1 Corso di laurea in Scienze dell Educazione A. A / 2014 Istituzioni di Linguistica (M-Z) Dr. Giorgio Francesco Arcodia 1. Il linguaggio nel ritardo m...
Corso di laurea in Scienze dell’Educazione A. A. 2013 / 2014 Istituzioni di Linguistica (M-Z) Dr. Giorgio Francesco Arcodia ([email protected]) 1. Il linguaggio nel ritardo mentale Ritardo mentale: quoziente intellettivo complessivo (QI) inferiore a 70 ritardo lieve: 50-60 ritardo moderato: 50-35 ritardo severo: 35-20 ritardo profondo: < 20 →
cause: sindromi genetiche (Down, sindrome della X-fragile, etc.); in molti casi, la causa del ritardo è ignota
Classificazione dei componenti del linguaggio secondo Rondal: (1) fonologia (2) lessico (3) semantica (4) morfosintassi (5) pragmatica (6) analisi del discorso →
lessico, semantica, pragmatica e analisi del discorso sarebbero strettamente collegati allo sviluppo intellettivo; fonologia e morfosintassi sarebbero invece largamente indipendenti dall’intelligenza
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quindi, nei bambini con ritardo mentale, sono prevedibili difficoltà in lessico etc., piuttosto che in fonologia e sintassi
(Cf. Rondal, J., Edwards, S., 1997, Language in Mental Retardation, London, Whurr)
Sindrome di Down: ritardo frequentemente associato a disturbi del linguaggio; sviluppo articolatorio e sintattico deficitario Sindrome della X-fragile: ritardo accompagnato da ritardi nello sviluppo articolatorio e sintattico, ma di entità minore rispetto alla sindrome di Down Sindrome di Williams: sviluppo fonologico e sintattico buono (in rapporto all’età mentale); maggiore compromissione della competenza pragmatica →
tutti i bambini con ritardo mentale hanno qualche ritardo nello sviluppo del linguaggio; per alcune sindromi (es. sindrome di Cornelia de Lange, ‘Cri-du-Chat’*), il deficit lingustico è più significativo del deficit intellettivo
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importanza del trattamento logopedico; l’opportunità della prosecuzione della terapia va valutata confrontando lo sviluppo intellettivo e quello linguistico (se > 1 deviazioni standard di differenza)
* Sindrome caratterizzata da uno sviluppo anomalo della laringe, che causa una sorta di ‘grido del gatto’, oltre a numerosi altri sintomi e caratteristiche fisiche (http://learn.genetics.utah.edu/content/disorders/whataregd/cdc/)
2. Linguaggio e autismo “L’autismo è una grave malattia cronica che si manifesta durante i primi tre anni di vita e e che si caratterizza come un «isolamento» del bamino rispetto alle altre persone e al mondo esterno” (Aglioti, S.M., Fabbro, F. Neuropsicologia del linguaggio, Bologna, Il Mulino)
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disturbo della capacità di sviluppare contatto affettivo
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l’autismo causa gravi disturbi della comunicazione e del linguaggio
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il 70% dei bambini affetti da autismo ha anche un ritardo mentale; solo il 15% ha un quoziente intellettivo superiore a 100 (= QI medio dei bambini normodotati)
Principali sintomi dell’autismo: (1) “isolamento autistico”, incapacità di avere relazioni sociali normali; assenza di desiderio di relazione e comunicazione (2) fallimento nello sviluppo della comunicazione e del linguaggio (3) assenza di empatia, incapacità “di immaginare e di concepire gli stati mentali delle altre persone” (4) ripetizione ossessiva di ‘rituali’ →
sindrome di Kanner (comunicazione verbale molto limitata, molto spesso ritardo mentale) vs. sindrome di Asperger (intelligenza normale, fonologia e morfosintassi ben sviluppate)
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nei soggetti affetti da sindrome di Asperger, gravi limitazioni delle competenze pragmatiche: incapacità di comprendere battute, metafore, doppi sensi; mancato rispetto delle ‘regole’ della comunicazione; incapacità di usare il linguaggio in modo appropriato
Paesi occidentali: circa 1 bambino su 1.000 presenta sordità (o ipoacusia) grave (71-91 decibel) o profonda (> 91 decibel) →
cause: ereditarietà (50% circa dei casi), malattie infantili (meningite, encefalite, traumi) e complicazioni di gravidanza o parto (rosolia, toxoplasmosi, prematurità, farmaci, etc.)
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misurazione dell’udito mediante audiogramma tonale; classificazione sulla base della gravità (= la soglia di udito) e del “livello di compromissione delle strutture fisiologiche uditive”
(1) Sordità trasmissive: danno delle strutture dell’orecchio medio (otite, traumi), spesso sordità reversibili (2) Sordità neurosensoriale: lesioni dell’orecchio interno o del nervo uditivo (3) Sordità miste: interessamento sia dell’orecchio medio che dell’orecchio interno (4) Sordità centrali: più rare, dovute a malattie vascolari (emorragie), tumori, epilessia (Aglioti, S.M., Fabbro, F. Neuropsicologia del linguaggio, Bologna, Il Mulino)
Aristotele: i sordi non parlano perché non hanno mai udito le parole e non sono quindi in grado di riprodurle, non perché hanno impedimenti articolatori →
mentre la sordità profonda nell’adulto ha conseguenze meno gravi sull’uso del linguaggio e sulla comunicazione, la mancanza di esposizione al linguaggio nei primi anni di vita (cf. l’ipotesi del ‘periodo critico’) può avere conseguenze importanti
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cf. il caso di E.M. (lezione 27); inoltre, anche l’esposizione alla lingua dei segni dovrebbe avvenire prima dei 12 anni, o meglio prima dei 4-6 anni, per raggiungere una competenza ‘nativa’
Aspetti riabilitativi Dagli anni ‘60 ai nostri giorni Fine degli anni ‘60: ‘reazione’ contro gli istituti speciali, primi esperimenti di inserimento di bambini non udenti in classi speciali all’interno delle scuole ordinarie →
maggiori contatti con bambini udenti, maggiore vicinanza con le famiglie di origine, programmi scolastici più simili per tutti i bambini
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importanza dell’istruzione di base ‘ordinaria’ per il proseguimento del percorso scolastico
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segni ufficialmente banditi, ma usati ‘clandestinamente’ dagli alunni fuori dall’aula e anche da alcuni insegnanti
Legge 517/1977: integrazione dei bambini sordi nelle classi scolastiche ordinarie, con la presenza di insegnanti di sostegno (numero di alunni limitato per classe) →
forte limitazione dei contatti con altri bambini sordi, riduzione delle possibilità di apprendimento ed utilizzo di lingue dei segni
Bambini sordi figli di genitori udenti (90-95%): tendenza dei centri diagnostici ad indirizzare le famiglie verso gli impianti, scarsa attenzione per la dimensione del counseling e per la comunicazione segnata →
possibilità di escludere il bambino dall’apprendimento della lingua dei segni
Poche famiglie entrano in contatto con la comunità sorda e con la comunicazione segnata →
richiesta di educatori sordi in contesto domestico e scolastico, interesse dei familiari per l’apprendimento della LIS
Riabilitazione dei bambini che hanno protesi o impianto con il metodo bimodale, apprendimento sia della LIS che dell’italiano →
metodo bimodale (dagli anni ‘80): utilizzo dell’italiano parlato accompagnato da segni per le parole ‘piene’ (Italiano Segnato, ≠ LIS) e dalla dattilologia per le parole ‘vuote’ e i morfemi grammaticali legati (Italiano Segnato Esatto, ISE); modello dominante nell’educazione bilingue
Legge 104/1992: ogni famiglia può richiedere un assistente segnante in LIS in contesto scolastico e prescolastico (educatori sordi o assistenti alla comunicazione udenti) →
nell’istruzione universitaria, i singoli studenti scelgono se richiedere un interprete di LIS
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solo alcune scuole in Italia adottano programmaticamente un modello bilingue italiano-LIS che interessi sia gli alunni sordi che gli udenti
Istituto di via Nomentana (Roma): scuola per sordi aperta anche agli udenti Scuola di Cossato (BI): istituto ordinario aperto anche ai sordi →
enfasi sulla separazione dei codici: gli insegnanti udenti usano l’italiano, gli insegnanti sordi la LIS; bilanciamento dell’input complessivo nei due sistemi
Contatto precoce dei bambini sordi con l’italiano scritto tramite la lingua dei segni e la dattilologia (lettura di favole e racconti) già in età prescolare (3-7 anni); i bambini non udenti possono migliorare l’italiano parlato tramite l’apprendimento precoce della lingua scritta (Russo Cardona, T., Volterra, V., 2007, Le lingue dei segni. Storia e semiotica. Roma, Carocci)
4. Disturbi di lettura, scrittura e calcolo “Leggere, scrivere e far di conto, pur essendo fondamentali nelle società moderne, sono molto recenti sul piano filogenetico [= nello sviluppo dell’uomo]. Si tratta di abilità complesse per la cui messa in atto sono necessari vari tipi di funzioni cognitive solo in parte legate al linguaggio. È infatti evidente che l’alterazione della percezione e cognizione spaziale possono comportare problemi in ciascuna delle tre funzioni considerate.” 4.1 Disturbi della lettura. La dislessia nell’adulto Lettura come “traduzione di un codice visivo (ortografico) in uno uditivo (fonologico) che diventa semanticamente significante se corrisponde a una parola nota” (Aglioti, S.M., Fabbro, F. Neuropsicologia del linguaggio, Bologna, Il Mulino)
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associazione di suoni e segni: noi ‘sappiamo’ che treslipa, parola non esistente, ‘si legge’ [tre’zlipa], anche se non l’abbiamo mai sentita prima
Via semanticolessicale (relazione diretta tra sistema semantico, accesso ortografico e uscita fonologica)
Via non lessicale (regole di conversione grafemafonema)
(adattato da: www.psicologoedolo.altervista.org/joomla/dsa/107-prevenzione-primaria-perche.html; cit. da Sartori, G., 1984, La lettura. Processi normali e dislessia, Bologna, Il Mulino; cf. Coltheart, M., 1978, Lexical access in simple reading tasks, in G., Underwood (ed.), Strategies of information processing, London, Academic Press)
Lettura di parole familiari: via semantico-lessicale Es.: C A S A →
analizzata in un sistema di rappresentazione astratta delle lettere, inviata tramite l’accesso ortografico (lessico visivo/ortografico di input) al sistema semantico, dove la parola è rappresentata; si passa al lessico fonologico di uscita, dove si organizza l’articolazione della parola
Lettura di parole nuove, non familiari e di non-parole (treslipa): conversione grafemafonema (procedura sublessicale) →
N.B.: non tutti i sistemi hanno lo stesso grado di corrispondenza grafemafonema; ortografie trasparenti/superficiali (es. italiano) vs. ortografie opache/profonde (francese, inglese)
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cf. il fenomeno della spelling pronunciation: lat. auctore(m) > fr. ant. au(c)tor (auteur) > ingl. medio autor > ingl. author pronuncia moderna con
un lettore ‘abile’ utilizza entrambe le vie, a seconda del compito di lettura; possiamo individuare tre tipi di dislessia, in base alle possibilità di accesso:
(1) Dislessia profonda: errori semantici (albero per arbusto, malato per infermo), nomi letti più facilmente dei verbi; errori visivi (cane per pane), derivazionali (divertimento per divertire); incapacità di leggere le non-parole →
alterazione di entrambe le vie di lettura
(2) Dislessia superficiale: compromissione solo della via lessicale-semantica; capacità di leggere le parole con ortografia regolare e le non-parole → difficoltà maggiori nelle lingue dall’ortografia opaca, soprattutto nella distinzione degli omofoni non omografi (ingl. nun vs. none); nelle lingue come l’italiano, gli omofoni sono spessissimo anche omografi (ma lago vs. l’ago), quindi è difficile diagnosticare questo tipo di dislessia (ma attenzione agli accenti: mandòrla per màndorla, sabàto per sàbato) (3) Dislessia fonologica: deficit specifico della via non lessicale, piuttosto rara; difficoltà con le non-parole e con le parole sconosciute
I deficit di lettura derivano da disturbi di vari sistemi neurali (soprattutto, quelli legati all’elaborazione fonologica); deficit del sistema parieto-occipitale e occipito-temporale nell’emisfero sinistro (→ conseguente iperattivazione del giro frontale inferiore e del lobo temporo-occipitale destro) → caso estremo → alessia: “[f]orma di agnosia visiva, che consiste nell’incapacità di riconoscere visivamente le parole scritte” (Dizionario di Medicina Treccani, 2010)
(1) alessia pura: “disconnessione delle vie visive-verbali dalla corteccia associativa occipitale al giro angolare sinistro”; incapacità totale di identificare le lettere e di leggere ad alta voce; in alcuni casi, è conservata la capacità di riconoscere singole lettere (e leggere alcune parole con difficoltà) →
conservata la scrittura; tuttavia, il paziente non può leggere quello che scrive
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conosciuta anche come alessia occipitale
(Aglioti, S.M., Fabbro, F. Neuropsicologia del linguaggio, Bologna, Il Mulino)
(2) alessia parieto-temporale: disturbi conseguenti a lesioni parieto-temporali (es. da piccole embolie del giro angolare); grave dislessia (lettere, parole e numeri), comprensione della lettura molto ridotta o assente →
difficoltà anche nella scrittura; il paziente scrive singole lettere, ma difficilmente le usa per formale parole in modo corretto
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è possibile che la lesione (del giro angolare) danneggi la capacità di formare associazioni tra modalità sensoriali
(3) alessia frontale: disturbo tipicamente associato all’afasia di Broca; incapacità di denominare singole lettere (alessia per lettere), ma i pazienti riescono a capire parole singole; la comprensione e la lettura ad alta voce sono migliori per i nomi rispetto alle altre classi lessicali, soprattutto rispetto alle parole grammaticali (parole funzione)
4.2 Disturbi della lettura. La dislessia evolutiva Dislessia evolutiva: “disturbo dell’apprendimento della lettura che colpisce bambini con intelligenza normale, e frequentemente si associa a difficoltà nella scrittura (disgrafia)” →
standard diagnostici: bambini due o più deviazioni standard sotto la media nella correttezza, rapidità e comprensione della lettura; oppure, ritardo nelle abilità di lettura superiore a due anni scolastici rispetto alla classe frequentata (→ criterio non utilizzabile prima della terza classe elementare)
(Aglioti, S.M., Fabbro, F. Neuropsicologia del linguaggio, Bologna, Il Mulino; grassetti miei)
Classificazione della dislessia secondo Bakker: (1) Dislessia linguistica (L): lettura a velocità normale, ma con molti errori di omissione/sostituzione di lettere/parole →
circa il 30% dei casi di dislessia; probabilmente connessa con uno sviluppo deficitario dell’emisfero cerebrale sinistro (compromissione dell’analisi linguistica alla lettura)
(2) Dislessia percettiva (P): lettura molto lenta, ma con pochi errori →
circa il 30% dei casi di dislessia; probabilmente connessa con il funzionamento anomalo dell’emisfero cerebrale destro (compromissione dell’analisi visiva di lettere e parole)
(3) Dislessia mista (M): lettura lenta, numerosi errori di omissione/sostituzione di lettere/parole; forma intermedia tra dislessia L e P →
circa il 40% dei casi di dislessia; probabilmente connessa con una compromissione funzionale di entrambi gli emisferi cerebrali
(Bakker, D., 1990, Neuropsychological Treatment of Dyslexia, Oxford, OUP)
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la diagnosi permette la terapia selettiva: stimolazione con parole di difficoltà crescente dell’emisfero destro o sinistro
(→ si veda il programma Flash Word; demo scaricabile da http://scientifica.vanninieditrice.it/tecnoscuola_dislessia_apprendimento_software_disles sia.asp)
Le cause della dislessia non sono ancora comprese a fondo; il disturbo è associato a deficit nella memoria di lavoro (a breve termine), difficoltà nella segmentazione fonemica delle parole, difficoltà nell’accesso lessicale (reperimento delle parole) →
disturbo più comune nei maschi rispetto alle femmine
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molti bambini con dislessia hanno anche uno o più disturbi del linguaggio (riscontrabile con i test standardizzati); è possibile che, nella maggior parte dei casi, la dislessia sia un sintomo di un disturbo specifico pregresso
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i bambini dislessici hanno in media un quoziente intellettivo più alto rispetto ai bambini con disturbi specifici del linguaggio
4.3 I disturbi della scrittura. La disgrafia “La scrittura è un’abilità complessa, che non solo richiede la capacità di organizzare in sequenza una serie di movimenti fini ma anche l’interazione tra controllo motorio, integrazione visuo-spaziale e cinestetica e il sistema neurofunzionale del linguaggio” →
abilità che possono essere compromesse in persone con lesioni cerebrali
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possibile, anche se rara, la disgrafia pura, non motivata da deficit di controllo motorio, del linguaggio
Classificazione della disgrafia parallela a quella della dislessia (cf. modello della lettura a due vie): (1) Disgrafia profonda: difficoltà nello scrivere le non-parole, episodi di paragrafia semantica (sostituzione di parole con altre parole nella stessa area semantica); difficoltà più notevoli nello scrivere parole astratte (‘effetto concretezza’) e nello scrivere i verbi e le parole funzione rispetto ai nomi (‘effetto classe grammaticale’) → alterazione di entrambe le vie di scrittura(/lettura)
(2) Disgrafia superficiale: compromissione solo della via lessicale-semantica; capacità di scrivere le parole con ortografia regolare e le non-parole relativamente ben conservata (conversione grafema-fonema) →
nelle lingue ad ortografia trasparente, come l’italiano, è difficile dimostrare questa forma di disgrafia (è quasi sempre possibile convertire i suoni in grafemi seguendo la via sublessicale)
(3) Disgrafia fonologica: deficit specifico delle procedure non lessicali di scrittura; difficoltà con le non-parole e con le parole sconosciute, mentre le parole conosciute possono essere scritte, quando queste vengono comprese → necessario attivare la parola nel lessico ortografico di uscita →
forme di disgrafia possono essere associate o meno ad afasie; nei test standardizzati del linguaggio sono quindi necessarie anche prove di scrittura (scrittura automatica, capacità di recuperare la forma scritta delle parole, capacità di scrivere sotto dettatura)
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il tipo di deficit nella scrittura del paziente afasico tendono a riflettere quelli dell’eloquio spontaneo
Disgrafia nei disturbi neuropsicologici (1) Disgrafia spaziale: “largo margine vuoto a sinistra del foglio, (...) reiterazione di tutti gli elementi nello scritto, (...) deviazione della scrittura che non mantiene il corretto allineamento orizzontale” →
sintassi, significato e selezione lessicale sono nella norma
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condizione conseguente a lesioni dell’emisfero destro che causano deficit visuo-spaziali
(2) Disgrafia disprassica: “perdita di linearità e produzione automatica di elementi scritti” (inversione di lettere, perseverazioni) →
disturbo associato a lesioni nell’emisfero cerebrale sinistro
(3) Disgrafia da lesione del corpo calloso: “incapacità di scrivere sotto dettatura con la mano non dominante” →
probabilmente causata dalla disconnessione del controllo motorio della mano (sinistra) dai centri del linguaggio
(Aglioti, S.M., Fabbro, F. Neuropsicologia del linguaggio, Bologna, Il Mulino; corsivi miei)
4.4 I disturbi del calcolo Utilizzo di due (sotto-)sistemi simbolici nelle rappresentazioni numeriche: (1) logografico (1,2,3...) (2) fonografico (denominazione dei numeri: uno, due, tre...) →
comprensione vs. produzione dei numeri: codice verbale e numerico analisi lessicale e sintattica Es.: 524 / cinquecentoventiquattro
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analisi lessicale (comprensione/ produzione dei singoli elementi)
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analisi sintattica (elaborazione della relazione tra gli elementi)
Capacità fondamentali del sistema di calcolo: (1) comprensione del numero (2) produzione del numero (3) elaborazione delle procedure matematiche →
‘fatti aritmetici’ (es. tabelline) recuperati indipendentemente dalle procedure di calcolo
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“le abilità aritmetiche sono associate con e dipendono da abilità linguistiche, mnestiche, visuo-percettive e visuo-spaziali”
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le abilità di calcolo variano considerevolmente nella popolazione; le persone prive di istruzione formale e le donne hanno risultati più bassi
(Aglioti, S.M., Fabbro, F. Neuropsicologia del linguaggio, Bologna, Il Mulino; cf. Ardila, A., Rosselli, M., 2002, Acalculia and dyscalculia, “Neuropsychology Review”, 12.4)
Discalculia evolutiva: mancata acquisizione delle abilità necessarie per il calcolo Acalculia (discalculia acquisita): disturbi del calcolo conseguenti a lesioni cerebrali →
acalculia primaria (pura): perdita dei concetti numerici, incapacità di comprendere ed eseguire operazioni aritmetiche; spesso connessa con lesioni del lobo parietale sinistro/giro angolare vs. acalculia secondaria: difetti del calcolo connessi con deficit cognitivi (linguistici, mnestici, dell’attenzione)
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classificazione di Hécaen, Angelergues e Houillier: (1) anaritmetia: acalculia primaria, difficoltà nelle operazioni aritmetiche, incapacità di capire le quantità e di usare le regole sintattiche della matematica, deficit nella comprensione dei segni numerici; disturbo presente in modalità scritta e orale →
possibile la conservazione delle operazioni automatiche (tabelline)
(2) alessia/agrafia per i numeri: incapacità di leggere/scrivere numeri (presentati nell’emicampo sinistro), conservata la scrittura spontanea e sotto dettatura; calcolo mentale meno compromesso →
sindrome associata a lesioni della corteccia visiva sinistra / giro angolare sinistro o dello splenio del corpo calloso
(3) acalculia spaziale: errori nell’allineamento dei numeri; difficoltà nell’elaborazione della metà sinistra dello stimolo (→ omissione di cifre sulla sinistra) →
disturbo derivante da un deficit di analisi visuo-spaziale, associato a lesioni dell’emisfero destro (regione parietale)
(Cf. Hécaen, H., Angelergues, R., Houllier, S., 1961, The clinical varieties of acalculias during retrorolandic lesions: Statistical approach to the problem, “Revue Neurologique”, 105)
acalculia frontale: difficoltà nell’organizzare operazioni sequenziali e nei problemi numerici complessi (spesso connessi con difficoltà attenzionali, alterazioni di concetti matematici complessi); ma possono essere conservate le abilità aritmetiche elementari
acalculia afasica: disturbi di calcolo connessi con sindromi afasiche →
disturbi normalmente connessi con il tipo di deficit linguistico (sintattico vs. lessicale)
Es.: pazienti con afasia di Broca → errori sintattici (problemi con la struttura dei numeri complessi) pazienti con afasia di Wernicke → errori lessicali (sostituzione di singoli numeri) →
possibile mediazione verbale in certe operazioni matematiche (es. moltiplicazioni); tuttavia, è anche possibile che le difficoltà di calcolo siano connesse con altri disturbi cognitivi