Sotto un cielo di stelle Educazione, bambini e resilienza Marco Ius
Dipartimento di Scienze dell'Educazione Università di Padova
Galileo Galilei, Sidereus Nuncius (1610)
Testo di riferimento Milani, Ius (2010), Sotto un cielo di stelle. Educazione,bambini e resilienza. Raffaello Cortina, Milano
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La capacità di comportarsi in modo socialmente accettabile, nonostante alcune forme di stress o di avversità che normalmente implicano l’alto rischio di un esito negativo (Vanistendael, 1998) Sembra che ci siano situazioni difficili che schiacciano alcune persone e altre che, quando vengono superate, rafforzino il “sistema immunitario emotivo” della persona: i ricercatori studiano i processi che aiutano alcune persone a resistere ai colpi della sorte sviluppando capacità creative invece che patologie psichiche.
Resilienza
Una prospettiva contro il determinismo
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Perché Perché a noi educatori interessa la resilienza? Determinismo, rigidità normativa, ricetta? o Ascolto, speranza, attesa di un “inedito” che si compie?
Se non possiamo dire che una causa provoca un effetto, eviteremo di proporre ricette, non viviamo in una società normativa che dice come bisogna far crescere i bambini: la resilienza non è la stessa per una barra di ferro posta nell’aria o posta in acqua
Come mai nella nostra cultura si è tanto lavorato sui traumi, ma non su ciò che aiuta a superare i traumi??
Come mai sappiamo moltissimo di ciò che non funziona, delle patologie, ma così poco di ciò che funziona?
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Resilienza non è invulnerabilità “questi bambini sono vulnerabili come gli altri, ma, in più, sono stati feriti e lo saranno tutta la vita, ma diventeranno umani tramite questa ferita” (B. Cyrulnik, 2000)
E’ una capacità che tutti gli individui possono sviluppare in quanto non é un dato, ma un processo che si costruisce grazie all’incrocio di fattori protettivi di carattere genetico, familiare ed ambientale:
la resilienza non é un elenco di qualità possedute da un individuo, ma un processo che, dalla nascita alla morte, l’individuo intreccia continuamente con il suo ambiente PLASTICITA': apparato psichico che si costruisce permanentemente e si plasma a seconda degli ambienti affettivi e sociali
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Categoria relazionale, non individuale: • costrutto complesso che definisce un processo basato sull’interazione di fattori biologici, neurologici, evolutivi, ambientali e culturali, e non una lista di caratteristiche Î Necessario un approccio multidisciplinare per la ricerca (Soutwick et al., 2008) ÎContro il determinismo e il meccanicismo
Un framework complementare e aperto Teoria psicoanalitica sui traumi, teoria dell'attaccamento e degli attaccamenti multipli, teorie della resilienza individuale e familiare, etnopsichiatria, teoria bioecologica dello sviluppo umano, teorie pedagogiche sull'educazione, ecc.
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Modello BIOECOLOGICO Bronfenbrenner U. (2005), Rendere umani gli umani, Erickson, Trento 2010 Attitudini, credenze e pratiche educative e sociali condivise dalla cultura del bambino e della sua famiglia Sistemi sociali che influiscono il bambino, direttamente o indirettamente, per esempio i media, i servizi medici e sociali, il quartiere, la parrocchia Legami tra i diversi elementi del microsistema Famiglia, scuola, compagni, organizzazioni sociali, culturali, religiose a cui il bambino partecipa
Prospettive di ricerca
Socio - antropologico Psicologico, familiare, educativo Caratteristiche individuali per es, età, sesso, temperamento, forze e vulnerabilità biologiche
Biologico, medico
Microsistema Mesosistema Esosistema Macrosistema
Cronosistema: periodo di sviluppo del bambino, eventi storici, cambiamenti sociali e culturali
Il tema della Resilienza è significativo per comprendere i processi educativi relativi ai • bambini nella loro “normalità” •bambini che vivono in famiglie vulnerabili • bambini che hanno sofferto il trauma dell'allontanamento dalla famiglia di origine per un periodo o definitivamente (adozione); da uno o da entrambi i genitori (separazione).
Le storie dei bambini nascosti durante la Shoah (Hidden Child Survivors) possono essere rilevanti perché in esse troviamo temi di interesse affine: • separazione • vita in un contesto vulnerabile • attaccamenti multipli • riunificazione familiare • fattori protettivi
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Apprendere dalla Shoah (in particolare dei Bambini Nascosti) vs Insegnare la Shoah
non si tratta di abolire la distanza tra passato e presente, ma di considerare le influenze della storia collettiva nelle costruzioni identitarie dei singoli...
Individuali
Fattori protettivi
Familiari
Sociali
Dalla Tripartizione Fattori Protettvi (Garmezy, 1985) alla piramide equilatera della Resilienza
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Fattori Individuali • buone capacità intellettive • buone capacità sociali (il bambino ha facilità ad entrare in contatto con gli altri, bambini e adulti e a mantenere queste relazioni) empatia, socievolezza, competenze comunicative • autostima (ha fiducia in sé ed è sicuro dei propri comportamenti) • autoefficacia • coping “orientato ai problemi” • umorismo
Fattori Familiari • struttura educativa adeguata (i genitori applicano regole chiare ed appropriate alle capacità e all’età dei figli, con modalità coerenti nel tempo, capacità di stabilire regole) cioè presenza di equilibrio tra aspetti affettivi e normativi; • clima familiare affettuoso e caldo (ambiente gradevole nella famiglia, scambi affettivi frequenti) e interazione positiva con il bambino/ragazzo (i genitori vivono momenti piacevoli con i loro figli facendo attività insieme, o semplicemente condividendo “buoni” momenti di vita quotidiana); • attaccamento genitore-bambino sicuro (Bowlby); • ancoraggio a un credo e valori familiari: dimensione etico-normativa
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Fattori Sociali • presenza di una ricca rete sociale di pari, che può essere anche misurata con il numero di pari frequentati (amici, vicini, compagni di classe, ecc.) e con la modalità di relazione messa in atto; • la presenza di un adulto significativo al di fuori della famiglia (insegnante, educatore, vicino, parente, animatore, ecc.) con il quale stabilire una relazione continua, utile e di sostegno, in altre parole “la mano tesa” pronta a offrire il suo aiuto, il tutore dello sviluppo; • aiuto ai genitori rispetto all’educazione dei figli ricevuto attraverso la rete formale e informale dei servizi (vicini, scuola, servizi, parrocchia, ecc.) – sostegno alla genitorialità; • ambiente sociale non punitivo; • buone relazioni informali, comunità supportante; • partecipazione ad una struttura sociale positiva; • ambiente scolastico attento e adeguato - successo scolastico.
Fattori trasversali (Cyrulnik 2004, 2008)
Il Racconto della propria storia… Rappresentazione sociale e personale Spiritualità – Trascendenza- Senso (Frankl, 1967) L’espressione artistica
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Asse temporale, Parens (2008): cosa c'è a valle e cosa c'è a monte?
Parametri Pretrauma Natura del trauma
Parametri Transtrauma
Parametri Posttrauma
Quale trauma, quale significato per l’individuo, intensità, durata?
Età, funzioni dell’io (forze e debolezze) funzioni del super-io, stato di conflitto psichico e difese Individuale caratteriali, storia di ostilità distruttiva; modelli di reattività Parametri precedenti e perdita dell’O., sostituzione dell’O., comportamenti dell’O. nella rete di supporto, comportamenti dell’O. che infligge il trauma
Familiare
Stili di attaccamento, qualità dell’Oggetto relazionale,
Sociale
Sistemi di supporto a livello comunitario, Sistemi di supporto a livello compresa scuola, strada, comunitario durante il vicinato e costumi periodo traumatico sociali.
Parametri precedenti e inoltre: creatività, adattamento, difese, generatività, (a breve termine, episcodici, a lungo termine) Continuazione delle relazioni pretrauma, lutto delle perdite, ricostruzione di relazioni familiari. Sistemi di supporto a livello comunitario coltivati (autogenerati), ricreati e mantenuti
Approccio longitudinale – a lungo termine VS Approccio orientato all’emergenza – a breve termine Gli eventi traumatici assumono differenti significati quando sono analizzati in una prospettiva longitudinale, che ci permette di superare una visione deterministica dello sviluppo umano
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Metodo • Approccio qualitativo (Denzin and Lincoln, 2005; Lodico et al., 2006)
• Metodo Narrativo e autobiografico “per incontrare le storie di vita” dei bambini ebrei sopravvissuti e imparare da loro. La narrazione può aiutare la persona a riconoscere il suo sviluppo e dare contributo alla ricerca scientifica nella comprensione dei processi di vita (Demetrio) Ricercatore = Narratore (raccoglie e racconta)
Intervista (semistrutturata) – condizioni di tipo educativo…fattori protettivi…
Nuclei tematici • Condivisione Progetto e R. • Traiettoria biografica (pre, trans, post trauma) • Vita familiare • Narrazione propria storia • Impatto esperienza traumatica su vita • Micro-meso e esosistema • Forze • Messaggio alle generazioni future
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Unità di studio: 21 storie di vita di Bambini Sopravvissuti alla Shoah (ghetto, nascondigli, deportazione, rifugio politico)
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Nascosti – nascondere se stessi e/o la propria identità;
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Separazione temporanea o permanente dalla famiglia, sia fisica, sia relazionale – da tutta la F, un genitore e/o dal proprio contesto sociale – gli eventi traumatici hanno creato una rottura con il passato, dividende la linea biografica.
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sono resilienti… il cui esito di vita non sia un disagio mentale o una psicopatologia ma un livello di benessere definito da una stabilità emotiva, familiare, lavorativa e economica, e da un ruolo attivo all’interno della comunità.
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si sentono Resilienti Rappresentazione Personale rappresentano se stessi e le loro storie come resilienti – il concetto di R. è stato presentato loro e lo hanno condiviso
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sono percepiti come Resilienti Rappresentazione Sociale sono riconosciuti come Resilienti nel loro contesto sociale e nella loro comunità.
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Età: mesi - 15 anni => definibili Bambini sopravvissuti (Kangisser, 2005 ) Paese d’origine Polonia
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Olanda
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Italia
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Francia
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Jugoslavia
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Belgio
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Ungheria
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Germania
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Cosa possiamo intelligere dentro queste storie? Dai solisti al coro I risultati non sono generalizzabili e non hanno valore statistico ma: ricerche simili in contesti culturali diverse, conclusioni simili (es. Feldman 2009, Valent P., 2006)
Le persone incontrate sono resilienti? La r. non è un prodotto, ma un processo complesso codeterminato da numerosi fattori (isolarne uno è sempre fuorviante) Dimostrano un buon adattamento alla vita nonostante gli eventi critici: l'esito del trauma non è la malattia mentale o il disagio, ma un certo livello di ben-essere, misurato attraverso alcuni indicatori: stabilità emotiva, familiare, lavorativa, finanziaria, ruolo attivo nella vita sociale e comunitaria (sequenze generative)
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Attenzione agli schemi angusti: trauma-ripresa le storie analizzate mostrano l' importanza delle tracce traumatiche nella vita adulta, ma anche la capacità delle persone intervistate di costruire la loro umanità attraverso le ferite causate dall' “attacco alla filiazione” (Moro, 2009). Sono persone che hanno sperimentato la paura, l'abbandono la solitudine, il senso di colpa, l'errore. Ma le loro vite non sono state distrutte, le loro anime non mutilate. Sono persone talvolta inadeguate, che hanno fatto scelte discutibili, hanno imbrogliato la morte, ma oggi dimostrano di avere raggiunto un certo equilibrio psichico, una stabilità nelle relazioni, una capacità riflessiva sul proprio mondo interno e esterno: Josiane
Resilienza non è sinonimo di salute Salute non è sinonimo di performance, né di perfezione. Queste non sono persone perfette. Sofferenza-infelicità: no nesso causa-effetto lineare Nonostante tutte le difficoltà, ho avuto una vita buona Bianca
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Ho avuto un buon inizio Venivo da una casa in cui avevo la mamma e la nonna, e ci abbracciavamo molto e ci baciavamo […] per i primi tre anni della mia vita […] sono molto grata, mi hanno salvato (Josy, 45:50).
Struttura educativa adeguata: etica e affetti. I genitori applicano regole chiare ed appropriate alle capacità e all’età dei figli, con modalità coerenti nel tempo in un clima familiare affettuoso e caldo, improntato alla lealtà, alla verità e alla giustizia Fattori protettivi: attaccamento sicuro; sostegno dato ai genitori nell'educazione dei figli (micro e meso-sistema)
Imparare a vivere dentro nuove braccia: la possibilità di vivere attaccamenti multipli (meso e eso-sistema) Doppie o triple appartenenze familiari o legami (familiari, sociali, religiosi) possono portare ad un’identità adulta integrata co-mamme e co-papà / senso di appartenenza / riconoscimento identità/ tipo di nascondiglio / preparazione alla separazione e alla riunificazione / continuità nelle relazioni quando possiamo dire “io so che sono così perché mi è successa quella cosa”e possiamo condividere con delle parole ciò che è successo, noi ridiveniamo un po’ padroni del nostro passato. Lo possiamo rimaneggiare con le parole e indirizzare ad altri.
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Il tutore di resilienza Un lascito: una grammatica della relazione insuffleur d'âme (Cyrulnik, 2008) crea un'accordatura affettiva • Ascolta, parla, aiuta il bambino a narrare la propria storia: il b. costruisce l'identità narrativa con un ascoltatore che lo aiuta a padroneggiare il significato attribuito al suo passato e a rappresentarsi il futuro in maniera inedita: il significato non è nei fatti (Cyrulnik, 2007) •Dona tempo, riconosce, valorizza l'altra persona: vede il bambino invisibile, soddisfa il bisogno del bambino di essere visto, identizzato e non solo identificato •Permette le domande: aspettavo l'estate per chiedere a Selma •Offre una presenza solida: reale, stabile, continua, non liquida (Bauman, 2003, 2005) • Incoraggia la creatività, le abilità differenti, la curiosità, l'esplorazione: promuove i processi di apprendimento ed esplorazione, la scoperta delle passioni
•Permette la costruzione di significati differenti allo stesso trauma: la ricostruzione di una storia in pezzi in una trama unitaria (identità narrativa, Ricoeur). Costruisce significato attraverso la parola: noi umani siamo cercatori di significato (Frankl). lo sviluppo affettivo ed emotivo viene rafforzato dal fatto di poter contare sul rapporto con un adulto che mostra apprezzamento, stima e affetto.
offre il filo che il bambino può utilizzare per cucire i diversi elementi della sua trama consente di conoscere, comprendere, ricordare, nominare gli eventi negativi: no segreti, no buchi neri nelle storie che si riempiono con un'immaginario a volte più difficile da gestire degli stessi eventi traumatici
“Raccontare non è il passato che torna. È una possibilità di riconciliazione con la propria storia. Reminiscenza non è rivivescenza”
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È un passeur
gratuità etica del volto (Lévinas) ha un talento relazionale, è un traghettatore il giocatore che fa il passaggio giusto un mediatore tra genitori e figli, fa un giusto passaggio di relazione, non si sostituisce, ma affianca Garantisce il senso di appartenenza a una cultura e a un sistema di valori che crea continuità: pregare per Paula costruisce un legame leggero con il bambino che ha perso il legame forte permette il tutoraggio tra pari: riconosce le potenzialità di resilienza nelle reti informali dei pari
Agisce in una direzione etico-morale (agere) (Lévinas, 1961): l'uomo disse "come puoi sacrificare sei figlie per questo bambino" "puoi sacrificare tutta la famiglia per questo bambino?"perché se l'avessero scoperto saremmo stati tutti fucilati, cosa che non sapevano […] e la moglie del contadino risposte "puoi sacrificare questo bambino? lui è qui e ora sta qui". (David 156:167) La generatività: la dimensione dell'Oltre, della fede; del trascendersi Il dono, la restituzione del Bene (differenza tra Bene e be-essere) L'amore che c'entra
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Il macrosistema: testo e contesto Cambiare il proprio internal working model nel crescere ed elaborare la propria storia Anche la società può cambiare il proprio external working model Senso di appartenenza ad una cultura Costruire intorno al bambino una nicchia affettiva di racconti familiari e sociali che danno senso alla ferita Il bambino non deve raccontare, ma può superare la cospirazione del silenzio, il passato può divenire intelligibile attraverso un racconto collettivo: è possibile cambiare un sentimento profondo lavorando sui racconti che circondano il bambino Il riconoscimento tardivo: per poter dire, molte persone hanno dovuto aspettare che l'external model working della società fosse pronto ad ascoltare le loro storie. Alcuni hanno aspettato 40/50 anni,perchè l'imperativo “non puoi raccontare” (l'opposto del biblico Zakhor) fosse superato dalla nuova rappresentazione della Shoah, possibile, grazie al lavoro degli storici, dei filosofi, dei registi, dei politici, degli educatori, ecc.
La memoria non è una ri-costruzione anatomica dei fatti, una rappresentazione neutra È intersoggettiva, dialogica e collettiva: quando una persona ricorda un fatto in maniera conforme a quella della sua collettività, si lega a un senso collettivo e beneficia del suo supporto, va contro la frantumazione dovuta all'esperienza dolorosa e si sente parte di un'identità collettiva: sono il contesto, la cultura, gli scienziati, i letterati, i filosofi, gli avvocati, gli artisti, che compongono intorno al bambino i valori e i significati attribuiti ai fenomeni (...) un insieme di elementi che permetterà ai bambini di se tutoriser al meglio all'interno delle proprie famiglie e del contesto sociale. La tendenza a ricostruire in un racconto ciò che è successo rappresenta un fattore di resilienza soltanto quando riusciamo a dare un senso a ciò che è successo e operiamo una sorta di rielaborazione affettiva
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Tocca a noi Una prospettiva relazionale e responsabilizzante Di fronte alla domanda del bambino ebreo sulla presenza divina nelle umane vicende: “Intende dire che, qualsiasi cosa succeda, Dio se ne frega?”, Padre Pons, il tutore dello sviluppo che l'aveva nascosto, rispose: “Intendo dire che, qualsiasi cosa succeda, Dio ha fatto quello che doveva fare. Ora tocca a noi. Dobbiamo noi provvedere a noi stessi” (Shmitt, 2004, p. 80) o, come diceva la nonna di Halina, non è che Dio va in giro per il mondo a salvarci. Nella resilienza sembra essere così: c'è sempre un momento in cui tocca ad ognuno di noi favorire la ripresa da un trauma.
La costellazione
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Grazie!
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