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COLLANA
TIMONE
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ELEMENTI DI
STORIA ANTICA E GRECA Dalla preistoria all’età ellenistica
SIMONE EDIZIONI
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Gruppodella Editoriale Esselibri - Simone Estratto pubblicazione
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Testo a cura di Luca Oliverio Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A. (art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30) Finito di stampare nel mese di novembre 2008 dalla «Officina Grafica Iride» Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano - Napoli per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - Napoli
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
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PREMESSA Il volume offre un quadro completo della storia antica e greca, tracciando un itinerario del periodo che va dalla preistoria alla dissoluzione dell’impero di Alessandro Magno. In linea con gli orientamenti più avanzati della ricerca storica, il testo si sofferma sui momenti più significativi dell’evoluzione delle civiltà antiche, proponendo un panorama non solo degli eventi politici e militari, ma anche degli aspetti più propriamente legati alla cultura, alla vita sociale, alla religione e alle attività economiche delle varie società, cercando di coglierne l’identità. L’obiettivo di fondo è dimostrare che la conoscenza del passato è condizione imprescindibile per l’analisi delle dinamiche proprie della realtà contemporanea. La trattazione, condotta con un linguaggio semplice ed essenziale, si avvale di strumenti che consentono al lettore di fissare meglio le coordinate spazio-temporali degli avvenimenti descritti e i concetti ritenuti topici; ogni capitolo, infatti, si chiude con una tavola cronologica dettagliata e con un breve glossario. Il testo si pone, dunque, come un valido sussidio per un apprendimento al tempo stesso rapido ed efficace, rivolto agli studenti universitari e a quanti si accingono ad affrontare le prove orali dei concorsi pubblici e delle abilitazioni professionali.
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CAPITOLO PRIMO LA PREISTORIA
Sommario: 1. Gli studi sulle origini dell’uomo e sulla nascita della civiltà. - 2. La genesi della Terra e l’evoluzione degli organismi viventi. - 3. Dall’età della pietra all’età dei metalli. - 4. Il passaggio dal villaggio alla città.
1. GLI STUDI SULLE ORIGINI DELL’UOMO E SULLA NASCITA DELLA CIVILTÀ Con il termine preistoria si indica il periodo che va dalle più remote origini della specie umana al sorgere delle prime civiltà urbane, o più esattamente, il periodo della storia umana per il quale non esistono testimonianze scritte. Lo studio della preistoria è stato condotto con criteri scientifici soltanto a partire dal secolo scorso; da pochi decenni la preistoria viene considerata una disciplina a sé che necessita di metodi di indagine diversi da quelli usati per la storia. Nell’antichità il problema dell’origine dell’uomo era legato al mito, anche se l’idea di uno sviluppo progressivo della specie umana è presente già in alcuni storici dell’età classica. È nel Rinascimento che si risveglia l’interesse per la storia della civiltà. La scoperta dell’America e il contatto con le popolazioni «selvagge» del continente nuovo ripropongono agli scienziati il problema del passato dell’umanità. Durante il Settecento, con l’Illuminismo, si ha un grande sviluppo delle scienze naturali e si intensificano i dibattiti scientifico-metodologici che hanno per oggetto l’uomo, la sua storia e le civiltà diverse da quella europea. Nel XIX secolo nasce l’antropologia come scienza, mentre il ritrovamento del cranio di Neanderthal nel 1856, che segue di due anni la prima scoperta di palafitte nei laghi svizzeri, consente di fissare definitivamente il concetto di preistoria. Nel 1857 a Parigi si svolge il primo congresso internazionale di antropologia e di archeologia preistorica. Nel 1859 le teorie di Charles Darwin sull’evoluzione (esposte nell’opera Sull’origine delle specie) suscitano negli studiosi e nell’opinione pubblica un nuovo interesse per le ricerche preistoriche e per la scienza antropologica.
In generale, si può certamente affermare che gli studi concernenti la preistoria siano serviti a capire meglio il destino dell’uomo in quanto artefice di civiltà.
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Il termine civiltà può avere molti significati, ma quello più comune riguarda gli aspetti materiali e spirituali della vita di un popolo in un determinato momento con riferimento alle istituzioni politiche, al formarsi delle classi sociali e dei gruppi produttivi (contadini, commercianti, artigiani etc.), alle abilità manuali, tecniche e intellettuali, all’uso della scrittura e all’elaborazione di idee religiose, alla pratica delle arti. Ogni volta che una civiltà è comparsa in qualche regione della Terra, questi elementi sono stati presenti fino a formare un insieme coerente e omogeneo, un modello di vita diverso da quello di altre regioni vicine o lontane nel tempo e nello spazio. Lo sviluppo delle prime civiltà di cui ci sia rimasta testimonianza è stato fortemente influenzato dall’habitat naturale in cui ebbero origine. È il caso, infatti, della cosiddetta Mezzaluna Fertile termine coniato dall’archeologo americano James Henry Breasted per indicare una regione storica del Medio Oriente che includeva l’Antico Egitto, il Levante (ampia area del Sudovest asiatico) e la Mesopotamia. Questa regione viene spesso indicata come la «culla della civiltà» poiché nelle valli fertili dei quattro fiumi che l’attraversano (il Nilo, il Tigri, l’Eufrate e il Giordano) si svilupparono le prime civiltà agricole e i primi grandi popoli dell’antichità. Da qui, l’impulso civilizzatore s’irradiò verso l’India e la Cina e poi in tutto il bacino del Mediterraneo. È bene sottolineare, a questo punto, le differenze che intercorrono tra storia, storiografia e preistoria. La storia (dal greco istoría = indagine, ricerca) è il complesso delle vicende umane nel loro svolgersi secondo una successione cronologica e una concatenazione di cause e di effetti. La storiografia è l’insieme delle opere scritte che mirano a valutare criticamente i fatti storici scientificamente accertati. La preistoria, a differenza della storia: — non viene ricostruita sulla base di fonti scritte; — non si serve di testimonianze intenzionali (i documenti con cui gli uomini intendono lasciare il ricordo di sé ai posteri); — viene ricostruita soltanto attraverso l’esame scientifico dei reperti archeologici. Lo studio della preistoria si avvale dei risultati di alcune scienze speciali quali: — la geologia, che permette di conoscere le trasformazioni subite dalla crosta terrestre attraverso l’analisi dei diversi strati e di stabilire l’età dei corpi e degli oggetti ritrovati (cronologia preistorica); — la paleontologia, che cerca di individuare la fauna e la flora di epoche remote, attraverso l’esame dei fossili, delle impronte e delle tracce lasciate da esseri viventi poi scomparsi;
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— l’antropologia, che studia l’origine dell’uomo, le razze esistenti sulla Terra e quelle estinte; — la paletnografia, che analizza i resti delle età più remote (armi, utensili etc.) per ricostruire usi, costumi e forme di vita; — l’etnologia, che studia le culture e le relazioni sociali di gruppi viventi o estinti; — le branche della linguistica che studiano il nesso tra la struttura della lingua e l’identità culturale e antropologica della comunità dei parlanti.
2. LA GENESI DELLA TERRA E L’EVOLUZIONE DEGLI ORGANISMI VIVENTI A) La formazione del sistema solare e i primi esseri viventi Gli studiosi fanno risalire l’origine del Sole e di tutti i pianeti del nostro sistema solare a circa 4,6 miliardi di anni fa, quando una gigantesca nube (nebulosa solare) di gas e polveri interstellari iniziò ad addensarsi (collasso gravitazionale), forse a causa dell’esplosione di una vicina supernova. Da questa contrazione si formò il Sole al centro della nebulosa, dove, a causa della maggiore gravità e quindi della maggiore densità, i gas raggiunsero temperature tali da innescare fenomeni di fusione nucleare. Ma la nube non collassò completamente su se stessa. Lontano dal centro, infatti, temperature più basse consentono a composti e molecole più pesanti dell’idrogeno e dell’elio di condensarsi passando dallo stato gassoso allo stato liquido. Si innescarono, in questo modo, ulteriori fenomeni gravitazionali che portarono alla costituzione delle prime formazioni rocciose in orbita intorno al sole e, infine, dei pianeti come li conosciamo oggi. Nel corso di milioni di anni gli strati più superficiali della Terra si raffreddarono e i gas e il vapore acqueo, portati in superficie dalla imponente attività vulcanica del giovane pianeta, si condensarono e formarono gli oceani. L’ipotesi più accreditata è che la radiazione solare e le scariche elettriche atmosferiche abbiano innescato reazioni che portarono molecole di metano, di ossido di carbonio, ammoniaca ed acqua (tutti elementi di cui era ricca l’atmosfera agli albori della Terra) a formare le prime molecole organiche, gli amminoacidi, i costituenti fondamentali delle proteine. Dalle proteine sono derivati i primi organismi viventi, i batteri procarioti, organismi monocellulari anaerobici. Questi, intorno a 3,6 miliardi fa, si trasformarono in batteri in grado di sintetizzare, attraverso il processo di fotosintesi,
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le sostanze indispensabili alla loro esistenza. Grazie alla fotosintesi, che sottrae carbonio all’atmosfera e restituisce in cambio ossigeno, essi trasformarono l’ambiente terrestre e diedero inizio all’evoluzione degli esseri viventi. Nel corso di milioni e milioni di anni, gli organismi viventi perfezionarono i loro meccanismi di sopravvivenza e di riproduzione: comparvero dapprima alcuni invertebrati marini, poi i primi vertebrati, fino ai vertebrati terrestri, seguiti da rettili e mammiferi. B) Dalla scimmia all’uomo La necessità di adattarsi all’ambiente — come spiegato da Darwin nell’ambito della sua teoria sull’evoluzione — ha determinato una differenziazione tra i mammiferi: si distinsero molti ordini, cioè gruppi di animali con caratteristiche comuni. Tra questi rivestono particolare importanza nello studio sull’origine della specie umana i primati (le cosiddette protoscimmie), che sono considerati gli antenati dell’uomo. Per molto tempo, infatti, si è ritenuto che l’uomo discendesse direttamente dalla scimmia. Oggi gli scienziati, pur riconoscendo dei tratti comuni tra le due specie, sostengono che nel corso dei millenni si sia determinata una netta differenziazione che ha dato vita a due distinte specie genealogiche: quella delle scimmie e quella dei cosiddetti ominidi.
Il progenitore più antico della specie umana è il Ramapithecus, vissuto tra quattordici e dodici milioni di anni fa. Di esso sono stati trovati resti fossili in Asia e in Africa. Si tratta di un primate con caratteri umanoidi. Viveva per lo più sulle piante e si presume che i cambiamenti climatici, favorendo le specie più adatte alla vita terricola, ne abbiano causato l’estinzione provocando la comparsa del suo diretto discendente, l’Australopithecus africanus, bipide, i cui resti, trovati in Sudafrica e in Africa orientale, risalgono a un periodo compreso tra i cinque e i due milioni di anni fa. La comparsa di questo ominide sul pianeta coincide con il periodo delle grandi glaciazioni ed è probabile che l’abbassamento della temperatura e le conseguenti trasformazioni climatiche abbiano favorito le condizioni di sopravvivenza dei bipedi. L’Australopithecus non era più alto di un metro, con un peso di circa 30 chilogrammi e un volume cranico di circa 500cc. (superiore a quello delle scimmie, ma inferiore a quello dell’uomo che è di 1400-1500cc.). Si nutriva dei frutti della caccia e della raccolta servendosi di strumenti che la natura gli offriva: pietre scheggiate, ossa, corna e denti di animali. Viveva in comu-
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nità formate da 20-30 individui e probabilmente si esprimeva attraverso emissioni di suoni che preludevano al linguaggio. Dall’Australopithecus discende l’homo habilis che risale a circa due milioni di anni fa, come dimostrano i resti fossili rinvenuti in Tanzania nel 1961 nella gola di Olduvai. L’homo habilis ha una capacità cranica di 750cc. ed era in grado di ricavare, dalle schegge dei ciottoli, rudimentali strumenti che gli archeologi hanno chiamato choppers (asce). Circa un milione e mezzo di anni fa comparvero strumenti più evoluti, detti amigdale per la caratteristica forma a mandorla, ricavati dalla selce o dal quarzo. Le amigdale, pietre scheggiate sulle due facce, appuntite e a bordo tagliente, che venivano usate anche come armi, sono opera dell’homo erectus, ritenuto il diretto discendente dell’homo habilis e la cui capacità cranica raggiungeva i 1200cc. Al volume del cranio corrisponde una superiorità mentale che ha un’importanza notevole per la sopravvivenza della specie e per il suo adattamento all’ambiente. A circa 300.000-200.000 anni fa risale l’homo sapiens, di cui sono stati trovati i resti sia in Europa che nel Vicino Oriente. A questa fase dell’evoluzione umana appartiene l’uomo di Neanderthal, i cui resti furono trovati in Germania in una località presso Düsseldorf verso la metà del secolo scorso. L’uomo di Neanderthal ha una capacità cranica simile alla nostra, anche se il corpo tarchiato e muscoloso testimonia le caratteristiche di una specie adattata alle basse temperature dell’ultima glaciazione. Si suppone che le «genti di Neanderthal» siano vissute in Europa per circa 70.000 anni fino all’avvento dei climi più temperati e si sarebbero estinte circa 30.000 anni fa, incapaci di sopportare le temperature più calde, mentre 20.000 anni fa comparve l’homo sapiens sapiens, il diretto progenitore dell’uomo moderno. La sua presenza è testimoniata dal ritrovamento di utensili sempre più funzionali che rivelano l’evoluzione delle capacità tecniche e dell’inventiva della specie umana. C) Le ere geologiche Occorre sottolineare che la comparsa dell’uomo sul nostro pianeta è relativamente recente se rapportata all’intera storia della Terra, la quale, a sua volta, viene suddivisa in cinque unità cronologiche, denominate ere geologiche: Archeozoica, Paleozoica, Mesozoica, Cenozoica e Neozoica. Ogni era si articola in periodi e questi, a loro volta, in epoche, come si evince dallo schema che segue.
10 Forme di vita comparse sulla Terra
Capitolo Primo
Milioni di anni fa
Ere
Periodi
Epoche
Batteri Alghe Spugne
da 3500 a 600
Archeozoica o Precambriana
Archeano Algonchiano
Coralli e Felci
da 600 a 220
Primaria o Paleozoica
Cambriano Ordoviciano Siluriano Devoniano Carbonifero Permiano
Sauri Insetti Conifere
da 220 a 70
Secondaria o Mesozoica
Triassico Giurassico Cretacico
Lias Dogger Malm
Pesci Fiori Rettili Mammiferi Uccelli Australopithecus Homo habilis
da 70 a 1
Terziaria o Cenozoica
Paleogene
Paleocene Eocene Oligocene
Neogene
Miocene Pliocene
Homo sapiens Homo sapiens sapiens
da 1M di anni fa a oggi
Quaternaria o Neozoica
Pleistocene Olocene
3. DALL’ETÀ DELLA PIETRA ALL’ETÀ DEI METALLI La preistoria è stata suddivisa dagli studiosi in tre età principali: — età della pietra; — età del bronzo; — età del ferro. A) Età della pietra L’età della pietra è stata divisa a sua volta in tre periodi: 1. Paleolitico (= della pietra antica), da 2,5 milioni fino alla fine dell’ultima glaciazione circa 10 mila anni fa 2. Mesolitico (= della pietra di mezzo), fino alla nascita dell’agricoltura avvenuta circa 6 mila anni fa. 3. Neolitico (= della pietra nuova), fino all’abbandono della tecnologia della pietra, che in alcune aree del mondo si verificò 5 mila anni fa.
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La prima fase della preistoria coincide con il definitivo assestamento della superficie terrestre. In questo periodo i primi ominidi sono soprattutto cacciatori e raccoglitori e si spostano da una regione all’altra in cerca di cibo (nomadismo). Costruiscono utensili rudimentali ricavandoli dalle selci e da ossa di animali. Solo successivamente apprendono la fabbricazione della pietra scheggiata, che lavorano con altri materiali come il legno realizzando asce, scuri e altri strumenti di pietra, che fissano poi con giunchi e liane alla sommità di canne o di aste di legno. Risalgono al Paleolitico la scoperta del fuoco e le prime manifestazioni iconiche, quali i disegni rupestri, i graffiti e le statuette di calcare. Le glaciazioni dell’età paleolitica, dovute ad uno spostamento dell’asse polare, creano dei veri e propri «ponti continentali» sugli oceani e sui mari, collegando tra loro, temporaneamente, i continenti. Questi ponti vengono sommersi quando i ghiacci si ritirano. Durante l’ultima glaciazione, alcuni gruppi provenienti dall’Asia, spinti dalla necessità di sopravvivere, si spostano dalla Siberia in Alaska attraverso lo stretto di Bering e rimangono isolati nel nuovo continente quando i ghiacci si ritirano. Questi gruppi sono probabilmente gli antenati delle popolazioni «indiane» incontrate in America da Colombo e dagli altri esploratori. Nel Mesolitico, lo scioglimento dei ghiacciai dopo le glaciazioni provoca l’innalzamento del livello del mare. La Terra si ricopre di acque e di vegetazione acquatica e il clima più mite provoca un cambiamento nel paesaggio e nella distribuzione della fauna, mutando le condizioni di alimentazione per i gruppi di umani. La nascita e l’affermarsi delle tecniche agricole si deve probabilmente all’esigenza di diversificare le fonti di alimentazione per far fronte alle nuove sfide poste dal mondo post-glaciazione. Il Mesolitico, i cui limiti cronologici sono piuttosto incerti, è una fase di transizione che dura finché il clima non si normalizza, permettendo quella «rivoluzione agricola» che costituisce il punto di partenza della civiltà. Il periodo più ricco di trasformazioni della preistoria è comunque l’età neolitica o della pietra nuova, della pietra, cioè, non più scheggiata, ma levigata. L’innovazione fondamentale di questo periodo è la nascita dell’agricoltura, che segna il passaggio da un’economia di raccolta a un’economia produttiva. Alcune popolazioni nomadi si insediano stabilmente in prossimità delle zone di produzione del cibo: sorgono così i primi villaggi e le prime forme di vita sociale.
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La vita sedentaria permette lo sviluppo di una serie di attività connesse all’agricoltura, tra cui l’industria della ceramica, cioè la produzione dei vasi di argilla necessari alla cottura e alla conservazione dei prodotti della terra, e l’allevamento del bestiame. Si diffondono la filatura e la tessitura e l’uomo sostituisce le pelli di animali, che usava per difendersi dal freddo, con i tessuti. Nelle comunità dove la quantità di prodotti ricavati dall’agricoltura e dall’allevamento supera il fabbisogno collettivo sorge il baratto, cioè lo scambio di merci eccedenti con prodotti di cui la comunità ha bisogno. Questa prima forma di commercio è praticata dapprima tra individui e villaggi vicini, e poi, grazie all’invenzione della ruota e del carro, anche tra regioni distanti, mentre, con la costruzione delle prime barche, si sviluppano le comunicazioni fluviali e marittime. La trasformazione della vita umana da un sistema nomade a uno sedentario è più frequente dove le condizioni climatiche sono particolarmente favorevoli a un’agricoltura produttiva. Gli stanziamenti delle comunità umane sono così più numerosi nel bacino del Mediterraneo e nelle fertili regioni della Mesopotamia. Qui nascono, infatti, le prime forme di civiltà urbana. I villaggi più antichi sorgono in Medio Oriente e in Anatolia, mentre in Europa compaiono in un periodo più tardo. Nell’Italia meridionale si trovano reperti di villaggi trincerati, aree pianeggianti circondate da fossati scavati a scopo difensivo. L’economia di villaggio modifica il rapporto tra uomo e ambiente: i boschi vengono abbattuti per far fronte alla richiesta di legname da costruzione e per creare nuovi spazi all’agricoltura in espansione; scompaiono molte specie di animali e inizia quella trasformazione accelerata dell’ambiente che si protrarrà con ritmo crescente fino ai nostri giorni, assumendo dimensioni preoccupanti. B) L’Età del bronzo L’ultima fase dell’età neolitica viene definita età calcolitica (età del rame e della pietra) ed è difficilmente separabile, dal punto di vista cronologico, dal contesto neolitico. La caratteristica di questo periodo è la lavorazione del rame, che viene utilizzato come si trova in natura battendolo con strumenti di pietra. Soltanto più tardi viene sperimentato il sistema di ricavarlo dai minerali che lo contengono e di fonderlo per imprimergli, attraverso stampi di materiali refrattari, le forme desiderate. In seguito l’uomo scopre
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che, aggiungendo al rame una certa quantità di stagno, ottiene un metallo molto più resistente, il bronzo, che permette di realizzare strumenti completamente nuovi: martelli, seghe, scalpelli, trapani etc. Le tecniche di fabbricazione diventano però sempre più complesse, poiché, data l’assenza di qualsiasi strumento di misura, richiedono una lunga esperienza. La fabbricazione di armi e di utensili può essere eseguita perciò soltanto da artigiani specializzati. La nascita della metallurgia apporta cambiamenti profondi alla civiltà. Insieme all’oro e all’argento, il bronzo è utilizzato per la produzione di oggetti di lusso che costituiscono materia di scambio per i commerci. Sebbene l’invenzione della moneta coniata sia ancora lontana, i pezzi di metallo, a seconda del peso, cominciano a divenire il mezzo di valutazione per le altre merci. Nell’età del bronzo si verificano ulteriori progressi anche nell’agricoltura. Viene introdotto il sistema di rotazione delle colture per impedire l’impoverimento del terreno e si inizia a far uso del cavallo e dell’asino. L’aumento della popolazione, richiedendo una maggiore produttività, rende necessarie grandi opere di irrigazione e di canalizzazione. Ciò conduce a una concentrazione degli insediamenti umani e alla divisione del lavoro. Sorgono in questo periodo le prime grandi civiltà fluviali: in prossimità del Nilo, in Egitto; del Tigri e dell’Eufrate, in Mesopotamia; dell’Indo, nell’odierno Pakistan; dell’Huang-ho, nella Cina settentrionale. C) L’Età del ferro La scoperta del ferro, infine, rivoluziona il mondo preistorico determinando radicali trasformazioni in tutti gli aspetti della vita sociale. L’uso del ferro è introdotto in Europa dall’Oriente, probabilmente in occasione di guerre. Sono gli Ittiti — antico popolo dell’Asia Minore — infatti, i primi a conoscerne le tecniche di lavorazione e a trasmetterle agli altri popoli. La scoperta del ferro consente la costruzione di armi migliori e di attrezzi più resistenti e funzionali che danno un nuovo impulso alla produzione agricola. L’età del ferro è caratterizzata da altre significative invenzioni: la lavorazione del vetro, il diffondersi della ruota da vasaio, che rende più rapida la produzione del vasellame creando la prima industria «meccanizzata» dell’umanità, la bardatura per i cavalli, la vela. Estratto della pubblicazione
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4. IL PASSAGGIO DAL VILLAGGIO ALLA CITTÀ Lo sviluppo della metallurgia, che viene applicata non solo all’agricoltura, ma anche alla fabbricazione di armi e di oggetti di uso domestico, e la conseguente specializzazione delle arti e dei mestieri, produce una riorganizzazione territoriale, sociale e politica delle comunità umane che ha come risultato la nascita delle città. La città è diversa dal villaggio non solo per le dimensioni, ma soprattutto per la differente organizzazione economico-politica. È un sistema dove nessuno è autosufficiente, ma dove il lavoro di ognuno è in funzione dell’intera collettività, secondo una struttura piramidale che comprende: — il re, il quale ha la sovranità sulla città e sul suo territorio e concentra nelle proprie mani il potere politico, economico e militare; — i nobili, che stanno attorno al re, appartengono alle famiglie più illustri o alla stessa famiglia reale e sono alti funzionari dell’amministrazione, membri della casta sacerdotale, oppure occupano i gradi più elevati dell’esercito; — la classe intermedia formata dagli artigiani e dai commercianti, che vivono nella città, ma non hanno potere decisionale; — gli addetti alla produzione di cibo, cioè gli agricoltori e gli allevatori, che si trovano alla base della piramide, i quali trattengono per la loro sussistenza una parte dei prodotti e devono consegnare il resto alla classe che vive nel palazzo. I produttori continuano a vivere per lo più nei villaggi e sono esclusi dalle questioni interne della città. Un ultimo dato da evidenziare si riferisce al fatto che all’inizio dell’età dei metalli compaiono pure le grandi costruzioni megalitiche (dal greco megas che significa «grande» e lithos «pietra»), monumenti costruiti con grandi blocchi squadrati di pietra grezza. Nell’Europa nord-occidentale sono diffusi i dolmen, così definiti dai termini bretoni doul (= tavola) e men (= pietra). Fino alla metà del XIX secolo si riteneva che i dolmen fossero opera delle popolazioni celtiche. Soltanto alla fine del secolo gli archeologi stabilirono che si trattava di tombe destinate alla sepoltura collettiva e risalenti alla fine del neolitico. I menhir — dal bretone men (= pietra) e hir (= lungo) — non erano invece monumenti funerari, pur avendo sicuramente un significato religioso. Sono massi monolitici, a forma di parallelepipedo oppure Estratto della pubblicazione
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cilindrici o conici, e di altezza variabile da due a dieci metri. Fa eccezione il menhir di Locmariaquer, in Francia, alto 20,5 metri. Sono caratteristici della Bretagna i gruppi di menhir allineati, mentre nelle isole britanniche si trovano menhir disposti in cerchio (cromlech). Ve ne sono anche in Italia, in provincia di Lecce, dove vengono chiamati pietrefitte, mentre si indicano col nome di trulli le caratteristiche costruzioni cilindriche dal tetto a cono, anch’esse appartenenti ai monumenti megalitici, che si trovano numerose specialmente ad Alberobello, in provincia di Bari. Tavola cronologica ca. 2,5 milioni - 10000 a.C.: Paleolitico: scoperta del fuoco; prime manifestazioni dell’arte rupestre. ca. 10000 - 6000 a.C.: Mesolitico: scioglimento dei ghiacciai; nascita delle prime. tecniche agricole. ca. 6000 - 4000 a.C.: Neolitico: nascita dell’agricoltura (economia produttiva); processo di sedentarizzazione; diffusione della ceramica, della filatura e della tessitura; sviluppo dell’allevamento; uso del baratto; invenzione della ruota. Ultimo periodo del Neolitico: Età del rame. ca. 4000 - 1000 a.C.: Età del bronzo: si sviluppa la lavorazione dei metalli; nascita delle grandi civiltà dell’Egitto, della Mesopotamia e dell’Egeo. ca. 1000 a.C: Età del ferro: si passa dall’ambito della Preistoria a quello della Storia.
Glossario Baratto: è generalmente considerato come la prima forma storica di scambio commerciale di beni, molto anteriore alle forme di scambio monetario. Nel baratto il valore dei beni che sono oggetto dello scambio viene considerato equivalente fra le parti, senza ricorrere ad un’unità di misura monetaria dei beni stessi. Il valore di equivalenza viene raggiunto attraverso la considerazione qualitativa e quantitativa delle merci secondo l’accordo delle parti che per lo più si richiama a ragioni di reciproco fabbisogno. Con la lavorazione dei metalli man mano l’uso della moneta si è imposto nello scambio commerciale. Ritrovamenti archeologici confermano che fin dal III millennio a.C. in Egitto e in alcune regioni orientali, pezzi di metallo (oro e argento) venivano usati come elementi di unità monetaria. Primati: ordine di mammiferi adattati a una vita per lo più arboricola e secondariamente terrestre, che presentano deambulazione bipede. Fanno parte dei primati tutte le scimmie, arboricole e antropomorfe, e l’uomo (l’unica specie che conduce vita al suolo con andatura bipede e stazione totalmente eretta).
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CAPITOLO SECONDO GLI EGIZI
Sommario: 1. L’antico Egitto. - 2. I Tre Regni. - 3. La struttura sociale. - 4. La religione. - 5. Le testimonianze della civiltà egizia.
1. L’ANTICO EGITTO Tra le civiltà fluviali, quella egizia è la prima a essersi data una struttura politica stabile e unitaria. Alla fine del IV millennio a.C., infatti, quando nel Vicino Oriente le regioni più progredite erano ancora organizzate in piccole città-stato, nella valle del Nilo nacque uno Stato accentrato fondato su un saldo apparato burocratico. Della civiltà egizia si conservano numerose testimonianze sotto forma di monumenti e documenti scritti. Nessun’altra civiltà ad essa coetanea ci ha lasciato tracce altrettanto numerose della propria storia. Per questa ragione gli studiosi hanno avuto la possibilità di ricostruire il corso delle vicende di questo popolo con un ragionevole grado di sicurezza, sebbene la storia dell’Egitto si dipani lungo un periodo di tempo di tremila anni. I confini dell’Antico Egitto non differivano da quelli attuali: il Mediterraneo a nord, il mar Rosso ad est e il deserto libico a sud e a ovest. Il Nilo che attraversa il paese da sud a nord è sempre stata la maggiore fonte di ricchezza del paese. Le sue acque, infatti, straripando a causa delle periodiche piene, rendono fertili i terreni situati in prossimità delle sue rive. Come accade ancora oggi, le inondazioni del Nilo depositavano sul terreno uno strato di limo, sostanza fertilizzante ricca di minerali di alluminio, ferro, fosforo e potassio. La terra assume così una colorazione nerastra, da cui l’antico nome di Kemet ossia «terra nera» con il quale gli antichi popoli dell’Egitto chiamavano la loro terra. Gli Egiziani appartengono alla stirpe camitica, ma, nei frequenti contatti con le popolazioni semitiche, ne assimilarono molti caratteri. Nella seconda metà del IV millennio il paese è diviso in due Stati monarchici: l’Alto Egitto a sud e il Basso Egitto a nord, fino al delta del Nilo.
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L’unificazione sotto un unico re, avviene intorno al 3000 a.C. ad opera di Menes, che stabilisce a Menfi la capitale del regno, punto di collegamento fra i due regni preesistenti, sottolineando, così, la propria volontà di riconciliazione del paese. La tradizione che fa di Menes il primo faraone risale a Manetone, sacerdote e storico vissuto tra la fine del IV e la prima metà del III secolo a.C. Manetone scrisse in greco, attingendo a fonti locali, una storia dell’Egitto (Aigyptiaká) di cui ci sono giunti estratti in opere posteriori (Giuseppe Flavio, Sesto Africano, Eusebio di Cesarea), nella quale disponeva i re egizi in successione ordinata, raggruppandoli per dinastie. All’inquadramento storico di Manetone si fa tutt’ora riferimento, così come è ancora valida la tradizionale scansione della storia egizia in tre regni — Antico, Medio e Nuovo — intervallati da due periodi intermedi e seguiti dall’Epoca Tarda. Alle trenta dinastie è possibile aggiungerne altre tre contando il secondo periodo persiano, il periodo tolemaico e gli imperatori romani. Secondo Manetone, Menes diede vita alla prima dinastia, formata da sette faraoni, e regnò per sessanta anni; sempre a lui lo storico greco attribuisce la fondazione della città di Menfi, che sarà per molto tempo la capitale del regno. Altre fonti, tra cui la tavola di Abido e quella di Saqqara, la pietra di Palermo (documento conservato nel capoluogo siciliano), il papiro reale di Torino ed una lista non completa incisa nella «Camera degli Antenati» di Thutmosi III a Karnak, concordano con le notizie riportate da Manetone. Secondo altre fonti, invece, tra cui una paletta per trucco ritrovata sul finire dell’Ottocento nella città di Hierakompolis, a fondare la prima dinastia egizia e ad unificare il paese sarebbe stato Narmer. Alcuni studiosi identificano Narmer con Menes considerandola la stessa persona, mentre altri sono propensi a credere che la figura di Menes sia più vicina alla leggenda che alla verità storica e che sotto il suo nome si celi l’operato di più sovrani, tra i quali Narmer. Non sempre è stato possibile associare ai nomi forniti da Manetone un sovrano conosciuto attraverso altre fonti sia epigrafiche che archeologiche. Scarsamente affidabili sono le indicazioni relative alla durata dei regni che risulta spesso sovrastimata: secondo Manetone le trenta dinastie avrebbero governato l’Egitto per oltre 5.000 anni.
Dalla nascita dello Stato unitario fino alla conquista di Alessandro Magno nel 332 a.C si succedono centinaia di sovrani per un totale di 31 dinastie. 2. I TRE REGNI La storia del regno egiziano è tradizionalmente divisa in tre grandi periodi, separati tra di loro da una fase di decadenza o di invasioni straniere. A) Antico Regno Viene chiamato Antico Regno (3000 - 2150 a.C.) il periodo compreso tra l’unificazione dello Stato e la fine della VI dinastia, ricordato anche come l’«età delle piramidi», perché le più imponenti piramidi egiziane
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vengono erette dai faraoni della IV dinastia, Cheope, Chefren e Micerino a Giza. Allo stesso periodo risale anche la costruzione dell’imponente Sfinge. Sono questi secoli di prosperità durante i quali l’Egitto allaccia rapporti commerciali soprattutto con i popoli confinanti: i Nubi a sud, contro i quali, però, si organizzarono anche spedizioni militari per espandere i confini del regno, e i Libi a occidente. Nella concezione del potere che si afferma e si rafforza durante l’Antico Regno il faraone è figlio di Ra, il dio-sole di Eliopoli e adorato egli stessi come divinità. A lui spetta il compito di conservare l’ordine cosmico e in lui si accentrano tutti i poteri. Alla fine dell’Antico Regno, l’Egitto attraversa un periodo molto tormentato. Il largo impiego nelle opere pubbliche di manodopera sottratta all’agricoltura contribuisce ad aggravare una crisi economica dovuta alle insufficienti inondazioni del Nilo, mentre nelle province lo strapotere dei governatori determina una situazione di anarchia feudale. Il secolo e mezzo di disordini che travaglia l’Antico Egitto viene definito dagli storici «primo periodo intermedio» (2150-2040 a.C.). Nonostante la situazione politica molto conflittuale e incerta, questo momento della storia dell’Egitto è caratterizzato da un deciso rinnovamento intellettuale, che, probabilmente, si deve proprio alla debolezza del potere del faraone. Le opere letterarie dell’epoca, generalmente improntate a un amaro pessimismo, ci restituiscono l’immagine di un mondo che ha perso il proprio centro. In un cosmo privo di punti di riferimento gli uomini si interrogano sul proprio posto nel mondo e sul proprio destino dopo la morte, e nasce l’idea di un giudizio individuale con il quale il defunto dovrà rendere conto del proprio operato di fronte alla dea Maat, la divinità dell’equilibrio cosmico, dell’ordine e della giustizia.
B) Medio Regno Alla situazione di disordine politico del «primo periodo intermedio» mettono fine i prìncipi di Tebe che ristabiliscono gradualmente un’unica sovranità su tutto il regno. La capitale viene trasferita a Tebe e ha così inizio il Medio Regno (o «periodo tebano»), collocabile tra il 2040 e il 1750 a.C. circa, che segna una fase di ripresa economica e politica, soprattutto grazie all’abilità di governo dei re della XII dinastia. Il controllo dei funzionari regi sulle varie zone del paese diventa meno rigido e viene raggiunta una notevole espansione commerciale interna, mentre il commercio estero rimane monopolio del faraone. Si importano dai paesi del Vicino Oriente Estratto della pubblicazione
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generi di lusso, come il legname di cedro dal Libano, il rame dal Sinai e l’oro dalla Nubia. Vengono realizzate in questo periodo grandiose opere idrauliche per regolare il corso del Nilo e conquistare nuove terre all’agricoltura; la più importante fu la realizzazione di un grande serbatoio chiamato Lago di Meride. Il controllo sulla Nubia, perduto durante i decenni di crisi, viene ristabilito da Sesostris I, il più grande faraone del Medio Regno, promotore anche di una riforma amministrativa che risana il bilancio statale. Nell’ultima fase del Medio Regno si assiste alla decadenza del potere centrale e alla costituzione di vari regni indipendenti. La crisi politico-sociale («secondo periodo intermedio» dal 1750 al 1540 a.C.) contribuisce indubbiamente a favorire l’invasione degli Hyksos, un popolo di predoni di stirpe semitica. Gli invasori assunsero il dominio diretto del Basso Egitto e assoggettarono parzialmente l’Alto Egitto. Tuttavia, non sembra che la dominazione hyksos sia stata particolarmente dura per le popolazioni egiziane. Dalle testimonianze che sono giunte fino a noi, si può anzi dedurre che, sul piano amministrativo, i nuovi regnanti adottarono in toto le strutture preesistenti e le affidarono molto spesso a funzionari egiziani. Dimostrarono la stessa accortezza sul piano religioso e culturale: non vollero, infatti, estirpare i culti e le tradizioni autoctone, pur non rinunciando alla propria identità. Si deve, inoltre, agli Hyksos l’introduzione in Egitto del cavallo e del carro da guerra, fino ad allora sconosciuti. Nel corso della loro permanenza nel paese, vi si stanziarono anche gli Ebrei. C) Nuovo Regno Sono ancora una volta i principi di Tebe i fautori della ripresa egiziana: essi cacciarono gli Hyksos e avviarono un periodo di espansione durante il quale la potenza egiziana giunse all’apogeo (Nuovo Regno: 1540 - 1070 a.C.) con l’assoggettamento della Fenicia, della Palestina e della Siria ad opera del faraone Tutmosi III. Vengono eretti in questo periodo i templi di Luxor e Karnak e le monumentali costruzioni funerarie della Valle dei re. Le dinastie del Nuovo Regno dovettero fronteggiare il potere dei sacerdoti di Amon di Tebe che, avendo acquisito grandi ricchezze e influenza, minavano l’autorità degli stessi faraoni. Ma dovettero affrontare anche nuove popolazioni e imperi — in particolare gli Ittiti e gli Assiri — che minacciavano dall’esterno i confini del regno.
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Durante l’ultimo millennio della sua lunga storia l’Egitto subì altre invasioni: degli Assiri (670 a.C.) dei Persiani (525 a.C.), dei Macedoni (332 a.C.) e infine dei Romani (30 a.C.). 3. LA STRUTTURA SOCIALE Sin dai tempi più antichi il paese fu diviso in distretti amministrativi o province, chiamati dai Greci «nomi». Ognuno di essi aveva una sua capitale e un tempio dedicato alle divinità locali. Il potere assoluto era nelle mani del faraone, che lo esercitava nelle province per mezzo di governatori con un’organizzazione fortemente accentrata. Il rango più elevato tra i funzionari è quello che gli studiosi, usando un termine turco, chiamano visir. Fino alla XVIII dinastia vi è un unico visir in tutto l’Egitto, ma in seguito questa carica viene ricoperta da due amministratori, uno nel sud e l’altro nel nord del regno. Le competenze del visir sono molte: usando una terminologia moderna possiamo dire che egli è ministro della guerra, degli interni, dell’agricoltura e di grazia e giustizia. Funzionari e amministratori locali hanno un ruolo fondamentale nella vita del regno. Numerose testimonianze ci sono rimaste anche di abusi commessi da questi ultimi nei confronti di sudditi di bassa condizione sociale. Ma sono gli stessi faraoni a emanare provvedimenti per proteggere i cittadini di tutte le classi sociali dalle prepotenze di funzionari e soldati. Del resto la difesa dell’ordine e della giustizia, anche nella forma di equità nei confronti degli umili, era prerogativa principale del faraone. E non solo del faraone, a giudicare da quanto scritto nei papiri del cosiddetto Libro dei morti, raccolta di testi di epoche diverse nei quali compaiono in geroglifico formule magiche, inni e preghiere che dovevano accompagnare il defunto nel suo viaggio nell’aldilà. Nel Libro dei morti viene illustrata l’idea di un giudizio che attende tutti i defunti, per i quali costituirà titolo di merito non aver compiuto «iniquità invece che giustizia», non aver sopportato di vedere il male, e non essersi accanito contro il povero.
In Egitto esisteva un diritto alla proprietà privata della terra, attestato da documenti che sono la base anche di eventuali passaggi di proprietà. Tuttavia si tratta di un diritto che aveva precisi limiti: la grande proprietà fondiaria, per esempio, non poteva superare i 100 ettari di estensione. Generalmente si pensa a quella egiziana come ad una società rigidamente organizzata in caste separate, ossia priva di meccanismi di promozione sociale e di eguaglianza di diritti. In realtà, almeno per tutto l’Antico Regno non era necessario appartenere ad una particolare classe sociale per diventaEstratto della pubblicazione
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re funzionari. Ed è vero in generale che, nel corso di tutta la millenaria storia della civiltà egizia, i faraoni hanno dovuto combattere la tendenza di funzionari locali e sacerdoti a considerare il potere che esercitavano e i benefici di cui godevano come ereditari. Per esempio i monarchi della XVIII dinastia non solo abolirono i privilegi di nobiltà e sacerdozio, ma fecero in modo che i funzionari venissero scelti fra i migliori di ogni classe sociale e che i titoli nobiliari non fossero ereditari. È solo con la fine del Nuovo Regno che il sistema delle classi sociali diventa rigido: si assiste al progressivo consolidarsi del potere e dei privilegi dei nobili locali e dei templi e al peggioramento della condizione dei ceti più poveri. A parte funzionari e clero, la società egiziana era composta da artigiani, soldati, contadini e operai, e servi. Gli artigiani erano orefici, ebanisti, tessitori, tintori e, soprattutto nelle città del delta del Nilo, marinai che esercitavano il commercio con le più vicine isole del Mediterraneo. Erano liberi cittadini che svolgevano il loro lavoro per le classi più ricche e partecipavano, anche se marginalmente, del loro benessere. A giudicare dai documenti che ci sono pervenuti, la condizione dei militari non era invece particolarmente invidiabile a causa della rigida disciplina che veniva loro imposta. Sappiamo che l’Egitto aveva un esercito permanente e che vigeva l’obbligo del servizio militare per i giovani. Molti mercenari stranieri militavano nelle armate del faraone, soprattutto come arcieri. Vi era anche un corpo di fanteria e, dopo che gli Hyksos introdussero l’uso dei cavalli, i giovani di famiglia ricca venivano impiegati alla guida dei carri da guerra. I contadini lavoravano per i privati, nelle terre del faraone o nelle terre appartenenti ai templi. In qualche caso potevano anche prendere in affitto un terreno ed essere proprietari di qualche capo di bestiame. I loro compiti erano scrupolosamente elencati in un vero e proprio contratto di lavoro depositato in un ufficio statale. Qualora i datori di lavoro non avessero rispettato le clausole contrattuali potevano essere citati in giudizio nei tribunali locali. Ogni anno, durante le piene del Nilo, i contadini che abitavano le rive del fiume venivano convocati presso la «Grande Casa» (così gli Egiziani chiamano il palazzo reale) per lavorare nei cantieri delle piramidi, dei templi, e delle statue colossali. Estratto della pubblicazione
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Più in basso di contadini e operai, addetti questi ultimi alle cave e alle miniere, nella scala sociale erano i servi, uomini e donne di proprietà del re, dei templi o dei privati. Gli uomini erano generalmente destinati alla coltivazione dei campi, le donne alla cura della casa. Per quello che si sa, le loro condizioni di vita non erano miserabili e si sono conservate testimonianze di decreti reali che, durante l’Antico Regno, proteggevano i servi che lavoravano nei templi. Grande importanza nel sistema sociale rivestivano invece gli scribi, che affiancavano i funzionari nella contabilità e nella gestione degli affari. Gli scribi apprendevano fin dall’infanzia la complessa scrittura geroglifica, il calcolo, le mansioni amministrative e avevano il compito — necessario in una società dove tutto è diretto dall’alto — di calcolare, inventariare e registrare le merci contenute nei magazzini. Durante l’Antico Regno l’arte della scrittura veniva tramandata di padre in figlio: era, infatti, lo scriba a fare personalmente da maestro al proprio figlio. A partire dal Medio Regno, in alcune città nacquero le prime scuole degli scribi chiamate «case della vita» alle quali i bambini potevano accedervi all’età di quattro anni. Gli aspiranti scribi imparavano a leggere e a scrivere ripetendo a memoria, sotto la guida del maestro, i testi che servivano da manuali. Inizialmente scrivevano su frammenti di calce o ceramica, o di legno ricoperto di gesso, dal momento che il papiro era un materiale molto costoso. L’apprendistato finiva verso i dodici anni e lo scriba oltre a saper scrivere doveva anche conoscere le leggi e avere nozioni di aritmetica per calcolare le tasse. I sacrifici cui erano sottoposti i giovani per diventare scribi erano compensati da un’invidiabile posizione sociale, basata sulla consapevolezza del potere che conferisce il «sapere», paragonabile solo a quello che l’arte della magia dà ai sacerdoti. L’importanza fondamentale di questa casta è dimostrata dal fatto che essa aveva una propria divinità tutelatrice: il dio Thot. Questi, rappresentato sia come babbuino che come ibis, era ritenuto inventore della scrittura e del calendario.
4. LA RELIGIONE A) L’adorazione degli animali Nella società egiziana la religione ha una grande importanza e condiziona tutta la vita del paese: dall’agricoltura, che è regolata dalle piene del Nilo, alle questioni politiche, dove l’autorità suprema, il faraone, ha essenza divina. I sacerdoti hanno un potere enorme nella società e spesso hanno influenza sullo stesso sovrano. Nella fase preistorica della loro civiltà gli Egizi, come tutti i popoli primitivi, adoravano la forza della natura e gli animali che vivevano nel bacino del Nilo. Il culto del bue Api e della vacca Athor risale a questo periodo. La Estratto della pubblicazione
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religione degli Egizi aveva, dunque, carattere «teriomorfico» (dal greco terion che significa «bestia»): accanto agli dèi che avevano sembianze umane, vi erano divinità animali. Il culto dell’animale sacro nasce in età primitiva, quando le comunità umane non hanno ancora scoperto l’agricoltura e vivono di caccia e di raccolta. A questa fase della preistoria appartengono i graffiti, che rappresentano animali, ritrovati sulle pareti delle caverne in località diverse. Disegnandone l’effigie sulla roccia o indossando le pelli dell’animale, il cacciatore del Paleolitico credeva di appropriarsi così della sua forza, della sua velocità o del suo coraggio. Questa credenza va scomparendo col passaggio dal nomadismo alla vita sedentaria e alla costituzione di società urbane, ma presso alcuni popoli sopravvive, anche se in forme diverse.
Nella società egizia la divinizzazione dell’animale, soprattutto a livello locale, persiste anche dopo la rivoluzione agricola, quando la sopravvivenza umana non è più affidata solo alla caccia. La popolazione del Nilo conserva queste antiche usanze e continua a imbalsamare i defunti e a conservarli avvolti in pelli di bufalo, perché la forza dell’animale si trasmetta al Ka, al fluido vitale dell’uomo, anche dopo la morte. B) Il mito di Osiride Mentre il culto degli animali sacri sopravvive anche in epoca più tarda, la divinizzazione dei fenomeni naturali viene personificata nella figura di Osiride che simboleggia la fertilità della Terra. Il faraone è considerato appunto il figlio di Osiride e della sua sorella-sposa, Iside. Egli si identifica però anche con Ra, la divinità che rappresenta il Sole. Secondo il mito, Gheb, dio della Terra, e Nut, dea del cielo, generarono Osiride, Seth, Iside e Neftis. Il trono andò ad Osiride e Iside dai quali nacque Horus. Osiride insegnò agli Egiziani a coltivare la terra, a lavorare i metalli e a vivere in pace. Un giorno Osiride partì per portare la civiltà anche nel resto del mondo e, durante la sua assenza, lasciò la reggenza a Iside. Il fratello Seth, però, escluso dal trono, ordì continui inganni per vendicarsi. Quando Osiride tornò dal suo viaggio Seth gli tese un tranello: lo rinchiuse in una bara e lo abbandonò alle acque del Nilo. Dopo lunghe peripezie, Iside riuscì a recuperare il corpo del marito, si trasformò in falco e, agitando su di lui le ali, cercò di ridargli il soffio della vita. Seth trovò il corpo di Osiride e lo tagliò in quattordici parti che sparse per tutto l’Egitto. Iside tornò a cercare i resti del marito e dopo immense fatiche riuscì a ricomporli. Con l’aiuto del dio Anubi, guardiano dei morti, imbalsamò il corpo e confezionò così la prima mummia. Da allora Osiride governò il regno dei morti.
Nel periodo dinastico, quando nasce la società urbana, si assiste ad una antropomorfizzazione della divinità: l’animale-Dio viene sostituito dal «capo» inteso come punto di riferimento simbolico della religiosità del po-
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polo. L’intera comunità si identifica nel faraone: il suo Ka diventa il Ka dell’Egitto. La piramide, la tomba del faraone, è la casa del Ka, come la «Grande Casa» lo era quando il sovrano era ancora in vita. C) L’immortalità e il giudizio divino La morte non era considerata dagli Egizi come un’estinzione definitiva dell’uomo: essi, infatti, credevano nella vita ultraterrena e gli stessi riti funebri erano concepiti in virtù di questa credenza. Per ottenere la vita dopo la morte, il Ka aveva necessità che il corpo del defunto fosse intatto: la mummificazione dunque serviva affinché il corpo fosse preservato dal disfacimento e la forza vitale potesse rientrarvi. Il procedimento conservativo consisteva nell’asportare i visceri, ad eccezione del cuore ed dei reni, che venivano avvolti in bende e conservati in quattro vasi, detti canopi. Il cadavere dopo essere stato trattato con balsami profumati e ingredienti vari, veniva avvolto in bende e deposto nel sarcofago, solitamente antropomorfo e fatto di legno o di pietra. Subito dopo iniziava la processione verso la tomba. Cibi, oggetti preziosi, armi circondavano la mummia posta nel sarcofago perché il Ka, rientrando nel corpo, potesse godere di ciò che il popolo gli offriva e a tal scopo il sacerdote prima della chiusura della tomba procedeva al rito dell’apertura della bocca del defunto. Anche il Libro dei morti veniva collocato di solito all’interno delle tombe e talvolta fra le bende che fasciavano la mummia.
Il defunto iniziava il suo lungo viaggio nel mondo dell’oltretomba guidato da Anubi. Condotto nella Sala delle due Verità, egli doveva comparire davanti al tribunale di Osiride per conoscere la sua sorte futura. Davanti al dio e a quarantadue giudici il suo cuore veniva pesato insieme alla «piuma della verità» su una bilancia posta sotto il controllo del dio Thot, scriba supremo. Se il cuore era più pesante della piuma, simbolo della giustizia, il defunto veniva dato in pasto ad un mostro dal corpo metà leonessa e metà ippopotamo, chiamato Amit. In caso contrario, era ammesso nel regno di Osiride. Con questa concezione dell’aldilà per la prima volta si afferma nella storia dell’uomo la credenza per la quale la vita eterna dei defunti dipende dalla loro condotta terrena. D) Il culto del dio Sole A partire dalla XII dinastia viene introdotto il culto di Amon che rappresenta la fase più evoluta della religiosità nilotica, in quanto si tratta di una specie di semi-monoteismo. Pur conservando i culti teriomorfici e naturalistici, gli Egizi pongono Amon al punto più alto della gerarchia religioEstratto della pubblicazione