STORIA DEL DIRITTO E DELLE ISTITUZIONI SEZIONE III: MATERIALI
Direttore Mario Ascheri Comitato scientifico Paolo Alvazzi del Frate Roma
Patrick Arabeyre Paris
Eric Gojoss Poitiers
Faustino Martinez Martinez Madrid
Heinz Mohnhaupt Frankfurt/Main
Alessandro Attilio Negroni La Corte costituzionale all’Assemblea costituente
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Indice
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Introduzione
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Capitolo I Sui modelli statunitense, austriaco e italiano di controllo di costituzionalità delle leggi
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Capitolo II Una mappa delle discussioni dell’Assemblea costituente sull’istituzione della Corte costituzionale
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Capitolo III Sui motivi che favorirono l’istituzione della Corte costituzionale
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Bibliograa
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L’istituto della Corte costituzionale costituisce una delle più rilevanti novità introdotte dall’Assemblea costituente nell’ordinamento giuridico italiano1; finalità del presente contributo è quella di individuare le ragioni di carattere giuridico e politico che, nell’ambito dei lavori della Costituente, favorirono la scelta di prevedere l’esistenza di una Corte costituzionale in quanto giudice delle leggi, ossia dotata del potere di controllare la costituzionalità delle leggi, nella nuova Costituzione del 1948; in altre parole, 1
Si ricordi però che in Italia fin dal 1946 lo Statuto della Regione Sicilia istituì l’Alta corte per la Regione siciliana con il potere di controllare la legittimità costituzionale delle leggi regionali nei confronti dell’ordinamento statale e delle leggi statali rispetto allo Statuto regionale. L’Alta corte cessò ogni sua attività nel 1955 in conseguenza della mancata nomina di alcuni suoi componenti, deceduti o dimissionari, da parte del Parlamento. La Corte costituzionale con sentenza n. 38/1957 ritenne che la competenza dell’Alta corte fosse stata travolta dalla Costituzione e le sue funzioni di controllo di costituzionalità assorbite dalla Corte costituzionale stessa. Sulla vicenda dell’Alta corte cfr. C. CHIARELLI, V. CRISAFULLI, E. CROSA, G. GUARINO, F. PIERANDREI, A. TESAURO, P. VIRGA, Corte costituzionale ed Alta corte per la Regione siciliana, Napoli, Jovene, 1956 (estratto da “Rassegna di diritto pubblico”, n. 3, 1956); P. VIRGA, Alta corte per la Regione siciliana, in Enciclopedia del diritto, Milano, Giuffrè, 1958, p. 83 sgg. 7
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finalità del contributo è quella di far emergere dalle discussioni dei Costituenti le motivazioni che furono alla base della loro scelta di introdurre nel testo costituzionale un controllo di costituzionalità delle leggi e di affidarlo a un organo di nuova istituzione2. Le discussioni intorno alla Corte costituzionale si concentrarono pressoché sempre sulla sua funzione di giudice delle leggi, rispetto alla quale le altre sue competenze furono considerate come qualche cosa di meramente accessorio3; di conseguenza le ragioni fondamentali a favore 2
Per quanto la previsione della Corte costituzionale rappresenti una novità nell’ordinamento italiano, non si deve dimenticare che l’esigenza dell’istituzione di un organo di giustizia costituzionale venne avvertita già negli anni della crisi dello Stato liberale: nel 1925, anno della crisi più acuta, si ebbero importanti prese di posizione in tal senso. Il procuratore generale presso la cassazione Appiani, nel discorso tenuto il 5 gennaio 1925 per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, dopo aver deplorato che il potere giudiziario non avesse la facoltà di sindacare l’uso del decreto legge da parte del governo, auspicò che fosse attribuito alla suprema magistratura quello stesso potere di dichiarare nulli gli atti incostituzionali che il popolo più libero, quello degli Stati Uniti, conferisce alla Corte suprema; sempre nel gennaio del 1925, il leader socialista Filippo Turati, redigendo un programma per l’opposizione al regime, ritenne obiettivo necessario delle opposizioni «la convocazione di un organismo analogo alla Corte suprema americana, per l’annullamento di tutti gli atti del governo incostituzionali»; nello stesso anno anche il liberale Giovanni Amendola auspicò l’introduzione di un organo di giustizia costituzionale, ritenendo che la presenza di esso avrebbe potuto evitare o attenuare la crisi dello Stato liberale. Cfr. G. D’ORAZIO, La genesi della Corte costituzionale, Milano, Giuffrè, 1981, p. 25 sgg. 3 Costantino Mortati, tra i più autorevoli deputati alla Costituente, in un saggio del 1949 ebbe a esprimersi, significativamente, in tal modo: «Le altre due funzioni assegnate alla Corte, e cioè il giudizio sulle accuse contro il presidente della Repubblica ed i ministri e l’altro sui conflitti di attribuzioni, rivestono un evidente carattere accessorio rispetto a quella finora esaminata [il controllo di costituzionalità delle
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dell’introduzione della Corte costituzionale, ma invero anche le posizioni contrarie a tale organo, furono sempre connesse alla questione del controllo di costituzionalità delle leggi. A esprimere le ragioni dell’istituzione della Corte costituzionale, o comunque a occuparsi più direttamente di tale organo, furono docenti universitari come Gaspare Ambrosini, Piero Calamandrei, Giuseppe Codacci Pisanelli, Giorgio La Pira, Giovanni Leone, Costantino Mortati, Aldo Moro, Tomaso Perassi, Egidio Tosato; alti magistrati come Aldo Bozzi e Meuccio Ruini; avvocati come Salvatore Mannironi, Ottavio Mastrojanni, Paolo Rossi, Ferdinando Targetti. Si noti che in Assemblea costituente la presenza della cultura giuridica fu rilevante: avvocati, magistrati e laureati in giurisprudenza rappresentarono circa il 40 percento dei deputati, e a questi si devono aggiungere quaranta docenti universitari, in maggioranza specialisti di materie giuridiche4. Da un punto di vista politico, si può ricordare come fu lo schieramento cattolico a sostenere con decisione la previsione di una Corte costituzionale nella nuova Costituzione, uno schieramento in cui peraltro militavano numerosi insigni giuristi e la cui consistenza in Assemblea costituente era notevole, essendo la Democrazia cristiana il partito di maggioranza relativa5. leggi]» (C. MORTATI, La Corte costituzionale e i presupposti per la sua vitalità, in “Iustitia”, n. 8-9, 1949, ora in Id., Raccolta di scritti, III, Milano, Giuffrè, 1972, p. 689). 4 Cfr. F. LANCHESTER, La dottrina giuspubblicistica alla Assemblea costituente, in “Quaderni costituzionali”, n. 2, 1998, pp. 209-210. 5 Si noti che la Democrazia cristiana già nel programma ideologico del partito, diffuso nel luglio del 1943 con il titolo di Idee ricostruttive, aveva fatto riferimento all’istituzione di una «Corte suprema di ga-
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Appare opportuno accennare al fatto che, dopo la caduta del fascismo e prima ancora che all’Assemblea costituente, la questione del controllo costituzionale delle leggi venne affrontata nell’ambito delle attività svolte dal ministero per la Costituente, istituito (con decreto legislativo luogotenenziale 3 luglio 1945, n. 435) con lo scopo di organizzare la convocazione dell’Assemblea costituente e di condurre studi preliminari sui problemi di natura costituzionale che l’Assemblea avrebbe dovuto affrontare; in realtà la sua attività si concentrò solo sugli studi preliminari, dal momento che l’altro suo compito venne di fatto assolto in prevalenza dal ministero degli Interni6. ranzia» con il compito di «tutelare lo spirito e la lettera della Costituzione difendendola dagli abusi dei pubblici poteri e dagli attentati dei partiti». Successivamente, in occasione del primo congresso nazionale della Democrazia cristiana, svoltosi nell’aprile del 1946, venne presentato il Programma della Dc per la nuova Costituzione, che ribadiva la necessità di predisporre garanzie giurisdizionali delle libertà, prevedendo, a tal fine, l’istituzione di una Corte sia per tutelare la Costituzione rigida «dagli arbitri del legislativo e dell’esecutivo e dagli attentati dei partiti », sia per «annullare ogni norma o provvedimento che non sia in armonia con la Costituzione». Cfr., anche per l’orientamento degli altri partiti nel periodo precostituente e durante i lavori dell’Assemblea costituente, G. D’ORAZIO, La genesi della Corte costituzionale, cit., p. 82 sgg. 6 Cfr. P. POMBENI, La Costituente. Un problema storico-politico, Bologna, Il Mulino, 1995, p. 78 sgg. Ricordo che in dottrina, immediatamente prima dei lavori dell’Assemblea costituente, lo scritto più rilevante e completo sul tema della Corte costituzionale è opera di Giuseppe Barile (G. BARILE, La Corte di giustizia costituzionale, in “Annuario di diritto comparato e studi legislativi”, 1946), per quanto il dibattito dottrinale sul tema non fosse in quegli anni particolarmente intenso (C. IANNACCONE, Le garanzie costituzionali dello Stato, in “Rivista di diritto pubblico”, 1944-1946); per una rassegna delle diverse posizioni dottrinali sul controllo di costituzionalità delle leggi si veda M. BATTAGLINI, Contributo alla storia del controllo di costituzionalità delle leggi, Milano, Giuffrè, 1957.
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Oltre a raccogliere materiale documentario sulle grandi Costituzioni e su problemi giuridici fondamentali, il ministero per la Costituente istituì tre commissioni per lo studio dei principali problemi connessi alla riforma dello Stato7; un ruolo preminente ebbe la Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, presieduta da Ugo Forti e formata da uomini politici, da vari personaggi significativi dell’alta burocrazia e da studiosi di alto prestigio, tra i quali Piero Calamandrei, Vezio Crisafulli, Costantino Mortati, Arturo Carlo Jemolo; le relazioni svolte da questa Commissione fornirono un rigoroso e approfondito studio intorno a quei temi che la Costituente avrebbe dovuto affrontare, ivi compreso il tema del controllo costituzionale delle leggi e delle garanzie della Costituzione. Durante i lavori dell’Assemblea costituente raramente vi furono rinvii espliciti ai lavori della Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, tuttavia si può affermare che la sua opera influenzò certamente il Costituente italiano, vuoi perché talvolta le soluzioni adottate nel testo costituzionale coincidono con le prospettive indicate dalla Commissione (per esempio, in tema di rigidità costituzionale, di forma di governo, di disciplina delle singole libertà), vuoi perché molti dei membri di questa Commissione furono eletti all’Assemblea costituente e svolsero all’interno di essa un ruolo primario (da Cala7
Le commissioni istituite furono le seguenti, nell’ordine: Commissione economica (presieduta da Giovanni De Maria), Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato (presieduta da Ugo Forti), Commissione per i problemi del lavoro (presieduta da Antonio Pesenti). La seconda commissione si articolò a sua volta in quattro sottocommissioni: per i problemi costituzionali, per l’organizzazione dello Stato, per le autonomie locali, per gli enti pubblici non territoriali.
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mandrei a Mortati, da Piccioni a Terracini, da Fanfani a Tosato)8. Deve essere segnalato che, dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, la strada per giungere all’effettiva istituzione della Corte costituzionale fu ancora assai lunga: solo il 23 gennaio 1956 si tenne la prima adunanza della Corte, e in quell’occasione i giudici costituzionali elessero come loro presidente Enrico De Nicola9. Il Parlamento eletto il 18 aprile 1948 mostrò di non avere molta fretta nel dar vita alla Corte costituzionale e sorte analoga ebbero anche altri nuovi istituti previsti dal testo costituzionale, come le Regioni, che limitano il potere centrale, come il Consiglio superiore della magistratura, che in quanto organo di autogoverno garantisce l’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo, e come il referendum abrogativo, che permette di sottoporre le leggi al giudizio dei cittadini10. 8
Cfr. E. CHELI, Il problema storico della Costituente, in S.J. WOLF (a cura di), Italia 1943-1950. La ricostruzione, Roma Bari, Laterza, 1974, p. 204. Alla data dell’elezione della Costituente, cioè al 2 giugno 1946, i lavori della Commissione non erano ancora terminati, si decise di conseguenza di raccogliere il lavoro svolto in una Relazione all’Assemblea costituente (in tre volumi). Cfr. MINISTERO PER LA COSTITUENTE, COMMISSIONE PER STUDI ATTINENTI ALLA RIORGANIZZAZIONE DELLO STATO, Relazione all’Assemblea costituente, vol. I, Roma, 1946, pp. XIII-XXV (vi si può leggere un’ampia introduzione sui lavori della Commissione). 9 Sul difficile processo di istituzionalizzazione della Corte costituzionale cfr. G. D’ORAZIO, La genesi della Corte costituzionale, cit., p. 156 sgg.; F. BONINI, Storia della Corte costituzionale, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1996, p. 67 sgg. 10 Con riferimento alla Corte costituzionale, si tenga presente che l’Assemblea costituente approvò le norme fondamentali sulla competenza e la composizione della Corte e sugli effetti delle sue pronunce di incostituzionalità, ma, anche per l’esigenza di chiudere i lavori dell’Assemblea nei tempi stabiliti (ossia entro il 1947), rinviò al futuro
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La Democrazia cristiana, uscita vincitrice dalle elezioni, assunse un comportamento evasivo circa l’attuazione della Costituzione in quanto attuare un testo costituzionale garantista e pluralista quale quello del 1948 avrebbe significato per la maggioranza mettere in moto meccanismi limitativi del proprio potere e offrire strumenti di difesa e di lotta ai partiti avversari11; peraltro la maggioranza democristiana ritenne più conveniente invece che ribellarsi apertamente agli obblighi imposti dalla Costituzione, mostrare di volerli adempiere, per poi riuscire a eluderli; il governo presentava i disegni di legge necessari all’attuazione della Costituzione, ma senza la reale intenzione di farli approvare dalla propria maggioranza, e infatti su di essi iniziava l’opera della maggioranza legislativa al fine di insabbiarli o comunque di farne rinviare l’approvazione: si trattò di ciò che Calamandrei definì “ostruzionismo di maggioranza”, finalizzato a ritardare l’adempimento degli obblighi costituzionali, senza apertamente rinnegarli12. Come scrive Simona Colarizi, fu «di sicuro più facile per De Gasperi governare un paese tenuto in stato di minorità e, soprattutto, ancora imprigionato nella rete delle leglegislatore l’approvazione di tutte le altre disposizioni necessarie per dare concreta attuazione al nuovo organo (si veda l’art. 137 della Costituzione). 11 Cfr. P. CALAMANDREI, La Costituzione e le leggi per attuarla, in AA.VV., Dieci anni dopo: 1945-1955. Saggi sulla vita democratica italiana, Bari, Laterza, 1955, ora ristampato in volume con il titolo: Questa nostra Costituzione, Milano, Bompiani, 1995, p. 14 sgg.; E. CHELI, Il problema storico della Costituente, cit., p. 57. 12 Cfr. P. CALAMANDREI, L’ostruzionismo di maggioranza, in “Il Ponte”, n. 2, 1953, p. 129 sgg. La rivista “Il Ponte” fu fondata nel 1945 a Firenze proprio da Calamandrei (1889-1956) e, sotto la sua personale direzione, animò il dibattito politico, culturale e civile del primo decennio della Repubblica.
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gi fasciste che consentono un uso restrittivo delle libertà individuali e collettive e si rivelano utilissime per la repressione delle manifestazioni di piazza»13. La linea del “congelamento costituzionale”, voluta da De Gasperi e condivisa dai partiti dell’area centrista, trovò peraltro ampi sostegni all’interno dell’apparato statale, dalla burocrazia alla magistratura, ove in posizione dominante si trovava personale formatosi nel corso dell’esperienza fascista e di tendenza decisamente conservatrice. Sotto questo profilo, appare interessante notare come la giurisprudenza della Corte di cassazione offrì un sostegno di tipo teorico alla mancata attuazione della Costituzione con la sua celebre distinzione tra norme costituzionali precettive, cioè immediatamente in vigore e applicabili, e norme costituzionali direttive o programmatiche, cioè meramente politiche e non vincolanti, distinzione in cui era evidente l’intento di depotenziare la portata innovativa dei nuovi principi costituzionali e confinare nel limbo alcuni precetti costituzionali14. Si tenga anche presente che il contesto internazionale di forti contrapposizioni e di tensione, creato dall’inizio e dal rapido avanzare della guerra fredda, e il radicalizzarsi del confronto politico, in occasione delle elezioni del primo Parlamento repubblicano nel 1948, in una situazione generale, in Europa e negli Stati Uniti, in cui la lotta anticomu13
S. COLARIZI, Storia del Novecento italiano, Milano, Rizzoli, 2000, p. 324. 14 Cfr. P. CALAMANDREI, La Costituzione e le leggi per attuarla, cit., p. 23 sgg. Si noti che la Corte costituzionale, già con la sua prima sentenza (14 giugno 1956), supererà la distinzione tra norme precettive e programmatiche, affermando che la illegittimità costituzionale di una legge possa derivare «anche dalla non conciliabilità con norme che si dicono programmatiche».
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nista diventava il problema dominante, determinarono come conseguenza, da un lato, la definitiva emarginazione delle sinistre dall’area governativa, dall’altro, l’arroccarsi dei partiti centristi su posizioni in cui era prevalente un atteggiamento di lentissimo gradualismo nel dare attuazione alla Costituzione e nell’avviare le riforme da essa previste. Da un punto di vista storico possiamo ricordare come l’idea di affidare ai giudici il controllo di costituzionalità delle leggi appaia e si affermi tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento negli Stati Uniti15; la prima importante teorizzazione dottrinale dell’istituto del judicial review of legislation è quella svolta da Alexander Hamilton nel saggio numero 78 di quel Federalist (1788) che rappresenta una sorta di bilancio dottrinale degli anni della rivoluzione americana16; tale istituto sarebbe stato poi introdotto nell’ordinamento statunitense per via di prassi giurisprudenziale con la sentenza Marbury v. Madison (1803) della Corte suprema presieduta dal Chief Justice John Marshall17. In Europa un controllo di costituzionalità delle leggi paragonabile a quello statunitense si sarebbe affermato solo nel corso del Novecento18. 15
L’idea di un controllo di costituzionalità delle leggi, sia pur non affidato a organi propriamente giurisdizionali, ma piuttosto politici, appare anche in Francia con la proposta formulata da J.-E. Sieyès nel 1795 di un «Jury constitutionnaire» e con i “Senati conservatori” delle costituzioni napoleoniche del Consolato (Costituzione del 1799) e del Secondo Impero (Costituzione del 1852). 16 A. HAMILTON, J. JAY, J. MADISON, The Federalist, New York, McLean, 1788, trad. it. Il Federalista, Bologna, Il Mulino, 1997. 17 Marbury v. Madison, 5 U.S. (1 Cranch) 137 (1803). 18 Osservo che un controllo di costituzionalità del tutto analogo al judicial review venne applicato in Norvegia e Danimarca già a partire dalla fine dell’Ottocento.
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Tra le due guerre mondiali venne istituita la Corte costituzionale austriaca (1920) ideata da Hans Kelsen e che rappresenta il prototipo del modello europeo di controllo di costituzionalità delle leggi; negli stessi anni si possono ricordare anche la Corte costituzionale cecoslovacca (1920) e la Corte costituzionale spagnola (1931), di entrambe tuttavia non si ebbero prove concrete. L’esperienza statunitense del controllo di costituzionalità delle leggi rimase per lungo tempo isolata; ma ciò non deve sorprendere se si pensa che in Europa, a partire dalla rivoluzione francese del 1789, lungo tutto l’Ottocento e ancora agli inizi del Novecento, regna il dogma rousseauviano dell’infallibilità della legge, espressione della volontà generale, con la conseguenza che, mentre negli Stati Uniti la Costituzione è sacra, in Europa è la legge a essere sacra19. L’istituto della Corte costituzionale si sarebbe ampiamente diffuso e radicato in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale anche grazie al clima costituzionale del secondo dopoguerra, segnato dalla sfiducia verso l’idea di sovranità della legge e dalla crisi del principio della supremazia del parlamento. L’Europa che usciva dall’esperienza delle dittature non temeva più di violare la sovranità del legislatore poiché esso aveva mostrato di poter essere oppressore e reso in tal modo manifesta l’esigenza di approntare delle difese anche nei suoi confronti: le terribili lezioni tratte dagli abusi dei regimi nazista e fascista condussero a una situazione in cui, come scrive Louis Favoreu, «le mythe rousseauiste de 19
Cfr. L. FAVOREU, Rapport sur les pays d’Europe occidentale, in L. FAVOREU, J.A. JOLOWICZ (a cura di), Le contrôle juridictionnel des lois. Légitimité, effectivité et développements récents, Paris Aix-enProvence, Economica-PUAM, 1986, p. 42 sgg.; G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Torino, Einaudi, 1992, p. 24 sgg.
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l’infaillibilité de la loi et donc du parlement par lequel s’exprime la volonté générale s’effondre: la célèbre formule selon laquelle “le législateur ne peut mal faire” (qui avait succédé à la formule: “le roi ne peut mal faire”) est à réviser. Le parlement peut être oppresseur; le parlement peut porter atteinte aux libertés. [...] Il faut désormais se protéger non seulement contre l’exécutif mais aussi contre le législatif»20. Attualmente, e invero già dalla fine del Novecento, in quasi tutti i paesi europei vi è una Corte costituzionale: si è giunti, in Europa e nel mondo, a una tale diffusione del controllo di costituzionalità delle leggi che tale controllo appare ormai come una delle più moderne istituzioni del costituzionalismo contemporaneo21. Rispetto allo Stato di diritto di impianto ottocentesco e matrice liberale, caratterizzato dal principio di legalità (implicante la necessaria conformità degli atti amministrativi alla legge), si afferma nella seconda metà del Novecento lo Stato costituzionale, contrassegnato dal principio di legittimità costituzionale (implicante innanzitutto la conformità della legge al testo costituzionale) e dall’introduzione di una Corte costituzionale che significa per i cittadini un ampliamento della garanzia, inizialmente
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L. FAVOREU, Rapport sur les pays d’Europe occidentale, cit., p.
Sulla diffusione della giustizia costituzionale cfr. M. FROMONT, La justice constitutionnelle dans le monde, Paris, Dalloz, 1996; L. FAVOREU, Les Cours constitutionnelles, Paris, Presses universitaires de France, 1996; M. OLIVETTI, T. GROPPI (a cura di), La giustizia costituzionale in Europa, Milano, Giuffrè, 2003. La Gran Bretagna è un’importante eccezione in ambito europeo: non è dotata di alcuna forma di giustizia costituzionale, essendo priva di una Costituzione scritta.
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concessa solo nei confronti dell’esecutivo, anche nei confronti del legislativo22.
Cfr. G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite, cit., p. 20 sgg.; E. CHELI, Il giudice delle leggi, Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 14-15. 22