Scuola Primaria “S. Pellico” Ranco
Il progetto "Le Piccole guide del Sentiero" che ha visto coinvolte le classi 3° e 5° del comune di Ranco, è stato voluto dall'Amministrazione comunale e dalle insegnanti, che ringraziamo moltissimo per la passione che mettono nel loro lavoro. La realizzazione del progetto è stata possibile grazie ai fondi stanziati da Agenda 21 Laghi, un insieme di comuni che operano per il bene dell'ambiente e della nostra salute e che nell'ambito di progetti di conoscenza e sviluppo sostenibile ne ha lanciato relativo alle Vie Verdi del Verbano, un percorso lungo 40 km da Sesto Calende a Laveno, i cui obiettivi sono la salvaguardia e la valorizzazione del nostro patrimonio ambientale, paesaggistico e storico. Oggi saranno i ragazzi a farvi da guide e a spiegarvi una parte del sentiero di S.Quirico che se percorso interamente si ricollega al Sentiero del Verbano. La realizzazione del progetto è stata possibile grazie alla Cooperativa sociale Naturcoop, e il nostro augurio è che i ragazzi abbiano capito il valore del loro territorio e lo amino e lo rispettino ora e nel loro futuro di adulti.
Una storia dei nostri boschi Da "L'albero del tempo" di Franca Nobili Montagnani
LUPI Che inverno fu quello! Da Angera si poteva andare a piedi all'Isolino, camminando sul lago gelato, e a San Martino, il piccolo borgo sulla collina dove la neve non si scioglieva fino a marzo, se ne era accumulata tanta che arrivava fino al davanzale delle finestre. Proprio un inverno da lupi. E infatti i lupi si fecero sentire: un branco si fermò per qualche tempo nei boschi di San Quirico e di notte i loro ululati svegliavano gli abitanti delle cascine che la mattina trovavano le impronte delle zampe sulla neve non lontano dalle case. Una sera, quando ormai da diversi giorni i lupi non si erano fatti più sentire, gli abitanti di San Martino si riunirono nella casa del Pedar Giuan che aveva appena ucciso il maiale, per mangiare la casseula. Era un piatto cucinato con le parti dell'animale che, non potendo essere conservate, dovevano essere consumate subito.
Per mangiare il riso con la casseula si organizzavano a turno delle cene che erano una grande occasione per la gente di allora che aveva sempre tanta fame arretrata. Mentre sedevano intorno alla tavola, apparecchiata per l'occasione con un lenzuolo bianco tanto grande che arrivava quasi al pavimento, uno degli invitati chiese al Pedar Giuan se aveva preso un cane dopo che quello vecchio era morto. "No, il cane non l'abbiamo ancora." "Ma se sento rosicchiare le ossa sotto la tavola!" Fu alzata la tovaglia e apparvero gli occhi rossi di un lupo. "Via via, donne! Portate su i bambini." Fu acceso un gran fuoco sull'aia e il lupo scappò. Era forse un vecchio lupo abbandonato dal branco. Più tardi gli invitati tornarono zitti zitti alle loro case, scrutando il buio alla luce delle lanterne. Ma intorno tutto era calma e silenzio. Si sentiva soltanto lo scricchiolio dei loro passi sulla neve.
Il bambù è una pianta alloctona, ossia importata in territori diversi da quelli di origine. Le piante alloctone sono forti e veloci nel crescere e non hanno nemici su questo territorio. Il dai
bambù
fu
mercanti
importato
fa
probabilmente
che commerciavano bachi da seta prove-
nienti da Cina e Giappone. Fin veniva
secoli
utilizzato
dall'antichità
nell'artigianato,
il
bambù
nella costruzione di
zattere, armi o strumenti musicali, o dai cacciatori per costruire nascondigli dai quali sparavano agli uccelli. La
maggior
parte
delle specie
di
bambù sono originarie del-
l'Asia e dell'America, soprattutto del Cile. Si può trovare ad altitudini variabili, fino a 3000 metri sull'Himalaya. Il
bambù è una pianta sempreverde,
molto vigorosa. Possono essere alte da pochi centimetri fino a raggiungere notevoli dimensioni, anche 40 m. di altezza, con un diametro che varia da 1 mm. a 30 cm.
II fusto è robusto e imponente, ma allo stesso tempo flessibile e leggero. Le foglie sono di forma lanceolata e sottile che ricordano un filo d'erba. Le radici si sviluppano molto in profondità.
Il fatto che la fioritura avvenga raramente, addirittura ogni 50 anni, ha reso l'evento un segno di un'incombente arrivo di carestia. La più recente fioritura è avvenuta nel maggio del 2006. Abbiamo notato, visitando un canneto di bambù, che l'uomo è intervenuto nell'ambiente costruendo una casa e una strada asfaltata e rovinando il paesag-
In questa tappa notiamo la differenza tra piante che crescono allo stato naturale, come il rovo, e piante che sono state piantate dall'uomo, in maniera ordinata, come i filari di noce. Il rovo è un arbusto spesso considerato sgradevole, in quanto cresce velocemente, in modo disordinato dando l'impressione che il bosco sia sporco, ossia poco curato. E’ ricoperto da moltissime piccole spine arcuate; le foglie sono composte, costituite da piccole foglie ovali, dentate di colore verde scuro. Si sviluppano su qualsiasi terreno, preferendo i suoli sassosi, soleggiati. In natura
si
sviluppano
ai
bordi
boschi, lungo scarpate e in radure soleggiate;
dei
non te-
mono il freddo e si adattano a molteplici condizioni, talvolta diventando infestanti. In realtà è un arbusto molto importante in quanto è un “Pioniere” che prepara il terreno nuovo per altre piante ed è un ottimo rifugio per gli uccelli. L'infiorescenza è costituita da fiori bianchi o rosati, produce frutti verdi che divengono neri in estate a maturazione.
Dall'altro lato del sentiero, disposti in filari posti al ciglio della strada, troviamo dei filari di noce. La loro presenza indica l'intervento dell'uomo sul territorio che probabilmente ha piantato questi alberi per impedire al terreno di franare, o ancora per nutrirsi dei suoi frutti o ricevere legno pregiato. Il noce è una pianta alloctona, originaria dell'Asia e giunta in Italia nell'antichità,
portata
forse
dai
Romani. E' un albero molto vigoroso, dal tronco solido e legno pregiato, da sempre impegnato per fabbricare mobili e infissi. La pianta fiorisce tra aprile e maggio e i suoi frutti, noci, stanno all'interno dì un guscio legnoso ricoperto di un mallo carnoso di colore verde. La zona ideale di coltivazione è la collina con altitudini non superiori ai 600 - 800 metri anche se è molto diffuso in pianura, coltivato per il suo legno. In passato le povere comunità agricole si nutrivano con i suoi frutti, che non costavano molto e si conservavano a lungo. Le noci sono considerate cibo magro e quindi mangiabili in quaresima. Il mallo, invece, era usato dalle donne romane per tingersi i capelli di rosso.
Il comune di Ranco si trova in Lombardia in provincia di Varese affacciato sul lago Magggiore. Confina con Ispra e Angera. Si trova in una zona collinare di fascia costiera del sentiero del Verbano, sul versante Nord della collina di San Quirico. In passato si coltivavano le castagne, il mais ma soprattutto sono le viti che erano coltivate su terreno terrazzato (fatto a terrazze). Il terreno veniva “costruito”così per due motivi: primo perché in questo modo potevano coltivare più piante, secondo modo il più importante, per rendere meno ripido il terreno. Il tratto del bosco che abbiamo osservato non è gestito dal comune, né dai proprietari:per questo è detto “sporco”. Da quando questo territorio non è stato più coltivato, sono nate due tipi di piante: la farnia e la robinia.
La Farnia La farnia è una pianta autoctona, tipica delle nostre zone. Appartiene alla famiglia delle querce, ma presenta dimensioni più piccole. Molto diffusa nei boschi umidi del Nord Italia è un albero dal portamento elegante, con un fusto robusto e foglie coriacee. I suoi frutti sono le ghiande, ottimo alimento per gli animali domestici (maiale)o selvatici (scoiattolo, picchio, roditori). Il suo legno è duraturo e pregiato, era usata per fare botti e mobili. Presso le colture contadine era usata per marcare i confini dei campi. La farnia si sta ammalando e no si conoscono ancora le cause: una potrebbe essere l’inquinamento, l’altra la processionaria, un bruco che avvolge un pezzo di ramo con una specie di telo che sarà poi la sua casa fino a quando non avrà mangiato tutti i germogli.
La Robinia E’ una pianta proveniente dal Nord America e portata in Europa intorno al XVII secolo da Robin (da cui prende parte il suo nome). E’ una pianta pioniera e infestante, che cresce velocemente e soffoca le altre piante. Si adatta molto bene a qualsiasi ambiente e una delle sue caratteristiche è di consolidare i terreni vulnerabili. La sua diffusione è favorita dal taglio che tutti gli agricoltori facevano per ricavarne legna da ardere. Come tutte le leguminose è una pianta Azotofissatrice, migliora la fertilità dl terreno. Tra poche settimane la vedremo ricoperta di fiori bianchi da cui si ricava il miele d’acacia e delle deliziose frittelle.
In questo punto del sentiero, ciò che notiamo
immediata-
mente è come il terreno sia franato. Non conosciamo le reali cause, ma possiamo supporre che sia dovuto alle abbondanti precipitazioni di quest'inverno. Inoltre, qui il terreno si presenta sabbioso e umido e le radici degli alberi sono pienamente in vista. Le radici, sono fondamentali innanzitutto perché permettono all'albero di stare in piedi, funzionando come corde che lo tengono ancorato al terreno, in secondo luogo trasportano le sostanze necessarie alla vita della pianta (acqua e Sali minerali), ma ciò che più colpisce è che le radici di questi alberi non siano cresciute in profondità, come normalmente accade, ma si siano sviluppate in senso orizzontale, quasi certamente perché l'acqua in quest'area si concentra maggiormente in superficie. Il fatto che le radici si siano sviluppate in questo modo, rende il terreno meno instabile e non lo fa franare del tutto.
Tra le piante che incontriamo in questo tratto abbiamo il Pino Silvestre. Il pino silvestre è una pianta autoctona di notevoli dimensioni e molto longeva. Presenta un tronco dritto o tortuoso, a seconda dell'ambiente in cui cresce. Quando è giovane il suo tronco è di colore rossastro e la corteccia si sfalda in lamelle. I suoi frutti sono le pigne, cibo per scoiattoli, roditori, picchi e, a seconda di come sono mangiate è possibile capire di quale di questi tre animali si tratta. Il pino silvestre è un albero che si comporta come una pianta pioniera e cresce con facilità dopo i tagli. Il suo legno è resinoso, ma di facile lavorazione, veniva usato in falegnameria (infissi, serramenti) e nell'industria cartaria per ricavarne cellulosa.
Questa tappa ha come argomento principale un acquedotto, costruito nel 1971 in località Ronchetto. La necessità di avere una riserva d'acqua anche nei periodi poco piovosi dell'anno, ha portato il paese di Ranco a realizzare questa struttura attualmente non utilizzata per motivi di sicurezza. La scelta della posizione era dovuta alla presenza di una sorgente sotterranea che poteva alimentare il serbatoio. Nella valle sottostante coperta da felci e muschi si trova un piccolo torrente che conferma la presenza di acqua nel sottosuolo e sfocia dopo circa un chilometro nel Lago Maggiore
Il pino strobo Il pino strobo e' una pianta autoctona che cresce nei nostri boschi. Dopo la realizzazione dell'acquedotto, la zona circostante fu piantumata con questi pini messi a dimora dai bambini dell'elementari di quel periodo con lo scopo di ridurre l'impatto ambientale di questa struttura di cemento all'interno del bosco. Inoltre durante questi anni le piante sono servite ad animali e insetti come rifugio e zona di riproduzione, per esempio, scoiattoli, ghiri, uccelli, bruchi, api, ecc. che le hanno trasformate nelle loro case. Il frutto di questa pianta, la pigna, e' stretta e lunga e spesso e' ricoperta di resina sulle estremità. Il sottobosco circostante è ricoperto di uno spesso strato di aghi che non permette alle tipiche piante del sottobosco di crescere. La falda acquifera Per falda acquifera s'intende l'acqua che circola nel sottosuolo. in seguito alle precipitazioni meteoriche, le acque, scorrendo sulla superficie del terreno incontrano fratture, cavità, porosità in genere, nelle quali possono infilarsi e scorrere anche molto in profondità,
formando depositi
d'acque sotterranee ferme o in movimento a seconda della permeabilità' degli strati del terreno confinanti la falda stessa.
In quest'ultimo tratto di sentiero ci sono molti castagni e noccioli. Il castagno è una pianta alloctona originaria dell'Europa meridionale
diffusa
dai
romani
sulle Alpi e l'Appennino , settentrionale, è un albero ad alto fusto, chioma espansa e rotondeggiante. Il tronco è tozzo con corteccia grigia e liscia negli stati giovanili, in seguito scura e profondamente fessurata. Le sue foglie sono verdi, grandi, a margine seghettato e caduche. Il castagneto è un bosco fitto ed espanso, intomo a un sottobosco pieno di foglie secche, molto fertile. Nell'antichità la castagna aveva due funzioni: una era la farina, usata per torte, pasta... e l'altra era di mangiarla così o bollita. Il frutto della castagna è rivestito da una cupola spinosa chiamata riccio. Al castagno sono legati alcuni animali: ghiri, scoiatoli, topolini : selvatici (moscardini), che, grazie ai grandi denti riescono a nutrirsi delle castagne cadute.
In questo bosco oltre ai castagni sono
presenti
anche i noccioli. Sono piante autoctone, formate da grossi arbusti
che
cre-
scono a cespuglio e possono essere alte fino a sette metri. Vivono fino a settant'anni. Le foglie, presentano un breve picciolo e hanno margini dentati, sono ovali e appuntite, di colore verde sopra e, pelose sotto. Il frutto della nocciola da un guscio legnoso.
è racchiuso
Tappa 1 Il canneto di bambù Alberto Pietro Stefano Tappa 2 I rovi e i filari di noci Michele Andrea Davide Grossi Tappa 3 I terreni terrazzati Stefania Silvia Gianlorenzo Tappa 4 Il terreno franato e le radici Lorenzo Mandelli Lorenzo Barbisotti Tappa 5 L’acquedotto e la falda acquifera Davide Samir Lorenzo Brovelli Tappa 6 Il bosco di castagni e noccioli Francesca Mirco Alice Anno scolastico 2008-2009 Realizzazione a cura della maestra Andreina Proia