Melissa Hill
Un regalo per sempre Traduzione di Roberta Zuppet e Aurelia Di Meo
Rizzoli
Proprietà letteraria riservata © 2010 by Melissa Hill © 2013 RCS Libri S.p.A., Milano ISBN 978-88-17-06901-4 Titolo originale dell’opera: THe TRuTH AbouT you
Prima edizione: luglio 2013
Realizzazione editoriale: studio pym / Milano
Un regalo per sempre
Dedicato ai miei «ragazzi» Kevin e Homer
Prologo
«A dire la verità, all’inizio pensavo che fossero le ciambelle» raccontò Ella, «oppure qualche altra consegna. Mi capita spesso di trovare il furgone dei rifornimenti di fronte alla caffetteria, la mattina presto.» «Che ora era, esattamente?» «Mmm, fammi pensare...» fece una pausa. «Di solito mi portano il latte intorno alle cinque, due ore buone prima dell’apertura, e le bottiglie erano appoggiate sulla sinistra. Lo scatolone, invece, era proprio davanti alla porta, sarebbe stato impossibile non vederlo.» «Capisco.» «Veramente, ero un po’ seccata, volevo lamentarmi con quelli della panetteria... Non mi avevano detto che avrebbero effettuato la consegna durante l’orario di chiusura» continuò Ella con tono calmo. «Poi, mentre aprivo lo scatolone, ho sentito... ecco, una specie di lamento.» «Di lamento?» «Sì, molto debole, come di un animaletto. Allora ho pensato subito: Ci risiamo, un’altra povera creatura da aggiungere alla famiglia.» «Hai creduto che ti avessero lasciato l’ennesimo randagio?» 7
«Esatto. Tutti qui a Lakeview sanno come sono fatta e che non riesco a dire di no.» Sorrise. «Poi mi sono detta: Be’, se non altro ho già un nome pronto. Ho deciso che l’avrei chiamato Ciambella, gatto, cane o criceto che fosse.» Scosse la testa. «Ma quando mi sono chinata sullo scatolone e ho scoperto di cosa si trattava, mi è venuto un colpo.» «Cos’hai fatto a quel punto?» «Be’, ho avvisato la polizia, ovviamente. Frank è arrivato nel giro di qualche minuto. La centrale è a un tiro di schioppo, ma ha preso ugualmente la macchina. E poi ho telefonato a Jim Kelly.» «Il medico?» «Sì. Ho chiamato anche un’ambulanza, per precauzione, anche se lo scatolone sembrava caldo, c’erano un mucchio di coperte. Meglio essere sicuri, ho pensato.» «Sei stata molto lucida.» «Non so» ribatté Ella, un po’ nervosa. «A dire il vero, ero sotto shock! Mi sono rilassata un pochino solo quando l’ambulanza se n’è andata e il dottor Kelly ci ha detto che i parametri vitali erano buoni e che non c’erano segni di ipotermia. Probabilmente lo scatolone non era rimasto lì fuori a lungo, chi l’aveva lasciato doveva conoscere le mie abitudini.» «Ma non è un’attenuante, giusto? Insomma, che razza di persona abbandonerebbe un neonato, in una mattinata così fredda, per giunta?» «Già. Secondo Frank, forse la madre era nascosta nei paraggi, in attesa che io arrivassi. Sinceramente ero così confusa che non mi è venuto in mente di controllare.» «È normale.» 8
«Frank ha concluso che di certo si trattava di un malinteso e che l’avrebbe chiarito in quattro e quattr’otto. “Ella” mi ha detto, “credo che lo scatolone sia stato lasciato apposta davanti al tuo locale perché, se in questa città c’è una persona che avrebbe saputo cosa fare, quella sei tu. Sei fantastica con i bambini, e poi non hai un debole per gli animali randagi?”» Scrollò la testa sempre più incredula. «Anche se ero d’accordo con lui, quella volta non si trattava di un vecchio cane sfortunato, ma di una povera creatura innocente. In più Lakeview è una cittadina, una piccola comunità dove le persone si aiutano a vicenda, non una metropoli anonima.» «So cosa intendi.» «Devo ammettere di non aver provato nemmeno un briciolo di compassione per la madre e, per quanto mi riguarda, non c’è nulla che giustifichi un gesto simile. Nessuna ragione al mondo. Ma» aggiunse con un profondo sospiro «è troppo facile giudicare senza conoscere tutta la storia.»
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A Nina Hughes non era mai piaciuta Lakeview, ed era certa che nemmeno stavolta avrebbe cambiato idea. Avrebbe voluto che la madre, Cathy, avesse scelto un altro momento per girare il mondo con il nuovo marito, soprattutto perché non aveva mai avuto tanto bisogno di una spalla su cui piangere e di un posto dove stare. Dopo quello che era successo con Steve, non poteva rimanere a Galway e rischiare di incontrarlo per caso; era una piccola città, dopotutto. Doveva cambiare aria e andare da qualche parte a riordinare le idee. Ma non riusciva a credere di essersi ridotta a chiedere ospitalità proprio a suo padre. Purtroppo non aveva avuto altra scelta. In circostanze normali, sarebbe tornata a Dublino e rimasta da Cathy finché non si fosse ripresa, ma lei e Tony erano partiti e avevano affittato la casa per sei mesi. Così aveva dovuto ripiegare su Patrick a Lakeview. Solo per un breve periodo, giusto il tempo di decidere che cosa fare. Gli aveva telefonato qualche giorno prima per chiedergli se poteva andare da lui, sentendosi una sciocca adolescente anziché una trentenne matura e sicura di sé. 11
«Okay, Nina» le aveva risposto Patrick nel suo consueto tono calmo e distaccato, e lei aveva concluso che non era cambiato per niente dall’ultima volta che si erano visti, circa otto anni prima. Quando era ragazzina, Cathy l’aveva costretta ad andare a trovarlo, anche se Nina pensava che a lui non importasse granché di vedere la sua unica figlia. I suoi si erano separati quando era piccola, e lei non aveva mai capito come avessero potuto stare insieme, perché Patrick, taciturno e severo, era l’esatto contrario di Cathy, allegra e spumeggiante. Forse dipendeva soltanto dal fatto che erano cresciuti nella stessa cittadina. Anche se la madre non l’aveva mai ammesso, Nina sospettava che il suo concepimento non fosse stato esattamente programmato e che si fosse trattato del più classico dei matrimoni riparatori. Nessun problema, però: ormai Cathy abitava a Dublino ed era felicissima con Tony, che per Nina era un padre più di quanto Patrick fosse mai stato. Da bambina aveva dovuto trascorrere diversi weekend a Lakeview, ma da quando aveva compiuto sedici anni ci aveva messo piede solo qualche volta. Se suo padre ci era rimasto male, non l’aveva dato a vedere e, in ogni caso, a lei non faceva né caldo né freddo. Non lo conosceva, non l’aveva mai conosciuto davvero, e ora si sarebbe trasferita da lui solo per cause di forza maggiore. Si chiese se avesse ancora la mania di collezionare elettrodomestici e se continuasse a guadagnarsi da vivere aggiustandoli. Il ricordo più vivido che aveva di Lakeview era Patrick che smontava e riparava pazientemente radio, televisori e apparecchi di ogni tipo, blaterando in 12
continuazione. Un tempo Nina trovava quel lavoro interessante, ora invece lo considerava da sfigati. All’epoca del divorzio suo padre aveva circa quarant’anni, avrebbe potuto trovarsi un’altra compagna. Chissà cosa aveva visto in lui Cathy. «Patrick è un uomo gentile e generoso» ripeteva sua madre, decisa a non dire e a non tollerare nemmeno una parola cattiva contro l’ex marito, probabilmente perché si sentiva in colpa per averlo piantato in asso e avergli portato via la figlia. «Anche dopo la separazione non ti ha mai fatto mancare niente.» Il che aveva del miracoloso, data l’indifferenza di Patrick nei suoi confronti. Per lui era sempre stata la ragazzina fastidiosa che arrivava di tanto in tanto a incasinare la sua casa immacolata e la sua vita abitudinaria, e «abitudinaria» era un eufemismo. Patrick si alzava alle sette in punto (anche nel weekend), andava a comprare il giornale e lo leggeva mangiando uova fritte e pancetta, accompagnate da pane tostato e da una tazza di tè (con due zollette di zucchero). Una volta, per fargli una sorpresa, Nina aveva preparato la colazione, ma aveva bruciato il pane e lui aveva perso il controllo. Non si era infuriato, ma aveva reagito con un gesto di stizza, che per una bambina di dieci anni risultava ancora più terrificante. Nina non ci aveva mai più provato. Ora, mentre l’autobus si avvicinava a Lakeview, lei si domandò se fosse cambiato qualcosa. Be’, sicuramente c’erano molte case nuove: più moderne, più pretenziose, di quelle che i cittadini che si trasferiscono in campagna costruiscono per dimostrare agli amici che se la stanno spassando, quando invece la maggior parte muo13