Università degli Studi di Bologna FACOLTÁ DI LETTERE E FILOSOFIA Corso di Laurea in Lettere Moderne Indirizzo Filologico
DALLA STORIA LOCALE AL QUADRO DI CIVILTÁ: LA COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA DEL PASSATO IN UNA SCUOLA ELEMENTARE
Tesi di Laurea in Metodologia e Didattica della Storia
Relatore:
Presentata
Chiar.mo Prof.
da:
IVO MATTOZZI
LAURA VALENTINI
Sessione III Anno Accademico 2002-‘03
INDICE
INTRODUZIONE ....................................................... pag. 9
PARTE PRIMA Elementi che connotano i Quadri di Civiltà e il loro insegnamento nella scuola elementare
CAPITOLO I Obiettivo: Costruzione di Quadri di Civiltà 1.1 - Obiettivo: costruzione di Quadri di Civiltà. ......... pag. 17 1.2 - Versante cognitivo e versante culturale: le due facce del Quadro di civiltà. ........................... pag. 20 1.3 - Da fruitori di sussidiari ad artigiani del sapere storico: due approcci a confronto. ............ pag. 25 1.4 - Terzo versante: la motivazione, ovvero l’importanza di lavorare sulle preconoscenze. ..................................................... pag. 43
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CAPITOLO II I Quadri di civiltà nella prospettiva del curricolo verticale 2.1 - Alcune questioni generali. .................................... pag. 47 2.2 - Copioni di conoscenza, quadri di civiltà, processi di trasformazione ..................................... pag. 52
CAPITOLO III Il Quadro di Civiltà partendo dalla storia locale 3.1 - Rapporti tra dimensione locale e dimensione generale della storia insegnata. ......... pag. 59 3.2 - Uso didattico dei beni culturali per l’elaborazione della conoscenza storica del passato del mondo. ................................................ pag. 63
PARTE SECONDA Proposta di un itinerario didattico per costruire il quadro di civiltà a partire da esperienze di ricerca storico - didattica in una classe V elementare
CAPITOLO I La Domus di Suasa: una casa che viene dal passato 1.1 - Caratteristiche del lavoro e obiettivi specifici. ................................................................ pag. 69 1.2 - I Fase: avvio delle attività all’interno della classe e composizione di un dossier di partenza.................................................................. pag. 75 SCHEDE CHE COMPONGONO IL DOSSIER DI PARTENZA ........... pag. 79
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1.3 - II Fase: La visita al sito e alla Domus ................. pag. 92 1.4 - Il Sito .................................................................... pag. 94 1.5 - La Domus ............................................................. pag. 95 SCHEDE DA UTILIZZARE DURANTE LA VISITA ......................... pag. 97
1.6 - Il Museo di Palazzo Della Rovere a Castelleone di Suasa ............................................ pag. 109 SCHEDE DI LETTURA DEI REPERTI MUSEALI............................ pag. 113
1.7 - III Fase - Il lavoro in classe: ricapitolare, approfondire, generalizzare .................................. pag. 123 SCHEDE DA UTILIZZARE IN CLASSE DOPO LA VISITA .............. pag. 129
1.8 - Verso la generalizzazione ..................................... pag. 160 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO E DI GENERALIZZAZIONE ............................................................... pag. 163
1.9 - . IV Fase - dalla dimensione locale al Quadro di Civiltà ................................................... pag. 183 SCHEDE INTRODUTTIVE AL QUADRO DI CIVILTÁ .................... pag. 189
CONCLUSIONE ......................................................... pag. 229 BIBLIOGRAFIA ......................................................... pag. 233
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Dedico questo lavoro alle maestre e ai maestri di Arcevia che mi hanno insegnato l’importanza e il gusto di accettare le sfide professionali
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Un particolare ringraziamento ad Andrea Barbadoro per l’aiuto prezioso che mi ha dato nella redazione finale del lavoro e per avermi sostenuto lungo il cammino
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“…. Anche storia mi piace e mi reputo abbastanza bravo, ma alle medie ho paura che diventi il somaro della classe, perché mi serve molto tempo per ricordare le date, che, da come mi dice mia cugina, le vogliono con i mesi e i giorni dell’accaduto. E il difficile sarà anche studiare quelle facciate che danno per casa; io, avendo piscina, musica, ballo e banda e facendo la sperimentale, ho paura di non avere tanto tempo sufficiente per studiare. Io poi studio leggendo una volta e ripetendo, ma alle medie con quei termini complicati, mi ci vorrà sicuramente il doppio del tempo….”
Dal testo di un alunno di classe V elementare dell’Istituto Comprensivo “Dante Alighieri” di San Lorenzo in Campo.
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Introduzione
Quando, ancora fresca di nomina, entrai per la prima volta nella scuola elementare, mi venne assegnato l’insegnamento dell’area cosiddetta “antropologica” comprendente la storia, la geografia e gli studi sociali, ambito disciplinare che, soprattutto in passato, restava il più delle volte appannaggio delle neo-assunte per la presunta semplicità rispetto a discipline più impegnative come l’italiano e la matematica. In quel momento, non potendo contare su alcun tipo di esperienza pregressa, fu naturale e molto importante per me ripensare alla formazione storica che io stessa avevo potuto costruire nel corso dei miei studi e tentare di valutare in modo critico l’esperienza dell’incontro e della frequentazione con questa disciplina. Il risultato fu abbastanza sconfortante, tuttavia, nonostante i molti dubbi, fui animata da una certezza: quella di non voler ridurre l’insegnamento della storia ad una parafrasi del libro di testo, magari implementata da qualche fotocopia utile soprattutto a far lievitare il quaderno dei miei alunni destinato a divenire un peso per i loro zaini e per la mia coscienza professionale. Questa riflessione mi obbligò naturalmente a cambiare anche la prospettiva da cui considerare la questione: non si trattava più di ricercare
e
costruire
un
metodo
efficace
di
studio
per
l’apprendimento della disciplina, ma di ricercare e costruire un metodo efficace per insegnarla, considerata l’inadeguatezza della formazione disciplinare e didattica con cui un insegnante si affaccia alla professione. Come trovare allora l’alternativa possibile che contemperasse le istanze epistemologiche della materia di studio, il rispetto delle
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modalità di apprendimento e la motivazione dei ragazzi, rispondente ai dettami dei programmi ministeriali? L’occasione mi fu fornita da un corso di aggiornamento sul “Curricolo delle operazioni cognitive” tenuto presso la mia scuola dal Professor Ivo Mattozzi a cui fece seguito la nascita di un laboratorio di didattica della storia. Questa esperienza mi consentì di conoscere una proposta curricolare possibile, teoricamente fondata, sostenuta da esperienze di sperimentazione documentate e didatticamente trasferibili. Inoltre mi fece tornare alla mente ciò che M.L. Altieri Biagi sostiene nella prefazione di un suo libro a proposito della competenza linguistica di coloro che la lingua la insegnano: “la competenza linguistica necessaria a chi insegna è inversamente proporzionale all’età anagrafica di chi impara”1. Condividendo questa affermazione e ritenendola estremamente calzante anche per la competenza storico-didattica, e comunque trasversale ad ogni disciplina, riconsiderai l’importanza e la responsabilità della scuola elementare e dei suoi operatori nella formazione culturale della persona. Da allora sono passati circa dieci anni e a tutt’oggi il mio interesse per le problematiche connesse alla didattica della storia si è mantenuto sempre vivo, sia per le continue e sempre nuove sollecitazioni che emergono quotidianamente dai bambini, sia per il confronto con colleghi animati dal mio stesso interesse oppure, al contrario,
animati
da
forti
resistenze
culturali
verso
un
insegnamento storico dalle forti connotazioni operative e pratiche, ma il più delle volte pronti ad accettare le sfide professionali, e a rimettere in discussione la loro personale e radicata idea di storia.
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1992
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M.L.Altieri Biagi, Linguistica essenziale, Garzanti Editore, Milano,
Queste esperienze mi hanno convinto anche ad intraprendere un’attività di formatrice e di coordinatrice di laboratori di didattica della storia nel territorio in cui lavoro e a continuare la sperimentazione di percorsi didattici innovativi all’interno delle classi. Alcune di queste esperienze sono confluite nella trattazione che si va di seguito ad illustrare ed hanno costituito un importante momento di riflessione sulle scelte didattiche da me effettuate e di approfondimento di questioni fino ad ora trascurate. Il presente lavoro si articola in due parti, nelle quali, oltre a presentare i contesti istituzionali e degli ordinamenti con cui la didattica della storia deve misurarsi, si propongono delle riflessioni a carattere teorico su alcuni oggetti dell’insegnamento storico nell’ambito della scuola primaria, e si illustrano delle unità di apprendimento programmate per alunni di quinta elementare che intraprendono lo studio di conoscenze relative al passato del mondo. Più dettagliatamente, nella I parte della trattazione, oltre ad individuare gli obiettivi generali della formazione storica di base, si assume come oggetto di riflessione e di studio il cosiddetto Quadro di Civiltà, riconosciuto come una delle forme di conoscenza storica più adeguate e rispondenti alle capacità di apprendimento dei bambini e delle bambine di scuola elementare, evidenziando come esso viene connotato nell’ambito dei programmi ministeriali vigenti ma anche in relazione ai contributi e agli arricchimenti che alcuni storiografi hanno fornito in passato sull’argomento. Definito l’oggetto della riflessione, il lavoro punta a precisare gli elementi che lo costituiscono e lo caratterizzano sia dal punto di vista cognitivo che dal punto di vista culturale. Nell’illustrare questa nuova e arricchita concezione del Quadro di civiltà, si pongono anche all’attenzione le conseguenti problematiche metodologiche e didattiche collegate al suo
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insegnamento, e si illustrano parallelamente sia le modalità “tradizionali” con cui gli alunni vengono introdotti allo studio dei popoli del passato, sia i possibili approcci “alternativi” ritenuti più efficaci ed epistemologicamente più corretti; questo anche con il supporto di esperienze didattiche condotte nelle classi terminali del ciclo elementare. Dopo aver considerato gli aspetti teorico e pratico, si propone lo studio del Quadro di civiltà e la costruzione dei concetti ad esso sottesi, partendo da esperienze di ricerca storico-didattica collegate al territorio di appartenenza, ovvero a partire da contesti operativi di storia locale. Questo per creare nei bambini la consapevolezza che qualsiasi informazione relativa ai popoli del passato nasce e si fonda su un corretto e ragionato procedimento che utilizza le fonti e i documenti, nonché sul lavoro di lettura e di interpretazione di questi operato dallo storico. Nei vari paragrafi, oltre a rilanciare le potenzialità educative del territorio come risorsa didattica per la conoscenza del passato e per lo studio della storia, si affronta la questione riguardante il rapporto tra storia locale e storia generale, la valenza di questi due versanti della conoscenza che concorrono in egual misura e con pari dignità alla formazione storica di base dei nostri alunni, sebbene con itinerari e specificità differenziate. La parte II illustra un percorso didattico completo, in parte sperimentato all’interno di alcune classi, relativo alla costruzione del Quadro di civiltà dell’antica Roma a partire dallo studio di alcuni reperti archeologici rinvenuti nella provincia di Ancona e riguardanti una Domus di età imperiale. Il lavoro documenta le fasi di approccio all’argomento di studio, la preparazione della classe alla visita del sito archeologico, la redazione di schede di lettura dei reperti per giungere alla scrittura di brevi testi storici da parte dei bambini; documenta le
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modalità didattiche con cui si cerca di favorire nei ragazzi l’operazione di generalizzazione ovvero l’idea che i modi di vita da loro conosciuti e ricostruiti a livello locale possano costituire un modello significativo e riferibile ad un panorama spaziale e temporale più ampio riguardante la civiltà romana oltre i confini regionali.
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PARTE PRIMA
Elementi che connotano i Quadri di Civiltà e il loro insegnamento nella scuola
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CAPITOLO I
1.1 - Obiettivo: Costruzione di Quadri di Civiltà La definizione di un percorso didattico obbliga l’insegnante a proiettarsi subito al traguardo e chiedersi quali debbano essere le conoscenze e le competenze minime, e anche quelle potenziabili, di un alunno in uscita dalla scuola di base relativamente alla storia. Sicuramente alla fine della scuola elementare un bambino dovrà aver acquisito varie conoscenze e dovrà dimostrare di possedere abilità connesse ai procedimenti propri della cultura e della ricerca storica. Riconoscere una valenza paritaria alla conoscenza (intesa come dimensione del sapere) e alla competenza (intesa come dimensione del saper fare) ci obbliga a fornire una definizione anche sommaria e non certo esaustiva dei due termini. Secondo un’accezione molto comune, il sapere e, nel nostro caso specifico, il sapere storico, identifica una serie di informazioni fattuali che nel gergo scolastico vengono chiamate “contenuti” e stanno ad indicare gli argomenti presenti nel libro di testo; tradizionalmente si è sempre attribuito alla conoscenza di questi eventi del passato una intrinseca valenza formativa. In realtà, accanto ai contenuti vanno messi sul conto i processi mentali che li legano e attribuiscono loro un significato ed una struttura logica ben definita. In questo modo il termine conoscenza rimanderà all’insieme delle informazioni più gli atti cognitivi necessari ad interconnetterle ed organizzarle. Con il termine “competenza” poi si potrebbero indicare tutte quelle abilità dimostrabili che possano essere manifestate mediante
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una prestazione o l’elaborazione di un prodotto, che testimoniano e danno conto dell’effettivo possesso e raggiungimento di una conoscenza e che risultano pertanto trasversali ai diversi “contenuti”. Sebbene tra i due versanti
del curricolo le conoscenze
rappresentino la variabile più mobile in quanto legate a specifici percorsi didattici scelti dai docenti, è possibile individuare un elemento costante e ripetibile rappresentato dai quadri di civiltà. Questo obiettivo generale trova una chiara e specifica menzione nei documenti programmatici, in particolare nel paragrafo dedicato agli “obiettivi e contenuti” laddove si individua tra gli aspetti fondamentali da introdurre nel curricolo di storia “la consapevolezza che i problemi con i quali l’uomo si è dovuto confrontare si sono presentati in modi diversi ed hanno avuto soluzioni diverse in rapporto alle condizioni generali, ovvero ai “quadri di civiltà”, che hanno caratterizzato i vari periodi della storia umana” sottolineando poi che lo studio della storia “porrà peculiare attenzione ai momenti di promozione e trasformazione delle civiltà, colti nel tessuto di una periodizzazione essenziale” per consentire all’alunno di pervenire “ad una visione sufficientemente articolata dei momenti significativi della storia, connettendoli in un quadro cronologico a maglie larghe.”2 Dunque la didattica dei quadri di civiltà trova una piena legittimazione nei programmi ministeriali e deve connotare il curricolo di storia sia per quel che riguarda il bagaglio di conoscenze da costruire sia in riferimento alle abilità operative indispensabili a documentarle. Cosa intendere allora con l’etichetta “quadro di civiltà”?
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Programmi didattici per la scuola primaria, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 1985
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Per partire potremmo attingere a modelli storiografici autorevoli ovvero a quegli storici che hanno utilizzato questo modello cognitivo per conoscere e interpretare il passato. Ad esempio Braudel che ha cercato di costruire un sistema di spiegazione del mondo in cui viviamo proprio mediante il concetto di civiltà, definendo questo termine come “l’insieme dei tratti caratteristici della vita collettiva di un gruppo o di un’età”3, riproponendo una definizione già elaborata da L. Febvre. Volendo poi manipolare questa definizione con aggiunte ed esempi, si arriverebbe a connotare il Quadro di civiltà come “la descrizione dei tratti caratterizzanti la vita collettiva di gruppi umani, dal piccolo gruppo tribale all’insieme di popoli che condividono le medesime forme di vita all’interno di un impero, in un ambiente e in un periodo ben delimitati.” Tale descrizione dei modi di vita viene ad essere sostanziata da tutte quelle informazioni relative, oltre che al tempo e allo spazio, da aspetti di storia materiale: l’ambiente, il tipo di insediamento, le abitazioni, gli edifici di altro uso, l’abbigliamento, l’alimentazione, gli oggetti di uso quotidiano, l’istruzione e il tipo di scrittura, le vie di comunicazione, i mezzi di trasporto, i tipi di lavoro e gli strumenti, l’organizzazione sociale, la religione, i rapporti con altri gruppi umani. Evidentemente il piano della cultura e della civiltà materiale risulta particolarmente significativo e adeguato alle capacità cognitive dei bambini di 9 o 10 anni in quanto la loro stessa esperienza quotidiana si costruisce, si alimenta e si snoda all’interno di un mondo fatto di cultura materiale. La parola “quadro” poi, definisce con molta chiarezza la tipologia, le caratteristiche che questa conoscenza storica dovrebbe assumere, e cioè essere in primo luogo una conoscenza descrittiva, prevalentemente statica, che consenta di fermare nella mente del
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F. Braudel, Il Mondo Attuale, (Vol. I), Torino, Einaudi, 1966, p.23
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bambino i tratti caratterizzanti del gruppo umano oggetto di studio, come in una cartolina. Questo elemento di staticità non va però letto come una limitazione o un segno di superficialità, quanto come un elemento di leggerezza capace di rendere l’informazione più accessibile e alla portata cognitiva degli alunni di questo segmento scolastico. Naturalmente nella didattica dei Quadri di Civiltà grande rilevanza dovrà avere l’attività di storicizzazione delle informazioni e soprattutto dei concetti ovvero il loro continuo riferimento all’asse temporale e la loro precisa collocazione nel “contenitore” genericamente classificato come “il passato”. Infatti è proprio quest’aspetto che differenzia la conoscenza storica di una civiltà dall’acquisizione puramente etnografica. Proprio in questo senso i Programmi auspicano la costruzione di un quadro cronologico a maglie larghe nel quale inserire le conoscenze
storiche
conseguite
e
l’acquisizione
di
una
periodizzazione essenziale intesa come la capacità di organizzare le informazioni dal punto di vista temporale. Infatti nell’elaborazione di una conoscenza riferita al passato il tempo ha una funzione organizzatrice, analitica, capace di evidenziare le relazioni tra i fatti e i fenomeni rendendo questi ultimi sensati e significativi. In questa prospettiva, dunque, la didattica dei quadri di civiltà rappresenta un obiettivo dalla duplice valenza culturale e cognitiva.
1.2 - Versante cognitivo e versante culturale: le due facce del quadro di civiltà Dal punto di vista cognitivo, studiare il passato in termini di civiltà significa effettuare una scelta di fondo che indirizza in modo preciso l’itinerario di conoscenza e ci obbliga a sintetizzare i fatti e i fenomeni storici e ad organizzarli secondo criteri e categorie
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spazio-temporali e concettuali ben precise; presuppone l’idea di una storia collettiva in cui i gruppi umani hanno significato colti nel loro insieme, in rapporto ad uno spazio inteso come ambiente ricco di valenze e implicazioni e nella dimensione temporale della lunga durata che consente di osservare i mutamenti e soprattutto le permanenze di fenomeni strutturali legati alla vita materiale. Questo implica il superamento del modello tradizionale di conoscenza storica fondato sull’insieme di informazioni relative ad avvenimenti politici e istituzionali e progressivi dal punto di vista cronologico. Comunque le coordinate che delineano il Quadro di Civiltà e che sono necessarie a strutturare un percorso didattico ci possono essere fornite dagli alunni stessi i quali, grazie a una serie di stimoli e implementazioni provenienti sia dalla scuola che dall’extrascuola, hanno già costruito nella loro mente una prima idea di civiltà ed hanno associato a questo termine tutta una serie di significati che l’insegnante dovrebbe conoscere. Si riportano di seguito le risposte fornite dai ragazzi di una classe V alla domanda “Che cos’è secondo te una civiltà? Che cosa si vuole indicare con questa parola?”. La domanda, estremamente aperta e generale, faceva seguito ad una attività di conoscenza e di confronto tra i modi di vita delle tribù di cacciatori-raccoglitori e quelli delle popolazioni agricole del periodo della rivoluzione neolitica.
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Popolo che collabora, gruppo di persone che si aiutano a vicenda
Popolazione molto antica, conosciuta e famosa
Per me la civiltà è la storia di un popolo
E’ un popolo, cioè un gruppo di uomini messi insieme per formare un paese
Sono le popolazioni del passato, del presente e del futuro
CIVILTÀ
Popolo in cui le persone sanno fare cose diverse: alcuni i contadini, altri i soldati ecc. Insieme di persone che vivono in un posto, in un villaggio del passato
Assomiglia alla parola “civile” quindi, per me, si riferisce a persone che conoscono la buona educazione e che sanno vivere “bene”
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E’ una specie di popolazione che sa fare tutte le cose che servono per tenere tutti in vita
Lo schema riassume le idee dei ragazzi organizzate in una semplice mappa e non registra tutte le risposte in quanto molte erano somiglianti, pertanto quelle che esprimevano gli stessi concetti sono state unite per non ripeterle nello schema. In primo luogo è interessante notare le sfumature di significato che arricchiscono questo termine nella mente dei bambini e che riflettono gli schemi culturali del mondo in cui vivono.
Tali
definizioni,
inoltre, rispecchiano
l’evoluzione
semantica della parola “Civiltà” che, nel corso dei secoli, si è contrapposta al concetto di “barbaro, selvaggio, primitivo”, è divenuta poi sinonimo di “cultura”, da cui si è successivamente distinta per indicare “l’insieme delle conoscenze tecniche e pratiche che consentono di agire sulla natura”, fino ad identificare “l’insieme dei tratti caratteristici della vita collettiva di un gruppo o di un’età”4 secondo la definizione di Braudel e Febvre già citata nel paragrafo precedente. Comunque, al di là di queste riflessioni generali e di carattere più teorico, nelle risposte fornite dai bambini sono rintracciabili gli elementi strutturali del Quadro di Civiltà: vi è un “oggetto” da studiare che è un popolo; sono presenti le fondamentali categorie spaziali e temporali rintracciabili in parole come posto – paese – villaggio – passato – presente – futuro – popolazione antica ; sono suggeriti degli identificatori di civiltà ovvero quelle abilità garanti della sopravvivenza, l’organizzazione sociale, la divisione dei ruoli, elementi tutti che mettono nella condizione di capire i modi di vita della gente. Sul piano metacognitivo sono questi gli assi portanti del quadro di civiltà che vengono più comunemente chiamati “indicatori”.
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ibidem
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Dunque, dal punto di vista cognitivo, la didattica dei Quadri di Civiltà consente ai ragazzi di costruire un modello di conoscenza sul passato del mondo proprio a partire dalle loro idee trasformando le informazioni individuali in un patrimonio di conoscenza della classe che diventerà il punto di accesso per il sapere storico di base. Questa scelta educativa, infatti, ci consentirà di raggiungere l’altro versante, quello che abbiamo già definito con il termine “culturale”. Cosa intendere con questa affermazione? Un’adeguata risposta ci può essere fornita dalle parole di Ivo Mattozzi: “ Proviamo a immaginare un’aula: su una parete c’è una mappa spazio-temporale in cui i bambini man mano vanno a collocare questi quadri di civiltà nel tempo e nello spazio. Adesso immaginiamo che lettura possono fare i bambini di questa mappa, avendo gli indicatori che permettono la comparazione, il confronto: possono rendersi conto che c’è stato in un certo tempo un livello di cultura, di organizzazione sociale che era quello delle tribù di cacciatori-raccoglitori; poi, in alcuni luoghi e tempi, questi sono continuati fino ai giorni nostri, in altri sono invece passati, per esempio, all’agricoltura, che si è a sua volta differenziata in certe aree geografiche, mentre in altre si è sviluppata l’industria ecc. I bambini, dopo aver imparato ma anche costruito le descrizioni dei quadri di civiltà attraverso dei tabelloni o dei poster, possono poi leggerli, possono fare paragoni tra un quadro di civiltà e l’altro. Alla fine emergerà una sorta di immagine del passato del mondo, nella quale le informazioni essenziali sulle trasformazioni, sui mutamenti che l’umanità ha subito, vengono elaborate dai bambini in modo induttivo.”5 5
Intervista a I. Mattozzi, Il Curricolo di Storia nella nuova scuola di base. Le civiltà a quadri, a cura di Mario di Rienzo, La Vita Scolastica n. 15, 2000.
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Evidentemente una impostazione didattica così concepita, oltre a formare un bagaglio di conoscenze significative per i ragazzi in quanto costruite “in proprio” consentirà di rimuovere alcune false conoscenze generate dall’uso pedissequo del sussidiario. In primo luogo potrà essere rimossa l’idea per cui la narrazione dei fatti politici e istituzionali che si susseguono dal punto di vista cronologico possano intrinsecamente garantire una conoscenza storica integrale; che vi sono alcuni argomenti assolutamente necessari e irrinunciabili per la comprensione del divenire della nostra civiltà; che le uniche civiltà utili alla comprensione del nostro presente siano quelle menzionate nell’indice, ovvero quelle con cui i nostri antenati sono venuti a vario titolo a contatto, generalmente gravitanti sul nostro territorio nazionale e presentate in modo tale da far pensare che ognuna di esse sia nata dalle ceneri dell’altra.
1.3 - Da fruitori di sussidiari ad artigiani del sapere storico La didattica delle civiltà configurata nelle ultime righe del paragrafo precedente e comunemente definita con l’aggettivo “tradizionale”, ricorre di solito ad uno strumento unico per la ricerca di informazioni, cioè il libro di testo che, specificatamente per la scuola elementare assume i connotati del sussidiario; mette in campo una mediazione da parte dell’insegnante che si risolve nella parafrasi linguistica del testo proposto e in una verifica consistente in questionari scritti oppure orali finalizzati a valutare la quantità di informazioni assunte dagli alunni e la fluidità con cui esse vengono ripetute nell’esposizione a voce alta. Tale didattica identifica il libro di testo con i Programmi ministeriali, trae la sua ispirazione teorica dalla convinzione che il sapere storico codificato nel testo
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sia “integrale” o quantomeno che sia la forma più fedele del sapere storico ridotto e adattato a misura di bambino, pertanto il trasferimento di informazioni dal libro all’alunno deve avvenire nella maniera più uniforme e aderente possibile. Spesso gli insegnanti avvertono i limiti del procedimento insito nell’uso esclusivo di uno strumento come il sussidiario e si mettono alla ricerca di strumenti e materiali diversi che però non garantiscono di per sé un approccio realmente alternativo e le incoerenze didattiche permangono nonostante gli sforzi. Come individuare allora la chiave di volta per una didattica rispondente ai bisogni cognitivi, affettivi, agli interessi dei bambini e nel contempo rispettosa dell’impianto disciplinare e dei programmi? La risposta non è semplice e certo non sarà fornita da questo lavoro, ma la pratica didattica quotidiana, la sperimentazione di alcuni itinerari e l’entusiasmo con cui i bambini lavorano per costruire la loro conoscenza storica ci consentono di individuare elementi molto importanti per il raggiungimento di un obiettivo tanto ambizioso. A supporto di questa tesi, si riporta di seguito un’esperienza didattica effettuata in una classe V che aveva già affrontato nel corso dell’anno scolastico precedente lo studio dei popoli del passato nella maniera che abbiamo appena definito tradizionale, ovvero con il ricorso al solo sussidiario. Il lavoro si configura più che altro come riflessione o problematizzazione nata tra i ragazzi sull’approccio classico allo studio delle civiltà antiche e individua nel contempo un modo diverso di affrontare lo studio di questo argomento. Tale attività ci consentirà di evidenziare come una didattica della civiltà appiattita sull’uso esclusivo del sussidiario preluda alla costruzione di un concetto abbastanza misero di civiltà al limite del “quadretto di genere”, risulti abbastanza demotivante per i ragazzi e soprattutto produca delle conoscenze implicite e
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distorte che, se non rimosse, costituiranno la base per gli apprendimenti futuri e continueranno ad agire su di essi in maniera impropria. Nello stesso tempo si potrà dimostrare che esistono modi diversi di preparare il terreno allo studio dei popoli del passato e alla costruzione di un concetto di civiltà più articolato e ricco di sfaccettature così come è stato delineato nelle pagine iniziali; di individuare alcuni elementi metodologici e didattici a nostro parere fondamentali per la costruzione di un elementare ma non banale sapere storico. All’inizio dell’anno scolastico 2002/2003 dopo quasi due anni di assenza, ripresi la mia attività nella classe a cui ero stata assegnata e che cominciava il V anno di frequenza alla scuola elementare. Avendo individuato in sede di programmazione tra gli obiettivi della conoscenza storica l’acquisizione del concetto di Civiltà, essendo a conoscenza del programma che la classe aveva svolto l’anno precedente, decisi di chiedere ai ragazzi un breve resoconto di quello che avevano studiato riguardo alla storia al fine di individuare con loro alcuni parametri essenziali per la lettura e la definizione di un Quadro di civiltà. I ragazzi fornirono un nutritissimo elenco di eventi storici, popoli, personaggi aneddoti studiati che decidemmo, oltre che di elencare e menzionare in forma scritta, di rappresentare mediante un disegno. Si riporta di seguito il fuoco di fila delle risposte seguito alla mia richiesta : “Che cosa ricordate della storia studiata lo scorso anno? Quali argomenti avete affrontato?” G.: I Barbari; X.: I Romani; M.: il Medioevo; D.: Egiziani e greci; F.: Gli arabi; G.: Le civiltà primitive;
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T.: I monasteri; O.: Gli Unni che facevano la guerra contro le civiltà. Tutte le civiltà, anche i Franchi; D.: il Monachesimo; G.: Le crociate e i Galli; M.: siamo arrivati alla distruzione dell’Impero di Roma; O.:Noo! E’ stato diviso, non distrutto!; M.: Io mi ricordo Pipino il Grande. G.: Il breveee!; E.: Gli Italici; F.: Gli Italiani!; A.: Un pochino di Carlo Magno; O.: Allora anche il Cristianesimo, e gli Ostrogoti, e i Visigoti, e quelli lì… i Goti, insomma! M.: l’Islam; D.: i crociati; T.: Abbiamo studiato anche la leggenda del Minotauro. F.: Romolo, Teo e la lupa. T.: Ma quella era Roma!! A.: Abbiamo visto una cassetta che parlava della morte di Giulio Cesare. M.: Sulla cassetta del “gladiatore”. O.: Anche gli scribi romani che sulle pergamene fatte di papiro che poi le conservavano in una specie di biblioteca…; G.: La prima e la seconda guerra mondiale…no!.. Punica! Eravamo arrivati all’anno mille, quando temevano la distruzione del mondo. F.: Io mi ricordo dei monaci amanuensi; D.: E quando quelli sono diventati poveri, sono cominciate le malattie e tutti si sono ritirati nei monasteri.
Data la copiosità del materiale scaturito dalla domanda iniziale si poneva il problema di come organizzare i contenuti che i ragazzi avevano ricordato, di decidere se era il caso ed eventualmente in quale misura rivedere le conoscenze incoerenti che erano emerse, e di come convogliare i dati e le informazioni in possesso dei ragazzi per l’acquisizione del concetto di civiltà. Questa prima fase di ristrutturazione si articolò in due momenti: I. ricercare le relazioni tematiche all’interno di questo elenco al fine di fornire un contesto significativo ai nomi, per cui Carlo Magno poteva essere ricondotto a I Franchi ed entrambi al Medioevo… e così via;
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II. attribuire una sommaria collocazione temporale agli avvenimenti citati riordinando secondo i criteri della successione e della contemporaneità i disegni raffiguranti gli argomenti storici ricordati. Già la prima fase del lavoro risultò estremamente difficoltosa in quanto l’unica capacità a cui i ragazzi tentarono di fare ricorso per svolgere il loro lavoro fu la memoria. Tuttavia, se questa li aveva assistiti nel menzionare gli argomenti, appariva insufficiente a fornire dati più significativi, informazioni più profonde e articolate, a ricostruire relazioni. Insomma dietro quei nomi emergeva un vuoto di conoscenza. Il Medioevo era una civiltà? Cosa centravano Romolo e Remo con le guerre puniche? Queste difficoltà divennero l’occasione per sollevare insieme alla classe una serie di problematiche interessanti che presto divennero oggetto per una riflessione collettiva. In primo luogo si pensò di individuare alcuni ambiti generali a cui ricondurre gli argomenti citati, e, senza sottilizzare troppo, si fissarono tre categorie concettuali: i personaggi storici, gli avvenimenti storici, le civiltà quali assi per l’ordinamento degli argomenti. Ecco in quali termini venne fornita la consegna:
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Dalla conversazione in classe sono emersi gli argomenti studiati lo scorso anno. Qui sotto ti viene fornito un breve elenco che riporta alcuni di questi argomenti (non tutti). Dato l’elenco scrivi accanto ad ogni tessera se si tratta di una civiltà, di un fatto storico o di un personaggio storico. Colora di rosso le tessere delle civiltà e circonda di verde quelle che in qualche modo sono collegate al medioevo
Civiltà primitive
Egizi
Galli
Italici
Unni
Crociate
Greci
I e II guerra punica
Barbari
Romani
Pipino il Breve
Carlo Magno
Caduta Divisione dell’Impero Romano
Monasteri
Islam
Arabi
Franchi
Monachesimo
Feudo
Medioevo
Il passo successivo fu quello di riordinare dal punto di vista temporale i temi studiati collocando i disegni lungo un asse cronologico approssimativo in cui gli operatori cognitivi messi in campo furono quelli della successione, della contemporaneità e della coerenza tematica; e così anche questo momento divenne un’occasione per riorganizzare le conoscenze mediante riflessioni, confronti, discussioni e ragionamenti. Ogni alunno elaborò una personale linea del tempo, dopodiché tutte le linee prodotte vennero presentate alla classe e
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motivate, innescando così un fertile confronto tra i ragazzi e una lunga discussione. Dal confronto emerse che quasi tutti i lavori ponevano al principio l’uomo primitivo, solo due su venti evidenziavano delle contemporaneità. Alla fine, comunque, i ragazzi decisero di assumere come linea comune di riferimento quella elaborata dal loro compagno M. Tale linea infatti, soprattutto nella prima parte, riproponeva la stessa successione individuata dalla maggior parte di loro, ed era risultata più convincente delle altre nella parte finale. Si riporta di seguito la consegna di partenza e il lavoro elaborato da M. come sintesi della discussione collettiva.
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“Dopo aver ricordato gli argomenti di storia studiati lo scorso anno, prova a riordinarli dal punto di vista temporale secondo i criteri della successione e della contemporaneità.”
CIVILTA’ PRIMITIVE
EGIZI
GRECI
ITALICI
I E II GUERRA PUNICA
ROMANI
BARBARI
UNNI
GALLI
CADUTA O DIVISIONE DELL’IMPERO
MEDIOEVO
ISLAM
ARABI
PIPINO IL BREVE
FEUDO
FRANCHI
MONACHESIMO
CARLO MAGNO
CROCIATE
MONASTERI
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Come si può osservare il lavoro ricalca l’ordine temporale proposto dai sussidiari, presenta qualche piccola deviazione dalla successione canonica che si trova nei testi, e una indecisione su dove/quando collocare Pipino il Breve, inizialmente inserito dopo gli Arabi e prima del Feudo, successivamente catapultato indietro nel tempo, tra gli Italici e le due guerre puniche. Presenta una contemporaneità
tra
monachesimo
e
monasteri,
individua
correttamente gli argomenti riconducibili al medioevo. Per queste sue caratteristiche venne giudicato dai compagni “corretto” e scelto come modello per una striscia del tempo collettiva. Naturalmente, come sempre accade all’interno di un gruppo classe in cui vi sono modalità e livelli diversificati di apprendimento, la maggior parte delle linee del tempo elaborate presentavano delle incoerenze, delle indecisioni, a volte i ragazzi non avevano saputo in quale ordine collocare le tessere, alcuni avevano tirato ad indovinare, coloro che non riuscirono a trovare argomentazioni
abbastanza
forti
per
sostenere
il
proprio
ragionamento, sottoscrissero la proposta del loro compagno che aveva mostrato maggior sicurezza e decisione nell’ordinamento dei tasselli. Una volta raggiunto il compromesso su ciò che “veniva prima” e ciò che “veniva dopo”, proposi di dare una collocazione spaziale agli argomenti menzionati individuando lo spazio geografico di ciascuno su un planisfero. Il prodotto finale elaborato sia in modo collettivo che in modo individuale fu “il grafico delle civiltà”, ovvero una mappa spazio-temporale del passato di alcuni popoli. Questa fase del lavoro riservò ai ragazzi le maggiori sorprese convincendoli di una cosa molto importante, cioè che nello studio delle civiltà del passato è assolutamente necessario un apparato spazio temporale di riferimento e generò delle problematizzazioni
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interessanti e utili per alcune riflessioni di ordine metodologico e didattico. In primo luogo si diffuse nella classe una sorta di “delusione” nel constatare che le tante pagine di storia studiate si riducessero ad uno spazio geografico ben delimitato e quello che loro avevano percepito fino a quel momento come lo studio del passato di tutto il mondo fosse in realtà il passato di una parte molto circoscritta; quel planisfero li aveva obbligati ad assumere un punto di vista spaziale molto diverso e aveva consentito loro di cogliere delle relazioni significative che la sola carta “regionale” non aveva saputo evidenziare. Inoltre il grafico temporale e il planisfero avevano consentito di mettere in relazione due assi portanti della conoscenza storica, lo spazio e il tempo, evidenziando lo spessore temporale degli argomenti studiati mai avvertito prima di allora, chiarendo che se nell’economia del sussidiario ai vari popoli viene dedicato lo stesso numero di pagine a questo non corrisponde la stessa durata sulla linea del tempo per cui a fronte di civiltà millenarie ve ne sono state altre dalla durata molto più breve, costringendo i ragazzi a modificare l’idea che i popoli si fossero succeduti come i capitoli nell’indice del sussidiario. A ulteriore chiarimento delle riflessioni fin qui elaborate si riporta di seguito il lavoro svolto dalla classe, con il prodotto finale e le riflessioni scaturite.
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Elaborato individuale prodotto dagli alunni della classe V sez.A della scuola elementare di San Lorenzo in Campo dal titolo: Il grafico delle civiltà.
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LE CIVILTA’ STUDIATE NELLO SPAZIO E NEL TEMPO Per poter collocare nel grafico temporale e nel planisfero le civiltà studiate lo scorso anno, abbiamo dovuto ricercare sui vecchi quaderni le date e le cartine e ci siamo resi conto che per alcune di esse mancavano informazioni sul tempo e sullo spazio. Le abbiamo ricercate e utilizzate per costruire un grafico spazio-temporale . Dall’osservazione del grafico abbiamo potuto capire elementi nuovi: le civiltà che abbiamo studiato non si sono susseguite una dopo l’altra, ma alcune di esse sono state contemporanee per spazi di tempo più o meno lunghi; che ci sono state civiltà durate più a lungo e altre durate di meno; che queste sono localizzate tutte nel bacino del Mediterraneo, e questo ci ha fatto pensare che quei popoli vissuti nel primo millennio a.C. sulle sponde del Mediterraneo navigavano in quello stesso mare, si conoscevano tra di loro, avevano rapporti commerciali, e, talvolta, si facevano la guerra. E IL RESTO DEL MONDO ERA VUOTO? Ecco le nostre ipotesi ……………………………………………
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L’AMERICA NON ERA STATA SCOPERTA MA ERA ABITATA DA TRIBU’ DI CACCIATORI RACCOGLITORI, DAGLI INDIANI E DAI PELLIROSSA (TRIBU’ DEI PIEDI NERI….)
FORSE NOI ABBIAMO STUDIATO SOLO QUELLE PIU’ IMPORTANTI CHE HANNO FATTO COSE O SCOPERTE FAMOSE E DI CUI TUTTI I LIBRI PARLANO. OPPURE QUELLE VISSUTE PIU’ A LUNGO, CHE SI SONO ESTINTE PIU’ TARDI, PER ULTIME.
FORSE C’ERANO DEI POPOLI QUA E LA’ MA NOI NON LI ABBIAMO CONOSCIUTI PERCHE’, SICCOME NON SI FACEVANO LA GUERRA, IL LIBRO NON CI RACCONTA NIENTE SU DI LORO. LE CIVILTA’ CHE NON VINCONO LE GUERRE E NON CONQUISTANO ALTRI POPOLI RIMANGONO PICCOLE E SI RIDUCONO SEMPRE DI PIU’ E POI SCOMPAIONO. PER QUESTO NON SI STUDIANO!
IN AFRICA C’ERANO SOLO GLI ANIMALI …
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I MILLENNIO a.C. : UN MONDO PIENO Andando a cercare alcune informazioni sui testi abbiamo scoperto che le nostre ipotesi e le nostre idee erano in parte sbagliate: che intorno al I millennio a.C. tutto il mondo era popolato; c’erano importanti civiltà, grandi regni e imperi in ogni continente. In Africa, ad esempio vi furono popoli sedentari che scoprirono l’agricoltura già tra il 6000 e il 5000 a.C, civiltà che intorno al V secolo a.C. commerciavano con i Cartaginesi. Sempre in Africa gli storici e gli archeologi hanno trovato resti di civiltà ricche e fiorenti che commerciavano con gli Arabi e con gli Europei.
Il lavoro appena presentato ci consente di effettuare alcune riflessioni metodologiche e didattiche utili per strutturare un percorso di studio sulle civiltà del passato: in primo luogo si sottolinea la scelta di affrontare questo argomento nella parte finale del ciclo elementare e non all’inizio della classe terza come vorrebbe la scansione tradizionale proposta dai programmi. Un concetto di civiltà ricco di quelle sfaccettature e delle implicazioni di cui si è detto in precedenza, si configura come un obiettivo di conoscenza elevato non paragonabile ad una gamma di informazioni tenute insieme da un esile tessuto narrativo; le stesse deduzioni e le riflessioni elaborate dai ragazzi non potrebbero scaturire da alunni di classe terza, per i quali è ancora opportuno proporre delle attività di ricostruzione di porzioni di passato in cui gli orizzonti temporali siano di facile dominio, gli spazi per quanto possibile percorribili e i temi vicini alla loro esperienza di vita. Gli obiettivi adeguati a questo livello di età, infatti, richiedono attività di ricostruzione di aspetti del passato della classe, del passato personale e generazionale, del passato locale sociale; attività queste basate su procedure controllate, sull’uso di fonti molteplici e varie, su operazioni mentali adeguate ai livelli di sviluppo cognitivo dei bambini di 7/8 anni.
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Secondariamente si evidenzia come la didattica delle civiltà di cui parlano i Programmi, possa uscire dalla sola dimensione teorica e libresca per arricchirsi di occasioni operative che vanno dalla conversazione alla strutturazione di grafici e tabelle, dalla costruzione di mappe, linee del tempo, all’uso di carte geografiche diversificate ampliando così per i bambini le chiavi di accesso ad un sapere storico formalizzato ed ermetico come quello confezionato dai sussidiari. In questa maniera i bambini potranno costruire in modo consapevole la rete concettuale in cui inserire le conoscenze relative ai vari popoli evidenziando i nessi che legano le informazioni che nei sussidiari sono spesso nascosti o, peggio, inesistenti. Si evidenzia, inoltre, come anche lo studio delle civiltà del passato risulti un contesto operativo adeguato all’uso degli operatori temporali quali la successione, la contemporaneità, il periodo, la durata, la datazione ecc., elementi che nel corso dei primi anni di scuola elementare gli alunni avevano conosciuto e utilizzato in riferimento alla ricostruzione del proprio passato immediato e personale. Questo trasferimento degli operatori cognitivi ad un contesto più difficile e formalizzato in cui gli orizzonti spaziali e temporali si ampliano considerevolmente ci permette anche di sottolineare la necessità di inserire le conoscenze storiche in un quadro dalle dimensioni mondiali uscendo in modo decisivo e convinto dalla visione eurocentrica ancora molto presente nei sussidiari e nella prassi educativa più comune. Balza agli occhi anche come, nei bambini, sia implicito identificare il libro di testo come la sede naturale della conoscenza storica che lì si cristallizza, per cui tutto ciò che viene dal libro assume dei connotati quasi dogmatici: dal sussidiario si evince che
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cosa è importante sapere del passato e della storia, che ci sono popoli più degni di altri di essere conosciuti, che gli avvenimenti politico-istituzionali e, soprattutto bellici, le guerre di conquista, sono l’elemento chiave sufficiente a motivare lo studio di un popolo. Le ipotesi elaborate dai ragazzi sullo stato del mondo nel I millennio a.C., ci rivelano cosa si agita nella loro mente, delineano l’immaginario prodotto e alimentato da una didattica “tradizionale” delle civiltà, evidenziano le storture che si possono generare se anche l’insegnante, oltre ai suoi allievi, utilizza il sussidiario come fornitore non mediato di conoscenza. Inoltre, sottolinea la necessità di far emergere che cosa i bambini sanno rispetto ad un argomento, quali sono le loro idee pregresse, le mappe concettuali già possedute dai nostri alunni al fine di rendere realmente proficuo e non dissonante il nostro intervento educativo. Infatti, prima di introdurre nel curricolo conoscenze nuove, è importante assicurarsi che quelle già possedute siano ben organizzate, solo a quel punto potremo procedere e puntare al sapere formalizzato rappresentato dalla disciplina. Ci viene inoltre ribadito come
una conoscenza storica
fondata sull’assemblaggio di dati e informazioni affidate al ricordo e alla memoria non produca alcun beneficio formativo; come lo spazio e il tempo siano cardini fondamentali nello studio di questa disciplina in quanto assumono il ruolo di organizzatori di conoscenza, di produttori di significato, per cui esigono una didattica non marginale, ma mirata e sapientemente articolata. Se si trascura l’aspetto del tempo inteso quale operatore e organizzatore cognitivo a più livelli e si accetta l’apparato temporale veicolato dal sussidiario si rischia di appiattire la dimensione cronologica al solo asse della successione e di non dare sufficiente visibilità alle durate, ai periodi, alla contemporaneità, alla ciclicità dei fenomeni
40
risolvendo il tutto nella giustapposizione di argomenti proposta dall’indice. Al contrario “la comprensione e il dominio della cronologia storica sono un requisito essenziale per lo studio della Preistoria e della Storia Antica. Dunque gli insegnanti dovrebbero progettare unità di apprendimento per formare il senso e il sapere cronologico.”6 Il più delle volte i sussidiari non offrono la possibilità di seguire tali percorsi e danno per scontata la comprensione dell’apparato temporale sotteso al testo privilegiando la dimensione evocativa del racconto, fornendo con parsimonia elementi per una datazione o periodizzazione precise, ripiegando su una cronologia che potremmo definire del tempo “semantico”. Se si scorre con l’occhio qualche pagina di sussidiario, non è raro ma è anzi consueto notare l’assenza di date e il ricorso a convenzioni terminologiche attinte dal linguaggio comune e riguardanti il tempo che possono risultare fuorvianti per una adeguata comprensione del testo. Il “più tardi” che nell’esperienza quotidiana dei bambini di 8/9 anni può significare “qualche ora dopo”, potrebbe coprire nel testo del sussidiario un periodo di qualche secolo o anche di millenni. La critica, pur condivisibile, al sapere storico - scolastico tradizionale fondato sulla difficoltà e inutilità di ricordare a memoria le tante date di eventi e fatti storici, non deve farci sottovalutare l’importanza dei riferimenti cronologici per lo studio del passato. In particolare, la conoscenza delle civiltà antiche presuppone la formazione di un sapere cronologico che si fonda su dati
6
Ivo Mattozzi, Le Indicazioni nazionali/Le opinioni, La Vita Scolastica n.18 2003, Ed. Giunti, Firenze
41
temporali precisi, che è frutto di una convenzione operata dagli uomini e che si riferisce ad eventi considerati fondamentali, o meglio “periodizzanti” per le civiltà stesse e che per questo può cambiare da una civiltà all’altra. Non a caso, durante l’esperienza di costruzione del grafico della civiltà, i ragazzi, una volta rilevata la carenza, se non addirittura la mancanza di appigli cronologici nei testi utilizzati nel corso dell’anno precedente, sono andati “a caccia” di indizi temporali, espressi sotto forma di numeri o di parole all’interno di altri testi, al fine di organizzare meglio il tema che si era scelto di approfondire. Oltre a quanto già detto, ci corre l’obbligo di rilevare un ultimo aspetto, certo non ultimo per importanza se si considera il ruolo centrale del bambino nel processo di conoscenza storica che ogni insegnante è chiamato a strutturare. Durante lo svolgimento dell’esperienza didattica, è stato possibile osservare i ragazzi, le reazioni di fronte alle sollecitazioni che via via venivano loro proposte, ed è stato possibile rilevare il grande e interesse e la forte motivazione che li ha accompagnati lungo il percorso: da una prima fase di compiacimento per il fatto di ricordare tante cose, tanti argomenti, ad un fase di crisi, per cui, i dati di cui erano in possesso, non apparivano sufficienti a testimoniare una reale conoscenza; dalla delusione provata nel costatare che la loro conoscenza del passato del mondo era in realtà limitata al solo bacino del Mediterraneo, alla curiosità e al desiderio di approfondire una ricerca di risposte più convincenti, per cui da semplici fruitori del sussidiario si sono trasformati in artigiani del loro sapere storico, in protagonisti attivi nella costruzione della loro conoscenza.
42
1.4 - Terzo versante: l’importanza di lavorare sulle preconoscenze Oltre all’aspetto cognitivo e a quello culturale, vi è un terzo versante molto importante da non trascurare nell’ambito di un’attività didattica riguardante la storia: esso riguarda la dimensione individuale collegata alla motivazione. Infatti anche nel curricolo di storia, e in particolare nella didattica dei Quadri di Civiltà,
la sfera emozionale della
personalità e la motivazione all'apprendimento rivestono un ruolo molto importante, costituiscono una preziosa risorsa di cui tenere conto. Soprattutto nella fase iniziale del processo formativo è importante che gli schemi pregressi, le attitudini e le preconoscenze dei ragazzi vengano fatti emergere e valorizzati come veri e propri trampolini di lancio verso le future attività didattiche. Ma
cosa
si
intende
precisamente
con
il
termine
"preconoscenze"? Si tratta di quelle conoscenze che i bambini possiedono per il fatto stesso di fare esperienze, di muoversi nel mondo, di far parte di un gruppo sociale, di avere scambi linguistici, di essere in interazione con l'ambiente. Queste si presentano sottoforma di parole, informazioni, concetti e danno conto di immagini mentali, rappresentazioni, concettualizzazioni e schemi cognitivi che i bambini usano nel loro procedere verso la costruzione personale della conoscenza; sono composte di frammenti di informazioni più o meno corrette, di concetti anche incoerenti, talvolta uniti da relazioni un po' forzate e bislacche, altre volte da legami logici sorprendenti. Il rapporto quotidiano con i bambini ci insegna che essi non partono mai completamente disarmati di fronte ad un argomento; spesso anche riguardo a temi inconsueti elaborano idee, operano deduzioni, costruiscono nessi.
43
La precedente mappa elaborata sulle risposte dei bambini di una classe V ci mostra come l’immaginario dei bambini collegato alla storia e in particolare alle civiltà sia ricco anche perché continuamente alimentato da una proliferazione di film, cartoni animati, materiale dell’editoria per l’infanzia collegato a temi storici del passato delle civiltà che contribuiscono a creare nella mente del bambino dei copioni e degli stereotipi di conoscenza operanti a livello mentale, cognitivo, destinati a sopravvivere e magari a prendere il sopravvento. Lavorare sulle preconoscenze significa far emergere ciò che i bambini già sanno, quali informazioni hanno acquisito, quali canali hanno veicolato tali conoscenze, qual è l'immaginario prodotto dalle notizie che in vario modo e nelle varie occasioni essi hanno assunto. Naturalmente rilevare le preconoscenze, portarle ad un livello di consapevolezza e di condivisione nella classe non è sufficiente, il problema è come gestire questo patrimonio di informazioni per utilizzarlo in modo proficuo e generativo, capace di “stimolare e sviluppare nei fanciulli il passaggio dalla cultura vissuta, assorbita direttamente dall’ambiente di vita, alla cultura come ricostruzione intellettuale”7. Questo substrato infatti rappresenta la base su cui l’insegnante dovrà innestare il sapere formalizzato rappresentato dalle discipline. Per questo è molto importante ricercare ed attuare strategie didattiche che tengano conto della struttura e delle caratteristiche epistemologiche della materia e che allo stesso tempo siano compatibili con il patrimonio di conoscenze elaborato autonomamente dai bambini. Gardner rileva l’importanza e la complessità della mente prescolastica e pre-disciplinare che ogni bambino si è venuto via via
7
44
Programmi Didattici per la Scuola Primaria, op. cit.
costruendo e considera cruciale l’incontro tra quelle che lui definisce
“mente intuitiva” e “mente secolarizzata”: “Questo
formidabile complesso costruito in proprio di teorie, competenze, idee e propensioni, i bambini lo portano con loro a scuola; e, naturalmente, è un tessuto che, a sua volta, influisce notevolmente sul modo in cui i giovani studenti imparano le nozioni nuove che vi incontrano… . Solo se queste teorie intuitive verranno riconosciute e affrontate, sarà possibile per il bambino (e per il suo maestro) stabilire in quali circostanze esse devono continuare a valere, quando non sono pertinenti e quando sono in contrasto con quelle conoscenze o con quelle credenze più formali sviluppate nella cultura di appartenenza che la scuola ha il compito di trasmettere.”8 Chiediamoci allora che cosa accadrà per la storia. “ I bambini incontrano la storia molto prima di arrivare a scuola. Ogni bambino si è formato nel corso della sua esperienza, un’idea del passato, della sua storia e della storia del mondo. Ha, cioè, delle preconoscenze che derivano dalla sua capacità di “organizzare” mentalmente le informazioni più disparate che gli arrivano dalla televisione, dal cinema, dalle conversazioni con gli adulti, dai libri. Perciò è opportuno dare spazio, nella programmazione, a una fase specifica dedicata alle preconoscenze dei
bambini:
tali
preconoscenze,
rilevate
e
rielaborate,
costituiscono il punto di partenza nel viaggio di costruzione di un nuovo sapere storico da costruire insieme. Se si ignora che cosa si agita nella mente dei bambini, il processo di apprendimento rischia di diventare “un’interazione muta”: gli alunni finiscono col rimanere impigliati nel loro schema mentale, trovano sempre maggiori difficoltà a mettere in connessione le cose che sanno con quelle che vengono loro insegnate. Questa consapevolezza deve
8
H. Gardner, Educare al comprendere. Stereotipi infantili e apprendimento scolastico, Milano, Feltrinelli, 2001
45
diventare un presupposto della programmazione e dell’azione didattiche.”9 A ben vedere, dunque, l’importanza dell’argomento e la complessità delle operazioni che esso innesca, configura una vera e propria “didattica delle preconoscenze”, che non può essere risolta e liquidata in un episodio isolato, una volta per tutte, ma diventa un abito mentale e operativo dell’insegnante, il fondamentale momento di avvio per ogni percorso di apprendimento. Tale didattica, infatti, si connota come una vera e propria palestra di creatività in quanto i ragazzi utilizzano i dati di cui già dispongono, li confrontano e li arricchiscono con elementi nuovi combinandoli secondo criteri diversi ed inconsueti per arrivare ad una costruzione mentale del tutto nuova rispetto a quella originale. In virtù di queste caratteristiche, la didattica delle preconoscenze si arricchisce di un altro aspetto molto importante: la trasversalità rispetto a tutte quelle discipline che, come la storia, prevedono un percorso attivo e dinamico di costruzione della conoscenza.
9
L. Coltri, Che cosa sai della storia, Laboratorio di Storia – Classi III – V Sez. Didattica, La Vita Scolastica n. 2, Giunti Scuola, Firenze, 2002.
46
CAPITOLO II
Il quadro di civiltà nella prospettiva del curricolo verticale
2.1 - Alcune questioni generali Nel panorama delle problematiche didattiche ancora aperte riveste un ruolo importante la questione del curricolo verticale, ovvero la necessità di considerare la cultura storica in maniera coerente ma fluida, non ripetitiva, adeguata alle strutture cognitive di un alunno in formazione che si diversifichi nei vari segmenti scolastici e che si fondi su una mediazione didattica adeguata alle varie età, rispondente agli obiettivi programmatici previsti per ogni specifico segmento. La questione non può certo essere liquidata con la distribuzione dei capitoli dell’indice del manuale di storia tra i vari ordini scolastici, ovvero essere ridotta al piano della spartizione dei contenuti, ma merita una riflessione più articolata che tenga in considerazione alcune variabili e alcune costanti. In relazione a quanto appena affermato si cercherà di individuare nello schema seguente10 quali sono gli elementi di
10
Rielaborazione degli schemi a cura di I. Mattozzi, La costruzione del curricolo continuativo nell’area geo-storico-sociale a partire dalla storia. Questioni di contenuti, di strumenti, di mediazione didattica, dalla relazione n. 2
47
continuità, i fili conduttori da non interrompere nel passaggio da una scuola all’altra e quali gli elementi di specificità che caratterizzano e differenziano un segmento scolastico da quello precedente e da quello successivo.
Centralità del soggetto che apprende Ruolo delle preconoscenze
Elementi di continuità: COSTANTI
Importanza delle operazioni cognitive e rispetto dell’impianto disciplinare
Centralità della mediazione didattica
Metodologia che si fonda sull’operatività
I “contenuti” ovvero le conoscenze e i sistemi che le organizzano
Strumenti che veicolano la conoscenza storica (fonti e testi) e loro uso
Elementi di specificità: VARIABILI
Complessità delle operazioni cognitive e delle abilità richieste
Modalità di comunicazione del sapere elaborato
del corso di aggiornamento in storia per gruppi di ricerca didattica sull’insegnamento della storia nella scuola elementare e media, Arcevia, 1996.
48
L’assunto
iniziale da cui
partire
per
poter
parlare
sensatamente di curricolo verticale in storia è una concezione di questa disciplina come processo di conoscenza, per cui la storia non è un sapere dato e cristallizzato, ma un sapere da costruire. Questo carattere processuale della costruzione del sapere storico si fonda su alcuni pilastri strutturali, costante elemento di riferimento nella programmazione didattica sia che questa venga pensata per la scuola materna, sia che riguardi la scuola elementare piuttosto che la scuola media. Innanzitutto la centralità dell’alunno come soggetto del processo di conoscenza, con il suo bagaglio affettivo ed esperienziale che nell’incontro con la disciplina diviene soggetto di operazioni cognitive. Questo rilancio dei valori cognitivi e disciplinari non va posto come alternativo alla dimensione affettiva dell’alunno, al contrario come la risposta all’altezza del suo bisogno di conoscenza. Infatti, tematizzare il passato, cioè scegliere che cosa studiare di esso, cercare le tracce che ha lasciato e individuare solo quelle più coerenti e significative, renderlo visibile mediante un grafico temporale, sono operazioni mentali che aiutano l’alunno ad organizzare in maniera significativa dati e informazioni in modo da renderli rispondenti ai propri bisogni affettivi e alla motivazione all’apprendimento. Altro elemento forte, centrale e ricorrente riferito al curricolo verticale e strettamente legato al soggetto che apprende è la questione della mediazione didattica. Con questi due termini si intende definire l’attività di organizzazione
continua
e
dinamica
dell’insegnamento
e
dell’apprendimento allo scopo di rendere accessibili e interessanti le singole conoscenze e il sistema del quale esse fanno parte. Ciò richiede un lavoro di trasformazione delle une e dell’altro allo scopo di ristrutturarli secondo criteri didattici per renderli adeguati
49
ai soggetti dell’apprendimento, cioè agli alunni, alle loro strutture cognitive diverse per età, esperienze pregresse, per motivazione, per cui è necessario un continuo lavoro di diagnosi delle loro competenze, delle loro preconoscenze e dei loro interessi. Vi è un terzo elemento “fisso” che rappresenta un denominatore comune e un ordinatore dei saperi storici, che richiede una didattica continua ma differenziata, ovvero il concetto di tempo. Questo rappresenta un elemento costante nello svolgimento del curricolo verticale di storia, pur variando in relazione al tipo di approccio di cui esso necessita, all’età dell’allievo, al contesto operativo di riferimento. La centralità del tempo si concretizza con la realizzazione in classe di esperienze diversificate ma continue di educazione temporale fin dalla scuola materna che continuano nella scuola elementare e non si interrompono drasticamente in classe terza con l’inizio dell’uso del manuale come solitamente accade nella didattica tradizionale, ma continua per tutto l’arco della scuola primaria fino alla terza media arricchendosi di spessore e di complessità11. Questo asse di convergenza delle esperienze e delle conoscenze storiche presuppone un’idea di tempo non ridotta alla sola unità di misura dei fatti, ma concepisce il tempo come strumento mentale utile a ordinare fenomeni, a stabilire relazioni tra di loro, a fornire significati. Parallelamente a questi obiettivi fissi da perseguire lungo tutto l’arco del periodo scolastico, ve ne sono, come abbiamo già detto, altri suscettibili di modifiche e cambiamenti in quanto legati al livello scolastico in cui ci si trova ad operare. Primo fra tutti quello dei “contenuti” o meglio delle singole conoscenze e dei sistemi che le organizzano. Esiste infatti una
11
P. Sandri, La didattica del tempo convenzionale, Milano, Franco Angeli Editori, 1997.
50
gradualità nell’approccio agli argomenti, o meglio un progressivo livello di difficoltà per la costruzione del sapere storico che prevede vari stadi di elaborazione : 1) in primo luogo la costruzione da parte del bambino di concetti interpretativi della realtà strettamente collegati alla sua esperienza di vita quotidiana, da cui sono generati e dalla quale traggono il loro significato; si tratta di “semplici” concetti spaziali, sociali o economici come la famiglia, l’agricoltura, il paese, la città, il lavoro, l’artigianato, l’industria, la religione, ecc. su cui il bambino può essere invitato a riflettere e a lavorare per poter attribuire loro concretezza e significato. 2) Successivamente
sarà
opportuno
puntare
alla
storicizzazione di questi concetti ovvero alla loro collocazione in un panorama spazio-temporale più ampio e articolato caratterizzato da referenti diversi rispetto al “qui e ora”; 3) il raggiungimento dello stadio precedente consentirà di elaborare conoscenze riferite a stati di cose in un tempo e in uno spazio che nel corso della scuola elementare possono assumere i connotati dei quadri di civiltà; 4) un livello successivo in cui questi stati di cose entrano in rapporto dinamico, divengono elementi di paragone, dando agli scolari la possibilità di ricostruire i processi di trasformazione che hanno portato, ad esempio, da uno stato all’altro; 5) Vi è un ulteriore livello della conoscenza storica che si caratterizza per l’elevato grado di formalizzazione ma che comunque può rappresentare un obiettivo se non alla portata degli allievi della scuola dell’obbligo, sicuramente adeguato a studenti degli ordini successivi. Esso prevede la capacità
51
di formulare problemi di tipo storico, cioè l’abitudine a chiedersi il perché delle grandi trasformazioni del passato del mondo. Questo processo graduale finalizzato alla costruzione di una personalità pronta per uno studio consapevole della storia, porta con sé una progressione anche rispetto agli strumenti che veicolano la conoscenza, cioè le fonti e i testi, e alle modalità di comunicazione del sapere elaborato.
2.2 Copioni di conoscenza, quadri di civiltà, processi di trasformazione. Nel corso del paragrafo precedente sono state individuate delle fasi progressive che delineano nel loro complesso un possibile itinerario di costruzione della conoscenza storica a partire dalla scuola dell’infanzia. Se, come si è più volte ribadito, tale itinerario prevede specificatamente per la scuola elementare la costruzione e la conoscenza di quadri di civiltà del passato, è lecito chiedersi come queste possano essere adeguatamente preparate nel corso del segmento scolastico precedente, quello della scuola dell’infanzia, ovvero quali esperienze sia opportuno predisporre per i bambini di 4/5 anni che siano fondanti e in un certo senso propedeutiche alle conoscenze storiche da costruire successivamente. Oltre ad un primo approccio alla dimensione del tempo mediante esperienze di educazione temporale riguardanti la didattica del tempo convenzionale, è opportuno guidare i bambini alla costruzione di quelli che Gardner chiama “copioni di conoscenza”
e
che
rappresentano
una
delle
forme
di
categorizzazione della realtà proprie dei bambini in età prescolare.
52
Con il termine “uso dei copioni”, l’autore definisce la tendenza
innata
descrittivamente caratteristiche,
e degli
sono
naturale eventi
dei
bambini
ricorrenti
riconducibili
a
ad
che,
categorie
identificare
per
le
loro
esperienziali
significative e familiari. “ Per esempio, il copione di una festa di compleanno di un bambino americano prevede, per lo meno, l’arrivo degli ospiti, una qualche attività comune, uno spuntino, l’apertura dei pacchi contenenti i regali, infine il coro Happy Birthday to you”.12 Proprio grazie ai caratteri di comparazione e trasferibilità i copioni rappresentano anche un riferimento per dare significato ad eventi inediti della propria esistenza, per cui quando il bambino incontra nella sua esperienza di vita scolastica o extrascolastica una sequenza di eventi sconosciuti cercherà di misurarli, compararli e metterli in relazione ai copioni che gli sono più familiari allo scopo di fornirli di significato. Questa operazione rappresenta la prima fase di costruzione di concetti interpretativi della realtà circostante. In questo senso è opportuno che la scuola predisponga delle attività significative adeguate e finalizzate all’arricchimento della gamma dei copioni, durante le quali, le esperienze vissute, possano diventare oggetti rappresentabili e su cui sia possibile riflettere. Il lavoro sui copioni, inoltre, rappresenta in prospettiva un investimento di conoscenza poiché può prevedere due potenziali sviluppi: da una parte consente di preparare i bambini alla costruzione del quadro di civiltà del presente grazie alle esperienze di conoscenza della realtà in cui vive ed è inserito; dall’altra costituisce una premessa importante alla storicizzazione dei concetti stessi, alla collocazione di questi lungo l’asse del tempo.
12
H. Gardner, Educare al comprendere, op. cit.
53
A titolo esemplificativo può essere utile fare un accenno ad un’esperienza condotta nell’anno scolastico 2002/2003 nella scuola materna dell’Istituto comprensivo statale “Dante Alighieri” di S. Lorenzo in Campo relativa alla fattoria. A partire dalla lettura della favola de “I tre porcellini” i bambini hanno cominciato a conoscere l’ambiente di una vera fattoria; mediante visite guidate hanno potuto vedere come è fatta oggi una fattoria, chi ci vive, chi ci lavora e quali attività vi si svolgono; quanti e quali sono gli animali che vi vengono allevati e qual è il loro impiego, chi è l’allevatore e che cosa fa. I bambini hanno anche visitato un grande allevamento di suini ed hanno concluso la loro esperienza nella bottega del macellaio. Questa attività può costituire un adeguato contesto per la costruzione
di
concetti
come
quello
dell’allevamento,
dell’agricoltura, della trasformazione e conservazione dei cibi che serviranno successivamente ai bambini per comprendere meglio alcuni tratti caratteristici di quell’uomo agricoltore e allevatore che si incontrerà più volte nello studio del passato e che caratterizzerà delle forme di civiltà tipiche di alcuni gruppi umani rispetto ad altri. Questo patrimonio di esperienze e di concetti costruiti nel corso della scuola dell’infanzia, infatti, troverà una evoluzione e un approfondimento nel corso del segmento scolastico successivo, quello della scuola elementare, durante il quale gli alunni dovranno collocare nel passato i concetti conosciuti e procedere ad una operazione di storicizzazione. Concetti complessi come quelli di AGRICOLTURA o di ALLEVAMENTO ritorneranno utili, ad esempio, nello studio di una civiltà come quella dei Romani, prevalentemente connotata nei sussidiari
per
la
propria
organizzazione
politica
e
per
l’espansionismo militare ma raramente letta come civiltà
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dell’agricoltura e dell’allevamento, che ha trovato proprio in questa forma di economia la chiave per il proprio sviluppo, per la nascita di strutture sociali e politiche complesse e articolate. Giunti alla scuola elementare, conosciuti i diversi quadri di civiltà in cui tanti concetti hanno trovato una preciso significato, è opportuno rientrare nell’ottica del curricolo verticale e chiedersi quali siano i possibili sviluppi di questa mappa formata da quadri diversi. Se la mappa delle civiltà costruita dai ragazzi nel corso della scuola elementare è strutturata in modo da rendere i vari quadri comparabili, questa diventerà un contesto problematizzante adeguato a generare nei bambini delle curiosità e delle domande che essi si porteranno dietro nel nuovo ciclo di studi. “I bambini, attraverso la costruzione dei quadri di civiltà, imparano che l’umanità è piena di problemi, di progressi, di arretramenti, di momenti di stasi...però non sanno perché. Quindi entrano nella classi successive della scuola di base carichi di problemi, a differenza di adesso che entrano nella scuola media con la sensazione di aver già studiato la Storia, e quindi si chiedono perché la devono ristudiare ancora.”13 In questa prospettiva possiamo individuare con maggiore chiarezza gli obiettivi di conoscenza da perseguire nel corso della scuola media che siano il più possibile congruenti con la didattica dei quadri di civiltà e cioè la comprensione di quei processi di trasformazione che hanno consentito ad una civiltà di evolversi, di mutare le proprie caratteristiche strutturali, oppure di cogliere le grandi trasformazioni segnate da fatti storiografici rilevanti o da eventi periodizzanti.
13
Intervista a I. Mattozzi, Il Curricolo di Storia nella nuova scuola di base. Le civiltà a quadri, a cura di Mario di Rienzo, La Vita Scolastica n. 15, 2000.
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Una didattica finalizzata alla comprensione dei processi di trasformazione si fonda naturalmente sulla conoscenza del quadro di civiltà in quanto deriva da un confronto tra due situazioni per molti aspetti comparabili: una situazione di partenza (o stato del mondo iniziale, es. il mondo romano nel periodo imperiale) e una situazione di arrivo ( o stato del mondo finale, es. il mondo medievale) e dalla rilevazione di mutamenti e permanenze. Parallelamente dovrà superare la dimensione statica e descrittiva del quadro e acquisire un maggior dinamismo narrativo sia in relazione ai testi e ai materiali che veicolano le informazioni, sia per quel che riguarda le modalità di comunicazione della conoscenza costruita. Avviene infatti a questo punto del percorso di formazione storica il passaggio da una conoscenza semplice e descrittiva ad un sistema di conoscenze che si mettono in moto. La ricostruzione di processi di trasformazione, infatti, oltre a presupporre le categorie narrative del PRIMA, DOPO, e quindi anche quella del DURANTE, si caratterizza per la sua accresciuta complessità strutturale in cui le informazioni non sono soltanto giustapposte, ma collegate da relazioni di diversa natura, temporale, causale, spaziale, consequenziale ecc. Di pari passo è opportuno prevedere un mutamento anche negli strumenti che veicolano le conoscenze e nella modalità della comunicazione del sapere elaborato. In una prima fase un ruolo preponderante verrà affidato alle conversazioni guidate, alla rappresentazione grafica e iconica delle esperienze vissute sia al di fuori della scuola che all’interno di percorsi programmati per la classe. L’utilizzo di una canale espressivo come quello del disegno consente ai bambini di esprimere liberamente le loro idee senza essere condizionati da giudizi od opinioni contrastanti, e costituisce
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un patrimonio non “volatile” a cui è possibile ritornare in ogni momento. Anche il ricorso al “parlare” rappresenta un’abitudine a cui è bene non rinunciare in alcuna fase evolutiva dell’apprendimento in quanto oltre ad assumere un importante valore diagnostico favorisce la dimensione della socializzazione e dell’interazione tra pari. Già nella scuola elementare le rappresentazioni iconiche e i disegni possono evolversi in rappresentazioni simboliche più complesse e formalizzate. In questa fase, infatti, comincia ad essere ricorrente l’uso di grafici, schede, tabelle, linee del tempo e, soprattutto nell’ambito della didattica dei quadri di civiltà, un ruolo fondamentale continua ad essere rappresentato dalle immagini che possono assumere la forma di carte geografiche, riproduzioni di fonti o reperti, ricostruzioni di ambienti di vita, diorami per l’inquadramento geografico e ambientale ecc. Queste infatti si caricano di un considerevole potere semantico in quanto facilitano la costruzione mentale di immagini del passato che il solo testo scritto non potrebbe veicolare. Oggi poi, è possibile prevedere l’uso di audiovisivi, di CD Rom a carattere storico che costituiscono un interessante quanto utile sussidio per la conoscenza descrittiva dei popoli del passato. Nella
seconda
parte
della
trattazione
sarà
possibile
evidenziare l’importanza dell’uso delle immagini per lo studio della storia e verificare il loro sostegno all’azione didattica. Il
successivo passaggio alla scuola media, sebbene non
significhi il superamento di questi strumenti e l’approdo esclusivo al testo del manuale, rappresenta un momento importante per evidenziare come la conoscenza storica si connoti maggiormente per la sua dimensione testuale, ragion per cui comincia a farsi sempre più frequente e necessario l’uso dei testi storiografici per i
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quali sarà importante prevedere una azione didattica che ne faciliti l’uso e ne favorisca la comprensione.
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CAPITOLO III
Il quadro di civiltà a partire dalla storia locale
3.1 – Rapporti tra dimensione locale e dimensione generale della storia insegnata Nelle pagine precedenti si è cercato di individuare subito l’obiettivo del lavoro didattico (ovvero il Quadro di Civiltà) definendolo nei suoi elementi strutturali, fornendo la descrizione delle sue caratteristiche costitutive. La prospettiva scelta per tale analisi è quella di chi, avendo chiaro il punto di arrivo, si chiede quale possa essere il percorso più giusto e funzionale al traguardo da raggiungere, quali siano le attrezzature intellettuali più utili da costruire. In questo senso l’esperienza di ricerca storico-didattica appare un punto di partenza particolarmente significativo e stimolante. Infatti, per costruire categorie concettuali di carattere generale, è essenziale per i bambini muoversi in contesti vicini al loro ambiente di vita, collocati in spazi percorribili, ricchi di oggetti reali da guardare e “manipolare”. Ma quali sono le potenzialità formative di un percorso di conoscenza basato sulla ricerca storica? Quali le implicazioni cognitive della didattica della storia locale in rapporto ai Quadri di Civiltà?
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Le attività di ricerca e sperimentazione sulla didattica della storia che ormai da anni si vanno sommando dimostrano che l'esperienza diretta di lavoro con le fonti è fondamentale nel percorso di formazione storica dei ragazzi. Per questo tale attività dovrebbe essere, non solo auspicata, ma garantita nell'arco di un completo e serio ciclo di studi. Le motivazioni che ci obbligano come insegnanti a fare questa scelta sono molteplici e fortemente coerenti tra di loro: prima tra tutte il rispetto della struttura epistemologica della disciplina. Se è vero che la storia che si studia sui libri è il frutto di un processo di conoscenza che nasce da una domanda rivolta al passato, si fonda sulla ricerca di fonti e documenti da cui ricavare informazioni, su operazioni mentali che permettono di ricostruire fatti accaduti in un tempo e in uno spazio per poi approdare ad un testo che comunichi i risultati del lavoro, è evidente che gli stessi "ingredienti" debbono potersi ritrovare nell'ambito di un curricolo disciplinare di storia. In secondo luogo, avvicinarsi alla conoscenza storiografica recuperandone gli itinerari fondamentali, è previsto dagli stessi Programmi. Lavorare sulle tracce, inoltre, risponde a diversi bisogni cognitivi ed emotivi degli alunni: genera in loro l’idea che il passato è interessante e conoscibile, favorisce la costruzione di concetti storici importanti come quello di “fonte”, con le conseguenti problematiche del loro reperimento e della loro lettura; consente di dare valore ad oggetti, edifici, immagini e scritti che provengono dal passato scoprendone le potenzialità informative, promuove la capacità di compiere delle inferenze evidenziando come anche lo studio della storia concorra allo sviluppo del pensiero e del ragionamento; rimuove la tradizionale concezione della storia come materia orale evidenziandone gli aspetti operativi; aiuta a valorizzare il patrimonio culturale che li circonda favorendo una fruizione più interessata e attiva e facendo crescere nei futuri cittadini il senso del valore e del significato dei beni culturali;
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infine consente di scoprire un legame significativo tra la disciplina storia e il proprio territorio di appartenenza.14 Scegliere di partire da un contesto di storia locale permette quindi di acquisire capacità cognitive e strumentali specifiche e forti dando così agli alunni la possibilità di arrivare alla conoscenza della storia generale in maniera più consapevole e partecipata. In tal modo, infatti, si evidenzia come la storia locale assolva ad una, non certo l’unica, delle sue specifiche funzioni: quella di fornire significati concreti a modelli generali che altrimenti rischierebbero di restare solo enunciazioni astratte e generiche. Una volta definiti i rapporti tra dimensione locale e dimensione generale della storia e dopo aver compreso quanto la prima possa essere fondante per l’altra, si cercherà di evidenziare come entrambi questi aspetti dello studio della disciplina siano legati alla costruzione del Quadro di Civiltà. In via preliminare, però, ci sembra opportuno riflettere su alcune concezioni inconsapevoli quanto diffuse nella pratica didattica che possono a nostro parere offuscare l’importanza di questo legame. Generalmente, e certo non a torto, si tende ad associare al termine di civiltà una dimensione geografica che potremmo definire mondiale e una dimensione temporale che si proietta in un passato molto lontano. In altre parole, quando si comincia a parlare di civiltà ai ragazzi di IV o V elementare la scala spaziale e quella temporale sembrano doversi necessariamente dilatare proiettando i contenuti della conoscenza molto lontano dal punto di vista geografico e cronologico. Ne consegue che i soli strumenti adeguati a fornirci informazioni per questo tipo di conoscenza siano i testi storiografici. 14
Cfr. La raccolta egizia di Giuseppe Acerbi, Percorso Didattico per la scuola elementare, Museo Civico di Palazzo Te, Assessorato alla Cultura del Comune di Mantova, Cooperativa Librai Mantovani.
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Queste asserzioni sono sicuramente esatte ma possono risultare riduttive per l’ampiezza di un concetto come quello di civiltà. A ben vedere, infatti, anche i nostri bambini sono inseriti in un tessuto spaziale, sociale, storico, e materiale che qualora si decidesse di trasformare in oggetto di studio diverrebbe quello che ormai da più parti si connota come “quadro di civiltà del presente”. Inoltre non è certo raro nella nostra realtà territoriale imbattersi in castelli, rocche e fortificazioni, monasteri, chiese o altri monumenti del passato, case coloniche, zone di interesse archeologico con annessi musei, biblioteche o archivi che ci consentono di trovare legami concreti e significativi con momenti diversi del nostro passato locale e che nel contempo rimandano ad altrettanti significativi aspetti di storia generale. Quindi, perché quando è possibile, non prevedere nell’ambito del nostro progetto educativo finalizzato alla costruzione di un quadro di civiltà un momento di contatto con il territorio che ci circonda, capace di offrirci spunti interessanti, concreti e reali per il raggiungimento di conoscenze più generali? In tal modo sarà possibile perseguire importanti obiettivi: evidenziare che il concetto di civiltà si configura come una chiave di lettura di uno spazio vicino in un certo punto del passato, una lente attraverso cui poter leggere e dare significato ai “rilevanti avvenimenti civili, politici e religiosi di cui sono stati protagonisti i popoli, personalità e forme di organizzazione che nel tempo hanno contraddistinto l’evolversi della società umana” di cui si parla nei programmi; Comprendere che la storia dell’umanità e la storia locale non sempre viaggiano su binari paralleli destinati a non incontrarsi mai, ma che il nostro passato locale coincide in certi momenti e per certe situazioni con il passato generale del mondo che si studia sui libri di testo.
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Ancora, strutturare un Quadro di Civiltà partendo da una ricerca di storia locale ci consente di non considerare quest’ultima come un mero campo di esercitazione per le operazioni storiche, ma come un utile supporto intellettuale e culturale per comprendere fenomeni generali, nazionali o sopranazionali. Infine tale itinerario evidenzia come il Quadro di Civiltà si arricchisca di quella triplice valenza, culturale, cognitiva e motivazionale, di cui si è già parlato nel primo capitolo in quanto favorisce la costruzione di un modello di conoscenza del passato che abbia per oggetto lo studio di un popolo, di un gruppo umano, vissuto in un certo tempo nel nostro stesso territorio di appartenenza nel quale ha lasciato una testimonianza di sé e del proprio modo di vita, e che allo stesso modo, qualsiasi civiltà, anche la più lontana da loro nello spazio e nel tempo, non è il frutto di una narrazione leggendaria, ma il prodotto di una ricerca storica fondata sull’uso di fonti e reperti.
3.2 – Uso didattico dei beni culturali per l’elaborazione della conoscenza storica. La prospettiva fin qui illustrata evidenzia la centralità del territorio dal punto di vista didattico e l’importanza di un rapporto sinergico tra scuola ed enti preposti alla tutela e alla salvaguardia dei beni culturali; entrambi infatti concorrono al raggiungimento di un comune obiettivo pur nelle proprie specifiche funzioni e competenze: considerare il territorio un’importante risorsa per un apprendimento storico significativo in cui i luoghi e i segni del passato divengono oggetti reali e non virtuali capaci di veicolare informazioni significative in contesti motivanti. Ai fini di un’educazione integrale, infatti, è importante che gli studenti comprendano la funzione di musei, archivi siti
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archeologici ecc. in quanto luoghi della storia, istituzioni deputate alla conservazione dei beni culturali e soprattutto in quanto espressione della memoria collettiva di una comunità. Solo un approccio positivo e coinvolgente al bene culturale presente nel proprio ambiente di vita renderà gli alunni fruitori consapevoli e “difensori” essi stessi del patrimonio storico che li circonda. Fortunatamente in questi ultimi anni si sta sempre più diffondendo tra le strutture museali e simili la convinzione che la scuola rappresenti un referente fondamentale per la scoperta e il rilancio del territorio e del suo patrimonio storico e culturale. Infatti si vanno moltiplicando da più parti sezioni didattiche all’interno dei musei, dei siti archeologici e degli archivi: proposte di laboratori gestiti da operatori museali calibrate per bambini della scuola dell’obbligo piovono copiose quasi ogni giorno sulle cattedre degli insegnanti. Tuttavia, sebbene questo importante servizio sia da salutare come un segnale estremamente positivo, è importante che gli insegnanti non deleghino esclusivamente a queste figure il ruolo di mediatori didattici della conoscenza ripiegando sulla funzione di organizzatori di visite guidate. La mediazione didattica rimane competenza fondamentale (certamente non esclusiva) degli insegnanti che coerentemente con i programmi e l’epistemologia della disciplina hanno il compito di ricercare strategie adeguate agli stili di apprendimento dei propri allievi; inoltre, la percezione degli oggetti museali, dei documenti e dei reperti archeologici come FONTI del passato rimane una conquista intellettuale che la scuola ha il compito da garantire. Nella pratica didattica della storia locale questo significa prevedere e mettere in conto tutta una serie di attività specifiche: monitoraggio delle risorse presenti sul territorio, preparazione dei materiali specifici elaborati per il raggiungimento di obiettivi
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formativi, competenze di tipo pedagogico-didattico e disciplinare, tempo per l’analisi e lo studio di oggetti, per la progettazione del percorso e delle schede di lavoro. E’ lungo questo articolato percorso di programmazione che sarà importante la collaborazione e il supporto degli operatori museali, del personale competente nei vari ambiti specifici di conoscenza. Sulla base delle motivazioni sopra elencate nasce il progetto didattico di cui si parlerà nella III parte di questo lavoro che prevede l’approdo al Quadro di Civiltà a partire da un’esperienza di storia locale.15 La convinzione che sorregge e anima tale progetto parte da un’idea di bambino che acquisisce attivamente competenze e conoscenze, che è agente attivo delle sue conquiste culturali e cognitive,
ma
soprattutto
dalla
volontà
di
escludere
l’improvvisazione didattica a favore di una programmazione educativa attenta alle procedure e agli strumenti per la loro verifica. Lungo questo cammino, il bambino si dovrà cimentare in un percorso variegato per tipologie esperienziali: lavoro individuale, lavoro di gruppo, comunicazione orale individuale, stesure di testi. Le varie fasi di lavoro, i gradini di conoscenza, la motivazione, gli interrogativi, la ricerca di risposte evolvono all’interno del gruppo classe dove ognuno dà e riceve per creare l’esperienza complessiva dell’apprendimento. Lungo questo cammino il ruolo dell’insegnante non sarà quello di portatore di conoscenze già elaborate, ma quello di facilitatore e co-costruttore attivo di una conoscenza nuova.
15
Come esempio di felice collaborazione tra scuola ed enti operanti sul territorio si segnala il fascicolo curato da L. Cella e G. Longhi, Castelli… di tutti i colori, Nuove Arti Grafiche Artigianelli, 2001.
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Con questa esperienza infatti, si tende a perseguire un duplice obiettivo: l’educazione al patrimonio e al bene culturale e lo sviluppo di una pluralità di competenze di ordine disciplinare.
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