Rilevazioni audiovisive
TRASCRIZIONE N. 7 MOEBIUS ORE 20:00 DATA 31/07/2011
FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): La Fondazione Sigma Tau con una serie di appuntamenti di seminari, in particolare concentrati sul Festival della Scienza di Spoleto, sta proponendo, sta suggerendo vari modi nuovi di guardare alla medicina e quindi ai problemi di salute, benessere, terapia. Barbara Galavotti, ciao! BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Ciao Federico, buonasera a tutti. FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): Tu hai seguito il secondo appuntamento, del primo avevamo già parlato, questo dedicato – come dire – alla geografia della salute. C’è stato un secondo appuntamento, il tema quale era? BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Era di medicina del futuro, sostanzialmente. Si parlava di medicina personalizzata. Lo sentiamo dire da anni, la medicina del futuro sarà personalizzata. In realtà un obiettivo difficilissimo, perché cosa vuol dire? Vuol dire tener conto, nel somministrare i farmaci per farci star meglio, del fatto che noi siamo geneticamente tutti diversi gli uni dagli altri, tranne ovviamente i gemelli identici, e del fatto che ciascuno di noi è influenzato in maniera diversa da quell’insieme di ambienti con cui viene in contatto nel percorso di tutta la vita. FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): Certo.
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BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Ecco, questo vuol dire che ciascuno di noi reagisce in modo diverso non solo alla malattie, ma anche ai farmaci; quindi la sfida da affrontare per trovare il farmaco migliore, il farmaco giusto per ognuno di noi, è enorme. E quindi ci si chiede: ma nel frattempo non si potrebbe, per così dire, prendere una scorciatoia e trovare una via di mezzo? Non il farmaco giusto per ciascuno di noi, ma almeno quello giusto per una popolazione, per esempio, non so, per tutti i siciliani e gli italiani che sono molto diversi. FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): Quindi nei gruppi etnici che naturalmente hanno dalla loro genetica, portano nella loro genetica della specificità derivanti dal luogo e dalla loro storia, tu dici. BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Sì, in maniera molto brutale si potrebbe dire: ma, insomma, esistono le razze e di conseguenza ha senso differenziare la medicina in modo da adattarla a ciascuna di esse? FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): E già, certo. BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Ecco, ne ha parlato il genetista Guido Barbujani che è qui con noi, buonasera! GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Buonasera! FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): Buonasera Barbujani! BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Prima di tutto la
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premessa: è vero che è una cosa, una medicina che può far bene a me può addirittura uccidere qualcun altro? GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Beh, uccidere forse sì, forse no, non sono esperto di questo. Certo che capita tutti i giorni che alcune sostanze a qualcuno facciano bene e ad altri glia facciano male. C’è chi mangia tantissimo e non ingrassa e chi non può permettersi neanche un gelato o di sale. C’è chi deve tenere sotto controllo il sale e chi non ne ha bisogno. E poi naturalmente c’è chi prende l’aspirina e gli passa il mal di testa e chi invece non la può prendere. E questo dipende dal fatto che siamo tutti geneticamente diversi e qui forse deluderò qualcuno, ma non è vero che i siciliani tra di loro siano più simili di quanto non siano degli altri. E oggi stiamo cominciando a capire come queste differenze hanno conseguenze sulla nostra salute. BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Ma creare un farmaco personalizzato, si diceva anche a Spoleto, è un problema estremamente complesso. Fra l’altro, insomma, bisogna tener conto di fattori ambientali come la dieta, ma anche l’attività fisica che ciascuno di noi fa. GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Sì, è vero, è vero. Ma non c’è però bisogno di conoscere tutto alla perfezione e visto che in passato non si conosceva niente e si riusciva comunque a
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curare qualcuno. Dicevo prima, appunto, che lo stesso farmaco nelle stesse dosi ad alcuni fa bene, ad altri non fa niente e ancora ad altri fa male. Ecco, medicina personalizzata significa che fra qualche anno (io spero pochi) il nostro medico di base saprà in anticipo, perché avrà studiato il nostro Dna e quindi potrà prescriverci con sicurezza farmaci che per ciascuno di noi, scartando quelli inutili. FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): Ecco Barbujani, però, questa differenza tra fa bene, fa niente e fa male di che entità è? Cioè il 98% fa bene e un 2% si distribuisce o... GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): No, no... D’altra parte le case farmaceutiche lo sanno da tempo, sanno che c’è sempre un 30, 40% di reazioni negative ai farmaci o di non funzionamento dei farmaci. E’ chi fino ad oggi non è stato tanto facile parlarne perché non si conoscevano bene le basi biologiche di questi meccanismi. Ma oggi stiamo cominciando a conoscerle, anche se sono – come si diceva prima – molto complicate. BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): E il 34% vuol dire uno su tre, almeno. FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): Eh sì, sono veramente tanti. Ecco, però Barbara, noi inizialmente buttavamo lì questa cosa e cioè se non si riesce a lavorare da subito sul singolo individuo, per esempio pensare a gruppi etnici, ma
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mi pare che Barbujani ci ha un po’ smentito. In realtà le etnie sono assolutamente – come si può dire – dei fili rossi genetici che mettono insieme persone sparse sul pianeta. E’ un po’ così Barbujani, no? GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): No, le etnie sono fili rossi culturali, non genetici. E noi sappiamo da 50 anni ormai che raggruppare le persone in base all’aspetto fisico significa commettere un sacco di errori e ci sono degli esempi molto chiari e forse il più bello di tutti viene dallo studio di genomi completi. C’era lo studio di tutto il patrimonio di certe persone che è stato cominciato con (...) Hanter e James Watson, che sono due famosi biologi, e li hanno confrontati con un coreano che si chiama Kim come, tra l’altro, quasi tutti gli altri coreani, e si è visto che il livello del genoma completo tra questi tre quello intermedio è il coreano, cioè quello con gli occhi a mandorla è (...) intermedio rispetto agli altri due. Se facciamo la medicina razziale i due individui più diversi, cioè Watson ed Hanter, andrebbero trattati allo stesso modo e il coreano diversamente. Quindi è chiarissimo che chi parla di razze in questo momento parla di politica, parla di sociologia, ma non parla di biologia. FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): E dice sciocchezze. BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Geneticamente lei sta dicendo che lei, io e Federico ci potremmo assomigliare
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molto meno di quanto ciascuno di noi assomiglia invece ad un africano ... FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): ... del Kenya. GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Potremmo, non è provabilissimo, non è provabilissimo. E’ chiaro che mediamente i nostri vicini di casa sono più simili a noi dei kenioti o dei giapponesi. Però c’è qualche giapponese che è più simile a noi dei nostri vicini di casa. Cioè la cosa importante – secondo me – è che nei geni che davvero contano per le malattie è molto più simile un italiano malato e un keniota malato di quanto non siano un italiano sano e un italiano malato. E siccome stiamo cercando di combattere le malattie è di questo che dovremmo tener conto. BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Ma negli Stati Uniti, per esempio, per anni c’è stato un forte movimento che mirava a dare delle cure diverse agli afro americani nell’ipotesi che fossero più sensibili dei caucasici a certe malattie. GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Sì, sì, è vero. Se devo esprimermi con chiarezza io penso che sia una cretinata. In realtà tutto questo movimento si concentra intorno ad un unico farmaco che è stato brevettato e che è il cosiddetto Bivil, farmaco per l’ipertensione degli afro americani. E qui però dobbiamo tener conto che in America non c’è un sistema sanitario nazionale. I neri sono poveri, vanno dal
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medico solo quando è indispensabile, si comprano i farmaci solo quando è indispensabile. E nelle condizioni sanitarie in cui si vive nei ghetti neri che sono paragonabili, per me che ci sono stato, con quelli di certe parti dell’Africa, qualunque farmaco, anche quelli deboli, è meglio di niente. Invece i ricchi, che sono prevalentemente bianchi, si permettono un trattamento medico decente e per loro ci sono dei farmaci veramente buoni. Il Bivis è questo, insomma. Noi stiamo parlando di un paese in cui la segregazione razziale non è mai davvero finita. FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): Ma, mi scusi, allora in conclusione, quando alcuni medici ci dicono che lo stesso farmaco dato a due persone che appartengono a ceti etnici diversi si vede che reagisce in modo differente, crea reazioni differenti, lì lei dice se andiamo all’origine non c’è un problema farmacologico, ma c’è un problema sociale. GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): No. Io sto dicendo semplicemente che (...) medici avessero la cura di andare a confrontare tra di loro persone dello stesso paese, me e lei per esempio, troverebbero differenze molto più grandi e così le trovano tra le medie dei bianchi e le medie dei neri. Insomma, pigrizia mentale che ci induce ancora a ragionare in termini di razza, ma dal punto di vista della biologia evoluzionistica sono 50 anni che non si ragiona più così perché abbiamo capito che queste razze sono costruzioni sociali, non biologiche.
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FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): E questo non è ancora – ribatto – con sufficiente peso all’interno dei pensiero biomedico in generale, questo è il punto. GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Io direi di sì, direi di sì. BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Invece allargandoci al pensiero generale, perché un’altra forma di razzismo molto comune è quella però culturale, si dice, va be’, okay, siamo geneticamente tutti abbastanza simili da non poter differenziare il (...), abbastanza diverse da non poter differenziare le razze, però differenziamo in cultura, cultura superiore e cultura inferiore. Ora però come i geni si devono adattare all’ambiente variabile anche le culture si devono adattare all’ambiente variabile e quindi, diciamo, una cultura che possa essere solamente raffinata, ma non sa inglobare le nuove... i nuovi stimoli, diventa uno svantaggio. Lei che ne pensa? GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Guardi, io sono come lei, sono uno che ha letto delle cose, ma non è il mio campo. C’è un libro, bello, di Marco Aime, pubblicato da Einaudi, che si chiama “Eccessi di culture” e che tratta molto bene questi temi. Io direi che anche qui, insomma, sono molti anni che chi si occupa di queste cose ha smesso di fare una gerarchia fra culture superiori e culture inferiori e io sto cercando di capire le peculiarità di ciascuna cultura. Mi viene in mente forse una cosa che ha detto Amartya Sen, il premio
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Nobel dell’economia indiano, che dice che quando si confrontano le culture sulla base di un unico parametro è chiaro che si tira una linea tra quelli che, per esempio, si mettono il velo e quelli che non se lo mettono. Ma la cultura è molto più complicata, è fatta di migliaia di aspetti. Significa i film che ci piace vedere, la cucina che ci piace mangiare, come ci rapportiamo con i nostri amici, che idee abbiamo sulla politica, sullo sport, che squadra di calcio appoggiamo. Le culture sono molto complicate e metterle in fila una sull’altra è (...) difficile. BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Vale un po’ lo stesso che vale per i geni. GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Per i geni il discorso è un po’ diverso perché almeno per i geni riusciamo a sapere che cosa ho io e che cosa ha lei. Dei geni io direi che fino a qualche tempo fa, quando non si poteva fare di meglio, si diceva guardo in faccia una persona e cerco di dire cosa c’è nei suoi geni. Oggi possiamo direttamente guardare i geni e quindi non c’è più bisogno di farci delle idee approssimative sull’aspetto delle persone, sugli occhi a mandorla o sul colore della pelle. FEDERICO PEDROCCHI (CONDUTTORE): Grazie dottor Barbjani e buon lavoro! GUIDO BARBUJANI (GENETISTA): Barbara, alla prossima!
Grazie
e
arrivederci.
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Ciao
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BARBARA GALLAVOTTI (SPEAKER DEL SERVIZIO): Ciao Federico, buonasera a tutti.
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