente. 227 In Germania, si registra un aumento della misura della liquidità negli anni 2005, 2006, 2007 e 2008. L’aspetto curioso è che, per entrambi i Paesi, le diminuzioni più eclatanti si hanno negli anni 2009 e 2012, a fronte di una riduzione del volume degli scambi, il quale rappresenta il
227
Tali dati sono tratti dalla World Bank e sono disponibili al sito internet: http://data.worldbank.org/indicator/CM.MKT.TRNR/countries?page=1&order=wbapi_data_value_2012%20wba pi_data_value%20wbapi_data_value-last&sort=asc
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numeratore nella formula del calcolo dello stock market turnover. Il motivo di questi picchi negativi è probabilmente, in parte, da imputare all’ondata di crisi che è arrivata a colpire anche i due Paesi più influenti nell’ambito dell’Eurozona. L’economia tedesca nel 2009 ha subito una contrazione del 5%, in linea con le statistiche ufficiali, confermando che le principali economie europee hanno sofferto la peggiore recessione dalla seconda Guerra Mondiale. Tale recessione trova la principale causa nel crollo delle esportazioni e degli investimenti. Negli ultimi trimestri del 2009 il GDP ha cominciato lievemente a crescere, ma questo fatto non è stato sufficiente a prevenire l’ormai inesorabile declino dell’anno. 228 L’economia francese ha risentito della recessione già a partire dalla fine del 2008 ma i suoi effetti si sono prevalentemente manifestati nel 2009, colpendo soprattutto le finanze pubbliche, dati i livelli piuttosto elevati del debito e del PIL. 229 Nel 2012 è poi seguito un ulteriore calo dello stock price turnover: tale anno viene infatti definito come “l’année de toutes les faiblesses pour la France”. La Francia infatti ha registrato una crescita praticamente nulla, un forte indebitamento e l’agenzia di rating Moody’s le ha ritirato la tripla AAA, a causa delle prospettive economiche sfavorevoli. 230 Lo stock market turnover ha subito un calo anche in Germania; si può presupporre che gli effetti della crisi abbiano continuato a manifestarsi: "The crisis will only be over when the real economies in Greece, Spain the other problem countries pick up again" ha affermato Enzo Weber, direttore delle previsioni all’Institute for Employment Research (IAB) di Norimberga. Inoltre, la crisi, che sta interessando soprattutto i Paesi del Sud Europa, ha colpito le principali industrie tedesche, come il settore automobilistico.231
228
Tali informazioni sono state tratte e poi rielaborate da un articolo della rivista tedesca “Der Spiegel”, disponibile al sito internet: http://www.spiegel.de/international/business/worst-recession-since-wwii-germaneconomy-shrank-5-percent-in-2009-a-671725.html 229 OECD (2009): p. 1. 230 Tali informazioni sono tratte e poi rielaborate da un articolo del quotidiano francese “Le Figaro”, disponibile al sito internet: http://www.lefigaro.fr/conjoncture/2013/02/14/20002-20130214ARTFIG00705-2012-annee-detoutes-les-faiblesses-pour-la-france.php 231 Tali informazioni sono tratte e poi rielaborate da un articolo della rivista “Der Spiegel”, disponibile al sito internet: http://www.spiegel.de/international/germany/economists-believe-2013-will-be-tough-but-notdisastrous-for-germany-a-875415.html
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Grafico 3.6- Andamento turnover ratio dal 2000 al 2012 in Francia e in Germania.
Fonte: elaborazioni personali sulla base di dati tratti dalla World Bank.
Tuttavia, dato che la crisi finanziaria derivante dal default di Lehman Brothers ha colpito tutti e quattro i Paesi presi in esame, anche se con intensità differenti, ci si chiede quale possa essere una motivazione plausibile per spiegare come, a fronte dell’implementazione di una regolamentazione severa, due Paesi confermano la terza ipotesi e due invece la smentiscono. Analizzando da un punto di vista matematico i termini del rapporto della formula su cui si basa il calcolo del turnover ratio dell’anno 2012, si nota che per l’Italia e per la Spagna il valore totale degli scambi è superiore rispetto alla capitalizzazione media di mercato, mentre per la Francia e la Germania si verifica la situazione opposta. Di conseguenza, diventa fondamentale fornire delle spiegazioni circa il motivo per cui in Francia ed in Germania il numeratore, cioè il valore totale degli scambi risulta minore del denominatore, ossia della capitalizzazione media del mercato.
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Tabella 3.8- Calcolo del turnover ratio nell’anno 2012 in Italia, Spagna, Germania e Francia.
Valore totale Italia
759.672.627.200/455.961.703.035=
scambi>Capitalizzazione di mercato
1,666 Spagna
1.077.029.068.288/1.013.023.114.247= 1,063
Germania
Valore totale scambi>Capitalizzazione di mercato
1.225.530.000.000/1.335.386.718.490=
Valore totale scambi
Francia
0,918
mercato
1.126.610.827.583/1.696.034.529.902=
Valore totale scambi
0,664
mercato
Fonte: elaborazioni personali su dati tratti dalla World Bank (i valori sono espressi in dollari statunitensi).
Al riguardo, una spiegazione plausibile potrebbe concernere l’impatto che ha avuto l’introduzione della Direttiva 2004/39/CE, meglio conosciuta con l’acronimo inglese MiFID (Markets in Financial Instruments Directive), sui mercati regolamentati. Il recepimento della MIFID, avvenuto nel 2007, ha comportato la creazione di un ambiente finanziario competitivo e armonizzato per i mercati regolamentati ed il rafforzamento della protezione degli investitori, dell’efficienza e dell’integrità dei mercati finanziari stessi. 232 Uno degli effetti principali, determinato dalla MIFID, riguarda l’eliminazione della facoltà di introdurre l’obbligo di concentrazione degli scambi azionari sui mercati regolamentati, incentivando lo sviluppo di nuove piattaforme di trading alternative alle borse tradizionali. Tali piattaforme stanno riscuotendo un successo considerevole, in seguito all’adozione di strutture commissionali aggressive e di soluzioni tecnologiche avanzate volte ad attirare gli ordini degli operatori più sofisticati. Esse sembrano essere in grado di offrire prezzi più bassi ed una maggiore qualità dei servizi.233 Il decremento del valore totale degli scambi, che si è registrato in maniera più pronunciata in 232
Le informazioni sono tratte da Borsa Italiana http://www.borsaitaliana.it/speciali/mifid/homepage.htm 233 Quaderno di finanza della Consob n. 69.
e
sono
disponibili
al
sito
internet:
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Francia e Germania, potrebbe essere spiegato, almeno in parte, proprio dalla tendenza allo scambio di strumenti finanziari over-the-counter (OTC), cioè al di fuori dei mercati regolamentati. Di conseguenza, diventa quasi impossibile conoscere con certezza i volumi di scambio e le vere tendenze del mercato. È auspicabile che ci sia un intervento per promuovere la trasparenza anche in riferimento ai volumi scambiati sulle piattaforme alternative; sembra che la MIFID 2, ancora in corso di lavorazione, si stia muovendo lungo questa direzione. 234 Gli scambi sulle piattaforme alternative costituiscono un fenomeno di recente diffusione determinato da molteplici fattori. Innanzitutto, le commissioni di negoziazione richieste agli intermediari dai multilateral trading facilities (MTF)235 e dagli internalizzatori sistematici 236 sono significativamente più basse rispetto a quelle delle borse tradizionali, e premiano gli intermediari che forniscono liquidità al sistema. Inoltre, gli MTF hanno adottato piattaforme di negoziazione avanzate che consentono di ridurre la latency, ossia il tempo medio che intercorre fra l’invio di un ordine e la sua esecuzione. Questi elementi hanno permesso agli MTF di attrarre gli investitori sofisticati, quali gli high frequency traders, e di favorirne lo sviluppo stesso.237 Nei diversi Paesi europei, il processo di frammentazione degli scambi azionari ha avuto intensità differenti, manifestandosi più in alcuni di essi e meno in altri. Innanzitutto, è opportuno precisare che l’introduzione della MIFID, che ha coinciso nella maggior parte dei Paesi con un incremento dell’attività di negoziazione sugli MTF, è avvenuta nell’anno 2007 per Italia, Spagna e Germania; fa eccezione la Francia, la cui legislazione nazionale compie i primi passi per il recepimento della direttiva già nel 2005.238 Italia e Spagna presentano un indice di frammentazione abbastanza basso rispetto agli altri Paesi europei. Lo scarso livello di frammentazione sul mercato italiano dimostra il peso ancora elevato che il Mercato Telematico Azionario (MTA), all’interno del quale si negoziano azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione e warrant, ha sul volume complessivo degli scambi di titoli azionari italiani.239 Il mercato spagnolo, invece, risulta meno frammentato a causa dei vincoli di natura regolamentare che richiederebbero la registrazione delle transazioni concluse sugli MTF presso il mercato regolamentato principale.240 Il grafico sottostante mostra l’andamento 234
Longo (2012): articolo online. MTF è un sistema multilaterale gestito da un’impresa di investimento o da un gestore del mercato. Dal punto di vista funzionale, gli MTF risultano molto simili ai mercati regolamentati, ma se ne differenziano in quanto possono essere gestiti anche da un’impresa di investimento. Inoltre, sugli MTF sono ammessi alla negoziazione sia titoli quotati sia titoli non quotati su un mercato regolamentato. 236 L’internalizzatore sistematico è un’impresa di investimento che in modo organizzato, frequente e sistematico, negozia per conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato o di un MTF. 237 Quaderno di finanza della Consob n. 69. 238 Gabrielli e Lener (2010): p. 253. 239 Analisi realizzata da KPMG (2012). 240 Quaderno di finanza della Consob n. 69. 235
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della composizione degli scambi fra mercati regolamentati, MTF e over-the-counter per le 600 azioni europee appartenenti all’indice Stoxx Europe 600 nel periodo gennaio 2008 – febbraio 2011. A inizio 2008 la quota degli scambi conclusi sugli MTF era praticamente nulla, mentre a febbraio 2011 risultava pari al 18% del totale; la quota dei mercati regolamentati ha subito un declino costante, passando dal 64% del gennaio 2008 al 45% del febbraio 2011. Gli scambi over-the-counter hanno seguito invece un andamento volatile, mantenendosi intorno al 40% degli scambi. Grafico 3.7- Frammentazione degli scambi in Europa.
Fonte: Quaderno di finanza della Consob n. 69.
A conferma di quanto appena affermato, il quaderno di finanza n. 69 della Consob presenta un’analisi empirica, considerando le 50 azioni incluse nell’indice Stoxx Europe 50. Da tale analisi emerge come il livello di frammentazione sia molto variabile fra i diversi mercati azionari europei: è più elevato per i titoli scambiati sull’Euronext, di cui fa parte la borsa di Parigi, e sulla Deutsche Borse, mentre è piuttosto basso per quelli scambiati sulla borsa italiana e su quella di Madrid. Il grafico sottostante individua i quattro quartili della distribuzione dell’indicatore di frammentazione; in parentesi viene indicato il numero dei titoli corrispondenti a ciascun mercato.
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Grafico 3.8- Indicatore di frammentazione degli scambi per i titoli dell’indice Stoxx Europe 50.
Fonte: Quaderno di finanza della Consob n. 69.
In conclusione, si può affermare che la maggiore frammentazione dei mercati azionari, conseguente all’introduzione della MIFID, ha ridotto il volume degli scambi azionari giornalieri sui mercati regolamentati. In Francia ed in Germania, dove questo fenomeno si è manifestato con maggiore intensità, risulta più difficile stimare correttamente il volume degli scambi per poi determinare la misura del turnover ratio. Si presume che l’effetto determinato dalla direttiva europea MIFID sia stato tale da assorbire, almeno in parte, l’impatto positivo in termini di liquidità, derivante dall’imposizione di maggiori restrizioni sul fenomeno dell’insider trading. In Francia, inoltre, nel mese di agosto 2012 è stata introdotta la Tobin Tax, una tassa proposta dall’economista vincitore del Premio Nobel James Tobin, che prevede di colpire tutte le transazioni sui mercati valutari per stabilizzarli e contemporaneamente di procurare entrate da destinare alla comunità internazionale. Tale tassa avrebbe provocato un calo sui volumi di scambio stimato direttamente dalla società mercato Nyse Euronext, di cui fa parte la borsa di Parigi, nell'ordine del 10-15% e di conseguenza, un impatto negativo in termini di liquidità. In 89
generale, infatti, le società tendono a migrare su altri listini, come Regno Unito e Paesi Bassi.241 Quindi, in Francia, anche l’introduzione della Tobin Tax è stato un fattore determinante nel calo del turnover ratio, ossia nella misura della liquidità. La Tobin Tax è stata introdotta nel marzo 2013 anche in Italia, determinando probabilmente un calo del volume degli scambi; tuttavia, gli ultimi dati disponibili sullo stock market turnover riguardano l’anno 2012, di conseguenza non può essere incluso l’effetto della Tobin Tax in Italia.
3.4 Conclusioni sulle restrizioni del fenomeno dell’insider trading in Europa Dall’analisi empirica condotta su alcuni mercati europei, quali Italia, Francia, Germania e Spagna si possono trarre alcune conclusioni circa l’imposizione di restrizioni per contrastare il fenomeno dell’insider trading. Dai dati elaborati si evince che, in condizioni di mercato considerate “normali”, viene confermato l’effetto positivo di tali restrizioni; in particolare, esse determinano un aumento dell’ownership dispersion, della stock price informativeness, la quale viene misurata attraverso la stock price synchronicity, e della stock market liquidity. Di conseguenza, il favorire una regolamentazione restrittiva del fenomeno dell’insider trading sembra avere un risvolto positivo, in quanto determina significativi benefici per i mercati. Inoltre, potrebbero insorgere ulteriori fenomeni, quali ad esempio l’introduzione di normative attinenti le società operanti nei mercati finanziari, come il regolamento europeo n. 1606/2002 che ha imposto l’adozione e l’applicazione degli IFRS nell’Unione Europea, i quali contribuiscono ad accentuare l’effetto positivo conseguente alle restrizioni sull’insider trading. Tuttavia, l’effetto descritto non si manifesta in tutte le situazioni. Infatti, in condizioni anomale del mercato determinate da fattori macroeconomici, shock negativi, come una crisi economica, o comunque dall’impatto di fattori esogeni, come, ad esempio, l’introduzione di nuove legislazioni, l’effetto negativo conseguente potrebbe risultare tale da assorbire l’effetto positivo derivante dalle restrizioni sul fenomeno dell’insider trading. Alla luce di queste considerazioni, il legislatore, prendendo spunto da quanto accade per altri fenomeni, potrebbe pensare ad un allentamento delle restrizioni dell’insider trading in quelle fasi in cui subentrano dei particolari fenomeni, i quali vanno ad alterare il normale equilibrio del mercato. In tali fasi si potrebbero apprezzare gli effetti positivi dell’insider trading, quali
241
Tali informazioni sono tratte e rielaborate da un articolo di “Il Sole 24 Ore”, disponibile al sito internet: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-07-14/paure-popolo-trader-avvicinarsi-190713.shtml
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ad esempio l’incentivo allo spirito imprenditoriale dei managers, evidenziati e sostenuti da Manne (1966) e dagli studiosi che ne hanno condiviso il pensiero. Inoltre, in tal modo, il mercato avrebbe la possibilità di non incorrere in eccessivi peggioramenti, almeno in riferimento alle misure afferenti alle ipotesi dimostrate nell’analisi empirica.
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OSSERVAZIONI CONCLUSIVE Nel presente lavoro, è stato esaminato il fenomeno dell’insider trading, comportamento illecito rientrante nella nozione di “abusi di mercato” che consiste nel porre in essere operazioni su strumenti finanziari sulla base di informazioni chiave, prima che esse divengano di dominio pubblico, con lo scopo di realizzare profitti considerevoli. In particolare, si è cercato di analizzare l’efficacia delle restrizioni poste al fenomeno dell’insider trading, al fine di preservare il buon funzionamento dei mercati finanziari. L’obiettivo di tale lavoro consiste nello stabilire se e in quale misura l’applicazione di una normativa restrittiva risulti efficace nel combattere il fenomeno in esame. L’attenzione è stata rivolta ad alcuni dei principali mercati europei quali Italia, Francia, Germania e Spagna. Per tali Paesi, a fronte di un recente inasprimento delle sanzioni per gli autori del reato di insider trading, si è verificato se le ipotesi, riprese dal modello di Beny (2005), sono tutt’ora confermate o meno. Dall’analisi empirica condotta si evince che, in condizioni di mercato considerate “normali”, viene confermato l’effetto positivo derivante dall’imposizione di restrizioni più severe. Tale effetto si traduce in un incremento dell’ownership dispersion, della stock price informativeness e della stock market liquidity. Esso, inoltre, potrebbe essere rafforzato dall’insorgere di ulteriori fenomeni, come l’adozione degli IFRS per la maggior parte delle imprese europee, che conducono alla realizzazione di significativi benefici per il mercato. Di conseguenza, una regolamentazione del fenomeno dell’insider trading, in generale, risulta efficace e benefica. Tuttavia, l’effetto descritto non si manifesta in tutte le situazioni. In condizioni anomale del mercato, determinate da fattori macroeconomici, shock negativi, come l’avvento di una crisi economica, o comunque dall’impatto di fattori esogeni, come, ad esempio, l’introduzione di nuove legislazioni, c’è il rischio che l’effetto negativo conseguente sia tale da assorbire l’effetto positivo derivante dalle restrizioni sul fenomeno dell’insider trading. Di conseguenza, le restrizioni non risultano efficaci come, invece, dovrebbero essere. Alla luce di queste considerazioni, il legislatore potrebbe pensare ad un allentamento delle restrizioni sull’insider trading nelle fasi in cui subentrano particolari fenomeni, i quali rischiano di alterare il normale equilibrio del mercato. Con l’avvento della crisi finanziaria, esplosa negli Stati Uniti nel corso del 2007, le autorità regolamentari si sono trovate più volte nella condizione di dover valutare la sospensione di determinate regole per tutelare i mercati finanziari. Un esempio di valutazione riguarda la
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sospensione temporanea del mark-to-market242, al fine di bloccare la spirale negativa venutasi a creare. “Il mark-to-market risponde ad una necessità di trasparenza. Senza di esso le imprese possono ingannare gli investitori. Ma in questo momento il suo effetto è più negativo che positivo. Anche le regole migliori hanno le loro eccezioni.”243 In modo analogo, si potrebbe ragionare per la regolamentazione dell’insider trading: nel momento in cui l’effetto positivo delle restrizioni rischia di essere assorbito dal manifestarsi di effetti negativi derivanti dall’insorgere di molteplici fattori, sarebbe auspicabile un allentamento temporaneo della normativa in esame. Il mercato eviterebbe così di incorrere in eccessivi peggioramenti; inoltre, nelle fasi in cui subentrano alcuni fenomeni che alterano l’equilibrio del mercato, si potrebbero apprezzare i lati positivi dell’insider trading, quali ad esempio l’incentivo allo spirito imprenditoriale dei manager, evidenziati e sostenuti da Manne (1966) e dagli studiosi che ne hanno condiviso il pensiero. In conclusione, riprendendo la domanda presente nel titolo della tesi, si può affermare che le restrizioni relative al fenomeno dell'insider trading risultano efficaci, almeno in riferimento agli aspetti considerati nell’analisi empirica, fintanto che non subentrano nel mercato altri fattori, i quali rischiano di minare gli effetti positivi che si sono generati. Sviluppi successivi del lavoro potrebbero riguardare l’estensione dell’analisi ad un numero più vasto di Paesi, focalizzando l’attenzione anche su Paesi non appartenenti all’Unione europea, al fine di verificare se, anche in tal caso, le ipotesi iniziali vengono confermate. Inoltre, sarebbe poi interessante studiare tali ipotesi inerenti l’ownership dispersion, la stock market informativeness e la stock market liquidity, servendosi di misure differenti rispetto a quelle utilizzate, per verificare se i risultati finali rimangono invariati. Ad esempio, si potrebbe pensare di calcolare la stock market liquidity basandosi sul bid-ask spread; una differente misura della
synchronicity, la quale permetta un confronto tra diversi Paesi,
potrebbe essere ottenuta selezionando un benchmark country/index, a cui tutti gli altri Paesi vengono confrontati.244
242
“Mark- to- market “è l'espressione utilizzata per qualificare il metodo di valutazione in base al quale il valore di uno strumento o contratto finanziario è sistematicamente aggiustato in funzione dei prezzi correnti di mercato. 243
Zingales
(2008):
articolo
online
disponibile
al
sito
internet:
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2008/09/zingales-mark-tomarket.shtml?uuid=ba4b08cc-8485-11dd-a8ca-1db806f95cce&DocRulesView=Libero&correlato 244 Adarov et al. (2009): pp. 5-6.
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APPENDICE Tabella A1- Società considerate per il calcolo dell’ownership dispersion in Italia. Edizione srl Cassa Risparmio Torino Blackrock Telecom Italia Telco spa Blackrock Findim Group (famiglia Fossati) Giovanni Agnelli & C. Fiat Fiat spa Baillie Gifford Giovanni Agnelli Exor Exor Spa Bestinver Gestion Lauro Sessantuno SPA Pirelli Malacalza Investimenti srl Assicurazioni Generali Spa Ferragamo finanziaria spa Ferragamo Miletti Wanda WOO KWONG CHING Clubtre srl Prysmian JP Morgan Norges Bank Assicurazioni Generali Spa GTECH B&D Holding (Marco Drago) Silvio Berlusconi Mediaset Mackenzie Financial Corporation Mediaset Spa Edizione srl Autogrill Invesco Ltd Fil limited Atlantia
46,41% 6,32% 5,02% 22,45% 5,13% 5,00% 30,06% 3,23% 2,15% 51,39% 9,70% 6,13% 26,19% 6,98% 4,83% 57,75% 10,70% 6,00% 6,20% 2,17% 2,17% 3,29% 59,50% 41,29% 4,92% 3,80% 50,10% 2,74% 2,05%
Capitalizzazione (espressa in Md€) Atlantia 9,96 Telecom Italia 8,06 Fiat 7,35 Exor 6,82 Pirelli 4,60 Salvatore Ferragamo 4,23 Prysmian 3,89 GTECH 3,63 Mediaset 3,57 Autogrill 3,25 102
Tabella A2- Società considerate per il calcolo dell’ownership dispersion in Francia. L'Oréal Employees Company owned shares Bettencourt L'Oréal Nestlé Company owned shares Capital Research and Management Schneider Electric Employees Caisse des Dépots et Consignations Bolloré Vivendi Blackrock Société Générale Wendel Saint-Gobain Fonds Communs du Plan d'épargne Amundi Artemis Kering Baillie Gifford & Co Employees Groupe Arnault Carrefour Société Générale Blue Partners Essilor International Employees Company owned shares Bouygues Alstom Franklin Resources Amundi Veolia Environment Caisse des Dépots et Consignations Individual shareholders Groupe Industriel Marcel Dassault Sanofi
8,91% 1,31% 0,24% 30,50% 29,30% 1,72% 5,37% 4,44% 3,66% 5,00% 4,62% 4,54% 17,30% 8,40% 6,77% 40,90% 4,98% 0,40% 8,43% 4,61% 3,58% 8,30% 2,04% 29,38% 7,01% 2,02% 9,30% 8,50% 6,30%
Capitalizzazione (espressa in Md€) Sanofi 103,92 L'Oréal 75,36 Schneider Electric 34,84 Vivendi 25,09 Saint-Gobain 21,37 Kering 21,07 Carrefour 19,49 Essilor International 17,07 Alstom 8,43 Veolia environment 6,89
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Tabella A3- Società considerate per il calcolo dell’ownership dispersion in Germania. Famiglia Siemens Siemens AG (own shares) Blackrock E. ON SE E. ON Se (own shares) RWEnergie Beteil RWE Blackrock Hasso Plattner SAP Klaus Tschira Dietmar Hopp Stefan Quandt BMW Johanna Quandt Susanne Klatten Schaeffler KG Continental Blackrock Familie Henkel Henkel Henkel (own shares) Fresenius Medical Care Fresenius Se & Co Thornburg Investment Management Blackrock Maxingvest Beiersdorf Beiersdorf (own shares) Else Kroner-Fresenius Fresenius SE & CO Allianz Lebenversicherung Siemens
5,64% 4,32% 5,01% 4,71% 15,01% 5,31% 9,79% 7,50% 5,31% 17,40% 16,70% 12,50% 46,00% 5,09% 53,65% 2,55% 30,61% 4,91% 4,87% 50,47% 9,99% 27,00% 3,87%
Capitalizzazione (espressa in Md€) 2,64 Siemens 2,00 E.ON SE 1,57 RWE 1,23 SAP 0,66 BMW 0,51 Continental 0,44 Henkel 0,31 Fresenius Medical Care 0,25 Beiersdorf 0,18 Fresenius SE & CO
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Tabella A4- Società considerate per il calcolo dell’ownership dispersion in Spagna. Amancio Ortega Rosalia Mera BBVA Telefonica La Caixa Blackrock La Caixa Repsol Sacyr Vallehermoso Banco Bilbao Vizcaya Gas natural Fenosa Caixaholding S.A.U. Repsol S. A. Sonatrach Amadeus IT Group Air France Lufthansa Amadeus IT Group Portman Baela S.L. Ferrovial Banco Santander Bankia S.A. Int Airl Group Majedie Asset Management Templeton Global Corporacion financiera Alba Acs const Southeastern asset management Corporacion financiera Alcor Disa Corporacion Petrolifera Sacyr Novagalicia Banco Manuel Manrique Cecilia Maria del Carmen Careaga Salazar Viscofan Marathon Asset Management Blackrock Inditex
59,00% 6,00% 5,75% 5,60% 3,90% 12,50% 9,24% 5,40% 35,00% 30,00% 4,00% 5,04% 4,00% 0,66% 44,27% 3,87% 11,25% 4,68% 4,66% 18,31% 9,25% 9,09% 13,01% 8,66% 6,09% 5,08% 4,93% 3,14%
Capitalizzazione (espressa in Md€) Inditex 74,49 Telefonica 58,48 Repsol 25,61 Gas Natural 17,38 Amadeus 12,01 Ferrovial 10,21 Int Airl Group 8,51 Acs const 7,58 Sacyr 1,87 Viscofan 1,81
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RINGRAZIAMENTI
La realizzazione di questa tesi di laurea rappresenta il punto di arrivo di anni di studio, sacrifici e soddisfazioni. Giunta al termine di quest’esperienza, desidero rivolgere alcuni ringraziamenti. Innanzitutto, un sentito grazie alla professoressa Cinzia Baldan, la quale si è sempre dimostrata disponibile, gentile e competente nei miei confronti in questi mesi di lavoro. Un ringraziamento al professore Alberto Lupoi per la sua disponibilità nel fornirmi indicazioni preziose per la realizzazione del terzo capitolo della mia tesi. Un doveroso ringraziamento va alla mia famiglia: a mamma Renata, la quale con pazienza mi ha sempre sostenuto e mi ha spronato ad andare avanti e a non smettere di avere fiducia nelle mie capacità; a papà Giuseppe, il quale ha contribuito pacatamente, giorno per giorno, al raggiungimento del mio obiettivo; a mio fratello Alberto, che, anche nei momenti più difficili, ha saputo sdrammatizzare con un pizzico di ironia. A Filippo, il cui aiuto nei momenti più critici di stesura della tesi è stato fondamentale; con amore ha saputo sopportarmi ed incoraggiarmi fino alla fine. Alla cara nonna Caterina per aver sempre creduto in me e per i suoi preziosi consigli che mi ha trasmesso, fin da quando ero una bambina. Ringrazio poi le mie care compagne di avventura, Alice, Anna e Arianna le quali mi hanno supportato in questo percorso: durante la stesura dell’elaborato hanno riletto i diversi capitoli, dandomi suggerimenti molto utili. Un abbraccio al gruppo di amici, in particolare a coloro con cui ho condiviso momenti significativi del mio percorso scolastico. Infine, un ringraziamento va a coloro che dall’alto vegliano su di me e che sono sempre nei miei cuori, nonno Francesco, nonno Giovanni e zia Maria.
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