PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER LE RIFORME ISTITUZIONALI
RICERCA COMPARATA IN MATERIA DI DIRITTO PUBBLICO E COSTITUZIONALE
PAESI EXTRA-EUROPEI USA Canada e Australia
La presente ricerca è stata realizzata dal Dipartimento di Scienze politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, aggiudicatario in seguito ad una procedura di gara in economia a cottimo fiduciario ai sensi dell’art. 125, commi 1 lett. b), 8, 9, 11, 12 e 14 del d.lgs. n. 163/2006 e ss.mm.ii.
INDICE
5. COUNTRY PROFILE USA
519
I) LE ISTITUZIONI NEL QUADRO COSTITUZIONALE
9
I.1) Il tipo di Stato
9
I.1.1) Il federalismo statunitense
9
I.1.2) L’evoluzione del federalismo legislativo
13
I.1.3) Il federalismo fiscale
21
I.1.4) Il procedimento di revisione costituzionale
23
I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali:
26
I.2.1) Una premessa indispensabile: la separazione dei poteri
26
I.2.2) Il potere esecutivo
27
I.2.2.1) Elezione e durata del mandato di presidente degli Stati Uniti
27
I.2.2.2) L’organizzazione dell’esecutivo federale
30
I.2.2.3) I poteri del Presidente degli Stati Uniti
32
I.2.2.4) L’impeachment
37
I.2.3) Il Congresso
39
I.2.3.1) La Camera dei Rappresentanti e la sua organizzazione interna
41
I.2.3.2) Il Senato
44
I.2.3.3) I gruppi parlamentari
45
I.2.4) Il procedimento legislativo
50
I.2.5) Il sistema delle fonti del diritto
54
I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di governo I.3.1) Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America I.3.1.2) Le elezioni primarie
55 55 57
I.3.2) Le elezioni per il Congresso (Senato e Camera dei Rappresentanti)
59
I.3.3) Il sistema elettorale per le elezioni sub-federali
64
II) LE ISTITUZIONI NELLA DINAMICA POLITICA
66
II.1) Il sistema dei partiti
66
II.2) Il sistema di governo
69
II.2.1) Le caratteristiche della forma di governo presidenziale
69
II.2.2) Il passaggio dal governo congressuale a quello presidenziale
71
II.2.3) Governo unificato e governo diviso
75
III) FOCUS TEMATICI
81
III.1) I meccanismi di raccordo tra amministrazione centrale e amministrazioni devolute
81
III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento
84
III.2.1) Status, riconoscimento, organizzazione e democrazia interna
84
III.2.2) La disciplina del finanziamento
86
III.3) La rappresentanza di genere
88
III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione
90
III.5) Modalità di accesso alla Corte Suprema ed eventuale ricorso delle minoranze parlamentari nell’ordinamento americano 93 III.6) La disciplina del contenzioso elettorale
95
III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico
98
IV) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
100
6. COUNTRY PROFILE CANADA
110
I) LE ISTITUZIONI NEL QUADRO COSTITUZIONALE
111
I.1) Il tipo di Stato
111
I.1.1) Ordinamento statale e natura degli enti territoriali
111
I.1.2) Ripartizione delle competenze legislative e amministrative
117
I.1.3) Il bicamemeralismo
118
I.1.4) Procedimento di revisione costituzionale e ruolo degli Stati
119
I.1.5) Risoluzione giurisdizionale delle controversie
122
I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali I.2.1) Il Parlamento
123 123
I.2.1.1) La Camera dei Comuni
123
I.2.1.2) L’organizzazione dei partiti parlamentari
137
I.2.1.3) Il Senato
142
I.2.1.4) Il procedimento legislativo
152
1.2.1.5) Il sistema delle fonti del diritto
167
I.2.2) Il rapporto fiduciario
170
I.2.3) Il Governo
174
I.2.4) Il Capo dello Stato
177
I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di Governo
179
I.3.1) Il sistema elettorale per l’elezione della Camera dei Comuni
179
1.3.2) Il sistema elettorale per le elezioni sub-federali
185
II) LE ISTITUZIONI NELLA DINAMICA POLITICA
186
II.1) Il sistema dei partiti
186
II.2) Il sistema di governo
191
II.2.1) Il lungo processo costituente
191
II.2.2) Multiculturalismo e pluralità di diritti
197
II.2.3) Il sistema partitico e il ruolo del Premier
199
III) FOCUS TEMATICI
205
III.1) I meccanismi di raccordo tra amministrazione centrale ed enti federati
205
III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento
208
III.3) La rappresentanza di genere
210
III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione
217
III.5) Modalità di accesso alla Corte suprema
219
III.6) La disciplina del contenzioso elettorale
221
III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico
223
IV) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
225
5.3 COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
243
I) LE ISTITUZIONI NEL QUADRO COSTITUZIONALE
244
I.1) Il tipo di Stato
244
I.1.1) Il sistema federale del Commonwealth of Australia
244
I.1.2) Il bicameralismo e l’inadeguata rappresentanza delle unità territoriali nel Senato
247
I.1.3) Il riparto delle sfere di competenza
251
I.1.4) Il federalismo fiscale
255
I.1.5) La revisione costituzionale
258
I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali I.2.1) Il Parlamento
261 261
I.2.1.2) Disaccordo tra le Camere e double dissolution
270
I.2.1.3) I partiti parlamentari
278
I.2.2) Il Governo I.2.2.1) Il rapporto fiduciario
280 287
I.2.3) Il ruolo della Corona e le funzioni del Governatore
290
I.2.4) Il sistema delle fonti del diritto
292
I.2.4.1) Il procedimento legislativo
295
I.2.4.2) La legislazione delegata
303
I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di governo
305
I.3.1) Il sistema elettorale per la Camera dei Rappresentanti
305
I.3.2) Il sistema elettorale per il Senato
306
I.3.3) Il sistema elettorale per le elezioni sub-federali
307
II) LE ISTITUZIONI NELLA DINAMICA POLITICA
309
II.1) Il sistema dei partiti
309
II.2) Il sistema di governo
319
III) FOCUS TEMATICI
326
III.1) I meccanismi di raccordo tra lo stato e gli enti federati
326
III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento
329
III.2.1) Status, riconoscimento, organizzazione e democrazia interna
329
III.2.2) La disciplina del finanziamento
330
III.3) La rappresentanza di genere
331
III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione
336
III.5) Modalità di accesso alla Corte Suprema australiana
337
III.6) La disciplina del contenzioso elettorale
339
III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico
341
IV) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
343
5. COUNTRY PROFILE USA
SOMMARIO: I) LE ISTITUZIONI NEL QUADRO COSTITUZIONALE: I.1) Il tipo di Stato: I.1.1) Il federalismo statunitense; I.1.2) L’evoluzione del federalismo legislativo; I.1.3) Il federalismo fiscale; I.1.4) Il procedimento di revisione costituzionale. I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali: I.2.1) Una premessa indispensabile: la separazione dei poteri; I.2.2) Il potere esecutivo: I.2.2.1) Elezione e durata del mandato di presidente degli Stati Uniti; I.2.2.2) L’organizzazione dell’esecutivo federale; I.2.2.3) I poteri del Presidente degli Stati Uniti; I.2.2.4) L’impeachment. I.2.3) Il Congresso: I.2.3.1) La Camera dei rappresentanti e la sua organizzazione interna; I.2.3.2) Il Senato; I.2.3.3) I gruppi parlamentari; I.2.4) Il procedimento legislativo; I.2.5) Il sistema delle fonti del diritto. I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di governo: I.3.1) Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America; I.3.1.2) Le elezioni primarie; I.3.2) Le elezioni per il Congresso (Senato e Camera dei Rappresentanti); I.3.3) Il sistema elettorale per le elezioni sub-federali. II) LE ISTITUZIONI NELLA DINAMICA POLITICA: II.1) Il sistema dei partiti; II.2) Il sistema di governo: II.2.1) Le caratteristiche della forma di governo presidenziale; II.2.2) Il passaggio dal governo congressuale a quello presidenziale; II.2.3) Governo unificato e governo diviso.III) FOCUS TEMATICI: III.1) I meccanismi di raccordo tra Stato e amministrazioni devolute III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento: III.2.1) Status, riconoscimento, organizzazione e democrazia interna; III.2.2) La disciplina del finanziamento. III.3) La rappresentanza di genere. III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione. III.5) Modalità di accesso alla Corte Suprema ed eventuale ricorso delle minoranze parlamentari nell’ordinamento americano III.6) La disciplina del contenzioso elettorale. III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico. IV) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI.
5. COUNTRY PROFILE USA
I) Le istituzioni nel quadro costituzionale
I.1) Il tipo di Stato
I.1.1) Il federalismo statunitense La Costituzione degli Stati Uniti, il cui testo è stato approvato dalla Convenzione di Filadelfia il 17 settembre del 1789, ha dato vita al primo modello compiuto di stato federale. La Convenzione - che inizialmente era stata convocata per emendare gli Articoli della confederazione del 17781 nel tentativo di ovviare alle debolezze mostrate dall’assetto confederale - andò ben oltre tale incarico creando una nuova architettura costituzionale2 che, oltre a ridisegnare i rapporti tra centro e periferia, disciplinava compiutamente il potere legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario. La decisione delle ex colonie britanniche di affidare ad un governo centrale il compito di dettare la disciplina di alcuni settori, per raggiungere obiettivi che i singoli Stati non erano in grado di perseguire a livello statale e per tutelare istanze unitarie emerse nel corso dell’esperienza confederale, ha condizionato fortemente le decisioni riguardanti il tipo di stato e ha determinato la creazione di quello che è comunemente considerato il modello per eccellenza di Stato federale3. Il great compromise raggiunto in sede di redazione della Costituzione americana, fece sì che si accogliesse il “piano della Virginia” redatto da Madison, con alcuni temperamenti4. Si decise, dunque, che – contrariamente a quanto ivi disposto - soltanto una delle due Camere sarebbe stata composta in modo da rispecchiare il numero degli abitanti di ciascuno Stato, mentre il Senato avrebbe avuto un numero fisso di due rappresentanti per stato 1
Secondo quanto disposto dall’art. XIII, gli Articoli della confederazione del 1778 approvati dal Congresso ovvero un organo confederale composto dai rappresentanti degli allora 13 Stati - potevano essere modificati da quest’organo, ma necessitavano della ratifica di tutti i legislativi statali. 2
Tra le ragioni che spinsero i delegati ad optare per uno stato federale v’era quella di creare un America unita da una struttura più solida per garantire la sicurezza del popolo americano contro eventuali invasioni straniere e contro eventuali lotte intestine. Si riteneva inoltre necessario introdurre una efficace regolamentazione delle relazioni commerciali da parte di un governo federale per evitare la creazione di sistemi economico commerciali differenti. Cfr. Bologna C., Stato federale e “national interest”, Bologna, 2010, p. 45. 3
Cfr. Friedrich C.J., Trends of federalism in theory and practice, Londra, 1968, p.11, in cui si parla degli Stati Uniti come l’«archetipo del federalismo». 4
Tale piano proponeva, infatti, che ai vari Stati venisse assegnato nell’Assemblea legislativa federale un numero di rappresentanti proporzionale alle rispettive popolazioni in entrambi i rami del Parlamento. Sul punto cfr. Bergamini O., Breve storia del federalismo americano, Milano, 1996, p. 36.
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5. COUNTRY PROFILE USA
indipendentemente dalla consistenza demografica, sì da assegnare a ognuno di essi pari peso nelle votazioni5. In questo modo, pur costituendo una federazione non veniva meno la statualità degli enti che la componevano e si creava una «sovranità generale» affiancata da tante «sovranità particolari»6. Ciascuno dei 50 Stati di cui oggi si compone la Federazione ha una propria Costituzione che autonomamente disciplina l’organizzazione e la forma di governo. Sul punto, l’unico vincolo formale è contenuto all’art. IV, sezione 4, della Costituzione statunitense (c.d. Guarantee Clause) in cui si afferma che «Gli Stati Uniti garantiranno ad ogni Stato dell’Unione la forma di governo repubblicana, proteggeranno ogni Stato contro qualsiasi invasione e – su richiesta degli organi legislativi o del potere esecutivo (quando il legislativo non possa essere convocato) – contro le minacce interne». In sostanza, tale disposizione costituzionale autorizza il governo federale ad intervenire sulla forma organizzativa interna degli Stati membri che non garantiscano un regime repubblicano ovvero che non consentano al popolo di controllare il governo attraverso una democrazia rappresentativa. In verità, il Congresso si è assai raramente servito di questa clausola per influenzare le forme di governo degli Stati e l’ha usata solo alla fine della guerra di secessione con il Reconstruction Act. Ciò anche in considerazione del fatto che l’organizzazione costituzionale degli stati ricalca quasi pedissequamente quella federale (anzi, da un punto di vista storico, occorre dire che è la seconda a rispecchiare la prima). Infatti, nonostante la possibilità per gli Stati membri di sperimentare le più diverse forme di organizzazione interna, vi è quasi ovunque una forma di governo che riproduce quella presidenziale, con un Governatore eletto direttamente dalla popolazione e due Camere che esercitano il potere legislativo (ad eccezione del Nebraska in cui il bicameralismo è stato abolito nel 1934)7. Peraltro, se da un lato la Guarantee Clause attribuisce alla Federazione la facoltà di intervenire ogni qualvolta uno Stato si allontani dalla forma di Governo repubblicana, dall’altro lato, vieta qualsiasi intervento volto a modificare l’organizzazione costituzionale interna di uno Stato, qualora non si realizzi tale caso estremo. La Guarantee Clause rappresenta dunque soprattutto una garanzia costituzionale alla autoorganizzazione degli Stati membri contro eventuali interferenze federali. Tale clausola è stata inoltre dichiarata dalla Corte Suprema8 non giustiziabile dato che il concetto di “forma di governo repubblicana” ha natura politica e deve essere rimesso alle determinazioni del Congresso e della Presidenza. Inoltre è opportuno segnalare come essa sia stata utilizzata per 5
Negri, Le origini del federalismo americano, in Studi parl. pol. cost., Milano, 1970, p.25.
6
Madison in proposito affermò che «l’idea che due poteri supremi non possano agire insieme è falsa. […] Le leggi degli Stati Uniti sono supreme nei confronti di tutti gli obiettivi che la Costituzione riconosce come loro propri. Le leggi degli stati sono supreme nello stesso modo». 7
Sulle caratteristiche delle Costituzioni e sulle forme di governo degli Stati membri v. Stroppiana L., Stati Uniti, Il Mulino, 2006, pp. 95-99. 8
Luther v. Borden (1832) e Pacific States Telephone and Telegraph Co v. Oregon (1912).
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5. COUNTRY PROFILE USA
l’ammissione di nuovi stati nell’Unione, sebbene, a tal fine non sia sufficiente la decisione del Congresso, ma serva l’approvazione del corpo elettorale di ciascuno stato9. La genesi della federazione ha inciso fortemente sulla ripartizione delle competenze legislative. Infatti, il potere legislativo originariamente in capo agli stati, è stato delegato, per certe materie, alla Federazione, lasciando tutto il resto alla pertinenza esclusiva degli stati. In questo modo, la Costituzione statunitense ha sancito un principio cardine del federalismo ovvero quello di individuare due tipi di competenze legislative: quelle enumerate spettanti alla Federazione e quelle residue dei singoli Stati. Infatti, all’art. I, sez. 8, si elencano gli ambiti di competenza legislativa del Parlamento federale, mentre nel X emendamento10 si precisa che «i poteri non delegati dalla Costituzione agli Stati Uniti, ed il cui esercizio non è stato vietato agli Stati, sono riservati rispettivamente agli Stati, ovvero al popolo». Corollario di tale ripartizione di competenze è la previsione contenuta nell’art. IV della Costituzione11, nota come supremacy clause, secondo cui la legge federale deve prevalere su quella statale sempre che, naturalmente, la prima sia stata emanata nel rispetto della Costituzione e, dunque, nelle materie indicate nell’art. I sez. 8. Tra di esse rientrano i rapporti internazionali, l'organizzazione delle forze armate e la loro conduzione in caso di guerra, il governo della moneta e del debito pubblico federale, nonché la regolamentazione del commercio tra gli Stati e con le altre nazioni (c.d. commerce clause). Sono poi previste due clausole generali: una in apertura, nella quale si stabilisce che il Congresso può raccogliere tasse al fine di provvedere alla difesa ed al benessere generale degli Stati Uniti (taxing and spending clause); l’altra, in chiusura, nella quale si conferisce al Parlamento centrale il potere di emanare tutte le leggi necessarie all’esercizio dei poteri in precedenza elencati (c.d. implied powers clause). Le dinamiche e gli equilibri all’interno della struttura federale sono notevolmente cambiati dal momento dell’entrata in vigore della Costituzione sino ad oggi. Infatti, il federalismo delineato dalla Costituzione e voluto dai padri costituenti era, originariamente, un federalismo di tipo duale in cui il governo federale e quelli statali possedevano, in linea di massima, poteri propri e indipendenti, destinati a non interferire grazie ad una divisione verticale delle competenze. Tale connotazione ha caratterizzato il federalismo statunitense prevalentemente nel XIX sec., durante il quale la Corte Suprema, basandosi sul presupposto che esistesse una chiara separazione di competenze, interpretava quelle enumerate in maniera restrittiva e proteggeva gli Stati da indebite interferenze del governo federale. Il passaggio dal federalismo 9
Sull’ammissione di nuovi stati membri v. La Pergola A., Residui «contrattualistici» e struttura federale dell’ordinamento degli Stati Uniti, Milano, 1969, p. 366 ss. 10
Che, come noto, è stato approvato nel 1791 all’interno del Bill of right.
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«La presente Costituzione e le leggi degli Stati Uniti che verranno emanate in conseguenza di essa, e tutti i trattati conclusi, o che si concluderanno, sotto l'autorità̀ degli Stati Uniti, costituiranno la legge suprema del Paese; e i giudici di ogni Stato saranno tenuti a conformarsi ad essi, quali che possano essere le disposizioni in contrario nella Costituzione o nella legislazione di qualsiasi singolo Stato».
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5. COUNTRY PROFILE USA
duale al federalismo cooperativo si è verificato a Costituzione sostanzialmente invariata, grazie alle posizioni assunte dalla Corte Suprema che, in particolari momenti di crisi12, ha legittimato l’affidamento di nuovi compiti al governo federale in materie che, secondo la teoria dualista, non avrebbero ammesso intromissioni. Ciò che è avvenuto a partire dagli anni Trenta del Novecento, quando la Corte ha iniziato ad interpretare in maniera estensiva la implied powers clause e, la commerce clause di cui all’art. I, sez. 8 della Costituzione (sul riparto delle competenze e sull’evoluzione del federalismo legislativo si rimanda al § I.1.2). Per quanto riguarda invece la ripartizione dell’esercizio della funzione giurisdizionale tra livello federale e livello statale, l’art. III della Costituzione attribuisce alla Corte suprema la competenza a giudicare le cause: a) in cui deve essere applicata la legge federale (federal question cases); b) che possono sorgere tra cittadini di Stati diversi (diversity cases); c) relative al diritto marittimo; d) in cui sono parte gli Stati Uniti; d) che sorgono fra più Stati; e) e, infine, quelle in cui sono coinvolti ambasciatori, rappresentanti diplomatici e consoli. Limitatamente alle ipotesi di cui alle lettere d) ed e) la Corte Suprema ha giurisdizione esclusiva, mentre negli altri casi può essere adita come giudice d’appello contro le decisioni di giudici inferiori13. La ricognizione delle regole (rectius dell’interpretazione data alle regole) in materia di riparto della giurisdizione non induce alle medesime considerazioni svolte per il campo legislativo, giacché esse sembrano favorire il giudice statale. Infatti, esiste una presunzione di competenza delle Corti statali14 in virtù della quale chi ha intenzione di accedere ad una Corte federale deve dimostrarne la competenza. Inoltre, secondo quanto stabilito dalla Corte Suprema la giurisdizione delle Corti federali è sempre concorrente con quella delle Corti statali, salvo che il Congresso, esercitando il potere conferitogli dall’art. III della Costituzione, non abbia riservato alcune materie alla competenza del Giudice federale. Tale potere è stato esercitato soltanto all’interno dei federal question cases giacché il Congresso ha riservato alla esclusiva competenza del Giudice federale le controversie relative alle procedure fallimentari, alla tutela delle opere di ingegno, all’applicazione delle sanzioni amministrative, alle procedure di esproprio e confisca regolate dalla legge federale e dal diritto penale federale. Se ne ricava che tra le materie di cui all’art. III della Costituzione solo alcune e soltanto in sede di applicazione del diritto federale, sono riservate alla competenza 12
Tale atteggiamento della Corte suprema è coinciso, infatti, con: la guerra civile, quando la Corte ritenne che la crisi sarebbe stata meglio risolta con un intervento del governo centrale; la crisi del ’29, a seguito della quale si appoggiò il New Deal del presidente Roosevelt; le lotte sociali degli anni ’60 e la fine della guerra fredda. 13
Sebbene essi non siano previsti in Costituzione, il potere di istituirli è stato attribuito al Congresso dall’art. I, sez. 8 Cost.. Nell’esercizio di questa sua prerogativa il Congresso, attraverso il Judiciary Act del 1789, ha creato un sistema giudiziario federale con doppio grado di giurisdizione in cui le District Courts operano in primo grado, mentre le Circuit Couts of Appeal (originariamente Circuit Courts) in secondo grado. 14
L’esistenza di tale presunzione è stata riconosciuta per la prima volta dalla Corte Suprema nel caso Turner v. President, Directors and Co. of the Bank of North America del 1799.
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del giudice federale, mentre tutte le altre questioni possono essere decise da entrambe le giurisdizioni. In conclusione - sebbene la Costituzione conferisca competenza residuale agli Stati sia rispetto all’esercizio del potere legislativo, sia rispetto all’esercizio del potere giurisdizionale, delegando specifiche competenze alla Federazione – l’interpretazione del disposto costituzionale da parte della Corte Suprema ha determinato in ambito legislativo un ampliamento delle competenze della federazione ritenute, in alcuni settori, addirittura esclusive, mentre in ambito giurisdizionale la maggior parte delle materie sono stati considerate concorrenti e accompagnate da una presunzione a favore delle Corti statali15.
I.1.2) L’evoluzione del federalismo legislativo Come si è già in parte illustrato nel paragrafo precedente l’originario impianto duale nella ripartizione delle competenze legislative è stato progressivamente scardinato grazie all’interpretazione evolutiva di alcune clausole contenute nella sez. 8 del I emendamento, in particolar modo, della c.d. commerce clause, del X emendamento e della supremacy clause. Il confine tra la competenza del Congresso e quella dei Parlamenti statali si è progressivamente spostato in favore del livello di governo centrale al quale si è arrivati a riconoscere la possibilità di incidere anche sui police power riservati agli Stati. Tale categoria indica infatti la potestà generale dei governi statali a cui spetta il potere di «regolare i diritti personali e proprietari per proteggere e promuovere la salute, la moralità e il benessere generali»16; un potere che «è insuscettibile per sua stessa natura di una esatta definizione o limitazione» dato che «da esso dipende la sicurezza dell’ordine sociale, la vita e la salute dei cittadini, il benessere di una esistenza in una comunità densamente popolata, il godimento della vita privata e sociale, e i benefici derivanti dall’uso della proprietà. Esso si estende alla protezione delle vite, della salute, del benessere e della quiete di tutte le persone, e alla protezione di tutte le proprietà all’interno dello stato»17. L’ampliamento dell’ambito di intervento del governo federale ha tuttavia rappresentato un processo graduale che ha vissuto fasi altalenanti in cui l’aumento delle istanze unitarie e il 15
Sul punto cfr. Comba M., Esperienze federaliste tra garantismo e democrazia, Napoli, 1996, pp. 238-239, in cui l’A. afferma che «(…) in presenza della medesima regola costituzionale, la diversa interpretazione circa l’ampiezza delle competenze conferite alla federazione ha dato due esiti diversi, privilegiando l’intervento dei giudici statali su quelli federali, ed, al tempo stesso, la competenza del Legislativo federale su quello statale, secondo un modello di convergenza ad assi roovesciati». 16
Zimmerman J.F., Contemporary American Federalism. The growth of national power, New York- Westport, 1992, p.35. 17
Cfr. Butchers’ Benevolent Association of New Orleans v. Crescent City Livestock Landing and Slaughter House Company (1837).
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conseguente accentramento di competenze in capo al livello di governo nazionale ha subito delle battute di arresto, dovute anche all’uso più o meno ampio di strumenti legislativi (federal Preemption e Grants in aid) da parte del governo centrale in grado di coartare la volontà degli Stati. I) Dall’approvazione del testo costituzionale sino alla fine della guerra di secessione del 1865. In questo periodo gli stati si pongono come enti equiordinati rispetto alla federazione, nei confronti della quale agiscono in un regime di netta separazione delle competenze. Il dual federalism di questa epoca si caratterizza per l’attribuzione al governo nazionale di poteri enumerati con la possibilità di perseguire finalità circoscritte. Federazione e stati, ciascuno nella propria sfera di competenza sono sovrani ed eguali, tanto che le relazioni tra i vari livelli di governo sono caratterizzate da tensione che ha spinto la dottrina18 a parlare di competitive federalism per sottolineare la separazione esistente tra federazione e stati. Ciò sebbene in questo periodo la giurisprudenza della Corte suprema, presieduta dal giudice Marshall, si sia caratterizzato per una interpretazione fortemente estensiva sia del potere federale sul commercio sia dei poteri impliciti previsti dall’art. I, sez. 8. Infatti, per quanto riguarda il commerce power, nella decisione Gibbon vs. Ogden del 1824 si afferma che la competenza del Congresso di disciplinare il commercio tra stati sia piena ed esclusiva e che essa implichi la possibilità di disciplinare anche traffici che si esauriscono in uno stato quando questi possano produrre effetti su altri stati. Nella sentenza Mc Culloch vs. Maryland la Corte ha invece offerto un’interpretazione fortemente estensiva dell’implied powers clause secondo cui il Congresso può porre in essere tutte le leggi necessary and proper per l’esercizio dei poteri enumerati, riconoscendo al Congresso la possibilità di emanare leggi non incluse nel catalogo delle competenze federali, purché opportune per l’adempimento delle sue competenze. Il significato filo-federale di tale pronunce è stato tuttavia depotenziato, se non giustificato, dall’uso pressoché nullo che il Congresso ha fatto di tali clausole nei suoi primi anni di attività. In questo periodo, infatti, la struttura federale rispondeva alle esigenze del modello liberale caratterizzato dalla presenza di uno stato “minimo” non interventista. Altro elemento che ha determinato tale esito era l’ancora incerta fisionomia del’Unione: in questo periodo, infatti, si riteneva in base alla teoria della nullification, che l’Unione fosse un patto tra Stati e non tra cittadini, la cui esistenza era condizionata dalle deleghe di potere degli stati che, in qualsiasi momento, avrebbero potuto distaccarsi dall’Unione. Conseguentemente ogni stato poteva interpretare la Costituzione in relazione alle competenze enumerate, potendo, qualora ritenesse lesa la propria sovranità, dichiarare la nullità di una legge federale. Ciò che avvenne,
18
Corwin E.S., The passing of dual federalism, in Mason A.T.-Gavery G. (a cura di), American constitutional History. Essays by Edward S. Corwin, New York, 1964, p. 148.
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ad esempio, rispetto all’Alien and Sedition Act del 1798 dichiarato nullo con due risoluzioni dal Kentucky e dalla Virginia. II) Dalla fine della guerra di secessione al New Deal. La fine della guerra civile ha determinato il superamento della teoria della nullification19 e il prevalere della national theory20, con il conseguente rafforzamento del governo centrale. In questo periodo il Congresso approvò i c.d. civil war amendments ovvero il XIII, il XIV e il XV emendamento che, oltre a vietare la schiavitù, a riconoscere il diritto di voto alla popolazione di colore e a garantire a tutti i cittadini il due process of law, ponevano nelle mani del governo federale la responsabilità della tutela dei diritti. L’emersione di nuove istanze unitarie fu inoltre determinata dallo sviluppo economico e sociale che ha caratterizzato gli Stati Uniti a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. In questa fase, la dimensione sovrastatale dei fenomeni economici che hanno interessato il Paese, ha sollecitato forme di intervento del governo federale che, a partire dal 1887, con l’Interstate Commerce Act inizia ad usare in maniera crescente e sistematica la commerce clause per giustificare interventi anche in settori completamente avulsi dalla ratio della norma. A fronte dell’attivismo federale, si registra un atteggiamento di censura della Corte Suprema, che dal 1890 al 1937, senza smentire il portato della sentenza Gibbon, ha applicato in maniera restrittiva una serie di categorie interpretative in materia di commerce power, per dichiarare l’incostituzionalità di numerose leggi federali. Così, nella decisione United States vs. Knight Company del 1895 la Corte sembra fornire una interpretazione materiale della competenza sul commercio escludendo l’applicazione della normativa antimonopolistica ivi contenuta alla attività di produzione (in quel caso dello zucchero raffinato), trattandosi di attività che precede ed è dunque distinta da quella del commercio. Ad eccezione della decisione Champion v. Ames del 190321 - nota come Lottery case, in cui la Corte ha affermato per la prima volta in maniera esplicita che il commerce power attribuisce al governo federale anche il potere di escludere il commercio di alcuni articoli, e in cui si è recuperato il criterio finalistico, sino a legittimare l’intervento statale per perseguire finalità diverse rispetto alla tutela del libero del mercato – si può affermare che, in generale, la Corte 19
Tribe L.H., American constitutiona law, New York, 2000, p.1297.
20
Secondo tale teoria il governo federale è nato da un patto del popolo sovrano che ha creato un sistema duale autorizzando ed investendo di potere due livelli di governo: un governo generale per il tutto, e i governi statali per le parti. L’espressione National Theory viene usata da Bologna C., Stato federale e “national interest”, Bononia University Press, 2010, pp. 76-78 che la ripirende, a sua volta, da Beer S.H., To make a Nation. The rediscovery of the american federalism, Cambridge, 1993, pp. 1 ss; 245 ss; 317 ss. 21
Precisamente, con la sentenza Champion v. Ames il divieto di circolazione tra i vari stati dei biglietti della lotteria è stato salvato dalla Corte sebbene, per il suo tramite, il Congresso voleva «tutelare la moralità del popolo degli Stati Uniti» perseguendo finalità ben lontane da quelle per cui i delegati avevano affidato al governo federale il commerce power.
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ha assunto in questo periodo un atteggiamento fortemente restrittivo. Così, nel 1935, ha censurato la disciplina che prevedeva un sistema pensionistico per i ferrovieri, perché priva di ragionevoli relazioni con il trasporto interstatale; o ancora, del Live Poultry Code che proibiva il lavoro minorile, fissava orari massimi di lavoro e paghe minime, perché riguardava attività che solo indirettamente avevano effetti sui traffici interstatali. L’orientamento maggiormente restrittivo è stato poi registrato nella sentenza Hammer v. Dagenhart del 1918. In questa decisione, infatti, sebbene la normativa statale avesse delle forti analogie con quella del Lottery case, dato che in questo caso si vietava la circolazione di beni prodotti con il lavoro minorile, la Corte ha censurato tale normativa ritenendo che la circolazione dei beni fosse in questo caso estranea alla portata dannosa del fenomeno (ovvero il lavoro minorile), mentre nel Lottery case la Corte aveva ritenuto che il trasposto dei biglietti fosse necessario completamento delle attività dannose. III) Dal New deal alla presidenza Nixon. È con la presidenza di Roosevelt che inizia un forte attivismo riformatore del governo centrale, coadiuvata peraltro dall’approvazione nel 1913 del XVI emendamento con il quale si attribuì al Congresso il potere di «imporre e riscuotere tasse sui redditi derivanti da qualunque fonte, senza ripartirle tra i vari stati e senza dover tenere conto di alcun censimento». È a partire da questo momento che inizia il superamento del dual federalism in favore di un federalismo di tipo cooperativo. Inizialmente, l’attivismo del governo centrale è stato ostacolato dalla Corte Suprema che ha bloccato l’attuazione delle politiche sociali promosse da Roosevelt durante il suo primo mandato, ritenendole non legittimate dalla competenza federale sul commercio. Con la crisi economica degli anni ’30 e la rielezione di Roosevelt del 1936 con il suo New Deal, la situazione muta radicalmente. La nuova maggioranza di giudici liberal in seno alla Corte22 inizia a legittimare gli interventi federali. Ad esempio, nel 1937 la Corte suprema affermò la costituzionalità del National Labor Relations Act con cui si disciplinavano le relazioni sindacali. La «sentenza-manifesto»23 del nuovo orientamento della Corte è la United States v. Darby in cui si è sostenuta la legittimità costituzionale del Fair Labor Standard Act del 1938. Questa legge prevedeva salari minimi e orari massimi di lavoro e vietava il commercio interstatale di beni prodotti da aziende che non rispettavano tali standard. Si trattava, dunque, di una legge analoga a quella bocciata nel 1918 nel caso Hammer v. Dagenhart, rispetto alla quale la Corte ha però adottato una decisione diametralmente opposta sì da dichiarare la sentenza precedente 22
Ad onor del vero il repentino cambio di orientamento della Corte avvenne poiché Roosevelt, dopo la sua rielezione, chiese di approvare un emendamento che gli consentisse di nominare un giudice per ogni componente della Corte che avesse superato il settantesimo anno di età. In questo modo, il Presidente sarebbe riuscito ad assicurare il placet della giustizia costituzionale al New Deal. Tale operazione fu tuttavia evitata grazie al mutamento della posizione di uno dei giudici della Corte, Owen Roberts, nei confronti del New Deal. 23
In tal senso Cfr. Bologna C., Stato federale e “national interest”, cit., p. 95.
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overruled. Precisamente, dopo aver richiamato le argomentazioni del Lottery case in cui si stabiliva che il potere di regolare il commercio include anche quello di interdirlo, si riconosceva come ordinario e legittimo l’uso di tale potere per «vietare il commercio dei beni dannosi per la salute, la morale o il benessere pubblici». Da questo momento si è legittimato l’uso del commerce power per perseguire le finalità più disparate24, tanto da spingere parte della dottrina a parlare di national police power. L’affermarsi del modello cooperativo fa venir meno la netta separazione delle competenze che, a partire da tale momento, vengono esercitate congiuntamente da Federazione e stati. In questa fase, inoltre, il livello federale inizia ad influenzare la disciplina di materie non di sua competenza attraverso i conditional grants in aid ovvero finanziamenti condizionati che il governo federale concede agli stati per il perseguimento di determinate finalità individuando, spesso nel dettaglio, le caratteristiche che la legislazione statale deve possedere. Un esempio di tale tipo di atto è il Social security Act del 1935 che subordinava la concessione di finanziamenti federali agli stati che avessero istituito pensioni di anzianità, sussidi di disoccupazione, istituti a tutela della maternità e di assistenza agli invalidi. Da subito, la Corte ha affermato la legittimità costituzionale dei conditional grants in aid rilevando come tali strumenti rimettano comunque alla scelta del singolo stato la possibilità di introdurre o meno la normativa ivi richiesta. In questo periodo, la Corte Suprema per garantire la prevalenza della legislazione federale su quella statale ha fatto ampio ricorso alla supremacy clause contenuta nell’art. VI della Costituzione, sviluppando la dottrina della preemption in base alla quale il Congresso ha la possibilità di precludere la disciplina di alcune materie, potenzialmente di competenza degli stati. In sostanza, secondo tale dottrina la supremacy clause assegna al legislativo federale un potere di «occupazione preclusiva»25 in tutti i casi in cui la legislazione federale è destinata a prevalere su quella statale configgente. Le tendenze unitarie e il federalismo cooperativo hanno visto il punto di loro massima espansione tra il 1960 e 1968. Il progetto di realizzare una Great Society26 priva di povertà ed emarginazione aveva dato l’impulso alla costruzione dello stato sociale americano27 e ha determinato la proliferazione dei federal grants. Basti pensare che tra il 1960 ed il 1968 24
Cfr. Tribe L.H., American Constitutional Law, cit, 816 in cui si parla di «scopi illimitati».
25
Bognetti G., Lo spirito del costituzionalismo americano, I, La Costituzione liberale, Torino, 1998, 216.
26
In proposito v. Milkis S.M, Mileur J.M., The Great Society and the high tide of liberism, Amherst-Boston, 2005. 27
Nel 1965 vengono approvati: l’Health Insurance for the Aged Act e il Grant sto States for Medical assistence programs Act che disciplinano l’assistenza sanitaria per pensionati e fasce più deboli della popolazione; l’Housig Act che introduce il concorso federale al pagamento dei canoni di locazione per le famiglie indigenti; l’Elementary and Security Education Act che stanzia nuovi finanziamenti per l’educazione primaria e secondaria.
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aumenta del 35% la dipendenza degli stati da Washington e che, molto spesso, gli stati erano addirittura bypassati nella gestione dei fondi dato che in alcuni casi i grants in aid erano assegnati direttamente ai governi locali. IV) Le presidenze Nixon e Regan: il new federalism. Nel 1969 il Presidente Nixon con l’intento di razionalizzare le funzioni del governo federale ha recuperato un ruolo autonomo degli stati, mantenendo comunque in capo al governo federale la competenza degli ambiti in cui questo avrebbe potuto ottenere migliori risultati. Le misure che hanno caratterizzato l’amministrazione Nixon volte a dar corpo alle tendenze centrifughe che si erano affermate e che hanno aperto la strada al c.d. new federalism, sono i block grants e il revenue sharing. Con i primi si sono riuniti più programmi di finanziamento vincolati rispetto ai quali la supervisione federale è stata ridotta a controlli di mera legalità. Il secondo, invece, è un sistema adottato con lo State and local Fiscal Assistence Act del 1972, che implicava un decentramento della decisione di spesa ovvero un trasferimento di fondi non condizionati da parte del governo federale a stati ed enti locali. Con la presidenza Reagan, iniziata nel 1981, si apre una nuova stagione del new federalism volta a recuperare una divisione più netta tra responsabilità nazionali e responsabilità statali. L’obiettivo di Reagan, tuttavia, non era limitato alla razionalizzazione dell’attività governativa, ma era di scardinare il welfare state che, a suo avviso, aveva determinato un eccessivo interventismo nel settore pubblico da parte di ogni livello di governo. Per lui era necessario lasciare ai privati la gestione di tutte le attività che questi erano in grado di svolgere, mentre l’intervento degli stati e ancor più quello della federazione, dovevano rappresentare l’estrema ratio. I principali strumenti utilizzati dall’amministrazione Reagan sono stati: i block grant mediante i quali si voleva allentare la responsabilità e la gestione federale in materie di competenza statale; la netta separazione delle competenze tra centro e periferia; e, infine, una generale deregulation. Di una riviviscenza del “nuovo federalismo” si è parlato anche nel 1994, quando, durante la presidenza Clinton il partito repubblicano è riuscito ad avere per la prima volta dopo quarant’anni la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Sebbene la realizzazione del progetto sostenuto in campagna elettorale dai Repubblicani 28 sia stata in parte frenata dalla presenza di un Presidente democratico, il Congresso è riuscito ad approvare due provvedimenti, l’Unfunded Mandates Reform Act (1995) e il Personal Responsibility and Work Opportunity Reconciliation Act (1996) idonei ad incidere sulla fisionomia del federalismo americano. Con il primo, infatti, si circoscriveva il fenomeno degli unfunded 28
In particolare si proponeva una riduzione della spesa federale e del carico fiscale; il pareggio del bilancio federale in sette anni; la riunificazione dei trecentoquarantanove programmi di grants in aids in dieci block grants; e un emendamento costituzionale volto ad imporre il pareggio di bilancio.
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federal mandates che, disciplinando in maniera uniforme una determinata materia, impongono agli stati determinate azioni senza fornire i finanziamenti necessari. Con il secondo, invece, si è rivoluzionato il sistema dell’assistenza sociale agli indigenti, riducendo i vari programmi di sicurezza sociale e, soprattutto, affidando agli stati la maggior parte della responsabilità del sistema di welfare. Le nuove tendenze centrifughe di questo periodo sono state avvallate dalla giurisprudenza della Corte Suprema che, nelle sue pronunce, ha accolto i dettami del nuovo federalismo, sino ad arrivare, nel 1995, a dichiarare per la prima volta l’incostituzionalità di una legge federale ritenuta eccedente rispetto al commerce power che spetta al Congresso. Oggetto della decisione United States v. Lopez è il Gun Free School Zones Act del 1990 che proibiva il possesso di armi nei luoghi circostanti alle scuole. Nella decisione, ripercorrendo le pronunce in materia di commerce power, si spiega che, per quanto esteso, tale potere deve essere soggetto a limiti esterni; che, pur essendo vero che per il tramite di tale clausola il Congresso può disciplinare «quelle attività aventi una relazione sostanziale con il commercio», il divieto in questione non è «in nessun senso un’attività economica che può, attraverso la ripetizione in altri luoghi, esercitare effetti sostanziali sul commercio interstatale». La sentenza sembra dunque suggerire che soltanto un’attività di natura economica può esercitare effetti sostanziali sul commercio ed è, quindi, esercizio legittimo del commerce power. In alcuni passaggi, inoltre, la decisione sembra voler recuperare il police power tradizionalmente spettante agli stati laddove si afferma che se «il governo federale dovesse assumere su di sé la regolazione di intere aree di interesse tradizionalmente statale, aree non aventi nulla in comune con la regolazione delle attività commerciali, i confini tra le sfere dell’autorità federale e statale si offuscherebbero e la responsabilità diverrebbe illusoria». Secondo alcuni commentatori tale decisione potrebbe essere indicativa di un inversione di tendenza nell’interpretazione della commerce clause da parte della Corte suprema29. Tale conclusione, tuttavia, è confutata dal fatto che nella sentenza de qua, non si è dichiarata overrulled nessuna delle precedenti decisioni della Corte in cui si legittimava l’uso del commerce power anche rispetto a quelle attività non commerciali in grado di produrre effetti sostanziali sui traffici interstatali30. V) Dalla presidenza di George W.Bush a quella di Obama. Le istanze di decentramento che hanno caratterizzato il new federalism sembrano essersi placate negli ultimi anni. Infatti, sebbene Bush in linea con la tradizione repubblicana, ha sempre sostenuto la necessità di preservare l’autodeterminazione degli stati, ha di fatto ha attribuito un ruolo centrale al
29
Cfr. Comba M., Esperienze federaliste tra garantismo e democrazia, cit., p. 229.
30
Come ad esempio Wickard v. Filbrum (1942).
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Governo federale anche a causa della contingenza storica dovuta all’attacco terroristico dell’11 settembre 200131. Peraltro, al di là degli interventi adottati in conseguenza dell’emergenza terroristica, l’amministrazione Bush ha sostenuto provvedimenti che hanno inciso su competenze tradizionalmente locali. Un esempio è il No Child Left Behind Act che, intervenendo in materia di istruzione primaria e secondaria con una serie di mandati federali, ha subordinato la concessione di fondi al raggiungimento di determinati standard. Con l’amministrazione Obama, invece, si è fatto ampio ricorso all’uso di stanziamenti vincolati in favore degli stati per il Medicaid, per scuole ed infrastrutture. Peraltro, testimonianza evidente della spinta centripeta sostenuta dall’amministrazione Obama, è il Patient Protection and Affordable Care Act del 2010 ovvero la riforma sanitaria in forza della quale si obbligano i cittadini di ogni stato ad acquistare un’assicurazione sanitaria pena l’imposizione di un tributo pari ad una percentuale del reddito individuale. Sebbene la riforma sia stata oggetto di numerosi ricorsi alla Corte Suprema in cui gli oppositori ritenevano che essa fosse stata adottata eccedendo i poteri federali e benché la Corte abbia ritenuto che la commerce clause non consenta la previsione di un obbligo assicurativo individuale, - il provvedimento è stato salvato grazie al potere federale di imposizione: infatti, dato che il mancato acquisto dell’assicurazione comporta il pagamento di una sanzione pecuniaria, l’obbligo è stato interpretato come una tassa imposta a chi non si assicura e salvato per il tramite della taxing and spending clause. Dall’evoluzione del federalismo legislativo, si ricava che il trend di centralizzazione abbia subito, in alcune fasi, delle battute d’arresto, ma che la tensione tra centro è periferia non si sia affatto esaurita. Più in generale, si può invece affermare che alla Federazione spetta in via esclusiva il compito di disciplinare ambiti quali la difesa, la politica estera e la moneta. Gli stati hanno invece il potere di darsi una Costituzione, scegliere la propria forma di governo, definire il proprio apparato amministrativo, provvedere alla costruzione delle infrastrutture pubbliche e all’approvvigionamento di risorse, controllare in via esclusiva il governo locale, e adottare in via esclusiva la legislazione penale e civile, ma nel rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione. Aspetto, questo, testimoniato dalla recente sentenza della Corte Suprema del 26 giugno 2015 che, dopo il riconoscimento a livello federale del matrimonio tra persone dello stesso sesso32, ha reso incostituzionali le leggi statali che vietano il matrimonio gay, rendendolo di fatto legale in tutto il paese. La Corte ha infatti precisato che in base al XIV emendamento – quello sull’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge – gli stati 31
Durante l’amministrazione Bush è nato il Department of Homeland Security ed è stato adottato il Patriot Act che hanno avocato nuove competenze verso il centro. 32
Nel 2013, infatti, si è cancellata una parte fondamentale del Defense Defense of marriage Act, la legge firmata nel 1996 dall'allora presidente Bill Clinton, che definiva il matrimonio esclusivamente come l'unione tra un uomo e una donna.
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devono permettere ai cittadini di sposarsi con chi vogliono e riconoscere i matrimoni gay celebrati fuori dai loro confini, sancendo nel comtempo l’incostituzionalità dei divieti dei matrimoni gay33. A partire dal New deal, invece, la sicurezza, l’ambiente e la finanza – sebbene rientranti nella competenza residuale degli stati – sono materie che progressivamente sono diventate di competenza concorrente. Dalla ricostruzione svolta si ricava che nella delimitazione degli ambiti di competenza legislativi, ha giocato un ruolo fondamentale la Corte Suprema. Infatti, sebbene la Costituzione non gli abbia espressamente attribuito il compito di giudicare la costituzionalità delle leggi federali, a partire dalla decisione Madison v. Marbury del 1803 – una della decisione più importanti del costituzionalismo moderno e contemporaneo – la Corte si è arrogata tale potere34. In questa sede è opportuno segnalare che l’unico modo per accedere al giudizio della Corte su questioni relative al riparto di competenza è la via incidentale dato che i Tribunali federali hanno la cognizione solo su questioni controverse. Di conseguenza, in più occasioni, la Corte Suprema ha respinto questioni di competenza sollevate dagli stati ovvero dalla Federazione che non nascevano da una controversia.
I.1.3) Il federalismo fiscale Per analizzare il federalismo fiscale americano, si deve ancora prendere come punto di riferimento l’art. I, sez. 8, che, al primo comma, attribuisce al Congresso la potestà di imporre e percepire tasse, diritti, imposte e dazi, sancendo, nel contempo: l’obbligo di ripartire le imposte dirette tra i vari stati in modo proporzionale alle rispettive popolazioni; l’uniformità delle imposte statali in tutto il territorio federale; il divieto di tassazione delle esportazioni e, infine, il divieto di introdurre discipline fiscali discriminatorie tra porti appartenenti a stati diversi. Il portato normativo della Costituzione in materia fiscale è stato integrato da alcuni principi elaborati dalla Corte suprema con la sua giurisprudenza. Tra essi possono essere annoverati: il principio delle immunità fiscali35; quello della proporzionalità e ragionevolezza delle
33
Obergefell v. Hodges, Director, Ohio Departement of Helth del 2015.
34
Sulle origini del judicial rewiew cfr. Einaudi M., Le origini dottrinali e storiche del controllo giudiziario sulla costituzionalità delle leggi negli Stati Uniti d’America, Torino, 1931. 35
Cfr. McCulloch v. Maryland (1819) con riferimento allo Stato federale e The collector v. Day con riferimento ai governi statali.
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imposte36; e, infine, quello secondo cui il taxing power è un potere concorrente tra Stato federale e stati membri, al quale non si applica la preemption federale37. La potestà impositiva degli stati rientra invece tra le materie della potestà legislativa residuale, come stabilito dal X emendamento. In capo agli Stati, dunque, gli unici vincoli – ad eccezione dei principi di proporzionalità ed eguaglianza sanciti dal XIV emendamento – derivano dalla commerce clause, la cui esistenza impedisce loro di adottare misure fiscali che possano ostacolare il commercio interstatale, e dal divieto di tassare le esportazioni. Dall’art. I, sez. 9, n.4, in cui si afferma che le imposte dirette debbano essere percepite da ogni livello di governo in maniera proporzionale alla rappresentanza in seno al Congresso, si ricava che il riparto della potestà impositiva è idealmente collegato al principio no taxation without representation38. L’originaria impostazione, ispirata al dual federalism, prevedeva che gli stati beneficiassero dell’imposizione diretta, mentre la federazione avrebbe dovuto beneficiare esclusivamente del gettito dei dazi doganali e delle contribuzioni indirette. Ripartizione, questa, confermata anche dalla prima giurisprudenza della Corte Suprema che, mettendo in luce la concorrenza tra i due livelli di governo, evidenziava l’ampia potestà tributaria degli stati39. L’ampliamento della potestà impositiva federale si è registrato a partire dalla metà del XX sec. In proposito ha giocato un ruolo fondamentale il XVI emendamento entrato in vigore nel 1913 che, attribuendo al Congresso «la facoltà di imporre e riscuotere tasse sui redditi derivanti da qualunque fonte senza ripartirle tra i vari Stati e senza dover tenere conto di alcun censimento», ha abrogato il criterio della rappresentanza proporzionale e i limiti all’imposizione diretta della Federazione. Si è dunque assistito ad un notevole incremento della potestà impositiva federale che, di fatto, ha prodotto una forte subordinazione degli stati alla federazione. Peraltro, sebbene gli stati mantengano una notevole autonomia nel potere di spesa, il sempre maggiore prelievo fiscale in capo alla Federazione e l’accrescimento del sistema di welfare ha determinato anche l’ampliamento dello spending power federale, producendo - conformemente alla trasformazione del federalismo da duale a cooperativo – un sistema di reciproche interferenze tra i due livelli di governo. Questa situazione, di fatto, ha contribuito a creare negli Stati Uniti, come del resto in altri sistemi federali quali l’Australia e il Canada, un vertical fiscal imbalance, in cui i governi 36
Chas C.Steward Machine Co. v. Davis (1973) in cui da tale principio è stato fatto discendere il divieto di introdurre tasse, formalmente legittime, che però vadano a svuotare di contenuto la proprietà privata, producendo effetti analoghi alla confisca. 37
Licence Tax Cases (1847).
38
In tal senso Bifulco R., Ordinamenti federali comparati, I, Torino 2010, p. 328.
39
In tal senso cfr. Steward Machine v. Davis del 1937.
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degli stati sono responsabili di una spesa maggiore rispetto a quella che sono in grado di finanziare con entrate proprie40. Inoltre, come si è in parte già evidenziato nel trattare l’evoluzione del federalismo legislativo, la crescente disponibilità finanziaria in capo alla federazione, accompagnata alla totale assenza di disposizioni sulla redistribuzione delle risorse, ha consentito alla Federazione di condizionare le scelte politiche degli stati in settori di loro esclusiva competenza. Ciò che è stato realizzato mediante l’ampio ricorso ai conditional grants ovvero finanziamenti condizionati alla realizzazione di scopi definiti. In questa sede, dato che l’argomento è già stato trattato nelle pagine precedenti, è opportuno evidenziare che i trasferimenti condizionati, andando ad incidere soprattutto su settori legati alla protezione sociale, hanno costituito una forma di garanzia per la realizzazione dei diritti sociali. Nello stesso tempo, però, l’aver disposto tali trasferimenti per via legislativa, ha determinato forti oscillazioni nella tutela dei diritti sociali determinate dal succedersi delle diverse amministrazioni. Testimonianza di ciò è la brusca inversione di tendenza che le amministrazioni repubblicane hanno realizzato negli anni ’80 rispetto alle politiche di welfare che si era avviate a partire dagli anni ’30 attraverso i conditional grants.
I.1.4) Il procedimento di revisione costituzionale La Costituzione americana è rigida e il suo procedimento di revisione è disciplinato nell’art. V41 in cui la funzione di revisione viene attribuita al Congresso ma, conformemente al principio federale, si attribuisce un imprescindibile ruolo anche agli stati42. Precisamente, il procedimento di revisione si articola in due fasi, quella di proposta e quella di ratifica. La prima fase si può realizzare attraverso due diverse procedure. La prima, l’unica sinora utilizzata, è quella in cui è il Congresso a formulare ed approvare a maggioranza qualificata dei due terzi dei voti delle due Camere la proposta di emendamento. La seconda, 40
Sul vertical fiscal imbalance cfr. Boadway R., Fiscal federalism in Canada, the USA, and Germany, Queen’s University, 2004. 41
«Il Congresso, quando i due terzi di ciascuna Camera lo ritengano necessario, potrà proporre emendamenti a questa Costituzione o, su richiesta dei Legislativi dei due terzi dei vari Stati, potrà convocare una Convenzione per proporre emendamenti, che, in entrambi i casi, saranno validi ad ogni intento e proposito come parte di questa Costituzione quando ratificati dai Legislativi dei tre quarti dei diversi Stati, o da apposite Convenzioni nei tre quarti di essi, a seconda che l'uno o l'altro modo di ratifica sia proposto dal Congresso; con l'eccezione che nessun emendamento che sia fatto prima dell'anno 1808 potrà in qualsiasi modo incidere sulla prima e sulla quarta clausola della Sezione nona dell'articolo primo; e che nessuno Stato potrà, senza il suo consenso, esser privato della sua parità di suffragio nel Senato». Sul procedimento di revisione cfr. Livingstone W.S., Federalism and constitutional change, Oxford, 1956, p.199 ss; Olivetti Rason N., La dinamica costituzionale degli Stati Uniti d’America, Padova, 1984. 42
In tal senso Stroppiana L., Stati Uniti, op.cit., p.42.
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invece, si ha su richiesta di almeno due terzi dei Parlamenti degli stati, e determina la convocazione da parte del Congresso di una Convention ad hoc chiamata a formulare la proposta emendativa. In ogni caso, a prescindere dal modo in cui si arrivi a tale proposta, perché venga approvata si richiede che questa venga ratificata da almeno tre quarti degli stati ovvero 38 su 50. Peraltro, anche rispetto alla ratifica la Costituzione prevede due «vie». Il Congresso più infatti decidere se far ratificare l’emendamento ai legislativi di ciascuno stato ovvero ad apposite Convention convocate in ciascuno stato dell’Unione; procedimento, quest’ultimo, utilizzato per l’approvazione del XXI emendamento43. Gli emendamenti, una volta approvati, non vengono inseriti nel corpo originario della Costituzione, ma sono elencati dopo l’ultimo articolo. Di conseguenza, dato che alcune parti della Costituzione possono essere state superate con l’approvazione di un emendamento, la lettura dei primi sette articoli deve essere sempre coordinata con quella degli emendamenti ad essi relativi. La Costituzione americana – a fronte di un elevato numero di proposte emendative avanzate dal Congresso44 – ha subito, dall’entrata in vigore poche modifiche. Infatti, solo diciotto procedimenti di revisione hanno avuto esito positivo, determinando l’approvazione di 27 emendamenti. I primi dieci, che costituiscono il Bill of Rights45, sono stati approvati dal Congresso nel 1789 e ratificati dagli stati nel 1791, con l’intento di arginare il possibile abuso che avrebbe potuto
43
Sulle proposte di modifica del procedimento di revisione. Cfr. Olivetti Rason N., La dinamica costituzionale degli Stati Uniti d’America, op.cit., p. 89, nota 2. 44
Se ne contano più di diecimila.
45
Il I emendamento garantisce la libertà di culto, parola e stampa, il diritto di riunirsi pacificamente e il diritto di appellarsi al governo per correggere i torti; il II emendamento garantisce il diritto di possedere armi; il III prevede che le truppe non possano essere acquartierate in abitazioni private senza il consenso del proprietario; il IV emendamento difende da perquisizioni, arresti e confische irragionevoli. I quattro emendamenti successivi trattano il sistema della giustizia: il V emendamento sancisce che "Nessuno sarà tenuto a rispondere di reato, che comporti la pena capitale, o che sia comunque grave, se non per denuncia o accusa fatta da un Grand Jury (in italiano "Gran Giudice"), a meno che il caso riguardi membri delle forze di terra o di mare, o della milizia, in servizio effettivo, in tempo di guerra o di pericolo pubblico; e nessuno potrà essere sottoposto due volte, per un medesimo reato, a un procedimento che comprometta la sua vita o la sua integrità fisica; né potrà essere obbligato, in qualsiasi causa penale, a deporre contro se medesimo, né potrà essere privato della vita, della libertà o dei beni, senza un giusto processo; e nessuna proprietà privata potrà essere destinata a uso pubblico, senza equo indennizzo"; Il VI emendamento garantisce un processo penale rapido e pubblico; garantisce il diritto alla difesa per l'accusato, e prevede che i testimoni debbano assistere al processo e testimoniare in presenza dell'accusato; il VII emendamento garantisce un processo davanti ad una giuria per le controversie civili il cui valore sia superiore ai 20 dollari; l’VIII emendamento vieta le cauzioni e le multe eccessive, e le punizioni crudeli o inusitate. Gli ultimi due dei dieci emendamenti contengono invece dichiarazioni di autorità costituzionale di ampio respiro.
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realizzare sui cittadini un governo centrale forte non soggetto ad alcun vincolo. Originariamente, dunque, la Carta dei Diritti non era stata pensata per essere applicata agli stati, alcuni dei quali, ad esempio, avevano stabilito una religione ufficiale. Soltanto con l’approvazione del XIV emendamento46 nel 1868 e, in particolare, dell’inciso contenuto al primo comma secondo cui «nessuno Stato farà o metterà in esecuzione una qualsiasi legge che limiti i privilegi o le immunità dei cittadini degli Stati Uniti; né potrà qualsiasi Stato privare qualsiasi persona della vita, della libertà o della proprietà senza un processo nelle dovute forme di legge [due process of law]; né negare a qualsiasi persona sotto la sua giurisdizione l'eguale protezione delle leggi», la Corte Suprema ha esteso l’applicazione di alcune parti della Carta dei Diritti anche agli stati. Gli emendamenti successivi, coprono un’ampia gamma di argomenti. La maggioranza trae origine dal continuo sforzo di espandere le libertà individuali, civili o politiche, mentre alcuni riguardano la modifica delle strutture basilari del governo disegnate a Filadelfia nel 1787. In particolare, mentre l’XI emendamento approvato nel 1795 era volto a limitare la competenza del potere giudiziario federale in base al principio dell’immunità sovrana degli stati; il XII emendamento del 1804 era stato introdotto in vista delle elezioni presidenziali per correggere i difetti di funzionamento del collegio dei grandi elettori. Le successive modifiche della Costituzione si sono avute con la fine della guerra civile e hanno determinato l’approvazione, nel 1865, del XIII emendamento con cui si aboliva la schiavitù; nel 1868, del XIV emendamento che - nell’introdurre il concetto di cittadinanza degli Stati Uniti, la tutela dei diritti della persona e il principio di eguaglianza – è diventato uno dei parametri di costituzionalità più usato dalla Corte Suprema che – come si è già anticipato – lo ha usato per rendere il Bill of Rights vincolante anche per gli stati. Infine, nel 1870 con il XV emendamento si è attribuito il diritto di voto agli ex schiavi. Successivamente sono stati approvati: nel 1913, il XVI emendamento volto ad autorizzare la tassa federale sul reddito e il XVII emendamento con cui si stabiliva l'elezione diretta dei senatori; nel 1919, il XVIII emendamento volto a proibire la produzione e la vendita di alcolici (successivamente abrogato nel 1933 da XXI emendamento); mentre nel 1920 il XIX emendamento con cui si attribuiva il diritto di voto alle donne.
Il IX emendamento dichiara infatti che l'elenco dei diritti individuali non è inteso come esaustivo; che il popolo ha altri diritti non specificamente menzionati nella Costituzione; mentre il X prevede che i poteri che non sono delegati dalla Costituzione al governo federale, o da essa non vietati agli Stati, sono riservati ai rispettivi Stati, o al popolo. 46
E in particolare dell’inciso contenuto al primo comma secondo cui «nessuno Stato farà o metterà in esecuzione una qualsiasi legge che limiti i privilegi o le immunità dei cittadini degli Stati Uniti; né potrà qualsiasi Stato privare qualsiasi persona della vita, della libertà o della proprietà senza un processo nelle dovute forme di legge [due process of law]; né negare a qualsiasi persona sotto la sua giurisdizione l'eguale protezione delle leggi».
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Nel 1933 con l’approvazione del XX emendamento, noto anche come lame-duck amendment, si è accorciato il passaggio fra elezione ed inizio del mandato presidenziale e si è modificato il calendario delle sessioni congressuali. La seconda metà del secolo si è caratterizzata per l’approvazione di cinque emendamenti: il XXII, del 1951, con cui si è limitato a due il numero dei mandati presidenziali; il XXIII, del 1961, che ha concesso elettori presidenziali al Distretto di Columbia; il XXIV, del 1964, con cui sono state abolite le tasse elettorali; il XXV, del 1967, che ha modificato i dettagli della successione presidenziale e fornito regole per la rimozione temporanea del Presidente e per la sostituzione del Vicepresidente; e, infine, il XXVI, del 1971, con cui si è concesso il diritto di voto ai diciottenni. L’ultimo emendamento, il XXVII, è stato approvato soltanto nel 1992, ma essendo volto a limitare l'aumento degli stipendi del Congresso, rappresenta una delle più antiche proposte di modifica della Costituzione. Infatti, a fronte dei ricorrenti aumenti di indennità dei suoi membri da parte del Congresso, già nel 1789 era stata avanzata tale proposta emendativa, che tuttavia, non era stata ratificata dagli stati. Da segnalare che a cavallo tra gli anni ottanta e novanta si è molto discusso sull’opportunità di inserire in Costituzione una norma volta a introdurre il principio del pareggio di bilancio. Il Balanced Budget Amendment tuttavia non ha ottenuto le maggioranze richieste al Congresso né allora, né nel 2011 quando è stato ripresentato senza successo. La breve analisi degli emendamenti apportati alla Costituzione consente di affermare che soltanto in due casi le revisioni hanno inciso sugli equilibri federali; ciò che è avvenuto con l’approvazione dei civil war amendments e del XVI emendamento. Se ne ricava che la maggior parte delle modifiche, soprattutto quelle relative alla forma federale, è avvenuta – come si è avuto modo di illustrare nel paragrafo relativo all’evoluzione del federalismo legislativo – con l’adozione di leggi ordinarie legittimate dalla Corte Suprema47 attraverso un’interpretazione estensiva della commerce clause e della necessary and proper clause.
I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali: I.2.1) Una premessa indispensabile: la separazione dei poteri Per comprendere l’organizzazione costituzionale dei poteri negli Stati Uniti, si deve preliminarmente dedicare qualche cenno alle ragioni che hanno indotto i padri costituenti a scegliere una forma di governo “separata” e, a tal proposito, la fonte cui si deve far riferimento è il Federalist. Secondo Madison era infatti opportuno istituire un sistema di 47
Così, Bifulco R., Ordinamenti federali comparati, I, Torino, 2010, p. 382;
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controllo reciproco tra i soggetti che dispongono del potere pubblico, una organizzazione che andasse oltre la separazione dei poteri teorizzata in Europa da Montesquieu. In America, dunque, si è optato – come affermato da Huntington48- per una rigida separazione tra potere esecutivo e legislativo: poteri reciprocamente indipendenti sia sul piano elettorale che sul piano istituzionale49. La durata in carica di Presidente e Congresso è fissa e le scadenze elettorali sono prestabilite: la legislatura del Congresso non può essere interrotta anticipatamente e il mandato presidenziale non può essere accorciato. Ciononostante, onde evitare paralisi decisionali, si è introdotto un sistema di checks and balances in grado di incentivare la collaborazione istituzionale, attribuendo a ciascuna istituzione un potere di veto sul funzionamento delle altre. Ad esempio, come si vedrà meglio in seguito, le nomine presidenziali necessitano del «consiglio e del consenso» del Senato; o ancora, il Congresso ha bisogno della firma presidenziale per far sì che un progetto da esso approvato diventi legge; come del resto, lo stesso impeachment presidenziale può essere considerato una forma estrema di controllo da parte del Congresso nei confronti del Presidente. Si è dunque introdotto un sistema di governo a poteri separati e bilanciati in cui, non essendo presente un centro fisso del potere, si possono formare diversi equilibri istituzionali. Così, fino agli anni ’30, si è avuta la primazia del Congresso (potere legislativo), mentre successivamente si è progressivamente assistito alla primazia della Presidenza (potere esecutivo). Ferma restando tale premessa, nella presente sezione si analizzeranno le istituzioni fondamentali del sistema statunitense, mentre il concreto operare della forma di governo sarà analizzato nella sezione II.2.
I.2.2) Il potere esecutivo I.2.2.1) Elezione e durata del mandato di presidente degli Stati Uniti Secondo quanto disposto dall’art II, sez. 1, Cost., i requisiti per potersi candidare alle elezioni presidenziali sono dati dal possesso della cittadinanza statunitense, dall’essere residente negli Stati Uniti da almeno quattordici anni, oltre ad aver compiuto il 35° anno di età.
48
Huntington S.P., Political Order in Changing Societies, Yale, 1968.
49
In proposito v. Fabbrini S., L’America e i suoi critici, Bologna, 2005, p.40 ss. In particolare a p.45 si richiama Neustadt R.E., Presidential Power and the Modern President. The Politics of Leadership from Roosevelt to Reagan, New York, 1990, p.29, in cui si parla di «istituzioni separate che condividono lo stesso potere governativo».
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L’elezione del Presidente (e del vice presidente) si svolgono ogni quattro anni ed il loro mandato inizia il 20 gennaio dell’anno successivo alle elezioni che, di regola, si svolgono in novembre50. L’elezione si svolge in due fasi. La prima, non è regolata dalla Costituzione, ed è volta a selezionare il candidato che concorrerà alle presidenziali all’interno dei due partiti, repubblicano e democratico, presenti nell’ordinamento statunitense51. Si tratta di una procedura infrapartitica in cui la selezione dei delegati che prenderanno parte alla convenzione nazionale può avvenire attraverso caucus - ovvero riunioni dei dirigenti di un partito politico volte a selezionare i candidati alle elezioni - , oppure attraverso le c.d. primarie: vere e proprie votazioni con elettori che si recano ai seggi per selezionare il proprio candidato52. In proposito si deve evidenziare che a partire dal 1968, nella maggior parte degli Stati il sistema del caucus è stato abbandonato in favore delle primarie53. In ogni caso l’istituzione di primarie ovvero di primarie combinate con caucus, varia da stato a stato poiché il loro svolgimento è disciplinato da differenti leggi statali e statuti di partito. Si deve inoltre segnalare che la diffusione delle primarie per la selezione dei candidati presidenziali, ha determinato un indebolimento dei partiti, poiché il processo elettorale, mediante tale sistema, è diventato sempre più centrato sulla persona dei candidati54. Al termine di questa fase, solitamente tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, si svolgono le convenzioni nazionali ovvero dei congressi tenuti dai più rappresentativi partiti politici, in cui si conferisce ufficialmente la nomination presidenziale; si nomina il candidato alla vicepresidenza, scelto dal vincitore delle primarie; e, infine, si decide la piattaforma
50
Le elezioni si svolgono nel cosiddetto Election Day che ricorre il martedì successivo al primo lunedì di novembre di ogni quattro anni, questo per evitare che il giorno delle elezioni cada il 1º novembre, che è un giorno festivo. 51
Sulle caratteristiche del sistema dei partiti negli USA si rimanda alla sezione II.1.
52
Le primarie possono essere di 5 tipi. Si parla di primarie «chiuse» quando possono votare soltanto gli elettori registrati nelle liste elettorali dichiarando un’affiliazione partitica: ad esempio, solo coloro che sono registrati come democratici potranno partecipare alle primarie democratiche. Si parla di primaria «chiusa modificata» ovvero «primaria chiusa ma aperta agli indipendenti» quando si consente di partecipare ad una delle due primarie agli elettori che non hanno dichiarato un’affiliazione partitica. Si parla di primaria «aperta con dichiarazione pubblica» quando possono partecipare gli elettori che dichiarano la loro scelta di partito il giorno della selezione. Si parla invece di «primaria aperta con scelta privata» quando si consente agli elettori di scegliere a quale primaria partecipare al momento del voto. Infine, si parla di «blanket primary» ovvero di «primaria coperta» quando gli elettori ricevono un’unica scheda con i nomi di tutti i candidati di tutti i partiti che partecipano alla selezione. 53
In tal senso cfr. Lanchester F., Gli strumenti della democrazia, Milano, 2004, p. 378, in cui si evidenzia che ormai le primarie si svolgono in quasi 40 stati della Federazione. V. anche Stroppiana L, Stati Uniti, op.cit., p.59, in cui si evidenzia che più dell’80% dei delegati alle convenzioni viene selezionato in base ai risultati delle primarie, che si tengono mediamente in un numero di Stati tra trenta e quaranta. 54
Sull’origine delle primarie e sull’effetto che hanno determinato si rinvia a Fabbrini S., L’America e i suoi critici, op.cit., pp. 66-74.
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programmatica del partito. Sebbene in passato fossero proprio le convenzioni il luogo in cui si designava il candidato alla presidenza, con le riforme elettorali del 1972 - che hanno reso il metodo delle primarie vincolante nella scelta dei delegati alle convenzioni - , queste ultime hanno perso la loro originaria funzione e sono diventate una vetrina per misurare il successo del presidente designato. La seconda fase ovvero quella interpartitica è invece disciplinata dalla Costituzione. Precisamente, secondo quanto disposto dall’art. II, sez. 1, comma 2, «ciascuno stato nominerà, nel modo che sarà prescritto dal Legislativo locale, un numero di Elettori pari al totale dei Senatori e dei Rappresentanti ai quali lo Stato abbia titolo nel Congresso». Tali soggetti, denominati Grandi Elettori, secondo quanto stabilito dal XII emendamento si riuniscono nei rispettivi Stati, e votano a scrutinio segreto per il Presidente e il VicePresidente. In questo modo, dato che soltanto il numero dei rappresentanti è proporzionale alla popolazione, si attribuisce agli stati più piccoli «un peso politico maggiore di quello che potrebbero avere usando l’esclusivo criterio della popolazione»55. Formalmente quella presidenziale è un’elezione indiretta di secondo grado. Tuttavia, le modalità di scelta dei Grandi Elettori - in tutti gli stati eletti direttamente dal popolo con sistema maggioritario - e il contesto bipartitico, rendono di fatto diretta l’elezione del Presidente e, per contro, scontato il risultato dell’elezione di secondo grado. In sostanza, dunque, la scelta dei Grandi Elettori, equivale ad eleggere il Presidente: chi vota, infatti, trova sulla scheda il nome dei candidati alla presidenza e alla vice presidenza di ciascun partito, ai quali è collegata una lista di Grandi Elettori, in numero pari a quelli spettanti allo stato. Ciò fa concepire ai cittadini americani l’elezione presidenziale come un’elezione diretta. Per vincere, poiché i voti elettorali sono complessivamente 538, è necessario ottenere la maggioranza assoluta dei voti ovvero 270 voti. Nell’ipotesi in cui nessun candidato ottenga tale maggioranza, in base a quanto previsto dal comma 2 del XII emendamento, la decisione è rimessa alla Camera dei rappresentanti, che a scrutinio segreto, eleggerà il Presidente fra i tre candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In questo caso, però, i voti si contano per Stato, ciascuno dei quali dispone di un solo voto56. Il mandato è di quattro anni e ha una durata fissa. Infatti, anche nell’ipotesi in cui il Presidente muoia o venga rimosso a seguito della procedura di impeachment ovvero si dimetta, il mandato in corso va avanti fino alla fine con l’esercizio dei poteri presidenziali da parte del vicepresidente (XXV emendamento). Ipotesi, questa che si è verificata nove volte nel corso
55
Cfr. Fabbrini S., L’america e i suoi critici, op. cit., p. 46.
56
Il meccanismo previsto dal XII emendamento è stato utilizzato soltanto in due occasioni: nel 1801 per l’elezione di Thomas Jefferson e nel 1825 per l’elezione di John Quincy Adams.
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della storia americana: otto dopo la morte del Presidente ed una dovuta alle dimissioni da questi rassegnate57. Originariamente non era stato introdotto alcun limite alla rieleggibilità, ma con le presidenze Washington e Jefferson, si era affermata la consuetudine di non ricoprire la carica per più di due mandati. Tale consuetudine - rispettata da tutti i presidenti ad eccezione di F.D. Roosevelt che, tra il 1932 e 1944, è stato eletto quattro volte - è diventata una norma costituzionale nel 1951 con l’introduzione del XXII emendamento.
I.2.2.2) L’organizzazione dell’esecutivo federale Il Presidente degli Stati Uniti non è in grado, da solo, di svolgere adeguatamente tutte le funzioni esecutive, né può personalmente «aver cura della piena osservanza delle leggi». Ciononostante, sebbene la Costituzione preveda la possibilità di chiedere il parere scritto «del principale funzionario di ciascuno dei dicasteri esecutivi», non ne menziona nessuno, né ne descrive i compiti58. Di conseguenza, l’unico vero ausiliare presidenziale di cui si parla in Costituzione è il Vice Presidente cui spetta – come si è già evidenziato nel paragrafo precedente - il ruolo di presidente in fieri in caso di morte, rimozione, dimissioni o inabilità del Presidente a svolgere le sue funzioni. La nascita e lo sviluppo di nuovi organi ausiliari è imputabile alla prassi costituzionale e alle leggi del Congresso sviluppatesi per far fronte alle necessità pratiche che i Presidenti si sono trovati a fronteggiare. Già al tempo di Washington si rilevò impossibile per il Capo dell’esecutivo occuparsi di tutti gli affari di stato senza essere aiutato e consigliato. Così, subito dopo il suo insediamento, il primo Presidente degli Stati Uniti chiese al Congresso di istituire tre dicasteri: quello degli affari esteri (successivamente chiamato Dipartimento di stato), quello della difesa e quello delle finanze. Attualmente i dipartimenti dell’esecutivo sono 1559, l’ultimo - l’Homeland Security Department (sicurezza interna) - è stato istituito dal Presidente Bush dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre allo scopo di sorvegliare e stabilire strategie per la salvaguardia 57
Precisamente, durante il mandato sono stati assassinati e sostituiti dal vice presidente: Lincoln (14 aprile 1865) sostituito da Johnson; Garfield (2 luglio 1881) sostituito da Arthur; McKiley (6 settembre 1901) sostituito da T. Roosevelt; Kennedy (22 novembre 1963) sostituito da Johnson. Sono morti per malattia: Harrison (4 aprile 1841) sostituito da Tyler; Taylor (9 luglio 1850) sostituito da Fillmore; Harding (2 agosto 1923) sostituito da Coolidge; F.D. Roosevelt (12 aprile 1945) sostituito da Truman. Le dimissioni sono invece state rassegnate da Nixon (9 agosto 1974), sostituito da Ford, per evitare l’impeachment dovuto allo scandalo Watergate. 58
Cfr. Schroeder R.C., Outline of U.S. government, Office of International Information Programs - United States Department of State, 2000, p.49. 59
Precisamente: Agricoltura, Commercio, Difesa, Educazione, Energia, Sanità, Sicurezza interna, Edilizia e sviluppo urbano, Interni, Lavoro, Esteri, Trasporti, Tesoro, Veterani, Giustizia.
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del paese da eventuali nuovi attacchi. I Capi di ciascun dipartimento, c.d. Secretaries (solo il Capo del Dipartimento della Giustizia viene denominato Attorney General), sono nominati dal Presidente, con l’assenso del Senato (a maggioranza semplice). I Secretaries sono legati da un rapporto fiduciario con il Presidente. Dunque, pur godendo della massima autonomia amministrativa, non godono di un mandato fisso, poiché nell’ipotesi in cui vi sia un dissenso, il Presidente è libero di revocarli e sostituirli. A riprova di ciò si segnala che sono stati molto pochi i casi in cui tutta la compagine è rimasta immutata allo scadere del mandato presidenziale. I Secretaries, insieme al Vice Presidente, costituiscono il Cabinet presieduto dal Presidente. Tale organo non è in alcun modo previsto, né disciplinato dalla Costituzione. Di conseguenza, l’attività consultiva che esso è chiamato a svolgere, è destinata ad incidere a seconda della volontà del Presidente che può scegliere di allinearsi ai “consigli” del Cabinet ovvero di disattenderli60. Trattandosi di un organo che non è collegialmente responsabile né verso il Presidente, né verso il Congresso, la sua composizione, può variare senza incidere sull’unità dell’indirizzo politico, il cui unico titolare rimane il Presidente. Oltre ai Dipartimenti e al Cabinet, la Presidenza è coadiuvata dall’Executive Office of President, creato dopo la crisi economica degli anni ’3061. Tale struttura è attualmente suddivisa in 11 uffici62 tra i quali rivestono un ruolo particolarmente importante: il White House Office, formato dai più intimi collaboratori del Presidente con funzione di organizzare il lavoro del Presidente, curarne i rapporti con il Congresso, predisporne i discorsi e sovrintendere alle pubbliche relazioni; l’Office of Management and Budget, con il compito di formulare il bilancio federale da sottoporre all’approvazione del Congresso e coordinare l’azione delle agenzie federali; e il National Security Council, con compiti consultivi in materia di politica interna, estera e militare.
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A questo proposito basti pensare alla vicenda che vede protagonista Lincoln il quale, contraddetto dai suoi ministri durante un’animata riunione del Cabinet, mise ai voti la proposta e comunicò i risultati con la frase «Sette voti contrari, uno a favore, la proposta è approvata». 61
In particolare, Roosevelt - il cui New Deal aveva determinato l’espansione delle attività federali – fu autorizzato dal Congresso ad intraprendere una parziale riorganizzazione dell’organo esecutivo, a seguito della quale, fu istituito nel 1939 l’Executive Office of President che era formato da varie agenzie. 62
Council of Economic Advisers; Council on Environmental Quality; Executive Residence; National Security Council; Office of Administration; Office of Management and Budget; Office of National Drug Control Policy; Office of Science and Technology Policy; Office of the United States Trade Representative; Office of the Vice President; White House Office.
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Fonte: https://www.usa.gov
I.2.2.3) I poteri del Presidente degli Stati Uniti I poteri del Presidente sono definiti dall’art. II della Costituzione. Sebbene i Padri Fondatori si fossero sforzati di rendere questo articolo meno elusivo possibile, la clausola di apertura, secondo cui «il potere esecutivo sarà conferito ad un Presidente degli Stati Uniti d’America», ha dato adito a molte interpretazioni che, di volta in volta, hanno modificano il ruolo e le funzioni del Presidente. La flessibilità interpretativa di tale clausola consente di distinguere due forme di poteri attribuiti al presidente: quelli espressamente enumerati e quelli impliciti. Tra i primi rientrano: a) il potere di far osservare le leggi - fondamento del potere esecutivo - e il potere di convocare le Camere in «occasioni straordinarie» (art. II, sez. 3);
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b) il ruolo di Comandante in Capo dell’esercito, della marina e della milizia dei diversi Stati, quando questa sia chiamata a servizio attivo degli Stati Uniti (art. II, sez.2, )63; c) il potere di richiedere l’opinione dei funzionari principali di ciascuno dei dicasteri dell’esecutivo su ogni argomento relativo ai doveri dei rispettivi uffici (art. II, sezione 2)64; d) il potere di concedere la grazia o la diminuzione della pena per tutti i crimini compiuti contro gli Stati Uniti, salvo nel caso in cui il Presidente sia incriminato (impeachment) da parte della Camera (art. II, sez.2). Tale potere è stato oggetto di numerose sentenze della Corte suprema chiamata ad individuarne eventuali limiti. Dalla costante giurisprudenza della Corte65 è risultato che si tratta di un potere incondizionato e illimitato che può essere esercitato in qualsiasi momento dopo la commissione del reato: dunque anche prima, durante e dopo il processo. Un esempio di ciò, è costituito dal pardon del Presidente Ford nei confronti del dimissionario Presidente Nixon, prima che iniziasse l’istruttoria per impeachment a suo carico per lo scandalo Watergate. All’epoca furono sollevati dubbi sulla costituzionalità dell’esercizio di questo potere ma, alla luce dei precedenti, la Corte del Michigan investita della questione, lo dichiarò costituzionalmente legittimo; e) il potere di concludere trattati e di designare il corpo diplomatico, i giudici della Corte suprema e tutti gli altri pubblici funzionari la cui nomina non sia altrimenti disposta dalla Costituzione, previo parere e consenso della maggioranza dei membri del Senato (art. II, sez.2, c.2). Tale potere attribuisce dunque al Presidente la responsabilità nella conduzione delle relazioni internazionali sia attraverso le normali relazioni diplomatiche, sia mediante la stipula di trattati. Rispetto a questi ultimi si deve tuttavia evidenziare che nell’ipotesi in cui la materia oggetto del trattato ricada tra le competenze del potere legislativo, il Presidente deve essere autorizzato dal Congresso ad avviare il negoziato e concludere l’accordo con altri Stati. Per quanto riguarda i poteri di nomina, si deve evidenziare che è fatta salva la possibilità che i Congresso attribuisca la nomina delle cariche inferiori al solo Presidente, senza l’approvazione del Senato. Quest’ultimo, peraltro, ha utilizzato il potere di assenso con estrema parsimonia: infatti solo 9 volte il Senato ha respinto la nomina dei Segretari di dipartimento (l’ultimo caso risale al 1989, durante l’amministrazione Bush); f) poteri amministrativi come quello di fornire informazioni al Congresso rispetto allo stato dell’Unione e quello di sottoporgli provvedimenti (atti legislativi) necessari e convenienti. 63
Questa funzione è stata attribuita al Presidente per indicare la supremazia dell’autorità civile su quella militare ovvero degli organi elettivi su quelli di carriera. 64
Come si è già avuto modo di dire, le opinioni ed i pareri espressi per iscritto dai Secretaries non sono vincolanti per il Presidente dato che l’autorità e la responsabilità dell’azione esecutiva, infatti, sono imputate esclusivamente al Presidente. 65
Cfr. sent. Ex parte Garland del 1866. Sul potere di grazia del Presidente degli Stati Uniti si rinvia a Caravale G., Diritto e clemenza: il pardoning power in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, Torino, 2010. In particolare v. pp 65-134.
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Per quanto riguarda gli implied powers del Presidente, la Corte Suprema ha sempre sostenuto la loro esistenza, pur affermando che il potere esecutivo non fosse illimitato. In particolare, dopo lo scandalo Watergate e a partire dalla decisione U.S. v. Nixon del 1974 in più di un’occasione la Corte ha pronunciato ammonimenti dal considerare la funzione esecutiva come attribuzione illimitata di poteri impliciti. Ciò nonostante, solo in casi eccezionali si è provveduto a porre delle limitazioni a tali poteri. Ciò ha reso l’esecutivo federale un organo sempre più dinamico e attivo con crescenti poteri di decisione, impulso e stimolo oltre al basilare «take care that the laws be faithfully executed», previsto nella sez. 3 dell’art. II. Ad esempio, dalla clausola sul comando delle forze armate si è ricavato il war power del Presidente, ovvero il potere di dare inizio ad azioni militari prima che il Congresso – cui la Costituzione attribuisce formalmente il potere di dichiarare guerra - approvi la dichiarazione66. In forza di tale attribuzione, il Presidente può disporre delle forze armate in situazioni equivalenti alla guerra. A riprova di ciò si segnala che tra le numerose occasioni in cui gli Stati Uniti hanno preso parte in un conflitto, soltanto in cinque casi l’invio di truppe è stato preceduto dalla dichiarazione di guerra da parte del Congresso 67. Ad onor del vero quest’ultimo ha tentato di riconquistare il suo potere "di dichiarare" guerra con l’adozione del War Powers Resolution Act del 1973. Questa legge, infatti, permette al Presidente di usare la forza militare per un massimo di sessanta giorni, con un ulteriore termine di trenta giorni per consentire il disimpegno. Tale atto e stato invocato da alcuni membri del Congresso, nel 1980, poiché si riteneva che il presidente Reagan lo avesse violato inviando consiglieri militari in El Salvador, invadendo Grenada e, infine, intraprendendo azioni militari in Nicaragua. Allo stesso modo, i membri del Congresso hanno lamentato la violazione del War Powers Resolution Act da parte del Presidente George H.W. Bush nel 1990, per l'invio di truppe nel Golfo Persico, e da parte del presidente Bill Clinton per l'azione militare intrapresa in Jugoslavia. Ciononostante in tutte queste occasioni i tribunali hanno sostanzialmente affermato che non fosse compito loro difendere il diritto del Congresso di dichiarare guerra e i Presidenti hanno di fatto assunto il potere di avviare e condurre guerre a loro piacimento.
66
Si deve segnalare che l’approvazione di una dichiarazione di guerra, determina automaticamente l’operatività di una serie di leggi che conferiscono poteri speciali al Presidente, quali, quello di interdire tutto il commercio con il nemico, ordinare la produzione di armamenti e controllare il sistema dei trasporti per attribuirne l'uso in via prioritaria ai militari. Altri esempi sono dati dall’attivazione delle disposizioni contenute nell’Alien Enemy Act del 1789, che attribuisce al Presidente un potere discrezionale sui cittadini di uno Stato nemico che si trovano negli Stati Uniti, nel Foreign Intelligence Surveillance Act del 1978 (così come modificato nel 2001) che consente l’attivazione della sorveglianza elettronica senza l’autorizzazione del Tribunale per raccogliere informazioni di intelligence straniere. 67
Precisamente: nel 1812 contro la Gran Bretagna (War of 1812); nel 1846 contro il Messico (MexicanAmerican War); nel 1898 contro la Spagna (Spanish-American War); nel 1917 contro la Germania e l’AustroUngheria (World War I); nel 1941 contro il Giappone, la Germania, e l’Italia e nel 1942 contro la Bulgaria, l’Ungheria e la Romania (World War II).
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Altro esempio di implied power Presidenziale è il potere di iniziativa in materia di politica estera. Infatti, sebbene la stipula dei trattati sia subordinata all’assenso del Senato, il Presidente può siglare executive agreement sottratti al controllo della “Camera alta”. In questo caso, infatti, l’accordo internazionale non viene qualificato come trattato, ma viene stipulato dal Presidente per autorità propria nella sua veste di Capo dell’Esecutivo. Ovviamente il Presidente può ricorrere a questa procedura solo nel caso in cui non sia necessaria una legge per la concreta realizzazione dell’accordo68. Infine, ma non in ordine di importanza, l’ampliamento del ruolo costituzionalmente assegnato al Presidente ha interessato anche l’esercizio del potere legislativo. In particolare, la capacità del Presidente di influenzare l’attività legislativa del Congresso è imputabile sia al crescente uso che i Presidenti hanno fatto del potere di veto69, sia alla disposizione contenuta nell’art. II, sez. 3, in cui si stabilisce che il Presidente «informerà di tanto in tanto il Congresso sullo stato dell'Unione, e raccomanderà alla considerazione [delle Camere] le misure che giudicherà necessarie e convenienti». Infatti, sebbene questa previsione, abbia consentito di giustificare per tutto il XIX secolo, la quasi totale estromissione del Presidente nell’ambito del procedimento legislativo, nel XX sec. è stata usata dal Congresso per sollecitare il Presidente ad assumere poteri nell’ambito dell’iniziativa legislativa mediante l’individuazione di parametri nel bilancio federale70. Ciò che è stato fatto con l’approvazione, nel 1921, del Budget and Accounting Act, che autorizza il Presidente a presentare ogni anno una proposta di bilancio federale. Nella prassi, inoltre, il Presidente ha assunto la titolarità di un vero e proprio potere di iniziativa legislativa attraverso il programma di governo ed il potere di messaggio. Infatti, il Presidente propone un programma di leggi nell’interesse della Nazione già con l’inizio della campagna elettorale a settembre, ed è sul quel programma che viene eletto. Più in generale ricorrendo al potere di messaggio, tramite l’annuale State of the Union Speech presentato al Congresso, il Presidente espone un vero e proprio programma legislativo, che poi si traduce nella presentazione di progetti di legge elaborati dall’amministrazione da parte di parlamentari sostenitori della politica presidenziale. In questo senso si può dunque dire che il Presidente sia titolare della funzione di indirizzo, sebbene il potere legislativo sia attribuito dalla Costituzione esclusivamente al Congresso. Inoltre, l’esecutivo ha acquisito il potere, non previsto dalla Costituzione, di adottare in situazioni di crisi atti con forza di legge. Tali “poteri emergenziali” sono stati attribuiti al Presidente, con il placet della Corte Suprema, in base ad una lettura elastica della clausola che 68
Appartengono a questa categoria gli accordi di Yalta e di Postdam siglati durante la seconda guerra mondiale.
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Sul potere di veto cfr. Spitzer R.J., The President veto. Touchstone of the american Presidency, Albany, 1988.
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L’ambivalenza di tale diposizione è affermata da Fabbrini S., L’America e i suoi critici, op.cit., p.61, in cui si richiama Wildavsky A., The New Politics of the Budgetary, Glenview, 1988.
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gli attribuisce la funzione di Comandante in Capo delle forze armate. In molte occasioni, invece, è stato addirittura il Congresso ad ampliare la sfera d’azione del Presidente delegandogli atti propri del legislativo mediante uno Statutory Grant of Power per una materia determinata (con o senza limiti temporali) e previa dichiarazione dello “stato d’emergenza” da parte del Presidente in base a quanto previsto dal National Emergency Act del 1976. Peraltro, sebbene il Congresso possa sempre negare “l’attivazione” della delega, dal 1979 sino ad oggi, ciò non è mai avvenuto. L’ampliamento del ruolo presidenziale nella produzione legislativa ha determinato – come si evince dalla tabella sottostante - anche il ricorso crescente al potere di veto nella sua duplice veste di regular veto – ovvero quello che la Costituzione attribuisce al Presidente all’art. I, sez. 7 – e di pocket veto (letteralmente "veto tascabile") – ovvero quello che si realizza quando il Presidente non firma né pone esplicitamente il veto su un determinato bill approvato dal Congresso nel caso in cui l'attività di tale organo sia sospesa. In questa ipotesi, infatti, il disegno di legge non può ritornarvi e quindi non ha seguito. L’utilizzazione del potere di veto come strumento di offensiva legislativa da parte del Presidente è imputabile al fatto che, pur non trattandosi di veto assoluto, le maggioranze richieste per superarlo (ovvero quella dei due terzi dei membri di ciascuna Camera) non sono facilmente raggiungibili e lo rendono uno strumento formidabile per condizionare le scelte legislative del Congresso. A riprova di ciò, si evidenzia che, nella maggior parte dei casi in cui sono stati posti, il Congresso non è riuscito a neutralizzare i veti presidenziali (cfr. tabella 1). Tabella 1 – Veti presidenziali dal 1961 al 2011
Periodo
Presidenti
Totale veti
Pocket Veto
Veti non Veti neutralizzati neutralizzati
1961-1963
J.F. Kennedy
21
9
21
-
1963-1969
L.B. Johnson
30
14
30
-
1969-1974
R. Nixon
43
17
36
7
1974-1977
G.R. Ford
66
18
54
12
1977-1981
J. Carter
31
18
29
2
1981-1989
R. Reagan
78
39
69
9
1989-1993
G.H. Bush
44
15
43
1
1993-2001
W.J.Clinton
38
1
36
2
2001-2009
G.W.Bush*
10
-
7
3
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2009-2011
B. Obama
2
-
2
-
* I pochi veti presidenziali durante i due mandati di G.W.Bush si spiegano per l’alta sintonia ideologica tra Presidente e Congresso, oltre al particolare clima politico del dopo 11 settembre. Fonte: U.S. Census Bueau, Statistical Abstract of the United States, 2012, p.259. I.2.2.4) L’impeachment L’impeachment è un rimedio costituzionale per punire gravi reati volti a scardinare il sistema di governo il cui scopo non è tanto punire colui che ha commesso il reato, quanto, piuttosto, di salvaguardare il governo costituzionale71. Proprio in considerazione della sua funzione, in base all’art. II, sez. 4, può essere rivolto nei confronti del Presidente, del Vice Presidente, e di tutti i civil officiers degli Stati Uniti ovvero tutti i funzionari nominati dal Presidente ai sensi dell'articolo II, sez. 3, c. 2. a prescindere dal fatto che svolgano funzioni esecutive, amministrative o giudiziarie72. Peraltro, tale potere può essere esercitato anche nei confronti di un funzionario che si è dimesso, come ad esempio è avvenuto nel procedimento di impeachment promosso nel 1876 nei confronti del Segretario Belknap. In pratica, però, le dimissioni di un funzionario che sta per essere messo sotto accusa, in genere, determina la fine del procedimento di impeachment. Infatti, dato che l'obiettivo primario del procedimento e la conseguenza pratica di una eventuale condanna, è di rimuovere il funzionario dalla carica che ricopre, le dimissioni rappresentano in un certo senso il raggiungimento dell’obiettivo perseguito. Ipotesi, questa, verificatasi nel 1974 quando il Presidente Nixon si dimise in seguito alla raccomandazione da parte del Committee on the Judiciary alla Camera, di procedere alla messa in stato d’accusa del Presidente. Come noto, infatti, in quell’occasione le dimissioni determinarono la sospensione della procedura. I motivi per cui si può essere posti in stato di accusa sono definiti in maniera piuttosto generica dalla Costituzione che li identifica, all’art. II, sez.4, con il tradimento, la corruzione o altri gravi crimini e misfatti. La frase “alti crimini e misfatti” è stata interpretata in senso lato giacché gli estensori della Costituzione l’avevano mutuata dall’Inghilterra che, a sua 71
In tal senso, Brown Wm.H., Johnson C.W., Sullivan J.V., House practise. A Guide to the Rules, Precedents, and Procedures of the House, Washington, 2011, p.591. 72
Non sono ricompresi nella nozione di civil officer gli ufficiali militari – soggetti alla misure disciplinate dal militar code – i membri del Congresso e quelli del Senato. In particolare la tesi secondo cui un senatore non è un civil officer, ai fini dell’applicazione delle disposizioni che regolano l’impeachment in Costituzione, è stata sostenuta dal Senato nel 1799, quando - dopo la messa in stato di accusa del senatore Blount – dichiarò che l’impeachment di un senatore era al di là della sua giurisdizione.
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volta, l’aveva considerata inclusiva sia di reati previsti dalla legge penale, che di comportamenti gravi73 non previsti come reati ma idonei in qualche modo a determinare un abuso di potere ovvero effetti negativi sui pubblici interessi. Si deve inoltre trattare di reati commessi durante il mandato. La Costituzione, nell’ambito del procedimento, attribuisce un diverso ruolo alla Camera ed al Senato. Infatti, mentre la prima è investita del compito di discutere i presupposti dell'accusa ed eventualmente (con voto a maggioranza semplice dei presenti) trasmetterla al Senato sotto forma di Article of Impeachment ovvero il documento scritto in cui sono formalizzate le accuse; il Senato è investito del ruolo di giudice (con voto a maggioranza dei due terzi dei presenti). Per quanto riguarda gli Articles of Impeachment posti alla base dei due tentativi di “messa in stato d’accusa” dei Presidenti, quelli adottati nei confronti del Presidente Clinton – successivamente assolto - erano due. In particolare, gli si contestava di aver mentito durante una deposizione sotto giuramento in un processo e di aver ostacolato la giustizia federale in un procedimento civile. I motivi per cui si era invece ritenuto opportuno agire nei confronti di Nixon, nel 1974, erano l’abuso dei suoi poteri presidenziali, l’intralcio alla giustizia, e il disprezzo del Congresso. Il procedimento di “messa in stato di accusa” è stato avviato più di 60 volte dall’entrata in vigore della Costituzione. Tuttavia solo in diciannove casi l’istruttoria condotta dalla Camera dei Rappresentati ha condotto alla formalizzazione delle accuse di fronte al Senato. In particolare nei confronti: del Presidente A. Johnson, nel 1868; del Segretario di Guerra W.W. Belknap, nel 1876; del senatore W. Blount, nel 1797; del Presidente W.J. Clinton nel 1998; e di 15 di giudici federali. Tra questi, soltanto in otto casi, tutti promossi nei confronti di giudici federali, il Senato si è pronunciato a favore della condanna74. Infatti, si deve evidenziare che l’ampia maggioranza richiesta in Senato rende estremamente difficile che si arrivi alla condanna di un Presidente e impedisce che lo strumento dell’impeachment sia impropriamente usato per stabilire una sorta di rapporto fiduciario tra potere legislativo e potere esecutivo.
73
Per quanto riguarda la gravità del reato si riporta quanto affermato da Brown, The impeachment of Federal Judiciary, Washington, 1912, in cui si afferma che «Per determinare se un atto o una linea di condotta sia sufficiente per sostenere un impeachment, si deve tenere conto degli eterni principi di diritto, applicate al decoro pubblico e la moralità civile. Il reato deve essere pregiudizievole per l'interesse pubblico e deve fluire da un intento doloso, oppure da una totale indifferenza del dovere (...). Esso può costituire una violazione intenzionale del diritto positivo, o può un’omissione, una grave violazione di obbligo morale, o un comportamento sconveniente di natura personale che, abbia come conseguenza, di infangare discreditare un ufficio». 74
Tutti ed otto nei confronti di Giudici federali. In particolare nei confronti dei giudici: Pickering nel 1803; Humphreys nel 1863; Archbald nel 1912; Ritter nel 1936; Claiborne nel 1986; Nixon nel 1988; Hastings nel 1989, e Porteous nel 2010.
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I.2.3) Il Congresso La denominazione Congresso è usata frequentemente per indicare il parlamento negli stati in cui il potere legislativo e quello esecutivo non sono legati da vincolo di fiducia, avendo adottato una forma di governo presidenziale. Il Congresso degli Stati Uniti è disciplinato dalla Costituzione all’art. I, in cui, alla sez.1, gli si attribuisce l’esercizio della funzione legislativa75 e si precisa che tale organo si compone della Camera dei Rappresentati e del Senato. Il Congresso risponde a un modello di bicameralismo paritario e parzialmente differenziato. In particolare, si parla di bicameralismo paritario poiché alle due Camere viene assegnato pari peso nell’esercizio della funzione legislativa: infatti, affinché un progetto diventi legge entrambe devono approvarlo nella medesima formulazione. Tale connotazione non è screditata dalla previsione secondo cui l’iter dei progetti di legge in materia fiscale debba necessariamente iniziare alla Camera dei Rappresentanti (art. I, sez.7). Ciò infatti non impedisce al Senato di emendare tali progetti di legge, che – come tutti gli altri – possono essere approvati solamente con il voto favorevole di entrambe le Camere76. Allo stesso modo la “paritarietà” può essere desunta dall’identico ruolo attribuito alle Camere nell’ambito del procedimento di revisione costituzionale (sul quale si rinvia al par. I.1.4). È possibile invece definire il bicameralismo statunitense parzialmente differenziato perché diversi sono i requisiti per essere eletti in ciascun ramo del Parlamento, come del resto diversa è la rappresentanza degli stati. Come si vedrà meglio in seguito, infatti, alla Camera ciascuno stato è rappresentato in maniera proporzionale alla propria popolazione, mentre al Senato in maniera paritaria, a prescindere dalle dimensioni e dalla densità demografica. Peraltro, in considerazione del fatto che l’elezione dei membri dei due rami del parlamento non è contestuale, determina la possibilità che le due camere esprimano maggioranze diverse. La parziale differenziazione dei ruoli di Camera e Senato si ricava, inoltre, dal potere di advise and consent che la Costituzione attribuisce al Senato per le nomine presidenziali e per la ratifica dei trattati internazionali. Inoltre, le due Camere svolgono un ruolo diverso nel procedimento di impeachment: infatti, mentre alla Camera dei Rappresentanti spetta il compito di curare la fase istruttoria e decidere se procedere alla messa in stato d’accusa, al Senato spetta invece il compito di giudicare.
75
Sull’evoluzione delle competenze legislative si rinvia al par I.1.2.
76
Cfr. Stroppiana L., Stati Uniti, op.cit., p.82, in cui si evidenzia che «niente impedisce al Senato di iniziare a discutere una legge finanziaria e predisporre un testo anche prima che la Camera abbia completato la sua versione, e quindi approvarlo come emendamento sostitutivo una volta ricevuto il testo della Camera».
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Lo status di parlamentare è disciplinato nella sez. 6 dell’art. I, in cui – oltre ad attribuire ai senatori e ai rappresentanti un’indennità – si prevede che «in nessun caso, salvo che per tradimento, fellonia o violazione dell'ordine pubblico, essi potranno essere arrestati sia durante la sessioni delle rispettive Camere, sia mentre vi si recano o ne fanno ritorno; né, per qualsiasi discorso ed opinione pronunciata in ciascuna camera, essi potranno essere sottoposti a interrogazioni in altro luogo». Tale disposizione, nota come Arrest and Speech or Debate Clause stabilisce il regime delle immunità di cui sono titolari i Rappresentanti e i Senatori. In particolare, essa prevede che i membri del Congresso godono di immunità dall’arresto durante la seduta, quando vi si stanno recando ovvero quando stanno rientrando. Si prevede inoltre l'immunità (rectius insindacabilità) per tutte le attività (opinioni, votazioni, etc.) che generalmente vengono svolte durante la seduta di una delle due Camere. Sebbene le prerogative parlamentari siano state mutuate dal Parlamento inglese, negli Stati Uniti, iscrivendosi in un diverso sistema di governo, hanno assunto la funzione di garantire la separazione dei poteri che la caratterizza77. Si deve inoltre evidenziare che tra le due prerogative previste è sicuramente più ampia quella della insindacabilità, mentre l’immunità dall’arresto risulta essere molto più limitata78. Ciò in considerazione del fatto che i Tribunali federali hanno interpretato in maniera molto restrittiva tale clausola onde evitare che la prerogativa si trasformasse in privilegio 79. Di conseguenza, i membri del Congresso sono soggetti, come tutti gli altri cittadini statunitensi, all’arresto nel caso in cui commettano reati e non sono immuni dall’essere parti nei processi civili. La Costituzione attribuisce inoltre a ciascuna Camera l’autorità di «punire i suoi membri per condotta scorretta, a maggioranza dei due terzi» (art. I, sez V). Tale potere, disciplinato dai regolamenti di ciascuna Camera, determina la possibilità di adottare una pluralità di sanzioni nei confronti di colui che abbia posto in essere una condotta scorretta. In particolare, i regolamenti prevedono tra le sanzioni: l’espulsione; l’ammonizione; la negazione o la limitazione di qualsiasi diritto, potere, privilegio o immunità del membro; e l’adozione di qualsiasi altra sanzione che il Committee on Ethics ritenga adeguata. Queste sanzioni non si escludono a vicenda così che un membro può essere censurato, multato e privato della anzianità ovvero rimproverato e condannato, ad esempio, a rimborsare le spese
77
V. Reinstein R.J., Silvergate H.A., Legislative Privilege and the Separation of Powers, Harvard, 1973.
78
Cfr. Biegon B., Presidential Immunity in Civil Actions: An Analysis Based Upon Text, History and BlackstonÈs Commentaries, 1996. 79
V. Stati Uniti v. Brewster (1972) in cui si precisa che tale clausola non rende i membri del Congresso «super citizens, immune from criminal responsibility».
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di indagine della Commissione. In teoria, le Camere hanno anche il potere di prevedere come sanzione l'imprigionamento, sebbene tale punizione non sia mai stata imposta dalle Camere. Inoltre, si deve evidenziare che l’adozione dei provvedimenti disciplinari non esclude l’applicazione di sanzioni da parte dei Giudici qualora il comportamento del membro di una delle due Camere sia consistito nella violazione di una legge penale statale o federale.
I.2.3.1) La Camera dei Rappresentanti e la sua organizzazione interna La Costituzione non prevede il numero dei membri della Camera bassa, limitandosi a disporre che essa sia composta da «membri eletti ogni due anni dal popolo americano» (art. I, sez.2) «ripartiti fra i diversi stati in proporzione alla popolazione di questi» (XIV emendamento) in base ad un censimento che si tiene ogni 10 anni. A partire dal 1910, il Congresso si compone di 435 membri80. I candidati sono selezionati con il sistema delle primarie e sono eletti in collegi uninominali disegnati dai Parlamenti degli stati81. I requisiti per essere eletto rappresentante sono individuati in Costituzione e consistono nell’aver raggiunto il venticinquesimo anno di età, nell’essere cittadino degli Stati Uniti da almeno sette anni e nell’essere residente nello Stato in cui si viene eletti. Il fatto che la base della rappresentanza siano i singoli stati82, il sistema elettorale e, in particolare, il requisito della residenza fanno sì che l’eletto mantenga con il collegio di provenienza un rapporto privilegiato che, a volte, è più forte della fedeltà al partito di cui si fa parte83. La Camera dei rappresentanti è presieduta da uno Speaker che è eletto dall’assemblea a maggioranza dei votanti84. Le candidature sono proposte da ciascun Gruppo parlamentare (caucus) e solitamente viene eletto l’esponente più importante del partito di maggioranza alla Camera85. Lo Speaker ricopre un ruolo particolarmente importante. Egli, infatti, oltre ad avere 80
Per il numero dei rappresentanti che spettano a ciascuno stato si rinvia a U.S. Census Bureau, Statistical Abstract of the United States, 2012, p. 252. 81
Sul sistema elettorale per l’elezione dei membri della Camera bassa si rinvia al par. I.3.
82
In proposito in Stroppiana L., Stati Uniti, op.cit., p. 80 si evidenzia che quando si fa il nome di un rappresentante (o di un senatore) è d’obbligo indicare lo stato in cui sono stati eletti. Ad es. il tal rappresentante della California. 83
In tal senso Bifulco R. Ordinamenti federali comparati, I, Torino, 2010, p.110 che evidenzia come tale dinamica dia spesso vita a spinte centrifughe. 84
In generale, il quorum strutturale affinché una votazione sia valida è della metà più uno dei componenti di ciascuna Camera. 85
Sulla figura dello Speaker v. Moser C.A., The Speaker and the House, Washington, 1979 e Brown Wm.H., Johnson C.W., Sullivan J.V., House practise. A Guide to the Rules, Precedents, and Procedures of the House, Washington, 2011, pp. 643 ss.
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il compito di dirigere i lavori e di mantenere l’ordine in aula garantendo il rispetto delle procedure in posizione di imparzialità, ha una grande influenza sull’attività delle commissioni: spetta a lui, infatti, la decisione di assegnare ad una commissione piuttosto che ad un’altra l’esame di un progetto di legge. Lo Speaker ha inoltre il potere di controllare l'ordine degli interventi durante le discussioni. Di conseguenza, nessun membro può parlare o introdurre una mozione senza l’autorizzazione dello Speaker. Inoltre, essendo membro della Camera, lo Speaker ha il diritto di partecipare al dibattito e al voto, tuttavia, per consuetudine, lo fa solo in casi eccezionali: ad esempio quando il suo voto è determinante ovvero quando la Camera si deve pronunciare su questioni particolarmente importanti. Ciascun partito all’inizio della legislatura elegge tra le sue fila un leader. Il Majority Leader è, dopo lo Speaker, l’esponente più importante del partito di maggioranza alla Camera dei Rappresentanti. Il Majority Leader e il Minority Leader indicano ai membri dei rispettivi partiti a quale legislazione opporsi e quale sostenere. Ciascuna partito elegge anche un Whip, con il compito di garantire che i membri del partito votino come indicato dalla direzione del partito. La Camera dei rappresentanti è dotata di un sistema di commissioni (committees) che svolgono un ruolo di primo piano nel procedimento legislativo. Si prevede infatti che ogni proposta di legge, prima di essere presa in considerazione della Camera, venga esaminata e valutata positivamente dal comitato competente per materia designato dallo Speaker. In particolare esistono due tipi diversi di commissioni: le commissioni permanenti (standing committees) e le commissioni speciali (select committees). A queste si sommano le commissioni congiunte (joint committees) ovvero commissioni composte da membri di entrambe le Camere, che vengono istituite con una risoluzione congiunta per trattare questioni di interesse comune86. La consistenza numerica dei membri del partito di maggioranza e del partito di minoranza nelle commissioni è normalmente negoziata dalle leadership di partito. Nella prassi, tale negoziazione ha fatto sì che la composizione della maggior parte delle commissioni rifletta la consistenza numerica di ciascun partito all’interno della Camera dei Rappresentanti. Tale regola subisce tuttavia delle eccezioni. Ad esempio, nel caso del Committee on Ethics – ovvero quella commissione speciale cui viene attribuito il compito di adottare sanzioni nei confronti dei deputati che hanno tenuto condotte scorrette – si prevede espressamente che esso debba essere composto in maniera paritaria da cinque membri del partito di maggioranza e cinque del partito di minoranza. Inoltre, in alcune commissioni, come ad esempio nel
86
La maggior parte delle commissioni paritetiche sono commissioni permanenti (ad esempio, il Joint Commettee on the Library), sebbene commissioni di questo tipo possano essere istituite anche per affrontare questioni specifiche (ad esempio il Committee on the Conduct of War).
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Committee House Administration, tradizionalmente, la ripartizione avvantaggia il partito di maggioranza. Le Commissioni permanenti - attualmente 1987 - sono istituite con l’approvazione delle standing rules il giorno in cui inizia l’attività della Camera e hanno una durata fissa che coincide con i due anni di legislatura. Fino al 1911, i membri e la posizione che essi avrebbero dovuto ricoprire all’interno della commissione era decisa dallo Speaker; successivamente, si è invece prevista, nelle standing rules, l’elezione dei membri da parte della Camera, mediante l’approvazione di una risoluzione in cui la candidatura dei membri è decisa da ciascun gruppo parlamentare88. Con la medesima risoluzione la Camera nomina il Presidente che, di regola, è il membro designato dal caucus del partito di maggioranza. Si può dunque evidenziare che i gruppi parlamentari svolgano un ruolo privilegiato nell’individuazione dei componenti delle Commissioni. Ciò è confermato dalla regola prevista nella standing rule X, in cui si precisa che l’appartenenza ad un comitato permanente è condizionata dalla continua afferenza al caucus che ha proposto la candidatura. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui venga meno l’adesione di un deputato al caucus, cessa automaticamente la sua attività in seno alla commissione. Le commissioni speciali - a differenza di quelle permanenti - non sono disciplinate dalle standing rules89 ma dalla risoluzione con cui vengono istituite e, generalmente, hanno una durata limitata all’espletamento dell’attività per cui sono state create a meno che non sia disposto diversamente. Qualche considerazione a parte merita il Committee of the Whole mutuato dalla Camera dei Comuni inglese. Questo comitato deve essere investito di tutte le great questions of legislation rappresentate, secondo quanto disposto dall’art XVIII delle standing rules, da tutte le proposte di legge che direttamente o indirettamente dispongono l’aumento delle entrate o dispongono stanziamenti o spesa di denaro. Questa commissione è in un certo senso paragonabile ad una commissione permanente, dato che non è mai completamente sciolta. Tutti i membri della Camera ne fanno parte, ma a differenza della camera dei rappresentanti, il quorum strutturale affinché la seduta sia valida è di 100 membri.
87
Agricolture; Appropriation; Armed Service; Banking and financial service; Budget; Commerce; Education and Workforce; Government Reform and Oversight; House Administration; International Relations; Judiciary; Resources; Rules; Science; Small Business; Standard of Official Conduct; Transportation and Infrastructure; Veterans’ Affairs; Ways and Means. 88
In particolare, la decisione viene normalmente presa mediante l’approvazione di una risoluzione, in base alle candidature individuate dal Comitato di selezione del gruppo parlamentare. Ciononostante le regole del Caucus democratico e di quello Repubblicano possono prescrivere diverse procedure di nomina. 89
Un eccezione è ad esempio rappresentata dal Committee on Ethics.
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I.2.3.2) Il Senato La Camera alta è composta da 100 senatori, due per ogni Stato (art. I, sez.3). Originariamente i senatori erano eletti dai parlamenti statali, tuttavia, nel 1913, con l’adozione del XVII emendamento, si è resa diretta l’elezione dei senatori ed è stato eliminato questo residuo confederale90. L’introduzione dell’elezione diretta dei senatori, oltre a rafforzare il principio democratico, ha determinato una maggiore autonomia del senatore rispetto al partito di provenienza, ed ha rafforzato l’idea che i senatori siano rappresentanti dello stato in cui sono stati eletti. Infatti, con l’approvazione del XVII emendamento, un senatore che non tutela gli interessi del proprio territorio ha poche chance di essere rieletto91. I requisiti per essere eletti senatori sono individuati dalla Costituzione nell’aver compiuto il trentesimo anno di età, nell’essere in possesso della cittadinanza americana da almeno 9 anni e nell’essere residente nello Stato in cui si sarà eletti. A differenza della Camera dei Rappresentanti, il Senato è un organo permanente. Infatti, sebbene il mandato senatoriale duri sei anni, si procede all’elezione di un terzo dei componenti ogni due anni. I senatori sono dunque divisi in tre gruppi composti da senatori di stati diversi raggruppati in maniera tale che l’elezione dei due senatori di ciascuno stato non sia contemporanea. Il Senato è presieduto ex officio dal vice presidente degli Stati Uniti al quale viene attribuito il diritto di voto, solamente in caso di parità. Se originariamente, il compito di presiedere le sedute della Camera alta rappresentava la principale attività svolta dal Vice Presidente degli Stati Uniti - dal 1950, tale incombenza è diventata del tutto marginale. Solitamente, dunque, il Vice Presidente presiede le sedute del Senato soltanto in occasione delle sessioni congiunte, quando si debba annunciare il risultato di una votazione particolarmente significativa ovvero quando il suo voto è determinante per superare la parità di voti su una questione importante. In tutte le altre occasioni il ruolo di Presidente del Senato è svolto dal presidente pro tempore che viene eletto dall’assemblea. Solitamente, è al senatore più anziano del partito di maggioranza che viene attribuita questa posizione. Nella prassi, anche il presidente pro tempore normalmente non presiede il Senato, ma delega tale attività ai senatori più giovani del partito di maggioranza in modo che facciano proprie le regole e le procedure di tale Camera. I poteri del presiedente del Senato sono molto meno estesi di quelli del suo omologo alla Camera dei Rappresentanti: al Senato, il controllo dell’agenda e la programmazione del dibattito è decisa dal Majority Leader. Come alla Camera, infatti, ciascun partito è chiamato ad eleggere un leader (Majority Leader e Minority Leader) che funge da portavoce del partito
90
In tal senso, Where K.C., Del governo federale, Bologna, 1997, p. 41 ss.
91
In tal senso, Bifulco R. Ordinamenti federali comparati, I, Torino, 2010, p.127.
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e un Whip, cui spetta il compito di assicurare che i senatori del proprio partito votino secondo le indicazioni della direzione di partito. Anche il Senato si articola al suo interno in commissioni che hanno il compito di esaminare le proposte di legge e di supervisionare l’attività del potere esecutivo. La nomina dei membri all’interno delle Commissioni è formalmente di competenza dell’intera assemblea. In pratica, però, la scelta dei membri è posta in essere dai partiti che, normalmente, vengono rappresentati all’interno di ciascuna commissione in maniera proporzionale al numero di seggi che complessivamente hanno all’interno del Senato. Le commissioni permanenti, che attualmente sono 1792, prendono in considerazione, modificano e decidono se trasmettere al plenum i disegni di legge che ricadono in un ambito di loro competenza. Inoltre, spetta alle commissioni permanenti il compito di considera le nomine presidenziali agli uffici legati al loro settore: ad esempio, il Judiciary Committee esamina le nomine dei giudici, mentre il Foreign Relations Committee esamina le nomine dei segretari di Stato. Nell’espletamento di tale attività le commissioni possono opporsi alla nomina dei candidati. Oltre ai comitati permanenti, in Senato possono essere istituite commissioni speciali93 che, solitamente, cessano di esistere una volta adempiuti i loro compiti. La presidenza delle Commissioni, in origine era determinata esclusivamente per anzianità. Attualmente, i presidenti di commissione sono eletti, ma, di rado il criterio dell’anzianità viene bypassato.
I.2.3.3) I gruppi parlamentari Negli Stati Uniti i gruppi parlamentari sono denominati caucus o conference. Con tali diciture, infatti, si indicano i gruppi di membri del Congresso che si riuniscono per perseguire obiettivi legislativi comuni. Tali organizzazioni non sono disciplinate né menzionate in Costituzione, né tantomeno dalla legge. Di conseguenza, la maggior parte delle funzioni svolte dai gruppi parlamentari e dai loro leader, sono individuate negli statuti dei gruppi94. 92
Agricolture, Nutrition, and Forestry; Appropriations; Armed Services; Banking; Budget; Commerce Science, and Transportation; Energy and Natural Resources; Environment and public Works; Finance; Foreign Realtions; Governmental Affairs; Health, Education, Labor, and Pension; Indian Affairs; Judiciary; Rules and Administration; Small Business; Veterans’ Affairs. 93
Attualmente ne esistono quattro: L’Indian Affairs; il Select Commettee on Ethics; il Select Committee on intelligence; e lo Special Committi on Aging. 94
Cfr Owens R., The Caucus Process a Catalyst for Democracy, in Srauss J. R., Party and Procedure in the Unites States Congress, 2012, p. 125 in cui si evidenzia che «Party groups such as the Democratic caucasus and the Republican Conference have elaborate sets of by-laws and the ultimate power to promulgare rules for all party mambers.»
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Inoltre, parte delle funzioni da essi svolte è individuata, alla Camera dei rappresentanti, nelle House roules approvate ogni due anni a maggioranza dei membri della Camera. Ad esempio, nella Rule of the House n. X si precisa il ruolo che i caucus o le conference svolgono nell’individuazione dei membri delle commissioni. La struttura bipartitica del sistema americano ha fatto sì che i principali gruppi parlamentari, sia alla Camera che al Senato, siano rispettivamente costituiti dal Democratic Caucus e dalla Republican Conference. Di conseguenza, salvo qualche raro caso in cui vi siano esponenti indipendenti, tutti i membri della Camera e del Senato appartengono al gruppo dei democratici ovvero a quello dei repubblicani. All’interno di ciascun gruppo viene eletto un Leader, si approvano le nomination per conferire incarichi all’interno delle Commissioni e vengono nominate task force per studiare questioni specifiche. I caucasus e le conference promuovono la fedeltà al partito ricompensando i membri del gruppo, ad esempio, conferendo loro incarichi di prestigio all’interno di una commissione. Per questo motivo, il fenomeno del transfughismo parlamentare negli Stati Uniti ha assunto una dimensione piuttosto limitata. Basti pensare che dal 1880 ad oggi l’abbandono del gruppo da parte di un parlamentare si è verificato solamente ventisette volte al Senato e meno di novanta alla Camera95. Per quanto riguarda la disciplina di voto, sebbene non esistano strumenti per obbligare un rappresentante o un senatore a votare secondo le indicazioni del gruppo, a partire dagli anni ’70 l’influenza dei partiti è notevolmente aumentata. Basti pensare che l'unità dei partiti nel voto è passata dal 40% dei primi anni 1970 al 90% o più del 2000. La spiegazione di tale aumento è imputabile non soltanto al fatto che gli eletti provengono da distretti in cui è forte l’affiliazione al partito democratico ovvero a quello repubblicano 96, ma soprattutto alla maggiore vicinanza dal punto di vista ideologico, rispetto al passato, tra i membri dello stesso partito97. Inoltre, tale esito è stato determinato anche dalle riforme avviate nel 1994, con cui si è attribuito più potere ai leader nel gestire le questioni procedurali. Si deve comunque evidenziare che nella prassi si registra una minore disponibilità da parte di deputati e senatori ad allinearsi alle posizioni del partito negli anni in cui si svolgono le elezioni, quando tali posizioni si pongono in contrasto con gli impegni assunti nei confronti
95
In tal senso Smith S.S., Roberts J, Vander Wielen R., The American Congress, New York, 2003.
96
Krehbiel K., Pivotal Politics, 1998.
97
All’interno del partito democratico è diminuito rispetto agli anni ‘80 il numero dei conservatori che spesso erano in disaccordo con i liberali e i moderati. Anche i repubblicani risultano più uniti nell’adottare posizioni conservatrici rispetto al passato. In tal senso v. Schwab L., The Unprecedented Senate: Political Parties in the Senate after the 2000 Election, in Green J.C., Farmer R., The State of the Parties, ed. John C. Green and Rick Farmer, Lanham, 2007, pp. 241-253.
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degli elettori. In vista della competizione elettorale, infatti, i membri delle Camere sono meno disposti ad affrontare le critiche dei distretti in cui sono stati eletti e sono meno propensi a votare leggi che potrebbero renderli impopolari e che, dunque, potrebbero pregiudicarne la rielezione. In questa sede è opportuno evidenziare che, oltre ai quattro principali caucus o conference che raggruppano i membri di Camera e Senato in base all’afferenza partitica, in seno al Congresso è possibile costituire congressional member organizations che - secondo quanto stabilito da alcune regole individuate dal Committee on House Administration - devono registrarsi elettronicamente presso tale commissione, fornendo il nome del caucus ed una dichiarazione di intenti. Tali raggruppamenti possono indicare una particolare inclinazione politica all’interno di uno stesso partito, tanto che alcuni autori hanno affermato che il sistema bipartitico americano nasconda in realtà la presenza di tanti partiti quanti sono gli Stati americani 98. Così tra i democratici sono stati costituiti la Blue Dog Coalition (democratici conservatori), la New Democrat Coalition (democratici moderati) e il Congressional Progressive Caucus (liberali e progressisti democratici); sul versante repubblicano, invece, è possibile trovare il Republican Study Committee (conservatori repubblicani), il Republican Main Street Partnership (moderati repubblicani), e il Freadom Caucus (repubblicani liberali). Di conseguenza, la negoziazione delle posizioni che il partito deve tenere rispetto ad una determinata votazione è condizionata dalla forza e dall’orientamento che ciascuna di queste organizzazioni porta avanti99. Esistono inoltre una serie di caucus composti da membri di entrambe le Camere che, al di là dell’appartenenza politica ad un partito o all’altro, condividono un particolare obiettivo o raggruppano membri di diverse etnie. Un esempio è dato dal Congressional Black Caucus che ha incluso i membri delle due camere (soprattutto democratici), per discutere tematiche concernenti la condizione dei cittadini afroamericani o, ancora il Congressional Hispanic Caucus (per i democratici ispanici) e la Congressional Hispanic Conference (per i repubblicani ispanici).
98
In proposito Polsby N.W., afferma che «In America the same political labels – Democratic and Republican – cover virtually all public officeholders, and therefore most voters are everywhere mobilie in the name of these two parties (…) Yet Democratic and Republicans are not everywhere the same. Variations – sometimes blatant – in 50 political coultures of the states yield considerable differences overall in what it means to be, or to vote, Deocratic or Republican. These differences suggest that one may be justified in referring to the American twoparties system as masking something more like a tundre-party system», Brinkley A., Polsby N.W, Sullivan K.M, New Federalist Papers:Essay in Defence of the Constitution, Twentieth Century Fund Book, 1997. 99
Esempi di come il Black Caucasus e la Blue Dog Coalition hanno influenzato le posizioni assunte dal partito democratico sono riportati in Owens R., The Caucus Process a Catalyst for Democracy, in Strauss J. R., Party and Procedure in the Unites States Congress, 2012, pp.127-135.
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Al di là di quelli legati alle etnie, i caucus più comuni sono costituiti da membri uniti come gruppo di interesse. Questi sono spesso bipartisan e bicamerali. Un esempio di questo tipo di gruppo è il Congressional Caucus Bike che si occupa di promuovere il ciclismo100.
Tabella 2 – Composizione del congresso per affiliazione partitica dal 1969 al 2017 Senato Congresso Anni
Camera dei rappresentanti
Segg Dem i
Rep
Altri
Seggi Segg vacant Dem i i
Rep
Altri
Seggi vacant i
91st
1969– 1971
100
58
42
—
—
435
243
192
—
—
92nd
1971– 1973
100
54
44
2
—
435
255
180
—
—
93rd
1973– 1975
100
56
42
2
—
435
242
192
1
—
94th
1975– 1977
100
61
37
2
—
435
291
144
—
—
95th
1977– 1979
100
61
38
1
—
435
292
143
—
—
96th
1979– 1981
100
58
41
1
—
435
277
158
—
—
97th
1981– 1983
100
46
53
1
—
435
242
192
1
—
98th
1983– 1985
100
46
54
—
—
435
269
166
—
—
99th
1985– 1987
100
47
53
—
—
435
253
182
—
—
100th
1987– 1989
100
55
45
—
—
435
258
177
—
—
100
Rispetto alle CMO v. Glassman M.E., Dilger R.J., Congressional Member Organizations: Their Purpose and Activities, History, and Formation, Cogressional Reserce service, febbraio 2015.
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101st
1989– 1991
100
55
45
—
—
435
260
175
—
—
102nd
1991– 1993
100
56
44
—
—
435
267
167
1
—
103rd
1993– 1995
100
57
43
—
—
435
258
176
1
—
104th
1995– 1997
100
48
52
—
—
435
204
230
1
—
105th
1997– 1999
100
45
55
—
—
435
207
226
2
—
106th
1999– 2001
100
45
55
—
—
435
211
223
1
—
107th
2001– 2003
100
50
50
—
—
435
212
221
2
—
108th
2003– 2005
100
48
51
1
—
435
205
229
1
—
109th
2005– 2007
100
44
55
1
—
435
202
231
1
1
110th
2007– 2009
100
49
49
2
—
435
233
198
—
4
111th
2009– 2011
100
57
41
2
2
435
256
178
—
1
112th
2011– 2013
100
51
47
2
—
435
193
242
—
—
113th
2013– 2015
100
54
45
1
—
435
201
234
—
—
114th
2015– 2017
100
44
54
2
—
435
188
246
—
1
Fonte: Office of the Clerk of the House of Representatives.
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I.2.4) Il procedimento legislativo Il procedimento di approvazione delle leggi è disciplinato da regole e procedure scritte, alcune delle quali risalgono al 1797, quando il vice presidente Thomas Jefferson ha predisposto il Jefferson Manual. Tale complesso di regole è stato adottato dalla Camera ed è stato affiancato e modificato da quindici volumi di procedure parlamentari e manuali supplementari indicanti le norme attuali che riguardano l’attività legislativa alla Camera. In maniera analoga il Senato ha approvato dei manuali procedurali volti a disciplinare il procedimento legislativo101. In particolare, esso ha inizio quando un membro della Camera o del Senato introduce un disegno di legge redatto con l'assistenza del loro personale ed di quello del Legislative Counsel Office di Camera e Senato. Il membro che introduce il disegno di legge viene comunemente chiamato sponsor. Altri membri possono registrarsi come cosponsor, o sostenitori, del disegno di legge. Naturalmente, la presenza di un elevato numero di cosponsor può aumentare le possibilità che il disegno di legge venga approvato. I bill (private o public) sono la forma più tipica della legislazione102 e possono essere presentati sia alla Camera che al Senato, ad eccezione dei disegni di legge in materia finanziaria, i quali – come si è già avuto modo di illustrare - devono essere necessariamente avviati alla Camera dei Rappresentanti. Dopo essere stato introdotto il disegno di legge, viene deferito dal Presidente di ciascuna ramo del Congresso alla commissione permanente che ha competenza in materia. Alla Camera, ma non al Senato, un disegno di legge può essere preso in considerazione da più di una Commissione103. Spesso le Commissioni in entrambe le camere assegnano il disegno di legge a una sottocommissione che si occupa di un settore specialistico della politica contenuta nella legislazione. Parte della dottrina ha evidenziato che tante più persone lavorano su un progetto di legge, tanto meno è probabile che si riesca a raggiungere una posizione condivisa e, dunque, che il disegno di legge venga trasmesso alla Camera o al Senato per la discussione generale e l’eventuale approvazione104.
101
Johnson W. C., How our laws are made, Washington DC, US Government Printing Office, 2000.
102
In analogia con l’ordinamento britannico i private bill sono progetti di legge che interessano una o più persone ovvero una o più associazioni; i public bill, invece, hanno un contenuto di tipo generale. 103
Sullivan J.V., How our laws are made, Washington DC, Thomas on line, 2008.
104
Sinclair B., Unorthodox Legiferare, Washington, DC: Congressional Quarterly Press, 1997.
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Le Commissioni durante l’analisi del disegno di legge possono chiedere il parere dei dipartimenti e delle agenzie governative e possono svolgere audizioni in cui acquisire la testimonianza di singole persone. Al termine della fase istruttoria spetta alla Commissione decidere se il disegno di legge sarà reported, ovvero se esso sarà inviato, con o senza emendamenti, alla Camera o al Senato per il dibattito. Se la Commissione decide di inviare alla Camera (o al Senato) il disegno di legge, si tiene una sessione, c.d. Mark-up, durante la quale si revisiona il disegno di legge e si prepara una relazione che documenta il motivo per cui la commissione sostiene la proposta di legge. Tale rapporto viene inviato alla Camera, e il disegno di legge è posto sul calendario in attesa del dibattito. Alla Camera dei rappresentanti, l’inizio della discussione è preceduto dall’intervento del Rules Committee ovvero alla commissione che fissa le procedure in base alle quali la Camera dovrà esaminare il disegno di legge. Tali regole devono essere approvate dalla maggioranza dei membri della Camera prima che si inizi a lavorare sul disegno di legge. In Senato, invece, non esiste un Rules Committee e il procedimento che governa la discussione del disegno di legge è meno formale. In questo ramo del Congresso, infatti, è il leader della maggioranza che presenta una mozione con cui si chiede di procedere al dibattito. Sia alla Camera che al Senato, il disegno di legge viene discusso, modificato, e votato. Naturalmente, tali passaggi sono piuttosto rapidi se si tratta di un disegno di legge di minore importanza; al contrario, per i disegni di legge più importanti o che trattano questioni controverse, come ad esempio le proposte di bilancio, l'assistenza sanitaria e la sicurezza nazionale, il dibatto è molto più lungo e sono numerose le proposte emendative. Nell’ipotesi in cui il disegno di legge non passi in uno dei due rami del Congresso è destinato a “morire”. La fase della discussione da parte dell’assemblea, alla Camera dei rappresentanti, si svolge nel Committee of the Whole, nell’ambito della quale viene assegnato un pari tempo di intervento a chi sostiene e a chi è contro l’approvazione del disegno di legge. Tale discussione è poi seguita da quella sugli emendamenti. In seno al Committe of the Whole, che può discutere ed emendare il disegno di legge, il quorum è abbassato a 100. Tuttavia, l’approvazione definitiva è rimessa alla Camera ed è subordinata all’ottenimento del voto favorevole di 218 membri. In Senato, invece, lo svolgimento del dibattito è meno strutturato. I Senatori sono infatti liberi di intervenire senza limiti di tempo. Di conseguenza il c.d. filibuster è uno strumento ostruzionistico che i senatori più esperti possono usare per rallentare o bloccare il voto su un determinato disegno di legge. Tuttavia, per evitare sessioni eccessivamente lunghe e improduttive, il Senato può adottare degli accordi - unanimous consent agreements -
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attraverso i quali si stabiliscono limiti di tempo per lo svolgimento del dibattito105. Quest’ultimo può essere inoltre limitato attraverso l’adozione di una mozione c.d. cloture approvata da tre quinti dei senatori, attraverso la quale si dichiara chiuso il dibattito per procedere al voto. Quest’ultimo strumento, a causa dell’alto quorum richiesto per la sua utilizzazione, non è molto utilizzato: infatti, soprattutto rispetto alle questioni più controverse è difficile trovare il consenso di sessanta senatori sull’opportunità di chiudere il dibattito. Poiché l’approvazione di un disegno di legge richiede che esso sia approvato nella medesima formulazione da Camera e Senato, nell’ipotesi in cui una delle due camere modifiche il progetto di legge approvato dall’altro ramo del parlamento viene convocata un conference committee con il compito di comporre le differenze e di arrivare ad una versione condivisa da entrambi i rami del Parlamento. Tale commissione è composta dai membri anziani dei comitati permanenti di ciascuna Camera che hanno originariamente esaminato la normativa. Per arrivare ad una versione condivisa, i membri del conference committee possono svolgere incontri informali con i leaders dei partiti e con i membri delle Camere particolarmente interessati alla materia trattata dal disegno di legge. In questa fase, inoltre, per la stesura del provvedimento finale possono essere sentiti anche rappresentanti del potere esecutivo, sì da arrivare ad una versione che abbia maggiori possibilità di essere firmata dal Presidente. Una volta raggiunto l’accordo, il conference committee redige una relazione che deve essere approvata da Camera e Senato e, soltanto a questo punto, il disegno di legge viene trasmesso al Presidente per la firma106. Proprio per l’importante ruolo che il conference committee è chiamato a svolgere nell’ambito del procedimento legislativo il senatore Norris l’ha definito, nel 1934, third house of Congress107. In proposito, si segnala infatti che l’80% dei disegni di legge più importanti nel corso di una sessione del Congresso vengono assegnati al conference committee108. L’ultimo passaggio nel procedimento di approvazione della legge è rappresentato dalla firma del Presidente degli Stati Uniti. Quest’ultimo, non è obbligato a firmare e può decidere di rinviarlo al Congresso accompagnato da una nota in cui sono illustrate le sue obiezioni (c.d. potere di veto). In questo caso il Congresso può decidere di modificare il disegno di legge in base alle indicazioni del Presidente o, in alternativa, può scavalcare il veto presidenziale
105
Davidson R.H., Oleszek W.J., Congress and Its Members, Washington DC, 2002.
106
Longley L.D., Oleszek W.J, Bicameral Politics , Yale University Press, 1989, p. 6.
107
In proposito v. Vogler D.J., The Third House, Northwestern University Press, 1971.
108
Van Beek S.D., Post-Passage Politics, University of Pittsburgh Press, 1995.
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riapprovando il disegno di legge a maggioranza dei due terzi dei membri di ciascuna Camera109. È opportuno evidenziare che la legge rispetto alla quale è più difficile trovare un accordo in seno al Congresso è quella che autorizza il bilancio annuale del paese. Rispetto a tale legislazione una proposta di bilancio dettagliata viene presentata dal Presidente al Congresso, che la utilizza come punto di partenza su cui lavorare. I Budget Committees di Camera e Senato svolgono audizioni per ottenere suggerimenti su come dovrebbero essere spesi i fondi. A tal fine un ruolo particolare è svolto dal nonpartisan Congressional Budget Office il cui staff, costituito da oltre 230 economisti e analisti politici, è chiamato a fornire consulenza al Congresso. In particolare, spetta a tale ufficio il compito di esaminare il piano di bilancio del Presidente, di proiettare i costi effettivi delle voci di bilancio, e di sviluppare proposte per cambiare le voci di entrata e di spesa110. Il processo di autorizzazione degli stanziamenti con cui si stabiliscono i programmi specifici da finanziare consta di due fasi. In primo luogo, infatti, il Congresso deve approvare le leggi con cui si individuano i programmi federali che devono ricevere finanziamenti ai vari livelli di governo. In seconda battuta, si stabilisce l’ammontare dei fondi assegnati. L’iter legis, rispetto alla legge di bilancio, deve necessariamente iniziare alla Camera dei rappresentanti di fronte all’House Appropriations Committee e, una volta approvata, passa all’omologa commissione del Senato. Solitamente la risoluzione di bilancio approvata in ultima battuta dalle Commissioni bilancio di Camera e Senato si discosta nettamente dalla proposta di bilancio del Presidente. Si deve inoltre rilevare che, di rado, l’approvazione della legge di bilancio va avanti senza intoppi. Tale processo può infatti arrestarsi quando il Congresso non riesce a raggiungere un accordo sul bilancio, rischiando di determinando la paralisi dell’attività di governo. Esito, questo, che si è realizzato nel 1996 quando lo scontro sul bilancio determinò lo shutdown di una parte dell’amministrazione che non era stata rifinanziata e che, invece, è stato scongiurato in extremis nel 2011, quando, il raggiungimento dell’accordo ha evitato la sospensione dei finanziamenti per molte agenzie federali che avrebbe lasciato senza stipendio circa 800.000 dipendenti pubblici.
109
Davidson R.H., Oleszek W.J., Congress and Its Members, Washington DC, 2002.
110
Sul ruolo del Congressional Budget Office v. CBO’s Role in the Budget Office, Washington DC, Congressional Budget Office, 2005.
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I.2.5) Il sistema delle fonti del diritto Gli Stati Uniti rientrano nella tradizione anglosassone di common law in cui il principio dello stare decicis e quello del precedente vincolante, fanno sì che le decisioni dei giudici assumano natura di fonti del diritto oggettivo. Si deve tuttavia segnalare l’esistenza di alcune differenze rispetto al common law inglese. Infatti, mentre sul piano dell’efficacia verticale non sussistono particolari difformità e, dunque, le sentenze emanate dai giudici di grado superiore vincolano i giudici di grado inferiore; sul piano dell’efficacia orizzontale sia la Corte Suprema Federale, sia le Corti supreme dei singoli Stati non sono tenute a rispettare i propri precedenti. L’affermarsi di tale peculiare assetto è ascrivibile, non soltanto al doppio sistema di Corti (federali e statali), ma soprattutto al modo in cui si svolge il controllo di costituzionalità111 che – a differenza di quanto accade in altri ordinamenti – è diffuso ed è dunque svolto da tutti i giudici. Di conseguenza, se un giudice ritiene che una legge sia incostituzionale è tenuto a disapplicarla, senza che la sua pronuncia determini l’abrogazione della stessa. Tuttavia, se il giudizio di costituzionalità si svolge davanti ad una Corte superiore, tutte le corti di grado inferiore dovranno uniformarvisi. La Corte Suprema, invece, non si considera mai vincolata alle sue precedenti decisioni. L’affievolirsi del principio del precedente vincolante a livello orizzontale è una linea di tendenza che ha caratterizzato la giurisprudenza della Corte Suprema a partire dal caso Burned v. Coronado Oil and Gas Co. del 1931 in cui si afferma, per la prima volta, che l’interpretazione del dettato costituzionale è inevitabilmente destinata a mutare in funzione dell’evolversi della società e del contesto storico nel quale il giudice si trova ad operare. Dunque, accade spesso che la Corte Suprema abbandoni i suoi precedenti orientamenti ovvero se ne discosti perché sbagliati o superati. Tecnicamente questa operazione è denominata overruling112 e consiste nell’espunzione dalla giurisprudenza di un precedente sino a quel momento considerato imperativo. Infatti, come affermato dai Giudici della Corte Suprema nel caso Lawerence v. Texas del 2003113, sebbene la dottrina dello stare decisis sia essenziale per il rispetto delle pronunce della Corte e per garantire la certezza del diritto, essa non rappresenta un comando inesorabile.
111
Il controllo di costituzionalità si è affermato ed è stato usato per prima volta dalla Corte Suprema nella celebre decisione Madison v. Marbury del 1803. 112
Cfr Stroppiana L., op.cit, p. 48, in cui si afferma che in tutta la storia americana si contano più di duecento overruling. 113
In questa sentenza la Corte ha dichiarato incostituzionale la disciplina penale dello stato del Texas che puniva come reato la sodomia, rendendo quindi incostituzionali analoghe discipline esistenti in altri tredici stati dell'Unione e rendendo lecite le relazioni sessuali fra persone dello stesso sesso in tutti gli Stati Uniti. Questa sentenza ha contraddetto una precedente decisione della medesima Corte Suprema sulla medesima questione di diritto assunta nel 1986 nel caso Bowers v. Hardwick dichiarando espressamente che la decisione ivi assunta non aveva tenuto in adeguata considerazione il principio di libertà individuale.
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Nella gerarchia delle fonti del diritto, al di sotto della Costituzione114, così come interpretata dai giudici federali, si collocano: le leggi approvate dal Congresso; le Costituzioni dei singoli Stati, subordinate alla Costituzione e alle leggi federali; e, infine, le leggi statali emanate dagli organi legislativi statali, subordinate sia alla Costituzione che alle leggi federali. Per quanto riguarda in particolare le leggi federali, si segnala che in media ogni Congresso approva qualche centinaio di leggi115, ognuna delle quali viene pubblicata come public law numerata e provvista di un titolo. Solitamente, le leggi vengono incluse nel c.d. U.S. Code ovvero nel testo in cui sono codificate ufficialmente le leggi generali e permanenti degli Stati Uniti. Il Codice degli Stati Uniti non include invece i regolamenti emanati dalle agenzie dell'esecutivo rispetto ai quali si suole parlare di normativa delegata. Il procedimento che conduce all’approvazione di rules e regulation da parte dei dipartimenti esecutivi, delle agenzie amministrative e delle autorità indipendenti implica che a monte vi sia una legge che delinea gli obiettivi generali che una determinata autorità amministrativa deve perseguire. L'agenzia pubblica una proposta di regolamento nel federal register in cui si illustrano le ragioni poste alla base della normativa che si vuole introdurre. A far data dalla pubblicazione si apre una fase di consultazione pubblica che può durare, a seconda della complessità delle regole, dai 30 ai 180 giorni. In questo periodo si permette al pubblico di presentare osservazioni scritte alla agenzia che, nella maggior parte dei casi, è tenuta a rispondere a tutte le questioni sollevate quando provvede alla pubblicazione definitiva dell’atto nel Federal Register. Si prevede inoltre un congressional review prima dell’entrata in vigore del regolamento. I Regolamenti emanati da agenzie dell'esecutivo sono raccolti nel codice delle norme regolamentari generali e permanenti ovvero nel Code of Federal Regulation.
I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di governo I.3.1) Le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America Il sistema elettorale statunitense per l’elezione del Presidente ha una struttura piuttosto complessa. Il Presidente (e il vice presidente) non vengono eletti direttamente dai cittadini ma da 538 “grandi elettori” che formano il Collegio elettorale degli Stati Uniti d'America.
114
Sulla collocazione al vertice del sistema delle fonti della Costituzione v. Crowin E.S., L’idea di legge superiore e il diritto costituzionale americano, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1928-1929. 115
La media di leggi approvate dai congressi dal 108° al 112° è di 420 leggi. Nel corso del 113° Congresso sono state approvate 296 leggi e in quello attualmente in corso sono state approvate 58 leggi.
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Si tratta dunque di una procedura di secondo grado, disciplinata dall'articolo 2 - sezione 1 della Costituzione statunitense e modificato nel 1804 con la ratifica del 12º emendamento e nel 1961 con la ratifica del 23º emendamento. Le elezioni si svolgono ogni quattro anni. Gli elettori di ciascuno Stato della federazione eleggono i grandi elettori in numero pari al numero totale dei membri del Congresso degli Stati Uniti (Senato e Camera dei Rappresentanti), vale a dire 538. Ogni Stato elegge i propri rappresentanti alla Camera dei rappresentanti in proporzione alla propria popolazione e un numero fisso di due senatori. In questo modo il numero di grandi elettori varia da stato a stato, ma non consta mai in meno di tre. L'elezione dei delegati avviene nel cosiddetto Election Day. Ogni Stato è sovrano nel determinare i criteri del sistema elettorale con cui eleggere i propri grandi elettori. In quarantotto di essi vige il sistema maggioritario puro (o secco), indicato significativamente con la formula first past the post per cui il candidato totalizza più voti, anche solo uno in più rispetto agli altri contendenti, conquista tutti i grandi elettori di quello Stato. Due Stati, il Nebraska e il Maine, hanno invece optato per un sistema diverso, sostanzialmente proporzionale. I delegati votano a scrutinio segreto e senza vincolo di mandato: nella Costituzione, infatti, non è previsto che un grande elettore debba necessariamente votare il candidato che rappresenta. I grandi elettori così eletti si riuniscono quindi ciascuno nella capitale dei rispettivi Stati (non in un unico collegio, da qui la definizione del collegio elettorale come di un processo più che di un organo) e procedono alla elezione del Presidente e del Vice Presidente. Il 6 gennaio successivo il Congresso degli Stati Uniti (quindi a camere congiunte) procede al conteggio dei voti che ciascun grande elettore ha espresso. I candidati che raggiungono la maggioranza dei voti elettorali (270) sono eletti alla carica di Presidente e Vice Presidente. È possibile che nessun candidato alla carica di Presidente raggiunga il quorum (fissato, come detto, a 270 grandi elettori). In questo caso la decisione finale viene presa dalla Camera dei Rappresentanti, che sceglierà fra i primi tre candidati che hanno raggiunto il maggior numero di voti. Questa situazione si è verificata solo due volte (1820 e 1824). Secondo questo sistema elettorale il candidato risultato vincitore potrebbe non essere il favorito dalla maggioranza degli elettori che ha espresso il voto. Un caso di riferimento è avvenuto nelle elezioni del 2000 quando Al Gore, candidato democratico, totalizzò circa mezzo milione di voti popolari in più rispetto al candidato repubblicano George W. Bush. Tuttavia, Bush riuscì a conquistare la maggioranza dei grandi elettori, in virtù della distribuzione maggiormente omogenea dei voti nei vari Stati. Il caso Al Gore del 2000 non è l’unico in cui il candidato vincente nel voto popolare risulta poi sconfitto: casi analoghi si sono verificati nel 1824, nel 1876, nel 1888 e, in anni più recenti, nel 1960.
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L’ultima elezione presidenziale è avvenuta nel 2012: Barack Obama, Democratico, si è confermato Presidente totalizzando 332 voti dei grandi elettori (la percentuale del voto popolare è stata del 51,1%) sconfiggendo il candidato Repubblicano Mitt Romney che ha totalizzato 206 voti dei grandi elettori, mentre la percentuale del voto popolare è stata del 47,2%116. L’affluenza alle urne (calcolata sui registrati) è stata del 66,6% 117, in calo rispetto a quella riportata alle precedenti elezioni del 2008 (70,3%), quando Obama conquistò il primo mandato. Il sistema per l’elezione del Presidente si utilizza anche per l’elezione dei governatori, selezionati anch’essi con le primarie. I governatori restano in carica quattro anni, ad eccezione di quelli del New Hampshire e del Vermont, la cui durata è fissata in due anni. I.3.1.2) Le elezioni primarie Le primarie sono un metodo di selezione dei candidati che dovranno poi concorrere per cariche istituzionali monocratiche e sono utilizzate, negli USA, a tutti i livelli: dal Presidente della Repubblica al Sindaco. Le elezioni primarie nascono come sistema locale: la prima fu tenuta dal Partito Democratico in Pennsylvania il 9 settembre 1847. Dopo la guerra civile americana (1861-1865) si diffusero negli Stati del Sud, dove ovviavano al problema di una rappresentanza politica di fatto monopartitica. Furono, in definitiva, introdotte per bi-partitizzare un sistema monopartitico, in quanto, dopo la Guerra Civile, i repubblicani non potevano presentarsi negli stati del Sud. Successivamente sono divenute uno strumento per arginare il potere dei capi partito e, alla fine del XIX secolo, grazie alla spinta del movimento progressista, sono divenute una istituzione pressoché generalizzata a livello nazionale. In alternativa al metodo delle primarie, in alcuni Stati è ancora in vigore il metodo del caucus (termine di derivazione pellerossa), in sostanza un’assemblea di elettori che decide il candidato e in cui il voto non è a scrutinio segreto, ma palese. Le primarie sono anche definite dirette perché gli elettori (o meglio, i selettori) scelgono direttamente i candidati. La tipologia delle primarie è piuttosto vasta. A seconda della possibilità che a votare siano solo gli iscritti a quel partito o una platea più vasta, derivano così diverse specie di primarie Fabbrini (2002) ne elenca cinque: 116
Alle elezioni erano presenti altri sei candidati minori, che hanno totalizzato complessivamente l’1,7% dei voti popolari. 117
L’affluenza alle urne calcolata in base agli aventi diritto è stata del 53,6%, nelle precedenti elezioni del 2008 fu del 57,5.
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1) la primaria chiusa è riservata a chi si è registrato ad un partito. Il registro degli iscritti ha rilevanza pubblica, perché è depositato presso un’autorità pubblica e da quest’ultima è controllato. Questo tipo di primaria diretta è stato adottato in almeno quindici Stati (Connecticut, Delaware, District of Columbia, Kentucky, Maine, Nebraska, North Virginia, New Jersey, New Mexico, New York, Oklahoma, Oregon, Pennsylvania, South Dakota,Wyoming) ma anche all’interno di questa primaria ci sono alcune differenze, circa il termine ultimo utile per iscriversi nel registro (e anche per cambiare partito). In alcuni casi (nello Stato di New York, ad esempio) la registrazione deve avvenire un anno prima della data prevista per la primaria diretta, in altri Stati è previstea una scadenza diversa, fino ai quindici giorni prima del Sud Dakota; 2) primaria chiusa ma aperta agli indipendenti. Come nella primaria chiusa, possono votare quegli elettori che si sono registrati in un partito ma possono aggiungersi i cosiddetti indipendenti che decidono però di partecipare alla primaria diretta di un dato partito che, di solito, vengono registrati il giorno stesso in cui si presentano al seggio. In molti Stati è stata seguita questa procedura (Arizona, Colorado, Florida, Idaho, Kansas, Maryland, Massachusetts, New Hampshire, North Carolina, Rhode Island, Utah, West Virginia). Anche per questo tipo di primaria, non mancano le differenze: in alcuni casi (Florida) gli elettori indipendenti possono partecipare alla primaria diretta di un partito se quest’ultimo è l’unico partito che la promuove. In altri (Maryland o New Hampshire) l’elettore indipendente può chiedere di essere cancellato dal registro del partito subito dopo che ha votato. In altri casi ancora (Utah) la cancellazione è automatica anche se non richiesta; 3) primaria aperta con dichiarazione pubblica. Vi partecipano gli elettori che dichiarano la loro scelta di partito il giorno della selezione e presso il seggio in cui essa si tiene. In questo caso non è necessaria alcuna registrazione. Questa tipo di elezione primaria è stato utilizzato in almeno undici Stati (Alabama, Arkansas, Georgia, Illinois, Indiana, Missouri, Ohio, South Carolina, Tennessee, Texas, Virginia). In alcuni casi (Texas) la scelta di votare nella primaria di un partito viene considerata come una registrazione informale in quest’ultimo, che resta quindi valida per un certo perdiodo di tempo. In altri Stati, invece, la scelta non produce effetti nel tempo; 4) primaria aperta con scelta privata. Vi possono prendere parte tutti gli elettori che si presentano al seggio in cui si tengono le primarie dei vari partiti. Gli elettori ricevono le schede dei vari partiti, con il nome dei candidati che corrono nella primaria di ognuno di essi e solo al momento di votare (quindi in privato o meglio in segreto), l’elettore sceglie. Questa primaria è stata utilizzata in nove Stati, e cioè in Hawaii, Idaho, Michigan, Minnesota, Mississippi, Montana, North Dakota, Vermont, Wisconsin;
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5. COUNTRY PROFILE USA
Le eccezioni più rilevanti riguardano il Vermont (dove è stata utilizzata questa primaria è per la selezione dei candidati alla presidenza, mentre per la selezione dei candidati alle cariche statali mentre si è ricorsi alla primaria con dichiarazione pubblica. In Hawaii, viene utilizzata solo per le cariche federali e statali. Inoltre, in alcuni stati (Idaho e Michigan) i democratici, contrariamente ai repubblicani, non considerano come vincolante l’esito della selezione scaturito da questa primaria; 5) primaria coperta, definita anche come blanket primary. In questo caso gli elettori ricevono un’unica scheda con i nomi di tutti i candidati di tutti i partiti che partecipano alla selezione per quella determinata carica. I due candidati più votati, a prescindere dalla loro affiliazione partitica, si presenteranno quindi alle elezioni successive per conquistare la carica in gioco. Poiché le cariche in gioco sono diverse, gli elettori riceveranno per ciascuna di esse la scheda con i relativi candidati dei vari partiti. L’elettore sceglie il candidato preferito senza alcun vincolo di partito. Ovvero può scegliere candidati di partiti diversi per le diverse cariche in gioco. Questa primaria è stata adottata in quattro Stati, e cioè in Arkansas (solo qui anche per le Presidenziali), California, Louisiana e Washington (solo per le altre cariche). Questo metodo, però, ha generato un’accesa discussione publica sfociata poi, nel 2000, in una sentenza della la Corte suprema, attivata da un ricorso del partito democratico della California secondo il quale tale primaria diretta (imposta per legge dallo Stato) costituiva una negazione del suo diritto di preservare la propria organizzazione. Il sistema di voto nelle primarie è differente da partito a partito, ma anche da stato a stato, anche se prevale il metodo maggioritario, nella variante plurality. C’è un vivace dibattito nella letteratura politologica sulla circostanza che le primarie possano ulteriormente indebolire i partiti, privati del potere di scelta dei candidati, anche perché portano ad una crescita dell’attività di fund-raising da parte dei candidati.
I.3.2) Le elezioni per il Congresso (Senato e Camera dei Rappresentanti) Il congresso degli Stati Uniti è composto dal Senato e dalla Camera dei Rappresentanti. Il Senato è formato da 100 membri, due per ogni stato federato, eletti in collegi la cui estensione coincide con quella dello Stato. I senatori, eletti con sistema maggioritario, a turno unico (Plurality), ricevono un mandato di sei anni, e il Senato si rinnova di un terzo ogni due anni (la Costituzione non prevede uno scioglimento dell'assemblea). Qualora un seggio rimanga vacante, spetta al governatore nominare, eventualmente, un senatore provvisorio che rappresenti lo Stato fino alle successive elezioni suppletive. Il Senato è presieduto dal vicepresidente degli Stati Uniti, ma
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periodicamente elegge un presidente pro tempore che può durare in carica un numero variabile di anni, poiché il mandato a tale carica decorre dal momento della sua elezione a presidente fino al termine del mandato di senatore. I membri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti svolgono invece il loro mandato per due anni, al termine dei quali la Costituzione degli Stati Uniti prevede uno scioglimento automatico dell'assemblea e l’indizione di nuove elezioni. La tempistica delle elezioni di Camera e presidente fa sì che esse coincidano alternativamente con un tempo che coincide con la metà del mandato dei presidenti degli Stati Uniti (per questo motivo sono etichettate come elezioni di mid term, vale a dire medio termine o più propriamente di metà mandato che, detto per inciso, registrano un’affluenza alle urne sensibilmente più bassa delle altre elezioni che però coincidono con le elezioni presidenziali: esse perciò assumono un significato di giudizio (sia pure indiretto) sull’operato della Presidenza e alla luce di ciò vengono interpretati i risultati. Il numero di componenti dell'assemblea è di 435 e per esservi eletti bisogna aver compiuto 25 anni di età. I rappresentanti sono eletti in collegi uninominali, ripartiti su base statale in proporzione alla popolazione dello Stato. Non è del tutto abbandonata, nemmeno in anni recenti, la pratica del gerrymandering, di fatto il ridisegno dei collegi elettorali a proprio uso e consumo. L’inventore di questo sistema è il politico statunitense, all’epoca governatore del Massachusetts Elbridge Gerry (1744-1814), che disegnò un nuovo collegio elettorale con confini particolarmente tortuosi, includendo quei territori su cui insistevano strati della popolazione a lui favorevoli ed escludendo quelli a lui sfavorevoli, rendendo più probabile la sua rielezione. I confini di questo, del tutto irregolari, secondo un giornale avversario, somigliavano ad una salamandra. Da qui il termine gerrymandering, acronimo coniato unendo Gerry e salamander. Nel corso degli anni, il gerrymandering è stato di fatto utilizzato da quasi tutti i partiti che si sono trovati nella posizioni di ridisegnare i distretti elettorali. Il compito di ridisegnare i collegi spetta alle assemblee legislative dei singoli stati e trova un limite solo in alcune leggi promulgate contro la segregazione razziale come il Voting Rights Act approvata nel 1965. Il sistema elettorale vigente è il maggioritario, nella variante plurality (first past the post). La ripartizione dei seggi tra i vari Stati viene aggiornata con cadenza decennale, in base all'ultimo censimento. Quale che sia la consistenza della popolazione dei singoli Stati, a ognuno di essi è garantito almeno un rappresentante. Attualmente, in base alla ripartizione del 2010, hanno un solo rappresentante l'Alaska, il Delaware, il Montana, il Dakota del Nord, il Dakota del Sud, il Vermont e il Wyoming. Lo Stato che elegge più rappresentanti è invece la California (53).
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Le ultime elezioni si sono svolte il 4 novembre 2014 e dal 6 gennaio 2015 la Camera è composta da 441 membri, di cui 435 rappresentanti (con diritto di voto) e 6 delegati (senza diritto di voto). I risultati elettorali hanno assegnato la maggioranza della Camera ai Repubblicani, che hanno totalizzato il 51,2% dei voti e 247 seggi, contro i 45,5% (188 seggi) conquistati dai democratici, confermando così il risultato di due anni prima, quando i democratici, benché risultati vincitori in termini di voti assoluti e percentuali riportate (48,8% vs. 47,7%) sono stati sconfitti in termini di seggi totalizzati (201 vs. 234). La sensibili differenza in termini di affluenza alle urne è spiegabile soprattutto col fatto che le elezioni del 2014 sono state elezioni di metà mandato (mid-term) e in quanto tali notoriamente interessate dal calo della partecipazione. Tabella 3 - Risultati elettorali per la «House of Representatives» 2014 e 2012 2012 Voti assoluti
2014
%
Voti Seggi assoluti
Differenze (2014-2012)
%
Voti Seggi assoluti
Punti percentuali % Seggi
59.645.531 48,8 201
35.624.35 45,5 188 7
24.021.17 -3,3 4
-13
Republican Party
58.228.253 47,6 234
40.081.28 51,2 247 2
18.146.97 3,6 1
13
Libertarian Party
1.366.338
1,1
954.077
1,2
-412.261
0,1
Independent
486.887
0,6
640.994
0,8
154.107
0,2
Green Party
372.996
0,3
246.567
0,3
-126.429
0
Constitution Party
111.576
0,1
58.863
0,1
-52.713
0
Altri
2.190.150
1,7
1.270.094 1,6
TOT
122.401.73 100 435 1
Democratic Party
affluenza % sui 64,4 registrati
78.876.23 101 435 4 42,5
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-0,1
5. COUNTRY PROFILE USA
affluenza % su pop in età di 51,8 voto
33,0
Fonte: elaborazione dell’autore su dati della Federal Electoral Commission I risultati delle elezioni del 2014, le ultime in ordine di tempo, hanno confermato, in termini di voti e di seggi, la maggioranza della Camera ai Repubblicani, che hanno totalizzato il 51,2% dei voti e 247 seggi, contro i 45,5% (e 188 seggi) conquistati dai democratici. Due anni prima i democratici, benché risultati vincitori in termini di voti assoluti e percentuali riportate (48,8% vs. 47,7%) sono stati sconfitti in termini di seggi totalizzati (201 vs. 234). La sensibili differenza in termini di affluenza alle urne è spiegabile anche col fatto che le elezioni del 2014 sono state elezioni di metà mandato (mid-term) e in quanto tali notoriamente affette da una percentuale minore di partecipazione. Nessun altro partito presente alla competizione elettorale ha eletto propri rappresentanti, nemmeno nel 2012. Del resto questa è una “peculiarità” che si è verificata relativamente poche volte nella storia recente delle elezioni USA: in trentacinque tornate elettorali organizzate tra il 1946 e il 2014, nella Camera sono stati rappresentati sempre due soli partiti, ad eccezione di quattordici tornate in cui un terzo partito ha eletto un solo rappresentante e, nel 1996, due. In definitiva, benché la competizione sia aperta a un gran numero di partiti (o liste), la rappresentanza è assicurata solo alle due maggiori formazioni e, salvo rari casi, a un terzo partito, (vedi tabella 2). In nessun caso il terzo partito ha superato la soglia del 5% dei voti. Osservando il rapporto tra voti e seggi, le elezioni per il rinnovo della Camera dei Rappresentanti sono caratterizzate da un basso indice di disproporzionalità (il valore medio dell’indice di Gallagher per le trentacinque tornate elettorali considerate è pari a 4,7) e mai hai superato il valore di 10. Tabella 4: Numero effettivo di partiti parlamentari ed elettorali: «House of Representatives» (1946-2014)
1946
n partiti n. di partiti Lsq in con voti > (disproporzionalità Nep (v) parlame 5% di Gallagher) nto
Nep (s)
Seggi
3
1.98
435
2
2,27
2.04
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5. COUNTRY PROFILE USA
1948
3
2
7,00
2.07
1.92
435
1950
3
2
3,96
2.06
2.00
435
1952
3
2
1,17
2.04
2.01
435
1954
2
2
0,58
2.01
1.99
435
1956
2
2
2,62
2.01
1.99
435
1958
3
2
8,33
1.98
1.84
437
1960
2
2
4,92
2.01
1.92
437
1962
3
2
7,42
2.01
1.93
435
1964
2
2
9,92
1.97
1.77
435
1966
2
2
5,69
2.03
1.96
435
1968
2
2
4,80
2.04
1.97
435
1970
2
2
3,62
2.03
1.94
435
1972
2
2
2,73
2.04
1.97
435
1974
2
2
7,90
2.00
1.80
435
1976
2
2
9,67
2.02
1.79
435
1978
2
2
9,15
2.04
1.86
435
1980
2
2
4,59
2.06
1.97
435
1982
2
2
5,71
2.02
1.89
435
1984
2
2
5,39
2.03
1.95
435
1986
2
2
4,02
2.01
1.93
435
1988
2
2
5,55
2.03
1.93
435
1990
3
2
7,89
2.08
1.91
435
1992
3
2
7,08
2.14
1.94
435
1994
2
2
1,31
2.08
2.00
435
1996
3
2
3,21
2.18
2.00
435
1998
3
2
2,71
2.21
2.01
435
2000
3
2
3,15
2.25
2.02
435
2002
3
2
2,00
2.15
2.00
435
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5. COUNTRY PROFILE USA
2004
3
2
2,99
2.18
2.00
435
2006
2
2
1,57
2.10
1.99
435
2008
2
2
4,01
2.09
1.94
435
2010
2
2
3,14
2.15
1.97
435
2012
2
2
4,79
2.13
1.99
435
2014
2
2
4,35
2.14
1.96
435
4,72
2,07
1,94
Media 46-14
Fonte: elaborazione dell’autore su dati della Federal Electoral Commission L’indice di Gallagher (media 4,72) indica un basso livello di proporzionalità nelle elezioni per il rinnovo della Camera USA tra il 1946 e il 2014. Tuttavia il numero effettivo di partiti (sia elettorali sia parlamentari) segnala e conferma chiaramente la dinamica e il formato bipartitico dell’assetto parlamentare ed elettorale degli USA. Similmente, il caso di parlamentari eletti in quanto indipendenti è limitato a poche eccezioni, sia in termini di consultazioni sia in termini di personale politico. E comunque non è in grado di scalfire l’assetto bipartitico né di costruire un partito terzo con capacità di sfidante ai due principali. Osservando le elezioni dalla prospettiva dell’elettore, è indubbio che il sistema elettorale maggioritario, a turno unico, insieme con altre cause, abbia fortemente contribuito a strutturare le relazioni elettore/partito nella direzione di un voto sostanzialmente strumentale; il riferimento sfumato a una ideologia (benché la prevalenza di una corrente di pensiero sull’altra – pensiamo alla variante liberal dei democratici - abbia avuto un ruolo nello strutturare la proposta in termini di public policy) e mancando di fatto una identità di partito (vista anche la natura dei partiti di cui si parla nel paragrafo successivo) il voto di appartenenza è senz’altro residuale.
I.3.3) Il sistema elettorale per le elezioni sub-federali Il sistema impiegato per l’elezione del Presidente viene utilizzato anche per l’elezione dei governatori. Anch’essi vengono selezionati con il meccanismo delle primarie, il cui tipo può variare da Stato a stato. In particolare, California e Louisiana adottano il sistema della blanket primary (per una descrizione delle diverse tipologie di primaria, vedi il relativo paragrafo).
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5. COUNTRY PROFILE USA
I governatori restano in carica quattro anni, ad eccezione di quelli del New Hampshire e del Vermont, per i quali la durata del mandato è fissata in soli due anni.
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II) Le istituzioni nella dinamica politica
II.1) Il sistema dei partiti Riguardo la presenza dei partiti sullo scenario politico statunitense, nonché la loro forza, non c’è dubbio che il sistema partitico statunitense sia decisamente ascrivibile alla categoria dei sistemi bi-partitici. Benché esistano una varietà di sigle, in grado di presentarsi alle elezioni e catturare sia pure un minimo consenso (il numero può anche essere elevato, tanto che alle ultime elezioni per la Camera dei Rappresentanti erano presenti ben oltre trenta sigle), è fuori di dubbio che il sistema USA presenti soltanto due partiti in grado di competere per la maggioranza assoluta dei seggi. È inoltre abbastanza chiaro che la competizione tra gli attori partitici sia moderata (al centro) e esista la concreta possibilità di alternanza. Secondo la classificazione di Sartori, si tratta dunque di un sistema bipartitico, competitivo e a bassa frammentazione. Del resto i dati empirici confermano questa ipotesi e ci suggeriscono la conclusione che soltanto due partiti sono in grado di contendersi effettivamente la posta in palio: il Partito Democratico e il Partito Repubblicano. La media della somma dei voti (in percentuale) totalizzata dai due partiti nelle elezioni per la Camera dei Rappresentanti tra il 1946 e il 2014 (trentacinque tornate elettorali) è pari al 97,8%; la somma dei seggi (ancora in percentuale) totalizzati da Democratici e Repubblicani (alternatisi nella maggioranza dei seggi) nelle medesime tornate elettorali e arco temporale è pari al 99,9%. Inoltre, è utile richiamare il dato citato nel precedente paragrafo, secondo il quale tra il 1946 e il 2014, in trentacinque tornate elettorali, soltanto in quattordici occasioni un terzo partito è riuscito a eleggere un proprio rappresentante alla Camera (nel 1996 ne ha eletti due). Ma si è trattato dell’elezione di un solo membro (due in un’unica occasione), a fronte dei 435 in palio. Tabella 5 - Percentuali di voti e di seggi ottenuti dai due partiti maggiori nelle elezioni per l'«House of Representatives» (1946-2014)
Elezione I partito
II partito
somma somma voti (%) (%)
1946
REP
DEM
98,5
99,8
-1,27
1948
DEM
REP
98,0
99,8
-1,80
1950
DEM
REP
98,5
99,7
-1,20
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seggi diff. (pp)
voti
seggi
5. COUNTRY PROFILE USA
1952
DEM
REP
99,1
99,7
-0,60
1954
DEM
REP
99,5
100
-0,80
1956
DEM
REP
99,9
100
-0,10
1958
DEM
REP
99,6
99,8
-0,17
1960
DEM
REP
99,6
100
-0,40
1962
DEM
REP
99,5
99,8
-0,27
1964
DEM
REP
99,5
100
-0,50
1966
DEM
REP
99,1
100
-0,90
1968
DEM
REP
98,7
100
-1,30
1970
DEM
REP
98,5
100
-1,50
1972
DEM
REP
98,6
99,8
-1,20
1974
DEM
REP
98,2
100
-1,80
1976
DEM
REP
98,2
100
-1,80
1978
DEM
REP
98,5
100
-1,50
1980
DEM
REP
98,4
100
-1,60
1982
DEM
REP
98,6
100
-1,40
1984
DEM
REP
99,1
100
-0,90
1986
DEM
REP
98,7
100
-1,30
1988
DEM
REP
98,9
100
-1,10
1990
DEM
REP
96,4
99,8
-3,37
1992
DEM
REP
95,2
99,8
-4,57
1994
REP
DEM
96,7
99,8
-3,07
1996
DEM
REP
96,4
99,8
-3,37
1998
REP
DEM
95,7
99,8
-4,07
2000
REP
DEM
94,7
99,5
-4,84
2002
REP
DEM
95,2
99,5
-4,34
2004
REP
DEM
96,2
99,8
-3,57
2006
DEM
REP
96,6
100
-3,40
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5. COUNTRY PROFILE USA
2008
DEM
REP
95,8
100
-4,20
2010
REP
DEM
96,6
100
-3,40
2012
DEM
REP
96,4
100
-3,60
2014
REP
DEM
96,7
100
-3,30
97,8
98,9
-2,07
Fonte: elaborazione dell’autore su dati della Federal Electoral Commission Il sistema partitico statunitense è un sistema squisitamente bipartitico: due soli partiti possono effettivamente contendersi la posta in palio. Lo confermano i dati relativi alla somma di voti e di seggi totalizzati dai due partiti maggiori alle elezioni per il rinnovo della Camera tra il 1946 e il 2014. La percentuale media della somma dei voti è pari al 97,8%, la media della somma dei seggi (in percentuale) è pari al 98,9, con una differenza media tra voti e seggi di -2,07, a conferma della bassa disproporzionalità delle elezioni USA, già evidenziata dall’indice di Gallagher nella tabella 2. Inoltre, la tabella evidenzia il buon funzionamento del meccanismo dell’alternanza e della contendibilità della posta in palio. Nella letteratura politologica in argomento, i partiti statunitensi vengono descritti (e analizzati) in una prospettiva sostanzialmente diversa dai tradizionali partiti politici originatisi e sviluppatisi in Europa (sia pure con tutte le possibili varianti e specificità). Anzi, proprio la diversa prospettiva consente di cogliere il carattere, la natura e le funzioni dei partiti statunitensi, troppo frettolosamente definiti semplicemente come empty vessels, vale a dire soggetti a totale disposizione del Presidente di turno. La realtà è naturalmente ben più complessa e assegna ai partiti diverse funzioni. Inoltre, le analisi comparate considerano l’evoluzione del sistema partitico statunitense – di cui in Costituzione non c’è traccia – attraverso diverse fasi che corrispondono grosso modo agli snodi cruciali dell’evoluzione storica della polity statunitense: tralasciando le prime fasi e con un occhio particolare alla rappresentanza degli interessi e delle issue, si può affermare che il sistema partitico odierno nasca dopo la grande depressione del 1929 e il contemporaneo emergere di ideologie di chiara impronta liberal nell’ambito del partito democratico, rinvigorite in anni recenti con le presidenze di Bill Clinton e Barack Obama. Sul versante repubblicano, la “rivoluzione” repubblicana e l’avvento della presidenza di Ronald Reagan negli anni ’80, segna un maggiore radicamento dei Repubblicani nel sud e nelle aree rurali, mentre i Democratici-Liberal tendono a raccogliere consensi nelle aree più “centrali”. Radicalmente lontani dal modello del partito di massa di impronta europea, i partiti statunitensi sono semmai maggiormente assimilabili al modello del partito professionale Pagina | 68
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elettorale. Di recente la letteratura si è concentrata sulla natura presidenziale vs. congressuale dei partiti statunitensi. Descritti come partiti deboli (empty vessels), sono in realtà – secondo altre interpretazioni - piuttosto forti: decidono le politiche pubbliche e selezionano, sia pure indirettamente, i leader, come detto, attraverso il meccanismo delle primarie, che costituisce un aspetto peculiare della vita politica statunitense. Tuttavia va aggiunto che, secondo interpretazioni alternative, i partiti sono di fatto ulteriormente indeboliti dalle stesse primarie che, in definitiva, sottraggono loro buona parte del potere nella scelta dei leader. Non c’è dubbio, tuttavia, che i partiti statunitensi siano in primo luogo partiti elettorali e, successivamente partiti istituzionali, nel senso che vivono di e nelle istituzioni. Inoltre, mentre le democrazie moderne sono caratterizzate, pur in forme diverse, dalla presenza di un vincolo fiduciario tra esecutivo e legislativo (i governi ricevono la fiducia da almeno una camera), negli Stati Uniti il potere esecutivo è esercitato da un soggetto eletto (in)direttamente dai cittadini, che non deve ottenere la fiducia dal potere legislativo. Ciò avviene sia a livello federale (Presidente) sia a quello statale (Governatore) e non è necessario ricorrere alla formazione di coalizioni in Parlamento per sostenere un Governo. In altri paesi, al contrario, il ruolo del Parlamento nella fiducia al Governo esalta il ruolo dei gruppi parlamentari e, quindi, dei partiti che li esprimono. Queste dinamiche hanno naturalmente avuto un ruolo importante nella formazione dei partiti USA. Secondo alcune interpretazioni (Fabbrini e Bressanelli, 2015), i partiti politici sono infatti soprattutto istituzionali, nel senso che “vivono” nelle istituzioni e in particolar modo nel Congresso, più specificamente alla Camera (congressional parties) dove i leader (speakers) assumono un rilievo di primissimo piano nella dialettica politica, soprattutto quando sono di colore politico diverso da quello del Presidente in carica.
II.2) Il sistema di governo II.2.1) Le caratteristiche della forma di governo presidenziale La forma di governo presidenziale affermatasi negli Stati Uniti d’America con la Costituzione del 1787 si caratterizza per una separazione rigida dei poteri basata sulla contrapposizione tra Capo dello Stato e Congresso118. La pari legittimazione delle istituzioni e la loro separazione è assicurata dal punto di vista elettorale poiché tutte sono sostanzialmente elette in maniera 118
Le ragioni che hanno spinto i padri costituenti ad optare per tale modello sono efficacemente riassunte dal pensiero di James Madison e si basavano sul timore di concentrare l’autorità politica sia in un singolo “tiranno” esecutivo, sia nella majority rule legislativa ovvero in un governo della maggioranza senza contrappesi. Sulle ragioni che hanno spinto i padri costituenti ad optare per un simile modello cfr. Fabbrini S., L’America e suoi critici, op.cit., pp.40-44.
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diretta dai cittadini, anche se il Presidente - formalmente - viene eletto con procedimento di secondo grado119. Al Presidente la Costituzione attribuisce il potere esecutivo e la politica estera, al Congresso il potere legislativo. La durata del mandato di ciascuno di tali organi è fissa e non può essere in alcun caso fatta cessare prima della scadenza costituzionalmente stabilita. Il Presidente, infatti - a differenza di quanto avviene nelle forme di governo parlamentari - non può sciogliere il Congresso, come, del resto, quest’ultimo non può̀ revocare il Presidente non essendo contemplato l’istituto della fiducia tra Governo e Parlamento. In proposito si deve evidenziare che l’impeachment, grazie all’alto quorum richiesto in Senato per condannare il Presidente, ha mantenuto una natura giuridica e non ha determinato l’affievolimento della rigida separazione dei poteri delineata dalla Carta costituzionale. Ciò significa che gli organi posti al vertice del potere legislativo e di quello esecutivo tendenzialmente non possono influenzarsi a vicenda nell’esercizio delle proprie funzioni, mancando un istituto in grado di realizzare un “coordinamento” dei poteri che li induca alla collaborazione. In realtà, in tale sistema di governo separato – come si è avuto modo di evidenziare nella prima parte del presente lavoro - il governo non coincide con un’istituzione, vale a dire con l’esecutivo, ma con un insieme di istituzioni che condividono lo stesso potere decisionale, e che sono tutte egualmente legittimate a partecipare al processo decisionale. In questo modo nel sistema americano nessuna istituzione può rivendicare il monopolio della decisione governativa, ma tutte sono legittimate a partecipare al processo decisionale traendo la propria legittimazione dalla stessa fonte ovvero dalla Costituzione. Il coordinamento nell’esercizio delle varie funzioni statali nell’esperienza americana è stato raggiunto mediante la previsione di un sistema di pesi e contrappesi (cd. sistema di checks and balances) in forza dei quali il Presidente ha potere di veto sui progetti di legge congressuali, mentre il Congresso controlla le risorse finanziarie. Anche le commissioni permanenti istituite in seno al Congresso contribuiscono alla realizzazione di tale coordinamento dato che si prevede la possibilità (e a volte l’obbligo) che ai loro lavori partecipino dei membri dell’esecutivo. Per esaminare l’evoluzione e il concreto funzionamento della forma di governo statunitense si utilizzeranno in questa sede due diversi approcci. In primo luogo, si evidenzieranno i fattori che hanno progressivamente portato al rafforzamento dell’esecutivo come motore centrale della forma di governo. In secondo luogo, si esaminerà l’incidenza nell’evoluzione della forma di governo nei frequenti periodi di governo separato che hanno caratterizzato gli Stati Uniti in particolar modo dopo la fine del secondo conflitto mondiale.
119
Cfr. De Vergottini, Diritto costituzionale comparato, Padova, 1993, p. 389, in cui si parla di “un dualismo paritario”.
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II.2.2) Il passaggio dal governo congressuale a quello presidenziale Il sistema di governo separato americano così come delineato dalla Costituzione è stato in grado di esprimere diversi equilibri istituzionali nel corso del tempo. Infatti, se dall’entrata in vigore della Costituzione sino agli anni ‘20-30 del XX secolo si è assistito alla primazia del Congresso, successivamente si è realizzata una progressiva affermazione del primato dell’esecutivo ovvero del Presidente degli Stati Uniti. In origine, tra i due ruoli che la Costituzione assegna al Presidente, ovvero quello di Capo dello Stato e quello di capo dell’esecutivo, è prevalso il primo. Si riteneva comunemente che il Presidente degli Stati Uniti ricoprisse un ruolo prettamente cerimoniale, tanto che la sua influenza nell’individuazione dell’indirizzo politico era inferiore sia rispetto a quella dello speaker delle Camere, sia rispetto a quella che potevano imprimere senatori particolarmente influenti. In questo contesto, le presidenze Jefferson (1801-08), Jackson (1829-36) e Lincoln (1861-65) – in cui i presidenti riuscirono ad assumere il ruolo di leader popolare – rappresentano delle eccezioni ascrivibili oltre che ai forti temperamenti di tali presidenti, alle contingenze storiche del momento120. Il Congresso, invece, e in particolar modo la Camera dei rappresentanti, era considerato l’unico organismo veramente rappresentativo e, in ragione di ciò, era legittimato a dirigere l’azione di governo. Nelle elezioni presidenziali erano infatti i caucus del Congresso a selezionare i candidati alla presidenza, mentre la scelta dei Grandi Elettori era compiuta dai leader politici dei legislativi di ciascuno stato. Parte della dottrina, ha evidenziato come tale metodo di selezione dei candidati avesse modificato il principio della separazione dei poteri tra Presidente e Congresso, trasformandolo in un sistema in cui i poteri, in maniera sostanzialmente analoga ai sistemi parlamentari, si fondevano 121. Altri hanno comunque precisato che sebbene nella fase del “governo congressuale” sia stata ridimensionata la separazione tra legislativo ed esecutivo, la forma di governo statunitense nel suo primo secolo di vita non può comunque essere confusa con quella parlamentare poiché “nel governo congressuale la responsabilità decisionale è stata condivisa da attori diversi, leaders dei partiti statali, presidenti di comitati, singoli senatori particolarmente influenti, oltre che dallo Speaker della Camera e dal capo del partito di maggioranza al Senato”122. La situazione è progressivamente cambiata a partire dal primo decennio del XX secolo ed ha portato al superamento del “governo congressuale” in favore di quello presidenziale. I fattori
120
Come evidenzia Fabbrini S., L’America e i suoi critici, op.cit., p. 50, il periodo della presidenza Jefferson si caratterizzò per l’esistenza di forti conflitti partigiani; quello della presidenza Jackson per la presenza di gravi conflitti sociali; e, infine, quello della presidenza Lincoln per il verificarsi di conflitti interstatali. 121
Per tutti v., Lowi T.J, Party, Policy and Constitution in America, in AA.VV., Chambers W.N, Burnham W.D. (a cura), The American Party System, New York, 1967, p. 248 ss. 122
Fabbrini S., L’America e i suoi critici, op.cit., p. 52.
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che hanno fatto sì che il Presidente acquisisse una primazia decisionale rispetto al Congresso sono più d’uno. Il primo è certamente individuabile nel cambiamento della modalità di selezione dei candidati alla Presidenza. Infatti, l’originario meccanismo di selezione è stato sostituito nella maggior parte degli Stati dal sistema delle primarie. Inoltre, anche laddove la selezione avviene ancora attraverso i caucasus di partito, la scelta avviene attraverso un sistema che parte dal basso: i caucasus locali di partito scelgono i delegati per le assemblee di contea, dove vengono eletti i delegati per i caucasus distrettuali o per il caucus statale; infine, nell’assemblea statale vengono scelti i delegati alla national convention che assumono l’impegno di votare per un determinato candidato. Anche la modalità di selezione dei Grandi Elettori è mutata dato che la scelta da parte delle assemblee legislative degli stati è stata sostituita dall’elezione da parte dei cittadini di ciascuno stato. La primazia presidenziale è stata altresì determinata dalle trasformazioni economiche che hanno interessato gli Stati Uniti a partire dalla fine del XIX secolo e che li hanno resi una grande potenza industriale. L’esigenza di governare il mercato e di far fronte in maniera pronta ed efficace alle necessità del nuovo sistema economico hanno palesato l’inadeguatezza del Congresso, non soltanto per la lentezza nella formulazione degli indirizzi politici, ma soprattutto per la loro frammentarietà imputabile ai vincoli di rappresentanza degli interessi consolidati che influenzavano la policy di quest’organo. I primi presidenti ad interpretare più attivamente il loro ruolo sono stati T. Roosevelt (1901-1909) e Wilson (1913-1921). L’alterazione degli equilibri a favore della Presidenza è stata poi ulteriormente rafforzata dalla crisi economica del ’29 che spinse il Presidente F.D. Roosevelt (1933-1945) a svolgere un ruolo attivo nell’individuazione dell’agenda legislativa, inducendo il Congresso ad approvare alcune importanti proposte contenute nel programma presidenziale come, ad esempio, l’Emergency Banking Act del 1933 - la prima delle misure proposte dal Presedente volta ad ovviare al problema della disoccupazione e a ristrutturare il settore industriale e quello dei lavori pubblici123. È a partire da questo momento che il Presidente degli Stati Uniti è diventato la forza trainante dell’organo legislativo, sebbene l’attivismo rooseveltiano fosse stato inizialmente ostacolato sia dal Congresso che dalla Corte Suprema124. Dopo il secondo conflitto mondiale, il definitivo predominio decisionale della Presidenza è stato determinato dal nuovo ruolo che gli Stati Uniti hanno assunto nel contesto internazionale durante il periodo della guerra fredda. Gli Stati Uniti sono infatti diventati il Paese leader nella lotta alla minaccia sovietica e il Presidente, essendo l’unico in grado di fornire una rappresentanza unitaria e generale del Paese nel nuovo sistema internazionale, ha assunto un 123
Sul New Deal e sulla presidenza di F.D. Rosevelt v. Leuchtenburg W.E., Franklin D. Roosevelt and the New Deal, 1932-1940, New York, 1963. 124
In proposito la dottrina suole parlare di Roosevelt revolution per indicare come il passaggio dal governo “congressuale” a quello “presidenziale” si sia realizzato con le presidenze di Roosevelt. Cfr. Einaudi M., The Roosevelt Revolution, New York, Brace and World, 1959.
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ruolo centrale nella direzione dell’apparato militare e di quello diplomatico. Così, dopo che F.D. Roosevelt chiese e ottenne la modifica del Neutrality Act del 1935-37 con l’adozione del Lend-Lease Act del 1941125 e dichiarò nel dicembre dello stesso anno guerra alla Germania Nazista – il suo successore Truman nel giugno del 1945 firmò la Carta dell’Onu ed ad assunse la decisione di sganciare la bomba atomica sul Giappone nell’agosto del 1945. Truman e i suoi segretari di stato, Marshall e Acherson, furono altresì artefici di molte scelte della seconda metà degli anni ’40: è di questo periodo la c.d. dottrina Truman volta a sostenere i popoli liberi che resistevano ai tentativi di essere soggiogati da parte di minoranze armate o da pressioni estere, ed è imputabile al presidente l’adozione dell’European Recovery Program (noto come piano Marshall) ovvero il piano politico-economico statunitense per la ricostruzione dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale. La fine della guerra fredda non ha comportato un ridimensionamento del ruolo presidenziale, ma al contrario, le presidenze che si sono succedute si sono contraddistinte per la forte incidenza nella determinazione dell’indirizzo politico delle posizioni portate avanti dai Presidenti. Ciò che è avvenuto – come si è avuto modo di evidenziare nel paragrafo dedicato ai poteri presidenziali – sia attraverso l’individuazione dei parametri del bilancio federale con cui i presidenti hanno sollecitato l’iniziativa legislativa; sia mediante l’uso del veto presidenziale che, a partire dagli anni ’60, è stato usato come «arma ordinaria di offensiva legislativa dell’esecutivo»126. L’attacco terroristico dell’11 settembre 2001 ha ulteriormente amplificato le tendenze verso la “presidenzializzazione”. L’esigenza di tutelare la sicurezza dei cittadini ha fatto nascere infatti una vera e propria “guerra” al terrorismo non soltanto sul fronte internazionale, ma anche sul fronte interno e ha determinato un ulteriore “sbilanciamento” della forme di governo in favore del Presidente. Infatti, come del resto era già avvenuto in precedenza127, si è amplificato il ruolo del Presidente come Comandante in capo e gli sono stati affidati poteri straordinari sia con l’adozione del Patriot Act, approvato subito dopo l’attentato alle Torri Gemelle128, sia mediante l’approvazione dell’Authorization for Use of Military Force con cui si autorizzava il Presidente a «usare tutta la forza necessaria ed appropriata contro quelle nazioni, organizzazioni o persone che egli determina abbiano pianificato, autorizzato, commesso o aiutato gli attacchi terroristici […] o abbiano accolto quelle organizzazioni o persone, al fine 125
In particolare, tale legge consentiva di produrre, vendere e trasferire materiale militare a qualsiasi paese la cui difesa fosse considerata dal presidente essenziale ai fini della difesa degli Stati Uniti. 126
L’espressione è di Fabbrini S., L’America e i suoi critici,op. cit., p. 63.
127
Cfr. De Vergottini G., Presentazione in Toniatti R., Costituzione e direzione della politica estera negli Stati Uniti d’America, Milano, 1983, p. XI, in cui si evidenzia che “il settore della tutela della sicurezza è stata una delle vie attraverso cui la dottrina costituzionalistica statunitense ha con maggiore intensità analizzato l’evolversi dei rapporti fra le supreme istituzioni costituzionali nell’ultimo cinquantennio”. 128
V. Lanchester F., Gli Stati Uniti e l’11 settembre 2001.
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di prevenire qualsiasi atto di terrorismo internazionale contro gli Stati Uniti». Di fatto i nuovi poteri assegnati al Presidente, collegati all’ampia discrezionalità dell’amministrazione hanno determinato la compressione delle libertà costituzionalmente garantite in nome della sicurezza e hanno causato la reazione all’eccesiva compressione dei diritti che ha visto il suo apice nelle decisioni della Corte Suprema che, nel 2004, ha accolto i ricorsi presentati contro l’amministrazione Bush per i soprusi cui sono stati sottoposti i detenuti nel carcere di Guantanamo. In conclusione è possibile affermare che il congressional government descritto da Wilson nel 1885129, in cui il potere era concentrato nelle mani della leadership del Congresso e il Presidente era sottomesso al Congresso anche nelle funzioni esecutive riconosciutegli dalla Costituzione, ha progressivamente ceduto il passo al presidential government. A tal fine hanno giocato un ruolo fondamentale una serie di fattori: la grave crisi economica del ’29 e la conseguente politica del New Deal del Presidente F.D. Rosevelt hanno determinato l’inizio del progressivo ampliamento dei poteri presidenziali; i cambiamenti storici, lo sviluppo e la modernizzazione del Paese hanno fatto sì che il Presidente assumesse un ruolo centrale nello scenario istituzionale americano e l’hanno portato a ricoprire un ruolo centrale anche nella sfera legislativa, modificando in sostanza la previsione costituzionale che attribuisce esclusivamente al Congresso l’esercizio di tale funzione. Dopo il secondo conflitto mondiale, parimenti determinante è stato l’aumento della responsabilità internazionale degli Stati Uniti da cui è nata l’esigenza di attribuire poteri ad un centro decisionale immediato ed efficace ovvero all’esecutivo. Esigenza, quest’ultima, che si è notevolmente rafforzata negli ultimi decenni a causa di un terrorismo sempre più difficile da contrastare. L’ampliamento dei poteri presidenziali130 non ha tuttavia determinato il venir meno dell’attualità dell’architettura costituzionale americana. Infatti, nei momenti di massima espansione del ruolo del Presidente sia il Congresso, che la Corte Suprema non hanno esitato ad usare le “armi” a loro disposizione per evitare un irreversibile sconfinamento dei ruoli assegnati dalla Costituzione. Infatti, mentre il Congresso utilizzando l’impeachment nei confronti di Nixon è riuscito a rivalutare il ruolo dell’organo legislativo, la Corte Suprema non ha esitato a limitare i poteri di comandante in capo del Presidente in particolari circostanze: ciò che è stato fatto da ultimo nei confronti del Presidente Bush rispetto al caso Guantanamo, ma che ha riguardato anche le presidenze Lincoln durante la Guerra civile e Truman durante la guerra di Corea.
129
Wilson W. Congressional Government, Boston, 1885.
130
Rispetto a tale ampliamento la dottrina ha usato l’espressione Imperial Presidency per evidenziare lo sconfinamento dei compiti e del ruolo istituzionale della presidenza, cfr. Schlesinger A., The Imperial Presidency, New York, 1974.
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Dunque, sebbene sia incontestabile che il ruolo del Presidente si sia progressivamente ampliato, è altrettanto vero che le regole stabilite più di due secoli fa nella Costituzione continuano ad essere attuali. Infatti, indipendentemente dalle contingenti vicende politiche, né il Presidente, né il Congresso possono fare a meno di un continuo confronto reciproco. Tuttavia, come si evidenzierà nel paragrafo successivo, tale confronto rischia di trasformarsi in conflitto nell’ipotesi in cui ci si trovi nelle situazioni di governo “diviso”.
II.2.3) Governo unificato e governo diviso La forma di governo presidenziale ha sicuramente il vantaggio di assicurare la stabilità dell’esecutivo, ma presenta lo svantaggio di possibili disfunzioni o paralisi nel caso in cui organo presidenziale e organo parlamentare siano espressione di tendenze politiche diverse se non opposte. I due organi sono infatti eletti dal popolo, ma in tempi e con scadenze diverse: ogni quattro anni il Presidente, ogni due tutti i rappresentanti, ogni sei i senatori con il rinnovo di un terzo di loro ogni due anni. Di conseguenza, qualora la combinazione dei vari risultati elettorali determini il venir meno dell’omogeneità politica con i due partiti protagonisti del sistema americano che si “spartiscono” il controllo degli organi di governo, si realizza il c.d. divided government. Tale situazione può condurre ad un duplice esito: si può raggiungere un lento e faticoso compromesso fra le parti e concordare ogni singola misura si da garantire comunque il dinamico funzionamento della forma di governo; ovvero, nel caso in cui i due partiti siano ideologicamente polarizzati e portino avanti agende inconciliabili, si determina il c.d. gridlock – il blocco del sistema. In quest’ultimo caso, non c’è un arbitro che sciolga il nodo, non ci sono, come nei sistemi parlamentari, mozioni di sfiducia, dimissioni di governi, ricorsi a elezioni anticipate. In sostanza non esiste una soluzione costituzionale alla crisi e può accadere che il Presidente si rifiuti di promulgare i progetti di legge approvati dal Congresso, apponendo il veto su di essi e rendendo estremamente difficoltoso per l’organo parlamentare il perseguimento del proprio indirizzo politico, mentre il Congresso può impedire l’attuazione della politica presidenziale non votando i fondi ad essa necessari. L’evoluzione della forma di governo è stata influenzata dalla presenza di governi divisi in particolar modo dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Fino all’80° legislatura, infatti, la presenza in uno dei due rami del Parlamento o in entrambi di una maggioranza di colore diverso rispetto a quello del Presidente, si è avuta sporadicamente sì da non influenzare in maniera sostanziale il concreto operare della forma di Governo. I divided governemet, invece, hanno caratterizzato molte delle legislature avvicendatesi dopo il 1946. A titolo meramente esemplificativo si segnala che dall’80° legislatura sino all’ultima, insediatasi il 3 gennaio 2015, si sono avuti 16 governi divisi; 6 governi in parte divisi (ovvero con una sola Camera di opposto colore politico rispetto al Presidente); e 13 governi unificati.
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Sebbene nel periodo preso in esame il primo caso di divided government si sia verificato nel 1947 con il Presidente H.S. Truman che all’epoca fu costretto a “convivere” con un Congresso a maggioranza repubblicana, l’istituzionalizzazione vera e propria del governo diviso si è avuta con la Presidenza Regan (1981-1988), con quella successiva di G. Bush (1989-1992) e con quella di Clinton (1993-2000) che ha potuto contare sulla maggioranza del Congresso soltanto nei suoi primi due anni di mandato131. Tale tendenza, si è arrestata durante le presidenze G.W.Bush probabilmente a causa della necessità del momento di avere un governo unito per far fronte alle minacce terroristiche, ma si è nuovamente manifestata durante la Presidenza Obama che soltanto nei suoi due primi anni di mandato ha potuto contare sulla presenza di una maggioranza democratica in entrambi i rami del Congresso. I periodi in cui si è in presenza di un governo diviso si sono caratterizzati per una forte conflittualità tra Presidente e Congresso. Tale conflittualità, peraltro, si è notevolmente accentuata con la polarizzazione che ha interessato il sistema partitico americano negli anni ‘80 e ’90. Fino a questo momento, infatti - sebbene fosse incontestato che un governo controllato da un solo partito fosse più efficiente, responsabile e produttivo132 - il volume della legislazione approvata da Presidente e Congresso non variava in maniera consistente in presenza di un governo unificato ovvero di un governo diviso perché il sistema bipartitico americano aveva generato partiti moderati disposti alla contrattazione e al compromesso. Sebbene tale maggiore conflittualità non abbia impedito l’approvazione di leggi importanti133, ha determinato la trasformazione delle risorse istituzionali costituzionalmente previste in strumenti di battaglia politica134. In particolare, la maggioranza del Congresso ha usato audizioni e indagini per mettere in discussione le scelte politiche presidenziali, mentre il Presidente ha usato il potere di veto in maniera imponente (sul punto si rimanda alla tabella 1). Il Congresso ha altresì usato impropriamente l’istituto dell’impeachment. Ciò che è avvenuto, in particolare, durante la presidenza Clinton quando si è tentato di sanzionare comportamenti presidenziali che erano di scarsa o nulla rilevanza costituzionale, tanto da spingere parte della dottrina ha parlare di un vero e proprio tentativo di “colpo di stato”135. 131
In tal senso v. Fabbrini S., L’America e i suoi critici, op.cit., p. 75. In cui si evidenzia come una esperienza di governo diviso «così continuativa non ha precedenti nella vita statunitense. Basti pensare che tra il 1832 (anno in cui giunge a maturità un moderno sistema di partito) e il 1956, solamente tre Presidenti avevano dovuto fronteggiare, il giorno dell’inaugurazione delle loro presidenze, una Camera o un Senato controllati dal partito rivale». 132
Schattschneider E.E., Party Government, New York, 1942.
133
Mayhew D.R., Divided We Govern. Party Control, Lawmaking and investigation 1946 – 1990, Yale University Press 1991, p. 76. 134
Fabbrini S., L’America e i suoi critici, op. cit., p.77.
135
Dworkin R., The Wonded Constitution, in The New York Review of Books, 4 febbraio 1999.
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L’alto grado di polarizzazione politica degli ultimi vent’anni e, in particolare, la forte coesione ideologica e l’ancora più forte struttura organizzativa assunta dal Partito Repubblicano a cominciare dalla conquista della maggioranza del Congresso nelle elezioni di metà mandato del 1994, lo ha reso un insurgent party e ha condotto alla progressiva emarginazione dal Partito Repubblicano delle sue componenti tradizionalmente moderate. Ciò ha determinato il declino della tradizionale politica di negoziazione e compromesso che aveva storicamente consentito al sistema a separazione dei poteri di funzionare nei momenti di difficoltà. Peraltro, durante la Presidenza Obama tale polarizzazione si è tradotta in un comportamento fortemente ostruzionistico dei repubblicani anche quando erano in minoranza al Senato attraverso l’uso sistematico del filibustering per ostacolare la deliberazione all’interno del Senato. In proposito, diversi studiosi hanno parlato della rinascita di una rinnovata politica di nullification, in base alla quale i repubblicani hanno bloccato nomine presidenziali per ottenere la modifica di specifiche misure legislative. Al di là delle ragioni che hanno determinato tale polarizzazione136, la politica americana di oggi è basata su partiti ideologici contrapposti. Tuttavia, se una situazione di questo tipo in un sistema parlamentare può comunque trovare una soluzione attraverso la formazione elettorale di maggioranze e minoranze, in un sistema a separazione dei poteri come quello statunitense può portare al conflitto interistituzionale oppure allo stallo decisionale. In conclusione, è possibile affermare che l’istituzionalizzazione dei governi divisi e, soprattutto, la polarizzazione del sistema partitico rendono oggi particolarmente difficile governare negli Stati Uniti. La separazione dei poteri americana richiede, infatti, alle élite politiche una predisposizione alla mediazione e alla negoziazione che attualmente i membri repubblicani del Congresso non hanno. Infatti, nel timore di perdere il sostegno e i finanziamenti dei gruppi di interesse di riferimento, il partito repubblicano ha ostacolato e continuerà ad ostacolare la strategia post-partisan di Obama finalizzata a ricomporre le differenze, a ridurre i contrasti e a promuovere gli accordi.
136
Essa potrebbe essere l’effetto della polarizzazione sociale e culturale dell’elettorato, polarizzazione dovuta all’enorme diseguaglianza nella distribuzione dei redditi che si è verificata sotto l’impatto delle politiche neoconservatrici avviate originariamente dal presidente Ronald Reagan nel 1981-88.
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Tabella 6 – Governi Uniti e governi divisi dal 1947 al 2017 Anno
Presidente
Senato
19471949
H.S. Truman
-D R
R
1949– 1951
H.S. Truman
-D D
D
1951– 1953
H.S. Truman
-D D
D
1953– 1955
D.D. Eisehower - R
R
R
19551957
D.D. Eisehower - R D
D
19571959
D.D. Eisehower - R D
D
19591961
D.D. Eisehower - R D
D
1961– 1963
J.F. Kennedy D
-
D
D
1963– 1965
L.B. Johnson D
-
D
D
1965– 1967
L.B. Johnson D
-
D
D
1967– 1969
L.B. Johnson D
-
D
D
19691971
R.M. Nixon R
-
D
D
19711973
R.M. Nixon 1974 D R
D
19731975
G.R. Ford
-R
D
D
19751977
G.R. Ford
-R
D
D
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Camera dei rappresentanti
5. COUNTRY PROFILE USA
1977– 1979
J. Karter D
-
1979– 1981
J. Karter D
-
19811983
D
D
D
D
R. Regan
-R R
D
19831985
R. Regan
-R R
D
19851987
R. Regan
-R R
D
19871989
R. Regan
-R D
D
19891991
G. Bush
-R D
D
19911993
G. Bush
-R D
D
1993– 1995
W.J. Clinton
-D
D
D
19951997
W.J. Clinton
-D
R
R
19971999
W.J. Clinton
-D
R
R
19992001
W.J. Clinton
-D
R
R
20012003
G.W. Bush
-R
D
R
2003– 2005
G.W. Bush
-R
R
R
2005– 2007
G.W. Bush
-R
R
R
20072009
G.W. Bush 2008 - R
D
D
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2009– 2011
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20112013
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20132015
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20152017
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III) Focus tematici
III.1) I meccanismi di raccordo tra amministrazione centrale e amministrazioni devolute La ratio del sistema federale adottato negli Stati Uniti è direttamente ascrivibile alla scelta fatta durante i lavori dell’Assemblea Costituente di Philadelphia del 1787. Difatti, in tale sede venne raggiunto il compromesso che ha reso possibile delineare una forma di stato federale, configurata sulla base di una ripartizione equilibrata della sovranità tra Stato federale e Stati membri137. La scelta dei Founding Fathers però, fu quella di non disciplinare in maniera analitica la ripartizione delle competenze tra stato centrale ed entità federate, al fine di garantire quel quid di elasticità ed adattabilità della forma di Stato, che se da un lato ha consentito il mantenimento di un filo di continuità fin dal XVIII secolo, dall’altro ha garantito un’evoluzione rispetto ai mutamenti delle condizioni politico-sociali intercorse, in tal modo superando le imperfezioni dell’esperienza confederata. L’iniziale federalismo duale delineato nel corso dell’esperienza liberale, ideato nell’ottica di dar vita ad una “more perfect union” ha subito negli anni successivi una torsione cooperativa, ma che in un’ottica comparata non può essere assunto come prototipo del federalismo cooperativo poiché ha avuto una minore intensità nel suo sviluppo. La ragione di tale inadeguatezza è principalmente ascrivibile alla tradizione autonomista degli Stati membri, particolarmente radicata e stimolata dalla stessa struttura organizzativa138. Nonostante ciò, il federalismo cooperativo si estrinseca sia per atti che per organi. Per quanto attiene al primo profilo, è necessario distinguere innanzitutto la cooperazione intesa in senso orizzontale e, dunque, tra i membri che compongono la Federazione – affermatasi in via giurisprudenziale –, in virtù della quale le entità federate possono concludere degli accordi negoziali per disciplinare materie e scopi di comune interesse o per istituire organismi comuni
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Tale compromesso non è stato esente da accesi dibattiti e, tra l’altro, lo Stato federale trae origine dall’evoluzione del precedente assetto confederato, che ha caratterizzato il periodo compreso tra il 1777 e il 1787. Per un approfondimento, cfr. Rossum, R.A., Tarr, G.A., American constitutional law, vol.1, The structure of Government, Belmont, Wadsworth Publishing, 2006 e Smith, T.E., Marbach, J.R., Katz, E., Federalism in America. An Encyclopedia, Westport, CT, 2005. 138
Per un approfondimento sul federalismo duale e cooperativo, cfr. Morbidelli, G., Pegoraro, L., Reposo, A., Volpi. M., Diritto pubblico comparato, Torino, Giappichelli, 2012; mentre sul riparto delle competenze tra Stato e Federazione, cfr. ivi il saggio della Dott.ssa Ferroni.
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con specifiche finalità settoriali – ossia le Compact Agencies139– ovvero per armonizzare le diverse normative, nel rispetto però dell’equilibrio politico della Federazione. Difatti, nel caso in cui un Interstate compacts fosse in grado di arrecare pregiudizio a tale principio, si rende necessario e vincolante l’assenso preventivo del Congresso sulla base di quanto sancito dall’art. I sez. 10. In riferimento al secondo profilo, invece, l’assetto intergovernativo risulta essere altamente istituzionalizzato: a tal proposito, di particolare rilievo è il Council of State Government, ovverosia il Consiglio dei Governi degli Stati, composto dagli State Leaders o da eventuali loro delegati140. È stato istituito agli inizi degli anni Trenta con l’obiettivo di rappresentare tutte le entità presenti al suo interno e costituisce l’organo principale nel panorama delle intergovernmental relationships. Per poter adempiere al meglio le proprie funzioni, anche in virtù del fatto che è a disposizione di all three branches of state government, esso è guidato da un comitato esecutivo (managing board) e supportato da un segretariato permanente. Recentemente è stato oggetto di revisione a livello strutturale, al fine di garantire il massimo grado possibile di collaborazione tra i diversi livelli di governo141. Difatti, secondo quanto sancito dall’art. 2 section 1 del suo Regolamento, esso è chiamato a svolgere un compito essenziale, ossia quello di: “enhance the governance of its member jurisdictions by serving as a neutral, non-partisan convener of state officials and provide forums for a diverse, civil and productive engagement among state leaders of all political parties and ideological perspectives”. Secondo alcuni autori, però, nell’assetto delle relazioni intergovernative, gli organi summenzionati svolgerebbero due funzioni principali: un’attività di lobbying e quella di fornire servizi ai loro membri e ad eventuali professionisti del settore. Proprio in ragione di ciò, gli Stati vengono percepiti più come lobbisti desiderosi di maggiori finanziamenti, piuttosto che come Governi in grado di risolvere i rispettivi problemi senza un intervento del livello federale e che, al tempo stesso, si adoperano per proteggere la loro autonomia142. Estrema rilevanza riveste altresì la cd. Governors’ Conference, organo permanente e sede di raccordo tra i Governatori, assimilabile alla Conferenza degli Stati e definita “the collective
139
Nel 1921 è stata creata la Port of New York and New Jersey Authority (PANYNJ), nel 1933 la Tennessee Valley Authority e nel 1967 la Multistate Tax Commission, che rappresentano solo alcune dei numerosi accordi di cooperazione vigenti negli Stati Uniti. Per un approfondimento, cfr. Pierini, A., Federalismo e Welfare State nell’esperienza giuridica degli Stati Uniti,Torino, Giappichelli, 2003. 140
Nello specifico, esso è composto dai rappresentanti delle singole “Commissioni sulla cooperazione interstatale”, istituite in ogni Stato membro della Federazione. 141
Cfr. The Council of State Governments, Articles of Organization, dicembre, 2012.
142
Cfr. Bolleyer, N., Intergovernmental cooperation. Rational choices in Federal System ad beyond, New York, Oxford University press, 2009.
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voice of Nation’s Governors”. L’ordine del giorno delle sue riunioni143, che hanno cadenza semestrale (Summer and Winter Meetings) e cui partecipano i cinquanta Governatori ed i rappresentanti delle aree insulari e del Distretto di Columbia, viene fissato dal Chief Officer posto al vertice dell’Executive Office144. In linea generale, la ragion d’essere della Conferenza è quella di essere la sede di raccordo e di raffronto diretto tra i Governatori, dando loro la possibilità di confrontarsi nel merito delle problematiche che affliggono i singoli Stati e di discutere eventuali soluzioni innovative alle sfide delle public policies più urgenti. Ed è proprio grazie alla National Governors Association (NGA) che i Governatori sono riusciti nell’intento di individuare dei principi guida, affinché possa essere raggiunto un equilibrio tra i singoli Stati e l'azione del Legislatore federale, promuovendo e rafforzando la cd. statefederal relationship145, in un ventaglio di materie particolarmente ampio, come ad es.: Commerce; Transportation and Infrastructure; Public Finance; Education Reform; Health; Homeland Security, Emergency Management and Public Safety; Environmental Protection; etc. Relativamente alla cooperazione intesa in senso verticale, invece, è possibile richiamare i cd. Grants in aid, sovvenzioni di natura economica elargite dal federal government ad integrazione delle risorse finanziarie, la cui attivazione è condizionata al rispetto dei criteri di utilizzazione predeterminati. Essi rappresentano una forma di centralizzazione politica e di decentramento amministrativo attraverso cui il Governo centrale può sovvenzionare le aree più povere con lo scopo di promuovere il benessere generale. Per completezza di indagine, si ritiene necessario richiamare anche il federalismo cooperativo tra Federazione e Stati membri, anch’esso articolato per atti e per organi: difatti, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso si sono andati ad affermare in via di prassi i cd. FederalInterstate Compacts, ossia accordi formali inizialmente conclusi tra gli Stati, che vedono il coinvolgimento del Governo centrale nel caso in cui sia in gioco un interesse della Federazione. Tra l’altro, qualora l’accordo dovesse prevedere l’istituzione di un organismo comune, il Governo centrale avrebbe tutto l’interesse a partecipare alle riunioni. 143
La prima riunione si è tenuta nel 1908, sotto la Presidenza di Theodore Roosevelt.
144
L’Executive Office si compone del Presidente, del Vice-Presidente e di nove componenti, il cui mandato ha una durata annuale. Esso assolve principalmente il compito di supervisionare le operazioni dell'ente a nome di tutti i membri, con particolare riferimento alle “policy issues and primary jurisdiction over issues involving federalism, homeland security, the federal budget, and federal tax policy”. Il 2 novembre 2015 è stato eletto Scott Pattison come Executive director e Chief executive officer. Inoltre, la NGA è articolata in una serie di Committees con diverse competenze (tra cui ad es. Finance, Legal Affairs, Economic Development And Commerce, Health And Human Services, etc.). 145
Come evidenziato nella Permanent Policy Principles for State-Federal Relations, nell’individuazione e nella determinazione degli interventi normativi e regolamentari un rilievo di particolare interesse deve essere riconosciuto ai seguenti principi: 1) Federal action should be limited to situations that are truly national in scope, 2) Federal action should not unnecessarily preempt additional state action, 3) Congress should avoid imposing unfunded federal mandates or shifting federal costs to states.
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Sebbene non trovi riscontro a livello costituzionale, un’attività necessaria è svolta dai cd. Commissioners of Uniform State Laws, ossia funzionari rappresentanti i diversi Stati dell’Unione che si riuniscono presso la National Conference of Legislature – al cui vertice è posto un executive committee di sessanta membri – al fine di predisporre vari disegni di legge che i singoli Stati possono approvare e promulgare senza il tramite dello Stato centrale e che dunque rappresenta un utile strumento di cooperazione tra i membri dell’Unione in quanto fornisce assistenza tecnica ai policy makers. Invece, a livello centrale lo strumento più importante è rappresentato dalla Advisory Commission on Intergovernmental Relations (ACIR), istituita con legge del Congresso nel 1959, nell’ottica di gestire il raccordo tra Federazione e Stati membri, rimasta operativa fino al 1996. Ultimo in ordine di elenco, ma non di importanza, il ruolo svolto dal Senate, ossia la seconda Camera dotata di una serie di poteri e competenze – tra cui quella di controllo nei confronti dello stesso Presidente –, chiamata a rappresentare i popoli degli Stati e, in tal ottica, consacrando il principio della rappresentanza paritaria sancito dalla Costituzione federale146. La necessità di instaurare meccanismi di raccordo tra i diversi livelli di governo si è manifestata anche nell’ambito del Senate – ma anche della House of Representative –, comportando l’istituzione di un Subcommittees on Intergovernmental Relations, con il compito di trattare ogni aspetto dei rapporti tra il Governo centrale e le entità federate.
III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento III.2.1) Status, riconoscimento, organizzazione e democrazia interna I partiti politici USA, come già accennato nel precedente paragrafo, non hanno un rilievo costituzionale. In essa, infatti, non sono nemmeno menzionati. Tuttavia i partiti sono comparsi negli Stati Uniti già alla fine del XVIII secolo ma, fin dall’inizio, hanno mostrato una natura differente rispetto alle analoghe organizzazioni che si erano sviluppate in Europa a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
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Sebbene inizialmente i 100 Senatori chiamati a comporre l’Assemblea fossero eletti dalle Assemblee legislative dei singoli Stati, con il XVII ememndamento del 1913 (recante modifiche all’art.1 sez.3 ) si è proceduto a modificare la tipologia di elezione introducendo il suffragio universale nei 50 collegi elettorali (constituencies), perciò i senatori sono eletti direttamente dai cittadini con un sistema elettorale maggioritario uninominale.
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A differenza, però, di quanto sarebbe avvenuto in Europa, i partiti americani sono e sono stati per lo più privi di apparati e strutture interne, di meccanismi di tesseramento, di diramazioni territoriali stabili, del compito di formare e quindi selezionare all’interno i propri leader. Non sono organizzati in correnti, né si riuniscono periodicamente in congressi, sono anzi spesso una coalizione informale di varie anime, di diversi gruppi di pressione e di istanze sociali e culturali organizzate nel paese. Utile richiamare la circostanza che alcuni autori hanno utilizzato l’immagine dei partiti come dei vassoi vuoti (empty vassels), a disposizione del leader di turno (il Presidente), tuttavia, i partiti restano attori centrali nella vita politica statunitense. Secondo una lettura minimalista, negli Stati Uniti i partiti hanno avuto ed hanno una prevalente funzione elettorale e svolgono un ruolo decisivo – attraverso le conventions e i comitati elettorali, tra cui gli Hill Committees – nella selezione e nella nomina dei candidati alle elezioni, a cominciare dalle elezioni presidenziali che costituiscono l’appuntamento politico più importante. I partiti americani somigliano – dunque - molto a comitati elettorali che hanno il principale compito di organizzare le primarie per selezionare le candidature anche se poi le primarie finiscono col limitare il potere dei partiti stessi. A livello federale, entrambi i partiti maggiori hanno un organo direttivo, il Comitato nazionale (il Democratic National Committee e il Republican National Committee), che ha essenzialmente quattro funzioni: 1) organizzare le elezioni primarie per la scelta del candidato; 2) convocare il congresso (Convention) che presenta il leader scelto al Paese; 3) assistere alle elezioni il candidato; 4) raccogliere i fondi per finanziare le campagne elettorali. I congressi nazionali si tengono alla fine dell'estate dell'anno elettorale. La struttura organizzativa dei partiti statunitensi è dunque piuttosto “leggera”, benché a livello federale i due partiti maggiori abbiano un comitato nazionale che svolge soprattutto il ruolo di collettore per la raccolta di fondi e l’organizzazione delle campagne con scarse competenze in tema, ad esempio, di elaborazione delle proposte politiche. Che i comitati nazionali siano poco più che strutture al vertice della raccolta fondi e della organizzazione delle campagne elettorali è testimoniato anche dal fatto che Obama, subito dopo l’elezione, ha trasferito la struttura messa in piedi per l’elezione (Obama for America) nel comitato nazionale democratico. Tra le funzioni, anche quella di gestire il proprio sito web. Questa circostanza è testimonianza anche del fatto che i partiti statunitensi sono privi di un vero e proprio leader, benché siano provvisti di un chairman. Lo stesso presidente del comitato repubblicano (che conquista la carica inseguito ad una elezione, come del resto il presidente del comitato democratico) sembra avere una influenza maggiore del suo omologo democratico, tanto che tra gli ex presidenti del Comitato figura addirittura un presidente degli USA, vale a dire George Bush senior, 41esimo presidente degli Stati Uniti d’America, che ha ricoperto la carica tra il 1973 e il 1974, e diversi governatori.
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Entrambe i partiti hanno anche altrettanti comitati, per lo più locali, che operano in supporto ai candidati alle varie cariche, in particolare per il Congresso. In definitiva, benché i partiti americani sembrino richiamare le caratteristiche salienti dei partiti professionali-elettorali, la loro funzione va ben oltre il mero momento elettorale.
III.2.2) La disciplina del finanziamento Il finanziamento delle attività politiche in USA è affidato per lo più a fondi e donazioni private, anche se i fondi di provenienza pubblica sono previsti dalle leggi e a disposizione dei candidati ufficiali per le elezioni presidenziali, fin dallo svolgimento delle primarie. Di recente, però (aprile 2014), il Presidente Barack Obama ha sancito la fine del finanziamento pubblico per i candidati alla convention per cui resta la possibilità di finanziare la campagna per le primarie e per le elezioni presidenenziali. Non tutti i candidati possono beneficiare dei fondi pubblici: questi sono destinati ai candidati dei due principali partiti (Repubblicano e Democratico) e a quei candidati minori che raggiungano il 5% dei voti. Il ricorso al finanziamento pubblico è facoltativo. Le forme di finanziamento pubblico per le elezioni presidenziali sono state introdotte solo a partire dalle elezioni del 1976, benché diversi tentativi di regolamentare la materia furono esperiti già nel 1966 e, successivamente, nel 1971 quando fu varato il Federal Election Compaign Act, rivisto poi nel 1974 come reazione ad alcuni episodi di corruzione politica e, in particolare, allo scandalo Watergate. I fondi, destinati al Presidential Eelction Campaing Found (PECF) sono amministrati dalla Commissione Elettorale Federale (Federal Electoral Commission, FEC) e provengono da una quota di tasse individuali (attualmente la quota ammonta a tre dollari) che il contribuente decide di destinare in sede di dichiarazione dei redditi. Dal 1976 al 2012 sono stati spesi in totale piu di un miliardo e mezzo di fondi pubblici, con le elezioni del 2012 che hanno fatto registrare la quota più bassa: 37.852.000 dollari contro i quasi 140 milioni di dollari per le elezioni del 2008147. La mole di denaro circolante nelle campagne elettorali USA è però decisamente più imponente: nel 2012 sono stati impiegati oltre due miliardi e mezzo di dollari per le presidenziali e oltre tre per le elezioni federali, per un ammontare complessivo che supera i sei milardi di dollari. Nel 2012 i due maggiori candidati, Obama e Romney, hanno speso complessivamente poco meno di un milardo e duecento milioni di dollari. Nel 2008 la cifra
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Fonte: Federal Electoral Commission
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complessiva spesa per le elezioni ammontava a poco meno di cinque milardi e trecento milioni di dollari, di cui due e otto per le sole presidenziali148. Dunque la quota di finanziamento pubblico alle presidenziali USA è largamente minoritaria. Il motivo principale dello scarso ricorso ai fondi pubblici è che se i candidati vi fanno ricorso, non potranno raccogliere contributi dai privati e non potranno spendere più di quanto ricevono. I limiti di spesa sono piuttosto severi: per il 2012 erano fissati in circa 91 milioni di dollari per la campagna generale e poco pu di 45 milioni per le primarie, con dei precisi limiti fissati in ciascuno Stato. Chi ricorre al solo finanziamento privato non ha, invece, limiti di spesa. Negli Stati Uniti il finanziamento pubblico a livello federale – come detto –è ammesso solo per le elezioni presidenziali mentre alcuni Stati, come Arizona, Maine e Connecticut, insieme con alcune città, tra cui Portland e Albuquerque, prevedono finanziamenti pubblici anche per attività a livello Statale o locale. Le elezioni federali e quelle locali hanno una disciplina diversa anche in tema di finanziamento privato. Le normative in vigore sono pensate - in genere - soprattutto per contenere il flusso di denaro verso i singoli candidati, sia in termini quantitativi (sono fissati dei limiti massimi), sia stabilendo specifiche modalità per le erogazioni del denaro e garantendone la massima trasparenza. La legislazione opera sempre, quindi, nei confronti dei candidati e trova il suo fulcro nelle limitazioni del finanziamento privato, prevedendo divieti di ricevere denaro da parte di determinati soggetti (corporations, organizzazioni sindacali, fornitori del Governo federale e stranieri). Società e sindacati possono invece contribuire solo creando degli appositi comitati, i Political Action Committees, un tipo particolare di gruppo d'interesse, cresciuto in numero e influenza negli ultimi anni. Il finanziamento privato può interessare sia singoli donatori che organizzazioni più complesse (perfino Stati esteri contribuiscono alle campagne attraverso associazioni culturali), con alcuni limiti. Nel 2014 (il 2 aprile) la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rigettato un ricorso tendente a limitare il tetto massimo di donazioni, fissato in 48.600 dollari per i candidati e 74.600 dollari per i comitati elettorali dei partiti. Rigettando il ricorso, la Corte ha sancito che di fatto, oggi non esiste alcun limite massimo alle donazioni “aggregate”, mentre permangono i limiti di 2.600 dollari per ciascun donatore per i singoli candidati alle primarie e altrettanti per i candidati alle elezioni generali. Una precedente sentenza della Corte Suprema, del 30 Gennaio 1976, aveva già affrontato la quesitone, sancendo in sostanza l’illegittimità dei limiti legislativi alle spese elettorali perché ritenuti in contrasto con il Primo Emendamento. La questione del finanziamento dei partiti USA è, dunque, ancora aperta.
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Fonte: Center for Responsive Politics
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I due partiti maggiori si avvalgono soprattutto dell'apporto indipendente dei vari gruppi di pressione (lobby) sociale, etnica ed economica presenti nella società. L'ossatura dei democratici è formata dai sindacati, dalle associazioni per il diritto di scelta della donna, dal movimento pacifista e dei diritti civili e, più recentemente, dal movimento ambientalista. I repubblicani possono contare sulle organizzazioni cristiano-evangeliche, sui gruppi di pressione in difesa del diritto a portare armi, sul movimento anti tasse. Gli ultimi vent'anni hanno tuttavia determinato alcuni cambiamenti.: ad esempio dal 1984 le imprese hanno superato i sindacati nel ruolo di maggiori finanziatori delle campagne democratiche.
III.3) La rappresentanza di genere Nell’ordinamento americano, l’insieme delle azioni positive volte ad accrescere la rappresentanza delle donne nei diversi settori – da quello parlamentare a quello lavorativo – ricade nella più ampia definizione di “affermative action”149. Sebbene la battaglia per i cd. Diritti civili contro leggi discriminatorie – quali ad es. le leggi “Jim Crow” – può essere fatta risalire agli inizi del secolo scorso, solamente nel 1964 viene approvato il Civil Rights Act con l’obiettivo di negare ogni forma di discriminazione sulla base della razza, del colore, della religione, dell’origine nazionale e, all’ultimo momento, venne inserito anche il requisito del sesso, grazie agli sforzi della senatrice democratica Griffiths. A livello comparato, l’ordinamento americano rientra tra quei paesi che hanno adottato il metodo delle “soft quotas” per regolare la selezione delle candidate di sesso femminile. Difatti, per quanto strettamente attiene la materia elettorale, negli Stati Uniti, che si caratterizzano per aver adottato la formula “first-past-the-post” nell’ambito di un sistema fortemente bipartitico dominato dal Democratic Party e dal Repubblican Party, la fase della scelta dei candidati avviene tramite il metodo delle primarie e, dunque, spetta agli elettori esprimere la propria preferenza. Tale procedura, però, manifesta una certa debolezza nei riguardi del controllo del partito sulla fase della nomina dei candidati. Sebbene entrambi i partiti sopramenzionati non abbiano inizialmente prestato specifica attenzione alle quote rosa per quanto riguarda le elezioni, hanno comunque adottato delle misure finalizzate ad assicurare un’equa rappresentanza a livello endogeno, di cui proprio i democratici si sono fatti portatori. 149
Con tale termine, difatti, si fa riferimento anche alle azioni finalizzate ad implementare la presenza di ogni gruppo minoritario, nell’ottica di arginare il fenomeno della discriminazione.
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La decisione di prevedere tali misure è principalmente ascrivibile ai vantaggi derivanti da una maggiore partecipazione elettorale di cui lo stesso partito avrebbe beneficiato, stabilendo regole finalizzate a garantire una rappresentanza pari al 50% al fine di dimostrare alle elettrici che i democratici non erano disinteressati, bensì si battevano per i diritti delle donne. Sia i repubblicani che i democratici, difatti, decisero di introdurre nuove regole al fine di incidere su diversi livelli, in particolar modo per quanto riguarda la selezione dei rappresentanti. Il partito democratico ha avuto sin dall’inizio degli anni Settanta particolari riscontri, accrescendo la rappresentanza delle donne dal 13 al 40%150. Tuttavia, non essendo previsto alcun controllo esterno ed imparziale relativo alle pratiche di selezione, le forze localistiche sono riuscite a riaffermare il proprio dominio e la percentuale ha subito un’inflazione pari 6%. Al contrario, invece, i repubblicani, sebbene avessero inizialmente trattato la questione a livello di convenzione nazionale, non sono riusciti – nell’immediato – ad adottare strumenti specifici. È necessario sottolineare che le quote introdotte a livello endogeno, seppur flessibili, hanno comunque garantito una maggiore partecipazione delle donne e, attualmente, nella 114esima legislatura nella House of Representative sono presenti 88 donne (di cui 23 appartenenti al partito repubblicano e 65 al partito democratico) e 20 sono state elette al Senato (di cui 14 senatrici democratiche e 6 repubblicane), ma appare evidente come la volontà di non introdurre misure di “hard-law” sia motivata dal fatto che tale questione non occupa un ruolo primario nell’agenda politica, dal momento che sono considerati più rilevanti i problemi inerenti alle minoranze ispanica e afroamericana, relegando dunque la questione delle quote rosa ad un livello del tutto secondario151.
150
Harvey, A.L., Votes without leverage: women in American electoral politics 1920-1970, New York, Cambridge University press, 1998. 151
Le stesse battaglie della National Organization of Women (NOW) e della Women’s Equity Action League (WEAL) hanno riguardato principalmente le discriminazioni razziali, mentre quelle di genere sono state considerate del tutto secondarie. Cfr. Deslippe, D., Protesting affermative action. The struggle over equality after the civil rights devolution, Baltimore 2012.
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Legislatura
House of Representative
Senate
80th (1947-1949)
7
1
90th (1967-1969)
10
1
100th (1987-1989)
23
2
105th (1997-1999)
51
9
110th (2007-2009)
71
16
112th (2011-2013)
72
17
113th (2013-2015)
82
20
114th (2015-2017)
88
20
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice dei dati tratti dal sito womenincongress.house.gov.
III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione L’attività di opposizione, sebbene rivesta un’importanza fondamentale all’interno della dinamica del Congresso e dei rapporti con il Presidente, si presenta profondamente diversa rispetto ai sistemi parlamentari. Difatti, il sistema americano, poiché è configurabile come il prototipo di forma di governo presidenziale, mostra caratteristiche differenti anche in considerazione del fatto che si basa su un originario bipartitismo che vede, sin dagli albori, la Pagina | 90
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storica contrapposizione tra Repubblicani e Democratici (two-party system). Tale antitesi, però, si manifesta principalmente al di fuori delle aule parlamentari, in particolar modo, durante la fase di campagna elettorale che si tiene in concomitanza con le elezioni presidenziali e con quelle di middle term (Congresso e degli organi elettivi dei singoli Stati). Una volta che il Presidente viene eletto e si insedia, non è detto che si concretizzi all’interno di entrambi i rami del Legislativo una netta contrapposizione tra partito di maggioranza e partito di opposizione, quanto invece è più frequente che il Presidente debba necessariamente trovare appoggio nelle forze presenti all’interno dei consessi, in considerazione del rinnovo parziale che ogni due anni si realizza e che – spesso – lo può privare della maggioranza a lui favorevole. Ciò è possibile anche in virtù del fatto che i partiti non sono strutturati sulla base di un’ideologia o a livello endogeno e dunque sarebbe erroneo operare una distinzione tipica delle forme di governo parlamentari152. Questo però non significa che negli Stati Uniti non si manifesti il fenomeno dell’opposizione, ma semplicemente esso assume caratteristiche diverse, esercitate da singoli o gruppi di parlamentari o, nei numerosi e recenti casi di “divided government”, anche da uno dei due rami del Congresso. Sebbene la possibilità di effettuare un controllo nei confronti dell’operato del Governo venga di norma svolta da tutti gli Standing Committees153, lo stesso può essere svolto in maniera più approfondita e puntuale attraverso l’istituzione di “investigating committees” competenti per materia e costituite da gruppi di parlamentari – accomunati da interessi specifici –, con il compito di sindacare anche in maniera estremamente minuziosa sull’attività dell’Esecutivo. A tale azione di controllo però non consegue, come nelle forme parlamentari, la possibilità di far valere la responsabilità politica del Governo in sede parlamentare, né tantomeno la possibilità di procedere ad una sua rimozione qualora lo stesso non goda più della maggioranza. Appare dunque evidente come tale attività sia finalizzata a condizionare la politica presidenziale e, nel caso, a stimolare l’interesse dell’opinione pubblica – e quindi dell’elettorato – da far valere in sede di elezioni. Di particolare rilevanza sono le tecniche del cd. “filibustering”154, attraverso cui si cerca di prolungare deliberatamente e per il maggior tempo possibile il dibattito all’interno delle 152
La Costituzione appare del tutto silente sul ruolo dei partiti politici all’interno del congresso. Per un approfondimento, cfr. Serricchio, ivi. 153
Gli standing committees sono attualmente 20 alla Camera e 16 al Senato e, generalmente, hanno due poteri principali: quello di essere in grado di guadagnare l’assenso circa un disegno di legge nei cui confronti si è formata un’opposizione e quello di arrestare un disegno nei cui riguardi si è formata un’unanime favore. Si riuniscono in sede referente per quanto riguarda l’attività legislativa, svolgono attività di informazione-controllo e nello svolgere l’attività di inchiesta sono dotate di poteri incisivi come ad es. quello di emettere mandati di comparizione, ordinare la consegna di documenti, etc. Per un approfondimento, cfr. Smith, S.S., Roberts, J.M., Vander Wielen, R., The American Congress, New York, Cambridge University Press, 2013 154
Il discorso più lungo della storia del Senato americano è stato tenuto dal democratico Strom Thurmond del South Carolina. Il discorso durò ben ventiquattro ore e diciotto minuti, nell’ambito dei lavori del Civil Rights act del 1957. Cfr. Tarr, D.R., O’Connor, A., Congress. A to Z, Chicago-London, Fitzroy Dearborn publisher, 2002
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Camere, con finalità di modifica e/o di arresto nei confronti di disegni di legge ritenuti eccessivamente frettolosi, dannosi o scarsamente approfonditi e che rappresenta dunque una garanzia delle minoranze per poter essere perlomeno ascoltate. Tale tecnica è particolarmente utilizzata nell’ambito del Senato dove non è regolamentata né da norme generali né tantomeno da norme speciali, rappresentando un diritto spettante ai senatori di poter dibattere liberamente senza possibilità di essere interrotti – salvo eccezioni – qualora il Presiding officer dia loro parola, sulla base di quanto sancito dalla Rule XIX par.1.; diversamente da quanto avviene invece presso la House of Representative dove i tempi sono tassativamente contingentati. Difatti il regolamento limita i tempi di discussione in aula a un’ora di dibattito sia per la maggioranza che per l’opposizione e per i singoli interventi (uno o cinque minuti). Al Senato, invece, l’unica previsione che consente l’interruzione del dibattito è sancita dalla Rule XXII par. 2, la sola norma che assume finalità antiostruzionistiche, grazie alla quale è possibile presentare una mozione di chiusura (“cloture vote”), che deve essere approvata da un’altissima maggioranza (pari a 3/5 dei Senatori)155. Qualora la maggioranza sia consapevole di non avere i voti necessari per l’approvazione della mozione di chiusura, la stessa procede nell’esaminare gli ulteriori punti all’ordine del giorno o si vede costretta ad avviare accordi di coalizione e a vere e proprie contrattazioni con la minoranza, spesso di difficile raggiungimento. Di recente, si è proceduto ad una riforma del regolamento attraverso cui è stato ridotto il quorum dei 3/5 alla maggioranza assoluta per confermare delle nomine presidenziali156. Tale modifica, che si è resa necessaria anche in considerazione dell’eccessivo ricorso allo strumento della mozione di chiusura, è stata perseguita ricorrendo ad un’extrema ratio. Difatti, come nel caso di specie, qualora non si dispongano i numeri necessari (in quel caso i democratici) per l’approvazione della cloture motion, si può ricorrere alla cd. constitutional option grazie all’appoggio del Presiding Officer, che risulta essere determinante157.
155
La formula adottata, introdotta nel corso della Presidenza Wilson, è la seguente “I sit the sense of the Senate that the debate shall be brought to a close?”. Cfr. Oleszek, W.J., Congressional procedures and the policy process, Washington, Congressional quarterly, 1996 e Congress, Senate Committee on Rules and Administration, Senate Cloture Rule, Limitation of Debate in the Congress of the United States, and Legislative History of Paragraph 2 of Rule XXII of the Standing Rules of the United States Senate (Cloture Rule), committee print, 112th Cong. 156 157
Il quorum particolarmente elevato è rimasto per le nomine dei Giudici costituzionali.
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III.5) Modalità di accesso alla Corte Suprema ed eventuale ricorso delle minoranze parlamentari nell’ordinamento americano Benché la Costituzione appaia piuttosto sommaria in materia di attribuzioni ed organizzazione del potere giudiziario, la Corte Suprema degli Stati Uniti è riconosciuta come l’organo posto al vertice del sistema giudiziario federale. Tale strutturazione si è resa necessaria in considerazione delle esigenze di coordinamento dovute al sistema tipicamente federale che l’ordinamento americano ha assunto sin dagli albori158. L’art. III, sez. 2 attribuisce alla Corte due tipologie di giurisdizione: una ordinaria (original jurisdiction) relativa ai casi di ambasciatori, diplomatici, consoli e alle controversie dove uno Stato membro è parte in causa ed in merito ai quali la corte si pronuncia in primo ed unico grado; e una di appello (appellate jurisdiction) in tutti gli altri casi riguardanti “(...) l’ambito della Costituzione, delle leggi degli Stati Uniti e dei Trattati”. In quest’ultimo caso, difatti, la Corte Suprema esercita la propria giurisdizione d’appello relativamente alle sentenze dei giudici distrettuali e federali ad essa subordinati, comportandosi come giudice di ultima istanza. Per quanto riguarda l’appellate jurisdiction, a seguito delle modifiche introdotte nel 1988 – in virtù delle quali è stata di fatto eliminata la possibilità di ricorrere tramite la “petition on appeal” – ed in ragione del fatto che ogni anno vengono presentati migliaia di ricorsi, è stato riconosciuto alla Corte Suprema un potere discrezionale che le consente di decidere quali casi esaminare (circa un centinaio ogni anno) e, dunque, di concedere il cd. writ of certiorari159. Tale meccanismo rappresenta un ordine/ingiunzione nei confronti del giudice che ha emanato la sentenza oggetto di impugnativa di trasmettere i relativi atti processuali alla Corte stessa, affinché questa possa riesaminare il caso. Di norma il writ viene concesso qualora siano oggetto del ricorso diritti costituzionali o sussistano differenze a livello giurisprudenziale, tuttavia, come affermatosi in via consuetudinaria, è necessario che almeno 4 giudici siano d’accordo sulla concessione del 158
La Corte, a livello di organico, risulta composta da 9 giudici, ossia gli 8 Associate Justice cui è necessario aggiungere il Chief Justice, chiamato ad assolvere sia il compito di Presidente dell’organo, sia a presiedere la conferenza giudiziaria. Il giudici sono nominati a vita dal Presidente, previo advice and consent del Senato, sulla base di una serie di criteri (religioso, etnico, sessuale, geografico e di equilibrio politico) e il loro numero non è predeterminato dalla Costituzione, bensì a livello di legislazione ordinaria e, come accaduto nell’arco di storia americana, può variare. Per un approfondimento, cfr. Ruggeri, A., Spadaro, A., Lineamenti di giustizia costituzionale, Torino, Giappichelli, 2004, Sullivan, K.M., Gunther, G., Constitutional Law, New York, Foundation Press, 2007 e Hall, K., The Oxford companion to the Supreme Court of the United States, Oxford, Oxford University press, 1992 159
Esso è stato introdotto per la prima volta nel 1891 e regolamentato a partire dalla riforma giudiziaria del 1925. La richiesta può essere presentata su istanza di una delle parti in causa, sia relativamente alle fattispecie penali, sia a quelle civili. Cfr. Titolo 28, sez. 1254.1 USC e Mattei, U., L’imperialismo del writ of certiorari: il tramonto della giurisdizione obbligatoria nella U.S. Supreme Court, in Riv. Dir. Civ., 1999, pagg. 131 e ss.
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certiorari160. Il riesame veniva inizialmente concesso sulla base di una serie di criteri disciplinati – seppur sommariamente – nella Rule X della U.S. Supreme Court, ma tra questi è andato ad assumere una posizione prevalente il requisito “dell’importanza della questione proposta” (cd. “compelling reason”), trasformatosi progressivamente nei requisiti di “urgenza” o “indifferibilità”. La Corte può decidere di confermare la sentenza ovvero sovvertire (overrulling) la decisione con una nuova pronuncia, o ancora annullarla rinviando gli atti al giudice inferiore vincolato ad uniformarsi ai desiderata del Tribunale superiore (binding instructions). Un’altra – seppur del tutto marginale – modalità di accesso alla Corte è quella relativa alla certification of question, attraverso cui il giudice inferiore si rivolge ad essa per porre questioni di diritto, in considerazione delle quali la Corte può avocare a se la causa per decidere nel merito, ovvero trasmettere istruzioni vincolanti. Un aspetto molto interessante è quello relativo all’individuazione dei soggetti legittimati ad adire alla Corte Suprema161: oltre ai soggetti privati, alle associazioni, ai governi federale e statali, sono legittimati a ricorrere alla Corte i membri del Congresso. I Congressman (anche uti singuli) possono infatti ricorrere nelle seguenti ipotesi: per difendere un interesse individuale proprio connesso alle funzioni svolte; in ragione della designazione da parte dell’Assemblea di cui sono membri; in rappresentanza dei loro elettori ovvero lamentando una lesione del potere cui appartengono, come ad es. nel caso i cui il Presidente ponga il proprio veto su un progetto di legge e, così facendo, renda inefficace una deliberazione del Congresso. La Supreme Court, inoltre, esercita il controllo di legittimità costituzionale, affermatosi in via giurisprudenziale, ossia la funzione di verifica per quanto riguarda la conformità alla Costituzione delle leggi e degli altri atti aventi forza di legge. Come costantemente ricordato da celebre dottrina, la sentenza Marbury. v. Masdison del 1803, oltre ad essere una delle decisioni più importanti e citate della storia della giurisprudenza statunitense, è convenzionalmente riconosciuta come la sentenza che ha trasformato il panorama politico e giuridico, inaugurando il sindacato di costituzionalità negli Stati Uniti d’America162. Appare
160
Nello specifico viene pubblicato un elenco contenente i cd. Certiorari granted e quelli denied, sulla cui natura pesano criteri soggettivi e oggettivi. 161
La possibilità di essere riconosciuti soggetti legittimati è riconducibile alla doctrine of standing, che si basa sulla compresenza di tre requisiti: l’attore che lamenta una lesione (injury), imputabile alla condotta della controparte (causation), chiede un provvedimento finalizzato a ripristinare la situazione precedente al fatto ovvero un risarcimento del danno subito dovuto al comportamento (redressability). 162
Con la decisione presa all’unanimità il 24 febbraio del 1803, venne stabilito che una legge non può contravvenire a quanto disposto dalla Costituzione stessa e, se questo dovesse accadere, la legge deve essere privata dei suoi effetti. La Corte Suprema decise quindi di disapplicare una legge federale poiché costituzionalmente illegittima (il Judiciary Act del 1789). Solamente con il passare dei decenni (sul finire dell’Ottocento) il caso analizzato acquisterà rilevanza, fino ad arrivare ad essere riconosciuto universalmente
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doveroso ricordare che tale sindacato non è previsto dal testo costituzionale, ma è riconosciuto implicitamente in considerazione del principio di gerarchia delle fonti normative, al vertice delle quali è posta la Costituzione come suprema legge del Paese grazie alla Supremacy Clause enunciata dall’art. VI, par. 2 della Costituzione stessa. A prescindere dalla tipologia del giudizio, infine, l’organo posto al vertice del sistema giudiziario federale si è da sempre rifiutato di trattare le political question o di fornire advisory opinions (ossia pareri nei confronti di altri organi) perché strettamente connesse alla competenze di indirizzo politico, al fine di evitare di incorrere in possibili conflitti con altri organi dello Stato.
III.6) La disciplina del contenzioso elettorale La forte decentralizzazione che contraddistingue il sistema elettorale americano e più in particolare la disciplina della giustizia elettorale, se da un lato ha comportato un rafforzamento del concetto di democrazia partecipativa, dall’altro ha avuto ripercussioni sui risultati elettorali. Secondo quanto sancito dalla Costituzione del 1787, la materia relativa al controllo sul procedimento elettorale e sui requisiti dei candidati, similarmente all’esperienza italiana, è coperta da una riserva parlamentare assoluta affinché possano essere eliminate o comunque limitate eventuali influenze da parte del potere esecutivo o da parte dei tribunali; mentre, per quanto attiene alla fase della regolamentazione e della conduzione delle elezioni, essa è attribuita alla competenza dei Parlamenti dei singoli Stati membri, benché il Congresso mantenga una prerogativa originaria – ma scarsamente utilizzata –, ossia quella di regolare le modalità, le tempistiche e i luoghi relativi all’elezione dei membri sia della House of Representative, sia del Senate (ex art. I sez. 4). Dunque, la funzione di verifica dei poteri spettante alle Camere, riguardo l’acquisto ovvero la perdita del mandato dei Congressmen, trova ragion d’essere nella necessità di sottolineare l’importanza di spazi autonomi del Legislativo sia nell’ottica della rigida separazione dei
come la sentenza che ha instaurato il judicial review of legislation, ossia il controllo giurisdizionale di costituzionalità delle leggi esercitato dalle corti americane. Per un approfondimento, cfr. Barbisan, B., Nascita di un Mito, Bologna, Il Mulino, 2008 e Hall, K., The Oxford companion to United States Supreme Court, Oxford, Oxford University press, 1999.
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poteri che contraddistingue la forma di governo presidenziale163, sia come garanzia di indipendenza dell’organo stesso164. Comunque, il sistema elettorale americano, anche in considerazione dell’alto numero di stati che compongono la Federazione, risulta essere particolarmente articolato e decentrato, sebbene l’attività di coordinamento svolta dal Chief electoral Officer sia di norma ricoperta dal Ministro dell’Esecutivo statale. Ciò significa che se da un lato a livello centrale è stata delineata una cornice di regole fondamentali relative al diritto elettorale, dall’altro si è proceduto ad una ripartizione delle competenze legislative tra Governo centrale e Stati membri, concretizzando un’opera di decentramento della materia165. Ad integrare la disciplina, nel 1969 è stato approvato il Federal Contested Elections Act, grazie al quale qualsiasi contestazione avanzata dagli stessi candidati alle Assemblee viene decisa, previa presentazione di una richiesta al Segretario Generale della House of Representative, dalla Committee on Rules and Administation166, senza però stabilire preventivamente alcun criterio relativo alle decisioni. Relativamente alle regole che disciplinano la convalida dell’elezione, gli Esecutivi degli Stati devono trasmettere allo Speaker dell’Assemblea la documentazione che certifichi l’avvenuta elezione (credentials), mentre spetta alle Camere deliberare a maggioranza dei voti espressi sul diritto dell’eletto di occupare il seggio (“duly elected by his constituents”). Allo stesso modo, in virtù delle regole relative alla decadenza dallo status di rappresentante o senatore, la Costituzione sancisce che anche in questo caso siano le Camere a svolgere il ruolo di Giudice delle elezioni dei rispettivi membri (ex art. I sez. 5), in tal modo escludendo qualsiasi intervento da parte della magistratura nel merito delle decisioni intraprese dalle Assemblee riguardo la verifica del regolare svolgimento delle elezioni. Entrambe le Camere, inoltre, hanno la facoltà di dichiarare la decadenza di un parlamentare, purché esse si esprimano a maggioranza dei due terzi.
163
Pur trattandosi di istituzioni separate che condividono i poteri. Cfr. Neustadt, R., Presidential Power, New York, John Wiley & Sons, 1980 che parla di “government of sepatated institutions sharing powers”. Cfr. anche Elia, L., Elezioni politiche (contenzioso), in Enc. Dir., vol. XIV, Milano, Giuffrè editore, 1965, pagg. 750 e ss. 164
Cfr. Sent. Supreme Court nel caso Baker v. Carr, 369 U.S. 217 (1962).
165
“(…) tutta la competenza in materia è sotto il controllo degli Stati che godono di ampia autonomia nell’ambito delle prescrizioni e dei limiti stabiliti dalla Costituzione federale e ciò riguarda anche le elezioni presidenziali che si svolgono nelle diverse fasi (candidature, primarie, convenzioni, voto popolare) entro binari statali”. Cfr. Bognetti, G., Lo spirito del costituzionalismo americano, vol.1, La costituzione liberale, Torino, Giappichelli, 1998, cit. pag. 51. 166166
I casi più famosi del Senato hanno riguardato l’elezione del Senator William Loriner dell’Illinois (1911), i casi del repubblicano Louis Wyman e del democratico John Durkin (1974) e l’elezione della democratica Mary Landrieu data per vincente a danno del repubblicano Louis Jenkins. Per quanto riguarda la Camera, invece, i casi hanno riguardato: la “Mississippi dispute” del 1965, e Sanchez-Dornan contest del 1998. Cfr. AA.VV., Guide to Congress, CQ Press, 2013
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Per quanto riguarda invece le elezioni presidenziali, a livello procedurale, un membro di entrambi i rami del Legislativo ha la facoltà di contestare il voto e da ciò ne consegue un dibattito e la votazione relativa alla denuncia (presentata in forma scritta). Tale contestazione è lecita qualora la votazione popolare di uno Stato presenti dubbi di legittimità, ma è necessario che lo Stato abbia certificato il voto e che i suoi membri eletti al Collegio elettorale abbiano espresso il voto per il Presidente. Una volta esperita tale fase, la sessione del Congresso per il conteggio dei voti viene sospesa di modo che i rami del Legislativo possano decidere separatamente se accettare o meno la denuncia e interrompere la fase di proclamazione del Presidente ovvero considerare validi i voti dei Grandi elettori167. Sebbene a livello normativo la disciplina appaia del tutto sommaria e dunque maggiori riscontri possono essere individuati in via giurisprudenziale168, punto di svolta in materia è rappresentato da due sentenze: Powell v. McCormack, 395 US 486 (1969) e Bush v. Al Gore, 531 U.S. 98 del 2000169. La prima pronuncia risulta essere significativa in quanto dimostra come ci possa essere un coinvolgimento, seppur indiretto, dell’organo posto al vertice del sistema giudiziario federale qualora si dovesse manifestare una violazione del Testo costituzionale. Il caso all’origine della sentenza, infatti, riguardava l’annullamento dell’elezione di Powell alla House of Representative, poiché condannato in primo grado per illeciti penali170. La seconda sentenza, invece, ha sostanzialmente modificato il panorama politico-giuridico portando alla luce le problematiche derivanti da un’amministrazione elettorale decentralizzata e, più in generale, relative al processo elettorale, comportando tra l’altro l’istituzione di un’autorità amministrativa indipendente denominata Federal Election Commission171. 167
Nell’arco di storia americana, i rami del Legislativo sono stati costrette ad interrompere a sospendere la seduta tre volte: la prima del 1877, nel 1969 e nel 2004. Cfr. AA.VV., Guide to Congress, CQ Press, 2013 168
Numerose sono le sentenze della Corte Suprema nel merito, in virtù del judicial review, come ad es.: Williams v. Rhodes del 1968, Turner v. Fouche del 1970, Clements v. Fashing del 1982, etc. consultabili sul sito della Corte, http://www.supremecourt.gov. 169
Cfr. Pizzetti, F.G., Bush v. Gore. Un nuovo caso di federalismo giurisdizionale, Torino, Giappichelli, 2002 e Illari, S., Il voto per la Casa Bianca 2004: dall’ombra di Bush v. Gore passando per la riforma dell’electoral process, in Dir. Pub. Comp. Eur., fasc. 1, 2005, pagg. 321 e ss. La vicenda all’origine della sentenza ha riguardato la contestazione in merito al conteggio dei voti presidenziali delle elezioni del 2001 che vedevano contrapposti il Presidente in Carica Bush e il suo antagonista Al Gore, in particolar modo per quanto ha riguardato il caso della Florida. 170
Per un approfondimento, cfr. Campbell, E., Expulsion of Members of Parliament, in The University of Toronto Law Journal, vol 21 n. 1, 1971. 171 La FEC è stata istituita negli Stati Uniti con una disposizione dell’emendamento del 1975 al Federal Election Campaign Act, a seguito dello scandalo del Watergate. Tale autorità indipendente, composta da sei membri nominati dal Presidente degli Stati Uniti, su parere e dietro consenso del Senato, è dotata di una garanzia particolare: poiché non più di tre membri su sei possono appartenere allo stesso partito, la FEC può funzionare solo sulla base di un accordo tra democratici e repubblicani. Per un approfondimento sul finanziamento ai partiti politici, cfr. ivi, il contributo del Dott. Serricchio.
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III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico Per quanto attiene alle modalità di voto, il sistema americano si distingue innanzitutto per la compresenza di diversi sistemi di espressione del suffragio di cui possono avvalersi i singoli Stati della Federazione, in virtù del principio di autonomia legislativa loro riconosciuta, che consente di poter adottare in maniera autonoma alcuni aspetti basilari del procedimento elettorale. A tal ragione, difatti, la Federal Election Commission ha introdotto uno standard di base che gli Stati sono tenuti a rispettare al fine di scongiurare qualsiasi ipotesi di disparità di trattamento e che, al tempo stesso, consente loro di scegliere tra cinque tipologie diverse di suffragio172: il sistema a schede perforate (punch card), il sistema a lettura ottica (marksense), la lever machine, l’electronic vote e quello relativo alle schede di carta. A queste tipologie è necessario aggiungere il sistema del voto espresso tramite corrispondenza (absentee voting) che consente all’elettore, impossibilitato a recarsi al seggio, di presentare la richiesta per l’ottenimento della scheda elettorale direttamente a casa – in molti Stati senza obbligo di motivazione – per poi rispedirla. In considerazione proprio di quest’ultima modalità di voto, che non è presidiata – e in alcuni seppur rari casi può essere espressa anche via fax –, non poche sono le perplessità manifestate dall’OSCE a causa di possibili pregiudizi nei confronti dei principi di segretezza e personalità del voto173. Sebbene il summenzionato voto per corrispondenza sia conosciuto e utilizzato già a partire dall’Ottocento, in realtà ha cominciato a diffondersi solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso grazie all’Uniformed and Overseas citizens absentee voting Act (UOCAVA), che ha integrato la modalità classica di espressione del suffragio in sede di seggio. Tale normativa federale contiene specifiche disposizioni finalizzate a consentire a quei cittadini americani o ai militari dislocati su un territorio diverso da quello federale, di registrarsi e votare per corrispondenza per le elezioni federali 174. Tale intervento legislativo si è reso necessario in considerazione del fatto che prima della sua entrata in vigore non era prevista alcuna normativa nel merito e ciò ha comportato diverse pronunce da parte dei Tribunali dei singoli Stati membri e della stessa Corte Suprema175.
172
Fisher, E.A., Election reform and electronic voting system (DREs): Analysis of Securities issues, CRS report RL32139, novembre 2003. 173
OSCE, Election Observation Mission Final Report, marzo 2005.
174
Cfr. 42 USC, da 1973ff a 1973ff-6.
175
Nello specifico, la Corte Suprema ha dichiarato l’incostituzionalità di una norma della Costituzione del Texas che proibiva ai membri delle forze armate di votare, perché contraria alla Equal protection clause. Cfr. Carrington v. Rash, 380 U.S. 89 (1965).
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In realtà, appare doveroso richiamare due casi particolari rappresentati dalle esperienze dell’Oregon e di Washington in cui, a partire dagli anni Ottanta, si è deciso di intraprendere esclusivamente la strada del voto per corrispondenza, da un lato con l’obiettivo di ammortizzare i costi dell’amministrazione e, dall’altro, al fine di ridurre quanto più possibile la disaffezione elettorale, rinunciando dunque alle garanzie che contraddistinguono il voto presidiato in virtù dell’abolizione dei seggi elettorali176. Per quanto riguarda invece il ricorso ad apparecchiature elettroniche, punto di svolta è rappresentato dalle elezioni Bush v. Al Gore del 2000 nello Stato della Florida, che hanno sollevato non poche critiche sull’attendibilità del sistema, in particolar modo per quanto riguarda la sua capacità di registrare in maniera chiara la volontà del corpo elettorale. L’esito di tale consultazione, che ha visto il coinvolgimento diretto della Corte Suprema 177, ha portato all’approvazione da parte del Legislatore federale dell’Help America Vote Act del 2002, finalizzato ad assicurare un cospicuo finanziamento a favore dei singoli Stati per la sostituzione delle macchine obsolete con sistemi più tecnologici178. Tale ammodernamento ha avuto però un inizio incerto a causa dell’utilizzo di sistemi non particolarmente avanzati che non prevedono il rilascio di una prova cartacea ed in considerazione di errori non trascurabili, verificatisi in sede di conteggio, che hanno comportato non poche critiche. Proprio in considerazione dei molteplici episodi di mal funzionamento delle apparecchiature, è stata sottolineata l’importanza di procedere ad una loro modernizzazione, anche attraverso il rilascio di una controprova cartacea del voto, di modo che il singolo elettore possa verificare l’esattezza della sua preferenza ed accelerare le pratiche nel caso di un eventuale riconteggio. In linea generale, tra le procedure di informatizzazione del voto, il sistema cd. Direct Recording Electronic System (DRE) è quello che ha avuto maggiore successo e che consiste nell’inserire la scheda cartacea negli appositi touchscreen – inizialmente semplici tastiere elettroniche –, di modo che l’elettore debba semplicemente premere un tasto per esprimere la propria preferenza e che consente anche agli elettori non vedenti di votare senza particolari difficoltà. 176
Inoltre, in Oregon, sebbene l’unica strada possibile sia quella del voto postale, le modalità di espressione del voto sono principalmente due: le punch cards e la lettura ottica delle schede per garantire un minimo di segretezza e che manifesta l’imprescindibile necessità di ricorrere all’uso della controprova cartacea – nonostante alcuni sistemi si caratterizzino per essere particolarmente innovativi – come garanzia da eventuali manipolazioni o abusi. 177
Bush v. Gore, 513 U.S. 98 (2000), per un approfondimento Pizzetti, F.G., Bush v. Gore – Un nuovo caso di federalismo giurisdizionale, Giappichelli, Torino, 2002. 178
L’HAVA, tra l’altro, ha previsto l’istituzione dell’Election Assistance Commission, un organo di collegamento tra Governo centrale e Stati membri – composto da 4 membri nominati dal Presidente previo advice and consent del Senato –, con il compito di verificare il raggiungimento dei progressi prefissati dall’HAVA stesso ed elargire gli election assistance grants.
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SOMMARIO: I) LE ISTITUZIONI NEL QUADRO COSTITUZIONALE: I.1) Il tipo di Stato; I.1.1) Ordinamento statale e natura degli enti territoriali; I.1.2) Ripartizione delle competenze legislative e amministrative; I.1.3) Il bicameralismo; I.1.4) Procedimento di revisione costituzionale e ruolo degli Stati; I.1.5) Risoluzione giurisdizionale delle controversie; I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali: I.2.1) Il Parlamento: I.2.1.1) La Camera dei Comuni; I.2.1.2) L’organizzazione dei partiti parlamentari; I.2.1.3) Il Senato; I.2.1.4) Il procedimento legislativo; 1.2.1.5) Il sistema delle fonti del diritto. I.2.2) Il rapporto fiduciario; I.2.3) Il Governo; I.2.4) Il Capo dello Stato. I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di governo: I.3.1) Il sistema elettorale per le elezioni della Camera dei Comuni; I.3.2) Il sistema elettorale per le elezioni sub-federali. II) LE ISTITUZIONI NELLA DINAMICA POLITICA: II.1) Il sistema dei partiti. II.2) Il sistema di governo: II.2.1) Il lungo processo costituente; II.2.2) Multiculturalismo e pluralità di diritti; II.2.3) Il sistema partitico e il ruolo del premier. III) FOCUS TEMATICI: III.1) I meccanismi di raccordo tra amministrazione centrale ed enti federati. III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento. III.3) La rappresentanza di genere. III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione. III.5) Modalità di accesso alla Corte suprema. III.6) La disciplina del contenzioso elettorale. III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico. IV) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI.
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I) Le istituzioni nel quadro costituzionale
I.1) Il tipo di Stato I.1.1) Ordinamento statale e natura degli enti territoriali Il Canada è uno Stato federale molto esteso, con profonde differenze geografiche, economiche, sociali, suddiviso in dieci province autonome (Alberta, British Columbia, Saskatchewan, Manitoba, Ontario, Québec, New Brunswick, Nova Scotia, Prince Edward Island, Terranova e Labrador) e tre Territori (Yukon, Territori del Nord Ovest, Nunavut). Si tratta di un federalismo di aggregazione: la federazione deriva, infatti, dall’unione nel 1867 delle quattro province che formarono il Dominion canadese attraverso il British North America Act, il quale, a partire dal 1982, ha preso il nome di Constitution Act (da qui in poi nel presente testo: CA 1867) approvato dal Parlamento di Westminster ed entrato in vigore il 1 luglio di quell’anno. Si trattava delle quattro province dell’Ontario (Alto Canada), Québec (Basso Canada)179, Nuova Scozia (Nova Scotia) e Nuovo Brunswick (New Brunswick) che erano già dotate di un sistema di governo parlamentare, pur non essendo veri e propri Stati (la prima Assemblea legislativa elettiva fu introdotta nella Nuova Scozia nel 1758)180. Nel corso degli anni alle quattro province originarie se ne aggiunsero altre: nel 1870 i Territori del Nord ovest e la provincia di Manitoba, l’anno successivo la Colombia britannica (British Columbia), nel 1873 l’Isola del Principe Edoardo (Prince Edward Island), nel 1905 le due province di Alberta e di Saskatchewan e, infine, nel 1949 la provincia di Terranova e Labrador (Newfoundland and Labrador). Dopo l’approvazione della dichiarazione Balfour alla conferenza imperiale del 1926 il Canada divenne una delle comunità autonome dell’Impero britannico e, a seguito dello Statuto di Westminster del 1931, entrò come Stato indipendente nel British Commonwealth of
179
Con il Trattato di Parigi del 1763 a seguito della Guerra dei sette anni tra Inghilterra e Francia la colonia della Nuova Francia (attuali province del Québec e dell’Ontario) venne ceduta all’Inghilterra. Nel 1774 la paura che i contrasti tra la madre patria e le 13 colonie nord americane potessero estendersi anche al territorio canadese spinse il Parlamento inglese ad approvare il Québec Act attraverso il quale riconobbe i diritti del popolo francese (lingua, religione, sistema giuridico di civil law). Dopo la rivoluzione americana molti lealisti si rifugiarono in Québec e nel 1791 la provincia venne divisa in due sulla base del fiume Ottawa: il Lower e l’Upper Canada uno francofono e l’altro anglofono. Ciascuna provincia era dotata di un’Assemblea elettiva. I rapporti tra la comunità inglese e quella francese furono conflittuali. A seguito della ribellione del 1837 il governo di Londra nominò Lord Durham Governatore della colonia, il quale propose l’unificazione delle due province in una sola (Province of United Canada), unione che avvenne nel 1840. Con il British North America Act del 1867 si tornò alla divisione tra Ontario e Québec. S. Ortino, Diritto costituzionale comparato, Mulino, Bologna, 1994, 381. 180
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons Procedure and Practice, McGraw Hill, Montreal, 2009.
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Nations181. Lo Statute of Westminster ha limitato il potere di intervento del Parlamento di Londra nelle questioni canadesi, senza però abolirlo. Il British North America Act 1867 non prevedeva alcuna disposizione relativa alla sua modifica, dato che si trattava di una legge approvata dal Parlamento di Londra, né aveva incluso un catalogo dei diritti. Nel 1949 Westminster ha approvato il British North America Act (n.2) che ha introdotto la possibilità per il Parlamento canadese di emendare di volta in volta il testo del 1867, ad eccezione però delle materie più controverse di interesse delle province e ha istituito una Corte suprema canadese al posto del Judicial Committee del Privy Council. Il “processo costituente” si è concluso definitivamente nel 1982 con il c.d. “rimpatrio” (patriation) della Costituzione: il Parlamento di Londra ha approvato, infatti, il Canada Act che ha posto definitivamente fine al potere di Westminster di legiferare anche per il Canada. La legge ha riconosciuto al British North America Act, 1867 (che, come detto, da allora ha preso il nome di Constitution Act, 1867), alle successive modifiche e al Constitutional Act, 1982 (CA 1982) allegato alla legge, il valore di Costituzione del Paese. La legge prevede anche diverse modalità per la revisione costituzionale e una Carta dei diritti e delle libertà (Charter of Rights and Freedoms). La Carta definisce i diritti tradizionali del costituzionalismo liberale (uguaglianza, libertà personale, religiosa, di circolazione ecc.), include le garanzie processuali tipiche del patrimonio di common law e diritti per le minoranze linguistiche e gli aborigeni182. La nothwithstanding clause consente ai legislativi statale e provinciali di approvare atti in deroga a quanto fissato dalla Carta (ad eccezione del diritto di eguaglianza) per un massimo di cinque anni. La clausola ha permesso di trovare un compromesso tra le esigenze e le peculiarità delle province e gli interessi della federazione ed è stata la chiave per ottenere il consenso delle province alla Carta stessa. Merito della Carta è stato quello di bilanciare i diritti universali riconosciuti a tutti i singoli individui con quelli particolari, derivanti dall’appartenenza ad un particolare gruppo etnico183.
181
R.A. W. Rhodes, J. Wanna, P. Weller, Comparing Westminster, Oxford University Press, Oxford, 2009, 15.
182
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G. Rolla. La tutela costituzionale delle identità culturali: l’esperienza del Canada, in S. Gambino, C. Amirante (a cura di), Il Canada. Un laboratorio costituzionale. Federalismo, Diritti, Corti, Cedam, Padova, 2000, 87; G. Gerbassi, Problematiche costituzionali sulla clausola nonobstant di cui all’art. 33 della Canadian Charter of Rights and Freedoms, ibid, 241; E. Ceccherini, Diritti individuali v diritti comunitari: l’esperienza del Canada, ibid, 271; G. Rolla, I caratteri di una società libera e democratica secondo la giurisprudenza della Corte suprema
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Il rimpatrio della Costituzione, tuttavia, è avvenuto senza il consenso del Québec, la provincia francofona, timorosa che la Costituzione e la Carta dei diritti conferissero un potere eccessivo alla federazione. Nel corso degli anni, come vedremo meglio in seguito, diversi sono stati i tentativi di revisione costituzionale diretti a coinvolgere anche il Québec, tentativi comunque tutti falliti. Il Québec, peraltro, ha organizzato nel 1980 e nel 1995 due referendum per chiedere l’indipendenza dal Canada, che si sono conclusi entrambi con la vittoria del No. A seguito del referendum del 1995, il Governo canadese ha deciso di sottoporre alla Corte tre quesiti relativi all’esistenza o meno nel diritto canadese o in quello internazionale di un diritto alla secessione unilaterale del Québec. Sul tema torneremo in seguito, ma la sentenza è importante perché ha elencato tra i principi non scritti, radicati nella tradizione e nel constitutional common law canadese e, quindi, a fondamento della Costituzione stessa, il federalismo, la democrazia, il costituzionalismo, la rule of law, la protezione delle minoranze. Il federalismo è quindi uno degli elementi caratterizzanti e immodificabili della Costituzione canadese. Il rapporto tra centro e periferia in Canada appare peculiare perché ha preso vita in un Dominion che aveva forti legami con la madre patria e la cui indipendenza deriva non già da una guerra, come per gli Stati Uniti, ma da un processo lungo, pacifico e graduale. I vicini Stati Uniti, quindi, sembrano aver offerto, più che altro, un contro-modello, a cui non attingere dato che i poteri assegnati ai singoli Stati erano ritenuti eccessivi, soprattutto in considerazione del fatto che il CA 1867 è stato approvato dopo gli anni della guerra di secessione184. Il federalismo canadese risulta – quanto meno nei suoi tratti originari - sbilanciato verso lo Stato federale, con un sistema di distribuzione di competenze fortemente accentrato. Gli articoli 91-95 del CA 1867 hanno definito la ripartizione delle competenze tra federazione e Stati prevedendo una doppia lista di materie, quelle assegnate al Parlamento federale e quelle assegnate alle Assemblee provinciali. A differenza di quanto avviene negli Stati Uniti i poteri residui spettano alla federazione che, attraverso il disposto dell’art. 91, può intervenire nelle materie che non siano di competenza provinciale con l’obiettivo di garantire “la pace, l’ordine e il buon governo” (Peace, Order and Good Government da cui il nome di POGG clause) oppure se l’interesse nazionale lo richieda. L’articolo 92, dal canto suo, attribuisce alle province la potestà legislativa in tutte le materie che abbiano natura strettamente locale o privata. del Canada, in G. Rolla (a cura di), Eguali, ma diversi. Identità ed autonomia secondo la giurisprudenza della Corte Suprema del Canada, Giuffrè, Milano, 2006, 1. 184
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti federali comparati. I. Gli Stati federali ‘classici’, Giappichelli, Torino, 2010 189; N. Olivetti Rason, Un federalismo asimmmetrico: il Canada, in N. Olivetti Rason e L. Pegoraro (a cura di), Esperienze federali contemporanee, Cedam, Padova, 1996, 90; A. Pitino, Il Federalismo canadese e i “limiti ragionevoli” in una free and democratic society, in E. Ceccherini (a cura di), A Trent’anni dalla Patriation canadese. Riflessioni della dottrina italiana, Genova University Press, 2013, 137; M. Gobbo (a cura di), Costituzioni federali anglosassoni, Giappichelli, Torino, 1994.
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La supremazia federale emerge, poi, sotto altri due aspetti: al Governo centrale spetta il potere di annullare le leggi provinciali sia per legittimità che per merito attraverso gli istituti della reservation e della disallowance, potere che come vedremo è caduto in desuetudine; il Governatore generale ha il compito di nominare, su consiglio del Premier, un vice governatore per ogni provincia che è scelto dal Governo federale, senza tener conto della maggioranza presente nella provincia ed ha, a sua volta, il potere di indicare il Primo Ministro provinciale tenendo conto della composizione dell’Assemblea185. I caratteri del federalismo canadese si sono formati nel tempo e sono frutto della peculiare evoluzione dei rapporti tra centro e periferia, segnati dalla natura plurinazionale, multiculturale e multietnica della società. La dottrina ha individuato quattro diverse fasi di sviluppo, ognuna con specifiche caratteristiche186: la prima fase va dal 1867 al 1896 ed è definita “quasi federalismo”. Si tratta del periodo dominato dal Governo di J.A. MacDonald, leader del partito conservatore, durante il quale il potere della federazione era molto esteso e le relazioni tra il Governo e le province risultavano improntate al modello dei rapporti tra la madre patria e le colonie. Durante tale fase si fece ricorso più volte al potere di disallowance e di reservation, in un contesto dominato dalla produzione legislativa statale e non provinciale. Nel 1892 la sentenza del Privy Council nel caso Liquidators of the Maritime Bank of Canada v. Receiver-General of the New Brunswick187 diede tuttavia una lettura nuova dei rapporti tra federazione e province affermando che i governi provinciali non erano subordinati a quello federale. Grazie al contributo offerto dall’interpretazione del Privy Council ha avuto così inizio la seconda fase (definita del classical federalism) che va dal 1896 al 1914 e che prende le mosse dalla nomina del liberale W. Laurier come Primo Ministro. Durante questo periodo si riequilibrò il rapporto tra Stato e province anche perché le origini francesi del Premier rendevano il Governo centrale maggiormente sensibile alle istanze del Québec e, quindi, delle province. Come dicevamo, tale fase si caratterizza anche per l’interpretazione data al riparto di competenze dal Judicial Committee del Privy Council che ha favorito la lettura espansiva dei poteri delle province a discapito di quelli della federazione. In particolare si è affermata l’idea, grazie alla giurisprudenza della Corte, che l’interesse pubblico era stabilito non solo dalla federazione, ma anche dal dialogo tra i livelli di governo, mentre vennero interpretate in
185
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti federali…, cit., 61.
186
P. Malcolmson, R. Myers, The Canadian Regime. An Introduction to Parliamentary Government in Canada, University of Toronto Press, 2012, 63. 187
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maniera restrittiva sia la Peace, Order and Good Government Clause sia la clausola del commercio e furono lette in modo estensivo le competenze delle province. La terza fase (definita di emergency federalism) va dal 1914 al 1960. Durante tale periodo il potere della federazione fu di nuovo incrementato a motivo delle diverse “emergenze” che il Canada dovette affrontare: si tratta, infatti, di una fase caratterizzata dalle due guerre mondiali, che comportarono un incremento dei poteri di guida del Governo federale, e della crisi economica degli anni ’30. Inoltre, a partire dal 1949, la Corte suprema ha assunto le funzioni spettanti fino allora al Judicial Committee del Privy Council come Corte di ultima istanza e tale nuova Corte ha favorito una lettura più ampia dei poteri legislativi della federazione. L’interpretazione della Corte suprema ha consentito, poi, il passaggio alla quarta fase, quella del federalismo cooperativo iniziata a partire dagli anni ’60 e tuttora in corso, segnata da forme di maggior collaborazione orizzontale e verticale tra i livelli di governo e nella quale al Governo centrale spetta la definizione e l’attuazione di programmi sociali relativi all’intero territorio e la redistribuzione della richezza188. Le convenzioni costituzionali sviluppatesi in tema di rapporti tra livelli di governo hanno portato allo sviluppo di forti forme di collaborazione e di cooperazione tra centro e periferia e tra province, ad intese tra federazione e province, a conferenze intergovernative, ad accordi bilaterali o multilaterali che hanno reso il federalismo canadese cooperativo e flessibile. Cooperazione e flessibilità le cui forme sono attestate sia dagli strumenti utilizzati (intese, accordi, dichiarazioni per lo più “di soft law, non previsti in alcuna norma costituzionale e non giustiziabili dalle Corti”189), sia dai contraenti (Primi Ministri, Governo e soprattutto funzionari)190, sia, infine, dal numero di questi (gli accordi non coinvolgono necessariamente tutte le province). Tutto ciò contribuisce ad accentuare ulteriormente l’asimmetria effettiva del federalismo canadese, un’asimmetria legata alle differenze di natura sociale ed economica esistenti tra le diverse componenti territoriali e i diversi popoli191: un’asimmetria evidente, in modo particolare in Québec, dove vige un sistema di civil law e al quale sono state attribuite prerogative particolari, e dove è stato riconosciuto, da una mozione della Camera dei Comuni nel 2006, lo status di nazione all’interno del Canada unito.
188
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti federali…, cit, 190.
189
T. Groppi, Canada, Mulino, Bologna, 2006, 61.
190
G. Rolla, E. Ceccherini, Scritti di diritto costituzionale comparato, ECIG, Genova, 2007, 425.
191
G. Baier, K. Boothe, What is Asmmetrical Federalism and Why Should Canadians Care?, in T. Bateman (a cura di), Braving the New World: Readings in Contemporary Politics, Toronto, 2008, 206. La citazione è riportata da P. Malcolmson, R. Myers, The Canadian Regime. An introduction to Parliamentary Government in Canada, University of Toronto Press, 2012, 73; T. Groppi, Il Canada tra riforma della costituzione e secessione, in G. Rolla (a cura di) Lo sviluppo dei diritti fondamentali in Canada. Tra Universalità e diversità culturale, Giuffrè, Milano, 2000,19; R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti federali…, cit, 25.
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Nell’ambito delle conferenze intergovernative particolare ruolo è svolto dal Consiglio della Federazione (Council of Federation), istituito nel 2003 dietro iniziativa del Premier del Québec, Charest. Il Consiglio, con sede ad Ottawa, riunisce i Primi Ministri di tutte le suddivisioni territoriali e costituisce una sede di incontro, dialogo, confronto, collaborazione, individuazione dei punti di convergenza, per la definizione della politica intergovernativa, rispettosa delle proprie specificità locali. Il Consiglio interviene nei settori di interesse congiunto soprattutto in materia fiscale, sanità, istruzione e poiché discute spesso i progetti legislativi che il Governo federale intende adottare è stato considerato, da alcuni esponenti della dottrina, un organismo che rappresenta le istanze locali in modo più appropriato di quanto non lo faccia il Senato. Il Senato canadese, infatti, non rientra negli archetipi delle seconde Camere federali, dato che, pur avendo un numero di senatori fissato per ogni provincia, sembra ricalcare più il modello della Camera dei Lords che quello del Senato statunitense. I suoi membri, infatti, sono nominati dal Primo ministro e non sono elettivi e il Senato non ha particolari competenze legislative relative al federalismo. L’importanza che in quest’ultima fase hanno assunto le province si coglie anche sotto altri aspetti. In primo luogo dalla caduta in disuso del potere di disallowance (mai più usato dal 1942), in secondo luogo dal peso riconosciuto alle province nella revisione costituzionale, infine dall’introduzione della clausola notwithstanding nell’art. 33 del Constitutional Act del 1982. Nel corso della storia canadese, quindi, il federalismo si è adattato all’evoluzione dei rapporti tra centro e periferia e al contesto sociale e culturale: sono così sorte convenzioni costituzionali e prassi che hanno favorito la mediazione, la ricerca di collaborazione e di consenso attraverso strumenti e canali informali e constanti negoziazioni192. (cfr. focus approfondimento su meccanismi di raccordo tra Stato e amministrazioni) Oltre alle 10 province il Canada è suddiviso anche in tre territori. Le competenze dei territori non trovano particolare spazio negli atti costituzionali. Il Constitution Act, 1871 conferì al Canada il potere di creare nuove province e di amministrare la pace, l’ordine e il buon governo dei territori non compresi nelle province. Il North- West Territories Act, 1875 portò alla creazione di istituzioni rappresentative simili a quelle delle province nel Territorio del Nord Ovest. Lo Yucon venne riconosciuto come territorio distinto dal Nord Ovest nel 1898, mentre l’ultimo nato è stato il Nunavut nel 1999, a seguito dell’approvazione del Nunavut Act, 1993. Il Nunavut (il cui nome signifia “nostra terra”) è nato dalla divisione dei Territori del Nord Ovest al fine di tutelare meglio le minoranze indigene e le loro richieste di maggior autonomia193. Il North- West Territories Act, lo Yucon Act, e il Nunavut Act sono, quindi, le
192 193
P.L. Petrillo, Le istituzioni…, cit., 35. J. Webber, The Constitution of Canada, Hart, 2015, 226.
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fonti che hanno stabilito le istituzioni dei territori e devoluto loro alcuni poteri. Ai territori non spettano tutte le competenze attribuite alle province dall’art.92 del CA 1867, ma solo quelle devolute dalla legge. Rispetto alle province i territori non hanno, ad esempio, il potere di modificare le loro Costituzioni, non possono esercitare diritti di proprietà sul territorio e, di conseguenza di disporre delle risorse naturali, e hanno poteri economici più limitati. I territori sono strutturati in modo analogo alle province anche se la natura derivata dei loro poteri rende diversa la terminologia usata per indicare gli organi: un Commissioner svolge le funzioni che nelle province sono svolte dal Governatore luogotenente, mentre l’Assemblea elettiva prende il nome di Consiglio (Council), e il potere di emanare le ordinanze spetta all’organo complesso del Commissioner in Council. Tuttavia nel Nunavut Act è stata adottata la medesima terminologia usata per le province.
I.1.2) Ripartizione delle competenze legislative e amministrative Come dicevamo la ripartizione di competenze tra federazione e province è fissata dal CA 1867. Essa non segue il modello statunitense dei poteri residui, ma prevede un doppio elenco di materie. Quelle attribuite in via esclusiva al Parlamento federale sono state indicate all’art. 91 e comprendono, tra l’altro, il debito pubblico, la regolazione degli scambi e del commercio, l’industria, le banche e la moneta, il servizio postale, il sistema fiscale, i censimenti e le statistiche, le comunicazioni, l’energia, l’esercito, il servizio militare e navale e la difesa del Paese, i trasporti interprovinciali, i pesi e le misure, la materia matrimoniale, il diritto e la procedura penale, la gestione dei penitenziari, la naturalizzazione degli stranieri, i brevetti e il copyright. Nell’elenco non è presente la politica estera, potere previsto dall’art. 132 del CA 1867 e delineatosi nei suoi caratteri attuali soprattutto grazie all’interpretazione giurisprudenziale194. L’articolo 92 del CA 1867 fissa, poi, le competenze legislative esclusive delle province in alcuni settori, tra cui l’imposizione diretta, l’istituzione del debito pubblico provinciale, la gestione dei funzionari amministrativi, demanio pubblico, ospedali e organismi di assistenza e beneficienza, licenze commerciali, lavori pubblici locali ad esclusione di quelli interstatali o di interesse generale, diritti di proprietà e diritti civili, amministrazione della giustizia, gestione delle carceri, educazione, matrimoni. I poteri residui, come si è detto, spettano allo Stato centrale dato che il Parlamento federale ha il compito di “fare leggi per la pace, l’ordine e il buon governo del Canada, relativamente a tutte le materie che non rientrano negli oggetti assegnati da quest’Atto in maniera esclusiva alla legislazione delle Province”. Scarne le disposizioni che il CA 1867 dedica alle materie concorrenti: l’art. 92 A 3 e l’art. 95 assegnano competenze legislative alle province in materia rispettivamente di esportazione di
194
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti federali…, cit, 201.
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materie prime, agricoltura e immigrazione, competenze attribuite anche alla federazione. In tali casi vige il principio della prevalenza del diritto federale su quello provinciale, principio che si è affermato in via giurisprudenziale anche negli altri settori, dove la potestà concorrente non è espressamente prevista, ma si desume dall’attribuzione della medesima materia ad entrambi i livelli. Tale principio, tuttavia, trova un’eccezione nella riforma introdotta nel 1951 con l’art. 94 A che – attribuendo alla federazione potestà legislativa in materia pensionistica – ha riconosciuto la prevalenza del diritto provinciale su quello federale. La sovrapposizione tra gli ambiti federali e provinciali viene risolta, nell’interpretazione della Corte, soprattutto facendo coesistere entrambe le discipline, purché non confliggenti. Emblematica delle relazioni evolutive tra Stato e province e dei rapporti tra centro e periferia basati su negoziazioni e accordi tra i diversi livelli di governo è, senza dubbio, la materia fiscale. Secondo il disposto del CA 1867 le province hanno potestà impositiva solo diretta, mentre la federazione può imporre imposte sia dirette sia indirette. La materia è stata interpretata dalla Corte suprema che, a Costituzione invariata, ha fornito una lettura estensiva del concetto di imposta diretta, allargando così la potestà impositiva fiscale delle province. Il sistema fiscale è quindi fortemente decentrato, anche se la federazione ha mantenuto il compito di intervenire con una funzione riequilibratrice, in campo economico e sociale e di welfare state195.
I.1.3) Il bicamemeralismo Anche in Canada, come nel Regno Unito, il Parlamento è un organo complesso composto dalla Corona (rappresentata dal Governatore generale), dalla Camera dei Comuni e dal Senato196. Il CA 1867, all’art. 17, definisce tale struttura, ma non indica le specifiche competenze di ciascuno di loro in campo legislativo. Al pari di quanto avviene nelle leggi britanniche anche l’enacting formula che introduce quelle canadesi ricorda l’articolazione del Parlamento: “Her Majesty, by and with the advice and consent of the Senate and House of Commons of Canada, enacts as follows (nella versione inglese) e “Sa Majesté, sur l’avis et avec le consentement du Sénat et de la Chambre des communes du Canada, édicte” (nella versione francese). La Camera dei Comuni è la camera elettiva, mentre il Senato è composto da 105 membri nominati, su proposta del Premier, dal Governatore generale in modo da rappresentare le diverse province. Entrambi hanno sede ad Ottawa. Il bicameralismo canadese è quasi paritario: il rapporto fiduciario lega in via esclusiva il Governo alla Camera elettiva, chiamata 195
P.L. Petrillo, Le istituzioni…, cit. 36.
196
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons…, cit.
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pertanto confidence chambre, Camera della fiducia. (v. infra Camera dei Comuni, Senato, procedimento legislativo e il sistema di governo) e la stessa Camera è la sola ad avere il potere di presentare disegni di legge in materia finanziaria. Infine, in materia di revisione costituzionale, dove nel panorama comparatistico il bicameralismo tende sempre a divenire paritario, l’art. 47 del CA 1982 conferisce alla Camera dei Comuni il potere di superare l’eventuale veto del Senato con una nuova deliberazione entro 180 giorni dalla prima. Per il resto, almeno formalmente, le due Camere godono dei medesimi poteri, anche se di fatto alla Camera dei Comuni è riconosciuta una preminenza sul Senato. I poteri del Parlamento federale sono stabiliti dalla Costituzione che, come abbiamo visto, definisce i campi di intervento della federazione e quello delle province, dalla Carta dei diritti e dalle convenzioni. Il numero dei deputati della Camera dei Comuni è variabile, perché stabilito in base alla popolazione delle province, dato che è aggiornato ogni 10 anni: fino al 2015 è stato di 308, mentre la nuova legislatura che ha preso il via con le elezioni del 19 ottobre 2015 ha attuato la riforma introdotta nel 2011 la quale ha aumentato il numero dei membri a 338. Secondo il disposto del Constitution Act 1867 la legislatura durava al massimo cinque anni con inizio calcolato dalla data di rientro dei writs dopo le elezioni. In seguito alla riforma del 2007, che ha modificato il Canada Elections Act, le elezioni devono essere tenute il terzo lunedì di ottobre ogni 4 anni a partire dal 19 ottobre 2009. Per quanto riguarda le province i parlamenti sono monocamerali e, ad eccezione della Nova Scotia, tutte le Assemblee prevedono leggi sulla “durata fissa” dei parlamenti, che stabiliscono in quattro anni la durata della legislatura, prevedendo comunque la possibilità di uno scioglimento anticipato.
I.1.4) Procedimento di revisione costituzionale e ruolo degli Stati Il CA 1867 non disponeva nulla in materia di modifica della Costituzione, dato che si trattava di una legge ordinaria di Westminster fondata sulle sue competenze imperiali e abrogabile solo da una legge successiva sempre del Parlamento di Londra; tuttavia essa aveva valore di legge superiore per il Canada dato che, in forza del Colonial Law Validit Act 1865, i legislativi delle colonie non potevano approvare leggi contrarie a quelle imperiali. Tra il 1867 e il 1982 il Parlamento di Londra ha approvato poco più di 20 emendamenti al CA 1867. Il CA 1982 ha previsto cinque diversi meccanismi di revisione costituzionale: 1) La procedura prevista dall’art. 38, comma 1 del CA 1982, è la procedura che viene considerata ordinaria. Essa prevede la possibilità di modificare la Costituzione a seguito di una risoluzione approvata sia dal Senato sia dalla Camera dei Comuni e dai 2/3 delle Assemblee delle province, che siano rappresentative di almeno il 50% della popolazione. Tale
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procedura è nota come 7/50 (seven fifty) e riguarda tutte le materie previste dall’articolo 42 (il principio della proporzionalità della rappresentanza delle province all’interno della Camera dei Comuni, le regole relative alla nomina dei componenti del Senato, il loro numero e i poteri della Camera alta; i poteri della Corte suprema, ma non la sua composizione; la possibilità di creare nuove province e annettere altri territori a quelle esistenti) nonché tutte le materie per cui non è prevista una diversa procedura di modifica. Tale procedura può essere adottata entro il limite di tempo di tre anni. L’art. 38, comma 3 prevede la possibilità per una provincia di usare l’opting out per evitare che la riforma entri in vigore nel proprio territorio, decisione che la provincia può abrogare se accetta di attuare la modifica. Tale procedura, inoltre, prevede che l’eventuale opposizione del Senato possa essere superata da una seconda approvazione della Camera entro 180 giorni (art. 47). 2) La seconda procedura prevista dalla Costituzione è la regola dell’unanimità, disciplinata dall’art. 41 della legge del 1982. In questo caso la modifica deve essere approvata non solo da entrambe le Camere, ma anche da tutte le Assemblee provinciali, le quali possono esercitare il potere di veto. Tale procedura riguarda le modifiche relative alla monarchia e ai suoi rappresentanti in territorio canadese, il numero minimo di deputati spettanti ad ogni provincia, la composizione della Corte suprema, l’uso della lingua francese e inglese e le modifiche alle procedure di revisione costituzionale. A differenza della precedente non si prevede un limite di tempo entro il quale la riforma può essere adottata. 3) La terza procedura è disciplinata dall’art. 43 e riguarda le disposizioni che sono applicate solo ad alcune province. Essa prevede la possibilità di introdurre una riforma da parte del Parlamento federale e delle Assemblee provinciali interessate, senza il coinvolgimento delle altre. Tale procedura si applica alle modifiche dei confini interprovinciali o a quelle relative all’uso dell’inglese e del francese in una provincia. 4) La quarta procedura di revisione costituzionale trova la sua disciplina nell’art. 44 e prevede di assegnare al solo Parlamento, escludendo le Assemblee federali, le modifiche relative al potere legislativo ed esecutivo federali (eccetto quanto previsto dagli articoli 41 e 42). 5) La quinta prevede l’intervento solo da parte del legislativo di una provincia (secondo l’articolo 45) per la revisione della Costituzione provinciale. Le particolari procedure di revisione rendono particolarmente difficile l’introduzione di modifiche alla Costituzione. Dal 1982, sono stati introdotti 12 emendamenti al testo (solo 1 con la procedura dell’art. 38 e la maggior parte con quella dell’articolo 43) e le riforme hanno riguardato per lo più aspetti tecnici, dato che le riforme più significative sono state spesso ostacolate dalla complessità dei meccanismi previsti. Bisogna peraltro precisare che la Costituzione canadese non è unitestuale, ma si compone di diversi atti: il CA 1982, (52,2) elenca i documenti che compongono la Costituzione canadese, tra cui il CA 1867 e le successive modifiche, il CA,1982 e le successive modifiche. Contribuiscono a formare la Costituzione anche le regole convenzionali e i principi stabiliti Pagina | 120
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dal common law. Tale complessità si deve al fatto che il CA 1867 ha affermato che il Canada ha una Costituzione “similar in principle to that of the United Kingdom” e, quindi, al pari di questa, è composta da documenti scritti e da regole convenzionali. A differenza di quanto avviene in Inghilterra, tuttavia, la Costituzione canadese è gerarchicamente superiore alle leggi ordinarie e presenta diversi gradi di rigidità. La Corte suprema ha offerto un contributo importante sia nel chiarire il contenuto e la portata delle convenzioni costituzionali presenti nel Paese, sia nell’interpretare il testo costituzionale individuando al suo interno alcuni principi considerati non modificabili perché fondanti l’identità nazionale. L’interpretazione della Corte ha finito così, in alcuni casi, per rendere ancora più complessa la revisione costituzionale197. In particolare si ricorda che la Corte, nel giudizio di reference sulla Patriation, ha dichiarato l’esistenza di una convenzione costituzionale che condiziona all’accordo di una “maggioranza sostanziale” delle province la modifica costituzionale; una convenzione, peraltro, sulla cui esistenza la dottrina ha espresso dubbi e perplessità. Inoltre, anche se la Costituzione non prevede alcun limite espresso al potere di revisione costituzionale, la Corte, nella sentenza sulla secessione del Québec, ha indicato come principi fondanti e immodificabili della Costituzione canadese il federalismo, la democrazia, il costituzionalismo, la rule of law, il rispetto dei diritti delle minoranze. Infine, si ricorda che nel 2014, di fronte al quesito di quale fosse la procedura idonea da adottare per le riforme costituzionali relative alla Corte suprema, quest’ultima ha affermato che le sue competenze e la sua indipendenza non possono essere modificate se non attraverso la regola dell’unanimità198. Peraltro l’interpretazione della Costituzione non è avvenuta solo da parte della Corte, ma anche da parte del Parlamento attraverso alcune leggi ordinarie. In proposito si devono citare il Constitutional Amendments Act 1996 (noto come Regional Veto Act) il quale ha precisato che in caso di procedura ordinaria di revisione costituzionale i ministri non possono presentare una resolution contenente un emendamento costituzionale se tale emendamento non è stato già approvato dalla maggioranza delle province, tra cui necessariamente l’Ontario, il Québec, la British Columbia, due province rappresentative di almeno il 50% della popolazione dell’area dell’Atlantico, due province delle praterie (Prairie), rappresentative del 50% della popolazione del nord ovest (Alberta, Saskatchewan e Manitoba). La legge si
197
G. D’Ignazio, I principi immodificabili nella Carta canadese dei diritti e delle libertà, in G. Rolla (a cura di), L’apporto…, cit., 179; N. Olivetti Rason, Canada, 1982-1992: come non si modifica la Costituzione, in Quaderni costituzionali, 1993, 334; P.W. Hogg, Formal Amendment of the Constitution of Canada, in Law and Contemporary Problems 1992, 253. 198
I. Peach, Reference re Supreme Court Act, ss 5 and 6 — Expanding the Constitution of Canada, in Constitutional Forum constitutionnel 2014, 1; Luc B. Tremblay, Les principes constitutionnels non écrits, in Review of Constitutional Studies/Revue d’études constitutionnelles 2012, 15.
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applica all’iniziativa dei soli ministri e non a quella dei deputati199. Il Clarity Act, 2000, poi, ha attribuito alla Camera dei Comuni un ruolo di estremo rilievo nella gestione di eventuali futuri referendum secessionistici: ad essa spetta il compito di verificare l’ammissibilità del quesito referendario e di accertare, a seguito dell’eventuale voto, se vi sia stato il sostegno di una chiara maggioranza (“clear victory”). La secessione, comunque, comporterebbe una modifica della Costituzione da approvare da parte di tutte le 10 Assemblee provinciali e la legge ha anche vietato ai ministri di presentare proposte di riforme costituzionali relative alla secessione di una provincia, senza che il Governo abbia preventivamente negoziato con la stessa una serie di questioni, tra cui il debito, i confini, i diritti dei nativi e delle minoranze200. Le Costituzioni provinciali possono essere modificate dalle rispettive Assemblee, con l’unico limite di quanto previsto nell’art. 41 del CA 1982 il quale elenca le materie per cui è richiesto il consenso del Parlamento federale.
I.1.5) Risoluzione giurisdizionale delle controversie La funzione giurisdizionale è ripartita tra federazione e province entrambe con poteri in materia sia civile che penale. I giudici delle Corti superiori di entrambi i livelli sono nominati dal Governatore generale. La Corte suprema è il vertice del sistema federale e arbitro del riparto di competenze tra province e stato federale. Istituita nel 1949, ha assunto il ruolo fino ad allora riservato al Judicial Committee del Privy Council; è giudice di ultima istanza nelle controversie che provengono dalle Corti di appello delle province e dalla Corte d’appello federale. Essa è composta da 9 giudici nominati dal Governatore generale, tre dei quali devono provenire dal Québec, che rimangono in carica fino al compimento del 75° anno di età. La Corte suprema ha svolto un ruolo fondamentale nei conflitti tra federazione e province contribuendo così a definire i rispettivi ambiti di intervento. Il controllo di costituzionalità è di tipo diffuso dato che oltre alla Corte suprema spetta a tutte le Corti federali. Si tratta di un controllo di costituzionalità incidentale e concreto. La Corte suprema ricorre spesso a precedenti stranieri per l’interpretazione costituzionale201. Al di sotto della Corte suprema, a livello federale, è
199
A. Heard, T.Swartz, The Regional Veto Formula and Its effects on Canada Constitutional Amendment Process, in Canadian Journal of Political Sciences 1997, 339. 200
R. Albert, The Difficulty of Constitutional Amendment in Canada, in Alberta Law Review 2015, 4; P. Dumberry, The Secession Question in Quebec, in Diritto Pubblico Comparato Europeo 2015, 357. 201
R.J. Sherpe, Ordinamento giudiziario e giustizia costituzionale, in J. Frémont et al. (a cura di), L’ordinamento costituzionale del Canada, Giappichelli, Torino, 1997, 163; F. Duranti, Ordinamenti costituzionali di matrice anglosassone: circolazione dei modelli costituzionali e comparazione tra le esperienze di Australia, Canada, Nuova Zelanda e Regno Unito, Aracne, 2013.
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presente la Federal Court of Appeal, la quale è composta da 21 giudici (di cui 5 del Québec), che siedono in un panel di 3, e che si spostano per il Paese, recandosi nelle sedi presenti in 18 diverse città. Corte di primo grado è la Federal Court, istituita nel 1971 e composta da 36 giudici, più un chief justice. Dal 2003 si è articolata in due divisioni, una delle quali ha dato vita alla Corte d’appello. A livello provinciale il sistema delle Corti è articolato su tre gradi di giudizio, ad eccezione della Corte Numavut. Il Governo federale o quello provinciale possono richiedere alla Corte suprema o alle Corti di appello provinciali di esprimersi su questioni di fatto o di diritto relative ai poteri dell’esecutivo, all’interpretazione della Costituzione o di una legge, in quello che è chiamato il giudizio di reference. Le Corti hanno adottato alcune tecniche giurisprudenziali per chiarire i criteri da seguire nei conflitti relativi al riparto di competenze, cercando, comunque, di circoscrivere i casi di conflitto in modo da applicare sia la legge provinciale che quella federale. (cfr. focus di approfondimento su Modalità di accesso alla Corte suprema)
I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali I.2.1) Il Parlamento Il Parlamento canadese è bicamerale. I deputati della House of Commons, sono eletti con un sistema elettorale maggioritario plurality “first past the post”. Al Parlamento federale nella sua triplica articolazione (Camera dei Comuni, Senato, Corona) spetta la funzione legislativa, mentre solo la Camera dei Comuni ha il compito di dare la fiducia all’esecutivo. Il Senato non è elettivo.
I.2.1.1) La Camera dei Comuni La Camera dei Comuni (House of Commons) è la Camera elettiva. Fino al 2015 essa era composta da 308 deputati. Il Fair Representation Act 2011 ha introdotto la modifica della formula utilizzata per la distribuzione dei seggi tra le diverse province, attribuendone 15 in più all’Ontario, 6 in più sia alla British Columbia sia all’Alberta e 3 in più al Québec. Obiettivo della riforma - introdotta ai sensi della sezione 44 del Constitution Act, 1982 - è stato quello di rendere la distribuzione dei seggi maggiormente proporzionale alla popolazione del territorio. La modifica è stata attuata per la prima volta per le elezioni del 19 ottobre 2015.
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Tabella n.1. Canada: Distribuzione dei seggi alla Camera dei Comuni per provincia
Provincia
Stima della % della popolazione Seggi ai Comuni Seggi ai Comuni % di seggi (basata sul prima della a seguito della dopo la censimento del riforma riforma riforma 2011)
Ontario
38,91
106
121
36,12
Québec
23,22
75
78
23,28
British Columbia
13,31
36
42
12,54
Alberta
11
28
34
10,15
Manitoba
3,64
14
14
4,18
Saskatchewan
3,08
14
14
4,18
Nova Scotia
2,75
11
11
3,28
New Brunswick
2,2
10
10
2,99
1,49
7
7
2,09
0,42
4
4
1,19
3
3
308
338
Newfoundland Labrador Prince Islandp
e
Edward
Territori Totale
100
100
I componenti della Camera dei Comuni sono chiamati membri del Parlamento (Members of Parliament). Essi vengono eletti con il sistema plurality dalle circoscrizioni elettorali (electoral district, chiamate anche constituencies o ridings) in cui è suddiviso il territorio nazionale. Tale formula elettorale solitamente favorisce i partiti maggiori (come il partito liberale, quello conservatore o il Nuovo partito democratico NDP) o quelli fortemente radicati nel territorio con il Bloc Québécois). Il Canada Election Act 2000 determina i criteri di eleggibilità: in primo luogo avere diritto di voto e quindi la cittadinanza canadese e la maggiore età, principio che viene stabilito anche dalla Carta dei diritti e delle libertà (art. 3). Dal 1919 le donne hanno ottenuto il diritto di voto
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attivo e passivo, nel 1950 tali diritti sono stati estesi agli Inuit e nel 1960 agli aborigeni. Nel 1970 l’età per essere eletti è scesa a 18 anni202.. Le leggi canadesi, in particolare, il Consitution Act 1982, il Parliament of Canada Act 1985 e il Canada Election Act 2000 stabiliscono le regole relative all’incompatibilità (disqualification). Tali regole sono state introdotte al fine di garantire che i deputati possano svolgere il loro lavoro liberi da condizionamenti o pressioni esterne e che abbiano le qualità personali adatte per svolgere la funzione di rappresentante. Sono ineleggibili i senatori, i deputati delle legislature provinciali, gli sceriffi, i crown attorneys, i giudici, i componenti dell’agenzia federale responsabile delle elezioni (Election Canada) i quali ultimi non hanno nemmeno l’elettorato attivo. I detenuti hanno l’elettorato attivo, ma sono esclusi dall’elettorato passivo i condannati per reati penali a una pena superiore a due anni, mentre per i condannati per crimini legati alla materia elettorale previsti nel Canada Elections Act tale esclusione vale solo per cinque o sette anni successivi alla condanna. Non sono eleggibili, poi, gli incapaci civili e gli interdetti. Per indire le elezioni il Primo Ministro deve chiedere al Governatore generale lo scioglimento della Camera e successivamente presentargli un order in council per ottenere l’emanazione di un apposito ordine (writ) per le elezioni. Il Premier decide la data delle elezioni e del return of the writs vale a dire la data entro la quale il returning officer responsabile in ogni collegio dello svolgimento delle elezioni, dopo aver controllato le schede, convalidato il risultato e proclamato il candidato vincitore, deve trasmette, attraverso un apposito writ of election, il nome del vincitore e i verbali dell’elezione al Chief Electoral Officer. Quest’ultimo pubblica sulla Canada Gazette i nomi degli eletti e fornisce al Clerk of the House l’elenco completo di tutti i deputati. Dopo la chiusura dei seggi le schede sono esaminate alla presenza dei funzionari del seggio. Il conteggio delle schede da parte dell’autorità giudiziaria viene richiesto dal returning officier nel caso in cui i voti ottenuti dal vincitore superino quelli del secondo classificato per una percentuale inferiore al 1/1000 del totale dei voti. Il riconteggio dei voti può essere richiesto all’autorità giudiziaria anche da parte di un elettore entro 4 giorni dalla convalida dei risultati. Il riconteggio operato dal giudice è senza appello. Ove i primi due candidati ricevano lo stesso numero dei voti si procede ad una elezione suppletiva. In caso di vacanza di un seggio, lo Speaker invia un’autorizzazione scritta (warrant) al Chief Electoral Officer nella quale chiede l’emanazione di un writ of election per quel collegio. Le questioni procedurali relative alle elezioni sono gestite dal Chief Electoral Officer, un officer del Parlamento nominato dal Parlamento stesso. Il Dominion Elections Act, 1920 e le successive modifiche assegnano a tale funzionario molteplici compiti: egli deve 202
A. Pitino, Il diritto di voto nell’interpretazione evolutiva della Corte suprema del Canada, in G. Rolla (a cura di), L’apporto…, cit. 525.
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sopraintendere allo svolgimento delle elezioni e dei referendum, si occupa della registrazione dei partiti politici e degli elettori, deve controllare le spese elettorali e i rimborsi. (cfr. focus approfondimento su La disciplina del contenzioso elettorale) (cfr. focus approfondimento su La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico) Una volta eletto, il deputato deve prestare giuramento di fedeltà alla regina e alle istituzioni da questa rappresentate, un obbligo che deriva dal CA 1867, allegato 5203. La legislatura durava al massimo cinque anni secondo il disposto del CA 1867. L’inizio si calcola dalla data di rientro dei writs dopo le elezioni. Nel 2007 è stata introdotta una riforma che ha modificato il Canada Elections Act e ha introdotto la regola per cui le elezioni devono essere tenute il terzo lunedì di ottobre ogni 4 anni a partire dal 19 ottobre 2009. A differenza del Fixed Term Parliament Act 2011 britannico però la legge del 2007 non ha stabilito i casi in cui è possibile lo scioglimento anticipato dei Comuni, dato che ha lasciato inalterato il potere del Governatore generale (e quindi del Primo ministro) di sciogliere i Comuni. Una differenza che si deve anche al fatto che mentre nel Regno Unito la sovranità del Parlamento è illimitata e quindi è possibile approvare una legge che circoscriva le prerogative dell’esecutivo, come quella di scioglimento, in Canada questo non è ammesso. Pur avendo il Canada, come abbiamo detto una Costituzione “similar in principle to that of the United Kingdom”, i poteri del Parlamento incontrano un limite ben preciso nella Costituzione e nel fatto che ogni emendamento al testo richiede una procedura aggravata. La legge non ha in alcun modo ridotto il potere del Premier di richiedere lo scioglimento anticipato, come chiarito anche dalla Corte suprema nel caso Conacher v. Canada (Prime Minister) del 2009204. Come evidenziato nella tabella seguente la durata media delle legislatura è stata di 3 anni e 4 mesi. In circostanze del tutto eccezionali il Governatore potrebbe anche rifiutare lo scioglimento (l’ultimo caso risale al 1926).
203
Il testo del giuramento è il seguente: “I, (nome del deputato), do swear, that I will be faithful and bear true Allegiance to Her Majesty Queen Elizabeth the Second” oppure “I, (nome del deputato), do solemnly, sincerely, and truly declare and affirm that I will be faithful and bear true allegiance to Her Majesty Queen Elizabeth the Second”. In proposito R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons Procedure and Practice, McGraw Hill, Montreal, 2009. 204
B. Cameron, The Office and Powers of the Governor General: Political Intention and Legal Interpretation, paper prepare for the presentation to the Canadian Political Science Association, 2011, 1; A. Heard, Conacher Missed the Mark on Constitutional Conventions and Fixed Election Dates, in Constitutional Forum constitutionnel 2010, 129; R. E. Hawkins The Fixed-Date Election Law: Constitutional Convention or Conventional Politics?, in Constitutional Forum constitutionnel 2010, 129.
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Tabella n. 2. Canada: Durata della legislatura dal 1867 a oggi Legislatura
Durata
1867-72
4 anni e 9 mesi
1872-74
1 anno e 4 mesi
1874-78
4 anni e 6 mesi
1878-82
3 anni e 6 mesi
1882-87
4 anni e 5 mesi
1887-91
3 anni e 9 mesi
1891-96
5 anni (4 anni, 11 mesi e 29 giorni)
1896-1900
4 anni e 3 mesi
1900-04
3 anni e 10 mesi
1904-08
3 anni e 9 mesi
1908-11
2 anni e 8 mesi
1911-17
6 anni (5 anni, 11 mesi e 29 giorni. La durata è stata estesa da un emendamento costituzionale)
1918-21
3 anni e 7 mesi
1922-25
3 anni e 7 mesi
1925-26
7 mesi
1926-30
3 anni e 7 mesi
1930-35
5 anni (4 anni, 11 mesi e 27 giorni)
1935-40
4 anni e 2 mesi
1940-45
5 anni (4 anni, 11 mesi e 30 giorni)
1945-49
3 anni e 9 mesi
1949-53
3 anni e 9 mesi
1953-57
3 anni e 6 mesi
1957-58
6 mesi
1958-62
4 anni
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1962-63
7 mesi
1963-65
2 anni e 4 mesi
1965-68
2 anni e 4 mesi
1968-72
4 anni e 1 mese
1972-74
1 anno e 4 mesi
1974-79
4 anni e 8 mesi
1979
6 mesi
1980-84
4 anni e 4 mesi
1984-88
4 anni
1988-93
4 anni e 9 mesi
1993-97
3 anni e 5 mesi
1997-2000
3 anni e 1 mese
2001-2004
3 anni e 4 mesi
2004-2005
1 anno e 2 mesi
2006-2008
2 anni e 5 mesi
2008-2011
2 anni e 5 mesi
2011-2015
4 anni e 2 mesi
Ai membri del Parlamento sono riconosciute importanti prerogative (parliamentary privileges) per operare senza l’interferenza di altri poteri. Si tratta di prerogative che si rifanno alla tradizione e alle consuetudini sviluppatesi a Westminster, ma che in Canada si sono dovute adattare alla nuova realtà venutasi a creare con la patriation della Costituzione e con l’approvazione della Charter of Rights and Freedoms del 1982. Il parliamentary privilege canadese trova la sua principale disciplina nel CA 1867, sez. 18, e nel Parliament of Canada Act, 1985 sez. 4. Il CA 1867 ha esteso anche al Canada i “privileges” che spettavano alla Camera dei Comuni britannica: come abbiamo visto, lo stesso preambolo della legge del 1867 affermava che il Canada ha una Costituzione “similar in principle to that of the United Kingdom” compresi i privilegi. Ciò significa che i principi su cui si fonda in sistema Westminster britannico sono applicabili in Canada. La section 18 del CA 1867 ha poi conferito al Parlamento il potere di introdurre nuovi privilegi, ma con il limite che essi non possono essere maggiori di quelli dei Comuni e dei Lords. Il Parliament of Canada Act, 1985 sezione 4 si rifà a quanto affermato nel 1867, per cui i deputati hanno tutti i privilegi di cui
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godevano i deputati e i Lords a Westminster nel 1867, a cui si aggiungono quelli previsti dalle leggi canadesi205. A motivo della molteplicità delle fonti che li disciplinano non è facile elencare in modo esaustivo i privilegi dei parlamentari canadesi. La principale distinzione che viene operata al loro interno è tra i diritti e le immunità individuali, che spettano ai singoli parlamentari e i “corporate rights”, privilegi e poteri che sono esercitati dalle Camere come istituzioni e che, solitamente, prevalgono su quelli individuali. Nell’ambito del primo gruppo troviamo la libertà di parola (freedom of speech), che deriva dall’art. 9 del Bill of Rights del 1689 e, di conseguenza, l’immunità per i voti e le opinioni espresse in Parlamento. Al pari di quanto sta avvenendo nel Regno Unito, anche in Canada tale privilegio è stato oggetto di dibattito dottrinale e giurisprudenziale sui limiti della sua estensione. Un ulteriore privilege che deriva dalla realtà inglese riguarda il freedom from arrest. Si tratta di un immunità relativa ai soli casi civili e non per quelli di natura penale. I parlamentari poi sono esclusi dall’obbligo sia di essere parte delle giurie popolari, sia di essere chiamati a testimoniare. Inoltre devono essere liberi di svolgere le loro funzioni senza subire intimidazioni, pressioni o molestie (freedom from obstruction, interference, intimidation and molestation). Nell’ambito del secondo gruppo troviamo il diritto collettivo del Parlamento di decidere in merito alle proprie procedure e ai suoi affari interni e alle violazioni dei suoi regolamenti senza ingerenze esterne (proceedings in Parliament). Al pari di quanto avviene nel Regno Unito anche il Parlamento canadese esercita, quindi, poteri in materia di contempt, vale a dire ha l’esclusiva competenza di valutare (ed quindi, eventualmente, di punire) i suoi membri in merito alla violazione delle sue regole, all’ordinario svolgimento dei propri lavori e delle proprie funzioni e il diritto di espellerli. Tale possibilità si ha non solo in seguito a condanna penale, ma anche di un comportamento non ritenuto consono. È comunque necessario un voto del Parlamento per determinare l’espulsione del deputato, anche dopo una condanna. Dal 1867 tre deputati dei Comuni sono stati espulsi a motivo di condanne penali (nel 1874, 1875 e nel 1947) e solo uno per contempt. Al Parlamento spettano anche il potere di inchiesta, quello di convocare e ascoltare testimoni, di chiedere la produzione di documenti, nonché il diritto di valutare l’opportunità della pubblicazione di documentazione parlamentare che potrebbe contenere materiale diffamatorio206. Alcune sentenze emanate dalle Corti canadesi hanno contribuito a far luce in materia e a determinare i confini entro i quali le Corti devono rispettare la giurisdizione esclusiva del 205
Subcommittee on Parliamentary Privilege of the Standing Committee on Rules, Procedures, and the Rights of Parliament, A Matter of Privilege: A Discussion Paper on Canadian Parliamentary Privilege in the 21st Century, 2015 206
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons…, cit.
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Parlamento. In particolare si devono ricordare due sentenze, la prima del 1993 la seconda del maggio 2005. Con la prima New Brunswick Broadcasting Co. v. Nova Scotia (Speaker of the House of Assembly) la Corte suprema del Canada ha esaminato la conformità all’art. 2 (libertà di espressione) della Canadian Charter of Rights and Freedoms, della decisione dell’Assemblea della Nova Scotia di non consentire la partecipazione alle sue sedute di persone esterne al Parlamento (si trattava di giornalisti della Canadian Broadcasting Corporation). Mentre nel primo e nel secondo grado di giudizio le Corti avevano sostenuto le ragioni della CBC, la Corte suprema ha affermato, invece, il diritto dell’Assemblea di determinare il proprio funzionamento (control their proceedings). Nel secondo caso Canada (House of Commons) v. Vaid la Corte suprema si è occupata del ricorso alla Canadian Human Rights Commission di un dipendente della Camera che era stato licenziato. La Camera aveva affermato che il Canadian Human Rights Act non si applicava all’impiegato, perché il licenziamento rientrava nel proprio diritto di regolare gli affari interni, ma la Corte suprema ha invece respinto tale interpretazione ed ha affermato che tale diritto non riguardava l’assunzione e il licenziamento degli impiegati, materia che pertanto era soggetta al Canadian Human Rights Act. La sentenza appare particolarmente importante dato che essa chiarisce: i) che per “parliamentary privilege” si deve intendere il complesso di privilegi, immunità e poteri che spettano al Senato, alla Camera dei Comuni e alle Assemblee legislative provinciali nonché ad ogni singolo componente individualmente e che sono essenziali allo svolgimento delle loro funzioni; ii) il Parlamento e i suoi componenti sono soggetti alle leggi, ma nel caso dei privilegi la giurisdizione spetta al Parlamento; iii) le Corti non possono valutare se il Parlamento stia esercitando bene i suoi privilegi, ma solo se un determinato privilegio esiste sulla base di alcuni parametri (doctrine of necessity), in particolare se tale privilegio è stato stabilito dal Parlamento canadese o da quello di Westminster e se è necessario all’esercizio delle funzioni proprie del Parlamento207; iv) è competenza esclusiva del Parlamento valutare la compatibilità dei privilegi con i “human rights and civil liberties”. La materia dei privilegi e delle immunità è ancora al centro del dibattito politico canadese. Nel 2014 il Committee on Rules, Procedures and the Rights of Parliament del Senato ha istituito un SubCommittee on Parliamentary Privilege a cui ha assegnato il compito di esaminare il tema. Non è la prima volta che il Parlamento decide dar vita a Comitati per occuparsi della questione: già negli anni ‘70 e ’80, infatti, ne erano stati creati alcuni e, più di 207
W. J. Newman, Parliamentary Privilege, the Canadian Constitution and the Courts, in Ottawa Law Review 2007-08, 573; D. Lithwick, In Retrospect: The 10th Anniversary of the Supreme Court Decision in Canada (House of Commons) v. Vaid, and the Future of Parliamentary Privilege, in Hillnotes, Research and analysis from Canada’s Library of Parliament, may 2015.
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recente, nel 2004 l’House of Commons Standing Committee on Procedure and House Affairs aveva proposto la nascita di un comitato che si occupasse della revisione dei “parliamentary privilege” alla luce della Carta dei diritti. Una raccomandazione che è stata accolta dal Senato soltanto nel 2014 con l’istituzione del suddetto Committee on Rules. Nel gennaio 2015 quest’ultimo ha pubblicato il rapporto A Matter of Privilege: A Discussion Paper on Canadian Parliamentary Privilege in the 21st Century il quale si propone di offrire una base per il dibattito futuro sulla compatibilità del sistema di privilegi parlamentari con una Costituzione scritta e una Carta dei diritti. Il rapporto ha invitato il Parlamento a prendere in esame la materia e a proporre una riforma. Le procedure parlamentari (parliamentary procedure) sono disciplinate da diverse fonti: la Costituzione, le leggi, i regolamenti (Standing Orders) approvati da ciascuna Assemblea, le decisioni (rulings) dello Speaker e la prassi. Il CA 1867, come abbiamo detto, ha stabilito che il Canada doveva avere una Costituzione simile a quella britannica. Tale legame è confermato anche nel fatto che, fino al 1986, il primo articolo del regolamento dei Comuni stabiliva che le procedure della Camera dei Comuni britannica dovevano essere adottate in caso di assenza di disciplina regolamentare o convenzionale di una materia. Per quanto riguarda la disciplina disposta dalla Costituzione si deve precisare che il CA 1867 all’appendice II, 5, s. 44 e seguenti ha stabilito che la Camera dei Comuni deve eleggere il suo Speaker, il quale presiede le sedute e che il quorum delle sedute è di 20 deputati. Nel rapporto tra le Camere il CA 1867 ha stabilito il diritto esclusivo della Camera dei Comuni di presentare disegni di legge in materia finanziaria. Inoltre ha affermato il principio secondo il quale le decisioni della Camera vengono prese a maggioranza dei voti espressi, il diritto dello Speaker di esercitare il suo “casting vote” in caso di parità (s.49) e la regola per cui tutti i membri del Parlamento devono prestare giuramento. Molte delle norme introdotte nel CA 1867 erano ispirate non solo alla secolare prassi britannica, ma anche all’esperienza delle Assemblee coloniali. Il CA 1867 come abbiamo visto è intervenuto, poi, anche in materia di privilegi e immunità. Per quanto riguarda la fonte legislativa, il Parliamentary of Canada Act, 1985 e i successivi emendamenti hanno stabilito diverse regole tra cui le modalità di ascoltare il parere degli esperti durante le audizioni, le procedure che devono essere seguite in caso di dimissioni di un deputato, le regole relative al conflitto di interessi, gli stipendi dei parlamentari, l’istituzione nel 1868 di un Board of Internal Economy che gestisce le questioni amministrative e finanziarie della Camera. Altre leggi che disciplinano la materia parlamentare sono Access to Information Act, 1985; Canadian Security Intelligence Service Act, 1985; Electoral Boundaries Readjustment Act, 1985; International Centre for Human Rights and Democratic Development Act, 1985; Official Language Act, 1985; Referendum Act, 1992; Canada Elections Act, 2000; Clarity Act, 2000.
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Fonte particolarmente rilevante per il funzionamento dell’attività della Camera sono, poi, i regolamenti parlamentari (Standing Orders). Essi rappresentano la concreta applicazione del “parliamentary privilege” della Camera nel regolare i suoi affari interni. Per quanto riguarda il rapporto con le altre fonti si deve sottolineare che i regolamenti devono rispettare sia quanto stabilito in materia parlamentare dal CA 1867, sia le leggi, ma in caso di antinomia tra queste fonti è la Camera che deve decidere quale norma applicare. Allo Speaker è riconosciuto un ruolo importante nell’interpretazione del diritto parlamentare: egli può anche far ricorso a regole o prassi presenti in altri ordinamenti per chiarire eventuali controversie. A partire dal 1867 gli Standing Orders sono stati modificati più volte anche per introdurre al loro interno prassi che non erano state mai codificate. Alla Camera è presente un comitato permanente, lo Standing Committee on Procedure and House Affairs il quale ha il compito di controllare l’applicazione dei regolamenti e le eventuali proposte di modifiche, proposte che ogni membro del Parlamento ha il diritto di presentare e per la cui approvazione è richiesta la maggioranza semplice. La Camera può anche adottare regolamenti temporanei che prendono il nome di Provisional Standing Orders. Inoltre può, in alcuni casi, decidere all’unanimità (unanimous consent) di seguire procedure diverse da quelle ordinarie. Un’ulteriore fonte è rappresentata dalle decisioni (rulings) dello Speaker, secondo la tradizione presente sia nel Parlamento di Westminster sia nelle Assemblee del passato coloniale. Le sue decisioni creano precedenti vincolanti in ossequio alla funzione arbitrale da lui ricoperta. Prima del 1965 era possibile appellarsi contro le decisioni dello Speaker, prassi poi interrotta e formalizzata nei regolamenti. Infine, continua ad essere fonte del diritto parlamentare la prassi risultante dall’esperienza secolare, prima inglese e poi canadese. Bisogna riconoscere, comunque, che molte regole convenzionali sono state recepite negli Standing Orders parlamentari208. Al pari di quento avviene nel Regno Unito, i deputati della Camera dei Comuni si rivolgono l’un l’altro indicando il collegio da cui sono stati eletti (“The honourable Member for…”). L’intervento di ogni deputato è indirizzato allo Speaker, a cui si rivolgono con l’espressione Mr. Speaker o Monsieur le Président oppure Madam Speaker o Madame la Présidente. Il Leader of the Government in the House of Commons (chiamato anche Government House Leader) ha la responsabilità dell’attuazione del programma legislativo di governo in
208
Molte opere della dottrina di diritto parlamentare, importanti per aiutare a far luce su una materia così complessa, disciplinata da molteplici fonti, sono considerate come “the Authorities”. Tra questi volumi si ricordano A. Beauchesne, Parliamentary Rules and Forms of the House of Commons of Canada, Carswell, 1988; J. G. Bourinot,Parliamentary Procedure and Practice in the Dominion of Canada, Canada Law Book Company, Toronto, 1916, W.F.Dawson, Procedure in the Canadian House of Commons, Toronto, 1962; C.E.S. Franks, The Parliament of Canada, Toronto, 1985; J. Maingot, Parliamentary Privilege in Canada, Butterworths, Toronto, 1982; J. B.Stewart, The Canadian House of Commons: Procedure and Reform, 1977; N. Ward, Dawson’s The Government of Canada, Toronto University Press, 1987; R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons…, cit.
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Parlamento. Ai Comuni è presente anche il Dean of the House, il deputato con maggiore continuità di servizio che non ricopre incarichi ministeriali. La legislatura è suddivisa in sessioni di durata variabile che si concludono con la prorogation da parte della Corona attraverso una royal proclamation. Ogni sessione è aperta dal discorso dal Trono, letto dal Governatore generale, nel quale indica i disegni di legge che il Governo vuole far approvare nel corso della sessione. I dibattiti parlamentari hanno ad oggetto di solito una mozione (motion) che deve essere presentata secondo regole precise. Le substantive motions sono proposte indipendenti da altri procedimenti della Camera e che richiedono una forma scritta. Devono essere formulate in modo da poter esprimere l’accordo o il disaccordo sulle stesse. Ne costituiscono esempio le private Members’ Motions, le Opposition Motions on Supply days e le Government Motions. Nel secondo gruppo rientrano le subsidiary motions, che prendono il nome di ancillary motions, e le privileged motions. Le prime sono legate ad altri order presentati alla Camera e servono a portare avanti una questione, come le mozioni per la sottoporre un bill a seconda o a terza lettura. Le privielged motions derivano dal dibattito in corso e sono ad esso legate. Per convenzione (sub judice convention) i deputati non discutono mai su argomenti che sono oggetto di vertenza giudiziaria. I regolamenti parlamentari disciplinano alcuni dibattiti definiti speciali (Special Debates), vale a dire: i) quelli che seguono il discorso della Corona (Speech from the Throne) e che si tengono all'inizio di ogni sessione parlamentare sul programma del Governo esposto: il Primo Ministro presenta una mozione per avviare il dibattito che si protrae di solito per alcuni giorni e garantisce spazi all’opposizione e che si conclude con il voto sugli emendamenti al programma presentati dall'opposizione; ii) il dibattito sui regolamenti e le procedure della Camera e dei suoi comitati (Standing orders and Procedure) che si tiene ad ogni legislatura; iii) i dibattiti su questioni di emergenza (emergency debates) relativi a questioni importanti che meritano urgente considerazione e che possono essere richiesti da qualsiasi deputato allo Speaker al quale spetta la scelta di accoglierli; iv) mozioni per sospendere alcuni regolamenti (Motion to Suspende Certain standing orders): in alcune circostanze particolari, e in rari casi, un ministro può presentare allo Speaker tale mozione e lo Speaker può concedere un’ora di tempo per discutere; se dopo il dibattito si oppongono più di 10 deputati, la mozione discussa è respinta; v) “Take note” debates: si tratta di dibattiti su mozioni presentate esclusivamente per approfondire uno specifico argomento politico e quindi per fornire al Governo un contributo alla maturazione delle sue scelte, senza arrivare ad un voto; vi) Statutory Debates: è il controllo parlamentare su alcune particolari disposizioni legislative o su alcuni statutory instruments. Secondo una tradizione inglese che risale al 1558 ogni seduta della Camera inizia con una preghiera, letta dallo Speaker. La prassi è stata adottata in Canada dal 1877 e formalizzata nei regolamenti del 1927.
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Durante i dibattiti la Camera dei Comuni chiama il Senato “the other place” e i Senatori “members of the other place”. Le delibere del Parlamento vengono prese a maggioranza dei presenti e sono previste particolari maggioranze qualificate solo per alcune votazioni; per l’approvazione di procedure diverse da quelle ordinarie è poi necessaria - come abbiamo visto - l’unanimità dei presenti. Il quorum per la validità delle votazioni è stato stabilito dal CA 1867 ed è molto basso, solo 20 deputati: ogni deputato può richiedere la verifica del numero legale, ma lo Speaker può rifiutarsi di effetture il conteggio nel caso in cui ritenga che il numero sia superiore. Se il conteggio evidenzia la mancanza del quorum, lo Speaker ordina di suonare una campana che richiami altri membri in aula. Nel caso in cui, però, a seguito di un ulteriore conteggio il quorum non venga raggiunto, i lavori parlamentari vengono aggiornati alla seduta successiva. Il voto all’interno della Camera dei Comuni ha per oggetto una mozione (motion) sulla quale la Camera si esprime risponendendo a voce (“yea” se sono a favore oppure “nay” se sono contrari). Il presidente dichiara il risultato, ma se il suo giudizio è contestato da almeno cinque deputati il presidente ordina una votazione che prende il nome di division. Tale nome deriva dalla prassi britannica per la quale i deputati si dividono, andandosi a collocare fisicamente in due diversi corridoi dell’aula. In Canada, invece, il voto per division si attua facendo alzare in piedi i deputati, prima quelli a favore e poi quelli contrari. Di solito sulle mozioni presentate dal Governo le votazioni avvengono per gruppo parlamentare, cioè lo Speaker chiede ad ogni gruppo quali sono i deputati favorevoli e quelli contrari e procede al conteggio partendo dal deputato più importante: una procedura, questa, che può permettere ai singoli deputati, pur rispettosi della rigida disciplina del gruppo, di esprimersi in modo diverso dalle direttive dello stesso. Diversa è la procedura per le mozioni presentate dai deputati: in questo caso essi sono chiamati a votare per fila: lo Speaker invita i deputati seduti in prima fila ad alzarsi se favorevoli, dopo aver registrato i voti, chiede a quelli della seconda fila e così via; poi si passa a contare i contrari secondo la medesima procedura. Il primo voto che viene registrato, in questo caso, è quello del deputato che ha presentato la mozione. Le astensioni non vengono conteggiate e, in caso di parità, lo Speaker può esercitare il suo casting vote motivando la sua scelta. La votazione tramite division viene annunciata dal suono di una campana e i whips dei partiti riuniscono i componenti del gruppo per dare indicazioni sul modo in cui votare. È possibile anche rinviare una votazione (deferred division). Non è previsto il voto elettronico, anche se dal 1985 si discute della sua introduzione. Nei rapporti pubblicati nel 2003 dallo Special Committee on the Modernization and Improvement of the Procedures of the House of Commons era stato ritenuto necessario l’introduzione di dispositivi per il voto elettronico, ma la riforma non è stata approvata. Il voto segreto (secret ballot) è previsto per l’elezione dello Speaker. Lo Speaker della Camera dei Comuni è eletto dai deputati all’inizio di ogni legislatura, mentre quello del Senato è nominato dal Governatore generale. Spetta al Primo ministro proporre il nome del
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candidato, nome che di solito è scelto all’interno del partito di Governo. La procedura della sua elezione è stata riformata nel 1985 con l’introduzione dello scrutinio segreto. I regolamenti parlamentari precisano che il risultato di tale votazione non deve essere considerato una confidence motion nei confronti del Governo (Standing Order 6). La Camera è presieduta nel corso della votazione dal “dean of the house”, il deputato con maggior anzianità di servizio che non riveste incarichi ministeriali. A differenza di quanto avviene nel Regno Unito, lo Speaker non si dimette dal suo partito e continua a svolgere attività politica, anche se in modo più moderato dovendo garantire l’imparzialità nella condotta del suo ufficio. Lo Speaker è affiancato da un vice (Deputy Speaker chiamato anche Chair of Committees of the Whole) che può presiedere le sedute; la presidenza può essere assunta anche da altri due deputati, il vice presidente del Comitato dell’intera Camera (Deputy Chair of Committees of the Whole) e il suo assistente (Assistant Deputy Chair of Committees of the Whole). Spetta allo Speaker presiedere i dibattiti più importanti e quelli sui Question periods. Nel modello britannico lo Speaker riveste un ruolo di grande prestigio, è un organo imparziale e indipendente e rappresenta la secolare tradizione e i valori del governo parlamentare. Tale modello ha influenzato la Speakership canadese, la quale, comunque, ha assunto proprie caratteristiche che la distinguono da quella britannica. Lo Speaker canadese dura in carica per una o al massimo due legislature (con solo due eccezioni), le sue funzioni sono stabilite dal Constitution Act, 1867, dal Parliament of Canada Act, 1985 e dai regolamenti. Egli presiede le sedute, rimanendo imparziale e non partecipando al voto se non quando è necessario, come in caso di parità dei voti, dirige il dibattito parlamentare, richiama all’ordine i deputati, concede e toglie la parola e seleziona gli oratori, i quali, dunque, possono parlare solo se sono da lui autorizzati. I dibattiti possono essere tenuti in inglese o in francese. Egli deve garantire i diritti della maggioranza, dell’opposizione e dei singoli deputati, deve vigilare sul rispetto dei regolamenti parlamentari che ha il potere di interpretare. Ha anche il compito di decidere se porre in votazione una mozione, di selezionare gli emendamenti, di autorizzare un dibattito di emergenza e di riconvocare la Camera in caso di aggiornamento delle sedute. Nell’aula i ministri e il partito di Governo siedono alla destra dello Speaker. I ministri si collocano nelle prime file (frontbenchers) mentre i deputati che non fanno parte dell’esecutivo nelle ultime file (backbencherers). Le opposizioni si siedono alla sinistra dello Speaker, le prime file sono occupate dal partito di opposizione ufficiale, con il leader di fronte al Premier. Ogni deputato ha un seggio assegnato dallo Speaker. Lo Speaker è a capo dell’ammnistrazione parlamentare e in tale veste presiede anche il Board of internal economy, il “governing body” della Camera dei Comuni, istituito nel 1868 e composto da due ministri, dal leader dell’opposizione e da un rappresentante per ogni partito. Il Parliament of Canada Act, 1985 ha delegato al Board il potere di approvare regolamenti (by-laws) in merito all’utilizzo del fondi, dei beni e dei servizi dei deputati.
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Il vertice dell’amministrazione parlamentare è rappresentato dal Clerk of the House il quale siede al tavolo al centro dell’aula di fronte allo Speaker, è responsabile della preparazione di tutti i documenti ufficiali della Camera e ha il compito di supportare lo Speaker e i deputati in tutte le questioni procedurali e amministrative e di svolgere le funioni di segretario del Board of Internal Economy. Egli dirige la macchina della burocrazia parlamentare composta da diversi funzionari, tra i quali particolarmente importanti sono il Deputy Clerk, il Law Clerk and Parliamentary Counsel, il Sergeant-at-Arms, che ha il compito di garantire la sicurezza interna al Parlamento, l’Auditor General e l’Ethics Commissioner i quali ultimi sono special officers, con l’incarico il primo di controllare le spese del Governo, il secondo –istituito nel 2004, anche per il Senato – di valutare il comportamento dei deputati. Nella Camera dei Comuni sono presenti diversi tipi di comissioni: i) gli Standing Committees, composti da 16 a 18 deputati i quali eleggono il loro presidente, controllano l’attività e le spese di ogni ministero e possono prendere in esame i disegni di legge; ii) i Legislative Committees, composti da massimo 15 membri e il cui presidente è nominato dallo Speaker, esaminano i disegni di legge nel corso del loro iter; iii) comitati ad hoc per l’esame di alcuni particolari disegni di legge e Special Committees per lo studio di specifiche questioni; iv) comitati bicamerali (Standing Joint Committees), cioè lo Standing Joint Comittee for the Scrutiny of Regulations e lo Standing Joint Committee for the Library of Parliament. A queste commissioni possono essere poi aggiunte commissioni permanenti. A partire dagli anni ‘60 le commissioni parlamentari, grazie alla loro specializzazione, hanno esercitato un controllo effettivo sull’operato dell’esecutivo e hanno dato un significativo contributo al procedimento legislativo. Inoltre, dagli anni ‘80, esse possono svolgere inchieste, chiamare testimoni ed esperti nel corso di audizioni. Nel 1984 è stato istituito uno Special Committee on the Reform of the House of Commons, composto da 7 membri con il compito di esaminare poteri, procedure, organizzazione, pratiche e funzionamento della Camera. Il comitato (noto anche come McGrath Committee dal nome del suo presidente) ha elaborato diversi rapporti che hanno contribuito a riorganizzare il sistema dei comitati parlamentari e il funzionamento dei lavori dell’Assemblea. Si deve infine ricordare che nel corso degli anni sono state introdotte numerose modifiche ai regolamenti parlamentari che, tra l’altro, hanno condotto alla revisione della struttura degli Standing Committees (1994). Strumento fondamentale del controllo parlamentare sul Governo sono, come noto, le interrogazioni. I regolamenti parlamentari canadesi prevedono che ogni seduta ordinaria dedichi 45 minuti al question period che viene seguito con attenzione dai deputati e dall’opinione publica (dal 1977, infatti, è trasmesso in televisione) e serve soprattutto all’opposizione per confrontarsi con il Governo. È una prassi che era presente già nelle Assemblee delle colonie. Spetta allo Speaker presiedere il question period e tale compito è
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considerato una delle sue funzioni più delicate209. Per quanto riguarda le interrogazioni orali esse sono rivolte soltanto ai membri dell’esecutivo ed è il Governo a stabilire quale ministro debba rispondere: i ministri, comunque, possono anche rifiutarsi. Per quanto riguarda poi le interrogazioni scritte (written questions) i ministri hanno, di solito 45 giorni per rispondere, anche oralmente. Dal 2001 è stato introdotto un apposito Standing Committee che ha il compito di occuparsi delle questioni a cui il Governo non ha risposto entro il tempo massimo. Anche i senatori possono presentare interrogazioni al Governo o ad un altro senatore.
I.2.1.2) L’organizzazione dei partiti parlamentari Il funzionamento del sistema parlamentare canadese è strutturato secondo il modello di democrazia maggioritaria britannica che assegna ai gruppi parlamentari di maggioranza e di opposizione un ruolo determinante210. Il Parliament of Canada Act, 1985 e le regole (Bylaws) fissate dal Board of Internal Economy (l’organo amministrativo di governo della Camera dei Comuni) distinguono tra i partiti che sono riconosciuti in Parlamento e quelli che hanno meno di 12 deputati211. I regolamenti parlamentari non stabiliscono le regole per riconoscere un gruppo e, di conseguenza, la prassi ha stabilito che i partiti parlamentari sono quelli con almeno 12 componenti. Il gruppo parlamentare prende il nome di parliamentary caucus. I parliamentary cucuses si riuniscono settimanalmente per discutere le scelte politiche. Nel caso del partito di Governo le riunioni rappresentano un’occasione importante per definire il programma legislativo dell’esecutivo. La legge assegna un contributo finanziario aggiuntivo per il leader, il whip e il capogruppo (leader of the house) di ogni partito riconosciuto in Parlamento212. Il leader del partito che ottiene la maggioranza dei seggi alla Camera dei Comuni riceve l’incarico dal Governatore generale di formare l’esecutivo, mentre i partiti che si oppongono al Governo formano l’opposizione. Il principale partito di opposizione rappresenta l’opposizione ufficiale. Anche in questo caso l’influenza del modello Westminster e
209
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons…, cit..
210
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti…, cit.; A. Rinella, Diritti e prerogative delle opposzioni politiche del Parlamento del Canada, in G. Rolla (ed), Lo sviluppo…, cit., 209. 211
Si ricorda che la definizione di partito politico è stata introdotta per la prima volta in Canada dall’Act to amend the Canada Elections Act and the Income Tax Act, S.C. 2004, c. 24, s. 1. La legge lo ha definito “una organizzazione il cui scopo principale è quello di partecipare alla vita pubblica presentando e sostenendo la candidatura di uno o più dei suoi membri alle elezioni” (“an “organization one of whose fundamental purposes is to participate in public affairs by endorsing one or more of its members as candidates and supporting their election”). 212
A. Heard, Canadian Constitutional Conventions. The Marriage of Law and Politics, Oxford University Press, 1991, 79.
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l’adozione del medesimo sistema elettorale hanno favorito lo sviluppo di un modello simile a quello britannico con l’istituzionalizzazione dell’opposizione parlamentare. Ed in effetti per lungo tempo il Canada ha visto l’alternarsi di due partiti al governo: i liberali e i conservatori, come emerge dalla tabella 3. Ma, nel corso del XX secolo si sono affermati anche altri partiti sia di carattere locale, sia derivati dalla fusione o dalla scissione di precedenti gruppi. Perciò il Canada ha sperimentato l’evoluzione del modello bipartitico prima del Regno Unito, una evoluzione che risulta favorita dalle profonde divisioni sociali, culturali, etniche e territoriali presenti nel Paese. Soprattutto a partire dagli anni 90 si è affermato a livello federale il Bloc Québécois, partito conservatore, nato a seguito del fallimento degli accordi di Meech Lake, che portava a livello statale le istanze dei francofoni del Québec che a livello provinciale erano rappresentate dal Parti Québécois. La frequente presenza di governi di minoranza ha comportato la necessaria ricerca di collaborazione e di appoggio con i partiti di opposizione. Da anni in Canada si dibatte sulla necessità di modificare il sistema elettorale, verso il quale sono state sollevate anche obiezioni di incostituzionalità, e di introdurre un sistema misto213. **
Tabella n. 3. Canada: Governo e opposizione ufficiale
Anni
Primo Ministro (partito)
Leader dell’opposizione (partito)
1867-73
J.A. Macdonald (Cons.)
A.Mackenzie (Lib.)
1873-78
A.Mackenzie (Lib.)
J.A. Macdonald (Cons.) A.Mackenzie (Lib.) fino al 1880
1878-91
J.A.Macdonald (Cons.)
E. Blake (Lib.) fino al 1887 W. Laurier (Lib.)
1891-92
J. Abbot (Cons.)
W. Laurier (Lib.)
1882-87
J. Thompson (Cons.)
W. Laurier (Lib.)
1892-94
M. Bowell (Cons.)
W. Laurier (Lib.)
1894-96
C. Tupper (Cons.)
W. Laurier (Lib.)
18961911
W. Laurier (Lib.)
1911-17
R. Borden (Cons.)
C. Tupper (Cons.) fino al 1901 R. Borden (Cons.) W. Laurier (Lib.)
213
M. Olivetti, Il dibattito sulla riforma elettorale e sulle elezioni a data fissa in Canada, in Ammministrazione in cammino 2012.
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W. Laurier (Lib.) fino al 1919 1917-20
R. Borden (Unionist)
D. Duncan Mackenzie (Lib.) 1919 W. L. Mackenzie King (Lib.)
1920-21
A. Meighen (Nat. Lib. Cons.)
W. L. Mackenzie King (Lib.)
1921-26
W. L. Mackenzie King (Lib.)
A. Meighen (Cons.)
1926
A.Meighen (Cons.)
W. L. Mackenzie King (Lib.)
1926-30
W. L. Mackenzie King (Lib.)
1930-35
R. Bennet (Cons.)
H. Gutrie (Cons.) fino al 1927 R. Bennet (Cons.) W. L. Mackenzie King (Lib.) R. Bennet (Cons.)
1935-48
W. L. Mackenzie King (Lib.)
R. Manion (Cons.) fino al 1943 G. Graydon (Cons.) fino al 1945 J. Bracken (Cons.) G.A. Drew (Pr. Cons.) fino al 1954 W. Earl Rowe (Pr. Cons.) fino al 1955
1948-57
L. St-Laurent (Lib.)
G.A. Drew (Pr. Cons.) fino al 1956 W. Earl Rowe (Pr. Cons.) fino al 1956 J. Diefenbaker (Pr. Cons.)
1957-63
1963-68
J. Diefenbaker (Pr. Cons.)
L.B. Pearson (Lib.)
L. St-Laurent (Lib.) fino al 1958 L.B. Pearson (Lib.) J. Diefenbaker (Pr. Cons.) M. Starr (Pr. Cons.) fino al 1967 R. Stanfield (Pr. Cons.)
1968-79
P. Trudeau (Lib.)
1979-80
J. Clark (Prog Cons.)
R. Stanfield (Pr. Cons.) J. Clark (Prog Cons.) P. Trudeau (Lib.) J. Clark (Pr. Cons.) fino al 1983
1980-84
P. Trudeau (Lib.)
E. Nielsen (Pr. Cons.) 1983 B. Mulroney (Pr. Cons)
1984
J.Turner (Lib.)
B. Mulroney (Pr. Cons)
Pagina | 139
6. COUNTRY PROFILE CANADA
J.Turner (Lib.) fino al 1990 19841993
B. Mulroney (Pr. Cons.)
H. Gray (Lib.) 1990 J. Chrétien (Lib.)
1993
K. Campbell (Prog Cons.)
J. Chrétien (Lib.) L. Bouchard (Bloc Québ.) fino al 1996 G. Duceppe (Bloc Québ.) 1996 M. Gauthier (Bloc Québ.) fino al 1997 G. Duceppe (Bloc Québ.) 1997
19932003
J. Chrétien (Lib.)
P. Manning (Reform) fino al 2000 D. Gray (Canadian Alliance) 2000 S. Day (Canadian Alliance) fino al 2001 J. Reynolds (Canadian Alliance) fino al 2002 S. Harper (Canadian Alliance) S. Harper (Canadian Alliance) fino al 2004
20032006
P. Martin (Lib.)
G. Hill (Cons.) 2004 S. Harper (Cons.) B. Graham (Lib.) fino al 2006 S. Dion (Lib.) fino al 2008
20062015
S. Harper (Cons.)
M. Igniatieff (Lib.) fino al 2011 J. Layton (NDP) 2011 N. Turnell (NDP) fino al 2012 T. Mulcair (NDP)
2015-
J. Trudeau (Lib.)
La struttura dei parliamentary caucuses prevede la presenza dei whips che devono cercare di garantire il rispetto della discplina di partito sia nel voto, sia nella partecipazione alle riunioni del gruppo, sia nella distribuzione dei compiti tra i deputati. L’organizzazione dei partiti canadesi è tale da garantire il rispetto delle indicazioni del partito e da rendere molto rari i casi di dissenso e di voto contrario: comunque in alcune circostanze (come ad esempio in relazione ai Private Members’ Bill) può essere lasciata libertà di voto (free vote). Ogni partito ha anche un capogruppo (house leader) responsabile, insieme agli altri omologhi, della
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
condotta dei lavori parlamentari. I capogruppo si riuniscono, infatti, per stabilire l’ordine del giorno dei lavori e in mancanza di accordo è il Governo a decidere. L’adozione del modello Westminster ha plasmato in Canada il ruolo dell’opposizione. È soprattutto tra le mura del Parlamento che si svolge la dialettica tra la maggioranza e l’opposizione ed è qui che a quest’ultima sono riconosciuti appositi spazi e diritti. L’opposizione è considerata la chiave di volta della democrazia parlamentare canadese per la sua costante azione di monitoraggio e di controllo nei confronti del Governo. Per convenzione, come dicevamo, l’appellativo di opposizione ufficiale di Sua Maestà (Her Majesty’s Opposition) spetta al partito di opposizione con il maggior numero di seggi. In caso di parità di seggi tra due partiti è lo Speaker che può decidere a quale assegnare tale status, come è accaduto nel 1996. Rilevante è il ruolo connesso con detto status. Così un esponente dell’opposizione ufficiale ha il diritto di esprimersi subito dopo il Governo in merito ad un disegno di legge o ad una mozione presentati dall’esecutivo. Inoltre ad essa spetta il diritto di fissare l'ordine del giorno di 20 sedute per ogni sessione parlamentare (Supply days). Infine ha il diritto di intervenire nel dibattito sul discorso del Trono e in quello sul bilancio di previsione illustrato dal Ministro del Tesoro. Per quanto riguarda poi il leader del partito dell’opposizione ufficiale se egli siede ai Comuni diventa automaticamente leader dell’opposizione (Leader of the Opposition); ove, invece, non sia stato eletto, il gruppo ne deve scegliere un altro. Al pari di quanto avviene nel Regno Unito anche in Canada il leader dell’opposizione ha un ruolo di prestigio secondo solo a quello del Premier: a lui spetta una indennità speciale (dal 1905), ha il diritto di far parte del Board of Internal Economy, di sedere in aula in prima fila di fronte al Premier e di partecipare al dibattito senza limiti di tempo, secondo quanto stabilito dai regolamenti parlamentari. Inoltre, in alcune occasioni, è anche consulato dal Primo ministro214. A partire dal 1947 l’indennità speciale è riconosciuta anche ai leaders degli altri partiti di opposizione, diversi da quella ufficiale, che abbiano almeno 12 componenti. (cfr. focus approfondimento su Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione) I membri della Camera dei Comuni sono eletti solitamente come esponenti di un partito e più di rado si presentano come indipendenti. Essi non sono vincolati a rimanere nel partito in cui sono stati eletti, ma secondo la pratica nota come “crossing the floor”, possono cambiare gruppo senza essere costretti a dimettersi dal Parlamento.
214
A. Rinella, Diritti e prerogative…, cit., 218; W. Gilles, L’oppositio parlementaire: étude de droit comparé, in “Revue du Droit Public” 2006, 1346.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
Tabella n. 4. Canada: Distribuzione dei seggi all’interno della Camera dei Comuni a seguito delle elezioni del 19 ottobre 2015 Partito
Numero di seggi
percentuale di seggi
Liberal
184
54,4%
Conservative
99
29,3%
New Democratic Party
44
13%
Bloc Québécois
10
3%
Green Party
1
0,3%
(cfr. focus approfondimento su: partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento)
I.2.1.3) Il Senato La Camera alta (Upper House) del Parlamento canadese prende il nome di Senato (Senate). Si tratta di una Assemblea non elettiva i cui 105 componenti sono nominati dal Governatore generale su proposta del Primo ministro. Tale composizione ha indotto la dottrina a considerare il Senato un’istituzione anomala ed eccentrica, che non rientra nei modelli di Camera alta adottati di solito negli Stati federali. Esso, infatti, fonde il tradizionale modello di rappresentanza del governo misto (monarchia, aristocrazia e popolo) con il modello federale senza però essere effettivamente rappresentativo delle province: la struttura federale dello Stato si ritrova solo nel fatto che i seggi sono ripartiti su base provinciale. Il CA 1867 ne assegnava 24 rispettivamente al Québec, all’Ontario e alle Provincie marittime (New Brunswick, Nova Scotia, Prince Edward Island). L’espansione della federazione ha portato un incremento del numero dei senatori, secondo lo schema indicato nella tabella seguente: Tabella n. 5. Canada: Numero dei senatori per ogni provincia Province
Numero componenti
Province occidentali:
24
British Columbia
(6)
Alberta
(6)
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
Saakatchewan
(6)
Manitoba
(6)
Ontario
24
Québec
24
Province marittime:
24
New Brunswick
(10)
Nova Scotia
(10)
Prince Edward Island
(4)
Newfoundland
6
Yukon Territory
1
Northwest Territory
1
Nunavut
1
Totale
105
Tabella n. 6. Canada: Composizione politica del Senato Conservative Party of Canada
47
Liberal Party of Canada
29
Indipendenti
7
Seggi vacanti: British Columbia (1), Manitoba (3), New Brunswick (2), 22 Nova Scotia (2), Ontario (7), Prince Edward Island (1), Québec (6) Totale
105
L’elemento federale appare quindi molto attenuato dato che i senatori non sono eletti dalle province, queste non hanno il potere di indicare i loro “rappresentanti” e quindi questi ultimi non possono essere considerati espressione dei governi locali. I senatori sono proposti dell’esecutivo che, nella quasi totalità dei casi, sceglie esponenti della propria maggioranza, con la conseguente forte politicizzazione della Camera alta215. Peraltro non di rado le nomine 215
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti…, cit. 130.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
avvengono prima delle elezioni dei Comuni in modo da dare la possibilità al Governo in carica di garantirsi una maggioranza nella seconda Camera. Tale forma di bicameralismo è stata pensata per offrire soprattutto un punto di vista diverso rispetto a quello espresso dei Comuni e ha condotto, nella prassi, all’affermazione del Senato come camera tecnica, anche se il mancato legame con le province ha reso necessaria l’istituzione di altri organismi (tra cui – come abbiamo visto - dal 2003 il Consiglio della Federazione) per fornire una sede di incontro intergovernativo. I senatori hanno le medesime immunità, privilegi e competenze dei membri della Camera dei Comuni canadese e di quelli del Parlamento britannico. Per essere nominati senatori è necessario avere la cittadinanza canadese, almeno 30 anni, risiedere in una delle province o dei territori che si rappresentano e possedere un patrimonio del valore di almeno 4.000 dollari canadesi (art. 23, CA 1867). I senatori – a seguito di una riforma introdotta nel 1975 - restano in carica fino al compimento dei 75 anni216. In particolari circostanze, come ad esempio di fronte ad uno stallo tra le due Camere, il Governatore generale può decidere di aumentare il numero dei senatori di 4 o 8 componenti, distribuiti egualmente nelle 4 divisioni principali, purché il numero complessivo non superi i 113. Una possibilità che si è verificata soltanto una volta, nel 1990, quando il Primo Ministro Brian Mulroney chiese al Governatore di nominare 8 senatori per garantire l’approvazione della legge Goods and Service Tax. La Camera alta è competente a giudicare la decadenza dalla carica senatoriale in caso di assenza non giustificata per due sessioni parlamentari consecutive, per alto tradimento, a seguito di una condanna penale, o per la perdita di uno dei requisiti richiesti per la nomina. I membri del Senato non possono essere contemporaneamente deputati dei Comuni. Anche al Senato i partiti sono organizzati in caucus coordinati da un leader del partito di Governo (che fa parte del Consiglio di Gabinetto) e uno dell’opposizione. Entrambi rivestono un ruolo importante e collaborano nell’organizzazione dei lavori parlamentari Il Senato è presieduto da uno Speaker nominato dal Governatore generale, su indicazione del Premier. Allo Speaker spetta il compito di presiedere le sedute e garantire lo svolgimento dei dibattiti; è affiancato da un presidente pro tempore il cui nome viene proposto da un apposito comitato. Per le delibere dell’Assemblea non sono previsti particolari quorum, se non quello di 15 senatori per la validità della seduta217. Anche il Senato si articola in commissioni le quali svolgono tre compiti: esaminano i disegni di legge, effettuano inchieste su questioni di interesse politico, esaminano le proposte di spesa del Governo. Anche se il rapporto fiduciario lega in via esclusiva il Governo ai Comuni, sono riconosciuti al Senato poteri di inchiesta esercitati soprattutto dalle commissioni. Queste 216
Library of Parliament, Becoming a Senator: When and How it Occurs, Publication N.PRB 08-35E.
217
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti…, cit., 136.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
possono tenere audizioni, acquisire documenti e convocare ministri e funzionari per avere informazioni. Le Commissioni si dividono in permanenti (standing), speciali (special) e bicamernali. Esse sono generalmente composte da un numero variabile da 9 a 15 senatori. Da tempo il dibattito dottrinario e politico canadese si è concentrato sulla necessità di introdurre una riforma della Camera alta che la trasformi in Assemblea di rappresentanza degli interessi delle unità federali. Tale riforma è ritenuta necessaria sia per la peculiare composizione del Senato, sia per il peso del Governo nelle nomine dei senatori, sia per il mancato legame con le province, sia per l’eccessiva durata del mandato. I tentativi di riforma però fino ad oggi sono falliti. Nel 1978 il Governo federale presentò il Bill C-60 diretto a trasformare la Camera alta in una Camera federale i cui componenti fossero nominati metà dai deputati dei Comuni e metà dalle Assemblee delle province. Le competenze legislative erano ridimensionate, dato che alla nuova Camera sarebbe stato attribuito solo un potere di veto sospensivo. La proposta di riforma fu oggetto di un giudizio di reference della Corte suprema la quale in Authority of Parliament in relation to the Upper House del 1980, di fronte al quesito se una riforma del Senato potesse essere approvata dal solo Parlamento senza il coinvolgimento delle province, ha affermato la necessità del coinvolgimento di queste proprio in considerazione del fatto che il Senato è espressione degli interessi delle province a livello federale, come dichiara l’art. 22 CA 1867 che definisce i senatori “rappresentanti” delle province. Un ulteriore tentativo di riforma era stato inserito negli accordi di Meech Lake del 1987, che prevedevano di cambiare la modalità di nomina dei senatori, attribuendo alle singole province il compito di proporre i nomi dei senatori al Governatore generale. Ma il fallimento dell’accordo comportò anche il fallimento di tale proposta. Stesso destino ebbe il progetto inserito negli accordi di Charlottetown del 1992, bocciati dal referendum. Il fallimento di questo accordo portò un incremento del peso politico del Reform party in Alberta, il quale era uno dei più accesi sostenitori dell’introduzione di un triple E Senate (Equal, Elective, Effective). A seguito delle elezioni del 2006 il Governo minoritario di Harper ha presentato diversi disegni di legge di riforma della Camera alta, diretti a limitare la durata del mandato dei senatori e le modalità della loro selezione, ma nessuno di questi è stato approvato. Dopo le elezioni del 2011, che hanno assegnato ai conservatori la maggioranza assoluta, il Premier ha presentato il Senate Reform Act, definito dallo stesso Harper come il primo passo verso una riforma che avrebbe potuto condurre ad un Senato elettivo218. La proposta intendeva ridurre il
218
G. Doria, In cerca di una normalizzazione. Il Senato canadese alla luce dei modelli comparati del bicameralismo, in Federalismi.it 2007; A. Mastromarino, Un Senato per le società distinte del Canada, in E. Ceccherini (a cura di), A Trent’anni…, cit., 98; P. J. Carver, Whose Senate is it anyway?, in Constitutional Forum constitutionnel 2013 1; G. Levy, Reforming the Upper House: Lessons from Britain, in Constitutional Forum constitutionnel 2014, 27; M. Burton, S. Patten, A Time for Boldness? Exploring the Space for Senate
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
mandato dei senatori a 9 anni e permettere agli elettori di esprimersi sulle nomine effettuate dal Governatore. Ma nel maggio del 2012 il Premier del Québec Jean Charest ha sottoposto la questione di costituzionalità del disegno di legge alla Corte provinciale. Un’iniziativa che ha spinto il Premier Harper a rivolgersi alla Corte suprema federale per ottenere un giudizio di reference sulla riforma del Senato. La Corte si è pronunciata, il 25 aprile 2014 (Reference re Senate Reform) affermando l’incostituzionalità di una riforma del Senato condotta unilateralmente dal Governo e dal Parlamento federale senza il coinvolgimento delle province, dato che tale modifica rientrava nelle materie della procedura ordinaria di revisione costituzionale. A parere della Corte, inoltre, una riforma diretta all’abolizione del Senato avrebbe richiesto invece la procedura dell’unanimità. La sentenza ha, quindi, chiarito quali dovranno essere in futuro le procedure da seguire per la riforma del Senato: la procedura ordinaria per trasformarlo in Camera elettiva, l’unanimità per la sua abolizione. Nel marzo 2015 l’University of Alberta’s Centre for Constitutional Studies ha organizzato una conferenza dal titolo Time for Boldness on Senate Reform a 30 anni dal rapporto pubblicato dall’Alberta’s Select Special Committee On Upper House Reform219, con l’obiettivo di precisare il ruolo e la natura che i costituenti del 1867 avevano attribuito al Senato. La conferenza ha chiarito che esso era stato concepito quale organo complementare della Camera dei Comuni, e non come un organo rivale di questa, con il compito primario di fornire un sober second thought sulle proposte di legge. Il Senato, inoltre, doveva essere un organo indipendente sia dal Governo sia dai partiti. La conferenza rilevava che questa originaria natura del Senato si era venuta ad offuscare con il passare del tempo. Tenendo conto che la Corte suprema aveva negato la possibilità di una riforma radicale del Senato senza il consenso delle province, la conferenza auspicava che fossero introdotte riforme parziali dirette a ripristinare l’originario significato del Senato. Riforme del tipo di quella che il partito liberale ha introdotto nel proprio gruppo nel 2014 al fine di limitare l’influenza partitica, riforma per la quale i senatori del medesimo non fanno più parte del caucus. La medesima riforma è stata sollecitata dal leader liberale Trudeau, ma senza successo, al partito Reform in Constitutional Forum constitutionnel 2015, 1; S. Dion, Time for Boldness on Senate Reform, Time for the Trudeau Plan, in Constitutional Forum constitutionnel 2015, 61; K. Glover, Complexity and the Amending Formula, in Constitutional Forum constitutionnel 2015, 9; A. Heard, Tapping the Potential of SenateDriven Reform: Proposals to Limit the Powers of the Senate, in Constitutional Forum constitutionnel 2015,47; B. M. Hicks, Placing Future Senate Reform in Context, in Constitutional Forum constitutionnel 2015, 17. La riforma del Senato deve essere inquadrata in un dibattito più ampio che coinvolge anche il rinnovamento della Camera dei Comuni. In proposito si rinvia, ad esempio, a The Parliament we want. Parliamentarians’ view on Parliamentary Reform, A report prepared by the Library of Parliament under the direction of C. Bennet, D. Grey, Y. Morin, 2003. 219
M. Burton, S. Patten, A Time…, cit., 2. Alberta Select Special Committee On Upper House Reform, Strengthening Canada: Reform of Canada’s Senate, 1985; L. Massicotte, Parliamentary Book Shelf: Review of ‘Strengthening Canada: Reform of Canada’s Senate by the Alberta Select Special Committee on Upper House Reform, Canadian Parliamentary Review 1985, 2.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
conservatore. È intenzione del partito liberale, che ha vinto le elezioni del 19 ottobre 2015, proseguire nella riforma del Senato, modificando il sistema di nomina e inserendo componenti “non partisan”220. Come abbiamo detto, il bicameralismo non è paritario dato che è la sola Camera dei Comuni a dare la fiducia al Governo e ad avere iniziativa in materia finanziaria. In materia di revisione costituzionale, poi, il veto del Senato può essere superato da una successiva votazione della Camera. In campo legislativo, invece, il bicameralismo è paritario, dato che le leggi per essere approvate devono avere il consenso di entrambe le Camere. Tuttavia la prassi parlamentare mostra una evidente prevalenza della Camera dei Comuni, elettiva, sul Senato: quest’ultimo ha tendenzialmente avuto un atteggiamento non conflittuale nei confronti dei Comuni e delle proposte legislative provenienti dal Governo. Nella storia del Paese non mancano comunque casi di contrasti tra i due rami del Parlamento che hanno condotto anche alla caduta di disegni di legge governativi. Ciò si deve al fatto che pur essendo il Senato una Camera di nomina governativa, i suoi componenti sono nominati per un periodo molto lungo e quindi la maggioranza presente al Senato può non coincidere con quella della Camera. È possibile allora distinguere diverse fasi nella storia dei rapporti tra il Senato e il Governo: la prima, va dalle origini fino agli anni ‘20 del XX secolo e si caratterizza per la presenza di un Senato spesso autonomo rispetto all’esecutivo. Un’autonomia che si è espressa attraverso la frequente bocciatura dei disegni di legge dell’esecutivo, tra cui si ricorda il Naval Aid Bill, 1913. Negli anni 20 il 25% dei bills presentati vennero modificati dalla Camera alta. La seconda fase è quella che va dagli anni ‘30 agli anni ‘80 e che ha visto, invece, il Senato sostanzialmente acquiescente rispetto alle posizioni del governo e dei Comuni. Nella terza fase, poi, iniziata negli anni ’80, il Senato ha ripreso la sua indipendenza nei confronti dei provvedimenti governativi. Ad esempio, il Senato a maggioranza liberale si è opposto all’esecutivo conservatore Mulroney, fino a respingere la ratifica del trattato North American Free Trade Agreement o di altri rilevanti disegni di legge governativi221. L’opposizione fu tale che, come abbiamo visto, per la prima e unica volta nella storia canadese il Premier chiese, nel 1990, di nominare 8 senatori per ripristinare un equilibrio nei rapporti bicamerali. Dal 1960 a oggi sono stati presentati emendamenti dal Senato su 116 bills. In particolare la tabella mostra gli emendamenti delle ultime sei legislature, dal 1997 al 2015.
220
S. Dion, Time…, cit., 63.
221
G. Doria, In cerca …, cit.; R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti federali …, cit, 140; C. Amirante, Unioni sovranazionale e sistemi federali. L’impatto dell’Unione europea e del NAFTA sui sistemi federali tedesco e canadese, in S. Gambino, C. Amirante (a cura di), Il Canada. …, cit., 145; J. Webber, The Constitution of Canada, Hart, 2015 .
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
Tabella n. 7. Canada: Disegni di legge introdotti alla Camera dei Comuni e bocciati al Senato nelle ultime 6 legislature (dalla 36° alla 41°, dal 22 settembre 1997 al 2 agosto 2015) Data
Bill
Esito
giugno 1998
C-4: An Act to amend the Il Senato ha introdotto alcuni Canadian Wheat Board Act emendamenti, accolti anche dalla Camera. and to make consequential La legge è stata approvata amendments to other Acts
giugno 1998
C-410: An Act to change the Il Senato ha introdotto alcuni name of certain electoral emendamenti, accolti anche dalla Camera. districts La legge è stata approvata
novembre 1998
C-37: An Act to amend the Il Senato ha introdotto alcuni Judges Act and to make emendamenti, accolti anche dalla Camera. consequential amendments to La legge è stata approvata other Acts
C-52: Comprehensive Nuclear Il Senato ha introdotto alcuni dicembre 1998 Test-Ban Treaty emendamenti, accolti anche dalla Camera. Implementation Act La legge è stata approvata C-25: An Act to amend the Il Senato ha introdotto un emendamento, National Defence Act and to dicembre 1998 accolto anche dalla Camera. La legge è make consequential stata approvata amendments to other Acts
marzo 1999
C-20: An Act to amend the Il Senato ha introdotto alcuni Competition Act and to make emendamenti, accolti anche dalla Camera. consequential and related La legge è stata approvata amendments to other Acts
giugno 1999
Il Senato ha introdotto un emendamento, C-49: First Nations Land accolto anche dalla Camera. La legge è Management Act stata approvata
giugno 1999
Il Senato ha introdotto alcuni C-55: Foreign Publishers emendamenti, accolti anche dalla Camera. Advertising Services Act La legge è stata approvata
marzo 2000
C-7: An Act to amend the Il
Pagina | 148
Senato
ha
introdotto
alcuni
6. COUNTRY PROFILE CANADA
Criminal Records Act and to emendamenti, accolti anche dalla Camera. amend another Act in La legge è stata approvata consequence aprile 2000
C-6: Personal Information Il Senato ha introdotto alcuni Protection and Electronic emendamenti, accolti anche dalla Camera. Documents Act La legge è stata approvata
aprile 2001
C-33: Nunavut Waters and Il Senato ha introdotto un emendamento, Nunavut Surface Rights accolto anche dalla Camera. La legge è Tribunal Act stata approvata
C-24: An Act to amend the Criminal Code (organized Il Senato ha introdotto un emendamento, dicembre 2001 crime and law enforcement) accolto anche dalla Camera. La legge è and to make consequential stata approvata amendments to other Acts febbraio 2002
Il Senato ha introdotto un emendamento, C-7: Youth Criminal Justice accolto anche dalla Camera. La legge è Act stata approvata
giugno 2002
C-23: An Act to amend the Il Senato ha introdotto un emendamento, Competition Act and the accolto anche dalla Camera. La legge è Competition Tribunal Act stata approvata
giugno 2002
C-15A: Criminal Amendment Act, 2001
marzo 2003
Il Senato ha introdotto alcuni C-12: Physical Activity and emendamenti, accolti anche dalla Camera. Sport Act La legge è stata approvata
maggio 2003
C-10: An Act to amend the Il Senato ha introdotto alcuni Criminal Code (cruelty to emendamenti, accolti anche dalla Camera. animals and firearms) and the La legge è stata approvata Firearms Act
giugno 2003
Il Senato ha introdotto un emendamento, C-15: An Act to amend the accolto anche dalla Camera. La legge è Lobbyists Registration Act stata approvata
novembre
C-6:
Specific
Law
Il Senato ha introdotto un emendamento, non recepito dalla Camera. La legge è stata approvata
Claims Il
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Senato
ha
introdotto
alcuni
6. COUNTRY PROFILE CANADA
2003
Resolution Act
emendamenti, accolti anche dalla Camera. La legge è stata approvata
novembre 2003
Il Senato ha introdotto un emendamento, C-459: Holocaust Memorial accolto anche dalla Camera. La legge è Day Act stata approvata
novembre 2003
C-34: An Act to amend the Parliament of Canada Act Il Senato ha introdotto un emendamento, la (Ethics Commissioner and Camera non ha approvato la legge prima Senate Ethics Officer) and della fine della sessione other Acts in consequence
maggio novembre 2003
- C-10B: An Act to amend the Il Senato ha introdotto alcuni Criminal Code (cruelty to emendamenti, la Camera non ha approvato animals) la legge prima della fine della sessione Il Senato ha introdotto alcuni emendamenti, accolti anche dalla Camera. La legge è stata approvata
marzo 2004
C-212: User Fees Act
aprile 2004
Il Senato ha introdotto alcuni C-8: Library and Archives of emendamenti, accolti anche dalla Camera. Canada Act La legge è stata approvata Il Senato ha introdotto alcuni emendamenti, accolti anche dalla Camera. La legge è stata approvata
maggio 2005
C-12: Quarantine Act
maggio 2005
Il Senato ha introdotto alcuni C-29: An Act to amend the emendamenti, accolti anche dalla Camera. Patent Act La legge è stata approvata
novembre 2005
Il Senato ha introdotto alcuni C-37: An Act to amend the emendamenti, accolti anche dalla Camera. Telecommunications Act La legge è stata approvata
Il Senato ha introdotto alcuni C-2: Federal Accountability dicembre 2006 emendamenti, accolti anche dalla Camera. Act La legge è stata approvata febbraio 2007
Il Senato ha introdotto alcuni C-3: International Bridges and emendamenti, accolti anche dalla Camera. Tunnels Act La legge è stata approvata
Pagina | 150
6. COUNTRY PROFILE CANADA
maggio 2007
Il Senato ha introdotto un emendamento, C-16: An Act to amend the non recepito dalla Camera. La legge è stata Canada Elections Act approvata
giugno 2007
C-11: An Act to amend the Canada Transportation Act Il Senato ha introdotto alcuni and the Railway Safety Act emendamenti, accolti anche dalla Camera. and to make consequential La legge è stata approvata amendments to other Acts
giugno 2007
C-31: An Act to amend the Canada Elections Act and the Public Service Employment Act
febbraio 2008
C-11: An Act to give effect to Il Senato ha introdotto alcuni the Nunavik Inuit Land emendamenti, accolti anche dalla Camera. Claims Agreement La legge è stata approvata
maggio 2008
C-13: Act to amend the Criminal Code (criminal procedure, language of the accused, sentencing and other amendments)
maggio 2008
C-280: An Act to amend the Immigration and Refugee Il Senato ha introdotto un emendamento, la Protection Act (coming into Camera non ha approvato la legge prima force of sections 110, 111 and della fine della sessione 171)
maggio 2008
C-293: An Act respecting the Il Senato ha introdotto quattro provision of official emendamenti, accolti anche dalla Camera. development assistance La legge è stata approvata abroad
maggio 2009
C-9: An Act to amend the Il Senato ha introdotto alcuni Transportation of Dangerous emendamenti, accolti anche dalla Camera. Goods Act, 1992 La legge è stata approvata
Il Senato ha introdotto alcuni emendamenti, solo alcuni sono stati accolti anche dalla Camera. La legge è stata approvata
Il Senato ha introdotto alcuni emendamenti, solo alcuni sono stati accolti anche dalla Camera. La legge è stata approvata
Il Senato ha introdotto alcuni C-6: Canada Consumer dicembre 2009 emendamenti, la Camera non ha approvato Product Safety Act la legge prima della fine della sessione
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
C-15: An Act to amend the Controlled Drugs and Il Senato ha introdotto alcuni dicembre 2009 Substances Act and to make emendamenti, la Camera non ha approvato related and consequential la legge prima della fine della sessione amendments to other Acts and
Il Senato ha introdotto sei emendamenti, accolti anche dalla Camera. La legge è stata approvata
marzo 2012
C-10: Safe Streets Communities Act
giugno 2013
C-377: An Act to amend the Il Senato ha introdotto un emendamento, la Income Tax Act Camera non ha approvato la legge prima (requirements for labour della fine della sessione organizations)
Fonte: Tabella elaborata dall’autrice sulla base dei dati presenti nella Library of Parliament, Canada.
I.2.1.4) Il procedimento legislativo Il procedimento legislativo del Parlamento federale canadese segue il modello adottato dal Parlamento britannico. Le regole, stabilite fin dal 1867 e modificate più volte, sono fissate dalla Costituzione, dai regolamenti parlamentari e dalla prassi. Il CA 1867 assegna alla sola Camera dei Comuni il potere di presentare progetti di legge in materia finaziaria, ma per il resto, almeno sul piano formale, il bicameralismo è paritario e i bills devono essere approvati da entrambe le Camere. Il Canada non ha quindi recepito da un punto di vista formale l’evoluzione che nel Regno Unito ha portato ad affermare la preminenza legislativa dei Comuni sui Lords, anche se di fatto la Camera principale è quella dei Comuni – la Camera elettiva – e il Senato solo di rado si oppone alla volontà espressa da questa, come evidenziato dalla tabella precedente. Il Canada deriva dal modello anglosassone la distinzione tra Public e Private Acts. I disegni di legge (bills) discussi in Assemblea sono, infatti, di due tipi: i Public bills, che riguardano materie di interesse generale e che possono essere presentati sia dal Governo (Government bills) che dai singoli deputati (Private Members’ bills), ed i Private bills, la cui iniziativa spetta ai cittadini e che riguardano l’esclusione di singole persone o gruppi dall’applicazione di una legge o il conferimento di poteri o vantaggi a singole persone o gruppi. I Private bills devono essere presentati da un membro di entrambe le Camere dopo che la petizione relativa all’introduzione del testo è stata approvata dall’Examiner of Petitions o
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
dallo Standing Committee on Procedure and House Affairs; il loro testo è introdotto, di solito, al Senato. Il disegno di legge privato presentato da un cittadino ha la possibilità di essere approvato solo se viene sponsorizzato da un parlamentare. Il loro iter legislativo è uguale a quello seguito per i Private Members’ bills. Il bill deve rispettare alcuni requisiti formali tra cui quello di avere un preambolo, che non è obbligatorio per i public bills, e contenere nel titolo il nome delle persone a cui è destinata la legge. I regolamenti parlamentari stabiliscono le regole per la loro approvazione222. Tabella n. 8. Canada: Private Acts approvati dal 1974 a oggi (30°-41° legislatura)
Legislatura/ sessione
Private Bills presentati
Private Bills approvati
10
9
2
1
5
4
1
1
0
0
15
15
11
11
3
2
33°/ seconda sessione (30/09/1986- 7
6
30°/prima sessione 12/10/1976)
(30/09/1974-
30°/seconda 17/10/1977)
(12/10/1976-
sessione
30°/terza sessione 10/10/1978)
(18/10/1977-
30°/quarta 26/03/1979)
sessione
(11/10/1978-
31°/prima sessione 14/12/1979)
(09/10/1979-
32°/prima sessione 30/11/1983)
(14/04/1980-
32°/seconda 09/07/1984)
(07/12/1983-
sessione
33°/prima sessione 28/08/1986)
(05/11/1984-
222
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons …, cit.; F. Rosa, Canada, in R. Dickmann, A. Rinella, Il processo legislativo negli ordinamenti costituzionali contemporanei, Carocci, Bari, 2011; P.L. Petrillo, Le istituzioni…, cit. 58.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
28/08/1986) 34°/prima sessione 28/02/1989)
(12/12/1988-
0
0
34°/ seconda sessione (02/04/19898 12/05/1991)
7
34°/terza sessione 08/09/1993)
(13/05/1991-
10
9
35°/prima sessione 02/02/1996)
(17/01/1994-
4
3
35°/ seconda sessione (27/02/19963 27/04/1997)
3
36°/prima sessione 18/09/1999)
4
3
36°/ seconda sessione (12/10/19992 22/10/2000)
1
37°/prima sessione 16/09/2002)
(29/01/2001-
3
3
37°/seconda 12/11/2003)
(30/09/2002-
2
1
1
1
2
1
1
1
0
0
0
0
(26/01/2009- 0
0
sessione
(22/09/1997-
37°/terza sessione 23/05/2004)
(02/02/2004-
38°/ prima 29/11/2005)
(04/10/2004-
sessione
39°/prima sessione 14/09/2007)
(03/04/2006-
39°/seconda 07/09/2008)
(16/10/2007-
40°/prima 4/12/2008) 40°/seconda
sessione
sessione
sessione
(18/11/2008-
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
30/12/2009) 40°/ III 26/03/2011)
sessione
(03/03/2010-
41°/prima sessione 13/09/2013)
(02/06/2011-
41°/seconda 02/08/2015)
(16/10/2013-
sessione
1
0
3
3
1
1
Fonte: Tabella elaborata dall’autrice sulla base dei dati presenti nella Library of Parliament, Canada. I Public bills possono essere introdotti dai singoli deputati (Private Member's bills) o dal Governo (Government bills), il quale esercita principalmente tale potere, da un punto di vista quantitativo e qualitativo223. Dal 1948 è stato attribuito al Legislation Section of the Department of Justice il compito di redigere il testo del bill governativo, sia in inglese che in francese, su indicazione del Gabinetto. Il Ministro della giustizia deve assicurarsi che il testo sia compatibile con la Carta dei diritti. Una volta preparato, il testo è sottoposto all’approvazione del Gabinetto e poi a quella del Government House Leader224. I public bills, possono essere presentati indifferentemente a ciascuna delle due Camere, ad eccezione dei disegni di legge in materia finanziaria che comportano oneri a carico del bilancio. All’inizio di ogni sessione parlamentare il Primo Ministro presenta un pro form bill che prende il nome di An Act respecting the Administration of Oaths of Office, il quale viene numerato come C-1, ma non viene stampato. L’atto, sottoposto esclusivamente alla prima lettura, ha lo scopo di affermare il diritto della Camera dei Comuni di esercitare il suo potere legislativo e di regolare le sua attività. I disegni di legge presentati dai parlamentari (Private Member's bills) possono essere introdotti durante gli spazi loro riservati (Private Members’ Business). Il Parlamento fornisce assistenza ai deputati per la redazione del testo. I deputati e i Ministri possono presentare una mozione per richiedere che il bill venga preparato da un comitato parlamentare: è possibile avvalersi dei Comitati presenti in Parlamento, oppure istituirne uno apposito. I disegni di legge possono essere presentati anche in draft: in tale ipotesi il testo viene solo discusso e non approvato, in modo da dare tempo all’Assemblea di esaminare un particolare argomento. In Canada esistono anche gli “Omnibus bills”, che non derivano dalla tradizione inglese: essi 223
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti…, cit. 146.
224
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons …, cit.; Government of Canada, Privy Council Office, Guide to Making Federal Acts and Regulations, 2001.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
contengono in un solo atto le proposte di abrogazione o di emendamento di diverse leggi o disposizioni. Ogni legge ha un titolo “lungo” (full o long title) che ne illustra l’oggetto e uno breve (short title) che serve per la citazione del testo. Le leggi possono contenere un iniziale preambolo, in cui si illustrano gli obiettivi, obbligatorio solo per i Private Acts. Il testo è suddiviso in articoli (clauses) che possono essere divisi a loro volta in sottosezioni (subsections) e possono prevedere allegati (schedules) e clausole interpretative (interpretation provisions) dirette ad offrire un’interpretazione autentica del bill o di alcune parti di esso. Se i disegni di legge sono destinati ad abrogare un precedente atto, essi devono essere accompagnati da note esplicative (explanatory notes). I disegni di legge che riguardano l’utilizzo di fondi pubblici devono contenere una Royal Recommendation emanata dal Governatore generale su richiesta esclusiva del Governo, prima della presentazione alla Camera. La recommendation viene pubblicata nel notice paper e non costituisce parte integrante del bill. Il Clerk of the House è responsabile della custodia del testo durante le diverse fasi della sua approvazione. I disegni di legge in materia finanziaria per convenzione vengono presentati dal Governo, ma – a differenza di quanto accade nel Regno Unito - non è vietata la presentazione da parte dei deputati. I regolamenti parlamentari prevedono che tutti i bills siano discussi in entrambe le Camere secondo il metodo delle tre letture, una prassi che deriva dalla tradizione inglese, dove il testo - scritto inizialmente a mano - era letto all’Assemblea per permetterne la diffusione. Ogni passaggio dell’iter parlamentare avviene attraverso il voto su una mozione: l’Assemblea, quindi, si esprime sulla mozione e non sul testo. Ad eccezione di casi di urgenza, le tre letture devono avvenire in giorni diversi. Il ministro o il deputato che desiderano presentare un disegno di legge devono innanzi tutto comunicarlo al Clerk of the House con almeno 48 ore di anticipo. La presentazione di ogni disegno di legge è preceduta dalla pubblicazione di una written notice (Notice of motion for leave to introduce) in cui si comunica la prossima introduzione. Al Senato, invece, il disegno di legge può essere presentato senza preavviso. La prima lettura (first reading) riguarda la presentazione formale del progetto allo Speaker e non comporta dibattito. Durante questa fase al bill è assegnato un numero: alla Camera dei Comuni quelli governativi dal C-2 al C-200, mentre quelli parlamentari dal C-201 al C- 1000. Al Senato la numerazione inizia da S 2 e non tiene conto della diversa provenienza. I Private bills sono introdotti di solito al Senato, se sono invece presentati alla Camera vengono numerati da C-1001 in poi. L’approvazione della mozione sulla prima lettura serve a passare alla fase successiva. La seconda lettura inizia di solito con un voto sui principi generali del bill, voto che serve a selezionare, in una fase successiva, gli emendamenti scegliendo solo quelli rispondenti ai suddetti principi. Pagina | 156
6. COUNTRY PROFILE CANADA
La seconda lettura (second reading) inizia con la presentazione del testo da parte del ministro o del deputato proponente a cui segue il dibattito sugli obiettivi e i contenuti generali del bill. L’opposizione in questa fase ha la possibilità di presentare un progetto alternativo. I regolamenti parlamentari stabiliscono la durata massima degli interventi e assegnano al Governo la possibilità di contingentare i tempi del dibattito attraverso il voto su una specifiche mozioni dirette a ridurre il tempo destinato al dibattito o a chiuderlo definitivamente. Inoltre, nessun deputato può intervenire due volte sul medesimo argomento se non in circostanze particolari. In alcuni casi il Primo Ministro o il leader dell’opposizione possono autorizzare dibattiti più lunghi. A conclusione del dibattito lo Speaker invita a votare alcune mozioni sulla seconda lettura: quella di rinvio dell’esame, o di stralcio, se sono state proposte, e quella di passaggio del testo al successivo esame. Se tale ultima mozione è approvata, la Camera assegna il disegno di legge al comitato parlamentare competente (Committee Stage) insieme alle istruzioni (motions of instruction) sulle modalità da seguire per l'esame in dettaglio del testo e per le introduzione di emendamenti225. I comitati parlamentari esaminano il disegno di legge articolo per articolo, possono introdurre emendamenti, svolgere audizioni, richiedere memorie scritte. Le audizioni sono comunque molto rare226. Il presidente del comitato giudica l’ammissibilità degli emendamenti (secondo particolari criteri), ma a differenza dell’analogo potere che spetta allo Speaker, la sua decisione può essere oggetto di contestazione e ribaltata dalla maggioranza del comitato. L’esame dei disegni di legge è affidato soprattutto agli Standing Committees, anche se alcuni disegni di legge possono essere assegnati ai Joint Committees, i comitati bicamerali. Dai Legislative Committees sono esaminati, invece, i disegni di legge più controversi. Tutti i disegni di legge che si basano sulla Supply Motion possono essere esaminati dal Committee of the Whole attraverso la procedura dell’unanimous consent. Al termine dell’esame del testo il comitato rinvia (“reports”) il disegno all’aula presentando un rapporto. La presentazione di tale rapporto è obbligatoria anche nel caso in cui il disegno di legge sia stato respinto. L’Aula esamina il disegno di legge trasmesso dal comitato nella fase chiamata Report Stage (o consideration stage) durante la quale possono essere presentati ulteriori emendamenti, che possono essere selezionati dallo Speaker. In questa fase il bill è illustrato da un relatore nominato dalla commissione che lo ha esaminato. A conclusione di questa fase l’Assemblea vota una mozione che approva il testo e permette il passaggio alla fase successiva, quella della terza lettura, durante la quale il testo è discusso e votato nella sua versione definitiva. Una volta che la mozione per la terza lettura è passata,
225
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti…, cit. 146. È possibile votare anche il c.d. Hoist amendment che rinvia di tre o sei mesi una delle fasi del dibattito parlamentare oppure il Reasoned Amendment che permette ai deputati di illustrare i motivi della loro opposizione al testo. 226
P.L. Petrillo, Le istituzioni…, cit., 62.
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spetta al Clerk of the House certificarne l’approvazione, apporvi la data e trasmetterla al Senato che segue la medesima procedura. Se la mozione sulla terza lettura è respinta, il testo del bill è considerato bocciato. Nel caso in cui la seconda Camera abbia introdotto emendamenti al testo, questi vengono presi in esame dall’altro ramo del Parlamento. Secondo la prassi prevalente, il Senato presenta per lo più emendamenti tecnici, che non alterano il significato del testo e che, pertanto, vengono accolti dai Comuni. In caso di disaccordo, comunque, viene comunicato con un messaggio il tema controverso e poi – su richiesta di entrambi i rami del Parlamento può essere istituito un comitato di conciliazione tra le due Camere per trovare un compromesso: si tratta di una prassi non frequente (fino ad ora usata meno di una ventina di volte) e disciplinata solo da convenzioni. A partire dal 1994 sono state introdotte alcune modifiche ai regolamenti parlamentari che hanno consentito regole più flessibili nell’iter legislativo, in virtù delle quali è possibile discostarsi dalla procedura tradizionale. Ad esempio, un ministro può richiedere l’assegnazione ad un comitato dell’esame del testo prima della seconda lettura, in modo che il comitato possa proporre emendamenti negli obiettivi e nel contenuto; se la suddetta richiesta è accolta, il bill è assegnato a uno Standing, Special o Legislative Committee. Come evidenziato nella tabella seguente attualmente sono tre le procedure previste227: 1) Tradizionale: un ministro o un deputato introducono un bill e questo è oggetto di prima lettura e poi sottoposto a una seconda lettura da parte dell’aula e di un comitato; 2) Assegnazione ad un comitato: un ministro o un deputato possono proporre una mozione che assegna direttamente ad un comitato la preparazione del testo, il quale viene presentato dal comitato. La seconda lettura in questo caso avviene senza dibattito o possibilità di presentare emendamenti; 3) Assegnazione ad un comitato prima della seconda lettura: un ministro può richiedere che il testo venga assegnato ad un comitato che lo esamina prima della seconda lettura.
227
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons …, cit..
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Tabella n.9. Canada: I tre “percorsi” diversi dell’iter legislativo
Fonte: Tabella elaborata dall’autrice sulla base dei dati presenti in R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons …, cit.
Dopo l’approvazione da parte di entrambe le Camere e l’apposizione del royal assent il disegno di legge è trasformato in legge. Nel 2002 il Royal Assent Act ha previsto una procedura semplificata per la quale la concessione dell’assent può avvenire attraverso una dichiarazione scritta del Governatore generale o del suo vice. La legge non ha abrogato, comunque, la solenne cerimonia tradizionale che si tiene di fronte alle Camere riunite in Senato, per la concessione dell’assenso. La legge entra in vigore subito dopo l’assent, ma può contenere alcune disposizioni (coming-into force provisions) che rinviano tale entrata in vigore ad altra data. All’inizio di ogni sessione i disegni di legge governativi non approvati nella precedente, se ripresentati ai Comuni, possono riprendere dal punto in cui erano rimasti. I disegni di legge introdotti dai parlamentari devono, invece, essere esaminati dall’inizio. Le leggi devono essere pubblicate sia in inglese che in francese, secondo il disposto della sezione 133 del Constitution Act, 1982. La presenza di due sistemi giuridici, uno di common law a livello federale e di tutte le province (ad eccezione del Québec), e uno di civil law in
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Québec influenza anche il modo in cui le leggi sono interpretate e applicate nelle diverse parti del Paese. Tabella n. 10. Canada: Public Acts approvati dal 1974 a oggi divisi per sessione La seguente tabella mostra i disegni di legge introdotti per ogni sessione parlamentare dal Governo e dai deputati, le percentuali di successo di entrambe le categorie dei bills e il totale delle leggi approvate
Legislatur Government Governm % Private a/sessione bills ent bills successo Members’bi introdotti Approvat Governme lls introdotti i nt bills
Private Members’ bills approvati
% successo Totale leggi Private members’ approvate
30°/ I sessione 30/09/197 119 412/10/197 6
bills
102
93,57
249
7
2,8
109
44
68,75
234
13
5,5
57
30°/ III sessione 18/10/197 71 710/10/197 8
35
49,29
267
8
2,9
43
30°/ IV sessione 11/10/197 63 826/03/197
18
28,57
272
0
0
18
30°/ II sessione 12/10/197 64 617/10/197 7
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
9 31°/ I sessione 09/10/197 38 914/12/197 9
7
18,42
292
0
0
7
32°/ I sessione 14/04/198 187 030/11/198 3
154
82,35
504
19
3,7
173
32°/ II sessione 07/12/198 58 309/07/198 4
36
62
60
4
6,6
40
33°/ I sessione 05/11/198 129 428/08/198 6
106
82,17
96
1
1,04
107
33°/ II sessione 30/09/198 142 628/08/198 6
131
92,25
138
6
4,3
137
34°/ I sessione 12/12/198 1 828/02/198
1
100
7
0
0
1
Pagina | 161
6. COUNTRY PROFILE CANADA
9 34°/ II sessione 02/04/198 99 912/05/199 1
79
79,79
262
20
7,6
99
125
89,28
266
5
1,8
130
35°/ I sessione 17/01/199 121 402/02/199 6
94
77,69
174
4
2,2
98
35°/ II sessione 27/02/199 97 627/04/199 7
60
61,85
256
6
2,3
66
36°/ I sessione 22/09/199 96 718/09/199 9
77
80,2
337
6
1,7
83
36°/ II sessione 12/10/199 54 922/10/200
34
62,96
332
3
0,9
37
34°/ III sessione 13/05/199 140 108/09/199 3
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
0 37°/ I sessione 29/01/200 76 116/09/200 2
61
80,26
306
3
0,9
64
29
40,33
290
5
1,7
34
21
58,33
345
3
0,8
24
38°/ I sessione 04/10/200 92 429/11/200 5
53
57,6
299
6
2
59
39°/ I sessione 03/04/200 68 614/09/200 7
40
58,82
290
4
1,3
44
39°/ II sessione 65 16/10/200 7-
30
46,15
397
10
2,5
40
37°/ II sessione 30/09/200 60 212/11/200 3 37°/ III sessione 02/02/200 36 423/05/200 4
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
07/09/200 8 40°/ I sessione 18/11/200 5 84/12/2008
0
0
70
0
0
0
40°/ II sessione 26/01/200 70 930/12/200 9
34
48,57
340
0
0
34
33
45,20
461
6
1,3
39
41°/ I sessione 02/06/201 80 113/09/201 3
61
76,25
362
19
5,24
80
41°/ II sessione 16/10/201 80 302/08/201 5
61
76,25
492
24
4,87
85
40°/ III sessione 03/03/201 73 026/03/201 1
Fonte: Tabella elaborata dall’autrice sulla base dei dati presenti nella Library of Parliament, Canada.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
Nel Parlamento britannico esiste un’altra categoria di disegni di legge, gli Hybrid bills, che possono avere ad oggetto interessi sia privati che pubblici. Nel Parlamento canadese, invece, tutti i disegni di legge devono essere classificati in pubblici o privati e quindi quelli Hybrid vengono considerati come Public bills. Il ruolo del Governo nel procedimento legislativo risulta predominante al pari di quanto avviene nel Regno Unito, grazie alla prassi e ai regolamenti parlamentari che hanno portato al consolidamento della sua posizione. Il Governo, nelle sue diverse articolazioni, esercita anche il potere di emanare regulations a seguito di una legge delega. L’incremento crescente del ricorso alla delega legislativa a partire dal secondo dopoguerra ha spinto il Parlamento canadese a disciplinare la materia in modo più preciso. In particolare nel 1950 il Parlamento ha approvato il Regulations Act, secondo il quale tutti gli orders, le regulations e le proclamations emanate dall’esecutivo dovevano essere pubblicati e presentati in Parlamento, senza peraltro prevedere alcuna forma di controllo parlamentare sugli stessi. Nel 1964 uno Special Committee on Procedure and Organization ha pubblicato un rapporto nel quale ha suggerito l’istituzione di un comitato parlamentare per controllare la legislazione delegata, un suggerimento che, pur se ribadito più volte negli anni successivi, è stato recepito solo nel 1970 con l’approvazione dello Statutory Instruments Act. La legge ha stabilito che ogni statutory instruments debba essere pubblicato sulla Canada Gazette e sottoposto a scrutinio di un apposito comitato parlamentare. Così, nel 1971, il Parlamento ha istituito lo Standing Joint Committee for the Scrutiny of Regulations il quale ha il compito di valutare se l’atto normativo del Governo o dell’autorità competente abbia rispettato quanto previsto nella delega o sia ultra vires. Spetta alla legge delega qualificare il documento che la potestà delegata è autorizzata a produrre: per lo più tale atto viene indicato dalla legge delega con il nome di regulations, ma, in altri casi, l’atto stesso viene indicato con altri termini come rules, by-laws, orders, ordinances. La procedura di approvazione e controllo è, comunque, uguale in entrambi i casi. Le competenze del comitato bicamerale sono state precisate ed ampliate dai regolamenti parlamentari della Camera e del Senato. Il comitato, presieduto da un senatore del partito di Governo e da un deputato dell’opposizione, valuta gli aspetti tecnico formali, senza entrare nel merito. A partire dal 1986 all’inizio di ogni sessione parlamentare il comitato indica i criteri che utilizzerà per il controllo degli statutory instruments in un rapporto che deve essere approvato dal Parlamento. In particolare, il comitato giudica se il regolamento è stato autorizzato dalla legge di delega (enabling legislation), se è conforme alla Carta dei diritti e delle libertà, al Bill of Rights e ai criteri fissati dallo Statutory Instruments Act, se eccede la delega, se ha effetti retroattivi non autorizzati o impone oneri al bilancio. Nel caso in cui il comitato giudichi che il regolamento emanato dalla regulation-making authority non risponda ad uno dei criteri, invia un rapporto all’Assemblea nel quale evidenzia i punti problematici. Si apre così una fase che può concludersi o con l’approvazione di alcune modifiche, oppure con
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
la presentazione al Parlamento di un rapporto contenente una resolution nella quale è indicata la disposizione da annullare. Si tratta di un potere esercitato di rado , per la prima volta nel 1986 in virtù di una modifica dei regolamenti parlamentari dei Comuni. In questa prima fase dunque il potere del comitato era limitato alla sola Camera e non al Senato e riguardava solo gli atti regolamentari del Governo non già quelli delle altre regulatory authorities. La situazione è stata modificata nel 2003 con l’approvazione di An Act to amend the Statutory Instruments Act (disallowance procedure for regulations) e di riforme ai regolamenti parlamentari di entrambe le Camere. Si è così stabilito che la disallowance procedure debba essere iniziata solo dal Joint Committee, il quale, se ritiene necessario annullare uno statutory instruments, invia ad entrambi i rami del Parlamento un rapporto contenente una resolution in tal senso. Il comitato può solo raccomandare l’annullamento e la richiesta, per essere accolta, deve essere approvata da entrambe le Camere. Tale potere si applica non solo a quelli del Governo, ma a tutti gli statutory instruments: dal 2003 è stato esercitato solo due volte e in entrambe le occasioni, a motivo del mancato accordo tra Camera e Senato, gli atti regolamentari non sono stati annullati228. Tabella n. 11. Canada: Numero di leggi, di Regulations (SOR) e di altri atti regolamentari (SI) approvati dal 2001 al 2015
SOR
SI
Anno
Leggi approvate
2001
37
536
121
2002
25
455
164
2003
24
458
246
2004
24
323
164
2005
50
417
134
2006
11
355
145
2007
33
307
117
2008
29
325
148
(regulations)
228
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons …, cit.; F. Rosa, Canada…, cit.; C. Kyrkby, The Standing Joint Committee for the Scrutiny of Regualtions, Library of Parliament, Canada, Pub. No 2014-18-E, 2014. P. Salembier, P. Bernhardt, Understanding the Regulation Making Process, in Canadian Parliamentary Review 2002, 13.
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2009
28
338
122
2010
20
312
96
2011
23
302
113
2012
26
300
103
2013
35
257
129
2014
36
317
111
2015
37 (al 2 agosto)
218 (al 7 ottobre)
83 (al 7 ottobre)
Fonti: Tabella elaborata dall’autrice sulla base dei dati presenti in Justice Law Website e Canada Gazette, Part II.
1.2.1.5) Il sistema delle fonti del diritto Il preambolo del CA 1867 stabilisce per il Canada una Costituzione simile (similar in principle) a quella della madre patria. Il Canada si caratterizza per la presenza di una Costituzione scritta pluritestuale, composta –secondo quanto previsto dall art. 52 (2) del Constitution Act, 1982 -, dal Constitution Act, 1867, dal Canada Act, 1982, dal Constitution Act, 1982, dalle leggi istitutive delle province e da altre leggi. La maggior parte della dottrina concorda sul fatto che non si tratta di un elenco chiuso, ma aperto: una caratteristica confermata dall’interpretazione che ne è stata data dalla Corte suprema canadese e che si comprende appieno ricordando lo stretto legame con il Regno Unito, la cui Costituzione non scritta è composta da diverse fonti (leggi, principi riconosciuti dal common law, convenzioni costituzionali e prerogative regie). Peraltro il mancato assenso del Québec al Constitution Act del 1982 ha spinto alcuni a ritenere che in Canada non ci sia una Costituzione in senso sostanziale, dato che mancano quei valori e principi che sono condivisi da tutta la società e su cui si fonda il patto costituente229. La Corte suprema canadese, nel giudizio Reference re Secession of Quebe del 1988, ha definito la Costituzione come “the global system of rules and principles which govern the exercise of constitutional authority in the whole and in every part of Canadian state”, mentre in Reference re Resolution to Amend the Constitution del 1981 ha precisato che “constitutional conventions plus constitutional law equal the total constitution of the country”.
229
T. Groppi, Il Canada tra riforma…, cit., 26.
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In Canada, poi, la materia costituzionale è disciplinata anche dai principi stabiliti dal common law, individuati dalla Corte suprema o appartenenti al patrimonio del costituzionalismo inglese, e da alcune leggi o decreti formalmente ordinari. In proposito si deve distinguere tra le leggi e i decreti che sono stati elencati all’interno dell’allegato al CA 1982 a cui fa richiamo l’art. 52 e quelli non presenti. I primi hanno assunto forza costituzionale non potendo essere modificati da una legge ordinaria, i secondi hanno una rilevanza peculiare per le materie chiamate a disciplinare (tra queste la legge sul Senato e la Camera dei Comuni, la legge sulla Corte Suprema, la legge elettorale, la legge sulle lingue ufficiali, le leggi sui diritti di libertà), ma continuano ad essere a tutti gli effetti leggi ordinarie anche se le Corti le considerano “quasi costituzionali”. Lo stretto legame tra Regno Unito e Canada è stato evidenziato nella sentenza New Brunswick Boadcasting che ha avuto ad oggetto il preambolo della Costituzione. Essa ha affermato che il preambolo esprime la volontà del Canada di mantenere “i precetti fondamentali che ispirano la democrazia parlamentare britannica”230. Pertanto le Corti possono rifarsi a tali precetti nelle loro decisioni. Contribuiscono a comporre la Costituzione canadese anche numerose sentenze di common law relative, ad esempio, alle prerogative dell’esecutivo. I rapporti tra gli organi costituzionali sono regolati, poi, anche da convenzioni (conventions of the Constitution), la cui importanza si lega al preambolo del CA 1867. Si ricorda al riguardo che la Corte canadese ha fissato i requisiti per l’esistenza di una convenzione: queste devono essere fondate su precedenti, devono essere considerate vincolanti per le parti e, infine, devono essere coerenti con il sistema costituzionale nel suo complesso. Le convenzioni non sono “giustiziabili”, ma le Corti possono prendere in considerazione la loro presenza o interpretarle in modo originale, contribuendo in questo modo a farle evolvere in principi di common law. Si deve aggiungere che l’esperienza costituzionale canadese presenta anche un caso in cui una convenzione è stata definita in modo originario dalla Corte suprema: è il caso della Patriation, di cui abbiamo parlato in precedenza. La Costituzione è la legge suprema e pertanto le leggi devono essere ad essa conformi: si tratta di un principio che contrasta con quello fondante la Costituzione britannica, vale a dire il principio della sovranità del Parlamento. Come abbiamo visto essa è rigida e la sua revisione può avvenire secondo diverse modalità; contiene comunque clausole, come la nothwitstanding clause, che consentono di attenuarne in casi particolari l’applicazione. In Canada coesistono due diversi sistemi giuridici, quello di common law , inteso come diritto di produzione giurisprudenziale, a livello federale e delle province e quello di civil law in Québec. Dal 1982 la Corte suprema ha riconosciuto lo status di popolo sovrano dei nativi con 230
J. Frémont, Le fonti del diritto costituzionale canadese, in J. Frémont et al. (a cura di), L’ordinamento costituzionale del Canada, Giappichelli, Torino, 1997, 30.
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la conseguenza che ad essi si applicano le regole consuetudinarie presenti nell’ Aboriginal law231. Fonte primaria del diritto è, poi, la legge federale approvata da entrambi i rami del Parlamento con la sanzione regia. Come abbiamo visto le materie di competenza del legislatore federale sono elencate nel CA 1867. Spetta alle Corti esercitare un controllo di costituzionalità diffuso, concreto e incidentale: le leggi federali devono essere conformi non soltanto alla Costituzione, ma anche alla Carta dei diritti e delle libertà che è entrata in vigore nel 1982. Il Constiution Act, 1982 prevede agli artt. 1 e 32 che il legislatore possa limitare i diritti solo per motivi ragionevoli e giustificabili e che possa approvare leggi in deroga, per un periodo limitato a 5 anni rinnovabile, con gli articoli 2, 7-15 della Carta. Annualmente il ministro della giustizia presenta ad entrambe le Camere un rapporto in forza dello Statutes Repeal Act, 2008 nel quale elenca le leggi o le disposizioni che non hanno trovato applicazione da almeno 9 anni dalla loro entrata in vigore. Tutte le leggi o le disposizioni contenute nell’elenco vengono abrogate il 31 dicembre dell’anno in cui è presentato il rapporto, almeno che non vi sia una decisione contraria da parte del Parlamento. Le leggi provinciali possono disciplinare le materie espressamente previste dal CA 1867. Esse sono approvate dalle Assemblee monocamerali provinciali e devono ricevere l’assenso reale del vicegovernatore generale. Anche in Canada, come abbiamo detto, è frequente il ricorso alla legislazione delegata, dato che il Parlamento può delegare all’esecutivo in tutte le sue articolazioni o ad altri enti il potere di approvare atti normativi. Questi prendono il nome di statutory instruments, una definizione generica che comprende diversi atti232. La materia è disciplinata dallo Statutory Instruments Act del 1970: la legge ha stabilito che tutti gli statutory instruments debbano essere pubblicati sulla Canada Gazette, e sottoposti a scrutinio dello Standing Joint Committee for the Scrutiny of Regulations, un comitato bicamerale, che ha il compito di controllare che la delega sia esercitata in modo corretto. Non è ammessa la delega di competenze legislative tra diversi livelli di governo, anche se la Corte suprema, innovando la sua precedente giurisprudenza, nel 1951 ha ritenuto ammissibile la pratica dell’administrative inter-delegation, la possibilità, cioè, che il Parlamento federale o
231
E. Ceccherini, Strumenti alternativi di risoluzione delle controversie: l’influenza delle regole tradizionali dei popoli autoctoni sull’ordinamento canadese, in E. Ceccherini (a cura di), A Trent’anni …, cit., 237. 232
Lo Statutory Instruments Act, 1970 definisce lo statutory instrument : “any rule, order, regulation, ordinance, direction, form, tariff of costs or fees, letters patent, commission, warrant, proclamation, by-law, resolution or other instrument issued, made or established ... in the execution of a power conferred by or under an Act of Parliament”. R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons …, cit.
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quelli provinciali deleghino potere regolamentare ad autorità amministrative istituite ad un livello di governo diverso233.
I.2.2) Il rapporto fiduciario Il modello Westminster su cui si plasma la forma di governo canadese si fonda sulla convenzione della responsabilità collegiale del Governo nei confronti della Camera dei Comuni. Si tratta di una convenzione non formalizzata in alcuna legge né nei regolamenti parlamentari (confidence convention). È ancora una volta all’esperienza britannica che dobbiamo far riferimento per comprendere le caratteristiche del rapporto fiduciario in Canada. La responsabilità dei ministri nel confronti dei Comuni è sia individuale che collegiale. La responsabilità collegiale in Inghilterra è nata nel corso del XVIII secolo in una fase in cui il ruolo della Corona nell’esercizio del potere esecutivo era ancora rilevante, mentre l’evoluzione della forma di governo aveva fatto nascere anche la responsabilità collegiale del Gabinetto. Pertanto in Canada i ministri sono responsabili individualmente di fronte al Parlamento per le attività compiute nel loro dicastero e condividono la responsabilità collegiale del consiglio di Gabinetto, di modo che quando sono contrari alle decisioni governative sono tenuti a dimettersi. La convenzione comporta che la Corona nomini come ministri i componenti del Parlamento, soprattutto della Camera dei Comuni. Nell’ipotesi in cui il ministro non sia componente delle Assemblee (un caso si è verificato nel 1996, quando il prof. S. Dion venne nominato ministro degli affari intergovernamentali), il ministro deve cercare il prima possibile di partecipare ad una elezione per ottenere un seggio e, in caso di sconfitta, deve dimettersi234. Non si prevede un voto iniziale esplicito di fiducia per la formazione del Governo. La confidence convention comporta che se il Governo è battuto dall’approvazione di una mozione di censura (motion of no confidence) presentata dall’opposizione o se viene respinta la questione di fiducia (motion of confidence) posta dallo stesso Governo, l’esecutivo è obbligato a dimettersi oppure a richiedere nuove elezioni. Nel primo caso la Camera dei Comuni ha la possibilità di dar vita ad un Governo alternativo.
233
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons …, cit.
234
P. Malcolmson, R. Myers, The Canadian …, cit., 40.
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Non vi è una formula univoca per tali mozioni: quelle di censura devono contenere l’espressione “che la Camera ha (o non ha) fiducia nell’esecutivo”, quelle di fiducia presentate dall’esecutivo devono rendere esplicita tale volontà del Governo. È comunque considerato manifestazione di sfiducia il voto contrario della Camera sia a progetti di legge presentati dal Governo relativi al bilancio sia al programma di Governo presentato nello Speech from the Throne. La materia non è disciplinata dai regolamenti parlamentari e l’espressione mozione di censura (motion of no conficence), introdotta per la prima volta negli Standing Orders con la riforma dei regolamenti parlamentari del 1968 (Standing orders 58 [9]), ha conosciuto alterne vicende dato che è stata successivamente eliminata e reintrodotta nelle successive modifiche dei regolamenti. Come abbiamo visto la riforma dei regolamenti relativa all’elezione dello Speaker ha precisato che tale votazione non deve essere considerata una confidence motion nei confronti del Governo (Standing Order 6). A differenza di quanto avviene nel Regno Unito, in Canada sono stati frequenti i governi di minoranza (11 casi) e non quelli di coalizione, mentre solo sei sono state le occasioni in cui il Governo è stato sconfitto su una mozione votata dalla Camera, come risulta dalla seguente tabella. Tabella n. 12. Canada: Sconfitte del Governo che hanno portato a nuove elezioni
Data
Mozione
Esito votazione
1 luglio 1926
Mozione presentata da J.A. Robb sulla 96 Si, 95 No violazione dei privilegi da parte di alcuni ministri. Il Governo Meighen è stato battuto.
5 febbraio 1963
Emendamento alla Supply Motion 142 Si, 111 No presentata da L. Pearson. Il Governo Diefenbaker è stato battuto
8 maggio 1974
Sotto emendamento alla Ways and Means 137 Si, 123 No Motion (bilancio) presentata da D. Lewis. Il Governo Trudeau è stato battuto.
13 novembre 1979
Sotto emendamento alla Ways and Means 139 Si, 133 No Motion (bilancio) presentata da B. Rae. Il
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Governo Clark è stato battuto . 28 novembre 2005
Mozione di sfiducia presentata da S. 171 Si, 133 No Harper. Il Governo Martin è stato battuto.
25 Marzo 2011
Mozione presentata da Michael Ignatieff 156 Si, 145 No (Lib.). Il Governo Harper è stato battuto.
Nel 1926 il Governo di minoranza guidato da Meighen fu sconfitto per un voto (96 a 95) da una mozione di sfiducia. Il Governo Mackenzie King nel 1926 decise di dimettersi prima del voto e alcuni esponenti della dottrina considerano anche le sue come dimissioni derivate da un voto negativo. Nel 1963 il Governo di minoranza guidato da Diefenbaker cadde a seguito di una mozione presentata dall’opposizione. Nel 1974 il Governo di minoranza di Trudeau fu sconfitto su un emendamento sul Budget e lo stesso capitò al Governo Clark nel 1979. Nel 2005 il Governo di minoranza guidato da Martin fu battuto da una mozione di censura presentata dall’opposizione sul bilancio. Si deve poi ricordare che a seguito delle elezioni dell’ottobre 2008 il Premier Harper aveva dato vita ad un Governo di minoranza. Il progetto economico governativo, illustrato nel novembre 2008 dal ministro delle finanze, fu criticato dagli altri 3 partiti, i quali annunciarono la loro intenzione di votare al più presto una mozione di censura. Il 1 dicembre il leader dell’opposizione ufficiale scrisse alla Governor General Michaelle Jean comunicando che i tre partiti (che insieme avevano la maggioranza dei seggi ai Comuni) avevano perso la fiducia nei confronti dell’esecutivo e che due di loro (Liberali e NDP) erano pronti a dar vita ad un Governo alternativo con l’appoggio esterno del terzo (Bloc Québécois). Harper definì il tentativo un colpo di stato, affermando che avendo ottenutio la maggioranza relativa alle elezioni aveva diritto a governare. Tale interpretazione fu criticata dalla dottrina, secondo la quale l’unico esecutivo legittimato a governare è quello che riesce a ottenere la fiducia della Camera dei Comuni. Comunque, la Governatrice generale accolse la richiesta presentata da Harper di ottenenere una prorogation, istituto che in Canada consente di concludere la sessione parlamentare in corso facendo decadere tutti i progetti di legge in discussione. La conseguenza fu il rinvio della discussione sul voto di sfiducia al mese di gennaio successivo: in questo periodo il Governo conservatore riuscì a trovare un accordo sul bilancio con i liberali e, alla ripresa della sessione parlamentare, evitò la sfiducia235.
235
P. Malcolmson, R. Myers, The Canadian …, cit., 40; E. Adams, The Constitutionality of Prorogation, in Constitutional Forum constitutionnel, 2009, 17; J. Muir, Canada’s Neglected Tradition of Coalition Government in Constitutional Forum constitutionnel, 2009, 33; P. Neary, Confidence: How Much is Enough? in Constitutional Forum constitutionnel, 2009, 51; A. Heard, The Governor General’s Decision to Prorogue Parliament: A Chronology & Assessment, in Constitutional Forum constitutionnel, 2009, 1. K. Munro,
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Nel marzo 2011 il Governo Harper è stato battuto su un voto di sfiducia, ma alle successive elezioni il partito conservatore è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta ed Harper è stato riconfermato Primo ministro. Non sempre è semplice individuare cosa rappresenti un voto di sfiducia e non tutte le sconfitte parlamentari del Governo possono essere considerate voto di sfiducia. Spetta, infatti, all’esecutivo decidere se il voto negativo è tale da pregiudicare la propria permanenza in carica, anche quando lo stesso voto riguardi provvedimenti rilevanti o questioni economiche: casi di questo genere sono accaduti nel 1968 e nel 1983. I governi guidati da Harper sono stati più volte battuti alla Camera (come emerge dalla tabella seguente), ma il Premier non ha interpretato tali sconfitte come sfiducie nei confronti del loro operato.
Tabella n. 13. Canada: Numero di sconfitte del Governo Harper non considerate voto di sfiducia
Legislatura
Primo ministro
Numero di sconfitte
38° (04/10/2004-29/11/2005)
S. Harper, Governo di 104 minoranza
39° (03/04/2006-07/09/2008)
S. Harper, Governo di 104 minoranza
40° (18/11/2008-26/03/2011)
S. Harper, Governo di 105 minoranza
41° (02/06/2011-02/08/2015)
S. Harper, Governo di 8 maggioranza
Fonte: Tabella elaborata dall’autrice sulla base dei dati presenti nella Library of Parliament, Canada
Surrounding the Prorogation of Canada’s 40 th Parliament & the Crown, in Constitutional Forum constitutionnel 2009, 13.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
Inoltre, quando la sconfitta del Governo è il risultato di uno snap vote, quando cioè si deve all’accidentale assenza dei componenti del partito di governo, l’esecutivo non è tenuto alle dimissioni. Il Governo non deve dimettersi tra una legislatura e l’altra: se vince le elezioni rimane in carica, altrimenti si dimette.
I.2.3) Il Governo La forma di governo canadese è una monarchia parlamentare e il potere esecutivo è formalmente attribuito al Sovrano che lo esercita attraverso il Governor in Council, vale a dire il Governatore generale e il Privy Council per il Canada composto, ai sensi del CA 1867, da membri scelti dal Governatore generale. Il CA 1867 dedica poco spazio all’organizzazione e alla struttura dell’esecutivo e non fa cenno al Primo ministro e alla composizione del Governo: le convenzioni costituzionali che si sono affermate prevedono che il Primo ministro canadese sia nominato dal Governor General il quale sceglie il leader del partito che ha ottenuto la maggioranza dei seggi (assoluta o relativa) alla Camera dei Comuni. Nel 1968 il Privy Council Office ha pubblicato un Manual of Official Procedure of the Government of Canada dietro indicazione del Premier Lester Pearson al fine di fornire una guida per tutte le prassi, le procedure e le regole che disciplinano il funzionamento e le competenze dell’esecutivo236. Il Primo Ministro nomina i ministri che compongono il Governo. Essi entrano a far parte anche del Privy Council, del quale, peraltro, fanno parte anche membri che non hanno il titolo di ministri. Per convenzione i ministri sono scelti tra i componenti della Camera dei Comuni e più raramente del Senato (solo il Leader of the House fa sempre parte del Governo). Il Primo ministro gode di un ampio potere di patronage, vale a dire di nomina, potere che esercita proponendo al Governatore generale oltre al nome dei ministri, anche quello dei componenti del Senato, delle principali cariche giudiziarie, degli ambasciatori, dei Lieutenant Governors provinciali e, al sovrano, del Govenatore generale. A lui spetta, poi, decidere la data delle elezioni, fissare l’ordine del giorno dei lavori parlamentari e stabilire le priorità nell’agenda del Cabinet. Il Governo (Cabinet) è presieduto dal Primo ministro ed è composto da un numero variabile di ministri. Il Consiglio di Gabinetto è suddiviso in diversi comitati (i più importanti dei quali sono il Treasury Board e il Priorities and Planning Committee) ed è il motore dell’esecutivo: il Primo ministro e il Cabinet definiscono le principali scelte politiche nazionali e coordinano tutte le attività di governo. Ogni ministero è guidato da un Cabinet Minister che fa parte del Consiglio di Gabinetto ed è affiancato dai Secretaries of State. I ministri sono responabili 236
H. Davis, A. Miller, Manual of Official Procedure of the Governemnt of Canada, Privy Council Office, 1968; N.A. MacDonald, J.W.J. Bowden, The Manual of Official Procedure of the Governemnt of Canada: An Exposé, in Constitutional Forum constitutionnel 2011, 33.
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individualmente e collegialmente nei confronti della Camera dei Comuni. Per convenzione ogni provincia deve essere rappresentata nel Governo, il quale, quindi, risulta espressione dell’assetto federale più di quanto non lo sia il Senato237. Le competenze del Governo federale non sono definite dalla Costituzione nel presupposto che esse debbano rispecchiare quelle assegnate al Parlamento federale. I ministri hanno alle loro dipendenze un corpo di funzionari (civil servants) imparziali. In ogni ministero un funzionario (deputy minister) funge da collegamento tra il ministro e la macchina burocratica amministrativa. L’amministrazione canadese risulta articolata anche in agenzie amministrative, alle quali sono assegnati particolari compiti all’interno del settore pubblico. Spetta al Governo determinarne la composizione, le funzioni e il finanziamento. Altri organismi presenti nell’amministrazione pubblica, pur se collocati al confine tra pubblico e privato, sono poi le crown corporations238. Quattro central agencies coadiuvano il lavoro dell’esecutivo federale: 1) il Prime Minister’s Office (PMO) il quale è a servizio del Premier ed è composto da persone di sua fiducia che lo assistono nello svolgimento di tutte le sue funzioni: la sua composizione è variabile (nel 2015 risulta composto da 94 dipendenti); 2) il Privy Council Office (PCO), chiamato anche il dipartimento del Primo Ministro, che è composto da civil servants neutrali ed è guidato dal Clerk of the Privy Council and Secretary to the Cabinet, nominato dal Premier; l’ufficio ha il compito di fornire sostegno della pubblica amministrazione (e quindi non di parte) alle attività di governo del Premier e dei ministri, di offrire un canale di collegamento tra il Premier e l’amministrazione pubblica e di collaborare all’attuazione del programma dell’esecutivo; 3) Treasury Board of Canada Secretariat: si tratta di un ufficio che lavora per il Treasury Board, un comitato di Gabinetto composto dal presidente del Treasury Board e da altri quattro ministri nominati dal Premier con importanti compiti amministrativi; 4) Il Department of Finance Canada, che collabora con il ministro delle finanze nelle sue attività. Le scarne disposizioni del CA 1867 sull’esecutivo e la forte influenza britannica sull’articolazione della struttura e della forma di governo hanno favorito l’affermazione nella prassi della preminenza dell’esecutivo. Tuttavia, il modello Westminster nel corso del tempo si è adattato alla particolare realtà partitica e territoriale canadese. Il Premier canadese, a differenza dell’omologo britannico, infatti, è spesso alla guida di governi di minoranza e deve
237
G. Rolla, E. Ceccherini, Scritti di diritto costituzionale comparato, ECIG, Genova, 2007, 425.
238
R. Bifulco (a cura di), Ordinamenti federali …, cit. 272; A. Smith, The Roles and Responsibilities of Central Agencies, Library of Parliament, Publication No. 2009-01-E.
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costantemente mediare tra le molteplici istanze etniche, linguistiche, culturali, locali, nonché rispondere alle sollecitazioni particolari provenienti da gruppi di pressione e lobbies239. Tabella n.14. Canada: Elenco dei Premiers e durata dei governi
Anni
Primo Ministro
Partito
1867-73
J.A. Macdonald
Conservative
1873-78
A.Mackenzie
Liberal
1878-91
J.A.Macdonald
Conservative
1891-92
J. Abbot
Conservative
1882-87
J. Thompson
Conservative
1892-94
M. Bowell
Conservative
1894-96
C. Tupper
Conservative
18961911
W. Laurier
Liberal
1911-17
R. Borden
Conservative
1917-20
R. Borden
Unionist government
1920-21
A. Meighen
National Liberal Conservative
1921-26
W. L. Mackenzie King
Liberal
1926
A.Meighen
Conservative
1926-30
W. L. Mackenzie King
Liberal
1930-35
R. Bennet
Conservative
1935-48
W. L. Mackenzie King
Liberal
1948-57
L. St-Laurent
Liberal
1957-63
J. Diefenbaker
Progressive
239
and
Conservative
L’influenza delle lobbies nel 2006 ha determinato la necessità di introdurre una loro disciplina legislativa. N. Holmes, D. Lithwick, The Federal Lobbying System: The Lobbying Act and the Lobbysts’ Code of Conduct, Library of Parliament, Publication No. 2011-73_E.
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Party 1963-68
L.B. Pearson
Liberal
1968-79
P. Trudeau
Liberal
1979-80
J. Clark
Progressive Party
1980-84
P. Trudeau
Liberal
1984
J.Turner
Liberal
19841993
B. Mulroney
Progressive Party
Conservative
1993
K. Campbell
Progressive Party
Conservative
19932003
J. Chrétien
Liberal
20032006
P. Martin
Liberal
20062015
S. Harper
Conservative
2015-
J. Trudeau
Liberal
Conservative
La tabella evidenzia come fino agli anni ‘20 del novecento il Canada ha conosciuto l’alternanza tra liberali e conservatori, mentre tra gli anni ‘20 e gli anni ‘80, il partito liberale è stato al potere quasi continuativamente. Nel periodo compreso tra il 1921 e il 1984, infatti, il partito ha governato per circa 52 anni. A partire da quella data è, invece, ripresa l’alternanza con cicli lunghi tra liberali e conservatori.
I.2.4) Il Capo dello Stato Come retaggio del passato coloniale in Canada il Capo dello Stato è il monarca ereditario britannico che è rappresentato, a livello federale, da un Governatore generale (Governor General and Commander-in-Chief in and over Canada) e, a livello provinciale, da un Governatore luogotenente (Governor Lieutenant). La Corona canadese viene definita come “The Crown in right of Canada”. La distinzione accolta nel Regno Unito tra la Corona come istituzione e il monarca come persona si ritrova anche in Canada dove il termine Corona è
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utilizzato per indicare da un canto lo Stato, l’autorità di governo centrale, l’autorità pubblica, dall’altro il sovrano. Il sovrano britannico nomina e revoca il Governatore generale su consiglio del Primo Ministro; il Governatore rimane in carica di solito cinque anni, ma il periodo non è stabilito ed egli può restare anche oltre tale termine. Si tratta della carica più antica, presente già sia nella colonia New France che nelle colonie inglesi. A partire dal 1867 e fino all’approvazione dello Statuto di Westminster il Governatore ha svolto anche il ruolo di agente del governo britannico. La carica di Governatore generale è stata ricoperta, fino al 1950, da un cittadino britannico, membro della famiglia reale, o di una famiglia della nobiltà oppure militare in pensione. Dal 1952, invece, la carica è stata attribuita ad un cittadino canadese. Sono stato nominati sia personaggi politici sia persone estranee alla politica e rappresentanti di minoranze: dall’8 luglio 2010 il Governatore generale è David Johnston, che ha sostituito Michelle Jean, donna di colore di origine haitiana, rifugiatasi in Canada nel 1968. Il Governatore non ha poteri discrezionali, ma agisce solo dietro consiglio del Governo, se non nel raro caso di utilizzo delle “prerogative personali”. Le sue funzioni, fissate dal CA 1867, sono state successivamente estese da alcuni atti, tra cui statutory instruments nella forma di lettere patenti. In particolare devono essere ricordate le lettere patenti emanate nel 1947 (Letters Patent Constituting the Governor General of Canada) che hanno assegnato al Governatore il compito di esercitare i poteri e i diritti del Sovrano in Canada, on the advice del Governo. Al pari della Corona inglese le prerogative del Governatore generale riguardano diversi campi. In primo luogo quello delle nomine e del conferimento di onori: dietro consiglio del Gabinetto federale egli nomina i 105 componenti del Senato, lo Speaker di questa Camera, i Governatori delle province (Lieutenant Governors), i giudici, i diplomatici e gli alti funzionari. Egli ha anche il potere di nomina e revoca del Primo ministro e dei ministri del Governo. Come abbiamo visto, il Primo ministro, per convenzione, è il leader del partito che ha ottenuto il maggior numero di seggi ai Comuni, quello che è quindi in grado di ottenerne la fiducia. Nel caso in cui alle elezioni nessun partito abbia ottenuto la maggioranza assoluta, il Premier in carica può decidere se provare a chiedere la fiducia ai Comuni o dimettersi. In secondo luogo il Governatore è titolare di poteri in campo legislativo, quali la convocazione, proroga e scioglimento della Camera dei Comuni, potere quest’ultimo esercitato di fatto dal Premier. Il Governatore introduce, poi, ogni sessione parlamentare con il discorso dal Trono (Speech from the Throne) nel quale illustra il programma legislativo del Governo, dà l’assenso alle leggi e può, in casi eccezionali, emanare uno special warrant che autorizza il Governo ad effettuare spese pubbliche senza il voto del Parlamento, nel caso in cui quest’ultimo sia impossibilitato a farlo, come, ad esempio, dopo lo scioglimento della Camera. Il Governatore è il comandante in capo delle forze armate e a lui spettano
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
competenze negli affari esteri, nella sicurezza nazionale, nelle situazioni di emergenza nazionale240. Il Governatore svolge, infine, diverse funzioni cerimoniali e di rappresentanza dello Stato ed ha il potere di concedere la grazia. Le prerogative considerate personali, quelle che può esercitare senza consiglio del Governo, ma solo, esclusivamente, in circostanze eccezionali, sono la nomina e le dimissioni del Premier e lo scioglimento della Camera dei Comuni. Il Governatore può anche delegare alcune funzioni ai giudici della Corte suprema. In caso di morte o impedimento del Governatore generale le sue funzioni sono assunte dal giudice capo (Chief Justice) della Corte suprema o dal giudice più anziano che diviene Amministratore del Governo (Administrator of the Government). In caso di assenza per un periodo inferiore a trenta giorni il Governatore generale nomina un suo vice (Deputy Governor General) che agisce in suo nome. Anche in Canada, per convenzione, tutti i disegni di legge che riguardano le prerogative, i beni e gli interessi della Corona devono ottenere il consenso reale (Royal consent) prima dell’approvazione. Il consent è concesso attraverso un messaggio trasmesso da un ministro, in mancanza del quale lo Speaker non può sottoporre il bill a terza lettura; peraltro la legge è nulla se è stata approvata per errore senza richiedere il necessario consent241. Si deve rilevare, infine, che le Corti canadesi, a differenza di quanto avviene nel Regno Unito, negli Stati Uniti o in Australia, hanno affermato la loro competenza anche nelle “political questions” e sono intervenute in casi relativi all’uso dei poteri di prerogativa da parte del Governo242.
I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di Governo I.3.1) Il sistema elettorale per l’elezione della Camera dei Comuni Il Parlamento canadese è composto da due Camere, il Senato e la Camera dei Comuni. Il Senato non è elettivo, essendo composto da 105 membri, nominati dal Governatore generale su proposta del Primo Ministro. La carica di senatore, che fino al 1965, anno di approvazione 240
A. Banfield,G. Flynn, Activism or Democracy? Judicial Review of Prerogative Powers and Executive Action, in Parliamentary Affairs 2015, 135–153. 241
R. Marleau, C. Montpetit, House of Commons…, cit.; B. Cameron, The Office and Powers of the Governor General: Political Intention and Legal Interpretation, paper prepared for the presentation to the Canadian Political Science Association, 2011. 242
A. Banfield,G. Flynn, Activism or Democracy? …, cit.; B. M. Hicks, Guiding the Governor General’s Prerogatives: Constitutional Convention Versus an Apolitical Decision Rule, in Constitutional Forum constitutionnel 2009, 55.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
del British North America Act, (noto come Constitution Act) era detenuta a vita, è adesso mantenuta solo fino al compimento del settantacinquesimo anno di età. Il Senato non ha poteri equivalenti a quelli della Camera dei Comuni: ad esempio non ha il potere di concedere la fiducia all’esecutivo. La Camera dei Comuni è, invece, elettiva. Il numero dei deputati (308 nella Camera appena sciolta) è stato aumentato a 338 dopo l’ultimo censimento decennale per stabilire il numero e i confini dei distretti elettorali (riding) in base alla distribuzione della popolazione. I deputati sono eletti per un massimo di quattro anni, in collegi uninominali, detti distretti (un aspirante al seggio parlamentare non può candidarsi in più distretti), con il sistema maggioritario a turno unico, quindi nella variante plurality, vale a dire first-past-the-post. È cioè necessaria la sola maggioranza relativa dei voti in ogni collegio (distretto) per essere eletti. Dopo un iniziale allocazione dei seggi per distretto, calcolata in base al rapporto tra popolazione provinciale e quoziente elettorale, il numero finale viene assegnato in base a due clausole - la “senatoriale”, per cui nessuna provincia può avere una rappresentazione alla Camera inferiore a quella che ha al Senato, e la “Grandfather”, secondo la quale nessuna provincia può avere meno seggi di quelli che aveva nel 1985 – e una regola speciale, la “representation rule” che si applica alle sole provincia sovra-rappresentate in base alla popolazione. Ai seggi cosi determinati si aggiungono tre seggi dei territori dello Yukon, del North West Territories e del Nunavut. Il sistema elettorale canadese è ispirato a quello inglese ed è senz’altro il sistema di voto più diffuso nel mondo anglosassone. Il leader del partito che ha conquistato la maggioranza dei seggi in seno alla Camera dei Comuni è incaricato di formare il Governo dal Governatore Generale, che rappresenta il capo dello Stato vale a dire il sovrano di Inghilterra. Il sistema elettorale assicura al Governo la maggioranza parlamentare (spesso maggioranze relative) tuttavia nella storia anche recente del Canada è accaduto che venisse meno la fiducia alla Camera (una mozione di sfiducia può essere presentata dalle opposizioni oppure il Governo può vedersi bocciato il Bilancio oppure può verificarsi un voto contrario su un provvedimento sul quale il Governo ha posto la fiducia). In questo caso il Primo Ministro è obbligato a dimettersi (c’è un solo caso, nel 1968, in cui il Premier Pearson non si dimise ma restò in carica con il consenso degli altri partiti presenti in Parlamento). Così, se la durata della legislatura è fissata attualmente in quattro anni, il Primo Ministro può chiedere al Governatore Generale di indire le elezioni sostanzialmente in qualsiasi momento; tuttavia il Governatore può – come accaduto nel 1926 – incaricare un nuovo primo ministro di formare il Governo. Usualmente, però, la strada praticata in caso di sfiducia è quella del ricorso alle elezioni, come avvenuto nel 2011 e, più recentemente, nel 2015.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
L’opposizione gode di un riconoscimento ufficiale sotto l’aspetto istituzionale. Il ruolo è assegnato al secondo partito maggiormente votato il cui leader diventa capo del Governo ombra. Il Partito Conservatore è stato più volte alla guida del Paese, alternandosi con i Liberali. Questi due partiti si sono dunque scambiati i ruoli, salvo in tre occasioni: 1993, 1997 e 2011. Nei primi due casi il Reform Party ha ricoperto il ruolo di opposizione ufficiale al Governo guidato dai Liberali. Nel 2011 il New Democratic Party, un po’ a sorpresa, si è guadagnato sul campo il ruolo di oppositore ai Conservatori, scalzando i Liberali, relegandoli così al terzo posto. Nelle elezioni dell’ottobre 2015 nuovo ribaltamento e riproposizione dello scenario usuale: la maggioranza è stata conquistata – non senza sorprese - dai Liberali guidati dal giovane Justin Trudeau, figlio d’arte, con i Conservatori di Harper, premier uscente in carica dal febbraio 2006 e dunque tra i più longevi nel ruolo tra i capi di governo occidentali, nel ruolo di opposizione ufficiale. E con i socialdemocratici del New Democratic Party, in testa nei sondaggi fino a settembre 2005, a poche settimane dal voto, relegati al terzo posto. Infine, un accenno alle aspirazioni indipendentiste del Quebec, l’unica Provincia di lingua francese del Canada e tra le maggiori in termini di popolazione residente, che hanno trovato uno sbocco nel Bloc Quebecois, alleanza di partito indipendentisti che dal 1993 e, fino al 2011 (elezioni in cui ha quasi dimezzato i consensi a livello federale), è stato il vero ago della bilancia per i Governi conservatori. Il declino elettorale del Bloc Quebecois a livello federale – che pure incrementa lievemente i seggi alla Camera - non ha certo significato l’abbandono delle aspirazioni indipendentiste del Quebec. Tuttavia i partiti del blocco avevano conosciuto una battuta d’arresto anche nelle elezioni provinciali del 2014 (in controtendenza rispetto alle provinciali del 2012); con il risultato non esaltante delle elezioni del 2015, la prospettiva di un terzo referendum sull'indipendenza del Quebec, dopo quelli del 1980 e del 1995, si è decisamente allontanata.
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Tabella 15. Canada: Risultati elettorali per la House of Commons 2011 e 2015 2011 voti
2015 seggi
voti
%
seggi
voti
% p. p.
seggi
5.835.270 39,6
166
5.600.496
31,9
99
-234.774
-7,7
-67
Liberal Party of Canada
2.783.076 18,9
34
6.930.136
39,5
184
4.147.060 +20,6
+150
New Democratic Party
4.512.411 30,6
103
3.461.262
19,7
44
-1.051.149 -10,9
-59
Bloc Québécois
891.425
6,1
4
818.652
4,6
10
-72.773
-1,5
+6
Green Party of Canada
572.095
3,9
1
605.864
3,4
1
33.769
-0,5
0
Other
129.703
1,0
0
142.943
0,9
0
13.240
-0,1
0
Total
14.723.98 0 100,0
308
17.559.353 100
338
2.835.373 0,0
Conservative Canada
Affluenza urne
Party
%
Diff. 2015-2010
of
61,1
68,5
Fonte: Elaborazione dell’autore su fonti ufficiali Parlamento del Canada Nota: Per il 2015 sono i risultati preliminari
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+7,4 p.p.
+30
6. COUNTRY PROFILE CANADA
Le elezioni del 19 ottobre 2015 costituiscono una piccola rivoluzione e, per certi versi, una conferma della competitività del sistema partitico e della contendibilità della posta in gioco. I Liberali, che quattro anni prima erano il terzo partito, hanno conquistato la maggioranza dei seggi e conseguito un aumento di oltre venti punti percentuali (in termini di voti assoluti, l’incremento ammonta a oltre 4 milioni di voti), beneficiando in buona parte dell’incremento dell’affluenza alle urne di cui si parla più avanti) e della débâcle del Nuovo Partito Democratico (-10.9% e oltre un milione di voti in meno rispetto al 2011). Più contenuta in termini di voti assoluti, ma rilevante in termini percentuali, il calo dei Conservatori, che affrontavano le elezioni nel delicato ruolo di incumbent (-230 mila voti ma quasi 8% in meno). Il voto canadese conferma dunque l’idea che la competizione sia decisamente aperta e in questo favorita dall’offerta partitica poco ideologizzata e molto pragmatica. Altro aspetto peculiare delle elezioni del 2015 è costituito dal deciso incremento dell’affluenza alle urne, fatto non del tutto insolito nella storia politica canadese (anche tra il 2008 e il 2011 ci fu un incremento, sia pure di minore entità) ma, sicuramente valido per le altre democrazie occidentali, caratterizzate da un costante calo della partecipazione elettorale. Sia in termini assoluti (hanno votato quasi tre milioni di elettori in più) che percentuali (+7,4%), l’affluenza alle urne è aumentata in maniera vistosa, per cause non interamente riconducibili a fattori demografici e che dunque andranno indagate con studi più approfonditi.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
Tabella 16. Canada: Numero effettivo di partiti parlamentari ed elettorali: «House of Commons» (1945-2015)
anno
n. partiti L Sq. n. partiti in con > 5% Disp. di Parlamento voti Gallagher Eff nv
Eff ns
Seggi
1945
5
3
8,1
3,71
2,85
245
1949
5
3
20,62
2,83
1,75
262
1953
5
4
14,05
2,86
2,13
261
1957
5
4
2,91
2,99
2,84
263
1958
4
3
21,15
2,44
1,54
265
1962
5
4
6,43
3,23
2,84
265
1963
4
4
7,45
3,19
2,65
265
1965
6
3
10,19
3,31
2,59
265
1968
5
3
11,58
2,97
2,33
264
1972
5
4
6,26
3,25
2,84
264
1974
5
4
9,86
2,96
2,38
264
1979
5
3
10,41
3,09
2,45
282
1980
3
3
8,72
2,93
2,39
282
1984
4
3
20,91
2,74
1,69
282
1988
3
3
11,33
3,04
2,33
295
1993
6
5
17,67
3,93
2,35
295
1997
6
5
13,26
4,09
2,98
301
2000
5
5
13,56
3,77
2,54
301
2004
5
5
9,81
3,78
3,03
308
2006
5
5
8,61
3,75
3,22
308
2008
5
5
10,09
3,87
3,15
308
2011
5
4
12,42
3,43
2,41
308
2015
5
3
12,05
3,36
2,50
338
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
media
4,8
3,8
11,63
3,3
2,5
Fonte: Elaborazione dell’autore su fonti ufficiali (Parlamento del Canada) Nota: Per il 2015 sono i risultati preliminari Il sistema partitico canadese, secondo quanto emerge dall’esame di questa tabella, è un sistema imperniato su due partiti più uno: ma se la posta in gioco è effettivamente contesa da sole tre formazioni, in Parlamento hanno accesso almeno altri due partiti minori, veri e propri issue-party, il Bloc Quebecois, testimone delle volontà secessioniste dell’unica provincia francofona e il Partito dei Verdi. La dis-proporzionalità (rilevata con l’indice di Gallagher) appare piuttosto fluttuante, con un valore medio (1945-2015) di 11,6, quindi piuttosto elevato. 1.3.2) Il sistema elettorale per le elezioni sub-federali Le dieci province canadesi e il territorio dello Yukon adottano il medesimo sistema elettorale, il maggioritario nella variante plurality, impiegato nelle elezioni federali. Esistono Commissioni elettorali provinciali che organizzano e sovrintendono alle operazioni elettorali. Una provincia può, teoricamente, cambiare il proprio sistema elettorale in autonomia: ad esempio nel 2004 il Quebec avviò l’iter per adottare un sistema proporzionale, ma il percorso si interruppe per divergenze sulle modalità di attuazione della riforma. Altri tentativi di riformare il sistema elettorale provinciale in senso proporzionale o misto (o nella direzione di un voto trasferibile simile a quello australiano) sono stati effettuati in Ontario, New Brunswick, British Columbia e Prince Edward Island.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
II) Le istituzioni nella dinamica politica II.1) Il sistema dei partiti Il sistema dei partiti canadese a livello federale si è modellato sull’esempio del sistema partitico cui in origine si ispira, vale a dire quello inglese. Come ogni sistema Westminister, anche il canadese si è così sviluppato imperniandosi su due grandi partiti, i Liberali, tendenzialmente centristi (Liberal Party, un tempo chiamati Canada’s Natural Governing Party) e i Conservatori orientati più a destra, ma pur sempre moderati (Conservative Party, nati dalla fusione di due partiti, il Progressive Conservative Party e la Canadian Alliance, che in origine si chiamava Reform Party. Cosa diversa è invece il New Conservative Party). Nel corso degli anni, a partire dall’epoca della prima guerra mondiale, altri attori partitici hanno conquistato spazi e seggi, a cominciare dai Progressisti di ispirazione socialista (Co-Operative Commonowealth Federation e il suo successore, il New Democratic Party). Benché solo questi tre partiti siano stati presenti ininterrottamente alla Camera fin dal 1935, altri partiti minori (alcuni dei quali non più esistenti) hanno svolto un ruolo di un certo rilievo (e sono stati presenti in Parlamento) nella politica canadese: tra questi il Progressive Party, lo United Farmers of Alberta, il Social Credit, il Bloc Populaire e il Labour Progressive Party. Nel 1993 il Reform Party (quindi la Canadian Alliance nel 2000 che come detto hanno poi dato vita al Conservative Party) e, soprattutto, il Bloc Québécois, che raggruppa diverse formazioni indipendentiste. Alle elezioni del 2015 venticinque partiti hanno raccolto almeno un voto, anche se la competizione si è svolta tra i Liberali (che hanno poi conquistato la maggioranza), i Conservatori (in maggioranza al momento del voto) e il Nuovo Partito Democratico (accreditato del ruolo di seconda forza in Parlamento e in vantaggio nei primi sondaggi elettorali). Altri due partiti, il Bloc Québécois e i Verdi hanno eletto propri rappresentanti in Parlamento. Complessivamente, sono tre le formazioni che hanno totalizzato più del 5% dei voti. Dunque, è evidente che il sistema partitico canadese si sia evoluto nella direzione di un deciso superamento del bipartitismo classico, come del resto avvenuto anche in Inghilterra. Tra il 1945 e il 2015, in Parlamento (Camera) sono stati presenti in media quasi cinque partiti (4,8) e 4 di questi (il valore medio nel periodo 1945-2015 è 3,8) superano la soglia del 5% dei voti totalizzati. Nel medesimo arco temporale, i primi due partiti hanno totalizzato una media della somma dei voti pari a 72,9% (1945-2015) e una somma dei seggi (in percentuale) pari all’83%. Considerando i partiti che hanno la possibilità effettiva di conquistare la maggioranza dei seggi, dunque il Governo del Paese (e non solo una rappresentanza in Parlamento), la Pagina | 186
6. COUNTRY PROFILE CANADA
definizione di two party-plus (o two-parties and half) sembra maggiormente calzante per l’attuale sistema partitico canadese. In realtà sarebbe meglio, in presenza di più di due partiti che “contano” parlare di sistema a pluralismo moderato.
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
Tabella 17. Canada: Percentuali di voti e di seggi ottenuti dai due partiti maggiori nelle elezioni per l'«House of Commons » (1945-2015) I partito
II partito % voti
seggi
% seggi
seggi
somma voti
PCP
27,7
67
27,3
245
69,1
78,4
-9,3
72,5
PCP
29,7
41
15,6
262
79,8
88,2
-8,4
171
64,5
PCP
31
51
19,2
265
81,0
83,8
-2,8
39,0
112
42,3
LCP
42,3
105
39,6
265
81,3
81,9
-0,6
1958 PCP
53,7
208
78,5
LCP
33,6
48
18,1
265
87,3
96,6
-9,3
1962 PCP
37,3
116
43,8
LCP
37,4
99
37,4
265
74,7
81,1
-6,4
1963 LPC
41,7
129
48,7
PCP
32,9
95
35,8
265
74,6
84,5
-9,9
1965 LPC
40,2
131
49,4
PCP
32,4
97
36,6
265
72,6
86,0
-13,4
1968 LPC
45,5
155
58,7
PCP
31,4
72
27,3
264
76,9
86,0
-9,1
1972 LPC
38,5
109
41,3
PCP
35
107
40,5
264
73,5
81,8
-8,4
1974 LPC
43,2
141
53,4
PCP
35,44
95
36,0
264
78,6
89,4
-10,8
1979 PCP
35,9
136
48,2
LPC
40,1
114
40,4
282
76,0
88,7
-12,7
1980 LPC
44,3
147
52,1
PCP
32,45
103
36,5
282
76,8
88,7
-11,9
1984 PCP
50,0
211
74,8
LPC
28,03
40
14,2
282
78,1
89,0
-10,9
1988 PCP
43,0
169
57,3
LPC
31,92
83
28,1
295
74,9
85,4
-10,5
% voti
seggi
% seggi
1945 LPC
41,4
125
51,0
1949 LPC
50,1
190
1953 LPC
50,0
1957 PCP
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somma seggi
diff. votiseggi
6. COUNTRY PROFILE CANADA
1993 LPC
41,3
177
60,0
RP
18,7
52
17,6
295
60,0
77,6
-17,6
1997 LPC
38,5
155
51,5
RP
19,4
60
19,9
301
57,9
71,4
-13,5
2000 LPC
40,8
172
57,1
CRCP
25,5
66
21,9
301
66,3
79,1
-12,8
2004 LPC
36,7
135
43,8
CP
29,6
99
32,1
308
66,3
76,0
-9,7
2006 CPC
36,3
124
40,3
LPC
30,2
103
33,4
308
66,5
73,7
-7,2
2008 CPC
37,7
143
46,4
LPC
26,3
77
25,0
308
64,0
71,4
-7,4
2011 CPC
39,6
166
53,9
NDP
30,6
103
33,4
308
70,2
87,3
-17,1
2015 LPC
39,5
184
54,4
CPC
31,9
99
29,3
338
71,4
83,7
-12,3
medi a
41,9
152,4
54,1
31,0
81,6
28,9
72,9
83,0
-10,1
Fonte: Elaborazione dell’autore su fonti ufficiali (Parlamento del Canada) Nota: Per il 2015 sono i risultati preliminari Legenda: LPC= Liberal Party of Canada PCP= Progressive Conservative Party CPC= Conservative Party of Canada RP= Reform Party NDP= New Democracy Party CRPC= Canadian Reform Conservative Alliance
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6. COUNTRY PROFILE CANADA
I due maggiori partiti presenti sulla scena canadese (che si sono alternati nel ruolo, a seconda dei momenti storici), totalizzano una somma di voti media, in percentuale (ventitré tornate elettorali tra il 1945-2015) pari al 72,9%. In termini di seggi, per effetto della legge maggioritaria, questa somma (sempre in percentuale) è pari all’83%. Il
sistema
è
piuttosto
competitivo
e
garantisce
Pagina | 190
l’alternanza
tra
le
forze
politiche.
6. COUNTRY PROFILE CANADA
II.2) Il sistema di governo
II.2.1) Il lungo processo costituente La forma di governo parlamentare canadese è stata modellata, fin dall’epoca coloniale, su quella britannica e, al pari del modello di riferimento, si fonda per lo più su prassi e convenzioni sensibili anche al mutare delle particolari congiunture storico politiche. Si deve, tuttavia, riconoscere che esistono alcune differenze sostanziali tra il sistema di governo canadese e quello britannico ad iniziare dal principio della sovranità del Parlamento, che tanto incide sulla dinamica e sul funzionamento del Regno Unito e che, in Canada, è temperato dal fatto che il Parlamento è nato come Assemblea limitata nelle sue funzioni sia dalla legge del 1867, sia dalla presenza di una Costituzione scritta e rigida. Un’ulteriore differenza sostanziale riguarda, poi, il tessuto sociale dei due Regni: pur essendo entrambi plurinazionali, in Canada è senza dubbio accentuato il carattere multietnico e multiculturale della società con la presenza di comunità autoctone dotate di diritti ancestrali. Infine, diverso è il tipo di Stato, unitario con una asimmetrica devoluzione di poteri il Regno Unito, federale con asimmetrie il Canada243. Come abbiamo detto, il rapporto Governo-Parlamento in Canada ricalca il modello britannico anche perché, nonostante le profonde differenze esistenti tra i due Paesi, il sistema elettorale ha garantito la tendenziale presenza di esecutivi stabili e monopartitici (peraltro non sempre sostenuti da maggioranze assolute dei seggi) e ha visto per lo più l’alternanza di due principali partiti (conservatori e liberali). L’omogeneità sociale che ha permesso tale affermazione nel Regno Unito, però, non si riscontra in Canada, dove forte è il multiculturalismo e dove le differenze culturali, etniche e sociali costituiscono l’elemento caratterizzante di molte zone del Paese. Ma proprio in questa difficile realtà multiculturale le istituzioni federali hanno rappresentato il luogo principe della mediazione e del compromesso, il luogo dove hanno potuto essere rappresentate le diverse istanze provenienti dal territorio. I principali conflitti che hanno segnato la storia politico costituzionale canadese sono quelli tra le due comunità inglese e francese e tra le province dell’ovest (Alberta e British Columbia) e dell’est (Ontario e Québec), divise anche da questioni economiche. In particolare, le tendenze autonomistiche e separatiste del Québec hanno più volte messo in crisi il sistema costituzionale, come è avvenuto al momento dell’approvazione della legge del 1982 e della Carta dei diritti.
243
H. Kumarasingham, Exporting Executive Accountability? Westminster Legacies of Executive Power, in Parliamentary Affairs 2013, 579.
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Si deve ricordare in proposito che nel 1960 il Parlamento federale aveva approvato un Bill of Rights, l’Act for the Recognition and Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms, il quale riconosceva un elenco di diritti (vita, libertà, sicurezza, proprietà, religione, parola, riunione, associazione…) valido in via esclusiva per la federazione e non vincolante per le province, diritti la cui tutela poteva essere sospesa attraverso la clausola notwithstanding. Si trattava, comunque, di una legge ordinaria tanto che la Corte suprema, solo in un caso del 1970, aveva dichiarato nulle alcune disposizioni legislative perché contrarie ad essa. L’Atto venne anche sospeso negli anni ‘70 al fine di adottare alcune misure eccezionali, dopo l’uccisione da parte dei militanti indipendentisti del Québec del ministro laburisa Laporte244. Uno dei leaders politici più attenti alla necessità di introdurre un catalogo dei diritti che si ponesse l’obiettivo di tradurre il pluralismo culturale e sociale canadese in un elemento di unità nazionale fu il liberale Pierre Trudeau che, fin dalla fine degli anni ’60, si impegnò per la realizzazione del suo obiettivo. Trudeau promosse la tutela della lingua francese e il bilinguismo, favorendo l’adozione ufficiale di quest’ultimo con l’Official Languages Act,1969. Trudeau cercò il dialogo con i governi delle province e di grande rilevanza in questi anni fu anche il lavoro svolto dal Joint Committee parlamentare presieduto da Mark Guigan e da Gildas Molgat con il compito di esaminare gli aspetti maggiormente problematici della Costituzione. Il Joint Committee – attraverso la sua attività in giro per il Paese - riuscì a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di introdurre una riforma costituzionale245, obiettivo perseguito anche dalla Task force on Canadian unity istituita nel 1977. Nel 1978 Trudeau pubblicò il suo progetto di riforma nel documento A Time for Action che prevedeva la modifica del Senato, quella della composizione della Corte e l’introduzione di una Carta dei diritti, progetto che confluì nel Constitutional Amendment Bill presentato nel medesimo anno, un disegno di legge che però incontrò l’opposizione delle province. Il Premier organizzò, allora, con gli altri Capi di Governo un comitato permanente sulla Costituzione, comitato che però non pervenne ad alcun risultato. In Québec, invece, a partire dagli anni ’60, era iniziato quel processo noto come “rivoluzione tranquilla” guidata dal Governo liberale, che aveva condotto ad una modernizzazione economica e sociale della provincia permettendole, così, di acquisire una maggior consapevolezza della propria identità nazionale. Nel 1968, poi, era nato il Parti Québécois, fondato da René Lévesque, il quale aveva tra i suoi obiettivi quello di ottenere il riconoscimento della sovranità del Québec. Soprattutto dalla metà degli anni ‘70 la politica
244 F. Lanchester, La “patriation”…, cit., 342. 245 E. Ceccherini, Il processo di adozione della Carta dei diritti e delle libertà: un processo costituente a tappe, in G. Rolla (a cura di), L’apporto della Corte suprema alla determinazione dei caratteri dell’ordinamento costituzionale canadese, Giuffrè, Milano, 2008, 10.
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del partito assunse toni fortemente separatisti e, per la prima volta al potere nel 1976, scelse di indire un referendum, attraverso il quale ottenere il mandato per trattare con il Governo federale la questione dell’indipendenza. Il quesito sottoposto agli elettori il 20 maggio 1980 venne però respinto dal 59,5% dei voti246. A seguito del risultato referendario e della nuova vittoria alle elezioni del 1980 il Premier Trudeau cercò di accelerare l’approvazione della sua riforma e organizzò una serie di conferenze federali-provinciali per confrontarsi con i Primi ministri delle diverse province. Il 6 ottobre 1980 presentò in Parlamento una risoluzione (resolution) contenente il progetto diretto al definitivo “rimpatrio” della Costituzione, il quale prevedeva il coinvolgimento delle province nel processo di revisione costituzionale, nonché una Carta dei diritti che tutelasse anche quelli linguistici. Il rimpatrio doveva avvenire attraverso un atto del Parlamento britannico, dato che il British North America Act 1867 non aveva assegnato tale potere al Canada. Del resto in questi anni l’ex madre patria aveva scelto di non intervenire in assenza di una specifica e chiara richiesta proveniente dal Canada stesso. La resolution di Trudeau fu oggetto di un lungo dibattito parlamentare che si concluse, nell’aprile 1981, con l’approvazione di alcuni emendamenti. Essa venne poi sottoposta all’esame di reference della Corte suprema, a seguito dell’analogo quesito posto alle loro Corti da tre province247. Il Governo si domandava, tra l’altro, se la nuova legge avrebbe modificato i rapporti tra la federazione e le province, i diritti e i privilegi di queste; in caso affermativo si chiedeva se il Governo federale potesse sottoporre tale richiesta a Westminster senza il consenso delle province ed in particolare chiedeva quale fosse la fonte (legge o convenzione) che rendeva obbligatorio il consenso delle province (“Was the consent of the provinces to the proposed amendments required by law?, Was the consent of the provinces to the proposed amendments required by convention?”). Nel giudizio espresso il 28 settembre 1981 (Re Resolution to Amend the Constitution [1981] 1 S.C.R. 753) la Corte affermò che la riforma avrebbe avuto effetti sui rapporti tra stato federale e province; con 7 giudici a favore e 2 contrari sostenne, poi, che il consenso delle province non era richiesto per legge, e con 6 giudici a favore e 3 contrari indicò l’esistenza di una convenzione costituzionale per la quale era richiesto il “substantial degree” di consenso delle province per introdurre la riforma. 246 P. W. Hogg, The New Canadian Constitution, in American Journal of Comparative Law 1984, 221; G. Remillard, The Constitution Act, 1982: An Unfinished Compromise, in American Journal of Comparative Law 1984, 269; L.Bruti Liberati, L. Codignola, La difficile evoluzione costituzionale del Canada, in G. Rolla (a cura di), Lo sviluppo dei diritti fondamentali in Canada. Tra Universalità e diversità culturali, Giuffrè, Milano, 2000, 1; P. Dumberry, The Secession…., cit., 361. 247
D. C. M. Yardley. The Patriation of the Canadian Constitution, in Holdsworth Law Review 1982, 84; P. W. Hogg, Patriation of the Canadian Constitution: Has it been achieved?, in Queen's Law Journal 1982-1983, 123; A. Lajoie, Il Québec e la Costituzione canadese: “processo” al federalism, in J. Frémont et al. (a cura di), L’ordinamento …, cit., 88.
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A seguito della sentenza il Primo ministro convocò una nuova conferenza federale-provinciale (Constitutional conference) che riuscì a raggiungere un accordo nel novembre 1981. Intanto il Québec, contrario alla Carta dei diritti che non le riconosceva lo status di “società distinta”, richiese prima alla sua Corte, poi a quella federale se fosse possibile approvare tale legge senza il suo consenso: il giudizio di entrambe fu affermativo. Così fu raggiunto l’accordo sul testo costituzionale da parte di 9 province con l’esclusione del Québec e il Parlamento federale sottopose una Joint Resolution a Westminster contenente la richiesta di approvazione della legge. Nel marzo 1982 il Parlamento di Londra approvò il Canada Act, 1982 contenente il Constitution Act che includeva la Carta dei diritti fondamentali e introduceva diverse modalità aggravate per la revisione costituzionale. Il Constitution Act e, soprattutto, la Carta dei diritti hanno contribuito alla diffusione di un diritto federale unico e di un nucleo centrale di valori comuni e condivisi che rappresentano le fondamenta dell’identità nazionale canadese. La Carta riconosce, infatti, come abbiamo visto, i diritti che spettano a tutti i cittadini canadesi “da costa a costa”, contribuendo in tal modo a dare un senso di appartenenza e di unità, ma al contempo tutela le specifiche articolazioni sociali, linguistiche e culturali e riconosce i diritti delle popolazioni indigene, nonché quelli delle province in relazione alle proprie risorse naturali248. La Carta prevede diverse clausole derogatorie e interpretative che consentono il bilanciamento tra i diritti delle particolari identità dei gruppi e quelli di tutti i cittadini. L’art. 37 del Constitution Act prevedeva la convocazione di una conferenza dei Primi ministri e dei rappresentanti delle popolazioni native, conferenza che si tenne nel 1983 e che condusse alla modifica dell’art.35 della Costituzione, nel senso che nessuna riforma relativa agli articoli 25, 35, 94 del CA 1982 e della Carta dei diritti può essere presentata senza la previa approvazione della stessa da parte di una conferenza costituzionale alla quale partecipino i rappresentati dei popoli autoctoni. I tentativi di revisione diretti a coinvolgere anche il Québec nel rimpatrio della Costituzione furono molteplici. Il nuovo Primo Ministro conservatore Brian Mulroney, a partire dal 1984, tentò di trovare un accordo, la sua politica sembrò avere successo soprattutto quando, nel 1985, il Parti Québécois venne sostituito alla guida del Governo della provincia dal partito liberale guidato da Robert Bourassa. Dopo lunghe trattative nel 1987 il Premier Mulroney organizzò a Meech Lake, nel Québec, i negoziati con i Primi Ministri delle 10 province e con loro raggiunse un’intesa per riconoscere il Québec come società disinta e conferire alle province maggiori poteri nei settori dell’immigrazione, nomina dei giudici, emendamenti alla Costituzione e in materia di spesa. L’accordo, ratificato dal Parlamento, per entrare in vigore avrebbe avuto bisogno dell’approvazione di tutte le 10 province, ma solo 8 su 10 si pronunciarono a favore, dato che il Newfoundland e il Manitoba non lo accettarono 248
E. Ceccherini, Il processo di adozione…, cit., 42; G. Rolla, I caratteri…, cit., 3.
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soprattutto a motivo della forte opposizione degli Indiani e degli Inuit, che avrebbero voluto vedere riconosciute anche le loro istanze e non solo quelle del Québec. Fallito questo tentativo il Governo del Québec annunciò la sua intenzione di tenere un altro referendum per l’indipendenza, una prospettiva che sollecitò Mulroney a riprendere le trattative per trovare un nuovo punto di incontro. Le riunioni si tennero a Charlottetown e il nuovo accordo, raggiunto tra i Primi Ministri, i leaders dei territori e le organizzazioni degli aborigeni, riprendeva quanto stabilito a Meech Lake e garantiva ulteriori diritti alle province e ai popoli nativi249. L’accordo fu sottoposto ad una procedura non prevista dalla Costituzione, quella del referendum popolare, e il 26 ottobre 1992 venne respinto dalla maggioranza del 54,4%250. Il fallimento di questa politica costò al partito conservatore una clamorosa sconfitta alle elezioni del 1993, nelle quali passò da 169 seggi a 2, mentre il partito del Bloc Québécois (la versione federale del Parti Québécois provinciale) e il Reform party, di estrema destra, contrario al multiculturalismo e presente soprattutto nell’ovest del Paese, riuscirono, invece, ad affermarsi a livello nazionale. Nel 1994 in Québec vinse il partito Québécois guidato da J. Perizeau, il quale sottopose ai cittadini un nuovo referendum per l’indipendenza che si tenne il 30 ottobre 1995 e che confermò la vittoria del No, anche se con uno scarto molto ridotto di voti. Come abbiamo detto, a seguito di questo referendum, il Governo canadese ha sottoposto alla Corte tre quesiti relativi all’esistenza nell’ordinamento interno o in quello internazionale di un diritto alla secessione unilaterale del Québec. La richiesta indirizzata alla Corte fu la seguente: “1)Under the Constitution of Canada, can the National Assembly, legislature or government of Québec effect the secession of Québec from Canada unilaterally?; 2) Does international law give the National Assembly, legislature or government of Québec the right to effect the secession of Québec from Canada unilaterally? In this regard, is there a right to self-determination under international law that would give the National Assembly, legislature or government of Québec the right to effect the secession of Québec from Canada unilaterally?; 3) In the event of a conflict between domestic and international law on the right of the National Assembly, legislature or government of Québec to effect the secession of Québec from Canada unilaterally, which would take precedence in Canada?” Nel suo giudizio di reference (Reference re Secession of Québec [1998] 2 S.C.R. 217) la Corte ha affermato che il diritto internazionale riconosce il diritto alla secessione solo in alcune ipotesi - tra cui quella di una oppressione nei confronti di una particolare comunità nessuna delle quali era ravvisabile nel caso del Québec. Per quanto riguardava il diritto
249
D.Beatty, Amending the Canadian Constitution, in Constitutional Forum 1992-93, 53.
250
P. Malcolmson, R. Myers, The Canadian …, cit.,.
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interno, poi, i principi fondanti della Costituzione del Canada, sia scritti sia radicati nella tradizione e nel constitutional common law, non riconoscevano un diritto alla secessione unilaterale. Tale diritto non era attribuibile neanche nell’ipotesi di un voto favorevole espresso dalla maggioranza di una popolazione in un referendum, eventualità, quest’ultima, che avrebbe comportato, infatti, esclusivamente l’obbligo delle parti di iniziare i negoziati: solo una modifica della Costituzione canadese avrebbe potuto legittimare la secessione. La sentenza, come abbiamo visto, ha avuto anche il merito di individuare i principi fondamentali e immodificabili della Costituzione canadese: il federalismo, la democrazia, il costituzionalismo, la rule of law, la protezione delle minoranze251. Nel 2000, poi, come abbiamo detto, il Canada attraverso l’approvazione del Clarity Act ha assegnato alla Camera dei Comuni un ruolo di estremo rilievo nella gestione di eventuali futuri referendum secessionistici, dato che a lei spetterà il compito di verificare l’ammissibilità del referendum e la presenza di una chiara maggioranza a favore dell’eventuale secessione. La legge è stata aspramente criticata perché ha reso praticamente impossibile la secessione del Québec. Si ricorda, tuttavia, che il dialogo tra la federazione e il Québec non si è interrotto e ha condotto, nel novembre 2006, al voto di una mozione, sottoposta dal Premier Harper alla Camera dei Comuni, diretta a riconoscere al Québec lo status di nazione all’interno del Canada unito (“That this House recognize that the Québécois form a nation within a united Canada”)252. La mozione è stata approvata con 266 voti a favore e 16 contrari. In sede di dibattito parlamentare, politico e dottrinario la mozione ha sollevato dubbi sia sul contenuto del concetto di nazione, sia sul valore giuridico della dichiarazione. Il Bloc Québécois aveva presentato un’analoga mozione in cui chiedeva tale riconoscimento, ma senza specificare che esso doveva avvenire nell’ambito del Canada unito, mentre nel 2003
251
G. Rolla, Il referendum sulla sovranità del Québec ed il futuro del Canada. Alcuni paradossi costituzionali, in Giur. Cost. 1996, 3269-3285; G. Poggeschi, Il diritto di secessione del Québec secondo la Corte suprema del Canada, in Le istituzioni del federalismo 1998, 1173-1197; N. Olivetti Rason, A proposito della secessione del Québec: tre quesiti e quattro risposte, in Diritto pubblico comparato ed europeo 1999, 889-902; Id., Brevi note sul referendum consultivo in Canada (alla luce di una recente pronuncia della Corte suprema), in S. Gambino, C. Amirante (a cura di), Il Canada. Un laboratorio costituzionale. Federalismo, Diritti, Corti, Cedam, Padova, 2000, 77-86; T. Groppi, Il Canada tra riforma ...., cit., 337; 361-364; T. W. Simon, Remedial Secession: What the Law Should Have Done, from Katanga to Kosovo, in Ga. J. Int'l & Comp. L. 2011, 105-173 (136); C. De Fiores, D. Petrosino, Secessione, Ediesse, Roma, 1996, 42; M. D. Walters, Nationalism and the Pathology of Legal Systems: Considering the Québec Secession Reference and its Lessons for the United Kingdom, in The Modern Law Review 1999, 371; S. Tierney, Constitutional Referendums: The Theory and Practice of Republican Deliberation, Oxford University Press, Oxford, 2012, 141; R. Levy, “Deliberative Voting”: Realising Constitutional Referendum Democracy, in Public Law 2013, 555; D. Haljan, Constitutionalising Secession, Hart, Oxford, 2014, 298; P. Dumberry, The Secession…., cit., 361. 252
Hansard, Houses of Commons Debates, 39 th Parliament, 1st session, N. 87, November 27, 2006 (); G. Passaniti, Il Québec è una “nazione ”: un passo verso la “riconciliazione” o la secessione?, in Federalismi.it, 2/2007 G. Martinico, I Québécois come Nazione. Una mozione della House of Commons canadese riconosce i Québécois come Nazione all’interno del Canada unito, www.associazionedeicostituzionalisti.it.
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l’Assemblea del Québec aveva approvato una risoluzione secondo la quale “the people of Québec form a nation”. Si deve ricordare, comunque, che negli ultimi anni si è andata attenuando la spinta indipendentista del Québec, tanto che il Parti Québécois ha subito una pesante sconfitta alle ultime elezioni provinciali dell’aprile 2014. Alle elezioni politiche federali del 19 ottobre 2015, poi, il partito ha ottenuto 10 seggi, un risultato leggermente migliore rispetto alla disfatta subita nel 2010, ma che non consente al partito di formare il proprio gruppo parlamentare.
II.2.2) Multiculturalismo e pluralità di diritti Come abbiamo visto, la Costituzione del 1982, artt. 25 e 35, e la Carta dei diritti riconoscono e tutelano le minoranze, tra cui quelle rappresentate dai popoli nativi - First Nation (Indiani), Inuit e Métis, un riconoscimento che secondo la dottrina ha comportato un cambiamento nella politica della federazione nei confronti di tali popolazioni. Essa, infatti, è passata dalla linea di integrazione forzata, a quella del riconoscimento e della tutela della loro specificità, come affermato anche nel documento pubblicato nel 1996 dalla Royal Commission on Aboriginal Peoples253. Si deve precisare che l’articolo 35 specifica che i diritti delle comunità aborigene sono in primo luogo gli inherent rights, i diritti ancestrali, di cui i nativi sono titolari non per concessione, ma in via originaria in virtù della tradizione, a cui si aggiungono quelli derivanti dai trattati che le comunità aborigene hanno stipulato sin dai primi tempi della colonizzazione, 22 dei quali successivi al 1982. In merito agli inherent rights, la Corte ha affermato che essi sono radicati nel tempo perché derivano dallo storico possesso delle terre da parte delle tribù (sentenze Calder del 1973 o Guerin del 1984) ed ha riconosciuto la tradizione come fonte del diritto. Nel valutare il bilanciamento dei diritti atavici rispetto a quelli garantiti da altre leggi del Paese, la Corte ha cercato sempre di tutelare i primi, limitandoli solo in casi eccezionali (sentenza Sparrow,
253
Royal Commission on Aboriginal Peoples, Report of the Royal Commission on Aboriginal Peoples, Ottawa, Minister of Supply and Services Canada, 1996. Nell’800 il governo canadese aveva scelto la strada della politica dell’assimilazione che prevedeva di sottrarre alle famiglie i ragazzi delle popolazioni aborigene e farli educare in scuole per formarli secondo la cultura canadese. I governi pretendevano, inoltre, di decidere in merito a tutte le questioni riguardanti gli indiani senza il loro diretto coinvolgimento. Il tentativo del Premier Trudeau, attraverso la presentazione del White paper sugli indigeni nel 1969, di integrare le comunità autoctone incontrò la decisa opposizione di queste e fallì. Nel 1998 e nel 2008 rispettivamente i governi Chrétien e Harper hanno presentato le scuse ufficiali per quanto commesso nei confronti delle popolazioni aborigene ed è stata istituita una commissione per la Verità e la riconciliazione per indagare su quanto avvenuto nel passato. J. Webber, The Constitution…, cit., 229.
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1990 sul diritto di caccia e pesca degli indiani). La Corte, poi, ha affermato l’impossibilità di elencare in modo esaustivo e valido per tutti gli aborigeni i diritti ancestrali, dato che essi variano da comunità a comunità (sentenza Van der Peet) 254. In relazione ai diritti derivanti dai trattati, si ricorda che, fin dalla Royal Proclamation del 1763, era stato stabilito che gli indiani non erano sottoposti alla giurisdizione inglese, se non nel caso in cui nella controversia fosse coinvolto un cittadino britannico, che le popolazioni native erano riconosciute come Nations e che i coloni non potevano disporre dei territori di queste. Tali accordi vennero confermati con il trattato di Niagara del 1764 stipulato tra la Corona e le comunità indiane, i cui rapporti si consolidarono nel corso degli anni. A questo trattato ne seguirono diversi altri che attibuirono ulteriori diritti agli aborigeni. Tuttavia le Corti, fino all’approvazione del CA 1982, hanno avuto difficoltà a riconoscere valore giuridico alle quanto stabilito dai trattati, che erano considerati prevalentemente atti politici, non difendibili davanti alle Corti di giustizia255. La Corte, dal 1982 a oggi, ha emanato più di 50 sentenze in tema di diritti degli aborigeni, cercando di interpretarli tendenzialmente a loro favore, di limitarli, come detto, solo in casi eccezionali e di adeguarli – ove possibile - alle nuove necessità. Il riconoscimento giuridico operato dal CA 1982 ai diritti delle popolazioni indigene non ha posto fine alle questioni, dato che particolarmente problematico è stato, in questi anni, riuscire a bilanciare la specificità dei diritti autoctoni con i diritti e i principi generali universalmente accolti. Un esempio puù essere costituito dalla condizione della donna che, in alcune tradizioni, risulta inferiore a quella dell’uomo e quindi è in netto contrasto con il principio di uguaglianza affermato nella Costituzione256. In proposito si ricorda che l’art. 35 riconosce i diritti dei popoli aborigeni in egual misura a uomini e donne e che la Corte federale di fronte a casi di discriminazione tra donne e uomini previsti nell’Indian Act (legge approvata per la prima volta nel 1876), ha dovuto scegliere quale diritto far prevalere, quello universale o quello particolare delle comunità autoctone. A seguito di decisioni che ritenevano legittima la diversa condizione tra uomini e donne indiani, il Parlamento ha deciso di modificare l’Indian Act (la prima volta nel 1985) in modo da adeguarlo al dispositivo della Carta. Una conferma della capacità del Canada di accettare una pluralità di ordinamenti giuridici si può cogliere sul piano giudiziario. Per le popolazioni indigene, infatti, sono riconosciuti forme specifiche di risoluzione delle controversie (alternative dispute resolution) che si
254
E. Ceccherini, Un antico dilemma: integrazione o riconoscimento della differenza? La costituzionalizzazione dei diritti delle popolazioni aborigene, in G. Rolla (a cura di), Eguali …, cit., 58; J. Webber, The Constitution…, cit., 233. 255
E. Ceccherini, Un antico dilemma …, cit., 87; J. Webber, The Constitution…, cit., 246.
256
E. Palici di Suni, Multiculturalismo e parità tra uomo e donna in Canada, in E. Ceccherini (a cura di) A trent’anni…, cit., 178.
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riallacciano alle tradizioni tribali. Attraverso il CA 1982 e la riforma del codice penale del 1996 è stato possibile utilizzare le procedure dei cosiddetti circles attraverso i quali i nativi risolvono le vertenze all’interno della loro comunità. Tali procedure possono prevedere o meno la supervisione del giudice di common law. Le pene comminate consistono, di solito, in un periodo di servizio presso la comunità: il che ha aperto non pochi problemi di conciliazione con i principi e le regole della giustizia penale comunemente accettate dalla cultura occidentale, in particolare quando si tratta di reati di cui sono stati vittime donne e minori.
II.2.3) Il sistema partitico e il ruolo del Premier Come abbiamo detto dopo una fase, durata fino agli anni ‘20 del Novecento, durante la quale il Canada ha visto la rotazione tra liberali e conservatori, tra gli anni ‘20 e gli anni ‘80, il partito liberale ha avuto il quasi assoluto monopolio del potere, tanto da essere considerato il “naturale partito di governo”, mentre dal 1984 è ripresa la ciclicità degli esecutivi con lunghi periodi di alternanza tra liberali e conservatori. Cinque le elezioni tenutesi tra il 2004 e il 2015 (2004, 2006, 2008, 2011, 2015), in tre delle quali nessun partito è riuscito ad ottenere la maggioranza assoluta. Un risultato che ha condotto non già alla formazione di governi di coalizione, ma di minoranza: i Canadesi non sembrano favorevoli alle coalizioni di governo dato che il loro voto è indirizzato soprattutto verso il candidato Premier257. Nel 2004 il partito liberale ha ottenuto la maggioranza relativa con 135 seggi; alla Camera furono eletti anche altri 3 partiti che andarono all’opposizione, quella ufficiale era costituita dal partito conservatore (Conservative Party), nato alla fine del 2003 dalla fusione tra il Progressive Conservative Party e la Canadian Alliance258, con 99 seggi, il Bloc Québécois con 54 seggi e il Nuovo partito democratico (New Democratic Party) con 19 seggi. Il Premier Martin ha dovuto cercare compromessi e accordi con i partiti di opposizione, dando il via ad una fase di maggior collaborazione e cooperazione anche nell’ambito dei lavori parlamentari. Nel 2006, invece, anche a seguito di alcuni scandali di corruzione, il partito liberale è entrato in crisi e le elezioni sono state vinte dal partito conservatore di Stephen Harper, che ha ottenuto la maggioranza relativa (124 seggi). Il partito liberale con 103 seggi è divenuto l’opposizione ufficiale, mentre il Bloc Québécois e il Nuovo partito democratico, 257
J. Ibbitson, Why Michael Ignatieff ha to rule out a coalition, in The Globe and the mail, 27/03/2011; Y. Dufresne, N. Nevitte, Why do Publics Support Minority Governments? Three Tests, in Parliamentary Affairs 2014, 825. 258
E. Langer, J.F. Godbout, Why Do Parties Merge? The Case of the Conservative Party of Canada, in Parliamentary Affairs 2010, 41–65.
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rispettivamente con 51 e 29 seggi hanno confermato e, nel secondo caso rafforzato, la loro presenza in Parlamento. Nel 2008, nella speranza di aumentare la propria maggioranza, il Premier ha richiesto lo scioglimento anticipato, ma alle elezioni di quell’anno è riuscito ad ottenere 143 seggi, senza riuscire a raggiungere la soglia dei 155 seggi richiesti per la maggioranza assoluta. Il partito liberale è stato confermato nel ruolo di opposizione ufficiale, pur perdendo molti seggi (ne ha avuti 77), il New Democratic Party ha ulteriormente incrementato la propria presenza in Parlamento (37 seggi), mentre il Bloc Québécois ha subito un lieve calo. Gli anni degli esecutivi minoritari guidati dai conservatori sono stati segnati da instabilità di governo e forte conflittualità tra i partiti, accentuati soprattutto dalle frequenti campagne elettorali: di conseguenza numerosi disegni di legge governativi non sono riusciti ad essere approvati e il Premier è dovuto ricorrere spesso a strumenti come il contingentamento dei tempi parlamentari, la presentazione di bill omnibus e la proroga delle sessioni. Riguardo a questo ultimo aspetto, durante la legislatura iniziata nel 2008, il Premier Harper ha richiesto due volte la proroga della sessione parlamentare: nel primo caso, nel 2008, come abbiamo visto, per rinviare un voto di sfiducia, nel secondo caso, nel 2009, per evitare la prosecuzione del lavoro di una commissione di inchiesta che indagava su presunti episodi di tortura a danno di prigionieri afghani custoditi dai militari canadesi. Le opposizioni hanno più volte cercato di ostacolare l’attuazione del programma di governo sia in materia economica sia nei progetti sulla sicurezza interna e internazionale, tanto che nel marzo 2011 i tre partiti di opposizione sono riusciti a far cadere il Governo approvando una mozione di sfiducia nei confronti dell’esecutivo per “oltraggio al Parlamento”, dato che – a loro parere - Harper non forniva informazioni adeguate in merito ai costi di alcuni punti del suo bilancio259. Le elezioni tenutesi il 2 maggio 2011 hanno visto, per la terza volta consecutiva, la vittoria del Conservative Party, che è riuscito a raggiungere la maggioranza dei seggi (166). Le elezioni hanno ridefinito gli equilibri interni al panorama partitico federale: per la prima volta nella storia del Canada, infatti, il partito liberale non solo non si è affermato come partito di Governo, ma nemmeno come opposizione ufficiale poiché, avendo ottenuto solo 34 seggi, è stato sostituito in tale ruolo dal New Democratic Party (cui erano stati attribuiti 103 seggi). Quest’ultimo ha raccolto molti consensi in Québec dove, invece, è stata pesante la sconfitta del Bloc Québécois, guidato dal leader Gilles Duceppe, il quale ha conquistato solo 4 seggi. Gli abitanti del Québec sono, perciò, risultati meno sensibili alle richieste separatiste e
259
M.R. Radiciotti, Dalla frammentazione al riallineamento: la vittoria dei Conservatori e dei Neodemocratici e la parabola discendente dei liberali e dei nazionalisti del Bloc Québécois, in Nomos. Le attualità nel diritto, 2012, 1.
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indipendentiste260 e più favorevoli alle proposte di politiche sociali ed ambientali portate avanti dal NDP, anche in contrapposizione al piano di austerità presentato dal partito conservatore. Infine, per la prima volta un seggio è andato al partito verde del Canada261. Il risultato del 2011 ha posto fine ai governi minoritari e inaugurato una nuova fase. Tale risultato è legato a diversi fattori: il partito liberale in quegli anni era stato travolto da alcuni scandali mentre il partito conservatore si era presentato, fin dalle elezioni del 2004, come partito nuovo, il cui obiettivo era quello del risanamento economico, della moralizzazione dei costumi e della lotta alla corruzione della classe politica e aveva potuto vantare i successi conseguiti, a partire dal 2006, dal Governo Harper sotto il quale il Canada aveva conosciuto una forte ripresa economica. L’elettorato era stato convinto anche dalla solidità del pacchetto anticrimine presentato dai conservatori. Harper, il 2 giugno 2015, ha chiesto al Governatore generale lo scioglimento della Camera dei Comuni, con molto anticipo rispetto alle elezioni del 19 ottobre. Come abbiamo visto, la legge sulla durata fissa del Parlamento approvata nel 2007 stabilisce che le elezioni si tengano il terzo lunedì del mese ogni 4 anni, ma il Premier continua ad avere il potere di richiedere – quando lo ritenga opportuno – lo scioglimento anticipato. Ha avuto così inizio una campagna elettorale molto lunga, la più lunga dal 1872, che è stata concentrata soprattutto sui temi economici, su quelli ambientali e sull’immigrazione in un clima diverso rispetto alle elezioni del 2011: la crescita economica del Paese è infatti negli ultimi anni andata rallentando, anche a motivo del crollo dei prezzi del petrolio, tanto che il Canada è ormai vicino alla recessione e Harper non ha potuto realizzare la promessa fatta di riportare in pareggio il bilancio entro il 2015. Nel corso della campagna elettorale per le elezioni di ottobre 2015, Harper è stato accusato dai suoi avversari politici di aver “americanizzato” il sistema di governo e di aver trasformato radicalmente il Canada allontanandolo dalla sua tradizione moderata, sia in tema di politica ambientale (nel 2011 si è ritirata dal protocollo di Kyoto), sia nelle relazioni internazionali, sia nell’approvazione di leggi anti terrorismo restrittive dei diritti di libertà che hanno reso la società meno aperta rispetto al passato, sia – infine - dalla tradizione social democratica e dal 260
Il parti québécois ha vinto le elezioni politiche provinciali del 2012 in Québec, ma solo con la maggioranza relativa e dopo 18 mesi di governo minoritario ha perso le elezioni del 2014 ottenendo solo il 24,5% dei voti, mentre il partito liberale il 41,4%. T. Carafa, M.R. Radiciotti, La vittoria del Partì Québécois guidato da Pauline Marois, in Nomos. Le attualità nel diritto, 3/2012. 261
M.R. Radiciotti, Dalla frammentazione al riallineamento: la vittoria dei Conservatori e dei Neodemocratii e la parabola discendnete dei liberali e dei nazionalisti del Bloc Québécois, in Nomos. Le attualità nel diritto, 1/2012, 1.; Id, Vecchi e nuovi profili della specificità del Québec a confronto nel dibattito elettorale per il rinnovo dell’Assemblea nazionale, in Nomos. Le attualità nel diritto, 2/2012, 1.
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welfare. È stata altresì criticata la sua visione dei rapporti tra Stato federale e province, una visione per la quale il primo ha limitato i suoi interventi riducendo la sua pressione fiscale, ma anche limitando fortemente la prestazione dei suoi servizi con la conseguenza di lasciare ampio spazio alle province e quindi di svolgere alcuna funzione riequilibratrice tra le più ricche e le più povere. Inoltre, nel 2013, anche il partito conservatore è stato coinvolto in uno scandalo per alcuni illeciti compiuti in tema di rimborso spese da quattro senatori che erano stati nominati dal Premier, offuscando così l’immagine moralizzatrice del partito. A queste critiche si è aggiunta quella della comunità musulmana la quale ha contestato Harper di essersi pubblicamente espresso contro la sentenza della Corte d’appello del 2014 che aveva ritenuto legittima la decisione di una donna di origine pachistana, Zunera Ishaq, di indossare il niqab alla cerimonia di conferimento della cittadinanza canadese. E la critica è stata condivisa anche da larga parte dell’opinione pubblica che ha considerato la posizione assunta da Harper contraria alla tradizione del Canada di apertura verso le diversità e di protezione dei diritti delle minoranze. Con la nuova legislatura, iniziata dopo le elezioni dell’ottobre 2015, è entrata in vigore la riforma introdotta nel 2011, per la quale il numero dei membri della Camera dei Comuni è aumentato a 338, facendo salire a 170 seggi la soglia per ottenere la maggioranza assoluta. Le elezioni del 19 ottobre hanno portato alla vittoria del partito liberale, dopo 9 anni di opposizione. Il Liberal Party of Canada ha ottenuto 184 seggi e, quindi, la maggioranza assoluta della Camera dei Comuni. Il partito è guidato – dal 2013 - da Justin Trudeau, figlio dello storico leader del partito Pierre Trudeau, primo ministro del Canada dal 1968 al 1984. Nel corso della campagna elettorale Trudeau era stato accusato da Harper e dai suoi oppositori politici di non avere l’esperienza per guidare il Paese, anche perché egli non ha svolto nemmeno il ruolo di leader dell’opposizione ufficiale. Tuttavia, Trudeau è riuscito a intercettare il desiderio di cambiamento proveniente dall’elettorato, riuscendo così a risalire nei sondaggi, a conquistare la fiducia dei cittadini e a passare da terza forza politica ai Comuni a partito di governo. Il partito liberale ha ottenuto il 39,5% dei voti e il 54,4% dei seggi. Bisogna, inoltre, evidenziare che il partito liberale è riuscito ad ottenere consensi diffusi in tutto il vasto territorio della federazione, compresi il Québéc e i territori dell’Ovest, e in tal modo può sentirsi legittimato appieno a governare per l’intero Paese, in tutte le sue molteplici sfaccettature. Il partito conservatore ha ottenuto 99 seggi, vale a dire il 29,3%, e il 31,9% dei voti. Le elezioni del 2015 sono state considerate dai media come un referendum a favore o contro la visione del Canada di Harper e il risultato negativo è stato attribuito anche allo stile della sua amministrazione, accusato di essere arrogante e di inasprire le divisioni. A seguito del risultato Harper si è dimesso dalla leadership del partito.
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Il New Democratic Party (NDP), partito di ispirazione social-democratica, ha ottenuto 44 seggi (19,7% dei voti e 13% di seggi), un risultato al di sotto delle aspettative soprattutto se confrontato con quello del 2011, quando era riuscito a divenire, come abbiamo visto, opposizione ufficiale. Il partito ha perso consensi in Québec, a vantaggio dei Liberali. Il New Democratic Party è stato fondato nel 1961 e non ha mai governato a livello federale, mentre nelle elezioni in Alberta, del maggio 2015, è riuscito ad ottenere la maggioranza, sconfiggendo il partito conservatore. Il suo leader è Thomas Mulcair, il quale ha presentato agli elettori un programma contro l’austerità fiscale, a favore dell’aumento delle imposte per le grandi imprese e a nuovi investimenti nel welfare. Una proposta politica che lo ha avvicinato per molti aspetti a quella presentata dal partito liberale, tanto che, nel corso della campagna elettorale, quando i sondaggi davano i due principali partiti molto vicini, i liberali e i NDP, avevano annunciato di essere disponibili a formare un Governo di coalizione in caso di hung Parliament. Entrambi i partiti, poi, hanno in comune la volontà di introdurre una riforma del sistema elettorale dei Comuni. Il Bloc Québécois ha ottenuto 10 seggi rimanendo al di sotto della soglia minima di 12 seggi per essere riconosciuto come gruppo parlamentare. Si conferma, quindi, il trend negativo del partito, confermato, come abbiamo visto, anche nelle elezioni provinciali del 2014. Infine il Green party ha avuto confermato il suo unico seggio. Il risultato di queste elezioni, a differenza di quanto, invece, avvenuto nel Regno Unito, in Israele e in Grecia, era stato correttamente previsto dai sondaggi delle ultime settimane. In conclusione appare possibile affermare che la forma di governo canadese, al pari di quella britannica, ha conosciuto una tendenziale presidenzializzazione, soprattutto a partire dagli anni ‘60, con la carismatica e lunga premiership di Pierre Trudeau. Tuttavia, la frequenza di governi di minoranza e la necessità di ascoltare tutte le molteplici e variegate istanze presenti nel vasto territorio del Paese hanno messo in evidenza che il ruolo del Premier è soprattutto quello di ricercare una sintesi non solo tra le forze politiche, ma anche tra le diverse sollecitazioni provenienti dalle tante comunità e dalle tante realtà territoriali che compongono il Canada. Una pluralità che risulta confermata dalla convenzione per cui nel Governo devono essere rappresentate tutte le province262. Questo secondo aspetto della presidenzializzazione canadese può essere colto nell’esperienza dei governi Harper. Nelle legislature del 2006 e del 2008 Harper ha presieduto un Governo di minoranza e ha dovuto cercare mediazioni con le altre forze politiche e, là dove questo non è stato possibile, ha imposto la propria linea politica ricorrendo agli strumenti parlamentari consentitigli. Quando, poi, dal 2011 ha presieduto un Governo di maggioranza e ha potuto adottare uno stile più presidenziale, tale linea è stata 262
L. Petrillo, Le istituzioni …, cit. 75.
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criticata dall’interno del suo stesso partito e dalle opposizioni come politica autoritaria e poco trasparente263: una critica che il risultato delle elezioni del 19 ottobre mostra essere stata condivisa dall’opinione pubblica.
263
N. Olivetti Rason, P.L. Petrillo, La presidenzializzazione dei governi nelle democrazie contemporanee: tendenze e controtendenze nell’esperienza del Canada, in A. Di Giovine, A. Mastromarino (a cura di), La presidenzializzazione degli esecutivi nelle democrazie contemporanee, Giappichelli, Torno, 2007, 265.
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III) Focus tematici
III.1) I meccanismi di raccordo tra amministrazione centrale ed enti federati Per comprendere a pieno il modello di federalismo adottato in Canada è necessario risalire al British National Act del 1867 che ha rappresentato lo strumento attraverso cui entità distinte – prima di allora separate – si sono aggregate e che ha disciplinato, a livello costituzionale, lo status dei rapporti tra due livelli di Governo: quello dello Stato centrale e quello delle Province. Inizialmente, quello delineato è stato un dual federalism sia in considerazione del fatto che netta è stata la separazione delle competenze spettanti alle Province e allo Stato centrale, sia perché quest’ultimo risultava essere prevalente anche grazie alla clausola dei poteri residui prevista con la formula “peace, order and good government” (art.91 BNA). Tale federalismo, però, è stato destinato ad un’evoluzione in senso cooperativo intrapresa a livello giurisprudenziale – con le pronunce del Privy Council di Londra prima e della Corte suprema canadese poi – e a livello di Conventions of the Constitution (consuetudini costituzionali). In entrambi i casi si è proceduto ad un rafforzamento delle competenze spettanti in capo agli organi legislativi provinciali, comportando dunque una limitazione di quelle federali. Nonostante la sua evoluzione, il federalismo ha subito una profonda fase di crisi a partire dagli anni Settanta che ha portato alla conclusione dell’Accordo di Meech Lake del 1987 e dell’Accordo di Charlettetown del 1992, finalizzati ad un ripensamento sul ruolo e sui poteri di entrambi i livelli di governo264. Le ragioni di tale crisi, per alcuni autori, sono principalmente ascrivibili a tre ordini di ragioni: il differente intendimento di concetto di comunità politica, il delinearsi di un deficit democratico i cui effetti negativi si ripercuotono direttamente sui cittadini e la presenza di procedure decisionali federali eccessivamente rigide e farraginose.265 A prescindere da ciò, l’ordinamento canadese prevede diversi meccanismi di collaborazione intergovernativa sin dai suoi albori. Difatti, risale al 1868 la prima conferenza tra i
264
Così come l’accordo di Meech Lake del 1987 anche quello di Charlettetown del 1992 si poneva come obiettivo primario la modifica del Canada Act del 1982 (ossia la Costituzione) al fine di tutelare i gruppi minoritari autoctoni. Nello specifico, tutte le minoranze presenti sul territorio sarebbero state poste sullo stesso piano, eccezion fatta per il Québec che sarebbe stato riconosciuto come distinct society. Entrambi gli accordi non sono mai entrati in vigore in quanto il primo non è stato ratificato da tutte le Assemblee legislative, mentre il secondo è bocciato dal referendum consultivo popolare. 265
Per un approfondimento, cfr. Frémont, J., Lajoie, A. et al., L’ordinamento costituzionale del Canada, Torino, Giappichelli 1997, 69.
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rappresentanti dei Governi centrale e provinciali, sebbene le riunioni successive abbiano avuto una cadenza del tutto saltuaria fino agli anni Sessanta e si sono regolarizzate solamente negli anni successivi. Tale trasformazione, coincidente con il passaggio dal federalismo duale a quello cooperativo, è dovuta principalmente all’espansione dell’ambito economico, che ha avuto effetti positivi intensificando il sistema delle relazioni intergovernative. La cooperazione di tipo verticale tra Federazione e Province si basa sulla conclusione di accordi e dichiarazioni di intenti di natura volontaristica, che non sono disciplinati a livello legislativo, tanto é vero che – in alcuni casi – si rende necessario il loro recepimento attraverso una normativa federale o provinciale. Inoltre, la Corte Suprema ha equiparato tali accordi ad una sorta di contratti conclusi tra i Governi e il Parlamento, che non solo possono essere suscettibili di modifica unilaterale da parte del Governo federale, ma quest’ultimo può altresì violare i termini dell’intesa raggiunta senza incorrere in sanzioni266. A livello di organi, invece, è possibile innanzitutto richiamare la First Ministers Conference (FMC), presieduta dal Primo Ministro federale e che vede la partecipazione dei Premier delle dieci province canadesi. In via di prassi, le riunioni vengono di solito precedute da un incontro informale che testimonia la supremazia del Governo centrale nei rapporti tra centro e periferia. Secondo l’opinione di una parte della dottrina canadese, tale organo, che è andato progressivamente ad assumere una sempre maggiore importanza, in particolar modo con la vittoria della formazione Liberale alle elezioni del 1993, sembrerebbe aver perso negli ultimi anni il proprio smalto incamminandosi verso un inesorabile declino267. Al fine di arginare tale fenomeno e con l’obiettivo di conferire un più alto grado di prescrittività delle sue decisioni, è stata avanzata l’ipotesi di una sua costituzionalizzazione, ma siffatto tentativo non è andato a buon fine. A prescindere da ciò, rappresenta comunque la sede capace di risolvere i conflitti ad un livello più alto, fornendo al tempo stesso linee guida per i meetings tenuti a livello regionale e territoriale. Appare dunque evidente come l’FMC, se da un lato ha avuto il merito di colmare una lacuna nella costituzione canadese, dall’altro ha rappresentato un forum di consultazione e regolamentazione dei rapporti tra i due livelli di governo, che si influenzano vicendevolmente: quello federale e quello regionale. In secondo luogo, appare doveroso richiamare l’agenzia istituita con legge federale nel 1973, nota con il nome di Canadian Intergovernmental Conference Secretariat (CICS), il cui organico è frutto di una compenetrazione di entrambi i livelli di governo (federale e provinciale/territoriale). La sua composizione si riflette direttamente sulle funzioni che esso è
266
Cfr. Finlay v. Canada Minister of Finance 1 R.C.S. 1080, 1993.
267
Cfr. Bolleyer, N., Intergovernmental cooperation. Rational choices in Federal System and beyond, New York, Oxford University press, 2009
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chiamato a svolgere, principalmente quella di predisporre incontri non solo per i Governatori, ma altresì per i Ministri e, nel caso, organizzare le cd. Regional conferences.268 Il Council of the Federation, istituito nel 2003 dalle ceneri della precedente Annual Premiers Conference e per iniziativa del Québec, si riunisce poco meno di due volte l’anno ed assolve il compito precipuo di unire le province in maniera più efficiente grazie ad un processo di contrattazione interno in quanto riunisce i Primi Ministri provinciali e dei Territori, rappresentando dunque una sede orizzontale di raccordo. Nell’assolvere i suoi compiti, è supportato dallo steering committee of Deputy Ministers269 e da un Secretariat, chiamati a preparare le riunioni del Consiglio. La cooperazione intergovernativa si estrinseca anche attraverso l’istituzione di organi di concertazione con attribuzioni specifiche quali ad es. le conferenze interministeriali di natura strettamente settoriale, composte dai rappresentanti dei diversi livelli federale, provinciale e territoriale, chiamate ad assolvere i compiti per i quali sono preposte: decidere le priorità dell’intervento pubblico, stabilire l’indirizzo delle politiche di settore e coordinare l’attività svolta dai diversi livelli di governo270. L’eccessivo ricorso alle relazioni intergovernative, che oggi risultano essere preponderanti nella dinamica dei rapporti tra centro e periferia, è comunque sintomatica della fragilità e di un’incapacità della seconda Camera di assolvere i propri compiti, ossia di organo rappresentativo delle istituzioni territoriali. Tale inadeguatezza è anche dovuta alla particolare composizione che lo contraddistingue. Difatti, sulla base del modello britannico, il Senato canadese non è elettivo, ma si compone di 105 membri nominati dal Governatore Generale, su proposta vincolante del Premier, che rimangono in carica sino al raggiungimento del settantacinquesimo anno di età. Tale configurazione ha suscitato numerose critiche perché, nel silenzio della Costituzione, i Senatori non sono né rappresentativi delle popolazioni delle Province, né tantomeno degli esecutivi provinciali, quanto piuttosto espressione di una sorta di ricompensa a vantaggio di coloro che si dimostrano fedeli al partito di maggioranza, che
268
A titolo meramente esemplificativo è possibile richiamare il Western Premiers’ meeting.
269
Il Deputy Minister of Employment and Social Development Canada (che svolge le funzioni di Presidente); il Secretary of the Treasury Board; il President of the Canada School of Public Service; il Chief Statistician of Canada; il Deputy Secretary, Plans and Consultations, Privy Council Office; e da un co-chair di ciascuno dei policy committees dei Comitati di coordinamento dei Vice Ministri: Economic Trends and Policies; Climate Change, Energy and the Environment; Social Trends, Policies and Institutions; Global Trends, Foreign Affairs and Defence Issues. 270
Tra le numerose conferenze, a titolo meramente esemplificativo, è possibile richiamare il Council of Minister of education (CMEC) fondato nel 1967 come organo di concertazione in materia di istruzione ovvero il Council of Ministers of the Environment competente in materia ambientale, etc.
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condiziona irrimediabilmente il rapporto tra Governo e maggioranza parlamentare271. Nonostante le modifiche apportate alla Costituzione, attraverso cui è stato determinato il numero dei componenti, appare evidente come in questo modo sia stato di fatto vanificato l’assetto federale del Senato canadese. Numerose sono le proposte di riforma del Senato – che in alcuni casi propongono anche l’extrema ratio della sua soppressione –, ma che fino ad oggi sono rimaste semplici ipotesi. Un’ultima notazione riguarda le sedi di cooperazione e raccordo di tipo orizzontale: sebbene non sia prevista alcuna normativa nel merito, queste sono andate affermandosi in via di prassi tramite la conclusione di accordi ovvero dichiarazioni di intenti che possono essere recepite con legge o con altra fonte di natura provinciale.
III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento Secondo il Canada Election Act, appositamente riformato, i partiti che concorrono alle elezioni possono (non è obbligatorio) registrarsi presso l’Ufficio elettorale: la registrazione è però indispensabile per apparire sulla scheda elettorale, per ricevere finanziamenti e donazioni e per partecipare al rimborso delle spese determinate dal Governo federale. Può essere perfezionata fino a sessanta giorni prima delle elezioni generali. La registrazioni di un partito (che, secondo il Canada Elections Act è un’organizzazione che ha tra gli scopi principali quella di partecipare alla vita pubblica, sostenendo uno o più membri come candidati alle elezioni) è dunque volontaria, in taluni casi indispensabile (lo è sempre per partecipare alle elezioni) ma non è automatica, bensì soggetta al soddisfacimento di alcuni requisiti: tra questi, avere almeno 250 membri/elettori e appoggiare ufficialmente almeno un candidato alle elezioni. I partiti possono cancellarsi volontariamente o essere cancellati se non soddisfano più i requisiti. Al momento di compilare questa scheda (20 ottobre 2015) i partiti registrati, riportati sul sito del Parlamento, erano trentotto.
271
La nomina dei Senatori dovrebbe avvenire nel rispetto di una distribuzione territoriale per Province e Territori secondo quanto sancito dall'articolo 22 del Constitution Act 1867. Cfr. Rolla, G., Ceccherini, E., Scritti di diritto costituzionale comparato, Genova, ECIG, 2007.
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Essere membro di un partito in Canada vuol dire essere attivi nella vita del partito stesso e pagare una tessera. Tra i diritti, la possibilità di concorrere all’elezione del leader di partito e votare su varie altre questioni interne, come gli emendamenti alla costituzione del partito. La partecipazione attiva alla vita e alle attività dei partiti canadesi è piuttosto scarsa: solo il due per cento dei canadesi effettivamente è iscritto a un partito politico. Si è accennato alla leaderizzazione e all’importanza del leader nella vita dei partiti canadesi. I partiti canadesi, similmente ai partiti statunitensi, scelgono i loro leader attraverso lo strumento delle Convenzioni - un’Assemblea dei membri del partito (Convention) - anche se con alcune particolarità rispetto alle primarie USA, tra cui l’uso del voto segreto che favorisce il voto strategico e, a volte, determina il successo di outsider rispetto a militanti di lungo corso. In genere, le Conventions sono convocate quando è necessario, elegger un nuovo leader e non hanno una cadenza prefissata. Uno degli aspetti che caratterizza l’attività (parlamentare) dei partiti ma che ha stretti legami con la natura organizzativa del partito stesso, è la cosiddetta "disciplina di partito”. In sostanza, questo vuol dire che i deputati di un particolare partito politico sono tenuti a votare tutti allo stesso modo. Questo accade soprattutto perché i partiti canadesi hanno una leadership molto centralizzata. In caso di ribellione a questa regola, il parlamentare può essere espulso dal caucus del partito (il gruppo dei membri ufficialmente riconosciuto) e costretto schierarsi tra gli indipendente, e gli può addirittura essere vietato di correre sotto la bandiera del partito alle successive elezioni. Molto probabilmente, la disciplina di partito tipica dei partiti canadesi è la più rigorosa di ogni democrazia occidentale. I partiti politici canadesi beneficiano di finanziamenti pubblici e privati. Il finanziamento pubblico è basato soprattutto sui rimborsi per le spese elettorali, dai sussidi per-voto, assegnati in base ai voti totalizzati dai partiti. I contributi politici provenienti da privati individui sono di fatto regolamentati in maniera rigida. Il contributo beneficia di un credito di imposta. Il sussidio per voto consiste in un contributo governativo per ogni voto totalizzato nelle precedenti elezioni in ogni distretto elettorale dove il partito aveva dei candidati; indispensabile che il partito avesse totalizzato almeno il 2% dei voti validi alle precedenti elezioni federali o il 5% nel distretto elettorale. Tale contributo, originariamente di poco più di due dollari per voto, è stato ridotto nel 2012 a poco più di un dollaro e mezzo per voto e successivamente eliminato. I contributi individuali beneficiano di un credito di imposta del 75% per i primi 400 dollari e via a scalare fino al 33% per le somme superiori ai 750 dollari, per un ammontare massimo di 650 dollari di credito in un anno.
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Il rimborso delle spese elettorali consiste nella restituzione di circa la metà delle spese sostenute in campagna elettorale ai partiti che abbiano totalizzato almeno il 2% dei voti a livello federale o almeno il 5% nei distretti dove hanno presentato candidati. Sul sito del Parlamento canadese i dati aggiornati si fermano al 2003. Altre fonti (Election Canada) riportano il quadro finanziario relativo al 2009: i primi cinque partiti beneficiarono di 127,71 milioni di dollari, di cui l’88,2% (112 milioni di dollari) di fondi pubblici e il resto privati. I partiti sono obbligati a dichiarare l’identità solo di chi contribuisce con donazioni superiori alla somma di 200 dollari, tutti i contributi di importo inferiore sono di fatto anonimi.
III.3) La rappresentanza di genere L’ordinamento Canadese non dedica particolare attenzione al conseguimento di un’equilibrata partecipazione femminile nel campo della rappresentanza politica e negli incarichi di nomina pubblica, sebbene alla Costituzione sia stata annessa la “Canadian charter of rights and freedoms”, che ha previsto tra i diritti e le libertà fondamentali quelli all’Equality Rights, in virtù del quale è sanzionata qualsiasi discriminazione, comprese quelle operate sulla base del fattore sessuale.272 A tali previsioni, però, non è seguita l’adozione di una normativa che introducesse strumenti adeguati nell’ottica della rappresentanza delle donne all’interno delle Assemblee parlamentari. Sono stati piuttosto i partiti politici a prevedere delle quote volontarie, introdotte per regolamentare al proprio interno la scelta dei candidati da inserire nelle liste elettorali. È facilmente desumibile quindi che la parità di genere nella rappresentanza tra uomini e donne rimanga un aspetto del tutto ideale. Il Parlamento canadese è articolato in due Camere: la House of Commons, l’unica rappresentativa dell’intero corpo nazionale, e il Senato (rappresentativo delle Province), i cui membri sono nominati su proposta del Primo Ministro, dal Governatore Generale. Nonostante la progressiva crescita del numero di donne elette in entrambi i rami del Parlamento a partire dagli anni Venti273 e dunque dei risultati estremamente positivi raggiunti grazie alla previsioni di quote endogene, sussistono tutt’oggi delle limitazioni che impediscono il raggiungimento di una piena eguaglianza da un punto di vista sostanziale e che 272
Cfr. Canadian charter of rights and freedoms, Chapter I, art. 15 sez. 1, 2 e 28.
273
La prima donna eletta alla Camera dei Comuni è stata Agnes Macphail nel 1921, mentre nel 1930 Cairine Wilson è stata la prima donna nominata al Senato. In particolar modo l’incremento della rappresentanza femminile si è registrato negli ultimi anni. Cfr. Women in Parliament, Parliament of Canada.
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non devono essere sottovalutate: non solo le candidate devono essere scelte dal partito, ma esse devono essere anche votate dal corpo elettorale.274 I progressi possono comunque essere letti a livello interno, dove le donne sono state chiamate a rivestire anche ruoli apicali di alcuni importanti partiti politici sia in molte province, sia a livello nazionale: ad es. è possibile richiamare i due maggiori partiti che fino a poco tempo fa si sono alternati alla guida del Governo, ossia il New Democratic Party (NPD), che ha adottato una quota pari al 50% alle elezioni federali ed introdotto una regola per cui è doveroso schierare almeno una candidata a livello di elezioni federali; e il Liberal Party of Canada (LPC) che ha introdotto una quota più bassa finalizzata al raggiungimento del 25% di donne elette. Di significativa rilevanza, inoltre, è la proposta sulla parità di genere in materia elettorale, sottoposta a referendum nella regione autonoma del Nunavut nel 1997, nonostante abbia avuto un esito negativo dovuto al no del 57% degli elettori.275 Se la proposta fosse passata sarebbero stati eletti una donna nella cd. Women’s list ed un uomo Men’s list, per ogni circoscrizione elettorale. Parte della dottrina ritiene che opportune modifiche al sistema elettorale possano essere sufficienti a rendere le aule parlamentari più “women-friendly”, di cui proprio il modello proporzionale e il ricorso alle quote elettorali risultano essere gli strumenti più incisivi. In tal senso, trovano ragion d’essere le proposte di modifica relative al sistema elettorale che hanno previsto, tra l’altro, l’ipotesi di introdurre il first-past-the-post, nonché modifiche procedurali alle norme che regolano le elezioni.276 Dalle tabelle sottostanti è possibile evincere come attualmente, dei 105 membri che compongono il Senato, 38 sono donne ( 39,5%), mentre alla Camera le donne elette nel 2011 sono state 77 (24,7%) su 338 componenti totali. Sebbene non sia possibile prevedere con assoluta certezza l’esito delle elezioni, così come individuare quale sia il sistema elettorale migliore che assicuri un’adeguata partecipazione delle donne, le recentissime elezioni del 19 ottobre 2015 (42nd General Election) hanno 274
Come opportunamente evidenziato dalla Canada’s Royal Commission on Electoral Reform and Party Financing (Lortie Commission) in un report del 1991, alcuni degli ostacoli ad un’equa rappresentanza femminile sono strettamente connessi a fattori sociali: “to broad social phenomena … [which] do not lend themselves to solutions by institutional or legal reform of the electoral system.”. Cfr., Royal Commission on Electoral Reform and Party Financing, Reforming Electoral Democracy, Vol. 1, Ottawa, 1991, cit. pag. 107. 275
Il quesito posto è stato il seguente: "Should the first Nunavut Legislative Assembly have equal numbers of men and women MLAs, with one man and one woman elected to represent each electoral district?" 276
Sebbene non ci sia accordo su quale possa essere la migliore riforma, in tal proposito è possibile richiamare le recenti iniziative di riforma elettorale intraprese nella British Columbia, nelle isole Prince Edward, nel New Brunswick, in Québec ed Ontario, tutte finalizzate ad incrementare se non addirittura raggiungere un'equa rappresentanza tra uomini e donne. Per un approfondimento, cfr. Barnes, A., Robertson, J.R., Electoral Reform Initiatives in Canadian Provinces, Law and Government Division, 2009.
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registrato un ulteriore incremento della rappresentanza femminile all’interno della House of Commons, in ragione dell’elezione di 12 donne in più rispetto alla precedente legislatura. Tabella 18: Canada: Elezioni 2015 – House of Commons Party
Women – candidate Men – candidate Women Elected but unconfirmed (20/10/2015)
Alliance of the North
0
1
Animal Alliance Environment Voters 3 Party of Canada
5
Bloc Québécois
22
56
Canada Party
0
1
Canadian Action Party
0
3
Christian Heritage Party of Canada
3
27
Communist Party of Canada
6
20
Conservative Party of Canada
66
272
Democratic Advancement Party of Canada 0
4
Forces et Démocratie
5
12
Green Party of Canada
134
205
Independent
12
62
Libertarian Party of Canada
8
64
Liberal Party of Canada
104
235
Marxist-Leninist Party of Canada
21
49
Marijuana Party
1
8
No Affiliation
1
5
New Democratic Party
146
192
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2
19
1
48
18
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Neorhino.ca
3
24
Online Party of Canada
0
1
Progressive Canadian Party
0
8
Pirate Party of Canada
0
5
Seniors Party of Canada
1
0
The Bridge Party of Canada
0
1
United Party of Canada
0
1
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice dei http://www.parl.gc.ca/Parliamentarians/en/election-candidates http://www.parl.gc.ca/Parliamentarians/en/election-
dati
tratti
dai
Bollettini
ufficiali, e
candidates?electionEventId=8758948&electionResultTypeId=-54
Fig. 1 Elezioni House of Commons 2011
Fig. 2: Elezioni House of Commons 2015
Commento Figg. 1 e 2: Il 19 ottobre 2015 si sono tenute le elezioni per la House of Commons, che hanno visto l’elezione di 88 deputate su un totale di 338 seggi, registrando un incremento di circa il 4% rispetto alla precedente legislatura, dove le donne elette ricoprivano in tutto 76 seggi. Le elezioni per la 42esima legislatura, i cui risultati devono essere confermati poiché preliminari, sono state vinte dal Liberal Party of Canada, che ha ottenuto 184 seggi e l’elezione di ben 48 donne; seguono poi il Conservative Party of Canada con 99 seggi di cui
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19 rosa, il New Democratic Party con 44 seggi, di cui 18 alle donne e il Bloc Québécois con 10 candidati eletti, di cui 2 donne. Il Green Party of Canada, pur avendo ottenuto un unico seggio, ha visto la ri-elezione di May, Elizabeth.
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Tabella 19. Canada: Donne elette presso la House of Commons: Anno
Totale numero dei Seggi – Donne elette House of Commons House of Commons
1984
282
27 (9,6%)
1993
295
53 (18%)
2004
308
65 (21,1%)
2008
308
68 (22,1%)
2011
308
76 (24,7%)
–
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice dei dati tratti dai Bollettini ufficiali, http://www.parl.gc.ca/ParlInfo/Lists/Members.aspx?Language=E&Parliament=8714654b-cdbf-48a2-b1ad57a3c8ece839&Current=True
Tabella 20. Canada: Donne candidate ed elette per singolo Partito nel 2011 alla House of Commons: Partito
Candidate
Elette
New Democratic Party
124
40
Green Party of Canada
99
1
Liberal
90
6
Conservative Party of Canada
68
28
Bloc Québécois
24
1
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice dei dati tratti dai Bollettini ufficiali, http://www.parl.gc.ca/ParlInfo/Lists/Members.aspx?Language=E&Parliament=8714654b-cdbf-48a2-b1ad57a3c8ece839&Current=True
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Tabella 21. Canada: Donne candidate ed elette per singolo Partito nel 2008 alla House of Commons: Partito
Candidate
Elette
Liberal Party
113
19
New Democratic Party
104
12
Green Party of Canada
90
0
Conservative Party of Canada
63
23
Marxist-Leninist Party
21
0
Bloc Québécois
20
15
Liberal
113
19
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice dei dati tratti dai Bollettini ufficiali, http://www.parl.gc.ca/ParlInfo/Lists/Members.aspx?Language=E&Parliament=8714654b-cdbf-48a2-b1ad57a3c8ece839&Current=True
Tabella 22. Canada: Numero delle donne nominate presso il Senate nelle Legislature 38°, 39°, 40°, 41°: Anno
2004
2006
2008
2011
Conservative P.
8
4
18
23
Liberal Party
24
29
22
18
PCP
1
Indipendet
2
Ind. New
1
1
1
2
Democ. Party Ind. Progres. Conservative TOT.
1 36
35
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1 42
44
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Fonte: elaborazione a cura dell’autrice dei dati tratti dai Bollettini http://www.parl.gc.ca/parlinfo/lists/senators.aspx?Parliament=1924d334-6bd0-4cb3-8793cee640025ff6&Current=True
ufficiali,
III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione Il Canada, fortemente influenzato dal sistema parlamentare inglese277, si contraddistingue per il ruolo svolto dall’opposizione che, similarmente al Regno Unito, risulta essere particolarmente strutturata e dotata di un proprio statuto. Col tempo, essa ha assunto un ruolo ufficiale di contrapposizione rispetto al dominio del partito di maggioranza, posto alla guida del Governo. Innanzitutto è necessario sottolineare che l’opposizione può essere riconosciuta come ufficiale (Her Majesty’s Opposition) qualora riesca ad occupare un alto numero di seggi – di solito è il secondo partito con il maggior seguito parlamentare –278, tant’è che la stessa ed il suo Leader godono di una posizione privilegiata in considerazione del ruolo prioritario riconosciuto loro in occasione di alcuni dibattiti e durante lo svolgimento delle interrogazioni. Rispetto al sistema inglese, inoltre, l’ordinamento canadese presenta alcuni elementi di novità in quanto non si basa più su una configurazione monolitica, in ragione del fatto che l’opposizione ufficiale è stata progressivamente affiancata da rappresentanti di altri partiti minori che possono essere chiamati a costituire il cd. Shadow Cabinet. Nonostante alcune tutele poste a suo vantaggio, l’opposizione ha perso negli anni alcune delle sue prerogative: innanzitutto la possibilità di prolungare il dibattito parlamentare nel merito dei disegni di legge di origine governativa, il diritto di appellarsi alle decisioni del Presidente d’Assemblea e infine l’opportunità di ricorrere a talune procedure ostruzionistiche grazie all’introduzione del contingentamento dei tempi, strumento che comporta una compressione concreta del dibattito parlamentare. Di contro, per quanto attiene alla House of Commons279, tra gli strumenti di notevole interesse di cui le opposizioni possono tutt’oggi beneficiare è possibile richiamare le azioni dilatorie da mettere in atto in occasione del discorso del trono e nei giorni antecedenti alla presentazione 277
A dimostrazione di ciò, risulta di notevole interesse l’art. 1 del vecchio Regolamento della House of Commons canadese che sanciva che in caso di un vulnus sia a livello normativo, sia a livello di usi, si sarebbero dovute seguire le procedure della Camera inglese, anziché la tradizione parlamentare del Canada. Cfr. Tremblay, M., Pelletier, M.R., Le système parlamentaire canadien, Sainte-Foy, Presses de l'Université Laval,,1996, 278
Perché l’opposizione venga riconosciuta come ufficiale il numero minimo di deputati è pari a dodici.
279
Essendo riconducibile ad un sistema bicamerale asimmetrico, la Camera e il Senato canadesi si distinguono sia a livello di composizione, sia a livello rappresentativo. Inoltre, la sola Camera è titolare del rapporto fiduciario con il Governo.
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del bilancio preventivo ovvero i giorni che le sono assegnati nel corso di ogni sessione, per mezzo dei quali può determinare l’oggetto del dibattito (i cd. supply days). L’insieme di questi strumenti, che si sommano ai metodi canonici diffusi in altri ordinamenti280, le consente di esprimere il diritto di critica, esercitare un’azione di controllo nei confronti dell’Esecutivo e, non plus ultra, avanzare proposte politiche per consentire il realizzarsi dell’alternanza alla guida del Governo. Relativamente all’ambito della programmazione dei lavori e secondo quanto sancito a livello regolamentare, l’opposizione concorre con il Governo a stabilire il programma della sessione, grazie alla possibilità di selezionare i temi da discutere nel corso del dibattito sulla spesa pubblica. Proprio in questa materia, tra l’altro, all’opposizione è convenzionalmente attribuita la presidenza della Commissione parlamentare per i conti pubblici. Come già anticipato, un ruolo considerevole è stato riconosciuto al Leader dell’opposizione (Shadow Minister), grazie ad uno Statute del 1905, che non solo beneficia di determinati vantaggi anche di natura economica281 ma che viene altresì consultato dal Primo Ministro su questioni di interesse nazionale particolarmente importanti ovvero ha la facoltà di presentare un disegno di legge alternativo rispetto a quello della maggioranza. La ratio di tali previsioni è principalmente ascrivibile a due fattori: da un lato alla posizione che gli è riconosciuta, ossia quella di possibile capo di Governo alternativo qualora il Primo Ministro in carica non dovesse essere più sostenuto da una solida maggioranza parlamentare e si rifiuti di rassegnare le proprie dimissioni; dall’altro ad alcuni poteri decisionali, quali ad es. il compito di dirigere il partito sia all’interno che all’esterno dell’Aula parlamentare, la determinazione delle direttive politiche, la possibilità di istituire comitati parlamentari e di attribuire specifici incarichi ai membri del consesso. Inoltre, sulla base di quanto sancito dal Regolamento della Camera, il Leader ha a disposizione un tempo maggiore per esprimere il proprio pensiero – al pari del Primo Ministro – (43.1, 50.2, 74.1 e 84.7 RC) ed ha la facoltà di presentare una mozione finalizzata a ritardare l’approvazione del bilancio (81.5 RC)282. Anche al Senato lo Shadow Minister è titolare di alcuni poteri e prerogative, disciplinate a livello regolamentare, come ad es.: quello di essere consultato dal Presidente dell’Assemblea – quasi sempre esponente della maggioranza – nel caso in cui quest’ultimo reputi non essere necessario che il plenum si riunisca nel giorno fissato dalla mozione di aggiornamento (art. 3280
Anche nell’ordinamento canadese sono diffuse le tecniche che prevedono la presentazione di un elevato numero di emendamenti ai disegni di legge di origine governativa, il mancato raggiungimento del numero legale, etc. 281
Al leader dell’opposizione è riconosciuta una retribuzione aggiuntiva rispetto al compenso che gli spetta in qualità di deputato. Cfr. Marleau, R., Montpetit, C., House of Commons procedures and practice¸Cheneliére/McGraw-Hill, Montréal, 2000. 282
Cfr. il Regolamento della Camera http://www.parl.gc.ca/About/House/StandingOrders/toc-e.htm
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6. (2) RS) ovvero i tempi aggiuntivi di cui dispone nel corso dei dibattiti (art. 6-3. (1) a RS) e, infine, la sua presenza decretata ex officio all’interno di tutte le commissioni speciali e della Commissione di selezione (art. 12-3. (3)).283
III.5) Modalità di accesso alla Corte suprema Il sistema giudiziario canadese si configura come una struttura piramidale, al cui vertice è posta la Corte Suprema284. Tale organo è stato istituito in un secondo momento rispetto alla nascita della confederazione, ossia nel 1875, questo perché inizialmente, in virtù di quanto sancito dall’art. 101 del Constitution Act del 1867, era stato attribuito al Parlamento il compito di istituire ed organizzare una Corte generale d’appello.285 La Supreme Court esercita due tipologie di giurisdizione: una originaria d’appello (appellate jurisdiction) e quella relativa al sindacato di costituzionalità, introdotto successivamente e che si configura sia come controllo di tipo concreto, sia di tipo astratto286. Per quanto riguarda la prima tipologia di giurisdizione, essa attiene all’ambito civile e a quello penale, configurando la Corte come organo d’appello di ultima istanza, da un lato nei confronti delle decisioni delle Corti provinciali, dall’altro, nei riguardi della Federal Court of Canada. Nella maggior parte dei casi, gli appelli vengono esaminati dalla Corte Suprema solo se viene prima concesso il cosiddetto permesso d'appello (leave to appeal), rilasciato solo per questioni di pubblica rilevanza o in caso di questioni di diritto particolarmente problematiche. Relativamente al sindacato di costituzionalità, la Corte Suprema del Canada, al pari dell’ordinamento americano, non esercita il controllo di costituzionalità in posizione monopolistica, in quanto questo compete ad ogni giudice di ordine e grado ed è dunque 283
Cfr. il Regolamento del Senato http://www.parl.gc.ca/About/Senate/Rules/senrules_00-e.htm
284
Secondo quanto sancito dal British North America Act del 1867 (e successive modifiche) e dal Supreme and ExchequerCourt Act, la Corte Suprema canadese è composta dal Chief Justice of Canada e da 8 “puisne judges”. Questi, nominati dal Governor in council, rimangono in carica fino al compimento del 75esimo anno di età, purché mantengano un “good behaviour”. Difatti, qualora si rendesse necessario, essi possono essere rimossi dal Governatore previa richiesta di una o entrambe le Assemblee parlamentari. Cfr. Sez. 3 e ss. Supreme Court Act R.S.C., 1985, c. S-26 285
“(The Parliament of Canada) … provide for the constitution, maintenance, and organization of a general Court of appeal for Canada” 286
Così come il sindacato di costituzionalità della Corte Suprema degli Stati Uniti è direttamente ascrivibile alla sent. Marbury v. Madison, quello relativo alla Corte canadese è rintracciabile nel Colonial Laws Validity Act del 1865 che, tra le altre cose, sanciva che le normative coloniali che contravvenivano alla legislazione inglese fossero dichiarate nulle.
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riconducibile al modello diffuso. Difatti, ogni giudice, che nel corso di un giudizio si convinca che una legge contravviene a quanto sancito dalla Costituzione, può decidere di disapplicarla. Dunque, il controllo di legittimità costituzionale è svolto nell’ambito di un giudizio già pendente, senza prescindere dalla decisione nel merito della controversia. In realtà, la Corte Suprema ha dovuto condividere il ruolo di interprete della Costituzione con il Judiciary Committee del Consiglio privato della Corona fino al 1949287, divenendo solo in un secondo momento – con l’approvazione del Constitution Act del 1982 – giudice pieno nei giudizi di costituzionalità, in particolar modo in due settori determinanti: quello della tutela delle minoranze presenti sul territorio e relativamente alla questione del federalismo, particolarmente accentuata dalla controversa situazione del Québec. In considerazione di ciò, è facilmente intuibile come sia stata ampliata la legittimità dell’accesso diretto alla Corte in favore di qualsiasi cittadino (“standing”) nel caso in cui una legge sia incostituzionale. In tal modo si è venuto a delineare “il più grande grado di accesso popolare alle Corti rintracciabile in qualsiasi sistema giuridico anglo-americano” 288. Poiché tale accesso è andato progressivamente ad accrescere, la Corte, eccessivamente oberata, ha introdotto alcuni criteri finalizzati a diminuire il carico di lavoro, riconoscendo la possibilità al cittadino di ricorrere solo per questioni di pubblica rilevanza ovvero in caso di questioni particolarmente problematiche o qualora siano rispettate alcune condizioni minime. Grazie ad alcune pronunce risalenti agli anni Settanta è stato riconosciuto legittimo tale accesso qualora l’azione ponga una questione di diritto di particolare rilevanza, il ricorrente abbia un reale interesse ad addivenire ad una soluzione e non sussistono ulteriori rimedi alternativi. Sebbene non sia previsto l’accesso delle minoranze parlamentari, la Corte Suprema si caratterizza altresì per un ulteriore strumento, ossia quello della speciale giurisdizione che essa è chiamata ad esercitare in considerazione di pareri presentati da alcuni pubblici poteri: di norma, tale procedura consente al Governo federale di chiedere una valutazione di legittimità costituzionale astratta – retaggio del Judicial Committee – ovvero un’interpretazione (la cd. “reference”) nel merito: a) dei Constitution Acts; b) di ogni legge federale o provinciale; c) della giurisdizione d’appello “respecting educational matters, by the Constitution Act, 1867, or by any other Act or law vested in the Governor in Council”; d) dei poteri del Parlamento federale o degli organi legislativi/esecutivi provinciali e – nel caso – in ogni situazione in cui ritenga necessario rendere un parere (sez. 53 par.1). Le stesse Camere
287
Il Judiciary Committee of the Privy Council era l’organo preposto a giudicare in ultimo grado le controversie riguardanti i Dominions 288
Cfr. Sharpe (a cura di), Charter litigation, Toronto, 1967, citato in Groppi, T., Luatti, L., La Corte Suprema del Canada, "custode della Costituzione": alcune considerazioni sulla sua composizione e sulla procedura di controllo di costituzionalità, in Politica del diritto, n.2, 1997, pag. 224.
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sono legittimate a chiedere il reference per ottenere un esame relativo “any private bill or petition for a private bill presented” (Sez. 54). Nell’ottica di tale procedura, parte della dottrina ritiene però che questa sia da attribuire per lo più ad una funzione consultiva che giurisdizionale, in quanto è finalizzata all’ottenimento di un parere privo di qualsiasi valore giuridicamente vincolante (advisory opinion) e, dunque, non assimilabile ad un controllo preventivo tipico ad es. del sistema francese.
III.6) La disciplina del contenzioso elettorale Il compito di supervisionare ed assicurare il corretto svolgimento delle elezioni (federal elections e by-elections) spetta all’Elections Canada, un’agenzia indipendente del Parlamento. Al vertice di tale organo è posto il Chief Electoral Officer, figura istituita con il Dominion Elections Act, adottato nel 1920289. A livello procedurale, nei giorni seguenti alle elezioni, il Chief Electoral Officer riceve un writ of election – ossia un ingiunzione – in virtù del quale il nominativo di coloro che sono stati eletti viene inserito nell’apposito National Register of Electors. Entro sessanta giorni il Chief Electoral Officer deve redigere un report esplicativo da trasmettere al Parlamento (nella persona dello Speaker of the House), all’interno del quale vengono espresse le informazioni relative alle elezioni ed eventuali raccomandazioni finalizzate a migliorare il sistema elettorale. Al pari di altre esperienze, il controllo sul corretto svolgimento del procedimento elettorale è stato opportunamente regolamentato grazie all’approvazione del Dominion Controverted Elections Act, al fine di scongiurare l’ipotesi di indebite ingerenze da parte del potere esecutivo o da parte dei partiti politici. A seguito delle frequenti sollecitazioni espresse da molteplici parti sulla necessità di ridisegnare la legislazione in materia elettorale e tenendo conto delle conclusioni cui era giunto lo Standing Committee on Procedure and House Affairs nel 1998, tale normativa è stata abrogata nel 2000 e le sue previsioni sono state incorporate nel Canada Elections Act.
289
Con l’obiettivo di garantire un’ampia rappresentatività, la nomina del Chief Electoral Officer avviene con una resolution della House of Commons, nei confronti della quale è direttamente responsabile. Difatti, esso può essere rimosso dal suo incarico esclusivamente con un voto espresso a maggioranza dalla Camera e dal Senato. Con una riforma del 2014, la durata del mandato è stata predeterminata a non più di dieci anni e non è rinnovabile.
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Sulla base di quanto disposto dalla predetta normativa, ogni elezione può essere contestata: a) nel caso in cui ci sia uno scarto irrisorio nei risultati in alcuni distretti elettorali ovvero qualora vengano rilevate delle irregolarità nel voto o nel conteggio delle schede, b) qualora ci fossero i motivi per ritenere che un candidato non sia in possesso dei requisiti per essere eletto c) nell’ipotesi in cui vengano riscontrate pratiche corruttive o illegali. In realtà, durante l’esperienza della Confederazione, alcune Province – quali ad es. Nova Scotia, New Brunswick – avevano adottato il modello inglese. Di contro, nel periodo tra il 1867 e il 1873, il Presidente della Camera bassa ha proceduto alla nomina di sei rappresentanti chiamati a far parte del General Committee of Elections e, solamente nel 1873, l’Assemblea ha deciso di attribuire la competenza esclusiva in materia di elezione dei suoi membri ai Tribunali provinciali.290 Ogni elettore e/o ogni candidato che rilevi la presenza di anomalie nella propria circoscrizione elettorale è legittimato a presentare un “election petition”291, presso il tribunale provinciale o territoriale secondo quanto sancito dalla Part 21 del CEA – artt. 522 e ss. –. Quindi, qualora dovessero verificarsi talune irregolarità durante lo svolgimento delle elezioni, la domanda deve essere presentata entro e non oltre il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del risultato sulla Gazzetta Ufficiale ovvero entro i trenta giorni successivi alla notizia del fatto. Il collegio inquirente, composto da due giudici delle Corti Superiori della Provincia ove l’elezione contestata ha avuto luogo292, procede alle relative indagini e redige un report che viene trasmesso allo Speaker of the House of Commons nei dodici giorni successivi alla decisione, con cui può dichiarare eletto un candidato diverso da quello che è stato proclamato, ovvero dichiarare nulla l’elezione, o respingere la petizione nel caso in cui il fatto non sussista confermando il risultato sottoposto a verifica.293 Entro otto giorni dalla decisione, la stessa può divenire oggetto di ricorso dinnanzi alla Corte Suprema del Canada, la cui pronuncia deve essere trasmesso al Presidente dell’Assemblea.
290
Con il Controverted Elections Act, 1874 è stato altresì stabilito che le Provincial Supreme Courts sarebbero divenute election courts. 291
“a petition complaining o fan undue return or undue election of a member, of no return or a double retuner, of matters contained in a special return made or of any unlawful act by any candidate not returned by whic he is all to have become disqualified to sit in the House of Commons”. Cfr., DCEA, R.S.C. 1985, c. C-39, s.2(1). 292
L’art. 525 del CEA elenca le cd. “Competent courts”.
293
A partire dal 1949 sono state contestate poche elezioni, tra cui ad es.: Annapolis–Kings, Nova Scotia (1949), Yukon (1957), St. John’s West, Newfoundland (1962), Comox–Alberni, British Columbia (1968), York North, Ontario (1988). Rispetto alla predette, molto più recenti sono stati i casi approdati alla Federal Court e alla Supreme Court of Canada, cfr. McEwing v Canada (2013) e Opitz v. Wrzesnewskyj (2012). Per un approfondimento, cfr. Marleau, R., Montpetit, C., House of Commons procedures and practice¸ Cheneliére/McGraw-Hill, Montréal, 2000 e http://www.elections.ca/content.aspx?section=res&dir=loi/court&document=index&lang=e
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Qualora l'elezione dovesse essere dichiarata nulla, il Presidente dell’Assemblea si rivolge al Chief Electoral Officer per l'emissione di un’ingiunzione finalizzata a convocare nuove elezioni.
III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico Il rapido ed inarrestabile avanzare del progresso tecnologico, nel campo dell’informatica, ha concretamente influito sullo svolgimento delle consultazioni elettorali grazie alla possibilità di ricorrere a meccanismi elettronici sia per quanto riguarda le modalità di voto, sia per la rilevazione dello scrutinio, che rientrano nella generale definizione di “evoting”. Tale progresso è ritenuto fondamentale nell’ottica di due principali direttrici che accomunano molti paesi, tra cui è necessario ricomprendere altresì il Canada: da un lato, la necessità di snellire le procedure e, dall’altro, garantire l’assenza di errori sia per quanto riguarda la fase di espressione del voto, sia per quanto riguarda la fase di conteggio delle schede. In particolar modo, il Canada si è distinto sia per il ricorso al voto espresso tramite internet, utilizzato a partire dagli anni Novanta a livello comunale e, nonostante gli sforzi, più raramente a livello provinciale; e per il ricorso al sistema di voto tramite scansione ottica (optical scan) ovvero grazie alle touch-screen voting machines, diffuse rispettivamente in Ontario, nel New Brunswick e nell’Alberta. L’informatizzazione totale delle elezioni tramite l’ausilio di internet ha avuto luogo per la prima volta nel corso delle municipali dell'Ontario del 2003294, allorquando gli elettori hanno potuto scegliere tra due alternative possibili: utilizzare le cd. “urne on-line” o esprimere il proprio voto tramite l’ausilio del telefono.295
294
Un esempio ben riuscito di internet voting è quello sperimentato con successo dalla città di Quinte West in Ontario, dove gli elettori ricevono il cd. Voter Notification Packages, contenente le credenziali di accesso e le istruzioni per le fasi successive. Il processo risulta articolato al fine di garantire sia la personalità che la segretezza del voto, che può essere espresso sia presso le abitazioni dei singoli elettori, sia nelle postazioni sparse per la città. Tutte le informazioni dettagliate riguardo le procedure sono rinvenibili sul sito ufficiale http://www.quintewest.ca/en/your-city-hall/elections_internet_voting.asp 295
La fornitura del servizio è stata garantita da un’azienda privata canadese (CanVote) specializzata nel settore ed esperta in “various combinations of internet, mail and telephone voting”. Alla vigilia delle elezioni, ogni elettore ha ricevuto un numero identificativo ed una password strettamente personali, che avrebbero consentito di registrare le preferenze via internet o tramite telefono. Tale sistema ha garantito un notevole incremento della partecipazione, salendo dal 25-30% al 55%. Cfr., Elections Canada Survey of Electors, Explaining the Turnout Decline in Canadian Federal Elections: A New Survey of Non-voters, http://www.elections.ca/content.aspx?section=res&dir=rec/part/tud&document =index&lang=e
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Lo stesso Canada Election Act (CEA) dispone che il Chief Electoral Officer possa effettuare degli studi in merito al voto, tra cui quelli svolti nel rispetto dei processi di voto alternativo, e possa escogitare e/o testare “an alternative voting process for future use in a general election or a by-election”. A tale procedura, però, non è possibile ricorrere per votazioni ufficiali senza la preventiva approvazione delle Commissioni del Senate e della House of Commons competenti in materia elettorale o, nel caso del ricorso all’alternative electronic voting process senza la preventiva approvazione di entrambe le Assemblee parlamentari (art.18.1 CEA). Resta però da evidenziare che il ricorso al voto elettronico non riguarda ancora le elezioni federali, in quanto tutt’oggi si predilige utilizzare il metodo cartaceo, sebbene l’Elections Canada abbia evidenziato nello Strategic Plan 2008–2013 la necessità di implementare la procedura dell’ Internet voting, finanziando la ricerca e monitorando le sperimentazioni tecnologiche e le innovazioni di altri ordinamenti.296 Nell’ordinamento canadese, inoltre, è stato introdotto l’istituto del voto per corrispondenza, con l’obiettivo di conseguire un alto livello di partecipazione e, al tempo stesso, tutelare altresì i cittadini elettori impossibilitati a recarsi ai seggi elettorali situati sul territorio nazionale. Sebbene tale tipologia di voto si distingue da altre esperienze, anche nell’ordinamento canadese ha rappresentato un tema particolarmente controverso nell’ottica del principio di segretezza del voto. Legittimati a ricorrere al voto “by mail” sono: i membri delle Forze armate inseriti nel registro permanente dei Canadian Forces electors – regolarmente aggiornato dal Department of National Defence –, secondo quanto sancito dallo Special Voting Rules del CEA; i cittadini canadesi residenti all’estero, registrati presso l’International Register of Electors e che ricevono il cd. “voting kit”297; o più semplicemente coloro che sono fisicamente assenti dal territorio ovvero impossibilitati a recarsi ai seggi nel giorno delle elezioni (ad es. perché sottoposti ad una pena detentiva). In tutti i casi è necessario dimostrare la propria identità e l'indirizzo di residenza per potersi registrare e tali informazioni vengono opportunamente sottoposte a verifica.
296
Cfr. Elections Canada, Strategic Plan 2008–2013, EC www.elections.ca/content.aspx?section=abo& dir=stra&document =index&lang=e 297
91012
(02/08)
Il voting kit prevede l’invio di tutta la documentazione necessaria: difatti, nei plichi vengono inseriti la scheda elettorale, una busta bianca interna, una busta esterna che serve per identificare l'elettore e il suo distretto elettorale, una busta da rinviare, le note esplicative, etc.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
5.3 COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
SOMMARIO: I) LE ISTITUZIONI NEL QUADRO COSTITUZIONALE: I.1) Il tipo di Stato: I.1.1) Il sistema federale del Commonwealth of Australia; I.1.2) Il bicameralismo e l’inadeguata rappresentanza delle unità territoriali nel Senato; I.1.3) Il riparto delle sfere di competenza; I.1.4) Il federalismo fiscale; I.1.5) La revisione costituzionale. I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali: I.2.1) Il Parlamento; I.2.1.2) Disaccordo tra le Camere e double dissolution; I.2.1.3) I partiti parlamentari; I.2.2) Il Governo; I.2.2.1) Il rapporto fiduciario I.2.3) Il ruolo della Corona e le funzioni del Governatore; I.2.4) Il sistema delle fonti del diritto; I.2.4.1) Il procedimento legislativo; I.2.4.2) La legislazione delegata. I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di governo: I.3.1) Il sistema elettorale per la Camera dei Rappresentanti; I.3.2) Il sistema elettorale per il Senato; I.3.3) Il sistema elettorale per le elezioni sub federali. II) LE ISTITUZIONI NELLA DINAMICA POLITICA: II.1) Il sistema dei partiti; II.2) Il sistema di governo. III) FOCUS TEMATICI: III.1) I meccanismi di raccordo tra lo Stato e gli enti federati. III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento: III.2.1) Status e riconoscimento dei partiti politici; III.2.2) La disciplina del finanziamento. III.3) La rappresentanza di genere. III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione. III.5) Modalità di accesso alla Corte suprema australiana. III.6) La disciplina del contenzioso elettorale. III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico. IV) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
I) Le istituzioni nel quadro costituzionale
I.1) Il tipo di Stato
I.1.1) Il sistema federale del Commonwealth of Australia L’Australia è uno Stato federale il cui atto costitutivo ovvero il Commonwealth of Australia Constitution Act, datato 9 luglio 1900, è entrato in vigore il primo gennaio del 1901. Attualmente, il Commonwealth australiano è composto da sei Stati autonomi (Victoria, Queensland, New South Wales, Southern Australia, Western Australia e Tasmania) e da due Territori (il Northern Territory e il Distretto federale denominato Australian Capital Territory). I sei Stati federati e i due Territori hanno una struttura istituzionale che ricalca quella della Federazione: ogni Stato ha un proprio parlamento bicamerale, con l'eccezione del Queensland e dei Territori che hanno Parlamenti monocamerali. Ogni Stato ha inoltre un Governatore - che svolge funzioni assimilabili a quelle del Governatore Generale al livello federale - e un Premier, che è il capo del governo. Il modello di ripartizione del potere tra centro e periferia sancito nel Commonwealth of Australia Constution Act è stato fortemente condizionato dalle vicende storiche che hanno interessato il Paese298 e l’hanno reso solo in parte rispondente al prototipo di stato federale.
298
La colonizzazione dell’Australia da parte degli inglesi ebbe inizio nel 1788 quando l’Australia venne adibita a colonia penale per criminali comuni, prigionieri politici e deportati politico-religiosi. Quale colonia acquistata per occupazione (c.d. settled colony), dal punto di vista istituzionale le terre erano considerate di proprietà del sovrano. Il governatore era il portavoce della Corona dalla quale riceveva Instruction e Commissions; egli amministrava la colonia con poteri che spaziavano dal legislativo, al giudiziario, all’esecutivo. Nei suoi primissimi anni, data la sua natura di colonia penale, il sistema giudiziario “creato” dal governatore Phillip aveva una struttura di tipo militare e utilizzava i metodi propri delle giurisdizioni marziali. La fondazione di un governo civile si ebbe solo quando diminuì la percentuale dei deportati rispetto a quella dei residenti. Precisamente nel 1823 con il New South Wales Act si introdusse un nuovo sistema legislativo e giudiziario: vennero limitati i poteri del Governatore che fu affiancato da un Consiglio legislativo nominato dalla Corona. È a partire da questo momento che vennero adottati una serie di atti che portarono alla creazione delle 6 colonie indipendenti di cui oggi si compone l’Australia: nel 1825 la Tasmania fu proclamata colonia separata; nel 1829 nacque la colonia di Western Australia; nel 1836 venne creata la colonia di South Australia; infine, nel 1851 e nel 1859 nacquero per separazione dal New South Wales le colonie di Victoria e Queensland. La creazione delle Colonie non determinò un’immediata indipendenza legislativa delle stesse dall’Inghilterra. La possibilità di legiferare attribuita ai Parlamenti delle colonie era comunque limitata dal rispetto delle leggi della madrepatria. Cionostante, dato che le Colonie potevano legiferare “per la pace, il benessere e il buon governo” e data l’assenza di controlli significativi gli organi legislativi delle Colonie assunsero di fatto uno status simile a quello del Parlamento Inglese. Dal punto di vista formale, l’indipendenza legislativa è stata ottenuta dalle colonie australiane, nel 1931, con lo Statute of Westminister che ha determinato l’impossibilità per il Parlamento britannico di adottare leggi valide negli Stati australiani senza l’assenso degli Stati stessi; e nel 1986, con
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Ciò anche in considerazione del fatto che la Costituzione è stata il frutto di numerosi compromessi tra le esigenze delle colonie con maggior estensione territoriale e peso economico e le necessità delle colonie minori299. Si deve inoltre rilevare che l’assetto dell’ordinamento australiano è stato chiaramente influenzato dagli altri sistemi di tradizione anglosassone. Dall’analisi del testo costituzionale si evince infatti come l’intenzione dei suoi estensori fosse quella di mutuare e coniugare tra loro gli aspetti virtuosi del sistema inglese e di quello americano300: è evidente l’ispirazione britannica della Carta fondamentale testimoniata dalla mancanza di una dichiarazione di diritti e dalla scelta di una forma di governo parlamentare. Allo stesso modo è chiaro che l’evoluzione del sistema federale è stata fortemente influenzata dall’ordinamento statunitense. Infatti, i costituenti australiani hanno scelto un sistema di riparto delle competenze che si caratterizza perché in Costituzione, precisamente alla section 51, vengono elencate un numero di competenze spettanti alla Federazione, e, alla section 107, si introduce una clausola residuale in favore degli Stati membri che assegna loro tutte quelle funzioni che non sono espressamente assegnate alla Federazione (sul punto v. infra I.1.3)301. Dalla lettura del disposto costituzionale si ricava inoltre la scelta di un federalismo di tipo asimmetrico: difatti, mentre gli Stati sono titolari di importanti competenze politiche ed amministrative, i Territori hanno un margine di autonomia più ridotto dato che, sebbene la Costituzione federale non indichi espressamente quale sia il ruolo e quali siano le funzioni l’Australia Act che ha definitivamente sancito la fine della potestà legislativa ordinaria britannica nel Commonwealth of Australia attribuendo ai Parlamenti dei vari Stati la possibilità di abrogare le norme del Parlamento inglese in vigore nel territorio australiano. Per un approfondimento sulle Costituzioni degli Stati australiani nel XIX secolo cfr. Scaffardi, L’odinamento federale Australiano, Cedam, 2000, pp.57-75. 299
Il progetto di Costituzione venne sottoposto a referendum nelle sei colonie tra il 1898 e il 1899, ma inizialmente non ottenne il voto favorevole nel New South Wales in cui si temeva che approvando il testo costituzionale così com’era si sarebbe dovuto sopportare un eccessivo carico fiscale per sostenere le necessità di Tasmania e Western Australia. 300
Tanto che alcuni parlano riferendosi all’Australia di modello “Whasminister”, cfr. Weller P, Fleming, The Commonwealth, in Moon J., Scharman C., Australian Politics and Governement, Cambridge Univeristy Press, 2003, p.16. 301
Cfr. Moom G., Australian politics and economic, Cambridge, 2003, p. 15 in cui si evidenzia che «The founders of the Constitution also had to determine what powers would be given to the new national parliament. There were two models that could be followed. One was the Canadian model which gave specified powers to both the central government and the provinces and left some residual powers to the national government; the other was that of the United States of America which prescribed the powers of the national government and left all the remainder to the states or to the citizenry. The Australian Constitution followed the American model, listing the powers that were to be exercised by the national parliament, with a High Court to be responsible for determining whether the federal legislation was within the allocated powers when- ever there was a challenge to its constitutionality. The intention was that the great majority of powers were to be left to the state governments, particularly the responsibility to deliver the regular services of government to its citizens, for example, health, law and order and education.»
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delle entità di governo dei territori nell’ambito della Federazione, alla section 122 si precisa che il Parlamento federale è competente a emanare leggi «per il governo dei territori ceduti da uno Stato alla Confederazione e da questi accettati, o di territori posti dalla Regina sotto l’autorità della Confederazione e da questa accettati, o di territori in altro modo acquistati dalla Confederazione, e può consentire che i medesimi abbiano una rappresentanza nelle due Camere del Parlamento nella misura e alle condizioni che stimerà del caso». Tale disposizione, non essendo soggetta ad alcuna limitazione, attribuisce al livello federale una potestà piena ed assoluta (plenary power) e si applica sia al Northern Territory, sia all’Australian Capital Territory. I rapporti tra centro e periferia sono disciplinati nella Costituzione australiana nel Capitolo V in cui - come in ogni Stato federale - si sancisce l’operatività della c.d. supremacy clause. Precisamente, l’art. 106 prevendo che «La Costituzione di ciascuno Stato della federazione rimarrà in vigore, compatibilmente con la presente Costituzione» sancisce la supremazia della Costituzione del Commonwealth su quelle statali. Parimenti, rappresenta un’affermazione della supremacy clause la previsione contenuta alla section 109, in virtù della quale un eventuale contrasto tra una legge di rango statale e una di rango federale viene risolto in favore della seconda con il conseguente annullamento della prima nei limiti della sua incompatibilità con la legge federale. Tra le norme di rilievo contenute nel capitolo V si deve poi segnalare la section 111 secondo cui il Parlamento d’uno Stato può cedere qualsiasi parte del medesimo alla Confederazione e, a far data dall’accettazione da parte della Confederazione, quella parte dello Stato diventerà soggetta alla giurisdizione esclusiva della Confederazione. È questa la prescrizione che ha trovato applicazione, ad esempio, quando è stato istituito il Northern Territory che, in precedenza, era parte integrante dello Stato del South Australia. Parimenti interessanti sono le disposizioni volte ad individuare cosa possano fare gli Stati e cosa la Federazione. In particolare, la section 114 impedisce agli Stati la creazione o il mantenimento di corpi militari locali senza l’assenso del Parlamento nazionale e vieta l’imposizione di tributi su beni di proprietà della Confederazione, come, del resto, quest’ultima non può imporre alcuna tassa sui beni di pertinenza di uno Stato. La section 115, invece, sancisce l’impossibilità per gli Stati di coniare moneta, mentre l’articolo successivo preclude alla Federazione di emanare leggi volte ad istituire religioni, ad imporre l’osservanza di una religione ovvero a vietarne l’esercizio sancendo, dunque, il principio di laicità dello Stato. La Costituzione dedica poi un capitolo a parte, il VI, alla creazione di nuovi Stati i quali possono essere formati mediante la separazione di parte del territorio da uno Stato col consenso del rispettivo Parlamento ovvero attraverso l’unione di due o più Stati o di parti di più Stati, sempre col consenso dei Parlamenti degli Stati interessati (section 124). Precisamente tale possibilità è subordinata all’approvazione del Parlamento federale al quale
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spetta altresì il compito di stabilire i termini e le condizioni per tale creazione, oltre all’individuazione del numero dei rappresentanti spettanti al nuovo Stato nelle due Camere del Parlamento (section 121) . Spetta altresì al Parlamento della Confederazione, col consenso del Parlamento d’uno Stato e quando l’approvi la maggioranza degli elettori dello Stato medesimo, il compito di modificare i confini di uno Stato (section 123).
I.1.2) Il bicameralismo e l’inadeguata rappresentanza delle unità territoriali nel Senato La Costituzione australiana dedica il suo Capitolo I al Parlamento. A sua volta la parte dedicata al Parlamento è suddivisa in cinque parti. Nella prima si prevede l’attribuzione del potere legislativo della Federazione ad un Parlamento bicamerale, composto dalla Regina, dalla Camera dei rappresentanti e dal Senato. Tuttavia, con l’adozione dello Statute of Westminister Adoption Act del 1942, che sancì formalmente l’indipendenza giuridica della Federazione australiana dall’Inghilterra, le competenze attribuite alla Corona inglese vennero delegate al Governatore generale, fino a quel momento mero esecutore delle indicazioni provenienti dalla Regina. Inoltre, sebbene il Governatore generale sia titolare di una lista piuttosto imponente di poteri, si tratta di una attribuzione meramente formale dato che, in virtù di una convenzione costituzionale, il loro esercizio è in realtà condizionato dal parere dei ministri (sul punto v. infra I.2.4). La Costituzione si occupa poi del Senato (sections 7-23) e della Camera dei rappresentanti (sections 24-40). I membri della seconda sono eletti in collegi uninominali con un sistema che usa un particolare meccanismo, a livello di Parlamenti nazionali usato solo in Australia, che viene tradizionalmente definito uninominale con voto alternativo.302 (sul punto v. infra I.3.1). I deputati hanno un mandato della durata di tre anni e, attualmente, sono 150. La section 24 sancisce inoltre la c.d. nexus provision secondo cui il numero dei deputati deve essere, per quanto possibile, pari al doppio del numero dei Senatori. Ciò al fine di evitare che la Camera dei rappresentanti possa diventare eccessivamente grande rispetto al Senato. Ciascuno Stato elegge un numero di deputati proporzionale rispetto alla popolazione; la Costituzione garantisce tuttavia che ciascuno Stato abbia un numero minimo di cinque deputati. Nell’attuale legislatura, la 44°, in New South Wales sono stati eletti 48 deputati, nello Stato di Victoria 37, in Queensland 30, in Western Australia 15, in Southern Australia 11, in Tasmania 5 e nel Northern Territory e nell’Australian Capital Territory 2. Per quanto riguarda
302
Su tale sistema v. Lanchester F., Gli strumenti della democrazia, Milano, 2004, p. 182; Fisichella D., Elezioni e democrazia, Bologna, 2008, p. 152.
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l’elettorato passivo, l’art. 34 della Costituzione rimette alla discrezionalità dei singoli Stati l’individuazione dei requisiti per essere eletti che, in generale, sono rappresentati dal possesso della cittadinanza australiana e del diritto di voto. La Camera alta, invece, è attualmente composta da 76 senatori eletti dai cittadini sulla base di un collegio unico per ciascuno Stato con un sistema elettorale c.d. del voto singolo trasferibile303. Si prevede – analogamente al Senato americano – una rappresentanza paritaria per ciascuno Stato che, ad oggi, è di dodici senatori ai quali vanno aggiunti, dal 1975, due senatori per ciascuno dei territori304. I membri della Camera alta restano in carica per sei anni, ma vengono rinnovati per metà ogni tre. Per assicurare questo meccanismo – pensato per far sì che i senatori siano dotati di un maggior grado di indipendenza rispetto ai membri della Camera dei rappresentanti – il primo Senato eletto fu diviso in senatori a lungo e breve termine, e un meccanismo analogo è stato predisposto per l’ipotesi in cui si arrivi ai sensi della section 57 della Costituzione alla c.d. double dissolution ovvero al contemporaneo scioglimento di Camera e Senato ad opera del Governatore. La rotazione dei senatori non interessa invece quelli eletti nei territori il cui mandato è, analogamente a quello della Camera dei rappresentanti, sempre di tre anni. Per quanto riguarda poi l’elettorato passivo, la section 16 della Costituzione, afferma che i requisiti per essere eletti senatori sono identici a quelli di cui bisogna essere in possesso per essere eletti deputati. Questa architettura istituzionale fa trasparire che in Australia la Camera alta sia nata come sede di rappresentanza delle istanze di governo decentrate, in cui la paritaria rappresentanza a livello centrale delle entità federate era destinata ad impedire che le esigenze degli Stati meno popolosi ovvero il Queensland, il Western Australia, il Southern Australia e la Tasmania, fossero schiacciate da quelle degli Stati più popolosi ovvero il New South Wales e Victoria. Dal punto di vista delle funzioni, benché come si è già detto sia nato come camera di rappresentanza territoriale, il Senato ha sostanzialmente gli stessi poteri della Camera bassa. La Camera alta condivide infatti con quella bassa il potere legislativo salvo che per alcune materie individuate alla section 53 della Costituzione. Precisamente, il Senato non ha iniziativa legislativa rispetto alle proposte di legge che dispongono di entrate o di fondi o che impongono tasse. Parimenti, il Senato non può emendare proposte di legge che impongono tasse, né può avanzare proposte di legge in modo da aumentare alcuna imposta o tassa a carico del popolo. Ciò nonostante, il Senato ha la prerogativa di rinviare alla Camera bassa i testi relativi a misure fiscali ad esso sottoposte per l’approvazione definitiva chiedendo in un messaggio formale di apportare delle modifiche. Si tratta di un potere piuttosto forte che
303
Su tale sistema v. Biscaretti di Ruffia P., Introduzione al diritto costituzionale comparato, Milano, 1988, p.213. 304
I territori hanno acquisito tale rappresentanza con l’adozione del Senate (Representation of Territories) Act del 1974.
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consente al Senato di influire sulla determinazione della normativa tributaria e che, se portato alle estreme conseguenze, può incidere anche sulla regola secondo cui il governo deve avere la fiducia della sola Camera dei Rappresentanti. È infatti evidente che un governo che gode della fiducia della Camera bassa, ma che non ha accesso ai finanziamenti a causa del continuo rinvio della legge sul finanziamento dell’azione governativa da parte del Senato, è impossibilitato a governare e si trova di fronte all’alternativa di dimettersi o di essere sfiduciato. Ed è proprio questa l’ipotesi che si è verificata nel 1975: in quell’occasione, il governo laburista dell’Alp, eletto nel 1974, non aveva la maggioranza in Senato; quest’ultimo attuò una politica ostruzionista volta a ritardare l’approvazione degli stanziamenti governativi per gli anni 1975-1976, determinando una seria crisi istituzionale che spinse il Governatore generale Kerr a dimettere il Primo ministro Whitlam e il suo governo, e ad incaricare il leader dell’opposizione Fraser di costituire un governo ponte in attesa delle nuove consultazioni elettorali che si tennero nel dicembre dello stesso anno305. Dunque, sebbene il Senato non possa formalmente sfiduciare il Governo, può indirettamente raggiungere questo risultato utilizzando i poteri che la Costituzione gli riconosce in materia finanziaria, dato che la sua strenua opposizione può – come è avvenuto nel ’75 – condurre ad una crisi di governo. Dall’analisi delle dinamiche operanti nella Camera alta australiana si ricava che il Senato ha progressivamente perso il ruolo per cui era stato pensato ovvero quello di rappresentare gli interessi territoriali, per assumere una connotazione prettamente politica. I processi decisionali della Camera alta sono infatti regolarmente e ampiamente influenzati dagli orientamenti dei partiti. Questa connotazione è stata peraltro accentuata dalla modifica del sistema elettorale avvenuta nel 1949. Fino al 1948 il “first past the post” utilizzato per l’elezione dei senatori faceva sì che tutti i seggi del Senato di uno Stato fossero vinti da candidati dello stesso partito. L’introduzione di un sistema elettorale di tipo proporzionale ha invece reso la composizione interna del Senato analoga a quella della Camera dei rappresentanti e ne ha amplificato il ruolo di controllo sull’operato del governo 306. Grazie a questo sistema elettorale è come se, all’indomani delle elezioni, il legame tra senatori e realtà territoriali si interrompa per lasciare spazio alle indicazioni e alle linee guida dei partiti che, nella maggior parte dei casi, non tengono conto degli interessi particolari dei singoli Stati. In effetti, dal punto di vista politico, ciò ha portato ad una composizione omogenea di Camera e 305
La dottrina all’epoca chiarì che il Governatore in quell’occasione aveva correttamente scelto la strada della double dissolution e che esistevano le “circostanze oggettive” richieste dalla Costituzione per procedere allo scioglimento. Cfr. Sawer G., Federation under train, Mebourne, 1977, pp.60-61. 306
Nell’introdurre tale nuova legge elettorale l’allora procuratore generale H.V. Evatt, disse che il sistema più equo e il più probabile per migliorare lo stato del Senato era proprio quello della rappresentanza proporzionale. Cfr. Commonwealth Parliamentary Debates, 16 April 1948, p. 965.
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Senato poiché l’elettore che sceglie uno dei partiti maggiori alla Camera dei rappresentati finisce per replicare la stessa scelta per il Senato. A titolo meramente esemplificativo si riporta la composizione del Parlamento australiano successiva alle elezioni del 2013: Attribuzione finale dei seggi alla Camera Attribuzione finale dei seggi al Senato: dei Rappresentanti: Governo (90)
Governo (33)
██ Partito Liberale (58)
██ Partito Liberale (24)
██ Partito liberale Nazionale (22)
██ Partito liberale Nazionale (5)
██ Partito Nazionale (9)
██ Partito Nazionale (3)
██ Partito Liberale Rurale (1)
██ Partito Liberale Rurale (1)
Opposizione (55)
Opposizione (26)
██ Partito Laburista (55)
██ Partito Laburista (26)
Minoritari (crossbencher) (5)
Minoritari (crossbencher) (17)
██ Verdi (1)
██ Verdi (9)
██ Palmer (1)
██ Palmer (3)
██ Altri e Indipendenti (2)
██ Altri e Indipendenti (3)
██ Katter (1)
██ FFP (1) ██ DLP (1)
La tendenza che emerge dalla tabella avrebbe finito per ridurre il Senato ad una doppione della Camera dei Rappresentanti (rubber stamp), con funzioni di camera di riflessione e di controllo dell’operato del Governo. Di conseguenza, il tema della rappresentanza territoriale è stato oggetto di un ampio dibattito e, nel corso degli anni, si sono succedute diverse proposte –tuttavia mai attuate - volte proprio a rivitalizzare la funzione di rappresentanza delle autonomie territoriali. Si è, ad esempio, suggerito di prevedere una diversa conformazione partitica a livello nazionale e a livello locale per creare un vincolo più forte tra l’elettorato territoriale e il senatore di riferimento. A fronte del fallimento delle proposte di riforma volte a rivitalizzare il ruolo di rappresentanza territoriale del Senato, si è sviluppata una articolata rete di strumenti volta a realizzare un raccordo tra i vari livelli di governo. Tra questi riveste un ruolo particolarmente importante il Consiglio dei governi australiani (COAG). Questo organo, infatti, è stato pensato per realizzare concretamente il principio di leale collaborazione che dovrebbe ispirare i rapporti
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tra i vari livelli di governo. Il COAG è composto dal Primo Ministro (che lo presiede), dai Premiers dei singoli Stati, dai Chief Ministers dei Territori e dal Presidente dell’Australian Local Government Association (ALGA). Precisamente, quest’organo promuove riforme politiche di importanza nazionale o che hanno bisogno di un’azione coordinata da parte di tutti i governi australiani attraverso la creazione di relazioni dirette tra i rappresentanti dei poteri centrali e quelli statali, grazie alle quali è possibile attuare riforme strutturali. A tal fine solitamente si riunisce due volte l'anno, anche se - a seconda delle esigenze - può riunirsi anche più spesso e, laddove vengano raggiunti accordi formali, questi possono essere inclusi in accordi intergovernativi307. Parimenti importante nello sviluppo delle relazioni tra i vari livelli di governo sono i Consigli interministeriali ai quali partecipano attivamente i ministri federali, statali e territoriali, per supportare il COAG quando si devono affrontare questioni che interessano settori specifici. I Consigli interministeriali perseguono e monitorano questioni prioritarie di rilevanza nazionale e adottano azioni comuni per risolvere i problemi che sorgono tra i governi. I Consigli sviluppano altresì riforme politiche da sottoporre al COAG e sorvegliano l'attuazione delle riforme politiche concordate dal COAG stesso. Senza voler sminuire l’operato di tali organi si deve comunque segnalare che tale apparato, da solo, è stato ritenuto insufficiente a soddisfare l’esigenza di rappresentanza degli Stati a livello federale dato che, a prescindere dagli accordi intergovernativi presi in queste sedi, le azioni politiche iniziate nella Camera bassa – grazie alla quasi perfetta sovrapponibilità della composizione dei due rami del Parlamento – sono portate avanti senza grandi impedimenti «dal momento che i partiti più importanti hanno la possibilità di tenere sotto controllo i senatori appartenenti alla stessa area politica, i quali, nel caso in cui non tengano fede alla linea dettata dalla dirigenza, rischiano l’emarginazione e finanche l’espulsione dal partito di riferimento»308.
I.1.3) Il riparto delle sfere di competenza Per quanto concerne il riparto delle sfere di competenza tra Parlamento federale e Parlamenti degli Stati federati è ancora una volta evidente il richiamo alla tradizione giuridica statunitense. Difatti, il Commonwealth of Australian Constitution Act del 1900, nel riaffermare la regola secondo cui v’è una generale presunzione di competenza a favore degli
307
A titolo meramente esemplificativo si segnala il Federal Financial Relations Framework siglato Il 29 novembre 2008, con cui si è stabilito un nuovo quadro per le relazioni finanziarie del Commonwealth con gli Stati e con i Territori. L’accordo quadro è entrato in vigore il 1° gennaio 2009 e rappresenta uno dei cambiamenti più significativi degli ultimi decenni nelle relazioni tra Commonwealth e Stati. 308
Bassu C., Australia, Bologna, 2012, p. 42.
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Stati, nella Parte V (sections 51-60) - dedicata ai poteri del Parlamento - individua alle sections 51 e 52 le materie sulle quali può legiferare il Parlamento federale. La seconda disposizione individua i c.d. express exlusive powers della Federazione. Tale articolo precisa infatti che il Parlamento è titolare del potere esclusivo di approvare le leggi per la pace, l’ordine ed il buon governo del Commonwealth: a) per gestire la sede del governo centrale e i luoghi acquisiti dalla Federazione per scopi pubblici; b) per disciplinare questioni relative ai dipartimenti della pubblica amministrazione il cui controllo è stato trasferito dalla Costituzione federale al potere esecutivo della Federazione; c) ed, infine, per disciplinare le materie che la Costituzione dichiari essere di esclusiva competenza federale. Tra queste ultime rientrano il potere esclusivo in materia di dogane e tassazione indiretta, per garantire l’uniformità dell’imposizione doganale in tutto il territorio (section 90) e il conio della moneta, poiché la section 115 vieta agli Stati di “batter moneta” e di attribuire valore legale per il pagamento di un debito. Oltre agli express exclusive powers individuati dalla section 52, la Costituzione specifica alla section 51 un elenco piuttosto corposo di materie rispetto alle quali il Parlamento federale può legiferare. Si tratta, come rilevato dalla dottrina australiana309, di concurrent power, in virtù di quanto previsto alla section 109 la quale dispone, in caso di conflitto, la supremazia della legge federale su quella degli Stati che viene considerata non valida nei limiti dell’incompatibilità. Le competenze concorrenti individuate dalla section 51 sono piuttosto ampie e riguardano: comunicazioni e servizi pubblici, libero mercato interno e tassazione, protezione dei confini, affari internazionali, commercio internazionale, sicurezza sociale, difesa, questioni legate agli aborigeni, riconoscimento ed applicazione degli atti giuridici degli Stati. Nel rispetto delle politiche di welfare, sono oggetto di materia concorrente anche le indennità per maternità, le pensioni di reversibilità e le sovvenzioni all’infanzia, le misure per la lotta alla disoccupazione, i servizi sanitari ospedalieri e quelli farmaceutici. Inoltre, di particolare interesse risulta il punto 39° della section 51, in cui si afferma che rientrano nelle competenze concorrenti tutte “Le questioni relative all’esercizio di qualsiasi potere attribuito dalla presente Costituzione al Parlamento o ad una delle sue Camere, al Governo federale o alla magistratura federale o ad uno dei servizi amministrativi o ad una singola autorità della Confederazione.” Da ciò si ricava infatti che il Parlamento federale, seppur in condivisione con gli Stati, può esercitare la potestà legislativa in ordine a tutte le questioni strumentali all’esercizio del potere legislativo, esecutivo e giudiziario del Commonwealth. Al di fuori dei concurrent powers e degli express exlusive powers si possono ricercare gli ambiti di competenza degli Stati che sono dotati di una potestà legislativa generale/residuale. La Costituzione, infatti, non attribuisce espressamente ambiti materiali entro i quali gli Stati possono legiferare, ma prevede alla section 107 che i Parlamenti di ciascuno Stato continuino 309
Saunders C., Australie, in Dictionarie international du Fèdèralisme, Bruxelles, 1994, p. 294.
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ad esercitare i poteri ad essi spettanti prima della creazione della federazione a meno che non si tratti di poteri che la Costituzione abbia attribuito alla competenza esclusiva della Federazione. Se ne ricava, visto l’ampio elenco contenuto alla section 51, che nella maggior parte delle materie esiste una competenza concorrente tra Commonwealth e Stati ad eccezione però delle banche statali e delle assicurazioni statali che rappresentano una deroga esplicita ai poteri conferiti al Commonwealth. Sono inoltre materie di competenza esclusiva di tipo residuale degli Stati: l’istruzione, la sanità, l’ordine pubblico, l’urbanistica, il commercio e l’industria di ciascuno Stato, l’agricoltura, lo sviluppo delle risorse naturali, i trasporti stradali e ferroviari ed, infine, il governo locale. Inoltre, sembrerebbero rientrare nella competenza legislativa generale degli Stati, secondo quanto affermato nella section 120, il diritto penale, i servizi di polizia e le prigioni. Al di fuori di questi ambiti, un eventuale contrasto tra legge del Commonwealth e legge statale viene risolto dall’High Court che si trova al vertice della magistratura australiana come Corte d'appello finale in entrambe le giurisdizioni, federale e statale. Il metodo interpretativo dell’High Court è cambiato in maniera significativa nel corso del tempo determinando delle conseguenze sulla divisione federale dei poteri. Le prime due decadi di lavoro della Corte (1901-1920) sono state caratterizzate da due tecniche interpretative che, di fatto, hanno difeso l’equilibrio nella ripartizione delle competenze, impedendo che l’esercizio dei poteri attribuiti al Commonwealth mortificasse eccessivamente la potestà legislativa dei singoli Stati. Difatti, fino al 1920, la High Court of Australia tendeva ad impiegare la giurisprudenza degli Stati Uniti in materia di immunità intergovernativa (c.d. implied intergovernmental immunities doctrine) in applicazione della quale si riteneva che i governi degli Stati e quello del Commonwealth non potessero essere influenzati dalle rispettive leggi. Questo principio fu espresso per la prima volta nel 1904 nel caso D’Emden v. Pedder310 in cui il capo dell’Alta Corte di Giustizia Griffith affermò che «In considering the respective powers of the Commonwealth and of the States it is essential to bear in mind that each is, within the ambit of its authority, a sovereign State, subject only to the restrictions imposed by the Imperial connection and to the provisions of the Constitution, either expressed or necessarily implied... a right of sovereignty subject to extrinsic control is a contradiction in terms. It must, therefore, be taken to be of the essence of the Constitution that the Commonwealth is entitled, within the ambit of its authority, to exercise its legislative and executive powers in absolute freedom, and without any interference or control whatever except that prescribed by the Constitution itself... It follows that when a State attempts to give to its legislative or executive authority an operation which, if valid, would fetter, control, or interfere with, the free exercise of the legislative or executive power of the Commonwealth, 310
Considerazioni analoghe possono essere trovate nei casi Deakin v. Webb and the Railway Servants' case.
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the attempt, unless expressly authorized by the Constitution, is to that extent invalid and inoperative». Parimenti volta a tutelare la posizione degli Stati fu la c.d. doctrine of reserved State powers, elaborata nelle decisioni R. v. Barger (1908) e Huddart Parker & Co Pty Ltd v. Moorehead (1909), in cui si affermava che i poteri che la Costituzione accorda al Commonwealth dovessero essere letti in modo restrittivo sì da preservare la maggiore autonomia possibile in capo agli Stati. La fine di questa prima fase viene fatta coincidere con la storica decisione del 1920 Amalgamated Society of Engineers v. Adelaide Steamship Co Ltd in cui la Corte ha ribaltato i precedenti orientamenti affermando che la Costituzione dovesse essere interpretata alla lettera, senza idee preconcette su federalismo o poteri statali riservati. Sebbene il problema sottoposto alla Corte riguardasse la competenza del Commonwealth indicata al punto 35° della section 51, la Corte non si limitò ad offrire una soluzione al caso sottopostole, ma colse l'opportunità per pronunciarsi in materia di interpretazione costituzionale spazzando via le precedenti dottrine delle implied intergovernmental immunities e dei reserved State powers311. Questo approccio letterale all’interpretazione della Costituzione ha prodotto una progressiva espansione dei poteri legislativi del Commonwealth e i successivi tentativi di limitarne la portata nell'interesse dell’“equilibrio” federale sono stati generalmente respinti – peraltro retoricamente – ricordando come la Corte avesse screditato la teoria dei reserved State powers312. Nonostante questa tendenza, dal 1947, sono state adottate decisioni volte ad interpretare in maniera più equilibrata i cuncurrent powers andando così a limitare i cristallizzati poteri del Commonwealth. Ad esempio, nel caso Melbourne Corporation v. Commonwealth del 1947, la Corte ha affermato che il Commonwealth non potesse usare il suo potere legislativo per discriminare uno Stato o i suoi membri ovvero per minacciare la sopravvivenza degli Stati o la loro capacità di funzionare. Principio, questo, che è stato poi occasionalmente usato per invalidare leggi del Commonwealth: ciò che, ad esempio, è avvenuto nei casi Queensland Electricity Commission v. Commonwealth (1985); Victoria v. Commonwealth (1996); Austin v. Commonwealth (2003) e Clarke v Commissioner of Taxation (2009). Alla luce di quanto detto si può affermare che l’Alta Corte, in qualità di arbitro dei conflitti tra Federazione e Stati ha dapprima difeso il principio di ripartizione delle competenze, poi
311
Booker K., Glass A.; Watt R., Federal Constitutional Law: An Introduction (2nd ed.), Sydney, Federation Press, 1998. 312
In proposito ex multis v. Commonwealth v. Tasmania (1983). Il più recente esempio di come la High Court abbia categoricamente respinto gli argomenti volti a restringere i poteri del Commonweath è il caso NSW v. the Commonwealth (2006).
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adottato un’interpretazione estensiva dei poteri federali comprimendo quelli statali, e, da ultimo, ha (ri)adottato una visione più equilibrata del riparto dei poteri Federazione-Stati313.
I.1.4) Il federalismo fiscale Un settore particolarmente importante rispetto al quale si è verificata una forte espansione di competenze da parte del Commonwealth, andando di conseguenza a circoscrivere quelle degli Stati, è quello fiscale314. La nascita della Federazione australiana – volta a realizzare un federalismo di tipo cooperativo e solidale – presupponeva la redistribuzione di risorse in favore degli Stati con minore capacità reddituale. Come in ogni Stato federale, dunque, le singole entità federate hanno rinunciato ad avere un proprio sistema fiscale esclusivo, per attribuirne una parte allo Stato centrale. Per tale motivo è stata introdotta la previsione di cui alla section 51 (II), in applicazione della quale, inizialmente, si demandò all’autorità centrale l’imposizione per dazi doganali e altre imposte indirette. Con il passare del tempo, i settori rispetto ai quali si è attribuita la competenza fiscale al Commonweath sono progressivamente aumentati per quantità e qualità, determinando una diminuzione della indipendenza finanziaria degli Stati membri, direttamente proporzionale alla sempre maggiore capacità impositiva dello Stato centrale. Effettivamente, sebbene il testo costituzione preveda la facoltà di imporre tasse sia in capo alla Federazione, sia in capo agli Stati, con l’adozione dell’Uniform tax legilation del 1942 si è di fatto sancita la competenza esclusiva del Commonwealth per l’imposizione dei tributi. A quest’ultimo spettano infatti in via esclusiva la capacità di imporre imposte sul reddito individuale, sui beni e sui servizi, lasciando agli Stati la possibilità di introdurre imposte sui diversi tipi di trasferimento di proprietà, sui contratti di assicurazione e sui sistemi di protezione contro gli incendi. Ne è derivata una sorta di “monopolio impositivo federale”315 che ha determinato un elevato grado di “squilibrio fiscale verticale”316. Infatti, con appena più della metà delle
313
Cfr. Uyttendaele M., Le fèdèralisme inachevè, Bruxelles, 1991, p. 169 secondo cui «i poteri degli Stati australiani sono stati meglio salvaguardati di quelli dei loro omologhi americani. Si può rilevare che in materia commerciale la High Court ha sempre operato la distinzione tra il commercio inter-statale e il commercio infrastatale, cosa che ha permesso agli Stati di conservare una reale competenza in materia commerciale, mentre negli Stati Uniti questa distinzione si è sfumata ad un punto tale che solo la federazione esercita competenze in questa materia. Per contro, non si può negare che le competenze federali in materia di difesa, telecomunicazioni e relazioni estere sono state oggetto di un’ampia interpretazione. Lo stesso è accaduto per ciò che concerne il diritto matrimoniale. 314
In tal senso cfr. Saunders C., Fiscal Federalism – A General and Unholy Scramble, in Graven G. (a cura) Australian Federation towards the second century, Melbourne, 1992, p.101. 315
cfr. Bassu, L’Australia, op.cit., p. 69.
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responsabilità di erogazione dei servizi, il Commonwealth controlla oltre l'80% di tutte le entrate fiscali. Ciò implica necessariamente un sistema di redistribuzione dei fondi in eccedenza da parte del Commonwealth in favore degli Stati che – per contro – non dispongono delle risorse necessarie per svolgere le loro funzioni e in media, dipendono dal Commonwealth per il 45% del loro fabbisogno. La gestione dei tributi a livello centrale viene affidata all’Australian Taxation Office responsabile sia della raccolta, sia della redistribuzione dei fondi agli Stati secondo la formula definita dalla Commonwealth Grants Commission. Peraltro, una parte piuttosto consistente di questi trasferimenti avviene sotto forma di Specific Purpose Payments o tied grants utilizzati dal Commonwealth per esercitare influenza politica in settori di competenza degli Stati: in sostanza, utilizzando la previsione contenuta alla section 96 della Costituzione - che autorizza il Parlamento a concedere assistenza finanziaria agli Stati nei termini e nelle condizioni da esso stabilite - il livello di Governo centrale riesce ad imporre agli Stati la direzione che alcune politiche devono avere, pena l’esclusione dall’accesso ad una cospicua parte di risorse. A titolo meramente esemplificativo si segnala che nell’esercizio finanziario del 2013-14, il Commonwealth ha stanziato 52 miliardi di dollari da destinare agli Stati senza alcun vincolo (general purpose payments) e ben 45 miliardi di dollari sotto forma di specific purpose payments, mentre nell’esercizio finanziario 2014-2015 lo stanziamento per i general pourpose payment è stato di 54 miliardi a fronte dei 46 stanziati per gli specific purpose payment. Va evidenziato che l’accesso alla maggior parte di questi fondi in entrambi gli esercizi finanziari è stato subordinato all’attuazione di politiche riguardanti l’istruzione e la sanità317, ovvero materie rientranti nelle competenze legislative generali /residuali degli Stati. La proliferazione degli specific purpose payments, se da un lato consente al Commonwealth di realizzare in nome dell’interesse nazionale una maggiore omogeneizzazione della legislazione in settori nei quali non potrebbe incidere, dall’altro lato determina una patologia del sistema federale dato che la forte dipendenza degli Stati dal Commonwealth e i vincoli e gli oneri che ne derivano amplifica alcuni dei problemi e riduce i potenziali vantaggi di un sistema a competenze divise. L’art. 96 rappresenta un unicum, una previsione che non è contenuta in altre Costituzioni federali, che fu inserita in Costituzione all’ultimo momento – secondo alcuni318 - per volere dei membri finanziariamente più deboli della Federazione che premevano per facilitare le sovvenzioni da parte del Commonwealth. Di fatto la sua introduzione in Costituzione ha fatto
316
In proposito la dottrina australiana parla di “vertical fiscal imbalance” (‘VFI’). Cfr. Fenna A, Commonwealth Fiscal Power and Australian Federalism, in UNSW Law Journal, 2008, pp. 509-529. 317
Cfr. Commonwealth Budget Carta No 3: Federal Financial Relation 2014-2015.
318
Cfr. Saunders C., The Hardest Nut to Crack: The Financial Settlement in the Commonwealth Constitution, in The Convention Debates 1891–98: Commentaries, Indices and Guide , Greg Craven (ed), 1986, pp.149-171.
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sì che non si sia mai potuto dubitare della legittimità costituzionale dei programmi di spesa nazionali che hanno un’incidenza sulle competenze legislative sub-nazionali, infatti, grazie alla previsione dell’art 96 tali programmi sono sempre stati dichiarati legittimi dall’High Court319. In sostanza, sebbene la previsione contenuta nell’art. 51 (II) - che attribuisce al livello federale il compito di occuparsi dell’imposizione fiscale, generando un surplus in capo al Commonwealth - era stata pensata come un servizio di riscossione delle imposte che sarebbero poi dovute essere restituite - sulla base di una equalizzazione - agli Stati federati senza alcuna condizione, a partire dal Developement Act del 1923 quel surplus costituisce la base di un ampio programma di trasferimenti condizionati. Di fatto, il motivo per cui si è fatto largo ricorso a tale tipo di trasferimenti risiede nel fatto che la divisione dei poteri fu pensata in una società preindustriale dove la maggior parte, se non tutte, delle responsabilità di politica sociale insieme alle normative ambientali erano state lasciate agli Stati membri, perché tale assetto corrispondeva alle circostanze sociali ed economiche del tempo. Tale divisione dei poteri mal si attanaglia alle condizioni sociali del XX secolo, epoca in cui, per garantire uno “standard” minimo di servizi si è fatto largo uso dei c.d. specific pourpose payments. Se questa è la ratio che ne ha giustificato l’ampio utilizzo, si deve tuttavia evidenziare che i programmi attuati dal Commonwealth vanno ben oltre il limite del raggiungimento degli standard minimi. Ad esempio, si segnala che nel 2004 il Governo Howard ha subordinato la concessione di finanziamenti all’attuazione di una serie di politiche nel settore dell’istruzione per far sì che il Commonwealth assumesse un ruolo chiave nel sostenere le scuole non statali e, più recentemente, per stabilire curriculum e valutazione standard nelle scuole primarie e secondarie di tutto il Paese. Si potrebbe dunque obiettare che i trasferimenti condizionati, estendendosi ben al di là del raggiungimento di standards minimi, limitino eccessivamente i poteri degli Stati e rendano il federalismo australiano sempre più disfunzionale. Difatti, la pervasività delle politiche volute dal Commonwealth, legata alla sua notevole capacità di spesa, gli consente di bypassare gli Stati, i quali – come si è già avuto modo di evidenziare – non sono adeguatamente rappresentati nemmeno nella Senato federale, i cui membri – scontando l’appartenenza a precisi partiti politici - non sono mai stati capaci di frenare il processo di centralizzazione delle competenze fiscali.
319
In tal senso si è espressa la Corte nella sentenza Victoria v Commonwealth (1926).
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I.1.5) La revisione costituzionale La Costituzione australiana si chiude con la section 128 che, nel disciplinare il procedimento di revisione costituzionale, le attribuisce una particolare rigidità, testimoniata dalla quasi totale mancanza di modifiche al testo dal 1901 ad oggi. Precisamente si prevede che la proposta di legge diretta a modificare il Constitution Act deve essere approvata dalla maggioranza assoluta dei membri di ciascuna Camera del Parlamento. Dunque, anche rispetto al procedimento di revisione costituzionale, emerge la parificazione dei poteri delle due Camere. È nella fase successiva che ai singoli Stati e ai loro cittadini viene attribuito un ruolo piuttosto rilevante nel procedimento di revisione. Infatti, trascorsi due mesi dal momento in cui il disegno di legge di revisione costituzionale viene approvato da ciascuna Camera e non più tardi di sei mesi da tale approvazione, la proposta di revisione deve esser sottoposta in ciascuno Stato agli elettori aventi diritto di voto per l’elezione dei membri della Camera dei Rappresentanti. Nell’ipotesi in cui, invece, una delle due Camere approva la proposta di revisione a maggioranza assoluta e l’altra la respinge, non la approva ovvero l’approva con qualche emendamento sul quale la prima Camera non intenda accordarsi, e se dopo un periodo di tre mesi la prima Camera approva nuovamente tale proposta di legge a maggioranza assoluta e l’altra Camera la respinge (non l’approva ovvero l’approvi con qualche emendamento sul quale la prima non intenda accordarsi), il Governatore generale può sottomettere la proposta di legge agli elettori di ciascuno Stato. In ogni caso, a prescindere dal modo in cui le due Camere si siano espresse sul disegno di legge di revisione costituzionale, affinché venga approvato, è necessario che dal referendum emerga una “doppia maggioranza”: quella degli aventi diritto al voto nella federazione e quella della maggioranza degli Stati320. Peraltro è opportuno evidenziare come l’Australia sia uno dei pochi paesi al mondo in cui il voto è obbligatorio321. Per quanto riguarda invece le modificazioni intese a diminuire la rappresentanza proporzionale d’uno Stato nell’una o nell’altra delle due Camere del Parlamento o il numero minimo dei rappresentanti d’uno Stato nella Camera dei rappresentanti ovvero ad accrescere, a diminuire o a modificare in altro modo i confini d’uno Stato, o ad alterare in qualsiasi modo le disposizioni della Costituzione in rapporto ai medesimi si richiede che la proposta venga approvata dalla maggioranza degli elettori votanti in detto Stato.
320
Sulla partecipazione degli stati federati alla revisione della Costituzione degli Stati federali cfr. Groppi T., La partecipazione degli Stati membri alla revisione delle Costituzioni federali: dai modelli alla prassi, in Groppi T. (a cura), Principio di autonomia e forma dello Stato, Torino, 1998. 321
Sul compulsory voting australiano cfr. Cordini G., Il voto obbligatorio, Roma, 1988, p.60.
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La necessaria partecipazione del corpo elettorale e il particolare quorum di approvazione richiesto (non soltanto della maggioranza degli aventi diritto al voto all’interno della Federazione, ma anche la maggioranza dei votanti in più della metà degli Stati) rende particolarmente difficile la modifica della Costituzione. Si segnala infatti che dal momento in cui è entrata in vigore, delle quarantaquattro modifiche sulle quali è stato chiamato ad esprimersi il popolo australiano, soltanto otto sono state approvate322. I cittadini e gli Stati nell’ambito del procedimento di revisione costituzionale hanno peraltro giocato un ruolo fondamentale nel fronteggiare le tendenze accentratrici manifestate dallo Stato federale nell’ambito del riparto delle competenze legislative. Infatti, se il Senato – a causa della sua connotazione prettamente politica – non è stato in grado di opporsi a tale tendenza, gli Stati e i suoi cittadini lo hanno fatto, ad esempio, quando nel 1973 hanno bocciato il Constitution Alteration Incomes e il Constitution Alteration Prices con cui si era tentato di attribuire al Parlamento federale il potere di legiferare in materia di prezzi e redditi per favorire la lotta del Governo contro l’inflazione. Per quanto riguarda infine la presenza dell’esistenza di limiti impliciti al procedimento di revisione costituzionale, la dottrina australiana si è in particolare interrogata sulla possibilità di modificare il preambolo della Costituzione, arrivando alla conclusione che non sia possibile ravvisare preclusioni assolute alla potestà di emendarlo323. A tal proposito, infatti, nel 1999 gli australiani sono stati chiamati ad esprimersi sulla eventuale modifica della forma monarchica sancita nel preambolo della Costituzione. In quell’occasione i cittadini sono stati chiamati a pronunciarsi su due quesiti: il primo inerente all’introduzione della forma repubblicana; il secondo riguardante l’inserimento di un preambolo volto a sottolineare valori ed ispirazioni comuni del popolo australiano. Entrambe le consultazioni hanno tuttavia avuto esito negativo.
322
In particolare: nel 1906 è stata modificata la section 13 alterando leggermente i termini di durata e l’inizio dell’ufficio di Senatore; nel 1910 è stata modificata la section 105 per estendere il potere del Commonwealth di prendere in consegna i debiti statali contratti da uno stato in qualsiasi momento; nel 1928 è stata inserita la section 105A per garantire la validità costituzionale della Convenzione finanziaria siglata dal Commonwealth e dai governi degli Stati nel 1927; nel 1946 è stata inserito nella section 51 il punto XXIII che ha allargato l’ambito di intervento del governo del Commonwealth su una gamma di servizi sociali; nel 1967 si è modificato il punto XXVI della section 51 per consentire al governo del Commonwealth di legiferare per le persone di qualsiasi razza, compresi gli aborigeni e si è abrogato nella section 127 il disposto che escludeva del computo dei cittadini del Commonwealth gli aborigeni; infine, nel 1977 sono state modificate: a) la section 15 formalizzando che qualora si crei un posto vacante al Senato, deve essere sostituito da un senatore dello stesso partito, b) la section 128 per consentire ai residenti dei Territori di rientrare nel computo dei cittadini e di votare nei referendum, c) la section 72 che ha introdotto il limite di 70 anni per il pensionamento dei giudici federali. 323
In tal senso cfr. Howard C., Australian Federal Constritutional Law, Sidney, 1985, p.584.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Tabella 1 - Referendum svolti in Australia dal 1901 ad oggi Anno
Numero
Ambito
Esito
1906
1
Elezioni Senato
Si
1910
2
Debiti degli Stati
Si
3
Surplus di Entrate
No
4
Commercio
No
5
Monopoli
No
6
Commercio
No
7
Corporazioni
No
8
Questioni industriali
No
9
Trust
No
10
Monopoli
No
11
Trasporti ferroviari
No
12
Poteri legislativi
No
13
Monopoli
No
14
Commercio e Industria
No
15
Servizi essenziali
No
1928
16
Debiti degli Stati
Si
1937
17
Aviazione
No
18
Marketing
No
1944
19
Diritti
No
1946
20
Servizi sociali
Si
21
Marketing
No
22
Lavoro
No
1948
23
Affitti e prezzi
No
1951
24
Comunità
No
1967
25
Parlamento
No
26
Aborigeni
Si
27
Prezzi
No
28
Redditi
No
1911
1913
1919
1926
1973
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
1974
1977
1984
1988
1999
29
Elezioni simultanee
No
30
Procedimento di revisione costituzionale
No
31
Elezioni
No
32
Governo locale
No
33
Elezioni simultanee
No
34
Posti vacanti in Senato
Si
35
Referendum
Si
36
Pensione dei giudici
Si
37
Senato
No
38
Poteri legislativi
No
39
Termine mandato parlamentare
No
40
Elezioni
No
41
Governo Locale
No
42
Libertà e diritti
No
43
Forma repubblicana
No
44
Preambolo
No
I.2) L’organizzazione costituzionale dei poteri e le istituzioni fondamentali I.2.1) Il Parlamento Il Parlamento Australiano è un parlamento bicamerale asimmetrico che si compone di due Camere, la Camera dei rappresentanti ed il Senato, entrambe elette direttamente dai cittadini australiani. Come si è già avuto modo di ricordare, la differenziazione dei due rami del Parlamento riguarda sia la composizione delle due camere, sia, sebbene soltanto in parte, le funzioni che la Costituzione attribuisce loro. Per quanto riguarda il primo aspetto, la Costituzione si preoccupa di precisare nella section 41 che l’elettorato attivo spetta in entrambe le Camere a tutti coloro che abbiano raggiunto la maggiore età. Per quanto riguarda l’elettorato passivo, i requisiti per essere eletti alla Camera dei rappresentanti, sino all’adozione di una legge da parte del Parlamento, sono fissati nella section 34 nel possesso della cittadinanza australiana e nell’aver compiuto il ventunesimo
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anno di età (requisiti ancora oggi sufficienti); la section 16 prevede invece che i requisiti per essere eletto senatore debbano essere gli stessi richiesti per essere eletto deputato. Analogamente a quanto fatto per l’elettorato passivo, la Costituzione del Commonwealth non regolamenta in dettaglio le modalità di elezione dei membri della Camera dei Rappresentanti e del Senato, rimettendo al Parlamento il compito di disciplinare il sistema elettorale e prescrivendo, sino ad allora, l’uso dei sistemi elettorali dei diversi Stati della federazione. Parimenti, la Costituzione non individua quanti membri debba avere ciascuna Camere, ma si limitata a prevederne il numero minimo, rimettendo ancora una volta al Parlamento la decisione circa un loro eventuale aumento324. Le procedure per l'elezione dei deputati e dei senatori sono molto più complicate di quanto non lo siano quelle per eleggere i loro omologhi americani. Infatti, mentre i rappresentanti degli Stati Uniti sono eletti essenzialmente tutti attraverso il sistema di “first-past-thepost”325, in Australia i membri del Parlamento federale vengono scelti mediante due sistemi elettorali che combinano un sistema maggioritario (quello della Camera dei rappresentanti) e uno proporzionale (quello del Senato) con l'uso del voto di preferenza alternativo. I membri della Camera dei rappresentanti australiana, attualmente 150, durano in carica al massimo 3 anni. Ogni Stato ne elegge in proporzione al numero della popolazione (a partire da un minimo di 5) ed è diviso in tanti collegi uninominali (electoral division) quanti sono i rappresentanti assegnati loro326, in modo tale che in ogni collegio si elegge un solo rappresentante. Il passaggio ai collegi uninominali è stato sancito dal Commonwealth electoral Act del 1918, in cui si è stabilito anche che si votasse con voto di preferenza c.d. alternativo. Con questo sistema ogni elettore esprime più voti distinti. Se un candidato riceve la maggioranza assoluta di tutti i primi voti, è eletto. In caso contrario, i voti ottenuti dal candidato con il minor numero di primi voti sono distribuiti tra gli altri candidati in base alle seconde scelte dei sostenitori del candidato escluso dal conteggio e si prosegue in questo modo fino a quando un candidato non ottiene la maggioranza assoluta dei voti. Si tratta di un sistema elettorale volto ad impedire, come avviene con il sistema elettorale first-past-the-post o plurality, che venga eletto un candidato che riceve molti primi voti ma non ottiene la maggioranza di quelli espressi. Questa modalità di traduzione dei voti in seggi, peraltro,
324
Infatti, la section 26, prevede che uno Stato non possa avere meno di 5 deputati e la section 24 che il numero dei deputati non possa superare il doppio del numero dei senatori; mentre, la section 7, prevede che i Senatori siano 6 per ciascuno Stato. 325
Ogni elettore esprime una preferenza per il candidato che preferisce e il candidato che ottiene la maggioranza dei voti è viene eletto. 326
Nell’attuale legislatura, la 44°, in New South Wales sono stati eletti 48 deputati, nello Stato di Victoria 37, in Queensland 30, in Western Australia 15, in Southern Australia 11, in Tasmania 5 e nel Northern Territory e nell’Australian Capital Territory 2.
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presenta il vantaggio di incoraggiare la presentazione di più di due candidati per collegio dato che esso attribuisce peso anche al voto espresso in favore del candidato di un partito minore. I seggi del Senato, ad oggi, sono complessivamente 76: ogni Stato ha 12 senatori ai quali vanno aggiunti due senatori per Territorio327. Il mandato è di sei anni, ma trattandosi di una Camera permanente, si rinnova per metà ogni 3 anni, salvo che non si verifichi una double dissolution ai sensi della section 57 della Costituzione328. La previsione secondo cui ogni Stato deve avere un pari numero di rappresentanti nel Senato fa emergere l’intento di farne una Camera di rappresentanza territoriale, mentre la diversa durata è volta a rafforzarne il ruolo di controllo rendendola indipendente dall’altra. Fino al 1949, il sistema elettorale era identico a quello per eleggere la Camera dei rappresentanti, tuttavia, la previsione di un unico collegio per Stato, comportava l’assegnazione di tutti i seggi o quasi ad un unico partito. Nel 1948 si è dunque stabilito il passaggio ad un sistema proporzionale combinato con il “voto unico trasferibile”. In base a questo sistema ogni elettore assegna un numero a tutti i candidati. Viene poi calcolato il numero di voti che bisogna ottenere per essere eletti dividendo il numero dei voti per il numero dei seggi da attribuire. Se si ottiene un numero di primi voti pari a tale quota si viene eletti e gli eventuali voti in eccesso sono distribuiti in base alle preferenze successive espresse da chi ha votato per il candidato eletto. Procedura questa che viene ripetuta fintanto che non vengono assegnati tutti i seggi in palio. Questo sistema elettorale ha sicuramente condotto a diversi equilibri nei rapporti tra le due Camere. Infatti, se prima del 1949 era più semplice che il Governo detenesse la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento, sì da annientare il ruolo di controllo del Senato, successivamente, i seggi del Senato sono stati equamente divisi tra i sostenitori del governo e quelli dell’opposizione, facendo aumentare l’influenza politica dei partiti di opposizione e di minoranza o dei senatori indipendenti. Da quanto detto sinora emerge evidentemente la differenza tra i due rami del Parlamento australiano, non soltanto per la diversa consistenza numerica e per la diversa durata dei mandati, ma anche per la presenza di un Senato chiamato a svolgere la funzione di camera di rappresentanza territoriale, data la pari rappresentazione al suo interno di tutti gli Stati a prescindere dal numero degli abitanti, ovvero dall’estensione territoriale di ciascuna Unità componente la Federazione. Ciononostante - come si è peraltro evidenziato nelle pagine
327
I territori hanno acquisito tale rappresentanza con l’adozione del Senate (Representation of Territories) Act del 1974. 328
Per assicurare questa rotazione si è prevista la divisione dei senatori in senatori a breve e a lungo termine. Va precisato che prima del 1951 in sole due occasioni i Senatori sono stati eletti tutti insieme: alle prime elezioni del 1901 e alle elezioni seguenti la Double dissolution del 1914.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
precedenti – la modifica del sistema elettorale del Senato nel 1948 ha rivalutato il suo ruolo di camera di controllo sull’operato del Governo e ne ha altresì accentuato il funzionamento come Camera politica, mortificando invece la funzione di rappresentanza dei territori. Dal punto di vista funzionale si deve invece rilevare come le due camere abbiano poteri quasi identici. Infatti, la Camera e il Senato godono delle medesime attribuzioni e svolgono un identico ruolo sia nel procedimento di revisione costituzionale (section 128), sia nel procedimento legislativo dato che si precisa che il Senato «avrà poteri uguali a quelli della Camera dei rappresentanti» ad eccezione dei disegni di legge che «assegnano entrate o fondi o impongono tasse» che non possono né “nascere” né essere emendati in Senato (section 53), ma che devono comunque essere approvati anche dalla Camera Alta. Altro elemento di differenziazione delle due Camere riguarda il rapporto fiduciario che lega il Governo alla sola Camera dei rappresentanti. L’Australia ha infatti mutuato dalla madre patria inglese una forma di governo parlamentare (Cabinet governement) in cui il partito o la coalizione che gode della maggioranza in seno alla Camera dei rappresentanti ha la facoltà di indicare il proprio leader come premier. Quest’ultimo sarà poi nominato formalmente dal Governatore generale. Proprio in considerazione del fatto che la composizione della Camera dei rappresentanti determina chi formerà il governo se ne suole parlare come “House of Governement”. Difatti, il venir meno del sostegno della maggioranza della Camera dei Rappresentanti determina l’impossibilità per il Governo di portare avanti il suo indirizzo politico attraverso la legislazione e lo obbliga a dimettersi. Inoltre, sebbene sia vero che quando il Governo non ha la maggioranza in Senato per esso è più difficile governare ed è altrettanto vero – come si è illustrato nel par. I.1.2 - che una strenua opposizione del Senato sull’approvazione delle leggi di bilancio può anche condurre ad una crisi di governo. Questo però non significa che rispetto al rapporto fiduciario si possa parlare di una equiparazione delle funzioni delle due Camere. L’analisi degli elementi che caratterizzano il Parlamento ha spinto la dottrina329 a ricondurre il bicameralismo australiano nella categoria degli “strong Bicameralism”. Infatti, come in Colombia, Germania, Svizzera, e Stati Uniti, le due camere possono essere definite “simmetriche” e “incongruenti”. Si parla di Camere simmetriche perché sono dotate di poteri costituzionali uguali o moderatamente disuguali e sono entrambe dotate della medesima legittimazione democratica; si parla invece di Camere incongruenti perché sono elette con metodi diversi ovvero sono concepite in modo da sovra rappresentare alcune minoranze.330 Naturalmente, un assetto di questo tipo può generare conflitti tra le due camere, considerato
329
Lijphart A., Patterns of Democracy, Yale University Press, 1999, pp. 206-207.
330
Lijphart A., Patterns of Democracy, Yale University Press, 1999, pp. 206-207: “Symmetrical chambers are those with equal or only moderately unequal constitutional powers and democratic legitimacy.’ ‘Incongruent chambers’ are ‘elected by different methods or [are] designed so as to over-represent certain minorities.”
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che nessuna delle due può facilmente imporre la sua volontà all’altra. Ed è proprio questa la situazione del Parlamento del Commonwealth d'Australia, che ha avuto camere simmetriche dall'inizio della Federazione nel 1901 e camere incongruenti dopo l'introduzione, nel 1949, della rappresentanza proporzionale per l'elezione dei membri del Senato 331. Ad oggi è dunque possibile affermare che la Camera dei Rappresentanti e il Senato in Australia non hanno parità di poteri, ma per gli standard comparativi il Senato è un organo molto potente e il rapporto tra le due Camere può essere classificato come solo moderatamente asimmetrico; ciò anche in considerazione del fatto che entrambe sono direttamente elette dal popolo. Esempio emblematico di come la modifica del sistema elettorale del Senato abbia inciso sui rapporti tra le due Camere ed il Governo è quello dell’esperienza del governo laburista del Primo ministro Whitlam tra il 1972-1975. Quest’ultimo, non avendo mai avuto la maggioranza in Senato, ha costantemente temuto di non riuscire a portare avanti il suo programma politico. Nel corso di quei tre anni il Senato ha infatti respinto più legislazione di quanto non fosse mai accaduto nei 71 anni precedenti, determinando la grave crisi politica terminata poi con la double dissolution del 1975332. Sebbene sia insolito che le crisi di governo nascano in questo modo, si tratta comunque di una modalità di far cessare l’esecutivo che stride con il modello di parlamento della tradizione Westminster. E in effetti, ciò che rende il sistema politico australiano così interessante è proprio il combinarsi di alcune delle caratteristiche essenziali del modello Westminister con altre caratteristiche che possono mettere a rischio il nucleo fondamentale di tale regime, ovvero la responsabilità del governo verso la sola Camera dei rappresentanti, l’unica che formalmente può esperire una mozione di fiducia nei confronti del Governo. Per quanto riguarda l’organizzazione interna delle due Camere si deve evidenziare che entrambe sono dotate di un Presidente (Speaker). Lo speakership è l'ufficio più importante nella Camera dei Rappresentanti, poiché secondo quanto previsto dalla section 35 della Costituzione la Camera dei Rappresentanti, non può svolgere alcuna attività senza aver eletto il presidente della Camera 333. Il procedimento per l’elezione dello speaker è disciplinato in dettaglio negli standing order della Camera che 331
Cfr. Lijphart A., Australian Democracy: Modifying Majoritarianism? in Australian Journal of Political Science, Vol. XXXIV, 1999, pp. 313-326, in cui si evidenzia che «Le due camere sono anche chiaramente incongruenti nella loro composizione. Esse erano già state ricondotte nella categoria dei bicameralismi forti a causa della paritaria rappresentazione degli Stati in Senato nonostante la diversa densità della popolazione -una caratteristica questa di molti sistemi federali. La differenza nei metodi di elezione (…) ha reso le due Camere ancora più diverse nella composizione e ha rafforzato la loro incongruenza. Il sistema del voto unico trasferibile ha quindi avuto l’effetto di rafforzare il bicameralismo e anche il carattere federalista della democrazia australiana sulla seconda dimensione». 332
Solomon D., (Inside the Australian Parliament, Allen & Unwin, 1978, p. 9.
333
L'attuale Speaker è l'On. Tony Smith MP,
Membro per Casey, Victoria, che è stato eletto Speaker il 10 Agosto, 2015.
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prevedono l'elezione a scrutinio segreto all’inizio della legislatura. Sebbene la carica di presidente della Camera bassa in Australia sia stata a lungo considerata una nomina politica, gli speakers che si sono succeduti nel corso del tempo hanno cercato di adempiere alle loro funzioni con imparzialità, mostrando un certo distacco rispetto alle attività del governo. Per quanto riguarda le funzioni, il Presidente è il portavoce della Camera (da qui deriva il nome speaker) nei rapporti con le altre parti del Parlamento ovvero il Senato e la Regina (rappresentata dal governatore generale), con l'esecutivo e la magistratura. Tutte le Comunicazioni ufficiali provenienti o dirette alla Camera dei rappresentanti sono firmate da (o indirizzate a) lui. Il Presidente riceve inoltre delegazioni di altri parlamenti per conto della Camera; presiede le sedute e assicura che esse siano condotte in modo ordinato e secondo le disposizioni della Costituzione, degli standing orders e delle practise della Camera bassa. In considerazione del suo ruolo di vigilanza egli normalmente non partecipa al dibattito e non vota in Aula, tranne l’ipotesi in cui ci sia parità di voti (section 40). Anche il Senato, prima di procedere all’espletamento di qualsiasi altra attività, deve scegliere un senatore che svolga il ruolo di Presidente (section 17). Il suo mandato scade, infatti, normalmente dopo l’elezione dei Senatori (ovvero ogni 3 anni dato che la metà dei membri del Senato viene eletta ogni 3 anni, sebbene il mandato sia di 6). Si tratta di una votazione a scrutinio segreto e il candidato che ha il maggior numero di voti viene dichiarato eletto. Le funzioni che esso è chiamato a svolgere sono tendenzialmente le stesse che svolge il Presidente della Camera. L’unica differenza sta nel fatto che essendo un senatore, il Presidente è anche il rappresentante di uno degli Stati o territori del Commonwealth, e il suo voto pesa come quello di un qualsiasi altro senatore (section 23). Difatti, se il Presidente non fosse in grado di esprimere il proprio voto, la rappresentanza paritaria degli Stati stabilita dalla Costituzione sarebbe intaccata. Va rilevato come questo aspetto determini una maggior difficoltà per il Presidente del Senato di esercitare le funzioni del suo ufficio in modo imparziale334. Gli Standing order di entrambe le Camere prevedono la possibilità di istituire commissioni parlamentari, ovvero gruppi di deputati o senatori (o entrambi nel caso di commissioni congiunte) nominati da una o entrambe le Camere del Parlamento per svolgere compiti specifici. La dimensione delle Commissioni varia da un minimo di 7 ad un massimo di 34 membri. Sono normalmente composte da membri provenienti dai diversi partiti in proporzione alla consistenza numerica di ciascun gruppo. Di conseguenza, in particolare alla
334
Aspetto questo evidenziato dal primo Presidente del Senato, Baker, nel 1904: «The difficulties of the dual position which I am called upon to fill are very great, and I ask that allowances may be made for me. In the first place, I have to perform the ordinary duties of a President or a Speaker, and in the second place, under our Constitution, I have to give not a casting vote, but a deliberative vote when, as it sometimes happens, party feeling runs high. The difficulty of reconciling these dual positions is very great», Commonwealth Parliamentary Debates, 2 March 1904, p. 6.
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Camera dei rappresentanti, i membri del governo sono in genere una maggioranza in ciascuna commissione. In questo caso sono presiedute da un membro del governo e hanno un membro dell'opposizione come vice presidente; i membri di ciascuna commissione, i cui nomi vengono poi indicati dai rispettivi funzionari di partito (c.d. party whip), sono invece scelti o eletti all'interno dei partiti politici. In generale è possibile individuarne tre tipi di commissione: a) le commissioni permanenti ovvero quelle commissioni nominate per l’intera legislatura che, solitamente, vengono ripristinate dopo ogni elezione e hanno il compito di indagare, esaminare e riferire su tutte le questioni che sono loro sottoposte, compresa la legislazione. Si tratta di commissioni specializzate per area tematica e coprono la maggior parte dei settori di attività del governo federale. Alla Camera attualmente sono 15335 mentre al Senato sono 20336. b) Le commissioni non permanenti, c.d. select committees, nominate in caso di necessità per uno scopo specifico e per un tempo limitato. Vi rientrano le commissioni miste paritetiche composte da membri di entrambi i rami del Parlamento per lavorare insieme sulla stessa materia. c) Le commissioni interne che hanno funzioni relative ai poteri e alle procedure interne delle Camere. Le commissioni sono particolarmente importanti perché, per loro tramite, le Camere riescono a controllare più efficacemente l’operato del Governo. A tal fine, la legge che le istituisce le dota di penetranti poteri di indagine: ad esempio, le commissioni possono chiedere informazioni a persone (in particolare ai funzionari pubblici) e richiedere documenti anche per verificare come il Governo gestisca i fondi ed eroghi servizi; possono sorvegliare la spesa di denaro pubblico nonché chiamare il Governo a giustificare determinate decisioni amministrative. Le Commissioni possono inoltre contribuire ad una migliore informazione delle politiche e dei processi legislativi, fornendo ai membri delle Camere i risultati delle loro indagini. Per quanto riguarda poi le modalità di svolgimento delle inchieste, è interessante evidenziare come le stesse si aprano con la pubblicizzazione sulla stampa dell’oggetto dell’inchiesta con il contestuale invito alle persone e alle organizzazioni di inviare opinioni e osservazioni per 335
Agricoltura e industria; stanziamenti e amministrazioni; economia formazione e occupazione; ambiente; salute; affari indigeni; infrastrutture e delle comunicazioni; petizioni; privilegi e interessi dei deputati; procedura; pubblicazioni; selezione; politica sociale e giuridica; tasse e reddito. Per un approfondimento sulle attività svolte dalle Commissioni http://www.aph.gov.au/committees 336
Stanziamenti e personale; aspetti della pubblica amministrazione del Queensland connessi agli affari del governo federale; affari comunitari; economia; formazione e occupazione; ambiente e comunicazione; finanza e pubblica amministrazione; affari esteri, della difesa e del commercio; salute; affari giuridici e costituzionali; rete nazionale a banda larga; privilegi; procedura; pubblicazioni, regolamenti e ordinanze; affari rurali e regionali dei trasporti; esame dei disegni di legge; selezione dei disegni di legge; interessi dei senatori; turbine eoliche. Per un approfondimento sulle attività svolte dalle Commissioni http://www.aph.gov.au/committees
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iscritto. In questo modo si attribuisce a chiunque la possibilità di presentare una memoria scritta e di inviarla alla Commissione che, dopo aver esaminato le osservazioni scritte ricevute, può invitare i presentanti a discuterle in una audizione pubblica. Le commissioni possono, inoltre, organizzare seminari, incontri pubblici, focus group, tavole rotonde e incontri informali per ascoltare le opinioni e le idee degli esperti e della comunità. Come del resto possono disporre ispezioni in luoghi che abbiano una qualche rilevanza per le inchieste. Dopo aver esaminato tutte le risultanze dell’attività istruttoria, le commissioni preparano una relazione contenente le conclusioni e le raccomandazioni, e le presentano alla Camera (o a entrambe le Camere, nel caso in cui si tratti di commissioni bicamerali). Tranne il caso di inchieste che interessano l'amministrazione o le procedure delle camere stesse, le relazioni delle Commissioni di solito riguardano l’azione di governo (ad esempio, l'introduzione di una legislazione). In questi casi il Governo è tenuto a rispondere alle osservazioni in una relazione scritta che, nella prassi degli ultimi anni, è stata presentata entro tre mesi dal deposito della relazione in Parlamento337. Per quanto riguarda, infine, lo status di parlamentare, come in altri parlamenti si prevedono una serie di immunità e diritti speciali necessari per garantire l’autonomia e l’indipendenza dei membri delle due Camere nell’esercizio delle loro funzioni. In particolare la section 49 della Costituzione prevede che, fino a quando il Parlamento non disponga diversamente, i poteri, i privilegi e le immunità del Senato e della Camera dei rappresentanti sono quelli della Camera dei Comuni britannica. Ciò che non è stato fatto sino al 1987 quando il Parlamento federale ha approvato il Parlamentary privileges Act. Tra le immunità che questa legge accorda ai membri di entrambi i rami del parlamento, vi è in particolare il privilegio c.d. della libertà di parola, assimilabile alla insindacabilità italiana. Tale prerogativa – ereditata nel 1901 dalla Camera dei Comuni - è spesso descritta come la più importante tra le immunità accordate ai parlamentari ed è disciplinata nell’art. 16 della legge poc’anzi citata. Tale articolo individua, in particolare, quali sono le dichiarazioni dei parlamentari che non possono essere sindacate includendovi tutte quelle poste in essere nel corso di un procedimento parlamentare, sì da impedire che coloro che prendono parte ad un dibattito in Parlamento possano essere perseguiti per il contenuto delle loro affermazioni. Si tratta di un privilegio necessariamente accordato ai membri delle Camere per consentire loro di affrontare qualsiasi questione senza temere delle eventuali conseguenze legali. È interessante evidenziare che sia alla Camera dei rappresentanti con una delibera del 1997, sia al Senato con una risoluzione del 1988, si è attribuita ai cittadini offesi dalle dichiarazioni diffamatorie dei parlamentari la possibilità di replica. In entrambi i casi, i cittadini offesi
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In realtà il tempo a disposizione del Governo è più lungo: ad esempio nel 2010 la Camera dei rappresentanti ha approvato una risoluzione in cui si chiede al governo di rispondere alle relazioni delle commissioni entro sei mesi dalla loro presentazione.
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possono inviare le loro osservazioni al Presidente di una delle due Camere. Quest’ultimo, qualora la richiesta non risulti banale, frivola, vessatoria o offensiva, la invia alla Commissione dei privilegi e degli interessi dei deputati (Committee of Privileges and Members' Interests) la quale, qualora lo ritenga opportuno, può chiedere che eventuali rettifiche vengano pubblicate nei resoconti parlamentari. Si deve altresì rilevare che il privilegio della libertà di espressione non riguarda soltanto i membri del Parlamento, ma vale anche per tutti coloro che prendono parte al procedimento riguardando dunque, anche coloro che vengono sentiti durante l’attività istruttoria delle commissioni. Vi sono poi una serie di altri privilegi “minori”. Ad esempio, deputati e senatori non possono essere obbligati a presentarsi come testimoni in processi nei cinque giorni che precedono e nei cinque giorni che seguono le sedute, né possono– in questo lasso di tempo – essere arrestati o chiamati a partecipare ad un giudizio civile. Tale immunità, peraltro, riguarda anche coloro che, pur non essendo membri delle Camere, sono stati chiamati per essere sentiti in commissione. Tra i privilegi figura poi l’esenzione dei parlamentari e dei membri del personale dal servizio giuria. Si tratta di immunità secondarie che trovano la loro ragion d’essere nel fatto che la partecipazione alle sedute parlamentari assume maggiore importanza rispetto agli altri obblighi che spetterebbero loro come cittadini. Questo dunque non esclude che i parlamentari possano essere chiamati a svolgere le summenzionate attività al di fuori del limite temporale ivi indicato, come – del resto – non esclude che i parlamentari possano essere soggetti ad azione penale. Il Parlamentary privileges Act attribuisce inoltre ad ogni Camera il potere di giudicare i reati o gli oltraggi338 commessi da persone (fisiche o giuridiche) che vadano ad interferire con il loro funzionamento. Nello svolgere tale attività ogni Camera ha il potere di infliggere rimproveri, disporre l’arresto o comminare ammende339. La fase istruttoria di tali “giudizi”, 338
Si tratta di comportamenti che corrispondono agli oltraggi alla Corte che si possono configurare durante un giudizio. Sono definiti dall’art 4 della legge del 1987 come «Conduct (including the use of words)...[which] amounts, or is intended or likely to amount, to an improper interference with the free exercise by a House or committee of its authority or functions, or with the free performance by a member of the member's duties as a member». Al Senato, in una risoluzione del 1988, è stata inoltre individuata una lista di comportamenti, comunque non esaustiva, che possono essere qualificati come oltraggi al parlamento quali ad esempio: «interference with the authority of the Senate or a committee; interference with a senator performing his duty as a senator; disturbance of the Senate; false report of proceedings; interference with a witness; and obstruction of a Senate inquiry». 339
Il Parlamentary Privilege Act attribuisce alle Camere il potere di imporre la pena della reclusione per un periodo non superiore a sei mesi ovvero di infliggere una multa non superiore a $ 5.000 nei confronti di una persona fisica, o non superiore a $ 25.000 nei confronti di persone giuridiche. Né la Camera dei Rappresentanti, né il Senato hanno mai imposto una multa, mentre, in una sola occasione, precisamente nel 1955, la Camera dei Rappresentanti ha disposto l’incarcerazione dei signori Fitzpatrick e Browne per un periodo di tre mesi, giudicati colpevoli per aver pubblicato informazioni destinate a influenzare e intimidire un parlamentare nella svolgimento della sua funzione.
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viene svolta dalla Commissione dei privilegi e degli interessi istituita presso ciascuna Camera. Spetta poi alla Camera il compito di decidere alla luce delle risultanze istruttorie – che comunque non sono vincolanti - contenute nella relazione della Commissione. Sebbene tradizionalmente, le Commissioni si riuniscano in privato, alla Camera è stata modificata la procedura durante un'indagine nel 1986-87 in materia di divulgazione non autorizzata di materiale relativo a una commissione congiunta. Nel corso di tale inchiesta, per la prima volta, le prove sono state acquisite in pubblico e ad i testimoni è stato attribuito il diritto di farsi assistere da un consulente legale. Inoltre, nel dicembre del 2000 il Parlamento ha approva una mozione volta ad autorizzare la pubblicazione di tutte le prove e i documenti acquisiti in via riservata trascorsi 30 dalla loro acquisizione.
I.2.1.2) Disaccordo tra le Camere e double dissolution L’aver attribuito sostanzialmente un pari ruolo nell’ambito del procedimento legislativo alla Camera dei rappresentanti e al Senato ha spinto i padri costituenti ad inserire in Costituzione un rimedio nel caso in cui le due Camere si trovassero in disaccordo sull’approvazione di un progetto di legge per evitare lo stallo decisionale che una situazione di questo tipo avrebbe potuto determinare. Dato, questo, che emerge chiaramente dai resoconti ufficiali dei dibattiti tenutesi durante l’Australian Federal Convention del 1897, in cui si legge che «… having called into existence two strong houses, and especially a senate the like of which will not be found in any constitution that is in existence, or has ever been in existence in the world, we ought to make provision for great, important, probably historical occasions when those two coordinate houses may be brought into serious conflict … Now in an ordinary constitution, where we have an upper house not elected by the people, or not elected on the same basis as the lower house, that second chamber would be disposed to yield to the pressure of the lower chamber elected on a popular basis; but here, where we are creating a senate which will feel the sap of popular election in its veins, that senate will probably feel stronger than a senate or upper chamber which is elected only on a partial franchise, and, consequently, we ought to make provision for the adjustment of disputes in great emergencies» 340. O ancora che «…in the constitution as framed there is bound to be conflict between the two houses…It is a contingency that a wise man would provide for so as to frame a constitution which will bend and not break. It would be a terrible state of affairs in future if we provided a constitution so rigid, that unconstitutional means would have to be adopted by the people to give expression to their wishes. Surely wise men entrusted with the task of framing a constitution… would
340
John Quick, Australasian Federal Convention, Sydney, 1897,
Official Record of Debates, p. 552.
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provide some constitutional means by which, in the face of inevitable conflict… legislative deadlocks may be ended, and the people themselves may give expression to their opinions»341. Si è dunque deciso di introdurre tale rimedio alla section 57, inserendo una procedura che – non essendo prevista in nessuna delle Costituzioni allora esistenti – rappresentava, al tempo, una grande innovazione, soprattutto perché tale disposizione prevede la possibilità di sciogliere entrambe le Camere e di indire nuove elezioni generali. L’art. 57 dispone infatti che «Se la Camera dei rappresentanti approva una proposta di legge ed il Senato la respinge o manca d’approvarla, o l’approva con emendamenti nei quali la Camera dei rappresentanti non intenda convenire, e se dopo un termine di tre mesi la Camera dei rappresentanti, nella stessa o nella susseguente sessione, approva nuovamente la proposta medesima con o senza qualsiasi emendamento deliberato, suggerito o ammesso dal Senato e il Senato la respinga o manchi di approvarla o l’approvi con emendamenti nei quali la Camera dei rappresentanti non intenda convenire, il Governatore generale può sciogliere il Senato e la Camera dei rappresentanti simultaneamente. Tale scioglimento non potrà aver luogo entro i sei mesi antecedenti alla normale dissoluzione della Camera dei rappresentanti per scadenza di termine. Se dopo lo scioglimento la Camera dei rappresentanti torna ad approvare la proposta di legge con o senza qualsiasi emendamento deliberato, suggerito o ammesso dal Senato, e il Senato la respinga o manchi di approvarla o lo approvi con emendamenti nei quali la Camera dei rappresentanti non intenda convenire, il Governatore generale può convocare in seduta comune i membri del Senato e della Camera dei rappresentanti. I membri presenti a questa seduta plenaria potranno deliberare e voteranno insieme sulla proposta di legge, quale è stata da ultimo approvata dalla Camera dei rappresentanti, e sopra gli emendamenti, se ve ne siano, che siano stati introdotti dall’una Camera e non approvati dall’altra; gli emendamenti approvati dall’assoluta maggioranza del numero totale dei membri del Senato e della Camera dei Rappresentanti si considerano come adottati; se la proposta di legge, con gli emendamenti, così adottati, è approvata dall’assoluta maggioranza del numero totale dei membri del Senato e della Camera dei rappresentanti dovrà considerarsi come debitamente deliberata dalle due Camere del Parlamento e sarà presentata al Governatore generale per l’approvazione della Regina». Dalla nascita del Commonwealth australiano la procedura descritta nella section 57 è stata utilizzata in sei occasioni: nel 1914, nel 1951, nel 1974, nel 1975, nel 1983 e nel 1987. Peraltro, soltanto una volta, precisamente nel ‘74, il disegno di legge che condusse alle
341
Hon JH Carruthers, Australian Federal Convention, Sydney, 1897,
Official Record of Debates, p. 543.
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dissoluzioni è poi diventato legge dopo lo svolgimento della seduta comune delle due Camere di cui ai par. 2 e 3 della section 57. Lo scioglimento simultaneo del 1914. Le elezioni politiche del 1913 per la Camera dei Rappresentanti e quella periodica per il Senato fecero sì che il nuovo governo liberale guidato da J. Cook avesse una maggioranza risicata alla Camera ma fosse in minoranza al Senato. Queste circostanze portarono nell’anno successivo al simultaneo scioglimento delle due Camere. Precisamente, lo scioglimento fu determinato dal mancato accordo sul Government Preference Prohibition Bill. Il disegno di legge era stato infatti approvato dalla Camera il 18 novembre 1913, per poi essere respinto al Senato l’11 Dicembre del 1913; nella sessione successiva la proposta di legge venne nuovamente approvata dalla Camera il 28 maggio 1914 e di nuovo respinta dal Senato il 28 maggio 1914. La decisione del Governatore Generale di procedere alla doppia dissoluzione venne resa pubblica dal Primo ministro il 10 giugno del 1914. Secondo il Governatore, infatti, “Parliament was unworkable, that it was impossible to manage efficiently the public business...”. Tale decisione fu all’epoca oggetto di aspre critiche da parte dell’opposizione dato che la legge che il Governo voleva approvare non era di vitale importanza: precisamente, si sosteneva che solo l’eventuale mancata approvazione di misure finanziare, rendendo impossibile al governo di portare avanti il proprio indirizzo politico, avrebbe potuto condurre al doppio scioglimento. Tale approccio, peraltro, sembrava essere supportato dall’opinione del Capo della Corte di Giustizia Griffith, secondo il quale per esercitare il potere di scioglimento, non era sufficiente che si verificassero le condizioni descritte nella section 57, ma – trattandosi di un potere straordinario – era necessario che si trattasse di un disegno di legge di fondamentale importanza ovvero che si fosse in presenza di un vero e proprio stallo decisionale. Il governatore Generale decise tuttavia di procedere comunque allo scioglimento il 30 giugno 1914, ritenendo che la disposizione contenuta nella section 57 potesse essere applicata a qualsiasi progetto di legge342. Le elezioni si tennero il 5 settembre e determinarono la vittoria del Labour Party guidato da Andrew Fisher sia alla Camera dei rappresentanti sia al Senato. Di conseguenza, dopo le elezioni, il disegno di legge non venne ripresentato. Lo scioglimento simultaneo del 1951. Le elezioni generali per la Camera dei Rappresentanti e l'elezione periodica per il Senato tenutasi il 10 Dicembre del 1949 - le prime svolte con il nuovo sistema elettorale per il Senato – determinarono la vittoria del Liberal Party alla Camera, ma, in conseguenza della transizione ancora incompiuta dal vecchio metodo di elezione, in minoranza al Senato. I due rami del Parlamento si trovarono perciò presto in disaccordi circa l’approvazione del Commonwealth Bank Bill. Tuttavia, questa volta il Governatore Generale aveva proceduto al doppio scioglimento, benché in “seconda lettura” il
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Conformemente a tale impostazione cfr. Quick J., Garran R.R., Annotated Constitution of the Australian Commonwealth, Sidney, 1901, 685.
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capo dell'opposizione al Senato, il senatore Ashley, avesse deferito il disegno di legge all’esame di una commissione ristretta che, secondo le intenzioni, avrebbe dovuto riferire al Senato entro quattro settimane. Il doppio scioglimento del 1951 ha dunque determinato delle polemiche da parte dell’opposizione poiché formalmente non poteva dirsi che il disegno di legge “non fosse riuscito a passare” in Senato. In proposito, però, il Governatore generale, aderendo alle posizioni espresse dall’allora Primo Ministro Menzies, ha dichiarato che fosse evidente l'intenzione del Senato di utilizzare ogni espediente per evitare di prendere una decisione e che ciò equivalesse, in sostanza, ad un rifiuto ovvero ad una modifica inaccettabile ed integrasse, dunque, i requisiti richiesti dalla section 57. La nomina del comitato ristretto alla fine della “seconda lettura” rappresentava la prova della volontà del Senato di ritardare la decisione sul disegno di legge, e costituiva chiaramente un'ipotesi di mancata approvazione343. Dopo lo svolgimento delle elezioni seguite al doppio scioglimento, il Partito Liberale ottenne la maggioranza in entrambi i rami del Parlamento e il disegno di legge fu ripresentato e approvato seguendo il procedimento legislativo ordinario. Lo scioglimento simultaneo del 1974. Le circostanze che hanno condotto allo scioglimento dell’11 aprile 1974 risultano insolite rispetto alle precedenti double dissolution per diversi motivi. In primo luogo, il parere del Consiglio dei Ministri di procedere al “doppio scioglimento” non derivò immediatamente dal disaccordo sulla legislazione, ma dalla decisione dei partiti di opposizione (Liberal e Country Party), di non procedere alla seconda lettura fino allo svolgimento dell’elezione periodica del Senato, fissata per il 18 maggio 1974. In secondo luogo, mentre le dissoluzioni simultanee del 1914 e il 1951 erano state concesse in base alla mancata approvazione di un unico disegno di legge, quella del 1974 sulla base di ben sei disegni di legge. In terzo luogo, perché dopo le elezioni simultanee continuò ad esserci disaccordo tra le Camere e, per approvare la legge, è stata disposta la seduta congiunta di cui ai par. 2 e 3 della section 57. Infatti, le elezioni generali delle Camere del 18 maggio 1974 non hanno risolto la situazione politica che aveva condotto al loro svolgimento. Il Governo ALP aveva infatti mantenuto la maggioranza nella Camera dei Rappresentanti, anche se in misura ridotta, mentre la situazione del partito al Senato era rimasta sostanzialmente inalterata. La sessione del nuovo Parlamento si riaprì quindi concentrando i
343
Sul punto si segnala la posizioni del Solicitor-general Sir Robert Garran. Quest’ultimo - dopo aver individuato i diversi modi per ritardare l’approvazione di un disegni di legge (si può deferire al un comitato ristretto; si può rinviare più volte la discussione; si possono irragionevolmente allungare i tempi della discussione), e dopo aver precisato che la section 57 non può essere interpretata in modo tale da vanificare l’eguale peso nel procedimento di approvazione delle leggi che la section 53 attribuisce alle due Camere – ha affermato che la mancata approvazione o l’inserimento di emendamenti inaccettabili di cui si alla section 57 possono essere rappresentate anche dall'adozione di procedure parlamentari volte ad evitare che si palesi formalmente l’opposizione del Senato all’approvazione della legge. Cfr. Evans H., Odgers’ Australian Senate Practice, Canberra 2008, p.557.
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lavori sui sei progetti di legge che avevano causato lo scioglimento simultaneo. Dato che, ancora una volta, non erano riusciti a passare in Senato in seconda lettura, il Governatore generale convocò una seduta comune per il 6-7 agosto del 1974 e, grazie alla maggior consistenza numerica della Camera dei rappresentanti, il governo riuscì a far approvare i sei disegni di legge. Lo scioglimento simultaneo del 1975. Nell’anno successivo, le diverse maggioranze presenti nei due rami del Parlamento hanno amplificato la crisi parlamentare già presente prima della doppia dissoluzione del 1974. Emblematico di ciò è il fatto che entro la fine dell’anno il disaccordo tra le Camere interessò ben tre disegni di legge (l’Health Insurance Levy Assessment Bill del 1974; l’Health Insurance Levy Bill del 1974; e l’Income Tax International Agreements Bill del 1974) e che, quando le Camere vennero sciolte, l’11 Novembre 1975, il totale dei disegni di legge sui quali le Camere non erano riuscite ad accordarsi erano 21. Tra questi figuravano leggi che – come si è già avuto modo di dire – riguardavano lo stanziamento di fondi per finanziare i servizi ordinari del Governo. Nell’ottobre del 1975 l'opposizione aveva infatti annunciato che i suoi membri al Senato avrebbero votato contro la Loan Bill del 1975, l’Appropriation Bill (No. 1) del 1975-76 e l’Appropriation Bill (No. 2) del 1975-76. A fronte di tale comportamento il Primo Ministro rispose con una risoluzione che la Costituzione e le convenzioni costituzionali attribuivano alla Camera dei Rappresentanti e al Governo da essa espresso il controllo delle misure fiscali e monetarie e che l’azione minacciata dal Senato costituiva una grave violazione dei ruoli assegnati alle Camere del Parlamento in relazione a tali misure finanziarie. Lo scambio di opinioni tra il Primo ministro e il Leader dell’opposizione al Senato proseguì, sino a quando, l’11 novembre del 1975 il Governatore Generale – preoccupato per lo stato di paralisi in cui si trovavano le due Camere – dimise il Primo ministro e incaricò il leader dell'opposizione di formare un governo tecnico che sarebbe dovuto rimanere in carica fintanto che il popolo non si fosse espresso. Per spiegare il proprio comportamento, il Governatore rilasciò una dichiarazione in cui sostanzialmente riproduceva le considerazioni contenute nella lettera che il Presidente della Corte Suprema Barwick gli aveva inviato il giorno precedente, in cui si illustrava il ruolo del Senato nel disegno delineato dalla Costituzione. Precisamente, il Governatore illustrò che in considerazione del fatto che “The Parliament consists of two houses, the House of Representatives and the Senate, each popularly elected, and each with the same legislative power, with the one exception that the Senate may not originate nor amend a money bill (…) the Senate has constitutional power to refuse to pass a money bill; it has power to refuse supply to the Government of the day”. Di conseguenza, “a Prime Minister who cannot ensure supply to the Crown, including funds for carrying on the ordinary services of Government,
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must either advise a general election (of a kind which the constitutional situation may then allow) or resign”344. Lo scioglimento simultaneo del 1987. Confrontato con gli scioglimenti simultanei precedenti, quello del giugno 1987, risulta abbastanza semplice: è stato infatti determinato dalla mancata approvazione da parte del Senato in due deliberazioni (conformemente a quanto richiesto dalla section 57) di un singolo disegno di legge, l’Australian Card Bill, la cui approvazione era - senza alcun dubbio – di fondamentale importanza per il Governo, rappresentando parte integrante della riforma fiscale che esso voleva portare avanti. Ciononostante, dato che dopo le elezioni generali le maggioranze nei due rami del Parlamento rimasero pressoché inalterate, il Governo, decise di ritirare il disegno di legge. La breve analisi dei doppi scioglimenti che nel corso del tempo hanno interessato il Parlamento australiano consente di porre in essere alcune considerazioni. In primo luogo, è evidente che la procedura di cui alla section 57 non garantisce la risoluzione del “disaccordo” tra le Camere. È infatti possibile che, dalle elezioni generali indette dopo il doppio scioglimento emergano maggioranze diverse nei due rami del Parlamento. In secondo luogo è opportuno evidenziare che l’interpretazione data a tale disposizione e il cattivo uso fattone da parte dei Primi ministri, ne hanno allargato l’ambito di applicazione sino a snaturare la funzione per cui era stata pensata. Sembra, infatti, potersi affermare che il doppio scioglimento possa essere concesso su un numero piuttosto ampio di disegni di legge; che non vi sia alcun limite di tempo per chiedere lo scioglimento dopo la mancata approvazione del disegno di legge e che, dunque, sia possibile creare una sorta di “magazzino” di disegni di legge da usare per chiedere il doppio scioglimento; che, in pratica, qualsiasi attività del Senato (come ad esempio il deferire l’analisi di un disegno di legge ad un comitato ristretto) può essere interpretata come “mancata approvazione” ai fini del doppio scioglimento; e, infine, che il Primo Ministro, per chiedere il doppio scioglimento, non debba dimostrare di avere l’intenzione di ripresentare dopo le elezioni i disegni di legge che hanno determinato la situazione di stallo. Di fatto, quindi, l’uso che è stato fatto della previsione contenuta alla section 57 ha attribuito al Governo un potere di scioglimento del Senato, che non era mai stato destinato ad avere e che consente al Governo – usando la minaccia del doppio scioglimento – di controllarne l’operato. In verità, come è stato evidenziato dalla dottrina345, la doppia dissoluzione è un potere straordinario che rientra nella categoria del c.d. reserve powers del Governatore e che dovrebbe essere usato soltanto in occasioni urgenti o particolarmente importanti che coinvolgono questioni epocali di politica legislativa. Secondo alcuni sarebbe dunque opportuno procedere ad una riforma della section 57 sì da limitare il potere del Primo ministro 344
Evans H., Odgers’ Australian Senate Practice, Canberra 2008, pp. 569-570.
345
Quick J., The Legislative Powers of the Commonwealth and the States of Australia, 1919, p. 641
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di chiedere il doppio scioglimento per motivi di convenienza politica. A tal fine, si dovrebbe dunque introdurre un limite al numero di misure che possono essere oggetto di una richiesta di doppio scioglimento da parte del Primo ministro; si dovrebbero fissare termini entro i quali il Primo ministro può chiedere il doppio scioglimento dopo che un disegno di legge non sia stato approvato dal Senato; e, infine, ai fini della concessione del doppio scioglimento, il Primo ministro dovrebbe, non soltanto garantire che l’approvazione di un determinato disegno di legge sia di fondamentale importanza per il Governo, ma anche dimostrare l’intenzione di ripresentare quel disegno di legge nel caso di sua riconferma successiva alle elezioni generali. Di fatto, però, si è avuto un unico tentativo di riforma nell’ottobre 2003.
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GRAFICO ESPLICATIVO DEL PROCEDIMENTO VOLTO A RISOLVERE UN EVENTUALE DISACCORDO TRA LE CAMERE SECTION 57 Senato -il d.d.l. non viene approvato
Camera dei rappresentanti -il d.d.l. viene approvato e inviato al Senato affinchè lo esamini
Introduzione di un disegno di legge
dei
- non viene esaminato entro un ragionevole lasso di tempo
Camera dei rappresentanti
Camera dei rappresentanti -il d.d.l. viene approvato e inviato al Senato affinchè lo esamini
non è d'accordo con gli emendamenti introdotti dal Senato, mentre il Senato insiste sulla loro introduzione
dopo un intervallo di tre mesi
Senato -il d.d.l. non viene approvato -viene rinviato alla Camera rappresentanti con emendamenti
-viene rinviato alla Camera rappresentanti con emendamenti
Camera dei rappresentanti dei
- non viene esaminato entro un ragionevole lasso di tempo
non è d'accordo con gli emendamenti introdotti dal Senato, mentre il Senato insiste sulla loro introduzione
Il Governatore Generale può sciogliere simultamente le due camere, solitamente in base ad un parere ministeriale (non può farlo nei sei mesi che precedono la fine della legislatura)
si verifica lo scioglimento e si svolgono le elezioni
Senato Camera dei rappresentanti non è d'accordo con gli emendamenti introdotti dal Senato, mentre il Senato insiste sulla loro introduzione
Il Governatore generale può convocare le due Camere in seduta comune affinchè approvi il d.d.l. nell'ultima versione approvata dalla Camera dei rappresentanti
-il d.d.l. non viene approvato -viene rinviato alla Camera rappresentanti con emendamenti
Camera dei Rappresentanti dei
-il d.d.l. viene approvato e inviato al Senato affinchè lo esamini
- non viene esaminato entro un ragionevole lasso di tempo
il ddl diventa legge se è approvato dalla maggioranza dei membri del Parlamento in seduta comune
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la legge viene approvata dal Governatore generale.
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
I.2.1.3) I partiti parlamentari In Australia, come in Inghilterra, non si parla di gruppi parlamentari, ma di partiti parlamentari. Tale espressione indica i partiti che hanno almeno un rappresentante in Parlamento. I partiti parlamentari non sono disciplinati in Costituzione346, ciononostante la loro esistenza ha caratterizzato e influenzato in maniera determinante il funzionamento di entrambi i rami del Parlamento. I partiti politici, peraltro, non sono formalmente riconosciuti nemmeno negli standing orders di Camera e Senato, sebbene sia evidente il ruolo che essi giocano nella formazione del governo e dell’opposizione. L’assenza di una regolamentazione dei partiti parlamentari non ha impedito che essi assumessero un ruolo chiave nel concreto funzionamento di Camera e Senato. Infatti, la disciplina di partito che lega i membri eletti nelle fila di un determinato schieramento politico, è così forte che parte della dottrina si è riferita al Commonwealth come ad un sistema di governo di partito347. La fedeltà al partito è tale nel sistema australiano che, generalmente, rappresentanti e senatori votano conformemente alle indicazioni provenienti dal partito ovvero della coalizione di cui sono membri, salvo che non sia il partito stesso a lasciare che i propri membri votino secondo coscienza. In sostanza, al di là della presenza di sanzioni più o meno forti all’interno dello statuto del partito – sicuramente più incisive all’interno del Labour Party rispetto a quelle previste in seno alla coalizione anti Labour - , se l’esponente di un partito non segue le sue direttive nella votazione di questioni particolarmente importanti, rischia seriamente di perdere il supporto del gruppo di appartenenza e di compromettere una sua possibile rielezione. Tutti i partiti svolgono con cadenza settimanale riunioni, solitamente quando le Camere non sono in seduta. Gli atti delle riunioni di partito sono confidenziali e le discussioni ivi svolte non sono normalmente rese pubbliche. Questi incontri sono il luogo in cui si svolge la discussione sulla politica di partito, sull’attività parlamentare e sulla tattica e la posizione che il partito terrà in parlamento; sono altresì il luogo per risolvere dispute interne al partito, per eleggere i dirigenti, e per comunicare ed eventualmente fare pressione sui Leader di partito.
346
Si deve precisare che fino al 1977 i partiti non erano minimamente menzionati nella Carta costituzionale. Il loro riconoscimento in Costituzione si è avuto con la modifica della section 15 relativa alla procedura volta a sostituire gli eventuali seggi vacanti del Senato. 347
Cfr. Thomson E., The “Washminister” mutation, in Weller P. – Jaensch D, Responsible Government in Australia, Richmond, Victoria: Drummond, 1980, p.37 in cui si afferma che “It is the fight in the party room, not on the floor of the house, that is the heart of our system. It is in the party room, not on the floor of the house, that changes in the leadership occur—that prime ministers are forced to yield, that ministers are forced to resign portfolios. The cabinet is not a committee of parliament but a committee of the governing party or parties. Party discipline in the lower house is possible because of the deals done in the backrooms of the party. Sharing of power occurs not between executive and legislature but between the party and its leaders”.
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Tali riunioni nel Partito Laburista sono comunemente note come caucus meeting, mentre negli altri partiti si suole parlare di party room. Il partito laburista australiano si caratterizza perché i sui membri si impegnano formalmente a seguire le direttive del partito e a rispettare le disposizioni contenute nel Constitution and Rules of the Australian Labour Party348. In sostanza, i parlamentari laburisti si obbligano ad osservare le decisioni adottate dalla maggioranza del caucus del partito parlamentare su tutte le questioni che devono essere affrontate in Parlamento, pena l’espulsione dalle fila del partito. Per quanto riguarda il partito liberale, invece, sebbene lo stesso non sia governato da regole formali altrettanto rigide, la situazione è più o meno lo stessa. Infatti, l’affermazione secondo cui i parlamentari del partito liberale sono liberi di votare come ritengono più opportuno è meramente retorica e volta a contrapporre tale partito al suo rivale. Di fatto, la solidarietà del Partito Liberale (e della coalizione anti Labour) in Parlamento è poco meno marcata di quello della Australian Labour Party ed è stata determinata dalla consapevolezza di avere di fronte un partito – quello laburista – fortemente disciplinato. Peraltro, a prescindere dalla presenza o meno di una forte disciplina di partito, nel sistema politico australiano è diffusa l’idea che soltanto un alto grado di coesione consente al partito ovvero alla coalizione di presentarsi al pubblico come un governo alternativo plausibile. Si deve inoltre tenere in considerazione che l’adesione alle posizioni di partito in un certo senso facilita la vita dei rappresentanti e dei senatori immunizzandoli dalle richieste degli elettori e dalle pressioni dei lobbisti. In particolare questi ultimi sono consapevoli che nel sistema politico australiano fare pressioni sui singoli parlamentari è uno spreco di tempo, energia e risorse. Infine, un ruolo fondamentale nel mantenimento della coesione partitica è giocato dalla consapevolezza in capo a rappresentanti e senatori che le loro prospettive di carriera dipendono dalla considerazione di cui godono all’interno dei loro partiti: è infatti evidente che un parlamentare che ha la reputazione di ribelle ha meno probabilità di essere scelto per ricoprire incarichi ministeriale (o di ministro ombra).
348
Per un approfondimento il testo del Constitution and Rules of the Australian Labour Party è consultabile al link https://d3n8a8pro7vhmx.cloudfront.net/australianlaborparty/pages/121/attachments/original/1439953350/ALP_ National_Constitution_2015.pdf?1439953350
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I.2.2) Il Governo L’Australia ha una forma di governo parlamentare che risponde al modello del Cabinet Government inglese in cui il partito o la coalizione che detiene la maggioranza alla Camera dei rappresentanti ha la facoltà di indicare come Primo ministro il proprio leader, che verrà
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poi nominato formalmente dal Governatore generale ovvero dal rappresentante della Regina in Australia. In verità tale assetto non emerge immediatamente ed elusivamente dalle disposizioni contenute nel Commonwealth Constitution Act, la cui sola lettura potrebbe essere fuorviante per chi tenta di comprendere il funzionamento della forma di governo australiana. A tal fine, infatti, non si possono non tenere presenti le numerose convenzioni costituzionali349 basate su precedenti e prassi britanniche affermatesi prima del 1901. Infatti, la Costituzione australiana – che dedica al governo esecutivo il Capitolo II (sections 61-70) – attribuisce alla section 61 il potere esecutivo del Commonwealth alla Regina, potere che può essere esercitato del Governatore Generale, e che «si estende all'esecuzione e all’osservanza della Costituzione, e delle leggi del Commonwealth». Nella section 62 si prevede l’esistenza di un Consiglio esecutivo federale (Federal Executive Council) chiamato ad assistere il Governatore generale nel governo della Confederazione, i cui membri dovrebbero essere scelti e convocati dal Governatore generale per prestare giuramento come Consiglieri esecutivi (Executive Councillors)350. La section successiva impone poi che il Governatore generale eserciti i suoi poteri con la consulenza (parere) del Consiglio esecutivo federale. La section 64 stabilisce invece che il Governatore generale può nominare gli ufficiali alla guida dei rami dell’amministrazione pubblica federale (Departments of State) e può riunirli in Consiglio. Si precisa, inoltre, che a seguito di tale nomina detti ufficiali divengono membri del Consiglio esecutivo federale e Ministri della Regina nello Stato federale e che «dopo le elezioni generali non potranno rimanere in carica per un periodo più lungo di tre mesi, se non diventino senatori o membri della Camera dei rappresentanti». Leggendo queste disposizioni, si potrebbe essere portati a pensare che, in Australia, il potere esecutivo spetti alla Regina o, al massimo, al Governatore generale coadiuvato dal Consiglio esecutivo federale. In verità, - come è stato evidenziato dalla dottrina351 - la Costituzione, nella disposizione di apertura del titolo dedicato al Governo, riconosce l'antico principio inglese secondo cui il potere esecutivo è esercitato dalla Corona, ma con la seconda e la terza disposizione collega tale principio con uno più moderno - quello “del governo responsabile” 349
Riferendosi al quadro costituzionale britannico Mill parlava di tale sistema di norme come «le massime non scritte della costituzione»; Dicey le chiamava «le convenzioni della costituzione», mentre Anson «the custom of the constitution». Cfr. Jennings I., The law and the Constitution, University of London Press, London 1959, pp. 81 ss. 350
Pur non essendo precisato in Costituzione tra chi debbano essere nominati i membri del Consiglio esecutivo federale, la prassi e le convenzioni costituzionali, impongono che essi siano i Ministri dello Stato. 351
Quick J., Garran R.R., Annotated Constitution of the Australian Commonwealth, Sidney, 1901, p.703
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volto ad indicare che i poteri discrezionali della Corona debbono essere esercitati dalla Regina ovvero da chi la rappresenta, sulla base del parere dei ministri. Infatti, sebbene il Consiglio esecutivo federale non debba essere confuso con il Cabinet, con il passare degli anni si è assistito ad una quasi totale identificazione tra i due organi352. Basti pensare che ogni volta che il Governatore Generale agisce previo parere del Consiglio esecutivo, il parere non viene espresso dal numero totale dei membri del Consiglio, ma da quel gruppo di membri che sono ministri o segretari parlamentari. Sebbene sia vero che, in nuce, le sections 62 e 63, contengano il c.d. principio del governo responsabile, la Costituzione tace su molti aspetti di fondamentale importanza. Ad esempio, non si parla mai di Primo ministro, di Cabinet, di responsabilità ministeriale, di come debba essere eletto il Governo, etc. Come si è già detto, queste lacune sono state colmate da consolidate convenzioni costituzionali che – secondo quanto affermato dalla High Court353 hanno la stessa forza delle Costituzione. Le Convenzioni costituzionali sono peraltro di grande importanza per comprendere la reale estensione dei c.d. reserve powers attribuiti alla Corona. Alla luce di tale premessa è possibile affermare che in Australia il potere esecutivo è esercitato dal Consiglio dei Ministri, composto dal Primo Ministro e dai singoli ministri. Infatti, sebbene formalmente la Costituzione attribuisca il compito di nominare tali soggetti al Governatore generale, in realtà, secondo una consolidata convenzione costituzionale britannica354, è il partito o la coalizione che detiene la maggioranza alla Camera dei rappresentanti a designare come Primo ministro il proprio leader. Quest’ultimo, a sua volta, sceglie tra i membri del Parlamento i suoi Ministri. Dunque, ad eccezione di quanto avvenuto nel 1975355, la scelta del Primo Ministro è sempre stata tutt’altro che discrezionale ed è caduta necessariamente sul leader del partito che aveva il sostegno della maggioranza dei membri della Camera dei Rappresentanti. La carica di Primo ministro si perde, invece, oltre che in caso di dimissioni e in caso di morte356, se si perde la maggioranza nella Camera dei Rappresentanti 357. Il verificarsi di uno
352
In tal senso v. Scaffardi, L’ordinamento costituzionale australiano, Cedam, 2010, p. 93.
353
Vedi, per esempio, Amalgamated Society of Engineers v. Adelaide Steamship Co. Ltd (1920) e più recentemente Cormack v. Cope (1974). 354
Cfr. Caravale G., Il governo del Premier nell’esperienza costituzionale del Regno Unito, Milano, 1997.
355
In quell’occasione – come si è illustrato nel paragrafo dedicato alle double dissolution - il primo ministro Whitlam venne revocato sebbene avesse mantenuto la leadership del partito di maggioranza e il sostegno della maggioranza alla Camera dei Rappresentanti. 356
Tre primi ministri sono morti mentre erano in carica: Lione nel 1939, Curtin nel 1945 e Holt nel 1967.
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di questi eventi provoca le dimissioni dell’intero Consiglio dei Ministri. Inoltre, come in Inghilterra, il Primo Ministro può essere sostituito con un altro per decisione del proprio partito358. Il prestigio e il potere del Primo Ministro sono in gran parte dovuti all’autorità di cui egli gode in seno al Consiglio dei Ministri oltre che alla capacità di prendere importanti decisioni al di fuori del Consiglio stesso. Tra di esse, quella sicuramente più rilevante, riguarda la scelta dei singoli ministri, la cui nomina e la revoca, viene fatta dal Governatore Generale su consiglio del Primo Ministro359. Un altro potere dal quale è possibile ricavare il ruolo di spicco che riveste il Primo Ministro è quello che gli consente di suggerire con parere motivato al Governatore generale di procedere allo scioglimento della Camera dei Rappresentanti. Tutte le altre decisioni concernenti il Commonwealth sono invece adottate collettivamente dal Gabinetto. Si deve comunque tener conto del fatto che il Primo Ministro gode di una notevole autorità e di un forte potere di controllo su questo organo. Nello svolgimento delle sue attività il Primo Ministro viene di solito coadiuvato da un altro Ministro che viene nominato Deputy Prime Minister (vice primo ministro) chiamato a svolgere il ruolo di primo ministro ad interim quando il Presidente del Consiglio è fuori dall'Australia o assente a causa di congedo per malattia o per brevi periodi ricreativi. Il vice primo ministro viene inoltre incaricato di diventare primo ministro in caso di morte del Primo ministro360. Il Consiglio dei Ministri è il fulcro del processo decisionale del governo. L’aspetto peculiare di tale organo è di essere strutturato su due livelli, l’intero Consiglio dei Ministri e il Cabinet – un comitato ristretto selezionato dal Primo Ministro361. Quest’ultimo non è esplicitamente previsto dalla Costituzione, né da altre leggi e la sua istituzione è imputabile all’affermarsi di una prassi mutuata dal Regno Unito. Precisamente la suddivisione del Consiglio dei Ministri su due livelli ha interessato il sistema di Governo australiano a partire dal 1956, ad eccezione degli anni che vanno dal 1972 al 1975. Si deve tuttavia evidenziare che l’esistenza del Cabinet non influisce sul rapporto Governo-Parlamento, giacché tale organo serve, dal punto
357
Come ad esempio, avvenne, senza elezioni generali, al primo ministro Fadden nel 1941. Hanno invece perso il sostegno della maggioranza dopo lo svolgimento delle elezioni generali i Primi Ministri Fraser nel 1983, Keating nel 1996 e Howard nel 2007. 358
Com’è avvenuto ai primi ministri Gorton nel 1971, Hawke nel 1991 e Rudd nel 2010.
359
In proposito si deve segnalare che fin quando non è stata modificata la Caucasus rules nel 2008, i minitri del partito ALP erano eletti dal partito, mentre il Primo Ministro allocava i portafogli. 360
Ad esempio McEwen nel 1967.
361
Cfr. Bassu C., Australia, Il Mulino, 2012, p.45.
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di vista procedurale, semplicemente per facilitare il processo decisionale del Governo362. Infatti, il modo di lavorare e di adottare decisioni da parte del Governo è informato dal principio dell'unità e della solidarietà dell’azione di governo, in forza del quale il Governo deve avere un’unica politica armoniosa e deve offrire alla Corona pareri unanimi e coerenti363. Se ne ricava che il Consiglio dei Ministri nel suo insieme è responsabile per l’attività e per la condotta di ciascuno dei suoi membri e che, nell’ipotesi in cui un membro del Consiglio dei Ministri dissente dai pareri e dalle politiche approvate dalla maggioranza dei suoi colleghi, è suo dovere dimettersi. Per quanto riguarda, infine, i singoli Ministri la Costituzione ne prevedeva, fino a quando il Parlamento non avesse disposto diversamente, sette. Il Parlamento ha aumentato il loro numero ad otto nel 1915 (Ministers of the State Act), sino ad arrivare all’attuale limite di trenta (Ministers of State Act del 1952). Naturalmente non tutti i Ministri sono dotati di un portafoglio. Inoltre, sebbene formalmente la loro nomina e l’attribuzione di uno specifico dipartimento sia una prerogativa del Governatore generale, tali scelte vengono effettuate dal Primo Ministro. Nella prassi spesso sono stati chiamati a far parte del Consiglio dei Ministri alcuni senatori per facilitare il passaggio della legislazione in Senato (il loro numero negli ultimi anni è oscillato tra quattro e nove). Si deve tuttavia rilevare che scegliere un imponente numero di Ministri in Senato potrebbe porsi in contrasto con il principio del Governo responsabile e con il ruolo del Senato come una “Camera di revisione” . Di conseguenza, in linea con i principi e le norme costituzionali che impediscono al Senato di avviare disegni di legge in materia finanziaria, la maggior parte dei membri del Consiglio dei Ministri, tra cui il Primo Ministro e il tesoriere, sono sempre stati nominati tra i membri dalla Camera dei Rappresentanti364.
362
Quick J., Garran R.R., Annotated Constitution of the Australian Commonwealth, Sidney, 1901, p. 704, il Cabinet viene descritto come «an informal body having no definite legal status; it is in fact an institution unknown to the law; it exists by custom alone, and yet is the dominant force in the Executive Government of every British country . . . There are thus two commonly recognized qualifications necessary for ministerial appointment, (1) membership of the Privy or Executive Council, (2) membership of Parliament. From the point of view of the first qualification the ministry may be described as a select committee of the Privy or Executive Council; the remaining members of that body not being summoned to attend either the meetings of committees or the ordinary meetings of the Council. From the point of view of the second qualification the ministry may be called a Parliamentary committee, whose composition and policy is determined by the party commanding a majority in the national chamber». 363
Quick J., Garran R.R., Annotated Constitution of the Australian Commonwealth, Sidney, 1901, p. 705-706.
364
L’unica caso in cui è stato scelto come Primo Ministro un membro del Senato si è verificato quando, dopo la morte presunta del primo ministro Holt il 17 dicembre del 1967, il partito liberale ha scelto il senatore Gorton come suo leader il 10 gennaio del 1968. Nello stesso giorno il senatore ha prestato giuramento come Primo Ministro. Sebbene questa sia l’unica ipotesi in cui un senatore sia stato incaricato di formare un governo, si deve evidenziare che il senatore Gorton non si è mai seduto in Senato mentre rivestiva la carica di Primo Ministro
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La responsabilità del Consiglio dei Ministri è anch’essa disciplinata da convenzioni costituzionali ereditate dal modello Westminister. Precisamente, si prevede sia una responsabilità collegiale del Cabinet, sia una responsabilità individuale dei singoli Ministri. Il primo è collettivamente responsabile verso il popolo, attraverso il Parlamento, per la determinazione e l'attuazione di politiche di governo. In generale, le convenzioni costituzionali richiedono che tutti i ministri debbano difendere pubblicamente, le politiche e le azioni del governo «quali che siano le opinioni personali dei ministri», dato che la solidarietà di Gabinetto «richiede che una volta che sia stata raggiunta una decisione, questa debba essere sostenuta pubblicamente da tutti i ministri»365. Inoltre, sempre per convenzione, l’eventuale sconfitta del Governo su una questione dichiarata particolarmente importante per il Governo o in seguito a una mozione di sfiducia, dovrebbe determinare le dimissioni di tutto il governo (anche dei membri che non siedono nel Cabinet) o, in alternativa, dovrebbe spingere il Primo Ministro a suggerire al Governatore Generale lo scioglimento della Camera per andare a nuove elezioni. Si tratta tuttavia di un’eventualità particolarmente remota in considerazione della forza che ha assunto nell’esperienza Australiana la disciplina di partito. Inoltre, nell’ipotesi in cui un governo “vada sotto” su una questione importante, ha il diritto di proporre una mozione di fiducia per testare la sua tenuta prima di dimettersi o suggerire nuove elezioni. Per quanto riguarda, invece, la responsabilità individuale dei singoli ministri, essi sono responsabili di fronte al Parlamento, nel senso di essere obbligati a rispondere di fronte al Parlamento dell’attività svolta dal loro dicastero e, nell’ipotesi in cui siano ritenuti responsabili di aver esercitato arbitrariamente i loro poteri, sono obbligati a dimettersi o, in alternativa, possono essere sfiduciati. In realtà, sia la mozione di sfiducia individuale, sia le dimissioni rappresentano decisioni adottate dal Primo Ministro quando l’operato di un singolo ministro possa mettere in pericolo la credibilità dell’intero Governo. In pratica, quindi, nella maggior parte dei casi, le dimissioni di un ministro non equivalgono ad una ammissione di responsabilità, ma sono funzionali ad alleggerire la pressione sul Governo. Peraltro, il concreto operare della responsabilità ministeriale, ha dimostrato che un governo può contare sulla disciplina di partito per garantire le dimissioni di un ministro senza che si debba arrivare ad un voto di sfiducia individuale alla Camera dei rappresentanti. In chiusura, di questa sezione dedicata al Governo è opportuno soffermarsi sul modo in cui è organizzata l’opposizione. L’opposizione rappresenta, infatti, nel sistema Westminister una componente essenziale nella struttura della Camera, considerata essenziale per il buon funzionamento del governo democratico e per il buon funzionamento dell’iter parlamentare. perché nessuna delle due Camere si riunì durante il periodo tra la sua elezione a Presidente del Consiglio e la sua successiva elezione a membro della Camera dei Rappresentanti. 365
Departement of Prime Minister and Cabinet, Cabinet handbook, VI edition, 2009, p.3.
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Dunque, come nel Regno Unito, in Australia l’“alternative Government” è fortemente istituzionalizzato. L’opposizione, in sostanza, indica il Proprio leader, ovvero colui che è destinato a diventare Primo Ministro se il governo in carica dovesse perdere la fiducia della Camera dei rappresentanti. In Australia, infatti, ogni opposizione può realisticamente sperare, di formare il governo, come del resto ogni governo è conscio che, prima o poi, potrebbe tornare nuovamente a svolgere il ruolo di opposizione366. Si deve peraltro segnalare che la divisione tra governo ed opposizione è diventata chiara e costante anche grazie alla stabilità della struttura di partito e alla quasi totale assenza di partiti minori alla Camera dei rappresentanti determinata dal vigente sistema elettorale. Inoltre, quando l'opposizione è composta da più partiti che preferiscono rimanere distinti, il partito di opposizione che ha il maggior numero di membri è riconosciuto come “opposizione ufficiale”367. Il leader dell'opposizione è chiamato a svolgere un ruolo particolarmente complesso. Egli deve essere infatti capace di discutere ogni proposta di legge promossa dal Governo ed essere informato su tutte le attività che vengono svolte alla Camera. Ciò in considerazione del fatto che in ogni momento deve essere in grado di farsi portavoce di coloro che sono critici o che si oppongono al governo, sì da guidare e formare l'opinione pubblica sui temi della politica. Il leader dell’opposizione è, come il Primo Ministro, a capo di un gruppo di deputati eletti dal partito o nominati dal leader stesso, che insieme a lui formano il c.d. governo ombra. Sebbene in origine quest’organo avesse una consistenza numerica inferiore al Consiglio dei Ministri, a partire dalla 35° legislatura ha iniziato ad assumerne le stesse dimensioni e, in alcuni casi, ha raggiunto una consistenza numerica anche superiore. Ogni ministro ombra copre le responsabilità di uno o più settori dell'amministrazione e funge da portavoce dell'opposizione nei confronti delle aree a lui designate. Inoltre, come ministri potenziali, i ministri ombra sono soggetti ad un controllo più attento da parte dei media rispetto agli altri membri della Camera dei rappresentanti. Infatti, sebbene sia compito di tutto il Parlamento controllare e criticare l’azione di Governo, il governo ombra, nel tentativo di costringere il Governo in carica alle dimissioni ovvero nel tentativo di vincere le elezioni alla tornata elettorale successiva: -
controlla e critica la legislazione e le proposte finanziarie oltre a formulare proposte migliorative della legislazione;
366
Ad esempio il 7 Ottobre 1941 quando il Governo Fadden non riuscì a far passare un disegni di legge particolarmente importante per il suo programma rassegnò le dimissioni e il governatore generale incaricò il leader dell'opposizione Curtin di formare un nuovo governo. O ancora l'11 novembre 1975 dopo aver “licenziato” il governo Whitlam, il governatore generale chiese al leader dell'opposizione Fraser di formare un Governo. 367
Di rado il governo ombra è stato costituito dalla coalizione di più partiti: ciò che è avvenuto tra il 1972 e il 1975, nel 1983 e nel 2007 quando l'opposizione era composto dal Liberal Party e dal National Country Party.
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-
esamina i conti pubblici; richiede informazioni e chiarimenti sulla politica del governo (principalmente attraverso domande scritte senza preavviso); sorveglia, valuta e critica l’amministrazione del governo; esamina la legislazione delegata.
Sebbene tutti i membri del Parlamento siano in qualche misura coinvolti nello svolgimento di tali funzioni attraverso la formulazione di petizioni, lamentele, domande e mediante la partecipazione ai lavori delle Commissioni, l'efficace svolgimento delle funzioni sopra elencate è in gran parte dipendente da una opposizione vigile, operosa e organizzata.
I.2.2.1) Il rapporto fiduciario Tra le più importanti mozioni prese in considerazione dalla Camera dei rappresentanti rientrano le motions of no confidence and censure nei confronti del Governo, disciplinate all’art. 48 degli standing orders. Infatti, dato che uno degli elementi essenziali del sistema Westminster è rappresentato dal fatto che il Governo goda della fiducia della Camera bassa (rectius: della maggioranza dei membri della Camera bassa), per convenzione, il venir meno della fiducia normalmente determina le dimissioni del Governo in favore di un Governo alternativo ovvero impone che il Governo suggerisca al Governatore Generale di sciogliere la Camera dei Rappresentanti e indire nuove elezioni. L’importanza delle mozioni di sfiducia nell’ordinamento australiano si ricava, in primis, dalla regola secondo cui la discussione di una mozione di questo tipo, una volta accettata da un Ministro368, ha la precedenza su tutte le altre questioni poste all’ordine del giorno. In secundis, nella concessione di un maggior tempo per discuterla al promotore della mozione – di regola il leader dell’opposizione – il quale può parlare per 30 minuti, mentre al Primo Ministro (o al Ministro da lui incaricato) sono attribuiti 20 minuti per replicare. Parimenti, 20 minuti di tempo sono assegnati a qualsiasi altro membro della Camera che voglia intervenire. Nell’ipotesi in cui la mozione non sia accettata da un Ministro viene trattata come qualsiasi altra proposta avanzata da un private member. Peraltro, sebbene sia possibile intraprendere azioni volte a far sì che la mozione venga discussa immediatamente, in questo caso non è possibile allungare i tempi di intervento come invece avviene quando la mozione viene accettata. Si deve evidenziare che l’importanza di tali mozioni e venuta via via scemando nel corso del tempo dato che il ritiro della fiducia al Governo da parte della Camera non si è mai
368
L’accettazione consiste in una dichiarazione formale con cui il ministro informa la Camera di aver ricevuto una mozione di sfiducia in base all’art. 48 degli Standing Orfders.
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concretizzato con il voto di una mozione di sfiducia. Nella prassi infatti le dimissioni del Primo Ministro, ovvero lo scioglimento della Camera dei Rappresentanti da parte del Governatore generale su suggerimento del Primo ministro, sono derivate dalla sconfitta del Governo su un tema centrale per la sua politica, ovvero dalla mancata approvazione di un provvedimento legislativo proposto dal Governo e dichiarato di vitale importanza, o ancora, dall’approvazione di un provvedimento legislativo non voluto dal Governo. Ipotesi, queste, verificatesi: 1) nell’aprile del 1904, quando il Governo guidato da Deakin rassegnò le dimissioni dopo l’approvazione in commissione di un emendamento proposto dall'opposizione al Commonwealth Conciliation and Arbitration Bill; 2) nell’agosto del 1904, quando il Governo guidato da Watson si dimise dopo essere stato sconfitto in commissione su un emendamento sempre al Commonwealth Conciliation and Arbitration Bill; 3) nel 1929, quando il Primo Ministro Bruce, dopo l’approvazione di un emendamento al Maritime Industries Bill, suggerì al Governatore generale di sciogliere la Camera; e infine, 4) quando il Governo guidato da Fadden si dimise, perché durante la discussione sul bilancio venne approvato in commissione un emendamento dell’opposizione che riduceva l’importo nominale della prima voce di bilancio. In alcune ipotesi, inoltre, i Governi si sono dimessi dopo la sconfitta su questioni assolutamente marginali per la realizzazione dell’indirizzo politico governativo, ma ritenute dai Governi indicative del venir meno della fiducia della Camera. Ciò che ad esempio è avvenuto: 1) nel 1905, quando il Governo guidato da Reid si dimise dopo che la Camera aveva accettato un emendamento all’Address in Reply (ovvero alla mozione indirizzata al Governatore in risposta al suo discorso di apertura di una sessione del Parlamento) che proponeva di aggiungere le parole "ma sono del parere che misure concrete dovrebbero essere proceduto con”; 2) nel 1908, quando il Governo guidato da Deakin si dimise dopo esser stato sconfitto su un emendamento volto a modificare il timing della seduta successiva; 3) nel 1909 quando le dimissioni del governo guidato da Fisher furono causate dall’approvazione di un emendamento proposto da un private member volto a rinviare il dibattito sull’Address in Reply; e infine, 4) nel 1931, quando il Governatore generale decise di sciogliere la Camera su indicazione del primo Ministro, perché la seduta era stata aggiornata contro la volontà del Governo. Il Governo, dunque, può decidere di dimettersi anche nell’ipotesi in cui venga sconfitto su di un aspetto non necessariamente centrale rispetto alla politica di governo, sebbene sia evidente che una sconfitta del Governo alla Camera dei Rappresentanti, non implica necessariamente che il Governo abbia perso la fiducia della Camera e che questo debba dimettersi 369. Il
369
Jennings I. , Cabinet Governement, Cambridge University Press, 1959, p. 493: “It must not be thought . . . that a single defeat necessarily demands either resignation or dissolution. Such a result follows only where the defeat implies loss of confidence . . .” e ancora “What a Government will treat as a matter of sufficient importance to demand resignation or dissolution is, primarily, a question for the Government. The Opposition
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Governo piuttosto che dimettersi potrebbe ad esempio ritenere appropriato testare la tenuta del rapporto fiduciario ponendo egli stesso una questione di fiducia, come ad esempio fece Whitlam nell’ottobre del 1975; ovvero potrebbe semplicemente decidere di ritirare la proposta di legge sulla quale è stato sconfitto. Comunque, si deve evidenziare che in Australia, come in tutte le democrazie maggioritarie, a cominciare dal Regno Unito, in realtà è il partito di maggioranza che può far valere il rapporto fiduciario col suo Premier, a prescindere dalle eventuale presentazione di mozioni di sfiducia. Oltre alla mozione di sfiducia è altresì possibile esprimere una mozione di censura nei confronti del governo, ovvero una mozione volta ad esprimere disapprovazione o un rimprovero rispetto a particolari azioni o politiche del Governo. Sebbene, non sia mai stata approvata una mozione di questo tipo, secondo la dottrina, una sua eventuale approvazione dovrebbe comunque comportare le dimissioni o lo scioglimento della Camera dei rappresentanti370. In Australia sono ammissibile anche mozioni di sfiducia ovvero di censura nei confronti di un singolo Ministro ovvero del solo Primo Ministro. Si tratta di mozioni che, a differenza di quelle dirette nei confronti dell’intero Governo, non sono disciplinate dagli Standing Orders, e che vengono “trattate” come qualsiasi altra mozione presentata da un private member. Naturalmente, nell’ipotesi in cui venga espressa sfiducia da parte dell’Assemblea nei confronti del Primo Ministro dovrebbe dimettersi l’intero governo o, in alternativa, il Primo Ministro dovrebbe suggerire al Governatore di procedere allo scioglimento della Camera dei Rappresentanti. In un solo caso è stata approvata una simile mozione: precisamente, nel 1975 nei confronti del primo Ministro Fraiser. Al contrario, nessuna mozione di sfiducia individuale è stata mai approvata nei confronti di un singolo Ministro. L’unico caso in cui fu presentata risale al 1941, quando tuttavia non si arrivò al voto a causa della mancanza di un membro della Camera che la supportasse. Peraltro, si deve evidenziare che in considerazione della solidarietà che lega i Ministri al partito di governo tutte le volte in cui sono state presentate mozioni di censura individuali il Ministro “accusato”, onde evitare di creare problemi al Governo, ha rassegnato le dimissioni.
can always test the opinion of the House by a vote of no confidence. No Government [in the United Kingdom] since 1832 has failed to regard such a motion, if carried, as decisive. A House whose opinion was rejected has always at hand the ultimate remedy of the refusal of supply.” 370
Todd A., Parliamentary government in England, Marsden and Company, London, 1892, vol. II, p. 121.
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I.2.3) Il ruolo della Corona e le funzioni del Governatore L’Australia è, ancora oggi, una monarchia costituzionale, tanto più a seguito del referendum costituzionale svoltosi nel 1999, il cui esito ha palesato la volontà del popolo australiano di continuare ad avere un Capo dello Stato non elettivo che, attualmente, è la Regina Elisabetta II. Sebbene la Costituzione federale affermi che il Parlamento sia costituito oltre che dalle due Camere anche dalla Corona (section 1) e attribuisca formalmente il potere esecutivo a quest’ultima (section 61), nell’attuale sistema di governo, la Corona detiene un ruolo prettamente cerimoniale e di rappresentanza371, tanto più se si considera che, con l’adozione dello Statuto di Westminister, le competenze e le funzioni precedentemente attribuite alla Corona sono state delegate al Governatore generale e che la Regina ha mantenuto la sua supremazia solamente nell’ipotesi in cui si trovi fisicamente sul territorio australiano. L’unico potere che la Corona svolge ancora oggi è di nominare il suo rappresentante in Australia ovvero il Governatore generale. Tuttavia, mentre sino al 1930, procedeva a tale nomina previo parere del Governo britannico, successivamente la Corona ha iniziato a nominare i Governatori generali dietro indicazione del Primo Ministro Australiano. La Costituzione non stabilisce quanto debba durare il mandato del governatore generale, ciononostante attualmente si ritiene che il mandato sia di cinque anni, e che sia prorogabile per brevi periodi di tempo. La Costituzione attribuisce al governatore generale una vasto numero di poteri che comprendono la convocazione, la proroga e lo scioglimento delle Camere; il dare l’assenso ai progetti di legge; la nomina del Primo Ministro ed dei singoli Ministri; l’istituzione dei dipartimenti governativi; la nomina dei giudici dell’Higth Court. Il Governatore generale riveste inoltre la carica di comandante delle forze armate. Sebbene questi poteri abbiano apparentemente una portata molto vasta sono, in pratica, temperati dalla convenzione costituzionale in ragione della quale tutte le prerogative spettanti al Governatore debbono essere esercitate sulla base di un parere ministeriale (c.d. principio del governo responsabile). Esistono tuttavia, alcuni poteri che il governatore generale può esercitare, in alcune situazioni, senza il parere dei ministri o, addirittura, anche contro il loro parere. La portata di questi “poteri discrezionali”, noti come reserve powers è incerta dato che – come si è più volte sottolineato – le disposizioni della Costituzione che disciplinano la forma di governo australiana sono integrate da regole non scritte ovvero da convenzioni costituzionali.
371
Bassu C., Australia, Il Mulino, 2012, p.48.
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Per quanto riguarda specificamente i reserve powers, sebbene non sia semplice determinare quando una semplice consuetudine o prassi raggiunge lo status di una convenzione, è generalmente riconosciuto che tra di essi rientrino: 1) il potere di nominare un Primo Ministro, se dall’elezioni generali non emerge una chiara maggioranza; 2) il potere di dimettere il Primo Ministro colpito da una mozione di sfiducia; 3) il potere di rifiutare di sciogliere la Camera dei Rappresentanti contro il parere ministeriale. Quest’ultimo rappresenta il reserve power più utilizzato da parte dei Governatori generali che lo hanno usato in tre occasioni. La prima volta nell’agosto del 1904 da parte del Governatore Generale Lord Northcote; la seconda, nel giugno del 1905, quando lo stesso Governatore Lord Northcote rifiutò di sciogliere la Camera dei Rappresentai e il Primo Ministro Reid venne rimpiazzato da Deakin, il quale formò un governo che rimase in carica fino alla fine della legislatura; la terza, nel giugno del 1909. In quest’ultima occasione la decisione del Governatore Generale è stata particolarmente criticata dato - dopo il rifiuto – il governo venne formato da una coalizione “nuova” che non aveva affrontato le elzioni come tale372. Vi sono invece più dubbi rispetto alla collocazione tra i reserve powers: 1) del potere di rifiutare una doppia dissoluzione (sebbene si tratti un potere che non è mai stato esercitato le sei volte in cui è stata chiesta un doppio scioglimento); 2) del potere di negare l’assenso ad una legge approvata dal Parlamento, contro il parere ministeriale (cioè il potere di veto); 3) del potere di scegliere autonomamente un Primo Ministro quando quello uscente si dimette dopo aver subito una sconfitta alla Camera dei Rappresentanti. Rispetto a questo specifico potere, secondo parte della dottrina, esisterebbe una convenzione costituzionale in base alla quale il Governatore Generale sarebbe vincolato a nominare la persona indicata dal Primo Ministro dimissionario. Secondo altri, invece, ammettere l’esistenza di una convenzione di questo tipo, impedendo al Governatore di rifiutarsi di seguire consigli illegali ovvero non forniti in buona fede, si porrebbe in contrasto con la funzione che i reserve powers sono chiamati a svolgere373;
372
Cfr. Evatt H.V., Forsey E.A., The Reserve Powers, Sydney, 1990, pp. 50-54; Browning A.R., House of ° Representatives Practice, 2 edition, Canberra, 1989, p. 11. 373
An Australian Republic: the options–the appendices, Report of the Republic Advisory Committee, Canberra, 1993, p. 246.
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4) del potere di congedare il primo ministro nell’ipotesi in cui il Governo non riesca ad ottenere finanziamenti e il primo ministro si rifiuta di dimettersi o di chiedere l’indizione di nuove elezioni. Potere quest’ultimo che – come si è già illustrato nei paragrafi precedenti – è stato usato dal Governatore Generale Kerr nel 1975 quando dimise l'allora primo ministro Whitlam che pur avendo la fiducia della Camera bassa, non era riuscito ad ottenere i finanziamenti per la strenua opposizione esercitata dal Senato. La dottrina si è divisa sul se in quell’occasione sia stato fatto o meno un uso appropriato del potere di “licenziare” un Primo ministro. I fautori degli argomenti a favore ritengono che un Governo deve essere in grado di garantire l'approvvigionamento per le ordinarie attività del Governo e, quindi, che almeno sugli approvvigionamenti dovrebbe conservare la fiducia in entrambe le Camere. Coloro che si oppongono a questa tesi sostengono invece che la Costituzione e le convenzioni costituzionali non richiedono che il Governo goda della fiducia di entrambe le Camere e che condividere la visione di Kerr (supportata dalla posizione dell’allora Presidente dell’High Court Barwick) minerebbe il principio del governo responsabile e potrebbe automaticamente mettere in discussione la legittimità di qualsiasi governo che non ha una maggioranza in Senato. Oltre a tali poteri, il governatore generale ha un ruolo di rappresentanza e cerimoniale, come ad esempio quello di ricevere gli ambasciatori egli altri Paesi.
I.2.4) Il sistema delle fonti del diritto Il sistema delle fonti del diritto australiano è «un sottosistema di fonti, all’interno della famiglia di common law e del sistema inglese»374 piuttosto complesso. Tale complessità è ascrivibile, in primo luogo, alla struttura federale dello Stato, che ha determinato il sovrapporsi di due tipi di fonti costituzionali scritte: infatti, oltre al Commonwealth of Australia Constitution Act del 1901, ogni Stato della Federazione è dotato di una propria Costituzione che, tuttavia, secondo quanto disposto dalla section 106, è destinata a rimanere in vigore solo se in sintonia con la Costituzione federale. Peraltro, come si è avuto modo di evidenziare nelle pagine precedenti, molti degli aspetti che caratterizzano il concreto operare della forma di governo australiano non sono disciplinati in Costituzione, ma sono il frutto di un cospicuo numero di “convenzioni costituzionali” che -
374
Morbidelli G., Diritto pubblico comparato, Torino, 2012, p. 216.
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secondo la consolidata giurisprudenza della High Court375 - hanno la stessa forza della Costituzione376. Inoltre si deve segnalare che in Australia esistono alcuni atti legislativi che assumono valore costituzionale. In particolare, tra questi figurano lo Statute of Westminister Adoption Act adottato nel 1942 e l’Australian Act del 1986. Il primo, ha determinato l’adozione da parte del Parlamento australiano dello Statute of Westminister inglese del 1931 con cui si sanciva l’indipendenza dei governi dei Domini inglesi. Con la sua approvazione, infatti, si impediva al Parlamento britannico di adottare leggi per i Domini senza il consenso dei rispettivi governi377. Tuttavia, poiché lo Statuto di Westminster ribadiva la validità del Colonial Laws Validity Act del 1865, si consentiva al Parlamento britannico di continuare ad adottare leggi concernenti Stati e Territori «in conformità con la prassi costituzionale [esistente]». Sebbene tale potere non sia mai stato esercitato dal Parlamento inglese, con l’Australian Act del 1986 si è sancita formalmente la totale indipendenza legislativa del Commonweath rispetto all’Inghlilterra. A livello di fonti primarie, invece, le due principali fonti del diritto sono la legge (e gli atti ad essa equiparati) e il common law (o case law). Per quanto riguarda la prima, si deve evidenziare come anche rispetto ad essa, rilevi l’organizzazione federale dello Stato. Infatti, la section 51 della Costituzione individua una serie di materie di competenza esclusiva del Commonwealth e attribuisce tutte le altre alla competenza dei singoli Stati378. È dunque alla luce di tale attribuzione di competenze, nonché alla luce della supremacy clause di cui alla section 109, che deve essere risolto un eventuale contrasto tra legge federale e legge statale.
375
Vedi, per esempio, Amalgamated Society of Engineers v. Adelaide Steamship Co. Ltd (1920) e più recentemente Cormack v. Cope (1974). 376
Crisp L.F., Australian national government, Melburne, 1983 p. 352, le definisce come «extra-legal rules of structure or procedure or principle, established by precedent, consolidated by usage and generally observed by all concerned. They will affect the operation of the Constitution and may affect the working of the law but they themselves have not the force of law». 377
Lo Statute of Westminster prevede infatti che: «No Act of Parliament of the United Kingdom passed after the commencement of this Act shall extend or be deemed to extend, to a Dominion as part of the law of that Dominion, unless it is expressly declared in that Act that that Dominion has requested, and consented to, the enactment thereof» e che «No law and no provision of any law made after the commencement of this Act by the Parliament of a Dominion shall be void or inoperative on the ground that it is repugnant to the Law of England, or to the provisions of any existing or future Act of Parliament of the United Kingdom, or to any order, rule, or regulation made under any such Act, and the powers of the Parliament of a Dominion shall include the power to repeal or amend any such Act, order, rule, or regulation insofar as the same is part of the law of the Dominion.» 378
In proposito si ricorda che il Parlamento federale può approvare leggi in materia di: commercio interstatale e internazionale; affari esteri; difesa; immigrazione; tassazione; diritto bancario; assicurazione; matrimonio e divorzio; moneta, pesi e misure; posta e telecomunicazioni; pensioni di vecchiaia e di invalidità. Gli Stati, invece, hanno la possibilità di legiferare in materia di governo locale; strade; scuole e sanità.
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Sebbene il potere di emanare leggi sia un potere primario del Parlamento e la Costituzione non preveda espressamente che il Parlamento possa delegarlo, quest’ultimo, spesso autorizza il Governo ad emanare “legislatiove instruments” destinati ad avere la stessa forza della legge. L’ammissibilità della delegated legislation è stata dichiarata dalla High Court a partire dalla decisione Baxter v. Ah Way del 1910379 in cui, sostanzialmente, si afferma che mentre il Parlamento ha il compito di dettare i principi generali, l'esecutivo può adottare legislative instruments limitatamente a questioni di dettaglio. In questo modo si consente di ridurre il carico di lavoro del Parlamento e si permette alla legislazione di adeguarsi rapidamente al variare delle situazioni. A prima vista, dato che i “legislative instruments” sono emanati dal Governo e dai Ministri senza promulgazione parlamentare, sembrerebbe potersi affermare che la loro adozione rappresenti una violazione del principio della separazione dei poteri. Tale esito viene tuttavia scongiurato dal pervasivo controllo che il Parlamento svolge su questi strumenti dato che ciascuna Camera, qualora ravvisi che il Governo abbia esercitato il potere delegatogli in maniera non corretta, può porre il veto e determinare l’annullamento di questi atti. La maggior parte dei “legislative instruments” assume la forma di regulations: molte leggi del Parlamento contengono, infatti, disposizioni che permettono al Governatore Generale, naturalmente previo parere ministeriale, di adottare i regulations richiesti o autorizzati dalla legge ovvero necessari per rendere effettive le disposizioni contenute nella legge; molte leggi individuano inoltre specificamente le questioni che debbono essere disciplinate dai regulations. Il procedimento che conduce all’adozione di tali strumenti è contenuto nel Legislative Instruments Act del 2003 (LIA), che, in larga parte, ripropone le previsioni contenute nell’Acts interpretation Act del 1901. Tra le principali previsioni del LIA si segnala l’obbligo di registrazione di tutti i Legislative instruments nel Federal Register of Legislative Instruments (FRLI) e la loro trasmissione a ciascun ramo del Parlamento entro sei giorni dalla registrazione per consentire alle Camere di esercitare, qualora lo ritengano opportuno, il potere di veto (sul procedimento di adozione dei legislative instruments v. infra I.2.4.2). Il common law, inteso come diritto di produzione giurisprudenziale, rappresenta, insieme alla legge, la fonte principale del diritto australiano. Non si tratta di un diritto creato arbitrariamente dai giudici, ma dell’applicazione di precedenti giudiziali che si sono affermati in modo continuativo nel corso dei secoli, la cui obbligatorietà deriva dall’essere stati adottati da Corti di rango superiore (c.d. stare decisis), fatta salva la possibilità di discostarsene nel 379
«Now the legislature would be an ineffective instrument for making laws if it only dealt with the circumstances existing at the date of the measure. The aim of all legislatures is to project their minds as far as possible into the future, and to provide in terms as general as possible for all contingencies likely to arise in the application of the law. But it is not possible to provide specifically for all cases, and, therefore, legislation from the very earliest times, and particularly in more modern times, has taken the form of conditional legislation, leaving it to some specified authority to determine the circumstances in which the law shall be applied, or to what its operation shall be extended, or the particular class of persons or goods to which it shall be applied.»
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caso in cui quel precedente sia frutto di una decisione palesemente errata ovvero di una decisione così risalente da risultare obsoleta alla luce del diritto vivente. In Australia, il fatto che la High Court of Australia ha una giurisdizione di appello generale sulle Corti supreme statali, ha garantito l’esistenza di un diritto comune australiano unico ed uniforme. Si deve segnalare che fino al 1963, l'High Court ha ritenuto vincolanti le decisioni della Camera dei Lord380 e fino al 1978381 quelle del Giuditial Committee of the Privy Concil determinando, fino ad allora, una sostanziale uniformità tra il common law australiano e quello inglese. Successivamente, maggiori divergenze hanno caratterizzato i due sistemi di common law, tanto più dopo l’adozione dell’Australian Acts del 1986. Ciononostante, il common law australiano è ancora oggi in parte influenzato dalle decisioni della Corte del Regno Unito, e, in misura minore, dalle decisioni adottate dalle Corti degli altri paesi di common law, come il Canada382, la Nuova Zelanda383 e gli Stati Uniti384. Per quanto riguarda infine il rapporto tra una legge e il common law, la prima è destinata a prevalere sul secondo nell’ipotesi in cui i due tipi di fonte disciplinino la stessa materia. Ciò che ad esempio avviene quando con legge si vada a disciplinare un’area precedentemente regolamentata dal common law. In questo caso, comunque, la stessa legge può prevedere che il diritto comune debba essere usato per interpretarla, dato che – spesso - gli atti legislativi non sono in grado di prevedere ogni possibile scenario. Molto spesso, quindi, la legge e l’interpretazione giurisprudenziale concorrono a disciplinare una data materia: ad esempio, il diritto di famiglia non è disciplinato in maniera esclusiva dal Family Law Act del 1975, ma anche dalle decisioni adottate dalla Family Court.
I.2.4.1) Il procedimento legislativo A livello federale, affinché un progetto di legge (bill) diventi legge (Act), è necessario che venga approvato nella stessa identica formulazione dai due rami del Parlamento e che riceva l’assenso ovvero venga firmato dal Governatore Generale. Spesso si afferma che le due Camere, nell’ambito del procedimento legislativo, non fanno che “ratificare” (to rubber stamp) i disegni di legge voluti dal Governo, in realtà l’iniziativa legislativa spetta anche ai membri del Parlamento non governativi (private member) o ai membri dell’opposizione, con l’importante eccezione di quei progetti di legge volti ad introdurre o modificare una tassa, che possono essere presentati esclusivamente dal Governo. Naturalmente, i progetti di legge 380
Cfr. decisione Parker v. The Queen del 1963. 381
Cfr. decisione Viro v. The Queen del 1978. Cfr. decisione Pilmer v. Duke Group Ltd del 2001 383 Cfr. decisione Vigolo v. Bostin del 2005 382
384
Cfr. decisione Roxborough v. Rothmans of Pall Mall del 2001.
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presentati dai private member, non essendo sponsorizzati dal partito al Governo, hanno una scarsa possibilità di diventare legge e, in effetti, ciò è confermato dal fatto che dalla nascita della federazione soltanto 28 disegni di legge non governativi sono stati approvati. Si tratta comunque di un potere importante perché consente ai private member di segnalare pubblicamente su cosa credono sia importante intervenire a livello legislativo e consente loro di stimolare un dibattito su specifiche questioni385. A riprova di ciò si segnala che negli ultimi anni è notevolmente aumentato il numero delle proposte di legge presentate dai private member, anche se esse rappresentano ancora una piccola percentuale rispetto al numero delle proposte di legge discusse in Parlamento. Precisamente, mentre tra il 1901 e il 1988, sono state presentate dai private member soltanto 103 progetti di legge, dal 1988 al 2012 la cifra è salita a 414 (cfr. tabella 1). In particolare si ha una prima lettura (first reading) che inizia con l’annuncio del clerk (ovvero del funzionario amministrativo responsabile del Parliamentary Department di una delle due Camere) dell’inizio della discussione della proposta di legge iscritta all’ordine del giorno; successivamente il Ministro (o il private Member che l’ha presentata) si alza e dichiara la presentazione del disegno di legge consegnandone una copia firmata al clerk corredata da un memorandum esplicativo contenente le ragioni per cui la proposta è stata presentata e la descrizione delle disposizioni ivi contenute. A questo punto, una copia di tale documentazione viene consegnata ai membri della Camera e viene resa consultabile al pubblico nel sito del Governo. Solitamente, questa fase è immediatamente seguita dalla presentazione del disegno di legge da parte del Ministro (o del private member) che ne illustra gli obiettivi, i principi generali e gli effetti che dovrebbe produrre una volta diventato legge. Dopo tale presentazione il dibattito sul disegno di legge viene differito per consentire ai membri del Parlamento di studiare la proposta prima di intervenire e votarla. Peraltro tale pausa consente di testare la reazione dei cittadini. Trascorso tale lasso di tempo si svolge la c.d. seconda lettura (second reading) ovvero il dibattito sulla mozione presentata dal Ministro. Si tratta della discussione più importante e, normalmente, consiste nella discussione generale dei principi posti alla base della proposta di legge (per esempio, le ragioni per cui dovrebbe essere supportata o meno, la necessità di adottarla o meno, l’esistenza della possibilità di raggiungere i medesimi obiettivi in modo diverso). Sebbene la seconda lettura sia fissata nell’ordine del giorno per la seduta successiva, molto spesso viene differita per molti giorni (ad esempio, se si tratta di un disegno di legge governativo, il suo svolgimento, oltre a dipendere dal programma di governo, viene negoziato con l’Opposizione). Alla ripresa del dibattito, se si tratta di proposta di legge governativa, un 385
In considerazione di ciò le sedute del lunedì sono regolarmente riservate alla discussione delle questioni proposte dai private member.
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membro dell’opposizione – solitamente il primo ministro ombra – illustra la posizione dell’opposizione e, successivamente, intervengono in maniera alternata Membri della maggioranza e membri dell’opposizione. Da segnalare che gli Standing order non prevedono il tempo massimo di durata di questa fase che termina con il voto della mozione promossa dal Ministro (o da chi ha presentato il disegni di legge). Se tale votazione ha esito positivo e, dunque, se sono condivisi i principi alla base del disegno di legge, si passa all’esame della proposta in dettaglio. È in questa fase che vengono esaminati gli articoli, uno ad uno, ed è possibile emendare il testo presentato. La procedura è più flessibile rispetto a quella della seconda lettura: ad esempio, si segnala che ogni Membro della camera può intervenire per un tempo massimo di cinque minuti un numero illimitato di volte per ogni proposta presentata. Sebbene le procedure garantiscano che siano presi in considerazione tutti gli articoli e tutti gli eventuali emendamenti, i membri della Camera possono essere d’accordo sul fatto che rispetto ad un determinato disegno di legge non sia necessario l’esame articolo per articolo e questa fase può essere bypassata. Ciò che, ad esempio, avviene rispetto ai disegni di legge supportatati da tutti i partiti ovvero rispetto a quelli che hanno un scopo molto limitato. L’ultima fase (third reading) consiste nella votazione del disegno di legge e, solitamente, rappresenta una mera formalità. Inoltre, benché gli standing orders dispongano che essa venga differita ad un’altra seduta, in pratica, ogni volta la Camera approva una mozione in cui si prevede che la terza lettura si svolga immediatamente. Dopo l’approvazione il disegno di legge viene trasmesso all’altra Camera dove l’iter appena descritto si ripete e nell’ipotesi in cui le due Camere non riescano a trovare un accordo e il disegno di legge non venga accantonato, trova applicazione la section 57 (sulla double dissolution si rimanda a quanto già detto al par. I.2.1.2). Di solito, sia perché la maggior parte dei Membri del Governo appartengono alla Camera dei rappresentanti, sia a causa dell’ambito più circoscritto di materie rispetto alle quali il Senato ha iniziativa legislativa, i disegni di legge vengono presentati prima alla Camera dei rappresentanti386. Quello appena descritto è l’ordinario procedimento di approvazione di una legge. Vi sono poi una serie di procedimenti speciali. 1) Può ad esempio avvenire che, dopo l’inizio della seconda lettura, il disegno di legge venga deferito alla Federation Chamber387 per lo svolgimento della discussione dei singoli articoli. 386
Nella 43° legislatura su un totale di 683 disegni di legge presentati, il 95% è stato presentato alla Camera dei rappresentanti. Di queste, approssimativamente l’80% è diventato legge. 387
La Federation Chamber è essenzialmente un comitato di discussione, nato come luogo alternativo alle Camere per discute alcuni affari. Esso opera in parallelo con le Camere per consentire lo svolgimento di più discussioni contemporaneamente. Fin dalla sua nascita, nel 1994, è diventato sempre più importante nella gestione del tempi di discussione dei due rami del Parlamento dato che, da un lato, rappresenta un’opportunità in
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In genere ciò avviene previo accordo tra i membri governativi e quelli non governativi della Camera. La procedura seguita all’interno della Federation Chamber è sostanzialmente la stessa seguita nelle Camere. Di conseguenza, la Federation Chamber può emendare ed approvare il disegno di legge. Tuttavia, dato che in questa sede non può esserci disaccordo, le questioni sulle quali non c’è unanimità di vedute devono essere rinviate alla Camera. Al termine dell’iter all’interno della Federation Chamber la terza lettura è preceduta da un’ulteriore fase, the reporte stage, durante la quale la Camera prende in considerazione e vota il disegno di legge così come approvato dalla Federation Chamber. Naturalmente in questa sede la discussione è limitata agli aspetti sui quali non si è riuscito a trovare un accordo all’interno della Federation Chamber. 2) Nell’ipotesi in cui il Governo voglia accelerare i tempi di approvazione di un disegno di legge, può dichiararne l’urgenza. In questo caso, se la Camera accetta la richiesta del Governo, quest’ultimo presenta una mozione in cui si precisa la durata di ogni fase del procedimento di approvazione del disegno di legge. Se la Camera l’approva, una volta raggiunto il limite di tempo fissato, il dibattito viene interrotto immediatamente e si procede alla votazione. Questa procedura è nota come ghigliottina. 3) Infine è possibile deferire il disegno di legge alla Commissione competente per materia affiche rediga un parere sul disegno di legge. A tal fine, in questa sede, possono essere sentiti testimoni e possono essere raccolte informazioni sul disegno di legge. La Commissione, qualora ravvisi la necessità di introdurre modifiche, può indicarle, ma non può inserirle essa stessa. Nell’ipotesi in cui il Governo decida di accettare le modifiche al disegno di legge raccomandate nel rapporto di consulenza, queste sono incorporate agli emendamenti del Governo e vengono esaminate durante il second reading. Quando il disegno di legge viene approvato nella medesima formulazione dai due rami del Parlamento si apre l’ultima fase, quella in cui il Governatore Generale firma il disegno di legge388. Soltanto a questo punto il progetto di legge diventa un Act of Parliament. Solitamente, nell’ipotesi in cui nel testo della legge non si specifichi un termine diverso, la legge acquista efficacia trascorsi 28 giorni dal momento in cui è stata firmata dal Governatore. più offerta ai deputati ovvero ai senatori di discutere un disegno di legge, dall’altro, permette alle Camere di continuare a lavorare su altre questioni. Peraltro, data la sua composizione ristretta, rappresenta una sede di discussione maggiormente interattiva. Tutti i membri della Camera sono automaticamente membri della Camera Federazione e sono ammessi a partecipare alle sue riunioni. Fino al 2012 la Federetion Chamber era chiamata Main Commitee. 388
Le parole con cui il Governatore da il suo assenso sono : «In the name of Her Majesty, I assent to this Act».
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Tabella 2 – Numero proposte di legge presentate e approvate dal 1901 al 2015 Anno
Totale Proposte di Proposte di Proposte di Leggi proposte di legge legge legge approvate*** legge presentate da presentate in trasmesse presentate Private Senato alla member * Federation Chamber**
1901
28
0
1902
23
0
1903
27
1
1904
22
1
1905
33
2
1906
42
6
1907
29
3
1908
29
1
1909
38
3
1910
50
4
1911
30
0
1912
52
1
1913
37
6
1914
54
6
1915
62
0
1916
45
0
1917
40
0
1918
50
0
1919
37
0
1920
66
1
1921
49
0
1922
47
0
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52
0
1924
63
1
6 2 5 5 4 5 7 0 9 9 6 8 6 8 6 12 3 11 4 15 6 10 6 9 8 7 6 11 3
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17 21 21 15 26 23 12 27 29 41 29 43 24 36 53 41 40 47 32 56 43 42 36 61
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1925
35
0
1926
56
0
1927
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0
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0
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1
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1955
71
2
1956
114
0
5 2 17 7 5 12 8 7 10 9 6 2 4 1 6
32
3 2 13 13 14 8 5 5 18 11 10 14 17 20 7 10 6 4 10 7 11 4 6
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52 38 48 35 78 56 76 74 67 73 94 47 87 99 70 58 58 46 59 81 93 93 87 80 82 109 96 83 71 113
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
1957
119
1
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2
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1960
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3
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14 0 6 4 6 19 15 7 13 10 14 22 13 13 10 19 20 17 11 21 12 14 13 19 42 34 53 32 17 15 13 19 11 22 9 8 16 24
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103 83 104 111 98 108 103 130 156 93 124 157 102 127 138 139 221 166 121 209 161 211 191 177 182 158 147 175 202 168 184 155
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
1989
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12
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1992 1993
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2007
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Legenda:*comprese le proposte di legge presentate dai Private Senators; non sono comprese quelle presentate dallo Speaker; **la Federation Chamber, nota sino al 2012 come Main Commitee, è stata istituita nel 1994; ***non sono compresi i disegni di legge costituzionali approvati da entrambe le Camere ma respinti con referendum.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Dati elaborati dal Chamber Reserce Office della Camera dei Rappresentanti, aggiornati al 25 giugno 2015.
I.2.4.2) La legislazione delegata La legislazione delegata (noto anche come legislazione subordinata) viene emanata dal Governo, sotto l'autorità di una legge del Parlamento. In verità, esistono varie tipologie di strumenti legislativi (regulations; determinations; ordinances of territories; plans of management; declarations, approvals, principles and notices; by-laws of statutory authorities; navigation and aviation orders; notices; standards; declarations, declarations; directives; guidelines…), tuttavia, in questa sede, si tratteranno esclusivamente gli strumenti legislativi soggetti all’eventuale veto delle Camere. Esistono infatti una serie di strumenti che, a causa della loro natura amministrativa ovvero a causa di una deroga espressa contenuta nel LIA o in un’altra legge, non sono soggetti alla procedura che si descriverà nel presente paragrafo. Il Parlamento nel corso degli anni ha fatto ampio ricorso alla delega legislativa, basti pensare che, in generale, circa la metà degli atti normativi del Commonweath sono rappresentati da “strumenti legislativi”. L’ampio ricorso a tali strumenti trova la sua ragion d’essere nella loro maggiore capacità di dettare velocemente la regolamentazione di dettaglio. Dunque, molto spesso, il Parlamento si limita a fissare con legge i principi caratterizzanti una certa materia mentre delega al Governo il compito di emanare la legislazione di dettaglio, entro tali principi. Sebbene sia raro, in alcuni casi la legge può addirittura autorizzare il Governo ad abrogare, modificare, o integrare disposizioni di legge. Una previsione di questo tipo era, ad esempio, contenuta nel Re-establishment and Employment Act del 1945 e, più di recente nel Administrative Arrangements Act del 1987. Nel primo caso tuttavia tale potere fu “eliminato “ nel 1951 da una legge successiva, mentre nel secondo si trattava di una disposizione transitoria con efficacia limitata ad un solo anno dall’entrata in vigore della normativa. Dal 1 gennaio 2005 i legislative instruments sono disciplinati dal LIA. Quest’ultimo stabilisce che con strumento legislativo si intende uno strumento scritto che a) ha carattere legislativo; b) è fatto nell'esercizio di un potere delegato da parte del Parlamento; c) determina la legge o altera il contenuto della legge, invece di applicare la legge in un caso specifico; d) ha l'effetto diretto o indiretto di pregiudicare un privilegio o un interesse ovvero stabilisce un obbligo, la creazione di un diritto, o la modificazione di un obbligo o di un diritto.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Si precisa inoltre che per essere considerati tali ed essere applicabili è necessario che gli strumenti legislativi vengano registrati nel Registro federale degli strumenti legislativi (Federal Register of Legislative Instruments). La legge delega adottata dal Parlamento, determina i principi e i criteri che devono essere seguiti dal Governo per esercitarla. I legislative istruments, a meno che la legge delega non disponga diversamente, devono essere presentati alle Camere corredati da una adeguata motivazione, entro sei giorni dalla registrazione, pena la perdita di efficacia (art.38 LIA). Dopo la registrazione di un legislative istruments non può essere presentato nessun altro strumento che in sostanza disciplini la stessa materia. Tali strumenti, normalmente, acquistano efficacia immediatamente e rimangono tali se e nella misura in cui non vengono annullati dal Parlamento. Si segnala tuttavia, che per tutelate il principio dell’affidamento dei cittadini nella certezza del diritto, la legge delega può prescrivere che gli strumenti legislativi, acquistino efficacia successivamente allo spirare del termine entro il quale le Camere possono esercitare il loro potere di veto. L’art. 42 del LIA dispone poi che, entro 15 giorni dalla presentazione alla Camera dello strumento legislativo, deve essere presentata l’eventuale mozione volta ad annullarlo che, a sua volta, deve essere votata entro i 15 giorni successivi alla presentazione della mozione. Nell’ipotesi in cui tale mozione venga approvata lo strumento legislativo viene annullato e perde di efficacia. In questo caso, peraltro, si fa divieto di presentare uno strumento legislativo che in sostanza riproponga le medesime disposizioni nei sei mesi successivi. Per consentire a deputati e senatori di comunicare la loro intenzione di presentare una mozione volta ad esercitare il loro potere di veto, durante ogni seduta viene pubblicato l’elenco dei legislative instruments presentati, soggetti a possibile rifiuto, e si indica il numero di giorni di seduta rimanenti per presentare la mozione. Si deve rilevare che tra le centinaia di atti di legislazione delegata presentati ogni anno molto pochi sono formalmente esaminati dalle Camere e, ancora meno sono colpiti dal veto di una delle due. In questo caso, dell’approvazione della mozione con cui si esprime il veto deve essere data notizia nella Gazzetta “for general information” dal clerk della Camera che l’ha votata. Sebbene il controllo del Parlamento di solito avviene seguendo la procedura poc’anzi descritta, un mezzo alternativo di controllo parlamentare è quello di prevedere nella legge delega che il decreto delegato entri in vigore solo con l'esplicita approvazione, con delibera affermativa, di entrambe le Camere. Anche se non è comune, questa pratica è stata utilizzata negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda alcuni tipi di strumento legislativo variamente descritti come estratti conto, carte, accordi, dichiarazioni, linee guida, etc. In
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
questo caso, la legge delega può addirittura autorizzare le Camere a modificare lo strumento in questione nel corso del processo di approvazione. In materia di controllo Parlamentare sulla legislazione delegata il Senato rivesta un ruolo di spicco. Infatti, come evidenziato da Maurice Blackburn, «the House of Representatives is not likely to do that work well, or, in fact, to do it at all. Upon its vote turns the fate of the ministry. The regulation is made by the ministry, and a proposal for its disallowance would certainly be treated as a vote of want of confidence, and would be tested on party lines. No ministry depends on the vote of the Senate and it is quite likely that in that chamber a regulation would be considered on its merits».. Il Senato, invece, a partire dal 1932, ha istituito un Comitato permanente per i regolamenti e le ordinanze da nominare all'inizio di ogni Legislatura, a cui vengono deferiti tutti i regolamenti, le ordinanze e gli altri strumenti legislativi delegati dal Parlamento al Governo, soggetti al potere di veto da parte delle Camere. Tale Comitato è chiamato ad esaminare la legislazione delegata al fine di garantirne la conformità con la legge ed evitare che il legislative instrument non sconfini indebitamente sui diritti personali e le libertà. Tale comitato opera tradizionalmente in maniera imparziale e si astiene dal considerare la politica di legislazione delegata. Le sue Relazioni contengono suggerimenti e, spesso, conducono ad adeguamenti della legislazione da parte del Governo.
I.3) Le leggi elettorali relative ai diversi livelli di governo I.3.1) Il sistema elettorale per la Camera dei Rappresentanti Una prima caratteristica fondamentale del sistema elettorale australiano, almeno per le elezioni federali, è l’obbligatorietà del voto, la sanzione prevista per l’eventuale defezione è un’ammenda di modesta entità (circa 20 dollari australiani nel 2013). Una norma che sembra funzionare, considerato che l’affluenza alle urne alle elezioni federali supera la percentuale del 90% (93,2% alle ultime due elezioni del 2010 e 2013). Il sistema elettorale australiano per l’elezione della Camera dei Rappresentanti in Australia (d’ora in avanti, Camera) ha una logica maggioritaria è basato sul voto alternativo (VA) che costituisce una sorta di via di mezzo tra il sistema uninominale maggioritario di collegio a turno unico e quello a doppio turno. Gli elettori sono obbligati, a pena di nullità del voto, a “ordinare” i candidati in una classifica in ordine di preferenza, invece che scegliere semplicemente un singolo candidato. Inizialmente, a ciascun candidato si attribuiscono tanti voti quante sono le prime preferenze che ha ricevuto. Se un candidato ottiene la maggioranza assoluta dei voti (secondo il criterio majority), si aggiudica il seggio. Altrimenti, il candidato che ha ottenuto il minor numero di Pagina | 305
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
voti è eliminato e i suoi voti sono assegnati a ciascuno dei candidati rimasti in lizza in base alla seconde, terze, ecc. preferenze espresse su ogni scheda elettorale. Questo processo si ripete finché un candidato non ottiene più della metà dei voti. L’effetto principale di questo sistema di voto è quello di eliminare la dispersione dei voti e la tendenza degli elettori a votare "strategicamente" per candidati che non sono la loro prima scelta. Il territorio australiano è diviso in 150 collegi, uno per ogni seggio da assegnare alla Camera dei Rappresentanti. Ogni collegio elegge un solo candidato e, di conseguenza, ogni lista può presentare un solo candidato per collegio. In ogni collegio l'elettore deve esprimere le preferenze per tutti i candidati con il metodo sopra specificato, altrimenti il voto viene annullato. Con questo sistema può accadere che la coalizione che totalizza più voti in assoluto non elegga poi la maggioranza assoluta in Parlamento. In letteratura è usuale considerare un tale sistema come un meccanismo che favorisce la vittoria non tanto del partito preferito, quanto di quello meno osteggiato, ovvero quello che ottiene il minor numero di preferenze negative.
I.3.2) Il sistema elettorale per il Senato Il Senato è la camera alta del Parlamento australiano. I Senatori sono eletti direttamente dagli elettori, ma il sistema elettorale differisce da quello in vigore per l’elezione dei Deputati: il meccanismo è infatti proporzionale e il sistema di voto piuttosto complesso: si può votare per i candidati, ordinandoli (below the line) o per il partito (above the line e in questo caso il partito deciderà le altre preferenze). Vige il meccanismo del voto trasferibile (STV) (legge del 1 gennaio 1918)389 per cui il candidato che raggiunge la quota (14,3% negli stati, 33% nei territori) viene eletto e i voti in surplus vengono redistribuiti. La formula adottata è la Droop (numero totale di voti / (numero di candidati da eleggere + 1)) + 1 (senza contare eventuali resti), che aumenta la proporzionalità teorica del sistema. Secondo la Costituzione australiana, il Senato deve avere un numero uguale di senatori per ogni Stato, cui deve essere attribuito un numero di seggi pari ad almeno sei, al fine di assicurare che la legge elettorale riguardante il Senato non operi discriminazioni tra gli Stati.
389
Ultime modifiche 15/06/1995; 16/12/1995. Possono votare i cittadini australiani che abbiano compiuto il 18° anno di età.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Il numero di senatori è cambiato negli anni. Originariamente la Costituzione prevedeva sei senatori per ogni Stato e quindi un totale di 36 senatori. Nel 1948 si decise di aumentare da sei a dieci il numero di senatori per Stato, raggiungendo quota 60. Il totale fu portato a 64 quando, a partire dal 1975, ai due territori dell'Australia fu consentito di eleggere due senatori ciascuno. L'ultimo aumento risale al 1984, quando fu stabilito che ogni Stato eleggesse 12 senatori. Attualmente, dunque, il Senato australiano conta 76 membri: sei per ciascuno dei dodici stati e due per ciascuno dei due territori. I senatori degli Stati sono eletti per sei anni, quelli dei territori restano in carica per lo stesso periodo dei colleghi Deputati, dunque per un massimo di tre anni. Il Senato è rinnovato parzialmente ogni tre anni ma in un caso, nel 1987, si è di fatto verificato lo scioglimento dell’intera assemblea. Il Senato ha prerogative pressoché identiche rispetto alla Camera. Tuttavia, il sistema elettorale di rappresentanza proporzionale utilizzato per questa camera orienta verso modello diverso di competizione partitica. I partiti minori (come ad esempio i Verdi e i Democratici Australiani) sono in grado di ottenere la rappresentanza e incidere sulla formazione delle maggioranze. Questo aspetto comporta anche un maggiore controllo parlamentare sull’attività di Governo e in genere sul potere esecutivo. Il governo federale è infatti responsabile sia nei confronti della Camera dei Rappresentanti che del Senato, anche se in modi diversi. Il governo federale è formato dal partito, o coalizione di partiti, che detiene la maggioranza dei seggi alla Camera dei Rappresentanti e deve dimettersi se perde questa maggioranza, anche se la disciplina di partito assicura un certo controllo governativo sulla Camera. Pertanto, dal punto di vista strettamente costituzionale e quindi del rapporto fiduciario per il Governo, quest’ultimo è responsabile solo verso la Camera, la quale può procedere alla sfiducia. Il governo è responsabile nei confronti del Senato nel senso che questo potrebbe costringere il governo a rendere conto del suo operato o potrebbe rifiutarsi di votare una proposta di legge per stanziare fondi per i servizi annuali ordinari di governo. È infatti il Senato che autorizza il governo a spendere per finanziare le proprie attività. Dunque il Senato incide sul Governo perché ha un forte potere di veto su molte policies. Questo fa in modo che il Senato abbia poteri costituzionali “quasi” pari della Camera dei Rappresentanti.
I.3.3) Il sistema elettorale per le elezioni sub-federali Gli Stati e i Territori australiani (che hanno in genere una Camera bassa, la Legislative Assembly e una Camera alta, chiamata Legislative Council) hanno adottato diversi sistemi elettorali, in parte simili a quelli in vigore a livello federale, vale a dire il maggioritario con
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
voto singolo trasferibile. Ci sono però alcune sensibili variazioni: il New South Wales, adotta il sistema instant run-off-voting (detto anche preferential vote) per l’elezione dell’assemblea legislativa e un sistema di voto singolo trasferibile con rappresentanza proporzionale per il Consiglio legislativo; anche l’Australian Capital Territory adotta un sistema voto singolo trasferibile con rappresentanza proporzionale sempre per eleggere i membri dell’assemblea legislativa (in questo caso non c’è una Camera alta); in Queensland, che ha cambiato più volte sistema elettorale, viene utilizzato un sistema chiamato “optional preferential system” (o contingent vote); in South Australia si vota con il preferential instant-runoff voting (IRV) per l’assemblea legislativa e con il preferential single transferable voting system per il consiglio legislativo; anche in Tasmania è adottato il sistema STV per l’assemblea e il medesimo sistema vigente per la Camera a livello federale per il Consiglio; nello Stato di Victoria si utilizza il voto trasferibile per l’Assemblea e il sistema proporzionale per il Consiglio; in Western Australia, infine, vige il voto alternato per l’assemblea e il singolo voto trasferibile per il Consiglio. Appositi organismi, le Commissioni elettorali statali, sovrintendono ai processi elettorali nei singoli Stati e territori.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
II) Le istituzioni nella dinamica politica
II.1) Il sistema dei partiti
Secondo la classica distinzione operata da Duverger, il sistema australiano è assimilabile al tipo di sistema multipartitico e, per specificare meglio con Sartori, osservando anche la componente ideologica e programmatica degli attori in campo, a multipartitismo (o pluralismo) moderato. Tale sistema è caratterizzato da un numero di partiti (influenti, che contano) non superiore a cinque e dalla presenza di governi di coalizione. Ne consegue una dinamica imperniata su una competizione bipolare, con due coalizioni che si contendono la maggioranza dei seggi, spostandosi al centro per conquistare più agevolmente l’elettorato fluttuante. Un sistema simile non prevede la presenza di partiti “antisistema” poiché tutti gli attori in campo hanno come obiettivo la conquista del governo e propongono un programma “responsabile”, considerato che plausibilmente saranno chiamati ad attuarlo. La tabella 4 evidenzia come il numero medio di partiti presenti nell’arena parlamentare australiana sia stato quasi sempre inferiore a cinque (il numero medio è 3,9) e solo in un paio di occasioni alla Camera sono stati presenti più di cinque partiti. Inoltre solo nell’ultima elezione osservata, quella del 2013, e in quella del 1998 il numero di partiti che ha totalizzato più del cinque per cento dei voti è stato pari a cinque: il numero medio di partiti con performance superiore al 5% dei voti, osservato in tutte le elezioni per il rinnovo della Camera tra il 1946 e il 2013 è stato di 3,8. La successiva tabella 5 induce ad osservare che i due più grandi partiti si siano contesi di fatto la maggioranza dei seggi. Tuttavia spesso si è fatto ricorso a governi di coalizione per cui il sistema australiano è senz’altro un sistema bipolare più che bipartitico. Lo sviluppo del sistema partitico australiano ha attraversato diversi periodi. Il primo (grosso modo dal 1890 al 1944) ha sancito la nascita dei due principali raggruppamenti politici: il partito del lavoro (ALP) e il raggruppamento dei liberali (LPA). L'ALP nacque alla fine del 19 ° secolo in un clima di agitazione industriale e sindacale e di recessione economica. Il fallimento degli scioperi nel settore della lana spinse i sindacati a guardare invece al sistema politico formale per promuovere i propri obiettivi, attraverso l'elezione dei rappresentanti parlamentari. Sulla scia del successo del movimento operaio, le forze liberali si coalizzarono e crearono intorno al 1909 il Partito Liberale dell'Australia (LPA).
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Nel 1920 (anche se un primo nucleo in Western Australia risale già al 1913) nacque l’Australian Country Party (ora chiamato the Nationals o semplicemente the Nats). Per la maggior parte della sua storia ha governato con il LPA in coalizione, mentre all’opposizione ha talvolta operato come un singolo partito. Naturalmente nel corso degli anni i partiti australiani hanno subito delle evoluzioni ma, essenzialmente, il sistema politico attuale è ancora figlio della frattura socio-economica generata dalla rivoluzione industriale, mentre le faglie religiose o culturali sono meno presenti nella formazione della ideologia dei partiti australiani. Questo, insieme con alcune innovazioni istituzionali (il voto obbligatorio, le preferenze alternate e il finanziamento pubblico adottato in seguito) ha contribuito alla relativa stabilità del sistema australiano, tendenzialmente bipartitico. Il primo ministro, benché non previsto dalla Costituzione, è certamente la più importante carica politica australiana: usualmente è il leader del partito che ha vinto le elezioni ma le sue eventuali dimissioni non comportano lo scioglimento dell’assemblea (il primo ministro è incaricato dal Governatore generale dell’Australia, di fatto il capo dello Stato che rappresenta la Corona, benché con poteri puramente formali). Nella storia australiana il primo ministro è stato sostituito più volte durante il mandato, non solo in caso di morte (circostanza avvenuta nel 1939, 1945 e 1967) ma anche di dimissioni: il caso più recente riguarda il premier liberale Tony Abbott, sostituito da Malcolm Turnball il 15 settembre 2015. Altri casi si sono verificati nel 1941 e nel 1991, nonché, come si spiegherà tra breve, nel 2010. Julia Gillard, esponente del partito laburista (ALP), nominata in seguito alle elezioni del 2010 (le prime in cui Laburisti e Liberali ottennero lo stesso numero di seggi, tanto che l’ALP dovette formare una coalizione con i Verdi e gli Indipendenti, con una maggioranza risicata), fu sfiduciata dal proprio partito nel giugno del 2013. Le subentrò, a pochi mesi dalle elezioni svoltesi poi il 7 settembre 2013, l’ex premier Rudd, uscito vittorioso dalle primarie del proprio partito, ma sconfitto poi dai liberali di Abbott nelle elezioni generali. La questione centrale è che il primo ministro è tale solo in quanto leader del partito di maggioranza. Se perde la fiducia del partito che lo ha scelto come leader, deve dimettersi non solo dalla guida del partito ma anche da primo ministro. Secondo una ricerca condotta da Anika Gauja e coordinata da Benoit Pilet e William Cross, la durata media di un leader al vertice del proprio partito è vistosamente calata: da 10 anni negli anni '60 a 2,4 nel periodo 2000-2012. Perché è accaduto? Gauja segnala che le fazioni interne ai partiti (in Italia si chiamerebbero correnti) hanno acquisito maggiore forza. Questo cambiamento comporta effetti positivi (c’è più dialettica e il confronto tra diverse posizioni può rafforzare il leader capace di sintetizzarle), ma anche maggiori rischi di indebolimento, soprattutto quando la disciplina di partito tende a punire comportamenti poco in linea. Il fenomeno dell’indebolimento della leadership di partito (o della sua evidente ridotta durata) è tuttavia comune ad altre democrazie occidentali. Ma in Australia c’è una particolarità: mentre in altre
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
democrazie il vertice partitico è eletto con primarie e/o convention, il leader di partito australiano è scelto dai membri del partito eletti in Parlamento, dunque da un numero molto ristretto di persone. Questo rende il processo di elezione e – soprattutto – di destituzione molto più celere.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Tabella 3 - Risultati elettorali per la House of Representatives 2010 e 2013 2010
2013
Diff 2013-2010
Partiti
Voti assoluti
voti %
n. seggi
Voti assoluti
n. voti % seggi
Voti assoluti
voti %
Diff. seggi
Australian Labour Party
4.711.363
38,0
72
4.311.365
33,4
-399.998
-4,6
-17
0,0
0
55
Coalizione Liberal Party of Australia
3.777.383
30,5
44
4.134.865
32,0
58
357.482
+1,6
+14
Liberal (QLD)
1.130.525
9,1
21
1.152.217
8,9
22
21.692
-0,2
+1
National Party of Australia
419.286
3,4
6
554.268
4,3
9
134.982
+0,9
+3
Country Liberal Party (NT)
38.335
0,3
1
41.468
0,3
1
3.133
+0,0
0
tot coalizione
5.365.529
43,3
72
5.882.818
45,6
90
517.289
+2,2
+18
Australian Greens
1.458.998
11,8
1
1.116.918
8,7
1
-342.080
-3,1
0
Altri
866.473
7,0
1.603.826
12,4
4
737.353
+5,5
+4
Totale
12.402.363 100,0 150
12.914.927 100,0
150
512.564
0,0
0
Affluenza (%)
93,2
93,2
National
Party
Fonte: fonte: Elaborazione da web site Australian Electoral Commission
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Le ultime elezioni per il rinnovo della Camera si sono svolte il 7 settembre del 2013. L’esito elettorale (voto popolare) assegna la maggioranza dei voti alla coalizione dei Liberali (45,6%), composta da quattro partiti. In termini di seggi la percentuale si traduce in 90 seggi contro i 55 dell’Australian Labour Party che, pur in calo rispetto alle elezioni del 2010, resta il primo partito in termini di voti assoluti e percentuali ma perde diciassette seggi. Nel 2013 quindi la guida del governo passa dai Laburisti (che nel 2010 avevano però guidato un governo di minoranza, evento che non si verificava dal 1940, con il sostegno di tre indipendenti e dell’unico deputato dei Verdi) ai Liberali la cui coalizione incrementa in termini di voti assoluti, percentuali e soprattutto in termini di seggi (+17). Nessuna variazione per il tasso di affluenza alle urne ma va ricordato che il voto è obbligatorio e sono previste sanzioni pecuniarie per i trasgressori.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Tabella 4 - Numero effettivo di partiti parlamentari ed elettorali: «House of Representatives» (1946-2013)
anno
n. partiti n partiti in con >5% parlamento voti LSq
Effnv
Effns
Seggi
1946
7
3
9,61
2,74
2,40
74
1949
3
3
7,53
2,64
2,62
121
1951
3
3
5,39
2,49
2,58
118
1954
3
3
2,88
2,46
2,47
114
1955
3
4
6,84
2,73
2,47
112
1958
3
4
11,05
2,97
2,59
122
1961
3
4
7,12
2,81
2,52
122
1963
3
4
9,00
2,79
2,66
122
1966
4
4
10,83
2,97
2,63
124
1969
3
4
6,95
2,84
2,61
125
1972
3
4
6,90
2,77
2,47
125
1974
3
3
5,96
2,66
2,52
127
1975
3
3
13,93
2,69
2,52
127
1977
3
4
14,93
3,11
2,46
124
1980
3
4
8,25
2,81
2,66
125
1983
3
4
10,31
2,67
2,24
125
1984
3
4
7,95
2,79
2,43
148
1987
3
4
10,42
2,90
2,28
148
1990
4
4
12,48
3,37
2,35
148
1993
4
3
8,12
2,91
2,39
147
1996
4
4
10,97
3,21
2,62
148
1998
4
5
10,87
3,44
2,48
148
2001
5
4
9,37
3,44
2,49
150
2004
5
4
8,60
3,17
2,44
150
2007
4
4
10,27
3,03
2,25
150
2010
8
4
11,29
3,83
2,92
150
Pagina | 314
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
2013
9
5
9,54
4,26
3,23
Media (19462013)
3,9
3,8
9,16
3,0
2,5
150
Fonte: Elaborazione dell'autore da web site Australian Electoral Commission Il sistema australiano è un sistema bipolare più che bipartitico tout-court. Il numero medio di partiti presenti in Parlamento (considerando le elezioni dal 1946 al 2013) è infatti di 3,9 e altrettanti sono quelli che hanno totalizzato più del 5% dei voti. Circa il numero dei partiti presenti in Parlamento, si ravvisa, netta, una sorta di tendenza curvilinea: sono sette nel 1946, in un paio di circostanze raggiungono il numero di 4 negli anni successivi, diventano 5 nel 2004, 8 nel 2010 e nove nel 2013, tanto da poter ipotizzare una sorta di trasformazione in un sistema di pluralismo polarizzato. Le elezioni australiane sono caratterizzate da un indice relativamente basso di disproporzionalità (media 9,16 per le ventisette elezioni considerate tra il 1946 e il 2013).
Pagina | 315
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Tabella 5 - Percentuali di voti e di seggi ottenuti dai due partiti maggiori nelle elezioni per l'«House of Representatives» (1946-2013) ALP
I° partito
LIB
II° partito somma voti (%)
seggi (%)
Diff. voti seggi p.p.
Elezione % voti
% seggi
% voti
% seggi
seggi
1946
49,7
58,1
28,6
20,3
74
ALP
LIB
78,3
78,4
-0,1
1949
46,0
38,8
39,4
45,5
121
ALP
LIB
85,4
84,3
+1,1
1951
47,6
43,0
40,6
43,0
121
ALP
LIB
88,3
86,0
+2,3
1954
50,0
47,1
38,3
38,8
121
ALP
LIB
88,3
86,0
+2,4
1955
44,6
38,5
39,7
46,7
122
ALP
LIB
84,4
85,2
-0,9
1958
42,8
36,9
37,2
47,5
122
ALP
LIB
80,0
84,4
-4,4
1961
47,9
49,2
33,6
36,9
122
ALP
LIB
81,5
86,1
-4,6
1963
45,5
41,0
37,1
42,6
122
ALP
LIB
82,6
83,6
-1,0
1966
40,0
33,1
40,1
49,2
124
LIB
ALP
80,1
82,3
-2,1
1969
47,0
47,2
34,8
36,8
125
ALP
LIB
81,7
84,0
-2,3
1972
49,6
53,6
32,0
30,4
125
ALP
LIB
81,6
84,0
-2,4
1974
49,3
52,0
35,0
31,5
127
ALP
LIB
84,3
83,5
+0,8
1975
42,8
28,3
41,8
53,5
127
ALP
LIB
84,6
81,9
+2,8
1977
39,7
30,6
38,1
54,0
124
ALP
LIB
77,7
84,7
-6,9
1980
45,2
40,8
37,4
43,2
125
ALP
LIB
82,6
84,0
-1,4
Pagina | 316
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
1983
49,5
60,0
34,4
26,4
125
ALP
LIB
83,8
86,4
-2,6
1984
47,6
55,4
34,1
30,4
148
ALP
LIB
81,6
85,8
-4,2
1987
45,8
58,1
34,4
29,1
148
ALP
LIB
80,2
87,2
-7,0
1990
39,4
52,7
35,0
37,2
148
ALP
LIB
74,5
89,9
-15,4
1993
44,9
54,4
37,1
33,3
147
ALP
LIB
82,0
87,8
-5,7
1996
38,7
33,1
38,7
50,7
148
ALP
LIB
77,4
83,8
-6,4
1998
40,1
45,3
33,9
43,2
148
ALP
LIB
74,0
88,5
-14,5
2001
37,8
43,3
37,4
46,0
150
ALP
LIB
75,2
89,3
-14,1
2004
37,6
40,0
40,5
50,0
150
LIB
ALP
78,1
90,0
-11,9
2007
43,4
55,3
36,6
36,7
150
ALP
LIB
80,0
92,0
-12,0
2010
38,0
48,0
30,5
40,7
150
ALP
LIB
68,5
88,7
-20,2
2013
33,4
36,7
32,0
38,7
150
ALP
LIB
65,4
75,3
-9,9
Media (19462013)
43,8
45,2
36,2
40,1
80,1
85,3
-5,2
Fonte: Elaborazione da web site Australian Electoral Commission I due maggiori partiti presenti sullo scenario politico australiano hanno ottenuto nelle elezioni tra il 1946 e il 2013 una somma di voti pari all’80,1 (valore medio); in termini di seggi, i due partiti hanno ottenuto l’85,3% del totale dei seggi assegnati.
Pagina | 317
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Il Partito Laburista (ALP) è stato quasi sempre il primo partito (eccetto nel 1966 e nel 2004) ma ha governato ed espresso il premier solo in dieci occasioni, incluso il 2010 quando l’ALP capeggiò un governo di minoranza con il sostegno di tre Indipendenti e dell’unico deputato eletto nelle liste dei Verdi.
Pagina | 318
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
II.2) Il sistema di governo I fondatori della Costituzione del Commonwealth hanno accettato, quasi senza contestazione, il sistema britannico di governo parlamentare trattandosi di un sistema che era già stato adattato alle esigenze delle colonie australiane quando, dopo il 1950, iniziarono ad autogovernarsi. La forma di governo australiana si caratterizza dunque come “Westminster” ovvero una forma di governo parlamentare nella quale l'esecutivo è espressione del partito risultato vincitore nelle elezioni politiche alla Camera dei Rappresentanti, è responsabile collegialmente verso la stessa e, di conseguenza, è da questa dipendente. Tale caratterizzazione – come in più occasioni nel corso del presente lavoro si è avuto modo di evidenziare – non è delineata dalla Costituzione del Commonwealth, ma è determinata da un cospicuo numero di convenzioni costituzionali anch’esse mutuate dal sistema di governo inglese. La comprensione delle dinamiche effettive che hanno caratterizzato il concreto operare della forma di governo australiana non può tuttavia prescindere da una serie ulteriore di fattori, dato che la forza e la stabilità dei governi sono fortemente influenzate dal sistema dei partiti, oltre che dal sistema elettorale. Per quanto riguarda in particolare il primo aspetto si deve evidenziare che alla sua nascita il Parlamento federale ha ereditato il sistema partitico precedentemente affermatosi nelle colonie. Alle elezioni del 1901 presero infatti parte il Protectionist Party, affermatosi nello Stato di Victoria e guidato da Alfred Deakin; il Free Trade Party guidato dall’ex premier del New South Wales George Reid; il Federalist movement, guidato da Edmund Barton (che era in New South Wales leader del Protectionist Party) e il Labour Party la cui campagna elettorale fu fortemente localizzata determinando la mancanza di un leader riconosciuto. Dopo le elezioni nessuno di questi partiti ottenne la maggioranza in Parlamento. Di conseguenza venne nominato un governo di coalizione, guidato dal primo Ministro Barton, sostenuto da Deakin e dal Labour Party. Il fatto che il primo governo si basasse sull’appoggio di tre diversi partiti ha determinato successivamente frequenti cambi di governo390. Infatti, tra il 1903 e il 1904 si sono succeduti tre governi: quello protezionista di Deakin, quello laburista di Chris Watson, e poi un governo Free Trade guidato da Reid. Deakin tornò in carica fino al 1909, quando il Labour Party ritirò il suo sostegno e formò un governo di minoranza guidato da Fisher che, tuttavia, durò in carica per pochissimo tempo (6 mesi e 21 giorni). Infatti, il partito di Deakin si coalizzò con il Free Trade Party e riuscì in questo modo a far cadere il governo Laburista di minoranza. 390
Marsh I., Beyond the Two Party System: Political Representation, Economic Competitiveness, and Australian Politics, Cambridge University Press, 1995.
Pagina | 319
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
È a partire da questo momento che il sistema partitico australiano ha assunto una connotazione pressoché stabile in cui le principali formazioni partitiche si sono assestate in due blocchi contrapposti rappresentati dal Labour Party e dagli Anti-Labour Party. Per quanto riguarda, in particolare gli Anti Labour Party si deve rilevare come essi abbiano assunto nel corso del tempo diverse sembianze: Liberal Party dal 1909 al 1917, Nationalist Party dal 1917 al 1931, United Australia Party (UAP) dal 1931 al 1944, e successivamente, di nuovo Liberal Party391. Dopo la formazione del Liberal Party nel 1909 l'unico nuovo partito anti-Labour apparso sulla scena politica è stato il Country Party (ribattezzato National Party per le elezioni federali dal 1983). Questa formazione, nata nel 1920 cavalcando il malcontento delle aree rurali, si è coalizzata con il Nazionalist Party nel 1923392 e, da allora, è diventata una componente essenziale dei governi anti- Labour, utilizzando i suoi numeri per ottenere dal partner di coalizione posizioni di gabinetto chiave nella gestione degli interessi rurali. Soltanto in tre occasioni, il Liberal Party/ UAP ha avuto nella Camera dei rappresentanti un numero di seggi sufficiente per formare un governo da solo. Nel 1931 ha scelto di farlo, ma è stato costretto a tornare in coalizione dopo le elezioni del 1934. Nel 1975 e nel 1977 il primo ministro, Malcolm Fraser, ha scelto invece di mantenere la coalizione. Il Labour Party è il più antico dei partiti politici australiani ma, sebbene esista dal 1891, si è caratterizzato per numerose divisioni e spaccature. Inizialmente, molti degli eletti tra le sue fila non accettavano di dover rispettare le decisioni adottate dal gruppo parlamentare393 con la conseguenza che alcuni si dimisero mentre altri vennero espulsi. La prima grande spaccatura all’interno del partito si è verificata nel 1917 quando il Primo ministro Hughes allora leader del Labour Party premette affinchè si introducesse la coscrizione per il servizio militare, senza essere appoggiato dal suo governo. Tale comportamento determinò una rottura con l’organizzazione di partito, tanto che Hughes decise di abbandonarlo invitando tutti coloro che la pensavano come lui a seguirlo. Nel 1955, un’ulteriore spaccatura interessò il partito, dato che al suo interno non fu possibile individuare una posizione comune rispetto alla guerra fredda394. Ciò determinò la scissione dei membri più a destra del partito e la creazione del Democratic Labour Party. La nascita di tale partito fu, a livello statale, la causa della fine di due governi guidati dal Labour Party negli Stati di Victoria e Queensland, mentre a livello federale impedì che il partito laburista riuscisse a ricoprire cariche di governo. Situazione questa che è andata avanti sino al 1972 quando il Labour Party vinse le elezioni. Si può affermare che la causa dello scarso successo del partito laburista è stata determinata dal Partito laburista stesso. Infatti, fino al 1970 non si dotò di un organizzazione tale da impedire che la
391
Nethercote J. R., Liberalism and the Australian Federation Sydney, Sydney, 2001, pp. 287-302.
392
Graham B., The Formation of the Australian Country Parties, Canberra, 1966.
393
Faulkner J., Macintyre S., True Believers: The Story of the Federal Parliamentary Labour Party, NSW, 2001.
394
Cfr. Murray R., The Split: Australian Labour in the Fifties, Melbourne, 1972.
Pagina | 320
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
posizione da assumere rispetto a determinate politiche determinasse spaccature al suo interno. Non a caso, proprio quando alla fine degli anni ’60 si riformò la struttura di partito, iniziò a riscuotere maggior successo a livello federale395. Il Labour Party riuscì infatti a salire al governo sotto la guida di Whitlam dal 1972 al 1975, quando la strenua opposizione dei partiti di opposizione al Senato, bloccò le proposte di legge di approvvigionamento e spinse il Governatore generale a licenziare tale Governo e a nominare primo ministro il capo dell’opposizione sino allo svolgimento delle elezioni successive, poi vinte dal partito liberale. Nel 1980, il Labour Party, conscio dei limiti che sino ad allora lo avevano caratterizzato, è diventato più disciplinato e meno ideologico, tanto che grazie ad un accordo economico raggiunto con i sindacati, è riuscito a vincere in cinque tornate elettorali successive con i Governi guidati da Hawke e Keating. Tale esito fu determinato non soltanto dalle divisioni presenti nei partiti antiLabour, ma anche dalla fine della guerra fredda che ridusse il divario ideologico all’interno del partito e gli consentì di perseguire politiche programmatiche in grado di riscuotere maggior successo tra gli elettori. È evidente che il sistema dei partiti appena descritto ha influenzato il concreto operare della forma di governo australiana. Infatti, fino al 1910 tutti i governi sono stati governi di minoranza particolarmente instabili: in nove anni si è assistito all’avvicendarsi di ben sei governi la cui capacità di tenuta era subordinata al mantenimento in vita degli accordi di coalizione. Basti pensare che tutti i governi guidati da Deakin sono caduti a causa del venir meno del sostegno del Labour Party. Dal 1909 al 1983, soprattutto a causa delle spaccature che hanno interessato il Labour Party, la politica nazionale australiana è stata decisa in prevalenza dai Conservatori. In questo periodo, infatti, soltanto cinque Governi (1910-13, 1914-16, 1929-31, 1941-49 e 1972-75) sono stati guidati dal Labour Party. In termini di tempo, dunque, in settantatre anni il Labour Party ha governato soltanto per diciotto. Le circostanze sono cambiate agli inizi degli anni ‘80 quando il sistema politico è diventato più competitivo. Il risultato delle elezioni è diventato meno scontato, con il voto degli elettori spesso diviso equamente tra i due maggiori blocchi, dopo la distribuzione delle preferenze. Si deve tuttavia segnalare che negli ultimi anni il numero di prime preferenze ottenuto dai due principali blocchi è diminuito e che, dunque, la vittoria di uno dei due è dipesa dalla distribuzione delle seconde preferenze ottenute da partiti minori o dai canditati indipendenti396, rendendo in alcuni casi necessaria la negoziazione di alcune politiche con tali partiti.
395
Parkin A., Warhurst J., Machine Politics in the Australian Labour Party, Sydney, 1983.
396
A titolo meramente esemplificativo si segnala che in tutte le elezioni che si sono svolte tra il 1910 e 1987, ad eccezione di quelle del 1943, Labour e non –Labour Party hanno ottenuto complessibamente almeno l’88% dei voti, mentre negli anni ’90 il numero di prime preferenze è scivolato al di sotto del 40% per ciascun blocco.
Pagina | 321
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
La stabilizzazione del sistema dei partiti, la maggior tenuta della disciplina di partito e la fine della frammentazione all’interno del Labour Party hanno reso estremamente rari i governi di minoranza che hanno invece caratterizzato i primi anni di vita della Federazione australiana. Alla luce delle considerazioni svolte si può affermare che il sistema politico del Commonwealth è moderatamente competitivo. Infatti, come si evince dalla tabella sottostante, ci sono stati undici importanti cambiamenti di partito al governo, intervallati da lunghi periodi di governo da parte di un singolo partito o di una singola coalizione. Tabella 6 – Governi succedutesi dal 1901 al 2013 Inizio mandato
Fine mandato
N°
Nome
Partito
1
24 Sir Edmund 1º gennaio settembre Barton 1901 1903
2
Alfred Deakin
24 settembre 1903
3
Chris Watson
27 aprile 18 agosto Partito Laburista 1904 1904 Australiano
Partito Protezionista ALP
4
Sir George 18 agosto 5 luglio Partito del Libero Reid 1904 1905 Commercio
Partito Protezionista ALP
(2)
Alfred Deakin
13 5 luglio novembre 1905 1908
5
Andrew Fisher
13 novembre 1908
(2)
Alfred Deakin
Partito Liberale 2 giugno 29 aprile del 1909 1910 Commonwealth
(5)
Andrew Fisher
29 aprile 24 giugno Partito Laburista 1910 1910 1913 Australiano
Partito Protezionista
27 aprile Partito 1904 Protezionista
Partito Protezionista
Elezioni
Governo
1901
Partito Protezionista ALP
1903
Partito Protezionista ALP
1906
2 giugno Partito Laburista 1909 Australiano
Pagina | 322
Partito Protezionista ALP Partito Protezionista ALP
LIB - ALP
ALP
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
6
17 Sir Joseph 24 giugno settembre Cook 1913 1914
Partito Liberale del 1913 Commonwealth
LIB
(5)
Andrew Fisher
17 settembre 1914
27 ottobre Partito Laburista 1914 1915 Australiano
ALP
7
Billy Hughes
14 27 ottobre novembre 1915 1916
(7)
Billy Hughes
14 novembre 1916
8
Stanley Bruce
Partito 9 febbraio 22 ottobre Nazionalista 1923 1929 d'Australia
9
James Scullin
22 ottobre 6 gennaio Partito Laburista 1929 1929 1932 Australiano
10
Joseph Lyons
6 gennaio 7 aprile United Australia 1932 1939 (†)
11
Sir Earle 7 aprile 26 aprile Partito Nazionale Page 1939 1939 d'Australia
UAP - NPA
12
Sir Robert 26 aprile 28 agosto United Australia Menzies 1939 1941
UAP - NPA
13
Sir Arthur 28 agosto 7 ottobre Partito Nazionale Fadden 1941 1941 d'Australia
14
John Curtin
7 ottobre 5 luglio Partito Laburista 1943 1941 1945 (†) Australiano
ALP
15
Frank Forde
5 luglio 13 luglio Partito Laburista 1945 1945 Australiano
ALP
16
Ben Chifley
13 luglio 19 dicembre Partito Laburista 1946 1945 1949 Australiano
ALP
(12)
Robert Menzies
19 dicembre 1949
Partito Laburista Australiano
Partito 9 febbraio Nazionalista 1923 d'Australia
ALP
1917, 1919, NPA 1922
1925, 1928
NPA
ALP
1931, 1934, UAP - NPA 1937
1940
UAP - NPA
1949, 1955, 26 gennaio Partito Liberale 1958, 1961, LPA - NPA 1966 d'Australia 1963
Pagina | 323
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
26 gennaio 19 dicembre Partito Liberale 1966 1966 1967 (†) d'Australia
17
Harold Holt
18
19 Sir John dicembre McEwen 1967
19
Sir John 10 gennaio 10 marzo Partito Liberale 1969 Gorton 1968 1971 d'Australia
LPA - NPA
20
Sir William 10 marzo 5 dicembre Partito Liberale McMahon 1971 1972 d'Australia
LPA - NPA
21
Gough Whitlam
11 5 dicembre novembre 1972 1975
22
Malcolm Fraser
11 novembre 1975
23
Bob Hawke
11 marzo 20 dicembre Partito Laburista 1983, 1984, ALP 1983 1991 Australiano 1987, 1990
24
Paul Keating
20 dicembre 1991[1]
25
John Howard
11 marzo 3 dicembre Partito Liberale 1996, 1998, LPA - NPA 1996 2007 d'Australia 2001, 2004
26
Kevin Rudd
3 dicembre 24 giugno Partito Laburista 2007 2007 2010[2] Australiano
ALP
27
Julia Gillard
24 giugno 27 giugno Partito Laburista 2010 2010[3] 2013[4] Australiano
ALP - AG
(26)
Kevin Rudd
18 27 giugno settembre 2013[5] 2013
Partito Laburista Australiano
ALP
28
Tony Abbott
18 settembre 2013
14 September 2015[6]
Partito Liberale 2013 d'Australia
LPA - NPA
29
Malcolm Bligh Turnbull
14 September 2015
In carica
Partito Liberale d'Australia
LPA - NPA
10 gennaio Partito Nazionale 1968 d'Australia
Partito Laburista 1972, 1974 Australiano
LPA - NPA
LPA - NPA
ALP
11 marzo Partito Liberale 1975, 1977, LPA - NPA 1983 d'Australia 1980
11 marzo Partito Laburista 1993 1996 Australiano
Pagina | 324
ALP
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
1) Entrato in carica in seguito alle dimissioni di Bob Hawke in quanto vice primo ministro. 2) Dimessosi a causa del calo di popolarità dovuto alla tassa mineraria (sfiduciato dal ALP). 3) Entrata in carica in quanto vice primo ministro al momento delle dimissioni di Rudd. 4) Sfiduciata dal ALP. 5) Vince le primarie di partito contro Julia Gillard. 6) Sostituito in seguito ad una spill motion presentata durante la riunione del Partito Liberale del 9 febbraio 2015.
Pagina | 325
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
III) Focus tematici
III.1) I meccanismi di raccordo tra lo stato e gli enti federati
La configurazione dell’ordinamento federale australiano è stata particolarmente influenzata dalla tradizione anglosassone, a partire dall’emanazione dei Constitutions Act (1842-1850) e successivamente con l’entrata in vigore del Commonwealth of Australian Constitution Act (1901). Tutt’oggi la federazione australiana si compone di sei Stati e due territori federali che godono di autonomia nella gestione delle rispettive competenze ed è proprio in virtù di tale configurazione che l’organizzazione territoriale del potere politico risulta fortemente ispirata da altre esperienze, tra tutte principalmente quella di matrice statunitense.397 Anche nel caso ivi trattato è possibile rinvenire un’evoluzione del federalismo seppur in costante tensione: inizialmente strutturato su una rigida separazione delle competenze tra Stato centrale ed entità federate, poi parzialmente evolutosi attraverso l’affermazione del principio di leale collaborazione tra gli enti costitutivi del Commonwealth, ma che tutt’ora stenta a decollare a causa di un sistema delle relazioni tra centro e periferia non perfettamente sincronico e troppo spesso rimesso alla prassi.398 Benché la stessa Costituzione riconosca la possibilità di concludere accordi tra il Governo centrale e le entità federate, risulta essere del tutto silente rispetto ad eventuali organismi di cooperazione, rinviando ai singoli Stati la possibilità di determinare tali istituti a livello legislativo. La cooperazione tra gli enti costitutivi dello Stato, dunque, può concretizzarsi sia a livello orizzontale, attraverso la conclusione di accordi – seppur non previsti dalla Costituzione e dunque discrezionali –, sia a livello verticale. Proprio in quest’ultimo caso è necessario distinguere le due principali modalità con cui essa viene a concretizzarsi: per atti e per organi. Nel primo caso è necessario richiamare l’art. 105 della Costituzione federale che riconosce al Parlamento di Canberra la facoltà di concludere accordi in materia di debito pubblico, relativamente alla possibilità di assumere il debito di ciascuno Stato membro (o parte di esso), di gestirlo, convertirlo, rinnovarlo,
397
I sei Stati che compongono la federazione sono: New South Wales, Queensaland, South Australia, Tasmania, Victoria e Western Australia; mentre i due territori federali, creati tra il 1978 e il 1989, sono l’Australian Capital Territory e il Northern Territory. 398
Per un approfondimento, cfr. Appleby, G., Aroney, N., John, T., The future of Australian Federalism, Cambridge, Cambridge University Press, 2012 e Carney, G., The constitutional system of the Australian States and territories, Cambridge, Cambridge University Press, 2006.
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consolidarlo ovvero riscattarlo; di ottenere un risarcimento da parte degli Stati per essersene fatto carico, di attivare prestiti, etc. A livello verticale, invece, tra le più importanti istituzioni intergovernative si è andata inizialmente ad affermare, in via di prassi, la Conferenza dei Primi Ministri – le cui riunioni avevano cadenza annuale – che svolgeva principalmente un’attività di coordinamento delle politiche economiche, sociali e finanziarie degli Stati, determinando il quantum di risorse da attribuire ai vari livelli di governo federale, statale e locale. Il tempo passato è usato di proposito, in quanto tale ente ha progressivamente perso il suo ruolo primario ed è stato di fatto sostituito, a partire dal 1992, dal Council of Australian Government (ossia il Consiglio del Governo Australiano), che ha nel frattempo accresciuto la propria importanza in virtù della posizione assunta all’interno dell’ordinamento costituzionale, poiché sede efficiente e privilegiata di raffronto intergovernativo diretto. A livello di composizione, il suddetto Consiglio vede la partecipazione degli esponenti dei vari livelli di governo, ossia del Primo Ministro federale, dei Premier dei singoli Stati membri, dei Chief Ministers dei due Territori federali e del Presidente dell’Australian Local Government Association, chiamati ad affrontare questioni inerenti la politica tributaria, le riforme costituzionali, la sanità, l’industria, etc. Il COAG, che si riunisce almeno una volta l’anno, si articola in una serie di Councils che svolgono un ruolo essenziale nel coadiuvare l’organo, in quanto gli permettono, in ragione della eterogeneità delle materie che esso è chiamato ad affrontare, di concentrarsi sulle priorità. Tali consigli, che sono in tutto otto399, rappresentano una sede di decisione e di collaborazione intergovernativa diretta, in quanto individuano le questioni più urgenti e di rilevanza nazionale. Sono altresì responsabili per lo sviluppo dei cd. Regulation Impact Statements al fine di valutare i possibili effetti delle nuove normative previste dalle decisioni del COAG. Le problematiche che potenzialmente potrebbero essere oggetto dell’ordine del giorno degli incontri vengono proposte da un solo governo ovvero possono derivare dalla collaborazione di più governi. Al termine di ogni riunione, in cui le decisioni sono prese di norma all’unanimità – anche se non sono mancati casi in cui sono state prese a maggioranza –, viene pubblicato sia un comunicato, sia un resoconto sommario cui sono allegati i documenti relativi alla riunione, come ad es. gli accordi conclusi, le relazioni, etc. Una tematica di notevole importanza e sottoposta a periodiche revisioni è quella relativa al sistema federale, tant’è che il COAG risulta essere direttamente coinvolto, anche nell’individuazione delle priorità economiche, sociali e ambientali della nazione, definendo in maniera chiara i ruoli e le
399
Antecedentemente al 2013, erano previsti un numero maggiore di Consigli, ma a seguito di un processo di riforma questi sono stati ridotti a otto: Federal Financial Relations Council, Disability Reform Council; Transport and Infrastructure Council, Energy Council, Industry and Skills Council, Law, Crime and Community Safety Council, Education Council, Health Council.
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responsabilità dei governi.400 Ma come già anticipato, quest’ultimo non è l’unico settore di interesse: difatti, sebbene nel 2015 il COAG si sia riunito ad aprile401, è stato deciso di convocare un’ulteriore riunione per luglio – Special meeting – finalizzata a rafforzare l’impegno “to act against the threats to our community from violent extremists, family violence and the drug ice”.402 Durante un incontro del 1996, il COAG ha inoltre deciso di istituire il Treaties Council, un organo con funzioni consultive finalizzato a fornire informazioni accurate in materia di trattati, negoziati ed altri strumenti internazionali, adottando i cd. Principles and Procedures for Commonwealth-State Consultation on Treaties. Al di sotto del COAG si collocano innanzitutto il Consiglio dei Trattati, istituito nel 1996 con compiti consultivi in materia di Trattati ed Accordi internazionali e composto dal Premier australiano e dai Primi Ministri dei singoli Stati membri e dei Territori. In secondo luogo sono previste sedi di dialogo istituzionale che si articolano in consigli interministeriali di natura strettamente settoriale, chiamati a stabilire e a realizzare l’indirizzo di politiche comuni ed una serie di comitati di natura sia ministeriale che amministrativa. Di particolare rilevanza, inoltre, è la Commissione interstatale in materia di scambi e commercio (Inter-state Commission) che ha ricevuto tutela a livello costituzionale. Difatti, gli artt. 101 e ss. del Testo fondamentale definiscono la Commissione come organo dotato di poteri sia esecutivi che amministrativi, i cui membri sono nominati dal Governatore generale, sentito il Consiglio esecutivo federale. In conclusione, appare doveroso sottolineare l’importanza di tali meccanismi di raccordo, che si sono resi necessari per supplire all’incapacità del seconda Camera – il Senate –403 di svolgere la sua funzione originaria, ossia quella di sede di rappresentanza delle istanze di governo decentrate
400
È stata anche commissionata la redazione di un White Paper on the Reform of the Federation, cfr. https://federation.dpmc.gov.au/ 401
Il resoconto dell’incontro è consultabile on line all’indirizzo https://www.coag.gov.au/sites/default/files/COAG%20 Communique%2017%20April%202015.pdf 402
Solo nel 2015, proprio grazie al contributo del COAG sono stati conclusi: il Bilateral Agreement Between The Commonwealth And Victoria - Transitioning Responsibilities For Aged Care and Disability Services In Victoria; il National Disability Insurance Scheme (NDIS) - Bilateral Agreement between Commonwealth and Victoria, il National Disability Insurance Scheme (NDIS) - Bilateral Agreement between Commonwealth and NSW e l’Intergovernmental Agreement on Implementing Water Reform in the Murray Darling Basin. In linea generale, gli accordi hanno comportato un impegno spettante ai singoli legislatori, ossia quello di attuare le decisioni prese in sede di COAG. Non esiste però un modello unico che disciplina la forma di un accordo intergovernativo, ma in genere gli accordi sono composti dai seguenti elementi: recitals; definitions; objectives; institutional arrangements, if any; ministerial council(s) involvement and any voting arrangements; future legislative commitments, if any; financial arrangements, if appropriate; dispute resolution procedures; amendment or variation to the agreement provisions; and review provisions and/or a sunset clause, where appropriate. All’indirizzo https://www.coag.gov.au/agreements_and_reports sono consultabili i resoconti di tutti gli accordi intergovernativi ed i reports redatti dal COAG, a partire dalla sua istituzione (1992). 403
Il Parlamento australiano si articola in House of Representative e Senate. La prima Assemblea parlamentare è composta da centocinquanta membri eletti con un sistema elettorale uninominale con voto alternativo, mentre nella
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III.2) I partiti politici: status giuridico, organizzazione, democrazia interna e finanziamento
III.2.1) Status, riconoscimento, organizzazione e democrazia interna I partiti politici sono considerati istituzione chiave nel processo democratico australiano, benché non citati nella Costituzione. Devono necessariamente essere registrati presso la commissione elettorale federale per poter partecipare alle competizioni elettorali. Generalmente i partiti si affidano a procedure democratiche per eleggere i proprio leader. Dopo la sconfitta alle elezioni politiche del 2013, la ALP ha introdotto un nuovo metodo di selezione della leadership. Secondo le nuove regole, il nuovo leader è eletto dai membri del partito laburista australiano (mediante un caucus della durata di venti giorni) seguita da una votazione del gruppo parlamentare laburista. Nella scelta i due blocchi hanno un peso pressoché identico. Osservando l’aspetto organizzativo, la letteratura politologica tende a scorgere una propensione alla leaderizzazione (per certi aspetti una presidenzializzazione (Poguntke e Webb 2005; Passarelli 2015) dei partiti australiani, similmente a quanto avviene in altre democrazie occidentali “mature”. Una corroborazione empirica a questa tesi è sicuramente da scorgere nella stretta relazione tra popolarità dei leader e performance elettorale dei partiti stessi. Più specificamente, tendenze alla leaderizzazione (intesa come influenza del leader sulle scelte politiche interne) sembrano scorgersi più sul versante della vita interna del partito che sull’impatto istituzionale dello stesso. In altre parole, l’impatto del leader sarebbe molto intenso sul processo di selezione delle candidature che sul comportamento istituzionale del partito, dove conta anche la forza del gruppo parlamentare. In linea con le tendenze che hanno interessato i partiti di massa degli altri paesi occidentali, l'adesione dei militanti ai partiti politici australiani sono in drastico calo: l’ALP dichiara oggi circa 45.000 iscritti (erano 370.000 membri nel 1939) mentre l’LPA dichiara 80.000 adesioni nel 2013. L'ALP e la LPA mostrano sostanziali differenze organizzative circa il potere del leader e il modo in cui la leadership è centralizzata. L’ALP, tendenzialmente, ha inserito una serie di norme che consentono di controllare e limitare il potere del leader, prima fra tutte la convenzione che il governo ombra venga eletto dal gruppo parlamentare, quindi l'impegno sottoscritto da tutti i parlamentari ALP, che impegna il leader sulla piattaforma programmatica e sui principi del partito. seconda devono essere presenti non meno della metà del numero dei membri dell’altro ramo del Parlamento (non meno di sei Senatori per ciascun Stato membro), che restano in carica 6 anni, eletti direttamente dai cittadini con voto singolo trasferibile fintantoché il Parlamento non disponga diversamente (artt. 7 e ss. Cost.). Per un approfondimento, cfr. ivi I.1.2) e I.3).
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Inoltre in molti processi decisionali chiave (incluso la selezione dei candidati) il percorso è affidato anche a organismi esterni (tra cui i sindacati) ai gruppi parlamentari. Infine, anche all’opposizione, la linea politica del partito laburista è essenzialmente dettata dai leader parlamentari più che dal leader del partito anche se, in epoche più recenti, molti osservatori notano che le regole formali del partito vengono spesso disattese e i leader ALP federali decidono le politiche di partito, come i loro omologhi LPA. D’altro canto, LPA è maggiormente concentrato su un leader forte, a cui deve il suo successo elettorale, e all'interno del gruppo parlamentare, è il leader che controlla e porta la responsabilità finale per il programma del partito. A differenza della tradizione ALP, i leader LPA sono liberi di designare i loro ministeri. In tema di disciplina interna, l'ALP richiede anche che i suoi parlamentari si impegnino a rispettare le decisioni del partito, mentre l’LPA, più fedele alla tradizione liberale, riconosce una maggiore autonomia ai gruppi parlamentari.
III.2.2) La disciplina del finanziamento I partiti australiani beneficiano di finanziamenti sia pubblici (introdotti nel 1984) che privati. In caso di elezioni federali (e, in alcuni Stati anche alle elezioni locali) i partiti ricevono fondi pubblici in base ai voti totalizzati (circa due dollari e cinquanta per voto, per ciascuna camera, si considera la prima preferenza espressa) purché abbiano superato la soglia del 4% dei voti. La percentuale di fondi pubblici sul totale dei finanziamenti varia sensibilmente, anche a seconda della complessità della macchina organizzativa: usualmente i partiti più grandi e meglio organizzati, ricorrono ad una percentuale minore di finanziamento pubblico, probabilmente perché la loro struttura organizzativa gli consente di essere più efficienti nel raccogliere fondi privati ma, soprattutto per il motivo che il loro ruolo di governo gli consente di essere interlocutori privilegiati dei possibili donatori. A titolo di esempio, secondo il rapporto Party Audit, nel 2002/2003 l’ALP ha ricevuto poco meno del 20% di fondi pubblici, il LPA il 14% mentre per i Verdi la percentuale sale al 40%. Alle elezioni del 2013 i partiti politici hanno ricevuto circa 58 milioni di dollari di finanziamento pubblico. I fondi privati, che costituiscono dunque la fetta largamente maggioritaria del finanziamento ai partiti, sono piuttosto difficili da individuare. Benché i partiti debbano denunciare le proprie fonti di finanziamento, annualmente, alla Commissione Elettorale Federale Australiana è complicato distinguere tra le diverse voci. Tuttavia la stessa Commissione pubblica la lista dei donors. I principali political donors sono le aziende, seguite dai sindacati (di cui beneficia l’ALP).
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Il finanziamento privato è incoraggiato dalla parziale deducibilità del contributo concesso (il tetto massimo è circa 1500 dollari).
III.3) La rappresentanza di genere
Sebbene il Legislatore federale abbia introdotto il divieto di discriminazione basato sulle ragioni di genere attraverso il Sex Discrimination Act (SDA) del 1984404 con l’obiettivo di prevenire ed eliminare eventuali condotte discriminatorie e promuovere la parità effettiva tra uomini e donne, nel campo della rappresentanza politica e degli incarichi di nomina pubblica non sono state ancora intraprese misure adeguate. Per tali ragioni, l’ordinamento australiano è riconducibile a quella categoria di Stati che hanno adottato azioni positive di promozione ed intervento finalizzate all’introduzione delle quote di genere non a livello costituzionale – né tantomeno a livello legislativo –, quanto piuttosto per volontà dei partiti politici. Dunque, la questione è stata affrontata dai maggiori partiti a seguito delle forti pressioni interne. In tal senso, è opportuno richiamare la politica delle affirmative actions intrapresa dall’Australian Liberal Party che dapprima, nel 1994, ha introdotto una quota pari al 35 per cento, successivamente estesa al 40 per cento per quanto riguarda le posizioni all’interno del partito, del sindacato e delle delegazioni per la selezione degli uffici pubblici, sia a livello statale che federale. Inoltre, sulla base di quanto sancito dall’art. 10 a) del National Platform and Constitution, che ha introdotto una sorta di principio di partecipazione equilibrata tra uomini e donne, la presenza di entrambi i sessi nelle liste elettorali non deve essere inferiore al 40%, al fine di scongiurare il concretizzarsi di una possibile discriminazione inversa. Per questo, tale articolo è stato oggetto di revisione nel 2011, quando si è deciso di introdurre un obbligo spettante al partito, ossia quello di garantire un numero uguale di uomini e donne per quanto riguarda tutti i livelli dell'organizzazione interna, per le preselezioni per pubblici uffici e nel processo di decision-making.405 Appare dunque evidente come proprio i Liberali si siano fatti portavoce della questione femminile, incoraggiando la preselezione delle donne attraverso una serie di meccanismi di tutoraggio,
404
La legge ha avuto il merito di disciplinare l’introduzione di piani di azioni volti a favorire: la parità tra uomini e donne sia a livello sociale, sia a livello, anche per quanto riguarda il campo retributivo. 405
Cfr. Il National Platform dell’Australian Labour Party redatto in occasione del 46° Congresso Nazionale del dicembre 2011, consultabile on line http://d3n8a8pro7vhmx.cloudfront.net/australianlaborparty/pages/121/attachments/ original/1365135867/Labour_National_Platform.pdf?1365135867
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formazione e assistenza406 e, al tempo stesso, influenzando positivamente anche altri partiti: così, se da un lato, il National Party ha inserito all’interno del proprio statuto la volontà di istituire il Women’s Federal Council (WFC), un organo che promuove e sostiene le donne che assumono ruoli apicali all'interno del partito, dall’altro l’Australian Greens e gli Australian Democrats hanno accolto favorevolmente il principio della parità di genere, incrementando la presenza delle donne nei processi preselettivi e prefissando obiettivi specifici come ad es. il raggiungimento di una quota pari al 50% 407. In considerazione del fatto che il sistema proporzionale è ritenuto dalla maggior parte della dottrina come la formula in grado a favorire l’elezione delle donne, anche nell’esperienza australiana è ravvisabile questo maggiore successo per quanto riguarda il Senato. Così come il processo di selezione dei candidati influenza in maniera concreta e diretta il livello di rappresentanza parlamentare delle donne. In uno dei suoi report, lo Standing Committee on Legal and Constitutional Affairs della Camera dei Rappresentanti ha riconosciuto tali correlazioni sottolineando quanto fosse importante che “all political parties examine their selection procedures for systematic discrimination against women and develop appropriate affirmative action programmes which would give women equal opportunity to take a greater role in the political process”.408 Sebbene non sia possibile prevedere con certezza i risultati della prossima tornata elettorale, una soluzione efficace per stigmatizzare la piaga dell’ under-representation nelle Assemblee parlamentari – federale e locali– potrebbe essere quella di inserire il requisito dell’equality gender come vincolante per poter avere accesso al finanziamento pubblico previsto dalla legislazione elettorale, di cui al momento tutti partiti politici possono beneficiare.
406
Già nel 1945, in occasione della riunione inaugurale del Consiglio Federale del Partito, è stato istituito il Federal Women Committee (FWC), che attua azioni di promozione ed intervento finalizzate ad incrementare la partecipazione delle donne a tutti i livelli di governo. 407
Cfr. http://www.nationals.org.au/TheNationalsWomen/WomensFederalCouncil.aspx e http://greens.org.au/policies/ women 408
House of Representatives Standing Committee on Legal and Constitutional Affairs, Half way to equal: report of the inquiry into equal opportunity and equal status for women in Australia, Recommendation 41, AGPS, 1992.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Figura 1: House of Representative - elezioni 2013
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice dei dati tratti dai Bollettini ufficiali, http://results.aec.gov.au/17496/Website/HouseStateFirstPrefsByParty-17496-NAT.htm
Figura 2: Senate - elezioni 2013
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice dei dati http://results.aec.gov.au/17496/Website/SenateResultsMenu-17496.htm
tratti
dai
Bollettini
ufficiali,
Il 7 settembre del 2013 si sono tenute le elezioni che hanno visto: - l’elezione di 40 deputate su un totale di 150 seggi per quanto riguarda la House of Representative; - l’elezione di 40 dei 76 membri del Senate (la metà dei senatori statali e i quattro senatori territoriali). La composizione attualmente vede la presenza di 26 donne su un totale di 76 seggi. Pagina | 333
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Numero delle donne elette presso la Camera dei Rappresentanti nel 2013: Partito
Donne elette alla Camera
Australian Labour Party
21
Liberal Party of Australia
16
The Nationals
1
Independent
1
Country Liberal Party
1
TOT.
40
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice http://www.aph.gov.au/Senators_and_Members/Members
dei
dati
tratti
dai
Bollettini
ufficiali,
dai
Bollettini
ufficiali,
Numero delle donne nominate presso il Senato nel 2013: Partito
Donne elette al Senato
Australian Greens
5
Australian Labour Party
14
Liberal Party of Australia
6
Independent
1
TOT.
26
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice http://www.aph.gov.au/Senators_and_Members/Members
dei
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dati
tratti
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Percentuale di donne candidate alla Camera dei Rappresentanti dai Partiti 1983 – 2013:
Anno/Partito AD
ALP
LIB
LNP
1983
27,3
16
8,2
3
23
1987
35,7
17,6
8,7
4,8
18,6
1993
25
17,7
15
13,4
46
25,9
1996
34,7
20,3
25,6
6,5
42,2
26,5
2001
36,7
38,7
17,9
30,3
48
16,4
2007
37,2
30
23,1
25
38,7
19,6
2010
12
31,3
20,7
20,0
6,3
41,3
24
2013
0
32,7
23,1
20,0
5
46
15,4
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice http://www.aph.gov.au/Senators_and_Members/Members
dei
NAT
dati
tratti
GRN
dai
Bollettini
Altri
ufficiali,
Percentuale di donne candidate al Senato dai Partiti 1983 – 2013:
Anno/Partito
ALP
LIB
NAT
AD
GRN
Altri
1983
27,5
11,8
17,7
32,3
0
15,6
1987
23,9
23,4
28
28
50
27,8
1993
21,4
22,6
30
52,2
55
29,2
1996
48
32,1
42,9
36
64.7
29,4
2001
48
22,6
37,5
46,2
54.5
27,2
2007
55,5
40,7
10
33,3
58.6
33,2
2010
48,3
30,4
50
35,7
71.4
29,9
2013
41,9
39,1
14,3
21,4
46,2
36,7
Fonte: elaborazione a cura dell’autrice http://www.aph.gov.au/Senators_and_Members/Senators
dei
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dati
tratti
dai
Bollettini
ufficiali,
7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
III.4) Opposizione parlamentare e statuto dell'opposizione L’influenza del sistema britannico ha avuto concrete ripercussioni sulla configurazione dell’opposizione parlamentare all’interno dell’ordinamento australiano. Innanzitutto sarebbe di estrema rilevanza approfondire il ruolo assunto dallo Shadow Cabinet nell’ordinamento costituzionale. Il condizionale è usato di proposito in quanto, sebbene la nascita del Governo ombra possa essere fatta risalire alla metà del XIX sec., i processi che governano le sue azioni e le funzioni che esso è chiamato a svolgere appaiono molto meno chiari rispetto a quelli del Cabinet e sembrano tutt’oggi avvolti nel mistero. Per tali ragioni, parte della dottrina si interroga sul considerarlo o meno un elemento costitutivo del sistema politico e spesso lo identificando con la più generica formula di “opposizione parlamentare”. La ratio di tale “confusione” è ascrivibile alla duplice finalità che l’opposizione si pone e attraverso cui cerca di auto-legittimarsi: da un lato quella di contrastare le direttive programmatiche e le politiche del Governo, dall’altro quella di porsi come valida alternativa alla guida del Paese, modellando la propria struttura ad immagine e somiglianza di quella del Cabinet. La disciplina relativa alla nomina dei membri chiamati a formare lo Shadow Cabinet varia da partito a partito in quanto, se in alcuni i membri sono eletti dal gruppo parlamentare, in altri tale facoltà è attribuita al Leader dell’opposizione. 409 Nel sistema australiano, tutt’oggi fortemente influenzato dall’esperienza di matrice inglese, si è diffuso il “filibustering”, ossia meccanismi dilatori da azionare in occasione di dibattiti o di approvazione di disegni di legge e che, al pari di altri sistemi parlamentari, rappresentano una garanzia a sostegno delle minoranze di essere ascoltate. Tale procedura è particolarmente utilizzata nell’ambito del Senato poiché sembra non essere strettamente regolamentata. Il ricorso a tali strumenti ha influenzato fortemente il periodo tra il 1975 e il 1976, allorquando il Senato tentò di ritardare l’approvazione della legge di bilancio per l’anno finanziario successivo. L’allora Governatore Generale Kerr, al fine di superare la grave crisi di stallo istituzionale, decise di costringere alle dimissioni il Governo guidato dall’allora Primo Ministro laburista Whitlam, affidando l’incarico al leader dell’opposizione Fraser, affinché questi guidasse il Paese fintantoché non sarebbero state indette nuove elezioni. Più recente invece è stato il caso di due parlamentari australiani che hanno parlato ininterrottamente per tredici ore consecutive, al fine di evitare l’approvazione di una “workers' compensation laws”.410
409
Per un approfondimento, cfr. Bateman, J., In the Shadows: The Shadow Cabinet in Australia, Brisbane, Australian Political Studies Association Conference, 6 – 9 July 2008 410
Il primo atto di filibustering venne messo in atto nel 1918 dal Sen. Gardiner, Leader del Laboristi che parlò ininterrottamente per dodici consecutive durante il dibattito relativo al Commonwealth Electoral Act.
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7. COUNTRY PROFILE AUSTRALIA
Un ruolo determinante è inoltre svolto dalla seconda Camera, che esercita poteri di controllo propri nei confronti dell’operato del Governo. Quest’ultimo non può ignorare le richieste e gli indirizzi avanzati dal Parlamento, ossia l’organo rappresentativo del corpo elettorale. Nell’ottica di tale funzione, difatti, il Senato – ma non la Camera – può ricorrere a taluni strumenti di sindacato ispettivo – quali ad es. le interrogazioni – finalizzati ad operare puntuali verifiche nei confronti dei Ministri in ragione della loro posizione di vertice dell’organizzazione amministrativa. L’interrogazione si realizza tramite una o più domande che i singoli Senatori rivolgono per iscritto od oralmente al Ministro competente per chiedere informazioni, o verificare la veridicità di un fatto, ovvero per sapere se e quali provvedimenti esso abbia adottato o intenda adottare riguardo a determinati settori di sua competenza. A livello regolamentare è stato inoltre disposto che qualora le risposte siano ritenute insoddisfacenti è possibile dar vita ad breve dibattito (di circa trenta minuti). Al pari dell’ordinamento italiano, lo strumento che per eccellenza interpreta il significato di potere ispettivo è quello del potere d’inchiesta, che consente esclusivamente ai membri del Senato la diretta acquisizione di notizie e l’approfondimento nelle materie di loro interesse. Un’ultima notazione nel merito del ruolo dell’opposizione parlamentare va fatta in considerazione delle commissioni legislative e quelle di indagine istituite presso entrambi i rami del Legislativo. Le prime sono composte da tre membri della maggioranza, due dell'opposizione e un rappresentante dei gruppi di minoranza ovvero i senatori indipendenti; mentre le seconde, oltre ad avere la medesima composizione, sono presiedute da un senatore dell'opposizione o di un gruppo minore411.
III.5) Modalità di accesso alla Corte Suprema australiana Come nell’ordinamento Canadese, il sistema giudiziario australiano si articola secondo due linee direttrici principali: quello delle corti federali istituite dal Parlamento (Commonwealth Courts)412 affiancato a quello delle corti statali, sulla base di quanto disciplinato dagli artt. 71 e seguenti della Costituzione del 1901.
411
Per un approfondimento, cfr. Hur, J., Deliberative democracy in Australia, Cambridge, Cambridge University Press, 1998. 412
Sebbene a tale definizione possono essere ricondotte la Federal Court, la Family Court e l’Administrative Appeals, competenti rispettivamente in materia federale, di diritto di famiglia e in materia amministrativa, la Costituzione, se necessario, legittima il Parlamento ad istituire nuove Corti federali o ad investire quelle statali e territoriali di casi di norma inerenti alla Federazione.
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Al vertice di tale sistema è posto un organo che rappresenta l’ultimo grado di giudizio in tutte le materie, ossia la High Court of Australia, composta dal Chief Justice e da sei membri.413 Essa esercita innanzitutto una original jurisdiction (giurisdizione di primo grado), in virtù della quale la Costituzione – secondo quanto sancito agli artt. 74 e 75 – consente di sottoporre le questioni sia alla actual orginal jurisdiction, sia alla potential original jurisdiction. Nella prima tipologia rientrano le questioni che presentano un rilievo costituzionale e, dunque, quelle che riguardano la ratifica e l’applicazione dei trattati internazionali; quelle che vedono il coinvolgimento di diplomatici (ambasciatori o consoli) o di un rappresentante di uno Stato estero; i casi in cui la Federazione o uno Stato membro sia parte in causa e le controversie in cui venga richiesta un’ingiunzione di pagamento o l’imposizione di un divieto nei confronti di un funzionario del Commonwealth. Al contrario, la seconda tipologia riguarda i casi che presentano un rilievo legislativo e quindi: le controversie che coinvolgono la Costituzione o la sua interpretazione; i casi riguardanti l’adozione di una legge da parte del Parlamento federale; le controversie relative alla giurisdizione marittima o i casi in cui una materia sia oggetto di controversia ai sensi di una legislazione adottata in diversi Stati membri. Proprio in relazione a quest’ultima tipologia, la Costituzione legittima un’eventuale intervento del Parlamento finalizzato a ridimensionare o ad eliminare i poteri della Corte, tassativamente escluso per l’actual original jurisdiction. L’Alta Corte, inoltre, assolve il compito di custode del riparto costituzionale delle competenze legislative tra Federazione e Stati membri che, in caso di violazione, sono legittimati a presentare un ricorso diretto, secondo quanto sancito dalla Parte IX dello Judiciary Act 1903. In secondo luogo, l’High Court esercita la cd. Appellate jurisdiction giudicando sui ricorsi avversi nel merito di qualsiasi giudizio, decreto, ordinanza e sentenza adottati da Corti inferiori che esercitino la propria giurisdizione federale e dalle Corti Supreme degli Stati membri ovvero formulati dalla Commissione interstatale o pronunciati da uno o più giudici. Poiché tali ricorsi sono andati progressivamente aumentando, il Parlamento ha deciso di rendere più stringenti i requisiti che consentono di ricorrere in appello, introducendo modifiche alla Sez. 35 dello Judiciary Act 1903, attraverso la previsione dei cd. “criteria for granting special leave to appeal”. Nell’ottica di tale previsione, infatti, è necessario che la Corte – che si riunisce in un organo ristretto composto da due/tre membri – rilasci uno special leave, con cui – raramente – autorizza la presentazione dell’appello. 414
413
In realtà il numero dei giudici che compongono la Corte può variare secondo i desiderata del Parlamento. Le nomine spettano al Governor-General in Council, benché il potere di nomina venga di fatto esercitato dal Premier previo advice del Cabinet Cfr. artt. 71 e ss. Cost. 414
Per un approfondimento, cfr. Kennedy, M., Applications for special leave to the High Court, in The High Court Quarterly Review, 2005
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Per quanto riguarda invece il sindacato di costituzionalità, che al pari di altri ordinamenti non ha riconosciuto tutela costituzionale, inizialmente è stato particolarmente influente il Judicial Committee del Privy Council – seppur in maniera meno invasiva rispetto all’esperienza canadese e ridimensionato a partire dal 1968 –, ma che ben presto è stato sostituito dall’Alta Corte. Sebbene il sistema australiano sia riconducibile al modello “diffuso” (e dunque qualsiasi giudice nel corso del suo giudizio è legittimato a disapplicare una legge ritenuta incostituzionale), la Corte è comunque riuscita ad accentrare tale tipologia di controllo in ragion del fatto che esso può essere ricavato implicitamente dal carattere rigido della stessa Costituzione. Contrariamente a quanto avvenuto negli Stati Uniti, dove il sindacato di costituzionalità assume senso e significato in considerazione della storica sentenza Marbury v. Madison del 1803, nell’ordinamento australiano non è rinvenibile una pronuncia di tale portata, benché la Corte abbia riconosciuto che i principi esposti nella predetta siano accolti “as axiomatic”415.
III.6) La disciplina del contenzioso elettorale Secondo quanto sancito dall’art. 34 dell’Australian Constitution Act per poter aspirare a divenire membro della House of Representative è necessaria la compresenza di tre i requisiti: a) avere compiuto ventuno anni; b) essere un elettore con diritto di voto nelle elezioni dei membri della Camera ovvero essere cittadino in possesso dei titoli sufficienti per essere considerato elettore, ed aver risieduto da almeno tre anni all’interno dei confini della Confederazione; c) essere suddito della Regina sia per nascita, sia per naturalizzazione conseguita da almeno cinque anni in virtù delle leggi del Regno Unito o di una colonia divenuta (o che diviene) Stato o della Confederazione o di uno Stato. Al pari di altri sistemi di common law, la verifica dei procedimenti elettorali in Australia è attribuita alle Corti, chiamate a dirimere le controversie in materia di elezioni. Tale sistema, mutuato dalla tradizione britannica, è denominato “Disputed Returns” Il contenzioso elettorale ha ricevuto tutela sia a livello costituzionale, sia a livello di legislazione ordinaria. Per quanto riguarda il primo aspetto, la Costituzione non solo elenca i casi di incompatibilità agli artt. 44 e 45, ma sancisce altresì che ogni questione concernente la qualità di senatore o deputato, anche in considerazione di eventuali elezioni contestate, debba essere giudicata dalla Camera all’interno della quale la questione venga sollevata, fintantoché il Parlamento non provveda in modo diverso. A livello legislativo, invece, le disposizioni costituzionali sono state integrate dall’Electoral Act del 1992 che, alla Part 16, disciplina opportunamente il caso “Disputed elections, eligibility and vacancies”. 415
Kelly, M., Marbury v. Madison, An Analiysis, in The High Court Quarterly Review, 2005, cit. pag. 58
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La ratio di attribuire alla magistratura il compito di risolvere le controversie elettorali e di decidere se l’elezione di un candidato sia da considerarsi valida rappresenta un’inversione di tendenza rispetto all’esperienza inglese dove solo il Parlamento ha il potere di dirimere tali questioni. In tal ottica è quindi possibile istituire tribunali speciali preposti, come ad es. nel caso dei Territori del Nord dell’Australia, ovvero attribuire ad un organo già esistente la giurisdizione in materia, attraverso la formula “the (…) court shall be the court of disputed returns”. Assimilabili a quest’ultima ipotesi sono la Supreme Court of Victoria, la Supreme Court of New South Wales e la High Court of Australia. Proprio il coinvolgimento della Corte Suprema australiana, sulla base di quanto sancito dalla XXII Parte del Commonwealth Electoral Act, fa sì che essa possa esercitare a livello federale la propria giurisdizione nei giudizi sorti sulla validità delle elezioni dei membri del Parlamento di Canberra. Difatti, l’art. 252 primo comma sancisce che essa abbia “jurisdiction to hear and determine”: a) le applications che contestano la validità delle elezioni; e b) le questioni sottoposte alla Corte con delibera dell'Assemblea legislativa in materia di ammissibilità dei soggetti proclamati eletti in qualità di membri del Parlamento o per i posti vacanti all’interno dell'Assemblea. Nell'esercitare tale giurisdizione, la Corte Suprema assume dunque la denominazione di Court of Disputed Election (comma 2) A livello procedurale, è necessario presentare una “application” con cui si contesta la validità dell’elezione, in cui è necessario indicare le dichiarazioni, specificare i fatti con particolare minuziosità e le informazioni anagrafiche del ricorrente. La contestazione deve essere firmata dal proponente, nonchè opportunamente testimoniata da un terzo, che a sua volta deve dichiarare la propria identità (nominativo, indirizzo e occupazione). Inoltre, sebbene siano diversi i soggetti legittimati a contestare la validità di un’elezione (candidati, elettori titolari del diritto di voto, commissari), il ricorso deve essere presentato entro il termine di quaranta giorni dalla proclamazione dei risultati e le decisioni dell’Alta Corte sono definitive ed inappellabili.416 Recentemente, la stessa è stata chiamata ad esercitare la propria giurisdizione in qualità di Court of Disputed Returns per le elezioni federali del 2013, poiché erano state smarrite circa 1370 schede elettorali dell’Australia occidentale, dichiarandole quindi nulle e convocando nuove elezioni. Infine, come ulteriore organo di garanzia è stata istituita la Commissione Elettorale Australiana (AEC), un un'autorità indipendente che vigila e sovrintende il rispetto Commonwealth Electoral Act 1918. Quest’ultima, nel cercare di garantire che il sistema elettorale sia al tempo stesso imparziale ed indipendente, è chiamata invece ad assolvere i seguenti compiti: condurre il corretto svolgimento
416
Cfr. Division 16.3 Disputed elections artt. 256 e ss.
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delle elezioni federali e dei referendum, aggiornare le liste elettorali, fornire informazioni e programmi di istruzione ed è altresì competente in materia di finanziamento dell’attività politica.417
III.7) La disciplina del voto per corrispondenza e del voto elettronico Il legislatore federale australiano ha introdotto, a partire dal 1924, il cd. “compulsory vote”, ossia il voto obbligatorio, con la finalità di conseguire alti livelli di partecipazione democratica418. Nonostante le ragionevoli critiche espresse sia in sede di approvazione della Commonwealth Electoral Act del 1918 (CEA), sia negli decenni successivi, il voto obbligatorio ha avuto il merito di garantire un alto livello di affluenza ai seggi, anche in considerazione delle sanzioni amministrative e pecuniarie che derivano dal suo eventuale mancato esercizio. Difatti, l’elettore che non esprime il proprio suffragio non solo è costretto ad addurre adeguate giustificazioni alla Australian Electoral Commission (AEC), ma può essere anche condannato a pagare una sanzione ovvero essere sottoposto ad un procedimento giudiziario nel caso in cui la motivazione non venga accolta – o nel caso in cui non abbia proceduto per tempo al pagamento dell’ammenda –. Gli elettori, al compimento del diciottesimo anno di età devono iscriversi nell’electoral roll, ovverosia nelle liste elettorali dei rispettivi collegi di residenza semplicemente compilando un apposito modulo. Per tali ragioni sono stati opportunamente disciplinati all’interno del CEA sia il voto per corrispondenza che il voto elettronico. Relativamente al sistema del voto espresso tramite corrispondenza, nonostante tutte le implicazioni che possa avere nei confronti dei principi di segretezza e personalità del voto, consente all’elettore impossibilitato a recarsi al seggio nel caso in cui si trovasse all’estero di poter comunque esprimere la propria preferenza sulla scheda elettorale, che deve essere trasmessa alla rappresentanza diplomatica. Sono altresì legittimati al voto gli infermi, i detenuti e coloro che per motivi religiosi, lavorativi o di lontananza geografica419 non possono recarsi al seggio nel giorno delle elezioni e che
417
Per un approfondimento sulla Commissione Elettorale Australiana, cfr. www.aec.gov.au
418
Cfr. subsection 245 del Commonwealth Electoral Act del 1918 e successive modifiche. Il sistema elettorale australiano si distingue altresì per aver adottato formule diverse per le due camere: il maggioritario con voto alternativo per la House of Representative e il proporzionale con voto singolo trasferibile per il Senate. 419
Cfr. artt. 184A, 2, a) “the applicant’s real place of living is not within 20 kilometres, by the shortest practicable route, of any polling place” e 183 and 200A The person will not, at any time during the hours of polling on polling day, be within 8 kilometres by the nearest practicable route of any polling booth in the State or Territory for which the person is enrolled”.
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trasmettono la loro scheda elettorale – all’interno di una busta certificata ed autenticata – poiché preventivamente inseriti nel registro degli elettori postali generali.420 Per quanto riguarda invece la disciplina del voto elettronico (electronic vote), è necessario richiamare la Division 9.3 Electronic voting devices and vote counting programs del CEA che legittima il ricorso ad apparecchiature elettroniche sia in riferimento alla fase di scrutinio, sia a quella di espressione del voto.421 Difatti, gli elettori, il cui voto viene autenticato grazie ad un codice a barre, esprimono la propria preferenza tramite un computer non collegato ad internet, ma ad una rete locale opportunamente messa in sicurezza per evitare indebite interferenze.422 Secondo quanto disciplinato dall’art. 118a(5), il Commissario può approvare l’utilizzo di programmi informatizzati da utilizzare nella fase di conteggio delle preferenze anche espresse sui paper ballots. L’autorizzazione, però, è legittima solo nei casi in cui viene fatto un uso corretto del programma e, dunque: 1) nella fase di scrutinio, il cui risultato deve essere identico a quello effettuato senza ricorrere al programma; 2) la conoscenza del voto di un determinato elettore deve essere impedita a soggetti terzi; 3) ed il sistema deve essere in grado di consentire il monitoraggio delle elezioni nel corso del loro svolgimento. Il Commissario, inoltre, è tenuto a conservare una copia di backup dei dati e dei risultati fino al periodo pre-elettorale delle elezioni successive ovvero fino a che tali informazioni non siano più richiedibili dallo stesso commissario, da un membro della commissione elettorale o da un membro dello staff della commissione. Il successo con cui è stato accolto il voto elettronico ha consentito anche ai membri dell’Australian Defence Force distaccati nei territori dell’Iraq, dell’Afghanistan, etc. di votare tramite una rete internet criptata, grazie alla predisposizione di un progetto pilota che ha visto la partecipazione della Commissione elettorale e del Dipartimento della Difesa.
420
Per un approfondimento, cfr. Orr, G., The law of politics. Elections, parties and money in Australia, The Federation Press, 2010, pagg. 195 e ss. 421
Appare doveroso precisare però che l’art. 118 A (2) legittima il ricorso a programmi elettronici solo se questi siano in grado di mostrare “consecutive preferences starting at ‘1’”. L’art. ivi menzionato, inoltre, precisa che tali programmi debbano consentire all’elettore di correggere eventuali errori che possono verificarsi nell’espressione del suffragio e “allow an elector to make an informal vote showing no preference for any candidate”. 422
Per un approfondimento cfr.http://www.elections.act.gov.au/elections_and_voting/electronic_voting_ and_counting/electronic_voting_and_counting
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sulle
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