Sommario Editoriale Paolo Bembo Editoriale
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Paolo Bembo
Lettere al Direttore
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MEDEVAC (evacuazione “Yacht sotto vela con mare sanitaria) da elicottero, sulla prora grosso”, Ludolf Backhuizsen, 1694, su legno, Rijksmudi un olio sommergibile classe “Sciseum, Amsterdam articolo ré” (vedi articolo a(Vedi pag. 13) a pag. 19)
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Il punto nave Il punto nave Sociale, Ambiente, Giovani. Sulla sicurezza marittima Ovvero “Il futuro dell’Italia Tre obiettivi prioritari dipende dal mare” I lavori di ampliamento Il Mediterraneo del canale di Panama che vorremmo
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di Boccalatte di Claudio Ezio Ferrante Anno AnnoCXIX CXIX--n.n.5-6 1-2 maggio-giugno 2016 gennaio-febbraio 2016 DirettoreResponsabile Responsabile Direttore PaoloBembo Bembo Paolo Redazione Redazione FrancoMaria MariaPuddu Puddu Franco Direzione--Amministrazione Amministrazione Direzione ViaGuidubaldo GuidubaldoDel DelMonte, Monte,54 54 Via 00197Roma Roma 00197 tel.06 06 809159203 809159203-fax 06 809159205 tel. C.C.06post. 30719009 fax 809159205 www.leganavale.it C.C. post. 30719009 e-mail:
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Finito di stampare nel mese di giugno 2016 Finito di stampare nel mese di febbraio 2016
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Gli ultimileincrociatori “Sfiorano onde nere di Giovanni Panella nella fitta oscuritá…” di Paolo Tasca
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di Enrico Cernuschi
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Yachting di ieri Claudio • di Nel nido Ressmann del Kaiser
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Vettovaglie e razione
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di Ciro Paoletti Inserto ••
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Presidenza Nazionale Acqua dolce dal mare Centri Nautici di Franco Maria PudduDelegazioni
Sezioni -31
I-XVI
La voce del diportista Sub • La riforma del codice •
della nautica Ambienti per le immersioni (7°) Aniello Raiola
La voce del diportista Emergenza sanitaria • •
La nuova direttiva 2013/53/UE Prevenzione: le posizioni Umberto VernaCE 41 per le unità
Inserto • “Chiamatemi Ismaele” Franco Maria Puddu 26 • diVademecum per la nautica da diporto Recensioni e segnalazioni 33 e la pesca sportiva I-XVI Sub
Corso di pesca Corso di pescascorrevole • Il galleggiante
36 Alberico Barbato 37 Recensioni e segnalazioni 40
Cronache delle Sezioni e Delegazioni Cronache delle Sezioni e Delegazioni
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Il Conte Ippolito Ambienti di Rino Esposito per le immersioni (5a parte)
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di Aniello Raiola
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Riccardo Zago Tra ami e inneschi di Riccardo Zago
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Editoriale
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i fronte ad avvenimenti di primaria importanza quali l’imminente insediamento di una nuova Presidenza Nazionale, dopo i lunghi mesi passati a lottare contro la burocrazia affinché ciò avvenisse, si tende a lasciarsi alle spalle argomenti apparentemente secondari quali quelli relativi a come viene messo insieme ogni numero di questa Rivista. Molte volte le norme di collaborazione sono state richiamate, spesso pubblicate, a volte inviate ai singoli, soci o presidenti, che desideravano che le proprie gesta o quelle della propria Sezione trovassero giusta illustrazione sulla Rivista. Questo desiderio è sacrosanto. Da queste pagine abbiamo spesso sollecitato a partecipare per rendere la Rivista uno strumento sempre più “dei soci”, oltre che vettore di cultura del mare. Però esistono delle regole senza il rispetto delle quali si finirebbe con lo svilire questa pubblicazione, facendo di conseguenza diminuire la valenza di una notizia in essa riportata. Lo so, siamo Italiani, come tali navigatori, poeti, santi e quant’altro; siamo stati, anche grazie al nostro individualismo, capaci di creare il Rinascimento… Ma questo stesso individualismo ci porta spesso ad ignorare le regole, ritenendole una inutile pastoia.
Solo quando avremo rimosso questo sciocco modo di sentire potremo crescere come comunità. Tornando a noi, al nostro “piccolo”, è solo seguendo determinate regole che la Rivista, oltre a riverberare le notizie che più ci stanno a cuore, avrà sempre maggiore importanza, di conseguenza attribuendone di più ai fatti che riguardano il proprio sodalizio. In buona sostanza, mi appello ai Presidenti di Sezione/Delegazione, vecchi e nuovi, agli incaricati per la comunicazione delle Sezioni più grandi, ma anche ai semplici soci che amano scrivere, a tenere sempre in evidenza le modalità di collaborazione, onde far sì che proprio quelle notizie che sono di loro interesse vedano la luce sulle pagine di questa Rivista e lo facciano, possibilmente e compatibilmente con la sua periodicità, in tempi non biblici. E un ultimo suggerimento per le Sezioni/Delegazioni: inviate le notizie ( singole, non come riassunto di un periodo ) nell’ordine cronologico in cui sono avvenuti gli eventi a cui si riferiscono. Non è bello vederle apparire in ordine sparso, con datazioni che si spostano avanti e indietro per l’anno in corso. Chi per qualsiasi motivo non avesse accesso alle norme, ci scriva; gli invieremo subito la versione più aggiornata delle stesse. Grazie. Paolo Bembo
Il punto nave
Sociale, ambiente, giovani. Tre obiettivi prioritari Eccomi a voi per il consueto appuntamento sulla Rivista per quello che con tutta probabilità – mi auguro – potrebbe essere l’ultimo mio Punto Nave come Commissario, salvo proroghe al momento non prevedibili, ma sempre possibili. Non intendo però dilungarmi in bilanci o considerazioni sull’andamento di questo anno “difficile” che ci ha visto tutti coinvolti verso una crescita e un rinnovamento della LNI e dei quali, al momento della pubblicazione di questo numero, sarete in parte a conoscenza perché nel frattempo ha avuto luogo l’importante convegno di FerraraLido delle Nazioni, che ha visto una nutrita partecipazione dei presidenti delle nostre strutture periferiche (circa l’80% del totale). Durante il quale, in particolare, è stata definita la composizione del Consiglio Direttivo Nazionale – con l’individuazione dei sei rappresentanti delle sezioni – primo passo fondamentale verso la (ri)costituzione degli organi statutari della Lega Navale Italiana, sospesi con il commissariamento del nostro Sodalizio. Vorrei invece ritornare su quelle che ritengo essere le nostre priorità circa le attività che vengono proposte e realizzate, notando con un buon grado di apprezzamento, come queste siano sempre più numerose e interessanti, a testimonianza della vitalità dei Soci e quindi di tutta l’Associazione. Uno degli aspetti che più mi sta a cuore, oltre al miglioramento dell’immagine che la Lega Navale Italiana, in quanto Ente pubblico, deve avere e ha sempre avuto nell’immaginario collettivo, è quello di conferire priorità alle attività che caratterizzano un’associazione come la
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nostra che deve fornire servizi di pubblico interesse, riappropriandoci delle nostre peculiarità, al fine di riconquistare quella funzione di preminenza nel panorama nautico che, forse, negli ultimi tempi si era un po’ affievolita, se non anche offuscata. In tale quadro, tra le molteplici attività di routine – che poi tanto ordinarie non sono – ritengo, e con me la maggioranza dei Soci, che gli ambiti prioritari della LNI riguardino soprattutto le iniziative rivolte alla promozione sociale, alla tutela dell’ambiente e ai giovani. Per quanto riguarda la promozione sociale, e in particolare le attività mirate a facilitare l’accesso al mare e alla nautica delle persone in stato di disagio fisico, mentale o economico, noto con piacere le numerose iniziative attuate da diverse strutture periferiche, rafforzando il mio convincimento che questa tematica sia, tra tutte, la più qualificante per la nostra Associazione e mi conforta constatare che alcune di queste iniziative, nate a livello locale, siano ormai così consolidate e apprezzate da svilupparsi anche a livello regionale o addirittura nazionale. Così facendo, fanno da traino per ulteriori collaborazioni che, specie in quest’ultimo periodo, sono state avviate con le associazioni di volontariato e anche con le ONLUS internazionali. Volendo fare qualche esempio, ma con il rischio di dimenticare qualcuno, sono ormai consolidate le manifestazioni “Una Vela senza Esclusi”, organizzata dalla Sezione di Palermo Centro con la partecipazione di velisti disabili provenienti da tutta Italia; “Il Campus di Stella” organizzato dalla Sezione di Savona o il “Sailing Campus” coordinato dalla sezione di Trieste in collaborazione con la ONLUS
Mediterraneo – e allo sviluppo sostenibile della costa. In entrambe le occasioni ho potuto riscontrare un notevole interesse da parte del pubblico e degli addetti ai lavori. Questi risultati ci hanno portato a organizzare, in collaborazione con l’Unione Romana degli Ingegneri e Architetti, un ulteriore convegno sulla stessa tematica e un ulteriore intervento Lega Navale e Sociale – Un momento della regata per atleti diversamente abili “Una Vela Senza in occasione del preEsclusi”, patrocinata dalla Presidenza Nazionale LNI e dal Comune di Palermo ed organizzata dalla mio nazionale giornalocale Sezione listico per ragazzi “Lo Spirito di Stella”; “Navig-Abile”, serie di “Giornalisti nell’erba”, con il quale la LNI colgiornate marinare per disabili, ideata dalla labora da qualche anno. Sezione di San Foca, ma che coinvolge ormai In aggiunta, accogliendo una proposta di un numero sempre maggiore di Sezioni della progetto della Sezione di Sperlonga – Lago di Puglia. Tante altre ne potrei citare. Tutte coFondi, che per questioni di programmazione munque importanti e nello spirito più bello non si è potuta attuare quest’anno, la Presidenza della nostra Associazione. Nazionale sta operando all’istituzione di una La LNI è inoltre partner da circa un anno e “Giornata Nazionale del Mare”, in occasione mezzo del Progetto “LiscaBianca” per il recupero della quale proporre eventi e manifestazioni dei ragazzi tossicodipendenti e detenuti e, rein tutta Italia sulle diverse tematiche che ricentemente, ha aderito come partner istituzionale guardano il mare e la nautica. Questa iniziativa, al progetto “Illuminiamo il Futuro” di Save the tra l’altro, ben si concilia con le risultanze del Children. Altre Sezioni, come Catania – con il tavolo di lavoro relativo alla “Cultura del mare suo effervescente presidente – stanno operando e piani formativi scolastici” – al quale la LNI nello stesso settore con risultati di tutto rispetto partecipa insieme alle altre Istituzioni – che ha e che stiamo cercando di generalizzare attraverso concordato l’istituzione nelle scuole della “Giorun Protocollo d’Intesa con il Ministero di Giustizia. Da parte mia, assicuro ogni sforzo per supportare in maniera efficace le vostre proposte, ringraziandovi per l’entusiasmo e la passione che mettete nell’operare giornalmente per perseguire i fini statutari più nobili e più qualificanti del nostro Sodalizio. Anche nell’ambito della tutela ambientale registro con piacere, in questi ultimi mesi, un notevole incremento di eventi e di iniziative, a tutti i livelli. Alcuni esempi sono i convegni recentemente proposti al Salone Nautico di Puglia e allo Yacht Med Festival di Gaeta, LEGA Navale e Ambiente – Molte Sezioni, in questo caso Torre dedicati ai cambiamenti climatici – specie in Guaceto, provvedono a periodiche pulizie dei fondali maggio-giugno 2016
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Il punto nave
Lega Navale e Giovani – Un allievo del Centro Nautico LNI di Sabaudia
nata del mare” da realizzarsi attraverso l’applicazione dell’articolo 52 del Codice della Nautica con l’aggiunta di contenuti attuativi. Considerato che la Legge delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto prevede espressamente che, per l’anzidetta finalità, non vi siano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ho ritenuto, come logica e naturale conseguenza, di inviare una lettera al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, al Ministero dei Beni Culturali e del Turismo e al Comando Generale delle Capitanerie di Porto, con la quale ho prospettato l’opportunità che l’onere della organizzazione e del coordinamento delle attività intese a dare concreta attuazione all’istituenda “Giornata del mare” sia affidato alla Lega Navale Italiana, che già da anni si rende promotrice dell’organizzazione della “Giornata nazionale della sicurezza in mare” intesa a diffondere l’educazione marinara e la cultura del mare in un’ottica di tutela e di corretta fruizione dell’ambiente marino. Mi è sembrata una occasione propizia per ritrovare stimoli ed entusiasmo e anche per riguadagnare quel ruolo guida nella diffusione della cultura marinaresca che la Lega Navale Italiana ha rivestito nella sua storia e ritengo debba continuare a rivestire anche in futuro. Le considerazioni appena espresse, mi portano a sottolineare il terzo “pilastro” delle nostre attività, che ho volutamente tenuto per ultimo, proprio perché lo ritengo il più importante: i giovani. Penso, infatti, che i ragazzi vadano coinvolti in tutte le attività, da quelle didattiche a quelle sportive, da quelle civiche e sociali a
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quelle di tutela dell’ambiente. Per facilitare questo processo, sono state riviste alcuni anni fa le modalità di tesseramento dei giovani soci, individuando per l’appunto la categoria “Giovani”, anziché “Studenti”, dando alle strutture periferiche la possibilità di tesserare direttamente i nuovi giovani Soci, eliminando il passaggio burocratico dalla Presidenza Nazionale, ma soprattutto, da quest’anno, lasciando alle sezioni le quote associative in modo da reinvestire immediatamente i fondi in attività istituzionali pro giovani. Un secondo aspetto, che ritengo particolarmente significativo, è quello dell’istituzione dei Centri Culturali della LNI, ciascuno dedicato a una specifica tematica, come per esempio il Centro legale nautico,con la costituzione della Camera Arbitrale Italiana della nautica del diporto, o del Centro culturale dell’Ambiente. L’intento non è tanto quello – pur importante – di costituire un organismo di riferimento e di supporto per i Soci, quanto quello di utilizzare i Centri Culturali come veri e propri Centri di Formazione in grado di poter proporre e condurre corsi specifici di formazione per i giovani Soci, contribuendo così alla creazione di opportunità di lavoro e di impiego. Infine, terzo punto fondante della politica della LNI in favore dei giovani, allo scopo di ricercare la migliore sinergia con il mondo della scuola, stiamo promuovendo un maggiore coinvolgimento dei Delegati Scolastici, sia dal punto di vista quantitativo – penso che siano ancora pochi – sia per quanto riguarda le iniziative e i progetti da realizzare. Il mondo della scuola è infatti un interlocutore fondamentale e auspico che a breve siano ripresi i contatti con il M.I.U.R. per la finalizzazione di quel Protocollo di Intesa che due anni fa sembrava in dirittura di arrivo ma che poi non è stato possibile, per tutte le varianti di situazione che ben conoscete, portare a compimento. Molto ancora si può e si deve fare, ma sono convinto che siamo sulla rotta giusta e sulla buona strada: la vivacità provocata dalle vecchie e nuove iniziative che riuscite a proporre e realizzare ne sono la dimostrazione più bella. E allora, Alla via così e Buon vento a tutti! Romano Sauro
I lavori di ampliamento del canale di Panama di Claudio Boccalatte
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l canale di Panama collega, dal 1914, l’Oceano Atlantico con quello Pacifico, permettendo alle navi che devono transitare da un oceano all’altro di evitare il periplo dell’America del Sud. Il canale fu concepito negli ultimi decenni del XIX secolo in Francia, e tra il 1881 e il 1889, avvenne un primo tentativo di costruzione secondo un progetto molto complesso, senza chiuse, ad opera di una società diretta da Ferdinand de Lesseps, già promotore della costruzione del canale di Suez. Nel 1887, il progetto originale, troppo ambizioso, fu sostituito da un progetto di canale con chiuse, molto simile a quello che sarà poi realizzato; i fondi raccolti in Francia erano però stati impiegati nella prima
Sin dal 1914 il canale di Panama permette alle navi di evitare il periplo dell’America del Sud per collegare il Pacifico all’Atlantico. Ma è invecchiato
Mappa del canale di Panama che evidenzia la zona del canale e le principali caratteristiche dei lavori di ampliamento; in apertura, il logo dei festeggiamenti del centenario del Canale
fase, e nel 1889 la società fallì, con un pesante strascico di polemiche. Il ruolo di promotore del canale venne preso dagli Stati Uniti, che nel 1901 iniziarono a negoziare con il Governo colombiano (all'epoca Panamá faceva parte della Grande Colombia) l'autorizzazione per costruire e gestire il canale. Nel 1903, però, il presidente Roosevelt, indispettito da un voltafaccia del Governo della Colombia, che non volle ratificare un accordo che concedeva agli Stati Uniti la gestione del canale per 100 anni, appoggiò militarmente, in maniera molto decisa, il movimento indipendentista panamense, e Panama divenne una Repubblica indipendente sotto la tutela degli USA, i quali
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La corazzata USS Missouri nelle chiuse di Miraflores durante l’attraversamento del canale di Panama dal Pacifico all’Atlantico il 13 ottobre 1945. La larghezza delle navi militari statunitensi era determinata dal requisito di poter attraversare il Canale
ottennero l'affitto perpetuo della Zona del Canale e l'autorizzazione a iniziare i lavori, che furono avviati nel 1907, ad opera del genio militare statunitense, e terminarono il 3 agosto 1914; l'inaugurazione ufficiale fu però rinviata al 1920, a causa dell'insorgere della Prima Guerra Mondiale.
Gli accordi del 1977 A seguito degli accordi Torrijos – Carter del 1977 la sovranità sulla zona del canale è passata dagli Stati Uniti d’America alla repubblica di Panama il 31 dicembre 1999. Oggi il canale è gestito dall’Autorità del Canale di Panama (ACP, Autoritad del Canal de Panama, o in inglese Panama Canal Authority), un’agenzia indipendente incaricata di gestire, operare, manutenere e ammodernare il canale. Il Direttore dell’agenzia è nominato dal Presidente della
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Repubblica di Panama e ha il rango di ministro. Il canale è lungo 81,1 km compresi i prolungamenti in mare, ha una profondità massima pari a 12 m, una larghezza di 240-300 m nel lago Gatún, e di 90–150 m nel tratto del taglio della Culebra. L’imboccatura atlantica del canale si trova nella baia di Limon presso il porto di Cristóbal; le navi provenienti dall’Atlantico e dirette al Pacifico, dopo aver percorso l’impianto di risalita composto dalle tre chiuse di Gatún, attraversano il lago artificiale Gatún, la zona di Gamboa, il taglio di Culebra, giungendo poi alla chiusa di Pedro Miguel, passano poi, dopo un primo salto di livello, in discesa di circa 9 metri, nel lago di Miraflores e quindi mediante le due chiuse di Miraflores, raggiungono il livello del mare presso il porto di Balboa proseguendo poi la navigazione fino allo sbocco del canale nel golfo di Panamá, in Oceano Pacifico. Il viaggio dura circa 8-10 ore in totale, e il dislivello massimo è di 26 metri. Le dimensioni delle attuali chiuse impongono delle limitazioni alle dimensioni delle navi che possono transitare nel canale; sono, infatti, definite navi tipo panamax quelle aventi le massime dimensioni consentite per il transito, e cioè una lunghezza massima di 292,68 metri, una larghezza massima di 32,31 metri e un pescaggio di 12 metri; nel campo delle portacontenitori questo corrisponde a navi capaci di trasportare circa 4.400 TEU (twenty-foot-equivalent-unit misura standard del volume dei container ISO, corrispondente a circa 40 m3). Le navi mercantili, e le porta contenitori in particolare, sono sempre più grandi: è il fenomeno del “gigantismo navale”, dovuto ai risparmi che l’impiego di una nave di grandi dimensioni comporta rispetto a più navi di dimensioni inferiori; basti pensare ai costi dell’equipaggio, la cui composizione non varia sensibilmente con l’aumento delle dimensioni dell’unità. Quindi le navi più grandi e più moderne oggi non possono transitare per il canale di Panama. Per assicurare il passaggio di navi di maggiori dimensioni, incrementando il traffico commerciale in risposta agli sviluppi e alla continua espansione del mercato dei trasporti marittimi, in modo che i pedaggi del canale continuino a finanziare l’economia panamense, è stato concepito il progetto di espansione del canale di Panama, che ne raddoppierà la capacità.
Le attuali chiuse di Miraflores del canale di Panama; da notare il ridotto margine esistente tra le navi e i muri esterni delle chiuse
Nasce la New Panamax Potranno così transitare navi più grandi denominate New Panamax, con una lunghezza di 366 metri, una larghezza di 49 e un pescaggio di 15, come i portacontenitori con una capacità sino a 12.000 TEU. Da notare che oggi esistono navi di dimensioni ancora più grandi, fino a quasi 20.000 TEU. La fase di studio per un ampliamento del canale, durata cinque anni, è terminata nell’aprile 2006. L’esecuzione dei lavori di ampliamento (i più importanti dopo l’apertura del canale) è stata sottoposta a referendum popolare e approvata dai cittadini panamensi. I lavori, iniziati nel settembre 2007, dovrebbero essere terminati nel 2016, con un costo previsto di 5,25 miliardi di dollari USA. Le attività effettuate sono: la costruzione del terzo set di chiuse, un nuovo canale di accesso dall’oceano Pacifico, il dragaggio dei canali esistenti e l’innalzamento del livello del lago Gatún. Le due nuove chiuse a salto triplo, una sul lato atlantico e una sul lato pacifico sono il punto più qualificante dei lavori di modernizzazione. Ognuna delle tre camere che costituiscono cia-
scuna chiusa è larga 55 metri, lunga 427 metri, profonda 18,3 metri. I lavori, del valore di 3,2 miliardi di US$, sono stati affidati al consorzio internazionale GUPC (Grupo Unidos por el Canal S.A.), comprendente la società italiana Impregilo S.pA.; le nuove paratoie giganti sono state realizzate in Italia, dalla società Cimolai che ha lavorato come subcontraente del consorzio. Ogni camera di chiusa è lunga 427 metri, larga 55 e alta 18,3; in totale sono stati utilizzati 4,4 milioni di metri cubi di cemento, più di quelli impiegati un secolo fa per la costruzione del canale, pari a 3,4 milioni di metri cubi. Ogni gruppo di chiuse comprende 8 porte o paratoie (quindi in totale ne sono state realizzate 16); le paratoie scorrono orizzontalmente su rulli a partire da recessi realizzati perpendicolarmente al canale, a differenza delle porte attuali che si aprono ruotando come una porta a due ante. In questo modo si semplifica la manutenzione delle paratoie, che non devono mai essere rimosse, in quanto il recesso si può trasformare in una sorta di bacino di carenaggio. Ogni paratoia è lunga 57,60 metri e larga tra gli 8 e i 10 metri; l’altezza, in funzione della maggio-giugno 2016
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posizione della paratoia, varia tra i 22,30 e i 33,04 metri. Il peso va da 2.100 tonnellate per le più basse a 4.200 per le più alte. Il costo totale delle 16 paratoie, incluso il trasporto dall’Italia a Panama (a gruppi di quattro paratoie caricate sulla stessa nave), è 547,7 milioni di US$.
navi di maggiori dimensioni (New Panamax) hanno interessato il canale d’ingresso dall’oceano Pacifico (sono stati dragati 8,7 milioni di metri cubi di materiale), il canale d’ingresso dall’oceano Atlantico (17,9 milioni di metri cubi), il lago Gatun e lo stretto di Culebra (30 milioni di meLa nave portacontenitori MSC Daniela, costruita in Corea e consegnata nel tri cubi). 2008; lunga 366 metri, larga 51 e con una capacità di 14.000 TEU, supera i liL’ultima attività miti dimensionali per transitare attualmente nel canale di Panama; dopo il completamento dei lavori di ampliamento potrà invece transitare del programma di Un nuovo ampliamento ha canale riguardato l’innalzamento del livello del lago È stato creato, scavando a secco, un nuovo caGatun, allo scopo di aumentare le riserve di nale di accesso verso l’oceano Pacifico (PAC, acqua necessarie per il funzionamento delle Pacific Access Channel) per collegare le nuove chiuse; il massimo livello operativo del lago è chiuse con lo stretto di Culebra; il nuovo castato innalzato da 26,7 a 27,1 metri s.l.m., con nale è lungo 6,1 km sono stati scavati circo 50 un aumento della capacità del lago di quasi milioni di metri cubi di materiale; quest’atti200 milioni di metri cubi, corrispondenti a vità è divisa in quattro fasi, conosciute come circa 1.100 transiti addizionali di navi ogni PAC1, PAC2, PAC3 e PAC4; nell’ultima fase è anno. A questo scopo sono state modificate stato necessario costruire una diga lunga 2,3 diverse strutture del lago e delle chiuse di Pedro km (Borinquen Dam) per separare le acque del Miguel. Inoltre è stato studiato un nuovo sinuovo canale da quelle del lago Miraflores. stema – definito Water Saving Basins – che conI dragaggi del programma di espansione del casente, attraverso l’introduzione di bacini ausinale, necessari per consentire il passaggio delle
La portacontenitori CSCL Globe, con una lunghezza di 400 metri, una larghezza di 59 e una portata di 19.100 TEUs non potrà invece transitare nal canale di Panama anche dopo il termine dei lavori; notare che, nonostante le sue dimensioni, questa nave, consegnata nel 2014, ha un equipaggio di sole 31 persone
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Nel porto di Trieste una chiatta, proveniente da Porto Nogaro, porta una delle 16 paratoie realizzate dalla Impregilo alla nave oceanica STX Rose Two, ormeggiata alle banchine del Terminal Samer di Riva Traiana
liari, il recupero e il riutilizzo parziale dell’acqua del lago Gatun. Il programma ha subito nel 2013-14 alcuni rallentamenti, a seguito della differente interpretazione delle clausole contrattuali da parte dell’Autorità del canale e del consorzio industriale, in particolare riguardo a chi dovesse farsi carico degli aumenti di costi verificatisi; secondo le ultime stime i lavori, il cui completamento era inizialmente previsto a fine 2014, erano al 96% a fine 2015; la vigilia di Natale 2015 è avvenuto il taglio, mediante esplosivi, dell’istmo che separava il lago Gatun con il nuovo canale di accesso all’Oceano Pacifico; rimane ancora da tagliare l’istmo tra il nuovo canale e le nuove chiuse di Cocoli, sempre sul versante pacifico. Inoltre nel mese di gennaio 2016 erano in corso da parte del consorzio GUPC alcune operazioni di rinforzo sulle soglie delle nuove chiuse, che hanno rivelato alcuni lievi difetti in fase di collaudo. Secondo le previsioni attuali, al momento della stesura dell’articolo, entro il secondo trimestre 2016 dovrebbero terminare le prove di navigazione e il nuovo canale iniziare a operare; non tutte le divergenze economiche sono però risolte e anche questa previsione potrebbe rivelarsi ottimistica.
CRONOLOGIA 03/09/2007: inizio ufficiale del programma 15/7/2009: firma contratto con il consorzio GUPC 28/9/2009: firma contratto di dragaggio con Jan de Nul N.V. 7/6/2010: firma contratto di dragaggio con Dredging International 1/7/2011: inizio posa del cemento per il terzo set di chiuse Giugno 2013: termine lavori di dragaggio sui canali di accesso dall’oceano atlantico e pacifico 20/8/2013: arrivo delle prime 4 paratoie dall’Italia 12/11/2014: arrivo delle ultime 4 paratoie dall’Italia 15/12/2014: inizio installazione delle paratoie 28/4/2015: termine installazione di tutte e 16 le paratoie Giugno 2015: inizio collaudo delle nuove chiuse 2/11/2015: termine riempimento del canale di accesso dal Pacifico, fino al livello del lago Gatún 24/12/2015: taglio dell’istmo tra il lago di Gatún e il canale di accesso dall’oceano Pacifico maggio-giugno 2016
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Gli ultimi incrociatori di Giovanni Panella
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Belle e al loro tempo moderne navi hanno navigato, combattuto, vinto e a volte perso, poi sono giunte alla fine della loro vita. Ma gli stessi che le hanno amate, e a volte odiate, hanno voluto che continuassero a vivere. Per i posteri
e unità navali che costituiscono il “patrimonio galleggiante” di un Paese, testimonianza tangibile della sua storia sul mare, si possono suddividere in tre categorie: da guerra, da lavoro e da diporto. Fino agli Anni 50 del Novecento le iniziative di conservazione di questo patrimonio erano rivolte quasi esclusivamente alle unità militari: si trattava (e si tratta) di scafi che rappresentano dei “monumenti dell’orgoglio nazionale”. Non a caso, il primo esempio risale agli Anni 30 dell’Ottocento e riguarda la fregata USS Constitution, varata nel 1797, che nei suoi scontri con similari unità britanniche durante la guerra del 1812-15 costituì per l’opinione pubblica statunitense l’unico motivo di vanto di una campagna militare che fu, per altri versi, confusa e inconcludente. Il valore simbolico attribuito a questa nave fa sì che ancor oggi sia mantenuta in servizio. Del medesimo status di monumento nazionale gode l’HMS Victory, che ricorda la battaglia di Trafalgar, l’ammiraglio Nelson e il “Britannia rules the waves”.
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Divenuto potenza navale di prim’ordine nel 1905 con la battaglia di Tsushima, anche il Giappone conservò la nave ammiraglia di quello scontro, la corazzata Mikasa. Gli Stati Uniti, dopo aver ricordato la vittoria del 1898 sulla Spagna con la trasformazione in museo dell’incrociatore USS Olympia, hanno voluto celebrare in grande stile la loro ascesa, dopo il 1945, al rango di prima potenza navale. Così, oltre a un buon numero d’incrociatori, trasporti, cacciatorpediniere e sommergibili, hanno trasformato in museo navi di notevoli dimensioni: le portaerei USS Intrepid, Lexinton e Hornet, e le navi da battaglia USS Texas, Missouri, Alabama, North Carolina e Massachussets. L’insieme del tonnellaggio delle navi museo degli Stati Uniti costituisce oggi la terza flotta di navi militari del mondo. Per quanto riguarda l’Europa, le maggiori unità militari del Novecento, sfuggite alla fiamma ossidrica, sono rappresentate da tre incrociatori: l’Aurora ancorato a San Pietroburgo, il Giorgios Averoff vicino al Pireo e l’HMS Belfast a Londra.
ramuccia, la resistenza dei difensori del Palazzo d’Inverno fu rapidamente travolta, e i ministri arrestati: la Rivoluzione d’Ottobre era compiuta. Ma fu solo dieci anni dopo, nel 1927, che la nave entrò nella storia come simbolo della Rivoluzione. I registi Sergei Ejzenstein e Grigorij Alexandrov realizzarono, su commissione del Partito, il film Oktjabr’ (Ottobre). Nell’occasione, l’incrociatore fu di nuovo ormeggiato davanti al Palazzo d’Inverno e il suo pezzo prodiero esplose il L’incrociatore corazzato Aurora (in russo Avrora), fermo nel suo ormeggio sulla Neva al centro colpo fatale. Quelle imdella città di San Pietroburgo; in apertura le bandiere di combattimento delle Marine Russa, Greca e Britannica magini, insieme all’assalto della marea dei riBronenosetz Kreyser Avrora voluzionari alla sede del Governo, si L’incrociatore corazzato Aurora era entrato in trasformarono così nell’emozionante testimoservizio nel 1903, dislocava 6.630 tonnellate, nianza visuale di quanto era avvenuto nella faera propulso da caldaie a triplice espansione tidica sera del 7 novembre. Ben pochi sapevano ed aveva un armamento principale di 8 canche la scena era stata realizzata a posteriori. noni da 150 mm. Nel 1905 la nave, inquadrata nella squadra dell’ammiraglio Enquist, partecipò alla battaglia di Tsushima, nella quale cadde il comandante e quattordici uomini d’equipaggio. La nave, pur danneggiata, riuscì a sfuggire agli inseguitori e fu internata a Manila. Non fu davvero questo scontro, la peggior sconfitta della storia navale russa, l’episodio che rese famoso l’incrociatore, ma quanto accadde dodici anni dopo, il 7 novembre del 1917 (25 ottobre del calendario giuliano). Quel giorno, il Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo, sede del Governo provvisorio russo, era stato circondato dai reggimenti che parteggiavano per i bolscevichi. L’Aurora, con altre navi della flotta del Baltico, aveva risalito la Neva e si era ancorato a poche centinaia di metri dal palazzo. Alle 9 di sera fu un colpo (a salve) del pezzo prodiero da 150 a dare il segnale dell’assalto alla sede del Governo. In realtà gli storici non sono unanimi nel giuIl ponte dell’Aurora ripreso da prora; notare in primo piano il dicare se quel colpo, che segnalava che la flotta pezzo singolo scudato da 150 mm, una soluzione frequente a era schierata dalla parte dei bolscevichi, fu spaquei tempi, dal quale fu sparato il colpo a salve che diede il via rato davvero. Comunque, dopo qualche scaalla Oktiabrskaja Revoluzija, la Rivoluzione d’Ottobre maggio-giugno 2016
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dei simboli della tenace resistenza dei difensori di una città sottoposta dai tedeschi a uno degli assedi più lunghi (e duri) della storia. Recuperato nel 1944, l’Aurora fu poi ormeggiato sulla Neva davanti all’Istituto Nakhimov, una scuola per gli orfani dei marinai morti in guerra. Dopo aver ospitato a bordo per un certo numero di anni un buon numero di scolari, l’incrociatore fu riportato alle condizioni in cui si trovava nel 1917 e finalmente nel 1956 fu trasformato in museo. Da allora l’Aurora è divenuto uno dei principali punti di interesse della città, tanto che il totale dei suoi visitatori ammonta a 28 milioni di La fiancata destra dell’Aurora all’ormeggio; notare come, curiosamente, la terza persone. Oggi l’Aurora, che dal ancora, o ancora di speranza, sia stata posizionata vicino alle due ancore di posta e non a poppa come usuale 2014 è stato sottoposto a importanti lavori di risistemazione che Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, dudovrebbero concludersi nel 2016, è la più vecrante l’assedio di Leningrado (già San Pietrochia unità della Marina Russa. burgo), l’Aurora fu poi utilizzato come batteria contraerei e in seguito fu affondata dai bomKatabronikò Giorgios Averoff bardamenti aerei tedeschi: le artiglierie princiL’incrociatore Giorgios Averoff fu varato a Lipali furono allora sbarcate e utilizzate sul fronte vorno nel 1910 dai cantieri Orlando & C, ed è terrestre. La prova di strenua resistenza che la oggi ormeggiato al Falero, vicino al Pireo. La nave aveva offerto fece diventare l’Aurora uno nave, che disloca 10.100 tonnellate, era pro-
L’incrociatore corazzato Giorgios Averoff, nel suo punto di ormeggio sulla banchina del Falero, il quartiere popolare non molto lontano dal Pireo, ad Atene
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pulsa da caldaie a triplice espansione e armata con 4 cannoni da 234 mm e otto da 190. La sua costruzione fu resa possibile da un lascito di 300.000 sterline (un terzo del costo di costruzione) del miliardario Giorgios Averoff, per il suo acquisto. La nave partecipò come nave ammiraglia alla Guerra Balcanica del 1912-1913 contro la Turchia, un conflitto che per Atene aveva come obiettivo di lungo termine: “L’autodeterminazione e la restaurazione dell’Ellenismo nel mare Egeo”. Si trattava di un disegno politico - militare che, di fronte allo sfaldamento dell’Impero Ottomano, prevedeva che la Grecia riconquistasse i territori costieri dell’Asia Minore. Sotto il co- Una vecchia gloria greca ma anche italiana; una bitta con, ancora, il coperchio mando dell’ammiraglio P. Koundou- originale in bronzo montato nei cantieri livornesi Orlando nel 1911 riotis, l’Averoff giocò un ruolo centrale taggio ottenne un notevole successo, fu presa negli scontri navali di Elli e di Lemnos, conla decisione di riportare l’incrociatore alsentendo ai greci l’occupazione delle isole del l’aspetto che aveva nel 1912. I lavori di renord est dell’Egeo, di notevole valore strategico stauro sono proceduti gradualmente e oggi saperché prossime ai Dardanelli. Questi successi, lire a bordo dell’unità consente di fare un passo importanti, divennero ancor più significativi indietro nel tempo. Non c’è bisogno di agper l’opinione pubblica greca qualche anno giungere che l’Averoff riveste un notevole sidopo, con il totale fallimento della guerra del gnificato anche per il nostro Paese: è infatti 1919-22 contro la Turchia. l’unica grande nave militare di costruzione itaKemal Atatürk, capo del nuovo Stato turco, liana che si sia conservata intatta. batté l’Esercito ellenico e 1.500.000 greci che, Una curiosità: l’Averoff è l’unica nave da guerra da sempre, abitavano l’Asia Minore, fu coal mondo ad avere, nel suo interno, un’intera stretto a riparare in Grecia. Questo esodo, che cappella (in questo caso ortodossa, con tanto è ricordato dai greci come: “Mikrasiatikí katadi iconostasi), come volle il banchiere che la strofí” (la catastrofe dell’Asia Minore) e che finanziò. suscita ancor oggi profondo dolore nell’opinione pubblica ellenica, ebbe anche pesanti ricadute economiche: la città di Atene fu inCruiser HMS Belfast vasa da una massa di profughi che ne accrebSul Tamigi, davanti alla Torre di Londra, è orbero di colpo la popolazione. meggiato l’HMS Belfast un incrociatore di Nella Seconda Guerra Mondiale, dopo la con14.000 tonnellate di dislocamento, varato nel quista della Grecia da parte delle forze del1938 e armato di dodici cannoni da 152 mm. l’Asse, l’Averoff riparò ad Alessandria e in seCol gemello HMS Edinburgh, rappresentava una guito fu utilizzato nella scorta ai convogli degli delle migliori realizzazioni prebelliche e, in Alleati tra l’Oceano Indiano e il Mar Rosso, quanto tale, ebbe una lunga carriera operativa. un’attività nella quale anche una vecchia nave Nei primi mesi della Seconda Guerra Mondiale, da guerra poteva avere una qualche utilità. l’incrociatore fu però gravemente danneggiato Il 16 ottobre 1944, quando l’Averoff ritornò al da una mina magnetica, tanto che i lavori di suo ancoraggio del Falero, non aveva più alcun ripristino durarono tre anni. Dopo esser rienvalore militare ed era destinato alla fiamma trato in servizio nel novembre del 1942, l’HMS ossidrica Nel 1983 tuttavia, dopo che il lancio Belfast portò a termine numerose missioni di di una raccolta di fondi destinata al suo salvascorta ai convogli diretti in Unione Sovietica. maggio-giugno 2016
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La sala consiglio a bordo del Giorgios Averoff; notare, come curiosità, sulla destra un radiatore di termosifone, sotto la foto di Re Giorgio I di Grecia
Durante una di queste partecipò allo scontro con l’incrociatore da battaglia tedesco Scharnhorst, colpito dai proiettili della corazzata HMS Duke of York e infine affondato dai siluri del HMS Belfast e dell’incrociatore HMS Jamaica. La nave ebbe poi un ruolo di primo piano durante lo sbarco in Normandia e nel 1945 fu inviata nel teatro del Pacifico, dove stazionò nelle acque della Cina fino al 1947. Ritornato in Patria per lavori di manutenzione, nel 1949 fu inviato nuovamente in Estremo Oriente: fu coinvolto nelle vicende della guerra civile cinese e in seguito partecipò attivamente alla guerra di Corea. Posto in riserva nel 1952, nel 1955 se ne decise un rimodernamento che consentì all’HMS Belfast di restare in servizio fino al 1971, quando passò in disponibilità per essere radiato. La ragione per cui si decise la sua trasformazione in museo non stava tanto nella celebrazione dei tanti eventi bellici ai quali l’HMS Belfast aveva partecipato, ma nel fatto che era l’ultimo rappresentante di una specifica tipologia navale, l’incrociatore, un’unità che con la sua presenza assidua su tutti i mari del mondo aveva accompagnato e reso possibile lo sviluppo dell’Impero Britannico. In quanto “monumento” dedicato ad un passato imperiale, la sua collocazione davanti alla Torre di Londra, sembra del tutto appropriata.
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La visita a bordo Trasformare una nave da guerra in museo vuol dire adattarla a un percorso di visita da proporre al pubblico, allestendo una serie di spazi interni che siano in grado di offrire a migliaia di visitatori un’esperienza di prima mano sulla vita di bordo, quando quel vecchio scafo era un’unità combattente. Oltre al ponte di comando, alle torri dell’artiglieria e alla sala macchine, i visitatori sono particolarmente incuriositi dalle sistemazioni per l’equipaggio. Da questo punto di vista l’Averoff e l’Aurora hanno restaurato egregiamente i loro spazi interni: dagli eleganti quadrati ufficiali, ricchi di legni pregiati, alle camerate per l’equipaggio, assiepate di amache pronte per la notte. Va detto però che in questo campo l’HMS Belfast ha realizzato qualcosa di più, perché oltre a restaurare gli spazi più importanti della nave, li ha resi ancor più vivaci inserendovi una serie di manichini, realizzati con estremo realismo, degli uomini che sull’incrociatore hanno vissuto e combattuto… così, se all’interno della torre delle artiglierie principali i serventi dei pezzi da 152 sono dei nerboruti marinai con le maniche rimboccate, l’ufficiale medico che sta cavando un dente a un marinaio in infermeria non ha nulla di militaresco. Tra le varie scene proposte al pubblico si può ricordare quella dell’esile gestore dello spaccio di bordo,
Lo HMS Belfast ormeggiato a Londra, sul Tamigi, vicino al Tower Bridge, dal 21 ottobre 1971 (anniversario della battaglia di Trafalgar). Le strutture di legno visibili al suo fianco, altrettante ne esistono dall’altro lato, servono ad impedire danni causati da improvvise piene del fiume
dal fisico chiaramente inadatto a compiti più pesanti e quella della sveglia dell’ufficiale di guardia che, ancora disteso in cuccetta, accetta il caffè che gli porge il marinaio di servizio. Questi aspetti d’immersione realistica nella vita della nave sono esplicitati dalla pubblicazione che accompagna la visita:“Esplorate i nove ponti del HMS Belfast per scoprire le storie che si svolgevano a bordo di questa nave durante le missioni dei convogli artici, durante il D-Day e oltre. Immaginate di dormire in una delle amache strettamente ammassate durante le missioni nelle acque dell’Artico, o di essere di servizio il D-Day nella profondità delle viscere della nave quando questa apriva il fuoco in supporto alle truppe alleate. Avventuratevi nell’interattiva “Operation Room” e immergetevi nel mezzo della battaglia nella nostra “Gun Turret Experience”. La nave è gestita dall’IWM, (Imperial War Museum), una struttura che si presenta così al pubblico: “L’IWM svolge una funzione unica nella sua copertura dei conflitti, soprattutto quelli che riguardano la Gran Bretagna e il Commonwealth, a partire dalla Prima Guerra Mondiale ad oggi. Ci sforziamo di occuparci e di incoraggiare lo studio e la comprensione della guerra moderna e delle «esperienze dei tempi di guerra». Siamo fieri di esser considerati tra le cose essenziali che valgono una visita a Londra, nel Cambridgeshire e nel Great Manchester. L’IWM è una famiglia di cinque mu-
sei; IWM Nord a Trafford, Greater Manchester; IMW Duxford vicino a Cambridge; Churchill War Rooms a Whitheall, Londra; la nave storica HMS Belfast ormeggiata sul Tamigi. Siamo parzialmente finanziati da fondi pubblici ma necessitiamo di sponsorship e di donazioni per sostenere i nostri ambiziosi programmi. Potete fare donazioni online; tutti i contributi sono davvero benvenuti.” I problemi di gestione I costi di gestione sono veramente non indifferenti: non si tratta solo di garantire la vigilanza, la sicurezza e di ridipingere periodicamente scafi e sovrastrutture, ma occorre intervenire periodicamente sulle strutture metalliche, usurate dall’opera del tempo. E’ per questo motivo che l’opera viva dell’Aurora ha dovuto subire un completo rifacimento, sistemando delle lamiere saldate al posto di quelle originali, chiodate, che erano ormai in pessime condizioni. Persino per il SS Great Britain, uno scafo che risale al 1843 ma che da quarant’anni è conservato in secco a Bristol, la corrosione delle strutture metalliche rappresenta un vero problema. Per bloccare l’avanzamento della ruggine sull’opera viva, il bacino di carenaggio è stato chiuso all’altezza del livello del mare con vetri opportunamente increspati, a dare l’impressione di una superficie acquea. Questa soluzione consente ai visitatori di scendere sul maggio-giugno 2016
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ciatore era divenuto una vera attrazione turistica, con un numero di visitatori che si mantenevano su una media annua di 100.000, le visite si sono rarefatte, mentre le spese di gestione crescevano al di sopra delle possibilità dell’associazione, che ha quindi dovuto dichiarare fallimento. Queste difficoltà hanno avuto un immediato ritorno sull’aspetto della nave, sul cui scafo hanno cominciato ad apparire macchie di ruggine e segni di usura ( il costo della pitturazione completa dello scafo si aggirava sul mezzo milione di Euro), tanto che un’associazione locale ha lanciato una raccolta di firme perché l’incrociatore fosse spostato in una posizione meno centrale. Nel 2007 il Colbert, che dal La torre prodiera da 152 mm dell’incrociatore leggero Belfast 1993 era stato visitato complessivamente da con, in basso, la campana di bordo 800.000 persone, è stato rimorchiato fino al fondo del bacino e di osservare le linee dello cimitero marino di Landevennec, nella rada scafo sotto il galleggiamento, di ammirare la di Brest e in seguito è stato demolito. forma avveniristica dell’elica a sei pale e nello Se l’equilibrio nella gestione dei conti delle stesso tempo permette di mantenere costante navi-museo è strettamente collegato al numero la temperatura e l’umidità dell’aria. Una simile dei visitatori, da questo punto di vista appare soluzione presuppone, tuttavia, la disponibilità particolarmente interessante un articolo appiena di un bacino di carenaggio, una struttura parso su Naval History Magazine e dedicato ai che di solito ha degli usi ben più redditizi. problemi dell’imponente flotta delle navi-muLe difficoltà e i costi della conservazione delle seo degli Stati Uniti. Nell’esaminare le tematiunità militari di notevoli dimensioni sono teche della complessa gestione di tali unità, l’austimoniate dalla vicenda del francese Colbert, tore così sintetizza il primo fattore di successo: un incrociatore antiaereo armato di sedici can“Location. Location. Location ”. noni da 127mm, entrato in servizio nel 1959. Sostiene infatti che la possibilità di attrarre i Tra il 1970 e il 1972 l’artiglieria fu ridotta a due visitatori dipende in gran parte dalla collocapezzi da 100 mentre fu installato un sistema zione geografica della nave, rispetto ad un premissilistico antiaereo Masurca. La nave è ciso bacino di utenti potenziali. Va notato che ricordata per aver imbarcato nel 1967 il generale l’HMS Belfast, come del resto l’Aurora, sono orDe Gaulle nel suo viaggio in Canada, durante meggiati in pieno centro di metropoli come il quale a Montreal egli pronunciò il celebre: Londra e San Pietroburgo (come è tornata a “Vive le Québec libre!”, in appoggio alla volontà chiamarsi Leningrado), in una posizione che di indipendenza di quella provincia. L’incidente si presta a intercettare un buon diplomatico che ne seguì numero di visitatori, mentre fece interrompere la visita l’Averoff, ospitato in una base midi Stato del Presidente della litare nelle vicinanze del Pireo, Repubblica francese. ha una collocazione piuttosto Il Colbert prestò servizio nella periferica. Naturalmente, come Marine Nationale fino al nel caso dei musei “terrestri”, 1991, dopo di che avrebbe non è detto che l’importo dei bidovuto esser demolito ma glietti venduti debba sostenere nel 1993,un’associazione di in toto le spese di gestione di una volontariato di Bordeaux targa commemorativa, visibile in basso, nave-museo, ma numeri elevati riuscì a farselo assegnare e Una a sinistra, nella foto precedente, riporta ad ormeggiarlo al quai Ba- quattro delle più memorabili campagne di visitatori sono estremamente calan di quel porto, apren- condotte dall’unità durante la sua vita utili per ottenere ulteriori conoperativa: La scorta ai convogli dell’Artico, la dolo al pubblico. Dopo un battaglia di Capo Nord, lo sbarco in tributi dalle amministrazioni locali e da eventuali sponsor. periodo nel quale l’incro- Normandia e la Guerra di Corea
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Yachting di ieri di Claudio Ressmann
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Nato come sport per regnanti, poi per nobili, infine per ricchi ma, sempre, per amanti del mare e dell’avventura. Un importante pioniere italiano
o yachting, intendendo con questo termine l’esercizio della navigazione non a fini di lucro, è nato nel XVII secolo, ma gli yacht sono esistiti anche in tempi molto più lontani, addirittura nel III millennio a.C. quando Cheope, Re d’Egitto, si fece costruire una vera e propria nave da diporto da utilizzare sulle acque del Nilo. Altrettanto fece l’imperatore Caligola nel IV secolo, quando realizzò, sul lago di Nemi, nei pressi di Roma, due fastose “navi lusorie” non tanto per uso personale, quanto piuttosto per motivi di rappresentanza. Vale la pena a questo punto di ricordare che tutte e tre queste navi sono giunte in buone condizioni fino ai nostri giorni, Nel 1957 la prima (lunga 43,4 m e larga 5,9), fu ritrovata, ordinatamente smontata in 1.245 pezzi numerati, in una fossa sul lato sud della Grande Piramide; era propulsa da 13 paia di remi e disponeva al centro di una sovrastruttura lussuosamente arredata. Oggi è esposta in uno speciale locale a temperatura e umidità controllate nei pressi dell’omonima piramide, a Giza. Le altre due, recuperate nel 1929, lunghe 71 e 79 metri e larghe, rispettivamente, 20 e 23, furono collocate in un museo sulle sponde del lago, ma
sono andate distrutte da un incendio durante l’ultimo conflitto mondiale e adesso sono state sostituite da due fedeli repliche delle stesse dimensioni delle originali.
Gli jaght olandesi
Accantonati questi esempi lontanissimi nel tempo, approdiamo ad Amsterdam, il grande porto del Mare del Nord un tempo molto attivo nei collegamenti con l’Estremo Oriente, dove nella prima metà del XVII secolo era invalsa l’abitudine, tra i facoltosi mercanti, di andare incontro ai vascelli della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, carichi di quelle mercanzie che costituivano una delle principali fonti della ricchezza del Paese. Si trattava di una consuetudine gentile verso i naviganti, da tanto tempo lontani da casa, ma anche molto utile ai fini commerciali, per conoscere in anticipo la natura e la quantità delle merci trasportate. Venivano utilizzate imbarcazioni lunghe una decina di metri, non pontate, con un albero armato con randa, e con una vistosa deriva imperniata su ciascuna fiancata, da abbassare nel lato di sottovento: denominate jaght, servivano soprattutto per effettuare gite di piacere e brevi crociere in mare aperto. maggio-giugno 2016
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“Gli yacht della Camera di Commercio per la Compagnia delle Indie Orientali, salutano una unità commerciale e una da guerra nella rada di Hellevoetsluis” Olio su tela di Jacob van Strij, 1790, conservato al Maritime Museum di Amsterdam; in apertura, un accurato modello d’epoca dello scafo dello yacht Royal Caroline
Questo tipo di attività, non legato ad alcuna forma di interesse venale, sarebbe rimasto confinato per lungo tempo in Olanda, se non avesse contribuito ad esportarlo in Inghilterra un evento politico risalente alla seconda metà del Seicento: più precisamente, l’esilio del detronizzato Carlo II Stuart d’Inghilterra in vari Paese europei. Durante nove anni, il deposto sovrano soggiornò a lungo anche nella città di Amsterdam, conteso ospite della nobiltà olandese ed in tale circostanza non mancò di apprezzare le doti nautiche degli jaght, che imparò di persona a condurre con abilità, imitato dai suoi cortigiani. Tornato sul trono d’Inghilterra nell’aprile del 1660, il sovrano ricevette in dono dal Borgomastro della città olandese, come segno di devozione e di fedeltà, proprio uno jaght, denominato Mary, lungo 25 m e largo 5, acquistato con una sottoscrizione pubblica. Dopo il suo arrivo a Londra, il 12 agosto dello stesso anno, il Mary fu accuratamente inventariato a cura di Samuel Pepys, segretario dell’Ammiragliato, e tale documentazione servì a noti progettisti inglesi (come Phineas e Peter Pett) a disegnare e mettere in cantiere imbarcazioni ispirate, sia pure con qualche modifica,
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al Mary, allo scopo di soddisfare le richieste della nobiltà, ansiosa di imitare il Sovrano nella pratica del nuovo sport. La vela a tarchia fu sostituita da una randa, vennero eliminate le derive laterali ed affinate le linee dello scafo: era nato lo yacht, termine mutuato appunto dall’originale olandese jaght. La diffusione dello yachting subì una battuta d’arresto alla morte di Carlo II (1685) e durante il regno del suo successore, dovuta anche alla ostilità con l’Olanda ed ai conseguenti rischi per la navigazione nel Mare del Nord. La ripresa avvenne dopo il 1689, quando Guglielmo III d’Orange detronizzò Giacomo II: con lui, tra l’altro, ebbe inizio la tradizione dei Royal Yacht, tramandata sino ai giorni nostri. Nel secolo successivo, lo sviluppo dello yachting nel Regno Unito non conobbe soste e conquistò una riconosciuta autorevolezza non solo per la preparazione dei suoi skipper ma anche per l’eccellenza della cantieristica del settore. Le frequenti sfide tra le vele blasonate facevano assiepare migliaia di londinesi lungo le rive del Tamigi e si inserirono prepotentemente nel patrimonio tradizionalistico nazionale. Un esempio storico della produzione britannica di quell’epoca fu il Royal Caroline, varato
nel 1749 (e demolito nel 1820), uno degli yacht reali durante il regno di re Giorgio I e Giorgio II. Le sue qualità velocistiche, nautiche e di robustezza furono talmente eccezionali da ispirare addirittura all’Ammiragliato una fortunata serie di fregate. Lo yachting a quell’epoca era nella realtà proprio“lo sport des Roys, le Roi des sports”, come veniva trionfalisticamente definito.
Nascono i club nautici Con il progressivo evolversi delle realtà sociali, l’“andar per mare per diletto” cominciò ad interessare non più soltanto le teste coronate ed i membri della nobiltà; il nuovo status symbol galleggiante attrasse anche le emergenti classi borghesi europee, sempre più ricche e consapevoli del loro potere. Perché lo yachting si scrollasse di dosso quella condizionante patina aristocratica ereditata dalla sua origine e divenisse più accessibile, si dovette però attendere l’inizio del XVIII secolo, quando furono fondati i primi club, ai quali potevano accedere anche i non blasonati, purché in possesso di solide referenze di carattere finanziario. Primo in ordine di tempo fu nel 1720 il Water Club of Cork, seguito quasi contemporaneamente da analoga iniziativa nella Russia di Pietro il Grande, il quale realizzò nella prediletta Pietroburgo una piccola flottiglia di yacht, messa a disposizione dei suoi funzionari, che il sovrano pensava di contagiare con la propria passione per il mare e la marina. Nel secolo successivo, l’interesse per la navigazione da diporto si estese ad altri Paesi, come la Svezia, dove nel 1830 fu fondato il Kungliga Svenska Segelsällskapet (Reale Yacht Club Svedese), seguito nel 1840 dalla Francia con la Société del Régates du Havre. Anche negli Stati Uniti non si stava a guardare ed ecco nascere, nel 1844 a Weekawken (New Jersey) il New York Yacht Club, decano dei club nautici americani, fiero poi della sua fastosa sede al numero 37 della 44ma Strada, a poca distanza dalla Quinta Avenue, e protagonista delle sfide di “Coppa America” che ancora oggi appassionano i patiti del settore, e non solo…. In Italia, le difficili condizioni economiche della prima metà del XIX secolo non favorirono davvero la diffusione dello yachting che rimase per lunghi anni riservato ad una ri-
Enrico d’Albertis capitano della Marina Mercantile
stretta élite di titolati armatori. Ne è un esempio l’elenco dei soci fondatori della “Società delle regate” creata nel 1858 da Ruggero Bonghi a Belgirate, sul Lago Maggiore, che può essere considerata come il primo Club velico italiano. Vi troviamo la principessa Elisabetta di Sassonia, il conte Italiano Borromeo, il senatore Monelli de Prosperi, Massimo d’Azeglio, il marchese Ferdinando di Reme, il marchese Luigi Spinola, il conte Stefano Stampa, il conte Galeazzo Visconti e Sir James Hudson, ambasciatore del Regno Unito presso il Regno di Sardegna. Tuttavia, nell’ultima decade del XIX secolo, la vela intesa come svago, pur mantenendo ancora un carattere elitario, anche nel nostro Paese esce dal contesto aristocratico che aveva caratterizzato i suoi esordi ed inizia a diffondersi in altre classi sociali, trovando, tra l’altro fertile humus nella cultura borghese sensibile al fascino romantico del viaggio in mare. Fu pertanto accolta con molto interesse nel 1870 la nascita a Genova, con sede nella villetta Serra, nella spianata dell’Acquasola, dello Yacht Club Italiano per iniziativa di alcuni nomi illustri della nobiltà, della cultura e della finanza, tra i quali Augusto Vittorio Vecchj, più noto come Jack La Bolina, Ignazio Florio, Erasmo Piaggio, Lopoldo Torlonia, Mario Ruspoli e Maffeo Colonna di Sciarra. Ne fu nominato primo presidente Carlo Ginori Lisci. Tra i fondatori figura anche il nome di un giovane ufficiale di Marina, destinato a d assumere un rilievo di spicco nel panorama dello yachting del nostro Paese: Enrico Alberto d’Albertis. maggio-giugno 2016
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Un pioniere Nato a Voltri nel 1846 da una ricca famiglia di industriali lanieri, Enrico fin dalla prima giovinezza dimostrò una grande attrazione per il mare e per la vita avventurosa. Entrato nel 1862 nella Regia Scuola di Marina di Genova e nominato guardiamarina nel 1866, fu imbarcato sulle corvette Euridice e Principessa Clotilde, sulla fregata Principe Umberto e sulle corazzate Formidabile e Ancona. Nel 1869 diede le dimissioni: il motivo di tale decisione era da ricercarsi nel fatto che d’Albertis, uomo d’azione, male si adattava alla routine militare del tempo di pace e desiderava dedicarsi a viaggi, esplorazioni e campagne scientifiche. L’anno successivo entrò nella Marina Mercantile e si imbarcò come secondo ufficiale sul tre alberi Emma D fino al 1871, quando assunse il comando della nave mista (vela e vapore) Emilia, diretta alle Indie. Per la cronaca, essa fu la prima nave mercantile italiana a percorrere il Canale di Suez. Rientrato in Italia e deciso a proseguire la sua vita di mare come skipper di un proprio yacht, prese contatti a Sampierdarena con il costruttore Luigi Oneto, noto per avere progettato e
Il comandante Enrico d’Albertis nelle vesti, a lui peraltro consone, di esploratore
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Una rara immagine del Corsaro in un momento di calma, durante una navigazione sotto i tropici
costruito nel suo cantiere, nel 1870, il primo yacht di produzione nazionale: un cutter lungo 6 metri battezzato Black Tulip, commissionatogli dal console inglese a Genova, Yeats Brown. Proprio da Oneto, nel 1874, D’Albertis fece progettare lo yacht Violante, lungo 11,30 metri, da 12,5 tonnellate, varato il 23 febbraio 1875, con il quale dette inizio alla sua attività di yachtsman effettuando crociere in Asia Minore, in Tunisia, e in molte altre zone del Mediterraneo. Le dimensioni dell’imbarcazione finirono presto per non essere sufficienti alle esigenze del suo armatore il quale, considerato il successo delle crociere in Mediterraneo, anelava a spingersi in acque atlantiche. Venduto il Violante al marchese Cesare Imperiale di S.Angelo, d’Albertis commissionò, sempre allo stesso progettista, il Corsaro, da costruire nel cantiere Brasco di Sestri Ponente, dove il veliero fu varato l’8 marzo 1882. Lungo 25,20 metri e largo al massimo 4,88, misurava una stazza di 50 tonnellate. Armato a yawl, portava una randa di maestra di 160 metri quadrati con una controranda di 8o, una randa di mezzana di 45 ed una serie di tre fiocchi con una superficie velica complessiva di 495 m²; imbarcava un equipaggio di sette persone. La vita operativa del Corsaro fu intensissima, con viaggi “di diletto e di studio” alle Azzorre, a Madera, alle Canarie; tra l’altro, partecipò, unica unità italiana, all’inaugurazione del canale di Kiel (1895). Memorabile è stata la trasferta negli Stati Uniti, che nel 1893 invitarono
tutte le nazioni a partecipare all’Esposizione Universale di Chicago, dedicata alla celebrazione del quarto centenario della scoperta colombiana. D’Albertis decise di aderire a titolo personale all’iniziativa e di raggiungere il Nuovo Continente con il Corsaro, mantenendosi quanto più possibile sulla rotta di Colombo ed impiegando strumenti di navigazione simili a quelli da lui usati. Salpato da Cadice il 22 giugno, approdò a San Salvador il 30 luglio 1893, per raggiungere successivamente New York, e quindi proseguire in ferrovia alla volta di Chicago. In quel periodo a New York era presente una Divisione italiana di navi scuola costituita dalla fregata Vittorio Emanuele e dalle corvette Flavio Gioia e Amerigo Vespucci, al comando del contrammiraglio Morin, il quale acconsentì di accelerare il rientro del Corsaro in Italia, facendolo rimorchiare del Flavio Gioia. La partenza avvenne il 24 agosto già in condizioni meteomarine nettamente sfavorevoli, con la previsione di un uragano proveniente dal Golfo del Messico che nelle settimane successive avrebbe flagellato il Nord Atlantico. La situazione peggiorò dopo qualche giorno di navigazione, a tal punto che il Flavio Gioia fu costretto a mollare il rimorchio e ad abbandonare il veliero al suo destino. A bordo del Corsaro furono prese tutte le misure necessarie per sostenere un tempo così duro: tra l’altro l’alberetto venne sghindato e calato, mentre il bompresso fu rientrato. In tale assetto il veliero procedette con le vele di cappa per due settimane, mentre i marosi spazzavano la coperta provocando gravi danni. Riuscirono anche a mettere fuori uso la bussola principale, tanto che si fu costretti a ricorrere a quella d’emergenza prelevata dalla lancia di salvataggio. Soltanto a partire dalla metà di settembre le condizioni del tempo cominciarono a migliorare e così a mezzogiorno del giorno 26, Punta di Sagres venne avvistata a nord est a 15 miglia di distanza. Così il Corsaro si ricongiunse alle due corvette Flavio Gioia e Vespucci, giunte due giorni prima, i cui equipaggi salutarono con fragorosi “hurrah” il piccolo veliero ed il suo coraggioso equipaggio, mentre il Vittorio Emanuele, che aveva cercato ridosso a Tangeri, li avrebbe raggiunti il giorno successivo.
Il Castello d’Albertis sulla collina di Montegalletto, nei pressi di Genova, donato al Comune e trasformato nel Museo delle Culture del Mondo
Un po’ di humour Anche se d’Albertis è stato un attento viaggiatore, un intraprendente esploratore in vari territori africani, un fertile scrittore di libri di viaggio e di ricerca scientifica ed anche un prolifico progettista di ben 106 meridiane murali, il suo nome è stato consegnato alla storia delle marineria italiana come “pioniere della nautica”. A pieno titolo, se già nel 1875 scriveva: “La navigazione da diporto, la quale già offre sì nobili e varie soddisfazioni ai suoi cultori sia col farli assistere ai più solenni spettacoli della natura sia con far loro provare le intime compiacenze riservate a chi osa affrontare e vincere il più difficile degli elementi può e deve trovare nuovi allori nel campo delle conquiste scientifiche.” Sia pure sfrondata dall’enfasi e dal trionfalismo caratteristici della prosa dell’epoca, costituisce una valida testimonianza del suo entusiasmo nei confronti dell’“andar per mare per diletto”. Un entusiasmo per la verità non condiviso da tutti i diportisti, tanto che proprio in Inghilterra, con il tradizionale sense of humour britannico, lo yachting è stato maliziosamente definito, come the most expensive way to live uncomfortably, cioè ”il sistema più costoso per vivere scomodamente”. maggio-giugno 2016
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Vettovaglie e razione di Ciro Paoletti
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Argomento eterno; sappiamo cosa mangiavano gli egiziani, i romani, la Guardia Imperiale di Napoleone, e i GI americani in Vietnam Ma i marinai? Siamo sicuri di saperne abbastanza?
ietro Micca, il soldato minatore che morì nel 1706 nell’assedio di Torino, facendosi saltare per aria con una mina di sbarramento per impedire che gli assedianti francesi dilagassero nella galleria alla quale era di guardia con un collega, accorgendosi che questo perdeva troppo tempo ad accorciare la miccia (con una miccia lunga, i nemici sarebbero certamente entrati), lo spinse via dicendogli, in piemontese:”Ausste ch’it ses pì long ëd na giornà sensa pan”(Alzati, che sei più lungo di una giornata senza pane). Lunghi dialoghi con lo stomaco vuoto glie lo dovevano avere insegnato: se non si mangia non si vive e non si combatte; a maggior ragione il detto popolare doveva valere per i marinai, perché, come è noto dall’antichità, “ppe mmare nun ce stanne taverne”. E se una delle funzioni principali del marinaio era quella di nutrirsi, una di quelle principali delle Marine era di fornirgli il cibo. Quale e quanto? Nel corso dei secoli non vi fu una gran varietà. Caso mai fu tra marinai militari, mercantili e pescherecci che si avvertì di più la differenza. I primi dovevano avere, in teoria, delle razioni ben pesate e complete, gli ultimi integravano
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le loro con quanto pescavano e, sempre in teoria, i marinai dei mercantili erano quelli che stavano peggio. Nella realtà le cose erano diverse. Quale più quale meno, tutte le marine militari fino alla fine delle guerre napoleoniche trattavano maluccio i loro equipaggi. Complice la difficoltà di conservare i cibi, i marinai, che già non se la passavano bene, erano pure malnutriti, quantomeno se impegnati in lunghe crociere. Carne salata, biscotto e acqua erano le tre componenti fondamentali della razione, accompagnate da sale per condire e legna per cucinare. Il resto era un di più, quasi un lusso.
Conservazione La conservazione delle vettovaglie era il problema principale, degno dell’attenzione del capitano e del medico capo di bordo. Non bastava imbarcarne di buone – si diceva – ma era indispensabile conservarle bene durante la navigazione. La ragioni del deperimento erano due e si sapeva bene: l’umidità e gli attacchi dei ratti e dei topi. L’umidità nelle parti basse della nave dipendeva dalla scarsa o nulla ventilazione. Il biscotto, la farina, i formaggi e i salumi am-
muffivano. Il sapore si alterava. Poi comparivano i vermi e non c’era più nulla da fare. I grani del caffè si gonfiavano e perdevano l’aroma. Lo zucchero acquistava un odore e un sapore disgustosi. Sommandoci i danni di topi, ratti, punteruoli e scarafaggi, non restava molto, anzi, a volte non restava proprio niente. L’ a m m i r a g l i o francese Lugeol nella prima metà dell’Ottocento aveva studiato il problema e trovato una soluzio- L’immagine di questa galea genovese, accuratamente ricostruita e conservata presso il Museo del Mare ne: ventilare, ave- Galata di Genova, ci nostra quanto esiguo fosse le spazio a bordo di questa unità; in apertura, un cuoco va fatto eliminare di bordo da una stampa britannica della fine del ‘700 tutte le paratie piene e i tramezzi di stiva nelle parti basse Acqua della nave, sostituendovi dei compartimenti La scorta d’acqua dolce era tenuta a bordo in fatti di paretine di legno distanti fra di loro da barili di castagno, messi nella stiva fino a tre cinque a sei centimetri ed attraversate da piani sovrapposti. Purtroppo il contatto fra asticelle di ferro battuto. Così i diversi depositi erano separati gli uni dagli altri, ma l’aria, spintavi dalle maniche di ventilazione, circolava liberamente da prora a poppa per tutta la stiva. L’altro vantaggio di questo sistema consisteva nel rendere accessibili ai gatti tutti i locali, per cui la caccia ai sorci era facilitata. Da allora le cose cambiarono, anche se lentamente, e i “consumi della dispensa” vennero fatti sempre meglio e con crescente soddisfazione degli equipaggi. Il “nome collettivo di quanto è necessario ad alimentare gli equipaggi delle navi da guerra e che imbarca sulle medesime come provvisione” era quello di “vettovaglie”, anzi “vittovaglie”, che venivano somministrate in razioni, termine esistente nella marineria italiana almeno fin dal XVI secolo, le principali delle quali erano Questa volta vediamo, dalla stessa ricostruzione della foto precedente, come fosse ridotto ancor più ai minimi termini, lo acqua e biscotto. spazio disponibile sottocoperta in una galea
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l’acqua e il legno provocava il deposito dell’acido solfidrico sul fondo delle botti, che ingialliva l’acqua, la faceva puzzare e infine riempire di tanti vermiciattoli, per cui la si poteva bere solo dopo averla filtrata, di solito attraverso il carbone. Mantenerla potabile non era facile. Gli Inglesi. al principio del’800, trovarono una soluzione adottando le casse metalliche. La loro capacità era da una fino a quattro tonnellate d’acqua e nell’insieme consentivano fino a sei mesi d’autonomia. Erano imbiancate a calce all’interno, come prevenzione contro i microrganismi, e ripassate al minio all’esterno contro l’ossidazione. Venivano messe nella stiva, al di sopra della zavorra e, quando serviva l’acqua, vi si inseriva un tubo collegato a una pompa. La scorta d’acqua si faceva a terra. I porti avevano sempre una fontana, a cui una comandata di marinai adattava un tubo di tela catramata o, in seguito, di gomma. Se le fontane non c’erano o erano troppo lontane, una lancia rimorchiava sottobordo una cisterna galleggiante a cui si collegava la manichetta e si faceva rifornimento.
Biscotto e Galletta La base dell’alimentazione dei marinai era il biscotto, che era semplicemente un pane non lievitato fatto in focaccine e bucherellato nel mezzo. Lo si cuoceva fino a farlo diventare durissimo e andava pure sotto il nome di galletta. Se la farina di cui era fatto veniva da grano di buona qualità e se la cottura era stata perfetta e se il biscotto dopo sfornato veniva riposto in
Le gallette, eterne compagne di marinai, soldati viaggiatori; appena sfornate, come vediamo, hanno un bell’aspetto e una discreta commestibilità; provate a ripassare fra quattro mesi
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La carne secca, quasi inscindibile compagna della galletta. Che sia di manzo, bue, somaro, capra o maiale non ha importanza; in molte marinerie rappresenterà per secoli la maggior risorsa proteica dei marinai, assieme a legumi secchi avariati e infestati di insetti e parassiti,
un luogo interamente asciutto, si poteva conservare anche per dei mesi. Gli unici che avessero mai saputo prepararlo così da farlo durare degli anni erano i Veneziani. Lo dimostrò il fatto che il biscotto veneziano, trovato a Creta nel 1897 in casse risalenti alla Guerra di Candia del 1644-1669, era ancora mangiabilissimo. Purtroppo. il segreto era scomparso con la Serenissima Repubblica e da allora non si era trovato più nessuno capace di fare altrettanto. Comunque, ammettendo che tutti e tre i “se” fossero stati rispettati, i marinai potevano avere il loro biscotto, o galletta, ben conservato e mangiabile. Era buono? Non proprio, no: era soprattutto sciapo. Dura, non cattiva ma neanche spettacolarmente buona, passata in proverbio come sinonimo di vita dura e alimentazione spartana, la galletta era un buon succedaneo del pane fresco, ma certo non lo sostituiva. Per fare un esempio terrestre, nel corso della Grande Guerra il Regio Esercito Italiano ne avrebbe consumate oltre 97.000 tonnellate, pari a più di 240 milioni di razioni, ma ciò non vuol dire che i soldati ne andassero pazzi, anzi. Per farla, nella prima metà del Novecento si adoperava farina abburattata al 22%, anziché al 20 come per il pane, eliminando il 2% di crusca. Essendo quest’ultima igroscopica, cioè assorbendo l’acqua, meno ce n’era, più a lungo si conservava il prodotto. Per essere precisi, adoperando il grani nordamericani Manitoba 2 o Hartwinter, dopo le Sanzioni del 1935-36 sostituiti dal grano “Ardito”, con una resa del-
Con il cambiare dei tempi si iniziò a pensare maggiormente, se non al benessere, alla sopravvivenza dei marinai. Nell’immagine, nella stiva di un vascello britannico si prepara la piattaforma ignifuga che permetterà l’installazione di una stufa da cucina
l’impasto di un quintale di galletta per ogni quintale di farina, si producevano due tipi: uno conservabile un anno intero, l’altro sei mesi. Il primo era senza sale – altro elemento igroscopico e quindi generatore d’umidità nell’impasto – e senza lievito che potesse originare fermentazioni, però ne veniva fuori una cosa bianca, dura, piatta e insipida, ben poco gradita al consumatore. L’altro tipo – quello da sei mesi – aveva una piccola quantità sia di sale che di lievito, perciò era meno duro e un po’ più saporito rispetto al primo; certo non parliamo di piatti da ristorante di prima categoria e nemmeno di cracker. Chi ha fatto il militare dovrebbe ricordarsi il “biscotto salato” delle Forze Armate: bene, quello, in confronto all’antica galletta, era un prodotto saporito. Poiché era assai probabile che non fosse stata buona la farina dell’impasto, o non ottimale la cottura, o non ideali le condizioni di conservazione, la galletta – o biscotto – andava soggetta ad avarie che la rendevano nauseante
e dannosa per la salute, come sottolineavano gli autori ottocenteschi: “Tra le avarie cui può soggiacere il biscotto ce ne hanno talune riparabili, ed altre irreparabili. Così quando esso è inverminato vi si rimedia rimettendolo al forno, il cui calore distrugge non solo i vermini, ma quanti altri insetti alati vi si producessero.” Pericoloso non era. La cottura in forno eliminava ogni batterio e ciò che restava era mangiabilissimo. Come mi disse un medico tedesco un giorno che ritenevo d’aver mangiato una mosca “es ist auch Fleisch” - è carne anche quella. Sopravvissi e non era cotta come i vermetti della farina. L’ammuffimento invece non lasciava possibilità. La galletta si buttava. A differenza di altre, la Regia Marina non usava il biscotto azzimo, ma la galletta un po’ lievitata. che riusciva di miglior gusto – o meglio, che risultava avere un vago sapore – ma che era più facile a guastarsi durante le lunghe navigazioni. Nei tempi più antichi il pane – o in sua assenza il biscotto – era stato sempre accumulato sotto maggio-giugno 2016
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coperta, senza curarsi né dei topi né dell’umidità, coll’ovvio inconveniente di vederlo guastare dall’una e dagli altri in tempi brevi e con danni e fastidi considerevoli. Fra i fastidi uno dei maggiori era la puzza. L’introduzione delle casse di ferro per l’acqua fu d’aiuto. Riducendo lo spazio necessario alla conservazione dell’acqua dolce, consentì d’abbassare la stiva, permettendo di spostare la dispensa più verso l’alto e prora, così da ventilarla meglio. Poi si ebbe il progresso delle casse metalliche per il biscotto. Comparse nell’Ottocento, cominciarono ad essere metalliche a metà del secolo. La marina francese di Napoleone III introdusse della casse di lamiera foderate di zinco, coll’ottimo risultato di proteggere il contenuto dall’umidità e dai sorci. Le casse erano traforate e si cercava di provvedere a un minimo di ventilazione artificiale nel deposito come misura contro l’umidità. Il risultato fu una nettissima diminuzione dei danni al biscotto e un’aria molto più respirabile. Per maggior precauzione, il carico del biscotto veniva fatto con tempo asciutto e dopo aver asciugato per bene col fuoco il deposito di bordo, cosa evidentemente facile a farsi in Mediterraneo, ma certo non negli umidissimi e piovosi porti inglesi o nel Mare del Nord. Casse e scatole metalliche erano adoperate pure per altre vettovaglie, inclusi i legumi. Nel 1810 il francese Appert aveva scoperto il modo di conservare i cibi sotto vetro. Lo stesso anno
l’inglese Durand aveva iniziato a conservarli in scatole di stagno. La sperimentazione e il progresso industriale fecero il resto, cosicché all’epoca della Guerra di Crimea le vivande cotte e chiuse in scatole di latta saldate ermeticamente erano già largamente disponibili su tutte le navi. Duravano anni e bastava riscaldarle un po’ prima d’aprirle con un coltello per migliorare la mensa in maniera inimmaginabile fino a poco tempo prima.
Questa è la stufa con forno originale e tuttora visibile a bordo della HMS Victory, conservata con il vascello nel suo invaso di Portsmouth, nei pressi di Londra
Ed ecco, sul tavolo di un rancio appositamente apparecchiato gli alimenti del giorno, vi si vede della carme di maiale salata, dell’altra affumicata, del formaggio, ma anche un barattolo di latte condensato e una bottiglietta di succo di crauti.
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Razione Mentre gli ufficiali avevano l’equivalente della loro razione pagato in denaro, che poi versavano al capo-mensa, il quale provvedeva agli acquisti, l’equipaggio riceveva la propria in natura, fermo restando che, se voleva, il marinaio poteva convertirne una parte in denaro sonante. Normalmente, tutte le Marine avevano due razioni: in mare e in porto e, nelle Nazioni cattoliche, ve n’era pure una per i giorni di magro, cioè di digiuno o astinenza dalle carne, e un’altra per quelli di grasso. Senza andare troppo per le lunghe, ne riporto qui cinque giornaliere: quelle di porto e di mare britanniche e francesi (queste ultime “di grasso”) e quella italiana, tutte della prima metà degli anni ’60 del XIX Secolo. RAZIONE INGLESE IN PORTO
RAZIONE FRANCESE IN PORTO (NEI GIORNI DI GRASSO)
Carne fresca di manzo o di maiale
Libbre
1¼
Vegetali
Libbre
½
Carne fresca di manzo o di maiale
Grammi 250
Pane fresco
Libbre
1
Riso
Grammi
Birra
Gallone
1
Pane fresco
Grammi 750
Rhum
Pinta
¼
Cacao
Once
1
Formaggio
Grammi 120
Tè
Once
¼
Vino
Millilitri
69
Zucchero
Once
1,3
Acquavite
Millilitri
18
Sale
Once
¼
Sale
Grammi
18
Carbone fossile
Kg
½
Legna
Kg
1
RAZIONE INGLESE IN MARE Carne salata di manzo o di maiale
Libbre
¾
Fiore o piselli secchi
Pinte
½
RAZIONE FRANCESE IN MARE
Biscotto
Libbre
1
(NEI GIORNI DI GRASSO)
Rhum oppure vino
Pinte Pinte
¼ 1
Cacao
Once
1
Tè
Once
¼
Zucchero
Once
1½
Sale
Once
¼
una volta alla settimana anche
30
Carne salata di manzo
Grammi
250
Legumi secchi
Grammi
120
Biscotto
Grammi
550
Maiale salato
Grammi
120
Vino
Litri
1
Acquavite
millilitri
18
Aceto
Pinte
1
Olio
Millilitri
18
Farina d’orzo
Pinte
1/3
Sale
Once
¼
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Una foto ben più vicina ai nostri tempi ci mostra una tradizione che da secoli si mantiene tuttora intatta nella nostra Marina: l’assaggio del rancio. Nell’immagine, presumibilmente di poco precedente la guerra, l’ufficiale di ispezione assaggia il rancio dell’equipaggio prima che venga battuto il segnale della mensa. Da varie testimonianze, sappiamo che non furono rari i casi che, di fronte ad un pasto non ben preparato, venisse fatto tutto filare a mare e cucinato di nuovo.
RAZIONE ITALIANA TIPOLOGIA DEI COMMESTIBILI PANE
VIVERI LU, GIO, SA
MAR, MER, DO
VEN
Paneigio
grammi
900
Biscotto bianco
grammi
580
580
580
Vino nero
litri
1,3
¼
¼
Acquavite
litri
4/100
4/100
4/100
Caffè
grammi
15
15
15
Zucchero
grammi
25
25
25
Formaggio
grammi
50
50
50
Carne fresca
grammi
245
245
Pasta bianca
grammi
Riso
grammi
55
Legumi
grammi
Olio Sale Pepe
per 100 uomini
Aceto
30
85
85
50
-
160
grammi
-
-
35
grammi
10
10
20
grammi
20
millilitri
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Con questi alimenti si confezionava il seguente rancio, dando agli uomini il pane e il formaggio a parte: Lunedì: riso al brodo con verdura, carne lessa. Martedì: pasta asciutta, carne accomodata. Mercoledì: pasta in brodo con verdura; carne lessa. Giovedì: risotto, carne stufata. Venerdì: minestrone di pasta col pesto. Sabato: riso al brodo, carne lessa. Domenica; pasta asciutta, carne stufata. Un simile rancio al giorno d’oggi può sembrare di scarsa consistenza, e sopratutto monotono, ma nel 1861, all’indomani dell’Unità, quando molti riuscivano a malapena a procurarsi un solo pasto quotidiano, magari di pane secco e cipolle, questo era il Paese di Bengodi, o quasi. Perciò Verga non sbagliava a far ricordare con nostalgia a N’toni Malavoglia il periodo di leva trascorso in Marina: lì si mangiava, a casa no.
Acqua dolce dal mare di Franco Maria Puddu
“A
Dissetarsi con acqua “presa” dal mare? È possibile, anche senza fare ricorso a moderne apparecchiature industriali. Basta saper dove cercare
cqua, acqua ovunque, / e neanche una goccia da bere.”; con queste parole Samuel Taylor Coleridge, il grande poeta inglese vissuto a cavallo del 1800, fa esternare al protagonista della sua “Ballata del vecchio marinaio” il cruccio che lo porterà ad espiare in eterno l’uccisione di un albatros che era sceso sulla sua nave. Già in qualche altra occasione, abbiamo fatto menzione a questi versi, ma questa volta la memoria ci porta a loro per ricordarci che, almeno nell’ambito del nostro Mediterraneo, non è esattamente vero che sia impossibile dissetarci con l’acqua di mare; e senza far uso di dissalatori, beninteso. Non è infrequente, infatti, in aree costiere o comunque a non grande distanza dalla costa, incontrare specchi di mare calmi e cristallini nei quali l’acqua ribolle leggermente o, più spesso ancora, si allarga lentamente sulla superficie con lievi increspature, formanti cerchi concentrici fino a raggiungere un diametro di molti metri: in genere si tratta di sorgenti di acqua dolce.
Sorgenti non certo esigue se si tiene conto che quest’acqua, in superficie, è ancora potabile, che la profondità della bocca sorgiva a volte si trova a decine di metri di profondità e che la differenza di salinità delle due acque, marina e sorgiva, a volte notevole, è tutto sommato un fattore diluente. Ma anche di comprovata antichità, se consideriamo che Plinio il Vecchio, scrittore, ammiraglio e naturalista romano morto nel 79 d.C., ebbe a scrivere delle ostriche di Taranto (i romani erano ottimi soldati, provetti costruttori e grandi legislatori, ma anche gaudenti apprezzatori della gastronomia): “Et ostrea … gaudent dulcibus aquis et ubi plurium inflarunt amnes” (le ostriche … prosperano nelle acque dolci e dove confluiscono molte correnti), dimostrando così di conoscere l’esistenza dei citri, come vengono chiamate a Taranto le sorgenti di acqua dolce, tuttora esistenti, che affioravano all’interno del Mar Piccolo, nella città pugliese. Ma prima di proseguire nel nostro discorso, diamo un’occhiata ai luoghi nei quali è maggiormente avvertita la presenza di questo fenomeno, cominciando dalla Liguria. maggio-giugno 2016
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Agostino Fossati: “Polla d’acqua dolce a Ca Di Mare”, olio su tela; la polla si intravede, per i suoi cerchi concentrici, a destra della punta. In apertura, rappresentazione schematica della Polla di Rovereto, davanti a Punta Mortola, in Liguria. L’acqua dolce fuoriesce dalla sorgente subacquea, dilatandosi, fino ad emergere con un modesto “pennacchio”
La Polla di Rovereto A breve distanza dalla costa di Mortola, una serie di piccoli abitati che si incontrano inoltrandoci in territorio italiano provenendo dal suolo francese, in un’area geologicamente molto interessante, ricca di cavità e sede di civiltà autoctone sin dall’antichità (Balzi Rossi), troviamo, ad appena una chilometro circa dalla battigia, alcune sorgenti sottomarine, emergenti ad una profondità che varia dai 10 ai 39 m, la più grande delle quali fu detta Polla di Rovereto perché nel 1938, il geologo ligure Gaetano Rovereto fu il primo studioso che si interessò a lei in età moderna, definendola “Polla grandiosa, ignota alla scienza, nemmeno segnalata sulle carte … un ribollimento di acque, con ampie ondate circolari “calcolandone la posizione a circa 300 metri dalla costa (sbagliando di circa 700), 19 di profondità e una portata di circa 1 metro cubo al secondo. Studi e ricerche più recenti hanno portato ad apprezzare l’entità e la costanza della fuoruscita d’acqua dolce, che probabilmente ha origine carsica a che proviene dal monte Grammondo, di 1.200 metri di altezza, posto in territorio
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italiano, dal quale discente tramite grotte sotterranee per poi emergere davanti a Mortola. Fu probabilmente la fonte di approvvigionamento idrico delle tribù della cultura dei Balzi Rossi, anche se non sappiamo se da bocche terrestri (più probabili) o marine, mentre lo è ancora per i pescatori e naviganti mortolesi che, passando nelle sue vicinanze, non si creano problema a sostare nel centro della bolla emergente, per rifornirsi di ottima acqua dolce.
“A funtana” di Cadimare Proseguendo, raggiungiamo il territorio spezzino dove a Cadimare, anticamente Ca da’ mare e oggi frazione di La Spezia, troviamo un’altra famosa polla, sulla quale, nel 1784, effettuò una serie di studi e ricerche il gesuita naturalista italiano Lazzaro Spallanzani. Della Polla di Cadimare, più prosaicamente definita “a funtana” dai pescatori locali, si interesserà Aleardo Aleardi, famoso poeta romantico, penalizzato però dalla leziosità dei suoi versi, che scrisse “Qual che rapito naviga / di Spezia la marina / ver l’onda cara a Venere / accanto ad una collina / se
Vademecum
per la nautica da diporto e per la pesca sportiva a cura del Comando Generale delle Capitanerie di Porto / Guardia Costiera
XXII EDIZIONE – 2016
Vademecum
per la nautica da diporto e per la pesca sportiva XXII EDIZIONE – 2016
LA NAVIGAZIONE DA DIPORTO Il codice della nautica da diporto, approvato con Decreto 29 luglio 2008 n. 146, e il relativo regolamento di attuazione hanno apportato numerose modifiche alla normativa della nautica. Ulteriori modifiche sono state introdotte con decreti e circolari. Con l’emanazione del regolamento, il quadro normativo della nautica è stato completato e la storica legge n. 50 del 1971, che diede origine ad un ordinamento autonomo della navigazione da diporto, è stata definitivamente soppressa. Per navigazione da diporto s’intende quella effettuata in acque marittime ed interne a scopo sportivo e ricreativo, senza fini di lucro. Per i medesimi scopi le unità possono essere utilizzate anche per finalità commerciale mediante contratti di locazione e noleggio, per l’insegnamento professionale della navigazione da diporto oppure come unità appoggio ai subacquei sportivi (diving). Le stesse unità possono essere impiegate in attività multiple ma queste devono comunque risultare annotate nella licenza di navigazione. Le unità impiegate a scopo commerciale per locazione o noleggio non possono essere utilizzate nel diporto “puro”. Qualora l’uso commerciale sia svolto con unità da diporto battenti bandiera di uno dei Paesi dell’Unione europea (o extraeuropei), l’esercente deve presentare all’Autorità marittima o della navigazione interna, con giurisdizione sul luogo in cui l’unità abitualmente staziona, una dichiarazione contenente le caratteristiche dell’unità, il titolo che attribuisce la disponibilità della stessa, nonché gli estremi della certificazione di sicurezza in possesso e della polizza assicurativa a garanzia delle persone imbarcate e di responsabilità civile verso terzi. Copia della dichiarazione, timbrata e vistata dalla predetta Autorità, deve essere mantenuta a bordo. Le più importanti novità del regolamento e delle disposizioni a questo correlate, hanno riguardato: a) i possessori di natanti hanno la facoltà di richiedere al Comando Generale delle Capitanerie di porto l’attribuzione di un numero di identificazione “SAR” ai fini della ricerca e soccorso in mare. La norma diventerà operativa non appena saranno emanate le relative direttive; b) gli apparecchi galleggianti (atolli), obbligatori quando la navigazione si svolge tra le sei e le dodici miglia dalla costa, a decorrere dal 1° gennaio 2009 devono essere sostituiti con una zattera di salvataggio autogonfiabile. Il Comando Generale delle Capitanerie di porto con decreto 2 marzo 2009 ha stabilito le caratteristiche tecniche delle nuove zattere; c) il codice della nautica aveva istituito la patente di categoria C per i disabili. Il regolamento detta le modalità per conseguire le relative abilitazioni; d) nelle more dell’introduzione della nuova modalità a quesiti predeterminati (quiz) degli esami per il rilascio delle patenti nautiche, l’accesso agli stessi può avvenire secondo le seguenti modalità: 1) per quanto riguarda gli Uffici provinciali della Motorizzazione, possono presentare istanza e sostenere i conseguenti esami i candidati residenti o domiciliati nella rispettiva provincia, oppure in una provincia confinante con la suddetta, ovvero in altra provincia ricompresa nella medesima regione della provincia di residenza o di domicilio del candidato; 2) per quanto riguarda gli Uffici Marittimi Periferici, possono presentare istanza e sostenere i conseguenti esami presso ciascuna Capitaneria di porto o Ufficio Circondariale Marittimo i candidati residenti o domiciliati in una delle province ricomprese nella giurisdizione territoriale della rispettiva Direzione Marittima, ovvero della Direzione Marittima con essa confinante. Quanto sopra ferma restando la deroga per i cittadini stranieri ed i cittadini italiani residenti all’estero che possono sostenere l’esame ovunque. e) l’insegnamento della tecnica della vela è riservato ad esperti velisti riconosciuti tali dalla F.I.V o dalla Lega Navale Italiana. Con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti verranno stabiliti i criteri per il riconoscimento delle nuove qualifiche professionali; f) nei casi di smarrimento del certificato d’uso del motore o della dichiarazione di potenza, qualora i soggetti commerciali, autorizzati al rilascio del duplicato della dichiarazione di potenza del motore, non siano più sul mercato o sia stato dichiarato il fallimento, il motore può essere sottoposto ad accertamento della potenza presso i centri prova autoveicoli del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ai fini del rilascio del relativo documento; g) diversamente dal passato, la fattura, autenticata e registrata, costituisce titolo di proprietà valido ai fini dell’iscrizione delle unità nei registri; h) i salvagenti omologati con la normativa EN (Europea) devono essere sostituiti con quelli omologati con le norme ISO (Internazionali). Per maggiori notizie si rinvia alla sezione “Cinture di salvataggio”.
Ulteriori novità che interessano il mondo della nautica 1) L’art. 3 del D.L. 13 maggio 2011, n° 70 ha esteso la normativa sulla nautica alle navi da diporto destinate esclusivamente al noleggio per finalità turistiche (Yacht in commercial use). 2) A norma del D.L. n. 1 del 24 gennaio 2012 (c.d. liberalizzazioni), le unità da diporto di bandiera extra-comunitaria possono essere impiegate in attività commerciale (locazione, noleggio, ecc.). 3) L’art. 6 del D. Lgs. n. 4/2012 prevede una modifica alla normativa sulla pesca sportiva rinviando ad un apposito regolamento (che sostituisce quello in vigore) che stabilirà i criteri e le modalità per l’esercizio dell’attività di pesca sportiva. Allegato a LEGA NAVALE maggio-giugno 2016
III
4) Con D.L. 26.04.2013, n°43 è stato aumentato il costo delle marche da bollo che passa ad Euro 16,00. 5) Con Decreto 3 giugno 2014, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha parzialmente modificato la previgente disciplina inerente le procedure per l’individuazione degli Enti e delle Associazioni nautiche di livello nazionale, individuando i nuovi parametri di effettuazione dell’attività di vigilanza sugli stessi. 6) L’art. 49 bis del codice della nautica, per incentivare il turismo nautico, prevede che il titolare persona fisica (o società non avente come oggetto sociale il noleggio o la locazione), ovvero l’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria, di imbarcazioni e navi da diporto può effettuare, in forma occasionale, attività di noleggio della predetta unità, senza che ciò costituisca uso commerciale della stessa. Il comando e la condotta dell’imbarcazione da diporto possono essere così assunti con il solo requisito del possesso della patente; nel caso di navi da diporto, in luogo della patente nautica, il conduttore deve essere, invece, munito di titolo professionale del diporto. Con una recente circolare, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si è espresso per un’interpretazione restrittiva dell’art. 49 bis, considerando l’applicabilità di detta disposizione normativa limitata alle sole imbarcazioni e navi da diporto battenti bandiera italiana. I proventi derivanti dall’attività di noleggio occasionale (di durata complessiva non superiore a 42 giorni) sono sottoposti, a richiesta del percipiente, ad un regime fiscale semplificato. Con Decreti interministeriali rispettivamente in data 26.02.2013 e 07.10.2014 sono state definite le modalità di comunicazione all’Agenzia delle Entrate ed alla Capitaneria di porto territorialmente competente, attraverso un modello in formato “pdf” reperibile sul sito istituzionale della Guardia Costiera (www.guardiacostiera.it). 7) Con D.M 10.09.2014 è stata confermata la tassa di ammissione agli esami per patenti nautiche (Euro 20 per le patenti di categoria A e C ed Euro 60 per le patenti di categoria B). 8) Con D.M. 03.10.2014 sono stati stabiliti i requisiti che devono possedere le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, nell’ambito di idonee strutture dedicate alla nautica.
Le novità per l’anno 2016 riguardano 1) Con la legge di stabilità 2016 (comma 366, articolo 1 della legge n. 208/2015) è stato abrogato il tributo precedentemente dovuto per il possesso di imbarcazioni e navi oltre i 14 metri di lunghezza. 2) Con D.M. 1 ottobre 2015, la tabella delle dotazioni minime dei medicinali da tenere a bordo delle imbarcazioni e delle navi da diporto è stata modificata. Per le unità da diporto impiegate come unità appoggio per le immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo valgono le indicazioni dell’art. 90 del regolamento al codice del diporto. 3) Con Decreto 15 dicembre 2015, n°225 è stata rinnovata la normativa inerente i libretti carburante per l’impiego dei prodotti energetici (gasolio e benzina) e degli oli lubrificanti nelle imbarcazioni in navigazione nelle acque marine comunitarie e nelle acque interne. Sono esclusi dall’esenzione fiscale/tributaria i prodotti energetici utilizzati dalle imbarcazioni private da diporto, fatti salvi i rifornimenti alle unità adibite ad uso esclusivamente commerciale (noleggio). 4) In conformità alla Direttiva 2013\53|UE del 20.11.2013, con D. Lgs. 11 gennaio 2016, n°5 sono stati stabiliti i requisiti per la progettazione e la fabbricazione delle unità da diporto e delle moto d’acqua, abrogando la precedente Direttiva 94/25/CE. La nuova norma, che riguarda anche i motori di propulsione, si applica a tutte le unità da diporto fino a 24 mt.. 5) Con apposita Circolare del 15 luglio 2015, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha chiarito come il Decreto 2 marzo 2012 “Clini-Passera” (che vieta alle navi di passare a meno di due miglia di distanza da aree marine protette ponendo anche limiti per la navigazione all’interno delle stesse) non si applica alle unità da diporto. 6) Conformemente alla legge 7 ottobre 2015, n° 167 ed entro il mese di novembre 2017, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi di revisione ed integrazione del vigente codice del diporto per la disciplina delle seguenti materie: - regime amministrativo e navigazione delle unità da diporto; - attività di controllo in materia di sicurezza della navigazione da diporto e di prevenzione degli incidenti in prossimità della costa; - revisione della disciplina sanzionatoria, al fine di garantire l’effettività degli istituti a tal fine previsti; - aggiornamento dei requisiti psicofisici necessari per il conseguimento della patente nautica; - procedure per l’approvazione e l’installazione di sistemi di alimentazione a GPL, metano ed elettrici su unità da diporto e relativi motori di propulsione, di nuova costruzione o già immessi sul mercato. 7) Con Decreto 23 marzo 2016, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, nelle more dell’adozione del Decreto recante le modalità di esercizio della pesca per fini ricreativi, turistici o sportivi, ha disposto la proroga al 31 dicembre 2016 della validità delle comunicazioni effettuate ai sensi del Decreto ministeriale 6 dicembre 2010 ed inerenti la “rilevazione della consistenza della pesca sportiva e ricreativa in mare”.
QUALI SONO LE UNITÀ DA DIPORTO A seconda della lunghezza fuoritutto, le unità da diporto si suddividono in tre categorie: natanti, imbarcazioni e navi. La lunghezza dei natanti a motore è stata portata a mt. 10, in analogia a quelli a vela, con o senza motore. Sono definiti natanti: 1) le unità a remi; 2) le unità di lunghezza pari o inferiore a mt. 10 (a vela e a motore) misurata secondo gli standard armonizzati. L’immatricolazione di queste unità è facoltativa, ma se iscritte nei registri assumono il regime giuridico delle imbarcazioni (iscrizione, passaggi di proprietà, visite periodiche, ecc.). Sono definite imbarcazioni le unità di lunghezza superiore a mt. 10 e fino a mt. 24, misurata secondo gli standard armonizzati. Esse sono iscritte nei registri e, in relazione alla categoria di progettazione, sono abilitate alla navigazione e munite della relativa licenza e del certificato di sicurezza. Sono definite navi le unità di lunghezza superiore a mt. 24, misurata secondo gli standard armonizzati. Esse sono iscritte nei registri, tenuti dalle Capitanerie di porto, munite della licenza per la navigazione e del certificato di sicurezza.
IV
Allegato a LEGA NAVALE maggio-giugno 2016
Nota: Le navi e le imbarcazioni da diporto (ma non i natanti) hanno l’obbligo di esporre la bandiera di nazionalità. I pubblici registri in cui sono iscritte le imbarcazioni da diporto sono tenuti dalle Capitanerie, dagli Uffici Circondariali Marittimi e da tutti gli Uffici provinciali (ex MCTC). I registri già tenuti dagli uffici marittimi minori (Locamare e Delemare) sono stati, come noto, accentrati presso la Compamare o il Circomare da cui dipendono. Per coloro che hanno iscritte le unità presso gli uffici minori non vi sono formalità amministrative da svolgere e pertanto potranno continuare a navigare con la stessa licenza di navigazione e relativi segni di individuazione (n° e sigla). In relazione alla costruzione, le imbarcazioni ed i natanti da diporto si suddividono in due grandi categorie: unità con marchio “CE”, soggette alla normativa comunitaria di cui alla direttiva 2013/53/UE (ovvero alle precedenti direttive 94/25/CE sulla commercializzazione delle unità da diporto e 2003/44/CE in materia di gas di scarico e emissioni acustiche) - norme queste assorbite dal codice della nautica da diporto - e unità senza marchio “CE” che continuano ad essere assoggettate alla vecchia normativa della legge n.50/71 (soppressa) ma ripresa in parte dal codice della nautica.
ATTENTI AI LIMITI DI NAVIGAZIONE Unità senza Marcatura “CE” Fino al 16.6.1998, le unità da diporto (natanti e imbarcazioni) sono state costruite e abilitate alla navigazione (entro sei miglia e senza alcun limite), sulla base dei criteri stabiliti dalla legge n. 50/71 e successive modificazioni. Per queste unità, poste sul mercato prima di tale data, non cambia nulla e continuano a rimanere abilitate alla navigazione entro sei miglia e senza alcun limite, con l’unica deroga per quei natanti riconosciuti idonei a navigare fino a 12 miglia dalla costa a cura di un organismo tecnico notificato/autorizzato. Attenzione: Una direttiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti prevede che, nel caso di sostituzione del motore con altro di maggiore potenza, indicata nel certificato di omologazione (per le unità omologate) ovvero quella riportata nella licenza di navigazione (per quelle non omologate), è necessario adeguare le parti interessate dalla rimotorizzazione ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa comunitaria per le unità “CE”. In tale ipotesi o il nuovo motore ha la stessa potenza (o inferiore) a quello vecchio da sostituire, ovvero è opportuno prendere contatti con un organismo notificato (o affidato) per una valutazione preventiva delle verifiche da eseguirsi ai fini del mantenimento dei requisiti essenziali di sicurezza. Nota: Le imbarcazioni, che sono munite di licenza di navigazione, possono uscire e rientrare tranquillamente sia nei Paesi dell’U.E. sia in quelli extracomunitari. I natanti che durante le vacanze vengono portati fuori dei Paesi comunitari, non essendo prevista per essi alcuna certificazione o documento che li riconducano al Paese di bandiera, rischiano di non poter rientrare perché senza marchio “CE”. A tale scopo, all’uscita dall’Italia, è opportuno chiedere all’ufficio doganale di certificare che il mezzo nautico si porta al seguito per turismo (con accurata descrizione delle caratteristiche tecniche costruttive anche del motore a bordo poiché il codice della nautica ha soppresso il certificato d’uso). In proposito, maggiori informazioni potranno essere reperite presso gli uffici dell’Agenzia delle Dogane. Le tensioni internazionali degli ultimi tempi hanno indotto i Paesi rivieraschi ad esercitare una maggiore attività di vigilanza lungo le coste e sul mare territoriale. In tale quadro, la Guardia di Finanza, per contrastare il traffico di valuta, può effettuare controlli in mare anche riferiti a movimenti di capitali dal territorio nazionale verso l’estero e dall’estero in direzione del nostro Paese. In proposito si accenna che per trasportare sulle unità da diporto somme d’importo superiore ai 10.000,00 Euro, per ogni persona a bordo, titoli e valori mobiliari in euro o in valuta estera, è necessario preventivamente dichiararne il controvalore all’Ufficio Italiano dei Cambi (U.I.C). Maggiori e più puntuali informazioni possono essere assunte presso i Comandi della Guardia di Finanza.
Unità con Marcatura “CE” Successivamente al 16 giugno 1998, con la piena entrata in vigore della normativa comunitaria (che a seguito dell’assorbimento chiameremo codice della nautica), le unità da diporto per essere commercializzate nell’ambito dei Paesi comunitari devono rispondere ai requisiti essenziali in materia di sicurezza, di salute, di protezione dell’ambiente e dei consumatori e riportare il marchio “CE”. Fino al 18 gennaio 2017 possono essere messi a disposizione sul mercato o messi in servizio i prodotti conformi alla normativa vigente alla data di entrata in vigore del D. Lgs. n° 5/2016 (ndr. 18 gennaio 2016). Possono, inoltre, essere messi a disposizione sul mercato o messi in servizio i motori di propulsione ad accensione comandata fuoribordo con potenza pari o inferiore a 15KW conformi ai limiti di emissione di gas di scarico della “fase I” del codice della nautica da diporto. Dopo il 18 gennaio 2017, si dovranno seguire i requisiti per la progettazione e la fabbricazione dei prodotti secondo quanto stabilito dal richiamato D. Lgs. N°5/2016. Il codice della nautica prevede quattro categorie di unità, distinte con le lettere “A”, “B”, “C” e “D”, progettate e costruite in funzione della forza del vento e dell’altezza significativa delle onde che l’unità può affrontare. Rientra nella responsabilità del comandante/conduttore utilizzare la barca nei limiti della categoria di progettazione assegnata dal costruttore, secondo le indicazioni riportate nel manuale del proprietario che accompagna la barca. Le categorie di progettazione sono: • categoria “A”: per navigazione con venti che possono superare forza 8 (scala Beaufort) e un’altezza d’onda significativa superiore a 4 mt. ad esclusione di circostanze anomale come tempeste, tempeste violente, uragani, tornado e condizioni estreme di navigabilità o onde anomale; • categoria “B”: per navigazione, con vento fino a forza 8, compreso, e onde di altezza significativa fino a 4 mt., compresi (mare agitato); • categoria “C”: per navigazione , con vento fino a forza 6, compreso, e onde di altezza significativa fino a 2 mt., compresi (mare molto mosso); • categoria “D”: per navigazione, con vento fino a forza 4, compreso, e altezza significativa delle onde fino a 0,3 mt., compresi, con onde occasionali di altezza massima pari a 0,5 mt.. La categoria di progettazione determina le condizioni meteo-marine entro le quali l’unità può navigare con sicurezza. Riassumendo, le imbarcazioni da diporto “CE” (per i natanti si veda di seguito), delle categorie “A”, “B”, “C” e “D”, possono navigare a qualsiasi distanza dalla costa ma devono rispettare le condizioni meteo-marine stabilite per ciascuna categoria di progettazione. Lo skipper potrà incontrare anche vento più forte e onde più alte, ma tutto è affidato al suo senso di responsabilità, alla sua esperienza e alle capacità marinaresche. La vigente normativa in materia di sicurezza è improntata alla responsabilizzazione del conduttore, nello spirito delle regole comunitarie e del codice della nautica, in materia di requisiti di sicurezza delle unità con marchio “CE”, ed alla loro idoneità a navigare in determinate condizioni di vento e di mare. Rientra nella responsabilità del conduttore verificare, altresì, che alla partenza sia presente a bordo personale qualificato sufficiente a formare l’equipaggio, in relazione alla navigazione da effettuare, alle condizioni meteo-marine, alla distanza dalla costa e dai porti sicuri. Allegato a LEGA NAVALE maggio-giugno 2016
V
Navigazione nelle acque interne Il codice della nautica, superando le incertezza del passato, impone ai proprietari di unità da diporto di lunghezza superiore a mt. 10, non iscritte o cancellate dai registri delle imbarcazioni da diporto, in quanto destinate alla sola navigazione nelle acque interne, di provvedere alla loro iscrizione entro 90 giorni dalla data di entrata del codice stesso, termine scaduto il 13 dicembre 2005. Coloro che non lo avessero ancora fatto possono procedere all’iscrizione ma sono soggetti alle sanzioni amministrative previste dal codice della nautica. La norma prevede che in mancanza del titolo di proprietà, può essere presentata una dichiarazione sostitutiva di atto notorio con sottoscrizione autenticata, comprensiva dell’attestazione che l’unità ha navigato esclusivamente in acque interne. Alla domanda d’iscrizione va allegata la documentazione tecnica (per le unità “CE”: dichiarazione di conformità e copia dell’attestazione “CE” del tipo [per le unità oltre i 12 m] o l’attestazione di idoneità [se l’unità è del tipo non-“CE”] rilasciata da un organismo notificato o autorizzato, nonché la dichiarazione di potenza dell’apparato motore [per i motori entro-fuoribordo]). Le unità già iscritte e poi cancellate dai registri delle imbarcazioni da diporto, possono essere nuovamente immatricolate presso il medesimo ufficio sulla base della documentazione di proprietà e tecnica agli atti. L’ufficio può disporre, a spese dell’interessato, una visita di ricognizione dell’unità da parte di un organismo tecnico. Al termine del procedimento viene rilasciata la licenza di navigazione e il certificato di sicurezza.
IL CERTIFICATO DI SICUREZZA Il regolamento di attuazione al codice della nautica, prevede che il certificato di sicurezza, rilasciato dall’Ufficio Marittimo di iscrizione all’atto della prima immatricolazione, alla scadenza della validità e previa visita periodica da parte di un organismo tecnico (notificato o autorizzato), si rinnova automaticamente per la durata di cinque anni, senza che l’utente debba presentarsi presso gli Uffici Marittimi o Provinciali della ex MCTC per l’annotazione degli estremi di idoneità sul certificato stesso. Ai fini degli accertamenti tecnici di idoneità, gli organismi notificati sono: il R.I.Na, l’Istituto Giordano di Bellaria, il D.N.V Italia, l’A.N.C.C.P. - (Agenzia Nazionale Certificazioni Componenti e Prodotti,) l’Udicer/Nautitest di Venezia, la Società Quality and Security di Salerno e l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza e Ente Navale Europeo ENAVE. Gli organismi autorizzati che possono effettuare le visite di sicurezza alle unità da diporto sono il Rina, l’American Bureau of Shipping, il registro francese Bureau Veritas e il Germanisher Lloyd. Il certificato di sicurezza ha una validità di 10 anni dall’immatricolazione, per le unità nuove, marcate “CE”, delle categorie “C” e “D” e per quelle costruite in base alla ex legge 50/1971, abilitate alla navigazione fino a 6 miglia dalla costa, mentre per le unità “CE”, delle categorie “A” e “B” e per quelle costruite con i criteri stabiliti dalla citata ex legge 50/1971, abilitate alla navigazione senza limite, la validità del certificato è invece di 8 anni dall’immatricolazione. Per entrambe le tipologie di unità le visite periodiche devono essere effettuate ogni 5 anni, salvo le visite occasionali, nei casi di sinistri, gravi avarie, cambio del motore, ecc.. Secondo le previsioni del regolamento, l’ufficio di iscrizione deve poi provvedere alla sostituzione del vecchio certificato di sicurezza con il nuovo modello regolamentare, ma la Direzione Generale per il Trasporto Marittimo, Lacuale e Fluviale, con circolare n. 4385 dell’11 marzo 2009, allo scopo di evitare sovraccarichi di lavoro agli uffici periferici e imposizioni di procedure complesse per gli utenti, ha disposto che il vecchio modello di certificato di sicurezza possa essere rinnovato, a seguito della visita periodica, alla scadenza prevista (otto o dieci anni in caso di primo rilascio, cinque anni in caso di rinnovo successivo al primo) una sola volta per ulteriori cinque anni, apponendovi la seguente dicitura: “A seguito della visita periodica effettuata all’unità nel porto di _______________________________ con esito ____________________________ si rilascia attestazione di idoneità n. _________________, ai sensi dell’art. 50, comma 5, del decreto ministeriale 29.7.2008, n. 146. Il presente certificatoè valido fino al __________________Luogo ____________________ li _______________ (Firma del rappresentante legale) Timbro Organismo Tecnico” Alla scadenza dell’ulteriore periodo di rinnovo, il certificato deve essere sostituito con il nuovo modello a cura dell’Ufficio di iscrizione. In tal caso, l’Autorità Marittima, della navigazione interna o consolare avente giurisdizione sul luogo in cui viene eseguita la visita, se non direttamente interessata, provvede a trasmettere all’Ufficio di iscrizione dell’unità l’attestazione di idoneità rilasciata dall’organismo tecnico, in originale unitamente a copia del certificato di sicurezza da sostituire, anticipando il tutto a mezzo fax o altri strumenti telematici di trasmissione, per velocizzare le procedure. Con circolare n°13029 del 14.07.2015, il Ministero, allo scopo di offrire un’ulteriore via di semplificazione all’utenza diportistica, ha consentito che, in caso di visita eseguita in luogo non rientrante nella giurisdizione dell’Ufficio di iscrizione dell’unità, in alternativa alla procedura poc’anzi descritta, possa rivolgere l’istanza di rilascio del nuovo certificato anche direttamente a detto Ufficio inviando la documentazione sopra richiamata. Si tenga presente che l’Autorità marittima o della navigazione interna, qualora ritenga che siano venute meno le condizioni che hanno consentito il rilascio del certificato di sicurezza, può disporre che l’unità sia sottoposta alla procedura di convalida. Attenzione: Secondo una recente direttiva ministeriale qualora la visita di rinnovo del certificato di sicurezza avvenga oltre il limite dei sei mesi dalla scadenza del medesimo, l’organismo tecnico contattato dovrà procedere ad una visita per la convalida effettuando tuttavia accertamenti più accurati come se si trattasse di una visita iniziale, segnalando la circostanza alla competente Autorità Marittima o della navigazione interna.
A QUALI DISTANZE DALLA COSTA POSSONO NAVIGARE I NATANTI Natanti senza “Marcatura CE” I natanti da diporto, costruiti in base alla vecchia legge 50/1971 (con esclusione di quelli da spiaggia denominati jole, pattini, sandolini, mosconi, pedalò e acquascooter, disciplinati dalle ordinanze locali, che comunque non possono navigare oltre un miglio dalla costa), possono navigare: • entro 6 miglia dalla costa: se prototipi; • entro 12 miglia dalla costa: se prodotti in serie e abilitati alla navigazione senza alcun limite. Tali unità devono essere muniti della certificazione di omologazione e della dichiarazione di conformità da tenere a bordo nel corso della navigazione. Le unità da diporto, iscritte nei registri e poi cancellate, abilitate alla navigazione senza limite possono navigare entro 12 miglia dalla costa, a condizione che siano munite dell’estratto del Registro delle Imbarcazioni da Diporto (R.I.D) dal quale si rilevano gli estremi dell’abilitazione. I singoli natanti (prototipo o di serie non omologata), per navigare a fino a 12 miglia devono essere riconosciuti idonei da un organismo notificato o autorizzato. Per ottenere la certificazione basta prendere contatti con un qualsiasi organismo tecnico ai fini della visita del natante e del rilascio dell’attestazione di idoneità (non è previsto che il documento debba essere vistato dall’Autorità marittima).
VI
Allegato a LEGA NAVALE maggio-giugno 2016
Gli acquascooter possono navigare fino ad un miglio dalla costa, ma per la loro condotta, senza tener conto della potenza del motore, è obbligatoria la patente nautica. Le modalità di circolazione di detti mezzi e le dotazioni di sicurezza da tenere a bordo, sono stabilite dalle ordinanze delle autorità marittime locali. Il regolamento al codice consente di utilizzare tali mezzi anche come tender a bordo ma in questo caso quando al largo, l’acquascooter (recante l’indicazione “tender to…”) può navigare fino alla distanza di un miglio dall’unità madre.
Natanti con “Marcatura CE” I natanti da diporto con marchio “CE”, a similitudine delle imbarcazioni, possono navigare, secondo la normativa sulla nautica, a qualsiasi distanza dalla costa nei limiti delle condizioni meteo-marine (di vento e di mare) stabilite per ciascuna categoria di progettazione. Sulla questione però bisogna fare alcune considerazioni di diritto internazionale. La Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare del 1982, recepita con legge n. 689/1994, prevede che per le unità in navigazione fuori delle acque territoriali deve esistere uno stretto legame nave/bandiera, secondo il principio del genuine link, comprovato dai documenti di bordo. I natanti, com’è noto, non sono iscritti nei registri e pertanto non sono muniti dei documenti che ne attestino la nazionalità. Nell’alto mare la polizia della navigazione è esercitata dalle navi militari degli Stati che hanno aderito alla convenzione e che, pertanto, possono procedere anche all’inchiesta di bandiera e al sequestro dei mezzi nautici, qualora ne ricorrano gli estremi. Non è superfluo quindi mettere sull’avviso i diportisti sui rischi che si possono correre quando la navigazione con un natante si svolge fuori delle acque territoriali (oltre le 12 miglia dalla costa ovvero dalla linea di base). Per questo motivo, i natanti seppur tecnicamente in grado di navigare oltre le 12 miglia, non possono, per ragioni di diritto internazionale, superare detto limite.
Navigazione con i natanti da diporto all’estero I natanti per recarsi all’estero non hanno bisogno di alcuna autorizzazione. Ma nei vari Paesi dell’Unione europea tali unità non hanno sempre lo stesso requisito della lunghezza. Anche i documenti di bordo sono diversi nei vari Paesi dell’U.E. poiché mancano regole comuni e ciò può creare qualche problema ai diportisti italiani che navigano all’estero, come già avvenuto nel passato con le autorità francesi. La questione, almeno per quanto riguarda quest’ultimo Paese, è superata poiché è intervenuto un accordo tra il Comando Generale delle Capitanerie di porto e l’Addetto Doganale dell’Ambasciata francese, il quale prevede che i natanti che navigano nelle acque francesi devono avere a bordo: a) la polizza di assicurazione dell’unità contenente il nome del suo proprietario; b) la fattura d’acquisto del natante, se disponibile; b) ove il mezzo nautico fosse utilizzato da un soggetto diverso dal proprietario o se la polizza assicurativa fosse intestata ad altro, è sufficiente un’attestazione a firma del proprietario (meglio se tradotta anche in lingua francese) o del titolare dell’assicurazione rilasciata alla persona che utilizza il natante. Ma se i problemi con la vicina Francia sono stati risolti, non si può dire altrettanto con gli altri Paesi che si affacciano sull’Adriatico o sul Mediterraneo, specie quelli della costa africana dai quali, data la situazione politica, meglio tenersi alla larga.
Navigazione negli specchi acquei sottocosta Con la riforma della nautica, la navigazione e le modalità di utilizzo dei piccoli natanti denominati jole, pattini, sandolini, mosconi, pedalò, tavole a vela e natanti a vela con superficie velica non superiore a 4 mt., nonché gli acquascooter e mezzi similari sono disciplinate, con ordinanza, dall’Autorità marittima. Anche l’uso dei natanti da diporto a fini di locazione o di noleggio per finalità ricreative o per usi turistici di carattere locale, nonché di appoggio alle immersioni subacquee a scopo sportivo o ricreativo è parimenti disciplinato con ordinanza della competente Autorità marittima. In navigazione in prossimità della costa è importante, quindi, attenersi alle vigenti ordinanze, anche di polizia marittima, visionabili tramite i siti internet delle Capitanerie di porto (www.guardiacostiera.it), nonché consultare i portolani editi dall’Istituto Idrografico della Marina Italiana. Con le ordinanze di sicurezza balneare (a cui è opportuno sempre di volta in volta riferirsi) si stabiliscono i limiti entro i quali la navigazione a motore è vietata, generalmente nella fascia dei 300-500 metri dalla costa (o altre distanze come nelle zone adriatiche), di solito tra le ore 08.30 e le 19.30 in cui, per ragioni di sicurezza dei bagnanti, si può navigare solo a remi. Attenzione: nella fascia costiera dei 1.000 metri la velocità delle unità non deve superare i 10 nodi, con scafo in dislocamento. La partenza e l’atterraggio sono consentiti, in genere (ma è sempre preferibile consultare l’ordinanza locale), alla seguenti condizioni: a) nei corridoi di atterraggio (in cui è vietata la balneazione). Il mezzo deve attraversare il corridoio a lento moto (la velocità, come all’interno dei porti, non deve superare i 3 nodi); b) nelle zone senza corridoi, non frequentate da bagnanti (indicate nelle ordinanze), bisogna procedere a lento moto, perpendicolarmente alla spiaggia, adottando tutte quelle precauzioni atte ad evitare incidenti. Le unità di lunghezza superiore ai 7 mt. quando sono alla fonda in periodo diurno, devono mostrare dove è meglio visibile un pallone nero di diametro adeguato.
DOCUMENTI DA TENERE A BORDO Sui natanti, oltre ai documenti di riconoscimento (è prudente averli a bordo), devono essere tenuti: - la dichiarazione di potenza del motore sia per il motore entrobordo che fuoribordo. Il certificato d’uso è stato soppresso dal codice, ma quelli rilasciati continuano ad avere validità. Nei casi di smarrimento sono riconosciuti validi, come documenti equipollenti, il certificato di omologazione e la dichiarazione di conformità e, per le unità cancellate dai registri, l’estratto del R.I.D dal quale risultino i dati tecnici del motore; - la polizza di assicurazione e contrassegno per il motore sia principale sia ausiliario, di qualsiasi potenza, con massimali di garanzia conformi a quanto previsto dal vigente Codice delle assicurazioni private. (L’esenzione fino a 3 CV fiscali è stata soppressa). L’obbligo assicurativo è esteso anche ai motori amovibili, di qualsiasi potenza, indipendentemente dall’unità a cui vengono applicati, risultando in tal caso assicurato il natante sul quale è di volta in volta collocato il motore. In proposito si accenna che, a seguito della legge di riforma della nautica n. 172 dell’8 luglio 2003, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 25902 del 19.11.2013, ha stabilito il principio secondo cui il danno cagionato da un conduttore di una unità da diporto ad un terzo trasportato a titolo di cortesia, va risarcito ai sensi dell’art. 2054 cod. civ., e non già dell’art. 414 cod. nav., (che impone al passeggero di provare che il danno dipende da dolo o colpa grave del vettore), accomunando così l’ambito applicativo del diritto, non più con riferimento al cod. nav., ma al codice della strada; Nota: Si tenga presente che l’obbligo di assicurazione incombe anche sulle unità immatricolate o registrate in Stati esteri, che circolino temporaneamente nel territorio o nelle acque territoriali della Repubblica; tale obbligo deve esser assolto per la durata della permanenza in Italia con le modalità indicate dal vigente Codice delle assicurazioni private di cui al D. Lgs. 7 settembre 2005, n°209. Allegato a LEGA NAVALE maggio-giugno 2016
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- la patente nautica in corso di validità, quando obbligatoria (non è soggetta ad alcun bollo annuale); - per i natanti omologati: il certificato di omologazione e la dichiarazione di conformità. Sul certificato è indicato il numero delle persone trasportabili, sempre più favorevole rispetto a quanto previsto dal regolamento al codice della nautica per le unità non omologate (3 persone fino a mt. 3,50, 4 persone fino a mt. 4,50, 5 fino a 6 mt., 6 fino a mt. 7,50, 7 fino a 8,50 mt. e 9 persone se di lunghezza superiore). Nel documento è, inoltre, indicata la potenza massima del motore installabile a bordo nonché l’abilitazione alla navigazione (per unità non -“CE”: entro 6 miglia o senza alcun limite). Nota: Quando a bordo sono trasportate attrezzature sportive subacquee, il numero delle persone trasportabili è ridotto in ragione di una persona ogni 75 kg. di materiale imbarcato. - Nel caso che a bordo vi sia un apparato radio VHF (è obbligatorio solo quando si naviga a distanza oltre le 6 miglia dalla costa) devono essere tenuti i seguenti documenti: a) certificato limitato di radiotelefonista: si consegue senza esame e non ha scadenza; b) licenza di esercizio RTF: è soggetta ad imposta di bollo ed ha durata decennale (la sua scadenza coincide con il 31 dicembre dell’ultimo anno di validità); si rammenta che per i natanti da diporto, non iscritti, la richiesta di licenza deve essere presentata all’Ispettorato territoriale del Ministero dello Sviluppo Economico avente giurisdizione sul luogo in cui il richiedente ha la propria residenza; c) copia dell’autocertificazione per l’assunzione di responsabilità, nel caso d’uso dell’apparato ai soli fini di emergenza e di sicurezza, oppure il contratto di utenza con una concessionaria (Telemar, I.T.S – Servizi Marittimi e Satellitari e Arimar). Nei casi di traffico di corrispondenza pubblica il codice impone il collaudo dell’apparato radio VHF installato a bordo. Nota: L’obbligo di avere a bordo il manuale del proprietario per le unità “CE” è stato soppresso.
Sulle imbarcazioni (“CE” e non “CE”), oltre ai documenti di riconoscimento, devono essere tenuti a bordo: - la licenza di navigazione con relativo certificato di sicurezza (di cui è sempre importante controllarne la scadenza); - la polizza di assicurazione dell’unità nonché dell’eventuale motore ausiliario e del tender, indipendentemente dalla potenza del motore (con massimali di garanzia conformi a quanto previsto dal vigente Codice delle assicurazioni private). Il relativo contrassegno non va più esposto ma va tenuto tra i documenti di bordo; - la dichiarazione di potenza del motore (per le unità munite di motore fuoribordo). Il certificato d’uso è stato soppresso ma quelli già rilasciati continuano ad essere validi. Nei casi di smarrimento vale quanto dianzi detto per i natanti; - la tabella delle deviazioni (obbligatoria per la navigazione oltre le sei miglia); - la patente nautica in corso di validità, quando obbligatoria, che può essere utilizzata nei limiti di distanza dalla costa autorizzata nella relativa abilitazione. Per l’apparato radio VHF (obbligatorio quando si naviga oltre sei miglia) vale quanto detto per i natanti, con la sola eccezione che la domanda deve essere presentata all’Ispettorato territoriale del Ministero dello Sviluppo Economico avente giurisdizione sul luogo in cui il richiedente ha la propria residenza per il tramite dell’ufficio di iscrizione dell’unità. Canone “Radio e TV Speciale” a bordo: le unità da diporto sono esenti dal pagamento del canone, però, se utilizzate per le attività commerciali il canone è invece dovuto. Per maggiori approfondimenti si rinvia al sito web www.abbonamenti.rai.it/Speciali/Speciali.aspx. Note: ecco alcune norme di rilievo pratico introdotte dal codice della nautica e dalle direttive di coordinamento: a) in caso di furto, il proprietario previa presentazione della denuncia e la restituzione della licenza di navigazione all’ufficio di iscrizione, può ottenere l’annotazione nel registro della perdita di possesso. Ove l’unità venga ritrovata per riacquistarne il possesso l’interessato deve richiedere una successiva annotazione all’ufficio di iscrizione che rilascia una nuova licenza di navigazione, previa visita occasionale per una ricognizione dell’unità; a) nei casi di passaggio di proprietà, è stato istituito lo strumento della “ricevuta” dell’avvenuta presentazione della documentazione che sostituisce a tutti gli effetti la licenza di navigazione, per la durata di gg. 20 (termine entro il quale la pratica deve essere portata a termine) consentendo al diportista di continuare a navigare nelle acque nazionali e secondo le direttive ministeriali anche in quelle straniere; a) la firma degli atti di compravendita, degli altri diritti reali di garanzia e la dichiarazione di nomina/revoca dell’armatore, secondo la normativa sulle liberalizzazioni delle professioni e le direttive ministeriali, può essere autenticata anche presso gli uffici comunali o gli Sportelli Telematici dell’Automobilista senza alcuna necessità dell’intervento del notaio; a) la pubblicità degli atti di compra-vendita è obbligatoria e va richiesta all’ufficio di iscrizione nel termine di 60 giorni dalla data dell’atto, pena il ritiro della licenza di navigazione e il pagamento di una sanzione che va da Euro 207,00 a 1.033,00 Euro. Nel caso di ritardo da parte degli uffici finanziari alla restituzione dell’atto registrato, la trascrizione nei registri può essere effettuata mediante la presentazione della ricevuta comprovante l’avvenuto pagamento dell’imposta di registro, salvo presentare successivamente il titolo registrato; a) se nel corso della navigazione o durante la sosta in porto si verifichino eventi straordinari relativi all’unità da diporto o alle persone ivi imbarcate, la denuncia va presentata all’Autorità marittima o consolare (se all’estero) entro tre giorni dall’approdo; se gli eventi abbiano coinvolto l’incolumità fisica delle persone il termine è ridotto a 24 ore; a) per la navigazione tra i porti nazionali i documenti di bordo possono essere tenuti in copia autenticata. In caso di furto o smarrimento si può navigare con la copia della denuncia resa, che costituisce autorizzazione provvisoria alla navigazione per la durata di 30 giorni, a condizione che il certificato di sicurezza e la polizza di assicurazione siano in corso di validità.
QUALI SONO I MEZZI E LE DOTAZIONI DI SICUREZZA Il regolamento al codice della nautica non ha sostanzialmente modificato le dotazioni di sicurezza che devono essere tenute a bordo delle unità da diporto. Si ricorda, come accennato all’inizio, che gli atolli a bordo vanno sostituiti. La tabella che segue stabilisce le dotazioni di sicurezza e i mezzi di salvataggio minimi obbligatori che devono essere tenuti a bordo dei natanti e delle imbarcazioni – con o senza Marchio “CE” – in relazione alla distanza dalla costa (per la navigazione marittima) o dalla riva (nelle acque interne) ed in base alla navigazione effettivamente svolta, fermo restando la responsabilità del conduttore di dotare l’unità di quegli ulteriori mezzi e attrezzature di sicurezza suggeriti dall’arte marinaresca, dalle condizioni meteo-marine e dal buon senso (come ad esempio: ancore, catene, scandaglio, mezzo di governo ausiliario, remi, gaffa, cavi, ecc.). Con le maggiori responsabilità attribuite dalla legge al diportista, si ricorda che la sicurezza della navigazione inizia in banchina, prima della partenza. Ecco le dotazioni di sicurezza da tenere a bordo nelle varie ipotesi di distanza dalla costa:
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TABELLA DELLE DOTAZIONI DI SICUREZZA DA TENERE A BORDO DELLE IMBARCAZIONI E DEI NATANTI DA DIPORTO IN RELAZIONE ALLA DISTANZA DALLA COSTA O DALLA RIVA A) dotazioni di sicurezza per le unità da diporto (con o senza marchio CE)
SPECIE DI NAVIGAZIONE - (la “x” indica l’obbligatorietà - il numero tra parentesi indica le quantità)
Zattera di salvataggio (per tutte le persone a bordo) Zattera di salvataggio (per tutte le persone a bordo) (I) Cinture di salvataggio (una per ogni persona a bordo) Salvagente anulare con cima Boetta luminosa Boetta fumogena Bussola e tabelle di deviazione (II) Orologio Barometro Binocolo Carte nautiche della zona in cui si effettua la navigazione (III) Strumenti da carteggio Fuochi a mano a luce rossa Razzi a paracadute a luce rossa Cassetta di pronto soccorso (IV) Fanali regolamentari (V) Apparecchi di segnalazione sonora (VI) Strumento di radioposizionamento (LORAN, GPS) Apparato VHF Riflettore radar E.P.I.R.B. (Emergency Position Indicanting Radio Beacon)
Senza alcun limite x
Entro 50 miglia x
x x (1) x (1) x (3) x x x x x x x (4) x (4) x x x x x x x
x x (1) x (1) x (2) x x x x x x x (3) x (3) x x x x x x
Entro 12 miglia
Entro 6 miglia
Entro 3 miglia
Entro 1 miglio
x x x (1) x (1) x (2) x
x x (1) x (1) x (2)
x x (1)
x x (1)
x (2) x (2)
x (2) x (2)
x (2)
x x
x x
x x
x x
x x
Entro 300 metri
Nei fiumi, torrenti e corsi d’acqua
x x (1)
x (1)
x
Ulteriori dotazioni di sicurezza per le unità senza marcatura CE Pompa o altro attrezzo di esaurimento
x x
Mezzi antincendio - estintori: come indicato nella Tabella estintori (VII)
(I) L’apparecchio galleggiante va sostituito con la zattera di salvataggio autogonfiabile (art. 54 Reg). (II) le tabelle di deviazione sono obbligatorie per le imbarcazioni (e non per i natanti) quando la navigazione si svolge a distanza superiore alle sei miglia dalla costa. A tale scopo la bussola installata a bordo deve essere sottoposta a compensazione da parte di personale autorizzato dalle Capitanerie di Porto che al termine delle operazioni (giri di bussola) rilascia la tabella delle deviazioni residue. Le tabelle non hanno una scadenza e pertanto non vanno rinnovate in occasione delle visite periodiche per il rinnovo del certificato di sicurezza. Rientra nella responsabilità del conduttore verificare il corretto funzionamento della bussola e aggiornare i valori delle deviazioni; (III) è consentito l’uso di cartografia elettronica conforme al decreto 10 luglio 2002 (G.U. n. 193 del 19 agosto 2002); (IV) Secondo la Tab. D annessa al D.M.25.5.1988 n. 279, ma nel corso dell’anno è prevista l’emanazione di un nuovo provvedimento di modifica;
x x
x x
x x
(V) nel caso di navigazione diurna fino a dodici miglia dalla costa i fanali regolamentari possono essere sostituiti con una torcia di sicurezza a luce bianca; (VI) per le unità aventi una lunghezza superiore a metri 12 è obbligatorio anche il fischio e la campana. (La campana può essere sostituita da un dispositivo sonoro portatile). (VII) i natanti, indipendentemente dalla potenza del motore, devono avere a bordo solo un estintore. Per le imbarcazioni, il numero degli estintori e la capacità estinguente sono stabiliti dalla tabella 1 (estintori) lettera B) Attenzione (•) i segnali di soccorso hanno una validità di anni 4 dalla data di fabbricazione (per la restituzione dei segnali scaduti, vd. Nota in calce) (•) le unità (anche se natanti) alla fonda di lunghezza oltre i 7 m. devono mostrare un pallone nero di diametro adeguato.
TABELLA 1 (ESTINTORI)
A) Natanti da diporto (1 estintore) Potenza totale installata P (kW) P ≤ 18.4 18,4 < P ≤ 147 P > 147
Capacità estinguente portatile 13 B 21 B 34 B
B) Imbarcazioni da diporto Potenza totale installata P (kW) P ≤ 18.4 18.4 < P ≤ 74 74 < P ≤ 147 147 < P ≤ 294 294 < P ≤ 368 P > 368
Numero e capacità estinguente degli estintori In plancia o posto guida
In prossimità dell’apparato motore (1)
In ciascuno degli altri locali o gruppi di locali adiacenti
1 da 13 B
---1 da 21 B 2 da 13 B 1 da 21 B e 1 da 13 B 1 da 34 B e 1 da 21 B 2 da 34 B
1 da 13 B
(1) Per i locali o vani dell’apparato motore provvisti di impianto fisso antincendio gli estintori devono essere: per potenza fino a 294 KW: 1 da 13 B; per potenza superiore a 294 KW 1 da 21 B. Nota bene: • Nelle tabelle, il numero che precede la lettera B indica la capacità estinguente dell’estintore. Ad un numero più alto, corrisponde una maggiore capacità estinguente; la capacità indicata nelle tabelle è la minima richiesta. • La lettera B indica invece la designazione della classe di fuoco che l’estintore è idoneo a spegnere. • Sulle unità da diporto possono essere sistemati estintori appartenenti alle classi di fuoco A o C purché omologati anche per classe di fuoco B. Per le unità marcate CE gli estintori sono già collocati a bordo ed indicati nel manuale del proprietario. La verifica periodica degli estintori non è richiesta. Il controllo consiste nell’accertamento del buon stato di conservazione e l’indicatore di pressione, quando esiste, deve essere nella posizione di carico (zona verde). Suggerimenti in caso di incendio nel vano motore: • fermare immediatamente il motore;
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• staccare l’interruttore principale dell’impianto elettrico. Ricorda di non usare mai acqua o estintori a schiuma sulle apparecchiature elettriche; • chiudere la valvola di intercettazione del carburante e quella delle bombole del gas; • chiudere la ventilazione del motore e azionare gli estintori a distanza. • In assenza dell’impianto fisso operare con l’estintore portatile. Evitare di aprire completamente il vano motore per non alimentare il fuoco con l’entrata dell’aria e per non essere investiti dalle fiamme. Negli spazi chiusi, come quelli del vano motore delle unità da diporto, una buona tecnica è quella di gettare l’estintore aperto all’interno e richiudere subito il locale facendo così scaricare il contenuto: l’incendio si spegnerà per soffocamento. Nota: Come riportato nel sito “www.guardia costiera.it”, ai fini della tutela ambientale le Capitanerie di porto di Gela, Gioia Tauro, Pescara, Reggio Calabria, Taranto, Termoli, Torre del Greco, Trieste e gli Uffici Circondariali Marittimi di Anzio, Corigliano Calabro, Giulianova, Otranto, hanno istituito un servizio gratuito per il ritiro dei segnali di soccorso scaduti (razzi,fuochi a mano, boette fumogene, ecc.). Le informazioni sulle modalità di consegna, possono essere richieste direttamente ai Comandi interessati.
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Zattere di salvataggio per la navigazione entro 12 miglia dalla costa L’art. 54 del regolamento al codice della nautica dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2009 gli apparecchi galleggianti devono essere sostituiti con una zattera di salvataggio autogonfiabile. Con decreto 2 marzo 2009 sono state stabilite le caratteristiche tecniche che devono avere le nuove zattere da utilizzare a bordo delle unità da diporto quando la navigazione si svolge nella fascia costiera tra le 6 e le 12 miglia dalla costa. Il provvedimento, è pienamente in vigore e i famosi “atolli” non possono essere più impiegati a bordo. La revisione periodica dei nuovi mezzi segue quella delle zattere di salvataggio.
Cinture di salvataggio La Direzione Generale per il trasporto marittimo e acque interne con circolare n. 4866, in data 18 marzo 2009, ha emanato le direttive per l’impiego a bordo delle unità da diporto dei salvagente, richiamando l’attenzione dell’utenza che la normativa di omologazione dei giubbotti di salvataggio (tipo EN-Europea) è stata sostituita con quella ISO 12042 (Internazionale). Di conseguenza le cinture di salvataggio con tipo EN 395, EN 396 ed EN 399, dopo il 31 marzo 2009, non possono essere più commercializzate. Coloro che hanno a bordo le vecchie cinture del tipo EN, possono continuare ad utilizzarle con l’osservanza delle seguenti prescrizioni e limiti di navigazione: - le unità che navigano nella fascia compresa tra i 300 metri dalla costa e fino a sei miglia o in acque interne, devono avere a bordo cinture di salvataggio conformi, come requisito minimo, al livello prestazionale 100N; - le unità che navigano oltre le 6 miglia dalla costa devono avere a bordo cinture di salvataggio conformi, come requisito minimo, al livello prestazionale 150N. Poiché nella prima fase di applicazione della direttiva sono stati sollevati dubbi, il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, con circolari n. 68485, del 28.7.2009, e n. 94937, del 7.11.2009, intervenendo sulla materia e nell’intento di rassicurare il mondo della nautica, ha fornito alcuni chiarimenti operativi per dar modo all’utenza di avere un margine di tempo adeguato per acquisire una corretta informazione in merito alla nuova normativa, facendo un riepilogo dei vari tipi di salvagente che possono essere impiegati a bordo delle unità da diporto: a) Le seguenti cinture di salvataggio già presenti a bordo alla data del 18 marzo 2009 (data della circolare ministeriale n.4686 citata) possono continuare ad essere tenute a bordo fino a quando risultano efficienti e in buono stato di conservazione: - EN 395, per la navigazione entro le sei miglia alla costa; - EN 396 e EN 399, per la navigazione senza limiti dalla costa; - Conformi alla risoluzione IMO MSC 81(70), per la navigazione senza limiti dalla costa. b) Le seguenti cinture di salvataggio imbarcate a bordo successivamente al 18 marzo 2009 (data della circolare) possono essere impiegate per la navigazione e nei limiti temporali a fianco di ciascuna di esse indicato: - ISO 12402-4, 100N per la navigazione entro sei miglia dalla costa; - ISO 12402-3, 150N, ISO 12402-2 275N per la navigazione senza limiti dalla costa; - EN 395, 100N, per la navigazione senza limiti dalla costa fino al 31 maggio 2010; - Conformi alla risoluzione IMO MSC 81(70), come emendata dalla risoluzione MSC 200(80,) per la navigazione senza limiti dalla costa; - Conformi alla risoluzione IMO MSC 81(70) - non emendata - per la navigazione senza limiti dalla costa fino al 31 maggio 2010.
I REQUISITI DEI MEZZI DI SALVATAGGIO E DELLE DOTAZIONI DI SICUREZZA I mezzi di salvataggio individuali e collettivi e le dotazioni di sicurezza da tenere a bordo delle unità da diporto, devono avere i requisiti e le caratteristiche tecniche previsti dalle seguenti disposizioni: a) zattere di salvataggio conformi al D.M. 12.8.2002 n.219. Le vecchie zattere sono ancora valide ma devono essere sottoposte a revisione, con le modalità di seguito indicate; b) zattere di salvataggio autogonfiabili, conformi al decreto 2 marzo 2009 del Comando Generale delle Capitanerie di Porto; c) salvagenti anulari o a ferro di cavallo: conforme al D.M. 29.9.1999 n. 385; d) cinture di salvataggio conformi alla circolare del 18 marzo 2009 della Direzione Generale per il Trasporto Marittimo, meglio specificate dalla circolare n. 94937 del 17.11.2009 del Comando Generale delle Capitanerie di Porto che ha chiarito dei dubbi sui alcuni tipi di cinture. Per ulteriori notizie si rinvia all’apposita sezione; e) riflettori radar: conformi al D.M. 29.9.1999 n. 386; f) segnali di soccorso conformi al D.M. 29.9.1999 n.387; (per i razzi, i fuochi a mano ed i segnali fumogeni la validità è di 4 anni dalla data di fabbricazione; g) bussole magnetiche: conformi al D.M. 29.9.1999 n. 388 (per le tabelle di deviazione si rinvia alla nota in calce al quadro relativo alle dotazioni di sicurezza). Attenzione: con decreto 12 agosto 2002 n. 219 sono stati stabiliti i requisiti delle nuove zattere di salvataggio da utilizzare a bordo delle unità da diporto. La revisione va effettuata ogni due anni. Le vecchie zattere dovevano essere sottoposte ad “una visita speciale” entro 17 ottobre 2004. Chi non avesse ancora adempiuto il controllo può farlo in qualsiasi momento, ma nel frattempo la zattera non può essere utilizzata a bordo. Il comandante/conduttore è il solo responsabile dell’equipaggiamento, dei mezzi e dotazioni di sicurezza conformi alla normativa vigente e in regola con i controlli periodici. Sono soggette a controllo le zattere acquistate o revisionate nell’anno 2011 (con revisione prevista nel 2013, non ancora effettuata)
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nonché le zattere con revisione scaduta. Attenzione ai ritardi eccessivi poiché alcune ditte effettuano una visita straordinaria, con maggiori costi. Da notare che le vecchie zattere non riportano l’identificazione dell’unità dove sono imbarcate, per cui possono ruotare da una barca all’altra. Le nuove zattere, invece, riportano i segni di individuazione e non possono essere trasbordate da un’unità all’altra.
NORME SULLA TUTELA DELL’AMBIENTE Alle imbarcazioni da diporto si applica la normativa sulla tutela dell’ambiente marino, distinguendo le unità costruite prima del 1.8.2005 da quelle in data successiva, secondo i criteri che seguono: - a tutte le unità da diporto è vietato di effettuare scarichi a mare dai servizi igienici di bordo nell’ambito dei porti, degli approdi e presso gli ormeggi dedicati alla sosta delle imbarcazioni nonché entro i limiti delle spiagge frequentate dai bagnanti; - le unità da diporto esistenti vecchie abilitate a trasportare fino a 15 persone e dotate di servizi igienici, possono effettuare lo scarico in mare dei liquami non trattati soltanto oltre tre miglia dalla costa; - a decorrere da 1° agosto 2005 le unità di nuova costruzione, abilitate a trasportare più di 15 persone, devono essere dotate di un sistema di raccolta dei rifiuti. È importante, in ogni caso, che ogni diportista prenda adeguata conoscenza del “Piano di raccolta dei rifiuti” del porto in cui ormeggia abitualmente la propria unità e di quelli in cui intende fare scalo, in modo da ottenere un quadro chiaro della disciplina della gestione dei rifiuti prodotti a bordo. Particolare attenzione dovrà poi esser posta per l’accesso alle aree marine protette, in relazione alle quali ci si può riferire al sito del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per reperire ogni utile ed aggiornata informazione per una corretta fruizione delle stesse. (www.minambiente.it/pagina/aree-marine-protette).
QUANDO OCCORRE LA PATENTE NAUTICA La patente nautica è obbligatoria: 1. Per i natanti e le imbarcazioni: a) quando la potenza del motore installato a bordo è superiore a 30 kW o a 40,8 CV (1kW = 1,36 CV) o abbiano una cilindrata superiore a 750 cc, se a carburazione a due tempi; a 1000 cc, se a carburazione a quattro tempi, fuoribordo o se a iniezione diretta; a 1300 cc, se a carburazione a quattro tempi, entrobordo; a 2000 cc, se diesel; b) quando, indipendentemente dalla potenza del motore, la navigazione si svolge ad una distanza superiore alle sei miglia dalla costa; c) quando viene esercitato lo sci nautico, senza tener conto della potenza del motore; c) per la condotta degli acquascooter, indipendentemente dalla potenza e dalle cilindrate. 2. per le navi da diporto (sempre); Per essere ammessi agli esami per il conseguimento della patente nautica gli interessati devono aver compiuto il diciottesimo anno di età. In particolare, per poter sostenere gli esami per il conseguimento della patente per nave da diporto, gli interessati devono essere in possesso, da almeno un triennio, della patente nautica a vela e a motore per navigazione senza alcun limite dalla costa. Nei casi in cui non è previsto l’obbligo di patente nautica, sussistono comunque i seguenti limiti di età minima per l’impiego delle unità: - 18 anni per le imbarcazioni; - 16 anni per i natanti; - 14 anni per i natanti a vela con superficie velica superiore a 4 metri quadrati e per le unità a remi in navigazione oltre 1 miglio dalla costa Nota: il regolamento di attuazione al codice ha reintrodotto la definizione delle unità a motore. Sono considerate unità a motore quando il rapporto tra la superficie velica in mq di tutte le vele che possono essere bordate contemporaneamente in navigazione su idonee attrezzature fisse, compresi l’eventuale fiocco genoa e le vele di strallo, escluso lo spinnaker, e la potenza del motore in CV o KW è inferiore, rispettivamente a 1 o a 1,36. Il codice della nautica distingue le patenti nautiche in tre categorie: A) comando e condotta dei natanti e imbarcazioni da diporto; B) comando delle navi da diporto; C) riservata ai disabili ed assoggettata alla disciplina prevista per le patenti di categoria A - abilita alla direzione nautica di natanti e imbarcazioni da diporto ma a bordo deve essere presente altra persona (passeggero) non inferiore a 18 anni, in grado di svolgere le funzioni manuali necessarie per la condotta del mezzo e la salvaguardia della vita umana in mare, sempreché l’unità sia munita di un dispositivo elettronico in grado di consentire, in caso di caduta in mare, oltre all’individuazione della persona, la disattivazione del pilota automatico e l’arresto del motore. Ai fini della prova pratica la competente D.G., con circolare n. 17479 del 9.12.2009, ha fornito istruzioni operative sulle modalità di svolgimento della prova pratica a bordo dell’unità disponendo che la Commissione incentri la valutazione del disabile sulle capacità a istruire l’accompagnatore nell’eseguire le manovre manuali per la condotta del mezzo. Allegato a LEGA NAVALE maggio-giugno 2016
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Le patenti di categoria A abilitano: a) alla navigazione entro dodici miglia dalla costa; b) alla navigazione senza alcun limite. La patente di categoria A abilita al comando delle unità da diporto (fino a 24 mt.) a motore, di quelle a vela e di quelle a propulsione mista. A richiesta dell’interessato, la patente può essere limitata al solo comando di unità da diporto a motore, per la navigazione entro 12 miglia o senza limiti dalla costa. La patente di categoria B abilita al comando di navi da diporto sia a motore che a vela. Con Decreto ministeriale 4 ottobre 2013 sono stati fissati i programmi e le nuove modalità di svolgimento degli esami per il conseguimento delle patenti nautiche. I nuovi programmi prevedono prove scritte mediante quiz di carteggio nautico e quiz base, per la navigazione a motore entro 12 miglia dalla costa, se a vela è previsto un ulteriore quiz per la vela. Prova di carteggio nautico, quiz base e quiz integrazione senza limiti, per la navigazione a motore senza alcun limiti dalla costa; se a vela il candidato deve svolgere un ulteriore quiz vela. Sono previsti tempi per lo svolgimento dei compiti e un numero prestabilito di domande. Il predetto Decreto sarà esecutivo dalla data di entrata in vigore del decreto direttoriale di approvazione del database relativo ai quesiti che comporranno le future prove scritte. Nelle more che venga emesso detto decreto direttoriale, restano validi i vecchi programmi di esame. In proposito, si evidenzia come, in base a specifiche direttive pervenute dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, finalizzate ad uniformare comunque sul territorio nazionale le procedure per il conseguimento delle patenti nautiche, tutti gli Uffici di Motorizzazione Civile e buona parte delle Autorità marittime interessate dal rilascio di patenti nautiche, ad oggi, hanno adottato la procedura basata sulla modalità a quiz, intendendo così offrire ai candidati una metodologia di esame oggettiva, trasparente ed uniforme. Maggiori e più puntuali informazioni saranno reperibili contattando direttamente gli Uffici interessati ovvero consultando i loro rispettivi siti web. Note: a) coloro che sono in possesso della patente per nave da diporto possono comandare e condurre anche le altre unità (imbarcazioni e natanti) a motore, a vela e a propulsione mista; b) un motore è considerato ausiliario quando, installato fuori-bordo, abbia una potenza non superiore al 20% di quella del motore principale e sia munito del certificato d’uso. In tali condizioni può essere utilizzato nei casi di emergenza o di sicurezza della navigazione e non concorre al calcolo della potenza e della cilindrata per stabilire l’obbligo della patente nautica; dovrà comunque essere assicurato quando a bordo.
Procedura per ottenere la patente Il regolamento non ha modificato la pregressa normativa sulle patenti nautiche, anzi l’ha riassorbita. I vecchi programmi di esame restano come detto validi, in via provvisoria, in attesa dei nuovi che adesso ricomprendono anche la normativa ambientale (per ogni ulteriore approfondimento vedasi il Decreto 4 ottobre 2013 sopra citato). Il modello di domanda (scaricabile dal sito della Guardia Costiera www.guardiacostiera.it) è unico e può essere utilizzato per la presentazione delle richieste per: a) l’autocertificazione dei dati personali e la comunicazione di cambio di residenza; b) l’ammissione agli esami e per ottenere l’estensione / integrazione dell’abilitazione alla navigazione; c) il rilascio della patente - senza esame - al personale militare; d) il rilascio della patente alle persone munite di una qualifica professionale marittima; e) il rilascio del duplicato della patente (smarrita, distrutta o deteriorata); f) la convalida della patente; g) la sostituzione della vecchia patente con il nuovo modello. Maggiori informazioni per il conseguimento delle patenti nautiche possono essere richieste alle Autorità Marittime o alle Sezioni e Delegazioni della Lega Navale. a) Validità: Le patenti nautiche hanno una validità di 10 anni dalla data del rilascio o del rinnovo. Il periodo è ridotto a 5 anni per coloro che al momento del rilascio o del rinnovo abbiano superato il 60° anno di età. Per le patenti speciali, rilasciate ai portatori di handicap ovvero ai soggetti affetti da determinate patologie mediche, il periodo di validità è indicato nel documento. b) Rinnovo delle patenti nautiche scadute: La patente nautica scaduta può essere rinnovata in qualsiasi momento presso l’Ufficio marittimo o quello Provinciale (ex M.C.T.C) che l’ha rilasciata, senza tener conto della data di scadenza; la convalida può essere richiesta anche prima della sua scadenza. Nel caso di più abilitazioni, riportate nello stesso documento o in documenti separati, che hanno gli stessi limiti di navigazione, la domanda va presentata all’Ufficio che ha rilasciato l’ultima abilitazione che provvede ad unificarle. In conformità all’art. 7 del decreto legge n°5/2012 (c.d. “Semplifica Italia”), le patenti nautiche sono rilasciate o rinnovate con validità fino alla data, corrispondente al giorno e mese di nascita del titolare, immediatamente successiva alla scadenza che sarebbe altrimenti prevista per il documento medesimo. Note: chi comanda un’unità da diporto con la patente scaduta è soggetto alla sanzione amministrativa da Euro 207,00 a Euro 1.033,00; se si comanda un’unità senza patente o con patente sospesa o revocata si è soggetti ad una sanzione amministrativa da Euro 2.066,00 a Euro 8.263,00. Alla stessa sanzione soggiace anche chi assume o ritiene il comando o la condotta o la direzione nautica di un’unità da diporto in stato di ubriachezza o sotto l’effetto di altre sostanze inebrianti o stupefacenti; salva l’applicazione dell’ulteriore possibile sospensione della patente nautica e della licenza di navigazione, la sanzione è raddoppiata nel caso di comando o condotta di una nave da diporto. Coloro che hanno conseguito l’abilitazione alla condotta di motoscafi ad uso privato di cui all’art. 16 del R.D.L. 9.5.1932 prima del 24 aprile 1990, possono ottenere il rilascio della patente nautica a motore - senza esame - per la navigazione entro 12 miglia dalla costa. Le abilitazioni conseguite dopo tale data non possono essere più convertite. Pur trattandosi di ipotesi oramai sempre più rara, le patenti per il comando di unità da diporto entro sei miglia, rilasciate in base alla precedente normativa, abilitano alla navigazione entro dodici miglia dalla costa; non è richiesto alcun adempimento amministrativo. In occasione del rinnovo della patente l’Ufficio marittimo o quello Provinciale (ex M.C.T.C.) provvederà alla sostituzione del documento. Le abilitazioni per il comando di imbarcazioni a vela rilasciate in base alla precedente normativa, abilitano a comandare anche quelle a motore, per la navigazione entro le 12 miglia o senza alcun limite dalla costa. Le abilitazioni per le imbarcazioni a motore, restano limitate per comandare solo le unità a motore, per gli stessi limiti di navigazione.
XII
Allegato a LEGA NAVALE maggio-giugno 2016
A seguito di sentenza giurisdizionale è stato chiarito che il soggetto che regge il timone di un’unità da diporto può non essere munito della patente nautica se a bordo c’è altra persona in possesso di regolare abilitazione che assuma la responsabilità del comando e della condotta della navigazione. Le patenti nautiche conseguite all’estero (anche se Paese UE) non possono essere convertite con quelle italiane.
COMANDO DI UNITÀ DA DIPORTO DI BANDIERA ESTERA Fino al 31.12.1992, ai cittadini italiani in possesso di patente nautica non era consentito, secondo le regole della Convenzione di Ginevra del 1956, assumere il comando di unità da diporto di bandiera estera. Successivamente, con la piena integrazione del mercato comune, gli italiani possono ora comandare unità da diporto di bandiera dei Paesi dell’Unione Europea, essendo venuti meno i vincoli che lo vietavano. La convenzione di Ginevra, anche se successivamente modificata, resta, tuttavia, ancora valida per le unità dei Paesi extracomunitari, per le quali permane (anche se con qualche dubbio) il divieto di assunzione di comando quando le medesime sono impiegate a scopo ricreativo e sportivo, ma non nell’attività di lavoro a bordo. La nostra legislazione consente ai cittadini stranieri (comunitari e anche dei Paesi terzi), muniti di patente nautica del loro Paese, di comandare le unità da diporto di bandiera italiana, nei limiti dell’abilitazione posseduta, ma tra i Paesi comunitari il principio della reciprocità è stato soppresso, per cui prima di condurre un’unità di bandiera di un Paese dell’Unione Europea è necessario informarsi presso l’Autorità consolare se sia - o meno consentito dalle leggi del Paese stesso. I cittadini dei Paesi dell’U.E, possono comandare unità (navi, imbarcazioni e natanti da diporto) senza patente, qualora siano muniti di una dichiarazione rilasciata dalle proprie autorità governative da cui risulti che la legislazione del Paese di appartenenza del soggetto non prevede il rilascio di titoli abilitativi. In merito alle abilitazioni al comando di unità da diporto non esistono direttive comunitarie o accordi internazionali, per cui ciascun Paese regola la materia in modo autonomo. Da evidenziare che gli italiani che comandano unità di bandiera estera nelle acque territoriali nazionali devono essere muniti d’abilitazione al comando anche se la legislazione del Paese di bandiera non la prevede.
PESCA SUBACQUEA E SPORTIVA La pesca subacquea sportiva è consentita: a) a distanza superiore a mt. 500 dalle spiagge frequentate dai bagnanti; b) a distanza superiore a mt. 100 dagli impianti fissi da pesca e dalle reti poste dai pescatori professionali; c) a distanza superiore a mt. 100 dalle navi ancorate fuori dai porti; d) dal sorgere al tramonto del sole; e) in apnea, senza l’uso di apparecchi ausiliari di respirazione. Note: È consentito trasportare su un mezzo nautico fucili per la pesca subacquea e apparecchi di respirazione dotati di bombola della capacità massima di 10 litri (una per ogni mezzo nautico) fermo restando il divieto di utilizzare gli apparecchi di respirazione per la pesca subacquea; durante la pesca, il pescatore subacqueo può essere seguito da un mezzo nautico con una persona pronta ad intervenire in caso di emergenza; in ogni caso, deve esservi a bordo del mezzo una cima di lunghezza sufficiente a recuperare il pescatore subacqueo. Durante l’esercizio della pesca subacquea: a) è vietato attraversare le zone frequentate dai bagnanti con un’arma subacquea carica; b) è fatto obbligo al subacqueo di segnalarsi con un galleggiante provvisto di una bandiera rossa con una striscia diagonale bianca visibile a 300 metri. Se il subacqueo è accompagnato da un mezzo nautico il segnale va innalzato sul mezzo; c) il subacqueo deve operare entro un raggio di 50 mt. dalla bandiera segnaletica; d) l’età minima per praticare la pesca con fucile subacqueo è di 16 anni (consegnare un fucile ad un minore di detta età comporta una sanzione da Euro 1.000 a Euro 3.000); e) il pescatore sportivo subacqueo non può raccogliere coralli, crostacei o molluschi. Oltre alla pesca sportiva subacquea, in mare, viene praticato anche il nuoto subacqueo, per la visita ai fondali, fare fotografie, ecc. Quest’ultima attività non è regolata da alcuna norma legislativa per cui il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, per rispondere ai numerosi quesiti degli appassionati subacquei, con circolare n. 82010390 del 16.02.2000, ha fornito alle autorità marittime periferiche le direttive di coordinamento, ai fini della disciplina locale, a salvaguardia dell’integrità fisica dei subacquei distinguendo il semplice “nuoto subacqueo” dalla vera e propria “attività subacquea”. Allo scopo di coordinare l’attività subacquea nell’ambito del territorio nazionale, il regolamento di attuazione al codice, per la segnalazione del subacqueo in immersione, prevede i seguenti segnali: • un galleggiante di segnalazione recante bandiera rossa con striscia diagonale bianca, visibile a distanza non inferiore a trecento metri (lo stesso richiesto per i pescatori subacquei); • in caso di immersione notturna, una luce lampeggiante gialla visibile, a giro di orizzonte, ad una distanza non inferiore a trecento metri; • in caso di immersioni di gruppo, basta un solo segnale, ma in tal caso ogni subacqueo deve essere dotato di un pallone di superficie gonfiabile (c.d. pedagno), di colore ben visibile e munito di sagola di almeno cinque metri, da utilizzare, prima di risalire in superficie, in caso di separazione dal gruppo; • la medesima norma stabilisce il raggio di operatività del subacqueo (entro 50 metri dalla verticale del mezzo di segnalazione) e il limite di distanza dalle predette segnalazioni (oltre i 100 metri) al quale devono mantenersi le unità in transito. Allegato a LEGA NAVALE maggio-giugno 2016
XIII
Pesca sportiva/ricreativa L’art. 6 del D. Lgs. n.4/2012 presuppone modifiche alle regole relative all’esercizio dell’attività della pesca sportiva, ma nel frattempo continuano ad essere valide quelle in vigore. La pesca sportiva può essere esercitata con i seguenti attrezzi: a) coppo; b) bilancia (di lato non superiore a mt. 6); c) giacchio o rezzaglio o sparviero di perimetro non superiore a 16 mt.; d) lenze fisse quali canne (massimo 5 per ogni pescatore) a non più di 3 ami, lenze morte, bolentini, correntine a non più di 6 ami, lenze per cefalopodi; e) lenze a traino di superficie e di fondo, filaccioni; f) nattelli per la pesca in superficie, fucile subacqueo, fiocina a mano, canna per cefalopodi; g) parangali fissi o derivanti (coffe) per un massimo di 200 ami calati da ciascuna unità da diporto, qualunque sia il numero delle persone a bordo; in particolare, in conformità a vigente normativa europea, con i parangali derivanti è vietato catturare specie altamente migratorie (es. tonno); h) nasse, massimo due, calate da ciascuna unità da diporto, qualunque sia il numero delle persone a bordo; i) rastrelli da usarsi a piedi.
Ulteriori norme riguardanti la pesca sportiva/ricreativa: a) è vietata la pesca con fonti luminose, ad eccezione della torcia nell’esercizio della pesca subacquea. Per la pesca con la fiocina è consentito l’uso di una lampada (non sono previsti limiti di luminosità); b) il pescatore sportivo può pescare pesci e molluschi e crostacei in quantità massima di 5 kg giornalieri, salvo il caso di pesce singolo di peso superiore; non può essere catturata giornalmente più di una cernia. Sono vietati la vendita ed il commercio dei prodotti della pesca; l’eventuale violazione è punita con la sanzione amministrativa da Euro 2.000,00 a 6.000,00 Euro. c) la pesca del riccio di mare è consentita in apnea solo manualmente fino a 50 esemplari al giorno. È vietata nei mesi di maggio e giugno; d) la pesca dell’aragosta (e dell’astice) è vietata nel periodo dal 1° gennaio al 30 aprile; e) per la pesca all’interno dei porti, generalmente vietata, si faccia riferimento alle ordinanze locali; f) è vietato l’esercizio della pesca sportiva a distanza inferiore a 500 mt. da unità in attività di pesca professionale; g) la pesca del tonno rosso è consentita dal 16 giugno al 14 ottobre (salvo interruzioni per raggiungimento della quota annuale assegnata a tale tipo di pesca), nei limiti di un esemplare al giorno a coloro che sono in possesso dell’apposita comunicazione/dichiarazione munita del nulla osta dell’Autorità Marittima (avente validità triennale). In caso di cattura è prevista un’apposita dichiarazione da presentarsi presso l’Autorità Marittima del porto di sbarco. h) la pesca del pesce spada è consentita sempre ad eccezione dei mesi di marzo, ottobre e novembre, nei limiti di un esemplare al giorno a coloro che sono in possesso dell’apposita comunicazione/dichiarazione munita del nulla osta dell’Autorità Marittima (avente validità triennale). In caso di cattura è prevista un’apposita dichiarazione da presentarsi presso l’Autorità Marittima del porto di sbarco. Nell’esercizio della pesca bisogna rispettare le dimensioni minime dei pesci, dei molluschi e dei crostacei previste dal regolamento sulla pesca, di cui al D.P.R. n.1639/1968 e dal Regolamento CE 1967/2006, nonché da ogni altra specifica normativa di settore. Attenzione: Le violazioni alle norme sulla pesca sportiva sono punite con la sanzione amministrativa da 1.000,00 a 3.000,00 Euro.
Ulteriori adempimenti da osservare da parte dei pescatori sportivi Con Decreto 6 dicembre 2010 (pubblicato nella G.U 24/2011) il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, nel quadro della conoscenza della consistenza dell’attività di pesca sportiva in mare, ha disposto quanto segue: “chiunque effettua la pesca a scopo sportivo o ricreativo deve comunicare l’esercizio dell’attività alla Direzione Generale della Pesca marittima e dell’Agricoltura. La comunicazione, ha validità triennale, contiene i dati e le informazioni di cui al modello allegato al decreto”. La comunicazione può essere effettuata anche tramite le associazioni di settore, sul sito informativo www.politicheagricole.gov.it ovvero tramite l’Autorità Marittima. Le predette comunicazioni sono obbligatorie anche ai fini dell’esercizio dell’attività di pesca da terra. Per ulteriori notizie si rinvia al relativo provvedimento. Con successivi Decreti ministeriali rispettivamente in data 31/01/2014, 22/12/2014 e 23/03/2016, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, nelle more dell’adozione del Decreto recante le modalità di esercizio della pesca per fini ricreativi, turistici o sportivi, ha disposto la proroga al 31 dicembre 2016 della validità delle comunicazioni effettuate ai sensi del predetto Decreto ministeriale 6 dicembre 2010. Attenzione: Il pescatore sportivo/ricreativo che, al momento del controllo, non presenti l’attestazione sopra prevista deve sospendere l’attività di pesca ed effettuare entro 10 gg. dall’accertamento la predetta comunicazione ovvero presentare all’autorità che ha eseguito il controllo l’attestazione della comunicazione già effettuata. La mancata comunicazione nei termini stabiliti comporta pesanti sanzioni amministrative.
XIV
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TASSA DI POSSESSO Con la legge di stabilità 2016 (comma 366, articolo 1 della legge n. 208/2015) è stato abrogato il tributo dovuto per il possesso di imbarcazioni e navi oltre i 14 metri di lunghezza. Per ogni ulteriore e puntuale approfondimento ci si può riferire al sito web dell’Agenzia delle Entrate (www.agenziaentrate.gov.it).
Alcune raccomandazioni per coloro che si recano in Croazia per turismo Come è noto, la Croazia, dal 1° luglio 2013, è entrata a far parte dei Paesi Comunitari. Da tale data lo Stato sta provvedendo a regolarizzare le merci che si trovano nel proprio territorio in regime di ammissione temporanea, mediante il pagamento dell’IVA. Le unità da diporto, ai fini doganali, sono considerate come mezzi di trasporto in regime di ammissione provvisoria. Pertanto, si ricorda che i residenti UE sull’imbarcazione dovranno avere sempre i documenti comprovanti che, per l’imbarcazione specificata, siano stati pagati i dazi doganali e/o l’IVA in uno stato membro dell’Unione Europea, e che l’imbarcazione abbia lo status di merce comunitaria. Per tali finalità, ci si dovrà dotare dei seguenti documenti, ferma restando ogni ulteriore ed aggiornata informazione reperibile presso gli uffici dell’Agenzia delle Dogane: 1. documento “T2L”, oppure 2. ricevuta di acquisto in originale, oppure 3. altri documenti disponibili che confermino il pagamento dell’IVA. Si ricorda l’obbligo di munirsi dei seguenti ulteriori documenti: - lista dei passeggeri/equipaggio; - attestato comprovante l’idoneità del conducente del natante all’esercizio delle funzioni di bordo, ai sensi delle norme vigenti nel Paese di registrazione dell’imbarcazione o delle corrispondenti disposizioni vigenti nella Repubblica di Croazia; - assicurazione contro i danni causati da terzi; - certificato di proprietà o autorizzazione all’uso del natante rilasciata dal proprietario. Le unità da diporto straniere sono tenute a presentarsi alla Capitaneria di porto del luogo di primo approdo per svolgere presso le competenti autorità croate le formalità di ingresso nel Paese, ivi incluso il pagamento delle previste tasse turistiche e di navigazione. A fronte di detto pagamento, verrà rilasciato un disco di licenza/vignetta adesiva, valido per un anno, il cui costo è determinato in proporzione al tipo di unità ed alla potenza del propulsore. Per l’utilizzo di imbarcazioni a motore, inclusi i gommoni, a prescindere dalla potenza del motore è obbligatorio il possesso della patente nautica.
Alcune raccomandazioni per coloro che si recano in Corsica per turismo 1) Evitare assolutamente il campeggio libero: in molte località è proibito ed in genere è malvisto; 2) lungo le coste della Corsica vi sono numerose zone protette e la pesca è disciplinata da regolamenti che nei casi di violazione comportano severe sanzioni. Meglio informarsi bene prima di praticare l’attività di pesca; 3) condurre sempre con molta prudenza l’imbarcazione, specie se a motore. I conduttori possono vedersi proibire la navigazione nei casi di negligenza, imprudenza, stato di ebbrezza o inosservanza dei regolamenti; 4) tenere sempre una fotocopia dei documenti di identità (e altri), che possono essere utili nei casi di furto degli originali; 5) munirsi della tessera europea di assicurazione malattia, da richiedere alla ASL nazionale di appartenenza. Il documento consente si usufruire dell’assistenza sanitaria con parziale copertura delle spese; 6) ogni ulteriore informazioni potrà essere richiesta allo Sportello Consolare Permanente dipendente dal Consolato Generale in Marsiglia, telefonando al n. 0033-495349393 – mail:
[email protected]. ATTENZIONE: Per ogni più precisa ed aggiornata informazione di carattere generale sui Paesi esteri, si invita a fare riferimento al sito “Viaggiare Sicuri” offerto dal Ministero Affari Esteri anche su apposita applicazione per dispositivi mobili (www.viaggiaresicuri.it). Le informazioni ivi contenute si possono congiuntamente acquisire attraverso la Centrale Operativa Telefonica, attiva tutti i giorni (con servizio vocale nell’orario notturno): dall’Italia 06-491115 e dall’Estero +39-06-491115. Si rammenta che, nei Paesi dove non vi sia una Rappresentanza diplomatica/consolare italiana, i cittadini possono richiedere, ai sensi dell’art. 20 (ex art. 8C) del Trattato di Amsterdam, l’assistenza delle Rappresentanze in loco degli altri Stati Membri dell’Unione Europea.
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XV
della polla torbidi / vede bollir i lembi / ne tragga auspici di venturi nembi”. Non fu da meno il pittore spezzino Agostino Fossati, un romantico con ascendenze macchiaiole (1830 – 1904) che lascerà una bella testimonianza pittorica della “funtana”. Ma i lavori che portarono alla realizzazione dell’Arsenale della Regia Marina prima, e quelli, in questo secolo, necessari per sostituire il locale idroscalo con il seguente aeroporto “turberanno”, non si sa come, la polla, che scomparve anche se oggi è possibile vederla nuovamente, specie in primavera, quando soffia il vento di levante.
Cala Goloritzé: cristallina e gelida
quelle cale, è particolarmente limpida e cristallina, ma gelida, anche nei giorni più torridi dell’anno, e il sole in Sardegna non scherza, quando il mare circostante assume temperature “brodose”.
I “citri” del mar piccolo Proseguendo ancora nel nostro viaggio, all’estremità meridionale della penisola troviamo la grande apertura del Golfo di Taranto, che sul fondo, si articola in due mari: il Mar Grande e il Mar Piccolo; il primo rappresenta la porzione che, dalla costiera cittadina, guarda verso il mare aperto, mentre il Piccolo è a sua volta suddiviso in due specchi d’acqua, totalmente interni, comunicanti con il Mar Grande tramite un canale artificiale che divide la città vecchia da quella nuova ed è attraversato all’imboccatura dallo storico ponte girevole. Sia i venti che le maree condizionano l’andamento delle correnti sia superficiali che di profondità, che uniscono i due mari, ma ad esse si unisce anche l’azione delle correnti d’acqua dolce fuoriuscenti da sorgenti localizzate in pochi casi in Mar Grande, in molti nel Mar Piccolo, rispettivamente da 20 a 14 bocche
Scendendo in giù per il Tirreno e portandoci al largo della penisola troviamo la Sardegna, isola ricca di sorprese e geologicamente fra le terre più antiche d’Italia. Lungo le coste dell’isola non sono rare le sorgenti d’acqua dolce emergenti, il che ha fatto ritenere a molti che anticamente queste venissero utilizzate dai naviganti (sardi, fenici o cartaginesi) per l’approvvigionamento idrico di bordo. Certamente una delle più caratteristiche, articolata su un certo numero di bocche, è quella di Cala Goloritzé, al largo di una spiaggia ogliastrina del comune di Baunei, nel Golfo di Orosei. Non disponiamo di dati molto precisi, in merito, anche perché molte di queste splendide località solitarie e selvagge, fra le quali l’incantevole Cala Luna, essendo oltre tutto non lontane dalle Grotte del Bue Marino, dove risiede la foca monaca, a Cala Gonone, sono state chiuse o parzialmente interdette ai visitatori da alcuni anni, al fine di preservarle dall’inciviltà dei vacanzieri. Secondo la testimonianza di molti visitatori, gli effetti dell’attuale e benefico “inquinamento da acqua dolce” sono più che evidenti, L’insenatura di Cala Goloritzé, in Sardegna, dove emergono alcune bocche d’acqua, alquanto perché l’acqua di mare, in difficili a distinguere nell’immagine maggio-giugno 2016
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sono le bocche in quest’ultimo, poste all’interno della parte settentrionale dei due seni che lo compongono. Queste sorgenti sottomarine vengono localmente chiamate “citri”, e creano spostamenti di acqua dolce, ormai non più potabile perché mista ad acqua salmastra; si viene così a creare una condizione idrobiologica ideale per la coltivazione di pregiati mitili, le “cozze”, molto apprezzati, come abbiamo già visto, sin dall’epoca romana. Il nome di queste sorgenti, importantissime per il microambiente locale, viene fatto risalire ad una derivazione del greco chýtros, pentola, (Taranto fu una colonia fondata dai greci, per essere precisi dagli spartani), sia per la forma ideale di questa massa d’acqua dolce creata dalla cultura popolare, che per il continuo ribollire della sua superficie; secondo altri, il termine deriva dai chýtroi, fonti di acqua calda minerale, certo di origine vulcanica, che si trovavano presso le Termopili (a loro volta “porte calde”), ma sono entrambe congetture. “Li fiumi” di Torre Vado Procedendo adesso verso la punta estrema della costa pugliese, il vero e proprio “tacco d’Italia”, nel territorio del comune di Morciano di Leuca si trova il piccolo abitato di Torre Vado, il “marina” di Morciano di Leuca, noto
per la presenza nel suo terreno a mare, de “li fiumi”, come vengono popolarmente chiamate le sorgenti di acqua dolce esistenti in mare. Queste sorgenti, però, al contrario di quelle che abbiamo fino ad ora incontrate, si trovano a profondità basse e su fondali totalmente rocciosi; per questo con la sua azione, l’acqua sorgiva nei secoli ha scavato canali, vasche e altri scenari, creando un’ambientazione del tutto diversa da quella delle sorgenti che abbiamo incontrato finora. Così, di conseguenza, e pur essendo in buon numero, non hanno né la portata né la spettacolarità alla quale ci avevano abituato altre situazioni. Non è detto, comunque, che si sia esaurito l’elenco di questi fenomeni naturali esistenti nel mediterraneo; al contrario, sappiamo che ve ne sono al largo del litorale meridionale della Francia e anche in Spagna, mentre se proseguiamo il viaggio sino ad ora intrapreso, ne troveremo molto pochi in Italia, mentre non sono una rarità lungo la costa Croata, dove spesso la natura carsica del suolo è norma. Anche la Grecia non è esente da questi fenomeni, particolarmente nell’area di Creta, mentre ve ne sono anche nelle acque israeliane. In pratica, la natura di queste fonti affioranti dal fondo del mare è generalmente legata proprio alla natura carsica di qualche contrafforte
Un chiarissimo Citro di discrete dimensioni in Mar Piccolo, a Taranto, nei pressi di un campo di coltura dei mitili
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roccioso che funge da “serbatoio” all’uopo, mentre in alcuni rari casi il fenomeno può avere origine vulcanica. Abbiamo anche l’acqua fossile Potrebbero esserci altre possibilità, delle quali al momento non abbiamo notizia, ma non ci sentiamo di escludere, anche se si tratta di eventualità poco probabili: si tratta dei giacimenti di acqua fossile. Questa non è altro che acqua immagazzinata da un sottosuolo con particolari caratteristiche, ma millenni fa, per questo è definita fossile; ciononostante si tratta di acqua senz’altro buona. Ne fanno corrente uso, da tempo, Paesi come la Libia, la Tunisia, l’Arabia Saudita, il Texas. Il difetto di quest’acqua è che è un bene ad esaurimento, come il petrolio: un bel (o brutto?) giorno la miniera liquida si esaurirà e non resterà che chiudere quei rubinetti. D’altronde, i suoi giacimenti si trovano a notevole profondità, e riteniamo poco probabile che ve ne sia qualcuno con poche decine di metri di acqua oceanica sulla testa, che non eserciti un’alta pressione, talmente forte da consentire ad una fuoruscita idrica di librarsi verso la superficie. Ma tocchiamo l’ultimo argomento di questa nostra conversazione: abbiamo visto l’esistenza di queste fonti subacquee, in quali habitat si trovano, se sono più o meno note. Ma, in definitiva, a che servono? Sarebbe possibile sfruttarle in maniera economicamente pagante? Bene, l’acqua dolce del mare, in fin dei conti, può essere utilizzata come un’acqua qualsiasi, ma, fino a che si trova sotto il fondale marino e non palesa la sua presenza, certo non si può dire che serva a molto se non a costituire un’attrazione turistica al pari di un geyser o di un ghiacciaio. È ben vero che sino ad oggi, dall’antichità, l’acqua che viene dal mare ha dissetato qualche navigante che però, oltretutto, sapeva della sua esistenza e sapeva anche come trovarla, ma è altrettanto vero che sino ad oggi non è mai stato fatto alcun serio tentativo industriale di sfruttarla, a parte qualche timido esperimento andato prima o poi fallito. Di conseguenza, con tutta probabilità, sarà destinata a rimanere al livello di una curiosità della natura, anche se consideriamo che l’acqua potabile utilizzabile, rispetto a tutta quella che
Le sorgenti dei “fiumi” a Torre Vado, si trovano vicinissime alla battigia
si trova sul pianeta (in mari, oceani, fiumi, laghi, ghiacciai), è in quantità veramente minima, e in questo nostro caso ci troviamo di fronte a depositi tanto esigui che non vale la pena di tentare di sfruttarli. D’altronde, se una persona possiede i mezzi che glie lo consentono, piuttosto che trivellare fondali marini (per non dire oceanici) per ottenere l’acqua, pensiamo che troverà economicamente più remunerativo trivellare in cerca di petrolio o gas. A meno che non si trovi in una località dove l’acqua e il petrolio arrivino ad equivalersi come importanza, ad esempio in uno Stato desertico o in uno che, avendo già assaggiato cosa vuol dire la vera siccità, voglia fare di tutto per evitare di ritrovarsi in quelle congiunture.
Si trivella un pozzo di acqua fossile a Degache, un centro della Tunisia sud – occidentale con una oasi famosa e utilizzata sin dal tempo dell’antica Roma
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Il Conte Ippolito di Rino Esposito
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Ed ecco di nuovo i simpatici girandoloni del nostro mare laziale, questa volta alle prese con una piccola disavventura dalla quale saranno provvidenzialmente salvati. Ma da chi?
ome al solito, con i due vecchi amici Sandro e Roberto, ai primi di giugno facciamo calare in acqua le nostre barche per cominciare a goderci il mare tra le isole Pontine ed il Circeo. Naturalmente cominciamo con qualche bagno dietro il monte Circeo, sotto qualcuna delle vecchie torri di vedetta, o vicino Sperlonga dove ci sono splendide insenature abbastanza riparate dal ponentino che nelle prime ore del pomeriggio comincia ad increspare il mare con le sue crestine bianche. Poi, attrezzate bene le barche che per otto mesi sono rimaste a secco, e ripresa confidenza col mare, cominciamo ad organizzare, tempo permettendo, dei week end a Ponza o a Ventotene che non distano molto dal Circeo. Solito copione di ogni anno, ma sempre emozionante e diverso, perché ogni escursione è esaltata dalle novità e dalla profonda passione di vivere il mare. Ricordo, lo scorso anno, essendo riusciti a
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mettere insieme quattro giorni di vacanza, abbiamo deciso a fine giugno di fare un giro tra il Circeo, Ponza e Ventotene: giro interessante perché le due isole, pur essendo distanti tra loro solo venti miglia, sono completamente diverse. Ponza è più vivace, più modaiola, bei ristoranti, e soprattutto è frequentata da giovani, mentre Ventotene è più meta di famiglie ed è interessante per chi ama le immersioni e le attività subacquee, dato che al porto romano si trovano scuole ed organizzazioni per praticare immersioni lungo le coste dell’isola.
Le incantevoli Pontine Interessante poi da vedere, a sette miglia circa dal porto di Ponza in direzione di Ventotene, lo scoglio della Botte che si alza dritto sul mare da fondali profondi 300 o 400 metri. Un pescatore di Ventotene mi ha raccontato poi di aver spesso incontrato coppie di delfini che si muovono tranquillamente in quella zona, specialmente alla fine dell’estate.
Il mare delle isole Pontine, non solo è stupendo, ma riserva spesso piacevoli sorprese e stupende visioni, specialmente al tramonto che si tinge sempre di un rosso incredibile: il mare a 360 gradi, l’ambiente, la barca, le semplici emozioni vissute navigando tra queste isole, sono cose semplici a disposizione di tutti, ma difficili da trasformare in parole. E così, anche quest’anno, ai primi di luglio, ci organizziamo, con due barche ed un gruppetto di amici, per passare un paio di giorni a Ponza e Palmarola, visto che il tempo è splendido ed il mare è calmo. Dal Circeo facciamo rotta per 220 direttamente su Palmarola, dove passiamo la prima giornata ancorati davanti alla spiaggia del francese, forse uno dei più bei posti del mediterraneo, così chiamata perché tantissimi anni fa un turista francese capitato lì per caso, ne rimase talmente affascinato da rimanerci a vivere, aprendo un piccolo ristorante che esiste ancora oggi. La piccola baia, protetta da scogliere, offre tutte le meravigliose sfumature di colore delle rocce e dei fondali di questa piccola perla del nostro mare. La notte la passiamo ormeggiati nel porto di Ponza, sempre vivace ma ancora aperto alle mareggiate causate dal levante, perché non si riesce a costruire un molo di levante che amplierebbe notevolmente le possibilità di ormeggio nel porto, allargandolo praticamente fino a S. Maria, e che eviterebbe tragiche not-
tate alle barche ormeggiate nel porto, quando si scatenano le levantate estive. L’indomani mattina andiamo ad ancorarci a Chiaia di luna, dall’altro lato dell’isola: è una splendida giornata di sole che trascorriamo tra lunghi bagni intervallati da un po’ di frutta, fino alle cinque del pomeriggio, quando iniziano i nostri guai. La baia di Chiaia di luna ha un fondale prevalentemente sabbioso fino ad una cinquantina di metri dalla riva: poi il fondale cambia ed è formato da scogliere, grossi massi ed anfratti, e questo non è certo il massimo per un tranquillo ancoraggio. Dato il numero notevole di barche già ormeggiate al nostro arrivo, siamo costretti a cercare un posto per le nostre barche abbastanza distante dalla riva, e non proprio lontano dalla scogliera.
Non sempre salpare è facile La giornata trascorre tranquilla e piacevole, e come ho detto, verso le cinque, decidiamo di salpare per fare ritorno al Circeo: una delle barche riesce a tirare su l’ancora senza grossi problemi, mentre l’altra, dove io sono ospite, non riesce a disancorarsi, nonostante i vari tentativi in avanti ed indietro. Io ed il mio amico Roberto scendiamo in acqua con pinne e maschere per capire cosa è successo: vediamo sotto di noi, a sette od otto metri di profondità, l’ancora incastrata tra due massi. In profondità l’acqua è gelida e non riu-
La splendida insenatura di Chiaia di Luna, a Ponza, sede di sosta e rifugio per tanti velisti, prima di recarsi a fare shopping nella cittadina; in apertura la non meno bella insenatura di Sperlonga, antistante il piccolo borgo marinaro
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sciamo neanche a raggiungere l’ancora. Certo come sub non siamo eccezionali! Risaliamo a bordo e ritentiamo ancora qualche manovra, ma niente da fare. Alla fine decidiamo, per poter andar via di mollare a mare catena ed ancora, per poi tornare a recuperarle: ma anche questo non risulta semplice. Infatti mollata tutta la catena, ci rendiamo conto che l’ultimo anello è collegato nel gavoncino di prua con un moschettone a vite talmente arrugginito che non si sblocca. Ci chiediamo perché i Cantieri non usino moschettoni di acciaio che costano solo qualche euro, mentre invece quelli di ferro se non vengono oliati e puliti ogni anno, rischiano di bloccarsi in modo irreparabilmente definitivo. Le proviamo tutte e dopo un quarto d’ora, usando un seghetto per il ferro che avevamo a bordo, riusciamo a segare la vite del moschettone ed a gettare finalmente la catena in mare. Nel frattempo gli amici dell’altra barca si erano rivolti ad una grossa imbarcazione vicina, sulla quale, a poppa, era una persona con la muta da sub, per avere un aiuto a risolvere il pro-
blema. Subito il signore con la muta e suo figlio, con il tender che avevano in acqua, vengono a vedere cosa si può fare: individuate l’ancora e la catena sul fondo (a Ponza l’acqua è trasparente), con due o tre immersioni riescono a liberare l’ancora, riportarla in superficie e posizionarla sulla plancetta di poppa della nostra barca, aiutandoci poi a recuperare pian piano i 40 metri di catena che avevamo mollato in mare. Mentre eravamo impegnati al recupero squilla un cellulare: era un’amica del Circeo che voleva prenotare per la sera la cena in un ristorantino che conosceva. Dato il momento potete immaginare la risposta.
Grazie, Conte Ippolito Recuperata la catena, e sistemato alla meglio il tutto nel pozzetto, abbiamo ringraziato il nostro gentile amico e le persone che erano a bordo con lui, ma non ci siamo scambiati i nomi, anche se parlando abbiamo saputo che erano ormeggiati nel porto di Nettuno. Erano su una bella barca di cui però non ho notato il nome del cantiere: su una fiancata c’era il nu-
Ventotene, un altro splendido punto di sosta, più familiare della modaiola Ponza, ma non per questo meno affascinante, come testimoniano i suoi visitatori che, ad ogni occasione, vi tornano
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solito ponente del pomeriggio era ormai calato. Il sole si vedeva a mare, appena sopra l’orizzonte, rosso in un tramonto stupendo e… tranquillizzante per le nostre signore che avevano temuto di passare la notte in una barca immobilizzata vicino alle scogliere di Chiaia di luna. Sicuramente niente di pericoloso, ma psicologicamente per loro era più piacevole il letto di casa. Per noi (quasi) vecchi lupi di mare, abituati a ben altro, La piccola baia con il ristorantino de “’o francese” che da decenni è un punto di ritrovo obbligato per era stato solo un gli amanti ed estimatori di Palmarola seccante inconveniente. Almeno così abbiamo poi raccontato mero 530 e quindi presumo che poteva essere agli amici! un 53 piedi di un colore marrone scuro. Il nome scritto a poppa era Il Conte Ippolito. Persone così disponibili ed amanti del mare, voglio presumere che siano sicuramente soci della Lega Navale: se è così, potranno leggere questo breve articolo, con il quale ancora vogliamo mostrare apprezzamento, non tanto per l’aiuto ricevuto, ma perché hanno dimostrato di essere veramente gente di mare con grande disponibilità verso chi è in difficoltà. Siamo ripartiti da Ponza al tramonto verso le sette, e poco dopo le otto eravamo al Circeo, con un bellissimo Come si vede, i problemi causati dalle ancore “incattivite” fra gli scogli, non sono assolutamente mare calmo perché il cosa nuova né rara per chi naviga su queste rotte maggio-giugno 2016
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Recensioni e segnalazioni
Cristiano Bettini
OLTRE IL FIUME OCEANO Uomini e navi romane alla conquista della Britannia Laurus Robuffo - Roma 2016 pagg. 509 - € 25,00
Nonostante l’effetto che tuttora suscita la grande scritta che recita “Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori” da un’altezza di 60 metri, su tre lati del palazzo della Civiltà Italiana (o del Lavoro), nel quartiere EUR, a Roma, scelta dalla propaganda del regime fascista quando il palazzo venne edificato alla fine degli Anni 30, possiamo dire che almeno due delle onorevoli qualifiche dedicate agli italiani sono decisamente ridondanti. Trasmigratori, infatti, è un termine eccessivo se riferito ai miseri emigranti che tra l’Ottocento e la prima metà del Novecento fuggirono fame e miseria lasciandosi alle spalle un Paese spesso ingrato, mentre
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definire navigatore un popolo che sin dai tempi della sua aurea romanità non lo fu mai, e che ancora oggi non riesce a realizzare la sua giusta affinità con il mare, come la stessa natura suggerirebbe data la conformazione geografica dell’Italia. Ma anche la Roma antica, cui tanto frequentemente faceva riferimento il passato regime, che fu una grande potenza militare e, di conseguenza, navale, non fu mai un vero Paese marinaro. Né riesce a confermare questo attributo la pur notevole schiera di navigatori che, per questa o quella corona, esploreranno in seguito mari e scoprirono continenti. Ed è proprio ad uno dei più gloriosi periodi dell’impero romano che fa riferimento l’Autore, un ammiraglio conoscitore ed esperto di questa particolare “nicchia”, i tre secoli nei quali Giulio Cesare, l’imperatore Claudio e Costanzo Cloro condussero le loro legioni (“le aquile che predavano lontano” come le definirà il Carducci) sul suolo britannico. Tre secoli nei quali la Classis britannica (la flotta romana del Canale, ossia della Manica) con i mezzi e le tecnologie dell’epoca, riuscirà a portare a termine con successo ben quattro diverse campagne ed altrettante operazioni di sbarco anfibio sulle spiagge di quella che diverrà in un lontano futuro “la perfida Albione”, riuscendo dove non riuscirà Adolf Hitler, con Kriegsmarine, Wehrmacht e la fallace “Seelöwe Unternehmen” (Operazione Leone Marino), destinata ad abortire prima di nascere. L’Autore, dunque, ci parla della
Classis di quei lontani tempi, con un’Opera di largo respiro e di affascinante lettura che tocca, spiega, dipana argomenti noti e meno noti, passando dal settore storico a quello geografico a quelli navale, nautico e merceologico, meteorologico, e logistico. Con particolare attenzione, si sofferma proprio su questo settore: la logistica, che i romani per primi svilupparono con una modernità che va oltre ogni dire, e che, sapientemente applicata in campo navale, consentì alle loro flotte di operare con risultati che hanno spinto gli stessi inglesi, nei secoli a seguire, a coglierne gli insegnamenti, nella Royal Navy, fino all’inizio dello scorso secolo. Questo, però, è anche uno dei motivi che rendono difficile, nel nostro contesto, di parlare in maniera concisa di quest’O., riferendoci, articolatamente, a tutti i suoi aspetti, senza correre il rischio di creare un doppione del suo testo lucido e scorrevole, che crea un compendio organico di tutta questa materia, in grado di soddisfare il lettore più esigente. Opportunamente suddivisa in due parti, l’O. affronta la materia, prima da un punto di vista eminentemente storico ma anche strategico e organizzativo, per quanto riguarda gli uomini, e gli animali al seguito, le loro necessità, i loro fabbisogni, le dotazioni individuali, l’assistenza sanitaria di reparto e di bordo, fin nel più minimo settore, senza dimenticare di illustrarli con un’iconografia più che esauriente e ben scelta. Nella seconda parte, decisamente tecnica, l’attenzione
dell’A si rivolge alle navi, dalla loro progettazione alla loro entrata in linea, con riferimento a tutte le caratteristiche richieste, ai materiali, alle tecniche costruttive e compara la struttura e le prestazioni tra le navi delle popolazioni stanziali della Manica e della costa normanna e quelle, innovative, che porteranno o adotteranno quelle della Classis Britannica. Al termine, un necessario, molto esauriente ed interessante glossario, ed alcuni elenchi di nomi di personaggi e di località storiche, concludono la pubblicazione. Per questo, ci sentiamo di consigliarla al lettore appassionato di Marina, della romanità, o comunque della storia e degli argomenti a questi correlati: un’O. del genere non dovrebbe mancare nella biblioteca di ciascuno dei numerosi appassionati delle materie summenzionate. Due piccole critiche, tuttavia, ci sentiamo di doverle avanzare, anche se sappiamo bene che non vanno mosse all’Autore, ma che sono quasi forzate, la prima, dallo sviluppo del volume (509 pagine), e della conseguente necessità, in questi tempi grami, di contenere il consumo (e i costi) della carta, specialmente perché quella utilizzata è abbastanza pregevole. La seconda riguarda il corpo dei caratteri utilizzati nel testo, che è piuttosto esiguo, a scapito della leggibilità, mentre, certo per lo stesso motivo, a molte delle spesso interessantissime immagini, è stato concesso uno spazio molto ridotto, non sempre sufficiente a valorizzarle. Contenuto il prezzo per un’O. di questo livello. Franco Maria Puddu
Carlo Lobietti
IL SEQUESTRO DI NAVE nel Diritto Italiano Full Print srl – Ravenna 2014 Pagg. 380
L’opera fornisce una trattazione esaustiva delle procedure, del profilo dei soggetti e degli oggetti, che vengono interessati dai provvedimenti di sequestro. L’A. dapprima riporta i caratteri e le fonti del sequestro navale, soffermandosi sulle conseguenze dell’introduzione nell’ordinamento italiano della Convenzione di Bruxelles del 10 maggio 1952, per passare all’esame dei presupposti del sequestro giudiziario, con l’elencazione dei crediti previsti dalla Convenzione, i crediti esclusi e quelli che potrebbero essere ricompresi nell’ambito della stessa. Di notevole interesse per gli operatori legali il capitolo III che, dopo un excursus sulla nave, i carati e le sue pertinenze, delinea l’oggetto del sequestro conservativo sia nel diritto interno che nel regime della Convenzione, con riferimento anche
alla particolare possibilità di sequestro della c.d. sister ship, con esclusione peraltro della possibilità di sequestro cumulativo; le categorie delle navi soggette a insequestrabilità sia assoluta che relativa vengono successivamente prese in considerazione assieme alle modalità dell’accertamento, con un riferimento particolare all’immunità del sequestro della nave “pronta a partire”, con l’individuazione del momento determinante per la insequestrabilità. Il successivo esame delle parti e dei soggetti coinvolti nell’azione cautelare contempla i soggetti: debitore, proprietario, armatore, raccomandatario, comandante della nave, ship manager, institore e procuratori, agenti di commercio, mediatori marittimi e la rappresentanza processuale. Essenziali i requisiti per la concessione del sequestro conservativo,in particolare il fumus boni iuris (probabilità di sussistenza del credito) e relativi elementi di prova, esaminato nell’ordinamento processuale italiano e nel regime della Convenzione. La costituzione della cauzione imposta al sequestrante subordinata anche al periculum in mora (rischio che il diritto al risarcimento rimanga insoddisfatto). Sono quindi esaminati i presupposti processuali dell’azione diretta al sequestro della nave con particolare riferimento alla nazionalità della nave (italiana o non) e all’ubicazione della stessa, e i limiti imposti dalla Convenzione oltre all’attribuzione della competenza per l’esecuzione forzata navale, e per il sequestro navale e il contrasto dei criteri di determinazione della competenza stabiliti nel vigente codice di maggio-giugno 2016
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Recensioni e segnalazioni rito con le esigenze della navigazione e del traffico marittimo e di quelle proprie del sequestro. Il procedimento di autorizzazione al sequestro dalla domanda di autorizzazione proposta con ricorso al giudice competente e i requisiti di contenuto-forma del provvedimento di sequestro navale. L’esecuzione del sequestro dalla notificazione al proprietario e al Comandante alla trascrizione del provvedimento di sequestro e sua natura giuridica. I limiti di applicazione della disciplina speciale e sua integrazione con ricorso al codice di rito prendono in esame le fattispecie anomale del sequestro (esecuzione presso il debitore; esecuzione presso terzi; la nave in costruzione; la nave in disarmo; la nave in demolizione; le unità da diporto), oltre alle cause d’inefficacia del sequestro. La cessazione del sequestro e la sua revoca, l’amministrazione giudiziale della nave sequestrata, un esame delle possibilità di vendita cautelare della nave e dei suoi carati, la limitazione del debito armatoriale nel Codice della Navigazione e nelle Convenzioni internazionali. Particolarmente interessante la parte relativa alla responsabilità per danni derivanti dal sequestro ottenuto od eseguito contra legem: rinviata comunque alla legge dello Stato contraente nella cui giurisdizione è stato eseguito o richiesto il provvedimento cautelare, ed in particolare nell’ordinamento italiano in cui la decisione sulla responsabilità del sequestrante rientra nella competenza esclusiva del giudice competente per il merito della causa a cui i danni si riferiscono, e decisione che deve
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essere presa solo in tale giudizio e non in un separato processo (principio peraltro suscettibile di deroghe). Analogamente il giudice straniero dovrebbe decidere applicando la legge italiana per i criteri di valutazione della responsabilità, salvo azione proposta dal danneggiato avanti l’Autorità giudiziaria italiana nel caso che il giudice estero non provveda, non accettando la giurisdizione sulla questione. Il tutto viene portato avanti con piglio determinato e, nonostante la trattazione sia riservata principalmente agli “addetti ai lavori”, è discorsivamente molto chiara e completa e possiamo dire, per certi versi, anche “allettante”. Pietro Maradei
Marco Nicolò Perinelli
FAMAGOSTA La Croce e la Mezzaluna Ed. Il Frangente – Verona pagg. 138 – € 15,00
L’Opera si apre con una visione agghiacciante: quella delle teste di Niccolò Dandolo, go-
vernatore civile della capitale di Cipro, Nicosia, e dei suoi ufficiali tagliate dal busto dei loro sciagurati proprietari, infilzate su lunghe picche e portate con una lunga corsa di 50 chilometri davanti alle porte di Famagosta, seconda città dell’isola, munitissima e con un importante porto, per terrorizzare i difensori asserragliati entro le mura. È il 10 settembre 1570 e circa 250.000 turchi, guidati da Lala Kara Mustafa Pascià, sciamano per l’isola, ma solo 150.000 sono soldati; gli altri sono zappatori destinati ad erigere le opere d’assedio di Famagosta, molto più ben difesa e resa munitissima da un eccellente sistema di fortificazioni. Cipro, governata dal Leone di San Marco, è un caposaldo militare, politico e strategico di primissimo livello; lo è tutt’oggi. I turchi lo sanno bene e per questo, oltre che per infliggere un duro smacco a Venezia, si preparano a un duro assedio, ma i veneziani lo sanno ancora meglio e sono decisi alla difesa a oltranza, sempre sperando di ricevere aiuti da Venezia, ché lo strapotere ottomano è tale (in tutto 200.000 turchi contro 7.000 veneziani) da non consentire illusioni di vittoria. Ma gli aiuti non arriveranno mai. In compenso, Famagosta resisterà incredibilmente per ben 10 mesi, sotto la guida di Marcantonio Bragadin e di Astorre Baglioni, tra l’eterna speranza, disattesa giorno dopo giorno, dell’arrivo di rinforzi da Venezia, una scaramuccia e un’imboscata, mentre la di-
plomazia veneta sa e non sa cosa fare. Nonostante questo, alla caduta dell’ultimo caposaldo e all’inevitabile resa, contro 6.000 tra veneziani e alleati greci uccisi in battaglia, i turchi ne dovranno piangere 80.000. Proprio sull’ultima pagina di questa saga eroica e allucinante, lo scuoiamento da vivo di Bragadin e la decapitazione del Baglioni (dopo che i due avevano avuto la garanzia di salvezza assieme ai superstiti, che verranno in gran parte trucidati) si chiude questa Opera prima dell’autore, che ha suscitato molti consensi, classificandosi fra le finaliste del prestigioso premio letterario La Giara. Si tratta di un romanzo storico accuratamente documentato e preciso sin nei minimi particolari, nel quale l’Autore, un giovane giornalista laureato in archeologia greca e romana, ha avuto la massima cura di evitare nozionismi, pedanterie ed inutili enfasi, dimostrando di avere grande padronanza dell’argomento; l’utilizzo saltuario di un garbato ma comprensibilissimo dialetto veneto, dà poi una simpatica nota di colore affatto fuori posto, dal momento che, a Venezia, anche il Doge, in privato e non solo, parlava in dialetto. Con una prosa calma e piana, senza esitazioni o cadute di stile, porta a noi vicende quotidiane e risvolti diplomatici, atti di eroismo ed episodi di abiezione morale, tradimenti e machiavellismi che, presi nel dovuto modo, fanno intendere alcuni risvolti tuttora poco noti di questa vicenda
il cui svolgersi ebbe ripercussioni sugli antefatti che sfociarono poi nella battaglia di Lepanto. Anzi, e l’A. lo fa capire chiaramente, la lunga agonia di Famagosta e la sua atroce fine furono il preludio della grande battaglia navale con la quale la cristianità riuscì a bloccare drasticamente l’espansionismo ottomano sul mare. Franco Maria Puddu
Giulio Mazzolini
CORROSIONE DEI METALLI NELLA BARCA Ed. il Frangente – Verona 2015 pagg. 96 - € 21,00
Tra le molteplici preoccupazioni che affliggono la vita dei diportisti, la corrosione dei loro scafi e delle relative pertinenze metalliche non occupa davvero l'ultimo posto. E' anche un interessante argomento per le chiacchiere di banchina, condito con la citazione di casi clamorosi (un
drammatico distacco della chiglia, per esempio, o il misterioso cedimento di una landra con conseguente fatale rottura dell'albero e via dicendo), ma resta un fenomeno la cui conoscenza è a dir poco fumosa, per cui i relativi rimedi vengono effettuati in maniera prevalentemente empirica, e si rivelano il più delle volte assolutamente inadeguati. Per cercare di colmare tale lacuna l’A. ha condensato in questo volumetto tutte le conoscenze necessarie per consentire un approccio rigorosamente scientifico alla soluzione del problema della corrosione, così come del resto promesso dal sottotitolo “Tutte le tecniche per evitarla”. L'A. ne definisce i meccanismi e suggerisce come prevenirla e come ridurne gli effetti. Si avvale per questo di testi facilmente comprensibili, integrati da una serie di chiari disegni e fotografie in bianco e nero e a colori. Per chi volesse, poi, approfondire la materia, si segnala, pubblicata nell'ultima pagina, la tabella della “serie galvanica dei metalli in acqua di mare rispetto alla mezza cella Argento/Cloruro di Argento”. Qui ci inoltriamo, però, in un territorio più adatto al tecnico specializzato che al diportista, al quale è invece utile la conoscenza del contenuto dei precedenti capitoli per mettere in atto una consapevole quanto indispensabile azione di prevenzione, di protezione e di controllo, a tutto vantaggio della vita del proprio scafo. Claudio Ressmann maggio-giugno 2016
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Ambienti per le immersioni (7a parte) di Alberico Barbato
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ranquilla, calda, accogliente, invitante per le sue caratteristiche uniche: è la notte d’estate. Le preziose ore che compongono il tempo tra quando la luce diurna ci lascia e il sole si riaffaccia trionfante sul giorno, sono delle fedelissime compagne per un’immersione subacquea. Sott’acqua, i nostri fari tagliano il nero del mare, la luce è concentrata sul nostro punto d’interesse, svela i colori puri, affatto influenzati dalla dominante azzurra, immancabile invece durante il giorno. Riusciamo a esaminare tutte le sfumature cromatiche che illuminiamo, mettendo in risalto la loro complessa bellezza, e paradossalmente le vediamo meglio che se fossero illuminate dal sole! La tranquillità di una bella notte estiva, priva di vento e di ogni disturbo esterno, causato soprattutto dal traffico delle barche, ci rilassa a tal punto che i nostri spostamenti subacquei sono quasi imper-
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La Janulus cristatus è un mollusco gasteropode appartenente all'ordine dei Nudibranchi
cettibili. Immobili nel buio, avanziamo alla ricerca dei nostri obiettivi. Le pinne si flettono lentamente, il respiro lento e profondo irrompe nel nero denso del mare, e produce scintille e lampi di bolle argentee che smuovono il plancton presente. Siamo in perfetta simbiosi con l’ambiente che ci accoglie, e tra
poco troveremo ciò che cerchiamo. Il nostro primo obiettivo, lo Janolus cristatus, è un Mollusco Gasteropode appartenente all’ordine dei Nudibranchi, il cui nome sta a significare organismi con le branchie nude. Questi è una comune specie mediterranea, presenta due varietà cromatiche ben
distinte: una bianca provvede a catturare ed azzurra, l’altra giall’elemento sospeso lo-arancio. La coloranell’acqua. Gli zoidi si zione è vivace, ben alimentano con piccole stagliata dal substrato, piante microscopiche quasi ad avvisare il note come fitoplancton possibile aggressore che rimangono intrapdella carica urticante polate nei loro tentadelle proprie appencoli. Come la maggior dici. Nel Mar Mediparte dei briozoi, la triterraneo occidentale na di mare vive in acè presente da pochi que poco profonde, in metri di profondità ad fondali tra i venti e otoltre trenta metri ed tanta metri, dove il è più comune in preloro cibo è più abbonLa foto di altri due esemplari di Janulus cristatus ne evidenziano il senza di coralligeno. dante. La prima appacaratteristico aspetto La sua dieta è prevarizione di questo aniquesto è uno dei più noti lentemente composta di Briomale viene fatta risalire, in briozoi mediterranei. Esistono zoi, e le sue ovature sono di base ad un ritrovamento in molte specie morfologicacolore rosa, disposte sul subuna contea dell’Inghilterra mente simili, sia in Mediterstrato in cordoni a forma di orientale, al Terziario, 1.8 miraneo sia in altri mari. Il sifestoni. lioni di anni fa. gnificato del termine briozoo L’emozione al momento della La delicatissima bellezza di identifica questi organismi scoperta, non ci deve distrarre questa creatura dei mari, la come animali-muschio. Sono dal fatto che assolutamente costringe a collocarsi sempre organismi coloniali ed ogni dobbiamo guardare e non al riparo da forti correnti o organismo è chiamato zoide. toccare, questo per il bene da situazioni che possono esLe capsule che racchiudono nostro e dell’organismo masere elementi distruttivi per ciascun individuo formano rino. Le riprese, fotografiche quel paziente ed elegante lala colonia chitinosa o calcarea o video, viste le caratteristiche voro della natura. Non ci che si presenta come una del soggetto, sono indubbiastancheremo mai di osservare struttura rigida e qualche mente spettacolari, e la notte, la preziosità dei merletti della volta flessibile, dai neofiti a con le sue “quinte” nere, trina di mare, mentre con la volte confusa con il Corallo come sempre ci aiuta! mente per un attimo ci sofo con le Alghe. Una corona Sempre lentamente ci spofermiamo a pensare quanta di tentacoli detta lofoforo, stiamo nella tranquillità dei delicatezza esiste in ogni forma fondali che ci ospitadi vita subacquea, in no, questa volta la ricontrapposizione con cerca del soggetto è la strepitosa forza inproprio dedicata alla controllabile degli elepreda più ambita menti della natura madell’organismo appena rina. visitato: un tipo di La notte, fedele combriozoo denominato pagna d’immersione, Sertella septentrionalis, continua ad esserci viun tempo chiamata cino e a infonderci Retepora cellulosa. Cotranquillità. Durante nosciuto comunemenquesta emozionante te come trina di mare, esperienza, possiamo maggio-giugno 2016
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La Trina di mare, della quale in questa pagina vediamo tre diversi esemplari, è simile a un delicato merletto dai tenui colori pastello. Gli Zoidi, animali di questa colonia si nutrono di Fitoplancton
anche ascoltare la musica del mare. Se ci concentriamo sui rumori e tratteniamo per un attimo il respiro, potremo percepire mille suoni: dai sassi che si spostano sul fondo, a indefinibili e sconosciute armonie che arrivano alle nostre orecchie, come se ascoltassimo una lirica del blu. La
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Natura, in quanto espressione di se stessa, è capace di creare in ogni sua forma d’espressione una precisione armonica e nello stesso tempo funzionale. Noi umani, per necessità, goffamente tentiamo di imitarla. Ma specialmente in questo caso, l’allievo non riuscirà mai a superare il Maestro!
Il tempo a nostra disposizione è quasi finito, ci orientiamo per il ritorno alla nostra base, e gestiamo in sicurezza la risalita verso la superficie, ormai questa è una procedura che conosciamo bene. Ma appena la nostra testa esce dall’acqua, ci appare un altro spettacolo meraviglioso, il cielo di notte! Paragoniamo la bellezza dell’immensità stellata alle luminescenti forme di vita subacquee che abbiamo appena lasciato. Siamo ancora parzialmente immersi, solo la nostra testa è fuori dal blu, ma la nostra mente, estasiata dai ricordi dei momenti appena vissuti, tenta di dare dei voti a questi patrimoni inestimabili messi a nostra disposizione. Sul mare intanto è calma piatta, i lampi fosforescenti del plancton agitato dalle pinne, proseguono e accompagnano i nostri movimenti, la luce delle costellazioni si specchia sulla lavagna liquida, e noi felici ci chiediamo:... ma... non è solo una semplice notte d’estate?
La voce del diportista
La nuova direttiva 2013/53/UE per le unità CE di Aniello Raiola
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on il decreto legislativo 11/1/2016, n. 5 l’Italia ha recepito la nuova direttiva 2013/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa alle unità da diporto e alle moto d’acqua. La nuova direttiva ha abrogato la previgente 94/25/CE ed ha elevato ulteriormente gli standard di sicurezza previsti a livello europeo. Si applica dal 18 gennaio 2016 a tutte le unità da diporto di lunghezza tra 2,5 e 24 metri, che dovranno soddisfare determinati requisiti tecnici di progettazione e costruzione relativi alla salute e sicurezza delle persone, nonché alla protezione delle cose e dell’ambiente. E’ previsto, però, che fino al 18 gennaio 2017 possano essere ancora immessi sul mercato prodotti conformi alla precedente direttiva. Il soddisfacimento dei requisiti è certificato, come in precedenza, dalla marcatura CE
di conformità, apposta dal fabbricante. La relativa dichiarazione di conformità UE è redatta e rilasciata dal fabbricante, che in tal modo assume pienamente ed esclusivamente la responsabilità della conformità del prodotto alla normativa comunitaria. Le sopracitate norme si applicano non solo alle unità da diporto fino a 24 metri e alle moto d’acqua, ma anche ai relativi motori e ad alcuni componenti (es. protezione antincendio per motori, timone a ruota, serbatoi di carburante e tubazioni, boccaporti e oblò). La valutazione della conformità CE generalmente avviene in fase di costruzione dell’unità e comunque prima dell’immissione sul mercato, essenzialmente in due modi: a) per le unità di lunghezza tra i 12 e i 24 metri appartenenti alle categorie di progettazione A, B e C è previsto l’esame “UE per tipo”, cioè l’esame, a cura
di un ente tecnico autorizzato, del progetto dell’unità per verificare il rispetto delle prescrizioni della direttiva, unito all’esame e alle prove su un campione rappresentativo della produzione. Se il tipo (cioè l’esemplare) è conforme ai requisiti stabiliti dalle citate norme, l’ente tecnico rilascia al fabbricante un attestato di esame “UE per tipo”; b) per tutte le altre unità sono previsti, invece, controlli interni della produzione e prove a cura del fabbricante o eventualmente di un organismo tecnico, essendo facoltativo l’esame “UE per tipo”. In entrambi i casi, alla fine il fabbricante emette la dichiarazione di conformità UE, che è l’attestazione in cui dichiara che i suoi prodotti soddisfano i requisiti stabiliti dalla direttiva. Gli enti tecnici sono legittimati ad espletare le procedure maggio-giugno 2016
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La voce del diportista
Il nuovo Hanse 315, ha ricevuto la marcatura CE con categoria di progettazione A (oceano)
di valutazione della conformità appena viste, con autorizzazione rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Attualmente sono autorizzati dall’Italia e notificati agli altri Stati membri della UE i seguenti enti (c.d. notificati): Registro italiano navale (RINA), Istituto Giordano, Det Norske Veritas Italia, Agenzia nazionale certificazioni componenti e prodotti, Soc. Udicer-Nautitest, Soc. Quality & Security, Agenzia nazionale per la sicurezza ed Ente navale europeo. Da questi vanno tenuti distinti gli organismi c.d. affidati, cioè autorizzati ai sensi del decreto legislativo n. 314/98 (che reca l’attuazione della direttiva 94/57/CE, come modificata dalla direttiva
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97/58/CE, relativa agli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi, e riguarda le navi mercantili). Infatti, gli organismi affidati non hanno competenze in materia di nautica da diporto per la certificazione CE, bensì solo per la stazzatura e le visite di sicurezza. Questi all’attualità coincidono con due organismi notificati (Registro italiano navale e Det Norske Veritas) più un terzo che è il Bureau Veritas. La direttiva 2013/53/UE, come per il passato, prevede la suddivisione delle unità da diporto in quattro categorie di progettazione: • Categoria A: unità progettate per venti superiori a forza 8 e un’altezza d’onda significativa superiore a 4 metri; • Categoria B: unità progettate per venti fino a forza
8 e un’altezza d’onda significativa fino a 4 metri; • Categoria C: unità progettate per venti fino a forza 6 e un’altezza d’onda significativa fino a 2 metri; • Categoria D: unità progettate per venti fino a forza 4 e un’altezza d’onda significativa fino a 0,3 metri. Ogni unità da diporto marcata CE deve avere, fissate sullo scafo e separate fra loro, il numero d’identificazione e la targhetta del costruttore. Il numero d’identificazione deve riportare: codice del paese del fabbricante, codice unico del fabbricante, numero di serie unico, mese e anno di produzione, anno del modello. La targhetta del costruttore deve contenere: nome, denominazione commerciale registrata e recapito del fabbricante, marcatura CE, categoria di progettazione, portata massima consigliata dal fabbricante, numero di persone, raccomandato dal fabbricante, per il cui trasporto l’unità è stata progettata. Tutte le unità da diporto devono essere dotate del manuale del proprietario in una o più lingue che possono facilmente essere comprese dagli utilizzatori finali. Esso deve riportare tutte le informazioni necessarie per l’uso sicuro del prodotto, attirando l’attenzione su messa in opera, manutenzione, funzionamento regolare, prevenzione e gestione dei rischi.
Corso di pesca
Tra ami e inneschi di Riccardo Zago
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embrerà strano che da un oggetto così piccolo come un amo dipenda la gran parte del nostro risultato di pesca, eppure è proprio l’amo ad agganciare il pesce e a tenercelo in canna durante il combattimento. Così come è l’amo, che può avere forme e dimensioni anche molto diverse, a trattenere la nostra esca. E, proprio a proposito di bocconi, questa volta ci soffermiamo sulla sardina, l’esca forse più duttile e usata per moltissimi pesci ma anche una delle più delicate sulla mangiata. Ecco due buoni argomenti da approfondire in queste pagine: la scelta dell’amo e un paio di sistemi per migliorare i nostri inneschi con la sardina. Questione di misura ma anche di forma Decidere quale uncino montare non è semplice come sembra e prova ne sono i cataloghi delle grandi marche, in cui troviamo un’infinità di modelli: grossi, piccoli, lunghi o corti, con occhiello e senza, con ardiglione o meno e via dicendo, per tutte le tecniche e... anche di più. Spesso si rimane disorientati e la scelta di un amo al posto di un altro, magari proprio quello giusto, è frutto della confusione. Per il bolentino dalla barca, però, occorrono ami specifici
da scegliere in base alla profondità in cui si agisce. Nel sottocosta ci vogliono uncini a paletta, a filo sottile, dal gambo lungo e la curva stretta, prerogative che li rendono adatti all’innesco di vermi come i “coreani” e i “muriddu”. L’amo a paletta è comune a tutti i tipi di bolentino, a parte quello di profondità, ma il gambo lungo facilita l’innesco dei vermi e, nel caso di pesci dai denti affilati, evita che il nylon si tronchi. La curva stretta, infine, agevola la ferrata dei piccoli pesci di fondo. La misura standard degli ami per il bolentino sottocosta è n. 12-10. Se, invece, cerchiamo tanute, saraghi o pagelli, si va sul medio fondale: gli ami cambiano e diventano a filo medio, con gambo lungo e
curva tonda. Il filo, cioè lo spessore dell’acciaio, è consistente e rende l’amo adatto a pesci un po’ più robusti di quelli del sottocosta, mentre la curva è quella migliore per penetrare in bocche grandi ma dal palato non troppo duro. Calamaro e gambero sono le esche principali che vanno piazzate su ami del n. 10-8. Nel bolentino di profondità il discorso cambia, perché possono presentarsi all’appuntamento prede di taglia media e grande, ma anche veri colossi. Quindi vanno scelti ami dal filo grosso, in acciaio, dotati di occhiello e dalla curva tonda: spesso sono del tipo “beack”, ovvero a becco d’aquila, e sono molto robusti. Nelle profondità, con pesci di taglia, l’occhiello e l’acciaio ci danno maggiore
Un secchio di sarde fresche, niente di meglio per le nostre esche
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Corso di pesca
Dopo avere “cucito” il filetto che abbiamo ricavato dalla sarda sull’amo, avvolgiamolo con un filo elastico fino a compattarlo del tutto
sicurezza nel combattimento mentre il filo grosso ci permette di avere ragione anche di prede pesanti impedendo che riescano a romperlo o a raddrizzarlo. La curvatura rotonda e la punta beack garantiscono ferrate sicure anche nei palati più duri. Misure ideali, da 2 a 7/0 per l’innesco di sardine intere o a pezzi, calamari e pesci morti in genere. La scala Redding è il metodo universale che stabilisce la misurazione degli ami a gambo sia corto sia lungo. I numeri partono dal 28 e arrivano all’1: le numerazioni più alte si riferiscono agli ami piccoli, le basse ai più grossi. Dal n. 1 si passa al n. 1/0, fino al n. 10/0… un amo enorme, adatto a innescare anche un blocco di carne per squali. Scegliere la forma del gambo è importante per i vari inneschi: corto è adatto a pane, bigattini e a qualche esca naturale come il granchio; il gambo lungo è per esche che devono essere spinte lungo la curva per poter essere innescate.
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Migliorare gli inneschi spesso s’innesca una sardina con la sardina intera, ma la si può mettere La sardina, si sa, è un’ottima sull’amo anche in filetti legati esca ma la sua carne non è con il filo elastico: in particomolto soda: per renderla più lare, qualora in pastura enconsistente possiamo ricorrere trassero pesci piccoli a rovinare a un piccolo trucco tenendo le esche intere, in questo modo presente, comunque, che la non riusciranno a distruggere sua conservazione non si procompletamente il filetto legato, trae per più di un giorno. Nel che resterà così appetibile per pomeriggio precedente l’uscita, le prede più grosse. Per innedopo aver eliminato la testa e scare un filetto di sardina, bile interiora, dobbiamo aprire sogna assicurarlo bene all’amo le sarde a libro. In un contecon un sottile filo elastico di nitore largo metteremo uno colore neutro, che non metta strato di sale grosso su cui in allarme il pesce. È un sistema adagiare una parte dei pesci. molto utile, perché compatta Formeremo vari strati, alterl’esca impedendo che venga nando sale grosso e sardine, disfatta dall’attacco della miper poi mettere il tutto in frinutaglia. Per tagliare la sardina gorifero. Il sale favorirà l’espuloccorre uno sfilettatore. Si sione dell’acqua dai pesci e taglia quindi la testa della sarper questo, ogni tanto, occordina all’altezza delle branchie, rerà eliminarla dal contenitore. poi eliminiamo anche la coda, La mattina seguente, una volta uno o due centimetri sotto asciugate con un panno, le l’apice, apriamo a libro il pesce sardine avranno carne più separandone i filetti e tagliansoda e consistente e staranno done uno a metà per il lungo. sull’amo alla perfezione, sopInfiliamo l’amo ad un centiportando anche i lanci più metro delle due estremità del impegnativi. filetto e, facendone uscire la Quello descritto sin qui non punta, trapassiamo di nuovo è l’unico sistema per migliorare la polpa più in basso. le “prestazioni” della sardina. Il pesce azzurro, infatti, è un’esca ideale per il bolentino sul fondo ma anche per il drifting leggero in superficie o a mezz’acqua, alla ricerca di sgombri e palamite. Per quest’ultiLa scelta dell’amo è un fattore determinante nella pesca a mo sistema, bolentino. Nella foto, un bel pagello “allamato”
l 17 aprile a Genova, lungo il torrente Polcevera, uno sversamento di petrolio fuoriuscito da una conduttura danneggiata localizzata sotto il Rio Fegino, immissario del suddetto Polcevera, faceva temere un danno di notevole entità. Hanno temuto il peggio gli operatori economici del comparto turistico di Genova e del Ponente ligure, quando il torrente Polcevera, aumentata la portata d’acqua per la pioggia, ha travolto le barriere di pietre e ghiaia, costruite per arginare e recuperare poi il petrolio fuoriuscito dall’oleodotto. Qualcuno ha evocato lo spettro delle centomila tonnellate di greggio in fiamme perse dallo scafo della petroliera Haven, al largo di Arenzano. Era l’anno 1991, e anche allora era il mese di aprile. Questa volta la cosa è stata diversa: lo sversamento dall’oleodotto è stato di 500 tonnellate e solo il 10 per cento ha raggiunto il mare. Ma se i danni, questa volta sono stati con-
Il torrente Polcevera, chiaramente visibile sulla destra della mappa
tenuti, lo si deve al lavoro lungo il torrente (con l’impiego di 4 scavatori, 49 autospurghi e alcune autocisterne) ed allo spiegamento di mezzi e uomini della Capitaneria di Porto, coordinati a mare dall’ammiraglio Giovanni Pettorino, che hanno lavorato incessantemente, in gara contro il tempo. Lo sversamento ha interessato il torrente, che va a sfociare all’interno delle opere portuali, esattamente nel punto di unione dei canali portuali detti Canale di Sampierdarena e Canale dell’Aeroporto, che hanno come sponda a mare le dighe foranee. Tra le dighe suddette si apre l’ingresso di ponente del porto di Genova, che è al servizio del traffico marittimo delle acciaierie e del terminal del traffico di piccole navi
porta-contenitori. Pertanto le acque che defluiscono dal Polcevera in mare sono poco disturbate dal moto ondoso marino essendo schermate dalle dighe foranee. Queste acque sono convogliate verso ponente dalla corrente costiera, che lambisce le dighe foranee spingendo le acque, con il suo scorrere da est a ovest fin verso l’uscita di ponente del Canale dell’Aeroporto. Il movimento di materiali galleggianti, in questa situazione, è influenzato anche dai venti prevalenti e di traversia per queste zone. Il vento di tramontana allontana dalla costa i galleggianti; lo scirocco accompagna lo scorrimento est-ovest anche all’interno delle opere portuali. Il libeccio contrasta il suddetto scorrimento, oltre a procurare risacca.
Nel caso dell’incidente di cui stiamo parlando, il materiale inquinante avrebbe seguito il Canale dell’Aeroporto oppure sarebbe uscito attraverso l’ingresso di ponente del porto. Per fortuna le condizioni meteo marine si sono mantenute abbastanza favorevoli ed hanno consentito un lavoro preciso ed efficace ai mezzi marittimi tempestivamente accorsi a bloccare l’eventuale dilagare dell’inquinamento galleggiante. In mare aperto le chiazze opalescenti di idrocarburi sono state poi convogliate verso ponente dalle correnti. Si tratta comunque, secondo l’Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima, di iridescenze che presentano un basso livello di allerta, almeno stando a quanto pubblicato da organi locali di stampa; la Sezione, dal canto suo, ha chiesto notizie di eventuali avvistamenti di chiazze inquinanti ai nostri soci usciti in mare nella giornata di domenica 24 aprile, ma la risposta è stata negativa.
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GENOVA SESTRI Grave rischio inquinamento
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RIETI – LAGO DEL TURANO La Sezione all’Expo Il 30 ottobre 2015 si è chiuso il sipario sull’Expo, una sfida vinta dall’Italia. Ma una sfida vinta, nel nostro piccolo, anche da Rieti e dalla Regione Lazio che hanno potuto toccare con mano, negli ultimi due giorni dell’Esposizione Universale, l’interesse riscosso dal nostro territorio ed i buoni risultati prodotti dal lavoro portato avanti con i due progetti “Reate Well” con capofila il capoluogo e “Territori capaci di futuro” con capofila la Comunità Montana Salto-Cicolano. Il Corriere di Rieti ha raccontato il punto di vista delle istituzioni locali e regio-
nali, le novità emerse nella due-giorni ad Expo, i contatti e le idee per il futuro. Ma sono tanti gli spunti che Rieti ha saputo offrire nel Padiglione Italia e che meritano attenzione. A partire dalle particolari attività della Sezione che, grazie alla collaborazione dei ragazzi dell’Istituto comprensivo Minervini-Sisti, ha animato lo spazio della Regione installando una piccola barca simulatore e riproponendo nell’Esposizione milanese un assaggio di “Navigando verso l’Educazione”, progetto educativo realizzato con le scuole che si intendere riproporre ed ampliare in futuro. La Sezione, tra l’altro, ha annunciato tramite l’ammiraglio Andrea Fazzioli, responsabile della comunicazione della Presidenza Nazionale, l’apertura di una Sezione a Rieti.
CASTELLAMMARE DI STABIA Prove nazionali di canoa e paracanoa Il 19 e il 20 marzo si sono svolte a Castel Gandolfo le prime prove nazionali di canoa e paracanoa per il titolo di Campione italiano di Fondo 2016. Nella paracanoa, splendida affermazione del quindicenne stabiese Giuseppe Cotticelli, atleta cresciuto nel gruppo sportivo canoa della Sezione. Le gare, che si sono svolte in un clima primaverile al Centro di Alta Preparazione Olimpica e Paralimpica della amena cittadina laziale, poco distante da Roma, sono state affrontate da circa 900 canoisti che si sono sfidati sulla
resistenza della lunga distanza fino ai 5.000 metri. In particolare, il nostro Giuseppe si è imposto nella prova di fondo dei 3.000 metri e si è aggiudicata la medaglia d’oro nella gara dei 200 metri. Commentando la notizia, il presidente della Sezione, D.ssa Patrizia Cherchia, ha sottolineato come tale vittoria premi, insieme al bravo atleta che è Giuseppe, “gli sforzi compiuti dalla Sezione a favore delle attività sociali e sportive rivolte ai diversamente abili, attività svolte di concerto con associazioni del territorio. Attualmente, a questo scopo, in occasione della Pasqua, in collaborazione con l’associazione “Specialmente Noi”, stiamo raccogliendo i fondi necessari per l’acquisto di una gruetta da dedicare a queste attività, per facilitare le operazioni di imbarco e sbarco, e saremmo lieti se la cittadinanza vi volesse partecipare, unendo a questa festa così piena di simboli un’iniziativa sociale altrettanto meritoria”.
LA SPEZIA Premio Montaldo e Memorial Baratto
Rieti – Lago del Turano - Il folto gruppo di giovani soci che si è recato ad Expo in posa per una foto ricordo
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A fine gennaio, in concomitanza con la presentazione della stagione velica 2016 e del-
la premiazione dei talenti emersi in quella precedente, svoltasi presso la nuova Stazione Marittima della Spezia, la Sezione è stata presente con l’assegnazione di due premi. La Challenge Montaldo, di consolidata tradizione, consegnata all’ammiraglio Andrea Toscano per il determinante sostegno concesso alla Sezione (location in ambito Arsenale Militare) ed il Memorial Baratto dedicato all’ex consigliere da pochi giorni scomparso, assegnato ad un prodiere di valore, quale era Baratto, al socio Cristiano Giannetti, campione italiano 2013 nella prestigiosa classe Melges 24, vincitore della Volvo Cup e vicecampione d’Europa 2014. Dal Comitato tra i Circoli Velici, nella stessa occasione è stato premiato il socio Roberto Zambelli, terzo assoluto
alla Barcolana 2015.
Giornata della donna In occasione della giornata della donna, l’8 marzo, il Comune della Spezia ha organizzato presso la Stazione Marittima una manifestazione alla quale ha contribuito e partecipato la Sezione. Tra gli avvenimenti, un premio letterario denominato “Nereidi”, al quale hanno partecipato donne da tutta Italia , con un racconto breve ambientato al mare. La lega Navale ha partecipato alla selezione degli scritti, essendo presente in giuria con tre suoi soci: l’Ammiraglio Andrea Toscano, la consigliera Roberta Talamoni ed il Presidente Giorgio Balestrero. Il primo premio è andato a “Balena”, di Maria Luisa Eguez, mentre i quindici migliori racconti saranno raccolti e pubblicati in un libro da
una nota casa editrice ed i proventi andranno ad un Ente di Ricerca.
LOMBARDIA TRIVENETO Protocollo d’intesa tra SV di Barcola e Grignano e la Sezione di Trieste Era da tempo che si parlava tra le “alte sfere” delle due strutture
Grignano - L’ammiraglio Romano Sauro, commissario straordinario LNI, firma a Trieste il Protocollo d’Intesa fra la Società Velica di Barcola e la Sezione
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La Spezia - L’ammiraglio Andrea Toscano mostra il Trofeo Montaldo, consegnatogli dal presidente della Sezione, Giorgio Balestrero
dell’opportunità di formalizzare in qualche modo la fertile e pluriennale collaborazione esistente tra la Lega Navale e la Società Velica di Barcola e Grignano. Gli impegni istituzionali della prima e la frenetica attività della seconda, intercorrente tra le varie edizioni della Barcolana, finivano per tener relegato fra “le cose da fare” questo adempimento. Il fortuito incontro tra il presidente della SVBG prof Mitija Gialuz, il delegato regionale LNI Ennio Abate ed il Presidente della Sezione di Trieste Pierpaolo Scubini, nel settembre scorso, fu l’occasione per decidere che la cosa andava risolta sollecitamente. Detto fatto: messa agli atti l’edizione 2015 della Coppa d’Autunno, si diede mano alla stesura del protocollo che venne prontamente approvato dal Consiglio direttivo della SVBG e
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dalla Presidenza Nazionale LNI, tanto che il 22 febbraio scorso, approfittando della presenza a Trieste del Commissario Straordinario LNI, amm. Romano Sauro, fu possibile procedere alla sua formale sottoscrizione. Il protocollo non è un semplice elenco di buone intenzioni. E’ una somma di precisi impegni che le due realtà andranno a realizzare di comune accordo: la reciprocità dei soci nelle rispettive sedi; il supporto in risorse umane e strumentali; la disponibilità di posti d’ormeggio; l’organizzazione alternata di “Giornate” rivolte ai giovani e di eventi culturali su temi di interesse comune (sport – sociale – ambiente – formazione – sicurezza – ecc.); iniziative di valorizzazione dell’ immagine delle due realtà. Questo accordo, che vuole essere una testimonianza della possibilità di instaurare fertili collaborazioni quando sussista la volontà di farlo senza pregiudizi, si basa su alcuni valori presenti nelle finalità sia della Barcola-Grignano che della Lega Navale: la promozione della cultura nautica, il volontariato dei soci e la disponibilità verso le condizioni di disagio sociale.
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PALERMO CENTRO Regata velica con atleti disabili “Una Vela Senza Esclusi” Si è conclusa domenica 1 maggio la quarta edizione della regata velica con atleti disabili “Una Vela Senza Esclusi”, patrocinata dalla Presidenza Nazionale LNI e dal Comune di Palermo ed organizzata dalla Sezione nelle acque del Golfo di Palermo, a cui hanno partecipato atleti paralimpici diversamente abili provenienti dalle diverse Sezioni d’Italia. Gli atleti hanno disputato quattro prove in flotta e poi tre prove ad esclusione diretta a bordo di imbarcazioni uguali “Azzurra 600” della flotta della Sezione palermitana, appositamente progettate dagli architetti Inzerillo ed Albeggiani per essere fruibili anche da velisti con disabilità motorie. Protagonista assoluta di questa edizione Azzurra 5, timonata da Massimo Dighe, velista gardesano diversabile di livello internazionale che ha rappresentato l’Italia per la vela alle Paralimpiadi di Londra 2012 e che, su quattro prove, porta a casa tre primi posti e un secondo posto. E’ stata poi
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la volta della vittoria nella Golden Race, durante la quale in finale ha incontrato Azzurra 1 timonata da Carmelo Forastieri, detentore, per i due anni precedenti, della Coppa Golden Race, aggiudicandosi anche qui la vittoria. “La manifestazione è stata come sempre fantastica – dice Massimo Dighe - è sempre un piacere regatare a Palermo e partecipare a questa regata e soprattutto vedere nuovi ragazzi avvicinarsi per la prima volta a questo sport.” Secondo posto per Azzurra 2, con a bordo il
velista triestino Sebastiano Scubini e i due atleti non vedenti Egidio Carantini e Vincenzo Zoccano, quest’ultimo membro del direttivo della UICI e Presidente della consulta regionale disabili Friuli Venezia Giulia. Terzo posto per Azzurra 1 timonata da Carmelo Forastieri, esperto velista “in carrozzina” e portacolori di Palermo. Bella regata anche quella condotta dagli altri equipaggi: di Azzurra 3, con il timoniere genovese Stefano Gatto, Elia Barcella e Alessandro Beneduci, tutti con
Palermo Centro - La locandina della regata velica conclusasi il primo maggio
Rossella Tramontano
SCAURI FORMIA Sezione, Scuola e Capitaneria di Porto insieme per il mare Tanti ospiti e clima di festa nella Convention Scuola della Lega Navale Italiana che ha presentato il progetto Noi e il Mare 2.0 e le attività estive insieme all’istituto Comprensivo Minturno1. La presenza più attesa è stata quella del commissario straordinario della Lega Navale, Romano Sauro il quale, nel suo intervento, ha ricordato che la Lega Navale è un ente pubblico che svolge attività in primis a favore dei giovani e delle scuole, chiedendo perciò alle istituzioni locali di affiancare la Sezione nella propria opera meritoria e gratuita illustrata nel corso della serata anche da quattro proiezioni video. I giovani studenti del Minturno 1 hanno potuto vedere il proprio futuro percorso di crescita sul mare: dai primi progetti in aula ai corsi di vela, alle navigazioni d’altura, alle regate agonistiche in diverse classi compresa la più acrobatica, il 29er. Applauditissimo anche l’intervento del capitano di corvetta (CP) Capo-
bianco della Capitaneria di Porto di Gaeta che ha ricordato come la Guardia Costiera collabori da sempre con la Lega Navale garantendo in particolare la sicurezza delle tante manifestazioni che la Sezione organizza in mare. Con il comandante Capobianco graditissimi ospiti anche il luogotenente Corrado di Locamare Formia e il primo maresciallo Pellegrino della Delegazione di Scauri. La Sezione e la Scuola hanno voluto in particolare ringraziare tutto il corpo delle Capitanerie di Porto, veri angeli custodi dei ragazzi nelle attività in acqua. È stata poi la volta dei veri protagonisti: i ragazzi e gli Operatori di Scuola e LNI: Massimo Gaveglia, Gianfranco Colavolpe e Giuseppe Maffei per la Sezione e la professoressa Forcina e il dirigente Vincenzo D’Elia, che nell’intervento conclusivo ha raccontato il nuovo progetto Scuola/LNI: la realizzazione di un tellurio a scuola. Il direttore tecnico della Sezione Luigi Montanaro ideatore del progetto Noi e il Mare, ha poi consegnato ai 50 ragazzi del corso i quadretti dei nodi da loro realizzati con tanta pazienza nell’aula multimediale. Il Presidente della sezione di Scauri Formia,
Scauri – Formia - Il manifesto del progetto Noi e il Mare 2.0
Ianniello, ha ringraziato i partner Darsena Flying, che da ormai dieci anni affianca la Sezione nelle attività in mare, ed il Circolo Nautico Vela Viva, con cui si condivide la squadra agonistica doppi. Graditissima anche la presenza dei candidati a Sindaco Maurizio Faticoni e Franco Valerio ed i saluti inviati da Gerardo Stefanelli e Vincenzo Fedele che per motivi personali non sono potuti intervenire. Un ringraziamento particolare va a Telegolfo che ha ripreso l’incontro. Purtroppo nessun rappresentante del Comune di Minturno ha partecipato alla Convention ma certamente in futuro l’Ente sarà a fianco della Sezione, delle associazioni e di tutti i ragazzi delle scuole che vorranno continuare, a scuola, in spiaggia e in acqua, a praticare il proprio rapporto con quel mare che per il nostro territorio è vita.
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disabilità motorie e di Azzurra 4, timonata da Giuseppe Viola, diversamente abile vincitore della edizione della vela senza esclusi 2013 e con all’attivo una partecipazione alla Palermo-Montecarlo, Giuseppe Cotticelli campione italiano di canoa, Mario Santoni canoista e velista non vedente, Fausto Firreri, pluri-titolato nuotatore, velista e sportivo a tutto tondo. Questa edizione ha testimoniato ancora una volta la grande passione, amicizia e solidarietà che legano i soci della Lega Navale nel portare avanti le attività della Sezione e la gioia che gli atleti provano nel venire a regatare a Palermo, dove lo sport della vela diventa anche e soprattutto strumento di integrazione e di inclusione ed uno spazio dove tutti possono sentirsi uguali e dove le uniche “abilità” che contano sono quelle veliche. Infine, in considerazione dell’imminente aumento della flotta palermitana delle “Azzurra 600”, la Presidenza Nazionale LNI auspica una sempre maggiore presenza di atleti diversabili promettendo, sin d’ora, l’inserimento della V edizione di Una Vela senza Esclusi tra le manifestazioni di rilievo del 2017.
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PESCARA Regata Contender 2016 La Prima Regata Nazionale Contender, che, ospite della Sezione dal 9 al 10 aprile, ha portato in città equipaggi provenienti da tutta Italia, si è conclusa, dopo due giorni di regata avvincente. Per la Sezione ottimi risultati da parte di Guido Ciccotti e Corrado Di Nicola Ciarranca, rispettivamente quarto e nono nella classifica generale. Ancora una volta un successo per la Sezione di Pescara, che ha organizzato la due giorni, ospitando velisti provenienti da tutta Italia. Con questa esperienza la città si è anche candidata a location per il Campionato Europeo 2018. “Un evento a cui teniamo particolarmente. Nonostante siano passati
diversi anni dalla nostra ultima organizzazione di una Nazionale Contender, siamo contenti di constatare che i regatanti si ricordino ancora con affetto di noi e siamo certi che anche questa manifestazione verrà ricordata. Con questo spirito ci proiettiamo verso l’Europeo, un evento che darà ancora più lustro alla nostra sezione e alla nostra città”, ha dichiarato il Presidente della Sezione, Dario Fusilli. Presenti circa trenta equipaggi, tra i velisti anche il Campione del mondo in carica, il britannico Simon Mussel, che ha conquistato il titolo l’estate scorsa nel combattuto mondiale di Medemblik (Olanda). L’evento, patrocinato dal Comune di Pescara, dal CONI e dalla Guardia Costiera, si è aperto sabato intorno alle 11:30, con il saluto delle autorità e un briefing tecnico, alla base
del Ponte del Mare. Stesso luogo in cui si sono svolte le premiazioni, alla presenza del presidente del Consiglio comunale, Antonio Blasioli, del consigliere comunale Stefania Di Giampietro, dell’assessore allo Sport, Giuliano Diodati, del presidente della Sezione, Dario Fusilli, e del vicepresidente della Federazione Italiana Vela, Francesco Ettorre. Il tutto è stato allietato da un’estrazione di prodotti tipici abruzzesi, riservata ai regatanti presenti. “Davvero una bella soddisfazione per la nostra Sezione - ha dichiarato il Direttore Sportivo della stessa, Roberto Lachi – sono stati ripagati gli sforzi di un team compatto che ogni anno organizza eventi velici di alto livello. Questo nostro successo è stato possibile grazie alla cooperazione di tutti i soci, sempre
Pescara – Nella foto, il sindaco di Pescara, Marco Alessandrini, assieme ai piccoli atleti della Sezione (foto Di Girolamo)
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maggio-giugno 2016
pronti ad impegnarsi in queste manifestazioni”. In totale si sono svolte quattro prove: la prima, estremamente tecnica data la forte variabilità del vento, gestita ottimamente dal Comitato di Regata, presieduto da Daniela De Angelis che ha saputo organizzare lo staff della Sezione in mare per la disposizione del campo. Nella giornata di domenica, le altre tre prove sono state agevolate da un maestrale disteso che ha consentito una competizione coinvolgente, mettendo in mostra anche le doti acrobatiche degli atleti al trapezio. Sabato, i soci della Sezione hanno manifestato il proprio affetto e la propria ospitalità offrendo una cena con tipiche prelibatezze abruzzesi a tutti i regatanti e alle autorità convenute. Inoltre, nel pomeriggio, le persone che hanno accompagnato gli atleti hanno potuto usufruire di una rilassante giornata in una SPA. Si ringraziano gli enti privati che hanno supportato la manifestazione: Nautica “Il Gabbiano”, “Helvetia” di Christian di Cosmo, Banca di Credito Cooperativo – Federazione Abruzzo e Molise e supermercato “Conad” di via Tiburtina.