Stati Uniti d’America
AGGIORNAMENTO AL 1^ SEMESTRE 2010 STATI UNITI
1.
QUADRO MACROECONOMICO
a)
Andamento congiunturale
La congiuntura economica americana nel primo semestre 2010 e’ stata caratterizzata da alcuni segnali positivi ma anche da perduranti fattori di incertezza che hanno determinato la necessita’, da parte dell’Amministrazione Obama, di proseguire le politiche di “contenimento” degli effetti della crisi e di rilancio dell’economia. I tassi di crescita del PIL sono stati inferiori alle aspettative (solo +1.6% nel secondo trimestre), e per ammissione dello stesso Presidente Obama e del Chairman della FED, Bernanke, le previsioni indicano una tendenza alla crescita piu’ lenta delle aspettative dovuta al clima generale di incertezza che frena gli investimenti, all’alto tasso di disoccupazione e al permanere di condizioni di crisi del mercato immobiliare. Il sistema bancario e quello finanziario sembrano avviati verso una stabilizzazione. Il credito al consumo resta tuttavia difficoltoso e permangono condizioni di “stretta creditizia” che penalizzano le imprese medio-piccole e frenano una ripresa economica “autonoma”, indipendente dal forte sostegno pubblico alla domanda. Secondo i dati del giugno 2010 pubblicati dal Dipartimento del Lavoro, la percentuale dei disoccupati si e’ attestata al 9,5%. I segnali di miglioramento dell’economia americana (stabilizzazione del settore finanziario, ritorno in attivo di alcune grandi banche, settore dell’auto in ripresa, l’indice Dow Jones sostanzialmente positivo, intorno ai 10.000 punti), rappresentano aspetti importanti da sottolineare pur con la dovuta cautela. Nel primo trimestre del 2010, secondo le analisi della Banca d’Italia, il PIL degli Stati Uniti è aumentato del 2,7 per cento in ragione d’anno, l’attività economica è stata sostenuta dal ciclo delle scorte e dall’accelerazione dei consumi privati, cresciuti del 3 per cento. La decelerazione rispetto al quarto trimestre del 2009 riflette principalmente il minore apporto delle scorte e il contributo nuovamente negativo delle esportazioni. La crescita del PIL è proseguita anche nel secondo trimestre sia pure ad un tasso inferiore (+1.6%). La spesa delle famiglie è ancora frenata dalle sfavorevoli condizioni del mercato del lavoro e dalla debole situazione dei bilanci. Nel bimestre aprile-maggio, i consumi sono aumentati di poco più del 2% in ragione d’anno, nonostante la crescita del 6 per cento del reddito disponibile; il tasso di risparmio delle famiglie è risalito al 4% per cento in maggio. Dopo i segnali di miglioramento emersi nei primi mesi dell’anno, la situazione del mercato del lavoro ha mostrato solo limitati progressi. Nel secondo trimestre la crescita dell’occupazione nel settore non agricolo ha beneficiato delle assunzioni temporanee nel settore pubblico connesse al censimento della popolazione, che hanno contribuito per circa due quinti all’incremento complessivo di 621.000 unità. Il tasso di
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1^ sem. 2010
disoccupazione, misurato sulla base dell’indagine delle famiglie, è sceso al 9,5 per cento in giugno, principalmente per effetto della minore partecipazione al mercato del lavoro. Riflettendo la debolezza della domanda e le condizioni di offerta ancora stringenti, i prestiti delle banche commerciali alle imprese hanno continuato a calare nel secondo trimestre, seppure a ritmi più contenuti. L’indagine della FED sul credito bancario pubblicata in aprile segnala che nel primo trimestre del 2010 le condizioni di offerta sono rimaste sostanzialmente restrittive, come nei tre mesi precedenti. In un contesto di più acuta avversione al rischio, nel secondo trimestre le società non finanziarie hanno fatto un minor ricorso al mercato obbligazionario rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Il mercato degli immobili residenziali ha tratto un beneficio temporaneo dalle agevolazioni fiscali all’acquisto. Con l’approssimarsi della scadenza degli incentivi, si è registrata in aprile una forte ripresa delle vendite di nuove abitazioni; nel mese successivo, venuti meno gli incentivi, le vendite di nuove abitazioni sono crollate, collocandosi al livello più basso dall’inizio della crisi. La stabilizzazione del mercato continua a essere ostacolata dalla considerevole incidenza delle nuove procedure esecutive sui mutui in essere, che ampliano l’offerta presente sul mercato. I prezzi delle abitazioni, misurati dall’indice Case&Shiller relativo alle dieci principali città, hanno continuato a mantenersi stabili. L’inflazione è scesa al 2,0 per cento in maggio riflettendo il rallentamento dei prezzi dell’energia. Al netto dei prodotti energetici e alimentari, la crescita dei prezzi si è ridotta, nei primi due mesi del secondo trimestre, allo 0,9 per cento, il livello più basso dal 1966, segno che le pressioni inflazionistiche di fondo sono rimaste contenute. Scontando un ulteriore rallentamento nella dinamica dei prezzi nei prossimi mesi, le previsioni sull’inflazione al consumo censite da Consensus Economics sono state riviste nettamente al ribasso rispetto allo scorso marzo, all’1,7 per cento. Per quanto riguarda gli aspetti monetari e finanziari la Federal Reserve conferma l’orientamento espansivo sui tassi di interesse, che secondo le aspettative dovrebbero essere mantenuti su livelli bassi per un periodo di tempo esteso. Nelle riunioni della FED di marzo e di giugno scorsi, e’ stato confermato l’intervallo-obiettivo per il tasso d’interesse sui federal funds, compreso tra lo 0,0 e lo 0,25 per cento, ribadendo l’intenzione di mantenerlo invariato per un periodo di tempo prolungato. Nel quadro degli interventi delineati in febbraio per ridurre progressivamente le riserve bancarie e normalizzare le condizioni del mercato monetario, in giugno la Banca centrale statunitense ha condotto due aste di depositi vincolati. Il Presidente della FED Bernanke, da parte sua, ha affermato piu’ volte che l’economia americana e’ avviata ad una fase di “moderate economy recovery” pur a fronte di un alto tasso di disoccupazione e persistendo la necessità che si definisca una strategia di rientro progressivo del deficit pubblico. Il dibattito economico continua a concentrarsi sulla capacità di tenuta di una ripresa basata su straordinarie misure di sostegno pubblico alla domanda (Stimulus Package). Persiste il timore di possibili ricadute recessive in caso di prematura riduzione della spesa pubblica per ragioni legate al pur necessario contenimento del deficit. Il deficit federale nel 2009 e' stato infatti di 1413 miliardi di dollari, pari al 9.9% del PIL, mentre per il 2010, secondo il Congressional Budget Office, si dovrebbe attestare a 1340 miliardi di dollari (9.1% del PIL) mentre il debito pubblico e’, in giugno, pari all’ 88% del PIL. L'Amministrazione rivendica con forza il merito di aver saputo evitare una depressione paragonabile a quella del '29 rilevando che l'attenzione deve ora concentrarsi sul rilancio dell'occupazione e le misure a favore del mondo del lavoro.
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Il settore finanziario nel suo complesso appare aver ormai definitivamente superato lo spettro del "meltdown" sistemico evocato dal fallimento della Lehman Brothers nel settembre 2008. Le principali banche stanno infatti ripagando al Tesoro i finanziamenti di emergenza ricevuti nel quadro del piano di salvataggio. Il consolidamento bancario dovrebbe dunque permettere il perfezionamento del riassetto normativo del settore senza gli effetti restrittivi sul credito che avevano finora indotto l'Amministrazione alla prudenza. Alla fine di giugno e’ stata approvata in via definitiva l’importante legge di riforma del sistema finanziario, provvedimento del quale l’Amministrazione Obama aveva piu’ volte sottolineato la priorita’ teso a depotenziare la cause strutturali che hanno determinato la crisi. E’ una riforma considerata necessaria per tutelare gli interessi non solo dei consumatori, ma anche degli imprenditori e degli investitori, e finalizzata a ristabilire un rinnovato spirito di fiducia tra “Wall Street” e “Main Street”. Tre sono i punti centrali della legge: 1- La creazione in seno alla FED di una nuova divisione con compiti di tutela del consumatore e con l'autonoma facolta' di riscrivere regole e procedure di offerta al pubblico dei servizi finanziari come prestiti e carte di credito; 2- Il mantenimento di poteri di supervisione della FED sugli istituti finanziari ; 3- L’introduzione di un nuovo Consiglio dei Regolatori finanziari, presieduto dal Segretario al Tesoro, composto da 9 membri con il compito di monitorare il sistema finanziario ed individuare preventivamente situazioni suscettibili di provocare rischio sistemico. Il disastro ambientale seguito all'incidente alla piattaforma BP "Deepwater Horizon" del 20 aprile u.s nel Golfo del Messico, pone, a livello economico, incertezza sul futuro della decisione presa dall'Amministrazione Obama solo poche settimane prima, di autorizzare in via di principio l'avvio di nuove operazioni offshore al largo delle coste atlantiche, dell’Alaska settentrionale e nel Golfo del Messico. La Casa Bianca ha sottolineato la temporaneita' della decisione di sospendere qualsiasi autorizzazione a nuove trivellazioni finche' non sara’ completato l’accertamento delle cause del disastro, che potrebbe richiedere tempi lunghi.
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Grado di apertura del Paese al commercio internazionale ed agli investimenti esteri
Secondo i dati sull’import e l’export USA di beni rilasciati dall’US Department of Commerce, nel primo semestre del 2010 gli Stati Uniti hanno importato merci per un totale di 905,4 miliardi di dollari, registrando un aumento del 26,6% rispetto al primo semestre 2009, e ne hanno esportate per 611,7 miliardi (+22,9% rispetto al primo semestre 2009). La buona performance registrata dell’export, tuttavia è stata controbilanciata da un’altrettanto sostanzioso aumento delle importazioni che ha fatto registrare un disavanzo commerciale di 293,7 miliardi rispetto ai 217,5 miliardi per lo stesso periodo del 2009.Come si vedrà più sotto, sia l’import che l’export hanno fatto registrare notevoli tassi di aumento in tutte le principali categorie merceologiche
INTERSCAMBIO COMMERCIALE U.S.A-Mondo Gennaio-Giugno milioni di dollari Variazione %
2009
2010
TOTALE IMPORT USA
715.196
905.482
+26,61
TOTALE EXPORT USA
497.651
611.727
+22,92
DEFICIT COMMERCIALE USA
- 217.545
- 293.755
Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce
IMPORTAZIONI Relativamente alle voci della bilancia commerciale statunitense di beni, la parte più rilevante delle importazioni USA resta sempre quella delle materie prime e dei prodotti petroliferi, che nel primo semestre 2010, con 296,1 miliardi di dollari, pari a quasi il 33% del totale dei beni importati dagli Stati Uniti, ha fatto registrare un aumento del 41,3% sul primo semestre 2009. Le altre importanti voci dell’import USA sono rappresentate dai beni di consumo (tra cui l’abbigliamento), beni d’investimento (tra cui i macchinari per l’industria), automobili e parti di ricambio (che ha fatto registrare l’aumento più alto in assoluto nel primo semestre 2010 (+68,5%), e prodotti alimentari e bevande, in aumento di quasi il 10% rispetto al 2009. I dati all’import di beni per il primo semestre rilevano come la domanda interna USA di beni provenienti dall’estero sia stata fortemente spinta dalla fase di temporaneo rafforzamento del dollaro.
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ESPORTAZIONI
Anche relativamente ai beni esportati dagli USA verso il resto del mondo, si registra, nel primo semestre 2010 un forte incremento (+22,9%). Tutte le principali categorie merceologiche sono in aumento, con un +59,4% per l’export di automobili e parti di ricambio, +37,4% per le materie prime ed i prodotti petroliferi, +12,2% per i beni d’investimento, +12,5% per i prodotti agroalimentari e bevande e +11,2% per i beni di consumo. SALDO Il deficit commerciale statunitense nel primo semestre 2010 è stato pari a 293,7 miliardi di dollari(+76,2 miliardi sul 2009). Hanno inciso maggiormente sull’aumento del deficit il forte aumento dell’import di materie prime e prodotti petroliferi e di automobili e parti.
INTERSCAMBIO U.S.A PER PRINCIPALI CATEGORIE MERCEOLOGICHE milioni di dollari Gennaio - Giugno 2009
2010
Variazione % 10/09
% sul totale ‘10
TOTALE IMPORT USA di cui:
715.196
905.482
26,61
100
ALIMENTARI E BEVANDE
40.772
44.826
9,94
5,0
MATERIE PRIME E PRODOTTIPETROLIFERI
209.586
296.136
41,30
32,7
BENI DI INVESTIMENTO
174.284
208.211
19,47
23,0
AUTOMOBILI E PARTI
63.293
106.628
68,47
11,8
BENI DI CONSUMO
198.196
220.194
11,10
24,3
ALTRI BENI
29.065
29.488
1,46
3,3
di cui:
497.651
611.727
22,92
8,0
ALIMENTARI E BEVANDE
43.568
49.021
12,52
30,5
MATERIE PRIME E PRODOTTI PETROLIFERI
135.570
186.318
37,43
34,9
BENI DI INVESTIMENTO
190.274
213.598
12,26
9,0
AUTOMOBILI E PARTI
34.468
54.957
59,44
13,3
BENI DI CONSUMO
73.055
81.259
11,23
4,3
ALTRI BENI
20.716
26.574
28,28
8,0
TOTALE EXPORT USA
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1^ sem. 2010
SALDO
Var. assoluta (milioni $)
di cui: - 217.545
- 293.755
- 76.210
ALIMENTARI E BEVANDE
2.796
4.195
1.399
MATERIE PRIME E PRODOTTI PETROLIFERI
- 74.016
- 109.818
- 35.802
BENI DI INVESTIMENTO
15.990
5.387
- 10.603
AUTOMOBILI E PARTI
- 28.825
- 51.671
- 22.846
BENI DI CONSUMO
- 125.141
- 138.935
- 13.794
ALTRI BENI
- 8.349
- 2.914
5.435
Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce
Per quanto riguarda la destinazione geografica delle esportazioni USA nel primo semestre 2010, nell’aumento generalizzato che queste hanno fatto registrare, ai primi tre posti nella graduatoria dei Paesi clienti degli Stati Uniti, si confermano rispettivamente Canada, Messico e Cina.Rispetto allo stesso periodo del 2009, le esportazioni verso il Canada sono aumentate del 26,7%, verso il Messico del 31,9% e verso la Cina 35,7%. Sostanziali tassi di aumenti si sono registrati anche per Taiwan (+60%), Corea del Sud (+53%) Singapore (+43%) e Brasile (+38%).
I principali fornitori degli USA sono stati la Cina, il Canada ed il Messico, che si sono aggiudicati, rispettivamente, il 17,7%, il 15,3% e il 12% del totale delle importazioni statunitensi. Per tali tre Paesi, l’aumento di beni esportati negli USA rispetto al 2009 è stato del 20,4% per la Cina, del 32,4% per il Canada e del 38,3% per il Messico.
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INTERSCAMBIO U.S.A PER PRINCIPALI PARTNER COMMERCIALI Milioni di Dollari Gennaio – Giugno
2009
2010
Variazione '10/'09 %
Quota sul totale '10 %
715.196
905.482
26,6
100
1. Cina
133.441
160.658
20,4
17,74
2. Canada
104.869
138.809
32,4
15,33
3. Messico
79.819
110.385
38,3
12,19
4. Giappone
42.689
55.883
30,9
6,17
5. Germania
32.707
38.329
17,2
4,23
6. Regno Unito
21.722
23.840
9,7
2,63
7. Corea del sud
19.219
22.339
16,2
2,47
8. Francia
16.693
18.644
11,7
2,06
9. Taiwan
13.311
16.395
23,2
1,81
10. Venezuela
12.079
16.352
35,4
1,81
11. Irlanda
14.754
16.012
8,5
1,77
12. Arabia Saudita
9.702
15.284
57,5
1,69
13. Nigeria
6.371
14.828
132,7
1,64
14. India
10.130
14.365
41,8
1,59
15. Italia
12.670
13.596
7,3
1,50
16. Malesia
10.245
12.669
23,7
1,40
TOTALE EXPORT USA di 497.651 cui:
611.258
22,8
100
TOTALE IMPORT USA di cui:
1. Canada
96.224
121.928
26,7
19,95
2. Messico
58.584
77.264
31,9
12,64
3. Cina
30.367
41.206
35,7
6,74
4. Giappone
24.704
29.248
18,4
4,78
5. Regno Unito
22.848
24.299
6,4
3,98
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1^ sem. 2010
6. Germania
21.186
23.2
9,5
3,80
7. Corea del sud
12.573
19.244
53,1
3,15
8. Brasile
11.854
16.354
38
2,68
9. Olanda
16.335
16.238
-0,6
2,66
9.953
14.241
43,1
2,33
11. Francia
13.799
12.971
-6
2,12
12. Belgio
10.654
12.348
15,9
2,02
13. Hong Kong
9.684
12.316
27,2
2,01
14. Taiwan
7.549
12.069
59,9
1,97
15. Australia
9.101
10.48
15,2
1,71
16. Svizzera
8.998
9.669
7,5
1,58
17. India
7.484
9.2
22,9
1,51
18. Italia
6.111
6.981
14,2
1,14
19. Malesia
4.418
6.638
50,2
1,09
10. Singapore
Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce
INVESTIMENTI ESTERI E GLOBALIZZAZIONE
Il fenomeno della globalizzazione dell'economia americana e mondiale si e’ sviluppato in forma ancora più marcata nell’ambito degli investimenti rispetto a quello del commercio di beni. Gli Investimenti Diretti Esteri – che a loro volta possono essere suddivisi in progetti di investimento greenfield, che consistono nella creazione di una nuova impresa o nello sviluppo ed espansione di una impresa gia’ esistente, ed in acquisizioni cross border di aziende gia’ esistenti - dal 2000 e fino al 2007 hanno registrato un vero e proprio boom, reso possibile dall’apertura dei mercati e dalla liberalizzazione dei movimenti di capitali che hanno permesso di effettuare tali investimenti senza molte restrizioni. Nel corso del 2008 e soprattutto del 2009, tuttavia, gli IDE hanno subito una forte battuta d’arresto; ciò a causa della grave crisi economica e finanziaria che ha colpito gli Stati Uniti ed il resto del mondo a partire dalla seconda meta’ del 2007. I dati pubblicati ad agosto 2010 dall’ United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD) nell’ultimo rapporto World Investment Report (WIR) 2010, rilevano come la crisi abbia cominciato a mostrare i suoi effetti proprio sui flussi mondiali di investimenti diretti esteri nel 2008, con una contrazione in entrata in quell’anno pari a circa il 15% (1.770 miliardi di dollari rispetto ai 2.099 miliardi del 2007). Ma e’ nel corso del 2009, quando la crisi ha contribuito ad un sostanziale calo degli IDE in entrata, che i flussi sono ammontati a circa 1.114 miliardi, una diminuizione del 37% rispetto al 2008. Anche i flussi in uscita, nel 2009 pari a 1.100 miliardi, hanno subito un calo del 43% rispetto all’anno precedente.
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1^ sem. 2010
L’UNCTAD ha registrato una lieve ripresa durante la prima meta’ del 2010 e prevede che i flussi in entrata dovrebbero raggiungere i 1.200 miliardi di dollari per tutto il 2010, e poi salire ai 1.300 -1.500 nel 2011. Gran parte del calo dei flussi mondiali di IDE nel 2009, sempre secondo l’ultimo rapporto dell’UNCTAD, e’ ascrivibile al crollo delle fusioni ed alle acquisizioni transfrontaliere (cross border mergers & acquisitions), che da un paio di decenni rappresentano la tipologia di investimenti diretti esteri più utilizzata, soprattutto nei paesi sviluppati. Nel 2009, infatti, hanno subito un calo del 34% in termini di numero e del 65% in termini di valore, rispetto all’anno precedente. Dal livello massimo del 2007, nel quale si sono registrate 7.000 operazioni di M&A per un valore di oltre 1.000 miliardi, si e’ scesi nel 2009 a 4.200 operazioni per un valore di 250 miliardi. La minore disponibilita’ di capitali finanziari, unitamente al calo della fiducia e alla sopravvalutazione delle aziende quotate in borsa, hanno causato un rallentamento nelle operazioni di fusione e acquisizione. I progetti greenfield, secondo i dati fDi Markets (banca dati del Financial Times), nel 2009 hanno registrato un calo piu’ modesto rispetto alle M&As, passando dai circa 16.000 del 2008 ai 13.727 del 2009. Passando ad analizzare in maniera specifica gli IDE da e verso gli Stati Uniti, e quindi il grado di apertura del Paese agli investimenti esteri, e’ certamente possibile affermare che, secondo tutte le statistiche prese in esame, e anche nel quadro generalizzato di una crisi economica mondiale, gli Stati Uniti si confermano essere, oltre che il principale investitore a livello globale, anche il principale beneficiario di investimenti dal resto del mondo. Così come si confermano ai vertici della classifica compilata dalla Banca Mondiale dei paesi nei quali risulta più agevole fare affari, collocandosi al quarto posto su una graduatoria di 178 paesi1. Secondo i dati rilevati dal Bureau of Economic Analysis dell’US Department of Commerce (BEA), il 2009 ha visto crescere le consistenze – lo stock – di IDE USA all’estero dell’8,9% così come sono cresciute del 7% le consistenze di operazioni dall’estero negli USA.
INVESTIMENTI DIRETTI STATUNITENSI ALL'ESTERO
Gli Stati Uniti, come appena evidenziato, restano il paese che di gran lunga investe di piu’ nel mondo al di fuori dei propri confini. Secondo le statistiche dell’UNCTAD, infatti, da ormai molti anni gli USA si attestano in prima posizione, sia in termini di stock (consistenze) di IDE all’estero, che in termini di flussi in uscita, seguiti da paesi quali la Gran Bretagna, la Francia, la Germania ed il Giappone. Nel 2009, ad esempio, secondo le ultime statistiche del rapporto WIR 2010, gli Stati Uniti hanno generato flussi di IDE in uscita per 248 miliardi di dollari, pari al 17% del totale. In seconda posizione troviamo la Francia, con 147 miliardi di dollari investiti, pari all’13% del totale. Per quanto riguarda gli stock, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un dato da cui si rileva come gli USA detengano la quota principale al mondo con 4.300 miliardi, pari al 22,7% del totale, nel 2009. Al secondo posto, con 1.719 miliardi, troviamo la Francia, seguita dalla Gran Bretagna con 1.651 miliardi.
Secondo i dati sui flussi di IDE nei pasi membri dell’OCSE, e sempre per l’anno 2009, gli USA si sono confermati al primo posto per flussi di investimenti in uscita con 268 miliardi di dollari in uscita (-23% rispetto al 2008). 1
Doing Business 2010,World Bank
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1^ sem. 2010
Anche prendendo in esame i dati sul numero dei progetti di investimento realizzati all’estero, si conferma ancora una volta l’assoluto primato statunitense con 2.907 progetti di investimento realizzati all’estero nel corso del 2009 e pari al 21% del totale, seguiti a distanza dalla Germania che ne ha realizzati 1.295 (9% del totale).
Passando invece ad analizzare i dati ufficiali del governo USA rilasciati dal Bureau of Economic Analysis sempre per l’anno 2009, lo stock degli investimenti diretti effettuati dagli Stati Uniti all’estero risulta essere stato pari a 3.508 miliardi di dollari rispetto ai 3.219 miliardi di dollari del 2008, con una crescita dell’8,4%. Nel 2009, invece, i flussi in uscita, riflettendo pienamente la crisi, sono risultati essere meno del 2008 e pari a 248 miliardi di dollari rispetto ai 330 miliardi del 2008 (-24%).
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEGLI INVESTIMENTI USA NEL MONDO Nel 2009, lo stock di investimenti USA all’estero è aumentato in tutte le principali aree geografiche, con l’Europa che si è aggiudicata il 56% del totale (1.976 miliardi di dollari sui 3.508 totali) e con un incremento dell’8% rispetto al 2008. L’Asia Oceania resta la seconda area geografica che detiene la quota maggiore di investimenti provenienti dagli USA con 511 miliardi di dollari di consistenze pari al 14,6% del totale. Tra le principali economie detentrici di investimenti diretti USA, figurano i Paesi Bassi e il Regno Unito, ognuno con consistenze negli USA del valore di circa 471 miliardi di dollari (13% del totale), seguiti al terzo e quarto posto dal Canada (259 miliardi) e dalle Bermuda (245 miliardi). La Germania e’ al nono posto con 116 miliardi di dollari (+8% rispetto al 2008), mentre la Francia, con 85 miliardi di dollari (pari al 2,4% del totale degli stock di investimenti diretti esteri USA), si colloca al tredicesimo posto. L’Italia, come vedremo in maggiore dettaglio piu’ avanti, dopo una crescita pari solo all’1,6% tra il 2007 e il 2008, e del 9,7% dal 2008 al 2009, si colloca in 20ma posizione in graduatoria con 31,4 miliardi di dollari di investimenti statunitensi (pari al 0,9% del totale), salendo di una posizione rispetto all’anno precedente a causa del calo del 29% dello stock USA in Svezia, passata in 21esima posizione. La Cina (esclusa Hong Kong) retrocede di tre posizioni nella graduatoria, passando dal 16mo posto che aveva nel 2008, al 19mo, con 49 miliardi di dollari investiti dagli Stati Uniti in questo Paese. E’ da rilevare, pero’, che, sommando a tale cifra quella relativa agli investimenti USA effettuati ad Hong Kong, il totale risulterebbe essere di ben 99 miliardi di dollari, facendo risalire la Cina al 12mo posto nella graduatoria.
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1^ sem. 2010
INVESTIMENTI DIRETTI USA ALL’ESTERO stock in milioni di dollari Gennaio-Dicembre
TOTALE
2007
2008
2009
2.993.980
3.219.725
3.508.142
1
Olanda
412.122
426.762
471.567
2
Regno Unito
426.357
449.521
471.384
3
Canada
233.971
239.170
259.792
4
Bermuda
211.708
213.863
245.671
5
Lussemburgo
144.180
152.825
174.092
6
Irlanda
117.708
146.672
165.924
7
Svizzera
94.675
132.126
148.239
8
Caraibi (Isole Britanniche)
105.829
129.243
141.527
9
Germania
100.601
108.217
116.832
10
Australia
84.331
94.451
106.370
11
Giappone
85.224
101.918
103.643
12
Messico
91.046
89.610
97.897
13
Francia
74.179
81.753
85.801
14
Singapore
93.529
86.048
76.862
15
Belgio
62.491
65.028
69.773
16
Brasile
48.807
44.532
56.692
17
Spagna
61.093
50.809
50.644
18
Hong Kong
40.720
40.014
50.459
19 Cina
29.710
52.521
49.403
20
Italia
28.216
28.679
31.470
21
Svezia
36.615
38.003
27.418
Fonte: US Department of Commerce, Bureau of Economic Analysis(BEA) In termini di flussi2, invece, i dati del BEA rilevano una diminuzione del 24,6% nel 2009 rispetto al 2008, con 248 miliardi di dollari investiti all’estero (nel 2008 erano stati 330 miliardi). La maggior parte di tali investimenti ha continuato a concentrarsi in Europa, con 129 2
I flussi consistono in utili reinvestiti e in investimenti in conto capitale.
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
miliardi di dollari nel 2009 e pari al 52% del totale (-32% sul 2008). In particolare, si rileva come gli Stati Uniti abbiano investito di piu’ nei Paesi Bassi (42,9 miliardi di dollari, 17% del totale), alle Bermuda (26,5 miliardi di dollari, 10,7% del totale), in Irlanda (24 miliardi di dollari, 10% del totale), nel Regno Unito (20 miliardi di dollari, 8% del totale), ed in Lussemburgo (14,8 miliardi di dollari). L’Italia ha fatto registare nel 2009 un flusso di 2,2 miliardi di dollari dagli Stati Uniti, pressoche’ costante rispetto al 2008 e pari allo 0,9% sul totale dei flussi USA in uscita.
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
DISTRIBUZIONE SETTORIALE DEGLI INVESTIMENTI USA NEL MONDO
Gli investimenti statunitensi si concentrano prevalentemente nel settore dell’industria manifatturiera, con oltre 541 miliardi di dollari, pari al 15,4% del valore di tutte le consistenze USA all’estero a fine 2009. Fra le industrie manifatturiere, particolare rilievo assumono l’industria chimica (3,7%), il settore dei prodotti elettronici e dei computer (1,9%). Nel 2009 c’è stata una significativa crescita degli investimenti USA nei settori dei metalli e prodotti in metallo (+15,4%), del commercio all’ingrosso (+12,5%) e dei prodotti chimici e derivati (+13,4%).
STOCK INVESTIMENTI USA PER SETTORE MERCEOLOGICO in milioni di dollari Gennaio-Dicembre 2008
TOTALE
2009
%sul tot nel 2009
crescita 08/09 %
3.219.725
3.508.142
100
8.96
Industria estrattiva
153.442
171.106
4,9
11,51
Industria manifatturiera
484.596
541.080
15,4
11,66
Alimentari e bevande
41.201
45.247
1,3
9,82
Prodotti chimici e derivati
114.171
129.529
3,7
13,45
Metalli e prodotti in metallo
20.078
23.186
0,7
15,48
Meccanica
39.093
43.612
1,2
11,56
Elettronica e computer
65.530
65.598
1,9
0,10
Prodotti e componenti elettrici
23.582
24.694
0,7
4,72
Mezzi di trasporto
45.456
47.235
1,3
3,91
Altro
135.486
161.978
4,6
19,55
Commercio all'ingrosso
176.869
198.985
5,7
12,50
Servizi di informatica e tlc
135.037
149.826
4,3
10,95
Banche
116.874
114.032
3,3
-2,43
Assicurazioni, finanza
688.160
746.993
21,3
8,55
74.691
77.474
2,2
3,73
1.181.323
1.279.952
36,5
8,35
208.733
228.693
6,5
9,56
Servizi professionali Holding Altro
Fonte: US Department of Commerce, Bureau of Economic Analysis (BEA)
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USA
Anche relativamente alle statistiche sugli investimenti in entrata, gli Stati Uniti si collocano ai vertici delle classifiche dei paesi che godono di maggiore attrattivita’, e che si mantegono altresi’ ai primi posti nelle graduatorie stilate dai vari organismi internazionali (tra cui Banca Mondiale, KPMG, Economist Intelligence Unit) relative alla apertura del Paese nei confronti di investitori esteri.
Dai dati UNCTAD gia’ menzionati, si rileva come gli USA – anche per il 2009 - siano di gran lunga il paese nel quale si concentra la piu’ alta percentuale di investimenti esteri – 17,6% in termini di stock e 11,7% di flussi.
Gli USA sono, altresi’, sempre secondo le statistiche dell’UNCTAD per il 2009, il primo paese oggetto di operazioni di fusione e acquisizione (M&A) con il 16% del totale in valore, seguiti dalla Spagna (12%) e dal Regno Unito (10%).
Tra i paesi OCSE, per quanto riguarda i dati dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico3, gli Stati Uniti, come gia’ accennato, hanno altresi’ mantenuto la leadership anche nel 2009 con 135 miliardi di flussi in entrata – seppur in netto calo rispetto ai flussi registrati nel 2008 quando gli stessi erano stati pari a 328 miliardi di dollari, ( in linea con il calo generalizzato di tali flussi in entrata a livello dei paesi OCSE, che hanno fatto registrare un calo del 33% nel 2009). Al secondo posto, sempre secondo i dati OCSE, si posiziona la Francia con flussi in entrata per 60 miliardi (-3%). La Gran Bretagna con 46 miliardi di dollari (-50% rispetto all’anno precedente) ha perso la seconda posizione a vantaggio appunto della Francia.
I dati sugli IDE della fDI Markets confermano la leadership degli Stati Uniti come paese che attrae piu’ progetti di investimento di tipo Greenfield con 1.220 progetti nel 2009 rispetto alla Cina che lo scorso anno ne ha attirati leggermente meno (1.140) ed in controtendenza rispetto agli anni passati quando questo paese era sistematicamente al primo posto nella classifica. Al terzo posto troviamo la Gran Bretagna con 1.032 progetti.
Passando ad analizzare piu’ specificatamente, ed anche per gli investimenti esteri in entrata, le statistiche ufficiali del BEA, vediamo come il valore degli investimenti diretti negli USA per il 2009 sia stato pari a 2.319 miliardi di dollari con una crescita del 7% rispetto al 2008, quando tali investimenti sono stati pari a 2.165 miliardi di dollari.
3
OECD Investment News, June 2010 http://www.oecd.org/dataoecd/32/37/45562632.pdf
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI NEGLI USA stock in milioni di dollari Gennaio-Dicembre 2007 TOTALE
2008
2009
% sul totale2009
% 08/09
2.055.176
2.165.748
2.319.585
7,10
100
1
Regno Unito
424.046
454.328
453.875
19,6
-0,10
2
Giappone
229.408
259.753
264.208
11,4
1,72
3
Olanda
189.469
199.137
237.959
10,3
19,50
4
Canada
205.381
194.140
225.836
9,7
16,33
5
Germania
213.159
201.424
218.153
9,4
8,31
6
Svizzera
151.513
164.534
189.371
8,2
15,10
7
Francia
153.713
157.172
189.285
8,2
20,43
8
Lussemburgo
120.945
118.283
127.768
5,5
8,02
9
Ungheria
47.632
68.444
(D)
10 Australia
37.514
40.626
45.633
2,0
12,32
11 Spagna
27.705
39.142
43.901
1,9
12,16
12 Svezia
43.171
35.843
38.929
1,7
8,61
13 Belgio
24.479
23.066
38.541
1,7
67,09
14 Irlanda
26.943
26.146
32.610
1,4
24,72
15 Singapore
11.716
23.074
22.893
1,0
-0,78
16 Caraibi (isole britanniche)
34.588
24.401
17.529
0,8
-28,16
17 Corea del Sud
12.870
12.132
12.020
0,5
-0,92
7.688
9.444
11.361
0,5
20,30
12.722
18.685
9.693
0,4
-48,12
5.428
5.752
7.354
0,3
27,85
18 Messico 19 Italia 20 Antille Olandesi
Fonte: Elaborazione ICE NY su dati US Department of Commerce, Bureau of Economic Analysis (BEA)
Il Regno Unito si conferma essere il maggior paese investitore negli USA con 454 miliardi di dollari, pari al 19,6% del totale. Al secondo posto il Giappone, con 264 miliardi di dollari, pari all’11,4% del totale. I Paesi Bassi ed il Canada sono rispettivamente in terza e quarta posizione con l’10,3% ed il 9,7% del totale.
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
In termini di flussi, gli investimenti esteri confluiti nel 2009 in USA sono stati pari a circa 130 miliardi di dollari, in crollo drastico rispetto al 2008 (-60%), quando i flussi in entrata sono stati pari a 324 miliardi di dollari. Tale decremento riflette in pieno la crisi economica in corso e il significativo calo nelle transazioni M&A a livello globale del 2009, stimato essere pari al 65% rispetto al 2008.
Gran parte di tali flussi di investimenti in entrata, come gia’ evidenziato per i dati relativi agli stock, proviene dall’Europa con 83 miliardi di dollari investiti negli USA nel corso del 2009 e pari al 65% del totale. Di questi, 24 miliardi sono affluiti negli USA dalla Francia, 16 dalla Germania, 12,6 miliardi di dollari dal Regno Unito (+128%). Come analizzeremo piu’ avanti, l’Italia ha registrato nel 2009 un tasso negativo di flussi, pari a –6,3 milardi, che ha abbassato il livello di stock di investimenti italiani in USA a 9,3 miliardi.
In relazione ai settori merceologici, infine, si rileva come gli investimenti esteri negli USA – in termini di stock - si concentrino prevalentemente nell’industria manifatturiera, che detiene il 34,1% del totale delle consistenze, pari ad un valore di 790,5 miliardi di dollari. Di questi, il comparto chimico assorbe l’8,8% con 203 miliardi di dollari. Altro settore merceologico rilevante nel quale si concentrano gli investimenti provenienti dall’estero negli USA è il settore bancario e assicurativo/ finanziario, con investimenti per oltre 394 miliardi di dollari nel 2008 pari al 16% del totale delle consistenze.
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
c) Andamento dell’interscambio commerciale con l’Italia e degli investimenti diretti esteri bilaterali
INTERSCAMBIO COMMERCIALE USA/ITALIA
Nella classifica dei 20 principali fornitori degli Stati Uniti, nel primo semestre 2010, l’Italia si colloca al 15mo posto, con un totale di 13,6 miliardi di dollari di beni esportati rispetto ai 12,7 miliardi registrati nel 2009. Nonostante un aumento del 7,3% ed un saldo attivo di 6,6 miliardi di dollari, l’Italia ha perso la posizione guadagnata nel 2009 (12ma) e ha registrato anche un leggero peggioramento della quota di mercato, passata dall’1,8% nel 2009 all’1,5% nel 2010.
IMPORTAZIONI USA dal MONDO La classifica dei principali fornitori e la posizione dell'Italia milioni di dollari Gennaio-Giugno Quota di Mercato %
Variaz.%
2009
2010
2009
2010
10/09
715.196
905.482
100,0
100,0
26,6
1. Cina
133.441
160.658
18,7
17,7
20,4
2. Canada
104.869
138.809
14,7
15,3
32,4
3. Messico
79.819
110.385
11,2
12,2
38,3
4. Giappone
42.689
55.883
6,0
6,2
30,9
5. Germania
32.707
38.329
4,6
4,2
17,2
6. Regno Unito
21.722
23.840
3,0
2,6
9,7
7. Corea del sud
19.219
22.339
2,7
2,5
16,2
8. Francia
16.693
18.644
2,3
2,1
11,7
9. Taiwan
13.311
16.395
1,9
1,8
23,2
10. Venezuela
12.079
16.352
1,7
1,8
35,4
11. Irlanda
14.754
16.012
2,1
1,8
8,5
12. Arabia Saudita
9.702
15.284
1,4
1,7
57,5
13. Nigeria
6.371
14.828
0,9
1,6
132,7
Totale Mondo
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
14. India
10.130
14.365
1,4
1,6
41,8
15. ITALIA
12.670
13.596
1,8
1,5
7,3
16. Malesia
10.245
12.669
1,4
1,4
23,7
17. Russia
8.617
11.842
1,2
1,3
37,4
18. Brasile
9.468
11.421
1,3
1,3
20,6
19. Israele
8.625
10.675
1,2
1,2
23,8
20. Tailandia
8.495
10.437
1,2
1,2
22,9
139.568
172.718
19,5
19,1
23,8
Altri Paesi
Fonte Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce
Il confronto dell’interscambio commerciale con i principali concorrenti a livello europeo, rivela che il totale dell’import USA dall’Italia nel primo semestre 2010 – 13,6 miliardi di dollari – e’ stato di molto inferiore all’import di merci provenienti dalla Germania che e’ stato pari a 38,3 miliardi di dollari (+17,2%), dal Regno Unito, 23,8 miliardi di dollari (+9,7%) e dalla Francia che ha esportato merci per un valore pari a 18,6 miliardi di dollari, con un aumento dell’11,7% rispetto al 2009.
Come visto nella tabella precedente, nel primo semestre 2010 si è registrato un ulteriore, anche se leggero, peggioramento della quota di mercato italiana, passata dall’1,8% del 2009 allo 1,57%. Va sottolineato, tuttavia, che anche la Cina e i principali concorrenti europei dell’Italia (Germania, Regno Unito e Francia), nonostante crescite assolute in termini di valore sul 2009, hanno comunque registrato leggeri cali nelle loro quote di mercato.
INTERSCAMBIO COMMERCIALE U.S.A-Italia milioni di dollari Gennaio-Giugno
2009
2010
IMPORT USA dall'Italia
12.670
13.596
Quota di mercato
1,77%
1,50%
6.111
6.981
Quota di mercato
1,23%
1,14%
Saldo Commerciale
- 6.559
- 6.615
EXPORT USA verso l'Italia
Variazione % 10/09
7,31
14,24
Fonte Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
D'altro canto, le statistiche sulle merci importate rilevate dalle dogane statunitensi, suddivise in base al criterio della provenienza territoriale, non rispecchiano il fenomeno della delocalizzazione produttiva, diffusosi nel corso del decennio passato tra le economie industrializzate. Tali dati non evidenziano, in particolare, le importazioni degli Stati Uniti dal resto del mondo, relative a beni prodotti in Paesi terzi, ma che fanno capo a gruppi e aziende americane (o anche europee ed italiane) che hanno delocalizzato in parte la loro produzione in Paesi a basso costo di manodopera.
Distribuzione settoriale dell’export italiano L’import di merci italiane in USA nel primo semestre 2010 si è concentrato, in ordine di importanza, nei seguenti comparti:
-
meccanica: 18,6%
-
moda: 13,9%
-
petrolchimica: 13,6%
-
agroalimentare e vini: 10,9%
-
casa/arredo: 5,08%
-
altro: 37,8%
IMPORTAZIONI USA dall'ITALIA Le principali categorie merceologiche Milioni di dollari Gennaio-giugno Quota sul totale dall’Italia %
ITALIA 2009
2010
12.669,9
13.595,9
2.735,6
2.531,8
722,7
678,4
1.850,3
1.896,6
Abbigliamento
476,4
460,8
-3,27
3,76
Calzature
373,5
402,3
7,70
Gioielleria-Oreficeria
121,0
51,7
-57,28
Totale Meccanica
var. %
Quota di mercato italiana%
2009
2010
100
100
1,77
1,50
-7,45 21,59 18,62
2,89
2,13
-6,13
4,99
4,00
3,55
2,50 14,60 13,95
3,66
3,48
3,39
1,61
1,44
2,95
2,96
4,34
4,23
0,95
0,38
7,43
12,9
7,31
2009
2010
di cui Meccanica Strumentale Moda
5,70
di cui
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
5 Agroalimentari & Vini
1.367,5
1.489,0
525,2
592,2
1.328,0
1.853,2
Oli di petrolio o di minerali bituminosi
398,2
Chimica organica
8,89 10,79 10,95
3,15
3,14
4,36
29,0 2
29,8 8
39,55 10,48 13,63
0,78
0,77
652,8
63,94
3,14
4,80
1,66
1,99
476,6
492,4
3,32
3,76
3,62
2,12
2,10
641,5
691,1
7,73
5,06
5,08
3,74
3,50
245,8
260,1
5,85
1,94
1,91
2,58
2,34
4.747,0
5.134,1
8,16 37,47 37,76
1,40
1,21
Farmaceutica
797,9
912,1
14,31
6,30
6,71
3,13
3,05
Macchine Elettriche
690,7
778,6
12,73
5,45
5,73
0,72
0,68
Veicoli Terrestri
737,9
679,2
-7,96
5,82
5,00
1,38
0,78
Ottica/elettromedicali
476,6
492,4
3,32
3,76
3,62
2,01
1,79
di cui Vini Chimica e derivati del Petrolio
12,76
4,14
di cui
Arredamento di cui Mobili Altro di cui
Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce
Nel primo semestre 2010, la meccanica ha visto una diminuzione del 7,5% rispetto allo stesso periodo nel 2009, anche se resta in percentuale la voce principale dell’export italiano negli Stati Uniti con circa 2,53 miliardi di dollari di macchinari venduti. Tuttavia la tendenza per i principali gruppi all’interno del comparto rimane negativa, come vedremo di seguito in dettaglio, riflettendo la lenta e incostante ripresa del settore manifatturiero USA, che rende i produttori prudenti per quanto riguarda gli investimenti in nuovi macchinari e la ricostituzione delle scorte.
Macchine utensili per la lavorazione dei metalli - la tendenza per il primo semestre del 2010 continua ad essere negativa; le importazioni totali degli USA sono state di $1.050 milioni (18,65% rispetto al primo semestre del 2009); le importazioni dall’Italia sono scese a $90,2 milioni (-34,6% rispetto al primo semestre del 2009) e rappresentano solo l’8,6% delle importazioni totali USA del settore, al terzo posto fra i principali fornitori (dopo il Giappone e la Germania).
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1^ sem. 2010
Macchine lavorazione plastica e gomma e stampi – la situazione per il primo semestre del 2010 e’ molto piu’ incoraggiante – le importazioni totali USA hanno registrato una crescita del 5,8% rispetto al primo semestre del 2009 per una cifra totale di $1.260,5 milioni; le importazioni dall’Italia hanno registrato una crescita del 25% per un totale di $73,7 milioni (5,85% delle importazioni USA del settore, dopo il Canada, la Germania, il Giappone e la Cina).
Macchine e attrezzature per l’industria alimentare e la ristorazione collettiva – anche qui la tendenza rimane negativa – le importazioni totali USA del settore hanno registrato nel primo semestre del 2010 una riduzione del 10,2% rispetto al primo semestre del 2009 raggiungendo una cifra di $641 milioni; le importazioni dall’Italia pero’ hanno registrato una riduzione minore, di solo 5,5%, per un totale di $61,7 milioni (il quinto posto fra i fornitori).
Macchine per imballaggio – la cifra totale delle importazioni statunitensi del settore e’ migliorata (del 7%) ed ha raggiunto $627 milioni nel primo semestre del 2010, mentre le importazioni dall’Italia hanno registrato un’impennata del 40% e una cifra totale di $127 milioni (una quota del 20,3% - secondo fornitore degli USA, dopo la Germania).
Macchine per l’industria grafica, cartotecnica e trasformazione – nel primo semestre del 2010 le importazioni totali USA del settore si sono ridotte del 12,5% rispetto allo stesso periodo del 2009, mentre le importazioni dall’Italia hanno registrato una crescita di circa il 6%, per un totale di $82,2 milioni (secondo posto fra i fornitori, dopo la Germania).
La moda, con 1,9 miliardi di dollari di export nel primo semestre del 2010 ha registrato un incremento del 2,5% rispetto allo stesso periodo nel 2009, seppur con una leggera diminuzione nella quota di mercato, passata dal 14,6% nel 2009 al 13,9% nel 2010. Andando ad analizzare i sottosettori che compongono il comparto della moda, vediamo che l’export di calzature ha registrato un piccolo incremento nel primo semestre del 2010, passando da 373 milioni di dollari nel 2009 a 402 milioni di dollari nel 2010, con un incremento del 7,7%. La quota di mercato italiana è rimasta quasi invariata (4,2%).
L’export di gioielleria-oreficeria, invece, ha registrato un crollo del 57% rispetto al primo semestre 2009 (da 121 milioni di dollari a 51,7 milioni). La crisi generalizzata dei consumi incide fortemente sulle importazioni USA e l'andamento complessivo delle importazioni di gioielleria ed oreficeria negli Stati Uniti continua, infatti, ad evidenziare una diminuzione. Anche l’Italia ha risentito di tale sfavorevole congiuntura e le importazioni dei prodotti italiani in questo settore continuano a registrare una diminuzione, anche a causa dell’effetto cambio euro-dollaro nel periodo di riferimento e dell’incidenza dei Paesi concorrenti, capaci di produrre a minor costo di lavorazione. Ciò nonostante, la quota di mercato dell’Italia in questo settore è aumentata, passando dal 7,4% del 2009 a quasi il 13% nel 2010.
Il comparto dei prodotti agroalimentari e dei vini, con un export di 1,49 miliardi di dollari ha fatto registrare un aumento dell’8,9% sul primo semestre 2009, mantenendo invariata la sua quota di mercato (3,14%). Una piccola ripresa, dopo il generale indebolimento registratosi nel 2009, in linea con la flessione dei consumi che ha fatto seguito alla crisi finanziaria esplosa nel
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2008. La crisi ha colpito in modo particolarmente severo la fascia alta del mercato delle specialità alimentari, nella quale rientrano la maggior parte dei prodotti importati dall’Italia.
Un segno positivo, quindi, nel primo semestre 2010, anche se la convinzione generale è che la ripresa sarà relativamente lenta e i consumi, specialmente quelli di prodotti di fascia alta, tarderanno a tornare ai livelli pre-crisi. Nonostante i dati negativi, i margini di crescita dell’agroalimentare sono comunque ancora molto elevati. Si calcola, infatti, che il mercato dei prodotti c.d. “Italian sounding” sia 10 volte quello dei prodotti autenticamente italiani. I nostri prodotti agro-alimentari soffrono poi per il mancato riconoscimento americano delle Indicazioni Geografiche.
Nel primo semestre 2010 la quota principale del comparto ha continuato ad essere rappresentata dal settore vinicolo, con un export di 592 milioni di dollari in valore ed un aumento del 12,8% rispetto allo stesso periodo nel 2009. In questo settore l’Italia mantiene una quota di mercato attorno al 30%.
Più in particolare, nei primi sei mesi del 2010, il vino italiano - con un trend delle importazioni in ripresa nonostante lo stato fiacco dell’economia americana, che continua ad incidere sul settore della ristorazione - ha positivamente consolidato la leadership sul mercato statunitense rispetto ai principali concorrenti (Francia, Australia e Argentina), sia in termini di fatturato sia di volume.
Il settore casa/arredo (che comprende i mobili, i marmi e le piastrelle, la rubinetteria, i prodotti per l’illuminazione e gli infissi) registra un aumento del 7,7% rispetto al 2009 ma una leggera diminuzione della sua quota, passata dal 3,74% al 3,50%. Gli USA hanno importato mobili per un controvalore di 260 milioni di dollari, registrando un aumento del 5,8% rispetto al primo semestre 2009. Il settore continua a risentire dei riflessi negativi che la crisi del settore immobiliare e finanziaria ha portato in questo comparto, direttamente influenzato dall’andamento delle nuove costruzioni e degli acquisti di case.
Il mercato statunitense delle biciclette, delle parti ed accessori ha subito diverse flessioni nel corso degli ultimi anni ma il futuro appare comunque decisamente positivo, grazie anche al nuovo approccio americano alla bicicletta, sempre più vista come salutare mezzo di trasporto ed in linea con un altro trend che e’ quello salutistico nell’alimentazione. E’ tuttavia necessario inquadrare in sede di commento dei dati statistici che molte delle principali aziende italiane (Colnago, Bianchi, Campagnolo, Pinarello, DeRosa, come anche i produttori di selle e degli accessori) hanno investito in unita’ produttive, distributive e di assemblaggio con indubbi riflessi sulla mancata rilevazione di questo fenomeno nei dati di interscambio. Gli italiani coprono la fascia alta del mercato –bici da corsa e poco quelle da passeggio e cross, oltre all’ampia serie di accessori: caschi, guanti ed abbigliamento Il target di questo prodotto italiano e’ il consumatore americano benestante, essendo il prodotto italiano, ma anche lo sport considerato, nonostante molti adepti, non molto diffuso. Le vendite dell’Italia registrano una diminuzione del 18,79% in un mercato dominato dalla Cina, con il 56,83% e da Taiwan con il 33,65%. L’Italia e’ al quarto posto con un fatturato complessivo di 23,6 milioni di USD ed una quota sull’import totale delle importazioni pari all’1,72%.
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Anche il mercato statunitense del motociclo e delle parti ed accessori per moto ha subito nel 2009 notevoli flessioni, a causa della crisi economica. Le importazioni di moto verso gli USA hanno registrato una diminuzione del 42,28% con le importazioni dominate dal Giappone, che ne controlla il 60,56%, seguito dalla Thailandia con l’8,48% e dall’Italia che ha superato di poco la Cina, risultando il terzo fornitore, con un fatturato complessivo di 136,6 milioni di dollari ed una quota sul totale delle importazioni pari al 7,5%. L’andamento delle nostre esportazioni è positivo ed in crescita dal 2007, in particolare se si considera che il nostro paese non esporta moto da fuoristrada (dirt motorbike), che rappresentano il segmento più importante del mercato USA, ma principalmente ciclomotori, meno diffusi negli USA. Per le parti ed accessori l’Italia si e’ posizionata nel 2009 al quarto posto come Paese fornitore degli USA, dopo Taiwan, Giappone e Cina, con una quota sul totale importato del 7,76% ed un valore delle importazioni di 84,4 milioni di dollari.
Nella chimica fine secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2009 il Nord America, ed in particolare gli Stati Uniti, confermano la loro posizione di maggiori consumatori di APIs (principi attivi e intermedi – Active Pharmaceutical Ingredients) nel mondo, con una domanda che supera il 50% del mercato totale. Questo è uno dei motivi per cui gli USA devono attingere abbondantemente alle forniture dall’estero per coprire la domanda interna. Infatti le importazioni sono aumentate costantemente e solo nel 2009 si e’ registrato un calo sensibile (-13,99% rispetto al 2008). Le importazioni dall’Italia verso gli USA, nel 2009, hanno registrato una riduzione (- 2,44%) che interrompe il trend di recupero sperimentato negli anni precedenti. L’industria italiana opera nel settore di nicchia del “Custom Manufacturing” da parecchi anni, e l’attività di esportazione si e’ consolidata nel tempo anche se deve contrastare l’avanzata di Paesi come Cina e India: e’ necessario quindi rafforzare la presenza italiana in un mercato così importante come gli Stati Uniti. Come dimostra il costante aumento delle importazioni USA, il mercato ha grosse potenzialità e l’Italia si trova, comunque, in condizioni ottime per accrescere la propria presenza, specie nei comparti della chimica fine e del “Custom Manufacturing”.
Nella categoria residuale “altro”, che ha pesato per il 37,8% sul totale dell’import italiano negli USA nel primo semestre 2010, sono ricompresi, tra gli altri, i prodotti farmaceutici, le macchine elettriche, i veicoli terrestri ed i prodotti ottici ed elettromedicali. Per queste categorie, con l’eccezione di veicoli terrestri, che ha registrato un calo di quasi l’8% rispetto al 2009, il dato registrato e’ positivo.
ALTA TECNOLOGIA
Si ritiene opportuno soffermarsi anche sui dati relativi all’interscambio commerciale tra Stati Uniti e Italia per i Prodotti a Tecnologia Avanzata (ATP – Advanced Technology Products) quali le biotecnologie, l’aerospaziale, l’ICT e l’elettronica, che da qualche tempo sono diventati oggetto di un’analisi specifica. Si tratta, infatti, di settori non tradizionali del Made in Italy, quali quelli analizzati in precedenza, che sempre di piu’ stanno assumendo rilevanza strategica. Al di la’ dei valori assoluti di export, sono pero’ importanti per la competitivita’ di un paese e per i quali l’Italia puo’ guadagnare in presenza e quote di mercato.
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L’US Department of Commerce raccoglie e pubblica separatamente i dati relativi alle importazioni di tali prodotti, che hanno raggiunto, nel primo semestre 2010, un totale di 103,8 miliardi di dollari rispetto agli 87,8 miliardi del 2009, pari all’11,5% del totale delle importazioni americane.
IMPORTAZIONI USA DI PRODOTTI A TECNOLOGIA AVANZATA (ATP) Milioni di dollari Gennaio-giugno Prodotti a Tecnologia Avanzata
TOTALE IMPORT USA
QUOTA ATP in % 2010*
2009
2010
2010
Cina
38.057,14
51.585,81
160.658,19
32,11
Messico
17.863,59
22.424,76
110.385,12
20,32
Giappone
9.336,40
10.714,79
55.883,18
19,17
Erie
7.819,19
8.250,84
16.012,23
51,53
Sud Corea
7.780,53
7.736,72
22.339,36
34,63
Malesia
6.376,71
7.666,92
12.669,00
60,52
Taiwan
5.365,20
6.815,01
16.394,63
41,57
Canada
7.271,79
6.166,15
138.808,60
4,44
Francia
5.185,96
5.627,85
18.644,28
30,19
Germania
4.701,31
4.771,44
38.329,44
12,45
Regno Unito
4.533,90
4.382,52
23.839,92
18,38
Tailandia
2.844,39
3.742,59
10.437,08
35,86
Singapore
2.826,26
3.647,83
7.030,25
51,89
Costa Rica
733,14
2.701,31
1.835,94
147,14
Belgio
1.544,84
2.153,99
7.956,60
27,07
Svizzera
1.279,69
1.610,77
8.925,34
18,05
ITALIA
1.255,94
1.453,64
13.595,93
10,69
Olanda
1.058,08
1.409,18
9.068,87
15,54
Filippine
1.242,80
1.393,30
3.703,53
37,62
Israele
1.980,43
1.332,45
10.674,98
12,48
Spagna
429,91
468,48
4.010,97
11,68
87.829,58
103.845,18
905.482,00
11,47
Totale MONDO
* % di import di prodotti a tecnologia avanzata sul totale delle importazioni USA-
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1^ sem. 2010
Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce
Dall’Italia, nel primo semestre 2010, gli USA hanno importato prodotti che ricadono in questa macro-categoria per un valore di 1,45 miliardi di dollari, una cifra che ha rappresentato il 10,7% del totale delle esportazioni italiane negli Stati Uniti, una percentuale in crescita rispetto allo stesso periodo nel 2009 quando l’export tecnologico “Made in Italy” aveva pesato sul totale per il 9,9%. La percentuale di export tecnologico italiano in USA resta, come si diceva, ancora bassa se paragonata a quella di altri Paesi concorrenti quali Francia, Germania, Regno Unito e Irlanda. Quest’ultima, in particolare, esporta prodotti tecnologici in USA per il 51,5% del totale, nonostante sia da rilevare come questa cifra rifletta gli investimenti e le delocalizzazioni produttive fatte dagli stessi Stati Uniti in questo Paese da qualche anno.
Anche la percentuale di prodotti tecnologici esportati dalla Francia e dal Regno Unito in USA è ragguardevole: 30% del totale dell’export francese e 18% per il Regno Unito. Anche per alcuni Paesi asiatici, si nota come una gran parte delle esportazioni negli USA sia rappresentata da prodotti a tecnologia avanzata: per la Malesia questa percentuale raggiunge, ad esempio, il 60%, mentre per la Cina è del 32%.
In particolare, andando ad analizzare l’export italiano in USA di tale categoria di prodotti suddivisi per tipologia, si nota come il 42% del totale sia rappresentato dalla voce aerospazio, che include aeromobili ed elicotteri e che sta evidentemente a riflettere il know-how e la competenza italiana raggiunti in questo settore.
Rispetto al primo semestre 2009, invece, e’ in leggera diminuzione il settore biotecnologie e si è registrato un notevole calo nelle manifatture flessibili.
IMPORTAZIONI USA DI PRODOTTI A TECNOLOGIA AVANZATA dall'ITALIA milioni di dollari Gennaio-giugno 2009
2010
Quota 2010 in %
Aerospazio
419.46
512.47
41.90
Elettronica
168.42
228.15
18.65
Life Science
210.60
220.79
18.05
Hardware per Informatica & apparecchi per le Telecommunicazioni
131.75
208.35
17.03
Biotecnologia
195.44
192.52
15.74
Flexible Manufacturing (Automazione flessibile)
109.77
66.31
5.42
11.89
16.01
1.31
6.88
6.80
0.56
Opto-Elettronica Materiali Avanzati
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1^ sem. 2010
Armamenti
1.42
2.11
0.17
Tecnologia Nucleare
0.31
0.13
0.01
1,255.94
1453.64
100.00
Totale
Fonte: Elaborazione ICE New York su dati US Department of Commerce
A conclusione di questa analisi sull’interscambio commerciale tra l’Italia e Stati Uniti, è interessante riportare quanto emerso da uno studio condotto dalla Fondazione Manlio Masi in collaborazione con Luiss Lab dal titolo “La sfida della qualita’. Il futuro delle aziende italiane sui mercati internazionali”. La ricerca evidenzia come l’industria del Made in Italy, e cioè i beni di consumo nei settori tradizionali come moda, design, arredamento e alimentare, abbia saputo reagire alla crisi degli anni scorsi ed alla concorrenza dando maggiore enfasi al valore e alla qualita’ dei prodotti che non alle quantita’ vendute. Dal 2000 al 2009 le esportazioni italiane sono diminuite in quantita’ ma sono aumentate in valore, dimostrando cosi’ come lo spostamento su produzioni di maggiore qualita’ è la strategia vincente per le aziende italiane che vogliono affrontare i mercati internazionali. In particolare, negli Stati Uniti la qualita’ relativa dell’import italiano è aumentata molto di piu’ di quella del resto del mondo. Fatto uguale a 100 l’indice 2000, sul mercato USA il valore medio unitario del mondo è sceso a poco piu’ di 90, quello del Made in Italy è salito a 125 circa. Un risultato che riflette l’innalzamento qualitativo nel mix di prodotti esportati dall’Italia ed un risultato attribuibile sia al riposizionamento di molte aziende su fasce piu’ alte, sia al cosiddetto “effetto demografico” per cui aziende piu’ efficienti ed innovative hanno rimpiazzato l’uscita dal mercato di imprese non piu’ competitive negli stessi settori. Si parla di un’Italia di “fornitori specializzati su misura” che si rivela maggiormente nel comparto delle meccanica strumentale, ma anche in segmenti non trascurabili quali la siderurgia, la chimica fine, la gomma e la plastica, i materiali da costruzione. Le imprese italiane sembrano anche aver capito che per crescere non basta esportare, ma occorre sempre di più diventare multinazionali.
Infine, e come già rilevato nel precedente Rapporto, non si può trascurare la crescente importanza acquisita negli ultimi anni dal commercio elettronico, che coinvolge ormai una parte sempre più rilevante di prodotti venduti sul mercato statunitense quali abbigliamento, elettronica, alimentari, cosmetici, arredamento, gioielleria ed articoli da regalo. Si stima che le vendite totali on line negli USA raggiungeranno nel 2012 gli oltre 334 miliardi di dollari, rispetto ai 174 miliardi di vendite registrate nel 2007.Di questi, le vendite di abbigliamento on line sul mercato statunitense hanno raggiunto gia’ nel 2007 un fatturato pari a 22,7 miliardi di dollari. E proprio per incontrare questo tipo di domanda e soddisfare le esigenze del consumatore statunitense, il Gruppo Armani ha aperto un canale di vendita in USA on line. Attraverso l’azienda italiana Yoox, che gestisce il sito yoox.com, Emporio Armani vende negli Stati Uniti la sua collezione, raggiungendo cosi’ un pubblico di consumatori molto piu’ ampio rispetto a quello raggiungibile attraverso la sola presenza fisica con negozi monomarca nelle maggiori citta’ USA. Cosi’ come vendono on line, in USA altri marchi famosi del Made in Italy tra cui Prada (www.blufly.com), Gucci(www.gucci.com) o anche Dolce e Gabbana. Marchi che sono anche acquistabili on line negli USA attraverso i siti dei grandi magazzini quali Nieman Marcus (www.neimanmarcus.com), Nordstrom (www.nordstrom.com) o Saks Fifth Avenue.
INVESTIMENTI BILATERALI
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1^ sem. 2010
In relazione ai flussi e alle consistenze degli investimenti tra Italia e Stati Uniti, in entrambe le direzioni, laddove l’interscambio commerciale si attesta su cifre ragguardevoli, i flussi di IDE bilaterali sono ben al di sotto delle loro effettive potenzialità. Nei paragrafi successivi vengono prese in esame le statistiche sui flussi e gli stock degli investimenti statunitensi in Italia e quelle sui flussi e gli stock degli investimenti italiani negli USA.
Le fonti su cui si concentra l’analisi per la predisposizione del presente Rapporto sono quelle ufficiali statunitensi pubblicate dal gia’ menzionato Bureau of Economic Analysis (BEA), quelle della Banca d’Italia4, e la Banca dati Reprint del Politecnico di Milano e ICE. Inoltre, verranno riportati alcuni recenti casi di acquisizioni, nei due sensi, avvenuti nel corso del 2009 e 2010, riportati dalla stampa e rilevati dall’ICE di New York.
INVESTIMENTI USA IN ITALIA
Stock di investimenti diretti dagli USA verso il mondo e verso l’Italia 2007
2008
2009
2.993
3.219
3.508
IDE USA in ITALIA (mld dollari)
28,2
28,6
31,4
QUOTA IDE USA IN ITALIA %
0,9%
0,9%
0,9%
21
21
20
IDE TOTALI dagli USA (mld dollari)
Posizione dell’Italia in graduatoria
Flussi di investimenti diretti dagli USA verso il mondo e verso l’Italia 2007
2008
2009
IDE TOTALI dagli USA (mld dollari)
393
330
248
IDE dagli USA in ITALIA (mld di dollari)
3,7
2,2
2,2
0,9%
0,6%
0,9%
23
24
22
QUOTA IDE USA in ITALIA % Posizione dell’Italia in graduatoria
Fonte : Elaborazioni ICE New York su dati US Department of Commerce - BEA (Bureau of Economic Analysis)
Relativamente agli investimenti statunitensi nel nostro Paese, si conferma come, con una consistenza di 31,4 miliardi di dollari a fine 2009, l’Italia si aggiudichi meno dell’1% del totale, collocandosi solo al ventesimo posto nella graduatoria dei paesi che maggiormente attraggono 4
Le discrepanze tra i dati ufficiali statunitensi e quelli della Banca d’Italia sono ascrivibili a diversi sistemi di rilevazione
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1^ sem. 2010
investimenti dagli USA. Come gia’ piu’ sopra rilevato, gli altri paesi europei assorbono una quota molto piu’ consistente di tali investimenti. Oltre al Regno Unito, che mantiene la prima posizione in graduatoria con uno stock di 471 miliardi di dollari in investimenti statunitensi a fine 2009, la stessa la Spagna ne detiene una fetta ben piu’ consistente rispetto all’Italia, e pari a 50 miliardi di dollari.
Anche per quanto riguarda i flussi, purtroppo, la performance dell’Italia in termini di attrattivita’ di capitali statunitensi non e’ delle migliori. Nel 2009 ha attirato solamente 2,2 miliardi di flussi, collocandosi al 22esimo posto nella classifica dei paesei destinatari di IDE statunitensi. Tuttavia, prendendo in considerazione il crollo generale dei flussi USA all’estero nel 2009, e’ utile rilevare che i flussi in Italia si sono mantenuti stabili dal 2008, dove anche si aggiravano intorno ai 2,2 miliardi. Anche i paesi europei che attirano flussi IDE Usa in maggiori quantita’ rispetto all’Italia hanno registrato un calo dal 2008. Nel 2009 i Paesi Bassi hanno ricevuto investimenti per un valore di 43 miliardi (17% del totale; -18%), il Regno Unito 20 miliardi (8%; -45%), l’Irlanda poco meno di 24 miliardi (10%; -3%) e, infine, la Svizzera, 15 miliardi di dollari (6% del totale; -36%).
Il comparto che continua ad assorbire la più ampia quota di investimenti statunitensi in Italia (due terzi del totale) è quello dell’industria manifatturiera, con 12,5 miliardi di dollari investiti, che rappresentano il 40% del totale. Si conferma, poi, come la presenza americana in Italia sia concentrata nei settori della chimica, dell’elettronica e dei computer e dei mezzi di trasporto.
Il settore del commercio all’ingrosso e quello finanziario/assicurativo rispettivamente con 3,1 miliardi e 4 miliardi di dollari investiti a fine 2009, sono gli altri due comparti nei quali gli Stati Uniti effettuano investimenti rilevanti nel nostro Paese.
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INVESTIMENTI DIRETTI USA IN ITALIA PER SETTORE Stock in milioni di dollari 2007
2008
2009
% sul tot 2009
crescita 08/09%
28.216
28.679
31.471
100
+10%
30
23
-11
-0,03
-147,83
11.216
11.437
12.582
39,98
10,01
Alimentari e bevande
813
741
890
2,83
20,11
Prodotti chimici e derivati
2.227
2.039
2237
7,11
9,71
Metalli e prodotti in metallo
524
1063
1.133
3,60
6,59
Meccanica
1.034
892
1.316
4,18
47,53
Elettronica e computer
1.275
1409
1.564
4,97
11,00
Prodotti e componenti elettrici
73
59
70
0,22
18,64
Mezzi di trasporto
1.558
1.501
1.390
4,42
-7,40
Altro
3.711
3.732
3.982
12,65
6,70
Commercio all'ingrosso
2.970
3.224
3.151
10,01
-2,26
Servizi di informatica e tlc
2.383
2.823
2.212
7,03
-21,64
351
412
149
0,47
-63,83
Assicurazioni, finanza
3.312
3.270
4.065
12,92
24,31
Servizi professionali
1.275
1.318
1.214
3,86
-7,89
Holding
1.325
1.022
2.018
6,41
97,46
Altro
5.354
5150
6091
19,35
18,27
TOTALE Industria estrattiva Industria manifatturiera di cui
Banche
Fonte: US Department of Commerce, Bureau of Economic Analysis (BEA)
Passando ad esaminare le statistiche della Banca d’Italia (Relazione Annuale 2010) che rilevano le consistenze detenute dagli Stati Uniti nel nostro Paese, denominate naturalmente in Euro, si nota come queste abbiano raggiunto nel 2009 un totale di 19,5 miliardi di euro, con un aumento, rispetto al 2008 del 6%. Su un totale di 255 miliardi di euro detenuti, alla data del 2009, da investitori esteri nel nostro Paese, gli USA rappresentano il quinto investitore, con una percentuale del 7,6% del totale. Prima degli Stati Uniti si posizionano i Paesi Bassi, con 67 miliardi di euro (26% del totale), la Francia con 32 miliardi di Euro (12,5%), il Regno Unito con 27 miliardi di Euro (10,7%) e il Lussemburgo con 26 miliardi di Euro (10,5%).
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1^ sem. 2010
Relativamente ai settori, e sempre secondo i dati della Banca d’Italia, gli USA investono prevalentemente nella categoria di prodotti industriali manifatturieri (35% del totale) ed in particolare nel settore chimico e dei macchinari; segue, come settore di importanza, quello dei servizi assicurativi e creditizi.
Secondo i dati fDI Markets che rilevano i progetti greenfield nel mondo, nel 2009 gli USA hanno realizzato in Italia 25 progetti, in netta diminuzione rispetto ai 52 progetti realizzati nel 2008.
Dal 2003 a fine 2009, sempre secondo le statistiche fDI, gli USA hanno realizzato in Italia 258 progetti ma e’ da evidenziare come, anche in questo caso, la percentuale degli investimenti USA nel nostro Paese sia minima rispetto a quella effettuata in altri paesi e pari solo all’1,3%. Il primo posto in graduatoria spetta alla Cina dove, nell’arco di questi anni, gli USA hanno realizzato oltre 2.500 progetti, seguita da India (1.966), Gran Bretagna (1.954), Francia (811), Canada (800), Germania (799). La Spagna si e’ aggiudicata, in questo arco temporale, un totale di 434 progetti.
Relativamente ai settori merceologici nei quali si sono concentrati gli investimenti greenfield statunitensi in Italia, un’elevata percentuale si riscontra per i progetti legati al software, ai servizi di Information Technology ed ai Business Services (circa il 50% del totale con progetti di investimento che fanno a capo ad aziende quali Microsoft, HP, IBM, Yahoo, e altri). Importanti sono stati anche gli investimenti realizzati nei settori alberghiero e turistico (Hilton, Marriott, Starwood, Best Western), abbigliamento (Levi’s, Polo Ralph Lauren, Tom Ford, Guess, Abercrombie&Fitch), servizi finanziari (General Electric, State Street).
Tra il 2008 ed il 2009 i piu’ importanti investimenti realizzati in Italia sono stati quelli della catena di alberghi Hilton, della VF Corporation, della New York Film Academy, della IBM, della 3Com, della Levi’s e della Abercrombie & Fitch.
Dal 2003 a tutto il 2009 la stima dei posti di lavoro creati in Italia grazie agli investimenti realizzati da parte di aziende statunitensi– e come sempre si rileva dalla elaborazione dei dati fDI – e’ stata di circa 22.000, a fronte di investimenti totali per oltre 6 miliardi di dollari.
La regione d’Italia in cui si concentra la maggior parte di tali investimenti e’ la Lombardia (con 101 progetti) seguita dal Lazio (43) e dalla Toscana (13).
Gli stati USA che, invece, sono stati i maggiori investitori sono stati: la California (con un totale di 59 progetti su 258), New York (43), Washington (15), Massachusetts (15), Illinois (11) e Connecticut (10).
A inizio 2009, secondo le statistiche della Banca Dati Reprint, le imprese italiane partecipate da IMN statunitensi erano 1.843 (19 in piu’ rispetto all’anno precedente), seguite dalla Germania per la quale ne sono state registrate 1.319. La presenza statunitense italiana e’ molto
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significativa, con un peso percentuale - sul totale di 7.608 imprese a controllo estero in Italia del 24,2%.
Le imprese a controllo USA in Italia, sempre secondo le statistiche della Banca Dati Reprint, risultavano avere alla data dell’1.1.2009 oltre 259.000 dipendenti, con un fatturato di 119 miliardi di euro all’anno.
I PRINCIPALI INVESTIMENTI AMERICANI IN ITALIA
Tra le aziende statunitensi presenti in Italia ormai da molti anni si ricordano:
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nel settore alimentare: la Coca Cola, la Heinz, la McDonald’s e la Kraft;
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nel settore energetico: la Exxon-Mobil (Esso);
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nel settore farmaceutico sono presenti: la Pfizer, Bristol Myers Squibb, Abbot Laboratories, Johnson&Johnson ed Eli Lilly;
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nel settore meccanico: la General Electric, che controlla al 100% la Nuovo Pignone di Firenze; la Whirlpool, che nel 1989 acquisto’ la Ignis e che e’ l’unica multinazionale americana ad aver basato le propie operazioni europee in Italia.
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nel settore chimico: la Dow Chemical, la Dupont, la Procter&Gamble e la ColgatePalmolive;
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nel settore informatico: la IBM, la Microsoft e la EDS (Electronic Data Systems);
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ed ancora:Altria (Philip Morris) e la Walt Disney che, a Milano, ha il suo quartier generale per tutta l’Europa con oltre 100 artisti che vi lavorano.
Si ritiene poi utile, ai fini di una panoramica piu’ completa possibile della presenza statunitense in Italia, fornire alcuni esempi concreti di aziende americane che hanno investito in Italia, sia mediante acquisizioni che attraverso investimenti produttivi, nel corso del 2009 e 2010, come riportati dalla stampa specializzata. Per altre importanti operazioni di investimento (acquisizioni e progetti greenfield) da parte di soggetti USA in Italia negli anni precedenti si rimanda alle versioni passate del Rapporto Congiunto.
Nel corso del 2009 sono state rilevate le seguenti operazioni:
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Il colosso multinazionale dei servizi per networking e communication technology Cisco System ha inaugurato a Vimercate (Milano), il Center for Business Collaboration, un centro per lo sviluppo di nuove tecnologie in cui lavoreranno ricercatori italiani e non. La Cisco System ha gia’ investito in Italia, a Monza, dove gestisce un centro di ricerca con 200 scienziati.
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Un fondo statunitense – Ya Global Investment – ha acquisito per 6,6 milioni di euro il 51% di Aq-Tech, una holding italiana che a sua volta controlla tre societa’ operative nel settore farmaceutico, Montefarmaco Italia (Milano), Sigmar Italia (Bergamo) e Sigea (Trieste).
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L’azienda americana Premier Power Renewable Energy ha acquisito la Arco Energy, una societa’ italiana che realizza installazioni ad energia solare in tutta Italia.
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Il gruppo Dolce Hotels & Resort ha nnunciato un investimento di 46 milioni di euro per la realizzazione, sulla Riviera del Brenta, del progetto Verve (Venice Escape River Vacation Experience) che prevede la costruzione di un museo della moda e della calzatura, di laboratori artigianali, di un centro stile per la ricerca, una promenade per lo shopping e di un albergo.
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La societa’ di investimenti di Los Angeles, Aurora Capital, ha acquisito la Val Spa, una azienda di Lucca leader europeo nella produzione di componenti per refrigeratori di grandi dimensioni.
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La System Logistics, una azienda emiliana di Fiorano che opera nel settore della automazione industriale ha acquisito nel 2009 la Diamond Phoenix, una azienda localizzata nel Maine e specializzata negli integratori di sistemi che consentira’ alla System di completare la propria offerta nel comparto della logistica per tutto il Nord-America.
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Il gruppo farmaceutico Eli Lilly ha investito oltre 250 milioni di euro a Sesto Fiorentino, in Toscana, dove e’ stato inaugurato nel mese di settembre un nuovo campus industriale presso il quale si produrranno farmaci biotecnologici e dove verranno impiegati 450 persone altamente qualificate.
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Nel mese di ottobre ha aperto a Milano il primo megastore di abbigliamento giovanile della famosa catena statunitense Abercrombie&Fitch.
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Il fondo di private equity di New York, New World Capital, ha siglato un accordo con il fondo italiano Ambienta per realizzare investimenti nel settore delle energie rinnovabili.
Nel corso del 2010 si segnalano i seguenti investimenti:
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La SunPower Corp., azienda USA che progetta, produce e installa in tutto il mondo sistemi fotovoltaici, ha annunciato la costruzione di sette impianti fotovoltaici per un totale di 16,5 megawatt in Sicilia, in collaborazione con l’italiana Sol.In.Build Srl. Situati in un’area complessiva di 63 ettari, i sette impianti avranno dimensioni variabili da uno a 3,5 megawatt e saranno completati entro settembre 2010. Per la costruzione si prevedono circa 50 nuovi posti di lavoro. La costruzione sarà finanziata da un pool di primari istituti bancari italiani e internazionali, tra cui Societe Generale, Unicredit, Medio Credito Centrale e Dexia.
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La statunitense Anika Therapeutics, società quotata al NASDAQ e leader nello sviluppo di prodotti innovativi per la cura e la rigenerazione dei tessuti, ha acquistato la Fidia Advanced Biopolymers, una sussidiaria di Fidia Farmaceutici S.p.A.. La Fidia Advanced Biopolymers e’ un innovatore nell'ambito dei prodotti a base di Acido Ialuronico, con un patrimonio di oltre 40 brevetti che trovano applicazione nei settori dell'ortopedia, della cardiochirurgia, dell'urino-ginecologia e dell'otorinolaringoiatria.
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SunEdison, l’operatore leader dei sistemi fotovoltaici nel Nord America, parte di MEMC Electronic Materials, ha annunciato 12 nuovi impianti fotovoltaici nelle municipalità di Soleto, Cavallino e Alessano in provincia di Lecce. Sunedison li realizzerà congiuntamente alla tedesca Norddeutsche Landesbank Girozentale, partner investitore con un finanziamento di 47 milioni di euro. La societa’ sta, inoltre, realizzando il parco fotovoltaico più grande d’Europa (72 MW) a Rovigo.
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La Minerva Networks, societa’ californiana che fornisce soluzioni per la trasmissione e gestione di contenuti televisivi e servizi video di alta qualità su reti a larga banda, ha aperto un ufficio europeo di Vendite e Supporto clienti a Milan. L’ufficio seguira’ l’intero mercato europeo.
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La LabVantage, un societa’ che offre soluzioni di software gestionale a laboratori con sede nel New Jersey, ha aperto un ufficio di vendite a Monza.
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La Proactive Worldwide, azienda dell’Illinois di competitive intelligence, ha aperto un ufficio a Roma, da dove servira’ i clienti europei. La sede in Italia rappresenta il secondo ufficio per la societa’ fuori dagli Stati Uniti dopo quello di Shanghai.
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Razorfish, uno dei leader mondiali provider di soluzioni digitali con sede a New York, ha aperto un ufficio commerciale a Milano.
Ma e’ in relazione ad alcuni casi di investimento nei settori ad alto contenuto scientifico e di conoscenza che vale la pena sottolineare come sempre maggiore rilevanza venga assunta dagli IDE in settori legati alla innovazione tecnologica ed alla Ricerca & Sviluppo. Gli investimenti esteri negli ultimi anni sembrano piu’ “immateriali” rispetto all’industria manifatturiera dei decenni scorsi e, secondo molti, oggi il futuro della crescita è la conoscenza, fatta di persone e di intelligenze.
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A tale riguardo, in particolare, si cita una recente analisi dell’OCSE sugli investimenti diretti esteri in “proprieta’ intellettuali”5. Uno degli aspetti principali che emerge a seguito della ricerca condotta dall’OCSE è che cresce sempre di piu’ l’internazionalizzazione dei flussi di investimento in Ricerca & Sviluppo a livello mondiale. La globalizzazione sta infatti cambiando il panorama degli investimenti esteri con sempre maggiore importanza e rilievo attribuita appunto agli investimenti realizzati dalle multinazionali in attivita’ di Ricerca e Sviluppo. In particolare:
cresce la percentuale di attivita’ di Ricerca & Sviluppo svolta dalle multinazionali al di fuori del proprio paese, attraverso societa’ affiliate oppure mediante outsourcing;
le grandi multinazionali in maniera crescente creano proprie affiliate in paesi esteri con lo scopo di condurre attivita’ di Ricerca e Sviluppo localmente;
i settori tecnologici sono i piu’ attivi nell’internazionalizzazione delle attivita’ di R&S;
le location piu’ appetibili per lo svolgimento di attivita’ di R&S restano i paesi che possono vantare eccellenze accademiche e un elevato standard educativo. I paesi piu’ piccoli che godono di tali “attributi” hanno la piu’ alta percentuale di attivita’ di R&S controllate da operatori esteri. A tale specifico riguardo e’ da rilevare come il 30% delle attivita’ di R&S svolte in Italia sia controllata da operatori esteri. Una percentuale che nel 1995 risultava pari a zero e che dimostra come l’Italia sia diventata, nell’arco di un decennio, una meta appetibile di investimenti in Ricerca & Sviluppo. Sempre secondo le analisi dell’OCSE, la quota detenuta da operatori esteri in attivita’ di R&S in Germania e Spagna e’ del 28%, in Francia del 25%. Superano, invece,l’Italia in questa graduatoria l’Irlanda (con il 70% di attivita’ R&S detenute da operatori esteri), e quindi il Belgio, l’Ungheria, la Gran Bretagna ed i Paesi Bassi.
Gli Stati Uniti sono certamente il maggior investitore al mondo in Ricerca & Sviluppo. Secondo i dati rilevati dal Bureau of Economic Analysis (BEA), gli investimenti in Ricerca e Sviluppo realizzati all’estero da affiliate di multinazionali statunitensi nel 2007 (ultimo anno per cui sono disponibili tali statistiche) ha raggiunto la cifra di 35 miliardi di dollari rispetto ai 30 miliardi nel 2006, con una crescita del 17%. La maggior parte di questi investimenti si e’ diretta verso la Gran Bretagna, dove gli Stati Uniti hanno investito nel 2007 ben 6,5 miliardi di dollari (20% del totale), seguiti dalla Germania, con poco meno di 6 miliardi di dollari, dalla Francia con 1,7 miliardi di dollari, dalla Svezia, con 1,6 miliardi di dollari. Significativi anche gli investimenti realizzati dagli USA in Cina nel 2007, pari a 1,1 miliardi di dollari, con un aumento del 33% rispetto al 2006 quando tali investimenti erano stati pari a 760 milioni di dollari.
Secondo quanto evidenziato, poi, nel rapporto Global R&D Funding 2010 redatto dalla societa’ di consulenza Battelle(www.battelle.org), nel 2009 gli USA avrebbero investito in totale 24 5
International Investment and Intellectual Assets – OECD Investment Newsletter – June 2007 – Issue 4.
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milioni di dollari all’estero in “outsourcing”. Si tratta di una stima ricavata da un sondaggio fatto tra le aziende e che differisce dalla cifra che emerge da un rapporto della Booz&Co che indica, invece, investimenti per ben 80 miliardi di dollari effettuati all’estero da aziende USA in R&S nel 2008 su un totale di 146 miliardi investiti e pari a ben il 55% del totale investito da tali imprese in attivita’ di ricerca e sviluppo.
Sono dati significativamente contrastanti tra di loro e che riflettono un “vuoto” di rilevazione statistica che verra’ colmato grazie ad un recente progetto promosso dal BEA insieme con il National Science Foundation (NSF) che prevede l’analisi e la rilevazione puntuale di tale tipologia di dati ed in particolare degli investimenti realizzati da aziende USA all’estero in attivita’ di Ricerca e Sviluppo. Le statistiche saranno disponibili entro il 2010 e con tale operazione le istituzioni americane si prefiggono l’obiettivo di dare appunto una misura dell’impatto che ha avuto la globalizzazione su quelli che sono gli investimenti in Ricerca e Sviluppo.
Per quanto riguarda, invece, l’Italia e gli investimenti esteri realizzati nel nostro Paese in Ricerca & Sviluppo da parte di operatori esteri, secondo una ricerca effettuata dal Centro Studi della Confindustria (su dati dell’Ufficio Italiano Cambi) emerge come la voce Ricerca e Sviluppo finanziata dall’estero della bilancia tecnologica italiana che registra incassi (esportazioni) e pagamenti (import) legati a varie tipologie di attivita’ (Servizi con contenuto tecnologico, Commercio in tecnologia, Transazioni in Marchi e Disegni e Ricerca e Sviluppo) ha incrementato gli incassi (e quindi le esportazioni) dal 18,4% del totale nel 1995 al 25,9% nel 2006.
I dati BEA sugli investimenti in Ricerca e Sviluppo realizzati in Italia da affiliate di multinazionali statunitensi, riflettono quanto gia’ evidenziato con riguardo gli investimenti esteri in generale, e cioe’ la bassissima percentuale che il nostro Paese si aggiudica rispetto ad altri “competitors”. Nel 2007, infatti, gli USA hanno investito in Italia nel settore R&S (Ricerca & Sviluppo) circa 670 milioni di dollari, rispetto ai valori di 1,7 miliardi di dollari investiti in Francia o ai 6 miliardi che si e’ invece aggiudicata la Germania. In Spagna, nel 2007, gli USA hanno investito in attivita’ di R&S 475 milioni di dollari, e quindi meno che in Italia.
La statistiche fDI relative ai progetti di investimento realizzati dagli USA in Italia per attivita’ legate alla Ricerca ed allo Sviluppo Tecnologico sono significativi. Dal 2003 a fine 2009 gli Stati Uniti hanno realizzato nel nostro Paese 15 progetti, per un investimento del valore di poco piu’ di 250 milioni di dollari e con 653 posti di lavoro creati in questo comparto. Tra questi investimenti segnaliamo, in particolare, quelli realizzati dalle multinazionali high-tech IBM, DuPont, HP, Honeywell, Microsoft e di cui piu’ avanti si forniscono alcuni esempi. Resta da evidenziare come la quota maggiore di tale categoria di investimenti ad altissimo valore aggiunto se la sia aggiudicata in questi anni l’India, con 106 progetti, pari al 18% del totale (584 progetti di investimento in R&S realizzati da aziende statunitensi dal 2003 a fine 2009) ed con una crescita dal 2008 al 2009 del 63%. Al secondo posto troviamo la Cina con 97 progetti (17% del totale) che pero’ ha fatto registrare, tra il 2008 ed il 2009, un tasso di decrescita del 17% con 10 progetti realizzati rispetto ai 12 del 2008.
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L’Italia con 15 progetti realizzati da aziende USA, si aggiudica il 10mo posto, dopo India, Cina, Gran Bretagna (51 progetti), Irlanda (33 progetti), Singapore, Francia (26 progetti), Canada, Corea del Sud, Israele (18). La Spagna e’ all’11mo posto con 14 progetti seguita dalla Germania che, in totale, si e’ aggiudicata 12 progetti, e dal Giappone (12).
Resta da evidenziare che tra il 2008 ed il 2009, ad esclusione della forte crescita registrata dall’India e di quella significativa della Gran Bretagna (+10%) e della Francia (+33%), per tutti gli altri paesi gli investimenti USA in R&S hanno segnato il passo: Israele -33%, Irlanda -14%, Cina -17%, Canada -50%, Italia -33%.
Nonostante le statistiche non siano confortanti, alcuni esempi potranno fornire un’idea piu’ concreta della presenza statunitense in Italia nel settore Ricerca e Sviluppo, con alcune delle piu’ importanti multinazionali USA che hanno comunque scelto l’Italia come location dove condurre attivita’ di ricerca grazie ai talenti ed alle eccellenze espresse da alcune delle piu’ prestigiose Universita’ e parchi scientifici e tecnologici del nostro Paese.
Bristol Myers Squibb ha investito 150 milioni di dollari a supporto della ricerca condotta nel centro di Nerviano Medical Sciences, il gia’ citato centro di ricerca privato italiano e leader nella ricerca oncologica.
Sempre una delle piu’ importanti aziende farmaceutiche al mondo, la SheringPlough, oltre ad avere investito in Italia in due stabilimenti produttivi (a Lodi e ad Aprilia) dove impiega oltre 1.200 persone, ha un centro di ricerche presso il San Raffaele di Milano.
L’IBM ha in Italia numerosi centri di ricerca, a Roma e nel Mezzogiorno. Nel Software Lab di Roma, in particolare, è stato sviluppato il software Tivoli, uno dei piu’ importanti software di ultima generazione, strumento ideato dalla IBM per le aziende di tutto il mondo. Ancora la IBM, in collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa, ha creato il Quantum Information Competence Center, il primo centro italiano di informatica quantistica con l’obiettivo di esplorare le potenzialita’ e l’impatto dei computer quantistici e lo sviluppo del software del futuro.
Sempre la IBM ha in vigore numerosi accordi con atenei italiani. Attraverso l’IBM PhD Fellowship ha finanziato nel 2009 due borse di studio per studenti delPolitecnico di Milano e per quello di Torino per ricerche da condurre rispettivamente nel settore della progettazione di green network e nella valutazione dei sistemi interattivi.
La Microsoft ha in Italia importantissimi centri di Ricerca e Sviluppo, specificatamente a Trento e a Torino e, inoltre,, collabora con l’Area Science Park di Trieste attraverso un laboratorio di ricerca e sviluppo per l’IT.
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La Micron Technology, azienda statunitense leader nel settore dei semiconduttori di alta qualità, ha avviato un piano di potenziamento del valore di 4,3 milioni di dollari della propria struttura di Avezzano, facendo cosi’ di questo paese abruzzese un vero e proprio distretto di ricerca e sviluppo, oltre che di produzione.La Micron Technology e’ infatti gia’ presente ad Avezzano da molti anni con uno stabilimento che produce semiconduttori e rappresenta un polo tecnologico di eccellenza mondiale per la produzione di wafer (dischi di silicio) con tecnologia d'avanguardia.
La Boeing ha realizzato un centro di ricerche nel settore aerospaziale in Campania, e precisamente nel distretto tecnologico Imast, polo di eccellenza per lo studio di materiali polimerici.
Nel 2007 la General Motors ha trasferito dalla Germania a Torino i laboratori europei sui motori diesel, collocandosi presso la Cittadella del Politecnico di Torino. Un altro esempio di come oggi uno dei fattori di “attrattivita’” siano la ricerca e la formazione, che hanno nelle universita’ uno dei loro capisaldi.
CISCO SYSTEMS, multinazionale del software, ha un centro di ricerca a Monza dove impiega circa 200 tra scienziati e ricercatori.
La INTEL, in partnership con STMicroelectronics ha creato la NUMONYX, una azienda di Agrate Brianza (MI) dove, in un centro di ricerche con oltre 200 scienziati ed ingegneri si porta avanti attivita’ di Ricerca & Sviluppo legata alla microelettronica e allo sviluppo delle memorie per personal computer.
L’istituto di ricerca di Charleston (West Virginia), MATRIC – Mid Atlantic Technology, Research & Innovation Center -ha aperto un ufficio che gestira’ le attivita’ europee, all’interno dell’Insubria Park di Gerenzano, in provincia di Varese. La scelta della location e’ stata dettata proprio dalla disponibilita’ di competenze e dall’eccellenza degli scienziati e dei ricercatori italiani.
La DuPont ha effettuato un importante investimento nel 2008 a Pessina Cremonese, in provincia di Milano. Il progetto ha comportato una somma investita dalla multinazionale USA di 12 milioni di dollari e l’impiego di 70 tra ricercatori e scienziati.
La statunitense Micron Technolgy (vedi l’investimento gia’ realizzzato dalla stessa azienda in Abruzzo e di cui piu’ sopra) ha acquisito nel febbraio 2010 una quota della gia’ menzionata Numonyx di Milano e prevede di arrivare al controllo del 100% del capitale della societa’ italiana.
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FONDI DI INVESTIMENTO
I fondi collettivi di investimento – fondi di Private Equity – hanno assunto un ruolo importante nel panorama dei flussi di IDE a livello mondiale ma, dopo la crisi finanziaria del 2008, hanno ridotto molto la loro attivita’. Ad ogni buon conto, si riportano di seguito le principali operazioni di acquisizione di aziende italiane da parte dei fondi di private equity statunitensi:
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Il fondo Blackstone ha acquisito, nel 2006, il parco divertimenti Gardaland.
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Il Gruppo Carlyle, altro importante investitore statunitense con uffici a Milano, ha acquisito e poi rivenduto la Avio SPA (ex Fiat Avio) e possiede dall’ottobre 2007 il Palazzo del Tergesteo a Trieste, sul quale effettuera’ interventi di riqualificazione e recupero funzionale.Carlyle, oltre ad aver posseduto per molti anni Riello, azienda produttrice di impianti di riscaldamento, caldaie e bruciatori, ha acquisito il controllo della Moncler.
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Il Gruppo Vestar, anch’esso con uffici a Milano, ha investito in Italia per circa 1,6 miliardi di euro ed ha in portafoglio il marchio Cesare Fiorucci (salumi) e la Seves, societa’ fiorentina leader mondiale nel mercato dell’isolamento elettrico nel processo di generazione, trasporto e distribuzione dell’energia elettrica e nel segmento del mattone in vetro per l’architettura e l’arredo.
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Il fondo Cerberus Capital Management, tramite la controllata Sports Brands International, ha avuto in portafoglio il noto marchio di abbigliamento sportivo FILA dal marzo 2003 e fino al marzo 2007, quando l’ha ceduto a FILA Korea.
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Goldman Sachs ha controllato dal 2005 al 2009 la Prysmian Cables & Systems (ex Pirelli Cavi), importante societa’ attiva nella posa dei cavi sottomarini .
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Il fondo Kohlberg Kravis Roberts & Co. (KKR) ha posseduto per 2 anni la FL Selenia, società produttrice di oli lubrificanti di Torino. La FL Selenia e’ stata poi rivenduta da KKR a PETRONAS, ente petrolifero del governo malaysiano.
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Il fondo One Equity Partners (JP Morgan) possiede, in consorzio con altri 5 fondi, il 39% di Pirelli.
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il fondo di San Francisco JH Partners ha acquisito nel 2007 il gruppo italiano La Perla (biancheria intima). Inoltre, dal dicembre 2005 e tramite la controllata Coraline, JH Parters possiede Frette, altra societa’ italiana di biancheria di lusso.
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-
La nota azienda di abbigliamento Conbipel e’ stata acquistata dal fondo di private equity statunitense Oaktreeb nel settembre 2007.
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La Braveheart Acquisition Inc, parte del gruppo di private equity Warburg Pincus LLc's, avendo acquisito il gruppo Scotsman nel 2009, e’ entrata in possesso delle aziende italiane CastelMAC SpA, leader mondiale nella refrigerazione commerciale con sede nel Veneto, e la Frimont Spa, azienda lombarda produttrice di fabbricatori di ghiaccio.
Come gia’ evidenziato, la recente crisi dei mutui subprime e del mercato finanziario, nonche’ la recessione dell’economia globale, ha avuto un forte impatto negativo sull’attivita’ dei fondi di private equity statunitensi e non si prevede, per il futuro, una ripresa significativa.
Investimenti Italiani in USA e presenza italiana
Passando, poi, ad analizzare gli investimenti italiani negli Stati Uniti, vale forse la pena innanzitutto riportare alcuni dati sintetici, di fonte ufficiale statunitense (BEA), che possono dare una misura di quanto l’Italia sia presente in questo Paese, anche rispetto ad altri concorrenti europei. Stock di investimenti diretti dall’Italia in USA 2007 Stock IDE dal MONDO in USA (mln $) Stock IDE dall’ITALIA (mln $)
2008
2009
2.055.176
2.165.748
2.319.585
12.722
18.685
9.693
0,6%
0,9%
0,4%
17
17
19
QUOTA ITALIANA stock IDE in USA Posizione in graduatoria dell’Italia
Flussi di investimenti diretti dall’Italia in USA 2007
2008
2009
265.957
324.560
124.883
Flussi IDE dall’ITALIA (mln $)
4.905
5.934
-6.361
QUOTA ITALIANA IDE NEGLI USA
1,8%
1,8%
-4,9%
14
13
116
Flussi IDE dal MONDO in USA (mln $)
Posizione in graduatoria
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Principali paesi investitori in USA in Stock in miliardi di dollari 2007 REGNO UNITO
2008
2009
424
454,3
453,8
GIAPPONE
229,4
259,7
264,2
GERMANIA
213,1
201,4
218,1
SPAGNA
27,7
39,1
43,9
ITALIA
12,7
18,6
9,6
Fonte:Elaborazioni ICE New York su dati US Department of Commerce - BEA (Bureau of Economic Analysis)
Rispetto al 2008, che aveva visto l’Italia al 17mo posto nella graduatoria dei primi venti investitori USA in termini di consistenze, nel 2009, a fronte di un considerevole disinvestimento, lo stock di investimenti italiani in USA e’ passato da 18,6 miliardi di dollari a fine 2008 a 9,6 miliardi di dollari a fine 2009, facendo perdere al nostro Paese due posizioni, collocandolo al 19mo posto. Tali consistenze a fine 2009 si limitano solo allo 0,4% del totale dello stock detenuto da investitori esteri in USA, tra cui segnaliamo il Regno Unito, con 453,8 miliardi di dollari, il Giappone con 264 mliardi, l’Olanda con 237,9 miliardi, la Germania, con 218 miliardi, la Francia con 189 miliardi. Anche la Spagna, con 43,9 miliardi di dollari di consistenze in USA risulta avere una presenza molto piu’ significativa della nostra negli Stati Uniti. A fine 2009, dunque, risulta sempre piu’ evidente il distacco tra l’Italia e gli altri paesi europei che investono in USA.
Il dimezzamento delle consistenze italiane in USA verificatosi nel 2009 e’ comprensibile una volta che si passa ad esaminare i flussi nel 2009, durante cui l’Italia ha disinvestito una cifra pari a 6,3 miliardi di dollari dagli USA. Secondo gli analisti del BEA, tale disinvestimento e’ riconducibile prevalentemente alla componente degli IDE relativa ai prestiti inter-societari tra aziende madre e le affiliate USA nei comparti dell’industria manifatturiera, servizi professionali, e altro. Infatti, si presuppone che i prestiti tra aziende italiane e le proprie affiliate in tali settori originariamente avvenuti durante il 2008, che avevano contribuito all’aumento delle consistenze del 46% in quell’anno rispetto al 2007, sono stati invertiti nel corso del 2009, portando la posizione di consistenze italiane in USA da 18,6 miliardi di dollari a 9,6. Il BEA, contattato in merito, non ci ha potuto fornire informazioni piu’ dettagliate per motivi di confidenzialita’.
Si ritiente utile segnalare che i dati della Relazione Annuale della Banca d’Italia non rilevano il disinvestimento italiano negli USA del 2009 desunto nei dati del BEA. A fine 2009, infatti, lo stock di investimenti italiani in USA ammontava a 22,7 miliardi di euro 6, pari al 7,1% del totale degli investimenti diretti italiani all’estero (321 miliardi di euro). Rispetto al 2008, nel 2009 c’è stato un incremento del 1%. Gli Stati Uniti sono stati la destinazione preferita dagli investitori italiani dopo i Paesi Bassi (98 miliardi di euro, 30% del totale), la Spagna (42 6
La cifra che riporta invece il BEA relativa alle consistenze italiane in USA e’ di 9,6miliardi di dollari.
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miliardi di euro, 13% del totale), la Francia (25 miliardi di euro, 8% del totale), Regno Unito (18,4 miliardi di euro, 5,7% del totale), seguiti dal Lussemburgo (17,5 miliardi di euro, 5,5% del totale) e dalla Germania (15 miliardi di euro, 4,7% del totale).
Relativamente ai settori produttivi, e sempre secondo i dati rilevati dalla Banca d’Italia, si nota come le consistenze italiane in USA si siano concentrate prevalentemente nella produzione industriale con il 29% del totale ed in particolare nella produzione di macchinari: 9%. Seguono i servizi con particolare riguardo ai settori del credito e delle assicurazioni (27,2%).
Al di la’ delle discrepanze statistiche circa le consistenze italiane in USA che emergono da un confronto tra i dati ufficiali statunitensi, e quelli della Banca d’Italia, andando ad analizzare i dati di fDI (Financial Markets) che registrano i progetti di investimento greenfield, si rileva come la presenza italiana in USA sia di un certo rilievo. Dal 2003 e fino a tutto il 2009, l’Italia ha realizzato 217 progetti di investimento negli Stati Uniti, che risultano essere al secondo posto come paese di destinazione degli investimenti italiani all’estero dopo la Cina, con 235 progetti. Dal 2003 al 2009 gli Stati Uniti si sono aggiudicati il 9% del totale degli IDE italiani all’estero, subito dopo la Cina che ha “pesato” per il 10% sul totale dei 2.440 progetti di investimento realizzati dall’Italia al di fuori dei propri confini nel periodo considerato.
L’Italia, sempre secondo le statistiche di fonte fDI, e’ il sesto paese che registra una maggiore presenza negli Stati Uniti, dopo Gran Bretagna (871 progetti), Germania (735 progetti), Giappone (699 progetti), Canada (475 progetti) e Francia (405 progetti). Dopo l’Italia, al settimo posto, troviamo la Svizzera con un totale di 194 progetti, la Spagna (187), la Svezia (182).
Nel 2009 gli investimenti italiani in USA sono stati, in totale, 51 - rispetto ai 43 progetti del 2008 – per un valore di circa 635 milioni di dollari ed in crescita (+19%). In Cina, invece, tra il 2008 ed il 2009, i progetti di investimento italiani sono diminuiti del 30%, passando dai 38 progetti del 2008 ai 27 del 2009.
I settori in cui si sono maggiormente concentrati gli investimenti italiani in USA nel periodo considerato (2003-2009) – sempre secondo i dati fDI – sono stati il settore del tessile abbigliamento, con il 34% del totale e che hanno riguardato prevalentemente l’attivita’ retail, ed il settore della meccanica strumentale (Industrial Machinery) con il 12% del totale e con progetti realizzati da Fiat, Brevini, Valvitalia, Finmeccanica, Leitner e altri.
Gli Stati Usa con la maggior presenza di aziende italiane sono lo Stato di New York (45 progetti), la California (23 progetti) e la Florida (20 progetti).
Da rilevare, infine, come i posti di lavoro creati negli Stati Uniti da aziende italiane, dal 2003 al 2009, sono oltre 18.000, per un valore stimato di oltre 4 miliardi di dollari.
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I principali investitori italiani in USA (dati fDI) per numero di progetti realizzati sono la Fiat, Finmeccanica, ENI, Pirelli, Ermenegildo Zegna, Diesel, Prada, Bulgari, Brunello Cucinelli e Roberto Cavalli.
Gli ultimi dati disponibili della banca dati Reprint – Politecnico di Milano ed ICE, infine, riportano al 1° gennaio 2009 la presenza di 2.292 imprese USA a partecipazione italiana (anche minoritaria). Tali aziende occupano negli Stati Uniti oltre 89.000 dipendenti ed hanno un fatturato di 32,2 miliardi di euro. Gli Stati Uniti sono, dunque, il primo paese verso il quale maggiormente si dirigono i nostri investitori, seguita dalla Francia, che vantava 2.168 imprese a partecipazione italiana ad inizio 2009 sul proprio territorio.
Ma anche per quanto riguarda gli investimenti italiani in USA, come gia’ fatto per quelli statunitensi in Italia, si ritiene utile entrare nel dettaglio e fornire un elenco di quelli piu’ significativi, che possono rappresentare meglio la presenza italiana in USA rispetto agli “aridi” dati statistici che invece li fotografano nel loro complesso.
Tra le aziende italiane da tempo presenti negli Stati Uniti con impianti produttivi o di grande distribuzione ricordiamo: la Fiat (Chrysler e Case New Holland), il Gruppo Autogrill, Beretta, Barilla (con due impianti produttivi), Pirelli Tire North America, Ansaldo Signal e Agusta Westland (entrambi Gruppo Finmeccanica7), Permasteelisa, Segafredo Zanetti, Panaria (piastrelle in ceramica) che ha acquisito la Florida Tile Industries, Marazzi, Luxottica, Bonfiglioli (componentistica meccanica), Caleffi (valvole meccaniche), Bracco, Dia Sorin, Panini (Torino), Lottomatica (GTECH Holding Corporation societa` leader a livello internazionale nelle tecnologie per giochi e servizi di intrattenimento).
Per altre importanti operazioni di investimento (acquisizioni e progetti greenfield) da parte di soggetti italiani in USA negli anni precedenti si rimanda alle versioni passate del Rapporto Congiunto.
Nel 2009, l’investimento italiano in USA che ha naturalmente richiamato l’attenzione di tutti i media italiani e statunitensi, dando enorme risalto al nostro Paese, e’ stato quello della FIAT che ha acquisito il controllo della Chrysler. L’acquisizione non ha tuttavia comportato alcun esborso monetario da parte della FIAT stessa che, in cambio del controllo dell’azienda USA, ha messo a disposizione la sua tecnologia ed il suo know-how. Con questo accordo la FIAT intende produrre auto verdi e motori ibridi negli Stati Uniti e agevolare l’approdo di alcuni modelli Alfa e Fiat, compresa la 500.
E le presenza della Fiat negli Stati Uniti potra’ certamente trainare anche altre aziende italiane ad investire nell’area di Detroit. Tra queste ci sarebbero la Comaue la Magneti Marelli.
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AgustaWestland, appartenente al gruppo Finmeccanica, ha propri stabilimenti a Philadephia presso i quali dal 2006 costruisce gli elicotteri AB139. Il Gruppo Finmeccanica produce negli Stati Uniti aerei ed elicotteri con stabilimenti in vari Stati, da Charleston in South Carolina, alla California al Kansas alla Pennsylvania con una presenza industriale forte di 2.000 addetti.
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Ma non c’e’ stata solo la FIAT a stabilire una presenza importante sul mercato statunitense, a dimostrare che la crisi finanizaria puo’ anche rappresentare una opportunita’ di “shopping” per le aziende italiane in USA:
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Natuzzi, ha annunciato l’apertura del suo primo stabilimento produttivo negli USA dopo quelli in Brasile, Cina e Romania.
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Il Gruppo Brevini, di Reggio Emilia, oltre a spostare il suo quartier generale in USA da Chicago a Munice, nell’Indiana, ha annunciato che intende realizzare uno stabilimento produttivo per ingranaggi per turbine destinate alla produzione di energia eolica per un investimento stimato di 62 milioni di dollari.
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Il Gruppo Carraro ha inaugurato un impianto di produzione di macchinari e parti per turbine a vento a Virginia Beach, in Viriginia. L’investimento previsto e’ di 8 milioni di dollari e 35 posti di lavoro.
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L’ENI, che ha gia’ realizzato acquisizioni di grande importanza in USA, ha stretto un accordo con l’M.I.T. di Boston con l’obiettivo di mettere in atto progetti di ricerca congiunti per lo sviluppo dei pannelli solari del futuro. Nei prossimi cinque anni l’ENI investira’ 50 milioni di dollari in questo accordo, finalizzato alla ricerca di nuove tecnologie per l’energia solare e non solo. Il protocollo di intesa con l’M.I.T. prevede anche lo studio di nuove tecnologie per la ricerca di nuovi giacimenti petroliferi e di metano sui fondali marini, la ricerca nel settore della cattura dell’anidride carbonica emessa nell’atmosfera, l’evoluzione in chiave sostenibile dei sistemi di trasporto su gomma e l’analisi sui cambiamenti climatici. Sara’ pero’ il solare l’area in cui MIT ed ENI concentreranno le proprie energie congiunte, ciò nel quadro di un programma chiamato Solar Frontiers Research, che vede un investimento di 25 milioni di dollari da parte Eni per l’intera durata del programma.
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Di nuovo l’ENEL, dopo l’eolico, continua a crescere negli USA nelle energie rinnovabili, con la realizzazione di due centrali per la produzione di energia geotermica nel Nevada. Gli impianti sono stati costruiti utilizzando tecnologia italiana sviluppata dall’ENEL a Larderello, in Toscana, dove da moltissimi anni si sfrutta il calore dei gas sprigionati dal sottosuolo profondo per produrre energia elettrica.
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Campari, dopo l’acquisizione della Cabo Wabo, ha comprato per 433 milioni di euro (575 milioni di dollari) l’azienda USA produttrice di whisky, Wild Turkey.
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La Costech Int., di Milano, realizzera’ in Florida un impianto per la produzione di energia – gas e petrolio - da vecchi pneumatici con un sistema brevettato che permette di separare l’acciaio dalla gomma. Un altro esempio di eccellenza italiana nel settore delle energie rinnovabili.
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La Tod’s (Diego Della Valle) e’ entrata nel capitale della catena di grandi magazzini Saks Fifth Avenue per un investimento di circa 30 milioni di dollari. La azienda italiana e’ il secondo investitore dopo il messicano Slim, con una quota del 5,9% del capitale nell’azienda statunitense.
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Interessante, poi, l’investimento realizzato, sempre nel corso del 2009, dalla Firenze Seta Srl, che ha aperto “virtualmente” in USA una boutique on line per la vendita dei grandi marchi di lusso italiani – www.forzieri.com.
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Il negozio Armani aperto sulla Fifth Avenue a New York il 18 febbraio che ha visto un investimento da parte del designer italiano di circa 5 milioni di dollari.
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ANSALDO e’ in fase di trattativa con la WESTINGHOUSE per la fornitura di tecnologie necessarie alla costruzione di centrali nucleari in USA di terza generazione al Governo USA.
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La Pierrel, storica azienda farmaceutica con sede in provincia di Caserta ha acquisito per due milioni di euro la statunitense Encorium (Pennsylvania) che permettera’ alla Pierrel di entrare nel mercato americano.
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La Siapi, produttrice di apparecchiature per la lavorazione dei contenitori in pet con sede in provincia di Treviso ha aperto una sede per la distribuzione e vendita dei proprio prodotti ad Atlanta, in Georgia.
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E sempre ad Atlanta ha aperto nel 2009 la propria sede di vendita e di assistenza per gli USA la cremonese Tecnoweb, produttrice di macchine per fazzolettini umidificati.
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La Finsomac, distributore vicentino di macchine utensili realizzate da Livio Campana, ha costituito, in partnership con la statunitense Venture USA, la societa’ Cy Laser con sede a Chicago. La Cy Laser si occupa di distribuire in tutti gli Stati USA le macchine da taglio per lamiere dotate di una tecnica rivoluzionaria (laser generato con fibre ottiche).
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Lo studio di ingegneria Mecapron di San Mauro Torinese, specializzato nella progettazione e realizzazione di motori e trasmissioni auto, ha aperto un ufficio commerciale a Plymouth, nelle vicinanze di Detroit.
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La societa’ farmaceutica Sigma Tau ha acquisito per 300 milioni di dollari l’americana Enzon, azienda produttrice di farmaci biotech con sede a Bridgewater (New Jersey) quotata al Nasdaq.
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Sempre sulla scia della Fiat, un’altra azienda italiana, la Meccanotecnica Umbra di Campello sul Clitunno (Perugia), specializzato in guarnizioni per le pompe degli impianti di raffreddamento, ha acquisito negli Stati Uniti una societa’ texana che controlla un impianto in Messico.
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La Landi Renzo, societa’ italiana attiva nel settore dei sistemi alternativi di alimentazione gpl e a metano per autotrazione ha annunciato l’apertura di una filiale in California, la Landi Renzo Corporation USA si occupera’ di seguire il mercato statunitense e di monitorare le opportunita’ in vista dei progetti dell’amministrazione Obama per la riconversione delle flotte pubbliche all’alimentazione con gas naturale.
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La Biocell di Busto Arsizio ha aperto una sede/laboratorio a Medford (Boston) dove attivera’ un servizio per la conservazione delle cellule staminali prelevate dal liquido amniotico delle donne in gravidanza.
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La Weighpack di Goito, in provincia di Milano, ha aperto uno stabilimento produttivo in Virginia per il confezionamento dei farmaci.
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La Lamborghini ha inaugurato a fine 2009, in partnership con la University of Washington e la Boeing, un centro sulla ricerca e sul design aerospaziale a Seattle.
Per quanto riguarda il 2010, si ritiene utile segnalare i seguenti investimenti:
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Advanced Accelerator Applications, gruppo europeo leader nella medicina nucleare e molecolare, ha acquistato per 10 milioni di euro la BioSynthema Inc., societa’ americana con sede a St. Louis nel Missouri, che sviluppa prodotti farmaceutici che si localizzano sui recettori di superficie nelle cellule tumorali in stadio avanzato, come quelle dei cancri neuro endocrini.
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La Datalogic, societa’ attiva nel settore dei lettori ottici a barre, dei mobile computer per la raccolta date e dei sistemi di identificazione barcode, ha acquistato il 100% di Evolution Robnotics Retail attraverso la controllata statunitense Datalogic Scanning Holdings, in una operazione che ammonta a $25,5 milioni.
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La Dallara, casa automobilistica parmense, annuncia la creazione di un proprio stabilimento di fronte allo storico circuito dello Speedway, nell’Indiana, dove realizzerà le nuove vetture Indycar, gestirà servizi tecnici e commerciali e svilupperà un centro di ingegneria all’avanguardia abbinato ad un simulatore di ultima generazione, in cui piloti ed ingegneri potranno provare la nuova Indycar prima che venga costruita. L’investimetno ammonterebbe a $7milioni e creerebbe 80 posti di lavoro. La societa’ continuera’ a fornire i telai alla Indycar fino al 2015.
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La Lavazza ha siglato un accordo con la Green Mountain Coffee Roasters, azienda quotata al Nasdaq attiva nel settore del caffe' in cialde in Nord America, per l'acquisto da parte dell'azienda torinese di azioni ordinarie pari a un valore di $250 milioni, ovvero circa il 7% delle azioni ordinarie di Gmcr.
Tali numerosi casi confermano, anche in un periodo di profonda crisi, l’attivismo e la vitalita’ delle aziende italiane, che, come gia’ e’ stato sottolineato, hanno potuto acquisire aziende USA grazie da un dollaro particolarmente debole nei confronti dell’euro. E’ da notare, infatti, come, oltre a casi di aziende importanti, anche le imprese medie e medio-piccole stiano finalmente scoprendo quanto è essenziale investire all’estero e che per crescere non basta piu’ solo esportare ma occorre sempre piu’ internazionalizzarsi.
E non va trascurata la presenza italiana negli Stati Uniti di aziende che hanno investito grazie anche ad una partecipazione finanziaria della Simest, l’agenzia italiana che promuove gli investimenti italiani all’estero. Secondo l’ultimo bilancio Simest disponibile, al 31 dicembre 2008, quest’ultima aveva in portafoglio 15 parteciazioni in societa’ statunitensi insieme con aziende italiane, tra cui si citano Poliform USA, Amplifon, Alenia North America, Emilamerica, Marangoni Tread North America.
Nel 2009, inoltre, la SIMEST ha approvato piu’ di 40 progetti negli USA, con uno stanziamento superiore a 80 milioni di euro, a fronte di investimenti complessivi per oltre 600 milioni di Euro. A conclusione di questo excursus sulla presenza italiana in USA, si citano i piu’ recenti casi di aziende italiane che si sono aggiudicate importanti commesse negli Stati Uniti. -
Il team composto dalla statunitense Lockheed Martin e dalla italiana e-Geos (Telespazio, Finmeccanica) si e’ aggiudicato un contratto del valore fino a 85 milioni di dollari da parte della National Geospatial-Intelligence Agency (Nga) per la fornitura di dati, prodotti e servizi ottenuti dai satelliti CosmoSkyMed. Il contratto prevede che le immagini acquisite dai satelliti italiani Cosmo-Sky-Med saranno fornite da Lockheed Martin ed e-Geos alla Nga per sviluppare una vasta gamma di applcazioni richieste dal governo statunitense.
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Thales Alenia Space, società spaziale controllata da Thales e Finmeccanica, ha vinto nel 2010 una nuova commessa da 2,1 miliardi di dollari, per la realizzazione di avanzatissimi satelliti per telecomunicazioni mobili.
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La Marinette Marine Corporation (MMC), società statunitense controllata da Fincantieri, si è aggiudicata nel 2010 una commessa per un valore di oltre 130 milioni di dollari: un contratto da 73 milioni dal NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration) per un’unità di ricerca ittiologica e oceanografica (FSV, Fisheries Survey Vessel) e un altro del valore di circa 63 milioni per la costruzione di 30 imbarcazioni per la Guardia Costiera americana.
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La Gtech (Lottomatica) si è aggiudicata nel 2010 un contratto per la fornitura del sistema di lotterie istantanee della Lotteria del Nebraska. La commessa ha una durata di 6 anni a
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partire dal 1° luglio del 2011 e dovrebbe generare ricavi per complessivi 50 milioni di dollari.
2.
INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI INTERVENTO
a)
Valutazione della penetrazione commerciale dei prodotti italiani sul mercato locale
Il rafforzamento ed il consolidamento della presenza commerciale ed economica dell’Italia negli USA ha tra gli obiettivi prioritari: 1) l’incremento dell’attuale quota di mercato, nel primo semestre 2010 posizionata all’1,5% (in ulteriore calo sull’1,7 dello stesso periodo nel 2009) del totale delle importazioni USA, dopo essere stata fino al 2003 al di sopra del 2%; 2) un più intenso flusso di investimenti diretti bilaterali, collaborazioni industriali, cessioni di know-how e scambi di tecnologia; 3) la valorizzazione della collaborazione scientifica, tramite il censimento, il coinvolgimento e le azioni sinergiche con la comunità scientifica italo-americana. La quota di mercato dell’Italia, 15mo Paese fornitore degli USA, deve essere migliorata. Ciò significa che essa deve essere non solo monitorata costantemente, ma soprattutto sostenuta con incisive azioni promozionali di ampio respiro per creare positivi contesti di riferimento per le imprese. Il saldo attivo della bilancia commerciale bilaterale rappresenta un segnale indubbio di una forte capacità di penetrazione commerciale delle aziende italiane, ancora lontana dall’aver raggiunto il proprio potenziale. Allo stesso tempo, tale penetrazione risulta ancora abbastanza limitata ad una gamma di prodotti, che, per loro natura, risentono maggiormente dell’effetto prezzo generato dalle fluttuazioni dei corsi di cambio e del conseguente rischio di sostituzione con forniture da parte di Paesi con costo di manodopera più basso. Occorre pertanto allargare sempre più la gamma degli acquirenti del “Made in Italy”, indicando i fattori distintivi della qualità, dell’innovazione e del design come “plus” soprattutto rispetto ai prodotti di altri Paesi concorrenti dell’UE, oltre al Giappone, Cina, Corea del Sud e Taiwan. Va perseguita una strategia volta ad ampliare la sfera territoriale delle iniziative per avvicinare sempre più i consumatori di aree meno raggiunte dai prodotti italiani (quali quelle del Southwest, Midwest e West degli USA, così come del North East), anche attraverso l’accesso a basi commerciali e distributive solide e durature in aree in forte crescita. Naturalmente effettuare operazioni di scouting commerciale e soprattutto promozionale in tali Stati non significa abbandonare la strategia di presenza commerciale e promozionale nelle aree di tradizionale presenza del “Made in Italy” (Stati dell’Est, Florida, California ed Illinois). In un mercato maturo e fortemente concorrenziale, quale quello americano, gli esportatori italiani dovranno intensificare le iniziative di investimento “commerciale” e di “comunicazione” e rafforzando quindi la propria presenza sul mercato attraverso basi logistiche. Gli interventi mirati di promozione commerciale e gli strumenti messi a disposizione delle imprese italiane (es. L.394/81) sono finalizzati al raggiungimento di tali obiettivi. Data la vastità e diversità del territorio USA, la presenza aziendale stabile sul territorio è essenziale per una penetrazione capillare e continuativa e per il consolidamento e l’incremento delle quote di mercato acquisite. Di notevole risalto - nella strategia tendente ad accrescere la presenza commerciale dell’Italia negli USA - è l’attività a sostegno della meccanica strumentale italiana che, pur con molte punte
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di eccellenza, ancora soffre nel confronto con alcuni partners dell’UE e soprattutto viene sempre più insidiata dalla concorrenza di Paesi, quali: la Corea, Taiwan e la Cina. Il “Progetto Promozionale Meccanica Strumentale - Machines Italia ”, costituito di azioni di comunicazione e di marketing rivolte al mercato USA (oltre che a Canada e Messico), è un ottimo ed efficace strumento di intervento sui “decision makers” nell’acquisto di macchinario. Nuovi interventi di promozione della tecnologia italiana sono in fase di pianificazione e vedono la meccanica strumentale quale comparto di eccellenza e di punta dell’offerta italiana.
b)
Valutazione degli investimenti diretti da e verso l’Italia
Il livello di investimenti reciproci e di collaborazioni industriali tra Italia e Stati Uniti appare certamente inferiore alle potenzialità esistenti, e nonostante la crisi economico-finanziaria abbia ridimensionato tali dati in termini globali. L’incremento dei flussi di investimento USA/Italia ed Italia/USA resta quindi tra i principali obiettivi di riferimento delle azioni messe in atto dalla Rete ICE e da quella diplomatico-consolare. In particolare, la presenza di imprese e di investitori statunitensi in Italia va ulteriormente incentivata e promossa in linea con quanto realizzato gia’ da ormai qualche anno. L’ICE, attraverso i due Desk Investimenti presenti negli USA (a New York ed a Los Angeles), infatti, opera come “front office” sul territorio con l’obiettivo di stimolare l’interesse degli operatori statunitensi dei vari settori target nei confronti dell’Italia attraverso azioni di scouting messe in atto nelle occasioni di incontro e di networking, a cui prende parte in maniera diretta ed indiretta. L’attivita’ che i Desk Investimenti dell’ICE di New York e di Los Angeles hanno condotto e continueranno a condurre in futuro al fine di attrarre investimenti dagli Stati Uniti in Italia, ha preso forma in diverse tipologie di azioni quali innanzitutto la partecipazione ed eventi fieristici o convegni di grande richiamo- tra cui la fiera BIO 2010 svoltasi a maggio a Chicago e la fiera NANOTECH (Anheim, giugno 2010) – in occasione delle quali, oltre alle attivita’ piu’ tradizionali, sono state messe in atto azioni di scouting nei confronti degli investitori nei settori target delle bio e delle nanotecnologie. A rafforzamento di queste, il desk di New York ha partecipato attivamente ad eventi che, ancorche’ di minore richiamo, garantiscono tuttavia una visibilita’ all’Italia e alle eccellenze italiane in questi ambiti (bio e nanotecnologie). Tra questi eventi si ricorda la Convention della New York Biotech Association che ha avuto luogo a New York nella primavera 2010. Tra le altre tipologie di azione messe in atto dai Desk investimenti USA e volte ad attirare l’interesse degli investitori verso il nostro Paese, si ricorda la realizzazione e distribuzione a cura del desk di Los Angeles delle newsletter specializzate sulle bio e nanotecnologie (Bio e Nano Insider). Anche gli IDE italiani in USA vanno altresi’ sostenuti ed incentivati per permettere alle nostre “multinazionali di nicchia” di conquistare efficienza produttiva e, soprattutto, di servire da vicino mercati e clienti sofisticati e dalle caratteristiche assai diversificate. A tale riguardo l’ICE, in collaborazione con la rete diplomatico-consolare, sta pianificando una collaborazione con SIMEST, al fine di realizzare azioni di informazione diretta nei confronti delle aziende italiane sulle opportunita’ di investimento negli Stati Uniti e sui meccanismi di incentivazione messi in campo dai vari Stati per attrarre investimenti sul loro territorio. L’informazione sistematica alle aziende attraverso strumenti quali l’invio di una newsletter elettronica, l’aggiornamento della Guida agli Investimenti in USA per le aziende italiane, insieme con la possibilita’ di avere, come partner finanziatore, la stessa SIMEST, potranno
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certamente contribuire ad incrementare quella presenza italiana che, da un censimento informale realizzato dalla rete degli Uffici ICE in USA, ammonta a circa 1200 aziende. c)
Valutazione delle potenzialità di cooperazione commerciale ed industriale nei settori ad alto contenuto tecnologico
Sempre maggiore attenzione dovrà essere data alla promozione delle tecnologie italiane in USA attraverso lo sviluppo dell’internazionalizzazione delle imprese e delle innovazioni tecnologiche e attraverso lo scambio di studenti, ricercatori e professori universitari tra Italia e Stati Uniti. Come evidenziato nell’analisi dell’interscambio commerciale, l’Italia ha molto terreno da recuperare in questo campo, in quanto l’offerta di tecnologie italiane risulta certamente poco conosciuta negli Stati Uniti, che vedono l’Italia ancora principalmente come un Paese produttore di design, moda e di prodotti del settore enogastronomico. Gli Stati Uniti restano il Paese che,leader nell’innovazione e nella ricerca, è altresì capace di portare sul mercato e di commercializzare le tecnologie innovative sviluppate nei laboratori e nei centri di ricerca non solo statunitensi, ma di tutto il mondo. Tra le iniziative messe in atto allo scopo di incentivare e sostenere la collaborazione scientifica e tecnologica tra Italia e Stati Uniti, vale la pena menzionare i seguiti dell’organizzazione da parte dell’Area Formazione Internazionale dell’ICE in collaborazione con il desk investimenti dell’Ufficio di New York, di un evento di formazione per accademici e ricercatori interessati ad esplorare possibilita’ di cooperazione e finanziamento per progetti di ricerca tra i due Paesi, (Cooperazione Scientifica Italia-USA –Esempi e Strumenti, Boston 24 e 25 settembre 2009, Northeastern University, con la partecipazione del Prof. Roberto Cingolani, Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova). Nel corso del 2010, si stanno svolgendo una serie di servizi il cui obiettivo primario e’ quello di dare un proseguio operativo e funzionale agli scopi dell’evento di Boston come anche una continuita’ alle azioni intercorse con i soggetti partecipanti, sempre nell’ottica di facilitare il trasferimento di conoscenze tecnologiche tra l’Italia e gli Stati Uniti.
Altro significativo esempio di azione di “sistema”, che ha sempre l’obiettivo di incentivare la collaborazione scientifica e tecnologica, lo scambio di ricercatori e scienziati tra Italia e Stati Uniti, nonche’ favorire il rientro in Italia dei talenti “esportati” in USA e’ la collaborazione instaurata tra ICE, Ambasciata e ISSNAF, la Italian Scientists and Scholars of North America Foundation che vede tra i suoi membri numerosi premi Nobel ed esponenti di primo piano della “diaspora” intellettuale italiana in USA.
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3.
POLITICA COMMERCIALE E DI ACCESSO AL MERCATO
a)
BARRIERE TARIFFARIE
Indagini antidumping e antisovvenzioni Le azioni antidumping e antisovvenzioni condotte da parte americana nei confronti delle industrie italiane, con particolare riguardo ai settori della siderurgia, stanno sensibilmente diminuendo. In particolare risultano in diminuzione le indagini antisovvenzioni effettuate su alcune categorie di prodotti siderurgici italiani, anche a seguito delle privatizzazioni realizzate in questo settore e delle “sunset reviews” condotte in questi ultimi anni dalle autorita’ americane con il governo italiano. Le “sunset reviews” sono revisioni quinquennali che, a differenza delle revisioni annuali attraverso le quali il Dipartimento per il Commercio da’ alle aziende esportatrici la possibilita’ di aggiornare i dazi compensativi a loro applicati, non comportano modifiche ai superdazi applicati alle singole aziende, ma servono unicamente a determinare se la loro revoca potrebbe condurre o meno a continuazione di danno all’industria nazionale. A seconda della determinazione a cui giungono le Autorita’ americane, i dazi compensativi vengono confermati oppure revocati. Si ricorda che in questi ultimi anni sono stati revocati, a seguito di sunset reviews, i dazi antisovvenzioni per vari prodotti siderurgici quali: acciaio magnetico a grani orientati, laminati piani in acciaio inox, strisce e fogli in rotoli di acciaio inox, tubi OCTG, barre di acciaio inox. Un problema che rimane e’ quello della metodologia applicata dal Dipartimento per il Commercio (DoC) nel calcolare i margini di dumping da sanzionare. In base a tale metodologia, definita “zeroing”, infatti, nel computo della media ponderata annuale dei prezzi non vengono considerate le variazioni in aumento dei prezzi dei prodotti soggetti a dumping; tali variazioni in aumento vengono considerate uguali a zero anziche’ essere utilizzate nel calcolo della media ponderata annuale, determinando automaticamente un maggior margine sul dumping.8 Dopo un ricorso da parte dell’Unione Europea per 15 specifici casi di antidumping (di cui 5 italiani), il WTO ha definitivamente condannato, il 9 maggio 2006, gli USA per l’uso di tale metodologia ed il 27 dicembre 2006 il Department of Commerce ha pubblicato nell’US Federal Register una notice con la quale accettava di modificare il sistema di calcolo, ma solo relativamente alle indagini iniziali. Allo stato attuale non è prevedibile come e quando gli USA intenderanno modificare tale sistema anche per le relative revisioni amministrative. Per quanto riguarda invece il settore della pasta (secondo i dati ICE e Dipartimento del Commercio le esportazioni italiane nel mercato americano nel 2009 si sono attestate a oltre 110 milioni di US), 8
Per una maggiore comprensione del concetto di “zeroing”, si ritiene opportuno riportare il seguente esempio. Poniamo che una società straniera venda il suo prodotto sia sul mercato nazionale che su quello statunitense. Per sei mesi l’anno, la società vende il prodotto a $10 sul mercato nazionale e a $8 sul mercato USA e negli altri sei mesi venda il prodotto a $8 sul mercato nazionale e a $10 sul mercato USA. In media, nell’arco dell’anno, il prodotto costa $9, tanto sul mercato nazionale che sul mercato USA. Di conseguenza non ci dovrebbe essere alcuna maggiorazione di dazio. Con il metodo dello “zeroing’, invece, le Autorità americane considerano la differenza del prezzo di vendita nei primi sei mesi come dumping, e quindi applicano una maggiorazione di dazio di $2, mentre nella seconda parte dell’anno assegnano alla variazione in aumento del prezzo un margine di dazio uguale a 0 (invece di - $2). Così, invece di fare una compensazione fra il sottoprezzo ed il sovrapprezzo, con il metodo applicato negli USA la media del margine di dumping dei dodici mesi risulterà uguale a $1. Di conseguenza, le Autorità americane applicheranno a quel determinato prodotto una maggiorazione di dazio di $1.
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in merito alle misure antidumping, il 6 agosto 2009, il Dipartimento del Commercio (DoC) aveva prospettato, nella XII revisione amministrativa preliminare antidumping, l’aumento delle tariffe sui prodotti di alcune ditte, portandole a circa il 16%. A seguito di interventi effettuati dall’Ambasciata d’Italia a Washington in stretta collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e l’Associazione Pastai Italiani (UNIPI), il 9 febbraio 2010 il Dipartimento del Commercio ha riconosciuto gli argomenti esposti adeguando il calcolo della semola, che ha prodotto una media ponderata del 12,40%, pari a circa 4 punti percentuali in meno rispetto a quella preliminarmente calcolata. Per quanto riguarda le antisovvenzioni, nella recente XII revisione amministrativa, il DoC ha diminuito sensibilmente la tariffa applicata a seguito del riconoscimento delle risposte al questionario predisposte dalla controparte italiana. Lo scorso giugno il DoC ha confermato l’applicazione di un dazio massimo dello 0.62% nei confronti delle aziende italiane coinvolte sensibilmente inferiore a quello applicato l’anno precedente che era stato del 3,85%. Importazione di gioielli dall’Italia I forti dazi applicati dalle autorita’ doganali americane (che vanno dal 5 al 13 per cento) hanno reso la gioielleria italiana sempre meno competitiva sul mercato USA, rispetto a quella proveniente dai Paesi asiatici. Cio’ ha prodotto, in questi ultimi anni, un sensibile e costante calo delle esportazioni italiane, mettendo fortemente in crisi il comparto. L’Ambasciata a Washington e’ piu’ volte intervenuta in questi ultimi anni presso le competenti autorita’ americane per ottenere una diminuzione dei dazi, ma purtroppo senza successo. Per ottenere tale diminuzione sarebbe infatti necessario modificare la tariffa doganale, cosa estremamente difficile nel sistema attuale, oppure, in alternativa, negoziare una nuova tariffa nell’ambito del rinnovo dell’accordo internazionale sul commercio (Doha Round). Una terza soluzione e’ stata recentemente individuata da Federorafi per far fronte alle difficolta’ dei produttori italiani di gioielleria. Federorafi ha fatto introdurre in Congresso dal Rep. Tiberi (Ohio) un emendamento al prossimo “Miscellaneous Tariff Bill” per l’inclusione di una nuova voce nel capitolo 98 dell’Harmonized Tariff System, per permettere ai produttori stranieri di gioielleria - che acquistano la materia prima negli USA - di pagare i dazi doganali sul valore del prodotto finito meno il valore del metallo prezioso contenuto nel prodotto stesso. Per favorire l’accoglimento dell’emendamento proposto, Federorafi ha chiesto il sostegno degli importatori e dei rivenditori di gioielleria italiana, oltre che del settore minerario americano. A livello istituzionale, l’operazione (di cui non si conosce ancora l’esito) e’ stata sostenuta dall’Ambasciata italiana in Washington e dagli Uffici ICE di New York e di Los Angeles. b)
BARRIERE NON TARIFFARIE
Indicazioni geografiche e nomi semi-generici La tutela delle Indicazioni Geografiche e dei nomi semi-generici che identificano i prodotti italiani rappresenta una problematica complessa, sulla quale la Commissione Europea è titolare del negoziato con gli USA in ambito multilaterale (Organizzazione Mondiale del Commercio) e transatlantico (negoziati UE-USA sul commercio del vino). Pur nei limiti posti dalla competenza comunitaria in materia, in considerazione dell’importanza dell’esportazione dell’industria agro-alimentare italiana in USA, la rete diplomatico-consolare, d’intesa con l’ICE, segue con particolare attenzione la tutela delle Indicazioni Geografiche e dei nomi semi-generici di origine italiana. Ciò, anche con specifico riferimento alla problematica posta dalla diffusa presenza, sul mercato USA, di prodotti che utilizzano impropriamente nomi ed indicazioni geografiche italiane (cd “agropirateria”). Secondo stime di settore, solo 1
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dollaro su 10 spesi in tali prodotti va effettivamente a produttori italiani. Negli USA i nomi più utilizzati sono: Chianti, Marsala, Asiago, Gorgonzola, Grana Padano e Parmigiano/Parmesan oppure piu` generiche ma non meno ingannevoli etichettature, come ad esempio “Italian Salami”, “Prosciutto Daniele” o “Italian sweet red onions”, “organic creamery parmesan cheese”. Ad utilizzare tali nomi sono spesso produttori locali di origine italiana. Le multinazionali alimentari per parte loro commercializzano prodotti definiti italiani ma in realta’ estranei alla nostra tradizione (come ad esempio “la mozzarella grattuggiata Italian style”). La questione delle Indicazioni Geografiche e’ stata sollevata da parte italiana nei confronti dell’US Department of Agriculture, del Department of Commerce e dell’USTR (United States Trade Representative) in occasione delle visite a Washington dell’ex Ministro per le Politiche Agricole Paolo De Castro (dicembre 2006), dell’ex Ministro per il Commercio Internazionale Emma Bonino (gennaio 2007), nonche’ dell’ex Ministro per lo Sviluppo Economico Pierluigi Bersani (febbraio 2007). Dopo oltre venti anni di negoziazioni, il 14 settembre 2005 e’ stato concluso il negoziato sul vino tra Bruxelles e Washington. Il testo dell’Accordo, in forma di scambio di lettere fra l’Unione Europea e gli Stati Uniti sul commercio del vino, è allegato alla decisione del Consiglio del 14 Novembre 2005 (2005/798/EC). L’Accordo è stato firmato a Londra il 10 marzo 2006. Si è trattato di un accordo di “prima fase”, che impegnava le parti ad avviare nuovi negoziati entro 90 giorni dalla sua entrata in vigore. La seconda fase e’ stata infatti avviata all’inizio di giugno dello stesso anno e prevedeva, tra l’altro, l’inizio delle trattative sulle Indicazioni Geografiche. Gli elementi principali della prima fase dell’accordo sono stati i seguenti:
negli Stati Uniti alcune denominazioni di vini europei (Burgundy, Claret, Chablis, Champagne, Chianti, Malaga, Marsala, Madeira, Moselle, Port, Retsina, Rhine Wine Hock, Sauterne, Haute Sauterne, Sherry e Tokay), sono considerate semigeneriche. In virtù dell’accordo, il loro uso sarà limitato negli Stati Uniti, i quali si adopereranno per modificare lo status giuridico di tali denominazioni e riservarne l'uso sul mercato statunitense ai soli vini originari della Comunità;
sono accettate le pratiche enologiche esistenti negli Stati Uniti e non coperte da deroghe comunitarie, ma gli Usa potranno esportare i vini ottenuti in base a tali pratiche solo dopo aver modificato lo status giuridico dei nomi semigenerici. Le nuove pratiche enologiche degli Stati Uniti saranno valutate e accettate nell’Unione Europea soltanto se non saranno sollevate obiezioni. Non si tratta di un riconoscimento reciproco;
i vini comunitari sono esentati anche dalle prescrizioni statunitensi in materia di certificazione del 2004;
gli Stati Uniti e l’UE hanno convenuto di adoperarsi per risolvere eventuali contenziosi bilaterali attraverso consultazioni bilaterali informali anziché facendo ricorso a meccanismi formali di composizione delle controversie.
Il 20 dicembre 2006 e’ stato firmato dal Presidente Bush il “Tax Relief on Health Care Act 2006”, nella cui Section 422 e’ stato inserito il provvedimento relativo al cambiamento dello stato giuridico dei 17 nomi semigenerici. Con tale provvedimento, tuttavia, gli americani hanno “grandfathered” i COLAs (Certification of Label Approval) esistenti ed approvati fino al 10 marzo 2006, permettendo cosi’ ai produttori americani in possesso di COLA la continuazione dell’uso di tali nomi sia per il commercio sul territorio nazionale che in Paesi terzi, esclusi ovviamente gli Stati membri dell’Unione Europea. Le condizioni dell’accordo fra US e UE per il commercio del vino di fatto diventano applicabili unicamente alle richieste di COLAs
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introdotte al TTB (Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau) in data successiva al 10 marzo 2006. Le trattative per la seconda fase dell’accordo si trovano ad un punto di stallo. Tra i numerosi temi in discussione figurano la richiesta da parte europea dell’eliminazione dei “grandfathered COLAs”, cosa politicamente inaccettabile per gli USA, e da parte di questi ultimi l’eliminazione dei sussidi al settore vitivinicolo europeo. Sicurezza prodotti importati A seguito delle recenti preoccupazioni sorte in connessione con le importazioni di prodotti “non sicuri” destinati all’alimentazione umana e animale, e di altri prodotti di consumo, l’Amministrazione americana ha creato un Interagency Action Plan on Import Safety ed un separato Food Protection Plan della FDA per affrontare il problema della sicurezza sia per i prodotti importati che domestici. Per quanto riguarda in particolare l’alimentazione umana e animale (food and feed), entrambe regolamentate dalla FDA, una serie di misure potrebbero essere prese a breve termine (20082009), tra cui: tassa d’importazione, rinnovo ogni due anni della registrazione presso la FDA di tutti gli stabilimenti; certificazione obbligatoria per cibi ad alto rischio (sulla base degli stabilimenti o dei Paesi di provenienza), partecipazione a programmi volontari di certificazione che faciliterebbero il processo di importazione, indicazione in etichetta del Paese di origine, ecc.. E’ inoltre in preparazione un testo di legge che, tra l’altro, darebbe alla US Consumer Product Safety Commission (CPSC) l’autorita’ di bloccare le importazioni ogni qual volta avrebbe ragione di credere che il prodotto da importare non e’ conforme agli standard americani di sicurezza. L’impatto degli eventuali nuovi provvedimenti sugli operatori economici europei e’ al momento strettamente monitorato dalla Commissione Europea. Indicazione del Paese di origine (Country of Origin Labeling “COLA”) Dal 30 settembre 2008 e’ entrato in vigore l’obbligo dell’indicazione del Paese di origine su una serie di prodotti, quali: carne di manzo e di vitello, di agnello, di maiale, di pollo e di capra, prodotti agricoli deperibili, ginseng, nocciole, noci pecans e macadamia (per i pesci di allevamento, molluschi e crostacei tale obbligatorieta’ e’ gia’ in vigore dal 2004). Il Country of Origin Labeling interessa tutti coloro che sono coinvolti nella fornitura e nella vendita al dettaglio dei suddetti prodotti. Il mancato rispetto del disciplinare di produzione, da parte di alcuni produttori italiani che esportano negli USA, comporta la violazione della legge sull’etichettatura dei prodotti (COLA Conformity of Label Act). Tale normativa impone una conformità tra etichetta e prodotto in vendita che negli USA rappresenta la pietra angolare del sistema di tutela del consumatore.
Misure sanitarie e fitosanitarie In materia agricola, numerose sono le barriere di carattere sanitario e fitosanitario. I maggiori problemi si riscontrano nel commercio di prodotti animali, tra cui il divieto d’importazione di carne bovina dall’Europa e di altri prodotti non cotti. Si pensava che gran parte di questi problemi sarebbero stati risolti con l’applicazione dell’Accordo Veterinario del 20 luglio 1999 attraverso il riconoscimento delle equivalenze degli standard sanitari, ma fino ad ora non si sono registrati reali progressi. Tale Accordo è in fase di rinegoziazione. Per quanto riguarda i prodotti vegetali, gli USA permettono l’importazione soltanto di alcune categorie di prodotti ortofrutticoli dall’Italia (v.elenco prodotti e relativi trattamenti e requisiti richiesti in http://www.aphis.usda.gov/import_export/plants/manuals/ports/downloads/fv.pdf.
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A questo proposito nell’ambito delle azioni promosse dal partnerariato publico-privato, si segnala la missione a Washington del Capo Dipartimento del Ministero della Sanita’, Professor Romano Marabelli, accompagnato dalle competenti Associazioni di categoria, per incontri con i vertici del Dipartimento dell’Agricoltura (USDA) per discutere di tematiche riguardanti le esportazini nel mercato americano di prodotti italiani. Obiettivo dei colloqui consisteva nella ricerca di una semplificazine delle articolate prescrizioni regolamentari che disciplinano la produzione e l’importazione dei prosciutti crudi italiani e d altri prodotti ottenuti da carni suine e bovine. Al temine delle discussioni, la controparte americana ha promesso una maggior flessibilita’ riguardo al sistema di ispezioni giornaliere all’interno dei prosciuttifici italiani che espoertano prodotti verso gli Stati Uniti. . Per approfondimenti sui principali programmi e attivita’ di competenza dell’APHIS in materia fitosanitaria, vedi http://www.aphis.usda.gov/import_export/index.shtml
d) VIOLAZIONI DELLE NORME SULLA TUTELA DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE Nell’esaminare le problematiche connesse ai diritti di proprieta intellettuale negli Stati Uniti, l’attenzione deve vertere su due aspetti che caratterizzano le relazioni commerciali fra l’Italia e gli Stati Uniti e che costituiscono due aspetti problematici : l’inserimento dell’Italia nello “Special 301 Report”, anche per l’anno 2010, ed il fenomeno ricorrente dell’Italian Sounding nel comparto agro-alimentare. A cio’, si aggiungono le differenze degli impianti normativi in materia di P.I., che contribuiscono a creare delle aree di conflitto con reciproche rivendicazioni. Va evidenziato, inoltre, che in materia di proprieta’ intellettuale e’ l’Unione Europea il negoziatore per gli Stati Membri negli ambiti internazionali.
Lo Special 301 e la pirateria multimediale Lo “Special 301” e’ un rapporto redatto dall’Office of the US Trade Representative (USTR) che elabora i dati forniti dall’IIPA (International Intellectual Property Alliance), secondo quanto previsto da una serie di clausole contemplate nel Trade Act del 1974. Lo Special 301 prende in considerazione l’operato di vari paesi, 78 nella fattispecie, sia sotto l’aspetto normativo sia riguardo alle misure giudiziarie.
Lo scopo del Rapporto e’ quello di identificare quei paesi che, per ragioni diverse, quali la mancanza di adeguati strumenti normativi oppure la carenza di misure di enforcement, non abbiano approntato un sistema di tutela idonea a garantire i diritti di proprieta’ intellettuale a livello internazionale. Nello specifico, riguardo al 2010, l’Italia figura ancora nella “Watch List”, per le problematiche connesse alla pirateria (contraffazione dei prodotti multimediali), sia virtuale che effettiva. Il rapporto riconosce l’impegno espresso durante l’anno 2009 per la lotta alla pirateria su Internet, accanto all’importanza della ratifica dei Trattati WIPO su Internet. Nonostante ciò, evidenzia il Rapporto, le questioni connesse alla tutela del copyright e alla crescita della pirateria online lasciano il paese ancora nella Watch List per l’anno 2010.
Nello specifico, l’IIPA sottolinea le preoccupanti cifre legate alla pirateria online per alcune categorie di prodotto:
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Pirateria di opere audiovisive: il danno arrecato dalla vendita di DVD piratati all’industria cinematografica ammonta al 17% nel 2009, pari a 530 milioni di euro; il 78% dei film è disponibile su Internet due giorni dopo il lancio nelle sale cinematografiche. Quanto, invece, al settore musica, le perdite registrate nel 2009 sono state pari a 300 milioni di dollari USA, laddove nel biennio 2008-09 più di 7 milioni di persone hanno utilizzato reti di P2P per l’uploading e downloading illegale di file musicali. Quanto ai dati relativi alla pirateria delle opere cinematografiche, l’IIPA ripropone i risultati dello studio condotto dalla FAPAV, Federazione Anti Pirateria Audiovisiva, i cui dati hanno rilevato che il 32% degli Italiani aveva acquistato e/o visto in media 21 film piratati nell’arco dell’ultimo anno, dimostrando una certa volontà a visionare/acquistare film originali in assenza di un mercato illegale parallelo.
Pirateria online dei software per il computer (software d’intrattenimento, videogiochi, programmi aziendali, ecc): nel solo mese di dicembre 2009 sono stati scaricati circa 1.95 milioni di copie illegali di videogiochi, per un danno pari al 20,3%.
Sebbene venga riconosciuta l’importanza delle indagini e delle confische messe in atto dalla GdF e dalla Polizia di Frontiera e le nuove misure introdotte nel 2009, che hanno rafforzato il sistema sanzionatorio per i reati legati alla pirateria, il Rapporto sottolinea come solo pochi casi abbiano condotto ad una sentenza definitiva e deterrente. L’IIPA suggerisce, inoltre, alcune misure di carattere commerciale come l’eliminazione del contrassegno posto dalla SIAE (viene citata la sentenza della Corte di Giustizia Europea C-20/05 dell’8 novembre 2007), almeno per i supporti contenenti programmi per elaboratore, per i software utilizzati nel mondo dello spettacolo e per le registrazioni musicali: l’Art. 181 bis della cosiddetta “Legge antipirateria” (L. 18 agosto 2000, n.248, “Nuove norme di tutela del diritto d’autore).
Tale requisito è stato definito dall’IIPA “extremely burdernsome (and unnecessary, since software is not subject to collective administration of rights) …”, aggiungendo “for the recording industry, the SIAE sticker represents an additional and burdensome level of bureaucracy and extra costs for the the commercialization of physical music carriers…”. L’IIPA ritiene che il contrassegno costituisca un ulteriore e gravoso contrappeso burocratico e finanziario, che tra l’altro non aiuta a contrastare la pirateria online, che ad oggi rappresenta il 90% del consumo di musica, creando anche uno svantaggio competitivo per il Paese rispetto agli altri paesi europei.
Al riguardo, vale la pena menzionare l’IPR Enforcement Report 2009 (Sec. 2009- 1360), documento redatto da un gruppo di lavoro della Commissione Europea, secondo cui gli Stati Uniti rientrano nella lista di paesi prioritari per violazione dei diritti di proprietà intellettuale.
Lo scopo del rapporto, come per lo Special 301, e’ definire una lista di “Priority Countries”, con i quali intensificare gli sforzi di collaborazione in materia di Proprietà Intellettuale e di lotta alla
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contraffazione. Sebbene Stati Uniti e Unione Europea abbiano stabilito un livello di cooperazione in tale ambito, la Commissione UE ha individuato alcuni persistenti problemi che hanno determinato l’inclusione degli Stati Uniti nella lista dei “priority countries”.
Tra le questioni irrisolte, il ritardo da parte degli Stati Uniti nell’adottare le decisioni prese dallo WTO relative all’incompatibilita’ degli accordi WTO/TRIPs con l’Irish Music (Section)110(5)(B) dello US Copyright Act . Il mancato rispetto delle decisioni prese nelle corti del WTO in materia di P.I., secondo la Commissione UE, stabilisce un precedente e un segnale negativo relativamente alla credibilità diStati Uniti e Unione Europea nell’impegno alla individuazione delle corrette pratiche di enforcement dei d.p.i., in particolar modo verso i paesi emergenti. A cio’ si aggiunge, la decisione dell’amministrazione USA di rifiutare il rinnovo del marchio “Havana Club” sulla base dell’embargo imposto a Cuba.
Un altro aspetto che viene sollevato nel rapporto della Commissione Ue riguarda le divergenze relative alla legislazione sui brevetti; laddove negli USA prevale un sistema basato sul principio del “first-to-invent”, come uno dei requisiti per ottenere un brevetto, anzichè, come in Europa e nel resto del mondo, del “first-to-file”.
Il fenomeno dell’Italian Sounding e la tutela delle Indicazioni geografiche negli Stati Uniti
L’assenza del riconoscimento di istituto giuridico da parte degli Stati Uniti alle indicazioni geografiche per prodotti del comparto agro-alimentare, o quanto meno la mancanza di un sistema di riconoscimento automatico tra la normativa comunitaria e quella statunitense è causa di una spinosa questione tra USA e UE, che prende il nome di Italian Sounding. Trattasi, cioè, di quel fenomeno di contraffazione imitativa che negli Stati Uniti colpisce i prodotti italiani del comparto agro-alimentare, anche se protetti da indicazioni geografiche o denominazioni di origine, e che crea un consistente danno economico alle aziende del settore che operano negli USA.
Tecnicamente e’ l’uso di parole, colori, immagini e riferimenti geografici nei brand e nelle confezioni dei beni, che induce il consumatore americano ad associare erroneamente il prodotto locale a quello italiano e che arreca perdite in termini di fatturato ai produttori italiani del settore che operano negli USA.
Il problema non riguarda, però, soltanto le evocazioni imitative dei prodotti italiani, che danno luogo sovente ad una distorsione del mercato, ma anche una sostanziale differenza nel “catalogare” lo stesso prodotto: così alcuni prodotti italiani, noti perché espressione del legame tra tipicità, territorio e processo di lavorazione, negli Stati Uniti sono definiti generic o semigeneric. Inoltre, proprio il non riconoscimento di alcune peculiarità esclusive del prodotto, che ne costituiscono la componente di valore, contribuisce alla diminuzione del valore stesso del prodotto sul mercato. L’applicazione di tale sistema di valutazione ha fatto sì che alcuni prodotti tipici italiani targati DOP/IGP non riescono ad ottenere un livello di protezione più ampio, previsto dalle normative USA, attraverso l’ottenimento del certification mark , perché considerati generici.
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Questo comporta che i produttori italiani di DOP/IGP, impossibilitati a rivendicare le peculiarità dei propri prodotti attraverso una tutela maggiore negli Stati Uniti, si trovino a competere con prodotti “made in USA” con lo stesso nome ma non con le stesse caratteristiche di qualità.
In Italia, la normativa sulle DOP e IGP riflette il dettato comunitario e sono divenute a tutti gli effetti titoli di proprietà intellettuale. L’ottenimento di un’indicazione geografica presuppone da parte del produttore un investimento economico, il rispetto di un disciplinare di produzione e il controllo di tutto il processo di lavorazione da parte degli organi competenti, a testimonianza della qualità, tipicità e vocazione territoriale del prodotto tutelato. In tal senso, la normativa comunitaria garantisce quanto sopra descritto e non appare come un sistema creato per alterare il corretto funzionamento dei mercati e la libertà di iniziativa economica.
La categoria dei prodotti più colpita e’ quella dei formaggi; tra questi, ovviamente, quelli che hanno mercato negli USA come l’Asiago, la Fontina, il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, il Pecorino Romano e il Gorgonzola. Tra le altre DOP, quella dei Pomodoro San Marzano.
Le posizioni degli USA e dell’UE, sostenuta dalla Svizzera, sono molto distanti in materia di tutela di IG ed e’ quanto emerso dalla X sessione negoziale ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement) tenutasi a Washington dal 16 al 20 agosto 2010. La prossima sessione negoziale ACTA avrà luogo Tokyo, a fine settembre 2010.
Un’altra via per sostenere le imprese del comparto agro-alimentare resta la corretta informazione sui prodotti italiani.
Al riguardo preme segnalare l’azione informativa svolta dall’IPR Desk di New Yorknel 2010 rivolta ai consumer statunitensi sul fenomeno dell’Italian Sounding che ha riguardato:
La collaborazione con la rivista Harper’s Bazaar del Gruppo Editoriale Hearst nell’organizzazione della VI edizione dell’Anticounterfeiting Summit (New York, 18 maggio 2010) sul tema “ The Next Fakes Frontiers: Food, Fragrance, film and Internet”;
la realizzazione di un video e di un flyer in lingua inglese sulla distinguibilita’ dei simboli DOP e IGP, secondo quanto stabilito dal Reg. 628/2008 che ha stabilito l’apposizione obbligatoria dei loghi sulle confezioni dei prodotti a partire dal 1.5.2010.
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La proposta di legge statunitense sulla tutela del design nei settori della moda e della nautica – Design Piracy Prohibition Act
Si tratta di una proposta che porrebbe gli USA in linea con gli orientamenti legislativi già manifestati e promossi in Italia e in Europa, come anche in Giappone e perfino in India. Questi paesi hanno conferito una risposta legislativa adeguata alle esigenze degli stilisti che richiedevano la tutela della propria opera nell’era virtuale, contraddistinta dalla rapidità del flusso di informazioni, dalla diffusione di immagini e dalla tecnologia digitale, a detrimento del lavoro creativo originale. La normativa al momento vigente negli Usa considera come fattispecie violativa il solo caso in cui si utilizzino targhette che riproducono un marchio gia’ tutelato, ma che non disciplina la tutela del disegno di per sè. Dopo un anno di negoziazioni, il Senatore Charles R. Schumer ha presentato il 5 agosto 2010 l’ennesima proposta di legge (S. 3728, Schumer-D NY),per la protezione di modelli e disegni nei settori della moda e della nautica (scafi) negli Stati Uniti che è stata favorevolmente accolta dall’industria del Fashion. L’“Innovative Design Protection and Piracy Prevention Act” anche abbreviato come “New Bill”, risponde alla volontà di tutelare tutti i disegni di moda, inclusi abiti, borse, cinture e montature per occhiali, da copie non autorizzate. Per ora, trattasi di solo di una proposta in esame al Senato, in attesa di approvazione di entrambe le Camere del Congresso e del Presidente Obama per poter finalmente entrare in vigore. L’iniziativa di Schumer ha trovato pieno consenso presso il Consiglio degli Stilisti d’America, i cui membri costituiscono il cuore creativo dell’industria della moda, e presso l’Associazione Statunitense per l’Abbigliamento e le Calzature, che rappresenta più di 700 produttori e fornitori.
Entrando nel merito della questione, si riportano i punti più rilevanti dell’atto:
1. Disegni Protetti: gli elementi originali, o la composizione e collocazione di ogni elemento, saranno tutelabili solo se risultano dallo sforzo creativo dello stilista e costituiscano “una variazione unica, distinguibile, non banale e non funzionale rispetto a disegni precedentemente creati per lo stessa tipologia di articolo”. 2. Violazioni: l’accusa di violazione del copyright legato ad un disegno di moda sussiste soltanto se si tratta di “copia sostanzialmente identica” a quello protetta, con ciò intendendo un “articolo di abbigliamento che è molto simile in apparenza tale da essere considerato il disegno protetto, dal momento che contiene solo quelle differenze nella lavorazione o nel disegno che sono meramente insignificanti”. Inoltre, non sussiste la violazione laddove un articolo includa un disegno, anche pubblicitario, creato senza sapere che si trattasse di una copia, sia reale o ragionevolmente deducibile dall’insieme delle circostanze. 3. Requisiti: la nuova proposta non considera la registrazione una condicio sine qua non per la tutela del disegno. Secondo la proposta in esame, il disegno verrebbe protetto per tre anni a partire dalla prima apparizione in pubblico dell’articolo di abbigliamento contenente il disegno stesso. Per stabilire l’originalità del disegno non si possono rivendicare il colore o la sequenza o le immagini grafiche del disegno.
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Laddove venisse approvata, la nuova proposta consentirebbe al proprietario del disegno di ottenere un’azione inibitoria che impedisca il proseguimento della condotta lesiva.Tuttavia, qualora questi intendesse conseguire un risarcimento pecunario, sarebbe necessario l’utilizzo di avviso sul disegno che consista in uno dei seguenti: (a) nelle parole “disegno protetto” (in inglese “Protected Design”), o nell’abbreviazione delle stesse, vale a dire “Prot’d Des.”, ovvero nella lettera “D” all’interno di un cerchio, oppure nel simbolo “*D*; (b) nella scritta dell’anno in cui la produzione è cominciata; (c) ovvero nel nome del proprietario, o in una sua abbreviazione ovvero in una designazione alternativa del nome del proprietario generalmente conosciuta. 4. Sanzioni e danni: le pene comminate per la copia non autorizzata continuano ad ammontare tra i 5 e 10mila dollari USA; l’ammontare del danno che una corte può assegnare per il danno subìto dal legittimo proprietario a causa della violazione del disegno, invece, è stato ridotto dai 50mila dollari USA ad un dollaro per copia, rispetto alla precedente versione della proposta legislativa che prevedeva dai 250mila ai 5 dollari USA per copia. 5. Eccezione per il cucito in casa: la normativa prevede una nuova eccezione per il cucito in casa di una singola copia di un disegno, laddove si tratti di uso personale o familiare. La pubblicazione delle istruzioni per fare copie in casa, comunque, non è consentita. 6. Particolarità delle dichiarazioni processuali dell’attore: la nuova proposta richiede che i ricorrenti, in particolare, dimostrino che: (a) si tratti di un disegno protetto; (b) che il disegno del convenuto sia in violazione di quello protetto; (c) che il disegno protetto, o un’immagine di esso, sia abbastanza facilmente disponibile in modo che si possa ragionevolmente dedurre che il convenuto, alla luce delle circostanze agli atti, potesse averlo visto o che ne fosse comunque a conoscenza. 7. Enforcement: la nuova proposta contempla solo un ricorso privato, impedendo al Customs & Border Protection o al Servizio Postale USA di sequestrare o confiscare la merce risultata in violazione.
Al fine di dotare gli operatori italiani di strumenti informativi sulla tutela dei propri d.p.i., l’IPR Desk ha realizzato due pubblicazioni rispettivamente sul sistema di P.I. negli USA, per informare su costi, tempi e procedure per la concessione di marchi, brevetti e copyright, e sulle buone pratiche da adottare nello scambio dei beni immateriali.
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POSIZIONAMENTO DELL’ITALIA PER CONCESSIONE DI MARCHI E BREVETTI NEGLI STATI UNITI
Dalla lettura dei dati ufficiali pubblicati annualmente dell’USTPO (U.S. Patent and Trademark Office), che e’ l’organismo statunitense delegato alla concessione di brevetti e marchi, si deduce un discreto posizionamento dell’Italia nel riconoscimento di tutela di attivita’ inventive negli Stati Uniti.
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Dati statistici sui brevetti richiesti e concessi dall’USPTO a richiedenti stranieri periodo 2005-2008 -Rapporto Anno Fiscale 2009 (*) i dati non riguardano Hong Kong
Tabella 1 (dati USPTO)
Domande depositate presso l’USPTO per la concessione di brevetti Paesi
2005 Totale
2006
2007
2008
191.060
209.601
220.432
239.068
Giappone
73.250
76.940
79.725
84.473
Germania
21.598
22.263
23.535
26.331
Rep. Corea Sud
16.643
21.963
23.589
25.507
Taiwan
17.933
21.165
20.447
19.733
Canada
9.114
10.243
10.788
11.436
Regno Unito
8.603
9.127
9.185
10.795
Francia
7.515
7.228
8.204
9.281
R.P. Cina(*)
2.330
3.838
4.422
5.148
Israele
3.191
3.617
4.114
4.916
Italia
3.685
3.691
3.832
4.273
Olanda
3.637
4.098
4.249
4.240
Brevetti concessi dallo USPTO Paesi
2005 Totale
2006
2007
2008
2009
80.245
87.014
89.760
90.713
96.395
Giappone
34.079
36.482
36.658
35.847
37.879
Germania
10.502
10.083
10.256
9.794
10.279
Rep. Corea Sud
4.811
5.835
6.882
8.410
9.401
Taiwan
6.311
7.356
7.569
7.424
7.958
Canada
3.368
3.743
3.974
4.052
4.361
Regno Unito
3.744
3.978
4.100
3.882
3.904
Francia
3.355
3.542
3.757
3.683
3.836
Italia
1.706
1.817
1.791
1.890
1.842
Australia
1.091
1.413
1.493
1.485
1.717
Olanda
1.268
1.504
1.594
1.670
1.634
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
L’Italia si posiziona dopo Germania, Inghilterra, Francia fra i paesi europei che hanno inoltrato maggiori richieste per l’anno 2008. Dal 2005 al 2008,e’ evidente per l’Italia una tendenza in crescita che registra un incremento di domande di deposito da 3,685 del 2004 fino a 4.273 del 2008 (2009 non disponibile).
Tuttavia, il dato effettivo sui brevetti concessi fa recuperare nel 2009 due posizioni all’Italia che si attesta all’ottavo posto. In particolare, laddove si analizzino le informazioni relative a ciascuna categoria, si evince con chiarezza che il settore delle biotecnologie continua ad evidenziarsi come quello di punta, seguito dai composti organici, dalle lavorazioni di resina sintetica e gomma, nonche’ da componenti elettronici e dai semiconduttori e da prodotti della meccanica. Tra le societa’ che hanno ottenuto il maggior numero di brevetti rilasciati dall’USPTO si riscontrano la Stmicroelectronics S.R.L. (il terzo produttore indipendente al mondo di semiconduttori), la C.R.F. Societa’ Consortile per Azioni (societa’ attiva nel campo delle nanotecnologie), la Pirelli Pneumatici, la Micron Technology (polo tecnologico di eccellenza mondiale per la produzione di dischi di silicio) e la Magneti Marelli. Degno di nota, peraltro, e’ anche l’affermarsi di altre realta’ imprenditoriali quali la Campagnolo S.R.L., un’azienda di componenti da bicicletta che, parallelamente all’evoluzione tecnologica e stilistica, ha continuato a brevettare nuove invenzioni e migliorie delle stesse, cosi’ come a rinnovare i propri loghi ed marchi, adeguandoli alle nuove esigenze e rendendoli piu’ rispondenti ai tempi.
Per quanto attiene alle richieste di registrazione e alla effettiva concessione di marchi italiani negli Stati Uniti, sempre con riguardo al periodo preso in esame, si evidenzia un decremento delle registrazioni, dato comune anche agli altri paesi, come desumibile dalla tabella n. 2, che posiziona il nostro Paese al sesto posto, dopo la Francia,sia per domande che per registrazione di marchi.
Dati statistici sui marchi richiesti e concessi dall’USPTO a richiedenti stranieri periodo 2005-2009 - Rapporto Anno Fiscale 2009
(*) i dati non riguardano Hong Kong
tabella 2 (dati USPTO)
Domande depositate presso l’USPTO per la concessione di marchi Paesi
2005
Totale
2006
2007
2008
2009
60.995
71.551
84.072
86.882
77.448
Germania
8.146
9.896
11.455
12.686
11.345
Canada
7.730
8.337
9.127
9.614
8.354
Regno Unito
6.273
7.557
9.431
9.463
7.624
Francia
4.555
4.843
5.460
6.254
5.620
Giappone
4.824
4.705
5.258
4.764
4.832
Italia
2.894
4.057
4.912
4.395
4.203
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
Svizzera
3.346
3.687
4.692
4.772
3.883
Australia
2.204
2.593
3.685
3.164
3.025
Olanda
1.725
2.133
2.367
2.618
2.220
R.P. Cina (*)
1.246
1.784
2.364
2.262
2.096
Marchi registrati presso l’USPTO Paesi
2005
Totale
2006
2007
2008
2009
19.968
27.592
27.798
38.800
34.648
Germania
2.583
3.866
3.708
4.674
4.409
Canada
2.917
3.562
3.168
4.396
4.084
Regno Unito
1.777
2.384
2.246
3.136
3.098
Giappone
1.821
2.197
2.216
2.941
2.453
Francia
1.360
2.055
2.046
2.638
2.278
Italia
899
1.542
1.693
2.281
1.819
Svizzera
932
1.427
1.345
1.953
1.672
Australia
709
1.030
1.076
1.609
1.383
R.P. Cina *
364
697
1.020
1.601
1.459
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
DATI SUI SEQUESTRI DI MERCI CONTRAFFATTE NEGLI STATI UNITI
Le attivita’ svolte dalle dogane statunitensi relative alla violazione di dpi, per l’anno fiscale 2009, hanno riguardato 14.841 sequestri per un valore di 260.697.937 di dollari USA. La tabella che segue riepiloga il trend della attivita’ di contrasto effettuate dalle dogane statunitensi negli ultimi 5 anni.
Dati espressi in valore e quantita’ su sequestri effettuati dallo US CBP per violazione dpi anno fiscale
n. di sequestri
Valore in $ US
2009
14.841
260.697.937
2008
14.992
272.728.879
2007
13.657
196.754.377
2006
14.675
155.369.236
2005
8.022
93.234.510
Rispetto al 2008, i sequestri per violazione dei dpi si sono ridotti dell’1% con un leggero decremento pari al 4% del valore complessivo dei beni. Nel 2009, la Cina continua ad essere il paese da cui proviene la maggior parte del contraffatto, con una percentuale del 79% rispetto al totale dei sequestri, mentre le calzature costituiscono il settore che registra la percentuale piu’ alta come prodotto falsificato, con una percentuale pari al 38%. Sempre nel settore delle calzature, il 98% dei beni contraffatti proviene dalla Cina. Nella tabella sottoriportata sono elencati i dati relativi ai sequestri delle merci sequestrate per categoria merceologica.
MERCI SEQUESTRATE PER SETTORI ANALISI COMPARATIVAANNI FISCALI 2008-2009 (valore espresso in US$)
Settori
Anno Fiscale 2008 Ammontare economico del danno
Calzature
% del Valore Totale
Anno Fiscale 2009
% delvalore totale
Ammontare economico del danno
102.316.577
38%
99.779.263
38%
Abbigliamento
25.119.580
9%
21.462.276
8%
Borse/Pelletteria/Zaini
29.609.053
11%
21.501.614
8%
Apparecchielettronici
22.997.685
8%
31.773.625
12%
Prodotti Farmaceutici
28.106.578
10%
11.057.991
4%
6.444.649
2%
Tabacchi
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
Computers/Hardware
7.589.534
3%
12.546.098
5%
Media/Mezzi di Comunicazione
5.967.332
2%
11.099.758
4%
Occhiali da Sole/Parti
7.919.385
3% 10.499.243
4%
5.503.143
2%
19.941.004
8%
Gioielli Giocattoli/giochi elettronici Altro
29.941.771
11%
Valore Totale in US$ delle merci sequestrate
272.728.879
260.697.937
Numero totale di sequestri
14.992
14.841
Nel 2009, e’ importante rilevare che, nella lista delle prime 10 categorie di prodotti contraffatti, sono entrati per la prima volta i gioielli e i giocattoli/giochi elettronici.
Nella Tabella seguente, sempre secondo quanto pubblicato dallo U.S. Customs and Border Protection, sono indicati i valori, in percentuale, dei paesi maggiormente coinvolti nel traffico di merci contraffatte negli Stati Uniti.
Paesi di provenienza delle merci sequestrate – anno fiscale 2009 Paese Cina
Valore dei sequestri
% sul totale dei sequestri
204.656.093
79%
26.887.408
10%
India
3.047.311
1%
Taiwan
2.453.914
>1%
Corea
1.510.443
>1%
Paraguay
1.496.043
>1%
Filippine
1.479.958
>1%
Svizzera
1.277.646
>1%
Pakistan
710.658
>1%
Vietnam
603.529
>1%
16.574.934
6%
Hong Kong
Altri Valori espressi in US$
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
Paesi maggiormente coinvolti nei sequestri di merci contraffatte - anno fiscale 2009
10%
1% meno di 1% meno di 1% meno di 1% meno di 1% meno di 1%
79% meno di 1% 6% meno di 1%
Cina
Hong Kong
India
Taiw an
Korea
Filippine
Svizzera
Pakistan
Vietnam
Altri
Paraguay
Mercato dei prodotti italiani contraffatti negli Stati Uniti
La rilevazione dei prodotti italiani contraffatti negli Stati Uniti deve tener conto delle peculiarita’ del mercato statunitense, dove il fenomeno della contraffazione assume altri contorni, rispetto a quello che accade in altri paesi.
In primo luogo, si tratta di un mercato che riceve il “contraffatto” piu’ che produrlo.
Pertanto, il ruolo assunto delle dogane statunitensi (US Customs and Border Protection - CBP) e’ essenziale sia per le attivita’ di contrasto sia per la quantificazione del flusso dei falsi. All’interno dello US CBP operano l’Office of Field Operations, che ha il compito di ispezionare i prodotti in ingresso negli USA, e l’Office of International Trade, con competenze in materia di IPR e di attivita’ di cooperazione con analoghe strutture doganali di altri paesi stranieri.
L’elaborazione statistica delle dogane statunitensi tiene conto dell’ultimo porto di provenienza delle merci contraffatte e della tipologia di prodotto. Non esiste una rilevazione della merce per brand e neppure viene stilato un elenco dei paesi esteri, di cui sono originari i prodotti autentici, danneggiati dal mercato del falso negli USA. In questo modo, risulta alquanto complicato
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
ottenere un dato preciso sui prodotti italiani contraffatti negli USA, anche perche’, da quanto riferito dall’Office of International Trade all’IPR Desk, l’Italia non risulta nella top list dei paesi da cui proviene la maggior parte del falso e pertanto i dati sul nostro paese sono considerati irrilevanti.
Sulla base, pero’, di segnalazioni da parte di aziende italiane che si sono rivolte all’IPR Desk e di altre attivita’ di monitoraggio, si rileva che il settore piu’ colpito e’ quello legato al mondo della moda; il comparto agro-alimentare, come gia’ descritto, subisce un danno che si configura piu’ in pratiche di concorrenza sleale o di violazione e diluizione del marchio.
Si riportano di seguito le catogorie di prodotti e brand italiani piu’ contraffatti:
BORSE:
D&G, Fendi, Prada, Moschino, Ferragamo, Gucci; Versace
PORTAFOGLI:
D &G, Gucci; Fendi
CINTURE:
Armani, BOSS, D&G; Versace
OCCHIALERIA:
D&G, Furla (viene venduto con il marchio Furlux), Ray-ban
OROLOGI:
Ferrari, Guess;
PROFUMI:
Zegna, Ferrari, Versace, Bulgari, Diesel, Moschino, D&G
CALZATURE:
Mauri, Gucci, Versace
ABBIGLIAMENTO:
Versace, Gucci
ETICHETTE:
Prada, D&G
Vale la pena citare la recente sentenza della giuria popolare nominata dalla Corte d’Appello – IX Circuito della California del Sud, che presiedeva il caso, che ha visto contrapposti la Gianni Versace Spa e Monir Awada, proprietario della Tres Hermanos Inc., per la connotazione importante del risarcimento danni accordato alla casa di moda italiana. Il caso riguardava una fattispecie di violazione e contraffazione del marchio Versace. La Corte ha accolto la richiesta di risarcimento presentata da Versace, pronunciando un verdetto il 6 maggio 2010 che ha assegnato all’avente causa 20 milioni di dollari Usa come compenso per i danni subiti quali conseguenza della condotta illecita del convenuto.
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
4.
POLITICA PROMOZIONALE E PROPOSTE OPERATIVE DI INTERVENTO CONGIUNTO
a)
Mappatura delle iniziative di sostegno all’internazionalizzazione del sistema produttivo che la rappresentanza diplomatico-consolare e l’ICE intendono realizzare nel corso del 2010
In linea con le priorità d’azione individuate in occasione della riunione di Sistema (gennaio 2010), promossa su iniziativa dell’Ambasciata a Washington, si svolgerà il 12 ottobre 2010, in Cancelleria, il simposio Global Health, convegno medico-scientifico ad alto livello, giunto alla sua quinta edizione. L’evento, dal titolo quest’anno, “Global Health, Healthy Aging Globally: A Life Cycle Approach” prevede la presenza del Ministro della Salute Fazio e del suo omologo americano Sebelius. Il simposio viene organizzato in stretta collaborazione con importanti rappresentanti dell’Amministrazione e del mondo scientifico americano. E’ prevista la partecipazione, tra gli altri, del Prof. Garaci dell’ISS, dei vertici di AIFA e Farmindustria e per parte americana del Direttore del National Institute on Aging del NIH, Hodes. L’iniziativa, che riscuote il grande interesse del mondo della ricerca, della scienza medica e farmacologica statunitense, intende promuovere un’ attenta riflessione da parte dei massimi esperti di settore dei due Paesi sulle dinamiche dei processi legati all’invecchiamento lungo l’arco del ciclo di vita. Il dibattito consentira’ inoltre una discussione approfondita ed articolata anche relativamente ai sistemi sanitari nazionali. L’iniziativa assume particolare rilievo, nel piu’ ampio quadro delle collaborazioni tra Stati Uniti e Italia nel settore biomedico e della farmacologia, poiche’ riguarda il settore dell'eccellenza medica e della ricerca, dalle quali emergono significative prospettive di cooperazione bilaterale in campo industriale ed imprenditoriale.
Il 28 ottobre 2010 è previsto lo svolgimento in Ambasciata, della tappa a Washington del Vinitaly Tour 2010, evento promozionale del settore vitivinicolo, organizzato da VeronaFiere che toccherà anche New York e Filadelfia. L’iniziativa consentirà di promuovere la qualità produttiva dei principali consorzi vinicoli italiani (Brunello di Montalcino, Chianti, Montepulciano, Zonin) al fine di consolidarne ulteriormente l’immagine positiva sull’importante mercato americano, che resta, per questa particolare filiera produttiva, di strategica rilevanza.
Si indicano poi alcune delle principali iniziative promozionali che gli Uffici ICE della Rete USA realizzeranno nel periodo ottobre 2010 – aprile 2011. Tale elenco non è esaustivo, in quanto non comprende una serie di iniziative in fase di pianificazione e che costituiscono la componente prevalente dell’impegno promozionale. Tra queste, le azioni inserite nei progetti straordinari (MADE IN ITALY, MACHINES ITALIA), negli Accordi di settore con le associazioni confindustriali, negli Accordi di Programma con le regioni. Non trascurabili sono, inoltre, le azioni promozionali che la rete ICE organizza su incarico di entità private: consorzi, imprese, Università ed altre organizzazioni. In tal caso, gli Uffici ICE agiscono quali consulenti di mercato ed elaborano i piani di marketing, in linea con gli obiettivi dell’interlocutore / cliente italiano e le caratteristiche specifiche del prodotto o servizio da introdurre sul mercato USA.
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
Questo intenso programma di iniziative si svilupperà d’intesa con l’Ambasciata a Washington e con l’intera rete consolare nel Paese al fine di massimizzare sinergie e coordinamento alla luce delle priorità individuate di azione promozionale. Tra le altre azioni sulle quali la Rete degli Uffici ICE negli USA è chiamata ad operare va evidenziata quella delle Missioni Economiche, su richiesta di regioni, associazioni confindustriali ed altri organismi pubblici o privati. È in fase di organizzazione la Missione di Sistema Lombardia dal 27 settembre al 2 ottobre 2010, in Canada e USA.
INIZIATIVE PROMOZIONALI - OTTOBRE 2010 - APRILE 2011
Iniziativa
Luogo di svolgimento
Data di svolgimento
Settore
ICE ATLANTA Progetto Straordinario di Promozione del Made in Italy in USA - Follow up promozione con store americani e missione in Italia di operatori di settore
Italia
sett-ott 2010
Artigianato, articoli da regalo
Missione operatori a fiera “Abitare il Tempo”
Verona
16-20 settembre2010
Arredo ed artigianato
Missione in USA sistema Lombardia
USA
27/9 - 2/10 2010
Arredo, contract, accessori nautici
2-10 ottobre 2010
Nautica da diporto
Missione operatori USA al Salone nautico di Genova
Genova
Missione operatori a “Seafuture”
La Spezia
13-15 ottobre 2010
Ricerca, innovazione e sviluppo settore marino e navale
Partecipazione collettiva a FLIBS Fort Lauderdale Boat Show
Fort Lauderdale
28/10 - 01/11 2010
Nautica da diporto
Club Italia Lounge al Fort Lauderdale Boat Show
Fort Lauderdale
Progetto ILU - Partecipazione a AIA Awards di Los Angeles e missione in Umbria architetti californiani
Los Angeles e Perugia
ott-nov 2010
FEMA/EMDA Fall Convention
Dallas
3-6 novembre 2010
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
28/10 - 01/11 2010
Nautica da diporto Design, arredo ed illuminazione Macchine agricole
1^ sem. 2010
Missione operatori e giornalisti a EIMA
Bologna
10-14 novembre 2010
Macchine agricole Contract
Partecipazione collettiva alla Hotel, Motel & Restaurdant Show
New York
14-16 novembre 2010
Progetto I Saloni New York
New York
nov-dic 2010
Design, arredo ed illuminazione
Partecipazione collettiva a AG Connect
Atlanta
7-10 gennaio 2011
Macchine agricole
Partecipazione collettiva a Cruise Shipping
Miami
14-17 marzo 2011
Crocieristica
Partecipazione collettiva a Conexpo
Las Vegas
22-26 marzo 2011
Macchine movimento terra, edili e stradali
Chicago
31/10 – 3/11 2010
Meccanica strumentale
ICE CHICAGO Partecipazione collettiva italiana alla fiera PACK EXPO – PROCESS EXPO, incluso ITALIAN PACKAGING TECHNOLOGY AWARD USA e azioni di supporto alla collettiva Partecipazione collettiva alla fiera AAPEX / SEMA,
Las Vegas
1-5 novembre 2010
Automotive Aftermarket Products
Partecipazione collettiva alla fiera PLMA,
Chicago
14-16 novembre 2010
Private Label Manufacturing
Partecipazione collettiva alla fiera NECTFL
Baltimore
2-4 aprile2011
Meccanica strumentale
World Business Forum (MACHINES ITALIA)
New York
5-6 ottobre 2010
Meccanica strumentale
Media Tour (MACHINES ITALIA)
New York
4-5 ottobre 2010
Meccanica strumentale
Lancio del sito internet MACHINES ITALIA
Chicago
ottobre – novembre 2010
Meccanica strumentale
Campagna pubblicitaria (MACHINES ITALIA)
Chicago
ott. 2010-gen 2011
Meccanica strumentale
MACHINES ITALIA awareness survey
Chicago
ott. 2010-aprile 2011
Meccanica strumentale
Missione operatori USA alla fiera BI-MU
Milano
5-9 ottobre 2010
Meccanica strumentale
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010
Missione in Italia di operatori USA della GDO/Grande Distribuzione Organizzata
Italia
9-16 ottobre 2010
Progetto Logistica Agroalimentare
ICE NEW YORK
Missioni presso di operatori e giornalisti americani alle fiere italiane, quali: Milano Unica, Micam, Mipel e presso distretti produttivi.
Comparto Moda Italia-Emilia RomagnaUSA
Presentazione delle tendenze dei prodotti conciari. Progetto con la scuola di moda “Academy of Art” di San Francisco. Evento in collaborazione con Saks Fifth Avenue, dedicato alla promozione di quattro giovani stilisti italiani emergenti.
Comparto Moda Comparto Moda
San Francisco
Comparto Moda New York
Numerose promozioni con i dettaglianti americani di abbigliamento ed accessori.
Comparto Moda
Missione giornalisti & archittetti al CERSAIE
Bologna
28/9 al 2/10/2010
Piastrelle Ceramiche
Missione operatori USA in Toscana
Firenze
6-7 ottobre, 2010
Energie Rinnovabili
Promozione a favore dei prodotti agroalimentari del Veneto
Varie città in USA
11-25 ottobre 2010
Promozione a favore di Authentic Italian Food/ Wine
Newport, RI
24-26 settembre 2010
Promozione a favore di Authentic Italian Food/ Wine in occasione del NIAF Partecipazione collettiva al Winter Fancy Food Vino 2011- Italian Wine Week
Washington, DC San Francisco New York
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
Agroalimentare/ Vini Agroalimentare/ Vini Agroalimentare/ Vini
22-24 ottobre 2010 16-18 gennaio 2011 23-27 gennaio 2011
Agroalimentare/ Vini Agroalimentare/ Vini
1^ sem. 2010
Agroalimentare/ Vini
Promozione a favore di Authentic Italian Food/ Wine in occasione del Gala Italia- IWFI
New York
Febbraio 2011
Azioni a supporto degli importatori di prodotti autentici italiani
Città varie California
Ottobre-novembre 2010
Partecipazione collettiva ad Interbike 2010
Las Vegas
22-24/09/2010
Partecipazione ad ARC Interiors USA 2010-Incontri B2B, eventi networking
Marina Del Rey
23-25/09/2010
Missione settore aerospace Regione Lombardia-Missione operatori italiani - B2B, visite aziendali
Los Angeles
28-29/09/2010
Hit Week 2010-azioni varie di organizzazione e comunicazion
Los Angeles, New York
13-17 ottobre 2010
Missione operatori a Valenza Gioielli 2010
Valenza
02-05/10/2010
Missione giornalisti USA ad EICMA
Milano
02-07/11/2010
Cinema Italian Style 2010-supporto in collaborazione con Cinecitta' luce
Los Angeles
7-18/11/2010
Missione operatori a Italian Doc Screenings
Firenze
17-21/11/2010
Partecipazione collettiva ad Indianapolis 2011
Indianapolis
18-20/02/2011
Partecipazione a Coverings 2011
Las Vegas, Nevada
14-17/06/2011
Partecipazione collettiva a Informex 2011
Charlotte, North Carolina
7-10/02/2011
Agroalimentare/ Vini
ICE LOS ANGELES Ciclo
Edilizia
Aerospazio
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
Cinema Gioielleria Moto Cinema Cinema Moto Marmo/Piastreelle
Chimica
1^ sem. 2010
b)
Individuazione di eventi congiunti da svolgere con il concorso degli Uffici economicocommerciali, degli Uffici ICE, degli Addetti Scientifici e degli Istituti di Cultura e delle Camere di Commercio Italiane all’estero
I singoli eventi promozionali vengono organizzati secondo una logica complessa e integrata, nella quale i momenti di natura commerciale, culturale, turistica e scientifico-tecnologica sono da considerare nel loro insieme, in modo da presentare il “Sistema Paese” nella sua articolazione e ricchezza di proposte e attrattive. Per tale ragione, i diversi soggetti che operano sul territorio USA nel campo della promozione (Uffici Consolari, Istituti di Cultura, ICE e ENIT) sono stati invitati a concentrare le singole iniziative, anche per una maggiore ottimizzazione delle risorse disponibili, ricercando sempre la possibiltà di realizzare sinergie ed eventi che rappresentino al meglio la ricchezza del Made in Italy.
c)
Valutazioni conclusive
Gli Stati Uniti - con un reddito nazionale superiore ai 13.250 miliardi di dollaried un mercato interno di oltre 300 milioni di persone, con reddito medio annuo di 44 mila dollari - sono e restano di gran lunga la principale economia al mondo. L'America resta un mercato di fondamentale importanza strategica per dimensioni, centralità nel sistema economico globalizzato e capacità di traino nei modelli di consumo rispetto al resto del mondo. Al contrario, la relativa debolezza del dollaro rispetto all'euro può aprire nuove opportunità di investimento negli USA da parte anche dei nostri piccoli e medi imprenditori. L’erosione della nostra quota di mercato è imputabile a fattori oggettivi, ma indica anche una debolezza strutturale del nostro mix nel settore delle esportazioni. Se da un lato, infatti, va tenuto presente l’inevitabile impatto prodotto dall’irrompere sul mercato americano della Cina e dell’India, e l’effetto sul nostro comparto esportativo della rivalutazione dell'euro sul dollaro, occorre al contempo intervenire per riqualificare le nostre esportazioni nei settori a più alto contenuto tecnologico, ove minore risulta la concorrenza dei Paesi a basso costo. Una politica di investimenti produttivi negli USA resta una strategia vincente per presidiare il mercato e seguire il prodotto anche nelle fasi di distribuzione e assistenza al cliente. Ciò vale in particolare nei settori a più alto contenuto tecnologico (i successi conseguiti nel settore aerospaziale con impianti produttivi a Charleston, Filadelfia e Jacksonville ne sono il maggiore esempio) nei quali la produzione in impianti “americani” diviene spesso necessaria anche per superare le crescenti barriere protezionistiche, ma anche per l’impatto politico positivo che esso produce nei confronti dell’Amministrazione e del Congresso USA in termini di “job creation”. L’Ambasciata - attraverso i propri Uffici consolari e gli Istituti di Cultura - in raccordo con la Rete ICE, l’Enit e le Camere di Commercio, continua a realizzare uno stretto coordinamento tra i soggetti che operano nel campo dell’internazionalizzazione del Sistema Italia. Tale azione potrà trarre sicuro giovamento da un maggiore raccordo con le Regioni che, grazie al rapporto diretto con il territorio, costituiscono un referente importante per le aziende piccole e medie. Un più incisivo coordinamento consentirà di accrescere l’impatto dei singoli interventi promozionali e di evitare la dispersione di risorse.
Rapporti Paese congiunti Ambasciate/Uffici Ice estero
1^ sem. 2010