COMUNE DI CATANIA Direzione “SS.DD. Decentramento e Statistica” Biblioteca Centro Culturale Rosario Livatino via Leucatia, 68 Catania - Tel. 095.221039
Scrittori per passione DIVERTIAMOCI A INVENTARE STORIE
Laboratorio di scrittura e di “escursioni” narrative per ragazzi curato da Silvia Bellia, autrice de Il Gabbiano di Torrefiamma
ESTATE 2011
Gli autori
Non esiste un vascello veloce come un libro per portarci in terre lontane. Emily Dickinson
Il nonno dal dottore Chi arriva ultimo non mangia. Chi arriva ultimo male alloggia... I dottori si allontanano dalla sala operatoria e la nipote va dal nonno e lo libera: Nonnino stai bene? Nonno: Andiamo a colazione anche noi. Chi arriva ultimo male alloggia. Nipote: Ma nonno, come fai ad essere così coraggioso? Dopo quello che ti hanno fatto… Non hai paura di tutti quei dottori? Nonno: Ma no! In fondo sono dei bravi ragazzi. Volevano solo vendermi qualche enciclopedia. Devo dire che mi sento meglio… Secondo me sono molto bravi questi medici: mi hanno fatto la cura giusta. Entra un nuovo medico: Scusate, cosa ci fate voi due qua dentro? Nonno: Ma lei chi è? Direttore: Sono il direttore del centro. Nonno: Siamo guariti, Signor Direttore, e ora torniamo a casa. Dottore: Come avete fatto a guarire? Nipote: I vostri dottori ci hanno guariti. Direttore: Ma non può essere, signorina. Quelli non sono dottori veri, sono i miei pazienti. Sono qui perché sono matti, hanno la pazzia più pazza di tutta la piazza. Hanno la follia di voler curare tutti quelli che incontrano. E qualche volta ci riescono davvero grazie alla medicina della fantasia, anche se non sono mai riuscito a capire come facciano. Ora ve li presento per bene. Tutti rientrano in scena. Inchini.
La nostra prima composizione
Storia Buffa improvvisata C’era una volta Ammazzaciliegia che viveva a Parigi (dove lo chiamavano Tue-Cerise) in una torre stregata e abbandonata vicino a una spiaggia, in provincia di Magicopoli. Costruiva case insieme a un tavolo molto vecchio. All’improvviso arrivò uno struzzo malefico, ma l’eroe riuscì a impugnare la bistecca. Il nemico rispose a colpi di padella. Decisero che fosse meglio fare un bel pic nic e invitarono anche l’orso pelato, Motor e Demor, Marco il bambino invisibile e il topolino Minfi. Lo struzzo per ringraziamento fece un uovo gigante. La morale della storia è che due più due non fa tre, se non invitate anche me. Nove per nove ottantuno e se non vieni non sei nessuno. Sei per otto quarantotto e l’uovo si fa cotto. Sei per quattro ventiquattro, per questo cibo vado matto. Quattro per cinque venti, se mangi tutto ti si cariano i denti. Sette per uno sette, preferivo le polpette. Sei per sei trentasei, come cattivo sei ok. Sei per cinque fanno trenta e la gente è contenta (ma qualcuno si lamenta). Sei per quattro ventiquattro, per la scrittura vado matto. Noi siamo sette più uno otto e facciamo un grande botto!
Storie per tutti i gusti
Il nonno dal dottore
L’astronauta goloso C’era un astronauta di nome Giove che doveva andare su Marte per comprare dei formaggi, ma, essendo molto goloso, stava mangiando un panino con la salsiccia e il tomato mentre era alla guida: così si distrasse e atterrò su Giove. Quando scese sul pianeta incontrò degli stani esseri rosa dalla pelle molliccia che avevano un’intelligenza cosmica in grado di prevedere qualunque cosa: «Hai sbagliato pianeta» gli dissero sorridendo. Lui rispose: «Ma dove sono finito, nel paese dei sogni?». «No» commentarono gli alieni, «Tu sei su Giove, il pianeta dei gelati frizzanti. Abbiamo capito che sei stanco e affamato: perché non vieni con noi al banchetto del gelato?». Giove fece un cenno per dire di sì. Seguì l’indigeno fino a una tavola imbandita piena di gelati di ogni tipo. L’astronauta si ingozzò, poi salutò i suoi amici di Giove, promettendo che non si sarebbe più distratto e ripartì. Questa volta fu attento: andò direttamente su Marte senza fare deviazioni, fece il suo dovere, ma si sentì più felice del solito, perché oltre al formaggio quel giorno aveva assaggiato anche il gelato. Gli alieni, che erano molto generosi, gliene avevano regalato una scorta per una settimana. Demetra Ranno
Dottoressa 1: Il cannocchiale? Dottoressa 2: Volevo dire lo stetoscopio! La dottoressa 1 poggia lo stetoscopio sul paziente, mentre l’infermiera e la segretaria battono il tempo sul tavolo: Tu-tum, tu-tum, tu-tum. Dottoressa 2: Tutto a posto. Dottoressa 1: Non può essere. Riproviamo. Stavolta il ritmo che battono sul tavolo è più movimentato, come una canzoncina. Dottoressa 1 (al paziente): tossisca. Adesso starnutisca. Adesso canti. (Il nonno obbedisce: ha una bella voce). Lo sapevo: qui c’è bisogno del chirurgo! Entra il chirurgo insieme all’infermiera 2. L’Infermiera 2 entra sghignazzando come i personaggi malefici. Tutti gli altri le fanno spazio spaventati. Dice: Qui dobbiamo fare una bella anestesia. Il chirurgo porge l’enciclopedia al paziente: Ecco qui, legga un poco. Si anestetizzi. Basta qualche pagina e dormirà come un bambino, anzi no, come un vecchietto. Il nonno cade addormentato. L’infermiera chiede al chirurgo: Prima il fegato o il cervello? Chirurgo: Non lo so, a te cosa piace di più? Infermiera: Facciamo pari e dispari. Nipote: Fegato? Cervello? Che cosa sono queste parole? Mio nonno è in pericolo. Dobbiamo salvarlo! Chiede all’infermiera e alla segretaria: Vi prego, aiutatemi! Segretaria: Prima deve sborsare. La nipote paga. Infermiera: Benissimo. (Fa un annuncio) Informazione urgente. Tutti i dottori sono desiderati alla cassa. Ripeto: tutti i dottori sono desiderati alla cassa. La colazione è pronta.
Il nonno dal dottore
La parodia delle fiabe famose
I cavalieri della tavola quadrata Segretaria: Ha una gobba evoluzionista, che va a crescere come la diagonale di un rombo. Il nonno si lamenta: Ahi, Ahi. L’infermiera lo zittisce. Gli chiede: Quanto ha pagato? Nonno: Non ho ancora pagato. L’infermiera alla segretaria: Quanto gli chiediamo? Segretaria: Io direi 150 miliardi di miliardi di euro. Infermiera al nonno: Lei quanto vorrebbe pagare? Nonno: Un euro. Infermiera: Secondo me un euro va benissimo. Segretaria: Ma non lo vedi? (indicando il paziente) È troppo grave. Entrano le dottoresse con le buste della spesa. Dottoresse: Buongiorno a tutti! (non salutano il nonno). Il nonno si lamenta: Non si dà neanche più la mano ai vecchi. Che pessime abitudini, questa gioventù! Dottoressa 1: Ai pazienti niente mano, solo la puntura. Dottoressa 2: E se si comporta bene, alla fine le diamo pure una ricetta. Segretaria: Io gli ho consigliato l’enciclopedia, perché è il rimedio giusto in questi casi. Dottoressa 2: Hai fatto benissimo. Dottoressa 1: Ma anche una bella puntura non guasta! Dottoressa 2: L’abbiamo compilato il modulo? Infermiera: Ci penso subito! (Dice al paziente): Non si preoccupi, non le farò del male. Solo alcune domande. Il nonno ha paura. L’infermiera procede con le domande: Come si chiama? Nipote: Il mio cliente si avvale della facoltà di non rispondere. Dotoressa 2: Bene, allora procediamo. Dottoressa 1: Prendo la puntura. Dottoressa 2: No la puntura, il cannocchiale!
I cavalieri della tavola quadrata erano quattro e lavoravano in un ufficio, a differenza dei cavalieri della tavola rotonda che salvavano le persone in modo avventuroso. Era un giorno di lavoro come tutti gli altri e accadde che i cavalieri della tavola quadrata sentirono l’urlo di una donna: immaginarono subito che si trattasse una principessa da soccorrere. La ragazza in effetti era proprio disperata, perché aveva perso la password del suo computer. I gentiluomini riuscirono ad aiutarla in pochi secondi grazie all’aiuto di internet. Quando i cavalieri della tavola rotonda vennero a conoscenza del fatto furono invidiosi: i più volenterosi deposero le armi e andarono in un negozio di informatica a comprare un pc. Martina Mineo
La parodia delle fiabe famose
Erbagon (parodia del fantasy “Eragon”) Il re Galbaninox governava su tutta la foresta. Erbagon, il famoso cavaliere dei draghi, un giorno, mentre era a cavallo, trovò un uovo blu sull’erba e pensò che fosse di drago, invece era di gallina. Quando Erbagon diventò grande l’uovo si schiuse e ne uscì una gallina. Così il condottiero e la sua gallina sconfissero Galbaninox, lasciandolo nel frigo per molti anni ad ammuffire. In questo modo Erbagon diventò il re della foresta.
Riccardo Pennisi
Artemis e il tesoro perduto Artemis cercava da anni il tesoro e ormai sembrava aver perso ogni speranza. Ma un giorno un vecchio orco gli fece una proposta interessante: avrebbe ceduto la mappa del tesoro in cambio di una pozione speciale. Artemis accettò subito, pensando che diventando ricco poteva realizzare il sogno di creare un popolo tutto suo, che gli fosse devoto da mattina a sera. Così scoprì che il tesoro si trovava in un’isola vicino alla Nuova Zelanda. Si mise in cammino e, una volta arrivato, prese il tesoro e lo aprì. Era ansioso di vedere il contenuto del bauletto, ma quando aprì il forziere, anziché trovare oro e argento e il profumo della gloria, impallidì davanti a una scorta di vecchio formaggio puzzolente. Gianluca Amato
Testo teatrale scritto insieme Il nonno dal dottore La nipote accompagna il nonno dal dottore. Sono accolti da una segretaria molto gentile. Segretaria: Buongiorno: prego, sedetevi. La nipote si siede immediatamente, lasciando il nonno in piedi. Nonno: Sì, sì, diamo posto ai giovani. Nipote: Mio nonno avrebbe una specie di mal di schiena. Segretaria: Abbiamo diverse cure specializzate per questo. La ditopedia, l’enciclopedia e tanti altri rimedi. Però le consiglio caldamente l’enciclopedia. Vedo che il paziente ne ha bisogno. Nonno: Che cos’è questa enciclopedia? Segreteria: Lo dicevo che ne ha proprio bisogno. Nipote: Ma l’enciclopedia serve a far passare la gobba? Nonno: Non ho la gobba, ho il mal di schiena. Segretaria (al nonno): Sì, dicono tutti così. Nonno: Ma il dottore dov’è? Segretaria: Non è in casa. Nipote: Dove è andato? Segretaria: È a fare la spesa, erano finite le medicine. Chiamerò l’infermiera che si occupa dell’accoglienza. Entra l’infermiera: Buongiorno, come state? Nipote e nonno: Bene, grazie. Infermiera: Come sarebbe a dire: bene, grazie? Qualcuno deve stare male. Altrimenti i dottori a cosa servono? Chi è il paziente? Nonno (indicando la nipote): Lei. Nipote: Non è vero. È mio nonno che ha bisogno di cure. Infermiera (al nonno): Non si preoccupi, non le farò del male. Nonno: Dicono tutti così. Infermiera: Ma cos’ha di preciso? Nipote: Ha un po’ di mal di schiena.
Fiabe sulla terra
Rock in un ricco A Spotsville c’era un ragazzo molto ricco che si chiamava Jonald. Lui amava la musica rock, ma il padre era contrario alla passione del figlio. Un giorno il ragazzo venne a sapere da un amico di un concerto rock in piazza. Jonald non esitò ad accettare e l’amico gli diede i biglietti per l’evento. Il ragazzo tenne quei biglietti molto cari, senza che il padre lo scoprisse. Il giorno prima del concerto li spostò dietro lo specchio della sua stanza, dimenticandosi che la cameriera che veniva a casa avrebbe potuto trovarli. Infatti avvenne così: la domestica che spolverava la sua camera si accorse del nascondiglio e consegnò al padrone ciò che aveva trovato. Non appena li vide, il padre si infuriò così tanto che mise Jonald in punizione. Il ragazzo non volle sentire ragioni e si sfogò, dicendo che la musica era la sua passione, ma il genitore per l’ennesima volta rimase sordo alle parole del figlio e lo chiuse in camera sua per il resto della giornata. Jonald intristito scappò e andò a vivere in un capannone non lontano da casa. Per sua fortuna c’erano degli strumenti musicali e Jonald si allenò fino a quando non diventò bravissimo. Il ragazzo, però, sentiva la mancanza del padre, anche se l’adulto era poco comprensivo, e, in fondo, anche il genitore avrebbe voluto rivedere il figlio. Un giorno Jonald si fece coraggio e decise di tornare a casa. Fu molto felice di rivedere il padre, che lo accolse con un abbraccio: imparò che per il figlio la musica era tutto. Jonald con il passare degli anni diventò molto bravo e fu un grande cantante adorato dal pubblico per le sue canzoni e la sua musica e da allora anche il padre andò ai concerti del figlio e furono tutti contenti.
Roberta Niciforo
La parodia delle fiabe famose
Harry Potter e la camera dei calzini “stra-fitusi” Harry chiamò Hermione e le disse: «Hanno aperto una nuova porta». Si alzò dal tavolo e le mostrò la sua scoperta: la porta era rivolta al contrario, con l’apertura a destra. Appena la aprì, sentì una puzza che lo portò all’infermeria della scuola in due minuti. Hermione lo soccorse e gli disse che la camera conteneva una cosa puzzolente: non sapeva cos’era, ma sui libri c’era scritto che anche con la tuta di vermi, che non dovrebbe far respirare gli odori, era impossibile non crollare a terra svenuti. «Vado a informarmi di più su questa camera» propose la ragazza. E andò a chiedere a Ron. Ron aveva sentito parlare delle maestre di “Calzino magico” che conservavano in una camera i calzini usati dai maghi del castello. Hermione corse da Harry per informarlo di ciò che aveva saputo: la porta conteneva i calzini usati dai maestri di magia dopo ogni lezione. Harry decise di chiamare Silente, il direttore della scuola, per farsi dare il profumo che profumava ogni fetore dei fetori più puzzolenti fetorosi. E allora la camera non “fetò” più, ma diventò la stanza più profumata di tutto l’istituto di magia.
Gioele Galvagno
Fiabe pericolose
Fiabe nel cielo
La vera storia della fine del mondo
Angeli
C’era una volta un cavaliere che voleva salvare il mondo dall’avvicinamento del sole, e per salvarlo doveva attraversare i confini del mondo, andare a prendere il libro delle stregonerie dal re Artù il cattivo e superare molti ostacoli: addormentare draghi, congelare maghi, ipnotizzare nani, ammazzare babbani, fare 80 salti con la corda, 122 con il cerchio, saltare sui i coccodrilli per attraversare il fiume, arrampicarsi sulle montagne e trucidare i guerrieri del re. Quando finalmente arrivò davanti al castello, il cavaliere incontrò una regina e un mago che lo nominarono “il cercatore”. Entrò nel castello e si mise a combattere fino all’ultimo sangue, ma morì e quindi il mondo finì. Vittoria Panebianco
La principessa «vampira» C’era una volta una bellissima ragazza che un giorno si svegliò trasformata in un vampiro e tutti la chiamavano “la principessa vampira”. Era molto brutta e si vergognava del suo aspetto; per questo non usciva mai dal castello. Un ragazzo che la conosceva andò a trovarla perché si ricordava della sua bellezza e voleva aiutarla, ma lei lo cacciò. Il giovane rifiutò di andarsene, perché voleva dimostrarle che le era amico e lei lo mise in prigione. Il giorno dopo, la fanciulla si pentì di quello che aveva fatto e liberò il prigioniero. I due andarono in un paese lontano, in cerca del cristallo della normalità, un tesoro che il mostro vampiro custodiva in una grotta. Il ragazzo uccise il mostro, prese il cristallo e ritrasformò la “vampira” in una bellissima principessa. Alice Niciforo
Dalla sala si alzò un urlo tremendo. Il silenzio irruppe nella stanza. Una ragazza bellissima era entrata. Un signore esclamò: «È bellissima!». In realtà era un angelo vestito da donna. Indossava un abito lungo e bianco di seta, calzava scarpe con il tacco alto dorate. Sembrava una bambina, perché era giovane, ma era una ragazza dai capelli d’oro, ricci fino alle ginocchia. I suoi occhi verdi erano illuminati da un diadema di cristallo che risplendeva alla luce della luna. Un ragazzo la invitò a ballare. Danzarono a lungo un valzer, ma a un certo punto lei scappò. Uscì dalla sala e andò in giardino, dove erano presenti centinaia e centinaia di rose di vari colori. Il giovane, che si chiamava Leonardo Da Vinci, non fece in tempo a chiedere alla fanciulla dove stesse andando, perché i cacciatori di angeli l’avevano catturata per darla in sacrificio a Sundjata, l’imperatore mandingo. Leonardo allora andò a cercarla sull’isola Silvanica e per salvarla attraversò le terre sperdute, dove incontrò il temibile mostro Gianluca, e le terre di fuoco dove dimorava il mostro Riccardo con i suoi lunghi denti affilati, e poi finalmente giunse al castello del sovrano. Incontrò Sundjata, lo sconfisse e liberò la fanciulla. Lei lo ringraziò. I due si prepararono per il viaggio di ritorno. Non appena arrivati, l’angelo fece uscire dal nulla un raggio di luce e dopo cinque secondi se ne andò.
Viviana Ranno