In tempo di crisi, storie e riflessioni sul valore sociale del lavoro e sulla dignità di chi lavora.
Saperi in dialogo, due serate al Campus. Chiesa e democrazia nel corso di aggiornamento degli Idr.
Don Guido Benzi, dell’Ufficio catechistico nazionale: oggi non si può dare per scontata la fede.
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POSTE ITALIANE S.P.A. • SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE • D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB PARMA
euro 1,65 anno XCIII
GIORNALE LOCALE
DIOCESI DI PARMA
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Crisi di lavoro, non sia crisi di vita
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i lavoro si muore. Ma anche di non lavoro. Intrecciando così un binomio antico e nuovo, in questo primo decennio del terzo millennio. Dove il mercato e la tecnologia, anche se difficilmente lo si ammetterrà, devono registrare i loro fallimenti. Di lavoro si muore. E’ sempre alto il numero di vittime sul lavoro, per una mancata applicazione delle leggi esistenti in materia, o per una presunzione di sicurezza che non sempre fa i conti con la legalità. Ma oggi si muore anche per la mancanza del lavoro. Si contano infatti numerosi casi di suicidio nel nostro Paese. Papà di famiglia che, ritenuti in esubero dalla propria ditta e quindi lasciati a casa, non riescono a dare ai propri figli il necessario per vivere. Piccoli imprenditori che, per crediti che vantano magari anche verso Enti pubblici, non riescono a pagare lo stipendio ai propri dipendenti e si vedono costretti a chiudere, consapevoli di innescare un processo di non ritorno. Motivi di riflessione, tra i tanti, per questa prossima giornata di san Giuseppe lavoratore. E che obbligano, con urgenza non dilazionabile, a ripensare al senso del lavoro, ma soprattutto al soggetto che lavora e alla sua dignità. Vale la pena richiamare quella sorta di decalogo che Benedetto XVI ci ha offerto nella Caritas in Veritate, al numero 63, dove accosta e applica al termine “lavoro” il termine “decenza”, riprendendo un appello lanciato da Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo dei lavoratori. Un lavoro che sia: espressione della dignità essenziale di ogni uomo e donna; sia scelto liberamente; permetta di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli; permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa. Griglia da tenere presente, in questo tempo di dibattiti e di riforme. E se è vero che la speranza ha due figli: lo sdegno per le cose che non vanno e il coraggio di cambiarle, un invito a sperare ci viene da tanti giovani protagonisti del progetto Policoro, nato dalla collaborazione della Cei con la Caritas, che ha coinvolto regioni del nord e del sud, attivando circa 400 tra cooperative e piccole imprese e dando lavoro a 3000 persone. Un modo concreto per evitare che la crisi del lavoro diventi crisi di vita. Maria Cecilia Scaffardi
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Tanti sentieri diversi per rispondere alla chiamata del Signore. Domenica 29 aprile la Giornata delle vocazioni: riflessioni e testimonianze.
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9 771825 290006
Catechesi 20015
Scuola
ISSN 1825-2907
1° maggio
Per la giornata mondiale delle Vocazioni del 29 aprile
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n occasione della Giornata mondiale delle vocazioni, riproponiamo i passaggi di alcuni interventi del nostro Vescovo, a testimonianza di una preoccupazione, di un appello e insieme di un invito alla preghiera corale
zamento per il nostro Seminario, parliamone spesso e prendiamo contatto con i sacerdoti che vi operano.
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voci
otto il profilo pastorale la Lettera Pastorale “Ho un popolo numeroso” indica al nostro ministero una via chiara: nell’amore alla Chiesa e nel riconoscimento dei doni che lo Spirito Santo le dona, la scelta prioritaria della corresponsabilità con i fedeli laici (HP 26 – 43). La formazione globale alla vita cristiana, ai contenuti della fede e all’azione pastorale dovrà essere, insieme a loro, al primo posto delle nostre preoccupazioni. Dovremo abituarci a tenere costantemente questo pensiero mentre preghiamo, quando programmiamo la pastorale, anche quando ci prende l’avvilimento o la tentazione di fare da soli. Accanto alla preghiera e alla proposta per la nostra chiamata sacerdotale, non stanchiamoci, quindi, di riconoscere e sollecitare la vocazione laicale e ministeriale di tanti chiamati a vivere la loro condizione, oltre che nella testimonianza temporale, anche nel servizio della Chiesa. «Sono convinto — scrivevo nella lettera — che l’insieme di questi delicati temi costituisca un banco di prova importante per l’auspicata corresponsabilità e comunione nella nostra chiesa che deve avviarsi, come punto di non ritorno, verso la promozione di una pastorale integrata, centrata sulla persona e missionaria» (HP 42). Ci disponiamo così, e lo
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(Dalla “Lettera ai preti” - agosto 2010)
chiediamo nella preghiera al Signore, a guardare avanti con fiducia al futuro della nostra diocesi, pronti anche, cogliendo e interpretando segni ed eventi nuovi, a compiere i passi che lo Spirito Santo vorrà suggerirci. Rinnoviamo il nostro “sì” con tutto noi stessi, sicuri che lo Spirito Santo che ci ha chiamati, chiama ancora oggi ad essere preti qui a Parma: non stanchiamoci di pregare, anche insieme alle nostre comunità, perché i chiamati riconoscano la vocazione e vi aderiscano prontamente. Vi rivolgo di nuovo l’invito a fare almeno ad un giovane, conosciuto e adatto, la proposta ad interrogarsi sulla vocazione al presbiterato, ad “entrare in seminario”, cioè a iniziare un cammino di discernimento. (HP 28). Favoriamo anche la conoscenza e l’apprez-
a nostra Chiesa ha bisogno dell’Eucaristia, ha bisogno della comunione e della carità che l’Eucaristia genera per educare alla fede, per attuare il Nuovo Assetto della Diocesi, per il riconoscimento e la formazione di ogni ministero. Ha bisogno di preti che la celebrino! Mosè ha chiamato dei giovani per offrire il sacrificio, un giovane ha dato i suoi pesci e il pane perchè il Signore li moltiplicasse. Grazie a lui tutti hanno avuto il pane disceso dal cielo. Nella Chiesa e per il mondo la presenza dei sacerdoti è necessaria, perchè il pane sia ancora spezzato e diventi il cibo dei pellegrini. Deve diventare normale per un giovane interrogarsi sulla vocazione presbiterale, sulla vocazione alla vita consacrata e sulla vocazione al matrimonio. Deve essere consueta nella famiglia la preghiera, testimoniata dalla vita, per la vocazione dei figli e la supplica per il dono di un figlio prete. Nelle parrocchie deve rinnovarsi lo sforzo per promuovere una pastorale giovanile coraggiosa, intelligente, capillare e organica nella quale le ragazze e i ragazzi possano educarsi all’amore accogliendo ogni chiamata del Signore.
Signore rallegra la Chiesa di famiglie feconde di ogni vocazione e del coraggio di ragazzi e ragazze che le accolgano con gioia. Guarisci la sterilità della nostra Chiesa: donale sposi che si amano, ricolma il carisma di volti numerosi, dacci tanti preti santi. Non dimenticarti della tua Chiesa, rendila feconda di tutti i suoi doni. (Dall’Attuazione della Lettera pastorale)
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n motivo di sofferenza è consacrare il Crisma e non usarlo per l’Ordinazione di nuovi presbiteri. Il dolore non nasce, prima di tutto, o non solo, perché a Parma siamo in pochi preti a fronte della tradizione e delle esigenze della nostra Chiesa, ma nasce soprattutto dall’avvertire quella sterilità della nostra Chiesa nelle vocazioni al matrimonio, alla vita consacrata, al presbiterato. Anche il confronto statistico con altre diocesi d’Italia evidenzia questo. Addolora la sterilità, come di un padre e di una madre che vivono questo dramma. Ogni Chiesa ha la sua storia, i suoi passaggi lontani e recenti, anche noi l’abbiamo e siamo chiamati a fare un’analisi serena e forte, alla luce della Parola, evitando inutili nostalgie, accuse antiche o malumori recenti, per cercare la verità. Vorrei che se ne parlasse con tutto il presbiterio, ma ancor più con tutti i credenti, nel prossimo anno che è l’anno della Fede, perché credo che proprio la fede in Dio sia la fonte della fecondità della Chiesa. Non possiamo rassegnarci ad essere una chiesa che genera “giovani ricchi” o che non prepara l’humus per tutte le vocazioni. (Dall’omelia crismale - aprile 2012)
Per la giornata internazionale dei lavoratori del 1° maggio
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n primo luogo, riteniamo importante esprimere viva preoccupazione per la durata e le conseguenze, sempre più vistose, della pesante crisi di carattere globale in atto. Crisi certamente di ordine economico-finanziario, ma più in radice culturale ed etica. Al riguardo, ci si attendono per lo più soluzioni in sede tecnica, mentre le cause sono ben più profonde, di carattere sociale, culturale, etico; pensare quindi di risolverne gli effetti emergenti senza affrontarne i motivi di fondo appare sempre più velleitario. Proprio le sue cause, d’altra parte, appaiono difficili da rimuovere a breve, perché insite in stili di vita, personali e istituzionalizzati, ampiamente radicati e come tali non facilmente modificabili. D’altra parte, altri segnali, per quanto iniziali e incerti, confermano che dalla crisi è non soltanto auspicabile ma anche possibile uscire. Anche migliori, a condizione che da essa si impari; e presto, e a fondo. Diversamente, il rischio più immediato è ricaderne in un’altra, magari ravvicinata e dalle proporzioni ancora più preoccupanti. Come afferma in proposito papa Benedetto XVI (Caritas in veritate n. 21): La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così oc-
casione di discernimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le difficoltà del momento presente. 2. Una delle conseguenze più insidiose della crisi è che a essa in qualche misura ci si adegui, ci si abitui, così che anche la questione centrale, quella del lavoro, che affiora in tutto il suo spessore se traguardiamo l’attuale situazione dal punto di vista che più ci è caro, la persona umana, da emergenza occasionale finisca lentamente per cronicizzarsi. Occorre invece affermare con forza che come la crisi non si è generata da sé, né ha alla sua origine cause inevitabili, così occorre per questo trovare risposte efficaci, ricercando insieme, con costanza a attraverso un comune impegno, non soltanto soluzioni di carattere tecnico, pur necessarie, ma un vero e proprio cambiamento di mentalità nella vita comune. Dai rinnovati, auspicabili nuovi stili di vita a una vera cultura della solidarietà, prima e irrinunciabile risposta per ricostituire e rafforzare quel tessuto sociale solido, coeso, che non può essere affidato soltanto alla buona volontà di alcuni. 3. Entro questo contesto, condividiamo la preoccupazione di sempre più numerose persone per la loro situazione lavorativa (soprattutto di molti giovani e di ultra quarantacinquenni, rispetti-
DIOCESI DI PARMA
«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini e delle donne di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». (Gaudium et spes, 1)
vamente non ancora o non più occupati) ma anche di chi, pur disponendo attualmente di un’occupazione, vive in un clima di perenne precarietà. Come è noto, questa situazione ha riflessi immediati sul vissuto personale, sul futuro e sulle scelte di vita dei nostri giovani, sulle famiglie, sul rapporto tra le generazioni, come pure colpisce anche imprese sane che si trovano ingiustamente costrette a chiudere (cfr. Caritas in veritate 25 e 40; v. anche 63). In una parola, sia pur in modo fortemente differenziato, la situazione attuale ha riflessi pesantemente negativi sull’intera popolazione lombarda, che ha da sempre trovato nel lavoro un forte punto di riferimento e un motivo di coesione del proprio tessuto sociale. In una prospettiva di “allargamento della ragione economica” come quella che scaturisce dalla fede, il lavoro non può apparire soltanto risorsa eco-
Direttrice responsabile: Maria Cecilia Scaffardi In redazione: Francesco Dradi, Alessandro Ronchini. Pagina Fedi: Laura Caffagnini. Fotografie: Erick Ceresini, Marta Noharet, Hanno contribuito a questo numero: Agenzia Sir, Nando Bonati, Liliana Castagneti, Centro diocesano vocazioni, Erick Ceresini, Fuci-Msac-Ufficio diocesano Scuola, Daniele Moretto, Riccardo Moro, Nicola Salvagnin, Aluisi Tosolini.
nomica per alcuni e questione di gestione delle cosiddette “risorse umane” per altri. La dottrina sociale della Chiesa ci insegna a porre al centro dell’attenzione la persona in quanto soggetto irrinunciabile del mondo del lavoro, titolare di diritti e di doveri che scaturiscono dalla sua stessa natura. Diritti e doveri da riconoscersi cioè come originari, non soltanto attribuiti alla persona dalla comune coscienza corrente, ma implicati dalla sua stessa dignità. Occorrono per questo risposte adeguate ai problemi e ai valori in gioco, appropriate e tempestive, evitando di perdersi nei meandri di una burocrazia fine a se stessa o in incomprensibili intoppi procedurali. 4. Questi aspetti trovano in noi una risonanza particolare nel periodo in cui le nostre Chiese di Lombardia si stanno preparando a celebrare il VII Incontro mondiale delle famiglie a Milano dal 30 maggio al 3 giugno prossimi, sul tema che Papa Benedetto XVI ha affidato alla riflessione e all’attenzione della comunità cristiana e dell’intera famiglia umana, e che costituisce per noi un ulteriore, intenso richiamo: “La famiglia: il lavoro e la festa”. Sarà
anzitutto occasione per riscoprire la centralità della famiglia per l’intera vita sociale, in quanto risorsa straordinaria di umanità e di fede, in grado di comunicare alla società tutta il senso del vivere a partire dai momenti fondamentali dell’amare, del lavorare, del fare festa. Condividiamo per questo la vivissima preoccupazione che il tempo festivo, in particolare domenicale, sia difeso da logiche puramente consumistiche e commerciali, a favore della comune riscoperta di relazioni ispirate alla gratuità e ai valori da cui è veramente sostenuto il vivere. L’Incontro rappresenta poi un’occasione di apertura alla mondialità, in molti modi già presente nelle nostre terre grazie alle numerose persone e famiglie migranti che in forza del loro lavoro sono divenute parte attiva e integrante del nostro tessuto sociale e a cui vorremmo offrire non soltanto espressioni di accoglienza ma una costante solidarietà. Con loro e verso tutti. Un’occasione infine per divenire più consapevoli, più vigilanti, più capaci di avvertire l’urgenza di temi come questi per la nostra fede e le nostre scelte quotidiane, come pure per promuovere risposte socialmente efficaci, sostenute da una profonda ispirazione etica e orientate al bene di tutti. In particolare, un obiettivo sul quale vorremmo tutti convergessero è la “conciliazione” tra famiglia e
Redazione e amministrazione: Parma - Piazza Duomo, 1 (Palazzo del Vescovado) - Tel. 0521.230451 - Fax 0521.206265 - E-mail:
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lavoro, possibile e in molti modi praticabile, a favore di tutte le soggettività sociali in gioco. 5. A partire dalla comune fede cristiana, che ci motiva e ci sostiene nelle molte forme in cui è possibile e doveroso oggi servire l’umanità, per qualsiasi ragione ferita o rifiutata, rinnoviamo il nostro invito a riproporre una cultura del dialogo, della responsabilità, della partecipazione attiva ai processi sociali, a favore di un nuovo Welfare, sociale e istituzionale, in grado di rispondere alle maggiori urgenze del nostro tempo. Desideriamo inoltre che siano messe in luce le testimonianze di chi ha saputo esporsi in prima persona come lavoratore, sindacalista, imprenditore, pubblico amministratore, studioso o altro offrendo una testimonianza credibile ed efficace in quest’ambito. La condivisione che vivremo nella preghiera e nella celebrazione delle Veglie per il lavoro che ci vedranno prossimamente riuniti nelle nostre diocesi, unitamente all’imminente beatificazione di Giuseppe Toniolo, esponente esemplare di un’economia autenticamente sociale, e all’intercessione di S. Giuseppe, patrono di tutti i lavoratori, ci siano di sostegno e di guida nel comune cammino. I Responsabili degli Uffici per la Pastorale Sociale e il Lavoro delle Diocesi lombarde
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Questo numero è stato chiuso in redazione martedì 24 aprile, alle 18,30. Tiratura: 1.900 copie.
Giovanni 10,11-18 In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
IlPastorechedàlavita Pietrascartata,èdivenutapietrad’angolo
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GRATUITÀ • È la vita come dono, fatto e ricevuto, al centro di Giovanni. E così la Vita eterna, piena, di Dio, nella quale si entra gratuitamente, come dono.
Atti degli apostoli 4,8-12 In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati». Salmo 117 La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti. Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza. La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo. Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla casa del Signore. Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto. Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre. 1a Lettera di Giovanni 3,1-2 Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
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i soffermo a contemplare questo passaggio ”offrire e riprendere la vita”. Alla fin fine, sarà una riflessione sulla croce. • È Cristo e soltanto Cristo che incarna la vita di Dio, la rivela, la comunica a noi o la manifesta; è unicamente andando a Cristo che l’uomo raggiunge la pienezza che va cercando e che non trova altrove. Proprio perché ha in sé la vita di Dio diventa la VIA che conduce a Lui; si deve passare di lì per trovare la vita. Sappiamo che Gesù può dare la vita perchè si è consegnato completamente a Dio, permettendo alla vita di Dio di manifestarsi pienamente in Lui. • La parola “vita” è spesso accompagnata dalla parola eterna. Vita eterna. Altri aggettivi, per Giovanni non esistono da applicare alla vita. C’è una vita friabile che non dura, la vita eterna è una vita che dura. L’aggettivo “eterno” in Giovanni, non vuol dire solo durata; per Giovanni questo aggettivo indica la qualità della vita; è la vita di Dio che è già presente in noi. Ma quello che si vuol sottolineare è la vita dell’uomo abbandonato a sè stesso, costruita secondo schemi umani: questa vita carnale non resiste. Mentre quello che conta è la vita dono di Dio, che diventa la tua vita gestita secondo i criteri di Gesù Cristo: questa è la vita eterna, la vita che dura. Nel Vangelo di Giovanni si sottolinea con forza che per entrare nella vita devi entrarci gratuitamente, perché la vita è dono; la vita è un dono gratuito. L’atto che ci ha costituiti è un atto di pura gratuità, di cui noi possiamo essere contenti o arrabbiati. Così nel mondo di Dio si entra gratuitamente, come dono. • Tutto il Vangelo di Giovanni può essere visto come il dramma della vita e della morte: è il dramma di Gesù Cristo, è il dramma della storia umana, della nostra esistenza. Il punto centrale e risolutore è ancora una volta la croce che è, per un verso, il punto dove il dramma giunge al suo vertice, perché l’opposizione è giunta al punto di uccidere il datore della vita, quindi è il punto più basso, ma proprio questo diventa il punto risolutore. O sei convinto che l’amore sembra sconfitto, ma in realtà risorge e allora puoi dire che c’è un senso; oppure non accetti che la sconfitta per amore si tramuta in vittoria. O chiudi gli occhi e dici: «l’amore vince» anche se perde da tutte le parti, oppure dici: «E’ tutto sprecato!». don Nando Bonati
TITSEMI - LAMBANO
Porre- Prendere. Sono gli stessi verbi usati nel racconto della lavanda: Gesù pone la veste e la riprende: Gesù pone la vita e la riprende. I due riferimenti – deporre la veste e riprenderla / deporre la vita e riprenderla — si illuminano a vicenda: Gesù Servo-Buon Pastore. Giovanni usa questi richiami per farci entrare più profondamente nel Mistero. Durante la cena Gesù compie i gesti del servo: è quanto compie in tutta la sua vita. Non è un’abluzione: siamo durante la cena, pertanto i piedi sono già stati lavati. E’ un gesto rivelativo: indica fino a che punto Gesù è arrivato donando la sua vita, morendo in croce! Il gesto della lavanda è un gesto profetico con cui Gesù anticipa quello che gli è accaduto e gli accadrà concretamente, nelle ore successive. Gesù sarà consegnato, consegnerà la sua vita nelle mani dei malfattori e darà la sua vita per i suoi, li amerà fino al dono della vita: è il Buon Pastore! Gesù servo-Buon Pastore: prelude a quanto sarebbe successo nella Pasqua: questo è il mio corpo consegnato per voi, questo è il sangue versato da me...
ei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto» (Salmo 117,28). Liberato dai nemici, il re canta di gioia. Lo segue «il corteo con rami frondosi» (27), processione gioiosa di coloro che con lui sono stati salvati (1-4). Al suo grido di fiducia - «Nel pericolo ho gridato al Signore: mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo» (5) - risponde la confessione di fede del popolo: «Questo è stato fatto da YHWH!» (23). «Colui che viene» innanzi (26) guidando la folla, è il Diletto, l’Amato, benedetto, scelto e consacrato da YHWH, messo da parte, ma non per sempre (22)! «Non morirò, ma resterò in vita!» (17). Pietra rigettata, ma scelta e preziosa, Servo fedele risuscitato dal Padre, è Cristo, «il buon pastore» che «dà la propria vita per le pecore» (Gv 10,11). Egli conosce e ora trascina con sé tutti i salvati, e intona per tutti il Canto di lode: «Rendete grazie al Signore perché è buono» (1.29). Sì, la risposta non può essere altro che “rendere grazie” (“yadah”, 1.19.21.28.29): confessare pubblicamente che «il suo amore è per sempre!» (1-4.29), raccontare a tutti i prodigi della sua Destra (10-16), esortare i giusti a confidare in YHWH, appoggiarsi su di Lui solo (8-9), cantare insieme le sue lodi («rallegriamoci ed esultiamo» 24), invocare di nuovo da lui la vittoria sul male («hoshiy‘ah nna’ - dona la salvezza!» 25), e vivere “inseguiti” dalla sua benedizione (26). «Gesù è la pietra, che è stata scartata … e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza» (At 4,11-12)! Rendiamo grazie per cinquanta giorni, per continuare a cantare sempre, fino a quando Egli verrà nella sua Gloria!
Parola
TEMPO DI PASQUA IV domenica - anno B
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Liliana Castagneti
L
e pecore… conosceranno la mia voce… Il testo greco dice: le pecore… conosceranno il mio suono (il suono della mia voce). Cioè: non semplicemente un insieme di parole, ma il suono della voce. Cosa significa? La voce, quindi la parola, è un suono. Ogni volta che parlo si ripete questo fenomeno: inspiro aria dall’esterno e, nell’atto dell’espirare, io faccio vibrare le corde vocali le quali emettono un suono, la parola appunto. L’aria che io ho inspirato ha portato ossigeno ai polmoni e, attraverso i polmoni, al sangue; l’aria che espiro non è più uguale a quella che ho inspirato; porta con
sé tracce di scorie della mia esistenza. L’aria che espiro ha dentro la memoria di quanto in me è avvenuto e sta avvenendo. Ogni volta che respiro, io ripeto a me stesso e a chi mi sta vicino il mistero della mia vita. Il suono della voce rivela a chi mi ascolta il mistero della vita. Il suono della voce, dunque, è rivelativo di quanto avviene nella mia vita. «Come stai?» - chiedo a mio figlio. Lui mi risponde: «Bene!». E io, suo padre, che conosco mio figlio, dal suono della sua voce capisco come sta. Lo stesso avviene con il partner, con un amico, con… Come posso, oggi, sentire il
suono della voce di Gesù di Nazareth, il crocifisso risorto? Debbo conoscerlo. Come? Attraverso lo strumento privilegiato della sua parola, ascoltata non semplicemente udita. Non è un procedimento puramente intellettuale! Ogni giorno debbo fare attento il mio orecchio a quella parola, fino ad intuire cosa c’è dietro quella parola, fino a sentire la voce-memoria di una vicenda che mi riguarda. Infatti la parola scritta che oggi ascolto è voce diventata tale con la vicenda storica di un uomo che ha vissuto 33 anni la mia stessa vita. Dentro quelle tante parole, io pian piano arrivo ad
ascoltare quel suono con tutta la ricchezza della memoria che porta con sé, fino a dire: «Nella persona di Gesù di Nazareth, il Buon Pastore, Dio mi rivela che, Dio mi invita a, Dio mi propone di…». E io dimentico Marco, Luca, Giovanni, Matteo, Paolo… perché ho sentito una parola rivelatrice di una vita… ho sentito il suono della SUA voce… La madre distingue il suono della voce di suo figlio tra tanti bambini, pur senza vederlo. Il discepolo distingue il suono della voce di Gesù Buon Pastore tra tante voci… N. B.
27 APRILE 2012
Parole e giorni
elezioni comunali Parma 2012
I CANDIDATI RISPONDONO
Casa, come trovarla È un problema in crescita per le fasce deboli. Ecco le proposte
speciale
Questo il quesito che abbiamo posto ai dieci candidati sindaco: • Una fetta di popolazione, la più debole, sente forte il problema della casa. Sia per l'affitto che per l'acquisto i costi sono alti, rispetto ai redditi familiari. E, quasi fosse un contrappasso, sono sempre più numerosi gli alloggi vuoti: sfitti o invenduti. Come pensa di affrontare il problema?
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Pubblichiamo le risposte ricevute nell’ordine cronologico in cui sono pervenute in redazione.
PRIAMO BOCCHI
VINCENZO BERNAZZOLI
(La Destra)
(Pd, Parma che cambia, Pdci, Idv, Parma progressista socialista laica, Altra politica, Consumatori e pensionati)
Favorire gli affitti agevolati
Riqualificare il patrimonio
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arantire il diritto alla casa significa dare risposta a un bisogno primario dei cittadini, a partire dalle giovani coppie e da chi sta pagando gli effetti della crisi, come i nuclei famigliari. Nel Comune sono presenti oltre 3.800 alloggi Erp. Il turnover non riesce a soddisfare gran parte delle famiglie in graduatoria (oltre 1600) e negli ultimi due anni è stata data risposta a meno del 20% delle domande. Bisogna riesaminare le condizioni con cui viene calcolato il punteggio per l’assegnazione delle case pubbliche, aggiornandole alle situazioni delle famiglie più colpite dalla crisi. E’ inoltre necessario dar vita a un sistema di rete comunale che consenta di gestire meglio i diversi contributi e gli aiuti economici per i cittadini, distribuendoli più equamente. Il dato più preoccupante riguarda però il mercato dell’affitto, perché vi accedono in larga parte le famiglie meno abbienti. Per fronteggiare il problema servono una pluralità di azioni. Daremo nuovo impulso all’Agenzia casa ampliandone il campo di azione per realizzare intese con i proprietari di abitazioni e monitoreremo il numero degli alloggi sfitti, realizzando un sistema premiante per chi affitta. Monitoreremo anche l’invenduto dando vita ad accordi con gli imprenditori che consentano anche di mettere a disposizione alloggi a canone sociale. Importante inoltre rilanciare il progetto “Affitti Garantiti” che va incontro sia a coloro che cercano una casa in affitto, che a chi possiede abitazioni sfitte, perché tutela i proprietari e allo stesso tempo offre vantaggi agli affittuari. Chiederemo al governo Monti di non penalizzare queste forme contrattuali che tutelano la legalità. Il mercato della casa, anche grazie alla sciagurata politica di governo delle precedenti amministrazioni, è di fatto fermo. Da parte nostra ci impegneremo per favorire la costruzione di nuovi immobili a uso sociale e per riqualificare il patrimonio esistente. Da completare nel più breve tempo possibile anche i cantieri avviati nell’ambito del piano edilizio Parma Social House.
ROBERTO GHIRETTI
paradossalmente, da una parte hanno penalizzato le imprese edili, che non vengono pagate, non vendono, ma si sono esposte con le banche, e dall’altra non hanno risolto il problema casa di molti parmigiani. Oggi bisogna invertire la rotta, con due priorità: 1. Costruire sul costruito e ricostruire in qualità, cioè non consumare nuovi suoli, ma al contrario inaugurare una nuova stagione di riuso e ristrutturazione urbanistica, energetica e estetica, che consenta anche un rilancio dell’edilizia con le opportunità della green economy. 2. Adottare una politica attenta alle nuove criticità sociali: mi riferisco a giovani coppie, nuclei monogenitoriali, famiglie numerose e a basso reddito, proponendo loro un piano casa a misura di famiglia con progetti edilizi dedicati e affitti calmierati, in modo da garantire prezzi accessibili a queste categorie.
(Parma Unita)
27 APRILE 2012
G
l diritto alla casa è un crocevia di qualunque politica di coesione sociale, di costruzione di una nuova identità di comunità aperta e di società sicura e solidale. La disponibilità di una abitazione per le persone o per le famiglie rappresenta la base di qualunque politica di integrazione sociale, è indispensabile per prevenire ed evitare fenomeni di degrado e di emarginazione. La domanda di case come servizio è generata non solo dalle famiglie meno abbienti, ma anche dalle famiglie medie che non sono in grado di sostenere gli oneri per accedere alla proprietà o per soddisfare i canoni di affitto di una casa adeguata alle loro attuali esigenze, in contrapposizione sussistono una serie di abitazioni non locate o invendute. Una soluzione che tenga conto di queste due diverse situazione potrebbe essere favorire degli affitti agevolati alle fasce meno abbienti, sotto la supervisione di un organo appositamente deputato, dando come agevolazione ai locatori la possibilità di vedersi sensibilmente ridotta la quota IMU sulla seconda casa e costituzione di un fondo di garanzia in virtù di cui il Comune si fa da garante per l’acquisto di una casa da parte di particolari ceti sociali.
No a nuovo consumo di suolo
D
agli anni 2000 la politica urbanistica dell’amministrazione si è basata su un presupposto sbagliato: la crescita a dismisura della popolazione residente attraverso l’espansione dell’edificabilità residenziale, privata e commerciale. È stata perseguita un’idea sbagliata di città, che, inseguendo una sorta di sogno ducale, non si è imposta né limiti di spesa, né limiti di espansione e quindi di consumo di risorse naturali (il suolo agricolo in particolare). Queste scelte hanno comportato conseguenze pesanti: la moltiplicazione dei centri commerciali; la previsione di realizzare la metropolitana quale infrastruttura per la mobilità della città ingigantita; la costituzione delle troppe società partecipate e dei tanti project financing in cui il Comune ha voluto improvvisarsi imprenditore e che hanno generato buona parte dei suoi debiti; ma soprattutto hanno generato un’enorme eccedenza di alloggi nuovi invenduti od inutilizzati, che,
ELVIO UBALDI
ROBERTA ROBERTI
(Civiltà Parmigiana, Udc, Parma moderata, libera solidale)
(Parma bene comune, Rifondazione Comunista)
Creiamo l’Agenzia Abitare
Alloggi vuoti a chi ne ha bisogno
PAOLO BUZZI
LILIANA SPAGGIARI
(Pdl, Cantiere popolare)
(Partito comunista dei lavoratori)
Abbassare la tassazione
Blocco degli sfratti e abolizione Imu
U
na tassazione eccessiva deprime le famiglie e le imprese. Gli aumenti dell’Irpef e dell’IMU (+748%) rischiano di strozzare Parma. Occorre abbassare l’Irpef allo 0,6% e l’IMU allo 0,76%: e pensare agevolazioni fiscali sulla prima casa, sulle attività commerciali. Quella che è stata perpetrata con l’istituzione dell’IMU – dopo che il governo di centrodestra aveva abolito l’ICI – è, di fatto, l’introduzione di una vera e propria patrimoniale che sta danneggiando solo i piccoli proprietari. La scelta, poi, del Commissario Ciclosi di applicare le addizionali comunali con l’aliquota massima consentita per legge ci sembra una scelta ancora più scellerata: ma su questo ci siamo già dilungati a sufficienza. Oggi, però, parlare di ridurre le aliquote dell’IMU non basta più: esiste un altro rischio insito nella “tassa immobiliare”ed è l’adeguamento dei valori catastali (sui quali viene calcolata l’IMU) a quelli di mercato, più alti e meno “controllati”. In questo modo, temiamo, si vogliano creare le condizioni future per aumentare surrettiziamente il gettito fiscale anche qualora si giungesse alla decisione di abbassare le aliquote di tassazione. (Testo tratto dal programma e dalle dichiarazioni presenti sul sito web del candidato, ndr)
L
a casa deve essere un diritto, non un privilegio. Il comune, inteso come bene collettivo, non deve essere cogestore in quello che è un bene primario, ma bensì interlocutore privilegiato, attuando una politica di edilizia popolare, intervenire in modo incisivo affinchè vengano applicati canoni di affitto equi e commisurati alle possibilità economiche delle fasce sociali più deboli, anche in considerazione della grande crisi economica che stiamo attraversando. Da sempre il Partito Comunista dei Lavoratori chiede il blocco degli sfratti, aumento della tassazione comunale sugli immobili per chi possiede più di tre appartamenti, non ultima l’abolizione dell’IMU sulla prima casa a scopo abitativo, odiosa tassa approvata dal governo Monti che si abbatte come una scure sulle tasche già vuote degli italiani. Solo con azioni di forza e di rottura con l’attuale sistema clientelare si possono dare risposte concrete alla cittadinanza specialmente alle fasce più deboli e in difficoltà, che più di tutti, pagano gli effetti di una politica collusa con i poteri forti, fatta spesso di favoritismi. (Testo tratto da dichiarazioni della candidata alla stampa, ndr)
WALLY BONVICINI
ANDREA ZORANDI
FEDERICO PIZZAROTTI
(Buongiorno Italia! Siamo voi!)
(Lega Nord)
(Movimento 5 stelle)
La candidata non ha risposto al quesito e ancora non è intervenuto pubblicamente sul tema casa.
Il candidato non ha risposto al quesito e ancora non è intervenuto pubblicamente sul tema casa.
speciale
È
vero che a Parma ci sono tante case sfitte; è vero anche che ci sono moltissime persone e famiglie povere ( in città negli ultimi tempi si è registrata un’impennata). Sono persone che chiedono aiuto all’emporio solidale e ad altre associazioni, cattoliche e non. Molte di queste famiglie sono italiane, non solo di migranti. Crediamo che per chi ha il problema dell’alloggio il fenomeno delle case sfitte gridi vendetta. Diciamo quindi non solo “no alla cementificazione” — perché di case ne abbiamo già abbastanza, per i prossimi vent’anni — ma anche “sì” ad una politica del Comune che garantisca che gli edifici che sono sfitti e vuoti possano essere accessibili a persone che ne hanno più bisogno, o ai giovani che vogliano ristrutturare e riattivare edifici dismessi, dati in porzione o in comodato d’uso a chi vuole svolgere attività creative, artigianali o imprenditoriali. (Intervento di giovedì 19 aprile in Seminario Maggiore durante l’incontro tra i candidati sindaco, capi scout Agesci e i censiti maggiorenni, ndr)
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Il candidato non ha risposto al quesito e ancora non è intervenuto pubblicamente sul tema casa.
27 APRILE 2012
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ggi esiste una significativa richiesta abitativa, ci sono morosità e sfratti e, al tempo stesso, ci sono tanti alloggi sfitti e invenduti. Questo è un problema. Allora la risposta non è costruire case nuove, ma lavorare su ciò che già c’è, invenduto, sfitto o in costruzione, recuperandolo dal mercato e destinandolo a colmare questo bisogno. Lo faremo diminuendo l’Imu a chi affitta a canoni concordati o partecipando ad Affitti garantiti, attraverso l’”Agenzia Abitare”, le misure anti sfratto e concludendo i cantieri aperti per destinarli all’emergenza sfratti. La priorità assoluta è senza dubbio quella di ultimare gli interventi in essere (Casadesso e Parmabitare): 18 più 40 alloggi saranno destinati all’emergenza sfratti. La Pubblica Amministrazione non deve più realizzare nuove costruzioni ma deve creare due condizioni prioritarie: 1) creare le condizioni per la vendita di alloggi a prezzi accessibili; 2) affittare l’edilizia convenzionata a canoni sostenibili (350/400 euro mese). Per fare questo, bisogna creare una specifica agenzia per la locazione (Agenzia Abitare) che si pone tra proprietario ed affittuario, con la partecipazione e la collaborazione, oltre dell’Amministrazione Comunale, dell’ente gestore, delle Associazioni dei proprietari, dei Sindacati Inquilini, Fondazioni, Agenzia Immobiliari , in grado di fornire garanzie al proprietario con la creazione di un apposito fondo. (Testo tratto da dichiarazioni del candidato alla stampa, ndr)
7 GIORNI in10 RIGHE
È SUCCESSO A PARMA E PROVINCIA DAL 18 AL 23 APRILE
STUDIARE • Oltre 4.400 giovani hanno visitato l’Università di Parma nell’ambito della manifestazione “Studiare a Parma. Le Facoltà in Open Day”. Intanto il Senato accademico e il cda hanno approvato l’istituzione dei 18 nuovi Dipartimenti, per il prossimo anno accademico, che sostituiscono gli attuali 42 e mandano in pensione le facoltà, in ossequio alla riforma Gelmini.
SUICIDIO • Pier Angelo Ablondi, 58 anni, consigliere provinciale della Lega Nord si getta dal terzo piano di casa. APPELLO • Crack Parmalat, confermate le condanne, ma c’è sconto: 17 anni e 10 mesi per Tanzi, 10 anni a Tonna. BOTTE • Imprenditore quarantenne condannato a 2 anni e 6 mesi per violenza e lesioni personali alla compagna. RAGAZZINI • Minorenne parmigiano di origine nordafricana rapina coetaneo alla fermata in via Bixio. Fermato. 17ENNE • Italo-marocchino alla guida investe due giovani (prognosi 7 giorni). Denunciato, ruba altre due auto. MULTE • L’ex comandante Jacobazzi ne annullò parecchie. Ora indagato per abuso d’ufficio. Citerà i “beneficiari”. VIAGGIARE • Sciopero treni, domenica fermi 30 convogli: lunghe attese. Aerei cancellati per Catania e Bucarest. PRIVACY • Infomobility invia newsletter con allegati i dati sensibili di 6mila parmigiani. Errore umano o tecnico? DANNI • L’ex ispettore generale del Comune, Stelio Manuele, rimosso in luglio chiede risarcimento di 150mila €. PARMIGIANO • Cresciute quotazione (+18%) export (32% delle forme) e produzione (+7%). Prezzi in discesa?
SERVIZI
Ennesimo piano di ristrutturazione delle Poste, nonostante l’utile di 850 milioni
mappe
La denuncia della Cisl: «Vogliono tagliare 53 postini e 25 uffici»
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Poste: utili e tagli. Una situazione paradossale che fa infuriare i sindacati, in particolare la Slp Cisl che denuncia le prospettive per Parma qualora andasse in vigore il piano di Poste spa: 53 postini in meno e razionalizzazione (cioè chiusura o aperture limitate a due-tre giorni settimanali) di 25 uffici postali. «Partiamo da un dato — spiega Angelo Fiorillo, segretario di Slp Cisl — Poste Italiane ha ufficializzato il risultato di bilancio del 2011 che consiste in un utile di 850 milioni di euro. Una bella cifra di cui ci sarebbe da essere contenti» senonché «contemporaneamente ha proposto una ristrutturazione che prevede un taglio di circa 10.000 posti di portalettere in tutto il Paese». In Emilia-Romagna il taglio preventivato è di 466 posti. «Per far comprendere la situazione — circostanzia Fiorillo — occorre ritornare a due anni fa. Nel 2010 abbiamo firmato un accordo di ristrutturazione che in Emilia-Romagna portava alla riduzione di 300 portalettere, tramite un ridisegno del servizio che faceva scendere da 6 a 5 i giorni di consegna della
posta. Tale ridisegno si è attuato in due anni, e già da tempo la posta è consegnata dal lunedì al venerdì e non più al sabato». Il ragionamento del sindacato è chiaro: abbiamo già fatto sacrifici. Non solo: questi sacrifici hanno contribuito a produrre un grande utile per la società. Dunque non si capisce la motivazione di questa nuova ristrutturazione. «Non ci siederemo nemmeno a discute-
INTEGRAZIONE
re. E’ un piano che rigettiamo in toto — prosegue il segretario dei postini Cisl — La previsione di tagliare il 15% dei portalettere è irrealistica. Inoltre il piano è uno spezzatino, si partirebbe solo in alcune regioni (Piemonte, EmiliaRomagna, Toscana, Marche, Basilicata) e non altre. Questo è un modo di dividere il Paese che non ha senso. Per quanto riguarda la nostra regione i numeri più alti, in assoluto, sono a Bologna (- 137) ma percentualmente i territori più colpiti saranno le province di Piacenza, Parma e Reggio Emilia. e noi temiamo che questo significa penalizzare fortemente le zone montane». Che, nelle previsioni del sindacato, saranno penalizzate due volte. Da un lato con il taglio dei portalettere, dall’altro con la chiusura degli uffici postali. «Ancora non c’è un progetto ufficiale ma l’ipotesi su cui la direzione di Poste sta ragionando è la chiusura di 1200 uffici in tutta Italia e la razionalizzazione (cioè l’apertura solo due o tre giorni) di altri 600. In provincia di Parma vorrebbe dire 20 chiusure e 5 dimezzamenti. Dove? In Appennino». (fr.dr.)
25 APRILE E 1° MAGGIO
Negozi aperti? Scioperano i commessi Sciopero di commesse e cassiere il 25 aprile e il 1° maggio. Lo hanno deciso le federazioni provinciali dei lavoratori commercio, turismo e servizi di Cgil, Cisl e Uil. «per ribadire che le festività nazionali vanno rispettate e dare copertura a tutti quei lavoratori che vorranno rifiutarsi di andare al lavoro in quelle date». Lo sciopero è in risposta alle «numerose catene distributive» che terranno aperto «in occasione delle festività: la liberalizzazione attuata dal governo Monti purtroppo lo permette, poiché prevede la possibilità di apertura per 365 giorni all’anno ed abolisce qualunque competenza degli enti locali in materia». «I lavoratori del settore — dicono i sindacati — devono avere il diritto di poter celebrare almeno le principali festività dell’anno, civili e religiose; in quelle giornate le persone devono essere nelle piazze, in famiglia o con gli amici e non nei centri commerciali. Il 25 Aprile e il 1° Maggio hanno un valore storico, umano e di grande contenuto culturale. Non ci sono ragioni economiche così forti e dominanti per sacrificare queste feste e aprire i negozi come tutti gli altri giorni. C’è invece un alto costo sociale perché si limitano i pochi spazi dedicati al tempo libero e alla socialità e si invita solo al consumo in ogni luogo, in ogni ora e giorno dell’anno». Inoltre «le aziende stanno cercando di gestire le aperture “sottocosto”, spremendo il personale sia sugli orari di lavoro che sulle retribuzioni».
Presentato presso la Sala Borri il progetto itinerante “Luoghi comuni”, che ha già viaggiato in altre città
Incontrarsi, tra italiani e migranti. E ascoltare. A Parma si è realizzato grazie a Parma per gli altri e a Galleria dei Pensieri
27 APRILE 2012
S
ta girando per Parma “Luoghi comuni”, un’antologia di storie a più voci e a più mani, che nasce da incontri fra italiani e migranti ed è ideata da Lettera27 con il sostegno di Moleskine. E’ approdata a Parma, grazie alla collaborazione con Parma per gli altri e Galleria dei pensieri. Il titolo, “Luoghi comuni”, rimanda ai due significati sottesi all’iniziativa: l’entrare in luoghi dove ci si incontra abitualmente per smantellare pregiudizi o luoghi comuni nei confronti delle persone migranti. A Parma il progetto, che ha avuto il patrocinio della Provincia di Parma, dell’Università degli studi, del Servizio sanitario regionale, dell’Istituzione Biblioteche del Comune di Parma ed il sostegno
di Conger (che unisce le ong a livello regionale), è stato aperto da un momento di ascolto e di condivisione, giovedì 19 aprile presso la Sala Borri, a palazzo Giordani. L’attrice Franca Tragni (nella foto) ha dato voce — non senza suscitare emozione e commozione — a stralci delle interviste (40, di cui sono state selezionate 12), che ora viaggiano su locandine negli autobus o sono appesi alle pareti di sale d’attesa, biblioteche... Scopo: quello di sensibilizzare il territorio, creando legami e ponti e favorendo la conoscenza reciproca. Non a caso, in uno di questi racconti si legge: «Come sono? Dimmelo tu. Io sono come tu mi vedi». Sguardo, il nostro, che sembra abbia il potere, nel dare o nel negare la visibilità, di far esistere o meno le persone. Ma lo sguardo coinvolge anche noi stessi, in una sorta di gioco allo specchio, che rimanda la nostra immagine.
Per l’associazione ”Parma per gli altri”, come hanno testimoniato il presidente e le consigliere intervenute, questo progetto significa unire l’impegno in Africa con l’impegno nella nostra città. In una continuità di ascolto e di reciproca accoglienza. Racconta infatti Paola Salvini, venuta a conoscenza del progetto durante un viaggio ver-
so Addis Abeba (Etiopia): «mi sono portata dentro questo desiderio. Dopo mesi di lavoro si può dire che Luoghi comuni ha rappresentato un momento di incontro tra istituzioni e associazioni, ma soprattutto tra persone». Incontro guidato dalla curiosità «di noi verso gli altri e degli altri verso di noi, che ha permesso una grande conoscenza e che
traccia una prospettiva di lavoro per il futuro». Il progetto intende passare alla fase due, con il coinvolgimento, ad esempio, delle scuole. Frammenti di storie, queste, in cui si è potuto cogliere il cuore di chi l’ha narrata, di chi l’ha ascoltata e l’ha riproposta in sala. E hanno lasciato intravvedere dei volti, molti dei quali erano presenti in sala. Alcuni hanno desiderato prendere la parola direttamente. Come Choroma, giovane nato in Ciad, che ha sottolineato la fatica di chi emigra: «quando uno si sposta per andare in un altro paese, a qualsiasi età, deve sempre ripartire da zero». Parole che lasciano intuire la fatica dello sradicamento e del non poter contare, ad esempio, sugli studi fatti o sulla esperienza lavorativa già realizzata. Si tratta di continuare a salire dei gradini. E’ stata poi Enathe, giovane infermiera scappata dal Rwuanda, sposa e mamma di un bambino, anche lui parte-
cipe e orgoglioso della mamma. Nel raccontare la sua paura, essendo fuggita da un paese in guerra, come se non potesse esistere altro che la guerra, ha testimoniato la gioia di poter condividere con altri coetanei queste paure, in un gruppo parrocchiale: «quello che avevo dentro di me, lo leggevo anche in loro». Questo le ha dato una forza nuova, che ora riversa nel reparto, nel rapporto con i malati e con i suoi colleghi. Di uno di loro ha ricordato il saluto che le ha rivolto, al momento del trasferimento: “grazie perché mi hai insegnato che si può lavorare bene e tanto, anche senza correre...!”. Frammenti che diventano lezioni di vita. Per noi che, abbiamo quasi timore a salutarci alla fermata dell’autobus. Un invito ad aprire gli occhi e la mente, superare visioni chiuse e ristrette, imparando ad ascoltare e a vedere. E, magari, anche a salutare e a sorridere.
LAVORO / 1
LastoriadiMonicaBergamini,licenziatabruscamentedaBaiadiLunaassiemea32colleghe
M
onica Bergamini, assieme ad altre 31 colleghe (tutte donne), è stata licenziata dalla sera alla mattina. Una vicenda che ha dell’incredibile. Bergamini lavorava alla Baia di Luna, catena di agenzie viaggi. • Può raccontare i fatti? Verso il 20 gennaio fummo convocati dalla direzione che ci informò che se non si fossero trovati finanziamenti molto probabilmente l’azienda avrebbe chiuso. Dopo una settimana è stata bloccata la biglietteria aerea perché la Iata, l’organismo che regola il trasporto aereo, non era stata pagata. Il saldo della bigliettazione deve avvenire mensilmente, altrimenti bloccano l’emissione di biglietti. E quindi ci è arrivata una comunicazione via fax che diceva che eravamo tutte in ferie forzate fino al 31 gennaio e che dovevamo riconsegnare chiavi, computer, telefoni aziendali e che ci sarebbe arrivata comunicazione scritta sul nostro destino. E il 2 febbraio è arrivato il telegramma che eravamo licenziati perché l’azienda veniva messa in li-
Nel giro di 48 ore ci siamo trovati senza lavoro ma io per fortuna avevo contatti e relazioni con altre agenzie. Una di queste (Solo volo, ndr) mi ha dato fiducia e per tre di noi hanno aperto un ufficio a Parma. Ma le altre persone sono disoccupate o stanno cercando di mettere in piedi un’attività in proprio, per lavorare nel settore. • Da quanto tempo lavorava in Baia di Luna? Io 4 anni. Ma anche chi vi lavorava da 10 anni ha avuto lo stesso trattamento. L’agenzia
esisteva dal 2000. Una triste storia: era una bella agenzia, si lavorava bene e secondo me aveva anche possibilità di sviluppo. Penso sia finità così a causa di una cattiva gestione. • C’è presente e futuro nel turismo? Io lavoro nel settore da vent’anni ma la vedo male, la crisi economica si sta consolidando e questa voce è una delle prime che si tagliano. Nel nostro settore specifico, la biglietteria aerea, lavoriamo con le aziende, un segmento
che tiene poiché continuano a muoversi in giro per il mondo e spesso hanno bisogno di combinare più tratte, non solo un volo Milano-Londra che si può prenotare low cost su internet. Il problema è che sul biglietto aereo i margini sono molto ridotti: viene riconosciuto l’1%, poi l’agenzia applica un fee (contributo, ndr) ma capita che i grandi gruppi tendano ad applicare forti ribassi così rovinando il mercato. • Come ha reagito al licenziamento? Voglio dire fisicamente. Un giorno sono finita al Pronto soccorso con la pressione alle stelle. I mesi di gennaio e febbraio sono stati molto stressanti. Tuttora mi stanno monitorando la pressione con l’holter e devo fare controlli periodici in ospedale. In famiglia... io ho sempre cercato di non portare a casa il lavoro, ma questa volta non è stato semplice. Ho avuto un grande supporto da mio marito, mentre non ho detto niente ai genitori e ai miei fratelli. Non avere più uno stipendio sarebbe un problema, non vivendo di rendita. Per fortuna ho ricominciato a lavorare da metà febbraio. • Posso chiedere quanto guadagna? Il mio ruolo è responsabile commerciale di business tra-
vel. Per questo livello lo stipendio è sui 2.500 euro, a Baia di Luna erano di più per maggiori responsabilità. • Vi siete rivolte al sindacato? E’ stata la mia collega Patrizia a spingere per rivolgersi alla Filcams Cgil e devo darle atto che ha avuto ragione. Io ero molto scettica, per esperienze negative avute col sindacato tanti anni fa. Invece ci hanno dato un grande supporto, in particolare Paola Bergonzi ha preso davvero a cuore la nostra situazione. Il sindacato ha avanzato la richiesta di mobilità retribuita e ammortizzatori sociali ma la proprietà lo ha negato, quando invece poteva darci miglior tutela, così c’è solo un’indennità di disoccupazione per chi è senza lavoro. • Cosa rappresenta per lei il 1° maggio? Penso che se andrà avanti così sarà soppresso... Se devo essere onesta per me il 1° maggio non ha mai rappresentato una data significativa, a differenza del 25 aprile. Il 1° maggio non ho mai partecipato a cortei o celebrazioni ma forse è ora di cominciare, in questo periodo difficile si deve festeggiare di averlo, il lavoro. Magari quest’anno sarà la prima volta che andrò in piazza. (fr.dr.)
LastoriadiGianPieroColombo,stampatore,esodatodall’ArteGraficaSilva,fallitaunannofa
«Dopo 39 anni di lavoro ho un sussidio di 700 euro. E la riforma Fornero mi allontana dalla pensione»
G
ian Piero Colombo ha trascorso quasi tutta la vita lavorativa all’Arte Grafica Silva, fallita un anno fa. Ed è proprio quel “quasi” che oggi fa la differenza. Colombo è uno dei circa 500 esodati in provincia di Parma, finiti nel limbo. • Può descrivere la sua situazione? Sono in mezzo al guado, faccio parte di quelle persone che sono peggio degli esodati, perché vengo da un’azienda che è fallita. C’erano accordi che prevedevano che alcuni lavoratori raggiungevano la pensione con la mobilità, e che invece oggi con la riforma Fornero devono lavorare ancora. Io credevo che, se si firmano accordi, questi siano tenuti validi. Non che interviene una riforma e si finisce in un bailamme. • Quanti anni ha lavorato? Io ho fatto 39 anni, tutti all’Arte Grafica Silva. • Fino a che mese? Dicembre 2010, quando ho preso la tredicesima, perché lo stipendio non l’abbiamo preso. Poi un anno di cassa integrazione straordinaria e da gennaio sono passato in mobilità. • Adesso riceve un corrispettivo? Un sussidio che varia tra 7 e 800 euro.
• Fino a quando dovreb-
be durare? Tre anni di mobilità, fino al 2015. • E al 2015 quanti anni di lavoro avrà? Avrò 59 anni di età, con 42 anni di servizio che sarebbero sufficienti anche con la riforma Fornero. Il mio problema è che mi scadono a marzo. E così sarei scoperto di altri 9 mesi, per gli scatti di tre mesi per ogni anno che passano dal 2012, introdotti dalla riforma. Di fatto oltre a non ricevere lo stipendio dovrò anche pagare dei contributi volontari per raggiungere la pensione.
• Lei ha famiglia? Sono sposato. Mia moglie, anche lei adesso cerca un lavoro. Aveva una salumeria in via Farini; cinque anni fa l’ha venduta poiché doveva accudire mia suocera, divenuta fortemente invalida e che è morta nel dicembre scorso. Ora stiamo usando i risparmi messi da parte. Sa, sono passato da un reddito di 35mila euro a una dichiarazione di 8.900 euro. • Il suo lavoro in cosa consisteva? Ero stampatore, di qualsiasi cosa: su carta, cartoncino. Dai depliant ai volumi. Ho cominciato nel 1973 e so-
no “morto” lì. Morta l’azienda, morto io. Non si pensava che l’azienda potesse fare quella fine. Era presente da 75 anni sul territorio, ben conosciuta. Era una bella aziendina, finché non sono entrati i figli. Secondo me i cambi generazionali portano delle distruzioni devastanti. Quello che mi fa rabbia è che loro, i figli, falliti il 4 aprile del 2011, con decreto del Tribunale, una settimana dopo hanno aperto una specie di ufficio, continuando a fare attività come se la facessero in azienda. Praticamente i clienti se li sono tenuti e hanno esternalizzato tutto il lavoro pratico. Questo è quello che mi ha fatto male, di questa situazione. • Lei ha ancora voglia di lavorare, non di andare in pensione? Ma certo. L’ho detto anche al Centro per l’Impiego: se trovo da lavorare quello che facevo prima, bene. Se no, prendo qualsiasi cosa: non mi spavento a spostare forme di formaggio o mettere barattoli nelle scatole. • Quant’era il suo ultimo stipendio? L’ultima retribuzione è stata di 1.680 euro, netti. • Adesso si acconterebbe di una retribuzione minore? Senz’altro, anche perché non ci sono più alte di quella. E
poi sarei uno nuovo, non con anzianità sul posto di lavoro. La differenza è se ti offri o se ti chiamano. Ma chi ti chiama oggi? Comunque a me interesserebbe arrivare alla sicurezza della pensione. Tre o quattro anni. • Cosa rappresenta per lei il 1° maggio? Una bella domanda. Una volta rappresentava il lavoro. Oggi, forse, il lavoro che non c’è più, che è impossibile trovare. Io per provocazione adesso proverò a mandare lettere per chiedere l’assunzione a tutte le aziende più grandi di Parma, se poi risponderanno. • Il suo primo 1° maggio. Se lo ricorda? Il mio primo ricordo: avevo 16 anni, ancora non ero nel sindacato. Andai a Milano, coi “vecchi” dell’azienda. Per me fu una cosa impressionante, quella folla con tutte le bandiere. Era una festa alla vita, di gioia. Negli anni Settanta c’erano preoccupazioni ma era un altro clima. Poi dopo il militare, nel ’77, sono stato eletto nel consiglio di fabbrica, oggi si chiamano rsu, e sono divenuto il rappresentante sindacale Cgil in azienda, il riferimento di tutti i colleghi per il lavoro, che mi continuano a cercare, anche adesso. • Che consigli può dare? Non è bello vivere nell’incer-
7 tezza più assoluta. Il vero fastidio, ribadisco, è vedere che quando tu firmi accordi poi vengono stravolti. Non riesco a concepirlo, perché non è colpa mia se sono messo così. E poi c’è questa cosa, che è passata nell’immaginario, che gli esodati sono sulle spalle della collettività e invece non è vero perché io la mia mobilità me la sono pagata con i contributi, così come l’ha pagata l’azienda, finché è rimasta. E’ altra la gente che vive sulle spalle della collettività, ma lasciamo stare. Se la pensione slitta, tutti gli esodati ne risentiranno ma vorrei far notare che sono messo peggio degli esodati normali, perché l’assegno di mobilità non è integrato dall’azienda e siccome è fallita non posso essere reintegrato. Vorrei poi fare riflettere sul sussidio della mobilità che si vuol riformare e tenere di 36 mesi solo per gli over 55 e ridurre a 18 mesi per chi è sotto. Io vorrei invitare i giovani a non lasciare perdere, a tenere vivo quello che hanno fatto i nonni e i padri per ottenere un sistema di tutele. Non si può andare indietro. (fr.dr.)
27 APRILE 2012
LAVORO / 2
quidazione e che ci sarebbe stato riconosciuto il preavviso. Dopo di che abbiamo saputo che la proprietà, in precedenza, aveva contattato cinque colleghe chiedendo loro se erano disponibili a lavorare in una nuova attività. • E cosa è successo? I colleghi, che io sappia, hanno rifiutato. La proprietà ha aperto, il 31 marzo, con nuova ditta, un’agenzia a Parma, una a Busseto e una, pare, a Manerbio. Ha fatto il giochino di lasciare a piedi 32 persone di una realtà grossa (sei agenzie) per aprirne una più piccola. Però l’avvocato che ci segue ha detto che ormai è una norma fare così e non possiamo farci niente. • Vi è stato saldato tutto il dovuto? No. Dobbiamo ricevere lo stipendio di gennaio, il tfr e le mensilità di mancato preavviso. Nel mio caso sono 30mila euro che non vedrò mai più, se non il tfr fra 5 anni, forse. All’ex proprietario, che in realtà figurava come consulente perché la srl era intestata ad altri, un mese fa ho chiesto con sms: “visto che apri tre agenzie quando ci paghi?” E lui ha risposto “non apro assolutamente nulla e i soldi li prendete dallo Stato”. Quindici giorni dopo ha aperto le nuove agenzie. • Adesso cosa fa?
persone
«Il proprietario ha chiuso l’azienda, lasciandoci a casa in 48 ore. E ora ne ha riaperta un’altra»
la pagina della scuola a cura di Fuci, Msac e Ufficio diocesano Scuola
InterventodidonRobertoRepole,presidentedeiteologiitalianiedocenteallafacoltàteologicadiTorino
Come stelle in terra: Chiesa e democrazia ProsegueilcorsodiaggiornamentodegliIdrdellanostraDiocesi
scuola
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on un contributo su “Chiesa e democrazia” don Roberto Repole, presidente dell’Associazione Teologi Italiani (Ati), nonché docente di Teologia sistematica alla Facoltà Teologica di Torino, ha guidato l’appuntamento del 20 aprile del Collegio degli Insegnanti di religione; l’incontro è stato anche l’occasione per presentare il suo ultimo lavoro, “Come stelle in terra” (Edizioni Cittadella).
Società secolarizzata e democratica Il professor Repole ha dapprima delineato ad ampi tratti il contesto che la Chiesa si trova ad abitare, quello della società secolarizzata. Una prima lettura individua come caratterizzante di questa fase il distacco progressivo dall’appartenenza religiosa: è la fine della cristianità vissuta in un certo modo. Se
un tempo la società era formata da persone accomunate da una fede, in particolare dalla fede cristiana, e l’appartenenza alla società civile coincideva con l’appartenenza religiosa, bisogna prendere atto che oggi non è più così; la dimensione religiosa però non è scomparsa, quanto profondamente mutata: per la religione c’è spazio, ma non le è più possibile occupare tutto lo spazio disponibile. E se la società secolarizzata è una società dell’autonomia (autonomia della scienza, della politica, degli affetti, dell’educazione …), in questo contesto muta la condizione del credere; il credente crede e può farlo solo davanti alla possibilità uguale e contraria del non credere. Infine, l’aspetto politico: emblema della società secolarizzata e autonoma diviene l’organizzazione democratica dello Stato, fondato sulla sovranità del popolo.
La democrazia: un appello per la Chiesa In che senso la Chiesa può e
deve ripensare se stessa per poter annunciare Cristo in una società secolarizzata e democratica? Nella certezza che la fede, in forza della promessa di Gesù di essere con noi fino alla fine dei tempi, può abitare qualunque stagione, ogni epoca diviene un’opportunità per scoprire qualcosa di inedito della Rivelazione attestata dalla Scrittura. Se è vero che in un primo tempo il giudizio del Magistero sulla democrazia è stato negativo (alimentato an-
Illunedìeilsabatounappuntamentoperstudenti,educatoriefedeli
che da una visione pessimista della modernità in genere), dal Concilio Vaticano II la Chiesa mostra di aver accolto l’appello che le veniva rivolto: la partecipazione politica libera e attiva di tutti i cittadini è definita “pienamente conforme alla natura umana” (GS 75). La Chiesa non può (né deve) essere democratica: unico sovrano nella realtà ecclesiale è Dio e il potere della ecclesia è tale solo in forza e in conseguenza alla chiamata di Dio. Gli organi consultori
nella vita della Chiesa vorrebbero andare oltre la democrazia: l’obiettivo è stare nel dialogo fino al consenso, nel rispetto e nella valorizzazione dei carismi. E ancora: la Chiesa, se autentica, non sarà mai fine a se stessa; il fine è il servizio al mondo, agli ultimi in particolare, orientato all’avvento del Regno di Dio.
La Chiesa: un appello per la democrazia L’auspicio, condiviso anche
Maria Chiara Carpena
CONVERSAZIONE IN FUCI CON GIORGIO CAMPANINI
La preghiera delle Lodi in Santa Caterina L’attualitàdelbeatoToniolo animata dalla comunità di Sant’Egidio
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27 APRILE 2012
AL PASSO COI TEMPI • Repole (foto in alto) ha proposto alle/agli Idr una riflessione per accostare la secolarizzazione non come una minaccia, ma come una opportunità perché la Chiesa possa ritrovare freschezza ed efficacia nella sua missione.
durante i numerosi interventi dei partecipanti, è che i cristiani, da parte loro, avvertano sempre più l’urgenza di annunciare la Buona Notizia di Gesù oggi e sulla pubblica agorà. La fragilità della democrazia attuale è data dall’idea che la libertà di ciascuno sia assoluta, ma come cristiani sappiamo di essere veramente liberi solo quando le nostre libertà sono alleate; così la democrazia sarà veramente se stessa, quando ognuno sarà libero con l’altro. Nel periodo di crisi che stiamo vivendo gli unici valori in campo sono quelli economici, la logica diffusa, che sembra la sola possibile, è quella del sacrificio. Ma se la società democratica si propone di “vivere senza padroni” (F. Riva), l’individuo deve strutturarsi sull’altro, a partire dall’altro. Nella Chiesa il vivere senza padroni — in ginocchio davanti all’unica signoria di Gesù Cristo — diventa un vivere per l’altro e con l’altro.
a Comunità di Sant’Egidio di Parma ha riaperto per la preghiera comune la storica chiesa di Santa Caterina (Sita in B.go S.Caterina, 10), a lei affidata dai padri cappuccini. La preghiera comune si tiene nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì dalle 19.30 alle 20. Con quest’anno scolastico l’apertura di Santa Caterina è stata arricchita di due nuovi momenti di preghiera mattutini. Il lunedì e il sabato dalle 7.35 alle 7.50 nella chiesa, nel cuore del quartiere Oltretorrente, la Comunità di Sant’Egidio dedica uno spazio per pregare e cantare le Lodi al Signore insieme a studenti, educatori, fedeli che desiderano mettersi in ascolto della parola di Dio all’inizio della loro giornata. Dall’invocazione “Signore, insegnaci a pregare” nasce un rapporto in cui la preghiera è un modo di entrare in contatto con il Padre come Figli, certi di essere ascoltati, e che permette di sciogliere angosce, pianti, disperazioni e solitudini trasformandoli in speranza, gioia, comunione. L’opportunità di un luogo e di una Co-
munità come questa a supporto della preghiera educa a una spiritualità e a una missione cristiana da vivere nella quotidianità. La vita è un groviglio caotico e frenetico di appuntamenti e di scadenze ed è un problema ritagliarsi un momento di sosta per non lasciarsi vivere. Abbiamo lo sguardo concentrato sul presente, non vediamo nel futuro e chiediamo sicurezza. Quando i contorni della nostra vita ci sfuggono accentuiamo ciò che è materialmente vicino. Il fermarsi a pensare ed ascoltare la parola di Dio, il proprio senso interiore e gli altri è un modo efficace di spogliarsi di abitudini e di pensieri fuorvianti. Tuttavia, non siamo qui per
ascoltare sempre noi stessi, ma per lasciar parlare la Parola di Dio. Molte volte è difficile nel quotidiano accorgersi degli altri e capire che siamo uguali anche se le nostre condizioni di vita e i nostri cammini sono profondamente disuguali. Viviamo una condizione spesso compressa, ci sentiamo lontani dal Signore, come se non avessimo lo spazio per arrivare a Lui, ma quando il nostro sguardo, educato dall’ascolto della Parola di Dio, si ferma su un debole, un povero, un indifeso, un malato, un giovane, un vecchio, un sofferente, è proprio allora che nello spirito Dio ci mostra una strada che ci avvicina a Lui. La Fede è spirituale, non è misurabile, ma anche materiale e concreta, ci spinge all’azione, nasce dall’Ascolto e dalla messa in pratica e orienta le scelte concrete della quotidianità. Si vive insieme e non da soli, la condivisione è decisiva, ci lega reciprocamente. La preghiera personale e di una comunità è forte se è piena di Fiducia nel Signore. Elisa Zimarri
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l 29 aprile a Roma si svolge la cerimonia di beatificazione di Giuseppe Toniolo, considerato da molti il maggiore economista e sociologo cattolico italiano. Nei giorni scorsi, durante l’incontro settimanale del gruppo FUCI di Parma, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare le parole del sociologo e storico Giorgio Campanini (nella foto), che ha studiato in modo approfondito questa importante figura. Una vita, quella di Toniolo, spesa nell’insegnamento universitario e nella ricerca, elaborando un proprio pensiero economico e sociale. Una visione dell’economia che affonda le sue radici nella dimensione umanistica, unendo insieme economia ed etica cristiana. Da qui un’idea della ricchezza che si fonda sì nel libero mercato - dove il profitto del singolo promuove anche il benessere collettivo - ma tenendo conto della legittimità del profitto stesso. L’arricchimento è un fatto positivo quando viene ottenuto in maniera lecita, occorre interrogarsi sull’uso intelligente e giusto della ricchezza. Toniolo viene anche ricordato per il suo prezioso contributo nell’ambito degli studi sociali. Importante è la sua concettualizzazione di “democrazia cristiana”, con la quale intende riferirsi all’insieme dei rapporti presenti, oltre che nell’economia, nella società. Un pensiero questo, che è rivolto alla democratizzazione della società attraverso il superamento della lotta di classe. E’ il cosiddetto “corporativismo cattolico”, che elabora una visione con tratti molto simili al sistema economico presente nella Toscana medioevale, dove era la mutua collaborazione fra classi e non lo scontro, il metodo di governance nel
mercato. Un concetto che va oltre la dimensione economica, penetrando nella vita sociale dell’uomo ed avendo come fine principale il riscatto delle classi inferiori e il bene della società civile. Tale orientamento — anche se non esplicitato in Toniolo come poi in Don Sturzo e De Gasperi — richiama il concetto di impegno politico del cristiano. In definitiva, una figura, quella di Toniolo, centrale sia per la scienza economica che per quella sociologica, pensate secondo il denominatore comune dello spirito cristiano. Un spirito che mette al centro il bene comune, nell’economia come nella società, e che ha contraddistinto la vita di Toniolo fino a portarlo alla beatificazione. Una figura di grande interesse per noi universitari, che riunisce in sé una fede viva e un intenso impegno accademico e politico. Uno spirito che desideriamo seguire nel vivere la nostra fede e i valori e gli impegni concreti del nostro percorso di studio. Carlotta Zilioli e Francesco Zordan
la pagina della scuola a cura di Fuci, Msac e Ufficio diocesano Scuola
FUCI-CAPPELLA Due serate al podere “La Grande” per parlare dell’umano e dei suoi linguaggi, UNIVERSITARIA partendo da prospettive e discipline diverse, alla ricerca di un senso condiviso
Gli aperitivi dei saperi in dialogo L’
happy hour, l’ora felice dell’aperitivo per stare in compagnia e insieme stuzzicare l’appetito in vista di un pasto vero, al Campus diventa metafora: guidati da “chef” (docenti) si “assaggia” il Sapere — già “sapere” rimanda al gusto della conoscenza — attraverso metodi, e strumenti dei “saperi”, scoprendo inaspettate intersezioni, sperando di far sorgere nuove domande, far crescere la “fame” e sotto questa spinta avvicinarsi ad un banchetto più ricco. Martedì 17 e mercoledì 18, al Podere “La Grande”, da un’idea della Fuci e della Cappella universitaria, sono andati in scena gli aperitivi interdisciplinari “Saperi in dialogo” (edizione 1), appuntamenti pre-serali di indagine sull’essere umano; per muovere dalla «curiosità all’origine di ogni vero sapere» e giungere «al senso delle cose che si sanno» — citando l’apertura di Alessandro Chiesa, presidente Fuci. Primo tema, sconfinato: “L’uomo, uno e molteplice”. Francesco Di Renzo, nostro fisico teorico delle particelle, lo affronta dal versante “Sapere e saperi. Università di interdisciplinarità”, con riflessioni che accompagnano ogni studente nella scelta della facoltà. «Scommettiamo un po’ dei nostri anni sul sapere, per appagamento personale, come risorsa spendibile sul lavoro, per costruirci una personalità più “interessante”, perché a una maggiore competenza si associa più responsabilità nel realizzare un progetto» con cui «il vivere ci-
vile — e il sapere — faranno passi avanti». Interessi e capacità entrano in competizione — «tipica l’indecisione tra fisica e filosofia» — e temiamo rinunce e rimpianti: «il nostro cammino si strutturerà su un sapere particolare con un suo statuto epistemologico. E’ la nostra condizione». Ma la scelta sarà «tanto più appagante quanto più sarà colta non nella separazione del suo àmbito dagli altri, ma nell’offerta di punti di vista su di essi che permettano di apprezzarli». Vivere «la potenziale contraddizione tra specializzazione molto pronunciata e dominio dell’interdisciplinarità» è la normalità della ricerca odierna. “Fare la differenza. Donne e uomini, conflitti e dialoghi”: Rita Torti, studiosa di storia e teologia, formatrice su tematiche della differenza di genere, guarda come il rapporto uomo-donna influenzi i saperi codificati, i quali sono dipendono dalla cultura intesa come «mentalità collettiva, frutto di contrattazioni e incroci di poteri». Domanda preliminare: «l’uomo è “uno” e molteplice, o è “due” e molteplice? Evidente: in qualunque epoca e contesto viviamo, viviamo da uomini o da donne. Ciò fa differenza, dentro e fuori dal corpo. La percezione nostra (di maschi o di femmine) e degli altri struttura l’identità», condiziona desideri, paure, percorsi di vita. «La molteplicità dell’umano è a base 2; eppure nei saperi codificati la dualità non c’è», segno di un “nodo” posto tra l’esperienza umana e il modo in cui questa si elabora e si
gio del tutto slegato dalla comunicazione animale, e che «non sia nemmeno frutto di evoluzione»; ma recenti comparazioni tra umani e scimmie sembrano deporre a loro sfavore. «Gesti e vocalizzazione possono essersi associati finché il sistema articolatorio, più vanCONVIVIALMENTE taggioso, ha preso il sopravvento». Il gesto re• Parole e suoni, sta, ad influenzare la parola e viceversa. «Nelriflessioni e l’ascolto il sistema motorio entra in risonandomande negli za»: questo può essere il modo in cui capiahappy hour mo il linguaggio. E’ il sistema motorio a darculturali ci «la nostra vera conoscenza interna»; non si organizzati da Fuci apprende per via acustica ma nel «confronto e Cappella con qualcosa che conosciamo». Universitaria il 17 Per illustrare “Il dialogo con l’altro — Il line 18 aprile scorsi. guaggio di Dio”, Paola Biavardi ricorre all’ultima opera del teologo francese Valadier, “L’exception humaine”. Domanda: «l’idea di identità eccezionale dell’essere umano rispetto al resto del cosmo deve essere abbandonata?». Tre obiezioni a questa tradizione: «la forte continuità (genetica, comportamentale) tra umano e animale; l’ “umanesimo dell’eccezione”, basato su un a priori mai verificato, è messo a nudo e va superato, senza creare un dualismo uomo-natura: siamo più esseri viventi/biologici che esseri pensanti/coscienti. Terza, l’ “eccezione” impedisce il passaggio a una post-umanità (seconda nascita, positiva), mentre costante dell’uomo è la trasformazione, tentando di prolungare indefinitamente l’esistenza. Se non c’è l’altro, ma una continuità indistinta» tra umani e cosmo, trasmette — anche «la traecondo tempo” agli aperitivi inter- «non c’è linguaggio; manca lo spazio-intercasmissione rientra in dinamidisciplinari: l’ordine di vastità del pedine in cui venire a parola. La parola geneche di potere» —. Documenti tema sembra abbassarsi, ma sem- ra e mantiene in vita l’alterità e genera famioccidentali — da Atene all’at- pre di fronte a vastità (e complessità) ci tro- liarità». Pure se l’altro è del tutto «diverso, irtualità — definiscono la dif- viamo: “L’uomo e il suo linguaggio”. Al tavolo raggiungibile, post-umano, non c’è interlocuferenza uomo-donna (a di- tre prof: Leonardo Fogassi (neuroscienze), zione, perché manca lo spazio familiare». Sescapito della donna) in ogni Paola Biavardi (teologa), Alessandro Bosi condo Valadier l’“eccezione” è ridimensiosituazione esistenziale. Chi (e (sociologo). nata, ma ha ancora una validità. Nel vedersi perché) ha scritto quei libri, Scorrono diapositive nel primo intervento — distinto dal cosmo, l’uomo si meraviglia e si codificato leggi, elaborato vi- “Cervello e mente. Dai neuroni alla parola” sente interpellato da ciò che non è lui, fino sioni patriarcali? Gli studi di — a mostrare aree cerebrali impegnate in all’appello di Dio stesso». genere (dal ’70 a oggi) chia- produzione, lettura, comprensione, analisi e «C’è discrepanza — parla Alessandro Bosi, mano allo scoperto l’uomo anche il solo pensare parole, non-parole, fra- “La parola che ci plasma. Linguaggi e civiltà” (maschio), soggetto rimasto si. «Il linguaggio integra le funzionalità mo- — fra manifestazioni umane e parola. La painvisibile perché mai nomi- torie, sensoriali, cognitive e di memoria del rola modifica il rapporto dentro-fuori, ionato. Ma onnipresente. cervello. Suoni arbitrari sono associati per ap- mondo, ora-sempre. Interviene in modo siprendimento ai significati: già questo è com- gnificativo sulle strutture dell’esistere». In atErick Ceresini plesso». Alcuni studiosi ritengono il linguag- tesa della parola, l’uomo svolgeva come gli altri viventi le funzioni culturali di produzione, riproduzione, trasmissione; ma rispetto a questi era capace di eccedere i confini del proprio corpo. laureando fa eco Alice Fava, l’altra presidente Fuci, che ha apCiò lo ha reso da in fisica, lo prezzato l’affrontare i temi da più versanti, e precipreda a predatore. ha speri- sa come vi sia stata la volontà «di affiancare al punComparendo la pato di vista scientifico e umanistico quello teologico, mentato: rola «si aggiunge la «mi occupo più facilmente escluso» dai dibattiti universitari. La civiltà (ordine del di magneti- scelta dei relatori influisce sul volume del pubblimutamento), contismo e capi- co, ma di più quella dei temi. Per l’aperitivo “1”, gua alla cultura (orsco bene “L’uomo, uno e molteplice” «era forse troppo vasto dine della persistenquelli del e dispersivo»; il secondo, “L’uomo e il suo linguagza)». Con la scrittusettore, ma gio” «sempre vasto, ma già più specifico». L’aperitira, la parola conticonfrontarsi nello specifico con chi, sempre fisico del- vo è tale se «fa venire fame, voglia di porsi altre donua a essere scagliala materia, si occupa di proprietà diverse già è un mande e approfondire», e la formula pare funziota, da innamorati, problema». Ad esempio «farei fatica a seguire Di nare: don Enrico Rizzi puntava proprio sul «piaceprofeti... anche in Renzo» (fisico delle particelle, primo intervenuto). re di incontrarsi fuori dalle aule, in un clima conviloro assenza. E’ un «Ci sono sempre più cose che si comprendono, che si viale, mantenendo un impegno culturale. L’interdi“sempre” che si afsanno e quindi da insegnare. Specializzarsi è neces- sciplinarità è una bella strada da percorrere». Sta ferma nella storia e sario ma al contempo è bene conservare una visio- poi ai relatori “tradursi” per essere il più possibile dà luogo a un’umane ad ampio raggio. Il dialogo va cercato, se siamo divulgativi. Altra idea per la 2a edizione, «iniziare le nità nuova. Ora preconvinti che ci sia una Verità verso cui tutti i saperi serate portando i risultati parziali di un dialogo tra pariamoci all’era convergono; questa è stata la prima occasione». Gli relatori già iniziato». (e.c.) post-scrittoria. (e.c.)
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scuola
Stuzzichinidalla1a edizionedell’iniziativainterdisciplinarealCampus
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LE IMPRESSIONI DEGLI ORGANIZZATORI
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uona la prima, come nelle attese dei ragazzi della Fuci, del loro assistente spirituale don Enrico Rizzi — fornitore degli input alla realizzazione degli “aperitivi” — e di don Cocconi, responsabile della Pastorale universitaria — sua l’idea di convocare docenti di discipline diverse ad interrogarsi sul tema comune (e immenso) dell’essere umano —. Circa 50 presenze nel primo pomeriggio, forse 70 al secondo. Certo il “grosso” si è attinto dalla Pastorale giovanile, ma grazie al passaparola, locandine e web gli “esterni” non sono mancati (presenti anche altri docenti). «In tutti i campi del sapere si va verso la specializzazione esasperata — riconosce Alessandro Chiesa, presidente Fuci — e il dialogo tra discipline (e tra branche di una stessa) diventa difficile». Lui stesso,
27 APRILE 2012
Incontrarsialtempodellaspecializzazione
Venerdì 27 aprile alle ore 21 in Battistero VEGLIA DI PREGHIERA in preparazione alla Giornata mondiale per le vocazioni
Seminario Minore Viale Solferino 25 - Parma Tel: 0521.960628 e-mail: ufficio.pastoralevocazioni @diocesi.parma.it
il paginone di vita nuova
“H
o osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele” (Es 3:7-8). A Dio basta un grido per sentirsi chiamato. Un grido indistinto, neppure identificato con una preghiera, come è detto: “Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento, Dio si ricordò della sua alleanza con Abramo Isacco e Giacobbe. Dio guardò la condizione degli Israeliti. Dio se ne diede pensiero” (Es 2:23-25). La ripetizione insistente della parola “Dio” (`elohim) così come l’insistito uso della prima persona di Es 3:7-8, rendono Dio protagonista assoluto di un dialogo in cui l’uomo si esprime senza sapere di essere ascoltato e che Dio, semplicemente, ascolta. Da questa attenzione divina verso il popolo e dalla sua capacità di risposta aldilà della domanda, nasce lo spazio anche per qualunque umana riposta alla chiamate di Dio. Nessuno di noi potrebbe dare una risposta qualunque,
se Egli non rispondesse per primo, persino quando sembra tacere e noi non sappiamo di chiedere. Noi abbiamo bisogno invece di esplicite chiamate, spesso difficili da discernere. Inoltre i grandi personaggi del Primo Testamento non sono sempre pronti a rispondere: discutono, obbiettano, chiedono per saperne di più. È il caso di Mosè cui è chiesto di parlare al posto di Dio presso Faraone (Es 3: 11ss). I casi di risposta incondizionata sono abbastanza rari (per esempio Gen 12:1-2, dove Abramo non pronuncia parola, ma risponde con un gesto; Is 6:1ss dove il profeta si propone con decisione). Lo stesso si può dire dei personaggi del Nuovo Testamento. È perché è ben difficile per noi riconoscere la voce autentica di Dio, che non è un grido, ma semmai un silenzio eloquente (cf 1Re 19:12). Ciò che accomuna però la risposta divina e la nostra è l’interesse verso il popolo. Questo popolo è il luogo del dialogo tra Dio e
l’uomo, delle domande e delle risposte. Si può dare la propria vita a Dio per il popolo. Infatti gli stessi personaggi che vediamo ora decisi ora titubanti al momento della loro chiamata sempre hanno come obbiettivo il bene comune. Pensano oltre se stessi, convinti che il benessere del popolo sia il bene ultimo che, alla fine, ricadrà anche su di loro. Questa visuale ampia e generosa può coinvolgere persino i tradizionali nemici d’Israele (Giuseppe non pensa forse al bene dell’Egitto all’apice della sua tormentata storia?) e rende ragione di che cosa sia l’ “amore” in nome del quale si ascolta e si risponde. Certamente non è un sentimento. I sentimenti passano. Non ci si può fidare di essi se non diventano un progetto di fedeltà. Non a caso, quando Dio ode il lamento del popolo richiama il patto con i patriarchi e la promessa della terra. È una ragione di coerenza con se stesso che lo porta ad ascoltare e rispondere. Cosa questa che vale anche per noi: si risponde anche per essere davvero se stessi, nella propria verità buona e meno buona in attesa di conversione. Sr. Stefania Monti
oratorio non è un impegno, ma un’occasione di gioia da condividere coi nostri fratelli spirituali. Nella parrocchia abbiamo trovato una vera famiglia spirituale, unita non da legami di sangue, ma da Gesù presente in mezzo a noi.
Andrea Facchetti MISSIONARIO La scelta di una vita non è una strada fatta, ma una strada da farsi giorno per giorno. Vale a dire: ho 32 anni, sono missionario saveriano da otto e tra poco più di due mesi sarò ordinato prete, ma la scelta è cominciata tempo addietro, magari senza che io me ne rendessi conto, e proseguirà ogni giorno fino a che i miei piedi toccheranno questa terra. È una scelta che ha i suoi primi passi inconsapevoli nella mia famiglia; proseguita poi nell’impegno in parrocchia e negli scout. Una scelta che ha preso una virata decisiva attorno ai 16 anni, quando ho cominciato a prendere in mano il Vangelo, lasciando poi che fosse lui a prendere per mano me e poi in Brasile dove ho imparato che Gesù si incarna nei fratelli ed in particolare negli ultimi e nei poveri. Ora è scelta rinnovata nella vita di ogni giorno: nella mia comunità, nel silenzio a quattr’occhi col Padre, con gli amici in carcere.
L’amore è dono… siamo nati da un atto d’amore e siamo nati per amare. La fonte è una: Dio Padre, ma le espressioni di questo amore possono essere diverse, a seconda della vocazione di ciascuno. L’amore va vissuto, celebrato, condiviso a livello personale, all’interno della coppia, in famiglia, nella comunità piccola e grande. Ciò che conta e che è garanzia di gioia e successo è tenere al centro Gesù: fonte di luce, fuoco che scalda, la vera roccia su cui costruire con certezza, la pietra divenuta testata d’angolo. Sposandoci abbiamo accettato il dono che Dio ci ha fatto e deside-
Monica Manfredi IMPEGNATA IN POLITICA
riamo a nostra volta essere ogni giorno dono per la comunità e per coloro che incontriamo. Oggi, coi ritmi incalzanti che una famiglia vive, non è facile donare o donarsi, soprattutto quando si lavora in ospedale su turni di mattine, pomeriggi e notti. Per noi è importante rendere concrete le parole di Gesù, anche se non sempre è facile, quindi ci rivolgiamo a Lui nella preghiera, aiutati dai consigli della nostra guida spirituale. Rispondendo alle “chiamate” del nostro parroco, mettiamo a disposizione il nostro poco tempo e le nostre piccole risorse: viviamo così bei momenti di condivisione e conosciamo nuove belle persone! Così abbiamo scoperto che regalare tempo in servizi parrocchiali o in
Guardando la politica, con i suoi scandali quotidiani, non ci viene spontaneo accostare la parola Amore. E invece nel 2001 ad un incontro ad Innsbruck sono rimasta conquistata da ciò che Chiara Lubich ha detto a tanti politici riuniti da tutta Europa: «Il compito dell’amore politico è quello di creare e custodire le condizioni che permettono a tutti gli altri amori di fiorire: l’amore dei giovani che vogliono sposarsi e hanno bisogno di casa e lavoro; l’amore di chi vuole studiare e ha bisogno di scuole e libri; l’amore di chi si dedica alla propria azienda e ha bisogno di strade, ferrovie, regole certe. La politica è perciò l’amore degli amori, che raccoglie nell’unità di un disegno comune la ricchezza delle persone e dei gruppi, consentendo a ciascuno di realizzare liberamente la propria vocazione». In quegli anni ero Consigliere Provinciale e già vivevo la mia esperienza con spirito di servizio, ma da quel momento ho pensato che fosse ancor più affascinante vivere l’impegno politico così. Non sempre è facile, ma si può. Finito il mandato ho deciso di non ricandidarmi ma di dedicarmi alla formazione politica dei più giovani… convinta che l’Amore è contagioso!
Sr. Erika Bucher SANITA’ Da qualche anno mi è concesso di dedicarmi alle persone malate accolte nel Centro cure palliative dove la parola d’ordine è: dare sollievo il più possibile alla persona malata
che non può guarire. Obiettivo è la migliore qualità di vita possibile quando questa, inesorabilmente, volge al termine. Per il team di cure palliative l’accompagnamento e il supporto alle persone malate e ai loro familiari porta a confrontarsi quotidianamente con la finitezza ed il limite e fare i conti con il proprio senso di frustrazione. L’esperienza dura e nello stesso tempo esaltante mi fa scoprire ogni giorno un mondo di storie uniche e irripetibili che segnano un passo molto importante, molto prezioso, l’ultimo: storie personali e di famiglie segnate da sofferenze, conflitti non risolti, sogni non realizzati, solitudine ma anche da gioie, soddisfazione, senso di compiutezza e di gratitudine, storie di vita, insomma, con tutta la sua bellez-
za e la sua tragicità. Mi sento depositaria privilegiata di un pezzo di mondo che in parte non ci sarà più e, in parte, avrò il compito di custodire, trasmettere e coltivare. Nell’atto di farmi carico di raccogliere bisogni espressi ed inespressi, attese, speranze, paure, dubbi e talvolta proteste e insinuazioni delle persone malate e dei loro familiari, guardo in faccia alla mia finitezza e mi preparo a quell’ultimo passo costellato, come per tutte le persone, di incertezza, angoscia e solitudine ma anche di sprazzi di luce e di conforto. “Non potrò mai dimenticare il senso di pace, la serenità che mi trasmetteva quando veniva al capezzale della mamma e sapeva consolarmi col suo sorriso”; sono le parole di un ospite assistita nel nostro Hospice. Ne sono gratificata e mi viene spontaneo rimandarle alla loro sorgente che vorrei citare con un versetto del Salmo 104: “La mia gioia è nel Signore”.
Milka Nonini MISSIONARIA “Ogni incontro è unico e irrepetibile”. Questa frase è molto usata in Giappone. Ogni persona è un dono e la testimonianza più bella e incisiva è quando sappiamo stringere dei veri rapporti interpersonali nella vita quotidiana. Sono una missionaria di Maria (saveriana) che vive in Giappone da più di 30 anni. Siamo presenti in comunità composte da sorelle giapponesi, messicane e italiane. Il Cristianesimo in Giappone è vissuto da una minoranza: su una popolazione di 120 milioni, i cattolici sono 800mila di cui la metà stranieri. Siamo, dunque, una piccola presenza che si prende a cuore: la famiglia, mediante il contatto con bambini e genitori nelle scuole materne; i giovani, con l’animazione missionaria-vocazionale e l’insegnamento all’università; gli stranieri, attraverso una sorella
che si occupa degli immigrati; i credenti delle antiche e nuove religioni, attraverso una sorella che collabora al Centro di dialogo interreligioso; gli emarginati con attività di volontariato. La mia missione si è svolta soprattutto nell’ambito giovanile e nel volontariato. Con un padre saveriano abbiamo formato un gruppo giovanile chiamato “Tomosagasukai”, che significa “Cercare insieme amici e Dio”, composto da ragazze che si incontravano ogni due mesi per approfondire la fede. Ho seguito con commozione il cammino di maturazione cristiana di queste giovani, alcune delle quali, partecipando a questi incontri, hanno chiesto di iniziare il catecumenato per ricevere il battesimo; altre hanno formato una bella famiglia; altre hanno scelto di consacrarsi a Dio nella vita contemplativa e missionaria. “Tutti i mezzi e tutte le forze per la missione” è il motto che ci ha lasciato il nostro fondatore P. Giacomo Spagnolo. E non c’è gioia più grande per un missionario che quella di rendere testimonianza a Gesù anche attraverso le più impensate attività. E’ necessario AMARE: amare Gesù, venuto nel mondo a svelare il mistero del Padre, e amare la gente con cui si vive, stimarne i valori, essere accoglienti. Anche se non parliamo un giapponese perfetto, il lin-
lità per ognuno di essere uguale nella diversità. Proprio come in ogni nostra famiglia e nella famiglia umana, dove siamo tutti parenti e tutti differenti. L’esperienza della gratuità in ogni campo e in ogni luogo dovrebbe essere praticata da tutti, dovrebbe essere parte costitutiva del percorso di formazione cristiana, anche perché porta a interrogarsi sull’origine della nostra vita e all’impegno della nostra intera esistenza a vivere come fratelli e sorelle. Ed alcuni anche a decidere di dedicare la propria vita totalmente al servizio del Padre. guaggio dell’amore è capito da tutti!
Danilo Amadei VOLONTARIATO La vocazione al dono L’impegno nel volontariato è un’esperienza che dovrebbe essere connaturata all’essere cittadini. L’art. 2 della nostra Costituzione, infatti, richiama sia per il singolo sia nelle formazioni sociali, «il dovere inderogabile alla solidarietà sociale». Per i cristiani questa esperienza del dono rende manifesta la grazia del dono ricevuto della nostra vita e risponde all’invito di Gesù: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt, 10,8). Inoltre ci fa vivere quotidianamente l’esperienza dell’essere tutti, nessuno escluso, fratelli e sorelle, appartenenti alla stessa famiglia di Dio. Nell’esperienza del dono del proprio tempo, delle proprie capacità, di parte del proprio corpo, delle proprie risorse, anche materiali, fondamentale è il “modo” del dare. Un conto è il dare che mantiene il distacco e crea dipendenza, altro è il donarsi che crea condivisione e reciprocità, che porta al riconoscimento che l’unica sorgente della vita e dell’amore è comune a tutti. L’esperienza della gratuità non accetta riduzione a utilitarismi né economici né di potere, ma vive l’esperienza della fraternità come possibi-
Federico Ghillani SINDACATO La mia attività è quella sindacale; è un’attività collettiva che deve leggere costantemente le problematiche complesse del mondo del lavoro, ma anche quelle quotidiane dei semplici cittadini, e organizzare risposte e aiuto concreto per quanti ci si rivolgono ogni giorno, cercando nel frattempo di costruire negli spazi possibili e insieme ad altri democrazia, coesione sociale, integrazione e solidarietà. Le gioie sono quelle che si provano quando si riesce a dare voce a chi di solito non è considerato da chi si sente più forte, a trovare soluzioni ai problemi e a migliorare le condizio-
ni del lavoro per tanti, aiutandoli ad essere più coscienti dei diritti ma anche a guardare oltre il semplice tornaconto. Le difficoltà si incontrano sia nella complessità dei problemi che nel coordinare e unire in un progetto condiviso tante personalità e caratteri, facendo prevalere il dialogo e l’ascolto di tutti. Nelle inevitabili divergenze di valutazione sui problemi e sulla loro soluzione si fatica anche a costruire vero confronto con chi non la pensa come te, come con chi cerca di far prevalere logiche di potere, e anche con chi non è capace di rispetto per le tue convinzioni. Amare, in questo contesto, significa tendere al bene vero delle persone, tenendo anzitutto presenti quelle più in difficoltà; vivere con libertà e impegno la dedizione per la ricerca di giustizia; praticare la pazienza che occorre anche dentro ai conflitti, per attendere che i nodi si possano sciogliere possibilmente insieme agli altri; far sentire a tutti e sempre il rispetto che meritano, anche quando pensi che stiano sbagliando strada, vivendo la responsabilità di rendere sempre conto delle motivazioni che fondano le scelte che proponi.
Paola Ferrari SCUOLA Come insegnante, all’interno della scuola, sperimento che si verifica un efficace dialogo educativo quando c’è fiducia, stima, rispetto, quando ci si toglie dai preconcetti sociali e culturali per incontrare l’altro a tu per tu, faccia a faccia. Ricordo, per esempio, un mio studente con modi e abbigliamento aggressivo che affrontato in modo personale, si è rivelato fragile e molto sensibile. Ho capito che la sua maschera, fatta di abiti neri, borchie e atteggiamenti quasi sprezzanti e in apparenza distaccati, era solo uno scudo per la sua ipersensibilità e dolcezza. Il guardare all’altro in modo positivo
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Dalla missione in Giappone ed oltre Oceano al dono degli sposi, dall’accompagnamento dei malati alla passione educativa nei confronti dei giovani, dall’impegno per il bene comune al servizio nel volontariato: così alcuni di noi provano a declinare la comune vocazione alla vita e alla fede
Dioeilprossimo:duepilastriinscindibili,perlacostruzionediunaesistenza,personaleecomunitaria, bellaebuona
Maria e Alberto Pomelli SPOSI
27 APRILE 2012
direttore: don Daniele Bonini
Inrispostaalla“silenziosachiamata”diDio
Tanti modi per dire che è possibile e bello rispondere all’Amore
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UFFICIO PER LA PASTORALE DELLE VOCAZIONI
m o o Z
EDITORIALE
11 perché anche l’altro possa farlo nei confronti di se stesso e del mondo, è la condizione indispensabile per vivere bene la scuola. L’aspetto fondamentale del mio lavoro è il suo luogo! Il “luogo” privilegiato della relazione. Non solo con i ragazzi ma anche con i colleghi, con i quali ho spesso stretto veri rapporti d’amicizia o comunque di collaborazione e di confronto. Nel gioco involontario che si crea dello specchio ho potuto godere della loro stima e del loro affetto. Nel rispetto dei vari saperi e delle proprie credenze ho sempre trovato alleanze sul fine: il bene dei ragazzi. In questo “luogo” si vedono sbocciare meravigliose personalità, si assiste, per me con grande piacere, alla crescita e alla trasformazione di ragazze e ragazzi in donne e uomini. Ogni incontro, anche quelli più faticosi sono per me un dono, momenti di messa in discussione, di crescita per provare a immaginare i “miei” ragazzi proiettati nel futuro, capaci di affrontare le loro paure e i loro limiti, con profondo rispetto e con responsabilità nel confronto degli altri. Mi ritengo pertanto molto fortunata nel poter vivere il “luogo” luminoso della relazione perché “luogo” d’amore, non saprei immaginarlo diversamente! Per tutto ciò che mi offre non cambierei il mio lavoro per null’altro al mondo!
27 APRILE 2012
SENTIERI DIVERSI
CARTA D’IDENTITÀ
MESSAGGIO DEL PAPA
BenedettoXVIapprofondisceeaiutaarifletteresultemadellaGiornatadellevocazioni
L’impegno della comunità cristiana e delle famiglie, luoghi in cui si fa esperienza dell’amore di Dio
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a fonte di ogni dono perfetto è Dio Amore - Deus caritas est -: «chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). Noi siamo amati da Dio “prima” ancora di venire all’esistenza! Mosso esclusivamente dal suo amore incondizionato, Egli ci ha “creati dal nulla” (cfr 2Mac 7,28) per condurci alla piena comunione con Sé.
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La verità profonda della nostra esistenza è, dunque, racchiusa in questo sorprendente mistero: ogni creatura, in particolare ogni persona umana, è frutto di un pensiero e di un atto di amore di Dio, amore immenso, fedele, eterno. La scoperta di questa realtà è ciò che cambia veramente la nostra vita nel profondo. Si tratta di un amore senza riserve che ci precede, ci sostiene e ci chiama lungo il cammino della vita e ha la sua radice nell’assoluta gratuità di Dio. Riferendosi in particolare al ministero sacerdotale, il mio predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, affermava che «ogni gesto ministeriale, mentre conduce ad amare e a servire la Chiesa, spinge a maturare sempre più nell’amore e nel servizio a Gesù Cristo Capo, Pastore e Sposo della Chiesa, un amore che si configura sempre come risposta a quello preveniente, libero e gratuito di Dio in Cristo»
In ogni tempo, alla sorgente della chiamata divina c’è l’iniziativa dell’amore infinito di Dio, che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. Come ho scritto nella mia prima Enciclica Deus caritas est, «di fatto esiste una molteplice visibilità di Dio. Nella storia d’amore che la Bibbia ci racconta, Egli ci viene incontro, cerca di conquistarci - fino all’Ultima Cena, fino al Cuore trafitto sulla croce, fino alle apparizioni del Risorto e alle grandi opere mediante le quali Egli, attraverso l’azione degli Apostoli, ha guidato il cammino della Chiesa nascente. Anche nella successiva storia della Chiesa il Signore non è rimasto assente: sempre di nuovo ci viene incontro - attraverso uomini nei quali Egli traspare; attraverso la sua Parola, nei Sacramenti, specialmente nell’Eucaristia» (n. 17). L’amore di Dio rimane per sempre, è fedele a se stesso, alla «parola data per mille generazioni» (Sal 105,8). Occorre, pertanto, riannunciare, specialmente alle nuove generazioni, la bellezza invitante di questo amore divino, che precede e accompagna: esso è
CAMPI DEL SEMINARIO (RAGAZZI) Gruppo VENITE E VEDRETE
(IV elementare - III media) BERCETO: 24-30 giugno 2012 info: don Sincero Mantelli - tel. 340.3339972 e.mail:
[email protected]
Gruppo SEGUIMI
(Scuola superiore) BERCETO: 24-30 giugno 2012 info: don Francesco Conti - tel. 333.4241280 e.mail:
[email protected]
CAMPI VOCAZIONALI RAGAZZE
27 APRILE 2012
Gruppo ARANCIONI
(IV - V elem. - I media) MONTESALSO: 22-24 giugno 2012 info: Rita 0521.959723 – 348.7434100
Gruppo BLU
(II - III media) ASSISI: 29 giugno - 5 luglio 2012 info: Rita 0521.959723 – 348.7434100
Gruppo BLU-issime
per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno.
(Esort. ap. Pastores dabo vobis, 25). Ogni specifica vocazione nasce, infatti, dall’iniziativa di Dio, è dono della Carità di Dio! È Lui a compiere il “primo passo” e non a motivo di una particolare bontà riscontrata in noi, bensì in virtù della presenza del suo stesso amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5).
(Scuola superiore) ROMANIA: 16-24 agosto 2012 info: suor Angela 339.6292752
la molla segreta, è la motivazione che non viene meno, anche nelle circostanze più difficili. Cari fratelli e sorelle, è a questo amore che dobbiamo aprire la nostra vita, ed è alla perfezione dell’amore del Padre (cfr Mt 5,48) che ci chiama Gesù Cristo ogni giorno! La misura alta della vita cristiana consiste infatti nell’amare “come” Dio; si tratta di un amore che si manifesta nel dono totale di sé fedele e fecondo. Su questo terreno oblativo, nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore, nascono e crescono tutte le vocazioni. Ed è attingendo a questa sorgente nella preghiera, con l’assidua frequentazione della Parola e dei Sacramenti, in particolar modo dell’Euca-
ristia, che è possibile vivere l’amore verso il prossimo nel quale si impara a scorgere il volto di Cristo Signore (cfr Mt 25,31-46). Per esprimere il legame inscindibile che intercorre tra questi “due amori” – l’amore verso Dio e quello verso il prossimo - scaturiti dalla medesima sorgente divina e ad essa orientati, il Papa San Gregorio Magno usa l’esempio della pianticella: «Nel terreno del nostro cuore [Dio] ha piantato prima la radice dell’amore verso di Lui e poi si è sviluppato, come chioma, l’amore fraterno» (Moralium Libri, sive expositio in Librum B. Job, Lib. VII, cap. 24, 28; PL 75, 780D). È importante che nella Chiesa si creino le condizioni favorevoli affinché possano sbocciare tanti “sì”,
quali generose risposte alla chiamata di amore di Dio. Sarà compito della pastorale vocazionale offrire i punti di orientamento per un fruttuoso percorso. Elemento centrale sarà l’amore alla Parola di Dio, coltivando una familiarità crescente con la Sacra Scrittura e una preghiera personale e comunitaria attenta e costante, per essere capaci di sentire la chiamata divina in mezzo a tante voci che riempiono la vita quotidiana. Ma soprattutto l’Eucaristia sia il “centro vitale” di ogni cammino vocazionale: è qui che l’amore di Dio ci tocca nel sacrificio di Cristo, espressione perfetta di amore, ed è qui che impariamo sempre di nuovo a vivere la “misura alta” dell’amore di Dio. Parola, preghiera ed Eucaristia sono il tesoro prezioso
Auspico che le Chiese locali, nelle loro varie componenti, si facciano “luogo” di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale, offrendo ai giovani e alle giovani un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale. In questo modo la comunità cristiana diventa essa stessa manifestazione della Carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata. Tale dinamica, che risponde alle istanze del comandamento nuovo di Gesù, può trovare eloquente e singolare attuazione nelle famiglie cristiane, il cui amore è espressione dell’amore di Cristo che ha dato se stesso per la sua Chiesa (cfr Ef 5,32). Nelle famiglie, «comunità di vita e di amore» (Gaudium et spes, 48), le nuove generazioni possono fare mirabile esperienza di questo amore oblativo. Esse, infatti, non solo sono il luogo privilegiato della formazione umana e cristiana, ma possono rappresentare «il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 53), facendo riscoprire, proprio all’interno della famiglia, la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata. I Pastori e tutti i fedeli laici sappiano sempre collaborare affinché nella Chiesa si moltiplichino queste «case e scuole di comunione» sul modello della Santa Famiglia di Nazareth, riflesso armonico sulla terra della vita della Santissima Trinità.
IN ALCUNE PARROCCHIE PER LE MESSE DI DOMENICA 29 APRILE
Testimonidellapropriavocazione SACRO CUORE - ore 10,30 Pasquale Armillotta, diacono
SAN ULDARICO - ore 15, 30 Adriana Marsili, missionaria di Maria
BEATO CARDINAL FERRARI - ore 11,00 Gemma D’Achille, missionaria di Maria
SANTA CROCE - ore 10,30 Clementine, missionaria di Maria
SAN BENEDETTO - ore 10,00 Emmanuel A. e Francisco V., missionari saveriani
SAN LAZZARO - ore 11,00 Lucia Citro, missionaria di Maria
SANTA MARIA DELLA PACE - ore 10,30 Simon K., missionario saveriano
SAN PANCRAZIO - ore 10,00 Suor Lucia Bazzarini
CORPUS DOMINI - ore 11,00 Nicola Liveri, seminarista
MARORE - ore 11,30 Romano Quagliotti, seminarista
OGNISSANTI - ore 11,00 Cesar da Silva, missionario saveriano
ALBERI - ore 11,00 Paolo Carossa, seminarista
SAN MARCO - ore 11,00 Roberto Grassi, seminarista
CORCAGNANO - ore 11,00 Francisco C. e Jean Baptiste C., missionari saveriani
SANTA MARIA DEL ROSARIO - ore 9,30 Roberto Valentino, Piccola Comunità Apostolica
SAN POLO DI TORRILE - ore 11,15 Andrea F., missionario saveriano
SAN PATRIZIO - ore 11,00 don Sincero Mantelli
TORRILE - ore 10,00 Andrea, missionario saveriano
SPIRITO SANTO - ore 10,00 Trésor R. e Carlos E. R., missionari saveriani
VICOMERO - ore 11,00 Rossana Ghidini, Ordo Virginum
IncontroconDonGuidoBenzi(Ufficiocatechisticonazionale)inSeminariominore
Ha concluso la sua esistenza terrena don Gino Rocca, presbitero della diocesi. nato infatti a Bacedasco di Castell’Arquato (Pc) il 15 gennaio 1921. Trasferito a Parma con la famiglia, è ordinato sacerdote per questa diocesi il 3 giugno 1944. Laureato in Teologia alla Gregoriana di Roma, è stato parroco della chiesa di San Tommaso a Parma. Dal 1965 risiede a Loppiano, dove ha insegnato Teologia dogmatica. Ha sempre mantenuto un forte legame con la sua diocesi di origine, che non ha mai mancato di mostrargli affetto e riconoscenza. Riportiamo alcuni passaggi dell’intervista che gli è stata fatta in occasione dei 90 anni, a proposito della capcità di gioire anche nella prova: «La mia esperienza lo dimostra. Avevo poco più di quarant’anni quando mi hanno diagnosticato il glaucoma agli occhi. Ho capito che la mia realizzazione stava nell’accettare quella misteriosa situazione: se la voleva Dio, sarebbe andata bene anche a me». Sul pensiero della morte: «Ci penso molto, ma con grande pace e serenità; come sarà, quando sarà, m’interessa poco perché mi sento in pace con Dio. Se cerco di fare bene ciò che lui mi chiede già nel momento presente, vivendo con fiducia e abbandono, sarò capace di fare lo stesso anche nel momento della grande prova finale». Sempre in questa occasione, il vescovo monsignor Enrico Solmi gli aveva inviato un messaggio, di cui riportiamo uno stralcio. «Un dono per tutti è la tua fedeltà al Signore, al sacerdozio che è gemmato, nel corso della tua esistenza, anche per la chiamata a far parte della comunità dei Focolari».
DA 50 ANNI NEL QUARTIERE MONTANARA
Buon compleanno per le Stimmate, Sono iniziati domenica 15 aprile i festeggiamenti per i 50 anni della parrocchia delle Stimmate, che si concluderanno il prossimo giugno, Festeggiamenti che si sono aperti — e non poteva essere diversamente — con la celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo. Invito a riandare alla pietra angolare che regge il nostro essere comunità. «La chiesa — ha sottolineato monsignor Solmi — è stata voluta per questo: annunciare e testimoniare il Risorto, essere tramite vivente del dono della fede, viverlo nella carità». Dunque «il Signore risorto centro di tutto». Oggi, mentre «molti leggono la presenza della parrocchia dal suo impatto sociale, siamo riportati all’anima di questo corpo, senza il quale tutto si confonde o si perde». Il vescovo ha poi evidenziato la peculiarità di questa parrocchia, che non è guidata da un solo presbitero, ma da una comunità di preti, che non si sono scelti , «primo vangelo che essi annunciano». Infine l’invito e il grazie per «assumere le strade, anche in salita, della nostra diocesi, e prendere tutte le strade della terra di missione che è il Quartiere Montanara, Parma, la diocesi». Mandato missionario testimoniato — per felice coincidenza — anche dalla celebrazione di cinque battesimi. Ad indicare la fecondità della comunità cristiana.
DOMENICA 13 MAGGIO A FONTANELLATO
Pellegrinaggio della sofferenza Sarà il 45° pellegrinaggio della sofferenza, quello che si terrà al santuario di Fontanellato, domenica 13 maggio. Un’occasione particolare in cui sono le membra più deboli a convergere e a rifugiarsi nell’abbraccio di Maria, per diventare saldi nella speranza, forti nella tribolazione e lieti nella speranza. Momento di comunione in cui la comunità tutta fa loro da corona, accogliendo il dono, la testimonianza che ci offrono, insieme ai loro perchè e forse alle loro lacrime. Alle ore 15,45 la preghiera mariana; alle ore 16 la celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo. Un pullman partirà da viale Toschi, alle ore 15. AGENDA del VESCOVO MAGGIO
no. Venerdì 4 ore 9,30: incontro Pastorale della salute.
Martedì 1 Pellegrinaggio a Fontanellato con la Zona di Sissa, Gramignazzo e Palasone.
Sabato 5 ore 16 - 18: inaugurazione della Chiesa Avventista.
Giovedì 3 ore 9,30 in seminario Minore: Consiglio Presbiterale diocesa-
Domenica 6 ore 11 a Felino: Cresime; ore 17 a Vigatto: Cresime.
• Monsignor Vescovo riceve in Vescovado, previo appuntamento. Tel. 0521.282319, email:
[email protected]
L’esperienza di fede: una gioiosa fatica da condividere come comunità
«S
appiamo bene che oggi la fede non è più «un presupposto ovvio del vivere comune», come ci dice il papa nel suo ultimo documento Porta fidei. Per molti è un motivo di rimpianto, di depressione, è un problema. In realtà, quello che stiamo vivendo oggi è un tempo splendido: anche a Parma abbiamo l’occasione – come non ci fu mai dai tempi della prima evangelizzazione – di ri-dire il vangelo come novità, come annuncio, anzi come primo annuncio, molte volte». Parola di don Guido Benzi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, nell’incontro di giovedì 19 aprile scorso in Seminario minore, ultima tappa del breve corso “Da una fede iniziale a una fede adulta”, organizzato dall’Ufficio catechistico diocesano. Cogliendo spunti significativi proprio dall’inaugurazione dell’“Anno della Fede”, don Benzi ha puntato tutto il suo intervento sulle grandi opportunità offerte da una catechesi con gli adulti (più che degli adulti) che coinvolga intensamente le nostre comunità. «Occorre saper riscoprire e comunicare il gusto della fede, la gioia del credere, l’entusiasmo nel comunicarla: questo il sale che non deve perdere il suo sapore. E i cristiani adulti devono farlo imparando a raccontare la propria esperienza. Questa è un’epoca in cui la testimonianza è fondamentale. Non dobbiamo far perdere tempo ai genitori che coinvolgiamo nella catechesi rinnovata. Non dobbiamo infliggere lunghe omelie, ma un confronto sull’esperienza di fede. Raccontarsi la propria vicenda di fede significa sentire che le domande di senso, di vita, che abbiamo dentro, le hanno dentro anche i genitori che accompagniamo: altrimenti non ci porterebbero i loro figli. Dobbiamo interpellarle, farle emergere», certo non alla maniera di gruppi di autoaiuto, o di una setta, ha precisato don Guido. «Il bravo catechista sa mediare, all’interno della narrazione dell’esperienza di fede, il contenuto di fede. Questa è la sua “specialità”. L’importante è comunicare che la fede non è un plinto di cemento armato che mi tiene sempre in piedi, non è un’assicurazione sulla vita felice: è un cammino, una circolarità tra la fede che professo e
quella che vivo, che parte da una conversione permanente a Gesù». E si tratta di un cammino di comunità, non un di percorso individuale. «La fede è un noi, non è un io. Finché non vivremo la fede come comunità, vivremo sempre un cristianesimo tarpato. E la nostra è una comunità che sta insieme perché sa perdonarsi. La sua bellezza è quella di risolvere tutti i problemi col perdono, perché c’è materia di perdono, ogni giorno. Noi a volte chiediamo alla Chiesa una santità che non è la santità cristiana, ma la santità del mondo. Devi essere perfetto, devi dare l’esempio... No, Gesù non ci ha detto questo. Gesù ha detto: lavatevi i piedi gli uni gli altri, perché avete i piedi sporchi. Gesù ci ha detto: perdonatevi, come il Padre vostro vi perdona. Non comunità ideali, ma comunità reali, dove si impara a perdonarci fra noi». In questa prospettiva, il testo di riferimento sono, per don Guido, i versetti iniziali della prima lettera ai Tessalonicesi. «È il primo testo scritto della comunità cristiana, che Paolo descrive mentre cresce su una fede e un amore laboriosi, faticati, e una speranza perseverante – l’atteggiamento dell’asino, l’umile animale tanto caro alle Scritture. Dammi la tua fede faticata, sembra dire ai catechisti, e dimmi che sono quelli i più bei momenti di fede! E poi Paolo sottolinea che la Parola si diffonde grazie alla potenza dello Spirito Santo e alla nostra convinzione (non siamo “senza parole” davanti alle sfide della vita!), fino a fare dei credenti veri imitatori, veri interpreti del Signore, capaci perciò
di imprimere (come caratteri di stampa, come “timbri”) il vangelo nella vita degli altri. Del resto, noi siamo qui perché qualcuno ha impresso nella nostra vita questa dinamica della fede: a loro deve andare il nostro “grazie” perenne. È così che l’annuncio “riecheggia” – questo vuol dire “catechesi” – dall’uno all’altro. Il catechista è davvero un’eco, quindi, lo abbiamo già accennato: riformula la domanda che viene dalla persona che ha davanti alla luce della dottrina della Chiesa». Importantissima, ha concluso don Benzi, la nostra capacità di creare un ambiente, un habitat di comunicazione della fede: preziosa la scelta della domenica come giorno della catechesi e la parrocchia come luogo dove le famiglie possano condividere momenti di vita – compreso il fermarsi a mangiare insieme! – anche dopo la celebrazione della messa: fare esperienza di un Giorno del Signore da vivere insieme. Ma sono fondamentali tutti i momenti di esperienza, a cominciare dalla liturgia «una delle massime palestre dell’esperienza di fede, la “porta del mistero”, come dice il papa: un linguaggi di gesti, di segni più ancora che di parole, le troppe parole e spiegazioni di cui abbiamo riempito le celebrazioni dagli anni ’70. È importante vivere tutto questo con i ragazzi e i loro genitori — ha concluso don Benzi — per una Parola che sia davvero professata, celebrata, vissuta e pregata» nella vita di ogni giorno.
chiesa
La luce, nonostante il buio della cecità
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Monica Vanin
Mons.Solmi:«SietetestimonidiunafeconditàpossibiledellaChiesalocale»
150 seminaristi nel nome di Conforti AParmadatuttaItaliaperil56°convegnoorganizzatodalPum
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seminaristi di varie diocesi si sono dati appuntamento a Parma per il 56° Convegno organizzato dalla Pontificia Unione Missionaria. 150 i partecipanti che, circondati e avvolti dal profumo della santità del Conforti, hanno riflettuto sul tema. “Vivere la vita buona del Vangelo”. Ospitati in Seminario Minore, a Villa Santa Maria e alla Tenda di Sara e Abramo, i seminaristi hanno vissuto i momenti comuni al santuario di san Guido Conforti. Scanditi dalla preghiera e dalla meditazione su alcuni aspetti della spiritualità del Conforti, i lavori si sono incentrati su alcune relazioni. La prima di don Gianni Cesena, direttore nazionale di Missio, che ha offerto una rilettura in chiave missionaria del documento che ci accompagna in questo decennio. Altro motivo di riflessione, le relazioni di padre Adriano Sella sui nuovi stili di vita e sugli elementi fondamentali per una pastorale dei nuovi stili di vita, cui sono seguiti lavori di gruppo e laboratori. Alla sera del venerdì, la presentazione — da parte degli sudenti saveriani — del Recital: “Guido Maria Conforti”. Sabato, dopo la visita guidata alla città, la celebrazione eucaristica presieduta dal nostro vescovo. Momento forte, in cui monsignor Solmi ha ringraziato i seminaristi, espressione di «una
fecondità possibile della chiesa locale» e testimonianza «che genera speranza» anche per la nostra diocesi. Commentando i gesti di Gesù Risorto nell’incontrare i discepoli, nell’omelia si è rivolto in modo particolare ai seminaristi: «ogni vostra azione sia filiale e paterna insieme, amabile, benevola , ricca di misericordia. Anche l’accusa nei confronti del peccato degi altri sia quella di un padre e sia fatta prima di tutto a noi stessi». Esperienza bella, condivisa anche dai seminaristi di Parma. Così Nicola: «E’ stata una bella occasione, non solo per i contenuti, ma soprattutto per la possibilità di conoscenza e di confronto con altri seminaristi. Ci si riscopre ”uguali”, anche se le tradizioni delle singole chiese locali evidenziano aspetti diversi. Ed è importante poter condiividere e confrontarsi sulle cose normali di ogni giorno». L’altra sottolineatura è sulla dimensione missionaria, che il Convegno ha sollecitato a rivisitare e che non è riducibile al solo partire. Missione che, secondo Nicola, implica «aprire gli occhi sulla situazione che stiamo vivendo in Occidente e il tirarsi su le maniche». Dal momento che «oggi non è sufficiente seguire una scia già tracciata sulla quale inserirsi...».Come il Conforti, vescovo e fondatore di una famiglia missionaria, insegna.
27 APRILE 2012
MORTO A LOPPIANO DON GINO ROCCA
CULTURE E FEDI
UnconvegnoorganizzatodaAcli,Arci,Coordinamentoassociazioniislamiche
Un laboratorio per la libertà religiosa. Milano modello per le nostre comunità
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U
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n tema controverso come la libertà di culto, soprattutto se riguarda la comunità musulmana in Italia, è oggetto di un interesse trasversale, laico e religioso. Siamo a Milano dove, dopo un’ondata xenofoba fomentata da un partito che ha fondato i suoi consensi sull’ostracismo verso i nuovi cittadini di fede musulmana o rom, pare che qualcosa stia cambiando. Questo è stato rilevato al convegno “Libertà di culto, Milano per una cittadinanza plurale”, promosso dalle Acli, dall’Arci e dal Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano, al quale è intervenuta anche la vice sindaco, Maria Grazia Guida. L’interazione tra soggetti di diverse aree, non nuova, dà alla città una valenza di laboratorio a cui guardare come stimolo ad alte progettazioni. Laboratorio a cui ha contribuito fortemente l’impostazione dialogica sviluppata dal cardinal Martini. Anche Parma avrebbe bisogno di una dialogicità diffusa, ancor più ora in cui il diritto dei musulmani ad avere un luogo di culto è sotto pressione. Torniamo a Milano. Plurale l’organizzazione del convegno, terminato con un’agape; plurali le relazioni — il sociologo Adel Jabbar, gli urbanisti del Politecnico Paolo Cottino e Christian Novak — e la partecipazione: don Giampiero Alberti, vicepresidente del Centro Ambrosiano di Documentazione per le Reli-
gioni, ha sottolineato la difficoltà nella chiesa a coinvolgere nel dialogo; il pastore Riccardo Tocco, presidente della Conferenza evangelica lombarda, ha denunciato la chiusura forzata di 17 chiese evangeliche in regione, il vicepresidente della Comunità ebraica di Milano, Daniele Nahum, ha espresso soddisfazione per la sinergia con musulmani e cristiani. Barbara Randazzo, docente di Diritto regionale e giustizia costituzionale e sovranazionale all’Università Statale di Milano, ha fornito come quadro di riferimento gli articoli della Costituzione che stabiliscono la garanzia dei diritti per tutti, l’uguaglianza, la non discriminazione per motivi religiosi, il regime pattizio con la chiesa cattolica, il regime delle Intese con le altre religioni, la libertà di religione per tutti, il divieto di discriminazione di associazioni con fini religiosi. La docente ha rilevato il carattere di laicità dello Stato che non significa
indifferenza o contrasto alle religioni, ma la garanzia per la salvaguardia della libertà religiosa in un regime pluralistico. Nel suo intervento è emersa «la difficoltà della mancanza di una legge sulla libertà religiosa, mentre è ancora in vigore quella, depurata, dei “culti ammessi” e le Intese sono diventate contenitori di norme comuni e finanziarie. Le Intese potrebbero confluire in una legge, ma non si riesce per difficoltà politiche». Le garanzie dei diritti ci-
vili, tra cui la libertà religiosa, ha proseguito, non sono tutelate solo dalla Costituzione, ma anche dalle norme internazionali: il legiferare da parte delle Regioni, quindi, non dovrebbe essere in contraddizione con esse. Secondo Paolo Colombo, direttore del Centro ecumenico europeo per la pace delle Acli, «integrazione sociale non è solo aprire le porte ma realizzare insieme una società più aperta. Occorre passare dalla multiculturalità all’interculturalità. L’altro è fonte di ricchezza e destabilizzazione. Occorre dare a ciascuno l’opportunità di esprimersi anche rispetto alla libertà religiosa. Le religioni non sono fattori di contrapposizione ed esclusione sociale ma creano le condizioni per una società più armonica». Per questo le Acli hanno ideato il progetto “Società multireligiosa e integrazione sociale nella realtà lombarda”, finanziato dalla Fondazione Cariplo. Spiega Colombo: «Come Acli già facciamo tante attività a favore degli immigrati: patronato, scuola di italiano, sportello stranieri. La novità del progetto è vedere nello straniero non un destinatario, ma un partner. Questo chiede al circolo stesso di cambiare mentalità, di costruire insieme agli stranieri relazioni più solide per costruire comunità sul territorio e di conseguenza progettualità nuove per il futuro».
NUOVI CITTADINI MUSULMANI
L’impegnodeigiovani equellodelledonne
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avide Piccardo (foto a sinistra), co-fondatore dei Giovani musulmani d’Italia (GMI), associazione che «opera con i giovani perché conservino e vivano i propri valori e l’identità religiosa partecipando al benessere di questa società», è il coordinatore del Caim. Il Coordinamento associazioni islamiche di Milano è stato creato nel giugno 2011 per creare una piattaforma programmatica per risolvere i problemi legati al diritto di culto dei musulmani a Milano. «Siamo quattordici associazioni molto eterogenee: c’è una presenza araba, turca, senegalese, bengalese, albanese, associazioni giovanili delle donne, luoghi di culto e aps. I nostri principi sono l’assoluta indipendenza da politiche straniere: siamo autoctoni e auto-organizzati sul territorio, ci interessa la città e su queste basi ci siamo mossi per studiare soluzioni anche insieme alla giunta comunale che potessero rispondere alle esigenze di 100.000 cittadini musulmani a Milano. Abbiamo iniziato la discussione con la vice sindaco Guida e abbiamo ritenuto necessario coinvolgere anche la società civile in una discussione approfondita perché crediamo che una delle chiavi del successo di questa iniziativa è la partecipazione e il consenso attorno a questa tematica». Del Caim fa parte l’Associazione donne musulmane d’Italia (ADMI), nata nel 2001 «per unire le donne e avere una voce femminile nella comunità», ci ha spiegato la presidente, Katkhouda Souheir (nella foto). «Stiamo lavorando in due direzioni: aiutando il lavoro nella comunità islamica nell’educazione dei figli e nella scuola del finesettimana e incontrando altre associazioni e partecipando a convegni per far conoscere la donna musulmana. Il nostro lavoro è apprezzato da chi ci circonda: abbiamo un percorso intenso, partecipiamo alla campagna “L’Italia sono anch’io”, e al movimento “Se non ora quando” con le nostre amiche italiane per chiedere rispetto per le donne. Per noi è stato un anno speciale grazie al movimento della primavera araba e al conferimento del Premio Nobel a una donna musulmana praticante che come altre lotta per il diritto dei popoli alla libertà e all’autodeterminazione». (l. c.)
Laura Caffagnini
Organizzatodall’Associazione“Dirittideglianimali”eForuminterreligioso“4ottobre”
Gli animali, esseri viventi da rispettare Primoincontrodelciclosucomelereligionivedonoinostricompagni
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EBREI D’ITALIA IN SINAGOGA A SORAGNA
27 APRILE 2012
«Qui ho scoperto la mia famiglia» Non poteva esserci un luogo migliore della Sinagoga di Soragna per presentare “Un grembo, due nazioni, molte anime” per Miriam Camerini, artefice e interprete, con Manuel Buda, del brillante spettacolo sugli ebrei d’Italia che mostra l’attaccamento degli ebrei alle proprie origini e l’amore per la terra italiana, anche svelando l’assunzione di tòpoi della storia ebraica nelle opere di Verdi e Rossini. Perché in esso si parla di oggetti e di persone che si situano proprio qui: una ketubah del periodo risorgimentale di Samuele Modena e Deborah Levi che nel proprio contratto di nozze vollero i ritratti di Cavour, Garibaldi e Vittorio Emanuele II e, qui entriamo nell’autobiografico, un diario di Marcello Cantoni, bussetano, nonno materno di Miriam, che abbracciò la Resistenza. Da parte paterna, Miriam è pronipote di Emilia Camerini, moglie del rabbino Enrico Della Pergola, deportata con la sua famiglia ad Auschwitz. La loro storia è raccontata nella stanza della Shoah del Museo. La scoperta di Miriam dei luoghi d’origine della propria famiglia è stata un’emozione. «Durante il sopralluogo preliminare abbiamo trovato la ketubah di cui parliamo nello spettacolo e poi la storia e le foto dei membri della mia famiglia di parte paterna che sono stati deportati. Mi ha fatto molto impressione. Quando mi sono imbattuta nelle foto ho detto: “ma quella è la mia famiglia”. Lavorare qua è stato molto emozionante perché mi ha permesso di riunire tutti e due i pezzi della mia famiglia, di riscoprire le mie origini. Quando in casa i miei genitori raccontano sono distratta, non ricordo mai i nomi e le date». (l. c.)
ntropocentrismo religioso e sfida olistica” è il tema del primo incontro del ciclo “Vita animale e culture religiose. Voci a confronto”, promosso dall’Associazione “Diritti degli animali” in collaborazione con il Forum interreligioso “4 ottobre” di Parma. Un ciclo iniziato al Campus universitario per lanciare il messaggio principalmente alle giovani generazioni. Il responsabile dell’associazione, lo psichiatra Maurizio Corsini, ha posto l’interrogativo “Cosa possiamo fare di più e meglio di fronte alla tragedia degli animali?». Il milione di agnelli sgozzati a Pasqua, gli animali ustionati e accecati per i cosmetici e i detersivi, le farfalle congelate per essere lanciate ai matrimoni, le oche immobilizzate per fare il foie gras, sono frutto di un «delirio antropocentrico. Accade quotidianamente eccetto per gli animali da compagnia. Il rispetto è collegato alla figura umana e non all’animale in se stesso». Corsini parla di reificazione degli animali e ritiene le religioni insufficientemente impegnate nella loro difesa. La sua associazione insegna nelle scuole il senso del rispetto
RELATORI • Da sinistra, il coordinatore del Forum, Luciano Mazzoni; Taiten Guareschi, Maria Augusta Favali Hedayat, Maurizio Corsini.
verso questi esseri viventi. «C’è una catena di dolore della loro vita: cose atroci su cui dobbiamo riflettere. Non dobbiamo dare per scontato che le cose tanto vanno così». Il problema, secondo lo psichiatra, sono ragioni di tipo emotivo che ci impediscono di vedere la realtà: «dicono a noi che siamo crudeli perché mostriamo l’orrore. Invece, se si vedono certe cose sarà più difficile commetterle». Don Umberto Cocconi, incaricato della pastorale universitaria, ha ripercorso momenti della tradizione ebraico-cristiana. «Per riconoscermi devo riconoscere Dio e il Creato. L’eccezionalità della
specie umana va preservata, ma l’uomo non dev’essere dispotico. E’ un nuovo creatore che ha in mano le sorti del mondo, ma la ragione non può essere solo dominio». Dal libro della Genesi, ha proseguito, emerge che «la terra è di Dio. L’uomo è altro dalla natura, dà il nome alle cose, si percepisce diverso rispetto a esse ma non padrone. Ha una grande responsabilità: è un attore che può cambiare il destino del mondo». Maria Augusta Favali Hedayat, segretaria della Comunità bahà’ì di Parma, ha inquadrato i principi della fede mostrandone il carattere non esclusivista e la visione olisti-
ca, e quanto la natura sia stata importante nella vita e nella predicazione di Bahà’u’llàh, l’iniziatore della fede, che in un Giardino fece la sua dichiarazione e nella predicazione utilizzava metafore naturali. Nel citare Genesi, Favali si ferma sul significato di dominare e soggiogare, che è nel senso di custodire. Nella fede bahà’ì l’uomo è al centro della natura come servizio e responsabilità. Per Bahà’u’llàh, che predicava la gentilezza verso ogni essere vivente, la natura è riflesso degli attributi di Dio. Per il maestro Taiten Guareschi del Tempio zen di Bargone il centro del problema è il dualismo dell’uomo. «L’atteggiamento che elaboro non riesce più a far presa sull’animale che sono io. Sono il frutto di un grosso sforzo. Noi ci muoviamo in un universo non antropocentrico: solo una parte dell’uomo è al centro di un universo logocentrico. Il pensiero si è allontanato dal reale».Citando Buber, Guareschi ha concluso che l’uomo deve uscire da ciò che ha fabbricato, essere risospinto verso se stesso. Ma, si chiede, «siamo in grado di affrontare questo con l’adeguata serenità?». L. C.
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umentare la vigilanza e prevenire e contrastare aberrazioni come il turismo sessuale o la tratta di esseri umani. È l’invito rivolto da Benedetto XVI nel messaggio inviato al card. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale dei migranti ed itineranti, e a mons. Pedro Pablo Elizondo Cardena, vescovo di Cancun, in occasione del VII Congresso mondiale della pastorale del turismo che è in corso in Messico fino al 27 aprile.
Luci e ombre «La possibilità che i viaggi ci offrono di ammirare la bellezza dei Paesi, delle culture e della natura, ci può condurre a Dio, favorendo l’esperienza della fede — nota il Papa — ma il turismo non è esente da pericolo, né da elementi negativi», anzi di «mali che bisogna affrontare urgentemente, perché colpiscono i diritti e la dignità di milioni di uomini e donne, specialmente dei poveri, dei minori e dei disabili. Il turismo sessuale — ammonisce il Santo Padre — è una delle forme più abiette di queste deviazioni che devastano, dal punto di vista morale, psicologico e sanitario, la vita delle persone, di tante famiglie e, a volte, di intere comunità. La
La nuova evangelizzazione, sostiene Benedetto XVI, «ci chiede di usare le numerose occasioni che il fenomeno del turismo ci offre per presentare Cristo come risposta suprema agli interrogativi dell’uomo di oggi».
Avvicinare le culture
tratta di esseri umani per motivi sessuali o per trapianti di organi, come lo sfruttamento di minori, il loro abbandono in mano a persone senza scrupoli, l’abuso, la tortura, avvengono tristemente in molti contesti turistici». Di qui l’appello a «coloro che si dedicano pastoralmente o per motivi di lavoro al mondo del turismo, come pure l’intera comunità internazionale, ad aumentare la vigilanza, a prevenire e contrastare queste aberrazioni», attraverso la capacità di promuovere un “turismo differente”, inserendo il fenomeno del turismo internazionale «nel contesto dello sviluppo umano integrale». Sono tre le consegne del Pontefice per la pastorale del tu-
rismo: promuovere una «cultura del turismo etico e responsabile, in modo che giunga ad essere rispettoso della dignità delle persone e dei popoli, accessibile a tutti, giusto, sostenibile ed ecologico»; valorizzare la “via della bellezza”, in particolare curando l’accoglienza ed organizzando le visite turistiche «sempre nel rispetto del luogo sacro e della funzione liturgica per la quale sono nate molte di queste opere e che continua ad essere il loro fine principale». In terzo luogo, la pastorale del turismo «deve accompagnare i cristiani nell’usufruire delle loro ferie e del tempo libero, in modo che siano di profitto per la loro crescita spirituale».
«Noto con preoccupazione che la pastorale del turismo non è ancora entrata in diverse diocesi e Conferenze episcopali». Lo afferma il card. Antonio Maria Vegliò, rispondendo ad un’intervista di Radio Vaticana. «In alcune aree del mondo ci sono questioni più gravi a cui dedicare attenzione — dice il porporato —. Ma in altre tale assenza è inspiegabile, soprattutto dove il turismo, sia quello sociale che quello religioso, è un fenomeno molto rilevante». Il card. Vegliò ricorda anche che il turismo, per sua natura, è «un’occasione privilegiata per avvicinare le culture: Il turismo può favorire sia l’incontro che il dialogo e costituisce un invito a non chiudersi nella propria cultura, ma ad aprirsi e confrontarsi con modi di pensare e vivere diversi». Inoltre, è «uno strumento per lo sviluppo economico» e può essere «un’occasione di contemplazione e di crescita spirituale».
Fin dall’epoca del Sudan anglo-egiziano, l’arte del ritardare qualsiasi decisione — nella quale i sudanesi sono considerati dei maestri — viene chiamata tajility (dall’arabo tajil, che significa ritardo, rinvio). E’ questa arte, unita all’ottusità della burocrazia ed alla corruzione endemica, che sta chiudendo in un limbo assurdo migliaia di cittadini sudanesi. Dopo la nascita del Sud Sudan c’erano almeno due grandi questioni: la prima riferita alla proprietà dei campi petroliferi di frontiera, e la seconda riguardante i cittadini del Sud Sudan ancora residenti nel nord e viceversa. Nulla è ovviamente successo in questi mesi e Khartoum, come aveva ampiamente annunciato, è passata all’azione: dal 9 aprile i sud-sudanesi ancora presenti nella Repubblica del Sudan hanno perso la nazionalità sudanese. Ma visti i ritardi e le inefficienze burocratiche di Juba — capitale del sud — circa mezzo milione di persone non hanno neanche avuto modo di ottenere in tempo passaporti sud-sudanesi che possano provare la loro nazionalità. Praticamente apolidi: clandestini in Sudan, dove i più giovani sono nati e gli altri hanno vissuto decenni, ma senza documenti sud-sudanesi, in un limbo legale che durerà chissà quanto. Domenica 8 aprile centinaia di sud-sudanesi si sono recati all’aeroporto di Khartoum per prendere il volo verso Juba, ma non potendo dimostrare né identità né nazionalità non è stato loro permesso di fare il check-in. Bloccati in un paese che non li vuole, in cui da ora sono considerati stranieri, impossibilitati a tornare ”a casa”, in regioni e villaggi in cui molti di loro non hanno mai messo piede. A questa situazione si è giunti per la consueta politica del tajility. E ora tutti sperano che sia proprio la logica dell’eterno rinvio e del continuo tajility a permettere di reperire una soluzione per i nuovi apolidi del Sudan.
terra
IlmessaggiodelPapaperlaPastoraledelturismo
Dizionario delle globalizzazioni
Un viaggio nel mondo e nello spirito
TAJILITY
Aluisi Tosolini
«Ammirarelabellezzadellecultureedellanatura,cipuòcondurreaDio,favorendolafede»
Dalprimoturnodellepresidenzialiesceunpaesespostatoadestraelontanodaivaloridisolidarietàecorresponsabilità
Francia, politica (ancora) nelle mani delle élite 15
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utto come previsto? No, le urne francesi hanno riservato qualche sorpresa. I sondaggi prevedevano al primo turno un’affermazione del candidato socialista Hollande, accompagnato da un buon successo di quello di sinistra Mélenchon, un ex ministro socialista che univa in questa tornata elettorale la composita galassia della estrema sinistra francese, tanto frammentata quanto vitale. I voti del primo, sommati con quelli del secondo, quelli verdi e una parte di quelli centristi avrebbero portato ad una non trionfale ma sicura elezione di François Hollande al ballottaggio. Nei fatti i due candidati maggiori hanno ricevuto i voti che attendevano, così i piccoli. Minore del previsto il risultato di Mélenchon, che sperava di arrivare terzo. Ridotto anche il consenso di Bayrou, candidato di un centro poco organizzato e i cui elettori sono tradizionalmente mobili. Ma la novità è venuta dal consistente successo di Marine Le Pen, figlia del
leader storico del Fronte Nazionale, il partito della destra xenofoba francese, che ha superato il 18%, miglior risultato di sempre. L’elezione di Hollande rimane probabile: riceverà i voti della sinistra, degli ecologisti e dei centristi che non vogliono più Sarkozy. Ma il vantaggio è contenuto. Un risultato imprevisto delle schede bianche potrebbe cambiare le cose. La speranza di Sarkozy non è tanto recuperare i voti del centro, pochi e poco influenzabili, quanto catalizzare i voti dell’estrema destra. Ma lo deve fare senza aspettarsi nulla da Marine Le Pen che ieri rivendicava di essere l’unica opposizione contro la “sinistra extraliberale” costituita dall’informe miscela di tutte le altre forze politiche. Il presidente uscente rispolvererà quindi i temi della destra nazionalista, rialimentandone i ritornelli più retrivi incentrati sulla minaccia degli immigrati, come ha già fatto in campagna elettorale dopo i primi sondaggi negativi. Il primo turno registra una sorta di generale traslazione verso destra del quadro elettorale. La vittoria di Hollande potrebbe riportare alla presidenza la sinistra dopo
ventun anni, ma non dovrà far sottovalutare il risultato del Fronte Nazionale. La crisi della democrazia che stiamo vivendo, oggettivamente debole nella capacità di affrontare le crisi, genera malcontenti che alimentano percorsi centrifughi e minano eticamente le nostre comunità, distruggendo, con l’unico argomento dell’insuccesso altrui e del volume della voce propria, i valori di solidarietà e corresponsabilità su cui sono fondate le nostre Costituzioni. Così si irrobustiscono il Tea Party negli Usa, il Fronte Nazionale in Francia, la destra xenofoba in Olanda, Germania e Austria e l’antipolitica
(peraltro perfettamente a suo agio nel praticare il peggio della politica) in Italia. Per il prossimo Presidente francese rinnovare la partecipazione e le relazioni tra cittadini e istituzioni dovrà essere una priorità. La crisi della democrazia è percepibile anche leggendo nomi e biografia dei candidati. François Hollande è l’ex marito di Ségolene Royale, la candidata socialista delle elezioni scorse. Cinque anni fa i candidati si presentarono come campioni della famiglia. Dopo la sconfitta Ségolene e il marito emisero un comunicato stampa in cui spiegavano di avere interrotto la loro rela-
zione già quattro anni prima. In realtà che fossero “separati” di fatto era già noto a tutti, anche in campagna elettorale. Quanto a Sarkozy il suo burrascoso matrimonio ebbe fine proprio il giorno dell’elezione a presidente, con la moglie Cecilia che da New York troncò ufficialmente il legame. Sarkozy ufficializzò la separazione dalla moglie pochi mesi dopo, annunciando il fidanzamento con Carla Bruni. Al di là del buon gusto e della sincerità con cui ci si presenta agli elettori, la questione è che i candidati si presentano come esponenti di una élite autoreferenziata e chiusa.
La dirigenza attuale socialista è la stessa che attorniava Mitterand durante i suoi quattordici anni all’Eliseo negli anni Ottanta. Né Sarkozy rappresenta una novità. Enfant prodige del suo predecessore Chirac (in perenne litigio col competitore Villepen), presentò nomi nuovissimi tra i suoi collaboratori. Ma le novità si sono mostrate debolissime, presto sostituite da nomi storici della destra francese, più esperti e solidi. E la promessa di slegarsi dagli ‘enarchi’, cioè i laureati dell’ENA, l’Ecole Nationale d’Administration che a Parigi ha formato generazioni di manager e politici pubblici di ogni schieramento, si è presto rilevata solo uno slogan pubblicitario. Quello di una democrazia chiusa è purtroppo comune oggi a molti Paesi. Negli Usa si sono avvicendati alla presidenza un padre e un figlio repubblicani, contrastati da un presidente democratico la cui moglie oggi è segretario di stato e sta pensando ad una possibile candidatura futura. Analoghi cortocircuiti sono riscontrabili in altre democrazie europee. Non aiutano a ricostruire un tessuto di relazioni feconde tra Stato e cittadini.
27 APRILE 2012
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STUDIO TEOLOGICO
Martedì 27 marzo la II Giornata di confronto dello Studio Teologico Interdiocesano di Reggio Emilia. Tema: la vita cristiana come scelta e le conseguenze pastorali
Libertà cristiana nella vita di oggi Lafedepersonale:daconsuetudinesociologicaasceltaconsapevole
M
artedì 27 marzo si è svolta la II Giornata di Studio dello Studio Teologico Interdiocesano di Reggio Emilia, prolungando la riflessione riguardo alla vita cristiana come scelta sul versante più pastorale. Alle relazioni – di cui riportiamo qui una sintesi – sono seguiti i lavori di gruppo, di cui si è poi dato conto alla fine in plenaria. La Giornata è stata apprezzata da docenti e studenti, che hanno rilevato l’importanza di un aperto confronto interdisciplinare su temi così rilevanti per la vita cristiana.
terra
Libertà cristiana e autorità ecclesiale
27 APRILE 2012
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(Don Massimo Nardello) La libertà è oggi ritenuta un valore fondamentale, tanto che uno aderisce ad un’organizzazione religiosa solo nella misura in cui la vede consonante rispetto al proprio itinerario spirituale. Per questo il Magistero cattolico rischia di essere visto come un’autorità di altri tempi che pretende di stabilire per gli altri ciò che si deve credere o fare. Di per sé però il Magistero è al servizio della libertà personale. Infatti la fede è accoglienza libera della rivelazione di Dio in Cristo, ma tale adesione avviene sempre all’interno della storia entro una tradizione di fede e si manifesta come fedeltà creativa. Il compito del Magistero è allora quello di custodire la Chiesa nella continuità con tale tradizione, per evitare che l’interpretazione creativa diventi un affrancarsi dal fondamento che è l’evento di Cristo. Per questo Lumen Gentium 12 ha detto che quel “senso della fede” che consente di aderire fedelmente a Cristo è proprio di ogni fedele: il Magistero non si sostituisce al senso della fede, ma è al suo servizio. La quasi totalità degli interventi recenti è poi “magistero ordinario”, cioè autorevole ma non infallibile, al quale è chiesto un ossequio religioso della volontà e dell’intelligenza, il che non esclude che, dopo aver fatto di tutto per raggiungere un assenso interiore, il fe-
Sopra: a sinistra, il tavolo dei relatori (don Alessandro Manenti, don Massimo Nardello, don Daniele Moretto, don Matteo Cavani e don Ivo Seghedoni); a destra, alcuni dei partecipanti. Sotto: a sinistra, don Daniele Moretto; a destra, altri partecipanti.
dele resti in dubbio circa la verità della cosa. Ciò ha due conseguenze. Anzitutto ci si può chiedere se i fedeli siano a conoscenza del corretto rapporto tra Magistero e coscienza personale o se invece pensino che ogni dubbio sulla verità del Magistero ordinario – o (peggio) di qualsiasi scelta pastorale – comporti un’esclusione dalla Chiesa. In secondo luogo ci si può chiedere se all’interno della Chiesa ci siano guide carismatiche che rivendicano per sé quell’obbedienza che neppure il Magistero ritiene di avere, approfittando di persone fragili che preferiscono appaltare la propria coscienza a chi garantisce loro sicurezza, in cambio di un’obbedienza senza obiezioni.
Accompagnare il dramma della libertà (Don Alessandro Manenti) L’accompagnamento personale è uno strumento per un progressivo incontro tra il messaggio evangelico e la libertà della persona. Consiste in colloqui di crescita vocazionale, che suppongono nell’accompagnatore una solida base di psicologia e di teologia e hanno come obiettivo l’allargamento della libertà – non solo orizzontale ma anche verticale – di chi intende fare una scelta vocazionale di vita,
nella convinzione che ci sia un’unione dinamica tra l’azione della grazia e la libertà della persona. Ciò però comporta che l’educatore non si limiti a proporre un apprendistato nei confronti di un ruolo, magari fornendo strumenti per tener duro e farsi poche domande, perché così libertà e obbedienza finiscono per diventare nemiche e la persona si irrigidisce nel ruolo, non lasciandosi più interpellare da ciò che vive. Piuttosto si tratta di accettare che il legame tra teoria e prassi passa attraverso l’attivazione dell’io della persona, il che vuol dire prendere sul serio il dramma della libertà. Infatti l’essere umano è insieme attratto e spaventato dalla libertà, perché vivere la libertà dei figli di Dio non è uno slogan romantico, ma un rischio che implica la ristrutturazione continua dell’orizzonte della propria vita. L’assenso di fede infatti è sempre una lotta, per cui o la fede diventa scelta personale, o si spegne nascondendosi dietro una semi-libertà di facciata.
Libertà e sacramento della penitenza (Don Matteo Cavani) Il sacramento della penitenza è malato e ciò si vede da diversi fattori: c’è un crollo del numero di coloro che lo celebrano (soprattut-
to giovani e adulti), tante volte si riduce a terapia psicologica gratuita, è una celebrazione assolutamente individuale, dove si fa fatica a vedere la differenza tra peccati gravi e meno gravi e dove la penitenza è del tutto simbolica. Si è persa l’istanza concreta che aveva spinto la Chiesa ad introdurre la prassi penitenziale: la caduta di coloro che, ricevuto volontariamente il battesimo — quindi avendo aderito a Cristo con tutto il cuore —, erano venuti meno al legame con un peccato grave. Per questo nei primi secoli c’era anche la convinzione che la penitenza potesse essere celebrata una volta sola. Alcuni elementi del sacramento chiedono perciò di essere riletti, per interpellare maggiormente la libertà del cristiano. Anzitutto la confessione implica la grazia del dolore per ciò che è avvenuto, risvegliando la propria responsabilità e la percezione della misericordia di Dio. Poi la soddisfazione non è pena da espiare, ma medicina spirituale, il che suppone una penitenza più concreta e una riscoperta delle prassi tradizionali di elemosina, preghiera e digiuno. Inoltre va precisato meglio qual è il peccato che esclude dalla comunione della Chiesa e che perciò chiede una riammissione nella comu-
TESI DI BACCELIERATO
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a tesi di baccellierato è un elaborato scritto di circa 60 pagine, discusso verso la fine del sessennio davanti a due docenti: il relatore, che ha seguito lo studente nella stesura, e il contro-relatore, che ha letto criticamente il testo. Lorenzo Zamboni, della diocesi di Reggio Emilia: “La parrocchia di Bagnolo in Piano attraverso le pagine de
La Domenica (1961-1975)”, 20 ottobre 2011. Relatore: don Giovanni Costi. Contro-relatore: don Daniele Gianotti. Luca Fornaciari, della diocesi di Reggio Emilia: “La libertà religiosa nel pensiero di Benedetto XVI”, 15 febbraio. Relatore: don Gianni Bedogni. Contro-relatore: don Giuliano Gazzetti. Antonio Marini, della diocesi di Reggio Emilia: “Morte, immortalità e pec-
cato ne Il Signore degli anelli e confronto con la teologia cattolica”, 2 marzo. Relatore: don Daniele Gianotti. Contro-relatore: don Daniele Moretto. Francesco Conti, della diocesi di Parma: “Perché nulla vada perduto. Il comando di Gesù e la raccolta dei frammenti in Gv 6,12-13”, 9 marzo. Relatore: don Giacomo Morandi. Contro-relatore: don Filippo Manini.
nità, per non limitare il rigore ai soli divorziati risposati. Infine si tratta di vedere quale sia una frequenza al sacramento che non svilisce l’atto, ma favorisce un riorientamento della vita. Si tratta quindi di tener ferma una “grazia a caro prezzo”, poiché quella della remissione dei peccati è una delle più straordinarie esperienze di salvezza.
Dall’obbligo sociologico alla scelta (Don Ivo Seghedoni) Sappiamo di essere ormai una Chiesa di minoranza, ma questa percezione non è ancora divenuta piena consapevolezza e non ha ancora avuto una reale incidenza nel vissuto pastorale, perché permane tuttora un’alta domanda di riti, più per tradizione sociologica o per sensibilità al linguaggio rituale che per convinzione personale argomentata. Questo stimola ancora la parrocchia ad offrire una risposta alla domanda di riti, ma così facendo ci si dimentica che l’attuale impianto era nato per dare servizi religiosi a persone già credenti, che ricevevano in famiglia e nella società i fondamenti della fede e che avevano perciò solo bisogno di chi la nutrisse e la rendesse coerente. Alla parrocchia è chiesto oggi di raccogliere la sfida: non limitarsi alla cura delle anime, poiché di anime cristiane in partenza non ce n’è più. è come ristrutturare una casa antica: sarebbe più economico demolirla e costruirne una nuova, ma una casa antica ristrutturata – e quindi abitabile per gli attuali inquilini – è più bella. Solo che bisogna ammettere che ciò implicherà tempi lunghi, disagi e resistenze da parte di inquilini che non intendono certo uscire durante i lavori. Per fare questo sarà neces-
sario accompagnare la domanda di sacramenti: essa va sì accolta, ma con l’idea di farla evolvere affinché maturi in una vera domanda di fede. In concreto, pensando soprattutto ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, per il genitore del bambino passa dal diritto di chiedere alla scelta di coinvolgersi nel cammino di fede del figlio. Ciò implica una duplice conversione. Quella del genitore, che per la prima volta si sente interpellato dalla parrocchia come adulto: “Se lo vuoi per tuo figlio, allora lo vuoi per te”. Ma ancor più quella della parrocchia, che deve realizzare che il Vangelo è per gli adulti e accettare la possibilità di ricevere un “no” adulto dall’altra parte. Scopriremo forse quanto siamo piccolo gregge, ma potremo anche sperimentare le sorprese dello Spirito.
Gabbia o perla preziosa? (Giacomo Menozzi, seminarista) Anche il tempo del Seminario è occasione per attivare la propria libertà: il semplice scorrere del tempo in attesa dell’ordinazione non serve a niente, anche perché in questo periodo si pongono le basi per apprendere uno stile personale ed ecclesiale. Infatti la formazione è ultimamente un’auto-formazione, dal momento che nessuno può sostituirsi alla libertà responsabile della singola persona. Così, da una parte, uno può vivere il Seminario come gabbia: è passivo e rigido, adotta comportamenti per compiacenza, copia esempi altrui senza farli propri, si abitua ad un uso vuoto delle parole, non ama riflettere, fa le cose “perché devo”. Un domani, da prete, continuerà con questo stile di sospensione, guardando persone e situazioni da una visuale ristretta, assecondando richieste disparate, senza spendersi davvero in nessuna di esse, fino a dissociare ciò che celebra da ciò che vive. D’altra parte può anche vivere il Seminario come perla preziosa: è curioso e disponibile ad imparare, si assume le proprie responsabilità, personalizza ciò che apprende, ha cura per la verità della parola, sa porre domande e obiezioni, cerca di fare sintesi in sé, fa la cose “perché le ho fatte mie”. don Daniele Moretto • (Le relazioni complete di questa Giornata di Studio e di tutte le attività STI sono disponibili sul nuovo sito dello Studio: www.diocesi.re.it/sti)
Ildifficileottimismotradisoccupazionerecord(specietraigiovani),esodatiesalarimilionariperisolitipochi
I giovani Nei mesi scorsi è rimbalzata fragorosamente nelle cronache la notizia che almeno un
I “vecchi” Cioè quelli che hanno 50 e più anni. Quelli che fino a
poco tempo fa cominciavano a ragionare sui contributi versati e sugli anni mancanti alla pensione. Le continue riforme delle pensioni, l’ultima in particolare, hanno spostato l’asticella dell’età pensionabile di un buon decennio. Peccato però che le aziende mal tollerino di pagare stipendi a chi ha meno freschezza di un giovane, meno elasticità e soprattutto una busta paga nel tempo cresciuta molto più di quanto si paghi un apprendista o uno stagista. E perdere il lavoro a 57 anni, oggidì è semplicemente una tragedia: nessuno ti vuole, alla pensio-
ne mancano almeno cinque anni. Da qui il recente fenomeno degli “esodati”, orrendo termine per definire gli sventurati di una certa età espulsi dal ciclo produttivo ma ancora lontani dalla pensione. Materiale di scarto se non fossero uomini e donne in carne e ossa e carichi familiari acclusi. Nel mezzo, milioni di lavoratori che sentono il posto di lavoro sempre più fragile e indebolito, le cui retribuzioni sono sostanzialmente inchiodate da anni a fronte di un costo della vita da Paese ricco.
Direte: è una valle di lacrime. Sarebbe bello negarlo, ma se si pensa poi al milione e mezzo di cassintegrati – cioè di persone il cui posto di lavoro si sta sbriciolando – e alle nubi tempestose che si addensano sopra il cielo dell’impiego pubblico, l’ottimismo suonerebbe veramente falso.
L’oggi Centocinquant’anni dopo la nascita della Festa del Primo Maggio, ritornano le ragioni per rimettere il lavoro al centro di tutto, come i costituenti italiani avevano enfaticamente sottolineato nel primo
articolo della nostra Carta. Non esiste un diritto al lavoro. Esiste l’assoluta necessità che tutti remino nella stessa direzione per creare nuova occupazione, per solidificare quella esistente. Anche con norme di equità e giustizia che eliminino assurde distorsioni che ad oggi continuano a prosperare. Un esempio? È tempo di bilanci, di approvazione degli stessi da parte delle assemblee dei soci. È tempo di mettere gli occhi su certe retribuzioni. Come quella di un amministratore delegato – ma i casi simili fioccano qui come nel resto dell’Occidente – con uno stipendio da 2,5 milioni di euro annui, 200mila mensili, 6.600 al giorno, Natale compreso. La bravura sarà indiscutibile, la sproporzione con quanto guadagna un suo dipendente altrettanto: diciamo cento volte di più. O diciamo che, con il suo stipendio, si pagavano cento persone, o una cinquantina di molto valide. Insomma, o la famiglia di Superman si è trasferita in blocco sul pianeta Terra occupando i posti da capo-azienda, o c’è chi fa il bagno nei soldi facendo tirare la cinghia a tutti gli altri. Nicola Salvagnin
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Quando anche la strada può essere “maestra”
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abbandono e la dispersione scolastica sono stati al centro del convegno nazionale del Msac (Movimento studenti di Azione Cattolica), “Se mi lasci non vale”, che si è tenuto a Napoli dal 20 al 22 aprile. L’obiettivo del “Mo.Ca” (il Movimento in cantiere) è stato “indagare le cause ma, soprattutto, elaborare idee per una scuola che sia vera palestra di vita, che insegni ad amare la cultura e dia senso e sapore allo studio dei più giovani”.
to dopo segue la Sicilia con 6.000 abbandoni, poi la Puglia, seguita da Lombardia e Sardegna». Un momento centrale della seconda giornata è stato il confronto dei partecipanti con Marco Rossi Doria, sottosegretario al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
I risultati dei laboratori
Tempi tristi Con Franco Venturella, provveditore di Vicenza, è stato analizzato il tema della “Scuola che perde”. Ma quali sono i punti deboli del nostro sistema di istruzione? Per Venturella, «la scuola perde quando non la sentiamo inserita nel nostro progetto di vita, quando non educa al rispetto degli altri e delle istituzioni, quando si chiude nel nozionismo, ritenendo la cultura qualcosa di effimero». Quando la scuola non riesce ad appassionare i giovani, i risultati si vedono. Così a Speranzina Ferraro, della Direzione generale per lo studente del Miur (ministero dell’Istruzione, dell’Uni-
versità e della Ricerca), è toccato offrire qualche dato sull’abbandono e sulla dispersione scolastica. Innanzitutto, ha precisato Ferraro, «in Italia il concetto di dispersione scolastica racchiude diversi fenomeni, mentre l’abbandono scolastico fa riferimento a tutte le forme di abbandono dell’istruzione e della formazione prima del completamento dell’istruzione secondaria superiore o dei circuiti di formazione professionale». Ferraro ha ricordato che «nel giugno 2002 il Consiglio Ue ha adottato la strategia “Euro-
pa 2020”. Uno dei 5 grandi obiettivi è la riduzione, entro il 2020, del tasso di abbandono scolastico nell’Ue a meno del 10%». In questo tempo «ci sono stati progressi, mentre in Europa il tasso medio è del 14%, in Italia è del 19,2%. Il numero in termini assoluti di giovani di età compresa tra i 14 e i 18 anni che abbandonano la scuola è di circa 190–200 mila». La maglia nera per il numero di studenti che nell’anno scolastico 2006/2007 hanno abbandonato gli studi va alla Campania: «Sono più di 7 mila studenti. Subi-
Nell’ultima giornata dei lavori è stata presentata la sintesi dei lavori dei laboratori, centrati su tre temi: cultura della valutazione, orientamento e scuole aperte. Per quanto riguarda il primo, spiega al Sir Elena Poser, segretaria nazionale del Msac, «talvolta un brutto voto o una valutazione data con leggerezza possono cambiare la vita degli studenti, tanto da compiere persino atti sconsiderati. In realtà, la valutazione dovrebbe analizzare le conoscenze, le competenze ma anche prendere in considerazione il punto di partenza e il punto di arrivo di ogni studente». Inoltre, occorrerebbe «dare maggior peso ai crediti formativi e imporre una scala di valutazione da 1 a 10 per poter far sì che scattino realmente gli scaglioni per l’acquisizione dei
crediti». Ci dovrebbe essere, poi, «un’esplicitazione dei criteri sulla base dei quali si è valutati». Rispetto al tema dell’orientamento, sono stati sottolineati alcuni aspetti: in entrata, la necessità di «un percorso di diversi incontri suddivisi in fasi, l’aiutare i ragazzi a far discernimento, l’accompagnamento in itinere, nei primi anni di superiori; in uscita, incontri-testimonianze con studenti e lavoratori, esperienze concrete, informazione a 360°» per una scelta consapevole. Infine, il laboratorio sulle scuole aperte, ha messo in evidenza che questo tipo di progetto «per i genitori deve servire a sensibilizzare per incoraggiare sempre i propri figli e per gli studenti farli sentire cittadini responsabili e coltivare i propri sogni». Tra le proposte concrete emerse, ci sono «attività per educazione alla cittadinanza, educazione alla conoscenza del territorio, valorizzazione delle strutture e degli strumenti delle scuole, punti d’incontro tra genitori e docenti per creare confronto e formare una vera comunità scolastica».
Esperienze sul territorio Sempre domenica 22 aprile
c’è stata la presentazione dei maestri di strada e del consorzio “Agrorinasce”. «Con loro — racconta Poser — abbiamo fatto conoscenza con realtà che ogni giorno si occupano di lotta alla dispersione scolastica e alla legalità nelle scuole. Ai nostri ospiti abbiamo provato a chiedere gli ingredienti di una ricetta per la realizzazione di progetti che possano davvero permettere al territorio e alle scuole di crescere». Fra le altre cose, continua la segretaria nazionale del Msac, «ci hanno detto che sicuramente è essenziale fare un’analisi oggettiva del territorio dove si abita e dove si vuole operare, dopo di che è utile mettere in rete diversi soggetti (associazioni, enti locali...) che possano lavorare insieme. Hanno, però, anche evidenziato come un limite rilevante per lo sviluppo di tali progetti sia, soprattutto oggi, il reperimento di fondi e risorse perché questi progetti possano essere realmente realizzati oltre alla visibilità che a questi viene attribuita».
27 APRILE 2012
I
l Primo Maggio nacque come festa per celebrare una conquista sindacale: arginare il troppo lavoro, lo sfruttamento. La giornata lavorativa doveva fermarsi ad otto ore. Oggi il Primo Maggio rischia di celebrare il contrario: il lavoro che manca, l’occupazione ricercata e agognata da milioni di individui in un Occidente in cui la disoccupazione – soprattutto tra i giovani – è in continua crescita. Da festa dei lavoratori, a festa (mesta) degli aspiranti lavoratori. Il Primo Maggio di quest’anno cade appunto in un momento assai triste per l’economia italiana. Siamo dentro al quinto anno di crisi, siamo addirittura in recessione: significa che, ufficialmente, ci stiamo impoverendo. Un po’ la finanza ci sta mangiando i risparmi, molto dipende da condizioni lavorative da ansia.
paio di milioni di giovani italiani non solo sono disoccupati, ma hanno pure perso ogni speranza: non cercano più un posto, non studiano, non si specializzano. Vivono in un limbo, in un’attesa che qualcosa cambi, in un presente grigio e senza prospettive. La questione riguarda soprattutto le donne residenti nel Mezzogiorno, ma ormai il fenomeno si sta allargando a macchia d’olio. Si smetta, una buona volta, di usare il termine “bamboccioni” per qualificare giovani (e meno giovani) inchiodati in casa dalla mancanza di un reddito e dal bisogno di essere mantenuti nonostante la non più fresca età. Le statistiche dicono che il contratto a tempo indeterminato viene fatto firmare solo nel 4% dei casi. Il resto si arrabatta tra lunghe gavette, tentativi di concorsi, lavoretti a tempo, stage “formativi” (e non retribuiti), insomma quella – eccessiva – flessibilità che la riforma del lavoro firmata Elsa Fornero vorrebbe in parte contenere. Così si tappano buchi, ma non si creano le forze lavorative di domani.
terra
Primo Maggio: dobbiamo festeggiare il lavoro, non la sua mancanza. Anche se oggi è difficile
IN EVIDENZA
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“I mille” che fanno l’Italia: 150 anni per immagini AlPalazzodelGovernatoreinmostramillefotocheraccontanolastoriadelPease
L
a storia d’Italia attraverso le fotografie dell’immenso archivio dello Csac. Questa in sintesi la mostra “I mille. Scatti per una storia d’Italia attraverso le collezioni CSAC”, organizzata dal Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma con il Comune di Parma come evento conclusivo delle celebrazioni per il centocinquantenario dell’Unità d’Italia. La mostra, a ingresso libero, è aperta dal martedì alla domenica presso il Palazzo del Governatore. “I mille” è un titolo volutamente allusivo evocando Garibaldi e la sua impresa. La mostra propone infatti mille immagini, tutte tratte dagli archivi del CSAC ed è suddivisa in cinque raggruppamenti tematici: Paesaggio, La-
COMEDOVEQUANDO I MILLE Scatti per una storia d’Italia attraverso le collezioni Csac
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ingresso alle 22,30) INGRESSO LIBERO Catalogo a cura di Gloria Bianchino e Arturo Carlo Quintavalle, con testi dei curatori, di Giorgio Vecchio, Paolo Barbaro, Claudia Cavatorta, Lucia Miodini. Edizioni Skira.
Dunque si è lavorato per una storia diversa, per una sorta di antropologia della moderna Italia che comincia, cronologicamente, col 1861, anno di cui si presentano le fotografie dei senatori del regno: le immagini di coloro che si riuniscono a Torino, nella prima capitale. Sono carte de visite, o cabinet, certo di quell’anno o di poco precedenti, di molti fra i più importanti atelier fotografici del paese, da Palermo a Milano, da Napoli a Bologna, da Firenze a Torino, e sono fotografi italiani, certo, ma anche francesi, austriaci, inglesi, tedeschi. Altri ritratti sono quelli dei fotografi che negli anni Cinquanta si spingono nel nostro Sud per documentare i tanti volti delle tante differenti Italie; impresa continuata, da altri e con differenti intenzioni, negli anni Settanta, dagli autori che inventano una nuova antropologia del contemporaneo. Ma ritratto è anche quello del negativo, la fotografia di impegno sociale che porta Carla Cerati, Gianni Berengo Gardin e Luciano D’Alessandro all’interno degli Ospedali Psichiatrici per dare visibilità agli esclusi.
Paesaggio Il racconto inizia con una serie importante di immagini della seconda metà dell’800, che propongono una nuova dimensione della veduta, quella che di fatto fissa la prima imma-
FUORI LE MURA - Padova -
• Collana “I SANTI IN TASCA” Il nuovo Giornale — Nuova editrice Berti
27 APRILE 2012
teche lo sviluppo industriale aveva cancellato: l’abbandono delle campagne, la fine del mondo contadino, l’ossessione delle periferie.
Lavoro La sezione comprende le fotografie ottocentesche di vari fotografi della penisola, così come le successive ricerche sul mondo contadino. Per finire con gli anni Settanta, gli anni della centralità del lavoro, dove si fa strada un nuovo modo di raccontare la fabbrica e l’operaio.
Ritratto
biblioteca
cult
Parma, Palazzo del Governatore, dal 14 aprile al 10 giugno. Orari: dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso alle 18,30) – chiuso lunedì e 1° maggio Aperture straordinarie: 5-6-7 maggio e 2 giugno, dalle 10 alle 23 (ultimo
voro, Rituali, Ritratto, Storie. Sarebbe stato facile proporre una storia di battaglie, di protagonisti, di confronti politici e ideologici, e anche questo, naturalmente, c’è in questa mostra, ma si è lavorato attorno a un’altra idea, quella di una vicenda fatta di modifiche del paesaggio e di trasformazioni urbane, modi di vivere che cambiano e rapporti che si trasformano.
Non poteva non partire con Giovanni Paolo II, il Papa che puntò a valorizzare i testimoni della fede, la collana “I santi in tasca” nata dalla collaborazione tra il settimanale della diocesi di Piacenza-Bobbio “Il Nuovo Giornale” e la “Nuova editrice Berti”. La sfida è di coniugare il taglio popolare e l’accuratezza storica nello studio dei personaggi in una pubblicazione tascabile, a colori, scritta in stile giornalistico. «Con il desiderio – spiega il direttore de Il Nuovo Giornale don Davide Maloberti – di suscitare, attraverso l’accostamento alla vita di chi ha vissuto il Vangelo in diverse epoche ed ambienti, un rinnovato desiderio di santità». Due i titoli finora all’attivo. “Giovanni Paolo II – Non abbiate paura”, di Lucia Romiti, ripercorre l’avventura umana del Papa indimenticabile che ha accompagnato la Chiesa oltre le soglie del terzo millennio. Il Papa dei giovani, delle donne, degli anziani, dei sofferenti. Il Papa dei popoli oppressi che, appena eletto, il 16 ottobre 1978, scosse il mondo con un appello accorato: “Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”. “Madre Teresa di Calcutta - Qualcosa di bello per Dio” è dedicato ad una grande amica di Giovanni Paolo II, con il quale ha condiviso la battaglia per la dignità dell’uomo. Ha fatto parlare di sé per le sue opere di carità, ma non era una filantropa. Era un’innamorata di Cristo, che si è fatta povera tra i poveri, negli slums di Calcutta come tra le miserie morali del ricco Occidente. Il suo carisma interpella tutti, perché per Madre Teresa la nuova civiltà dell’amore parte dalla famiglia e dalle relazioni quotidiane. Entrambi i testi (64 pagine a colori) sono arricchiti dalle illustrazioni di Renato Vermi, da biografia e bibliografia essenziale. Tutti i titoli e le ultime novità della collana sono sul sito www.isantiintasca.it.
Novanta artisti di cinque continenti partecipano alla sesta edizione della Rassegna Internazionale di illustrazione “I colori del sacro”. Dedicata quest’anno al tema “Aria”, la mostra fa parte di un progetto nato nel 2001 per iniziativa del Museo Diocesano di Padova e del Messaggero Sant’Antonio a partire dalla domanda “Come parlare del sacro ai bambini?”, e quindi con l’obiettivo di raccontare il sacro tramite il segno e il colore. Da subito il progetto ha visto la collaborazione della Fondazione Mostra Internazionale di illustrazione per l’infanzia “Stepan Zavrel” di Sàrmede. Con il tema del 2012 gli organizzatori hanno voluto raccontare con i colori cos’è la voce del vento, il ritmo del respiro, il sollievo del soffio, la chiamata dello Spirito e, nella sua valenza più simbolica, la forza dell’ispirazione, la dolcezza della musica, la potenza della parola, del Verbo, nel tentativo di portare alla luce attraverso l’arte quel sacro che accomuna anche chi non crede. • Fino al 3 giugno, al palazzo vescovile di Padova (piazza Duomo 12). Info: 049.8761924, www.icoloridelsacro.org,
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Rituali gine della unità del paese e il valore simbolico dei suoi monumenti sparsi nelle cento città. Si prosegue con il nuovo paesaggio degli anni Trenta, diffuso dalle pubblicazioni del Touring Club ad opera di Bruno Stefani, quello tra realismo e astrazione di Nino Migliori, e quello del realismo e dell’impegno sociale di molti protagonisti. Vengono poi altri linguaggi, l’indagine mediata anche dalla poesia sulle figure degli anziani e il dialogo con Burri di Mario Giacomelli. Una profonda trasformazione nei modi di guardare il paesaggio si ha con Viaggio in Italia, la mostra curata da Luigi Ghirri nel 1984, che coinvolge una decina di fotografi ed è fondamentale per un’intera generazione di autori. Nasce una nuova poetica dello sguardo sul paesaggio che muove dal dialogo con alcuni protagonisti della fotografia statunitense. La nuova fotografia scopre una visione diversa, un paese rimodellato dai media, dove si intrecciano “realtà” diverse, quelle delle pubblicità, dei manifesti, del design, delle TV, insomma il sistema della comunicazione. Cambia l’immagine del paese, si scoprono spazi e dura-
Qui è proposto un viaggio fra i comportamenti della contemporaneità, quelli della politica, della contestazione giovanile, momento creativo di una diversa pratica rituale, fotografata da autori indipendenti impegnati nella costruzione di una diversa rappresentazione degli eventi. La fotografia è importante anche per le scienze etno-antropologiche, come bene documenta la serie “Il Gioco della falce”, o le ben documentate ricerche antropologiche condotte negli anni Settanta.
Storie L’ultima sezione si apre con le immagini di Luca Comerio della repressione nel 1898 delle rivolte popolari chiuse con gli eccidi del generale Bava Beccaris. Viene la fine del secolo, vengono le trasformazioni del costume, del ritratto, dei modi di vivere, poi la prima guerra mondiale e il fascismo. Le immagini disegnano poi altre vicende, quelle della dittatura e della sua fine, e ancora il dopoguerra con la rivoluzione del linguaggio fotografico, la diffusione del realismo anche in fotografia e l’inizio di una consapevolezza civile che porta molti fotografi a prendere coscienza di una società in profonda trasformazione.
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Igiovaniele“paroledilibertà” Vitedidonnecontrolamafia;suonieraccontiallaCasadellaMusica Sabato 28 aprile alle 17.30 nella sede Anpi di Salsomaggiore (via Macello 3 - sopra bocciofila) si svolge l’incontro “Libera il coraggio. Quando la testimonianza diventa dovere morale”. Intervengono Piera Aiello, testimone di giustizia e cognata di Rita Atria, entrambe coraggiose collaboratrici del giudice Borsellino; Margherita Asta, figlia e sorella delle vittime della strage mafiosa di Pizzolungo. Coordina Alessia Frangipane (referente di Libera Parma). Il programma continua
PER LA FESTA DELLA LIBERAZIONE Proseguono le iniziative in calendario per la Festa della Liberazione. Quattro scuole, in collaborazione con l’istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea (Isrec), propongono incontri e allestimenti nati dall’esperienza del “Treno della memoria”, che quest’anno ha portato studenti e studentesse a Dachau: venerdì 27 aprile alle 15 all’Istituto SISS “P. Giordani” (Parma, via Lazio 3) inaugurazione della mostra “Parole di libertà. A/R: Parma-Dachau andata e ritorno. In viaggio dentro la storia per vivere il presente”. La mostra rimarrà aperta fino al 4 maggio con i seguenti orari: lunedì/venerdì 11-13, 14.30-16.30; sabato 11-13 Mercoledì 2 maggio alle 16 al Liceo scientifico/musicale ”A Bertolucci” (Parma, via Toscana 10/a) “Parole di libertà. Mi sento partecipe”. Giovedì 3 maggio alle 17 al Liceo classico “G. D. Romagnosi” (Parma, viale Maria Luigia 1) videodocumentario “Parole di libertà. Arbeit Macht Frei? Che cosa ci rende liberi?”. Venerdì 4 maggio alle 17 al Liceo scientifico “G. Marconi” (Parma, via Benassi 2) “Parole di libertà. Dopo l’ultimo testimone”. Altre iniziative: giovedì 3 maggio alle 18 alla Corale Verdi (vicolo Asdente 9) “Donne in guerra. Storie minime del resistere quotidiano” (dai racconti di Maurizio Garuti). Giovedì 10 maggio nella Sala Conferenze Isrec (Parma, vicolo delle Asse 5) alle 17.30 “L’urlo della storia”, lettura-conferenza sul tema della necessità della memoria storica, a cura di Stefano Mazzacurati e Nicola Rossini. Lunedì 21 maggio alle 21 al Cinema Astra (Parma, piazzale Volta 3/a) “Storia di Mirka”. Documentario di Primo Giroldini sulla vita della Partigiana Laura “Mirka” Polizzi. Concerti a ingresso gratuito
I 10 ANNI DELLA CASA DELLA MUSICA In occasione del suo decimo compleanno la Casa della Musica (palazzo Cusani, piazzale San Francesco, Parma) offre alla cittadinanza un programma di concerti a ingresso gratuito, denominato appunto “Cadeau”. I prossimi appuntamenti, sempre alle ore 16 nella Sala dei Concerti: sabato 28 aprile “Omaggio a Paganini”: Anastasiya
Vaticano II davanti a noi
di Lagrimone si celebra la Divina Liturgia in rito bizantino-slavo.
Il gruppo “Concilio Vaticano II davanti a noi” prosegue gli incontri di approfondimento per celebrare il 50° anniversario dell’inizio del Concilio e riflettere sul “Concilio a Parma tra memoria e profezia”: venerdì 27 aprile alle 20.45 nella sede del circolo Il Borgo (Parma, via Turchi 15), si parlerà dell’esperienza del Consiglio pastorale diocesano, aiutati da Pietro Bonardi (“Il Consiglio Pastorale dall’origine”) e Giorgio Delsante (“Il Consiglio Pastorale oggi”).
Incontro mensile
DAL CONCILIO AL CPD: L’ESPERIENZA DI PARMA
Presso le Saveriane
USMI: ASSEMBLEA DI FINE ANNO Le sorelle responsabili delle comunità religiose della diocesi sono invitate per l’Assemblea di fine anno sabato 28 aprile dalle 8.45 alle 11.30 presso le Missionarie Saveriane in via Sidoli 70. Ordine del giorno: preghiera iniziale presieduta da mons. Piero Delsante; comunicazione di sr Alba Nani sull’Assemblea nazionale Usmi; relazione dell’attività svolta da parte della Delegata diocesana; verifica e programmazione del nuovo anno. Festa diocesana
CRESIMANDI: C’È PESCE PER TUTTI L’Ufficio catechistico, con Acr e Seminario Minore, organizza per sabato 28 aprile “C’è pesce per tutti”, festa diocesana per chi celebra la Cresima nel 2012. E’ un’occasione per incontrare la Chiesa diocesana, cogliersi parte di essa e allenarsi a dare il proprio contributo. A Lagrimone
RITO BIZANTINO-SLAVO: DIVINA LITURGIA Martedì 1o maggio alle 10.30 al Monastero Regina mundi
AMICI DEI MISSIONARI SAVERIANI Giovedì 3 maggio alle 16 nel Santuario Conforti (viale San Martino) incontro mensile del Gruppo amici missionari saveriani (Gams), con la santa Messa presieduta dal saveriano padre Petrus. Con le Carmelitane
ADORAZIONE VOCAZIONALE
Nella chiesa delle Carmelitane Scalze di via Montebello 69 proseguono gli incontri mensili di adorazione eucaristica vocazionale. Lasciandoci guidare dal fervore di Santa Teresa di Gesù, e seguendo i brani evangelici proposti dal Congresso Eucaristico di Ancona, giovedì 3 maggio alle 20,30 ci troveremo ancora una volta per chiedere al Signore numerose e sante vocazioni per la nostra Diocesi. L’incontro sarà preceduto dalla recita del Santo Rosario. Con Chiara Giaccardi
I LUNEDÌ DELLA DIOCESI
Lunedì 7 maggio alle 21 in Seminario Minore (viale Solferino 25, ingresso auto da viale Conforti) si conclude il ciclo dei “Lunedì della Diocesi”. Sul tema “Sarà il mondo digitale a plasmare l’uomo futuro?” interviene Chiara Giaccardi, docente di Sociologia e antropologia dei media all’Università Cattolica del Sacro Cuore. A Fontanellato
PELLEGRINAGGIO DEGLI UNIVERSITARI La Cappella Universitaria di Parma e la Consulta per la Pastorale Universitaria invi-
Petrishak, violino; Giampaolo Bandini, chitarra. Sabato 5 maggio “La musica nel cinema”: Barbara Aldegheri, soprano;
tano tutti gli universitari al pellegrinaggio al Santuario mariano di Fontanellato, che si svolgerà giovedì 10 maggio. Programma: • per chi arriva con i mezzi propri: ritrovo in Santuario alle 21 per la recita del Santo Rosario, commentato dal Vescovo di Parma mons. Enrico Solmi e animato dalla Cappella musicale (coro e parte orchestrale) della diocesi di Crema; • per chi intende partecipare anche al pellegrinaggio a piedi da Pontetaro a Fontanellato, a cui sarà presente il Vescovo: ritrovo alle 17.45 (partenza ore 18) davanti alla chiesa di Pontetaro, in via iMari, 2 (da Parma a Pontetaro autobus n° 23/Noceto in via Mazzini o via D’Azeglio alle ore 17.12). Dopo l’incontro in Santuario, cena al sacco e festa insieme. Per chi avesse bisogno di un automezzo per Fontanellato sia per l’andata che per il ritorno: una corriera della Tep partirà alle 20 da piazzale Rondani (di fianco al Liceo Romagnosi), e al termine farà ritorno nel medesimo piazzale. Per ulteriori informazioni contattare l’Assistente spirituale della Cappella Universitaria, don Giorgio Schianchi: telefono 0521.207351; 331.7522175. Assemblea con mons. Fasani
AFFARI ECONOMICI E SOVVENIRE
Sabato 12 maggio in Seminario Minore dalle 9.30 alle 12.30 si svolge l’incontro diocesano dei Consigli parrocchiali per gli affari economici e dei delegati di Sovvenire. E’ stato invitato a parlare monsignor Giampietro Fasani, già Economo della Conferenza piscopale italiana, ora parroco di Villafranca, sul tema: “La gestione amministrativa della parrocchia”. Sarà lasciato ampio spazio al dialogo con il relatore. Si raccomanda la puntualità.
Massimiliano Gagliardo, baritono; Milo Martani, pianoforte. Sabato 12 maggio “Le più belle arie da Traviata coi giovani can-
tanti”: Yu Guanqun, soprano; Kou Jing, tenore; Hayato Kamie, baritono; Elena Rizzo, pianoforte. Conferenze alla Casa della Musica
VERDI E IL RISORGIMENTO
“Verdi - Il suono del Risorgimento” è il titolo del programma di incontri di “Voci parallele”, tenuti da Gustavo Marchesi alla Casa della Musica. Il contributo maggiore alla nascita della nazione, Verdi lo diede nelle opere teatrali, che infiammavano il pubblico: negli anni caldi del Risorgimento, ebbe modo di esprimere (e occultare), col linguaggio della musica, le proprie convinzioni patriottiche e libertarie. L’appassionata partecipazione alla causa del Paese continuò anche dopo l’unificazione; l’amara delusione nei confronti dell’evolversi della scena politica si riflette nei melodrammi composti dopo la “trilogia romantica”, fino a Otello, tramonto della fiducia eroica. Soltanto negli ultimi anni Verdi salverà l’ottimismo, col saggio sarcasmo di Falstaff». Le conferenze di Marchesi, a ingresso libero, si svolgono alle 17.30 nella Sala dei Concerti della Casa della Musica: lunedì 30 aprile “L’Italia di Aida”; lunedì 7 maggio “Gli eroi cambiano”. Conferenza di Nadia Urbinati
L’OPINIONE PUBBLICA
Nell’ambito del ciclo “Le parole delal politica”, organizzato dall’associazione “laPolis”, venerdì 4 maggio alle 18.30 nella Sala Borri della Provincia (stradone Martiri della Libertà 15), conferenza di Nadia Urbinati, docente alla Colombia University, su “L’opinione pubblica”. Convegno di Missione Oggi
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DONNE CONTRO LA MAFIA
DALLA CRISI A UN NUOVO INIZIO Sabato 5 maggio presso la Casa dei Saveriani a Brescia si svolge il convegno di Missione Oggi sul tema “Capaci di futuro? Dalla crisi un nuovo inizio”. A partire dalla crisi economico-finanziaria che attraversa l’Europa, il convegno intende esplorare la possibilità di un’economia centrata sull’imitazione del go’el – parola biblica per dire liberazione e riscatto di chi è escluso ed emarginato –, e non sullo schema liberista, che assicura che solo creando più ricchezza si può distribuire ai poveri. Intervengono Tonino Perna, economista e sociologo; Francesco Occhetta sj, redattore de “La Civiltà Cattolica”; Annarosa Buttarelli, filosofa; Claudio Monge, superiore della Comunità domenicana di Istanbul); Fabrizio Tosolini, missionario saveriano a Taiwan. Conclusioni a due voci: Lydia Keklikian (commissione pastorale migranti della diocesi di Brescia) e Paolo Boschini (docente alla Facoltà Teologica di Bolognì). Per informazioni: 030.3772780, www. saverianibrescia.com/missione_oggi.php.
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Incontro con Piera Aiello e Margherita Asta
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