Ottobre 2011 – Aprile 2012
2° GIORNATA
Tassazione delle rendite finanziarie e operazioni sul capitale
La consulenza per lo sviluppo e la tutela dell’attività d’impresa
RESPONSABILE MASTER BREVE
REDAZIONE E GRAFICA
Sonia Zanconato
Erica Cestaro Lara Sousa Oliveira Chiara Alberini Milena Martini in collaborazioni con A-Comunicazione
COORDINAMENTO DIDATTICO E ORGANIZZATIVO
SERVIZIO CLIENTI
Claudia Pasetto Lara Margotto Cecilia Lonardi
Barbara Adami Stefano Varalta
LOGISTICA CONGRESSUALE
ASSISTENZA E WEB MASTER
Delia Rosso Silvia Mondinelli
Sergio Lovato
Matteo Bonora Laura Roma
IN CASO DI MANCATA PARTECIPAZIONE ALLA GIORNATA IN AULA Il Master Breve viene proposto con la stessa formula in tutte le sedi; ciò consente di recuperare eventuali incontri perduti (previa comunicazione scritta o tramite apposito modulo presente sul sito alla voce “recupero giornate”). Nel caso di impossibilità di recupero presso altra sede, è invece possibile visionare, su specifica richiesta e con l’assegnazione di login e password personali, la versione video delle lezioni svolte in aula corredate da slides e materiale didattico. In caso di assenza alla giornata del Master ciascun partecipante può scaricare il materiale didattico, non ritirato in versione cartacea, accedendo all’area riservata Professional Library. Per ricevere in ogni caso la copia cartacea è possibile farne richiesta con il modulo presente sul sito alla voce “Richiesta materiale” e ritirarlo presso il desk di segreteria in occasione dell’incontro successivo.
Materiale didattico non vendibile e riservato ai soli partecipanti al Master Breve 2011-2012:
LA CONSULENZA PER LO SVILUPPO E LA TUTELA DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA Dispensa chiusa per la stampa il 28/10/2011
GRUPPO EUROCONFERENCE S.P.A. Via E. Fermi, 11/a - 37135 Verona Tel. 045/8201828 - Fax 045/583111 e-mail:
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INDICE PRESENTAZIONE
pag.
5
La nuova tassazione delle rendite finanziarie CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO LA DISTINZIONE TRA PARTECIPAZIONE QUALIFICATA E PARTECIPAZIONE NON QUALIFICATA pag.
a cura di Alessandro Corsini
7
LA TASSAZIONE DEI DIVIDENDI: NOVITÀ E CONFERME DELLA RIFORMA pag. 12
a cura di Norberto Villa
I DIVIDENDI DISTRIBUITI DA SOCIETÀ ED ENTI NON RESIDENTI pag. 17
a cura di Luca Miele e Valeria Russo
ENTRATA IN VIGORE DELL’INCREMENTO DI TASSAZIONE E CONTRO MOSSE DEI CONTRIBUENTI pag. 28
a cura di Norberto Villa
LA CONTABILIZZAZIONE DEI DIVIDENDI pag. 34
a cura di Norberto Villa
GLI INTERESSI, LE OBBLIGAZIONI E GLI ULTERIORI REDDITI DIVERSI DERIVANTI DAL CAPITALE pag. 37
a cura di Maurizio Tozzi
NOVITÀ IN TEMA DI CAPITAL GAIN ED ENTRATA IN VIGORE pag. 45
a cura di Norberto Villa
LA NUOVA OPZIONE PER IL RIALLINEAMENTO DEI VALORI DELLE PARTECIPAZIONI NON QUALIFICATE pag. 49
a cura di Paolo Meneghetti
LA DETERMINAZIONE DEL COSTO DELLA PARTECIPAZIONE pag. 52
a cura di Paolo Meneghetti
LA RIDETERMINAZIONE DEL VALORE DI TERRENI E PARTECIPAZIONI NEL DECRETO SVILUPPO pag. 57
a cura di Alessandro Corsini
TERRENI E PARTECIPAZIONI DOPPIA RIVALUTAZIONE. IL RECUPERO DELLA SOSTITUIVA pag. 63
a cura di Lelio Cacciapaglia
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA PARTECIPAZIONI QUALIFICATE E NON QUALIFICATE RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Alessandro Corsini
pag. 69
LA TASSAZIONE DEI DIVIDENDI PER PERSONE FISICHE E IMPRESE RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Alessandro Corsini
pag. 76
3
LA DISTRIBUZIONE DEL DIVIDENDO E LA CONTABILIZZAZIONE RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Norberto Villa
pag. 83
I FINANZIAMENTI DEI SOCI - RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Alessandro Corsini
pag. 87
IL RECESSO DEL SOCIO - RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Alessandro Corsini
pag. 93
INTERESSI, OBBLIGAZIONI E REDDITI DIVERSI COLLEGATI AL CAPITALE RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Maurizio Tozzi
pag. 100
CAPITAL GAIN - RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Norberto Villa
pag. 104
L’AFFRANCAMENTO DELLE PARTECIPAZIONI NON QUALIFICATE RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Paolo Meneghetti
pag. 107
IL COSTO DELLA PARTECIPAZIONE - RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Paolo Meneghetti
pag. 116
D.L. 70/2011 – RIDETERMINAZIONE VALORI TERRENI E PARTECIPAZIONI RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Alessandro Corsini e Paolo Meneghetti
pag. 122
RIDETERMINAZIONE VALORE TERRENI E PARTECIPAZIONI LO SCOMPUTO DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA - RAPPRESENTAZIONE SCHEMATICA a cura di Lelio Cacciapaglia
PROFESSIONAL LIBRARY
pag. 134
WWW
Sul sito, è possibile accedere ad un’area riservata ai soli partecipanti al Master Breve PROFESSIONAL LIBRARY – che consente di attingere a materiale implementativo, formulari, normativa di riferimento ecc… attinenti i temi affrontati: approfondimenti e normativa di riferimento: • file A: fac simile rideterminazione del valore fiscale delle partecipazioni; • file B: fac simile rideterminazione del valore di terreni. Per visionare e scaricare il materiale sopra citato: collegarsi al sito www.euroconference.it ed accedere all’area Master Breve/materiale didattico. Digitando la propria password si accede direttamente all’area riservata ai partecipanti al Master Breve, seguire poi le istruzioni che appaiono a video. In caso di necessità contattare il nostro servizio clienti al n. 045 820 18 28.
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Presentazione La seconda giornata del percorso di approfondimento Master Breve prende spunto dalle novità in tema di tassazione delle rendite introdotte dal decreto legge 138/2011 che hanno portato all’accorpamento delle misure di tassazione del 12,5% e 27% all’aliquota unica del 20%. Ma seguendo la filosofia delle giornate monotematiche le novità fungeranno solo da input iniziale per ottenere l’obiettivo di approfondire l’argomento nel suo complesso in modo esauriente. Il mondo delle rendite finanziarie è alquanto differenziato (tanto che tocca per lo meno due diverse categorie reddituali: redditi di capitale e diversi) e pertanto la scelta è stata quella di concentrare l’attenzione sul regime dei dividendi e dei capital gain. Tale scelta permette nella giornata di studio di toccare tutti i diversi aspetti delle due materie. I due argomenti sono quelli che, anche considerando il contenuto del D.L. 138, hanno il maggior impatto operativo e professionale. Partendo da questa considerazione la giornata è idealmente divisa in 4 moduli. Si partirà dall’analisi del trattamento dei dividendi considerando sia le ipotesi delle partecipazioni qualificate che di quelle non qualificate, ma anche considerando il trattamento da riservare ai dividendi percepiti dalle partecipate non residenti, argomento che, soprattutto dopo il successo dell’ultimo scudo fiscale, ha senza dubbio riacquistato interesse. Ma sempre nell’ottica dell’approfondimento seppur non innovato dal D.L. 138 sarà dato spazio e anche al regime di tassazione dei dividendi percepiti da soggetti Ires o comunque esercenti attività d’impresa, spazio in cui non si tralascerà di sottolineare le criticità di natura contabile correlati a tale situazione. Si analizzerà anche la possibilità (se davvero esiste!) di evitare l’incremento della tassazione magari ipotizzando una distribuzione “anticipata” delle riserve, sottolineando sul punto le criticità connesse a tale opportunità, richiamando le attenzioni civilistiche e la cautele di natura fiscale necessarie. Allo stesso modo, anche in tema di capital gain, obiettivo delle relazione sarà quello di esemplificare le differenti possibili ipotesi senza limitarsi all’illustrazione delle novità. Sul punto si darà spazio all’illustrazione della data di entrata in vigore delle novità con particolare attenzione alle conseguenze operative nonché alle eventuali convenienti scelte da adottare per cercare di arginare gli effetti negativi dell’incremento della tassazione. Uno spazio ad hoc sarà riservato alla possibilità concessa dal D.L. 138 di affrancare le plusvalenze latenti al 31.12.2011 delle partecipazioni non qualificate. Calcoli di convenienza, possibili scelte, modalità pratiche e adempimenti necessari saranno scandagliati nel corso di questa sezione della giornata. Sezione che, inoltre, offrirà automaticamente il collegamento per l’ultima parte in cui si analizzerà la nuova possibilità (riaperta dal D.L. 70/2011) di rideterminazione del valore di partecipazioni e terreni. Considerando che siamo di fronte all’ennesima riapertura di questo strumento, l’attenzione sarà concentrata in particolare su un confronto di convenienza sulle due possibili strade per l’affrancamento dei valori delle partecipazioni (quella del D.L. 138 e quella del D.L. 70) e sulla previsione che consente la compensazione dell’imposta sostitutiva eventualmente già versata nel caso di nuovo ed ulteriore accesso alla rideterminazione (su cui anche l’amministrazione finanziaria si è già espressa con la circolare 47/E del 24 ottobre). Punto quest’ultimo che, oltre a consentire l’esemplificazione numerica delle diverse ipotesi, consentirà di affrontare e risolvere la non rara ipotesi della perdita di valore (soprattutto dei terreni) intervenuta successivamente ad una eventuale precedente rideterminazione. La giornata si presenta pertanto densa di contenuti che saranno affrontati in modo schematico ed operativo con l’aiuto di esemplificazioni numeriche e casistica tratta dalla prassi professionale.
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NOTA BENE Il materiale che segue sarà organizzato seguendo la sequenza degli argomenti sopra esposti e per facilitare l’uso in aula è ripartito in tre sezioni: • una I parte contenente i contributi di approfondimento • una II parte contenente gli strumenti operativi e didattici usati in aula a supporto delle relazioni quali slide, schemi di sintesi e fac simili • una III parte eventuale contenente la normativa di riferimento Tale schema sarà comune a tutto il materiale del Master Breve e ricordo che lo potrete consultare all’interno della Professional Library
Video di presentazione a cura di Norberto villa disponibile sulla Professional Library nella versione pdf
Struttura della giornata Il regime dei dividendi Regole di tassazione per imprese e persone fisiche Nuova tassazione di interessi e obbligazioni Scelte di convenienza
Il regime del capital gain
LA NUOVA TASSAZIONE DELLE RENDITE FINANZIARIE
Tassazione dei gain qualificati e non Limitazione al riporto delle minusvalenze
Riallineamento delle partecipazioni Valutazione dell’opzione per le non qualificate Calcolo dell’imposta Rilevanza delle minusvalenze
Rideterminazione del D.L. n.70 Nuovo valore per partecipazioni e terreni Calcolo della sostitutiva Compensazione dei versamenti precedenti Norberto Villa Coordinatore della seconda giornata di approfondimento Comitato Scientifico Euroconference
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LA DISTINZIONE TRA PARTECIPAZIONE QUALIFICATA E PARTECIPAZIONE NON QUALIFICATA *
La distinzione tra partecipazione qualificata e partecipazione non qualificata (in seguito, in breve, anche caratura della partecipazione) deve essere tenuta ben presente poiché, dal ricadere una partecipazione nell’una o nell’altra ipotesi, dipende la modalità di tassazione del dividendo da essa riveniente ovvero del capital gain o del capital loss conseguito a seguito della sua cessione. Diciamo anche che questa distinzione è rilevante principalmente per le persone fisiche o, per meglio dire, per i soggetti che detengono la partecipazione al di fuori del regime d’impresa. Infatti, quando una partecipazione è riconducibile all’impresa, il che avviene necessariamente per società di persone e società di capitali, differenziare le partecipazioni in qualificate o no non ha alcuna rilevanza. Le indicazioni di fondo per stabilire la caratura di una partecipazione sono individuate dall’art. 67, co. 1, lett. c del TUIR, norma tuttavia alla quale vanno aggiunte altre considerazioni, per poter avere un panorama completo, anche per poter risolvere situazioni per così dire particolari.
1.
L’individuazione delle partecipazioni qualificate e non qualificate
L’individuazione della caratura della partecipazione richiede una indagine preliminare, vale a dire la natura del soggetto partecipato e, di conseguenza, la tipologia di strumento finanziario posseduto. Infatti l’art. 67, co. 1, lett. c TUIR afferma che la partecipazione può essere rappresentata: 1. da azioni (un discorso a parte vale per quelle di risparmio); 2. da quote; 3. da diritti o titoli mediante i quali possono essere acquisite partecipazioni. Quindi la partecipazione può essere detenuta in una S.p.a. (azioni) in una S.r.l. (quote) in una società di persone (quote), comprese le società semplici. Le partecipazioni in enti non commerciali sono considerate sempre e comunque non qualificate, mentre quelle detenute in associazioni tra professionisti sono del tutto irrilevanti, nel senso che non danno luogo a cessioni ne qualificate ne non qualificate. Queste osservazioni aiutano a meglio spiegare le scelte operate dalla norma al momento in cui deve definire le soglie che delimitano la diversa caratura della partecipazione. Infatti è partecipazione qualificata; 1. quella che consente di esprimere una percentuale di diritti di voto nell’assemblea ordinaria superiore al 20%; ovvero, in alternativa, 2. quella che rappresenta una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 25%1. Sono conseguentemente partecipazioni non qualificate quelle che si collocano al di sotto di dette soglie. Possiamo dire, intanto, che la percentuale riferita ai diritti di voto ha utilità, almeno in prima approssimazione, per determinare la caratura di una partecipazione in una società di capitali, mentre quella riferita al patrimonio serve per le società di persone, posto che in questo secondo caso non si può parlare di diritti di voto riconducibili alla partecipazione, dato che il sistema di votazione ammesso in generale in questi soggetti si basa sulle teste e non sulla percentuale posseduta. Si veda il seguente schema:
* 1
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
Le percentuali indicate scendono rispettivamente al 2% o al 5% in caso di partecipazione in società con titoli negoziati in mercati regolamentati.
7
CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
a cura di Alessandro Corsini
Società di capitali voti Società di persone patrimonio
Partecipazione non qualificata
Partecipazione qualificata
Fino al 20%
Oltre il 20%
Fino al 25%
Oltre il 25%
Come accennato, la partecipazione potrebbe anche essere rappresentata da diritti o titoli (diritti di opzione, obbligazioni convertibili etc), che naturalmente possono essere ceduti. In questo caso, per determinare la caratura dello strumento finanziario ceduto, si deve verificare quale partecipazione si sarebbe potuta acquistare esercitando il diritto o convertendo l’obbligazione (percentuali potenzialmente ricollegabili). Valga il seguente esempio2: • una società lancia un aumento di capitale di 900, da 100 a 1000; • il socio A ha una partecipazione del 25% - 25 azioni; • per poter mantenere inalterata la sua partecipazione ad aumento di capitale eseguito, il socio dovrà possedere complessivamente 250 azioni, quindi 225 in più di quelle attualmente possedute; in pratica il 25% di 900, cioè 225, ovvero 25 diritti per 9 azioni (25 x 9= 225); • se, in luogo dell’esercizio dei diritti, A li cede, è come se cedesse una partecipazione del 22,5% (225/1000), e quindi porrebbe in essere una cessione qualificata. Per completare queste informazioni, alcuni cenni ai contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale o misto di capitale e lavoro. La riforma tributaria del 2003 ha assimilato questi contratti a dei veri e propri strumenti finanziari, tant’è che il loro rendimento è assimilato a un dividendo (v. art. 44, co. 1, lett. f TUIR). Di conseguenza, si tratta di definire un criterio per capire quando un contratto di associazione in partecipazione possa essere assimilato a una partecipazione qualificata e, per converso, a una partecipazione non qualificata. Il legislatore ha scelto quello che si basa sul peso percentuale dell’apporto dell’associato sul patrimonio netto contabile dell’associante, e la qualificazione si ha a partire da percentuali superiori al 25%, esattamente come è stato detto per il caso delle partecipazioni al patrimonio. Il patrimonio netto di riferimento deve essere desunto dall’ultimo bilancio approvato prima della stipula del contratto.
2.
Il disallineamento tra partecipazione al capitale e diritti sociali
In precedenza si è detto che il criterio per stabilire la caratura di una partecipazione si basa su due parametri, quello dei voti e quello della partecipazione al patrimonio (capitale sociale). Questo secondo criterio è l’unico applicabile alle società di persone, mentre nelle società di capitali si possono avere delle situazioni in cui entrambi i parametri devono essere presi in considerazione. Prima di proseguire, dobbiamo focalizzare brevemente l’attenzione su alcune novità introdotte dalla riforma del diritto societario e, per rimanere ai casi più diffusi, limitandoci alla S.r.l. In proposito va ricordato che, se la regola generale è che, a una data percentuale di partecipazione al capitale corrisponde una identica percentuale di diritti sociali (voti in assemblea, partecipazione agli utili o alle perdite, etc), un’eccezione può essere rappresentata dall’attribuzione di diritti sociali non proporzionali (maggiori o minori) rispetto alla partecipazione al capitale. Ciò è reso possibile dall’art. 2468, co. 2, del C.C.
2
Tratto da G. Ferranti, V. Russo, Partecipazioni societarie, Ipsoa, 2011.
8
La distinzione tra partecipazione qualificata e partecipazione non qualificata
1
Partecipazione proporzionale
Conferimento eseguito 25% Quota partecipazione 25%
Diritti di voto 25% Partecipazione agli utili 25%
2
Partecipazione non proporzionale
Conferimento eseguito 30% Quota partecipazione 20%
Diritti di voto 20% Partecipazione agli utili 20%
L’impatto tributario di questa novità civilistica è stato affrontato dalla circolare 52/E/2004 che, in estrema sintesi, ha affermato che il criterio per definire la caratura della partecipazione, in caso di disallineamento tra parametro riferito al voto e parametro riferito al patrimonio, è quello di scegliere il maggiore dei due. Questo approccio è stato successivamente confermato dalla risoluzione 332/E/2008. Quindi, riferendoci alla tabella precedente: 1. nel caso di partecipazione proporzionale, vi è coincidenza tra il parametro riferito al voto e quello riferito alla partecipazione al patrimonio (conferimento) e quindi la partecipazione è qualificata poiché è superato quello riferito al voto; 2. nel caso di partecipazione non proporzionale, la partecipazione al patrimonio (conferimento), è superiore al parametro riferito al voto che, isolatamente considerato, configurerebbe una partecipazione non qualificata (percentuale fino al 25%); tuttavia, poiché si applica la regola del maggiore dei due, la qualificazione del parametro riferito al patrimonio fa sì che la partecipazione sia qualificata. Evidentemente le situazioni in cui si deve porre un po’ di attenzione sono quelle in cui un parametro è sotto la soglia e l’altro sopra la soglia, ad esempio partecipazione al capitale 10% e diritti di voto 30%. Quando entrambi sono sotto o sopra soglia la situazione è facilmente risolvibile. Un’ultima riflessione concerne una casistica in parte diversa, che si produce quando si aziona il co. 3 dell’art. 2468 del C.C., norma che consente di attribuire particolari diritti a un dato socio, in modo del tutto slegato dal conferimento eseguito o dalla partecipazione assegnata. Ci si riferisce ai particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili, che, come già detto, possono essere attribuiti a prescindere da come si configurano altri assetti riferibili al socio. Così, ad esempio, un socio può avere eseguito un conferimento pari al 10% del capitale sociale, avere una partecipazione proporzionale al conferimento, ma vedersi attribuito un diritto di partecipazione agli utili pari al 25%. Cosa significa? Che il socio in assemblea esprimerà voti per il 10%, ma quando si tratterà di incassare dividendi egli peserà per il 25%. Ha impatto questo assetto sulla caratura della partecipazione? Non risulta che l’Agenzia delle Entrate si sia espressa sul punto ma, poiché i parametri messi in gioco dal legislatore sono altri rispetto a quello della partecipazione agli utili, è sensato ritenere che in caso di un diritto agli utili del 25%, ma partecipazione al capitale e diritti di voto pari al 10%, la partecipazione debba essere considerata non qualificata.
3.
Il principio dell’attrazione
Un caso in cui si può avere la riqualificazione di una partecipazione non qualificata in una qualificata, deriva dal c.d. principio di attrazione, espressione utilizzata nella prassi per indicare la previsione contenuta nell’art. 67, co. 1, lett. c, quarto periodo. La norma, in sostanza, stabilisce che, se un soggetto esegue una serie di cessioni non qualificate se considerate isolatamente, e ciò avviene nell’arco di un anno anche se nei confronti di soggetti diversi, per stabilire se, nel suo complesso, la cessione è qualificata o no, si devono sommare le diverse percentuali via via cedute. La disposizione è applicabile a partire dal momento in cui il cedente detiene una percentuale qualificata. Questa precisazione sembra ovvia, ma mancava nella disciplina dei capital gain ante riforma da D. Lgs.
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461/1997, per cui si poteva correre il rischio che una serie multipla di acquisti e cessioni di percentuali irrisorie innescasse il principio di attrazione. Invece è ovvio che il riferimento deve essere alle cessioni multiple di partecipazioni detenute nella stessa società. Quindi, se A possiede il 50% di Alfa, il 1° novembre anno 1 cede un 15% e il 1° ottobre anno 2 cede un altro 15%, la cessione deve essere considerata qualificata. L’esempio è fatto apposta per poter dire come si deve comportare A a livello dichiarativo, e cioè: 1. relativamente all’anno 1 A dichiarerà la cessione non qualificata, versando l’imposta sostitutiva del 12,5% (20% dal 1° gennaio 2012); 2. per l’anno 2, resosi conto di avere ceduto una partecipazione qualificata, dovrà leggersi la lett. b del co. 7 dell’art. 68 TUIR e un passaggio della circolare 52/E/2004, che tiene vivo l’ultimo periodo del co. 1 dell’art. 5 del D. Lgs. 461/1997, oggi abrogato. Dal che deriva: a. che i corrispettivi percepiti in occasione della cessione operata nell’anno 1 si considerano invece percepiti nell’anno 2; b. che per l’anno 2 dovrà dichiarare una cessione qualificata relativa al 30% della società Alfa, corrispondendo le relative imposte; c. che a scomputo dell’imposta dovuta sulla dichiarazione relativa all’anno 2 utilizzerà l’imposta sostitutiva corrisposta per l’anno 1. Un’esemplificazione la si trova nelle slide annesse al presente contributo.
4.
Partecipazioni in comunione - Usufrutto e nuda proprietà
Il tema delle partecipazioni in comunione, con particolare riferimento ai regimi di comunione legale tra coniugi, ha creato in passato un ampio dibattito, atteso che non esisteva una posizione ufficiale dell’Amministrazione finanziaria almeno fino al 2002, anno nel quale è stata diramata la risoluzione 131/E del 30 aprile. La soluzione offerta dal passaggio amministrativo è piuttosto semplice, nel senso che, semplificando, si assume che una partecipazione in comunione legale debba essere idealmente suddivisa in due partecipazioni riferibili ai coniugi per la metà. In sostanza, una partecipazione considerata unitariamente del 30%, è riconducibile a ciascun coniuge per un 15%. L’effetto è tuttavia rilevante, poiché una partecipazione qualificata unitariamente considerata si scinde in due sotto partecipazioni non qualificate. Da ciò che il dividendo erogato sarà tassato presso ciascun coniuge con un’imposta sostitutiva – regime vantaggioso fintanto che l’aliquota è al 12,5%, ma svantaggioso a partire dal 1° gennaio 2012, data a decorrere dalla quale l’aliquota della sostitutiva aumenta al 20% e la cessione integrale della partecipazione genererà due capital gain non qualificati, almeno con riferimento all’esempio proposto. Va ricordato che, in caso di comunione, l’art. 2437 del C.C. in tema di S.p.a., e l’art. 2468 u. c. del C.C. in tema di S.r.l., dispongono che i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune. A seguito di questa disposizione, alcuni osservano che, se due coniugi posseggono una partecipazione del 30%, e fosse designato il marito a partecipare all’assemblea, egli eserciterebbe diritti di voto per un 30%, quindi secondo una soglia propria delle partecipazioni qualificate. Il timore è che, sulla base di questo assunto, le due partecipazioni non qualificate – come detto, principio affermato dalla richiamata risoluzione 131/E/2002 – possano essere riqualificate come una unica partecipazione qualificata. Crediamo che questo timore possa essere opportunamente appianato. Posto che il rappresentante comune esercita dei poteri assimilabili a quelli del delegato dal socio alla partecipazione in assemblea, non sarà certo che, se esso delegato raccogliesse tante deleghe, singolarmente non qualificate ma che gli consentono di esercitare un voto qualificato, allora tutte le partecipazioni vengono a essere considerate qualificate.
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La distinzione tra partecipazione qualificata e partecipazione non qualificata
Infine si può prendere in considerazione il tema della cessione dell’usufrutto, ovvero della nuda proprietà, di una partecipazione. La questione è abbastanza articolata, e crediamo involga due temi principali, vale a dire: 1. la caratura del diritto, o comunque dell’oggetto ceduto, in sede di cessione dell’usufrutto ovvero della nuda proprietà; 2. la caratura della partecipazione, ovvero del diritto di essa rappresentativo, una volta intervenuta la cessione e, ancora, quando essa interessa solo parzialmente la partecipazione. Sotto il primo profilo la questione sembra abbastanza semplice, nel senso che, per stabilire la percentuale di partecipazione ceduta, si deve applicare la seguente formula: Cessione usufrutto Valore usufrutto Valore nominale X Valore piena proprietà
Cessione nuda proprietà Valore nuda proprietà Valore nominale X Valore piena proprietà
Il valori di usufrutto e nuda proprietà si calcolano applicando le disposizioni in tema di imposta di registro, contenute negli art. 46 e 48 del D.P.R. 131/1986. Tuttavia ci si deve porre una domanda: ho ceduto una percentuale, certamente, ma di cosa? Qui dobbiamo ricordare una disposizione civilistica – art. 2352 C.C. – che stabilisce che, in caso di cessione dell’usufrutto, il diritto di voto spetta all’usufruttuario, salvo convenzione contraria. Questa disposizione è applicabile anche alla S.r.l. per richiamo operato dall’art. 2471 bis del C.C. Quindi: 1. in caso di cessione dell’usufrutto con attribuzione del voto all’usufruttuario, posto che la partecipazione al capitale resta al nudo proprietario, la cessione deve avere come riferimento la percentuale dei diritti di voto (20%); 2. in caso di cessione della nuda proprietà, con mantenimento dei diritti di voto in capo all’usufruttuario, la cessione si dovrà confrontare con il limite della partecipazione al capitale sociale (25%). Queste considerazioni risolvono anche l’aspetto di come si configura la partecipazione presso l’avente causa una volta avvenuta la cessione, e alcune delle relative casistiche, anche più complesse, in cui si ha la cessione parziale dei diritti (ad esempio su una partecipazione del 50% si cede l’usufrutto limitatamente al 25%), sono affrontate dalla risoluzione 332/E del 1° agosto 2008.
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LA TASSAZIONE DEI DIVIDENDI: NOVITÀ E CONFERME DELLA RIFORMA a cura di Norberto Villa*
1.
Premessa
Il decreto legge 138/2011 ha riscritto le misure di tassazione di alcuni redditi di capitale e redditi diversi. L’intervento contenuto nell’art. 2, commi da 6 a 34 è finalizzato all’accorpamento delle attuali misure del 12,5% e del 27% in quella del 20%. Nonostante ciò saranno molte di più le ipotesi in cui si assisterà ad un incremento della tassazione che non il contrario. È sufficiente richiamare che dal 1 gennaio 2012 si assisterà ad un aggravio della tassazione delle ipotesi più comuni quali i dividendi e ai capital gain relativi a partecipazioni non qualificate percepite realizzate da persone fisiche ed invece ad una diminuzione per ipotesi non così rilevanti come ad esempio gli interessi maturati su conti correnti e simili ed i frutti delle obbligazioni indipendentemente dal tasso e dalla durata. Ma nonostante la riforma molte altre ipotesi di dividendi e capital gain (si pensi a quelli percepiti o realizzati nell’ambito del reddito d’impresa) non hanno subito alcuna variazione. Nel presente intervento si fornirà un quadro generale della tassazione dei dividendi considerando sia le ipotesi innovate dal decreto legge 138/2011 che quelle rimaste immutate.
2.
Regime dei dividendi percepiti da persone fisiche non imprenditori
L’art. 44 del Tuir riconduce nella tipologia dei redditi di capitale quelli che derivano dall’investimento di denaro e non sono ritraibili dalle attività d’impresa e di lavoro autonomo (attività che, oltre al capitale, necessitano anche di organizzazione e lavoro). Tra gli stessi sono compresi i dividendi e gli utili distribuiti dalle società. Per tale tipologia reddituale ai sensi dell’art. 45, 1 comma del Tuir vale il “principio di cassa”, che individua il momento della tassazione in quello in cui effettivamente avviene la loro percezione monetaria. Considerando la provenienza del reddito, ovvero considerando il paese di stabilimento del soggetto che effettua la distribuzione nonché la natura della partecipazione a cui il reddito è correlato (qualificata o no) il regime applicabile è alquanto variabile. Dividendi distribuiti da società residente in Italia relativi a una partecipazione qualificata Nel caso di persone fisiche proprietarie al di fuori del regime di impresa di partecipazioni qualificate, l'ammontare dei dividendi che concorre alla formazione del reddito complessivo è pari al 49,72% del totale (con applicazione delle aliquote progressive Irpef) se gli stessi sono prelevati dagli utili formati dopo il 31 dicembre 20073. Tale regime non subirà variazioni dal 2012. Nel caso contrario sono imponibili in capo al socio in misura pari al 40%. I sostituti d’imposta, nella certificazione relativa agli utili devono indicare separatamente gli utili che concorrono a formare il reddito complessivo nella misura del 40% rispetto a quelli che vi concorrono invece nella misura del 49,72%. Modello unico: i dividendi percepiti da persone fisiche residenti, non esercenti attività d’impresa, dovuti a partecipazioni qualificate, si devono indicare nel Quadro RL del Modello UNICO Persone Fisiche.
* 3
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento) Vedi paragrafo successivo per un approfondimento sulla questione
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Dividendi distribuiti da società residente in Italia relativi ad una partecipazione non qualificata Tali dividendi (articolo 67, lettera c-bis del Tuir) sono soggetti ad una ritenuta a titolo di imposta del 12,5% da applicarsi sul totale del loro ammontare e non comportano un obbligo di dichiarazione. La tassazione del 12,5% si applica mediante ritenuta secca. Il D.L. n.138 ha però incrementato la misura di imposizione portandola dal 12,5% al 20%. La novità riguarderà i dividendi che verranno incassati dal 1° gennaio 2012, anche se per utili o riserve formati prima di tale data. Dividendi distribuiti da società residente in Paese estero a fiscalità ordinaria relativi a una partecipazione qualificata Non cambiano le regole rispetto ai dividendi nazionali. Anche questi sono imponibili per il 49,72% (o 40%) del loro ammontare. Gli stessi possono però essere assoggettati a tassazione (ritenute) nel Paese di residenza della società che li distribuisce. In tal caso alla persona fisica italiana spetta un credito per le imposte assolte all’estero ai sensi dell’art. 165, comma 10 del Tuir che però non sarà di misura pari alla ritenuta ma inferiore in quanto occorre considerare che il dividendo è imponibile solo per una percentuale dello stesso (vedi appendice alle istruzioni al fascicolo 2 del modello unico PF). Ma il dividendo estero inoltre sul “netto frontiera” (dividendo al netto della ritenuta subita all’estero) subisce una ritenuta a titolo di acconto del 12,5% da parte dell’intermediario che interviene nella riscossione (la stessa essendo a titolo di acconto può essere scomputata in sede di dichiarazione in cui occorre indicare il dividendo per l’importo lordo). Nel caso in cui il paese estero applichi una ritenuta superiore al limite convenzionale la parte eccedente può essere recuperata chiedendo il rimborso all’Amministrazione finanziaria del Paese in cui risiede la società che distribuisce i dividendi. Dividendi distribuiti da società residente in Paese estero a fiscalità ordinaria relativi ad una partecipazione non qualificata Anche in questo caso poco cambia rispetto al caso di dividendo nazionale ed anche in questo caso si assisterà ad un incremento di tassazione dal 12,5 al 20% a partire dal 1 gennaio 2012. Da notare però che anche nel caso in cui il percipiente residente abbia subito una ritenuta nello stato estero non potrà godere del credito d’imposta ai sensi dell’165, in quanto non essendo da dichiarare tali dividendi non vi è la possibilità di agire altrimenti. È possibile invece recuperare con rimborso l’eventuale eccedenza della ritenuta subita rispetto alla convenzionale. L’intermediario che interviene nella riscossione applica poi una ritenuta del 12,5% a titolo d’imposta sul “netto frontiera”. Se, invece, i dividendi sono percepiti senza l’intervento di un intermediario o quest’ultimo non opera la ritenuta, gli stessi sono invece assoggettati ad imposta sostitutiva nella misura del 12,5% mediante compilazione del Quadro RM del Modello UNICO relativo alle Persone fisiche. Dividendi distribuiti da società residente in Paese estero a fiscalità privilegiata Dividendi qualificati Tali utili concorrono per l’intero ammontare alla formazione del reddito complessivo del socio. Se vi è l’intervento di un intermediario lo stesso applica una ritenuta del 12,5% (che diventerà del 20%). È possibile tassare tali dividendi come quelli provenienti da territori non privilegiati ottenendo risposta positiva a un apposito interpello.
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
La tassazione dei dividendi: novità e conferme della riforma
Dividendi non qualificati di partecipazione quotata Tali dividendi sono tassati mediante ritenuta del 12,5% (che diventerà del 20%) applicata dall’intermediario. In caso contrario il dividendo deve essere indicato nel quadro RM. Dividendi non qualificati di partecipazione non quotata Le regole non mutano è prevista la medesima tassazione vigente per la tassazione dei dividendi relativi alle partecipazioni qualificate: concorrono al 100% alla formazione del reddito complessivo del socio. Se c’è intervento dell’intermediario si applica la ritenuta d’acconto del 12,5% (che diventerà del 20%). I dividendi che non subiscono una tassazione sostitutiva devono essere indicati nel quadro RL del modello unico.
2.
Regime dei dividendi percepiti da società di persone e imprese individuali
In tale ipotesi non rileva il tipo di partecipazione. Per la partecipazione al reddito derivante da partecipazioni in soggetti Ires detenute da società di persone la misura a cui assoggettare ad imposta il dividendo è pari al 49,72%4. Nessuna modifica è prevista a riguardo dal decreto legislativo 138/20112. Non è prevista l’applicazione di alcuna ritenuta alla fonte e la detassazione del 50,28% del dividendo è ottenuta in sede di dichiarazione.
3.
Regime dei dividendi percepiti da società di capitali (soggetti Ires)
Per i soggetti Ires i dividendi sono esclusi dalla formazione del reddito per il 95% del loro ammontare. Nessuna modifica è prevista sul punto. Occorre sottolineare che in tale ipotesi i dividendi subiscono una doppia tassazione a livello economico (anche se non giuridico), una prima volta in capo alla società erogate ed una seconda in capo al socio. Nel caso in cui il percettore sia una società di capitali infatti gli utili incassati concorrono a formare il reddito d’impresa in misura pari al 5% del loro ammontare, senza applicazione di alcuna ritenuta. In altri termini, pari a 100 il dividendo percepito, occorrerà operare in sede di dichiarazione dei redditi una variazione diminuzione pari a 95, il che equivale a dire che il 5% del reddito distribuito sconta una doppia imposizione (anche in ipotesi di opzione per il consolidato nazionale ex art. 117 del Tuir). Fa eccezione a quanto sopra il regime della trasparenza (art. 115 e 116 del Tuir), che consegue l’effetto di sterilizzazione completa rendendo ininfluente in carico alla partecipata il reddito prodotto. Lo stesso è infatti trasferito in capo ai soci partecipanti.
4.
Mutamento delle convenienze tra dividendi qualificati e non
Con la disciplina attuale si verifica spesso la convenienza della tassazione per i dividendi percepiti da persone fisiche detentori di partecipazioni non qualificate rispetto al caso delle partecipazioni qualificate. Queste ultime infatti concorrono alla formazione del reddito imponibile per il 49,72% del loro ammontare con assoggettamento alle aliquote progressive Irpef5. Considerando le attuali misura dell’Irpef significa che un dividendo da partecipazione qualificata in capo al soggetto percipiente può essere assoggettato ad un’aliquota Irpef compresa tra: • minima : 49,72% x 23% = 11,43% • massima: 21,38%
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Vedi nota precendente Tale reddito concorre inoltre a formare base per il nuovo contributo di solidarietà.
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La tassazione dei dividendi: novità e conferme della riforma
Da ciò ne consegue che solo nell’ipotesi in cui la quota tassata del dividendo ricade per intero nel primo scaglione d’imposta si ha un vantaggio rispetto alla tassazione prevista in misura fissa per i dividendi non qualificati (12,5%). Dal primo gennaio 2012 quando la tassazione per i dividendi non qualificati passerà al 20% i calcoli saranno da rivedere e si avranno molte più ipotesi in cui addirittura la forma fino ad oggi meno vantaggiosa diverrà invece conveniente6.
Esempio Si ipotizzi un contribuente che ha un reddito di 15 mila euro e che con tale reddito copre per intero la fascia colpita dall’aliquota Irpef minima del 23%. Si ipotizzi anche lo stesso percepisca anche un dividendo di 10.000. Il confronto tra attuale disciplina e futura è il seguente: Disciplina attuale Partecipazione non qualificata: la tassazione è pari a € 1.250 dato dal 12,5% del dividendo percepito Partecipazione qualificata: la tassazione è pari a € 1.342 dato da € 10.000 x 49,72% x 27% Nonostante i non elevati livelli di reddito la tassazione del dividendo non qualificato è vantaggiosa. Disciplina dal 1 gennaio 2012 Partecipazione non qualificata: la tassazione è pari a € 2.000 dato dal 20% del dividendo percepito Partecipazione qualificata: la tassazione è pari a € 1.342 dato da € 10.000 x 49,72% x 27% La situazione si capovolge rispetto ad oggi. La tassazione del dividendo qualificato è vantaggiosa.
5.
Le previsioni del dm 2 aprile 2008
Si è prima genericamente riferito che la misura di tassazione nel caso di dividendi qualificati sia pari al 49,72% dell’importo totale. Tale affermazione deve essere meglio specificata considerando le previsioni contenute nel dm 2 aprile 2008 che considerando il mutamento di aliquota formale dell’Ires ha stabilito che: • gli utili conseguiti a decorrere dall’esercizio 2008 sono imponibili in capo al socio in misura pari al 49,72% del loro ammontare, • quelli conseguiti fino all’esercizio 2007 la percentuale imponibile è ancor oggi fissata al 40%. La legge finanziaria per il 2008 (legge 244/2007) ha ridotto l’aliquota Ires dal 33% al 27,5%, con effetto dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Al fine di garantire l’invarianza di gettito, il dm 2 aprile 2008 ha quindi incrementato dal 40% al 49,72% le quote tassate di dividendi (e plusvalenze) percepiti da: persone fisiche che detengono partecipazioni qualificate al di fuori del regime di impresa; società di persone e persone fisiche che detengono partecipazioni in regime di impresa (indipendentemente dal fatto che la partecipazione sia qualificata o meno). La nuova percentuale di tassazione si è applicata alle delibere di distribuzione successive a quelle relative all’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2007. In ipotesi in cui siano presenti contemporaneamente utili prodotti negli esercizi antecedenti al 2008 (tassati in capo al socio per il 40%) e utili formati a decorrere dall’esercizio 2008 (tassati al 49,72%), per espressa previsione legislativa si considerano prioritariamente distribuiti gli utili meno recenti, con conseguente vantaggio per i soci precettori, che potranno godere della minore percentuale di imposizione.
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I risultati esprimerebbero una ancora maggiore convenienza nel caso distribuzione di utili ante 2008 tassati al 40%
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La società distributrice sarà pertanto tenuta a monitorare attentamente le riserve, distinguendole per anno di formazione. Più dettagliatamente occorrerà: indicare le movimentazioni delle riserve nel quadro RF del modello dichiarazione dei redditi; specificare nella compilazione della certificazione degli utili corrisposti quali utili distribuiti saranno da assoggettare a tassazione in misura pari al 40% e quali nella misura del 49,72%. Viceversa, in ipotesi di utilizzo delle riserve a copertura di perdita, risulta conveniente utilizzare le riserve formate con utili maturati a decorrere dal 2008, lasciando iscritte quelle ante 2008 soggette a minore imposizione in ipotesi di futura distribuzione. La legittimità di tale comportamento è stata confermata dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 8 del 13 marzo 2009 (paragrafo 1.2) (in tal senso anche autorevole dottrina: norma di comportamento Aidc n. 173).
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I DIVIDENDI DISTRIBUITI DA SOCIETÀ ED ENTI NON RESIDENTI a cura di Luca Miele e Valeria Russo *
I dividendi “in entrata”
In linea generale, il trattamento tributario dei dividendi “in entrata”, cioè dei dividendi distribuiti da società ed enti non residenti a soggetti residenti è identico a quello applicato ai dividendi distribuiti da soggetti residenti. Uno degli aspetti qualificanti della riforma fiscale del 2003 consiste, infatti, proprio nel riservare un pressoché identico trattamento ai dividendi nazionali e ai dividendi provenienti dall’estero. I soggetti IRES Pertanto, se il soggetto percettore è un soggetto IRES il dividendo distribuito dal soggetto non residente di cui all’art. 73, comma 1, lett. d), del TUIR, non concorre alla formazione del reddito, in quanto escluso, per il 95% del suo ammontare. I soggetti IRPEF esercente attività d’impresa Se il soggetto percettore è un soggetto IRPEF esercente attività d’impresa, i dividendi concorrono nella misura del 49,72% a formare il reddito complessivo. Il soggetto IRPEF non esercente attività d’impresa Se il soggetto percettore è una persona fisica non esercente attività d’impresa, occorre distinguere il trattamento riservato agli utili a seconda del possesso di partecipazioni qualificate o non qualificate. Sugli utili in entrata per partecipazioni non qualificate, l’intermediario applica una ritenuta a titolo d’imposta del 12,5% sull’intero ammontare dell’utile percepito fino al 31 dicembre 2011 e del 20% sugli utili percepiti a partire dal 1° gennaio 2012. Infatti, è da evidenziare che l’art. 2, commi da 6 a 34, del Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, ha innovato la tassazione delle rendite finanziarie – tra cui, appunto, i dividendi da partecipazioni non qualificate -, con l’introduzione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, di un’aliquota unica fissata al 20%7. In assenza di intermediario della riscossione di cui all’art. 23 del D.P.R. n. 600/1973, l’art. 18 del TUIR prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva del 12,5%8. A prescindere, quindi, dalla presenza di un intermediario nella riscossione, il prelievo è comunque del 12,5% (del 20% dal 1 gennaio 2012) a titolo definitivo (per effetto dell’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta ovvero di imposizione sostitutiva). Sugli utili in entrata derivanti dal possesso di partecipazioni qualificate si applica, invece, una ritenuta a titolo di acconto del 12,5% (del 20% dal 1 gennaio 2012) sulla quota imponibile (49,72%) dell’utile (art. 27, quarto comma, del D.P.R. n. 600/1973). In tale fattispecie, al soggetto residente nel territorio dello Stato compete un credito d’imposta pari all’imposta pagata all’estero con le regole di cui all’art. 165, comma 10, del TUIR secondo cui se il reddito prodotto all’estero concorre parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente. A prescindere dalla natura della partecipazione, la ritenuta (a titolo d’imposta ovvero a titolo di acconto) si applica sull’importo dell’utile al netto delle imposte pagate all’estero (cd. netto frontiera). La circolare n. 26/E del 16 giugno 2004 ha chiarito le concrete modalità di calcolo con il seguente esempio: in caso di utile deliberato dalla società emittente pari a 100, con 20 di ritenute estere, la ritenuta del 12,5% deve applicarsi sul 40% (oggi 49,72%) di 80, vale a dire su 32. Al riguardo, si pone il problema dell’applicazione del “netto frontiera” nel caso in cui all’estero sia stata applicata una ritenuta più elevata di quella prevista dalle Convenzioni contro le doppie * 7
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
Fatta salva la previsione di specifiche fattispecie escluse dall’intervento normativo. 8 Dal 1° gennaio 2012 del 20%.
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
1.
imposizioni. In tale ipotesi, infatti, ci si chiede se la base imponibile va decurtata solo dell’aliquota convenzionale ovvero dell’intera ritenuta estera. Sul punto è intervenuta la predetta circolare n. 26/E del 2004. È stato precisato che per “netto frontiera” si deve intendere “l’importo effettivamente corrisposto al beneficiario finale. Pertanto, nell’eventualità che i dividendi abbiano scontato nel Paese della fonte, sulla base della relativa normativa interna, un prelievo in misura superiore rispetto all’aliquota prevista, ad esempio, dalla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia, la base imponibile della ritenuta di cui al quarto comma dell’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973 deve essere decurtata dell’intero importo delle imposte subite nello Stato estero. Si tratta di scelta semplificatoria in relazione agli adempimenti dei sostituti. Si confronti la seguente tabella che pone a confronto l’imposizione sui dividendi di fonte estera a seguito delle modifiche introdotte ad opera del d.l. n. 138/2011. Dividendi derivanti da
Fino al 31 dicembre 2011
Dal 1° gennaio 2012
Partecipazioni qualificate in società residenti in Paesi non Aliquota marginale sul 49,72% Aliquota marginale sul 49,72% black list del dividendo (ritenuta a titolo del dividendo (ritenuta a titolo d’acconto del 12,5%) d’acconto del 20%) in società residenti in Paesi Tassazione in misura integrale Tassazione in misura integrale black list non quotate (ritenuta a titolo d’acconto del (ritenuta a titolo d’acconto del 12,5%) 20%) Partecipazioni non qualificate in società residenti in Paesi non Aliquota del 12,5% black list
Aliquota del 20%
in società residenti in Paesi Aliquota del 12,5% black list quotate
Aliquota del 20%
in società residenti in Paesi Aliquota marginale sul 100% del Aliquota marginale sul 100% black list non quotate dividendo (ritenuta a titolo del dividendo (ritenuta a titolo d’acconto del 12,5%) d’acconto del 20%)
2.
L’indeducibilità della remunerazione ex art. 110, comma 9, del TUIR
La illustrata disciplina degli utili da partecipazione “in entrata” trova applicazione a condizione che l’utile derivante dalla partecipazione al capitale o al patrimonio della società non residente di cui all’art. 73, comma 1, lett. d), del TUIR se corrisposto da una società residente, sarebbe stato indeducibile nella determinazione del reddito d’impresa per effetto di quanto previsto dall’art. 110, comma 9, del TUIR 9. Occorre effettuare la verifica dell’effettivo trattamento che alla remunerazione dei titoli e degli strumenti finanziari esteri viene accordato dalla legislazione del Paese estero di residenza dell’emittente.
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L’art. 110, comma 9, considera indeducibili dal reddito del soggetto che le eroga quelle remunerazioni che direttamente o indirettamente derivino dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale sono emessi gli strumenti finanziari.
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I dividendi distribuiti da società ed enti non residenti
La remunerazione deve essere totalmente indeducibile dal reddito della società emittente secondo le regole proprie vigenti nel Paese estero di residenza e tale indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell’emittente stesso ovvero da altri elementi certi e precisi. A tale proposito, l’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 4/E del 18 gennaio 2006, ha ritenuto che possa valere una “semplice attestazione” della società emittente senza la necessità che essa sia asseverata dall’autorità fiscale estera, così come possono essere validamente utilizzate le dichiarazioni dei redditi o altra documentazione fiscale del soggetto estero, nonché un’attestazione dell’indeducibilità fornita dall’autorità fiscale estera o da istituzioni riconosciute dalle autorità pubbliche (ad esempio, mercati istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui detti mercati hanno sede o information provider di qualificata esperienza). In mancanza della dichiarazione di parte o di altra documentazione prodotta dall’emittente o delle predette attestazioni, è stato ritenuto che l’indeducibilità delle remunerazioni delle azioni possa essere dimostrata attraverso la sussistenza di disposizioni normative vigenti nello Stato estero di residenza dell’emittente che statuiscono in modo inequivocabile tale non deducibilità. L’Agenzia ha, inoltre, precisato che il soggetto sul quale grava l’obbligo di acquisire la predetta documentazione ai fini della qualificazione del reddito è il sostituto d’imposta che interviene nella riscossione del provento dall’estero. L’Agenzia aggiunge che, nel caso in cui l’intermediario manchi ovvero le remunerazioni siano percepite direttamente all’estero, il contribuente è tenuto a richiedere e conservare la documentazione ai fini della corretta tassazione in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi. Il tema della indeducibilità secondo la legislazione estera, si presta ad alcune ulteriori considerazioni: • ai fini dell’assimilazione dei titoli esteri alle azioni, occorre che la remunerazione sia indeducibile ma non che sia stata effettivamente non dedotta dal soggetto estero. Si vuol dire che, a fronte di una indeducibilità fissata dallo Stato estero, laddove l’emittente deduca erroneamente tale remunerazione, non per questo viene meno l’assimilazione; • l’assimilazione dei titoli e strumenti esteri alle azioni - quindi la detassazione che consegue in capo al percettore - viene a dipendere, come visto, dal trattamento della remunerazione in capo al soggetto non residente; si tratta di disposizione alquanto “atipica” nel senso che un regime fiscale del nostro ordinamento è subordinato alla disciplina estera; • è stato osservato che la verifica della indeducibilità nel Paese estero pone sicure complessità agli intermediari che intervengono nella riscossione; al riguardo, riteniamo di dover dare atto all’Agenzia delle entrate di aver cercato di attenuare i riflessi negativi sugli intermediari con una interpretazione estensiva della locuzione “altri elementi certi e precisi”.
3.
Gli utili provenienti da Paesi “black list”
La deroga all’assetto sin qui descritto di detassazione parziale degli utili da partecipazione, è costituita dai dividendi distribuiti da soggetti residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata indicati nella black list di cui all’art. 167 (D.M. 21 novembre 2001) ovvero distribuiti da soggetti residenti in Stati o territori diversi da quelli da individuare ai sensi dell’art. 168-bis del TUIR (cd. white list). I dividendi distribuiti da soggetti residenti in Paesi “black list” In linea generale, gli utili distribuiti da tali soggetti concorrono nella misura del 100% alla formazione del reddito del socio residente nel territorio dello Stato. Il principio sottostante tale regola è evidente: l’esclusione, totale o parziale da tassazione in Italia, compete se l’utile ha subito imposizione congrua nel territorio in cui è stato prodotto; se questo non accade, l’utile è tassato integralmente nel Paese del percettore al fine di evitare salti d’imposta.
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Evidentemente, tali utili da partecipazione non concorrono alla formazione del reddito se l’utile (meglio il reddito) della società partecipata estera è stato già tassato per trasparenza, in via separata, ai sensi del citato art. 167 del TUIR. Le partecipazioni non qualificate Sulla base di quanto stabilito nel quarto comma dell’art. 27 del D.P.R. n. 600/1973, è prevista l’applicazione della ritenuta a titolo di acconto per le remunerazioni derivanti da partecipazioni “non qualificate” in società residenti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata i cui titoli non sono negoziati in mercati regolamentati; remunerazioni che concorrono a formare il reddito imponibile in misura pari al 100%. Resta ferma, tuttavia, la possibilità da parte del percettore di dimostrare mediante interpello positivo, al momento della percezione dei dividendi, il rispetto delle condizioni previste dall’art. 87, comma 1, lett. c), del TUIR. In tal caso, troverà applicazione l’ordinaria disciplina con la ritenuta del 12,50% (del 20% dal 1 gennaio 2012) a titolo d’imposta e non d’acconto. Analogamente, la ritenuta è operata a titolo d’imposta in relazione a partecipazioni in società residenti in Paesi black list non qualificate “negoziate nei mercati regolamentati”. Le partecipazioni qualificate Gli utili e le remunerazioni derivanti da partecipazioni qualificate distribuiti da soggetti residenti in Paesi black list concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile, ad eccezione dell’ipotesi in cui gli utili siano stati imputati al socio ai sensi del comma 1 dell’art. 167 del TUIR (e dell’art. 168) ovvero sia stata ritenuta valida la dimostrazione, in seguito all’esercizio del diritto di interpello, che dalla partecipazione non si conseguiva l’effetto di localizzare ivi i relativi redditi. Su tali utili il sostituto d’imposta applica, su un imponibile del 100%, la ritenuta del 12,50% (20% dal 2012) a titolo di acconto. Al riguardo, la circolare n. 4/E del 2006 ha chiarito che, relativamente a tali partecipazioni qualificate, si applica la riduzione dell’imponibile al 40% (ora 49,72%) qualora il sostituto d’imposta abbia ricevuto dal contribuente copia della risposta positiva all’interpello presentato all’Agenzia delle entrate da cui risulta che i redditi imputati dalla società partecipata siano stati regolarmente assoggettati a tassazione in un Paese a fiscalità ordinaria. Rimane fermo, infine, che le ritenute, sia a titolo di imposta che a titolo di acconto, si applicano sul cd. “netto frontiera” ossia sull’importo dei dividendi al netto delle imposte applicate nello Stato estero di residenza. L’interpello disapplicativo Il regime di tassazione piena degli utili provenienti da soggetti residenti in Paesi o territori black list subisce una deroga: il legislatore ha, infatti, previsto una esimente. Nonostante il dividendo provenga da uno Stato o territorio a fiscalità privilegiata è possibile dimostrare, mediante esercizio dell’interpello da inoltrare all’Agenzia delle entrate, che dalle partecipazioni non sia conseguito l’effetto di localizzare i redditi nei territori a fiscalità privilegiata. Si ricorda che tale disposizione, già contenuta nella disciplina sulle CFC, è stata attuata in seno all’art. 5, comma 3, del D.M. 21 novembre 2001, n. 429 nel senso di dimostrare “…. il fatto che i redditi conseguiti da tali soggetti sono prodotti in misura non inferiore al 75% in altri Paesi o territori diversi da quelli di cui all’art. 127-bis, comma 4. … e ivi sottoposti integralmente a tassazione ordinaria”. In questa ipotesi, i redditi risultano tassati in base ad un regime fiscale diverso da quello privilegiato, legittimando l’esclusione da imposizione degli utili distribuiti alla società italiana. Risultano integralmente imponibili gli utili distribuiti da società residenti in Paesi black list distribuiti da società in relazione alle quali sia stato ottenuto un interpello favorevole fondato sull’attività commerciale svolta nel Paese in cui hanno sede. Tale impostazione è del tutto coerente con la ratio della disciplina: se la società localizzata nel Paese a fiscalità privilegiata svolge un’attività commerciale, ma non paga imposte in quel Paese o le paga in
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I dividendi distribuiti da società ed enti non residenti
misura non congrua, non vi è alcuna doppia imposizione economica da eliminare e, quindi, non vi è motivo di riconoscere l’esclusione dei dividendi (ovvero della plusvalenza realizzata). In sostanza, nell’ipotesi di un interpello favorevole, basato sulla sola esimente dell’attività commerciale effettiva, gli utili o le plusvalenze relative alla partecipazione estera sono imponibili integralmente in Italia, ma senza alcun effetto di doppia imposizione poiché non vi è stato un prelievo ordinario “a monte” e, ricordiamolo, nessun prelievo per trasparenza nel nostro Paese come, invece, accade in applicazione del regime CFC. I dividendi “indirettamente” distribuiti da soggetti residenti in Paesi “black list” L’art. 47, comma 4, del TUIR prevede la concorrenza integrale alla formazione del reddito imponibile degli utili “provenienti” da società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato. Il regime di tassazione integrale riguarda non solo gli utili e i proventi equiparati distribuiti direttamente dai soggetti residenti nel paradiso fiscale, ma anche quelli - da essi generati - che confluiscono tramite società intermedie. L’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 28/E del 4 agosto 2006, ha chiarito che “in sede di applicazione della norma, con particolare riguardo alla ipotesi di partecipazioni indirette tramite subholding, si rende necessario individuare, nel complesso degli utili distribuiti, quelli generati dalle partecipate nel paradiso. Nelle ipotesi estreme di subholding intermedie qualificabili come mere conduit company, l’intero utile da esse distribuito potrà infatti ritenersi generato nel paradiso fiscale in cui è localizzata la società operativa. Del pari, sarà possibile individuare - ragionevolmente - la fonte degli utili erogati da holding statiche o da società che non svolgono una effettiva attività economica, limitandosi alla mera detenzione delle partecipazioni”. Al riguardo, non si può non osservare che la disciplina si applica anche a fattispecie più complesse di quelle rappresentate dall’Agenzia delle entrate nella circolare 28/E del 2006 (holding statiche e subholding qualificabili come mere conduit company) in cui vi sono più livelli di subholding e utili stratificatisi in più periodi di imposta e, ciò, rende assai complessa la concreta applicazione della norma per le imprese e i controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria10. In particolare, si poneva il problema di individuare, laddove le riserve della società estera intermedia in corso di distribuzione si siano formate in più esercizi, con proventi derivanti sia da paesi black list sia da paesi non black list, con quale criterio si debbano intendere distribuite le riserve. Nella circolare n. 51/E/2010, l’Agenzia delle entrate ha affermato che in assenza di un criterio espresso previsto dal legislatore, la società conduit debba documentare di volta in volta la provenienza degli utili distribuiti al socio residente. Ha, altresì, affermato che in mancanza di adeguato supporto documentale che provi la provenienza dell’utile, si ritengono distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili di provenienza black list. Analogo criterio va applicato nel caso in cui oggetto di distribuzione siano poste patrimoniali formate con utili pregressi. È stato segnalato un possibile contrasto con la direttiva n. 90/435/Cee, nei casi in cui la società che distribuisce i dividendi rientri nella nozione di società “figlia” comunitaria poiché l’art. 4 della direttiva prevede che lo Stato di residenza della società madre si astenga dal sottoporre a imposizione gli utili oggetto di distribuzione o, in alternativa, li assoggetti a imposizione, con il riconoscimento di un credito per le imposte assolte sugli utili della partecipata nel rispettivo Stato di residenza 11.
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In ordine alla esatta individuazione degli utili da black list oggetto di triangolazione e da sottoporre al regime integrale di tassazione in Italia nell’ipotesi in cui la società intermedia sia titolare di altri investimenti o eserciti altre attività e ai relativi problemi applicativi della disciplina, si rinvia alla Assonime, circolare n. 38 del 17 luglio 2007. 11 G. Rolle, “Niente sconti per i dividendi”, in Il Sole - 24 Ore del 22 agosto 2006.
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L’Agenzia delle entrate, nella circolare n. 51/E/2010, ha chiarito che il regime di imposizione integrale si applica anche nel caso di dividendi distribuiti da società conduit “figlie” – ai sensi della cosiddetta Direttiva madri e figlie – della società italiana che percepisce i dividendi. Infatti, continua l’Agenzia delle entrate, la direttiva madri e figlie “non pregiudica l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi”. Nella fattispecie l’abuso consisterebbe nella creazione di società o enti meramente artificiosi, privi di effettività economica e finalizzati ad eludere la normale imposta sugli utili societari. E’ evidente che per accertare se la società conduit è una costruzione artificiosa occorre procedere con l’approccio caso per caso mediante interpello con il quale il contribuente dovrà dimostrare che la partecipazione nel soggetto localizzato nel paradiso fiscale non sia detenuta tramite la società figlia allo scopo di evitare artificiosamente che i redditi siano tassati in maniera congrua. In questo senso appare prioritario verificare il rapporto partecipativo che intercorre tra il socio residente nel nostro Stato percettore degli utili provenienti dall’impresa di black list e la società intermedia con la quale viene attuata la triangolazione di tali utili. E’ indubbio, infatti, che per poter ipotizzare un’operazione a carattere elusivo è, quanto meno, necessario che il socio residente in Italia o le sue parti correlate abbiano la possibilità di disporre dell’investimento; la possibilità, cioè, di assumere quella posizione di dominus del rapporto partecipativo che consente di essere l’artefice del disegno elusivo. Ciò accade, ad esempio, quando la società intermedia ha le caratteristiche della “scatola vuota” interamente partecipata dal socio italiano e finalizzata alla mera detenzione delle partecipazioni della società del paradiso fiscale o, quanto meno, è una società sottoposta ad un effettivo controllo da parte del socio italiano. Il regime delle CFC e la causa esimente della congrua tassazione L’art. 167 del TUIR reca la normativa sulle società estere controllate da soggetti residenti (cd. regime CFC) tassate secondo le regole della trasparenza. Di fatto, si è introdotta una tassazione che opera come se gli utili prodotti dalla società partecipata fossero conseguiti dal partecipante italiano attraverso una sua stabile organizzazione: oggetto di imposizione per trasparenza non è l’utile civilistico suscettibile di distribuzione, ma l’utile rideterminato con le regole interne del reddito d’impresa. L’erogazione del dividendo, quindi, è un momento secondario del rapporto tributario, nel senso che l’imputazione per trasparenza del reddito dell’impresa partecipata estera rende, fino a concorrenza del reddito stesso, irrilevanti ai fini impositivi le successive distribuzioni di utili. Per quanto qui interessa, il soggetto controllante residente in Italia, ai sensi dell’art. 167, comma 5, del TUIR, può chiedere, con interpello preventivo, la disapplicazione della disciplina CFC laddove dimostri alternativamente: • che il soggetto controllato eserciti in via principale un’effettiva attività industriale o commerciale nel mercato dello Stato o territorio a fiscalità privilegiata; • che dalle partecipazioni del soggetto controllato non si consegua la localizzazione dei redditi in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare ai sensi dell'art. 168-bis. In questa sede ci occupiamo della seconda delle menzionate condizioni di esclusione dalla disciplina CFC. Come stabilito dall’art. 5, comma 3, del regolamento di attuazione D.M. 429/2001, affinché la seconda esimente operi, occorre che i redditi conseguiti dal soggetto controllato siano prodotti, in misura non inferiore al 75%, in altri Stati o territori non aventi un regime fiscale privilegiato e che siano stati sottoposti negli stessi ad una tassazione ordinaria.
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I dividendi distribuiti da società ed enti non residenti
Il caso più frequente – richiamato anche nella citata circolare n. 51/E/2010 - è quello in cui il soggetto estero localizzato in un territorio rientrante nella black list svolge la sua attività mediante una stabile organizzazione localizzata in uno Stato che non ha un regime fiscale agevolato. Maggiori criticità nell’applicazione della seconda esimente sono state rappresentate, sin dal principio, con riguardo ai casi di subholding localizzate in paesi black list con partecipate residenti in paesi a fiscalità ordinaria. La questione di fondo ha riguardato la concreta configurazione del concetto di “produzione del reddito” in un paese non black list. Per chiarire meglio la problematica, verifichiamo la prassi amministrativa sul tema e la sua evoluzione. In principio, la risoluzione n. 18/E del 29 gennaio 2003 ha affermato che i dividendi e gli interessi percepiti da un soggetto localizzato in un paese rientrante nella black list non si considerano prodotti nello Stato della fonte ma si considerano prodotti nello Stato del percipiente, in quanto derivanti da una fonte produttiva (il capitale) situata nello Stato del percipiente. Pertanto, anche se i dividendi e gli interessi sono corrisposti da un soggetto partecipato non rientrante nella black list, gli stessi non possono essere considerati prodotti “in altri Stati o territori diversi da quelli aventi un regime fiscale privilegiato” (e ivi sottoposti a tassazione). L’esempio è quello di una società italiana che controlla un soggetto lussemburghese CFC che, a sua volta, controlla una società brasiliana sottoposta a regime ordinario di tassazione; il reddito della società del Lussemburgo è costituito per più del 75% da interessi pagati dalla sua controllata brasiliana e contabilizzati come dividendo in Lussemburgo. Dalla interpretazione dell’Agenzia delle entrate derivava che i dividendi non si consideravano prodotti in Brasile ma in Lussemburgo poiché derivanti da una fonte produttiva (il capitale) ivi situata. In questo caso, pertanto, non è stata consentita alla società italiana la disapplicazione del regime CFC. Tale interpretazione si è palesata eccessivamente rigida in quanto la scelta di dare prevalenza al dato formale rispetto ai profili sostanziali della imposizione complessiva sugli utili esteri - al fatto, cioè, che le imposte prelevate a valle non sono giuridicamente riferibili alla subholding di black list, ma alle sue società partecipate - non appariva in sintonia con la ratio antielusiva della disciplina CFC, volta a verificare l’esistenza o meno di una congruità complessiva della tassazione subita dal gruppo, senza considerare oltretutto che i Paesi di residenza delle società partecipate prelevano, di regola, a carico della subholding di black list anche le ritenute in uscita sui dividendi ad essa distribuiti 12. Una maggiore “apertura” da parte dell’Agenzia delle entrate si è avuta nella risoluzione n. 63/E del 28 marzo 2007 in cui è stato affermato il riconoscimento dell’esimente in questione facendolo discendere da una valutazione complessiva dei risultati fiscali derivanti da una determinata struttura del gruppo societario e la ratio individuata è stata quella secondo la quale i redditi prodotti all’estero devono risultare tassati almeno una volta in misura congrua. Il caso rappresentato era quello di una società italiana che controlla indirettamente una società cipriota con aliquota di tassazione degli utili del 10% attraverso una società residente negli Stati Uniti dove gli utili sono tassati in via ordinaria. In questo caso, l’Agenzia ha consentito la disapplicazione poiché gli utili prodotti dalla società black listed (cipriota) vengono tassati ordinariamente, quali dividendi, in testa alla società estera che ne detiene il controllo (statunitense) e, in definitiva, tali dividendi subiscono comunque una tassazione congrua. Sulla base di questa ratio, superando la risoluzione n. 18/E del 2003, si può affermare che, se a livello di gruppo gli utili sono già stati tassati una volta, è possibile ottenere la disapplicazione della disciplina CFC. Se così è, allora anche nel caso della società italiana che controlla un soggetto 12
Assonime, circolare n. 46 del 31 luglio 2007.
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lussemburghese che a sua volta controlla la società brasiliana va garantita la disapplicazione della normativa CFC poiché gli utili da partecipazione distribuiti alla società black listed (lussemburghese) sono già stati assoggettati a tassazione congrua in Brasile. Questo orientamento è, peraltro, conforme a quanto asserito nella relazione al decreto attuativo, riguardo a questa seconda esimente, laddove si legge che si tratta, in pratica, del caso del gruppo che sia in grado di dimostrare di aver, comunque, subito sull’utile imputabile alla società localizzata nel paradiso fiscale una tassazione congrua, in quanto utile proveniente da società, a loro volta partecipate, che non abbiano beneficiato di alcun regime fiscale privilegiato. Di segno analogo alla risoluzione n. 63/E del 2007 sono anche le successive risoluzioni n. 191/E del 27 luglio 2007 e n. 288/E del 17 ottobre 2007. Tale interpretazione è confermata nella recente circolare n. 51/E del 6 ottobre 2010 in materia di modifiche al regime CFC apportate dal D.L. 78/2009. Il documento di prassi contiene, tuttavia, una ulteriore condizione che va attentamente verificata. Nella circolare si legge che “in caso di catene societarie che coinvolgono più Paesi, si ritiene che la suddetta condizione sia rispettata quando l’imposizione effettiva complessivamente gravante sull’utile ante imposte della CFC sia in linea con l’imposizione italiana, a prescindere dal luogo in cui il reddito si considera prodotto e dallo Stato (o dagli Stati) in cui avviene detta tassazione.”. L’esempio riportato nel paragrafo 4 della circolare chiarisce senza ombra di dubbio l’orientamento, oramai consolidato, dell’Agenzia delle entrate. Ma, come dicevamo, c’è di più. Nella circolare si dice che “assume rilievo ai fini del riconoscimento dell’esimente in commento la presentazione di una documentazione idonea a dimostrare la sistematica distribuzione verso l’Italia dell’utile proveniente dalla CFC.”. E ciò nel presupposto che “la sistematica distribuzione dei dividendi, da un lato rafforza la dimostrazione della carenza di intenti elusivi, dall’altro immette l’utile prodotto dalla CFC in circuiti totalmente accessibili all’Amministrazione finanziaria italiana ai fini dell’acquisizione delle relative informazioni.”. Sembra, quindi, che sussista anche un obbligo di distribuzione dei dividendi al fine di ottenere la disapplicazione del regime CFC mediante la seconda esimente. Obbligo che, peraltro, rischia di interferire e condizionare le politiche di distribuzione delle società. Da ultimo, è il caso di osservare che le pronunce sin qui esaminate dell’Agenzia delle entrate hanno, comunque, come assunto che l’utile che la holding trae dalla propria controllata deve considerarsi “prodotto” nel paradiso fiscale in quanto derivante dal capitale detenuto dalla holding stessa e non dall’attività della società operativa sottostante nel paese di white list. Ma – Assonime ha osservato13 – tale assunto è tutt’altro che condiviso sul piano comunitario. A livello internazionale, infatti, viene operata una chiara distinzione tra il portafolio dividends, derivanti da partecipazioni non qualificate e i dividendi from major shareholding, relativi a partecipazioni qualificate, in particolare se di controllo. I primi sono considerati passive income perché traggono origine dal capitale detenuto dall’investitore nel paese di residenza mentre i secondi sono esclusi dai passive income, in quanto hanno la propria fonte produttiva nell’attività della società sottostante e dunque nel paese in cui è localizzata.
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Note e studi 3/2010.
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I dividendi distribuiti da società ed enti non residenti
4.
Esempi di casistiche professionali IL CASO 1
Dividendi di fonte estera (“no black list”) da partecipazione qualificata non d’impresa
Si ipotizzi che il socio Gialli possegga una partecipazione qualificata nella società francese Kappa S.A. e che, nell’anno 2011, abbia percepito un dividendo di € 10.000. Si supponga, altresì, che la partecipazione sia detenuta in regime non d’impresa e che al socio sia applicabile un’aliquota marginale del 39%. Al fine di verificare la tassazione scontata dal dividendo erogato dalla francese Kappa S.A., residente, quindi, in uno Stato non black list, in capo al socio Gialli, si confronti la seguente tabella. Dividendo erogato dalla Kappa S.A. Ritenuta estera (15%) Dividendo netto frontiera Ritenuta d’acconto sull’imponibile netto frontiera Dividendo netto percepito dal socio Gialli Importo che concorre al reddito complessivo del socio Gialli IRPEF lorda Credito per le imposte assolte all’estero Detrazione ritenuta d’acconto subita Totale IRPEF dovuta Dividendo netto da imposte
IL CASO 2
10.000 - 1.500 8.500 - 528,27 (8.500 x 49,72% x 12,5%14) 7.971,73 4.972 (10.000 x 49,72%) - 1.939,08 (39% di 4.972) 745,80 (1.500 x 49,72%) 528,27 665,01 7.306,72
Dividendi di fonte estera (“black list”) da partecipazione qualificata non d’impresa
Si ipotizzi che il socio Gialli possegga una partecipazione qualificata nella società Lamda, residente nelle isole Cayman, e che, nell’anno 2011, abbia percepito un dividendo di € 10.000. Si supponga, altresì, che la partecipazione sia detenuta in regime non d’impresa e che al socio sia applicabile un’aliquota marginale del 39%. Al fine di verificare la tassazione scontata dal dividendo erogato dalla Lambda, residente, quindi, in uno Stato attualmente ricompreso nella black list, in capo al socio Gialli, si confronti la seguente tabella. Dividendo erogato dalla Kappa S.A. Ritenuta estera (15%) Dividendo netto frontiera Ritenuta d’acconto sull’imponibile netto frontiera Dividendo netto percepito dal socio Gialli Importo che concorre al reddito complessivo del socio Gialli
10.000 Non applicata 10.000 - 1.250 (10.000 x 12,5%15) 8.750 10.000
14
Se il dividendo sarà percepito nel 2012, la ritenuta dovrà essere applicata nella maggior misura del 20% prevista a seguito delle modifiche recate alla disciplina delle rendite finanziarie dal d.l. n. 138/2011. 15 Se il dividendo sarà percepito nel 2012, la ritenuta dovrà essere applicata nella maggior misura del 20% prevista a seguito delle modifiche recate alla disciplina delle rendite finanziarie dal d.l. n. 138/2011.
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IRPEF lorda Credito per le imposte assolte all’estero Detrazione ritenuta d’acconto subita Totale IRPEF dovuta Dividendo netto da imposte
IL CASO 3
- 3.900 Non riconosciuto 1.250 2.650 6.100
Dividendi di fonte estera (“no black list”) da partecipazione non qualificata non d’impresa
Si ipotizzi che il socio Gialli possegga una partecipazione non qualificata nella società francese Kappa S.A. e che, nell’anno 2011, abbia percepito un dividendo di € 1.000. Si supponga, altresì, che la partecipazione sia detenuta in regime non d’impresa. Al fine di verificare la tassazione scontata dal dividendo erogato dalla Kappa S.A., non residente in uno Stato attualmente ricompreso nella black list, in capo al socio Gialli, si confronti la seguente tabella. Dividendo erogato dalla Kappa S.A. Ritenuta estera (15%) Dividendo netto frontiera Ritenuta d’ingresso sull’imponibile netto frontiera Dividendo netto percepito dal socio Gialli Importo che concorre al reddito complessivo del socio Gialli IRPEF lorda Credito per le imposte assolte all’estero Scomputo ritenuta d’ingresso subita Totale IRPEF dovuta Dividendo netto da imposte
IL CASO 4
1.000 (150) 850 - 106,25 (850 x 12,5%16) 743,75 743,75
Dividendi di fonte estera (“black list”) da partecipazione non qualificata non d’impresa
Si ipotizzi che il socio Gialli possegga una partecipazione quotata non qualificata nella società Lamda, residente nelle isole Cayman, e che, nell’anno 2011, abbia percepito un dividendo di € 1.000. Si supponga, altresì, che la partecipazione sia detenuta in regime non d’impresa.
16
Se il dividendo sarà percepito nel 2012, la ritenuta dovrà essere applicata nella maggior misura del 20% prevista a seguito delle modifiche recate alla disciplina delle rendite finanziarie dal d.l. n. 138/2011.
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I dividendi distribuiti da società ed enti non residenti
Al fine di verificare la tassazione scontata dal dividendo erogato dalla Lambda, residente, quindi, in uno Stato attualmente ricompresso nella black list, in capo al socio Gialli, si confronti la seguente tabella. Dividendo erogato dalla Kappa S.A. Ritenuta estera (15%) Dividendo netto frontiera Ritenuta d’ingresso sull’imponibile netto frontiera Dividendo netto percepito dal socio Gialli Importo che concorre al reddito complessivo del socio Gialli IRPEF lorda Credito per le imposte assolte all’estero Scomputo ritenuta d’ingresso subita Totale IRPEF dovuta Dividendo netto da imposte
1.000 1.000 - 125 (1.000 x 12,5%17) 875 875
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Se il dividendo sarà percepito nel 2012, la ritenuta dovrà essere applicata nella maggior misura del 20% prevista a seguito delle modifiche recate alla disciplina delle rendite finanziarie dal d.l. n. 138/2011.
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ENTRATA IN VIGORE DELL’INCREMENTO DI TASSAZIONE E CONTRO MOSSE DEI CONTRIBUENTI a cura di Norberto Villa*
1.
L’entrata in vigore
Il comma 10 dell’art. 2 del D.l. 138/2011 stabilisce che “Per i dividendi e proventi ad essi assimilati la misura dell'aliquota di cui al comma 6 si applica a quelli percepiti dal 1° gennaio 2012” E’ fissato pertanto un preciso paletto temporale per l’entrata in vigore dell’incremento della tassazione che tiene conto del rigido principio d cassa che governa la tassazione di tali fattispecie . Pertanto prendendo come ipotesi quella del dividendo non qualificato percepito da persona fisica è evidente che se ciò accade entro il 31.12.2011 le imposte sono dovute nella misura del 12.5% mentre se ciò dovesse accadere qualche giorno l’aliquota sarebbe invece quella del 20%. Vale la pena di riepilogare qualche presa di posizione della prassi in tema di applicazione operativa del principio di cassa che seppur riferita ad altri ambiti (determinazione del reddito di lavoro autonomo) è rilevante anche per il caso di specie. Soprattutto nelle ipotesi in cui si voglia ipotizzare delle delibere di fine che pongono in pagamento i dividendi magari al fine di scontare una tassazione inferiore sui soci non qualificati. L'Agenzia delle entrate con la circolare 23 giugno 2010, nr. 38/E ha evidenziato che nel caso dei compensi pagati mediante bonifico bancario ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, «il momento in cui il professionista consegue la effettiva disponibilità delle somme debba essere individuato in quello in cui questi riceve l'accredito sul proprio conto corrente. Si tratta, tecnicamente, della cd. data disponibile, che indica il giorno a partire dal quale la somma di denaro accreditata può essere effettivamente utilizzata. Non assume rilievo, pertanto, né la data della valuta, ovvero quella da cui decorrono gli interessi, né il momento in cui il dante causa emette l'ordine di bonifico né quello in cui la banca informa il professionista dell'avvenuto accredito». Tale indicazione può essere riportata anche al caso dei dividendi.
2.
La distribuzione dei dividendi
L’incremento della tassazione E’ evidente che ci si deve porre in dubbio di una distribuzione anticipata ipotesi non priva di criticità. In primis perché ciò avvenga occorre tener conto della situazione liquida della società. Sul punto si può ipotizzare una distribuzione senza una materiale corresponsione del dividendo grazie ad un distribuzione effettuata in “forma giuridica” (ovvero mediante una delibera di distribuzione seguita da una contemporanea trasformazione delle somme ricevute come dividendi in prestito a favore della società). Tale manovra dovrà essere posta in essere seguendo tutte le formalità del caso al fine di evitare possibili contestazioni della fattispecie. Quindi oltre alla distribuzione anche la contemporanea concessione del finanziamento è bene che sia formalizzata per iscritto e con data certa. Inoltre il socio non qualificato subirebbe in tal caso una tassazione anticipata del dividendo rispetto a quanto monetariamente percepito e quindi le valutazioni finanziarie saranno spesse decisive per la scelta. Ciò in quanto occorrerà considerare che la distribuzione (fatte salve clausole particolari dello statuto) deve riguardare l’intera compagine societaria e quindi il rischio potrebbe essere quello di sottoporre ad una tassazione anticipata anche i soci qualificati che non avrebbero nessun vantaggio da tale anticipazione (pagherebbero subito le imposte pur non ricevendo il dividendo, imposte però identiche a quelle che pagheranno in futuro). Sul punto un salvataggio è dato dal principio di cassa. Se è vero che la distribuzione deve riguardare tutti i soci e anche vero che la percezione del dividendo, *
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
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decisiva ai fini della sua tassazione, può invece seguire tempistiche differenti. Deliberando la distribuzione di 100 si potrebbe ipotizzare il materiale pagamento degli stessi ai soci non qualificati nel 2011 ritardando invece di qualche giorno l’erogazione (o la “trasformazione in finanziamento) ai soci qualificati.
3.
La distribuzione “giuridica”
Vi è però da dire che la scelta del socio di non incassare i dividendi deliberati dalla società è già stata oggetto di un giudizio di sfavore da parte della Cassazione (sentenza 10030 del 29 aprile 2009). A parere della Cassazione, qualora i soci di una società commerciale non incassino i dividendi, questo comportamento può essere assunto, in via presuntiva, alla stregua di un finanziamento a favore della società dal quale presumere, conseguentemente, un reddito di capitale. In verità la fattispecie sottoposta all’esame della corte era caratterizzata da comportamenti eccessivi (sia con riguardo agli importi che ai tempi) ma il principio fissato non può che dettare qualche timore. Il caso riguardava una verifica di una srl familiare in cui padre e figlio erano i soci e la moglie l’amministratore unico. La stessa aveva deliberato dal 1994 al 2000 la distribuzione di utili (ed il pagamento del compenso all'amministratrice) senza che però gli stessi fossero mai stati incassati, per un importo complessivo di circa 2 milioni di euro. Constatata tale situazione l’ufficio ritenendo che le somme non ritirate da soci e dall’amministratore dovessero considerarsi lasciate in uso della società a scopo di finanziamento, accertavano in capo alle persone fisiche un reddito non dichiarato pari agli interessi al tasso legale (con le conseguenze in capo alla società in qualità di sostituto d’imposta). La cassazione nella sostanza conferma la riqualificazione del mancato incasso del dividendo (e del compenso) quale finanziamento atipico con la conseguente applicazione della fruttuosità dello stesso. Con riguardo all’ultimo punto l’aggancio normativo è contenuto nell’articolo nell’art. 46 del Tuir che prevede che le somme versate alle società dai loro soci si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo. Pur richiamando ad un atteggiamento prudente paiono necessarie alcune segnalazione rispetto a quanto sostenuto dalla corte di cassazione. In primo luogo l’art. 46 del Tuir fa espresso riferimento alle “somme versate” mentre nel caso in questione si trattava non di versamenti effettuati ma di crediti per utili non riscossi. Se nella sostanza la situazione può apparire identica è da sottolineare come la situazione non sia stata nemmeno indagata nel caso in questione, ovvero non si è indagata e motivata l’esistenza di una novazione del rapporto di credito in grado di trasformare un credito per utili in un credito da finanziamento. Ma vi è anche un altro aspetto che non pare sia stato correttamente considerato. Da quanto si può leggere nella sentenza non è stato dato alcun peso alla contabilizzazione delle somme. Proprio partendo dall’art. 46 la presunzione che le somme siano da considerare finanziamenti è superata qualora “dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo”. In realtà anche sul punto la decisione non pare soffermarsi. Il ragionamento seguito infatti può così sintetizzarsi: 1. i dividendi sono stati distribuiti ma non incassati; 2. tale situazione permette di trasformare il credito per dividendi in credito da finanziamento; 3. su tale credito scatta la presunzione di onerosità. Dato per scontato il fatto posto come premessa della vicenda (punto 1) e prima di considerare la fruttuosità o meno del credito, è da sottolineare che la riqualificazione del dividendo non incassato in finanziamento pare superare dalla chiara previsione dell’art. 46. Essendo facile ipotizzare che tali
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
Entrata in vigore dell’incremento di tassazione e contro mosse dei contribuenti
somme non fossero nei bilanci classificati come finanziamenti, è evidente come la corte di cassazione non abbia voluto dar peso alla previsione dell’ultima parte del primo comma dell’art. 46 o comunque abbia ritenuto la stessa superabile nella situazione concreta. Circa la presunzione di fruttuosità dei mutui è tornata ad esprimersi una recente sentenza (nr. 12251 del 2010). Secondo la stessa la presunzione fiscale di onerosità dei mutui può essere superata solo per il tramite delle prove espressamente elencate dall’at. 46 del Tuir, in assenza delle quali nulla potrà essere portato a sostegno di una differente tesi. La questione riguardava “(…) la mancata indicazione fra i ricavi di esercizio degli interessi attivi presuntivamente maturati a fronte di finanziamenti” effettuati in un gruppo di societàLa sentenza definisce i finanziamenti dei soci come “gli apporti di denaro dei soci alla società con obbligo di rimborso (…) il riconoscimento a favore del socio finanziatore di un credito per la restituzione distingue gli apporti a titolo di finanziamento da quelli di altra natura” e afferma anche che può “ essere irrilevante per la qualificazione della fattispecie la pattuizione di interessi, ben potendo il mutuo essere gratuito”. Di seguito però nella sentenza si afferma che “va quindi ribadito che la presunzione legale di onerosità del prestito concesso dal socio alla società da lui partecipata prevista dal d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 43 (n.d.r. oggi 46) può essere sì vinta da prova contraria (a carico del contribuente), ma che siffatta prova non è libera, ossia non può essere data con qualsiasi mezzo, ma soltanto nei modi e nelle forme stabiliti tassativamente dalla legge, la quale rinunzia alla suddetta presunzione sol quando risulti, dai bilanci allegati alle dichiarazioni dei redditi della società, che il versamento fu fatto a titolo diverso dal mutuo”. Da qui la conclusione: è da riconoscere la fruttuosità delle somme date a mutuo in quanto il contribuente non ha fornito l’unica prova contraria alla presunzione di fruttuosità del mutuo ovvero l’indicazione della infruttuosità nei bilanci allegati alle dichiarazioni dei redditi. Tutto ciò lascia qualche dubbio. Invero l’art. 46 e l’art. 45 sono fattispecie senza dubbio correlate ma che disciplinano due aspetti differenti. L’art. 46 prevede una presunzione di dazione a mutuo delle somme erogate dal socio alla società ma non interviene circa l’onerosità o meno del rapporto contrattuale. Istituisce una presunzione in grado di qualificare giuridico un rapporto ma di individuare (sempre presuntivamente) le condizioni di tali rapporto. Invece l’art. 45, comma 2 prevede una serie di presunzioni legali relative in tema di interessi prevedendo tra l’altro che qualora la misura degli stessi non è determinata per iscritto, devono computarsi al saggio legale. E’ subito evidente la differenza. L’art. 46 introduce una presunzione e consente una prova contraria specifica e non lasciata alla libertà delle parti (indicazione di un titolo diverso dal finanziamento in bilancio). Invece l’art. 45 detta anch’esso delle presunzioni ma lascia la possibilità di superarla mediante prova contraria non specificata e rigida. Inoltre a ben vedere ne l’art. 46 ne l’art. 45 prevedono in ambito fiscale una onerosità presunta dei mutui. In realtà è corretto giungere a tale conclusione solo traslando in ambito fiscale la previsione di cui all’art. 1815 del codice civile da cui però può ritenersi che per superare la fruttuosità è dimostrare una diversa volontà delle parti. Contrariamente a quanto sostenuto dalla cassazione quindi anche volendo dar valore alle presunzioni sopra richiamate, la fruttuosità di una somma data a mutuo non può che discendere da questo iter logico:
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Entrata in vigore dell’incremento di tassazione e contro mosse dei contribuenti
• • •
4.
ai sensi dell’art. 46 occorre in primo luogo verificare che le somme erogate dal socio lo siano a titolo di mutuo; solo successivamente occorre verificare al fruttuosità o meno di tale rapporto; sul secondo punto non sono posti vincoli o limiti alla natura delle prova contraria che sul punto può fornire il contribuente in quanto tali vincoli sono invece posti dalla’0rt. 46 ma solo con riguardo alla qualificazione del rapporto.
Nuove valutazioni in tema di trasparenza
L’incremento della tassazione dal 12,5% al 20% sugli utili derivanti da partecipazioni non qualificate porta spesso un nuovo elemento a favore dell’opzione per il regime della trasparenza fiscale. In virtù dell’opzione per la trasparenza, il reddito prodotto dalla società partecipata viene interamente trasferito ai soci partecipanti, rendendo ininfluente il carico fiscale Ires in capo alla società partecipata. In sostanza, tale regime equipara il funzionamento della società di capitale trasparente alle società di persone, in cui il reddito prodotto viene tassato in capo ai soci, mentre alla società fa carico esclusivamente l’irap.
Il principale vantaggio consiste nell’annullare la doppia imposizione sui dividendi. Di norma, gli utili conseguiti dalle società di capitale sono soggetti ad una doppia imposizione (se non giuridica, quanto meno economica): • una prima volta in capo alla società che li ha prodotti; • una seconda volta in capo al soggetto che li percepisce, in fase di erogazione. Tale inconveniente viene attutito prevedendo una imposizione solo parziale dei dividendi, ma l’unico sistema in grado di azzerare completamente il duplice effetto impositivo è dato dall’opzione per il regime della trasparenza. Tale vantaggio assumerà ancor più risalto con effetto dal 1° gennaio 2012, quando la distribuzione di dividendi a persone fisiche che detengono partecipazioni non qualificate sconterà un aumento di tassazione, con innalzamento della ritenuta a titolo d’imposta dal 12,5% al 20%.
COSI’ IL CALCOLO DI CONVENIENZA Partecipazione Partecipazione non qualificata Trasparenza Reddito fino a qualificata Fino al 31/12/11 Dal 01/01/12 fiscale 15.000 euro (Utili imponibili (ritenuta 12,5%) (ritenuta 20%) 49,72%) Imponibile Ires 1.379,31 1.379,31 1.379,31 1.379,31 Ires (a) 379,31 379,31 379,31 // Utile distribuito 1.000,00 1.000,00 1.000,00 1.379,31 Irpef 23% (b) 114,36 125,00 200,00 317,24 Addizionali 1,5% (c) 7,46 // // 20,69 Carico fiscale 501,13 504,31 579,31 337,93 Le addizionali sono state determinate in misura forfettaria e non si sono considerati gli oneri previdenziali L’Irap è sempre a carico della società partecipata
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Partecipazione non qualificata Partecipazione Trasparenza qualificata Fino al 31/12/11 Dal 01/01/12 fiscale (utili imponibili (ritenuta 12,5%) (ritenuta 20%) 49,72%) Imponibile Ires 1.379,31 1.379,31 1.379,31 1.379,31 Ires (a) 379,31 379,31 379,31 // Utile distribuito 1.000,00 1.000,00 1.000,00 1.379,31 Irpef 27% (b) 134,24 125,00 200,00 372,41 Addizionali 1,5% (c) 7,46 // // 20,69 Carico fiscale 521,01 504,31 579,31 393,10 Le addizionali sono state determinate in misura forfettaria e non si sono considerati gli oneri previdenziali L’Irap è sempre a carico della società partecipata Reddito da 15.000 a 28.000 euro
Partecipazione non qualificata Partecipazione Trasparenza qualificata Fino al 31/12/11 Dal 01/01/12 fiscale (utili imponibili (ritenuta 12,5%) (ritenuta 20%) 49,72%) Imponibile Ires 1.379,31 1.379,31 1.379,31 1.379,31 Ires (a) 379,31 379,31 379,31 // Utile distribuito 1.000,00 1.000,00 1.000,00 1.379,31 Irpef 38% (b) 188,94 125,00 200,00 524,14 Addizionali 1,5% (c) 7,46 // // 20,69 Carico fiscale 575,71 504,31 579,31 544,83 Le addizionali sono state determinate in misura forfettaria e non si sono considerati gli oneri previdenziali L’Irap è sempre a carico della società partecipata Reddito da 28.000 a 55.000 euro
Partecipazione Partecipazione non qualificata Trasparenza qualificata Fino al 31/12/11 Dal 01/01/12 fiscale (Utili imponibili (ritenuta 12,5%) (ritenuta 20%) 49,72%) Imponibile Ires 1.379,31 1.379,31 1.379,31 1.379,31 Ires (a) 379,31 379,31 379,31 // Utile distribuito 1.000,00 1.000,00 1.000,00 1.379,31 Irpef 41% (b) 203,85 125,00 200,00 565,52 Addizionali 1,5% (c) 7,46 // // 20,69 Carico fiscale 590,62 504,31 579,31 586,21 Le addizionali sono state determinate in misura forfettaria e non si sono considerati gli oneri previdenziali L’Irap è sempre a carico della società partecipata Reddito da 55.000 a 75.000 euro
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Entrata in vigore dell’incremento di tassazione e contro mosse dei contribuenti
Partecipazione Partecipazione non qualificata Trasparenza Reddito oltre qualificata Fino al 31/12/11 Dal 01/01/12 fiscale 75.000 euro (Utili imponibili (ritenuta 12,5%) (ritenuta 20%) 49,72%) Imponibile Ires 1.379,31 1.379,31 1.379,31 1.379,31 Ires (a) 379,31 379,31 379,31 // Utile distribuito 1.000,00 1.000,00 1.000,00 1.379,31 Irpef 43% (b) 213,80 125,00 200,00 593,10 Addizionali 1,5% (c) 7,46 // // 20,69 Carico fiscale 600,57 504,31 579,31 613,79 Le addizionali sono state determinate in misura forfettaria e non si sono considerati gli oneri previdenziali L’Irap è sempre a carico della società partecipata
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LA CONTABILIZZAZIONE DEI DIVIDENDI a cura di Norberto Villa*
1.
La contabilizzazione dei dividendi
La decisione di procedere ad una distribuzione di dividendi deve trovare evidenziazione contabile sia nei riguardi della società che distribuisce gli stessi che del socio della stessa (chiaramente se tenuto ad una contabilità).
2.
Società che distribuisce il dividendo
L’art. 2433 c.c. dispone quanto segue: • l’assemblea che approva il bilancio delibera sulla distribuzione degli utili ai soci (comma 1); • i dividendi possono essere corrisposti solo in presenza di utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato (comma 2). Il socio non è quindi titolare di un diritto al ricevimento periodico di un utile, ma è l’assemblea che ne delibera l’eventuale distribuzione. In tal senso l’assemblea è sovrana; sotto il profilo pratico il socio non ha potere di reclamare la distribuzione dei dividendi. Oltre che ostacoli interni, la distribuzione degli utili incontra precisi vincoli di carattere legislativo. Sotto questo profilo, al fine di non intaccare le garanzie patrimoniali sulle quali i terzi fanno affidamento, occorre quindi che: • non vi siano perdite di esercizi precedenti non coperte. In tale ipotesi, occorre preliminarmente reintegrare l’importo del capitale sociale (e della riserva legale) ovvero deliberarne la riduzione in modo da azzerare le perdite pregresse; • una quota dell’utile dell’esercizio almeno pari al 5% sia accantonata alla riserva legale, fino a che tale riserva non abbia raggiunto il 20% del capitale sociale; • gli utili siano realmente conseguiti, ossia non fittizi e frutto di preordinate manovre di bilancio tendenti a mascherare la presenza di una perdita dell’esercizio. In tal senso, constatato che le società in difficoltà tendono spesso a considerare costi pluriennali quelli che in realtà sono spese di esercizio, l’art. 2426 c.c. (comma 1, nr. 5) condiziona la distribuibilità dei dividendi alla presenza di riserve tali da coprire l’ammontare dei costi di impianto e di ampliamento, di ricerca, di sviluppo e di pubblicità non ancora ammortizzati; Con la riforma del diritto societario, si sono inoltre ampliate le ipotesi di riserve non distribuibili, create a fronte di plusvalori derivanti dall’adozione di specifici criteri di valutazione. Così, accanto alla riserva derivante dall'applicazione del metodo del patrimonio netto alla valutazione delle partecipazioni ed alla riserva da deroghe dai criteri di valutazioni per casi eccezionali, è stato introdotto un vincolo di distribuzione in presenza di utili su cambi non realizzati. Ai sensi dell’art. 2426, n. 8-bis, l’eventuale utile netto derivante dalla valutazione delle poste in valuta (escluse le immobilizzazioni) al cambio della data di chiusura dell’esercizio deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al momento in cui gli utili non siano realizzati. Con l’approvazione del bilancio di esercizio, la società provvede a determinare la destinazione dell’utile (o della perdita) conseguito. In linea generale, salvo l’obbligo di imputazione del 5% a riserva legale e ad eventuali riserve previste statutariamente, la rimanente parte dell’utile di esercizio può essere distribuito. In tal caso, la quota destinata ad essere distribuita rappresenta un debito della società nei confronti dei propri soci, con contestuale sorgere di un credito a favore di questi ultimi. Nelle scritture contabili della società che distribuisce, sarà pertanto necessario rilevare tale debito, avendo come contropartita l’utile dell’esercizio destinato alla distribuzione, che concorrerà a formare l’importo della voce debiti ed uscirà dalle componenti del patrimonio netto. *
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
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Rilevato il debito nei confronti dei soci, prima di procedere alla distribuzione dei dividendi, la società erogante deve appurare se su tali somme è applicabile la ritenuta a titolo di imposta o meno (si rimanda agli interventi della presente dispensa per l’individuazione delle diverse fattispecie). Medesimo comportamento è da seguire nel caso in cui oggetto della distribuzione non è l’utile dell’esercizio ma riserve preesistenti. Tale operazione non comporta solitamente conseguenze fiscali salvo che nel caso in cui gli utili e/o le riserve distribuite non abbiano un vincolo di “sospensione”. Qualora infatti oggetto della distribuzione risulti una posta in sospensione d’imposta, nascerà la conseguenza di contabilizzare il carico fiscale correlato alla distribuzione stessa.
3.
Società che percepisce il dividendo
Il codice civile non detta regole stringenti sul tema. Ciò ha permesso di dare rilevanza ai dividendi nelle scritture contabili in base a due criteri alternativi: 1) per cassa, ossia nell’esercizio in cui i dividendi sono incassati; 2) per competenza, ossia nell’esercizio in cui si formano i dividendi poi distribuiti o anche nell’esercizio in cui è deliberata la distribuzione. In base a delle non recenti prese di posizioni della Consob (si veda la delibera del 16.3.95) ambedue i criteri paiono avere legittimità e parrebbe pertanto lasciato alla libera scelta della società partecipante l’opzione in merito al criterio di registrazione adottabile. In realtà i principi di redazione del bilancio portano a ritenere la contabilizzazione per cassa non coerente con i suddetti principi così da aderire a quanto sottolineato da autorevole dottrina18 secondo cui in base alla “la disciplina civilistica del bilancio, i dividendi devono sempre essere contabilizzati per competenza, e non «per cassa»”. Ciò detto occorre poi superare un ulteriore problematica. Il criterio della competenza può essere interpretato in una duplice accezione: a) competenza determinata in base al periodo di maturazione degli utili distribuiti; b) competenza determinata in base al momento in cui sorge il diritto alla percezione dell’utile, ossia alla data della delibera di distribuzione. Il primo criterio viene di massima utilizzato quando la partecipazione è valutata con il criterio del patrimonio netto. Trattasi di un metodo consentito per la valutazione delle partecipazioni in società controllate o collegate, sulle quali si esercita un’influenza rilevante o significativa. In sintesi, gli utili dell’esercizio X della partecipate sono rilevati nel medesimo esercizio anche nel bilancio della partecipante (purchè naturalmente il bilancio della partecipata sia approvato prima di quello della partecpante). Il secondo criterio viene utilizzato quanto la partecipazione è valutata al costo di acquisto, che rappresenta il metodo canonico di iscrizione dei titoli posseduti. Come detto, in tale fattispecie il dividendo viene rilevato al momento del sorgere del credito a seguito della delibera di distribuzione, indipendentemente dall’effettivo incasso (che potrà anche avvenire nell’esercizio successivo). Quale contropartita si rileverà un credito verso la società partecipata, mentre il dividendo a conto economico verrà iscritto alla voce C.15-Proventi da partecipazioni, sia che la partecipazione sia iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie, sia che compaia tra l’attivo circolante. L’adozione del criterio di cassa rappresenterebbe una semplificazione. Infatti, accogliendo il criterio di competenza, occorrerebbe poi riconciliare l’importo dei dividendi iscritto a bilancio con l’importo imponibile ai fini fiscali (5% nel caso di società di capitale), operando nei due esercizi le necessarie variazioni fiscali in diminuzione (nell’esercizio di competenza) ed in aumento (nell’esercizio di incasso). Inoltre occorrerà 18
Vedi “Contabilizzazione del dividend nell’eserczio di maturazione dell’utile” di Giovanni Emanuele Colombo in Le Società" n. 10 del 1996, pag. 1225
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
La contabilizzazione dei dividendi
calcolare le imposte differite sul 5% del dividendo iscritto in bilancio per competenza, ma non ancora incassato. Naturalmente la rilevazione sarà fatta esclusivamente con riferimento all’Ires, in quanto la posta risulta neutra ai fini Irap, trattandosi di un provento di natura finanziaria. Società erogante Alfa Srl Si ipotizzi che la società Alfa sia posseduta al 90% dalla società Beta Srl ed al 10% da Tizio, persona fisica non imprenditore. Supponendo un utile di esercizio di 24.000 e la distribuzione di dividendi per 20.000, di cui 18.000 alla società partecipante Beta (quindi esenti da ritenuta) e 2.000 al socio persona fisica (quindi assoggettati a ritenuta d’imposta del 12,5% che diventerà 20%), la società distributrice rileverà: * all’atto della destinazione dell’utile da parte dell’assemblea: Dare Avere Dare 24.000 Utile d’esercizio A Riserva legale Riserva straordinaria Soci c/dividendi * all’atto della distribuzione: Soci c/dividendi A
Avere 1.200 2.800 20.000
20.000 Banca c/c Erario c/ritenute
19.750 250
*** Società partecipante Beta Srl In ipotesi di rilevazione in base al criterio di competenza, con incasso del dividendo nell’anno successivo alla delibera di distribuzione, la società partecipante rileverà, oltre al credito, la fiscalità differita sul 5% del dividendo, assoggettato ad Ires 27,5%. Crediti v/partecipata
A
Dividendi
18.000
18.000
Imposte differite
A
Fondo imposte differite
247,5
247,5
In ipotesi di rilevazione in base al criterio di cassa, avremo semplicemente nell’anno di incasso del dividendo Banca c/c
A
Dividendi
18.000
18.000
Da ultimo si sottolinea che la delibera assembleare di distribuzione degli utili deve essere sottoposta a registrazione presso l’Ufficio del Registro (o delle Entrate dove già istituito). Tali delibere devono essere registrate in ogni caso, siano esse contestuali o successive all’approvazione del bilancio. L’atto rientra infatti tra quelli sottoposti a registrazione in termine fisso (20 giorni) ed è assoggettato a tassazione in misura fissa, indipendentemente dall’importo dei dividendi di cui è stata deliberata la distribuzione. L’obbligo di registrazione contenenti delibere di distribuzione degli utili è stato recentemente confermato dal Ministero delle finanze con la risoluzione n. 174/E del 22 novembre 2000.
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GLI INTERESSI, LE OBBLIGAZIONI E GLI ULTERIORI REDDITI DIVERSI DERIVANTI DAL CAPITALE Il riordino della tassazione dei redditi di capitale e di alcune plusvalenze collegate al capitale viene spesso nell’interpretazione pratica ricollegato alla tassazione dei dividendi e delle plusvalenze riferite alle partecipazioni non qualificate. In realtà, l’intervento del legislatore è di più ampio respiro e salvo specifiche deroghe e precisazioni, ha riguardato tutti i proventi derivanti dal capitale, sia i “frutti” dell’impiego, sia i risultati dell’eventuale “scambio”. D’altra parte, la necessità di interventi complessivi rispetto ad una simile materia ha da sempre caratterizzato le scelte del legislatore, atteso che l’imposizione collegata al “capitale” presenta diverse sfaccettature rientranti in ambedue le categorie reddituali. Ciò, ad esempio, lo si evince nella premessa della circolare n. 165 del 24 giugno 1998, laddove si legge che il decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, concernente il riordino della disciplina tributaria dei redditi di capitale e dei redditi diversi, è stato emanato in rispondenza alle linee guida della delega contenuta nell'art. 3, comma 160, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, avente come obiettivi tra l’altro la: a) “revisione della disciplina dei redditi di capitale e diversi sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: a.1) definizione delle categorie dei redditi di capitale e dei redditi diversi secondo una nozione economico-strutturale, in luogo di una definizione strettamente giuridico-formale di esse. In base alla predetta delega, la definizione di reddito di capitale non deve più ripetere necessariamente la nozione civilistica di frutto civile, ma può solo poggiare su di essa, riprendendo i caratteri strutturali della categoria civilistica di frutto civile, definendo cioè come redditi di capitale quei proventi che derivano da un impiego di capitale secondo uno schema produttivo analogo a quello civilistico di frutto. Tale scelta comporta necessariamente l'introduzione di norme di chiusura nella categoria dei redditi diversi, con funzione di eliminare forme di elusione e, ove necessario, di definirne la categoria in contrapposizione con quella dei redditi di capitale; a.2) revisione delle singole fattispecie di reddito di capitale previste dall'attuale articolo 41 del TUIR al fine di meglio definire il contenuto di ciascuna di esse in conformità alla definizione generale della categoria come sopra indicata e, dunque, in base a una nozione economicostrutturale e non necessariamente giuridico-formale delle singole ipotesi reddituali; (….) a.4) estensione dell'imposizione alle plusvalenze derivanti dalla cessione di ogni altro valore mobiliare, di valute e di metalli preziosi; b) distinzione, agli effetti della dichiarazione e del regime impositivo, delle plusvalenze e degli altri redditi diversi (guadagni di capitale) in due categorie: la prima comprendente le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, individuate sia in ragione del diritto di voto sia in ragione dell'entita' della partecipazione; la seconda comprendente gli altri guadagni di capitale. Da tale distinzione derivano due "masse" in cui confluiscono separatamente tutte le plusvalenze, le minusvalenze e le perdite realizzate nell'anno. L'eventuale eccedenza delle minusvalenze o delle perdite rispetto alle plusvalenze realizzate può essere, sempre distintamente per le due "masse" sopra indicate, portata in deduzione dalle plusvalenze della stessa specie realizzate negli anni successivi, ma non oltre il quarto; c) previsione, sempre distintamente per le due "masse", di forme di imposizione sostitutiva per le plusvalenze nette realizzate nell'anno, applicando aliquote più elevate alle plusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate. Per quanto concerne, invece, le altre plusvalenze o guadagni di capitale, previsione della possibilità di optare per un'imposizione "a monte", senza *
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
a cura di Maurizio Tozzi*
obbligo di successiva dichiarazione, a condizione di avvalersi di intermediari autorizzati chiamati ad applicare l'imposta sostitutiva su ciascuna plusvalenza realizzata. Tale facolta' di opzione può essere concessa solo a certe condizioni volte ad evitare abusi, quale in particolare la stabilità del rapporto con l'intermediario incaricato del prelievo dell'imposta sostitutiva”. Dalle riportate indicazioni deriva, pertanto, l’obiettivo di una scelta coordinata e sistemica nell’intervenire nelle disposizioni in materia di redditi di capitale e redditi diversi, anche al fine di disciplinare in maniera compiuta le diverse fattispecie configurabili. Nello specifico, l’obiettivo è stato quello di delimitare la tassazione dei redditi di capitale e di utilizzare la categoria dei redditi diversi quale “ambito residuale” in cui far confluire gli altri proventi derivanti dall’utilizzo del capitale non altrimenti inquadrabili all’interno delle disposizioni del Tuir. Alla luce delle recenti novità normative e della riforma delle tassazione di tali tipologie reddituali, si rende necessaria una visione d’insieme delle altre forme di reddito ricadenti nelle predette categorie, oltre a quelle “canoniche” dei dividendi e delle plusvalenze, con particolare riferimento alla tassazione degli interessi e dei proventi riferiti alle obbligazioni, problematiche che spesso riguardano gli accadimenti societari. Il tutto, peraltro, analizzando anche le ulteriori casistiche di redditi diversi collegati all’impiego di capitale che possono determinare plusvalenze o minusvalenze, posto che la nuova possibilità di affrancamento di tali valori offerta dal legislatore non pone distinzioni al riguardo, con l’implicita conseguenza, salvo diverse precisazioni future dell’amministrazione finanziaria, che coloro che vorranno avvalersi di tale opzione dovranno tenere in considerazione non soltanto le plus e le minus riferite alle partecipazioni societarie detenute, ma anche le altre plus o minus ricollegabili all’impiego di capitali come configurate dalle lettere da c-bis) a c-quinquies) del comma 1 dell’art. 67 del Tuir.
1.
Le modifiche normative in sintesi
Sul fronte della tassazione dei redditi e proventi dei capitali, rinviando agli ulteriori approfondimenti contenuti in dispensa, il D.L. 138 del 2011 (art. 2, comma 6) introduce l’aliquota del 20% per le ritenute e le imposte sostitutive relative a: – interessi, premi e ogni altro provento considerabile reddito di capitale ai sensi dell’articolo 44 del Tuir (tra gli altri, gli interessi su depositi bancari, i mutui, i titoli obbligazionari); – redditi diversi di natura finanziaria elencati dalle lettere da c-bis a c-quinquies del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir (nel prosieguo dell’articolo saranno analizzati tali redditi diversi). Per esplicita previsione normativa, la nuova aliquota del 20% non si applica tra l’altro nelle seguenti ipotesi di sicura larga diffusione: – obbligazioni e altri titoli di Stato di cui all’art. 31 del DPR 601/73 ed equiparati (in sostanza le obbligazioni pubbliche), la cui aliquota resta del 12,50%. Tra i titoli equiparati si ricorda che rientrano i titoli obbligazionari di amministrazioni statali ed enti territoriali, nonchè i buoni postali fruttiferi (risoluzione n. 58 del 2000), oltre che i titoli di enti e organismi internazionali costituiti in base ad accordi resi esecutivi in Italia (tra cui Bers, Ceca, Euratom); – obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella white list (in attesa della nuova “lista”, il riferimento dovrebbe essere il DM 4 settembre 1996); – risultato netto maturato dalle forme di previdenza complementare. Peraltro, l’imposta sostitutiva sui risultati di gestione dei fondi pensione italiani resta ferma all’11% (in tal caso è stata fortemente criticata la soppressione di tale ritenuta agevolata per i risultati dei fondi pensione esteri, decisione che sicuramente condurrà ad un contenzioso con la Comunità Europea).
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Gli interessi, le obbligazioni e gli ulteriori redditi diversi derivanti dal capitale
Per quanto concerne l’entrata in vigore, con riferimento agli interessi e alle obbligazioni il legislatore ha effettuato alcune precisazioni, in quanto la nuova ritenuta del 20% si dovrà applicare agli interessi, ai premi e ad ogni altro provento di cui all’art. 44 del Tuir divenuti esigibili a decorrere dal 1° gennaio 2012, mentre per le obbligazioni e i titoli similari emessi dai c.d. “grandi emittenti” di cui all’art. 2, comma 1, del D. Lgs. 239/96 l’aliquota del 20% si applicherà ai premi e agli interessi maturati a partire dalla medesima data del 1° gennaio. Le società che hanno emesso obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie dovranno operare, pertanto, una ritenuta del 20% con obbligo di rivalsa sugli interessi ed altri proventi corrisposti ai possessori. In particolare, il legislatore ha superato la distinzione tra la ritenuta riferita alle obbligazioni con scadenza inferiore ai 18 mesi e quella applicata alle obbligazioni con scadenza superiore. In ordine alla deducibilità degli interessi passivi corrisposti, inoltre, il comma 17 dell’art. 2 del DL 138/11, è intervenuto nella legge 28 dicembre 1995, n. 549, sostituendo il comma 115 dell'articolo 3 nel modo seguente: "115. Se i titoli indicati nel comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 sono emessi da società o enti, diversi dalle banche, il cui capitale e' rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero da quote, gli interessi passivi sono deducibili a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al citato decreto, o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, delle obbligazioni e dei titoli similari diversi dai precedenti. Qualora il tasso di rendimento effettivo all'emissione superi i limiti di cui al periodo precedente, gli interessi passivi eccedenti l'importo derivante dall'applicazione dei predetti tassi sono indeducibili dal reddito di impresa. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze i limiti indicati nel primo periodo possono essere variati tenendo conto dei tassi effettivi di remunerazione delle obbligazioni e dei titoli similari rilevati nei mercati regolamentati italiani. I tassi effettivi di remunerazione sono rilevati avendo riguardo, ove necessario, all'importo e alla durata del prestito nonche' alle garanzie prestate.". Sul fronte, invece, dei redditi diversi derivanti dall’utilizzo del capitale, non vi sono deroghe di sorta circa l’entrata in vigore, in quanto la nuova aliquota del 20% si applica a detti redditi realizzati a decorrere dal prossimo 1° gennaio 2012. Peraltro, non sono previste deroghe nemmeno in ordine alla disciplina delle minusvalenze, perdite e differenziali negativi realizzati fino al 31 dicembre 2011, che come noto saranno portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi della stessa specie, realizzati successivamente, per una quota pari al 62,50% del loro ammontare (in merito si rinvia agli ulteriori approfondimenti in dispensa). In ultimo, posto che il comma 30 dell’articolo 2 del D.L. 138/11, nel concedere la facoltà di affrancamento delle plusvalenze e minusvalenze latenti sui redditi diversi di cui alle lettere da c-bis a c-quinquies del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir, espressamente sancisce che tale opzione, esercitabile in sede di dichiarazione annuale, “si estende a tutti i titoli o strumenti finanziari detenuti”, si sottolinea, come anticipato, che la scelta in argomento non sembra possa limitarsi alle sole partecipazioni non qualificate, ma debba assorbire anche altre tipologie di redditi diversi riferiti ai capitali eventualmente detenuti dal contribuente.
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2.
Interessi e obbligazioni interessate dalla variazione normativa
Nell’articolo 44 del Tuir, al comma 1, devono considerarsi tre diverse lettere per l’elencazione degli interessi e delle obbligazioni che formano reddito di capitale. La lettera a) stabilisce che sono redditi di capitale gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti. Ai sensi della successiva lettera b), invece, sono altresì considerati redditi di capitale gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e titoli similari e degli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, nonché dei certificati di massa (documenti offerti in sottoscrizione al pubblico e che, pur essendo rappresentativi di crediti, non costituiscono titoli di credito). La nozione di "titoli similari alle obbligazioni" è desumibile dalla lettera c) del comma 2, dello stesso art. 44 del Tuir, in base al quale si considerano similari: – i buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli, autorizzate ai sensi dell'articolo 29 del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510; – i titoli di massa che contengono l'obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essa indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell'impresa emittente o dell'affare in relazione al quale siano stati emessi ne' di controllo sulla gestione stessa. La lettera a) del medesimo comma 2 dell’articolo 44 in commento invece individua la nozione di titoli similari alle azioni, essendo considerati tali i titoli e gli strumenti finanziari emessi dalle società di cui alle lettere a), b) e d) dell’articolo 73 del Tuir (ossia sostanzialmente i soggetti Ires). Infine vi è la disposizione di chiusura e raccordo contenuta nella lettera h) del comma 1 dell’articolo 44 del Tuir, ai sensi del quale rappresentano reddito di capitale gli interessi e gli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l'impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto. In forza di tale ultima disposizione, sono inquadrabili tra i redditi di capitale non soltanto i redditi che siano determinati o predeterminabili, ma anche quelli variabili in quanto la relativa misura non sia collegata a parametri prefissati. Costituiscono quindi redditi di capitale soltanto quei redditi derivanti da rapporti che trovano fonte in atti che abbiano come funzione obiettiva quella di impiego del capitale. Come precisato dall’amministrazione finanziaria, non possono ritenersi tassabili come redditi di capitale, ma lo sono come redditi diversi, le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso dei titoli e delle altre attività finanziarie indicate nelle lettere da c) a c-quinquies) dell'art. 67, comma 1, del TUIR in quanto i contratti attraverso i quali può essere posta in essere la cessione a titolo oneroso di tali attività non costituiscono contratti di impiego del capitale, ma contratti di scambio. In particolare, per la configurabilità di un reddito di capitale e' sufficiente l'esistenza di un qualunque rapporto attraverso il quale venga posto in essere un impiego di capitale e quindi anche rapporti che non siano a prestazioni corrispettive ovvero nei quali il nesso di corrispettività non intercorra tra la concessione in godimento del capitale ed il reddito conseguito. Conseguentemente, possono essere attratti ad imposizione sulla base di tale disposizione non soltanto quei proventi che sono giuridicamente qualificabili come frutti civili ai sensi dell'art. 820 del codice civile e cioè quei proventi che si conseguono come corrispettivo del godimento che altri abbia di un capitale, ma anche tutti quei proventi che trovano fonte in un rapporto che, pur se non riconducibile tra quelli precedentemente menzionati, presenti come funzione obiettiva quella di consentire un impiego del capitale.
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Gli interessi, le obbligazioni e gli ulteriori redditi diversi derivanti dal capitale
La norma comunque esclude dal novero dei redditi di capitale i proventi derivanti da rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto: ciò al fine di non attrarre a tassazione tra i redditi di capitale anche i proventi derivanti da rapporti che, pur comportando l'impiego del capitale, abbiano natura aleatoria in quanto diano luogo alla produzione di differenziali positivi e negativi. Infine, la disposizione deve essere pur sempre coordinata con quella posta dall'art. 6, comma 2, del TUIR secondo cui gli interessi moratori e gli interessi per dilazione di pagamento costituiscono redditi della stessa categoria di quelli da cui derivano i crediti su cui tali interessi sono maturati: ad esempio, gli interessi per dilazione di pagamento maturati relativamente ad un credito vantato per una prestazione di lavoro autonomo sono redditi di lavoro autonomo e non redditi di capitale e pertanto, ai fini dell'imposta personale, sono sottoposti al regime della ritenuta proprio dei redditi di lavoro autonomo. Per quanto concerne le regole di determinazione dei redditi di capitale in commento, le stesse sono inalterate da tempo. In particolare, i redditi di capitale sono costituiti dall'ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo d'imposta, senza alcuna deduzione, rimanendo quindi indeducibili dai redditi di capitale le spese che il contribuente abbia sostenuto per conseguire i redditi medesimi. Sempre con particolare riguardo agli interessi e alle obbligazioni, le regole da seguire sono stabilite nell’articolo 45 del Tuir. Nello specifico, è previsto che i redditi di cui alle richiamate lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 44 del Tuir, includono anche la differenza tra il prezzo di emissione o la somma o il valore normale dei beni impiegati, apportati o affidati in gestione e la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza. Inoltre, per le obbligazioni e titoli similari, lo stesso comma dell’articolo 45 del Tuir stabilisce che qualora la differenza tra la somma percepita o il valore normale dei beni ricevuti alla scadenza e il prezzo di emissione dei titoli o certificati sia determinabile, in tutto o in parte, in funzione di eventi o parametri non ancora certi o determinati alla data di emissione, la parte di detto importo, proporzionalmente riferibile al periodo di tempo intercorrente tra la data di emissione e quella in cui l'evento o il parametro assumono rilevanza ai fini della determinazione della differenza in questione, si considera interamente maturata in capo al possessore a tale ultima data.
3.
Le somme versate dai soci
Nell’ambito dei redditi di capitale sottoposti all’incremento impositivo non bisogna sottacere dell’importante disposizione contenuta nell’articolo 46 del Tuir, ai sensi del quale le somme versate ai soggetti Ires dai soci o partecipanti si considerano date a mutuo se dai bilanci o dai rendiconti di tali soggetti non risulta che il versamento è stato fatto ad altro titolo. Il comma 2 dell’articolo 45 del Tuir prevede che per i capitali dati a mutuo gli interessi, salvo prova contraria, si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuita per iscritto. Se le scadenze non sono stabilite per iscritto, gli interessi si presumono percepiti nell’ammontare maturato nel periodo d’imposta, mentre se non è determinata la misura degli interessi, gli stessi sono computati al saggio legale. Sul punto si effettuano solo brevi e veloci osservazioni, fondate sia sul trend accertativo da parte dell’amministrazione finanziaria, sia su alcune prese di posizione della giurisprudenza della Corte di Cassazione. Gli interventi dei soci sono anzitutto “osservati speciali” in ordine alla capacità di ricchezza degli stessi. Sono note le recenti variazioni normative che rimarcano l’utilizzo dei finanziamenti dei soci nell’ambito degli accertamenti sintetici e pertanto il consiglio oltremodo banale è soprattutto di verificare le capacità e le disponibilità patrimoniali dei soci prima di pianificare un loro intervento. In merito, si segnala la recente importante sentenza della corte di
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Cassazione, n. 18935 del 2011, secondo cui il riferimento per valutare l’intervento del socio non è rappresentato dal reddito dichiarato, bensì dal patrimonio disponibile, che ben può giustificare il finanziamento pur in presenza di redditi non rilevanti (la Cassazione, in particolare, ha annullato l’accertamento con cui si disconoscevano le passività riportate dalla società). In secondo luogo, il costante intervento dei soci può anche essere un indice di “antieconomicità” nella gestione imprenditoriale, soprattutto se il trend pluriennale è di continue somministrazioni di capitali senza avere sia un’adeguata remunerazione dell’investimento, sia una congrua restituzione delle risorse apportate. Infine si pone il problema del finanziamento infruttifero non adeguatamente documentato. L’articolo 46 del Tuir in sostanza pone una presunzione legale relativa, in base alla quale le somme erogate alle società si considerano fruttifere di interessi, salvo prova contraria documentale offerta dai bilanci o dai rendiconti delle medesime società. La corte di Cassazione, per quanto in maniera criticabile, è giunta ad equiparare il “versamento” alla “mancata percezione” o “rinuncia” del socio agli utili ad esso spettanti (Cass.10030/2009). In tale direzione, dunque e nell’interesse del socio, per evitare le presunzioni di cui agli artt. 45-46, è necessario iscrivere nei bilanci e nei rendiconti i versamenti a fondo perduto o ad altro titolo diverso dal mutuo, oltre che dare evidenza contabile anche di eventuali rinunce alla percezione da parte dei soci. In tale ultimo caso, peraltro, si pone l’altrettanto criticabile posizione dell’amministrazione finanziaria, circolare n. 73 del 1994, secondo cui si configurerebbe l’incasso giuridico degli importi rinunciati con relativa necessità di tassazione ed effettuazione della ritenuta da parte della società. Ad ogni buon conto, per la società gli interessi eventualmente corrisposti sui finanziamenti fruttiferi rappresentano componenti negativi deducibili e rientrano nelle regole particolari di cui all’articolo 96 del Tuir (in pratica, per i soggetti Ires deve rispettarsi il vincolo del ROL).
4.
I redditi diversi connessi all’utilizzo (scambio) del capitale
Nella categoria dei redditi diversi sono di fatto inquadrati tutti i redditi che costituiscono guadagni di capitale. Come già sottolineato, è necessario richiamare brevemente, facendo riferimento alle precisazioni della circolare n. 165 del 1998, gli aspetti salienti dei redditi elencati dalla lettera c-ter alla lettera c-quinquies del comma 1 dell’articolo 67 del Tuir, in quanto sono da considerare, in aggiunta ai redditi riferiti alle partecipazioni non qualificate, nel caso si intenda procedere con la nuova possibilità d affrancamento. È utile rammentare, in premessa, che ai sensi dell’alinea del comma 1 dell'articolo 67 del Tuir e' statuito un principio di carattere generale in base al quale le fattispecie ivi elencate costituiscono redditi diversi se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni e di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, ne' in relazione alla qualità di lavoratore dipendente. Gli ulteriori redditi diversi collegati ai guadagni di capitale sono: 1)
lettera c-ter) Plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso o dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci e certificati di massa. Plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute o rivenienti da depositi o conti correnti. Plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di metalli preziosi e di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo Sono inclusi tra i redditi diversi anche le plusvalenze realizzate mediante: – la cessione a titolo oneroso, ovvero il rimborso, di titoli o certificati di massa, diversi da quelli di natura partecipativa, con esclusione dei titoli rappresentativi di merci. Secondo l’amministrazione finanziaria, il legislatore ha inteso riferirsi ai titoli di credito e pertanto vanno
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Gli interessi, le obbligazioni e gli ulteriori redditi diversi derivanti dal capitale
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assoggettate a imposizione, come redditi diversi, le plusvalenze derivanti dalla cessione di ogni tipo di titolo non avente natura partecipativa (esclusi soltanto, come già precisato, i titoli rappresentativi di merci), e quindi sia i titoli di massa (ad esempio, le obbligazioni e i titoli similari, ivi compresi i certificati di partecipazione ad organismi d'investimento, aperti o chiusi, mobiliari o immobiliari, ed i titoli atipici, quali i certificati rappresentativi di contratti di associazione in partecipazione, ecc.), sia i titoli individuali (quali, ad esempio, i certificati di deposito, le cambiali e le accettazioni bancarie, ecc.). L'emergere di una plusvalenza (o di una minusvalenza) può verificarsi non solo in caso di cessione a titolo oneroso, ma anche a seguito del rimborso dei titoli e dei certificati suddetti, come accade, ad esempio, quando un titolo o certificato sia stato acquistato a un prezzo inferiore (per l'ipotesi della plusvalenza) o superiore (per l'ipotesi della minusvalenza) al valore nominale e sempreché il rimborso sia avvenuto a tale valore; la cessione a termine o il prelievo da depositi e conti correnti di valute estere. Sul punto, l’amministrazione finanziaria sottolinea come il legislatore abbia inteso assoggettare a imposizione solo le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso delle valute di cui sia stata acquisita e mantenuta la disponibilità per fini di mero investimento. Considerato tuttavia che sarebbe stato alquanto problematico accertare di volta in volta quando la disponibilità della valuta sia stata acquisita e mantenuta per finalità d'investimento finanziario, il legislatore ha stabilito che tale finalità deve ritenersi esistente per presunzione assoluta di legge in due diverse ipotesi e cioè nelle ipotesi in cui la valuta sia stata ceduta a termine ovvero immessa su depositi o conti correnti. Alla cessione a titolo oneroso della valuta, peraltro, è stato equiparato anche il prelievo dal conto corrente o dal deposito. Per evitare tuttavia di attrarre a tassazione fattispecie non significative, con la disposizione di cui al comma 1-ter dell'art. 67 del TUIR e' stato previsto che la tassazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di valute rivenienti da depositi e conti correnti si ha solo nel caso in cui la giacenza in valuta nei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente sia superiore a 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d'imposta in cui la plusvalenza e' stata realizzata. Resta inteso che, qualora non risulti integrata tale condizione, non si rendono deducibili neppure le minusvalenze eventualmente realizzate. la cessione a titolo oneroso di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato. Atteso che il legislatore ha posto la condizione che si tratti di metalli allo stato grezzo o monetato (ad esempio, lingotti, pani, verghe, bottoni e granuli), sono escluse le cessioni di metalli preziosi lavorati come, ad esempio, i gioielli; la cessione a titolo oneroso o il rimborso di quote di partecipazione ad organismi di investimento collettivo.
2)
lettera c-quater) Redditi derivanti da contratti derivati e da altri contratti a termine di natura finanziaria Come sottolineato dalla circolare n. 165 del 1998, la particolarità della disposizione in esame e' che la stessa identifica le fattispecie che intende sottoporre a tassazione sulla base degli effetti giuridici che i contratti sono volti a produrre, anziché mediante le denominazioni con le quali vengono di solito individuati nella prassi corrente. Nello specifico, il legislatore ha ritenuto opportuno distinguere due diverse categorie di contratti a termine e cioè: – quella dei contratti a termine di tipo traslativo, che sono quelli da cui deriva l'obbligo di cedere o acquistare a termine strumenti finanziari, valute estere, metalli preziosi o merci. Rientrano, ad esempio, in questa categoria i futures su titoli, merci, valute, ecc., e cioè quei contratti derivati
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standardizzati con i quali le parti si impegnano a vendere o comprare a termine determinate attività; le options su titoli e valute e cioè quei contratti derivati che attribuiscono ad una delle parti, dietro pagamento di un premio la facoltà, da esercitare entro un dato termine o alla scadenza di esso, di acquistare o vendere determinate attività a un prezzo prestabilito; i contratti derivati su altri contratti derivati (ad esempio: opzioni su futures, "swap options", ecc.); le vendite a termine, sempreché naturalmente eseguibili in forma differenziale; quella dei contratti a termine di tipo differenziale, che sono quelli da cui deriva l'obbligo di effettuare o ricevere a termine uno o più pagamenti commisurati a tassi d'interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi, di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziaria. Rientrano, ad esempio, in tale categoria: i futures su indici; le options su indici; i contratti di swap su interessi.
3)
Lettera c-quinquies) Plusvalenze ed altri proventi realizzati mediante la cessione di crediti pecuniari, rapporti produttivi di redditi di capitale e strumenti finanziari, nonché redditi derivanti da contratti aleatori La disposizione risponde ad una funzione di chiusura, essendo volta a includere tra i redditi diversi tutte quelle plusvalenze e quei proventi di natura finanziaria che potrebbero altrimenti sfuggire all'imposizione perché non inquadrabili in alcuna delle disposizioni dell'art. 67 del TUIR. La norma contempla due distinte fattispecie: – la prima riguarda le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante la cessione a titolo oneroso ovvero la chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante la cessione a titolo oneroso ovvero il rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari. Questa disposizione si pone con funzione di chiusura rispetto alla lettera c-ter) dell'art. 67 del TUIR, in quanto volta a evitare che il contribuente si possa sottrarre a quella previsione impositiva ricorrendo all'espediente di far circolare, in luogo dei titoli e certificati ivi previsti, i crediti pecuniari ed i rapporti rappresentati da detti titoli e certificati. – la seconda fattispecie ha ad oggetto i differenziali positivi o negativi in dipendenza di un evento incerto e si pone quale norma di chiusura rispetto alla lettera c-quater) dell'art. 67 del TUIR, in quanto finalizzata ad evitare che i differenziali positivi dei contratti derivati, conseguiti mediante la cessione o l'estinzione anticipata di tali contratti, o degli altri contratti aleatori di natura finanziaria, non inquadrabili nella stessa lettera c-quater) perché privi delle caratteristiche richieste da tale disposizione, possano sfuggire a imposizione. In ordine alle modalità di determinazione dei redditi in commento, si rinvia a quanto illustrato al paragrafo 2.3 della circolare n. 165 del 1998, oltremodo esaustiva al riguardo.
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NOVITÀ IN TEMA DI CAPITAL GAIN ED ENTRATA IN VIGORE a cura di Norberto Villa*
Capital gain: qualificati e non
Nel caso di cessione di partecipazione come cessione qualificata o non qualificata occorre cumulare tutte le cessioni operate nell’arco dei 12 mesi. Esempio Con un unica cessione si vende una partecipazione che rappresenta il 40% del capitale: trattasi di cessione di partecipazione qualificata Con un unica cessione si vende una partecipazione che rappresenta il 15% del capitale: trattasi di cessione di partecipazione non qualificata Con una prima cessione si cede il 15% del capital e successivamente con un atto separato si cede nel medesimo anno un ulteriore 15%: trattasi di cessione di partecipazione qualificata Inoltre ai fini del calcolo occorre considerare che sono da tenere presenti anche le partecipazioni detenute in usufrutto. In tal caso per ottenere il valore della quota occorre moltiplicare il valore della piena proprietà per il saggio legale degli interessi e poi il risultato così ottenuto moltiplicarlo per il coefficiente di cui al prospetto allegato al Testo unico registro (Dpr 131/86) Per la quantificazione della plusvalenza e quindi per l’individuazione della materia tassabile l’art. 68 prevede che: • la plusvalenza è tassata considerando la data dell’effettivo introito che caratterizza il prezzo; • la plusvalenza è data dalla differenza tra il corrispettivo percepito e il costo o valore di acquisto della partecipazione, incrementato dei correlati oneri (esempio: i versamenti in denaro e delle rinunce a crediti eventualmente attuati). Nel caso in cui la partecipazione ceduta sia stata acquistata in più riprese, deve applicarsi il metodo “Lifo” (last in first out) per individuare il costo complessivo da confrontare con il prezzo di cessione. Si considerano quindi cedute per prime le partecipazioni acquisite per ultime. Inoltre nel caso di incasso rateizzato nel tempo trova applicazione il metodo proporzionale ovvero la plusvalenza si determina con riferimento alla parte del costo o valore di acquisto proporzionalmente corrispondente alle somme percepite nel periodo d’imposta Esempio Costo della partecipazione Prezzo di cessione Pagamento anno X Pagamento anno x+1
1.000 3.000 1.000 2.000
In tal caso il costo rilevante in ogni annualità è dato da questo calcolo: Anno x Anno x
1.000 x (1.000/3.000) = 1.000 x (2.000/3.000) =
333 666
Da qui il calcolo della plusvalenza nelle due annualità: Anno x Anno x + 2
*
1.000 – 333 = 666 2.000 – 666 = 1. 333
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
1.
2. Le diverse possibili tassazioni 2.1 Capital gain non qualificato su partecipazione in soggetto residente La manovra estende l'applicazione della imposta del 20% ai capital gain da partecipazioni cosiddette non qualificate (articolo 67, lettera c-bis del Tuir). Fino ad oggi la misura era prevista nella misura del 12,5%. 2.2 Capital gain qualificato su partecipazione in soggetto residente La manovra non tocca l'ipotesi della cessione della partecipazione qualificata detenuta dalla persona fisica al di fuori del regime di impresa, nel senso che sarà ancora il 49,72% dell'ammontare della plusvalenza a concorrere alla formazione del reddito complessivo da assoggettare a tassazione progressiva Irpef e, ricorrendone le condizioni, al contributo di solidarietà. Nella stessa percentuale potranno altresì essere utilizzate le minusvalenze tenendo conto, ovviamente, che il sistema di compensazione di plus e minusvalori derivanti dalla cessione delle partecipazioni opera a compartimenti stagni. Nel senso che la compensazione di specie può essere effettuata sui valori delle partecipazioni non qualificate separatamente rispetto a quanto avviene per la medesima compensazione nell'ambito delle partecipazioni qualificate. 2.3 Capital gain non qualificato su partecipazione in soggetto estero residente in un paese senza regime fiscale privilegiato Il trattamento è il medesimo rispetto a quello riservato ai gain relativi a partecipazioni in soggetti residenti. Tali regole si applicano anche nel caso di residenza in territorio privilegiato ma solo nel caso in cui sia stato dimostrato, con la procedura dell'interpello attivata presso l'Agenzie delle Entrate, che dal possesso delle partecipazioni qualificate non sia conseguito l'effetto di localizzare i redditi nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata. 2.4 Capital gain qualificato su partecipazione in soggetto estero residente in un paese senza regime fiscale privilegiato Il trattamento è il medesimo rispetto a quello riservato ai gain relativi a partecipazioni in soggetti residenti. Tali regole si applicano anche nel caso di residenza in territorio privilegiato ma solo nel caso in cui sia stato dimostrato, con la procedura dell'interpello attivata presso l'Agenzie delle Entrate, che dal possesso delle partecipazioni qualificate non sia conseguito l'effetto di localizzare i redditi nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata. 2.5 Capital gain su partecipazione in soggetto estero residente in un paese a regime fiscale privilegiato Le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate relative a società ed enti aventi sede in Stati o territori con regime fiscale privilegiato (D.M. 21 novembre 2001) per le quali non è stato richiesto né ottenuto l'interpello disapplicativo da parte dell'Agenzia delle entrate concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 100% del loro ammontare. Tuttavia, analogamente a quanto detto per i dividendi, la plusvalenza da cessione di una partecipazione non qualificata in un soggetto black list quotato, è assoggettata a imposta sostitutiva del 12,5%. 2.6 Capital gain non qualificati e qualificati: società di persone Nessuna modifica, inoltre, in relazione alle partecipazioni detenute da società di persone la percentuale di partecipazione al reddito delle plusvalenze è del 49,72%; 2. 7 Capital gain non qualificati e qualificati: società di capitali Anche in tale ipotesi nulla cambia . Scatta l'esenzione per il 95% dell'ammontare della plusvalenza di cessione con corrispondente indeducibilità delle eventuali minusvalenze.
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Novità in tema di capital gain ed entrata in vigore
3. Regime delle minusvalenze Le minusvalenze seguono sempre il regime proprio delle plusvalenze. In sede di dichiarazione le minusvalenze su partecipazioni qualificate possono essere compensate solo con una plusvalenza dello stesso tipo. Medesimo ragionamento vale per le minusvalenze su partecipazioni non qualificate che possono essere compensate solo con plusvalenze su partecipazioni non qualificate. Nel caso di partecipazioni qualificate le minusvalenze possono essere dedotte dalle plusvalenze successive nella misura del 49,72% per le minusvalenze realizzate dal 1° gennaio 2009. In ogni caso le minus possono essere portate in deduzione dell’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che siano indicate nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale le minusvalenze sono realizzate, e nelle successive per la parte non compensata. Il decreto legge 138 ha limitato la riportabilità a nuovo delle minusvalenze da partecipazioni non qualificate realizzate entro il 31 dicembre 2011. E’ infatti previsto che tali minus possono formare oggetto di riporto a nuovo ma unicamente per il 62,5% del loro ammontare. Il 62,5% è individuato dal rapporto tra vecchia e nuova tassazione infatti il 12,5% altro non è che il 62,5% del 20%. La norma è chiara su almeno due punti: • dette minusvalenze o perdite sono deducibili nel limite del 62,5% se realizzate «fino alla data del 31 dicembre 2011» • restano fermi i limiti temporali indicati dal comma 5, dell'art. 68 del Tuir e del comma 5, dell'art. 6 del dlgs n. 461/1997 con il possibile riporto in avanti nei periodi d'imposta successivi a quello di realizzazione «ma non oltre il quarto», posto il rispetto della condizione che richiede l'esposizione in sede dichiarativa, riferibile al periodo d'imposta in cui dette minusvalenze o perdite si sono realizzate.
4.
Entrata in vigore
Sul punto le nuove regole si applicano alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie realizzate dal 1° gennaio 2012. Per verificare nel concreto a quali fattispecie si debbano applicare le nuove regole è decisivo analizzare il concetto di realizzo. In sede di riforma delle rendite finanziarie l’amministrazione finanziaria nella circolare n. 165/E del 24 giugno 1998 ha già avuto modo di analizzare e risolvere la problematica. Secondo la prassi le plusvalenze (e minusvalenze) si intendono realizzate nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso e non invece nell'eventuale diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione. Non è raro che il corrispettivo sia liquidato in tutto o in parte, sia prima che dopo il trasferimento, come accade nei casi di pagamento in acconto ovvero delle dilazioni del pagamento. In tal caso se nei periodi precedenti a quello in cui e' stata effettuata la cessione (effettuata ad esempio a partire dal 1 gennaio 2012) il contribuente ha percepito somme o valori a titolo di anticipazione, di essi si dovrà tenere conto ai fini della determinazione del corrispettivo e, pertanto, gli stessi non sono tassabili nell'anno in cui sono percepiti ma in quello in cui la cessione si e' perfezionata e quindi con l’applicazione delle nuove regole. La prassi ha anche chiarito che se il contribuente non dovesse percepire nel periodo d'imposta in cui e' avvenuto il suddetto trasferimento tutto il corrispettivo pattuito, ai fini del calcolo della
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plusvalenza (o della minusvalenza) si dovrà tener conto del costo di acquisto delle partecipazioni, titoli e diritti ceduti proporzionalmente corrispondente alle somme percepite nel periodo d'imposta. L’importanza del tema ci consiglia di riportare lo stralcio di interesse della circolare 165/E: “Al riguardo è utile premettere, per individuare il regime fiscale applicabile alle plusvalenze, che le stesse si intendono realizzate nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso delle partecipazioni, titoli e diritti piuttosto che nell'eventuale diverso momento in cui viene liquidato il corrispettivo della cessione. La percezione del corrispettivo, infatti, può verificarsi, in tutto o in parte, sia prima che dopo il cennato trasferimento, come accade nei casi di pagamento in acconto ovvero delle dilazioni del pagamento. Pertanto - come chiarito nella citata circolare n. 14 del 1991 - qualora nei periodi d'imposta precedenti a quello in cui è stata effettuata la cessione il contribuente abbia percepito somme o valori a titolo di anticipazione, di essi si dovrà tenere conto ai fini della determinazione del corrispettivo e, pertanto, gli stessi non sono tassabili nell'anno in cui sono percepiti ma in quello in cui la cessione si è perfezionata; qualora il contribuente non abbia percepito nel periodo d'imposta in cui è avvenuto il suddetto trasferimento tutto il corrispettivo pattuito, ai fini del calcolo della plusvalenza (o della minusvalenza) si dovrà tener conto del costo di acquisto delle partecipazioni, titoli e diritti ceduti proporzionalmente corrispondente alle somme percepite nel periodo d'imposta. Alla stregua di quanto precede si deduce che se una cessione a titolo oneroso si è perfezionata antecedentemente al 1° luglio 1998, la plusvalenza (o minusvalenza) deve essere assoggettata a imposizione sulla base delle disposizioni vigenti prima delle modifiche introdotte dal provvedimento in oggetto, anche se il corrispettivo sia stato percepito dopo l'entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia”. Riprendendo ad adeguando l’esempio alla prossima novità normativa si può esemplificare quanto segue. Esempio Se una cessione a titolo oneroso di una partecipazione non qualificata si dovesse perfezionare antecedentemente al 1 gennaio 2012, la plusvalenza (o minusvalenza) deve essere assoggettata a imposizione sulla base delle disposizioni vigenti prima delle novità introdotte dalla manovra (è tassata al 12,5%) anche se il corrispettivo sarà percepito nel 2012 (o ancora più in là nel tempo). Per converso nulla vale al fine di evitare l’aggravio il pagamento di acconti nel 2011 per cessioni formalizzate nel 2012. Tali acconti pur se percepiti nel 2011 saranno soggetti alla nuova disciplina tassazione al 20%.
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LA NUOVA OPZIONE PER IL RIALLINEAMENTO DEI VALORI DELLE PARTECIPAZIONI NON QUALIFICATE a cura di Paolo Meneghetti*
La nuova opzione
Con la rivisitazione della tassazione sulle rendite finanziarie , il D.L. 138/11 introduce una procedura che è già stata conosciuta nel 1998, quando si verificò un’altra rilevante modifica nell’ambito del capital gain: si tratta dell’affrancamento dei maggiori valori maturati sulle partecipazioni non qualificate alla data del 31.12.2011. a simile L’operazione di affrancamento, di solito, accompagna i mutamenti rilevanti di regime tributario del capital gain ed ha un significato ed un obiettivo ben preciso: evitare che un contribuente sia eccessivamente penalizzato nel passaggio da un regime più favorevole ad uno meno favorevole. è appunto il caso che si manifesta con le novita introdotte dalla manovra di Ferragosto, il D.L. 138/2011 che ha innalzato l’imposta sostitutiva del capital gain per la partecipazioni non qualificate portandola dal 12,5% al 20%. Per evitare di subire una maggiore tassazione su plusvalori maturati fino a quando l’imposta sostitutiva era del 12,5% un contribuente dovrebbe realizzare i maggiori o minori valori, cioè cedere la partecipazioni prima dell’avvento del nuovo regime. Tuttavia, poiche non sempre la cessione è possibile ( anche per il semplice fatto che non sempre è facile trovare un acquirente), il legislatore introduce l’operazione di affrancamento che consiste in una sorta di cessione figurativa della partecipazione assoggettando i plusvalori all’imposta sostitutiva vigente fino a quel momento, cioè il 12,5%. In tal modo si ottiene il riconoscimento del maggior costo fiscalmente rilevante, per cui in una futura e reale cessione verrà tassato con il 20% solo la quota di maggior valore maturata dal 2012, cioè da quando entra in vigore l’aliquota del 20%. Naturalmente l’affrancamento è una cessione solo figurativa, la partecipazione resta di proprietà del contribuente, ma assume un nuovo valore previo versamento della stessa imposta sostitutiva che si sarebbe versata in caso di cessione. L’articolo 2 comma 29 del D.L. 138/11 afferma testualmente che l’affrancamento è efficace a condizione che il contribuente: “ opti per la determinazione, alla stessa data ( 31.12.2011) delle plusvalenze e delle minusvalenze….” Da tale dettato normativo si possono ricavare due possibili interpretazioni: − Il valore rideterminato a seguito dell’affrancamento è rilevante in futuro sia nel caso in cui la partecipazione ceduta generi ulteriori plusvalenze, sia se generi minusvalenze − Il valore rideterminato a seguito dell’affrancamento può generare sia plusvalenze che minusvalenze. La tesi preferibile è senza dubbio la seconda , anche perche letteralmente sia afferma che alla stessa data, cioè il 31.12.2011 si possono evidenziare plusvalenze o minusvalenze, e non in data futura quando la partecipazione sarà ceduta. Se verrà confermata la tesi qui proposta si avranno ulteriori problematiche da risolvere. Infatti se l’affrancamento può determinare anche un minor valore si dovrà capire come tale minusvalenza sarà “spendibile”. Le ipotesi al riguardo sono due: − utilizzo in compensazione con plusvalenze emerse su altre partecipazioni non qualificate affrancate dal medesimo contribuente (ipotesi peraltro non ammessa nel precedente affrancamento del 1998, si vedano al riguardo le istruzioni al modello Unico 99, quadro RT,pag. 28, ma forse ammissibile nell’attuale procedura) utilizzo in compensazione con plusvalenze realizzate successivamente su altre partecipazioni non qualificate (resta però il dubbio della rilevanza tout court delle minusvalenze da affrancamento.
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
1.
Al contrario le plusvalenze da affrancamento dovrebbero essere diminuibili tramite minusvalenze realizzate precedentemente, sia nel periodo d’imposta 2011, sia in periodi d’imposta precedente ma nel limite del riporto quinquennale della minusvalenza. In tal caso logica vorrebbe che la minusvalenza fosse utilizzabile al 100% del suo ammontare. Un decreto attuativo, specificamente previsto dall’articolo 2, comma 34 del D.L. 138/11 dovrebbe rispondere a queste domande, oltre a spiegare come si esegue la procedura, e, soprattutto, come si determina il valore della partecipazione al 31.12.2011. Al riguardo si ricorda che nella procedura di affrancamento del 1998 il valore poteva essere determinato tramite il riferimento al patrimonio netto risultante dal bilancio approvato precedentemente rispetto alla data dell’affrancamento e in tal caso sarebbe il bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31.12.2010. In alternativa poteva essere assunto il valore risultante da una perizia asseverata da un professionista abilitato, il che permette di far emergere anche i plusvalori extracontabili (avviamento etc.) Cronologia degli adempimenti Dal punto di vista operativo il contribuente interessato all’affrancamento delle partecipazioni detenute al 31.12.2011 dovrà seguire questo iter: − determinare, tramite le regole disposte dal decreto attuativo, il nuovo valore della partecipazione al 31.12.2011 Confrontare il nuovo valore con il costo precedentemente riconosciuto dal punto di vista fiscale determinando così il differenziale plusvalente o minusvalenze. Nel caso di differenziale plusvalente optare per la tassazione di tale plusvalenza tramite imposta sostitutiva del 12,5%. L’opzione verrà eseguita nella dichiarazione dei redditi modello Unico 2012. Versare l’imposta sostitutiva del 12,5% nel termine previsto per il versamento delle imposte sui redditi del modello Unico 2012 A questo punto la partecipazione è affrancata quindi si considera riconosciuto il maggior valore ai fini di successive cessioni da assoggettare ad imposta sostitutiva del 20%.
2.
Le minusvalenze realizzate entro il 2011
A prescindere dalla manovra di affrancamento, vale la pena ricordare il disposto di cui all’articolo 2 comma 28 del D.L. 138/11, in cui si disciplina la possibilità di utilizzare le minusvalenze realizzate entro il 2001 a diminuzione delle plusvalenze che saranno realizzate nel 2012. Come abbiamo visto la decorrenza della nuova imposta sostitutiva individua come fondamentale il momento della cessione della partecipazione. Tuttavia , come è noto, le plusvalenze generate al momento del realizzo vengono sommate algebricamente con minusvalenze della stessa natura ( non qualificate con non qualificate) , il che comporta che non sempre plusvalenze realizzate generano il prelievo con imposta sostitutiva: ciò avviene quando le minusvalenze realizzate entro il quinquennio precedente sono di entità tale da compensare interamente le plusvalenze. Ma se così si agisce si avrebbe che la decorrenza del nuovo prelievo sarebbe di fatto vanificata dalla deduzione integrale delle minusvalenze. Questo problema viene affrontato dall’articolo 2 comma 28 del D.L. 138/11, che afferma che la minusvalenza realizzata entro il 2011 può essere utilizzata per compensare la plusvalenza realizzata a partire dal 2012, ma la minus compensabile è solo il 62,%% di quella effettivamente realizzata.
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La nuova opzione per il riallineamento dei valori delle partecipazioni non qualificate
Il valore del 62,5% deriva dal quoziente tra 20 e 12,5, e la ratio dell’impianto normativo può essere condivisibile ma il risultato matematico appare discutibile. Vediamo di esemplificare la situazione: ante 2012 > plusvalenza 1000, minusvalenza 800 = 200 x 12,5% = 25. Situazione che si verificherà nel 2012 : plusvalenza 1000, minusvalenza 800 = 200 x 20% = 40. La ratio del comma 28 sarebbe correttamente tradotta in pratica se il risultato della compensazione della minus ante 2012 con plus posto 2011 fosse , appunto 40. Invece vediamo quello che accade: plus 1000, minus 800 x 62,5% = 500 > differenziale = 500 x 20% = 100, cioè una sostitutiva ben più elevata rispetto a quella di 40 che dovrebbe essere il risultato corretto.
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LA DETERMINAZIONE DEL COSTO DELLA PARTECIPAZIONE *
a cura di Paolo Meneghetti
1.
Il concetto di costo
Per determinare la eventuale plusvalenza o minusvalenza derivante dalla cessione della partecipazione è essenziale individuare correttamente il costo della stessa attraverso le varie configurazioni previste. Oltre ad analizzare la problematica del costo della partecipazione in senso generale, è opportuno riflettere su due casi specifici e cioè : • Il costo della partecipazione in capo alla conferente a seguito di conferimenti d’azienda il cui valore è negativo. • Il costo della partecipazione a seguito di rivalutazione della stessa cui segue una scissione. • Il costo per le partecipazioni in società di capitali. L’articolo 68 comma 6 del Tuir prevede che il costo della partecipazione, ovvero valore d’acquisto assoggettato a tassazione, sia incrementato degli oneri accessori, con esclusione degli interessi passivi. Non viene fornita una esatta nozione di costo che può essere ritratta, in via generale, dal primo comma del medesimo articolo che definisce il costo quale prezzo d’acquisto del bene ceduto. Con riferimento alle partecipazioni questa definizione va rapportata sia all’acquisto della partecipazione tramite atto di compravendita, sia al conferimento eseguito in sede costituiva. Una prima questione che emerge immediatamente è riferita alla necessita o meno che il prezzo pattuito per l’acquisizione sia effettivamente pagato. Nell’ambito della sottoscrizione del capitale sociale iniziale la questione si pone con riferimento al capitale effettivamente versato. In altri termini è sufficiente aver acquisito la proprietà della partecipazione (o aver sottoscritto il capitale iniziale) per vederne riconosciuto fiscalmente il costo, ovvero è necessario l’elemento finanziario legato al versamento del corrispettivo ? Al riguardo si ritiene che sia essenziale l’effettivo versamento del prezzo per due ordini di motivi: • In primo luogo va segnalato che un’altra norma che si interessa di un analogo problema, cioè l’articolo 47, comma 7 del Tuir (in materia di determinazione del differenziale tassabile in varie ipotesi tra cui il recesso del socio) propone un confronto tra somma ricevuta e prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione della partecipazione, quindi assegnando rilevanza alla circostanza che il prezzo sia stato effettivamente corrisposto • In secondo luogo va ricordato che in caso di pagamento rateizzato della partecipazione la plusvalenza per il cedente è determinata proporzionalmente al prezzo effettivamente corrisposto nel periodo d’imposta (articolo 68, comma 7, lett.f). Alla luce di questa disposizione sarebbe asistematico che per l’acquirente fosse riconosciuto l’intero costo della partecipazione a prescindere dalla circostanza che esso sia stato interamente pagato: si avrebbe una plusvalenza ridotta proporzionalmente alla quota incassata mentre il costo sarebbe interamente riconosciuto, il che creerebbe un salto d’imposta ingiustificato. Come si è sopra segnalato il costo è incrementato degli oneri accessori, il cui elenco è rinvenibile nella Circ. 52/E del 10.12.2004, par 3. Si citano le imposte indirette (bolli etc.), le spese notarili, le commissioni per eventuali intermediazioni. Il costo è peraltro incrementato dei versamenti a fondo perduto o in conto capitale nonché della rinuncia ai crediti, come ha ricordato la Circ,.165/E del 24 giugno 1998 al paragrafo 2.3.2. IN caso di aumento gratuito del capitale, per imputazione ad esso di riserve , va ricordato che non si incrementa il costo della partecipazione, poiché il detentore non ha apportato nuovo capitale, bensì il costo unitario delle azioni subirà una modifica diminuendosi l’importo originario in funzione
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dell’incremento del numero delle azioni stesse. In pratica il costo iniziale va ripartito sul nuovo numero di azioni possedute al fine di determinarne il costo unitario. Esempio: Tizio detiene 100 azioni della Alfa SPA acquisite al prezzo pagato di 1000 euro l’una. A seguito di aumento gratuito del capitale sociale tramite passaggio di riserve di utili a capitale diviene assegnatario di altra 50 azioni. Il costo del suo pacchetto azionario complessivo non viene modificato e pertanto resta pari a € 100.000 ma cambia il costo unitario di ogni singola azione che diviene 100.000 / 150 = 666,66.
2.
La rivalutazione con successiva scissione
Il problema qui analizzato consiste nel valutare la possibilità, in caso di scissione societaria, di determinare il costo delle singole partecipazioni, una volta eseguita la rivalutazione peritale, non sulla base del metodo proporzionale ma sulla base di diversa e non proporzionale rideterminazione che tenga conto dei valori espressi con perizia. Ipotizziamo questo esempio. La società A svolge attività industriale utilizzando un opificio di proprietà. Il valore del patrimonio sociale è formato, per semplicità, da beni strumentali per l’attività industriale che contabilmente valgono 50 e dall’immobile che vale, sempre contabilmente, altrettanto 50. I soci persone fisiche decidono di rivalutare le partecipazioni sulla base di una perizia che conferma il valore dei beni strumentali per 50 mentre l’immobile è valutato 550. Pertanto viene versata una imposta per rivalutare le partecipazioni di 500. Le partecipazioni assumono un valore riconosciuto di 100 (iniziale) più 500 (rivalutazione) , cioè 600. A questo punto si decide di scindere la parte operativa da quella immobiliare. Alla beneficiaria B viene trasferito un patrimonio di 50 pari alla meta del netto contabile della società, con attribuzione ai soci, pro-quota delle partecipazioni. Quale sarà il valore delle stesse partecipazioni nell’esempio sopra descritto ? Necessariamente deve essere utilizzato il metodo proporzionale e quindi ipotizzare che il costo della partecipazioni fiscalmente riconosciuto sia pari a 300 per ciascuna società? Oppure sarà possibile tener conto del contenuto della perizia assegnando maggior valore alla partecipazioni nella società immobiliare rispetto a quella operativa ? Sul punto si deve segnalare una posizione assunta con Circ. 98/E del 17.5.00 ( risposta 7.2.3) da parte dell’Agenzia delle Entrate con la quale si legittimava quale unico metodo utilizzabile per la ripartizione del valore delle partecipazioni a seguito di scissione, il metodo proporzionale. Però, nel sottolineare questa posizione, non può essere sottaciuto che l’eventuale conferma di una simile tesi provocherebbe la vanificazione della operazione di rivalutazione che è avvenuta sulla base dei maggiori valori di mercato insiti in taluni beni e non in altri. D’altra parte va anche rimarcato che l’Amministrazione Finanziaria non subirebbe alcun danno da una ripartizione non proporzionale poiché comunque la rivalutazione è avvenuta versando un’imposta sostitutiva, proprio allo scopo di ridurre le plusvalenze da future cessioni delle stesse partecipazioni. L’argomento meriterebbe una riflessione da parte degli organi competenti.
3.
il conferimento negativo
Nei conferimenti di ramo d’azienda non è infrequente la questione inerente la possibilità di eseguire un conferimento nel quale le attività siano inferiori alle passività, assumendo i valori contabili sia delle prime che delle seconde. Il caso si può manifestare quando, ad esempio la conferente è una società di persone nella quale sono stati eseguiti prelevamenti dei soci più elevati rispetto al patrimonio netto, generando quindi un “credito” (in realtà un deficit patrimoniale) verso i soci stessi che non si intende trasferire alla
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
La determinazione del costo della partecipazione
conferitaria. Oppure l’ipotesi di un conferimento nel quale la conferente voglia trattenere beni immobili, tuttavia trasferendo le passività ad essi connesse. L’ipotesi diviene legittima , sul piano civilistico, facendo emergere in sede di conferimento le plusvalenze latenti che pareggiano le maggiori passività ed anzi creano un valore positivo nel conferimento. Si veda l’esempio: Esempio La società Alfa srl detiene un immobile iscritto al valore di € 500.000 più altre attività per € 100.000. Nel passivo risultano debiti per € 400.000 capitale sociale per € 100.000. Nell’eseguire in conferimento viene trattenuto l’immobile nella società Alfa, facendo emergere, contestualmente un avviamento per € 350.000. Quindi il valore del ramo d’azienda conferito è pari a 450.000 meno 400.000,. cioè € 50.000. La conferitaria si costituisce con un capitale sociale di € 50.000. Eseguito il conferimento la conferente presenta nell’attivo patrimoniale l’immobile per € 400.000, la partecipazione per € 50.000 , capitale sociale per € 100.000 e una riserva da conferimento per € 350.000. Il punto in questione è come valutare la partecipazione dal punto di vista fiscale, atteso che sotto il profilo civilistico essa assume il valore del capitale sociale della conferitaria. Sulla questione è rilevante la disposizione dell’articolo 176 comma 1 del Tuir che afferma : “Tuttavia il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda conferita” Ora se il valore dell’azienda conferita è negativo si può affermare che anche il valore della partecipazione sia negativo, ovvero, come da taluni sostenuto, esso , al massimo sia pari a zero ? Chi scrive propende per assumere come costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione il valore negativo. Il motivo di tale conclusione, può essere riassunto in due motivazioni: • in primo luogo il dato letterale succitato secondo il quale il costo della partecipazione non può che essere ancorato al valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita, e pertanto se tale valore è negativo anche il costo della partecipazione è negativo. • in secondo luogo poiché diversamente opinando, cioè assumendo tale costo pari a zero, si avrebbe un salto d’imposta nel momento in cui la partecipazione fosse ceduta. Poniamo che la partecipazione nell’esempio sopra citato venga ceduta per € 10.000. Se si assume il costo della partecipazione pari a zero si avrebbe una plusvalenza di € 10.000, mentre in realtà se si fossero cedute attività per € 100.000 e passività per € 400.000 al valore di € 10.000 si sarebbe conseguita una plusvalenza di 310.000. Per evitare il salto di imposta non resta che ipotizzare che anche la plusvalenza per cessione della partecipazione sia di € 310.000 il che comporta l’assunzione di un valore di costo negativo per € 300.000.
4.
Il valore fiscalmente riconosciuto della partecipazioni ricevute gratuitamente
Il Tuir preveda una diversa disciplina fiscale del valore della partecipazione se essa è ricevuta per effetto di donazione ovvero mortis causa. Lo scenario che emerge non è del tutto razionale poiché, come vedremo, si agevola il trasferimento della partecipazione per donazione che è atto pianificabile dalle parti, mentre si penalizza quello per successione che evidentemente rappresenta evento estraneo alla volontà delle parti.
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La determinazione del costo della partecipazione
A norma dell’articolo 68 comma 6 del Tuir , le partecipazioni ricevute in donazione assumono come costo in capo al donatario il medesimo dato che esse presentavano in capo al donante. Ciò fa si’ che se il donante ha eseguito una rivalutazione delle partecipazioni con imposta sostitutiva, il nuovo ( e maggiore valore) è riconosciuto anche in capo al donante. In tutti i casi se il donante ha sostenuto un certo costo per acquistare i titoli, quel medesimo costo è riconosciuto in capo al donatario. La norma succitata afferma, invece, che per le partecipazioni acquisite in successione il valore riconosciuto è quello indicato nella denuncia di successione, e quindi tramite il combinato disposto dell’articolo 16 del D.L. 346/1990 si arriva alla conclusione che il costo della partecipazione, in capo all’erede, è sempre il corrispondente valore contabile della frazione di patrimonio netto. Ciò significa che vengono vanificate non solo eventuali rivalutazioni eseguite dal de cuius , ma anche , e piu semplicemente, il costo sostenuto dal de cuius per acquisire il titolo non viene riconosciuto in capo all’erede. La situazione non è necessariamente negativa (si pensi ad un costo svalutato per effetto di minusvalenze latenti che invece diventa il valore contabile in capo all’erede, oppure il ricevimento di partecipazioni esenti da imposta di successione come nel caso dei patti di famiglia, in cui il valore in capo all’avente causa è quello normale alla data di apertura della successione), però è certamente più frequente la situazione penalizzante per l’erede rispetto al caso contrario. Alla luce di queste considerazioni, esaminiamo la situazione che si presenta in capo all’attuale detentore (donatario o erede) che volesse eseguire una nuova rivalutazione. Rivalutazione per il donatario Ipotizziamo che il donante abbia eseguito una rivalutazione della partecipazione qualificata determinando un nuovo valore pari a € 100.000 rispetto a € 50.000 , dato di partenza. Ora la partecipazione detenuta dal donatario presenta il valore di mercato di € 150.000. Siccome il donatario “eredita” il costo fiscalmente riconosciuto in capo al donante si dovrebbe poter concludere che egli eredita anche la rivalutazione eseguita, non solo per gli effetti del valore riconosciuto, ma anche in relazione alla sostitutiva a suo tempo versata. Ciò significherebbe che, applicando le nuove regole sancite dall’articolo 7 del D.L. 70/11, il donatario per rivalutare potrebbe versare solo € 2000 ( 150.000 x 4% = 6000 meno 4000 già versati dal donante). In questo senso , peraltro, si è pronunciata l’Agenzia delle Entrate quando con la ris. 141/E /2003 ha stabilito l’oggettività del valore della partecipazione trasferita a titolo gratuito. Il caso era quello di un trasferimento per successione avvenuto nel periodo in cui era stata soppressa l’imposta di successione, per cui il valore fiscale in capo all’erede era il medesimo di quello riconosciuto in capo al de cuius. Si chiedeva se il blocco alla deducibilità di minusvalenze riguardava solo il donante che aveva rivalutato ovvero anche il donatario, e la risposta è stata appunto che il nuovo valore rivalutato va legato oggettivamente alla partecipazione a prescindere da chi l’ha eseguita. Rivalutazione per l’erede Più delicata rispetto al caso sopra esaminato è la situazione dell’erede, assumendo gli stessi dati dell’esempio di cui sopra solo che invece del trasferimento per donazione esso avviene mortis causa.. L’assenza di continuità nel valore fiscale tra de cuius ed erede potrebbe essere argomento vincente per sostenere che la rivalutazione del de cuius non può essere riconosciuta in detrazione della nuova rivalutazione eseguita dall’erede detentore all’1.7.2011. Tuttavia l’Agenzia delle Entrate potrebbe, con una interpretazione sistematica, restituire razionalità al sistema, cioè non penalizzare il trasferimento mortis causa. Se si acconsentisse che nella nuova rivalutazione dell’erede fosse detraibile l’imposta sostitutiva versata dal de cuius si eviterebbe che il primo vedesse vanificata l’imposta versata a suo tempo dal congiunto e superare , in parte, l’irrazionalità dell’equazione costo
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partecipazione/ patrimonio netto contabile. Certo fino a quando questa conclusione non sarà fatta propria dall’Agenzia delle Entrate sarà prudente non applicarla.
5.
Il costo delle partecipazioni in società di persone
L’articolo 68, comma 6 del Tuir si interessa anche della nozione di costo delle partecipazioni in società di persone, affermando che il costo ( d’acquisto o sottoscrizione secondo le regole dettate per le società di capitali) è incrementato dei redditi imputati per trasparenza, decrementato delle perdite altrettanto imputate ed altresì decrementato degli utili distribuiti al socio fino a concorrenza dei redditi imputati Esempio: Tizio acquista una partecipazione del 30% in una snc sostenendo il costo di 5000 euro. Nel primo esercizio successivo la società consegue redditi per 30.000, nel secondo redditi per 21.000 che distribuisce per 6000, nel terzo una perdita di 3000 euro. Costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione di Tizio al quarto esercizio successivo all’acquisto: 5000 + 9.000 (30% di 30.000) + 6.300 ( 30% di 21.000) – 1.800 ( 30% di 6000)- 900 ( 30% di 3000) =17.600 Si ritiene che possano incrementare il costo della partecipazione solo gli utili fiscalmente imputati al socio e non quelli che al medesimo non sono stati attribuiti per effetto di variazioni diminutive. è il caso, ad esempio, degli utili detassati da agevolazione Tremonti Bis , utili che , peraltro, se distribuiti non decrementano il costo della partecipazione.
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LA RIDETERMINAZIONE DEL VALORE DI TERRENI E PARTECIPAZIONI NEL DECRETO SVILUPPO *
Il provvedimento contenuto in origine negli art. 5 e 7 della L. 448/2001 viene riproposto ancora una volta dal D.L. 70/2011. L’impianto complessivo del provvedimento originario resta inalterato, e quindi in questo contributo ne faremo solamente un cenno. Tuttavia va dato atto che il primo dei decreti estivi ha introdotto un elemento di notevole interesse, che riguarda la gestione delle imposte in presenza di successive applicazioni della rideterminazione dei valori su un medesimo bene. Questo tema, assieme a una relativamente rapida indagine su alcune situazioni dubbie o particolari, costituirà l’argomento centrale dell’intervento.
1.
Le linee generali del provvedimento di rideterminazione dei valori
Il provvedimento di rideterminazione dei valori di terreni e partecipazioni serve ad attenuare l’imponibile di alcune operazioni che possono generare redditi diversi, quali: • Art. 67 co. 1 lett. a: cessione di terreni lottizzati; • Art. 67 co. 2 lett. b: cessione infraquinquennale di terreni agricoli e cessione di aree edificabili; • Art. 67 co. 1 lett. c: cessione di partecipazioni qualificate; • Art. 67 co. 1 lett. c bis: cessione di partecipazioni non qualificate. La riduzione dell’imponibile avviene elevando il costo di acquisto, o comunque il costo fiscalmente riconosciuto, al livello del valore di mercato assunto dai predetti beni alla data del 1° luglio 2011, come si dirà tra breve. Per fare questo occorre predisporre una apposita perizia di stima, e corrispondere un’imposta sostitutiva nella misura: • Del 4% per i terreni e le partecipazioni qualificate; • Del 2% per le partecipazioni non qualificate. La convenienza ad utilizzare la rivalutazione può essere individuata nel fatto che, rideterminando il costo fiscalmente riconosciuto dei beni, una volta che questi vengono ceduti, si riduce, magari azzerandola, la plusvalenza, poiché il predetto costo sarà stato rideterminato in modo da tendere al corrispettivo previsto per la cessione. L’art. 7 del D.L. 70/2011, utilizzando la medesima tecnica normativa dei precedenti provvedimenti di riapertura, va a modificare il co. 2 dell’art. 2 del D.L. 282/2002, nelle parti che riguardano: 1. la data in cui deve essere soddisfatto il requisito del possesso dei beni da rivalutare19, che è fissata al 1° luglio 2011; 2. la data ultima entro cui deve essere predisposta la perizia di stima, fissata al 30 giugno 2012; 3. la data entro cui deve essere versata l’imposta sostitutiva, ovvero la prima rata, fissata ancora al 30 giugno 2012. Ricordiamo che l’imposta sostitutiva può essere versata in tre rate: la prima alla data del 30 giugno 2012, la seconda al 30 giugno 2013 e la terza al 30 giugno 2014, dovendosi in tal caso corrispondere interessi al 3% annuo sulle due rate successive alla prima. La disciplina brevemente tracciata conta una produzione interpretativa piuttosto abbondate, a cui si rinvia per gli aspetti generali.
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Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
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Per brevità si usa il termine rivalutazione ma, come detto nel corpo del testo, il provvedimento riguarda la rideterminazione del costo di acquisto di terreni e partecipazioni.
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
a cura di Alessandro Corsini
2.
I calcoli di convenienza
La convenienza ad adottare il provvedimento di rivalutazione non è scontata, ma si dovrà verificare il caso concreto, tenendo conto di quelle che sono le previsioni generali dell’ordinamento. Di seguito alcune considerazioni: • terreni non edificabili: su opzione del contribuente è possibile assoggettare la plusvalenza a un’imposta sostitutiva del 20%. In questo caso si può dire che il punto di pareggio si ha quando la plusvalenza è pari al 25% del costo. Infatti il 20% di 25 dà 5, così come il 4% di 125 dà altrettanto 5. Per incidenze percentuali della plusvalenza superiori al 25% conviene la rideterminazione dei valori. Infatti, nell’ipotesi che la plusvalenza sia di 30: 30 x 20% = 6; 130 x 4% = 5,2; • aree edificabili: la cessione di aree edificabili genera sempre fattispecie di reddito diverso, sia che l’area sia stata acquistata,, sia che essa sia pervenuta al cedente a titolo gratuito. La plusvalenza imponibile si determina come differenza tra corrispettivo per la cessione al netto del costo o valore di acquisto rivalutato con i coefficienti Istat. Il reddito, in quanto a formazione pluriennale, gode della tassazione separata. Quindi un calcolo di convenienza valido in generale non può essere proposto; • partecipazione non qualificata: con l’attuale aliquota di imposizione al 12,5%, la convenienza a rivalutare una partecipazione non qualificata si ha a partire da una plusvalenza pari al 20% del costo. Infatti: 20 x 12,% = 2,5; 120 x 2% = 2,4; quando l’aliquota sarà portata al 20 % (a partire dal 1° gennaio 2012) il conteggio va rimodulato al ribasso, e la convenienza ad accedere alla rivalutazione si ha per plusvalenze pari a circa l’11% del costo; infatti: 11 x 20% = 2,2; 111 x 2% = 2,22; • partecipazione qualificata: anche in questo caso, posto che la plusvalenza da partecipazione qualificata concorre, seppur in modo parziale, alla formazione del reddito complessivo, un calcolo di convenienza valido in tutte le situazioni non può essere proposto;
3.
Casistiche particolari riguardanti i terreni
L’Agenzia delle Entrate, in materia di terreni, ha diramato alcune istruzioni che, seppur relative a tematiche anche estranee al provvedimento di rideterminazione dei valori, su di questo possono avere comunque un impatto . 1. risoluzione 395/E/2008: se un fabbricato è inserito in un piano di recupero che ne prevede la demolizione, il fabbricato si ha per non esistente, e quindi la cessione non ha ad oggetto un immobile ma un’area edificabile; la conclusione, non del tutto condivisibile, porta, da un lato, a rigenerare un’imponibilità che in alcuni casi non si sarebbe avuta (cessione del fabbricato con possesso ultraquinquennale) e, dall’altro, consente di operare una rivalutazione – l’immobile è da considerare area edificabile, come detto – che non si sarebbe potuta operare rispettando la consistenza effettiva del bene; 2. risoluzione 23/E/2009: il confine tra cessione di area edificabile o di fabbricato non è sempre perfettamente individuabile; un caso è quello del fabbricato non ultimato che, a seconda dell’avanzamento dei lavori può o meno esistere come tale; l’indagine è complessa, e muove dalle previsioni del co. 6 dell’art. 2645 bis del C.C., che afferma che “si intende esistente l'edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e sia stata completata la copertura” , e ciò deve essere indirettamente avallato dall’iscrizione catastale in categoria F - immobili in corso di costruzione. L’indagine deve essere condotta sul caso concreto, e quindi, a seconda di come si concludono, ci si può trovare in una situazione in
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La rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni nel decreto sviluppo
cui il fabbricato non esiste, e quindi si ha un’area edificabile rivalutabile, ovvero esso esiste, e quindi nessuna rideterminazione di valore può essere effettuata. Alcune situazioni in cui versa il proprietario dei terreni possono incidere sull’opportunità di accedere alla loro rivalutazione. Infatti, nell’ambito dei redditi diversi, esistono disposizioni di particolare favore che, nella sostanza, rendono automatica una rivalutazione che potrebbe essere piuttosto soddisfacente in termini di entità, oltre che gratuita. Il caso riguarda i terreni acquistati per effetto di successione o donazione e, in particolare: 1. terreni lottizzati – art. 67 co. 1 lett. a: il costo fiscalmente riconosciuto è dato dal valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione (art. 68 co. 2); 2. aree edificabili – art. 67 co. 1 lett. b: il costo fiscalmente riconosciuto è dato dal valore (normale) indicato nella dichiarazione resa ai fini dell’imposta di successione e donazione; in questo caso si ritiene che il beneficio previsto dalla disposizione resti valido anche se, per effetto delle franchigie di cui godono eredi e donatari, soprattutto in linea retta, l’imposta non è dovuta.
4.
Casistiche particolari riguardanti le partecipazioni
Con la circolare 12/E/2008 sono state affrontate alcune questione che riguardano le partecipazioni cadute in successione, e la risposta 3.2 della predetta circolare affronta le modalità di valorizzazione delle partecipazioni ai fini dell’imposta di successione. I criteri sono individuati, principalmente, dall’articolo 16 del TUS20 che, in sostanza, dispone che la valorizzazione della partecipazione deve avvenire in base al valore contabile del patrimonio netto della società partecipata dal de cuius. A ribadire tale approccio, anche l’articolo 8 comma 1 bis TUS, che esclude il valore di avviamento nella determinazione dell’imponibile di partecipazioni azionarie e non azionarie. Fin qui il complesso delle disposizioni ma, ed è questo il cuore della domanda, se il de cuius presentasse un costo fiscalmente riconosciuto più elevato del valore contabile, vuoi perché il costo di acquisto è stato tale, vuoi perché è intervenuta una rideterminazione del valore della partecipazione, può l’erede utilizzare questo dato, facendolo transitare per la dichiarazione di successione? La risposta dell’Amministrazione Finanziaria, alquanto rigida, è negativa: muovendo dall’attuale assetto normativo, che impone che, nella dichiarazione di successione, si indichi il valore contabile della partecipazione, e tenendo conto di quanto dispone l’art. 68 comma 6 del Tuir, esclude la possibilità che l’erede possa optare tra valore contabile o maggior valore configuratosi presso il de cuius. Le conseguenze di tale conclusione sono piuttosto gravi: 1. molto frequente è il caso in cui una partecipazione è stata acquistata a un valore molto superiore al suo valore contabile, proprio perché si dà rilevanza ai plusvalori latenti, ivi compreso l’avviamento; e, stante le modalità di determinazione dei valori ai fini successori, questi elementi non possono affiorare; 2. non diverso è il caso in cui un soggetto ha eseguito la rivalutazione di una partecipazione, sfruttando i provvedimenti di rideterminazione dei valori, ed è deceduto prima di cederla. Quindi, posto che la norma che non funziona, nell’attuale assetto normativo, è proprio l’articolo 68 del Tuir, così come esso, in precedenza, era stato letto in modo difforme dal testo (ci si riferisce alla
20
Così il testo normativo: “per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa, né negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell' ente o della società risultante dall' ultimo bilancio pubblicato o dall' ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei beni e dei diritti appartenenti all' ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23, escludendo i beni indicati alle lettere h) e i) dell' art. 12.”
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Circolare 91/2001), altrettanto si potrebbe fare oggi, con un’interpretazione più aderente alle situazioni che in concreto e di frequente possono presentarsi. Quanto abbiamo detto vale, evidentemente, per le successioni apertesi dal 3 ottobre 2006. Diversamente, per quelle che si sono aperte prima, vige il diverso criterio del costo fiscalmente riconosciuto configuratosi presso il de cuius: quindi costo effettivamente sostenuto ovvero costo rivalutato; a ribadire questo aspetto, la risoluzione 158/E del 17 aprile 2008. E un altro paradosso emerge, da questo approccio interpretativo: se, come è, in caso di donazione resta valido, per il donatario, il costo fiscalmente riconosciuto per il donante – il che significa costo effettivamente sostenuto o anche costo rivalutato – diviene evidente che questo istituto, i cui effetti elusivi sono stati arginati proprio con tale previsione, diviene invece lo strumento efficace per andare a conseguire qualche beneficio21.
Successioni ante 3.10.2006
Costo fiscalmente riconosciuto in capo al de cuius
Successioni da 3.10.2006 (titoli non esenti)
Valore in dichiarazione di successione
Successioni (titoli esenti) Donazioni
5.
1. 2.
Costo acquisto Costo rivalutato
Valore contabile
Valore normale Costo fiscalmente riconosciuto in capo al donante
1. 2.
Costo acquisto Costo rivalutato
Il rimborso dell’imposta sostitutiva
Nel momento in cui la rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni è diventata, almeno di fatto, una norma a regime, si è posto il problema di come si dovevano rapportare le imposte relative a più rivalutazioni eventualmente operate dal contribuente sul medesimo bene. In altre parole, e per fare un esempio, rivalutata una prima volta una partecipazione, poniamo qualificata, versando un’imposta di 100, e rivalutandola una seconda volta con una nuova imposta di 120, come ci si deve comportare ai fini del versamento della nuova imposta? In assenza di una previsione normativa che regolasse questo fenomeno, l’Agenzia delle Entrate, una prima volta con circolare 27/E del 9 maggio 2003, e ancora successivamente, ha risolto la questione in questi termini: l’imposta di 120 deve essere versata, quella di 100 chiesta a rimborso. Se è in corso un versamento rateale, la rata pendente all’avvio della seconda rivalutazione può non essere versata22. La norma di riferimento che era stata indicata per azionare il rimborso è l’art. 38 del D.P.R. 602/73, che richiede la produzione di un’istanza nel termine di 48 mesi dalla data del versamento. Fino a questo punto, quindi, il problema è - o meglio, era - la mancata concessione della possibilità di procedere a una compensazione tra prima e seconda imposta, così costringendo i contribuenti alle lungaggini di una procedura di rimborso e, inoltre, a una certa esposizione finanziaria a favore del Fisco. Ma il problema più grave si è manifestato quando ci si è trovati ad avere a che fare con versamenti di una prima imposta eseguiti oltre 48 mesi prima dell’accesso alla nuova rivalutazione. Infatti, a fronte di una norma certamente chiara – ci si riferisce all’art. 38 D.P.R. 602/73 - si è vista una inspiegabile rigidità dell’Agenzia nell’affermare che, decorso il termine per l’inoltro dell’istanza, nessuna possibilità aveva il 21
V. M. Piazza, Quote leggere in successione, Il Sole 24 Ore del 2 febbraio 2008. E’ piuttosto delicata la questione di capire quale atto del contribuente indichi la sua intenzione di avvalersi della nuova rivalutazione, e quindi lo legittimi a sospendere il versamento delle rate in corso. La circolare richiamata è alquanto ambigua (“il contribuente intenda avvalersi delle nuove disposizioni …”), e quindi un’interpretazione rigorosa sembra la più opportuna: si dovrà arrivare al pagamento della prima rata della rivalutazione successiva. Questo pare confermato dal tenore delle disposizioni qui in commento dell’art. 7 del D.L. 70/2011. 22
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La rideterminazione del valore di terreni e partecipazioni nel decreto sviluppo
contribuente per ottenere il rimborso, questo essendo stato sancito con la risoluzione 236/E/2008 che, tra l’altro, ha negato l’applicabilità di una soluzione certamente ragionevole, vale a dire la corresponsione dell’imposta solo sull’incremento di valore. I tentativi dei commentatori di trovare una diversa soluzione, opposta a quella dell’Amministrazione, sono stati più volte premiati dalla giurisprudenza, e questo è certamente uno dei motivi che ha indotto il legislatore a introdurre la disposizione di cui, finalmente, si va a parlare. La soluzione adottata è la più ragionevole: la lett. ee) del co. 2 dell’art. 7 del D.L. 70/2011 prevede che chi si è già avvalso di una rideterminazione dei valori, e se ne avvalga una seconda volta, potrà detrarre dalla seconda imposta quanto già versato. Quindi, se la prima rivalutazione ha generato un debito di 100, e la seconda ne genera uno di 120, il contribuente dovrà versare solamente i 20 eccedenti, utilizzando il Mod. F 24 per comunicare la compensazione/detrazione. Questa opzione è esercitabile in qualsiasi momento – cioè non sono previsti termini di decadenza - sia per le partecipazioni che per i terreni. Il controllo della legittimità della detrazione è affidato all’indicazione di dati opportuni nella dichiarazione dei redditi, che saranno individuati con il provvedimento di approvazione dei modelli. L’art. 7 prosegue con un’altra previsione, questa contenuta nella lett. ff), la cui funzione non è di immediata comprensione. Dispone infatti la norma che coloro che non si avvalgono della detrazione di cui alla precedente lett. ee) quanto all’imposta già pagata, possono chiederla a rimborso ai sensi dell’art. 38 D.P.R. 602/73, decorrendo il termine di 48 mesi dalla data in cui si effettua il versamento dell’imposta sostitutiva, ovvero della prima rata, riferita all’ultima rideterminazione effettuata23. A prima vista la norma sembrerebbe offrire un’alternativa alla detrazione prevista alla precedente lettera ee) ma, francamente, è difficile capire chi possa decidere di azionarla, a fronte di una procedura molto più efficace ed incisiva, quale è quella della detrazione. Quindi, pur non escludendo questa possibilità, si deve pensare che la norma possa essere utilizzata per altri situazioni, come: 1. per rimediare ad errori di versamento, commessi in occasione di precedenti operazioni di rideterminazione dei valori; 2. permettere a chi ha già utilizzato due provvedimenti di rideterminazione dei valori, prima dell’entrata in vigore del D.L. 70/2011, essendogli magari scaduto il termine di 48 mesi per la richiesta di rimborso dell’imposta relativa al primo, di essere rimesso in termini, dato che si prevede che il termine di decadenza decorra dal versamento dell’imposta, o della prima rata, relativa all’ultima rideterminazione o, ancora, e questo lo dice la lett. gg) successiva, l’istanza può essere inoltrata entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto 70/2011, quindi dal 15 maggio 2011. Quindi, riassumendo, possiamo dire che esistono tre procedure di utilizzo dell’imposta pregressa, anche in termini di rimborso: 1. lo scomputo della vecchia imposta dalla nuova mediante compensazione; 2. il versamento integrale della nuova imposta e la richiesta di rimborso della vecchia, nel termine di 48 mesi dal versamento dell’imposta imputabile all’ultima rideterminazione effettuata; 3. richiesta di rimborso entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del D.L. 70/2011 (14 maggio 2011) se, a tale data, il termine di 48 mesi è scaduto; questa previsione sembra utilizzabile da chi, in passato, ha già operato due rivalutazioni, ed era andato fuori termine per la richiesta di rimborso dell’imposta dovuta sulla prima.
23
E questo passaggio normativo sembra essere quello che individua in questo momento – il versamento dell’imposta - la concreta intenzione del contribuente di avvalersi di una ulteriore rideterminazione dei valori.
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Queste previsioni, con ogni probabilità, serviranno anche ad azzerare i contenziosi in essere sulle modalità di richiesta dei rimborsi delle imposte versate in passato, e quindi annullano di fatto quanto affermato con la risoluzione 236/E/2008. Quanto si è detto finora, funziona bene se la successiva operazione di rideterminazione esprime valori più elevati dei precedenti, e quindi altrettanto avviene per le imposte sostitutive. Ma cosa accade se dalla seconda rideterminazione emerge un valore inferiore, e quindi la prima imposta eccede la seconda? Si può immaginare di avere diritto a un rimborso? Se il contribuente opera con il sistema della detrazione/compensazione, il modello F 24 consente di accogliere crediti fino a concorrenza dell’importo a debito, e quindi un primo sbarramento; né si può pensare di poter utilizzare l’eccedenza in compensazione con altre imposte, poiché la normativa introdotta con il decreto sviluppo prevede un sistema di compensazione che pare solo verticale, cioè imposta sostitutiva da imposta sostitutiva, e quindi un secondo sbarramento. È praticabile allora la strada del rimborso? Nemmeno questo sembra possibile, poiché che la lett. ff) dispone testualmente che “l'importo del rimborso non può essere comunque superiore all'importo dovuto in base all'ultima rideterminazione del valore effettuata.” Il tema del rimborso dell’imposta pregressa porta a sviluppare alcune ultime considerazioni in caso di cessioni dei beni rivalutati a valori inferiori a quelli di perizia e, sul punto, è necessario distinguere il caso delle partecipazioni da quello dei terreni: a. partecipazioni: se il valore di una partecipazione è stato rideterminato in 100, e la cessione avviene ad 80, non si ha nessuna particolare conseguenza, dovendosi sottolineare che il differenziale negativo di 20 non rappresenta una minusvalenza fiscalmente rilevante; ciò porta a dire che, se, rispetto a una rideterminazione già operata, si è avuta una riduzione di valore della partecipazione, non conviene accedere a una nuova rideterminazione, poiché il differenziale negativo di imposta non è rimborsabile e nemmeno si deve sopportare il costo di una nuova perizia; b. terreni: con i terreni la questione è diversa, poiché l’Agenzia delle Entrate, con diversi passaggi amministrativi24, ha affermato che, in caso di cessione inferiore al valore periziato, gli effetti della rivalutazione si vanificano completamente; tuttavia un’attenuazione di questa posizione si è avuta con la risoluzione 111/E/2010 che ha delineato la procedura per poter far valere un valore inferiore a quello già periziato; la procedura consiste nella predisposizione di una nuova perizia di stima e, in quella sede, l’Amministrazione finanziaria aveva affermato che, a fronte del versamento dell’imposta dovuta sulla seconda rivalutazione, il contribuente aveva diritto al rimborso – integrale – dell’imposta già versata. Si deve ritenere che questo passaggio amministrativo, alla luce delle novità del D.L. 70/2011, mantenga una parziale validità, nel senso che, certamente sarà possibile operare una seconda perizia, certamente sarà possibile operare la compensazione imposta da imposta, ma l’eccedenza versata non potrà essere rimborsata.
24
Tra cui circolare 81/E/2002, 15/E/2002, 35/E/2004.
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TERRENI E PARTECIPAZIONI DOPPIA RIVALUTAZIONE. IL RECUPERO DELLA SOSTITUIVA a cura di Lelio Cacciapaglia*
Premessa
La lettera ee) del comma 2 dell’articolo 8 del DL n. 70/2011 (decreto competitività) si preoccupa di risolvere l’annoso problema che riguarda quei soggetti che, a seguito delle varie disposizioni che hanno previsto la possibilità di rideterminare il valore di terreni e di partecipazioni, hanno nel tempo effettuato più volte la rideterminazione del valore del medesimo bene e, in mancanza di una disposizione che prevedesse lo scomputo dell’imposta sostitutiva già versata, sono stati costretti a esperire la procedura del rimborso nel rispetto del termine di quarantotto mesi previsto dall’articolo 38 del DPR n. 602/1973. La riapertura dei termini prevista dal predetto comma 2 dell’articolo 7, lettere da dd) a gg) della decreto legge n. 70/2011 dispone: Articolo 7 …omissis… ee) i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, ovvero, dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, di cui agli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, qualora abbiano già effettuato una precedente rideterminazione del valore dei medesimi beni, possono detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata. Al fine del controllo della legittimità della detrazione, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di approvazione del modello di dichiarazione dei redditi, sono individuati i dati da indicare nella dichiarazione stessa. ff) i soggetti che non effettuano la detrazione di cui alla lettera ee) possono chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata, ai sensi dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dalla data del versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata. L’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata; gg) le disposizioni di cui alla lettera ff) si applicano anche ai versamenti effettuati entro la data di entrata in vigore del presente decreto; nei casi in cui a tale data il termine di decadenza per la richiesta di rimborso risulta essere scaduto, la stessa può essere effettuata entro il termine di dodici mesi a decorre dalla medesima data.
2.
Lo scomputo dell’imposta già versata
In particolare, è ora prevista per i soggetti che si avvalgono nuovamente della rivalutazione, la possibilità di detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione quanto già versato, a titolo di imposta sostitutiva, per la precedente rideterminazione dei medesimi beni. Resta il fatto che lo scomputo dall’imposta da versare per la nuova rivalutazione, dell’imposta già versata in precedenza non è obbligatorio. In merito si evidenzia che la legittimità di tale detrazione sarà monitorata nell’ambito del mod. UNICO nel quale saranno richiesti i dati utili a tal fine così come individuati da un apposito Provvedimento. *
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
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CONTRIBUTI DI APPROFONDIMENTO
1.
3.
Il rimborso dell’imposta già versata
La successiva lettera ff) disciplina l’ipotesi in cui il contribuente in sede di versamento dell’imposta sostitutiva per la rideterminazione del valore non effettui il predetto scomputo (cosiddetta «compensazione verticale»). In tal caso è prevista la possibilità di chiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva pagata in precedenza, ai sensi del predetto articolo 38 del DPR n. 602 del 1973. La disposizione prevede che il termine di decadenza per la richiesta di rimborso, previsto dal citato articolo 38, decorre dalla data in cui si verifica la duplicazione del versamento, cioè dal pagamento dell’imposta relativa all’ultima rideterminazione effettuata. La richiesta di rimborso può riguardare “anche” i versamenti effettuati entro il 14.5.2011. Ne deriva, pertanto, che per detti versamenti la richiesta di rimborso dovrà essere presentata entro quarantotto mesi dall’ultima rideterminazione effettuata, tenendo conto ovviamente dei mesi già trascorsi alla data di entrata in vigore della norma. L’importo di quanto chiesto a rimborso non può eccedere quanto dovuto a titolo di imposta sostitutiva per la nuova rivalutazione.
RIVALUTAZIONE PARTECIPAZIONI
IMPOSTA SOSTITUTIVA NUOVA RIVALUTAZIONE
RIVALUTAZIONE TERRENI
Scomputo della nuova imposta sostitutiva dovuta da quanto già versato per la precedente rivalutazione
o
Versamento integrale della nuova imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione
Richiesta di rimborso dell’imposta sostitutiva versata per la precedente rivalutazione entro 48 mesi dalla data di versamento dell’imposta (o 1° rata)
4.
Il ripescaggio dei prescritti
Infine, la lettera gg), allo scopo di non penalizzare i soggetti per i quali i predetti termini siano ormai decaduti, prevede per tali contribuenti una sorta di riammissione nei termini, per cui gli stessi possono chiedere, comunque, il rimborso entro un anno dalla data di entrata in vigore delle disposizioni medesime, ossia entro la data del 13 maggio 2012. In detti casi, dunque, se a tale ultima data il termine di decadenza della richiesta di rimborso risulta già scaduto, il rimborso può essere richiesto entro 12 mesi dalla medesima data.
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Terreni e partecipazioni doppia rivalutazione. Il recupero della sostituiva
A seguire due fac simili di istanze per il rimborso dell’imposta sostitutiva relativamente alla: • rideterminazione del valore fiscale delle partecipazioni; • rideterminazione del valore del valore di terreni. Spett.le Agenzia delle entrate Ufficio di _______ Via_______________, n. _____ Città, _______
file A
Raccomandata RR (plico senza busta) Termine massimo 13/05/2012 Istanza di rimborso imposta sostitutiva per la rideterminazione del valore di partecipazione (articolo 8, comma 2, lett. ff) del Decreto legge n. 70 del 13/05/2011) Il sottoscritto _________________________, nato a _________________, il _________, CF. ____________________________, residente in __________________, Via _______________, Con riferimento alla partecipazione posseduta nella società ______________, con sede in __________________, CF. __________________________, iscritta al registro delle imprese di ______________, al n. ____________________, Premesso che ha provveduto in due occasioni a rideterminare il costo d’acquisto della suddetta partecipazione avvalendosi delle seguenti disposizioni normative: - indicare gli estremi della norma - indicare gli estremi della norma Ulteriormente premesso che con la prima “rivalutazione” ha versato a titolo di imposta sostitutiva complessivamente l’importo di € . ______________, al netto degli interessi di dilazione, come attestato dai seguenti modelli F24, allegati in copia: F24 pagato il _______, per € . _________; F24 pagato il _______, per € . _________; F24 pagato il _______, per € . _________; La rivalutazione di cui trattasi è stata correttamente indicata nel quadro RT del Modello Unico persone fisiche anno d’imposta ______ (allegato stralcio dichiarazione dei redditi) e sono stati osservati tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa; con la seconda “rivalutazione” ha versato a titolo di imposta sostitutiva complessivamente l’importo di € . ______________, al netto degli interessi di dilazione, come attestato dai seguenti modelli F24, allegati in copia: WWW
Scaricabile dal sito www.euroconference.it – alla sezione Professional Library
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F24 pagato il _______, per € . _________; F24 pagato il _______, per € . _________; F24 pagato il _______, per € . _________. La rivalutazione di cui trattasi è stata correttamente indicata nel quadro RT del Modello Unico persone fisiche anno d’imposta ______ (allegato stralcio dichiarazione dei redditi) e sono stati osservati tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa. Ne consegue che si è verificata una duplicazione di versamento di imposta sostitutiva, per la differenza pari a € . ___________________ (€ secondo importo – € primo importo) Chiede ai sensi dell’articolo 8, comma 2, lett. ff) del Decreto legge n. 70 del 13/05/2011 il rimborso dell’importo di €. _______, maggiorato di interessi maturati e maturandi. Al riguardo si fa presente che la lett. gg) del citato comma 2 dispone che il rimborso deve essere riconosciuto anche per i versamenti entro la data di entrata in vigore del decreto (14/05/2011). Nel caso in cui a tale data il termine di decadenza per la richiesta di rimborso risulta essere scaduto, l’istanza di rimborso può essere effettuate entro il termine di 12 mesi a decorrere dalla medesima data. Allegati n. _____ copie F24 attestati la prima rivalutazione n. _____ copie F24 attestati la seconda rivalutazione n. _____ stralcio Modello Unico _____ n. _____ stralcio Modello Unico _____
Firma _____________________________
66
Terreni e partecipazioni doppia rivalutazione. Il recupero della sostituiva
Spett.le Agenzia delle entrate Ufficio di _______ Via_______________, n. _____ Città, _______
file B
Raccomandata RR (plico senza busta) Termine massimo 13/05/2012 Istanza di rimborso imposta sostitutiva per la rideterminazione del valore di terreni (articolo 8, comma 2, lett. ff) del Decreto legge n. 70 del 13/05/2011) Il sottoscritto _________________________, nato a _________________, il _________, CF. ____________________________, residente in __________________, Via _______________, Con riferimento Ai seguenti terreni: indicare l’ubicazione e gli identificativi catastali indicare l’ubicazione e gli identificativi catastali indicare l’ubicazione e gli identificativi catastali indicare l’ubicazione e gli identificativi catastali Premesso che ha provveduto in due occasioni a rideterminare il costo d’acquisto dei medesimi, avvalendosi delle seguenti disposizioni normative: - indicare gli estremi della norma - indicare gli estremi della norma Ulteriormente premesso che con la prima “rivalutazione” ha versato a titolo di imposta sostitutiva complessivamente l’importo di € . ______________, al netto degli interessi di dilazione, come attestato dai seguenti modelli F24, allegati in copia: F24 pagato il _______, per € . _________; F24 pagato il _______, per € . _________; F24 pagato il _______, per € . _________; La rivalutazione di cui trattasi è stata correttamente indicata nel quadro RM del Modello Unico persone fisiche anno d’imposta ______ (allegato stralcio dichiarazione dei redditi) e sono stati osservati tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa; con la seconda “rivalutazione” ha versato a titolo di imposta sostitutiva complessivamente l’importo di € . ______________, al netto degli interessi di dilazione, come attestato dai seguenti modelli F24, allegati in copia: F24 pagato il _______, per € . _________; F24 pagato il _______, per € . _________; WWW
Scaricabile dal sito www.euroconference.it – alla sezione Professional Library
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F24 pagato il _______, per € . _________. La rivalutazione di cui trattasi è stata correttamente indicata nel quadro RM del Modello Unico persone fisiche anno d’imposta ______ (allegato stralcio dichiarazione dei redditi) e sono stati osservati tutti gli adempimenti richiesti dalla normativa. Ne consegue che si è verificata una duplicazione di versamento di imposta sostitutiva, per la differenza pari a € . ___________________ (€ secondo importo – € primo importo) Chiede ai sensi dell’articolo 8, comma 2, lett. ff) del Decreto legge n. 70 del 13/05/2011 il rimborso dell’importo di €. _______, maggiorato di interessi maturati e maturandi. Al riguardo si fa presente che la lett. gg) del citato comma 2 dispone che il rimborso deve essere riconosciuto anche per i versamenti entro la data di entrata in vigore del decreto (14/05/2011). Nel caso in cui a tale data il termine di decadenza per la richiesta di rimborso risulta essere scaduto, l’istanza di rimborso può essere effettuate entro il termine di 12 mesi a decorrere dalla medesima data. Allegati n. _____ copie F24 attestati la prima rivalutazione n. _____ copie F24 attestati la seconda rivalutazione n. _____ stralcio Modello Unico _____ n. _____ stralcio Modello Unico _____
Firma _____________________________
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PARTECIPAZIONI QUALIFICATE E NON QUALIFICATE Rappresentazione schematica * a cura di Alessandro Corsini
n. 1
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
CARATURA PARTECIPAZIONE DIPENDE DA DUE PARAMETRI 1. Percentuale diritti di voto esercitabili in assemblea ordinaria (tipicamente società di capitali) 2. Percentuale di partecipazione al capitale (tipicamente società di persone) Possono essere alternativi per società di capitali
n. 2 Nuova tassazione rendite finanziarie
PRIMA DISTINZIONE TRA PARTECIPAZIONI QUALIFICATE E NON QUALIFICATE
*
Partecipazione non qualificata
Partecipazione qualificata
Società di capitali voti
Fino al 20%
Oltre il 20%
Società di persone patrimonio
Fino al 25%
Oltre il 25%
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
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n. 3 Nuova tassazione rendite finanziarie
DIRITTO D’OPZIONE collegamento con percentuale di partecipazione acquisibile con esercizio diritto rinuncia gratuita non rileva (C.M. 98/00)
n. 4 Nuova tassazione rendite finanziarie
ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE * Valore dell’apporto dell’associato Si confronta 25% patrimonio netto contabile impresa associante valore del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto * Con apporto di solo capitale o misto
70
Partecipazioni qualificate e non qualificate
n. 5 Nuova tassazione rendite finanziarie
PARTECIPAZIONI NON PROPORZIONALI AI CONFERIMENTI (art. 2468 co. 2 C.C.)
1
2
Partecipazione
Conferimento eseguito 25%
Diritti di voto 25%
proporzionale
Quota partecipazione 25%
Partecipazione utili 25%
Partecipazione non
Conferimento eseguito 30%
Diritti di voto 20%
proporzionale
Quota partecipazione 20%
Partecipazione utili 20%
1
Partecipazione qualificata
2
Partecipazione qualificata
n. 6 Nuova tassazione rendite finanziarie
PARTICOLARI DIRITTI AGLI UTILI (art. 2468 co. 3 C.C.)
Conferimento eseguito 10%
Diritti di voto 10%
Quota partecipazione 10%
Partecipazione utili 25%
Partecipazione non qualificata Il diritto agli utili non è un parametro rilevante per definire la caratura della partecipazione
71
n. 7
PRINCIPIO DELL’ATTRAZIONE Attrazione delle cessioni effettuate nei dodici mesi ad un’unica operazione ai fini della qualificazione Una serie di cessioni non qualificate può generare una cessione
qualificata Il principio si applica a partire dal momento in cui è detenuta una
partecipazione qualificata
n. 8 Nuova tassazione rendite finanziarie
NEL PERIODO IN CUI È SUPERATA LA SOGLIA DI QUALIFICAZIONE Si ritiene figurativamente incassato il corrispettivo Si assoggetta a tassazione la plusvalenza qualificata Si scomputa imposta sostitutiva al 12,5% pagata per la cessione partecipazione non qualificata
72
Partecipazioni qualificate e non qualificate
n. 9
- Novembre anno 1
cessione del 15% con plus di 100 • assoggettata a sostitutiva 12,5% - Ottobre anno 2
cessione altro 15% con plus di 100
n. 10 Nuova tassazione rendite finanziarie
Per il principio dell’ dell’attrazione • si intende ceduto il 30% • il corrispettivo è figurativamente incassato anno 2 • plus 200 tassata al 49,72% anno 2 • scomputo quale acconto la sostitutiva al 12,5% (manca norma C. M. 52/E/04)
73
n. 11 Nuova tassazione rendite finanziarie
PARTECIPAZIONE IN COMUNIONE LEGALE R.M. 131/2002 • Art. 4 Tuir: i redditi dei beni che fanno parte della comunione sono imputati a ciascun coniuge per la metà del loro ammontare • Ai fini dell’individuazione della soglia di qualificazione la partecipazione va riferita alla quota di comproprietà di ciascun coniuge
n. 12
PARTECIPAZIONE IN COMUNIONE 50% 50%
30% 30%
Due partecipazioni qualificate del
Due partecipazioni non
25% ciascuna
qualificate del 15% ciascuna
Effetto sul regime di tassazione di dividendi e capital gain riferiti ai coniugi singolarmente considerati
74
Partecipazioni qualificate e non qualificate
n. 13
CESSIONE USUFRUTTO E NUDA PROPRIETÀ Cessione usufrutto
Cessione nuda proprietà
Valore Valorenuda usufrutto proprietà
Valore usufrutto Valore nominale X Valore piena proprietà
Diritto di voto – 20%
Valore nuda proprietà Valore nominale X Valore piena proprietà
Partecipazione capitale – 25%
75
LA TASSAZIONE DEI DIVIDENDI PER PERSONE FISICHE E IMPRESE Rappresentazione schematica a cura di Alessandro Corsini*
n. 1
EMITTENTE: RESIDENTE - PERCETTORE: RESIDENTE Soggetto
Caratura partecipazione
Irpef no impresa
Rileva
Norme riferimento 44 – 47 - 67 TUIR 27 600/73
Irpef impresa
59 TUIR Non rileva
Ires impresa
89 TUIR
n. 2 Il regime dei dividendi
Irpef no impresa Partecipazione non qualificata Fino 31.12.2011
Da 1.1.2012
Utili entro 2007
Utili da 2008
12,5%
20%
40% (Ires 33%)
49,72% (Ires 27,5%
Ritenuta imposta
*
Partecipazione qualificata
Reddito complessivo
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
76
La tassazione dei dividendi per persone fisiche e imprese
n. 3
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
Il regime dei dividendi
SFAVORITE PARTECIPAZIONI NON QUALIFICATE PNQ
100.000
20%
PQ
100.000
49.72%
20.000 49.720
Fino
15.000
da - a
15.000
da - a
28.000
da - a
55.000
41%
da - a
75.000
43%
15.214
23%
3.450
28.000
27%
3.510
49.720
38%
8.254
n. 4 Il regime dei dividendi
Irpef impresa Irrilevante caratura partecipazione Utili entro 2007
Utili da 2008
40% (Ires 33%)
49,72% (Ires 27,5%)
Ires impresa Il dividendo è escluso da imposizione per il 95% dell’ammontare
77
n. 5 Il regime dei dividendi
Irpef imprenditore e non imprenditore Art. 1 co. 1 dm 2 aprile 2008 In presenza di riserve di utili assoggettati a Ires al 33% e al 27,5%, si considerano distribuiti gli utili assoggettati a Ires al 33% percettore rende imponibile il 40% In presenza di riserve di utili assoggettati a Ires al 33% e al 27,5%, ai fini della copertura delle perdite si considerano utilizzate quelle formate con utili assoggettati a Ires al 27,5%
n. 6 Il regime dei dividendi
Casi particolari Società semplici Non applicabile regime della ritenuta d’imposta per dividendi da partecipazione non qualificata
Art. 27 600/73: solo persone fisiche non imprenditori
78
Enti non commerciali Il dividendo è escluso da imposizione per il 95% dell’ammontare
La tassazione dei dividendi per persone fisiche e imprese
n. 7 Il regime dei dividendi
Casi particolari Soggetti esclusi da Ires Non applicabile regime della ritenuta d’imposta nei confronti dei soggetti esclusi dall'imposta sui redditi ai sensi dell'art. 88, comma 1, del T.U.I.R (risoluzione 113 e 177 del 2001)
Vedi però C. Cass. 17 settembre 2001, n. 11658
n. 8 Il regime dei dividendi
EMITTENTE: NON RESIDENTE NO BLACK LIST PERCETTORE: RESIDENTE Soggetto Irpef impresa Ires impresa
Trattamento dividendo Come emittente residente Come emittente residente
Irpef no impresa
Particolarità per ritenute d’ingresso e imposte estere
Principio: identico trattamento dividendi nazionali - esteri
79
n. 9 Il regime dei dividendi
PARTICOLARITÀ PER RITENUTE D’INGRESSO E IMPOSTE ESTERE
1.Imposta estera
a) È costo per partecipazione non qualificata b) Rilevanza misura convenzionale per partecipazione qualificata c) È acconto per partecipazione qualificata d) Criteri di scomputo per partecipazione qualificata
2.Ritenuta ingresso
a) b) c) d)
non
È definitiva per partecipazione non qualificata Imposta sostitutiva se manca intermediario È acconto per partecipazione qualificata Criteri di applicazione per partecipazione qualificata
n. 10 Il regime dei dividendi
DIVIDENDO ESTERO DA PARTECIPAZIONE NON QUALIFICATA Dividendo erogato
1.000
Ritenuta estera 15%
- 150
Netto frontiera
850
Ritenuta ingresso (12,5% su netto frontiera)
- 106
Dividendo netto
744
• Non scomputabile in DR ex art. 165 • Eccedenza imposta estera prelevata rispetto convenzionale può essere rimborsata dividendo
80
aliquota
La tassazione dei dividendi per persone fisiche e imprese
n. 11
DIVIDENDO ESTERO DA PARTECIPAZIONE QUALIFICATA Dividendo erogato
10.000
Ritenuta estera 15%
1.500
Netto frontiera
8.500
Ritenuta acconto
528 8.500 x 49,72% x 12,5%
Dividendo lordo imposte
7.972
Imponibile
4.972 10.000 x 49,72%
Irpef lorda
1.560 Simulata aliquota 39%
Credito imposte estere
746 1.500 x 49,72%
Detrazione ritenuta acconto
528
Irpef netta
286
n. 12 Il regime dei dividendi
EMITTENTE: RESIDENTE - PERCETTORE: NON RESIDENTE
Regola generale Ritenuta d’imposta 27% salvo convenzione Irrilevante natura percettore Eccezioni
Irrilevante caratura partecipazioni 1.Soggetti Ires Ue – SEE 2.Direttiva madre - figlia
81
n. 13 Il regime dei dividendi
EMITTENTE: RESIDENTE - PERCETTORE: NON RESIDENTE Soggetti Ue - SEE Ritenuta d’imposta 1,375% Misura che deriva dal seguente conteggio: (Utile) 100 x (quota imponibile) 5% x (aliquota Ires) 27,5%
n. 14
EMITTENTE: RESIDENTE - PERCETTORE: NON RESIDENTE Direttiva madre figlia Nessuna ritenuta 1.Partecipazione minima: 10% 2.Forma giuridica: v. allegato direttiva 90/435/CEE 3.Residenza in uno stato Ue 4.Soggezione a imposte: v. allegato direttiva 90/435/CEE 5.Detenzione diretta della partecipazione da almeno un anno
82
LA DISTRIBUZIONE DEL DIVIDENDO E LA CONTABILIZZAZIONE Rappresentazione schematica *
a cura di Norberto Villa
n. 1
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
Il regime dei dividendi
Entrata in vigore Comma 10 dell’art. 2 del D.l. 138/2011 “Per i dividendi e proventi ad essi assimilati la misura dell'aliquota di cui al comma 6 si applica a quelli percepiti dal 1° gennaio 2012” 2011 12,5
2012 20%
n. 2 Il regime dei dividendi
Principio di cassa Le regole
Le interpretazioni Attenzione alla prassi sul principio di
La tassazione dei dividendi segue cassa: rigidamente il principio di cassa: Es. nel caso di pagamento con irrilevanza della data di delibera
bonifico vale la data in cui si riceve l'accredito sul proprio conto corrente (circ. 38/E – 2010)
*
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
83
n. 3 Il regime dei dividendi
Distribuzione anticipata Pro
Evito incremento tassazione dal 12,5% al 20%
Contro
Anticipo la tassazione (senza alcun vantaggio per i soci qualificati)
Contro
Impoverimento delle disponibilità liquide della società. Nel caso di concessione di finanziamento verifica degli indici di indebitamento
n. 4 Il regime dei dividendi
I FINANZIAMENTI DEI SOCI
84
Cass. 10030 del 29 aprile 2009
qualora i soci di una società commerciale non incassino i dividendi, questo comportamento può essere assunto, in via presuntiva, alla stregua di un finanziamento a favore della società dal quale presumere, conseguentemente, un reddito di capitale
Cass. 12251 del 2010
la presunzione fiscale di onerosità dei mutui può essere superata solo per il tramite delle prove espressamente elencate dall’at. 46 del Tuir
La distribuzione del dividendo e la contabilizzazione
n. 5 Il regime dei dividendi
LA TRASPARENZA ANALISI DI CONVENIENZA Reddito da 15.000 a 28.000 euro
Partecipazione qualificata(utili imponibili 49,72%)
Imponibile Ires Ires
A
Partecipazione non qualificata Trasparenza fiscale Fino al Dal 31/12/11(ritenuta 01/01/12(ritenuta 12,5%) 20%) 1.379,31 1.379,31 1.379,31 1.379,31 379,31 379,31 379,31 //
Utile distribuito Irpef 27%
B
1.000,00 134,24
1.000,00 125,00
1.000,00 200,00
1.379,31 372,41
Addizionali 1,5%
c
7,46
//
//
20,69
Carico fiscale 521,01 504,31 579,31 Le addizionali sono state determinate in misura forfettaria e non si sono considerati gli oneri previdenzialiL’Irap è sempre a carico della società partecipata
393,10
n. 6 Il regime dei dividendi
CONTABILIZZAZIONE DEL DIVIDENDO: SOCIETÀ CHE DISTRIBUISCE - Assenza di perdite non coperte - Accantonamento al 5% alla riserva legale; - Utili reali e non fittizi - Ipotesi di riserve non distribuibili
85
n. 7
CONTABILIZZAZIONE DEL DIVIDENDO: SOCIETÀ CHE DISTRIBUISCE EFFETTI FISCALI Riserva di utile
Riserve di capitali
Possibile effettuazione della ritenuta 12,5% - 20%
Nessuna conseguenza
Riserva in sospensione Contabilizzazione dell’onere fiscale
n. 8 Il regime dei dividendi
Contabilizzazione del dividendo: società che percepisce
86
1
Contabilizzazione per cassa
2
Contabilizzazione per competenza (data delibera)
3
Contabilizzazione per competenza (maturazione utile distribuito)
I FINANZIAMENTI DEI SOCI Rappresentazione schematica *
a cura di Alessandro Corsini
n. 1
AI
Capitale sociale
Conferimento
Versamenti a fondo perduto A VII
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
LE DIVERSE TIPOLOGIE DI “PRESTAZIONI” DEI SOCI A FAVORE DELLA SOCIETÀ
Poste del
Versamenti in conto aumento di capitale
Apporto
patrimonio netto
Finanziamento
Passività
Versamenti in conto futuro aumento capitale D3
Versamenti finanziamento
a
titolo
di
n. 2 I finanziamenti dei soci
CLAUSOLE STATUTARIE La società potrà ottenere finanziamenti dai soci a titolo sia oneroso sia gratuito, per i quali può essere stabilito o meno l’obbligo di rimborso, nel rispetto delle normative vigenti, con particolare riferimento a quelle che regolano la raccolta di risparmio tra il pubblico. Clausola ambigua prevede
la
non
restituibilità
del
finanziamento,
aprendo
alla
sua
riqualificazione come apporto
*
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
87
n. 3
CLAUSOLE STATUTARIE I soci che risultano iscritti nel libro soci da almeno tre mesi e che detengano una partecipazione al capitale pari almeno al 2 per cento dell’ammontare del capitale nominale, quale risulta dall’ultimo bilancio approvato, potranno eseguire finanziamenti a favore della società, fruttiferi o non fruttiferi, fruttiferi anche non in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al capitale sociale
Clausola non ambigua prevede la fruttuosità o meno del finanziamento richiama le condizioni di cui alla delibera CICR 19.7.2005
n. 4 I finanziamenti dei soci
GLI OBBLIGHI DEI SOCI Non è richiesta alcuna prestazione ulteriore rispetto a quella dell’esecuzione del conferimento del capitale sottoscritto
Quindi (Apporti)
Finanziamenti
Sono atti “unilaterali” e comunque prestazioni che la società non può obbligare i soci ad eseguire
88
I finanziamenti dei soci
n. 5 I finanziamenti dei soci
Necessaria delibera assembleare? L’operazione di finanziamento è un contratto di cui sono parti:
L’organo amministrativo Il socio finanziatore
Quindi 1. Titolo scritto necessario per: •
Precisare i termini contrattuali del finanziamento
•
Superare presunzioni fiscali (qualificazione, fruttuosità, etc)
“Accettazione” finanziamento con delibera C.d.a. Delibera assembleare opportuna ma non necessaria
n. 6 I finanziamenti dei soci
IPOTESI TESTO DELIBERA di
accettare la proposta dei soci, e così di ricevere un € ................................................. come comunicato dal Presidente;
finanziamento
di
di regolare il finanziamento secondo le seguenti condizioni Durata................. Interessi (o eventuale previsione di non fruttuosità)............. Rimborso............. Alle ore .............., null'altro essendovi a deliberare e più nessuno chiedendo la parola il Presidente dichiara sciolta l'Assemblea previa lettura ed approvazione del presente verbale. IL SEGRETARIO
IL PRESIDENTE
I finanziatori - ............................................ - ............................................
89
n. 7 Interessi e obbligazioni e diversi
FINANZIAMENTI DEI SOCI AI SOGGETTI IRES Si intendono date a mutuo (art. 46 Tuir) Gli interessi si presumono percepiti alla scadenza e nella misura pattuita per iscritto (art. 45 Tuir) Per evitare la presunzione di fruttuosità è necessario iscrivere nei bilanci e nei rendiconti i versamenti a fondo perduto o ad altro titolo diverso dal mutuo. Inoltre, è importante dare evidenza contabile anche di eventuali rinunce alla percezione da parte dei soci
n. 8 I finanziamenti dei soci
FINANZIAMENTI SOCI - ASPETTI FISCALI Operano due presunzioni: 1. Art. 46 co. 1 Tuir - in ordine alla natura del versamento operato dal socio 2. Art. 45 co. 2 Tuir - in relazione: a) Alla fruttuosità b) Alla misura del tasso di interesse c) Alla maturazione e percezione degli interessi
90
I finanziamenti dei soci
n. 9 I finanziamenti dei soci
IN ORDINE ALLA NATURA Il versamento si qualifica come mutuo se dal bilancio non risulta eseguito ad altro titolo Anche fiscalmente vale la qualificazione di finanziamento se il versamento è appostato in:
Voce D.3 passivo stato patrimoniale Debiti v/soci per finanziamenti
n. 10 I finanziamenti dei soci
IN ORDINE ALLA FRUTTUOSITÀ ETC L’esistenza del titolo vince le presunzioni dell’art. 45 co. 2, in particolare quella base, cioè relativa alla fruttuosità Il titolo può essere • Scambio corrispondenza commerciale • Delibera assembleare • Contratto vero e proprio Debole soluzione dell’indicazione in bilancio di “finanziamento infruttifero”
91
n. 11 I finanziamenti dei soci
FISCALITÀ DEL PERCETTORE • Persona fisica non imprenditore a) Reddito di capitale b) Ritenuta di acconto 12,5% (20%)
• Soggetto imprenditore a) Componente del reddito d’impresa b) Nessuna ritenuta di acconto
92
IL RECESSO DEL SOCIO Rappresentazione schematica *
a cura di Alessandro Corsini
n. 1 Il recesso del socio
RECESSO RECESSO ATIPICO ATIPICO
RECESSO RECESSO TIPICO TIPICO
unreddito redditodiverso diverso ÈÈun
ÈÈun unreddito redditodi dicapitale capitale
Normale determinazione base imponibile
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
DUE POSSIBILI TIPOLOGIE DI REDDITO
Segue
n. 2 Il recesso del socio
SONO NECESSARI 4 PASSAGGI Art. 47 co. 7 TUIR
*
1.
Criteri di determinazione valore imponibile
2.
Determinazione del costo fiscalmente riconosciuto
3.
Rilevanza provenienza somme da recesso (?)
4.
Eventuale applicazione ritenute
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
93
n. 3 Il recesso del socio
DETERMINAZIONE IMPONIBILE
Reddito è dato da
Differenza positiva tra somma ricevuta, o valore normale del bene assegnato, e prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate
n. 4 Il recesso del socio
DETERMINAZIONE COSTO FISCALMENTE RICONOSCIUTO Prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate
Determinazione con regole proprie capital gain Ma attenzione a casistica derivante da rideterminazione valore partecipazioni
94
Il recesso del socio
n. 5
PROVENIENZA SOMME Irrilevante se
1. 2.
Somme provenienti da riserve di utili Somme provenienti da riserve di capitale
In ogni caso considerato simile a dividendo (non è evento realizzativo)
n. 6
CONFRONTO CON CESSIONE (RECESSO ATIPICO) DIVIDENDO
PNQ PQ
PLUSVALENZA
Tassabile 100% al 12,5% (20%) Tassabile
49,72%
progressiva
Irrilevanti Irrilevanti componenti componenti negativi negativi
in
Tassabile 100% al 12,5% (20%)
forma Tassabile 49,72% in forma progressiva
Rilevanti Rilevanti componenti componenti negativi negativi
95
n. 7 Il recesso del socio
APPLICAZIONE RITENUTE Art. 27 c. 1-bis 600/73
Ritenuta imposta 12,5% (20%) su somme erogate in caso di recesso (partecipazione non qualificata)
Non distingue se riserve utili - capitale
n. 8 Il recesso del socio
ESEMPIO • Valore di recesso • Costo fiscalmente riconosciuto • Base imponibile 1. Partecipazione non qualificata 1.250 x 12,5% (20%)
96
1.500 250 1.250 2. Partecipazione qualificata 1.250 x 49,72% x aliquota marginale
Il recesso del socio
n. 9 Il recesso del socio
SONO NECESSARI 3 PASSAGGI 1. 2. 3.
Criteri di determinazione valore imponibile Determinazione del costo fiscalmente riconosciuto Rilevanza provenienza somme da recesso (!)
n. 10
PROVENIENZA SOMME Rilevante se 1.
Somme provenienti da riserve di utili
2.
Somme provenienti da riserve di capitale
3.
Si ha participation exemption
4.
Non si ha participation exemption
97
n. 11 1. Somme provenienti da riserve di utili
DIVIDENDO 1. Non rileva caratura partecipazione 2. Imponibile 49,72% soggetti Irpef (art. 59 TUIR) 3. Imponibile 5% soggetti Ires (art. 89 TUIR)
n. 12 Il recesso del socio
2. Somme provenienti da riserve di capitale
Plusvalenze Art. 86 co. 5 bis – art. 87 co. 6
98
Pex Pex
No Pex Pex No
Esente Esente95% 95%
Imponibile Imponibile
differenza differenzatra trasomma sommaricevuta ricevutaee costo costofiscalmente fiscalmentericonosciuto riconosciuto
differenzatra trasomma sommaricevuta ricevutaee differenza costofiscalmente fiscalmentericonosciuto riconosciuto costo
Il recesso del socio
n. 13
2. Somme provenienti da riserve di capitale
Minusvalenze Pex Pex
No Pex Pex No
Indeducibile Indeducibile
Deducibile Deducibile
differenza differenzatra trasomma somma eecosto costo fiscalmente fiscalmentericonosciuto riconosciuto
differenzatra trasomma somma eecosto costo differenza fiscalmentericonosciuto riconosciuto fiscalmente
99
INTERESSI, OBBLIGAZIONI E REDDITI DIVERSI COLLEGATI AL CAPITALE Rappresentazione schematica *
a cura di Maurizio Tozzi
n. 1
LA TASSAZIONE AL 20%
Redditi Redditidi dicapitale capitale
Redditidiversi diversi Redditi
interessi, interessi,premi premieeogni ognialtro altroprovento provento considerabile considerabilereddito redditodi dicapitale capitaleaiai sensi sensidell’articolo dell’articolo44 44del delTuir Tuir(tra (tragli gli altri, gli interessi su depositi bancari, altri, gli interessi su depositi bancari,i i mutui, mutui,i ititoli titoliobbligazionari, obbligazionari,ossia ossia redditi collegati redditi collegatiall’impiego all’impiegodel del capitale) capitale)
redditidiversi diversidi dinatura naturafinanziaria finanziaria redditi elencati dalle lettere da c-bis)aac-celencati dalle lettere da c-bis) quinquies)del delcomma comma11dell’articolo dell’articolo67 67 quinquies) del Tuir, ossia collegati all’utilizzo del Tuir, ossia collegati all’utilizzo (scambio)del delcapitale capitale (scambio)
n. 2 Interessi e obbligazioni e diversi
ESONERATI DA INCREMENTO AL 20% Obbligazioni e altri titoli di Stato Obbligazioni emessi da Paesi White list Risultato netto maturato dalle forme di previdenza complementare L’imposta sostitutiva sui risultati dei fondi pensione italiani resta all’11%
*
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
100
Interessi, obbligazioni e redditi diversi collegati al capitale
n. 3
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
Interessi e obbligazioni e diversi
ENTRATA IN VIGORE TAX 20% Interessi, premi ed altri reddito di cui all’art. 44 Tuir
Divenuti esigibili a decorrere dal 1° gennaio 2012
Obbligazioni e titoli similari emessi da grandi emittenti
Interessi maturati a partire dal 1° gennaio 2012
Redditi diversi derivanti dall’utilizzo del capitale
Redditi realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2012
n. 4 Interessi e obbligazioni e diversi
MINUSVALENZE minusvalenze, perdite e differenziali negativi, riferiti ai redditi diversi riguardanti l’utilizzo del capitale, realizzati fino al 31 dicembre 2011, saranno portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi della stessa specie, realizzati successivamente, per una quota pari al 62,50% del loro ammontare
101
n. 5 Interessi e obbligazioni e diversi
INTERESSI E OBBLIGAZIONI Lett. a), c. 1, Art. 44 Tuir: gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti. Lett. b), c. 1, Art. 44 Tuir: interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari e degli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, nonché dei certificati di massa Lett. h), c. 1, Art. 44 Tuir: interessi e altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l'impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.
n. 6 Interessi e obbligazioni e diversi
FINANZIAMENTI DEI SOCI AI SOGGETTI IRES Si intendono date a mutuo (art. 46 Tuir) Gli interessi si presumono percepiti alla scadenza e nella misura pattuita per iscritto (art. 45 Tuir) Per evitare la presunzione di fruttuosità è necessario iscrivere nei bilanci e nei rendiconti i versamenti a fondo perduto o ad altro titolo diverso dal mutuo. Inoltre, è importante dare evidenza contabile anche di eventuali rinunce alla percezione da parte dei soci
102
Interessi, obbligazioni e redditi diversi collegati al capitale
n. 7 Interessi e obbligazioni e diversi
REDDITI DIVERSI DA CONSIDERARE PER L’AFFRANCAMENTO lettera c-ter), c. 1, art. 67 Tuir: Plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di titoli non rappresentativi di merci e certificati di massa, di valute rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi e di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo lettera c-quater), c.1, art. 67 Tuir: Redditi derivanti da contratti derivati e da altri contratti a termine di natura finanziaria Lettera c-quinquies). c. 1, art. 67 Tuir: Plusvalenze ed altri proventi realizzati mediante la cessione di crediti pecuniari, rapporti produttivi di redditi di capitale e strumenti finanziari, nonche' redditi derivanti da contratti aleatori
103
CAPITAL GAIN Rappresentazione schematica *
a cura di Norberto Villa
n. 1
QUALIFICATO VS NON QUALIFICATO 1. Con un’unica cessione si vende una partecipazione che rappresenta il 40% del capitale: trattasi di cessione di partecipazione qualificata 2. Con un unica cessione si vende una partecipazione che rappresenta il 15% del capitale: trattasi di cessione di partecipazione non qualificata 3. Con una prima cessione si cede il 15% del capitale e successivamente con un atto separato si cede nel medesimo anno un ulteriore 15%: trattasi di cessione di partecipazione qualificata del 30%
n. 2
INCASSO DILAZIONATO Costo della partecipazione Prezzo di cessione Pagamento anno X Pagamento anno x+1
1.000 3.000 1.000 2.000
In tal caso il costo rilevante in ogni annualità è dato da questo calcolo: Anno x 1.000 x (1.000/3.000) = 333 Anno x 1.000 x (2.000/3.000) = 666 Da qui il calcolo della plusvalenza nelle due annualità: Anno x 1.000 – 333 = Anno x + 2 2.000 – 666 =
*
666 1. 333
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
104
Capital gain
n. 3
DISCIPLINA 2011
PERSONE FISICHE
SOCIETA’ DI PERSONE’
SOCIETA’ DI PERSONE
Partecipazione non qualificata Partecipazione non qualificata
12,5%
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
REGIMI A CONFRONTO: CAPITAL GAIN DISCIPLINA 2012 20%
E’ tassato il 49,72%
IDENTICO
Partecipazione qualificata o non qualificata
49,72%
IDENTICO
Partecipazione qualificata o non qualificata
esclusi dalla formazione del reddito per il 95%
IDENTICO
n. 4
CAPITAL GAIN SU PARTECIPAZIONE NON RESIDENTE
105
n. 5
REGIME DELLE MINUSVALENZE
Possibilità di scomputo negli anni successivi (non oltre il quarto): obbligo di indicazione in dichiarazione Possibile utilizzo solo con plus della stessa natura Le minus non qualificate realizzate entro il 31.12.2011 si scomputano per il 62,5%
n. 6
Novità: solo per le plusvalenze realizzate dal 1.1.2012 Cessione a titolo oneroso di una partecipazione non qualificata perfezionata antecedentemente al 1 gennaio 2012: la plusvalenza (o minusvalenza) deve essere assoggettata a imposizione al 12,5%) anche se il corrispettivo sarà percepito nel 2012 Cessione a titolo oneroso di una partecipazione non qualificata perfezionata dal 1 gennaio 2012: anche gli acconti eventualmente percepiti nel 2011 sono soggetti alla nuova disciplina (tassazione al 20%)
106
L’AFFRANCAMENTO DELLE PARTECIPAZIONI NON QUALIFICATE Rappresentazione schematica a cura di Paolo Meneghetti*
n. 1
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
AFFRANCAMENTO COMMI. 29 E 30 Significato: rideterminare il valore della partecipazione Sulla base di metodi diversi ottenendo il riconoscimento Fiscale tramite versamento di imposta sostitutiva sulla Differenza tra costo originario e costo rideterminato
AGLI EFFETTI DELLA DETERMINAZIONE DI PLUSVALENZE MINUSVALENZE di cui all’articolo 67 del Tuir >l’affrancamento non vale per il reddito da capitale es. recesso)
n. 2
AFFRANCAMENTO COMMI. 29 E 30 AGLI EFFETTI DELLA DETERMINAZIONE DI PLUSVALENZE MINUSVALENZE: Due possibili interpretazioni
Il nuovo valore rileva al fine di Determinare in caso di futura Cessione sia plus che minus
*
L’affrancamento può determinare Sia plus che minus
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
107
n. 3
AFFRANCAMENTO COMMI. 29 E 30 È possibile sostituire il valore fiscalmente riconosciuto (costo o valore all 1.7.1998) con il valore della partecipazione al 31.12.2011 la determinazione del valore è rimessa ad un decreto di futura emanazione Possibili metodi:
Valore contabile all’ultimo bilancio Approvato prima del 31.12.2011 Quindi quello al 31.12.2010 (plus latenti rimangono tali)
Valore peritale ( plus latenti divengono patenti)
n. 4
AFFRANCAMENTO COMMI. 29 E 30 a condizione che: si esegua opzione per determinazione di plus e minus al 31.12.2011 si versi imposta sostitutiva del 12,5% (Eventualmente dovuta!!!)
108
L’affrancamento delle partecipazioni non qualificate
n. 5
AFFRANCAMENTO COMMI. 29 E 30
Il perimetro: TUTTE LE PARTECIPAZIONI NON QUALIFICATE DETENUTE
n. 6
AFFRANCAMENTO COMMI. 29 E 30 Sembra possibile eseguire opzione anche per chi detiene partecipazioni qualificate limitatamente alla parte non qualificata, da ciò conseguirebbe una segmentazione del costo fiscalmente riconosciuto: per la parte non qualificata il nuovo valore al 31.12.2011 per la parte qualificata il costo di acquisto in questa direzione si veda la ris. 37/e/2002
109
n. 7
AFFRANCAMENTO COMMI. 29 E 30
OPZIONE DEVE RIGUARDARE TUTTI I TITOLI DETENUTI (da chiarire in merito alla partecipazioni qualificate affrancate per la quota non qualificata) Sia nel regime della dichiarazione (detenzione diretta) sia nel regime del risparmio amministrato) L’OBBLIGO NON SI ESTENDE ALLA PARTECIPAZIONI APPARTENENTI A DIVERSI COMPARTI (RISPARMIO AMMINISTRATO/REGIME DELLA DICHIARAZIONE)
n. 8
AFFRANCAMENTO Partecipazioni detenute direttamente Cronologia adempimenti 1) Determinare il nuovo valore della partecipazione al 31.12.2011 2) Confrontare il nuovo valore con il costo precedentemente riconosciuto dal punto di vista fiscale determinando così il differenziale plusvalente o minusvalenze. 3) Nel caso di differenziale plusvalente optare per la tassazione di tale plusvalenza tramite imposta sostitutiva del 12,5%. L’opzione verrà eseguita nella dichiarazione dei redditi modello Unico 2012 4) Versare l’imposta sostitutiva del 12,5% nel termine previsto per il versamento delle imposte sui redditi del modello Unico 2012
110
L’affrancamento delle partecipazioni non qualificate
n. 9
AFFRANCAMENTO Partecipazioni detenute in regime di risparmio amministrato Cronologia adempimenti 1) Determinare il nuovo valore della partecipazione al 31.12.2011 (intermediario) 2) Confrontare il nuovo valore con il costo precedentemente riconosciuto dal punto di vista fiscale determinando così il differenziale plusvalente o minusvalenze. (intermediario) 3) Nel caso di differenziale plusvalente optare per la tassazione di tale plusvalenza tramite imposta sostitutiva del 12,5%. L’opzione verrà eseguita entro il 31.3.2012 4) Versare la provvista finanziaria per il versamento dell’imposta sostitutiva all’intermediario il quale la deve versare entro il 16.5.2012
n. 10
AFFRANCAMENTO partecipazioni QUESTIONI DA RISOLVERE
utilizzo in compensazione con altre plusvalenze emerse con Affrancamento (non possibile nell’affrancamento Del 1998)
utilizzo in compensazione con plusvalenze realizzate successivamente su altre partecipazioni non qualificate (limitatamente al 62,5%)
111
n. 11
AFFRANCAMENTO partecipazioni QUESTIONI DA RISOLVERE
diminuzione tramite minusvalenze realizzate precedentemente, sia nel periodo d’imposta 2011, sia in periodi d’imposta precedente ma nel limite del riporto quinquennale della minusvalenza. In tal caso logica vorrebbe che la minusvalenza fosse utilizzabile al 100% del suo ammontare.
n. 12
AFFRANCAMENTO partecipazioni ESEMPIO: Partecipazioni non qualificata costo pari a € 40.000, valore al 31.12.2011 € 90.000, viene ceduta nel 2012 per € 100.000
Con affrancamento: 90.000 meno 40.000 x 12,5% = 6.250 Capital gain alla cessione nel 2012 100.000 meno 90.000 x 20% = 2000 > totale = 8.250
112
Senza affrancamento: Capital gain alla cessione nel 2012 100.000 meno 40.000 x 20% = 12.000
L’affrancamento delle partecipazioni non qualificate
n. 13
MINUSVALENZE REALIZZATE ANTE 2012 • In base al comma 28, la minus ante 2012 può essere utilizzata in diminuzione di plus realizzate dal 2012, all’interno della massa delle non qualificate
Ma in questo caso l’ammontare computabile E’ solo il 62,5% della minusvalenza 62,5% è il quoziente tra 12,5/20
n. 14
RATIO DELLA NORMA • Inserire un aggravio tributario anche nel caso in cui la plusvalenza post 2011 sia oggetto di riduzione tramite minusvalenza
Ma dal punto di vista matematico nascono perplessità, infatti:
113
n. 15
CONFRONTO TRA VECCHIO E NUOVO REGIME 2011 Plus 1000 meno minus 800 = 200 x 12,5% = 25 2012 plus 1000 meno minus 800 = 200 x 20% = 40 Minus 2011/plus 2012 1000 meno (800 x 62,5%) = 500 x 20 % = 100 ???
n. 16 RIVALUTAZIONI A CONFRONTO DL 138/2011
114
DL 70/2011
Partecipazioni
Solo non qualificate detenute al 31.12.2011
Perimetro
Tutte le partecipazioni
A scelta
Base imponibile
Plusvalenze latenti (vedi regolamento)
Valore normale (perizia) della partecipazione
Scomputo minusvalenze
Si (?)
No
Imposta
12,5%
2% (per le non qualificate)
Qualificate e non qualificate detenute al 01.07.2011
L’affrancamento delle partecipazioni non qualificate
n. 17
ESEMPIO VALUTAZIONE DI CONVENIENZA • Tizio detiene una partecipazione non qualificata il cui costo è pari a € 100.000. E’ prevista una cessione della stessa nel 2012 al presunto corrispettivo di € 150.000
• Affrancamento: ipotizzando che il valore al 31.12.2011 sia assumibile tramite perizia per € 150.000 si avrebbe un costo pari a: • 150.000 meno 100.000 x 12,5% = 6250
• Rivalutazione: ipotizzando che il valore al 1.7.2011 tramite perizia sia già € 150.000 si avrebbe un costo pari a: • 150.000 x 2% = 3.000
n. 18
ESEMPIO VALUTAZIONE DI CONVENIENZA • Tizio detiene una partecipazione non qualificata il cui costo èpari a € 100.000. E’ prevista una cessione della stessa nel 2012 al presunto corrispettivo di € 110.000
• Affrancamento: ipotizzando che il valore al 31.12.2011 sia assumibile tramite perizia per € 110.000 si avrebbe un costo pari a: • 110.000 meno 100.000 x 12,5% = 1.250
• Rivalutazione: ipotizzando che il valore al 1.7.2011 tramite perizia sia già € 110.000 si avrebbe un costo pari a: • 110.000 x 2% = 2.200
115
IL COSTO DELLA PARTECIPAZIONE Rappresentazione schematica a cura di Paolo Meneghetti*
n. 1
VALORE FISCALMENTE RICONOSCIUTO DELLA PARTECIPAZIONE Persona fisica detiene partecipazione in società di capitali
Costo partecipazione = costo di acquisto incrementato di ogni onere inerente, o costo di sottoscrizione
n. 2 Conferimento in denaro
PROBLEMATICHE NELLA DETERMINAZIONE DEL COSTO DELLA PARTECIPAZIONE • Al lordo di oneri accessori: quali? • Circ. 54/2002 : imposte indirette, spese notarili, spese commercialistiche, commissioni … • Se oneri accessori sono sostenuti dal cedente abbattono la plusvalenza (Circ. 10/2006) e in caso di pex sono deducibili al 5%
*
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda .giornata del Master Breve 2011/2012 – Area aggiornamento)
116
Il costo della partecipazione
n. 3 Conferimento in denaro
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
PROBLEMA DEL CAPITALE SOCIALE SOTTOSCRITTO MA PREZZO NON VERSATO Conferente persona fisica Versamento minimo 25% capitale sottoscritto ovvero 100% se trattasi di società unipersonale Versamento sostituibile con polizza assicurativa o fidejussione Caso 1) Tizio sottoscrive capitale di € 5.000 ma versa solo € 1.250. La partecipazione viene ceduta a Caio per € 5.000 (operazione è possibile ai sensi dell’articolo 2472 C.C. che afferma la responsabilità solidale dell’alienante sui versamenti dovuti per tre anni successivi al trasferimento) Si ritiene che la cessione determini un capital gain pari a 3750 € Motivazione: Articolo 68 comma 6 definisce costo riconosciuto il costo di acquisto Articolo 47 comma 7 (problematica simile del recesso) cita chiaramente prezzo pagato per l’acquisto la sottoscrizione
n. 4
ACQUISIZIONE A TITOLO GRATUITO • Successione: valore dichiarato ai fini imposta di successione > articolo 16 D.L. 346/90 > valore contabile, il che comporta che sia disconosciuto il costo rilevante in capo al de cuius ( sia prezzo di acquisto sia valore rivalutato) • Eccezione: partecipazioni esenti da imposta di successione per i quali si applica il valore normale ( es partecipazioni trasferite per effetto di patti di famiglia)
117
n. 5
ACQUISIZIONE A TITOLO GRATUITO • Donazione: stesso valore fiscalmente riconosciuto in capo al donante, il che comporta che sia riconosciuto il costo rilevante in capo al donante ( sia prezzo di acquisto sia valore rivalutato)
n. 6
COSTO PARTECIPAZIONE E AUMENTI GRATUITI DI CAPITALE • Costo originario non cambia, ma va ripartito in base al numero più elevato delle partecipazioni ( art. 68, comma 6 del Tuir)
118
Il costo della partecipazione
n. 7
PARTECIPAZIONI IN SOCIETÀ DI PERSONE • Costo partecipazione e’ incrementato degli utili attribuiti al socio per trasparenza e diminuito di quelli distribuiti e delle perdite imputate per trasparenza • Problematica determinazione per società in contabilità semplificata • Utili non imputati per trasparenza non incrementano costo partecipazione, se distribuiti non lo decrementano
n. 8 Conferimento in denaro
COSTO DELLA PARTECIPAZIONE IN CONSEGUENZA DI RIVALUTAZIONE CUI SEGUE SCISSIONE
• Caso: La società A svolge attività industriale utilizzando un opificio di proprietà. Il valore del patrimonio sociale è formato, per semplicità, da beni strumentali per l’attività industriale che contabilmente valgono 50 e dall’immobile che vale, sempre contabilmente, altrettanto 50. I soci persone fisiche decidono di rivalutare le partecipazioni sulla base di una perizia che conferma il valore dei beni strumentali per 50 mentre l’immobile e’ valutato 550. Pertanto viene versata una imposta per rivalutare le partecipazioni di 500. Le partecipazioni assumono un valore riconosciuto di 100 (iniziale) più 500 (rivalutazione), cioè 600. A questo punto si decide di scindere la parte operativa da quella immobiliare. Alla beneficiaria B viene trasferito un patrimonio di 50 pari alla meta del netto contabile della società, con attribuzione ai soci, pro-quota delle partecipazioni.
119
n. 9 Conferimento in denaro
COSTO DELLA PARTECIPAZIONE IN CONSEGUENZA DI RIVALUTAZIONE CUI SEGUE SCISSIONE • • • • • •
Valore delle partecipazioni secondo Circ. 98/2000 Società operativa > partecipazioni = 300 Società immobiliare > partecipazioni = 300 Valore Partecipazioni secondo tesi alternativa Società operativa > partecipazioni = 50 Società immobiliare > partecipazioni = 550
n. 10 Conferimento in denaro
PROBLEMATICHE NELLA DETERMINAZIONE DEL COSTO DELLA PARTECIPAZIONE • CONFERIMENTI O SCISSIONI NEGATIVE ESEMPIO: La società Alfa srl detiene un immobile iscritto al valore di € 500.000 più altre attività per € 100.000. Nel passivo risultano debiti per € 400.000 capitale sociale per € 100.000. Nell’eseguire in conferimento viene trattenuto l’immobile nella società Alfa, facendo emergere, contestualmente un avviamento per € 350.000. Quindi il valore del ramo d’azienda conferito è pari a 450.000 meno 400.000,. cioè € 50.000. La conferitaria si costituisce con un capitale sociale di € 50.000. Eseguito il conferimento la conferente presenta nell’attivo patrimoniale l’immobile per € 400.000, la partecipazione per € 50.000 , capitale sociale per € 100.000 e una riserva da conferimento per € 350.000.
120
Il costo della partecipazione
n. 11 Conferimento in denaro
PROBLEMATICHE NELLA DETERMINAZIONE DEL COSTO DELLA PARTECIPAZIONE • •
Questioni correlate: Costo della partecipazione In caso di conferimento se la partecipazione non assume valore negativo si genera un salto di imposta Poniamo che la partecipazione nell’esempio sopra citato venga ceduta per € 10.000. Se si assume il costo della partecipazione pari a zero si avrebbe una plusvalenza di € 10.000, mentre in realtà se si fossero cedute attività per € 100.000 e passività per € 400.000 al valore di € 10.000 si sarebbe conseguita una plusvalenza di 310.000. Per evitare il salto di imposta non resta che ipotizzare che anche la plusvalenza per cessione della partecipazione sia di € 310.000 il che comporta l’assunzione di un valore di costo negativo per € 300.000.
•
•
n. 12 Conferimento in denaro
PROBLEMATICHE NELLA DETERMINAZIONE DEL COSTO DELLA PARTECIPAZIONE • •
•
•
Questioni correlate: Costo della partecipazione ma nel caso di scissione In caso di scissione il costo globale della partecipazioni in capo ai soci della scindenda deve essere uguale al costo complessivo della partecipazioni in capo ai soci della scissa e della beneficiaria In tal caso se il costo complessivo fiscale delle partecipazioni è 100.000, per applicare il principio di proporzionalità (Circ. 98/2000) sembra preferibile valutare l’entità economica del patrimonio trasferito rispetto al patrimonio economico totale e assegnare alle partecipazioni trasferite detto valore, più che assegnare valore negativo alle partecipazioni trasferite. Differenza tra scissione e conferimento è che nella scissione le partecipazioni esistono già e sono solo da separare mentre nel conferimento la partecipazione nasce contabilmente con l’operazione.
121
D.L. 70/2011 – RIDETERMINAZIONE VALORI TERRENI E PARTECIPAZIONI Rappresentazione schematica *
a cura di Alessandro Corsini e Paolo Meneghetti
n. 1
DECRETO LEGGE 70 – 2011 (decreto sviluppo)
Possesso
Redazione perizia
1.7.2011
30.06.2012
30.06.2013
30.06.2014
Versamento imposta (1° rata)
Versamento 2° rata
Versamento 3° rata
Interessi Interessi3% 3%
n. 2
MISURA IMPOSTA SOSTITUTIVA Terreni Terreni Partecipazioni Partecipazioniqualificate qualificate
4%
Partecipazioni Partecipazioni nonqualificate qualificate non
2% Su valore di perizia
*
Pezzo aggiornato al 28/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
122
D.L. 70/2011 – Rideterminazione valori terreni e partecipazioni
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
n. 3
PERFEZIONAMENTO • Circ. 47/11 > Versamento della prima o unica rata, in caso di versamento rateizzato l’omesso versamento delle successive rate non inficia la rivalutazione ma comporta iscrizione a ruolo
• Quindi versata la prima rata la scelta di rivalutare diviene irrevocabile
n. 4
LA PERIZIA • Circ. 47/11 > E’ da riferire alla data del 1.7.2011, quindi nel caso delle partecipazioni la rideterminazione del valore tramite affrancamento permette di considerare anche incrementi tra il 1.7.2011 ed il 31.12.2011 • Il costo della perizia è deducibile dalla società se da questa commissionata in cinque quote annuali costanti, mentre incrementa il costo del bene se è commissionata dal socio
123
n. 5
TEMPISTICA DELLA PERIZIA • Per le partecipazione gestite in regime della dichiarazione al perizia può essere successiva alla cessione • Per i terreni la perizia deve essere antecedente la cessione (contro CTR Piemonte 87/10)
n. 6 Rideterminazione valori terreni partecipazioni
CONVENIENZA Terreni non edificabili - Opzione per sostitutiva 20% Punto di pareggio plusvalenza pari al 25% del costo
124
Tassazione ordinaria
Rivalutazione
25 x 20% = 5
125 x 4% = 5
30 x 20% = 6
130 x 4% = 5,2
D.L. 70/2011 – Rideterminazione valori terreni e partecipazioni
n. 7
CONVENIENZA Terreni edificabili Imponibile pieno • Corrispettivo – costo di acquisto + Istat • tassazione separata Calcolo di convenienza deve considerare imposizione effettiva
n. 8
CONVENIENZA Partecipazioni non qualificate – regime attuale
Plusvalenza a partire dal 20% rispetto a costo d’acquisto rende già conveniente rivalutazione
Tassazione ordinaria
Rivalutazione
20 x 12,5% = 2,5
120 x 2% = 2,4
30 x 12,5% = 3,75
130 x 2% = 2,6
125
n. 9
CONVENIENZA Partecipazioni non qualificate – regime da 1.1.2012 Plusvalenza a partire dall’11% rispetto a costo d’acquisto rende già conveniente rivalutazione Tassazione ordinaria
Rivalutazione
11 x 20% = 2,2
111 x 2% = 2,22
15 x 20% = 3
115 x 2% = 2,3
n. 10 Rideterminazione valori terreni partecipazioni
CONDIZIONI E CONVENIENZA Partecipazioni qualificate (cessione dal 2009) Punto di pareggio con plusvalenza circa 25% del costo Esempio Costo 100 - valore 125 25 x 49,72% x 43% = 5,3
126
125 x 4% = 5
D.L. 70/2011 – Rideterminazione valori terreni e partecipazioni
n. 11 Rideterminazione valori terreni partecipazioni
TERRENI – CASI PARTICOLARI R.M. 395/E del 22.10.2008: Se è ceduto un fabbricato inserito in area di recupero che ne prevede la demolizione futura, oggetto della cessione è in realtà un’area edificabile
Tassazione Tassazionedella dellacessione cessionein inogni ogni
Possibilitàdi dirivalutare rivalutareililbene bene–– Possibilità
caso caso
areaedificabile edificabile area
n. 12
TERRENI – CASI PARTICOLARI Art. 2645 bis C. C.: si intende esistente l'edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e sia stata completata la copertura R.M. 23/E/09: Il fabbricato al rustico non rappresenta un immobile se non ha raggiunto la copertura del tetto per cui esso deve intendersi fino a quel momento area edificabile e quindi rivalutabile
127
n. 13 Rideterminazione valori terreni partecipazioni
TERRENI RICEVUTI IN DONAZIONE O SUCCESSIONE • AREE LOTTIZZATE - art. 68, c. 2 Tuir: valore normale al momento di inizio lottizzazione • AREE EDIFICABILI - art. 68, c. 2 Tuir: si assume come costo quello rilevante di fini della denuncia di successione o donazione (valore normale)
Verificare Verificareeffettiva effettivaconvenienza convenienzaalla allarivalutazione rivalutazione
n. 14
PARTECIPAZIONI RICEVUTE IN DONAZIONE O SUCCESSIONE • Successione - art. 68, c. 6 Tuir: valore rilevante ai fini imposta successione dato da art. 16 D.L. 346/90 – valore contabile il costo ereditato può essere inferiore rispetto al costo riconosciuto in capo al de cuius (irrilevanti le rivalutazioni del de cuius)
• Donazione: si assume come costo quello del donante rilevanti le rivalutazioni del donante
128
D.L. 70/2011 – Rideterminazione valori terreni e partecipazioni
n. 15
PARTECIPAZIONI RICEVUTE IN DONAZIONE O SUCCESSIONE Successioni ante 3.10.2006 Successioni da 3.10.2006 (titoli non esenti) Successioni (titoli esenti) Donazioni
Costo fiscalmente riconosciuto 1.Costo acquisto in capo al de cuius 2.Costo rivalutato Valore in dichiarazione di successione
Valore contabile
Valore normale Costo fiscalmente riconosciuto 1.Costo acquisto in capo al donante 2.Costo rivalutato
n. 16
TRASFERIMENTO DELLA RIVALUTAZIONE DALLE PARTECIPAZIONI AI BENI • IPOTESI: Alfa SNC detiene un immobile che presenta plusvalenza di € 400.000. Capitale sociale (e costo partecipazione) € 100.000. I soci di Alfa eseguono la rivalutazione pagando il 4% di 500.000 (valore riconosciuto 100.000 piu plusvalenza 400.000) cioè € 20.000. • A questo punto cedono le quote all’acquirente Beta SRL, senza capital gain. • Beta SRL ha partecipazioni in controllata per 500, mentre patrimonio contabile della controllata è pari a 100 > incorporazione con emersione di disavanzo da fusione > riallineamento con sostitutiva 12% • Costo globale dell’operazione = 20.000 + 48.000 = 68.000 • Costo plusvalenza da cessione 400.000 x 47% ( irpef/irap) = 188.000
129
n. 17
PRECEDENTI RIVALUTAZIONI Tesi precedente prassi Le imposte sostitutive precedenti non sono compensabili, quindi per partecipazioni rivalutate precedentemente possibile sovrapposizione Adempimenti Versamento integrale della nuova imposta, sospensione del pagamento della terza rate in corso e rimborso delle rate precedenti (anche in caso di rideterminazione inferiore R.M. 111/10)
n. 18 Rideterminazione valori terreni partecipazioni
LA NUOVA PREVISIONE Art. 7, co. 2, lett. ee) ff) gg) D.L. 70/2011
130
1.
Ammessa la compensazione tra imposta sostitutiva versata in occasione di precedente rivalutazione e imposta dovuta in occasione di nuova rivalutazione
2.
Non ammesso rimborso se primo versamento eccedente il secondo
D.L. 70/2011 – Rideterminazione valori terreni e partecipazioni
n. 19
LA NUOVA PREVISIONE Procedure ammesse: 1. Compensazione nuova imposta – vecchia imposta (eseguibile anche bloccando le rate residue della precedente rivalutazione 2010 – circ. 47/11) 2. Compensazione possibile anche senza eseguire la nuova rivalutazione ma utilizzando le rate ancora a debito della rivalutazione 2010 ( 31.102011 e 31.10.2012 – circ. 47/11) 3. Versamento nuova imposta e rimborso vecchia imposta - 48 mesi da versamento 4. Rimborso vecchia imposta - 12 mesi da entrata in vigore D.L. 70/2011 (14 maggio 2012, vale anche senza eseguire la nuova rivalutazione – circ. 47/11
n. 20
LA NUOVA PREVISIONE Partecipazione qualificata – rivalutata a 1000 nel 2010 – rivalutata a 1500 nel 2011 Versamento da eseguire = 20 1500 x 4% = 60 meno 1000 x 4% = 40
131
n. 21
NUOVO VALORE INFERIORE- CONSEGUENZE • Partecipazioni: cessione a corrispettivo inferiore a quello di perizia determina una minusvalenza indeducibile (art. 5, comma 6 L.448/2001) • Terreni: se il corrispettivo di cessione è inferiore al valore rivalutato ritorna valido il costo storico (circ. 81/2002)
n. 22
LA NUOVA PREVISIONE Terreno – rivalutato a 1000 nel 2010 - 1000 x 4% = 40 – valutato a 800 nel 2011 –
800 x 4% = 32
Versamento da eseguire = 0 No rimborso eccedenza di 8 Perizia necessaria per utilizzare il nuovo minor valore
132
D.L. 70/2011 – Rideterminazione valori terreni e partecipazioni
n. 23
PARTECIPAZIONI RICEVUTE IN SUCCESSIONE O DONAZIONE E D.L. 70/11 Successione 1. Discontinuità di valori tra de cuius ed erede 2. Necessaria pronuncia esplicita delle Entrate per legittimare la detrazione dalla nuova imposta sostitutiva pagata da erede dalla vecchia imposta sostitutiva pagata dal de cuius
n. 24
PARTECIPAZIONI RICEVUTE IN SUCCESSIONE O DONAZIONE E D.L. 70/11 Donazione – Continuità dei valori donante donatario e oggettività del valore rivalutato (R.M. 141/2003) – Legittimo (?) scontare da imposta versata da donatario quella versata da donante – Donante ha rivalutato da 50.000 a 100.000 versando 4% = 4000. – Donatario rivaluta a 150.000 = 150.000 x 4% = 6000 – 4000 = 2000
133
RIDETERMINAZIONE VALORE TERRENI E PARTECIPAZIONI Lo scomputo dell’imposta sostitutiva Rappresentazione schematica a cura di Lelio Cacciapaglia*
n. 1
DL N. 70/2011 – ART. 8 COMMA 2 D E T R A Z I O N E
• ee) i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, ovvero, dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, di cui agli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, qualora abbiano già effettuato una precedente rideterminazione del valore dei medesimi beni, possono detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata.
n. 2
Lett. ff) R I M B O R S O
*
• ff) i soggetti che non effettuano la detrazione di cui alla lettera ee) possono chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata, ai sensi dell’articolo 38 del DPR n. 602, e il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dalla data del versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata. L’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata
Pezzo aggiornato al 27/10/2011 (Seconda giornata del Master Breve 2011/2012 – Area approfondimento)
134
Rideterminazione valore terreni e partecipazioni. Lo scomputo dell’imposta sostitutiva
SUPPORTI OPERATIVI IN AULA
n. 3
Lett. gg) R I A P E R T U R A
• gg) le disposizioni di cui alla lettera ff) si applicano anche ai versamenti effettuati entro la data di entrata in vigore del presente decreto; nei casi in cui a tale data il termine di decadenza per la richiesta di rimborso risulta essere scaduto, la stessa può essere effettuata entro il termine di dodici mesi a decorre dalla medesima data.
n. 4
DETTAGLI • Scomputo imposta già versata: monitoraggio in Unico (elementi con apposito provvedimento) • Rimborso: non può eccedere quanto dovuto con la nuova rivalutazione • Rimborso: entro 4 mesi dalla data in cui si duplica il pagamento • Riapertura termini se il termine per il rimborso è prescritto: data ultima 13 maggio 2012
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La terza giornata del Master Breve – Area approfondimento, affronterà il seguente argomento:
Imprese ed energie rinnovabili: adempimenti e trattamento fiscale Secondo il seguente calendario: ALESSANDRIA
01 dicembre 2011
TRENTO
14 dicembre 2011
TORINO
01 dicembre 2011
VERONA
14 dicembre 2011
SAVONA
02 dicembre 2011
CATANIA
15 dicembre 2011
GENOVA
02 dicembre 2011
SASSARI
15 dicembre 2011
MILANO I^ed.
06 dicembre 2011
CAGLIARI
16 dicembre 2011
MODENA
06 dicembre 2011
ROMA
16 dicembre 2011
PESARO
07 dicembre 2011
FIRENZE
19 dicembre 2011
ANCONA
07 dicembre 2011
BOLOGNA
19 dicembre 2011
MILANO II^ed.
12 dicembre 2011
TREVISO
20 dicembre 2011
CREMONA
13 dicembre 2011
PORDENONE
20 dicembre 2011
BRESCIA
13 dicembre 2011
PADOVA
21 dicembre 2011
BERGAMO
13 dicembre 2011
VICENZA
21 dicembre 2011
NAPOLI
14 dicembre 2011
Master Breve • Inviare i propri suggerimenti all’organizzazione. • Compilare le schede valutative relative ad ogni giornata e lasciare i propri commenti. • Inviare contributi, tavole, fac simili e altro materiale relativi alle tematiche trattate in aula
QUESITI: pre-aula: possibilità di inviare preventivamente i propri quesiti che verranno analizzati in aula. post-aula: raccolta degli audioquesiti più interessanti selezionati dal Comitato Scientifico Accedi all’area dedicata sul nostro sito www.euroconference.it – Master Breve
Per ulteriori informazioni telefonare allo 045/8201828 o consultare il sito www.euroconference.it
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