UNINDUSTRIA BOLOGNA Workshop - giovedì 3 aprile 2008 Copyright by Total Quality Food Consultants s.r.l. – Ogni marchio, segno distintivo o testo contenuto nella presente pagina non è riproducibile né trasmissibile a terzi senza autorizzazione di Total Quality Food Consultants s.r.l.
Bologna – Workshop 3 aprile 2008
IL QUADRO NORMATIVO AGROALIMENTARE ITALIANO E COMUNITARIO
Relatore:
Massimo Buonavita Responsabile Unità Legale - Total Quality Food Consultants
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Un quadro normativo in via di sviluppo
Molte sono le novità normative o le questioni giuridiche problematiche o “aperte” del diritto alimentare italiano e comunitario.
In questa sede ci occuperemo di alcune delle più rilevanti fra di esse. esse
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Le più rilevanti tematiche
Lasciando la trattazione del Reg. CE n°1924/2006 all’appuntamento del 13 giugno prossimo, le tematiche di oggi riguardano alcuni importanti settori normativi nei quali sono intervenuti sviluppi e modifiche recenti, e/o che per loro natura si presentano, da sempre, come particolarmente problematici.
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Le più rilevanti tematiche
Nell’ottica di voler approfondire e discutere un quadro di argomenti interessanti per le imprese, sono stati individuate le seguenti tematiche: - Organismi geneticamente modificati (OGM)
- Allergeni - Prodotti da Agricoltura biologica - Alimenti arricchiti - Olio extra vergine di oliva e indicazione dell’origine - Evoluzione del quadro sanzionatorio
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Organismi geneticamente modificati (OGM)
L’argomento è interessante soprattutto dal punto di vista dell’etichettatura dei prodotti alimentari: sia per quanto riguarda ll’obbligo obbligo di riportare in etichetta ll’eventuale eventuale presenza di OGM, sia per quel che attiene alla possibilità di vantarne l’assenza con un apposito claim.
Dunque la presenza / assenza di OGM rileva non solo nell’etichettatura obbligatoria dei prodotti alimentari, ma anche nella loro pubblicità volontaria. volontaria
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Dichiarazione obbligatoria degli OGM
La dichiarazione obbligatoria degli OGM in etichettatura ricorre ogniqualvolta un prodotto contiene un ingrediente geneticamente modificato, modificato nel quale cioè siano presenti proteine o DNA derivati da modificazioni genetiche.
La dichiarazione obbligatoria, dovrà avvenire citando l’avvenuta modificazione genetica in prossimità dell’ingrediente che ha subito tale modifica.
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Dichiarazione obbligatoria degli OGM
Per esempio, una lecitina di soia geneticamente modificata potrà essere dichiarata nell’elenco degli ingredienti come:
“l iti “lecitina di soia i (geneticamente ( ti t modificata)”, difi t )”
oppure come “lecitina di soia (ottenuta da soia geneticamente ge e ca e e modificata)”, od ca a) ,
o con altre diciture dallo stesso significato.
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Dichiarazione obbligatoria degli OGM
L’obbligo di indicazione degli OGM che è stato descritto, si applica agli ingredienti, inclusi gli additivi e gli aromi quando essi siano geneticamente modificati o derivino da OGM.
Vi sono tuttavia alcune esenzioni dall’obbligo di indicare la presenza di OGM in etichettatura.
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Dichiarazione obbligatoria degli OGM
La prima esenzione, di carattere generale, opera nel caso in cui la percentuale di OGM sia inferiore allo 0,9% dell’ingrediente dell ingrediente che li contiene contiene. Questo criterio si applica tal quale ai prodotti monoingrediente, e con riferimento a ciascun ingrediente dei prodotti composti.
Quindi, per questi ultimi non esiste una tolleranza sul prodotto finito, ma solo su ciascuno dei suoi ingredienti.
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Dichiarazione obbligatoria degli OGM
Perché l’esenzione appena trattata operi, è tuttavia necessario che la presenza tollerata massima (pari allo 0 9%) di OGM 0,9%) OGM, sia dovuta ad una “causa causa accidentale accidentale”, e che sia “tecnicamente inevitabile”.
In mancanza di una chiara interpretazione autorevole sul significato delle due espressioni “causa accidentale” e “tecnicamente inevitabile”, si tende ad identificare la prima come una causa non determinata dall dall’uomo uomo, e la seconda come una contaminazione che si è verificata nonostante l’azienda avesse preso tutte le precauzioni che la tecnologia offre per evitarla.
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Dichiarazione obbligatoria degli OGM
Altre esclusioni dall’obbligo di indicare gli OGM in etichetta si applicano:
a tutte t tt le l sostanze t giuridicamente i idi t non considerate id t come “ingredienti”, quali i coadiuvanti tecnologici, i supporti per gli additivi e gli aromi ecc. ecc;
A tutti i prodotti di origine animale (non solo carni, ma anche uova, latte, latticini ecc ecc.), che derivino da animali nutriti n t iti con mangimi OGM o curati c ati con medicinali OGM.
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Dichiarazioni volontarie di assenza di OGM
Come tutte le diciture di carattere “pubblicitario”, anche la dicitura “Senza OGM” o simili è soggetta al divieto di cui all’art all art.2 2 del d.lgs.109/92, d lgs 109/92 ai sensi del quale non è possibile vantare una qualità di un prodotto alimentare, quando tutti gli altri prodotti simili la possiedono
Dunque, la dicitura “Senza OGM” sarà illegittima per tutti i prodotti che, di norma, non devono contenere OGM o non ne contengono nella prassi produttiva consolidata
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Dichiarazioni volontarie di assenza di OGM
Quindi, non sarà lecito vantare l’assenza di OGM sull’etichettatura del riso o della farina di frumento (perché tali ingredienti non possono contenere OGM) OGM), mentre sarà corretto vantare tale circostanza sull’etichettatura di una lecitina di soia, o di una farina di mais, perché è noto che tali prodotti potrebbero aver subito una modificazione genetica.
Sarà inoltre lecito vantare ll’assenza assenza di OGM dall’alimentazione degli animali e/o dal loro trattamento medico, se tale circostanza è veritiera e documentabile.
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Dichiarazioni di assenza di OGM
Naturalmente, l’eventuale dichiarazione volontaria di assenza di OGM, presuppone che nessun OGM sia presente nel prodotto prodotto, neppure in via accidentale, accidentale per ragioni tecnicamente inevitabili ed entro la soglia di tolleranza dello 0,9%.
Infatti, la garanzia prestata volontariamente al consumatore circa l’assenza di OGM, non può essere condizionata da eccezioni e deroghe deroghe, che quindi operano solo sull’eventuale indicazione obbligatoria.
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Allergeni
La tematica giuridica e concreta degli allergeni è interessante perché, nonostante la presenza di una normativa comunitaria che ne ha definito ll’elenco elenco, sussistono ancora delle problematiche interpretative e pratiche aperte. In questa sede sede, vogliamo riassumere sinteticamente il quadro giuridico in vigore, e dare qualche indicazione utile per le problematiche non ancora ben definite a livello di interpretazione. interpretazione Vogliamo inoltre dare delle indicazioni utili su come dichiarare gli allergeni, e su come e quando è possibile vantarne l’assenza l assenza.
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Allergeni: il quadro consolidato
L’allergene è un ingrediente che, per sua natura, risulta dannoso ad una certa parte della popolazione.
Con la C l direttiva di tti 2003/89/CE (recepita ( it in i Italia It li dal d l D.lgs.114/2006), sono state individuate le categorie di allergeni, la cui presenza in un prodotto alimentare va indicata anche in tutti i casi in cui non sussisterebbe l’obbligo di indicazione dell’ingrediente in questione (perché ad esempio è un coadiuvante tecnologico, tecnologico o un ingrediente che si potrebbe dichiarare solo con il nome della categoria ecc. ecc).
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Allergeni: il quadro consolidato
Gli allergeni individuati dalla Direttiva 2003/89/CE sono: cereali contenenti glutine, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia latte soia, latte, frutta a guscio guscio, sedano sedano, senape senape, semi di sesamo e derivati di tutte queste categorie, nonché anidride solforosa e solfiti in concentrazione maggiori di 10 mg/Kg o 10 mg/L espressi come SO2.
Recentemente, la Direttiva 2007/68/CE, ha ampliato la lista degli allergeni ai lupini lupini, ai molluschi e a loro derivati. derivati
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Allergeni: le problematiche aperte
Nonostante il fatto che la normativa comunitaria (e di riflesso anche gli atti di recepimento della medesima in Italia) abbia definito con precisione quali siano gli allergeni da dichiararsi in etichettatura, non sono state ancora fissate delle soglie di tolleranza al di sotto delle quali gli allergeni si considerano assenti.
Le imprese si trovano dunque nella situazione di dover garantire la totale assenza di allergeni per non doverne dichiarare in etichettatura la possibile presenza (come obbligatorio ai sensi della normativa).
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Allergeni: le problematiche aperte
Soltanto per l’anidride solforosa e i solfiti, è stata individuata a livello comunitario la concentrazione di 10 mg/Kg o 10 mg/L espressi come SO2, SO2 quale soglia sotto la quale non scatta l’obbligo di etichettatura
A livello nazionale, anche per il glutine è stata individuata la soglia di tolleranza dei 20 ppm (20 mg/Kg)
Invece, al di fuori dei due casi sopraccitati, l’azienda deve ga anti e la totale assenza garantire assen a di allergeni alle geni per pe non do doverne e ne dichiarare la possibile presenza in etichettatura, e deve farlo ottenendo analoghe garanzie prima di tutto dai suoi fornitori, e poi da chi si occupa del processo produttivo.
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Allergeni: come si dichiarano
Non vi sono modalità “codificate” per l’indicazione obbligatoria degli allergeni all’interno dell’elenco degli ingredienti. ingredienti
Dunque l’azienda è libera di fornire la dichiarazione obbligatoria nel modo che essa preferisce, naturalmente a condizione che questo sia chiaro ed univoco per i consumatori.
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Allergeni: come si dichiarano
E’ allora possibile dichiarare la presenza certa di un allergene direttamente nell’elenco degli ingredienti, tramite il suo nome specifico (es. (es “lecitina lecitina di soia” soia , specificando cioè la natura della lecitina utilizzata).
Oppure, la presenza degli allergeni può essere dichiarata alla fine dell’elenco degli ingredienti (es “contiene soia”).
E’ invece superfluo dichiarare gli allergeni in caso di p odotti che prodotti che, g grazie a ie alla loro lo o denomina denominazione ione legale di vendita, forniscono già ampiamente l’informazione (quindi, per esempio, non è necessario dichiarare l’allergene “latte” in un prodotto denominato “formaggio”).
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Allergeni: come si dichiarano
Anche l’eventuale, possibile, presenza di allergeni, deve essere dichiarata in etichettatura per evitare che, in caso di contaminazioni di varia natura, natura il prodotto finito possa contenere accidentalmente un ingrediente – allergene.
In questo caso, è possibile utilizzare espressioni quali ad esempio “prodotto in uno stabilimento che lavora frumento, uova e latte”, o anche espressioni del tipo “può contenere tracce di frumento, frumento soia e latte” latte .
Entrambe le alternative sono corrette, sebbene sia sempre preferibile dare al consumatore un’informazione certa, e non ipotetica, sulla presenza di allergeni.
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Allergeni: quando si può vantarne ll’assenza assenza
Anche in questo caso, come per gli OGM che sono stati trattati in precedenza, l’assenza di un allergene si può dichiarare solo se ciò costituisce un elemento differenziante rispetto ai prodotti similari, e non invece una caratteristica comune a tutti loro per espressa disposizione normativa e/o per consolidata prassi produttiva.
Dunque, per esempio, ha certamente senso ed è lecito dichiarare ll’assenza assenza dell’allergene dell allergene “uova” uova da un biscotto (che ben può contenerne), mentre al contrario non ha alcun valore differenziante, ed è quindi illecito, vantare l’assenza di glutine da un succo di frutta.
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Agricoltura biologica: un nuovo Regolamento
La categoria merceologica degli alimenti ottenuti secondo il metodo dell’agricoltura biologica, è stata per anni disciplinata dal Reg Reg. CEE n°2092 n 2092 del 1991, 1991 che stabiliva le regole di produzione e composizione degli alimenti così classificati, nonché le regole di etichettatura, presentazione e pubblicità .
Di recente, il Reg. CEE n°2092 del 1991, è stato abrogato e sostituito dal Reg Reg. CE n°834 n 834 del 2007. 2007
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Agricoltura biologica: cosa cambierà
L’abrogazione del vecchio Reg. CEE 2092/91 ad opera del nuovo Reg. CE 834/07, avrà però effetto a partire soltanto dal primo gennaio del 2009 2009, in quanto entro quella data sarà necessario risolvere alcune problematiche concrete, riguardanti sia le modalità di produzione ed i criteri di composizione dei prodotti alimentari da agricoltura biologica, sia la loro etichettatura.
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Agricoltura biologica: cosa cambierà
Sotto il profilo delle regole di produzione e composizione degli alimenti da agricoltura biologica, è prevedibile che almeno parte delle norme tecniche contenute nel Reg Reg. CEE 2092 del 1991 verrà modificata, e quindi c’è da attendersi che gli operatori dovranno adeguarsi a disposizioni anche sensibilmente differenti rispetto a quelle che hanno sempre seguito ed applicato sino ad ora.
Per queste ragioni ragioni, è necessario monitorare attentamente gli sviluppi normativi, anche per evitare che la mancata tempestività nell’adeguamento alle norme che verranno, si traduca nella violazione delle stesse da parte delle aziende dopo lo spirare di un auspicabile regime transitorio.
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Agricoltura biologica: cosa cambierà
Sul piano dell’etichettatura, un’importante novità è già contenuta nel nuovo Reg. 834/2007.
Si tratta t tt dell’obbligo d ll’ bbli di dichiarare di hi l’origine l’ i i delle d ll materie t i prime di origine agricola, distinguendo quantomeno quelle di origine comunitaria da quelle di origine extracomunitaria
E così, nel primo caso andrà utilizzata la dicitura. “Agricoltura UE”, nel secondo la dicitura “Agricoltura non UE” nel caso di p UE”, provenienza o enien a mista mista, la dicit dicitura a “Ag “Agricoltura icolt a UE/non UE”.
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Agricoltura biologica: cosa cambierà
Sarà inoltre possibile dichiarare in modo ancor più dettagliato la provenienza delle materie prime di origine agricola riportando cioè lo specifico paese ove esse sono agricola, state coltivate od ottenute.
Quindi, sarà possibile fornire al consumatore la garanzia che un prodotto alimentare da agricoltura biologica è stato ottenuto interamente con materie prime coltivate in Italia, se ciò è veritiero e documentabile. documentabile
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Alimenti arricchiti: novità dalla UE
Con il Regolamento n°1925 del 2006, l’Unione Europea ha finalmente emanato una disposizione normativa uniforme in materia di prodotti alimentari arricchiti con vitamine e minerali.
Va però detto che, a fronte del raggiungimento di qualche importante traguardo nell’ambito dell’armonizzazione di un settore che, tradizionalmente, è sempre stato affidato alla normazione interna dei singoli Stati Membri, Membri il nuovo Regolamento lascia aperte numerose lacune “storiche” e, per giunta, ne introduce di ulteriori.
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Alimenti arricchiti: i risultati raggiunti
Iniziando dai risultati raggiunti in termini di armonizzazione delle normative, possiamo affermare che il Reg 1925/2006 rappresenti Reg. rappresenti, in generale, generale la prima “pietra” pietra per costruire una legislazione comunitaria nel settore degli alimenti arricchiti che garantisca davvero la libera circolazione delle merci.
In tal senso, è un fatto rilevante che il Regolamento contenga la lista delle vitamine e dei minerali che si possono aggiungere agli alimenti arricchiti, nonché l’elenco delle fonti ammesse per apportare ciascuna delle vitamine e dei minerali precisati.
(segue)
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Alimenti arricchiti: i risultati raggiunti
Oltre alla già presente lista delle vitamine e dei minerali ammessi, nonché delle loro fonti, il Reg. 1925/2006 si pone ll’obbiettivo obbiettivo di istituire un “Registro Registro delle (altre) sostanze il cui impiego negli alimenti è vietato, soggetto a restrizioni o sottoposto alla sorveglianza della Comunità”.
Questo registro dovrà essere compilato sulla scorta delle indicazioni che proverranno dalle autorità competenti dei singoli Stati membri, membri e nell nell’ottica ottica di creare finalmente una lista armonizzata che sostituisca le disposizioni nazionali sulla sicurezza degli alimenti arricchiti in vigore entro il 19 gennaio del 2014.
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Alimenti arricchiti: i problemi aperti
Nelle more dell’adozione di questo “Registro”, tuttavia, gli Stati membri saranno ancora gli unici arbitri nel settore, dato che le loro legislazioni nazionali stabiliscono quali sono, ad esempio, i limiti minimi o massimi di utilizzo di determinate sostanze (vitamine e minerali inclusi) negli alimenti arricchiti.
E così, ì ad d esempio, i in i Italia li le l vitamine i i e i minerali i li possono di norma essere aggiunte entro il limite massimo del 150% del loro RDA (razione giornaliera raccomandata) per dose giornaliera, mentre in Francia, in Belgio o nei paesi scandinavi esistono limiti più rigorosi, dettati da diverse valutazioni scientifiche in materia di sicurezza degli alimenti.
Sarà davvero possibile mettere d’accordo tutti ?
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Alimenti arricchiti: i problemi aperti
Un’altra problematica non risolta dal Reg.1925/2006, è rappresentata dall’individuazione degli alimenti che non si possono arricchire con vitamine e minerali. minerali
La norma comunitaria, infatti, vieta l’aggiunta di vitamine e minerali ai “prodotti alimentari non trasformati”, da intendersi a titolo esemplificativo e non limitativo come “frutta, verdura, carne, pollame e pesce”.
Proprio P op io pe perché ché l’elenco p presente esente nella no norma ma non è limitativo, si pone il dubbio su quali altri alimenti si debbano considerare “non trasformati” e per questo non “arricchibili”.
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Alimenti arricchiti: i problemi aperti
In merito a questa problematica, il nostro Ministero della salute ha adottato un’interpretazione molto restrittiva della nozione di “alimenti alimenti non trasformati”, trasformati , facendo rientrare nella medesima (e nel divieto di arricchimento) soltanto gli alimenti che non hanno subito alcuna trasformazione, e permettendo al contrario di arricchire prodotti mono – ingrediente, ingrediente come il latte e l’olio di oliva, purché essi abbiano subito un trattamento di trasformazione (la pastorizzazione nel caso del latte, la frangitura delle olive nel caso dell’olio di oliva).
Ma, anche in tal caso, le posizioni prese dagli altri Stati membri potrebbero essere diverse, cioè più restrittive, e questo potrebbe ovviamente causare problematiche nella libera circolazione delle merci.
( (segue) ) © Copyright by Total Quality Food Consultants s.r.l. – Ogni marchio, segno distintivo o testo contenuto nella presente pagina non è riproducibile né trasmissibile a terzi senza autorizzazione di Total Quality Food Consultants s.r.l.
Alimenti arricchiti: novità di etichettatura
Da ultimo, è interessante notare che l’articolo 7 comma 3° del Regolamento 1925/2006, rende obbligatorio riportare sull’etichettatura sull etichettatura di tutti gli alimenti arricchiti l’etichettatura nutrizionale prevista dall’art.4, par.1, gruppo 2 della Direttiva 90/496/CEE, cioè il modello ad “otto voci” (o “big8”) riprodotto nella pagina che segue.
A tali otto voci, naturalmente vanno aggiunte le vitamine e i minerali presenti, presenti i loro tenori e quando esistente il corrispondente in RDA (razione giornaliera raccomandata)
(segue)
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Alimenti arricchiti: novità di etichettatura
Valori nutrizionali medi per 100g di prodotto
Valore energetico…kcal / …kJ
Proteine…g
Carboidrati…g
di cui zuccheri…g zuccheri g
Grassi…g
di cui acidi grassi saturi…g
Fibre alimentari…g
Sodio…g
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L’etichettatura d’origine degli oli vergini ed extra vergini di oliva: contrasti normativi
Il quadro giuridico attuale presenta un contrasto fra la normativa comunitaria (Reg. CE 1019/2002), nella quale si stabilisce che l’indicazione l indicazione dell’origine dell origine dell dell’olio olio vergine ed extra vergine e delle olive dalle quali è stato ottenuto ha natura facoltativa, e la recente normativa italiana (Decreto 9 ottobre 2007).
ai sensi di quest’ultima, l’indicazione del paese di raccolta delle olive e di quello ove è situato il frantoio da cui è stato estratto l’olio (se diverso dal primo), sono obbligatorie.
(segue)
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L’etichettatura d’origine degli oli vergini ed extra vergini di oliva: contrasti normativi
Più precisamente, il comma 2° dell’art.2 del Decreto 9 ottobre 2007 stabilisce che: “Qualora le olive siano state coltivate in uno Stato o Paese diverso da quello in cui e e' situato il frantoio, nell'etichetta deve essere riportata la seguente dicitura: "Olio estratto in (indicazione dello Stato o Paese in cui e' situato il frantoio) da olive coltivate in (indicazione dello Stato o del Paese di coltivazione delle olive) olive)".. E se la raccolta avviene in più Stati, dovranno essere tutti indicati .
Tale obbligo, deve considerarsi già in vigore, ed in pratica verrà applicato all’annata di olio vergine ed extra vergine di oliva del 2008.
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L’etichettatura d’origine degli oli vergini ed extra vergini di oliva: contrasti normativi
Dopo aver rilevato la presenza di una norma nazionale in contrasto con il proprio Regolamento, l’Unione Europea ha ingiunto all all’Italia Italia di abrogare il Decreto 9 ottobre 2007
L’Italia, tuttavia, ha ribadito l’intenzione di mantenere in vigore il Decreto, motivandola con la necessità di difendere l’interesse dei consumatori italiani a conoscere l’origine degli oli vergini ed extra vergini di oliva.
Quindi, Q indi il cont contrasto asto no normativo mati o non ha ancora anco a trovato t o ato una na soluzione.
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L’etichettatura d’origine degli oli vergini ed extra vergini di oliva: contrasti normativi
Di conseguenza, le etichette degli oli vergini ed extra vergini di oliva che non ottempereranno all’obbligo di indicare l’origine l origine dell dell’olio olio e delle olive conformemente a quanto stabilito dal Decreto 9 ottobre 2007, potranno essere sanzionate dalle autorità ispettive italiane con le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art.18 del d.lgs.109/92;
Tuttavia, secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia Tuttavia UE che, nei casi di contrasti fra normative comunitarie e nazionali, queste ultime devono considerarsi inapplicabili.
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L’etichettatura d’origine degli oli vergini ed extra vergini di oliva: contrasti normativi
Quindi, in conclusione, le aziende che dovessero incorrere in una sanzione amministrativa pecuniaria comminata da un’Autorità un Autorità ispettiva italiana per violazione del Decreto 9 ottobre 2007, potranno ricorrere avverso tale sanzione presso la giurisdizione italiana e comunitaria al fine di ottenere l’annullamento.
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Le sanzioni applicabili al diritto alimentare
Come ultimo argomento trattato, abbiamo voluto fare una sintesi delle principali sanzioni che operano nel settore alimentare individuando i casi di più frequente alimentare, applicazione ed associandoli a qualche caso concreto.
Naturalmente, questa sintesi non intende esaurire l’intera materia delle sanzioni nel diritto alimentare, in quanto numerosi comparti merceologici si caratterizzano per la presenza di mezzi sanzionatori specifici. specifici
La trattazione, riguarderà specialmente le violazioni delle normative inerenti l’etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari.
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Sanzioni amministrative
La sanzione più frequentemente applicata al settore alimentare, e specificamente alle violazioni in materia di etichettatura presentazione e pubblicità degli alimenti etichettatura, alimenti, è quella prevista dall’art.18 comma 1° del d.lgs.109/92, e consiste nel pagamento a titolo amministrativo pecuniario di una somma che va da euro 3.500 ad euro 18.000 nel caso di violazione dell’art.2 della medesima norma.
Generalmente, al trasgressore viene proposto il pagamento Generalmente in misura ridotta della somma di euro 6.000, pari ad un terzo del massimo previsto.
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Sanzioni amministrative
Ricordiamo che l’art.2 del d.lgs.109/92, vieta di:
a)
indurre in errore l'acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare (quali natura, natura identità, identità qualità, qualità composizione, composizione quantità, quantità conservazione, origine o provenienza, modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto);
b)
attribuire al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;
c)
suggerire che il prodotto alimentare possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche;
d)
attribuire al prodotto alimentare proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana o accennare a tali proprietà.
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Sanzioni amministrative
Alcuni casi concreti di violazione dell’art.2 d.lgs.109/92, possono essere:
a) )
La presenza di informazioni L i f i i non esatte tt in i etichetta, ti h tt come per esempio la dicitura “100% italiano” sull’etichetta di un alimento che, pur essendo stato fabbricato in Italia, comprende alcune materie prime di origine non italiana;
b)
l’attribuzione ad un alimento di proprietà funzionali che esso non possiede (pe (per esempio esempio, la dicit dicitura a “ai “aiuta ta la digestione” sull’etichetta di un prodotto che non ha questa caratteristica
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Sanzioni amministrative c) l’uso di claims quali “senza conservanti” o “senza coloranti” nell’etichettatura di prodotti alimentari che non possono contenerne per legge (come per esempio la pasta o il latte fresco). In questi casi, i claims non hanno alcun valore differenziante verso i prodotti similari, e sono dunque illegittimi. d) Affermazioni di tipo salutistico che lascino intendere che un prodotto alimentare curi o prevenga una malattia umana, quali ad esempio “l’aglio cura le infezioni”, “è un prodotto senza grassi e quindi previene l’obesità” ecc. ecc
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Sanzioni penali
Molti casi inquadrabili come violazioni dell’art.2 del d.lgs 109/92, e quindi sanzionabili a livello amministrativo pecuniario possono anche comportare l’applicazione pecuniario, l applicazione di sanzioni penali.
Si tratta delle informazioni errate che, qualora siano in grado di modificare radicalmente il comportamento d’acquisto del consumatore, sono inquadrabili come “frode nell’esercizio nell esercizio del commercio” commercio (art (art.515 515 Codice Penale) Penale).
In queste ipotesi, la sanzione penale applicabile può arrivare anche alla reclusione sino a due anni.
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Sanzioni penali
Alcuni casi concreti potrebbero essere:
-
L’uso di claims quali “senza conservanti”, “senza coloranti”, l ti” “ “senza OGM” o “senza “ grassi” i” per prodotti d tti che h invece contengono sostanze che fanno parte delle categorie di cui invece si vanta l’assenza.
-
L’uso di denominazioni di vendita o menzioni qualitative quando non ricorrono le condizioni: per esempio definire “f esco” un “fresco” n latte che non ne possiede le ca caratteristiche atte istiche L’uso di affermazioni false che incidono sensibilmente sulla buona fede dei consumatori, quali “cura il cancro”, “dimagrimento rapido” ecc. ecc.
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Pubblicità ingannevole e concorrenza sleale
Gli stessi casi che potrebbero essere oggetto di sanzioni penali (visti nella slide precedente), sono in genere anche inquadrabili come ipotesi di “pubblicità pubblicità ingannevole” ingannevole o “concorrenza sleale”.
Per questo, essi sono soggetti alle sanzioni previste dal “Codice del Consumo” (d.lgs. N°206 del 2005) e dai decreti legislativi n°145 e 146 del 2007 sulla tutela dei consumatori e delle imprese nei confronti delle pratiche pubblicitarie o commerciali ingannevoli o sleali.
(segue)
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Pubblicità ingannevole e concorrenza sleale
Le violazioni di queste norme, vengono accertate ed applicate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che può agire di propria iniziativa Mercato, iniziativa, ma anche su richiesta di un concorrente o di un consumatore.
Le sanzioni applicabili alle violazioni possono consistere: - Nel pagamento di somme a titolo amministrativo pecuniario sino ad un massimo di 500.000 euro. - nell’obbligo di sospendere le pratiche considerate come casi di pubblicità ingannevole o di concorrenza sleale (interrompere ( p una campagna p g p pubblicitaria,, eliminare una determinata dicitura presente su di un’etichetta.)
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Pubblicità ingannevole e concorrenza sleale
L’Autorità Garante ha inoltre la facoltà di obbligare le aziende condannate alla pubblicazione (a loro spese) di una rettifica rettifica, con la quale si informa il pubblico sul fatto che una determinata pubblicità o dicitura di etichettatura è stata considerata ingannevole o sleale.
La rettifica viene in genere pubblicata su uno o più quotidiani, oppure anche sul sito web dell’azienda condannata. condannata
Bisogna infatti sottolineare che anche la comunicazione a mezzo internet è considerata a tutti gli effetti come una forma pubblicitaria verificabile e dunque sanzionabile.
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