Politiche Sociali News
Una stagione intensa vissuta per gli altri Cari lettori,
Gian Carlo Abelli, Assessore alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia.
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in occasione dell’ultimo numero di Politiche Sociali News dell’anno cogliamo l’occasione per fare un riassunto di questi ultimi mesi, così importanti per l’attività del mio Assessorato. I bilanci veri delle attività degli Amministratori li fanno gli utenti, i primi che hanno potuto vedere e conoscere iniziative, opportunità e soluzioni che erano parte di un programma di Giunta. Desidero perciò solo accennare alcuni dei fatti più significativi che hanno caratterizzato la nostra azione e che sono l’approdo di tanti progetti, di un cammino che deve proseguire. Il fatto più significativo è stato il Piano Socio Sanitario approvato a Marzo. I principi di libertà del cittadino, della centralità della persona, di sussidiarietà nell’operare vengono approfonditi, descritti e portati avanti con molta forza. Dalla Legge 31/97 si vede ancor meglio ora il percorso di programmazione della Regione Lombardia in tema di assistenza e sanità. La persona e la sua libertà sono sempre più protagonisti nella scelta dei servizi: buoni e voucher sanitari e sociali hanno nella libertà personale e familiare un riferimento oggettivo. Meno gestione burocratica, più li-
bertà di scelta, più servizi per la persona sono i primi risultati. Gli erogatori di servizi infine sono quelli più vicini al cittadino: è l’applicazione semplice e diretta della sussidiarietà verticale e orizzontale. Si pone un rilancio al Terzo Settore, alle grandi risorse del Non Profit e dell’Associazionismo civile, il territorio può godere sempre più di queste risorse vive e libere. L’integrazione dei Servizi Socio-Sanitari e Assistenziali, la progettazione locale rilanciata dai Piani di Zona, da una parte realizza quanto previsto dalla Legge 328/00, dall’altra impegna gli amministratori lo-
cali a mettersi insieme per un’omogenea linea di intervento nella progettazione locale. È il passaggio auspicato dal Welfare pesante e centralista al Welfare Leggero e Comunitario. Si è scritto molto sui giornali a proposito del Piano e spesso non si è approfondito questo passaggio che riafferma il ruolo delle grandi e forti risorse destinate allo stato sociale (RSA, RSH, IDR, etc…), ma che introduce nuove forme di assistenza sociale e domiciliare, integrate e vicine alle esigenze delle persone in difficoltà, alle famiglie. Con il progetto di riforma delle IPAB si intende riportare l’istituzione benefica all’originaria funzione sociale. Forme di sostegno nate da bisogni della società civile e che possono ritornare patrimonio dei soggetti della contemporanea rete della solidarietà sociale. Volutamente in questa occasione segnalo un grande fatto progettuale e alcune novità del sistema socio sanitario mentre non sono state elencate le singole iniziative per i soggetti fragili e le realizzazioni di riforma di settore. Un riassunto sul tema programmatorio e di sistema. Nel prossimo anno decolleranno altre e importanti iniziative. Sono progetti che vedono come protagonisti i disabili (il 2003 è stato destinato dalla Unione
Europea alla disabilità) i minori (qui prevediamo una nuova legislazione regionale per tutelare la crescita e l’educazione dei più giovani) gli immigrati (con significativi sportelli di aiuto) il mondo del servizio civile (oggetto di una importante riforma) il volontariato in genere che nella recente 2a Conferenza ha posto questioni delicate e la necessità di recuperare i più giovani al cammino della solidarietà. Anche il pianeta anziani vedrà sostanziali interventi per migliorare il quadro assistenziale e socio-sanitario. Nell’augurarvi una buona lettura chiudiamo un anno di lavoro, con un’agenda molto nutrita di cose fatte, da concludere e da realizzare. Una nuova stagione. Buone festività a tutti i lettori e un auspicio di frutti copiosi nel nuovo anno. Gian Carlo Abelli Assessore alla Famiglia e Solidarietà Sociale
Direttore Responsabile
Sommario
Bruno Calchera
Volontari oggi Una giornata interamente dedicata a loro, i volontari, migliaia di persone che trascorrono parte del loro tempo nell’assistenza di chi ha bisogno. Volontariato oggi significa trasformazione in imprese sociali? Non sempre. Tastiamo il polso della situazione con i contributi, importanti, e l’analisi di esperti del settore con interviste, opinioni e commenti.
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Disabili e difficoltà nel vivere le città Tanti doveri come qualsiasi cittadino, ma quali diritti per la popolazione disabile? Nel convegno “MuoverSì” la Regione Lombardia, in collaborazione con Atm e Ledha, ha analizzato la situazione odierna fatta di progetti, ma ancora con tante contraddizioni. E le città continuano a rimanere lontane dalla portata dei disabili.
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Coordinamento
Ornella Fusé Comitato di Redazione
Umberto Fazzone, Luciano Di Pietra, Marina Gerini, Giuseppina Coppo, Carla Dotti Collaboratori
Giancarlo Iannello, Annamaria Plantamura, Luigi Leone, Alessandro Di Scalzi, Concetta Malaspina, Loris Fantini, Paola Rosa Romanello, Pietro Farneti, Carmen De Francesco, Maria Romano, Graziana Ponte. Realizzazione grafico-editoriale
Servizi Editoriali P.zza De Angeli, 3 20146 - Milano In redazione
Lorenzo Cresci, Enrica Suzzi Fotografie
Francesco Laera
Artigiani tra solidarietà e sociale Oltre 30 associazioni lombarde hanno esposto i propri prodotti nella Piazza della Solidarietà, nell’ambito della settima Fiera dell’Artigianato, a Milano. Un’occasione per mettere in mostra le capacità artigiane degli associati di organizzazioni che operano nel mondo del sociale.
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Sped. in abbonamento postale
comma 20/c art. 2 legge 549/95 Milano Registrazione del Tribunale
di Milano n. 297 del 14-4-1998 Stampa
Litografica Srl - via Malvaglio, snc 20022 - Castano Primo (Mi)
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2002, l’anno
della libertà di scelta dei cittadini Si chiude un anno importante per l’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale caratterizzato dal Piano Socio-Sanitario Regionale e dalla trasformazione del Welfare. a cura di Lorenzo Cresci
Umberto Fazzone è il Direttore Generale dell’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia.
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n anno di svolta, un an no importante, un anno che, per certi versi, si potrebbe definire rivoluzionario. La Regione Lombardia, e l’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale in particolare, ha vissuto un’intensa stagione politica che ha portato alla definizione di linee strategiche per la politica dei prossimi anni, sia in ambito sanitario sia in ambito sociale e assistenziale. È , il 2002, l’anno del Piano Socio Sanitario Regionale, quel PSSR di cui tan to abbiamo parlato e tanto senti remo parlare. Di questo e altri argomenti abbiamo discusso con il Direttore Generale dell’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale Umberto Fazzone. Ecco il testo dell’intervista che ci ha rilasciato.
anni? «Sono stati introdotti concetti importanti quali l’accreditamento, la qualità, la sussidiarietà, la programmazione. Concetti che hanno in fondo rivoluzionato il modo di pensare e che hanno portato a obiettivi concreti come la libertà di scelta da parte del cittadino, la libertà di azione dell’erogatore all’interno di un quadro definito per aumentare la qualità, la sussidiarietà orizzontale sia per il Terzo sia per il Quarto settore, ovvero la famiglia». Ci ha disegnato un quadro confortante, direi quasi tutto rose e fiori... Ma ci sarà pure qualcosa che non siete riusciti a realizzare e che proprio non le va giù? «Spesso i tempi di applicazione dei nostri progetti, delle nostre iniziative, sono lunghi e non per responsabilità nostre. Capita, purtroppo, che la velocità d’azio ne della Regione sia superiore a quella di certe strutture che sono deputate a recepire i “messag gi”, rimanendo imbrigliati nella complessità del percorso stesso. Un esempio? Il Prestito d’onore. Ci sarebbe piaciuto riuscire ad arrivare al completamento del progetto e, quindi, a metterlo in pratica fornendo crediti a tassi a gevolati. Problemi di vario gene re con gli istituti bancari hanno impedito la realizzazione. Ci riproveremo».
Si chiude un anno intenso. Qual è stato l’elemento caratterizzante? «Sicuramente l’approvazione del PSSR che costituisce il quadro di riferimento per tutte le politiche in ambito socio-sanitario e socialeassistenziale. Si tratta di un percorso di riforma del sistema sanitario che ci conduce al passaggio, definitivo, dal Welfare State al Welfare Community. In che modo? Sviluppando una riforma dell’offerta sanitaria in alcune aree precise, ben definite, come quella riabilitativa, nella lungo-assistenza per gli anziani e i disabili, compresa la do miciliarità del servizio, una tappa importante di questo percorso». Lei ha introdotto un elemento importante, quello del Welfare. C’è anche una parola, che ricorre spesso, ed è la sussidiarietà... «Sì, è vero. La sussidiarietà viene praticata in tutti gli elementi della riforma. I piani di zona, altro passaggio importante di questa stagione politica, sono un chiaro esempio di sussidiarietà orizzontale: sono si stemi di passaggio alla gestione associata ed hanno impegnato i Comuni a operare proprio in quest’ottica innovativa». Il 2002 ha fatto registrare anche la rivalutazione del Terzo Settore, vero? «Direi che le politiche attivate dalla Regione Lombardia hanno ridato dignità e spazio al Terzo
Settore, e l’istituzione del Tavolo ne è stato un chiaro esempio. Anche questo coinvolgimento contribuisce allo sviluppo nel passaggio dal Welfare State al Welfare Community». Facciamo un passo indietro. Lei aveva accennato l’importanza della domiciliarità nei servizi offerti. Perché rappresenta una novità rilevante? «La domiciliarità il secondo elemento importante del percorso di riforma perché favorisce a sua volta lo sviluppo di un altro per-
Torniamo allora agli aspetti positivi, e ai messaggi positivi quello di cui, in fondo, ha bisogno la cittadinanza. C’è un progetto realizzato che le ha dato soddisfazione? «L’introduzione del Fondo assicurativo credo sia importante. Consente di dare un fondo di natura obbligata capace di permetcorso, quello che del Buono e del tere la garanzia della fragilità: un Voucher Socio-Sanitario. Vorrei elemento importante che limita fare chiarezza sulla domiciliarità: l’impegno diretto dei cittadini la Regione Lombardia non ab - quando sono costretti ad affrontabandona le strutture cosiddette re spese di un certo tipo». pesanti, ma sviluppa percorsi per facilitare l’accesso per i cittadini ai servizi socio-sanitari. E, so prattutto, con Buoni e Voucher si introduce il concetto, fondamen tale, della “Libertà di scelta da parte del cittadino”». Allargando il quadro temporale, che cosa è mutato nello scenario di questi ultimi cinque
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Volontari
Una “professione” che resiste a tutto È un periodo di grande cambiamenti per le associazioni del non profit, ma nonostante questo resiste quella forza aggregativa in cui si sviluppa pienamente la libertà della persona. a cura di Enrica Suzzi
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“Il Volontario, cittadino della libertà in Lombardia” è stato il tema centrale della Seconda conferenza regionale sul volontariato tenutasi il 23 novembre scorso al Palazzo delle Stelline di Milano.
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olontari oggi. Spesso, quando si parla di loro si parla di “esercito” per dare il senso delle dimensioni e della compattezza. Spesso, però, quando si parla di loro sembra quasi di riferirsi a un gruppo di persone che si impegna in modo un po’ confusionario, magari senza guida, guardato con sorrisi, con un po’ di sufficienza. Ma il volontariato, oggi, non è più e semplicemente quel che si pensava. Parlare di volontariato significa entrare in un mondo che sta trasformandosi. Lo sottolinea il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni: «Oggi viviamo un momento delicato e di transizione: l’abbandono dei finanziamenti “a pioggia” e il trasferimento alle Province di funzioni di istruttoria, valutazione ed erogazione dei contributi, l’istituzione del nuovo servizi civile nazionale e la creazione dei Centri di Servizio, sono importanti novità che spingono le organizzazioni di volontariato a ripensare alcuni aspetti gestionali e organizzativi». E questi cambiamenti sono sotto la stretta osservazione della Regione. «Nella politica regionale – prosegue Formigoni – l’interesse per il volontariato non va disgiunto da quello per l’intero settore del non profit, di cui esso è una delle fondamentali componenti: volontariato, associazioni e cooperative sociali, infatti, sono parti del mondo del Terzo Settore che pur nelle loro diversità hanno un carattere comune, quello di costituire il tessuto sociale a cui la Regione attribuisce un ruolo di primo piano sulla scena pubblica». Secondo l’Assessore regionale alla Famiglia e Solidarietà Sociale Gian Carlo Abelli «il volontariato non è solo sinonimo di gratuità, ma soprattutto di risposte concrete, di impegno a tempo pieno, di attenzione al bisogno sociale, di costruzione di forme di soccorso nuove, sorprendenti». Non manca il riferimento alla sussidiarietà, parola chiave delle politiche regionali: «Sussidiarietà e solidarietà – dice Abelli – sono due termini che devono viaggiare assieme. Dal principio di sussidiarietà applicato, dalla valorizzazione della libertà associativa delle persone e delle famiglie sono nate Leggi che pongono la Lombardia ai primi posti nell’attività sociale, non solo in Italia».
I numeri per capire il fenomeno Il volontariato per molti italiani è diventato una professione, prevalentemente al femminile: i dati lo dicono chiaramente, 60,1% in Italia, 35,3% in Lombardia. Ed è una professione destinata a tingersi sempre più di rosa, come confermato dai dati relativi al nuovo servizio civile volontario, aperto alle donne. Sono, infatti, già più di 8.000 le giovani che hanno scelto questo percorso formativo. Scendiamo nel dettaglio lombardo. Dei quasi 340.000 volontari milanesi, 121.000 sono donne (pari al 35,6% del totale), il valore più elevato tra tutte le province italiane. Seguono Roma, con 67.000 volontarie donne e Torino con 40.000. Milano è 37a (con il 35,6%), preceduta da altre province lombarde più rosa: Como, 15a (38,1%), Lodi al 24° posto (36,5%), Mantova al 26° (36,4%), Varese al 32° (36,1%), Cremona al 36° (35,7%). Più indietro Brescia al 39° (35,5%), Lecco al 43° (35,2%), Pavia al 48° (35%), Bergamo al 73° (32,3%), e per finire Brescia al 76° (32,2%). Tra le regioni, la Lombardia si colloca al 7° po-
sto per quello che riguarda il tocco femminile nel suo volontariato, con il suo, come visto in precedenza, 35,3% di componenti donne. E’ la Basilicata la Regione che si colloca in testa alla classifica grazie a una percentuale del 40,2% seguita dalla Valle d’Aosta (39,8%). In generale la media italiana è del 34,5%. Secondo i risultati di un’indagine promossa tra i volontari, questi hanno confermato che il volontariato è un’attività che, nonostante le difficoltà quotidiane, appaga chi la svolge. Le indagini sulla soddisfazione degli operatori sociali rispetto alla loro attività mostrano valori elevati in relazione ad aspetti come l’utilità sociale della professione esercitata (5.3 su 7) e la qualità delle relazioni interpersonali con gli altri soggetti dell’ente, come superiori (5.4), colleghi e volontari (5.6). Minore infine la rilevanza del fattore economico (4.0) e degli avanzamenti di carriera (3.3).
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n Le testimonianze Sono stati numerosi e importanti i relatori della 2a Conferenza Regionale del Volontariato. Ecco alcune testimonianze. LORENZO ORNAGHI Presidente Agenzia per le organizzazioni non lucrative di attività sociale «Il rapporto tra volontariato e istituzioni è migliorato e oggi è un rapporto possibile, anche perché è in gioco il futuro del paese. La classe politica è cambiata e dimostra una maggiore attenzione verso la categoria: un po’ per questioni nobili, un po’ per questioni… pratiche. C’è stata infatti la percezione che il no-profit può aiutare lo sviluppo del Paese». E le dichiarazioni del presidente Ciampi sull’importanza del volontariato come vanno interpretate? «Il presidente della Repubblica ha suggellato il ruolo acquisito dal volontariato, dando un riconoscimento importante al lavoro svolto dagli operatori». GIORGIO SORDELLI Responsabile Area Progettazione CiEsseVi Milano «Oggi viviamo un momento importante per le organizzazioni di volontariato che operano secondo una nuova logica: prima erano abituate a ricevere semplicemente finanziamenti, adesso li ricevono solo dietro la presentazione di progetti ben definiti. Questo è da un lato positivo perché le associazioni
stesse ragionano in modo strategico, dall’altro rappresenta un vincolo perché richiedono competenze specifiche che, spesso, non si trovano all’interno di semplici associazioni di volontariato». Allora, come superare questi ostacoli? «Noi puntiamo molto su consulenza e formazione per ragionare proprio in questo senso, aiutando le organizzazioni a guardare al futuro, un futuro fatto anche di progettazioni». Esistono ancora problemi di burocrazia? «In parte sì. E direi che da un certo punto di vista riesce perfino ad aiutarci perché verifica realmente la bontà di richieste e progetti. Poi, però, ci mette in grande difficoltà perché, stanziati i fondi, questi vengono erogati sempre tardi, anche con quattro o cinque mesi di ritardo. Ciò mette a rischio l’avvio del progetto in quanto, spesso, le piccole associazioni non hanno la possibilità di anticipare le somme richieste per dare corso al progetto stesso». MARCO TAVERNA Ass. L’Immagine «Non nascondo che la burocrazia ci crea ancora troppi problemi. Dopo la presentazione di documenti subia mo spesso dei controlli esagerati che ci costringo no a presen tare ancora carta su carta con infinite relazioni e fotocopie. Certo, capisco che ci sia da gestire corretta mente il denaro pubblico, ma forse i controlli da parte delle strutture degli Enti pubblici potrebbero essere più snelli». Però il volontariato è ormai final-
mente riconosciuto… «Sì, sta per essere riconosciuto grazie anche al grande slancio di quelle associazioni che hanno, da tempo, fatte campagne promozionali importanti. Diciamo che un po’ l’intero mondo del volontariato è riuscito ad andare dietro a questi grandi movimenti, come per esempio l’Associazione per la ricerca sul cancro e il Telefono Azzurro che sono riuscite a farsi conoscere, a ricevere finanziamenti, a promuovere o essere oggetto di iniziative di rilievo. Anche così è nata la consapevolezza che il volontariato ha un ruolo sociale molto importante». MAURIZIO AMBROSINI Università di Genova - Docente di Sociologia «C’è una chiara tendenza verso l’impresa sociale e il volontariato sembra, per alcuni, debole. Io, nel mio intervento, ho invece cercato di dire che le cose non stanno proprio così: c’è un volontariato che sfugge ai criteri di classificazione. E si corrono rischi a pensare il volontariato come un’impresa sociale perché si perderebbe in questo modo il senso del volontariato autentico, dando spazio a imprese di lavoro, pur legittime e competenti, ma che evidentemente perdono qualcosa. Quindi, è il momento di riannodare i fili tra impresa sociale e volontariato, creando partnership che favoriscano la convivenza. Una convivenza ancora tutta da costruire».
Il servizio civile come volontario Oggi è possibile prestare il servizio civile anche su base volontaria. Dal 2005, quando la leva militare non sarà più obbligatoria, chi sceglierà il servizio civile volontario concorrerà “alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari”. Il servizio civile è organizzato e gestito dall’Ufficio nazionale per il servizio civile (Unsc) che approva i progetti di impiego dei volontari da parte non solo delle organizzazioni di volontariato o non profit, ma anche di enti pubblici. Gli obiettivi sono quelli di favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale; promuovere la solidarietà e la cooperazione a livello nazionale e internazionale “con particolare riguardo alla tutela dei servizi sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace tra i popoli”. I volontari lavoreranno nei settori ambientale, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile. Per il 2002 sono coinvolti nei progetti 65.500 obiettori (di cui 500 da impiegare all’estero) e 9 mila volontari (di cui mille all’estero). I volontari e le volontarie verranno retribuiti con un assegno mensile di 433,82 euro lordi. Al servizio civile, della durata di 12 mesi, sono ammessi uomini e donne tra i 18 e i 26 anni.
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Secondo l’Assessore Gian Carlo Abelli «Il volontariato non è solo sinonimo di gratuità, ma soprattutto di risposte concrete, di impegno a tempo pieno, di attenzione al bisogno sociale, di costruzione di forme di soccorso nuove, sorprendenti».
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Welfare
Con i Piani di Zona diventa comunitario La realizzazione dei piani zonali, secondo le indicazioni della Legge 328/2000 e del PSSR ha rappresentato una svolta arrivando alla programmazione partecipata tra Enti diversi. a cura di Carlo Rossi
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ra gli elementi caratterizzanti del 2002, anno importante nella politica della Regione Lombardia, ci sono i Piani di Zona, espressione di una rete integrata dei servizi e degli interventi sociali. Il processo che ha portato alla realizzazione dei Piani di Zona è attuativo di due indicazioni: la Legge di riforma 328/2000 e, nello specifico della nostra regione, del Piano Socio-Sanitario Regionale, approvato nel marzo scorso.
■ Le novità nei servizi offerti
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Le statistiche relative ai Piani di Zona, alla sua composizione tecnica e al rispetto delle consegne nei tempi programmati.
Dei Piani di Zona e delle sue tante novità abbiamo parlato con il dottor Luciano Di Pietra dell’As sessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia. «I servizi sociali – osserva Di Pietra – sono sempre esistiti e si sono evoluti secondo una programmazione ben definita. La novità importante dei Piani di Zona è che, adesso, si obbliga il sociale a definirsi a livello distrettuale». Quindi, e questo è un passaggio importante per comprendere la situazione, il Piano di Zona è il pia-
Processo di produzione dei piani Tassi di realizzazioni (v.a.)
(% di realizzazione)
69)
70%
(35)
36%
4 ACCORDI DI PROGRAMMA ■ approvati ■ firmati da ASL
(9) (0)
9% %
4 QUOTE 2001 FNPS ■ trasferite da Asl a comuni ■ trasferibili entro il corrente esercizio
(3)
3%
(…)
%
4 RESTITUZIONE “DEBITO INFORMATIVO” ■ schede monitoraggio ■ schede finanziarie
(36) (26)
37% 26%
4 PIANI CONSEGNATI 4 INTESE MANIFESTATE
no del distretto e ne sono previsti complessivamente 101 che racchiudono i 1540 comuni della Lombardia. Comuni che, quindi, nella maggior parte dei casi si sono associati, ad esclusione di quattro Piani di Zona monocomu-
nali: Milano, Sesto San Giovanni, Monza e Campione d’Italia sono quindi le eccezioni. Con quale autonomia hanno operato le amministrazioni comunali? «La Regione Lombardia – sostiene Di Pietra – ha lasciato la possibilità di realizzare piani polidistrettuali. Quindi, ogni Comune è stato lasciato libero di realizzare il proprio 70% Piano di Zona attenendosi comunque ad alcune indicazioni impartite 21% dalla Regione, e di carattere puramente programmatorio, e alcune 8% prescrizioni, specifiche delle modalità di utilizzo 100% delle risorse di trasferimento dei fondi». A proposito, com’è avvenuto questo trasferimento? «In due casi con trasferimenti cosiddetti dall’alto, erogati dal Fondo sociale nazionale e regionale; in uno con trasferimenti cosiddetti dal basso, con fondi provenienti dai bilanci comunali. A proposito di trasferimento di fondi, però, c’è da sottolineare un aspetto importante». Ovvero? «Tra le prescrizioni impartite alle amministrazioni comunali ce n’era una precisa: il trasferimento dei fondi avviene con la garanzia che le risorse saranno utilizzate al 70%, così che nel 2004 si possano utilizzare nelle cure domiciliari.
Scadenze consegna dei PDZ ■ 69 consegnati al 12/11 ■ 21 consegnati entro il 30/11 ■ 8 consegnati entro il 30/12 Totale 98
Quindi, non portando i servizi a casa, ma distribuendo buoni e voucher ai cittadini. C’è poi un’altra specifica prescrizione: quella che prevede che il 30% dei servi zi e delle risorse impegnate non diminuiscano a seguito dei contributi erogati». Come sono stati realizzati i Piani di Zona? «Dapprima è stato costituito l’organismo politico, ovvero l’Assemblea dei Sindaci lombardi. Questa ha dato indirizzi per la realizzazione dei Piani di Zona. Un lavoro già svolto e positivamente allargato, bisogna notare, ad altri soggetti come le Province, le Comunità Montane e rappresentanti del Terzo Settore. I risultati sono positivi». Chi è stato incaricato di redigere i Piani di Zona? «Gli uffici tecnici delle varie amministrazioni». Qual è l’autentica particolarità, secondo lei, dei Piani di Zona? «Quella di rappresentare il passaggio da una programmazione di tipo verticale alla programmazione negoziata e con accordi di programma. Ovvero, quel che vuole il Welfare comunitario che ha come obiettivo proprio la programmazione partecipata». Un passo importante è stato fatto... «Sì, perché è vero che oggi non sono ancora nate le reti locali, ma s’è costruita la base sulla quale camminerà la riforma del Welfare ed è stata creata una cultura programmatoria importante. Nel primo anno non si poteva d’altro canto pretendere anche la costi tuzione della rete locale. Questa sarà l’autentica aspettativa della seconda stagione di lavoro». L’obiettivo del 2003, quindi, qual è? «E’ proprio la realizzazione, prati ca, di reti coerenti a questa cultura. La rete, poi, sarà completamente operativa e applicata nel 2004, ovvero nell’anno ultimo del Piano Socio-sanitario Regionale».
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Disabili
Muoversi in città senza barriere Un sogno oppure una realtà ormai vicina? Gli sforzi sono notevoli per cercare di rendere le città vivibili a chi ha difficoltà motorie, ma gli ostacoli sono ancora tanti. a cura di Renzo Corti
Nella nostra regione operano 446 strutture per disabili con 10.363 posti letto disponibili: 193 CSE (di cui il 25% pubblici e il 75% privati convenzionati) con 4.318 posti, 13 CRH (Centri Residenziali) con 448 posti letto e 17 istituti educativiassistenziali per handiccapati con 1.287 posti letto.
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e fermate della metropolitana che non sono annunciate, la salita sul treno per Malpensa resa difficile dalla troppa distanza tra marciapiede e vagone, la difficoltà di salire (e, badate, non entrare...) su tram e bus, ascensori che funzionano, ma con quanta fatica. Muoversi, per i portatori di handicap, è ancora difficile, in certi casi impossibile. E se la forza di volontà di chi vive su una sedia a rotelle oppure senza poter vedere il mondo che lo circonda riesce a superare, spesso, le barriere, è dovere di tutti mettere in condizione l’intera cittadinanza di fruire dei servizi pubblici. Di questo, e di altro, s’è parlato nella due giorni di convegni e tavoli di lavoro, organizzati nell’ambito di “MuoverSì, accessibilità per tutti”, al centro convegni “Ragno d’oro” di Milano.
vorativa di soggetti disabili.
■ A proposito di numeri
■ L’intervento regionale
In Lombardia vivono oltre 100.000 persone disabili (circa 15.000 a Milano), ovvero l’1,2% della popolazione. Sono circa 80.000 le famiglie con una persona disabile a carico. Se a questi numeri aggiungiamo quelli delle persone anziane diventate disabili, allora si arriva al 5% della popolazione. I disabili nelle scuole lombarde sono 14.116 così suddivisi: 1.152 nelle scuole materne, 6.672 nella scuola elementare, 5.203 nella media e 1.089 nelle superiori. Al lavoro, invece, sono 2.500 le persone disabili, seguite da 52 strutture per l’integrazione la-
Aprendo il convegno, l’Assessore Regionale alla Famiglia e Solidarietà Sociale Gian Carlo Abelli ha sottolineato come il fattivo impegno della Regione Lombardia, la sensibilità sul tema da parte delle Ferrovie Nord Milano e dell’Azienda Trasporti Milanesi una tra le più grandi realtà del trasporto pubblico locale in Italia, pioniera nella sperimentazione e nell’implementazione di numerose novità del settore, nonché la collaborazione della Lega per i Diritti degli Handicappati (L.E.D.H.A.), ha reso possibile la realizzazione di giornate di lavoro
che ben si inseriscono nel quadro delle iniziative promosse per il 2003, anno europeo delle persone con disabilità. «Sicuramente – ha detto l’Assessore Abelli – autonomia e sicurezza nell’accesso ai mezzi di trasporto pubblico sono un binomio inscindibile e noi abbiamo voluto verificare lo stato dell’arte di realtà molto diverse fra loro. La Regione Lombardia è da anni impegnata nella divulgazione e sensibilizzazione delle disposizioni legislative e normative in materia di accessibilità per tutti dell’ambiente naturale e di quello costruito. Molti progressi sono stati compiuti negli ultimi anni in questa direzione, ma molto ancora resta da fare per garantire questo diritto fondamentale, non solo a chi ha problemi di deambulazione, di vista o di udito, ma anche a tutti coloro che si trovano, anche solo temporaneamente, nella condizione di utilizzare con difficoltà un qualunque mezzo di trasporto collettivo. Salire su un autobus, prendere il tram o raggiungere la metropolitana: gesti in apparenza banali, ma che diventano difficili se inseriti in un contesto che non ha sviluppato le migliori soluzioni tecniche di accessibilità e di sicurezza, per tutti. Il tentativo della Regione Lombardia consiste nel mettere sempre al centro la persona, portatrice di bisogni, ma anche desiderosa di esprimere la propria dignità comunque sia la sua esperienza. Quindi, è giunto ora il momento di affrontare una nuova tematica di carattere più specificatamente urbanistico-sociale: as-
sicurare così l’accessibilità a tutti ai servizi con maggior sicurezza e anche con maggior economicità, costruendo una città dove venga garantita in modo nuovo e sicuro l’utilizzo dello spazio per tutti e di promuovere una cultura diffusa di fruibilità. Occorre guardare a queste problematiche come priorità di una nuova politica urbanistica. Una scommessa impegnativa – conclude l’Assessore Abelli – ma proprio per questo degna di diventare un nuovo e significativo progetto per i prossimi anni».
■ Gli investimenti nei trasporti Dal 1990 a oggi la Regione Lombardia ha investito quasi 300 milioni di euro per migliorare l’accesso ai servizi di trasporto pubblico e abbattere le barriere architettoniche. Nello specifico, alla linea tranviaria sono stati destinati 64 milioni di euro, 219 milioni di euro sono stati impiegati per le linee urbane ed extraurbane e 1 milione di euro per gli impianti a fune. I finanziamenti hanno consentito l’acquisto di 1.874 nuovi autobus e l’ammodernamento di altri 506 veicoli, per un totale di 2.380 veicoli accessibili. Gli interventi sulla linea tramviaria e metropolitana riguardanti l’area di Milano hanno portato a 75 nuovi tram articolati a pianale ribassato. Gli impianti a fune accessibili sono il 90%, i treni metropolitani il 100%. In media, il 44% dei mezzi a disposizione è accessibile ai disabili. Il futuro è legato in qualche modo a Internet. Infatti, nel triennio 20022004, periodo in cui 165 milioni di euro serviranno per l’acquisto di 1.500 nuovi autobus, 15 nuovi tram o 3 nuovi treni metropolitani, è prevista la prenotazione delle corse via Internet con l’obbligo per gli enti che gestiscono il trasporto di attivare il servizio. Si prevedono di raggiungere il 70% di abbattimento delle barriere architettoniche mentre il 10% dei veicoli sarà dotato di segnalazione acustica o visiva delle fermate.
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Interventi
Per dare una svolta alla situazione
L’Azienda di Trasporti Milanese annuncia nuovi investimenti per rendere fruibile la maggior parte dei propri mezzi ai disabili e così le Ferrovie Nord Milano. Ma ecco com’è oggi il quadro.
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Nelle foto di queste pagine i protagonisti e alcuni momenti di MuoverSì, la due giorni di convegni e tavoli di lavoro organizzata al Centro congressi Ragno d’Oro di Milano.
erché Muoversì? Perché muoversi è un’esortazione, ma anche un diritto che è assolutamente scontato per chi è “abile”. Una conquista, invece, per i disabili Deve invece avere il sapore dell’esortazione nei confronti di chi gestisce i servizi, perché i mezzi pubblici siano a misura di disabile. E come si muovono i disabili nelle città piene di ostacoli? Oltre 415mila persone hanno ottenuto la patente speciale per la guida di autovetture: nel 75% dei casi si tratta di uomini. La città con il maggior numero di patenti speciali è Milano che ne ha rilasciate 27.221. Circa il 47% delle persone disabili di età compresa tra i 25 e i 64 anni guida l’auto. Per quello che riguarda i mezzi pubblici, secondo una statistica datata 1999 soltanto il 15% circa dei disabili aveva dichiarato di aver utilizzato il treno nell’ultimo anno contro il 32% dei non disabili. il pullman veniva utilizzato dal 10% dei disabili. L’autobus, invece, è utilizzato dal 20% dei disabili. Considerazione finale? I mezzi pubblici, complessivamente, sembrano sconosciuti alla popolazione disabile.
■ Un lungo percorso Il convegno “MuoverSì” è stato aperto, e moderato, da Franco Bomprezzi, giornalista, direttore del sito internet www.superabile.it, il sito che è riuscito a portare la disabilità nel quotidiano. «Questo convegno è l’inizio di un percorso che ci porterà al 2003, anno del disabile, in cui si dovrà parlare e affrontarsi su che cosa vuol dire disabilità. Ecco, quindi, un interessante punto di partenza per discutere di mobilità. Un diritto, questo, per la popolazione disabile. Una testimonianza è stata portata anche da Antonella Ferrari, attrice, la “Lorenza” di Centovetrine, colpita da sclerosi multipla e con proble-
mi di deambulazione: «Trovo grosse difficoltà a muovermi ogni volta che vengo a Milano e spero proprio che tutte quelle barriere che si incontrano nella vita quotidiana possano essere abbattute. I trasporti? Quando posso mi muovo in taxi, ma ormai è diventato un mezzo d’elite».
■ L’impegno di ATM e FNM Quello del presidente dell’Azienda trasporti milanese Bruno Soresina è stato uno degli interventi più attesi: «L’ATM è protagonista, da anni, in interventi e sperimentazioni, spesso pionieristiche. Il diritto alla mobilità è l’obiettivo centrale del servizio e, in questo modo, si pongono sempre in primo piano i diritti dei trasportati. L’obiettivo da raggiungere è quello dell’interconnessione tra trasporto, città, vivibilità. Per riuscirci, abbattendo barriere e ostacoli, questo concetto e questa volontà dobbiamo averla
LA SITUAZIONE IN LOMBARDIA Mezzi Autobus urbani ed extraurbani Tram (Milano) Treni metropolitani Impianti a fune Battelli navigazione laghi Totale
Totale 6.100 400 714 9 84 7.307
Accessibili % 2.380 39% 95 38% 714 100% 8 90% 31 37% 3.228 44%
Mario Censabella, Presidente Unione Italiana (U.I.C) - Milano nel sangue e questo Dna esiste in ATM. Non abbiamo ancora la capacità di mettere in pratica tutti i progetti che elaboriamo, ma ci riusciremo, lo posso garantire». Una sfida in cui il presidente dell’azienda s’è messo volentieri in gioco, prima di passare ad analizzare, invece, ciò che l’Atm è già riuscita a realizzare. «Abbiamo cambiato metà degli autobus della rete urbana inserendo quelli con ripiano abbassato; la linea 14 del tram è resa agibile a tutti e anche quella dei bus a chiamata, adesso, è una realtà; sono stati sperimentati i percorsi tattili in metropolitana e installati 20 ascensori lungo il percorso della linea 3, mentre i montascale installati lungo le linee 1 e 2 sono complessivamente 28. Gli obiettivi che, posso garantire, manterremo sono: l’installazione
degli ascensori in tutte le stazioni della metropolitana; la sostituzione dei mezzi di superficie con quelli con ripiani abbassati; far sì che le vetture, in metropolitana, siano comunicanti; l’installazione di segnaletiche informative; l’introduzione dei messaggi sonori, di fermata e direzione, nelle linee di superficie e nella metropolitana. Come detto in precedenza – ha proseguito Soresina nel suo applaudito intervento – manca ancora tanto per arrivare alla realizzazione di tutti i progetti e per questo non siamo ancora soddisfatti. Ma ci proveremo e, per questo, c’è bisogno anche della collaborazione di chi deve aiutarci nella progettazione prima e nella manutenzione poi. L’invito è quindi rivolto anche alle amministrazioni e che tengano sempre in considerazione, quando saranno chiamate a fare le gare per gli appalti dei trasporti, che cosa è stato fatto dalle aziende e non solo l’economicità. Anzi, questo concetto non si coniuga sempre con l’efficienza e sopratutto con le necessità delle persone che hanno bisogno di particolari offerte e servizi». Anche la testimonianza dell’Amministratore delegato delle Ferrovie Nord Marco Piuri è stata importante. «Le Ferrovie Nord, oggi, trasportano oltre 60 milioni di passeggeri all’anno. Quindi, è come se tutti gli italiani, almeno una volta, salissero sui nostri convogli.
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Molto abbiamo fatto, tanto altro dovremo fare per rispondere alle esigenze di chi ha bisogno. Oggi solo il 10% delle stazioni sono totalmente accessibili ai portatori di handicap, molte altre sono espressione di realtà piccole e rimaste indietro al passo dei tempi. C’è da lavorare, stiamo lavorando».
■ Le perplessità dell’Unione Ciechi Mario Censabella è il Presidente dell’Unione Italiana Ciechi (UIC) e ha portato, quindi, un contributo molto importante alla discussione. «A Milano lottiamo quotidianamente contro la sensibilità delle aziende dei trasporti che non si adeguano alle necessità dei portatori di handicap. Nel caso dei non vedenti, perché non sono ancora stati realizzati gli annunci su treni e bus per la direzione del mezzo e, soprattutto, con le indicazioni delle fermate? Perché non sono state messe protezioni negli intervalli tra i vagoni della metropolitana? Lo sapete che, per chi utilizza un bastone per orientarsi e camminare quello spazio corrisponde all’apertura della porta d’entrata al vagone? Ecco, il problema serio è quello della sensibilità. Parliamo della navetta tra Milano Cadorna e Malpensa: ci sono 40 centimetri tra il marciapiedi e il convoglio. Vi sembra possibile? Quello spazio, per un non vedente, significa caduta sicura. Insomma, sapete che cosa penso? Che esistano le tecnologie e possano essere d’aiuto, ma senza la sensibilità umana non si va da nessuna parte».
■ Le opinioni del LEDHA Applaudito l’intervento di Salvatore Giambruno, Presidente di LEDHA, associazione che è stata tra gli organizzatori del convegno e associazione che, più in generale, da vent’anni si batte perché la disabilità possa uscire da una condizione storica di chiusura e soggezione nei confronti della società e dell’ambiente in cui sono inserite. «Con questo convegno dobbiamo analizzare valori fondamentali per la vita di ognuno: mi riferisco a diritti civili in senso lato, diritto al lavoro, diritto alla formazione e all’informazione, diritti economici, diritto alla socializzazione, alla salute. In sintesi: diritto a essere persona. Un termine,
Franco Bomprezzi, giornalista, direttore del sito internet www.superabile.it
Bruno Soresina, presidente dell’Azienda Trasporti di Milano questo, di cui forse s’è dimenticato il significato, anche se della persone si parla molto nei princi pi fondamentali di costituzione di società civile. La realtà è poi ben diversa: l’Italia ha oggi un’affollata platea di enti legiferanti a vario titolo, che creano a volte i presupposti per una violazione del principio della gerarchia delle fonti, che producono una quantità frammentata di leggi, decreti legge, decreti legislativi, recepimenti di direttive europee, DPR, ordinanze ministeriali, circolari applicative, regolamenti attuativi, che sono già difficili da capire nella loro stesura lessicale, ma che soprattutto si aggrovigliano tra loro rendendo ardua, se non addirittura impossibile, la loro comprensione sostanziale e l’individuazione delle corrette competenze tra Stato, regioni, province, comuni, circoscrizioni, commissioni, uffici, comitati, aziende autonome, e chi più ne ha più ne metta. Nel caso specifico della disabilità, la legislazione prodotta negli ultimi decenni in Italia è da considerare di alta valenza civica e in molte aree essa ci pone in posizioni di avanguardia rispetto ad altri paesi, Europei e non (per esempio la legge 328/2000 di riordino dei servizi sociali che assegna ai Comuni la competenza in materia di assistenza all’integrazione delle persone disabili per le quali si prevede anche la predisposizione di un progetto di vita globale).
Altre leggi, poi, avevano il vantaggio di porre al centro la persona nella sua globalità, indipendentemente dallo stato e dal tipo di handicap in cui si trovava. Eppure queste leggi non trovano completa attuazione e le difficoltà sono spesso legate all’inadeguato coordinamento degli enti istituzionali coinvolti. Il paradosso, quindi, si esprime totalmente: buoni principi e cattiva attuazione. L’obiettivo di tutti – ha concluso Giambruno – della società civile, e in primo luogo della LEDHA che nell’ambito di questa società si muove e agisce, è di far sì che tutti i principi vengano attuati e positivamente realizzati. Noi ci proponiamo cone forza d’opposizione a questa deriva e arrestarne il pericoloso decorso».
Marco Piuri, Amministratore Delegato FNME e Direttore Generale Ferrovie Nord Milano
DISABILI , SOPRATTUTTO CELIBI L’83,3% degli uomini disabili nella fascia di età che raggiunge i 44 anni è celibe, contro il 59,6% delle donne. Le donne, nel 12,2% dei casi appartengono ad una famiglia come membro aggregato. Dal punto di vista lavorativo, i disabili occupati non raggiungono le 150.000 unità, pari al 21% delle persone disabili in età lavorativa. Le cose vanno diversamente, e in modo positivo, a scuola: sono poco meno di 140.000 gli alunni iscritti per l’anno scolastico 2002-2003. All’Università, invece, risultano iscritti per quest’anno accademico ben 4.816 studenti. Qualche carenza, però, dal punto di vista degli insegnanti specializzati che affiancano i colleghi nell’inclusione scolastica. Oggi sono 50.000 ai quali è previsto se ne aggiungano altri 6.954. Per arrivare a un rapporto accettabile di un insegnate ogni due alunni con portatori di handicap, quindi, mancano all’appello 11.000 docenti. Infine, la disabilità non ferma la voglia di sport: il 51,7% della popolazione disabile pratica sport e ha età compresa tra i 6 e i 44 anni.
Gli amministra tori delle azien de di trasporti ammettono che manca ancora molto per arrivare alla completa fruibilità, da parte dei disabili, dei mez zi pubblici. È vero però che sono molti i la vori fatti e i progetti pronti per migliorare la situazione generale.
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Integrazione L’Europa dedica il 2003 ai disabili Un anno, tante iniziative per capire e prendere coscienza del ruolo dei disabili nel mondo di oggi. Le Nazioni sono chiamate a interrogarsi su questi punti.
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iente su di noi, senza di noi è il motto del 2003, l’Anno Europeo delle persone disabili, così come proclamato dall’Unione Europea. L’anno, importante per i suoi contenuti e i suoi propositi, prenderà il via da Atene con la conferenza inaugurale il 26 gennaio. Ma quali sono i contenuti di questa iniziativa? Integrazione, presa di coscienza del ruolo che le persone disabili devono svolgere all’interno della società, forti di tutti quei diritti che, troppo spesso, non vengono rispettati soprattutto in funzione dei doveri che, i disabili, hanno nei confronti della vita civile assolutamente equiparati a quelli di tutti i cittadini.
■ Gli obiettivi dell’Anno Un anno intero per riflettere sull’integrazione dei disabili e la presa di coscienza del ruolo dei disabili. Sotto, la campagna pubblicitaria della Regione Lombardia per promuovere l’Anno Europeo della disabilità e la home-page del sito internet del Forum Sociale sulla disabilità.
L’Anno Europeo delle persone disabili si aprirà in Italia nel mese di febbraio con conclusione prevista in occasione della la Conferenza Europea del 3 dicembre 2003. L’obiettivo dichiarato dell’iniziativa è il riconoscimento di pari diritti per le persone disabili che vogliono partecipare in prima persona, o attraverso le loro associazioni, ai processi decisionali che li riguardano. Il tutto nel pieno rispetto del principio della non discriminazione, che sarà il filo conduttore dell’intero 2003. Per questo motivo è particolarmente importante che emerga con forza il concetto di uguali op-
portunità, tagliando nettamente con la vecchia concezione di far cadere sussidi, aiuti e contributi a pioggia capaci di indurre, spesso, l’opinione pubblica a osservare la situazione delle persone disabili in modo del tutto pietisti co. Proprio quello che invece, a livello europeo, si sta cercando forte mente di modificare.
■ Gli eventi in Europa Sono attesi oltre 10.000 eventi in tutti gli Stati dell’Unione Europea. Eventi anche di carattere regionale o locale, ma che siano comunque capaci di costituire, o contribuire alla costituzione di una base sulla quale lavorare per il miglioramento delle condizioni delle persone disabili in Europa e nel Mondo. Per raggiungere questi obiettivi l’Unione Europea ha contribuito notevolmente anche dal punto di vista economico stanziando ben 12 milioni di euro, cui si aggiun gono fondi e finanziamenti provenienti dai singoli Stati. Questi ultimi mesi sono stati uti lizzati dai singoli Stati e, nel caso italiano, anche dalle Regioni, per l’organizzazione dell’Anno Europeo delle Persone Disabili. La stessa Regione Lombardia s’è preparata mettendo in cantiere numerose iniziative. A livello nazionale ed europeo c’è attesa invece per la realizzazione del progetto «Get on board» pensato e voluto dal -
l’European Disability Forum per il 2003: si tratta di un pullman, completamente accessibile, che girerà per tutta l’Europa con lo scopo di diffondere in tutti i paesi un messaggio di attenzione verso la disabilità.
Partirà a gennaio da Atene, visto che la Grecia è durante il primo semestre del 2003 lo Stato che presiede l’Unione Europea e raggiungerà l’Italia a ottobre ri manendo fino alla conclusione dell’Anno Europeo. A bordo del bus itinerante ci saranno bambini disabili con amici e parenti che in ogni nazione in contreranno le comunità locali e parteciperanno a eventi e mani festazioni organizzate proprio in concomitanza con il transito del bus. Un anno importante e ricco di contenuti, quindi, che dovrà avere la forza di far riflettere tutti quanti sui disabili e la loro piena integrazione in un mondo che, per loro, ha ancora troppi ostacoli.
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Assistenza
La qualità come parola d’ordine Ospizio, ricovero, casa di riposo, Residenze sanitarie assistenziali: l’evoluzione del nome e delle aspettative.
L’
importante è la qualità. Non solo dell’offerta, ma anche della vita di tutti i giorni. Parliamo delle Residenze per Anziani, più comunemente de finite RSA, con la dottoressa Carla Dotti e con il dottor Giancarlo Iannello, dell’Unità operativa Accreditamento dell’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia. Ecco il testo dell’intervista che ci hanno rilasciato.
niforme, studiando bene le tre principali caratteristiche dell’ospite, ovvero: la capacità di muoversi; la capacità di comprendere; la gravità delle condizioni cliniche. Per la misurazione la Regione Lombardia ha utilizzato scale di misura che fossero quelle più note a tutti coloro che si occupano, quotidianamente, di non-autosufficienza. Questo schema preparato dalla Regione è stato utilizzato sperimentalmente e come base di partenza. La nostra intenzione è di renderla sempre più descrittiva e raffinata. Ma, per la partenza, era comunque importante che questo schema fosse soprattutto semplice».
Si discute molto di domiciliarizzare i servizi socio-sanitari. Quindi, hanno ancora ragione di esistere le RSA? «L’anziano va in RSA perché è solo o vive una situazione socioambientale e sociale particolare. Certo, sappiamo che a casa si sta bene, ma spesso la situazione con la famiglia non permette di viverci. E anche quegli aiuti che arrivano da figure “non continuative”, ovvero prestazionali, non riescono a garantire un’assistenza tutelare. Quindi, spesso l’essere soli costringe o porta l’anziano a essere ricoverato in RSA». Quindi la residenzialità riesce ancora a ritagliarsi un suo spazio importante... «Sì, anche perché è mutato lo stesso quadro ospedaliero: le strutture hanno aumentato l’attenzione alla appropriatezza e quindi la durata delle degenze è controllata. L’unità di offerta intermedia, ovvero quella tra casa e ospedale, diventa così un segmento importante per i non autosufficienti». Ma che non si parli più di ospizi, vero? «Assolutamente. Non hanno ragione di esistere e anche lo stesso termine passa ormai in archivio. E tanto s’è fatto per non farli esistere più. La Regione Lombardia ha impegnato molte risorse economiche concentrandole su azioni mirate rivolte alle residenze per migliorare la qualità di vita degli ospiti». In che modo? «Favorendo, ad esempio, l’inserimento di figure professionali sempre più aggiornate. Così si è ricavato uno spazio “ufficiale” per queste figure capaci di
portare nuove sollecitazioni. Quindi, accanto alla figura riabilitativa si approfondisce quella dell’animazione con l’appoggio di operatori esperti in musicoterapia, arteterapia, danzaterapia, teatroterapia». Qual è la situazione attuale delle RSA? «Sono disponibili 45.214 posti letto distribuiti nelle oltre 500 strutture accreditate». Parlate di accreditamento. Sarebbe un errore definirle strutture “riconosciute” dalla Regione? «Sì, sarebbe un errore perché il termine riconosciute o convenzionate è ormai vecchio. Si dice accreditamento e questo richiede tutta una procedura ben specifica
per poter diventare partner della Regione Lombardia». Che cosa si chiede esattamente a una struttura che vuole diventare partner della Regione? «Un aspetto fondamentale è il rispetto del debito informativo. Le singole strutture devono innanzi tutto comunicare quella che è la “fotografia” di ciascun ospite, ovvero il grado di non autosufficienza, ma anche dare informazioni sulle liste d’attesa per capire le reali necessità delle strutture». E come si “scatta” questa “fotografia”? «Non è stato facile organizzarlo. E comunque la modalità doveva essere la più semplice possibile così che potesse essere utilizzata da tutte le strutture in maniera u-
Quando si parla di qualità dell’offerta a che cosa vi riferite specificamente? Per migliorare «Secondo noi il primo requisito di la qualità di vita qualità è che il servizio offerto sia degli ospiti pensato sulla base delle caratteridelle RSA è stiche di ogni singolo ospite. stato incentivaLa Regione non s’è fermata a to questo aspetto e così ha puntato l’aspetto anche sulla qualità e la sicurezza dell’animaziodella struttura stessa. Così, anne. che sulla base di esperienze preE così sono cedenti, si richiede la stretta os- state introdotte servanza di indicazioni normative figure professu temi come la sicurezza nell’an- sionali innovati tincendio, nell’antinfortunistica, ve come l’openell’antisismica. ratore in musiNon bisogna certo dimenticare, coterapia, artepoi, il comfort strutturale e quando terapia, diciamo questo ci riferiamo per eteatroterapia. sempio alle stanze che devono avere spazi adeguati e ambienti idonei alle consuetudini di vita odierne, con valorizzazione degli spazi di vita dei singoli ospiti, ma anche dei rapporti interpersonali sia degli ospiti sia degli operatori e familiari, così da creare un vero luogo di vita per quelle persone che trascorrono una parte della loro vita assieme». Concludendo... «Concludendo vorremmo dire che la qualifica di ospizio non onora gli sforzi fatti in questi anni».
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Una Fiera
tra artigianato e solidarietà sociale Lavorare per uscire da una situazione di disagio; oppure, realizzare prodotti artigianali e venderli per sostenere l’attività di cooperative sociali: è il bello della “Piazza della Solidarietà”. a cura di Bruno Calchera
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Erano oltre 30 le associazioni di volontariato presenti alla “Piazza della Solidarietà” l’iniziativa voluta dall’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia nel contesto della settima Fiera dell’Artigianato di Milano.
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avorare per uscire da un disagio, formarsi per essere pronti a un reinserimento graduale da una società che, per disparati motivi, ha portato all’emarginazione. Nelle cooperative sociali, così, l’artigianato ricopre spesso un aspetto importante. Quelle stesse organizzazioni che tentano con i propri mezzi di promuovere e sviluppare occasioni di occupazione per fasce spesso escluse dal mercato del lavoro. E gli oggetti prodotti, del tutto artigianalmente, garantiscono la produzione di un autoreddito necessario per la prosecuzione delle attività. Eccole, quindi, tutte queste associazioni, cooperative sociali, organizzazioni onlus e fondazioni tutte assieme a presentare i propri prodotti e, parallelamente, i propri progetti, scopi, obiettivi. Si respirava davvero aria di volontariato e impegno nel sociale nella “Piazza della Solidarietà”, ricavata nel contesto della settima Fiera dell’Artigianato, andata in scena alla Fiera di Milano. Con la regìa dell’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia, così, oltre trenta associazioni lombarde hanno potuto mettere in vetrina i propri prodotti. Ognuna con un suo stand, le associazioni portano a conoscenza del grande pubblico quelle che sono le migliori produzioni. Un’occasione davvero unica per conoscere da vicino come operano queste associazioni. Noi ne abbiamo fotografate alcune cercando così di rendere l’idea del lavoro svolto organizzativamente per arrivare a realizzare questo importante spazio espositivo. Abbiamo così incontrato associazioni che operano nel volontariato e che cercano volontari per condividere un po’ di tempo con i disabili in vari ambiti e attività (Progetto Tempo Libero; 02. 40308585); oppure chi opera all’interno delle case circondariali per la formazione e l’integrazione lavorativa (Teseo Cooperativa sociale; 0266981592); e ancora quelle associazioni impegnate all’estero per aiutare popolazioni in difficoltà, favorendo anche il consolidamento delle comunità oggi presenti in Italia (Coopi; 800117755). Di tutto un po’. Nel nome della solidarietà.
Uno scorcio della “Piazza della Solidarietà”, al padiglione 10 dell’Artigiano in Fiera. L’iniziativa voluta dall’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia ha riscosso un notevole successo e ha permesso a una trentina di associazioni di avere uno stand in cui proporre i propri oggetti realizzati artigianalmente.
Un rappresentante di Teseo cooperativa sociale, nata operativamente nella Casa circondariale di Monza. La cooperativa opera negli ambiti della legatoria, cartotecnica e copisteria. Obiettivo della coop è l’integrazione delle persone ristrette nella libertà personale formandole professionalmente e orientandole al lavoro.
Politiche Sociali News Cooperazione Internazionale è un’organizzazione non governativa fondata a Milano nel 1965. Opera per la solidarietà e lo sviluppo dei popoli per combattere povertà e disuguaglianze. Realizza e vende prodotti artigianali, spesso provenienti da altre Nazioni come Senegal, Bangladesh, Ecuador e Colombia (Tel. 800117755).
Alla Fiera è presente “Il negozietto del Gruppo lavoro” della Fondazione Pro Juventute don Gnocchi. Tante le idee regalo con cartotecnica, cucito, midollino, falegnameria, ceramica e decorazione su vetro (Tel. 0240308432). Tante le proposte di volontariato offerte e vanno dal Progetto Tempo libero, per il attività di svago e divertimento con persone disabili, all’aiuto dei ragazzi a scuola o al sabato.
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Sopra, W.A.Y.S., network turistico promozionale.Con l’Istituto Turistico Castoldi, il Consorzio Est Sesia e l’Associazione Homo Millenium, ha realizzato a Vigevano la mostra delle macchine funzionanti riprodotte dai codici di Leonardo (Tel. 3355207542). Sotto, la Cooperativa “di mano in mano” nasce dall’esperienza delle comunità di Villapizzone e del Castellazzo; comunità composte da famiglie aperte all’accoglienza e aiuto di giovani e adultin difficoltà. Nel loro laboratorio si restaurano e decorano mobili; il punto vendita è a in viale Espinasse 97 a Milano.
Micromondo onlus è un’associazione che opera a difesa dei bambini. Ha sede a Monza (Tel. 3356089259) e ha realizzato interventi in Romania, India e Madagascar contribuendo allo sviluppo o costruzione di scuole. In “Piazza della Solidarietà” ha portato oggetti realizzati artigianalmente.
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Anziani
Un telefono contro i maltrattamenti La violenza sulle persone più deboli, purtroppo, esiste. A Milano, da due anni, TAM (Telefono Anziani Maltrattati) è all’ascolto delle vittime di soprusi.
L
a violenza esiste e non va tollerata: nulla giustifica la violenza. Ma un conto è incontrarla nei romanzi, un conto è impattarla nella vita: allora spesso non la si rileva, soprattutto se siamo noi a commetterla, ma anche se siamo noi a subirla quotidianamente, quasi che la quotidianità, l’abitudine stemperino, fino a renderlo irriconoscibile, il dolore che la violenza procura.
SESSO E ETà DELLE VITTIME febbraio 2000 - gennaio 2002 ■ maschi ■ femmine
30,4 % 69,6 %
■ ■ ■ ■
18,5 35,6 38,5 7,4
0-69 anni 70-80 anni 81 anni e oltre non specificato
CATEGORIE DI MALTRATTAMENTI febbraio 2000 - gennaio 2002
■ Debolezza, uguale violenza
14 Quando si parla di maltrattamenti, si pensa a quelli fatti ai minori, o alle donne. Purtroppo anche gli anziani sono spesso oggetto di violenze. Per chi volesse denunciare i maltrattamenti subiti è attivo il telefono di TAM.
L’anziano spesso è fragile, non ha la forza di opporsi e si lascia sopraffare; non solo, non ha nemmeno il coraggio della denuncia e si avviluppa sempre di più nelle spire di un isolamento sociale che lo rende ancora più fragile. Chiuso nel suo silenzio si sente colpevole: colpevole perché ha subito, perché nessuno è intervenuto a difenderlo, perché forse è giusto così. E ciò spie- ■ Che cosa fa ga come mai così pochi casi di l’associazione TAM maltrattamenti nei confronti de- Gli operatori ascoltano sia nel gli anziani vengono alla luce. caso in cui dall’altra parte del fiMa è ora di uscire dal cerchio lo si trovi la vittima, sia nel caso dell’omertà di chi subisce o di in cui si trovi una persona che chi assiste impotente e non fa ha visto fare violenza a un annulla. Cominciamo a parlare al- ziano. lora, a buttare fuori anche in La realtà di quanto esposto non modo aggrovigliato il nodo che è sempre facile da stabilire; la si è formato nell’anima. Questo verità di una persecuzione o di serve a rinfrancarci, ci fa riordi- una sindrome da persecuzione nare le idee, soprattutto se dal- può non essere discriminabile l’altra parte del filo troviamo dalle prime battute. Tutti sapqualcuno che piamo che la è lì per noi: realtà può sunon per darci ALLE ASSOCIAZIONI perare la fantaaffrettati consia. Anche l’asigli, per dirci scoltatore lo sa Volete parlare dell’attività cosa avrebbe ma non è lì per fatto lui nella della vostra associazione? giudicare, è lì nostra situaper comprendezione, ma per Scrivete a “Politiche Sociali re, accogliere la ascoltarci, verità di chi sta News” - Assessorato alla per accodall’altra parte glierci, per ofdel filo, con il frirci la sua Famiglia e Solidarietà Sociale cuore e al conattenzione, tempo profesper compren- - via Pola 9/11, 20124 MILA- sionalità nell’adere il nostro scolto, affinché NO punto di vi il proprio vissusta. to non interferiIl consiglio, sca in questo fise necessario, arriverà dopo, lo di fiducia che percorre il tedopo che una serie di speciali- lefono e si decodifica anche atsti hanno vagliato il nostro sfo- traverso la percezione del rego e le nostre richieste, hanno spiro, del pianto, dei silenzi. sentito, se necessario, altre Poi si scriverà il dossier, se la persone dell’entourage per a- denuncia è di violenza: quindi, vere un quadro a 360° di quan- altre persone, geriatri, avvocati, to è successo, per avere più psicologi, assistenti sociali (che punti di vista al riguardo. noi chiamiamo “referenti”) stu-
% % % %
■ finanziari
29,6 %
■ negligenze
18,5 %
■ psicologici
18,5 %
■ fisici
14,1 %
■ vicinato
12,6 %
■ diritti civili
dieranno il caso, ricercheranno le tessere mancanti, ricomporranno la storia attraverso le caleidoscopiche versioni di vittima e aggressore, se necessario. E aiuteranno la vittima ad aiutarsi, le diranno se è il caso di sporgere regolare denuncia, se rivolgersi o meno a un avvocato, se farsi aiutare da una struttura già esistente sul territorio che si occupa di quel problema.
5,2 %
finanziarie, medicali, civiche, da vicinato, da omissione (negligenze). Alcuni di questi tipi sono ben noti, altri, quali le omissioni, possono essere sconosciuti: subdole come serpenti si insinuano nella vita quotidiana di chi vive con un anziano e non ricorda più quali sono i diritti-doveri per la dignità umana. Perché perde di dignità sia chi non chiede, sia chi non vede, sia chi non dà.
■ Un lavoro in rete TAM lavora in rete, vale a dire formando e informando la ragnatela di protezione pubblica o privata che già esiste (uffici, associazioni di sostegno a domicilio, ecc.) e insegnando a utilizzare le strutture esistenti che possono aiutare in concreto chi ne ha bisogno, senza creare false aspettative, senza pretendere di fare di ogni caso un successo. Già, perché TAM non è un pronto soccorso, non lavora sull’urgenza, per questo ci sono altri servizi: carabinieri, 118, eccetera. Lavora per togliere il velo di silenzio che grava quasi come una maledizione su chi subisce, perpetra, assiste alla violenza, tra pareti domestiche, istituzioni, luoghi pubblici senza poter interrompere il circolo, senza poterne uscire fuori. I tipi di violenza sono molti. La nostra classificazione recita: violenze fisiche, psicologiche,
L’ASSOCIAZIONE TAM ha il patrocinio della Regione Lombardia, della Provincia di Milano e del Comune di Milano ed è stato realizzato con il sostegno della Fondazione Cariplo. I volontari di TAM rispondono al numero 0228900602 tutti i martedì dalle 14,30 alle 16,30 e tutti i giovedì dalle 10,00 alle 12,00; negli altri orari potete registrare una segnalazione o un messaggio in segreteria, lasciando il vostro recapito se desiderate essere richiamati.
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Le News
Recensioni di libri di grande attualità, con tema il Welfare e la libertà di scelta da parte del cittadino; una lettera con storie di vita vissuta, a contatto con i detenuti.
Il libro: Liberi di scegliere
L
a novità di questo testo è proprio la sua attualità. Attualità accompagnata da analisi, documentazioni e considerazioni che prendono spunto dalla realtà, dai diversi trend di sviluppo dello Stato sociale in Italia e nel mondo. Una importante serie di contributi che, al lettore impegnato nella conoscenza dello sviluppo del Welfare, riusciranno utilissimi sia per le considerazioni pratiche e documentate sia per gli scenari che sono suggeriti. Si tratta di Welfare sostenibile. I protagonisti di ieri e di oggi, la legislazione sociale e il suo sviluppo, il principio di sussidiarietà e la spinta verso il federalismo; il grande tema della burocrazia della pubblica amministrazione e il principio di sussidiarietà, i nuovi soggetti della Welfare society, Profit e non profit, Welfare nell’assistenza e nella sanità, il mercato del lavoro e il Welfare mix ecco alcuni dei capitoli di questo volume. Gli autori sono i più autorevoli rappresentanti del mondo della ricerca e della sperimentazione
nel settore sociale. Il coordinamento del prof. Giorgio Vittadini valorizza esperienze, progetti, situazioni, ricerche di particolare valore. Non è un testo ideologico. Non si progettano soluzioni partendo da un’idea, da una immaginazione dello stato sociale virtuale: vi sono esperienze, testimonianze concrete, dati analitici e sintetici, documentazioni. Il terreno della società civile e delle sue risorse è esplorato con meticolosità, senza nascondere le difficoltà, cercando di tener conto dei molti fattori in gioco per un welfare sostenibile e realistico. Il lavoro di ricerca e di documentazione è forse tra i più completi. Sono 420 pagine destinate agli operatori, che appartengono alla società civile, e che quotidianamente hanno a cuore il grande tema della ricostruzione del tessuto sociale che manifesta bisogni vecchi e nuovi. Una sintesi che offre una grande apertura al contributo di tutti.
La lettera: Volti nuovi e abiti vecchi ell’incontrare tanti giovanissimi e tanti adulti in una comunità, viene da pensare ai volti nuovi, alle carni zigrinate dagli inciampi, dalle droghe, dagli abbandoni seguiti a catena. Viene da pensare agli abiti vecchi e al tempo che ogni cosa riporterà al suo posto, ma io che di tempo ne ho avuto tanto, a ben pensare non so ancora bene cos’è, figuriamoci se posso spiegarlo a un giovanissimo che del tempo a venire non sa che farsene. Metodo educativo e atteggiamento educativo sono indirizzi precisi, affinché chi affaticato cade, possa, attraverso un percorso di risalita, riacquistare autostima e conoscenza di sé, per poi costruire e mantenere rapporti e relazioni significative, con la capacità di custodire parte del futuro in esse contenuto. Occorre educare bene, educare con amore e fiducia: queste sono parole grandi, affermate da chi grande è stato nel campo della pedagogia del servire. Sono passati anni, ma ancora mi stupisco di fronte all’incedere del disagio che aggredisce giovani e adulti, rimango perplesso, disarmato, senza frecce nella faretra, solo interrogativi. Ascoltando (i ragazzi) e le più autorevoli figure di riferimento nel campo della pedagogia e del metodo educativo, mi rendo conto che nel tentativo di “tirare fuori”, di costruire e crescere insieme, non può resistere all’usura del tempo chi parte per “questa avventura” con un bagaglio di certezze inossidabili, di regole intransigenti, di binari singoli. Infatti questo è l’atteggiamento più idoneo per arenarsi negli errori ripetuti. Forse è il caso di armarci di qualche incertezza, dismettendo i cingoli per evitare l’urto, accettando il dubbio che assale, e che potrebbe divenire una certezza sul modo per giungere insieme al traguardo. È difficile sapere, conoscere e agire, quando un giovane se ne sta impettito, a muso duro, felice di avere scelto il vicolo cieco, è davvero difficile spiegargli quanto è doloroso. Poi, il resto che se ne ricava. Educare non sempre ha medagliamenti o riconoscimenti, spesso è un’avventura senza cielo per compagno, ove non sfugge certo l’utilità dell’opera, ma in cui a volte si producono incomprensioni, quando sguardi diversi interpretano in modi differenti la pur identica finalità dell’accompagnare l’altro. Ecco che allora una comunità è tale, perché alla priorità del rispetto della persona, affianca l’aggiornamento del conduttore, di colui che a sua volta deve usare il linguaggio in un labirinto di sensazioni e intendimenti, consapevole che non sempre si arriva alla meta per sentieri conosciuti, ma anche per nuove strade che possono coglierci
N
impreparati. C’è il lavoro, lo studio, i momenti di aggregazione, ci sono le situazioni di confronto, quelle spontanee e quelle stimolate, c’è soprattutto la persona da accogliere, da ascoltare, e ciò rende secondario il primato delle competenze, le stesse provenienze esperienziali, che sembrano apparentemente differenti se non distanti. È complicato “operare” con il disagio, forse è ancora più complesso venirne a capo, perché questo abusare delle cose, delle persone, dei sentimenti, è tessuto insieme attraverso il deteriorarsi dei valori e dei principi, che rimangono tali didatticamente e assai meno nel vivere quotidiano. Prevenire con progetti condivisi e realizzabili rimane solo un’intuizione che soccombe alle pressioni economico-politiche: reprimere costa meno che prevenire, ma il risultato è l’accettazione dell’esclusione, del “sei fuori dal gioco e ci rimani”. Messa in prova, misure alternative, meno carcere per il minore, più tutela per chi arranca, ebbene, stanno per diventare strategie pedagogiche obsolete. Mi chiedo quale può essere il metro da usare con chi è lacerato dentro, se poi questa vista prospettica richiesta al conduttore è annebbiata da queste norme a venire. L’impressione che si ricava nel camminare insieme alle tante lentezze e devastazioni interiori, è che non solo è difficile ben operare dalle ridotte specole di osservazione a causa della marea di disagio dilagante, ma lo è anche soprattutto per l’avanzare di nuove forme di malessere, che non hanno più l’etichetta protestataria di un tempo. È un inverso ipnoticamente diritto che assale generazioni diverse, che si insinua più facilmente in chi non ha strutture mentali formate, in chi nell’evoluzione intellettuale ha ceduto sotto il peso di una libertà inconsciamente percepita come una condanna, per l’incapacità ad onorare reciprocamente le proprie responsabilità. è un disagio che avanza, che intacca aree di vita in maniera sempre più esponenziale, allora, e forse, per chi conduce attraverso eredità pedagogiche più che mai attuali, perché mai minimamente superate, è necessario accrescere la consapevolezza che l’unica ricompensa per essere riusciti a ben educare, è averlo fatto. Vincenzo Andraous Carcere di Pavia e tutor educatore Comunità Casa del Giovane di Pavia
3 15 “Liberi di Scegliere” è il libro curato da Giorgio Vittadini. Edito da Etas Editori ha un prezzo di copertina di 25 euro.