Regione Campania Assessorato all’Agricoltura e alle Attività Produttive Settore Sperimentazione, Informazione e Consulenza in Agricoltura Dirigente del settore
Michele Bianco
Coordinamento dell’opera
Ferdinando Gandolfi Si ringraziano
Antonino De Gennaro SeSIRCA Francesco Marconi Stapa Caserta Luca Branca Stapa Avellino Rita Console, Giovanni Pirozzi Stapa Napoli Giuseppina Gargiulo, Giuseppe Moccia, Felice Grieco, Renato De Luca Stapa Salerno Oreste Iadanaza, Antonio D’Agostino, Rocco Messere, Roberto Ricci, Giuseppe Passariello Stapa Benevento per la realizzazione della documentazione fotografica Produzione
Il Sole 24 Ore Editoria Specializzata Coordinamento Organizzativo
Etico Media Srl
Supervisione e redazione testi
Margherita de Luca
Ideazione grafica e realizzazione illustrazioni originali
Guia Fulfaro Traduzioni
Katherine E. Russo
Grafica e impaginazione
Roberto Russo
Atlante dei prodotti tradizionali Campani Traditional Campanian food Atlas
Atlante dei prodotti tradizionali Campani
Frutta Albicocca Vesuviana Amarene Appassite dei Colli di S. Pietro Arancia di Pagani Arancia di Sorrento Caldarroste in Sciroppo e Rhum Castagna del monte Faito Castagna di Acerno Castagna Paccuta e Castagna Tempestiva del Vulcano di Roccamonfina Castagne del Prete, Castagne Infornate e Castagne Mosce Castagna di Serino Ciliegia del Monte, della Recca, di Bracigliano, di Siano, Maiatica, Melella e San Pasquale Fichi Secchi con Miele Fico di S. Mango Giallona di Siano Kaki Vaniglia Napoletano Limone di Procida Marrone di Roccadaspide Marrone di S. Cristina Marrone di Scala Mela Capodiciuccio e Chianella Mela Chichedda Mela Limoncella Mela Limoncellona Mela San Giovanni Mela Sergente Mela Tubbiona Mela Zitella Melone di Altavilla Melone Napoletano Nocciola Camponica Nocciola Mortarella Nocciola Riccia di Talanico Nocciola San Giovanni Noce di Sorrento Noce Malizia e Noce San Martino Pera del Rosario
Pera Mastrantuono Pera Pennata Pera Sant’Anna e Pera Spina Pera Sorba Pera Spadona di Salerno Percoca col Pizzo Percoca Puteolana e Percoca Terzarola Pesca Bellella di Melito e Pesca Bianca Napoletana Peschiole Prugna Coglipiecuri Susine: Botta a Muro, Marmulegna, Pappacona, Pazza, Scarrafona e Turcona Uva Catalanesca Uva Cornicella
Atlante dei prodotti tradizionali Campani
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Albicocca Vesuviana Una delle prime testimonianze precise della presenza di alberi di albicocche in Campania la dobbiamo allo scienziato napoletano Gian Battista Della Porta che, nel 1583, nell’opera “Suae Villae Pomarium” ci parla di due tipi di albicocche: le “bericocche” e le più pregiate “crisomele”. Da questo antico termine deriverebbe il napoletano “crisommole” ancora oggi usato per indicare le albicocche, e da cui sarebbero derivate, inoltre, le “crisomele alessandrine”, una specie particolare di albicocche che ancora esiste nell’area vesuviana. Il testo ad opera di autori vari, Breve ragguaglio dell’Agricoltura e Pastorizia del Regno di Napoli, del 1845, riconosce l’albicocco come l’albero più diffuso, dopo il fico, nell’area del napoletano, e precisamente in quella vesuviana, “dove viene meglio che altrove e più maniere se ne contano, differenti nelle frutta …”. Evidentemente già allora vi era un certo numero di ecotipi che offrivano frutti diversi a seconda delle caratteristiche della varietà di appartenenza. Oggi se ne riconoscono oltre 40 nella sola area vesuviana, tutti raggruppati nella definizione di “albicocca Vesuviana” poiché tutti originari, per l’appunto dell’area vesuviana, in provincia di Napoli, zona nota per la notevole fertilità dei terreni, che, essendo di natura vulcanica, sono ricchi di minerali e in particolare di potassio, elemento conosciuto per la sua influenza sulla qualità organolettica dei frutti e dei vegetali in genere, e che, in
questo caso, contribuisce a conferire alle albicocche un gradevole e caratteristico sapore. Thanks to the Neapolitan scientist Gian Battista Della Porta, in 1583, we have one of the first testimonies of the presence of apricot trees in Campania, with his book “Suae Villae Pomarium”, in which he writes of two kinds of apricots” “bericocche” and the better quality ones “crisomele”. The Neapolitan “crisommole”, still used today to indicate apricots, should derive from this antique word, from which also derives “crisomele alessandrine” a variety of apricots that still exists in the Vesuvian area. The books and works by other authors, “Breve raggiaglio dell’Agricoltura e Pastorizia del Regno di Napoli”, written in 1845, identifies the apricot tree as the most common one, after the fig tree, in the Neapolitan area, and in particular in the Vesuvian one, “where it grows better than elsewhere and you can count more kinds, of different fruits…”. Evidently already back then there were various ecotypes that offered different fruits according to the characteristics of the variety they came from: today there are 40 different ones only in the Vesuvian area, all grouped under the definition of “albicocca Vesuviana”, since they all originate in this area in the province of Naples; a region known for the high fertility of the soil, a volcanic soil, rich in minerals and in particular in potassium, an element known for its influence on the organoleptic qualities of fruits and vegetables in general, and that confers to the apricots their pleasant and characteristic taste.
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Amarene Appassite dei Colli di San Pietro In tutta l’area collinare della penisola Sorrentina, in provincia di Napoli, e in particolare nella zona dei Colli di San Pietro, dal tradizionale procedimento di preparazione della conserva di pomodoro, è stata mutuata la metodologia di preparazione delle amarene appassite. Poiché le amarene sono molto abbondanti in zona, coltivate localmente in terreni marginali, si è pensato di conservarle in barattolo per utilizzarle nella preparazione di dolci e biscotti, oltre che, addizionate con succo di limone, per confezionare bevande fresche. Prima di conservarle, le si priva del nocciolo e le si pone in recipienti insieme ad abbondante zucchero. I recipienti vengono esposti al sole per alcuni giorni finché le amarene, rigirate più volte al giorno, non si essiccano completamente; solo allora si possono conservare, in barattoli chiusi ermeticamente, ed essere utilizzate all’occorrenza.
On the hills of the peninsula of Sorrento, in the province of Naples, and in particular in the area known as Colli di San Pietro, the method of preparation of dried sour cherries has been borrowed from the traditional method of preparing tomato puree. Since sour cherries are very abundant in the area and are cultivated locally on marginal lands, they have been canned in jars to be used in the preparation of cakes and biscuits, or even as an addition in the preparation of lemon juice and other fresh beverages. Before preserving them, they are deprived of the nut and placed in bowls with a lot of sugar. The bowls are exposed to the sun for a few days until the sour cherries, stirred several times a day, are completely dry; just then they can be preserved in hermetically sealed jars and used at the right time.
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Arancia di Pagani L’arancia di Pagani è un tipo di arancia bionda coltivata nelle province di Salerno e di Napoli, la cui origine è, probabilmente, cinese, anche se venne importata in Europa dai portoghesi nel XVI secolo. Della sua importazione ad opera dei mercanti portoghesi resta traccia anche nel suo nome in dialetto “portualle”, la cui etimologia accomuna il dialetto napoletano ad altre lingue, come il turco ed il greco, e dialetti, come il calabrese o il siciliano. L’importazione in queste zone risulta, ad ogni modo, antichissima, documenti storici attestano che i primi aranceti specializzati furono impiantati sin dal 1845. Probabilmente ciò è dovuto sia alla particolare predisposizione dei terreni, di origine vulcanica o alluvionale, sia al clima particolarmente favorevole. L’arancia di Pagani matura nei mesi primaverili, trasformando il colore della sua buccia da arancione brillante ad un giallo tendente all’ocra.
Arancia di Pagani is a type of blonde orange cultivated in the provinces of Salerno and Naples. Its origin is most likely Chinese, although the Portuguese imported it in Europe in the XV century. There are traces of its import by the Portuguese merchants in its dialect name “Portualle”, whose etymology associates Neapolitan dialect to other languages like Turkish and Greek and dialects such as Calabrian and Sicilian. The import in this area is very antique and historical documents state that the first specialised orange groves were established as early as 1845. This is probably thanks to the predisposition of the soil, of volcanic or alluvial origin, along with the particularly favourable climate. Pagani oranges ripen in the spring months, transforming the colour of its skin from a brilliant orange to ochre yellow.
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Arancia di Sorrento Il paesaggio della penisola Sorrentina è caratterizzato dalla presenza dei pergolati, le impalcature di legno coperte da pagliarelle che servono per proteggere dal vento e dal freddo i limoni e gli aranci. Come il limone, anche l’arancia è una coltivazione tradizionale di questa zona, risalente addirittura al 1300; allora costituiva una notevole fonte di reddito, poiché alimentava un’intensa corrente di esportazione diretta, via mare, ai principali mercati italiani ed europei, cosicché nei secoli la sua coltivazione si è ampliata e perfezionata. L’arancia di Sorrento è caratterizzata dalla buccia abbastanza spessa, dall’abbondanza di semi e di succo e dal calibro piuttosto elevato. La sua raccolta inizia a maggio protraendosi fino al mese di agosto, poiché la classica copertura ritarda la maturazione dei frutti.
The landscape of the peninsula of Sorrento is characterised by the presence of pergolas: wood frames covered by pagliarelle (straw covers) that serve the purpose of protecting lemons and oranges from the wind and the cold. Like lemons, the orange is a traditional cultivation of this area that goes back to the 1300; at that time it was a big source of income, since it favoured the intense current of direct export, by sea, to the main Italian and European markets. Through the centuries the cultivation has grown and perfected, today Sorrento oranges are characterised by a rather thick skin, abundance of seeds and juice and by a rather elevated calibre. Its harvest starts in May and continues through August, since the classic cover delays the ripening of the fruit.
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Caldarroste in Sciroppo e Rhum La castagna del Monte Santa Croce, tipica dell’area del Vulcano di Roccamonfina, nell’Alto Casertano, costituisce l’ingrediente principale di una prelibata conserva dessert: le caldarroste in sciroppo e rhum. Questa particolare ricetta prevede che le castagne fresche vengano arrostite, sbucciate, spellate e conservate in barattoli, poi chiusi ermeticamente, colmi di uno sciroppo preparato a parte con acqua, zucchero e rhum. Questa ricetta è molto antica ed è di uso prevalentemente casalingo, ma oggi, nella zona di produzione, si può acquistare il prodotto confezionato artigianalmente e commercializzato da laboratori locali.
The tasty chestnut of Monte Santa Croce, typical of the area of Vulcano di Roccamonfina, in the Upper area of Caserta, is the main ingredient or the delicious dessert preserve: caldarroste (hot roasted chestnuts) in syrup and rum. In this particular recipe the fresh chestnuts are roasted after making a cut in the shell, and then they are peeled and immersed in jars filled with syrup prepared with water, sugar and rum, and they are preserved in hermetically sealed jars. This recipe is very ancient and it is used mainly in households, but today in the production area one can purchase hand produced jars sold in local laboratories.
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Castagna del Monte Faito La Castagna del Monte Faito, detta anche Castagna di Cepparico è una produzione tipica di tutta la zona del Monte Faito, in provincia di Napoli. È una pianta vigorosa che germoglia a maggio e fiorisce a giugno producendo dei frutti che si possono ritenere maturi fra settembre ed ottobre. Il riccio si presenta di dimensioni grandi, di colore chiaro, con all’interno due-tre frutti, marroni tendenti al rossiccio, con striature evidenti, ripieni di una polpa bianca dal sapore dolce. Le castagne del Monte Faito, oltre ad essere consumati fresche, sono ingrediente essenziale di numerose ricette dolciarie della tradizione locale.
Castagna del Monte Faito, also known as Castagna di Cepparico, is a typical production of the Monte Faito area, in the province of Naples. Chestnut trees are vigorous plants that germinate in May and flower in June producing chestnuts that will be considered ripe between September and October. The husk is of big dimension, a light colour and it contains two or three brown reddish fruits, with evident stripes and filled with a white pulp that has a sweet taste. The fruits, can be consumed fresh or become an essential ingredient of numerous cake recipes of the local tradition.
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Castagna di Acerno Il paesaggio dei territori circostanti i comuni di Acerno e Montecorvino Rovella, in provincia di Salerno, è caratterizzato da numerosi alberi di castagno secolari. La coltivazione del castagno interessa, infatti, circa 1000 ettari e avviene, tradizionalmente, con alberi allevati ad alto fusto che producono un tipo di castagna detta “nzerta” o “enzerta”, oltre che “castagna di Acerno”. La fioritura di tali alberi inizia intorno al 10 giugno e termina verso il 20 luglio, mentre la maturazione delle castagne va da inizio ottobre fino ai primi giorni di novembre. Il riccio della nzerta è di forma sferoidale ed è ricoperto da aculei non sempre uniformi; contiene, generalmente, due castagne dalla polpa di colore bianco, croccante, soda e dolce. La castagna di Acerno é molto apprezzata sia per le sue eccellenti caratteristiche organolettiche che per la sua notevole serbevolezza, tanto che rappresenta l’attività agricola più redditizia dell’intero territorio.
The landscape of the territory near the towns of Acerno and Montecorvino Rovella, in the province of Salerno, is characterised by many centuries old chestnut trees. Chestnut cultivation covers in fact about 1000 hectares and is traditionally done with long stemmed plants that produce a kind of chestnut called “nzerta” or “enzerta”, or also “castagna di Acerno”. The flowering of these trees starts around 10 June and ends around 20 July, while the chestnuts start ripening at the beginning of October until the first days of November. Te husk of nzerta has a spherical shape and is covered with non-uniform thorns: it contains usually two chestnuts with a crunchy, firm and sweet white pulp. Castagna di Acerno is appreciated for its excellent organoleptic characteristics and for its conservability, to the point that it’s the highest income producing agricultural activity of the area.
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Castagne del prete, castagne infornate e castagne mosce Le castagne del prete sono un prodotto tipico delle feste natalizie; anticamente venivano preparate solamente in Irpinia, nell’Avellinese, zona nota per la coltivazione castagnicola, dalle famiglie produttrici, utilizzando i forni presenti nelle abitazioni rurali. Oggi sono conosciute anche nel resto della Campania, ma la loro tecnica di produzione è rimasta invariata: in locali detti “gratali”, le castagne fresche ancora con il guscio, vengono disposte su graticci di legno, al di sotto dei quali si accendono i fuochi alimentati da legna di castagno. Il fuoco deve essere lasciato acceso per 15 giorni, in modo tale da fare seccare completamente le castagne, che dopo vanno tostate in forno per 30 minuti circa. A questo punto, per farle insaporire e reidratare, vengono immerse in cassoni di plastica pieni di acqua o di acqua e vino. Si dicono castagne “infornate” o “nvornate”, quando vengono sgusciate prima di essere poste sul fuoco. Quando, invece, le castagne sono caratterizzate da un’alta percentuale di umidità, nonostante la permanenza sui graticci, rimangono “mosce” e, una volta tolte dal fuoco, vengono infilate ad uno spago, a mo’ di rosario ed appese in attesa di essere consumate. Le castagne mosce, nate come castagne del prete mal riuscite oggi si preparano di proposito, poiché sono assai richieste dal mercato, essendo molto saporite e zuccherine, oltre che conservabili per diversi mesi.
Castagne del prete are a product typical during Christmas holidays; anciently they were prepared only in Irpinia, in the province of Avellino, an area known for the cultivation of chestnuts, by the family who produced them, using the ovens in their rural homes. Today they are famous all over Campania, bur their production technique has remained the same: in places called “gratali” the fresh chestnuts are peeled, then placed on wood grates with a fire lit with chestnut wood underneath. The fire is left on for 15 days to allow the chestnuts to dry completely, and subsequently they are roasted in an oven for about 30 minutes. At this point, to give them more flavor and rehydrated them, they are placed in big plastic boxes full of water or water and wine mixture. Chestnuts are called baked or “nvornate”, when the shell if taken off before they are placed on the fire. When chestnuts have a high percentage of humidity they remain limp and once taken off the fire they are threaded on a string, like a rosary and hung up before being eaten. Today the limp chestnuts, known as castagne del prete that didn’t turn out, are prepared this way on purpose, since they are highly demanded by the market; they are flavorful and sugary and can be kept for several months.
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Castagna di Serino Furono i monaci benedettini di Cava de’Tirreni, fra il XII ed il XIII secolo, ad intraprendere un’opera di cura e miglioramento dei castagneti da frutto presenti nelle loro proprietà sparse nella Regione, cosicché, curando i castagneti nella zona dei monti Picentini, che comprendono le aree interne dell’Avellinese e del Salernitano, trasformarono questa zona, particolarmente vocata per le caratteristiche del terreno e climatiche, nella vera e propria terra d’elezione di questa coltura. La castagna prodotta qui, detta “Castagna di Serino” dal nome dell’omonimo comune, è di dimensioni medio-grandi e di forma rotondeggiante, per lo più asimmetrica, il suo seme è bianco latteo e presenta dei solchi in superficie, ma la sua particolarità è una polpa a pasta bianca, soda e croccante dal caratteristico sapore dolce che la rende particolarmente adatta al consumo fresco.
The Benedictine monks of Cava de’ Tirreni, between XII and XIII centuries, started to take care and improve the chestnut groves they had on their properties spread around the region, and in doing so in the area of the Picentini Mountains, that include the internal areas of the provinces of Avellino and Salerno, they transformed this area, particularly apt for its soil characteristics and the climate, in the true elective land for this cultivation. The chestnut produced here, known as “Castagna di Serino” from the homonymous town, has medium to big dimensions and a round shape, it is mostly asymmetric and its seed is milky white with streaks on the surface. Its main feature is the white firm and crunchy pulp, with a characteristic sweet flavor that makes it particularly apt to be eaten fresh.
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Castagna Paccuta e Castagna Tempestiva del Vulcano Roccamonfina I castagneti sono parte integrante del paesaggio dell’Alto Casertano, dove da secoli rappresentano una preziosa risorsa sia per la produzione di varie tipologie di legname che per la produzione fruttifera. Nella zona dell’antico vulcano spento di Roccamonfina, che è il più vasto edificio vulcanico d’Europa, grazie alla felice interazione fra suolo e clima si producono frutti di qualità pregiatissima. Tra le diverse le specie coltivate, tipiche sono la “tempestiva” e la “paccuta”. La “tempestiva” è così chiamata per la sua precocità: grazie anche alle favorevoli condizioni climatiche, è la prima castagna ad essere commercializzata ed apre il mercato fin dagli inizi di settembre. Di elevata qualità per l’alto contenuto zuccherino, ha il pericarpo di colore bruno-scuro con piccole striature poco evidenti ed endocarpo di colore bianco latteo, consistente e piacevolmente dolce. La leggenda vuole che uno dei primi alberi di questa varietà sia stato piantato da San Bernardino da Siena, frate dell’Ordine dei Francescani che lo volle nei pressi del Convento dei Lattani, da egli stesso fatto erigere sul monte Santa Croce, sovrastante il centro abitato di Roccamonfina. La “paccuta”, che è così chiamata per la sua forma rotondeggiante, è un frutto di medie dimensioni che si coltiva in special modo nella zona di Teano, sul versante sud–ovest del vulcano. Il suo sapore è ottimo, delicato e particolare, grazie anche dal trattamento a
cui è sottoposta dopo la raccolta: le castagne vengono, infatti, calibrate, spazzolate e curate, quindi immerse in vasche d’acqua e poi commercializzate in sacchi di juta o in reticelle di plastica. Chestnut groves are an integral part of the Upper Casertan landscape, where for centuries they have represented a precious resource both for the production of different kinds of wood and for their fruit production. Fruits of very high quality are produced in the area of the antique extinct volcano of Roccamonfina, the largest volcano area in Europe, thanks to the positive interaction of soil and climate. Amongst the different species, typical are the “tempestiva” and the “paccuta”. “Tempestiva” is called this way for its precocity: thanks to the favourable climatic conditions, it is the first chestnut sold and it opens the markets at the beginning of September. It has a high sugar content, a dark brown pericarp with small stripes that are not very evident, a milky white firm and pleasantly sweet endocarp. The legend says that one of the first trees of this variety was planted by San Bernardino da Siena, a monk of the Franciscan order living by the Lattani convent, built by him on Santa Croce mountain, above the town of Roccamonfina. “Paccuta” is called this way for its round looking shape. It is of medium dimensions, and it is especially cultivated in the area of Teano, on the southwest side of the volcano. Its excellent taste, delicate and particular, is due to the treatment it undergoes when it is picked: the chestnuts are calibrated, brushed, and cured then immersed in tubs of water and sold in jute bags or plastic nets.
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Ciliegia del Monte, della Recca, di Bracigliano, di Siano, Maiatica, Melella e San Pasquale In Campania esiste una grande tradizione per la coltivazione delle ciliegie, un frutto importato nel primo secolo dopo Cristo ed il cui nome in dialetto campano “ceras’” è molto vicino al Latino cerasum, a sua volta derivante dal Greco keresian. Oggi, oltre all’abbondanza nella produzione, se ne riconosce il grande pregio di tutte le specie. La provincia di Napoli, in particolare la zona vesuviana, alle pendici del Monte Somma, è rinomata per la produzione della cosiddetta “ciliegia del monte” o “durona del monte”, che cresce su alberi di elevata vigoria. La ciliegia del monte è tonda e si riconosce per la sua buccia di colore giallo– rosato su di un lato e rosso scuro dall’altro, con punteggiatura gialla molto resistente. La polpa è giallastra, croccante e molto succosa; questa specie matura tra la fine di maggio e la seconda decade di giugno. Sempre in provincia di Napoli, ma stavolta verso occidente, in tutta l’area Flegrea, si coltiva la “ciliegia della recca”, che matura tra la prima e la seconda decade di giugno. È un frutto dalla forma leggermente schiacciata, formato da una buccia di colore rosso scuro brillante che protegge una polpa biancastra e succosa. In provincia di Salerno, nella Valle dell’Irno, si coltiva la ciliegia detta “di Bracigliano” o di “Siano”, i comuni della zona da cui il frutto prende il nome. Se ne distinguono due varietà, la “spernocchia”, i cui alberi si trovano soprattutto a Bracigliano, che
matura intorno alla seconda decade di giugno ed è di colore rosso vivo tendente allo scuro, con una polpa succosa e dolce e la “pagliaccia”, detta anche “pallaccia” o “pazzaccia”, presente sia a Bracigliano che negli altri comuni dell’Irno, i cui alberi sono poco produttivi fino a circa il decimo anno, ma che generano, intorno alla prima decade di giugno, un frutto piuttosto grande, di colore rosso porpora, dal sapore molto particolare, agrodolce, con tendenza all’acidulo. Nell’Avellinese, si producono varie specie di ciliegie: la “taurasi”, tipica della valle dell’Agro Taurasino, nasce da alberi di ciliegio isolati, ed è un frutto di grandezza media, con una buccia di colore rosso più intenso alla base e dal lato esposto al sole, caratterizzato da una polpa, morbida e molto succosa. Nella zona, invece, di Ariano Irpino, sempre in provincia di Avellino, la ciliegia coltivata è detta “melella” ed è molto particolare poiché è bianca, ha una polpa soda e molto compatta e viene utilizzata principalmente per la solforazione e per conserva. La ciliegia San Pasquale interessa, invece, la zona della valle dell’Ufita; prende il nome dalla festività di San Pasquale, che cade il 17 maggio, perché matura intorno a quella data: è di media grandezza e di colore rosso e solitamente viene consumata fresca.
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In Campania there is a long tradition of cultivating cherries, a fruit that was imported during the first century after the birth of Jesus and whose name in Campania dialect ceras is closer to the Latin cerasum, itself deriving from the Greek keresian. Today there is an abundant production of it and the qualities of every variety are very appreciated. The province of Naples, and in particular the Vesuvian area, on the slopes of Monte Somma, is well known for the production of the so called “ciliegia del monte” or Durona del Monte (Cherry of the Mountain), that grows on very sturdy trees. ciliegia del Monte is round and can be recognised by its yellow pinkish skin on one side and red on the other one, with very resistant yellow pits. The pulp is yellowish, crunchy and very juicy; this variety ripens between the end of May and the second decade of June.“Ciliegia della Recca” grows always in the province of Naples, but this time further west in the Flegrean area. It ripens between the first and second decade of June. It’s a fruit with a slightly squashed shape, with a brilliant dark red skin that protects a whitish and juicy pulp. In the province of Salerno, in the Irno Valley, there is a cherry known as “Bracigliano” or “Siano”, named after the towns of the area it is cultivated. There are two varieties of it, “Spernocchia”, whose trees can be found mainly in Bracigliano, and that is ripe around the second decade of June and has a lively red colour fading into a darker red, with a juicy and sweet pulp, and “Pagliaccia”, also called “Pallaccia” or “Pazzaccia”, that can be found in Bracigliano and the other towns of the Irno Valley. Its trees are not very productive until they reach their tenth year, but during the first decade of June they produce a rather big vermillion red fruit,
with a very particular taste, sweet and sour with sourish note. Different varieties of cherries are produced in the province of Avellino: “Taurasi” typical of the Agro Taurasino Valley, comes from isolated cherry trees and has a medium size fruit with a skin that is of a darker red at the base and on the side exposed to the sun. It is characterised by a soft and juicy pulp. In the Ariano Irpino area, still in the province of Avellino, instead, the cherry cultivated is called “melella” and it is particular because it’s white, it has a very firm and compact pulp and it’s mainly used for preserves or sulphurization. San Pasquale cherry on the other hand can be found in the area of the Ufita Valley; it derives its name from San Pasquale festivity that falls on 17 May because it matures around this date. It is of medium size and red and it is usually eaten fresh.
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Fichi Secchi con Miele I fichi secchi con il miele sono un’antica ricetta della penisola Sorrentina, in provincia di Napoli; si tratta di un gustoso dessert, realizzato con due eccellenti ingredienti di produzione locale: i fichi ed il miele. I fichi freschi, una volta puliti, si immergono in recipienti pieni di vino bianco, in modo tale che ne assorbano l’aroma; in seguito, vengono aperti dalla parte dell’apice fiorale e farciti con noci o mandorle. I fichi ancora aperti vengono uniti in coppie in modo tale che la parte superiore dei due frutti, lasciata aperta, combaci; così composti vengono cotti in forno per circa mezz’ora e, una volta raffreddati, si cospargono di miele e poi si conservano in barattoli di vetro insieme a semi di finocchietto, foglie di lauro, scorze di agrumi canditi e qualche goccia di essenza di anice. I fichi secchi con il miele si possono acquistare nei laboratori artigianali locali, ma per lo più vengono ancora preparati in casa e conservati in dispensa, pronti per essere consumati nelle occasioni speciali.
Fichi secchi con miele are an ancient recipe of the peninsula of Sorrento, in the province of Naples; it’s a delicious dessert made with two excellent ingredients produced locally: figs and honey. The fresh figs are cleaned first and then immersed in a dish filled with white wine, to allow them to absorb its aroma, subsequently they are opened at the floral apex and stuffed with walnuts or almonds. The figs, still open, are put together in couples fitting the open upper part of both fruits; they are then baked in the oven for about half an hour and once they have cooled down, they are covered with honey and kept in glass jars with fennel seeds, bay leaves, candied citrus fruits rinds and a few drops of anisette essence. The dried figs with honey can be purchased in local artisan laboratories, but they are mostly prepared in the homes and kept in the pantries, ready to be opened on special occasions.
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Fico di San Mango I fichi di San Mango, detti anche “fichi fioroni”, sono una coltivazione che riguarda la provincia di Avellino, in particolare i comuni di Castelfranci, Paternopoli, Caposele, Fontanarosa e, non ultimo, San Mango, da cui prendono il nome. In questa zona si possono scorgere dei frutteti in cui si notano le piante di fico, di media grandezza e resistenti alle basse temperature, che producono un frutto dalla forma leggermente appiattita, che si presenta con una buccia sottile, di colore giallo arancio nel momento in cui viene raccolto, verso giugno, che diventa rossa una volta raggiunta la maturazione fisiologica. Il fico di San Mango ha una polpa molto succosa color bronzo scuro, talvolta tendente al rosso, con semi numerosi e un sapore caratteristico, poco zuccherino.
Fichi di San Mango, also known as “fichi fioroni” are a cultivation that is common in the province of Avellino, in particular in the towns of Castelfranci, Paternopoli, Caposele, Fontanarosa and last but not least, San mango, from which they get their name. In this area once can see the fruit groves with fig trees amongst them. The trees are of medium size and resist well low temperatures; they produce a fruit that has a slightly flat shape, a thin yellow orangish skin at the moment it is picked, in June that becomes red when physiological maturation is reached. San Mango figs have a juicy dark bronze pulp, sometimes fading into red, with numerous seeds and a characteristic flavour that is not too sugary.
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Giallona di Siano La giallona di Siano è una pregiatissima percoca, cioè una varietà di pesca a polpa piuttosto dura e di colore giallo, che si coltiva a Siano, in provincia di Napoli e nei comuni limitrofi. È un frutto rotondo, di media pezzatura, caratterizzato da una polpa gialla, molto consistente e di ottimo sapore, che si consuma in estate; la raccolta, infatti, avviene tra la terza decade di luglio e la prima di agosto. La giallona appartiene al patrimonio delle colture tradizionali a diffusione fortemente locale che, fino al secondo dopoguerra, hanno rappresentato la base per lo sviluppo della frutticoltura campana. Attualmente è quasi del tutto soppiantata da colture più moderne, ma è ancora possibile gustarla nella zona di produzione.
Giallona di Siano is a high quality “percoca”, that is a type of peach with a rather hard and yellow pulp that grows in Siano, in the province of Naples and in the surrounding towns. It’s a round medium size fruit with a yellow very consistent pulp and an excellent taste, typical of summer: the fruit is picked between the third decade of July and first decade of August. Giallone belongs to the patrimony of traditional cultivations; it is a very local cultivation that helped the development of fruit groves in Campania until the second post-war times.
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Kaki Vaniglia Napoletano Il kaki vainiglia napoletano è un frutto tipico dell’area vesuviana, di antichissima coltivazione, anche se oggi la sua coltura risulta quasi abbandonata a vantaggio di quella di frutti di nuovo impianto. Tuttavia, le piante di kaki vaniglia napoletano resistono ancora negli antichi frutteti di tipo tradizionale a conduzione familiare concentrati fra Napoli e Salerno, nell’agro Acerrano-Nolano e SarneseNocerino. È una pianta di medio vigore, particolarmente resistente alle basse temperature, che produce frutto di forma leggermente appiattita, dalla buccia sottile di colore giallo-arancione alla maturazione di raccolta, che diventa rossa alla maturazione fisiologica. La polpa del kaki vaniglia è color bronzo scuro, talora rossastra, molto succosa e ricca di semi, dal sapore molto gustoso e poco zuccherino.
Kaki vaniglia Napoletano is a typical fruit of the Vesuvian area, a very ancient cultivation although today its cultivation has been almost abandoned in favour of the new implanted fruits. Nevertheless the vanilla kaki plants still resist in the ancient and traditional family run fruit groves localized mainly between Naples and Salerno, in the agro Acerrano-Nolano and Sarnese-Nocerino. It is a plant with an average vigour, particularly resistant to low temperatures that produces a fruit with a slightly flat shape and a thin yellow orange skin when picked that turns red at the time of its physiological maturity. The pulp of the vanilla kaki is a dark bronze, sometimes reddish, very juicy and rich of seeds, it has a very tasty and not too sugary flavour.
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Limone di Procida L’isola di Procida, nel golfo di Napoli è colorata da numerosi e robustissimi alberi di limoni, che producono dei frutti di pezzatura medio-grande con buccia a grana grossa di colore giallo chiaro caratterizzata da un albedo, lo strato bianco e spugnoso che si trova sotto la scorza gialla, di notevole spessore. Il loro profumo è intenso e il succo, gradevolmente acido; il limone di Procida viene utilizzato per la realizzazione di bevande e per aromatizzare ricette locali, anche se i palati più fini ne gustano anche l’albedo a fette, come dessert, con o senza l’aggiunta di un cucchiaio di zucchero. La coltivazione di questo limone a livello familiare è sicuramente secolare ma si è intensificata nel dopoguerra quando, grazie ad un cospicuo aumento delle richieste, di mercato vi è stato un incremento delle superfici coltivate.
The island of Procida, in the gulf of Naples is coloured by numerous and robust lemon trees, that offer fruits of medium-big size with a coarse grind yellow skin characterised by a rather thick pith, the white and spongy layer underneath the yellow skin. Their scent is intense and the juice pleasantly sour; limone di Procida is used to prepare drinks and as aroma in local recipes, although finer palates like eating the pith in slices, as dessert, with or without a spoon of sugar. This lemon is usually cultivated at family level and has surely been around for centuries although it has intensified after the war when, thanks to the increase of the market demand there was an increase of the cultivated areas.
Atlante dei prodotti tradizionali Campani
Marrone di Roccadaspide Il marrone di Roccadaspide è coltivato in tutta la zona compresa nel Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, in provincia di Salerno ed in particolar modo nei comuni di Felitto, Magliano Vetere, Monteforte Cilento, Petina, Roccadaspide, Stio e Sicignano delgi Alburni. I monaci Benedettini sembrano essere stati tra i principali diffusori della coltivazione del castagno in Campania, e in particolar modo nel salernitano, esistono, infatti, documenti antichissimi che attestano la presenza di questa castagna nella zona già dall’undicesimo secolo. Si tratta di un marrone di grosse dimensioni, il più grande in Campania, dalla superficie liscia ed uniforme, priva di venature e facilmente staccabile; la sua polpa è consistente e di media dolcezza, adatta sia all’industria che al mercato fresco. Secondo il tradizionale procedimento di conservazione, le castagne, una volta raccolte, vanno immerse in acqua per circa 48 ore, asciugate e poi disposte in contenitori di terracotta, miste a strati di sabbia.
Marrone di Roccadaspide is cultivated in the area between the National Park of Cilento and Vallo di Diano, in the province of Salerno and in particular in the towns of Felitto, Vetere, Monteforte Cilento, Petina, Roccadaspide, Stio and Sicignano degli Alburni. Benedictine monks seem to have been the first to start the cultivation of the chestnut tree of Campania, especially in the region around Salerno; there are ancient documents that report the presence of this chestnut already in the 11th century. It’s a chestnut of big dimensions, the biggest in Campania, with a smooth and uniform surface, without veins and easily detachable; its pulp is firm and of medium sweetness, it’s good for use in the industries as well as sold fresh at the market. Following the tradition preservation procedure, after being picked the chestnuts are immersed in water for about 48 hours, dried and then placed in terracotta dishes, mixed with layers of sand.
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Marrone di Santa Cristina Il marrone di Santa Cristina è una delle pregiatissime varietà di castagna prodotte nell’Avellinese, ed in particolare nell’area del Vallo di Lauro-Baianese e nei Comuni di Moschiano e Forino: prende, infatti, il nome dall’omonima località sita nei pressi di tali comuni. È una castagna di media e grossa pezzatura, color marrone scuro con polpa di colore giallino all’esterno e bianco avorio all’interno, caratterizzata da una consistenza compatta e croccante. La specie è molto stimata sui mercati locali grazie alle sue pregiate caratteristiche qualitative ed organolettiche, preservate dal rispetto del tradizionale sistema di coltivazione e produzione. Le castagne vengono vendute soprattutto allo stato fresco dopo la calibratura e l’immersione in vasche d’acqua calda.
Marrone di S.Cristina is one of the high quality variety of chestnuts that grows in the province of Avellino and especially in the Vallo di Lauro-Baianese and in the towns of Moschiano and Forino: it takes in fact its name from the homonymous locality near these towns. It’s a medium-big chestnut, dark brown with a pulp that is yellowish externally and ivory white inside, compact and crunchy. The species if highly regarded on the local markets thanks to its qualitative and organoleptic characteristics that are preserved by respecting the traditional cultivation and production system. Chestnuts are sold mainly fresh after the grading and the immersion in a tank of hot water.
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Marrone di Scala Il comune di Scala, in provincia di Salerno, arroccato sulla parte montana della Costiera Amalfitana è rinomato per la coltivazione di una particolare specie di marrone, a cui dà il nome. Si tratta di un frutto dalla polpa abbondante e bianca, coltivato secondo le metodologie tradizionali, con sistema fortemente estensivo. I frutti, benché chiamati marroni, sono più propriamente castagne, poiché a differenza dei marroni non sono molto grandi e sono schiacciate da un lato; vengono utilizzati dai laboratori artigianali per produzioni dolciarie o venduti sul mercato del fresco, soprattutto in costiera Amalfitana e nella città di Salerno.
The town of Scala, in the province of Salerno, castled on the mountainside of the Amalfi Coast is well known for the cultivation of a particular kind of large chestnut that takes its name. It’s a fruit with a white abundant pulp cultivated according to traditional methods with a strongly extensive system. Although the fruits are called “marroni”, they are really chestnuts, since differently from “marroni” they are not very big and squashed on one side; they are used in artisan laboratories to produce cakes or are sold fresh at the market, especially on the Amalfi coast and in the town of Salerno.
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Mela Capodiciuccio e Chianella La Mela “capodiciuccio”, o “cap’e ciucce”, tipica della zona di Avellino e Salerno è chiamata così perché le sue dimensioni e la sua forma ricordano la testa di un asino. È, infatti, piuttosto grande, ha una forma tendente al cono e l’epidermide tendente al giallo. È particolarmente apprezzata per il suo gusto molto particolare e raffinato, preservato dal rispetto del metodo di coltivazione tradizionale, a vaso classico. Matura intorno alla terza decade di settembre. Oggi, purtroppo, la mela capodiciuccio, nonostante le sue ottime qualità organolettiche è stata soppiantata, assieme ad altre varietà locali, da cloni del tipo golden. Quando è leggermente più piccola la capodiciuccio è detta “chianella”.
Mela “capodiciuccio”, or “cap’e ciucce”, is typical of the areas of Avellino and Salerno and it’s called this way because its size and shape remind of a donkey (called ciuccio) head (in Neapolitan language “capa”). It is, in fact, rather large and has a conic shape with a yellowish skin. It is very appreciated for its particular and refined flavour, preserved by using the traditional cultivation methods of the classic vase. It is ready to be picked around the third decade of September. Despite its excellent organoleptic qualities mela capodiciuccio and other local varieties today have, unfortunately been replaced by clones such as golden apples. When it is slightly smaller capodiciuccio is called “chianella”.
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Mela Chichedda La mela chichedda è coltivata nell’Avellinese, nella zona dell’Alta Valle Calore e nell’Ofanto. È una varietà che matura in autunno, ma che si conserva molto bene fino all’inverno. I suoi frutti sono piuttosto piccoli e rotondi, di colore giallo-verde con aree rosse e di consistenza croccante; il sapore è tendenzialmente dolce, ma presenta un retrogusto leggermente acidulo quando il frutto è appena raccolto, che poi tende ad attenuarsi quando raggiunge la completa maturazione.
Mela chichedda is cultivated in the province of Avellino, in the Upper Cadore Valley and in Ofanto. It’s a variety that matures in autumn although it keeps well until winter. Its fruits are rather small and round, yellow-green with red areas, it has a crunchy consistency; the flavour is sweeter although when it has just been picked it has a slightly sour aftertaste that fades as it reached full ripeness.
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Mela Limoncella La mela limoncella è diffusa in tutta la Campania. È un frutto di forma irregolare, tra l’ellissoidale ed il cilindrico; la sua buccia di medio spessore è gialla tendente al verde e presenta numerose lenticelle grosse e rugginose. La sua polpa è bianca, compatta, succosa e aromatica caratterizzata da un retrogusto leggermente acidulo. Grazie ad un grande equilibrio nel rapporto fra acidi e zuccheri presenti nella polpa, il frutto si conserva molto bene e riduce di molto il tempo di condizionamento. Una particolarità della limoncella è che è utilizzata anche trasformata, per produrre il sidro.
Mela limoncella is common everywhere in Campania. It is a fruit with an irregular shape, somewhere between ellipsoidal and cylindrical; the skin is of medium thickness, yellow shading into green presenting many big and rusty lenticels. Its pulp is white, compact, juicy and aromatic with a light sour taste. Thanks to a balance between acids and sugars in pulp the fruit preserves very well and it reduces a lot the conditioning time. A characteristic of the limoncella is that it’s used and transformed to produce cider.
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Mela Limoncellona La limoncellona è una mela tradizionalmente coltivata nella zona di Agerola, in provincia di Napoli. Si presenta come un frutto di forma tronco-conica e di media dimensione, a dispetto del nome che farebbe pensare ad un frutto molto grande. Presenta una buccia liscia e leggermente cerosa, con piccole lenticelle rugginose che si concentrano nella zona del peduncolo e si estendono fino al centro del frutto. La polpa è di color bianco-crema, succosa e di consistenza granulosa, caratterizzata da un sapore molto zuccherino e aromatico, che la rende particolarmente apprezzata sul mercato, anche perché mantiene inalterate le sue caratteristiche organolettiche per molti mesi dopo la raccolta.
Limoncellona is an apple that is traditionally cultivated in the area near Agerola, in the province of Naples. It is a fruit of trunk-conic shape and of medium dimensions, despite the name that might make one think about a rather large fruit. It has a smooth and slightly waxy skin, with little rusty lenticels that are concentrated in the area of the stalk and that extend to the centre. The pulp is creamy white, juicy and granulose characterised by a very sugary and aromatic taste, that make it very appreciated on the market also because it maintains unaltered its organoleptic characteristic for many months after it has been picked.
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Mela San Giovanni La mela San Giovanni si chiama così perchè matura molto precocemente, intorno al giorno di San Giovanni, il 24 giugno. È coltivata in provincia di Avellino, nell’Alta Ufita, a Melito Irpino, Grottaminarda, Bonito ed Ariano Irpino. Ha una dimensione media e una forma tondeggiante, la sua buccia è verde e sottilissima e la sua polpa color crema è molto profumata, soda, croccante e succosa presenta un retrogusto lievemente acidulo.
Mela San Giovanni is called this way because it ripens very soon, around the day of San Giovanni (Saint John) on 24 June. It is grown in the province of Avellino, in the Upper Ufita, and Melito Irpino, Grottaminarda, Bonito and Ariano Irpino. It has a medium size and a round shape, its skin is green and very thin and the cream coloured pulp is perfumed, firm, crunchy and juicy with a slightly sour taste.
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Mela Sergente La mela sergente è prodotta soprattutto in provincia di Avellino, ma vi sono dei frutteti anche nelle province di Caserta, Napoli e Benevento. È molto simile ad una altra varietà campana, l’annurca, anche se è lievemente più grande e vagamente più aromatica; la sua pianta è molto vigorosa, e quindi impone sesti ampi. La sergente, insieme alla più nota annurca, era alla base della melicoltura campana dell’immediato dopoguerra; è stata soppiantata, nonostante le ottime qualità organolettiche dei frutti, da cloni del tipo red delicious e successivamente dalla stessa annurca, in particolare dai cloni migliorati detti “bella del sud” e “rossa del sud”.
Mela Sergente is produced especially in the province of Avellino, although there are some fruit groves also in the provinces of Caserta, Naples and Benevento. It is very similar to another variety of apple from Campania, “l’annurca”, although it is a little larger and more aromatic. Its trees are vigorous and impose large cultivation areas. Sergente, with the better known annurca, was at the base of apple cultivation in Campania in the immediate post-war period; despite the excellent organoleptic qualities of its fruits, it has been replaced by clones such as the red delicious and later by the annurca itself, in particular by the improved clones called “bella del sud” and “Rossa del sud” (beauty of the south and red of the south).
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Mela Tubbiona La tubbiona è una mela coltivata da secoli nei pressi di Agerola, in provincia di Napoli. È un frutto non molto grande che matura d’estate e si presenta di forma tronco conica, leggermente asimmetrica. La buccia è sottile, di colore verde tendente al giallo paglierino a maturazione piena; la polpa è di colore bianco crema, di consistenza compatta e succosa e caratterizzata da un sapore particolare e molto aromatico, che si conserva a lungo dopo la raccolta.
Tubbiona is an apple that has been cultivated for centuries near Agerola, in the province of Naples. It is not a very large fruit, it ripens in summer and has a truncated cone and slightly asymmetrical shape. The skin is thin, a green colour fading into hay yellow when fully ripe; the pulp is cream white, with a compact and juicy consistency characterised by a flavour that is very particular and aromatic and that lasts for a long time after it has been picked.
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Mela Zitella Nelle aree collinari di Avellino e Benevento troviamo, nei frutteti misti di tipo familiare, ancora degli alberi molto vigorosi di mela zitella, un frutto un tempo diffuso, assieme ad altre varietà tradizionali, nelle zone collinari e montane, presente oggi soprattutto in alcune piante isolate. Il suo frutto è piccolo, dalla forma appiattita ed asimmetrica e presenta una buccia di spessore medio sottile caratterizzata da un colore giallo chiaro sfumato di rosso su parte della superficie. La sua polpa bianca compatta e croccante, è molto succosa e ha un sapore dolce e aromatico.
On the hills surrounding Avellino and Benevento in the family style mixed fruit groves one can still find some very vigorous trees of “mela zitella”, a very common fruit at one time, along with other traditional varieties, in the hills and mountains and that can only be found in isolated plants today. The fruit is small and with a flat and asymmetrical shape, the skin is of medium thickness with a light yellow that shades into red on part of its surface. The white compact and crunchy pulp is juicy and has a sweet and aromatic taste.
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Melone di Altavilla Il Melone prodotto nella zona pianeggiante del territorio del comune di Altavilla Silentina, nel Salernitano, è in realtà un’anguria di grandi dimensioni detta anche “gigante di Altavilla” o, in dialetto “mulunessa”, che può raggiungere i 25 chili di peso. Il melone di Altavilla è tondo e ricoperto da una spessa buccia verde scuro, a volte striata di bianco, che protegge una polpa saporita, di colore rosso acceso, dolce ed acquosa, che presenta numerosi semi neri. La sua coltivazione è molto antica e ancora oggi avviene secondo il metodo tradizionale in terreni preparati curando con attenzione la regolazione delle acque, in modo da assicurare la massima presenza di acqua immagazzinata. La semina avviene in dei fossi ampi, allineati alla distanza di un passo, nei quali vengono posti i semi in buchette che si ricoprono con una piccola quantità di letame ben maturo e terreno e che, in seguito, devono essere abbondantemente irrigati.
Melone di Altavilla produced in the plains in the territory that belongs to the town of Altavilla Silentina, in the province of Salerno, is actually a large watermelon also called “gigante di Altavilla “ (Altavilla Giant) or in dialect “mulunessa”. It can reach a weight of 25 kilos. Altavilla melon is round and covered with a thick dark green skin, sometimes with white stripes, that protects the tasty bright red pulp, sweet and watery with many black seeds. The cultivation is very ancient and to this day it is still performed following traditional methods; the soils are carefully prepared, measuring the water drainage to ensure a high presence of stored water. The seeds are planted in large beds, about a foot apart. The holes are then covered with small quantities of manure and soil that need to be abundantly irrigated.
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Melone Napoletano In tutto il Napoletano, con particolare concentrazione nell’agro AberranoNolano, si coltivano da secoli due varietà di melone. Quello giallo, detto “capuaniello”, è, per l’appunto, di colore giallo ed è caratterizzato da un’elevata capacità di conservazione: pur raccogliendosi fra settembre ed ottobre, infatti, si consuma prevalentemente durante l’inverno ed in particolare nelle feste natalizie. L’altra varietà, il “rognoso” è verde e presenta frutti più grandi, con corteccia liscia o rugosa, di colore bianco, giallo o verde scuro e polpa bianca o verde chiaro. Entrambe le varietà sono particolarmente apprezzate per la loro dolcezza.
For centuries two varieties of melon have been cultivated in the whole province of Naples, and particularly in the agro Acerrano-Nolano. The yellow one, called “capuaniello” that is of course yellow and is characterised by an elevated conservation capacity; although it is picked between September and October it is eaten mainly in the winter especially during Christmas festivities. The other variety, “rognoso” is green and has a larger fruit, with a smooth or wrinkly bark that can be white, yellow or dark green and with a white or light green pulp. Both varieties are appreciated for their sweetness.
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Nocciola Camponica La nocciola camponica, detta anche “tonda”, è un frutto affine alla nocciola mortarella, ma è coltivata solamente nelle aree montuose della provincia di Avellino. Ha forma subellissoidale, guscio resistente e seme grande a polpa soda, bianca, con perisperma che si stacca facilmente. Viene, per lo più consumata fresca.
Nocciola camponica, also known as “tonda”, is a fruit similar to mortarella hazelnut, but it is cultivated solely in the mountain areas around the province of Avellino. It has a subellisoidal shape, a resistant shell and a big seed with a firm and white pulp with a perisperm that comes away easily. It is mostly eaten fresh.
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Nocciola Mortarella Il paesaggio di ampie zone delle Campania è fortemente caratterizzato dalla coltivazione del nocciolo, coltura di antichissimo insediamento in Campania e di solida tradizione. Una varietà tipica è la mortarella, caratterizzata da un frutto medio-piccolo, subcilindrico e compresso lateralmente. Il guscio della nocciola mortarella è abbastanza sottile, di colore marrone chiaro, con lievi striature di colore più intenso e leggermente schiacciato nella parte inferiore. Il seme è molto aromatico, consistente, di colore bianco-avorio e le sue tecniche agronomiche seguono ancora oggi regole tradizionali, rivolte a non modificare le caratteristiche qualitative dei frutti. Un’ampia documentazione dimostra la radicata tradizionalità della produzione di questa nocciola, menzionata in numerose cronache locali.
The landscape of large areas of Campania is strongly characterised by the cultivation of hazelnuts, a very ancient cultivation in Campania with a solid tradition. A typical variety is “Mortarella”, characterised by a mediumsmall fruit, sub cylindrical and compressed at the sides. The shell of the Mortarella hazelnut is rather thin, light brown with more intense stripes, slightly squashed in the lower part. The seed is aromatic, firm and ivory white, and his agronomic techniques still follow traditional rules to avoid changing the qualitative features of the fruits. A wide documentation confirms the rooted traditionalism of its production, mentioned often in the local news.
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Nocciola Riccia di Talanico Talanico è una piccola ed isolata frazione del comune di San Felice a Cancello, in provincia di Caserta, situata sulle propaggini nord-occidentali dell’imponente gruppo montuoso del Partenio. In questa zona, dove confluiscono i confini delle province di Caserta, Avellino e Benevento, si coltiva la varietà tipica di nocciola detta “riccia di Talanico. Dotata di ottime caratteristiche organolettiche, la riccia ha un guscio sottile di colore fulvo chiaro, forma allungata e sezione abbastanza regolare. Il seme ha dimensioni medio-piccole ma buona resa alla sgusciatura, ottimo aroma e sapore molto gradevole. Le nocciole vengono consumate dopo l’essiccazione che avviene nei cosiddetti “soppigni”, le tipiche soffitte aperte lateralmente, oppure in appositi essiccatoi.
Talanico is a small and isolated part of the town of San Felice a Cancello, in the province of Caserta, situated on the northwest offshoots of the Partenio group of mountains. In this area, where the borders of the provinces of Caserta, Avellino and Benevento meet, a typical variety of hazelnut called “riccia di Talanico” is cultivated. It has optimal organoleptic characteristics, with a thin reddish-yellow shell that hulls well, an elongated and regular shape. The seed is medium-small but shells easily, the aroma is optimum and the taste very pleasant. The hazelnuts are eaten after drying time in the so-called “soppigni”, typical attics with lateral openings, or in appropriate kilns.
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Nocciola San Giovanni La nocciola San Giovanni ha una forma allungata e lievemente compressa ai lati. Il guscio è color marrone chiaro ed è piuttosto sottile, il seme è medio piccolo ed è molto apprezzato per le sue ottime caratteristiche organolettiche. La nocciola san Giovanni cresce su una pianta molto vigorosa ad altissima produttività, coltivata nelle aree pianeggianti delle province di Napoli e Avellino. Si consuma, per lo più, essiccata, processo che avviene nei cosiddetti “soppigni” le classiche soffitte aperte lateralmente, oppure in appositi essiccatoi.
Nocciola San Giovanni has a long shape, slightly squashed at the sides. The shell is a light brown colour and is also rather thin, the seed is medium-small and is appreciated for its optimum organoleptic characteristics. Nocciola San Giovanni grows on a very vigorous plant with a high level of productivity, it is cultivated in the plains of the provinces of Naples and Avellino. It is mostly eaten dried, with a process that occurs in the so-called “soppigni”, the classical attics with lateral openings, or in appropriate kilns.
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Noce di Sorrento L’antica produzione della noce è legata a significati propiziatori e pratiche magiche: la tradizione vuole che ai novelli sposi venissero lanciate noci in segno benaugurale, perché considerate simbolo di fecondità, mentre nella mitologia romana questo frutto simboleggiava gli inferi. L’antica presenza del noce in Campania è testimoniata dal ritrovamento negli scavi di Pompei di alberi di noce carbonizzati simili a quelli presenti oggi nella Regione. Il clima ed il fertile suolo campano, particolarmente favorevoli a tale coltura, ne hanno favorito l’ampia diffusione nelle aree pianeggianti e collinari. La varietà più pregiata è la “sorrento”, originaria della Penisola Sorrentina, che col tempo ha dato vita a un’ampia gamma di biotipi tutti commercialmente noti come “noce di Sorrento” la cui produzione più pregiata è localizzate nel Napoletano, nella pianura Acerrana-Nolana, ma che è presente anche in alcune zone del Casertano e dell’Avellinese. I due ecotipi più diffusi si differenziano nella forma: l’uno è allungato e regolare, appuntito all’apice e smussato alla base, l’altro è più piccolo e rotondeggiante. Le valve, in entrambi i casi, sono lisce e sottili; il gheriglio è bianco crema dal sapore gradevolissimo e può facilmente essere estratto integro, cosa che rende questa noce particolarmente apprezzata sia dall’industria dolciaria che dai consumatori. La raccolta si concentra
nei mesi di settembre e ottobre con una resa estremamente variabile.
The ancient production of hazelnut is linked to propitiatory and magical rites: according to the tradition, the newlyweds had hazelnuts thrown at them for an auspicious start because they were considered a symbol of fertility; in roman mythology on the other hand this fruit symbolize the underworld. The presence of hazelnut in Campania in ancient times is confirmed by the finding of carbonized hazelnut trees very similar to the modern ones in the Pompeii excavations. The climate and the fertile Campania soil are particularly favourable to this cultivation, and have allowed it to spread in most of the plains and the hills. The variety with better qualities is the “Sorrento” one, originally from the peninsula of Sorrento, that with time has given birth to a wide range of biotypes, commercially known as “Noce di Sorrento” (Sorrento hazelnut). Its best production is localized in the province of Naples, on the plain of Acerra and Nola, but the cultivation is also present in the provinces of Caserta and Avellino. The two most common ecotypes have a different shape: the first is long and regular, pointy at the apex and rounded at the base; the other one is smaller and rounder. The valves in both cases are smooth and thin; the kernel is creamy white, has a very pleasant taste and can be extracted easily in one piece, which makes this hazelnut appreciated more by the confectionary industries and the consumers. The harvest is concentrated in the months of September and October with variable outcomes.
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Noce Malizia e Noce San Martino La noce “malizia” o “milizia” è coltivata nel Napoletano e nell’Avellinese, soprattutto nelle zone del Vallo Lauro e dell’ Acerrano Nolano. È un frutto di forma allungata, leggermente ellittica, dal guscio sottile, chiaro e poco rugoso; è di dimensioni medio grandi ed ha un gheriglio di colore biondo chiaro ed una polpa soda e chiara dal sapore ottimo. Viene normalmente coltivata in consociazione al noccioleto ed i suoi frutti vengono raccolti tramite bastonatura e poi essiccati. Anche l’ecotipo Malizia è afferente alla popolazione della Noce di Sorrento: derivata dopo la selezione, in seguito si è diffusa nell’area Acerrana-Nolana. In provincia di Avellino, in particolare nella zona del Vallo Lauro Baianese, nei comuni di Quindici e Moschiano si produce un’altra varietà di noce, simile alla milizia, con frutto a pezzatura media, detta noce san martino, della quale sono presenti piante superiori ai 50 anni.
Noce Malizia or Milizia is cultivated in the provinces of Naples and Avellino, especially in the areas of Vallo Lauro and Acerrano Nolano. It is a fruit with an elongated shape, slightly elliptical, with a thin, clear and not very wrinkly shell; it is medium-large with a light blond kernel and a firm and light pulp that has an excellent taste. Is it usually cultivated intercropping the hazelnut grove, its fruits are picked by whacking the branches and then dried. Malizia ecotype is related to the population of the Sorrento hazelnut: it was derived after the selection and later it became common in the Acerra and Nola area. Another variety of medium size hazelnut, similar to malizia hazelnut, is produced in the province of Avellino, in particular in the area of Vallo Lauro Baianese, in the towns of Quindici and Moschiano. It is called San Martino hazelnut, and one can find plants of this that are more than 50 years old.
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Pera del Rosario La pera del rosario viene prodotta nelle aree interne dell’Irpinia, nell’Avellinese. È una pera di colore verde scuro, rugginosa, di forma abbastanza allungata, di sapore acidulo, a grana evidente. La pianta è molto vigorosa ed è presente soprattutto negli orti-frutteti o in piante isolate, nei campi. La pera del rosario è un ecotipo a diffusione fortemente localizzata, che rientra nella costituzione degli orti-frutteti a conduzione familiare; ancora oggi viene portata raramente al di fuori del mercato strettamente locale, e, nella maggior parte dei casi, viene consumata dagli stessi produttori.
Pera del Rosario is produced in the internal areas of Irpinia in the province of Avellino. It is a dark green, rusty pear, with a rather elongated shape, a sour taste and an evident grain. The plant is vigorous and can be found especially in orchards, groves or as isolated plants in the fields. Pera del Rosario is a strongly localised ecotype and it grows in family owned groves and orchards; to this day it is seldom sold outside the local market and in most cases it is used directly by its producers.
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Pera Mastantuono La pera “e’ Mast’Antuon’” prodotta nelle aree interne delle province di Avellino, Salerno e Napoli è una pera di dimensioni molto piccole, rotondeggianti, con il peduncolo corto. È di colore tendente al giallo con picchiettature e screziature marroni e la sua polpa è soffice e profumatissima. Matura nel mese di novembre e viene coltivata in impianti caratterizzati da forme di allevamento a vaso classico. La pera mastantuono, oltre che consumata fresca, è anche ottima per la trasformazione: è un ingrediente privilegiato per il confezionamento della marmellata, oppure viene usata in pasticceria imbottita con ricotta e ricoperta di cioccolata. Negli ultimi anni la pera mastantuono, ha, purtroppo, subito la stessa sorte di altre varietà locali: si trova più raramente poiché, nonostante le sue ottime qualità organolettiche, è stata soppiantata da cloni con pezzature più grandi.
“Pera Mast’Antuon” is produced in the internal areas of the provinces of Avellino, Salerno and Naples. It’s a very small pear, round, with a short stalk. The colour is yellowish with brown dotting and scratches, its pulp is soft with a strong scent. It ripens in the month of November and is cultivated in plants characterised by classic vase forms of culture. Although Pera Mastrantuono can be eaten fresh it is also perfect for transformation: it is a privileged ingredient when used in preserves or it can be used in the confectionary industry stuffed with ricotta and covered in chocolate. During the last years pera mastrantuono has undergone the same destiny of other local varieties: it is more rare to find since, despite its excellent organoleptic qualities, clones of larger dimensions have replaced it.
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Pera Pennata La zona di Agerola, sui Monti Lattari, in provincia di Napoli produce una varietà di pera di colore verde scuro, di forma rotondeggiante e sapore pastoso e dolce, detta “pera pennata”. Proviene da una pianta molto vigorosa, presente in frutteti misti, che produce verso agosto-settembre; è un ecotipo a diffusione fortemente localizzata, che rientrava nella costituzione degli ortifrutteti a conduzione familiare, tanto che ancora oggi viene per lo più consumata localmente o, addirittura, esclusivamente dagli stessi produttori.
A dark green pear, with a roundish shape and a sweet and pasty taste is produced in Agerola, on the Lattari Mountains, in the province of Naples; its name is “pera pennata”. It grows on a very vigorous plant that can be found in mixed groves and it ripens in August –September; it is a strongly localised ecotype that is found in family owned groves to the point that today, it is sold only locally or eaten directly by its producers.
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Pera Sant’Anna e Pera Spina La pera Sant’Anna è un frutto mediopiccolo, dal delizioso sapore zuccherino, di colore giallo che presenta piccole macchie rosse nelle parti più esposte al sole. Si coltiva nella zona dell’alta Ufita, verso Melito Irpino, Grottaminarda, Bonito e Ariano Irpino. È una varietà abbastanza antica, che matura a fine luglio, intorno al 26, giorno di Sant’Anna, da cui prende il nome. Nelle stessa zona si coltiva anche la pera spina, simile in tutto e per tutto alla Sant’Anna tranne che nelle dimensioni, poiché i suoi frutti sono leggermente più piccoli. Anche la pera spina è un frutto tipicamente estivo, poiché matura intorno alla fine di luglio.
Pera Sant’Anna is a medium-small fruit with a delicious sugary taste, yellow colour and small red spots on the parts that were more exposed to the sun. It is cultivated in the Upper Ufita area, near Melito Irpino, Grottaminarda, Bonito and Ariano Irpino. It’s a rather ancient variety that ripens at the end of July around the day of Saint Anna (26 of July) from which it derives its name. Pera spina is cultivated in the same area, it is the same as Sant’Anna pear except for its dimensions since its fruits are smaller. Pera Spina is a typical summer fruit since it reaches its maturity at the end of July.
Atlante dei prodotti tradizionali Campani
Pera Sorba La pera sorba si chiama così perché per aroma, sapore e consistenza è molto simile al frutto del sorbo; si coltiva nella zona dell’Alta valle Calore e Ofanto, in provincia di Avellino. È un frutto di dimensione media, forma rotondeggiante e colore tra il verde marcio ed il marrone; pur raccogliendosi in autunno, generalmente, si consuma in inverno, perché, per poterla gustare al meglio delle sue caratteristiche organolettiche, bisogna aspettare l’imbrunimento della polpa.
Pera Sorba is called this way because its aroma, taste and consistency are very similar to the sorb fruit. It is cultivated in the area of Upper Calore and Ofanto Valley in the province of Avellino. It is a medium fruit, round, with a colour that changes between green and brown; although it is picked in autumn, it is generally eaten in the winter since one must wait for the pulp to darken to appreciate to its fullest the organoleptic characteristics of this fruit.
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Pera Spadona di Salerno La pera spadona è una pera di dimensione media e colore verde, con il lato esposto al sole che tende al rosato, ed una polpa particolarmente succosa e saporita. La spadona è coltivata da secoli nella zona dei Picentini, nel Salernitano e da qui, a partire dagli anni ’50, si è diffusa nella Piana del Sele. Negli ultimi anni, a causa della concorrenza delle produzioni provenienti dalla Spagna, è incorsa in una crisi commerciale che ne ha determinato la diminuzione delle superfici coltivate.
Pera Spadona is a medium green pear with the side more exposed to the sun fading into pink. Its pulp is very juicy and tasty. Spadona has been cultivated for centuries in the Picentini area, in the province of Salerno and from here, in the fifties, it spread to the Plain of Sele. In the last years, the cultivation has incurred a commercial crisis that has lead to the decrease of the cultivated areas, due to the competition of produce imported from Spain.
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Percoca col Pizzo In tutta la Campania sono molto diffuse le percoche, delle pesche a polpa gialla molto compatta. La varietà detta “col pizzo”, tradizionalmente coltivata nel napoletano, in particolare nell’area Flegrea, è detta così per via del suo pizzo molto accentuato. Sono frutti medio-grandi, color giallo paglierino, conformati in modo tale che la polpa è nettamente separata dal seme. È una caratteristica distintiva il fatto che maturino molto tardivamente, tra settembre ed ottobre. La raccolta e la selezione vengono effettuate manualmente e con cautela, si usa addirittura disporre della paglia in campo per evitare danni ai frutti in caso di caduta prematura. Anche le percoche col pizzo, come quasi tutte le varietà campane, oltre che fresche, vengono utilizzate per la realizzazione delle pesche sciroppate, diffusissime in Campania, prima solo al livello artigianale, oggi anche come produzione di alcune industrie locali.
Percoche are very common all over Campania. They are peaches with a yellow compact pulp. The variety known as “col pizzo”, traditionally cultivated in the Neapolitan province, in particular in the Flegrean Area, is called this way for the accentuated tip. Its fruits are medium-large, hay yellow, formed in a way that the seed is separated from the pulp. Their main characteristic is the tardy ripeness, between September and October. The harvest and selection are done manually and with caution, hay is laid on the ground under the trees to avoid damages to the fruits should they fall too soon. Percoche con pizzo, like almost all other Campania varieties, are eaten fresh and also used to produce peaches with syrup, very common in Campania, produced at first only in artisan laboratories and later in some local industries.
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Percoca Puteolana e Percoca Terzarola La percoca puteolana, altrimenti detta percoca Vesuvio, è un prodotto tradizionalmente coltivato nell’area Flegrea della provincia di Napoli. È una percoca, ossia una varietà di pesca a polpa piuttosto dura e di colore giallo, caratterizzata da una polpa particolarmente soda ed aromatica e dall’epidermide gialla con sfumature rosso intenso. Anche la terzarola, coltivata nella stessa zona, ha l’epidermide di questo colore, ma le sue caratteristiche sono leggermente diverse a seconda dei cloni presi in esame. La terzarola matura piuttosto tardivamente, verso settembreottobre. Come tutte le percoche, anche la puteolana e la terzarola vengono raccolte a mano e sono molto sfruttate per la trasformazione in sciroppato.
Percoca puteolana, also known as percoca Vesuvio, is a product that is traditionally cultivated in the Flegrean area in the province of Naples. It’s a type of peach with a hard and yellow pulp, firm and aromatic, it has a yellow skin with intense red shades. Terzarola is also cultivated in the same area, it has the same colour skin although its characteristics are slightly different according to the clone examined. Terzarola ripens late, towards September-October. Like all percoche, the puteolana and the terzarola are also hand picked and are used a lot for the production of peaches in syrup.
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Pesca Bianca Napoletana e Pesca BellellaArrotolata di Melito Pancetta La pesca bianca di Napoli è un frutto di origine molto antica, di pezzatura medio elevata, dalla polpa molto sapida ed aromatica. Il suo pericarpo è di un colore rosso sfumato, molto sensibile alle manipolazioni, per questo motivo la raccolta, la selezione ed il confezionamento vengono effettuati manualmente, con molta delicatezza. All’interno di questa varietà, si distingue anche la “bellella” di Melito, detta così perché tradizionalmente coltivata nei pressi di Melito, in provincia di Napoli, che, come le altre varietà a polpa bianca, nonostante le ottime caratteristiche organolettiche, rischia di scomparire poiché soppiantata dalle pesche a polpa gialla, più serbevoli e resistenti alle manipolazioni.
Pesca Bianca di Napoli is a very ancient fruit, it has a medium large size with a full bodied and aromatic flavour. Its pericarp is a reddish colour, very sensitive to handling, that’s why harvest, selection and packaging are all carried out manually, with care. Amongst this variety is listed the “bellella” of Melito, so called because is traditionally cultivated near Melito, in the province of Naples and, like the other white pulp varieties, despite the excellent organoleptic characteristics, it risks to disappear because it has been replaced by yellow pulp peaches, that have more uses and resist better the handling.
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Peschiole Le peschiole di Vairano Patenora e Vairano Scalo, in provincia di Caserta sono frutticini di pesco raccolti ancora verdi all’atto del primo diradamento, quando misurano appena uno o due centimetri ed il nocciolo non è ancora indurito. Conservati sotto aceto, vengono consumati come aperitivo. Dopo un accurato lavaggio, le peschiole vengono cotte in acqua ed aceto aromatizzata con spezie, e quindi conservate in barattoli di vetro. Hanno un sapore deciso, fortemente caratteristico, consistenza croccante e compatta. Solo recentemente questa antica ricetta è uscita dall’uso esclusivamente familiare e le peschiole hanno conquistato ampia notorietà, soprattutto presso la ristorazione e la gastronomia specializzata in prodotti tipici.
Peschiole di Vairano Patenora and Vairano Scalo, in the province of Caserta are small peach fruits that are picked while still green at the first thinning, when they measure just one or two centimetres and the seed has not hardened yet. They are preserved in vinegar and are eaten as an aperitif. After being carefully washed, peschiole are cooked in water and vinegar with spices, and then kept in glass jars. They have a decisive and strongly characteristic taste, a crunchy and firm consistency. Only recently this ancient recipe has been used outside of a family circle and has made peschiole famous, especially in restaurants and in gastronomic establishments specialised in traditional products.
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Prugna Coglipiecuri La coglipiecuri o aulecina è una varietà di prugna coltivata nell’avellinese, nell’intero territorio provinciale, tranne che nel Vallo Lauro-baianese. È una prugna di media grandezza, che muta colore in fase di accrescimento: è generalmente verde ma tende al giallo rossiccio quando è matura. Ha forma allungata e viene coltivata in frutteti secondo tecniche di coltivazioni naturali. Matura tra giugno e luglio.
“Coglipiecuri” or “aulecina” is a kind of plum cultivated in the province of Avellino, in the internal territory except in Vallo Lauro-Baianese. It’s a plum of medium dimensions that changes colour at every stage of growth: it is usually green but becomes yellow-reddish when it is ripe. It has an elongated shape and it is cultivated in fruit groves following natural cultivation techniques. It ripens between June and July.
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Susine: Botta a Muro, Marmulegna, Pappacona, Pazza, Scarrafona e Turcona La susina è un frutto molto diffuso in tutto il napoletano, in particolar modo nell’area flegrea dove è coltivata in diverse varietà che si distinguono per alcune caratteristiche. La “botta a muro” è detta così perché ricorda, nella forma e nel colore, dei piccoli petardi: è di dimensioni piuttosto piccole e di colore violaceo. La polpa è tra il verde ed il giallo ed è molto saporita ed aromatica. La botta a muro è abbastanza resistente alle manipolazioni ed è molto utilizzata per la produzione di confetture. La varietà “marmulegna” è, invece, maggiormente sfruttata per il consumo fresco; prende il nome dalle venature presenti all’interno della sua polpa gialla, che ricordano quelle del marmo. Anche la buccia è gialla ed il frutto, di grandezza media e dalle ottime qualità organolettiche, ha un sapore molto forte ed aromatico ed è particolarmente resistente alle manipolazioni. Le varietà “pappacona”, “pazza”, “turcona” e “scarrafona” hanno in comune le ottime qualità gustative, la ridotta serbevolezza ed una scarsa resistenza alle manipolazioni, si differenziano per le caratteristiche morfologiche. La susina pazza ha la buccia sul viola chiaro ed è di pezzatura media, la “turcona”, invece, è di forma allungata ed ha la buccia di colore giallo con striature biancastre e polpa aderente al nocciolo con peduncolo di lunghezza media. Quest’ultima, sta pian piano sparendo poiché sostituita dal nuove specie clonali. La susina “scar-
rafona”, infine, è molto piccola e di colore viola, per questo motivo si chiama così, perché ricorda una blatta, detta “scarrafone” in napoletano. La sua polpa è verde e molto saporita, ottima per la marmellata. Susina is a very common fruit in the Neapolitan region, in particular in the Flegrean area where different varieties of it, distinguished by their different characteristics, are cultivated. “Botta a muro” is called this way because it reminds of small firecrackers for its shape and colour: it’s small and purplish. The pulp is green and yellow and is very flavourful ad aromatic. Botta a muro is rather resistant to handling and it used a lot to make preserves. “Marmulegna” on the other hand is eaten more often fresh: it derives its name from the tint in its yellow pulp that reminds of marble. The kin is yellow also and the fruit, of medium size, has excellent organoleptic qualities, it has a very strong and aromatic taste and it is resistant to handling. The “pappacona”, “pazza”, “turcona” and “scarrafona” varieties all have in common excellent taste qualities, do not preserve as well and a scarce resistance to handling, they have different morphological characteristics. Susina pazza has a light purple skin and a medium size, turcona, on the other hand, is elongated and has a yellow skin with whitish tinges, the pulp adheres to the seed and the stalk is medium length. The latter is gradually disappearing because it is replaced by new cloned species. Susina “scarrafona” in the end is very small and purple and that’s to what it owes its name, because it reminds of a cockroach, “scarrafone” in Neapolitan. Its pulps is green and very tasty, excellent for preserves.
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Uva Catalanesca Questo frutto deve il suo nome alla sue origine geografica: fu importata qui dalla Catalogna, da Alfonso I d’Aragona nel XV secolo, e impiantato sulle pendici del Monte Somma, fra Somma Vesuviana e Terzigno. La sua vite attecchì subito su questi fertili terreni vulcanici e l’uva fu presto sfruttata per vinificare dai contadini vesuviani negli imponenti cellai delle masserie, dove ancora oggi è possibile trovare torchi che risalgono al ‘600, chiamati “cercole e ter”. Solo il prodotto eccedente veniva utilizzato come uva da tavola. Oggi si coltiva soprattutto a Somma Vesuviana, Sant’Anastasia, Ottaviano, e, anche se di meno, a Terzigno, Pollena Trocchia, Boscotrecase, Trecase, San Giuseppe Vesuviano e San Sebastiano al Vesuvio. Si raccoglie tra ottobre e novembre ma può permanere sulla pianta fino alla fine dell’anno: un tempo vi era la consuetudine di lasciare sulla pianta i grappoli più belli, eliminando via via gli acini guasti, così da favorirne il mantenimento fino al periodo natalizio. Le bacche rotondeggianti sono di un tipico colore dorato; la polpa e dolce e croccante e ricca di vinaccioli. Il grappolo è rado e la polpa è bianca e carnosa e viene molto apprezzata per il suo sapore dolce; l’elevato tasso zuccherino la rende adatta alla vinificazione, eseguita solo localmente ed esclusivamente a livello familiare. È un’uva a duplice attitudine, grazie all’elevato grado di zucchero degli acini, e dal 2006 è
stata ufficialmente aggiunta all’elenco delle uve da vino. This fruit owes its name to its geographical origin: it was imported from Catalogna, by Alfonso I d’Aragona during the XV century, and planted along the sides of Monte Somma, between Somma Vesuviana and Terzigno. It’s vine took right away on these fertile volcanic lands and the Vesuvian farmers soon used the grapes to make wine in the huge cellars on the farms, where to this day it is possible to find presses that go back to the 600, called “cercole e ter”, while only the product that exceeded was used to eat. Today it is grown mainly in Somma Vesuviana, S.Anastasia, Ottaviano and although a little less in Terzigno, Pollena Trocchia, Boscotrecase, San Giuseppe Vesuviano and San Sebastiano al Vesuvio. It is picked between October and November but it can stay on the vine until the end of the year: at one time there was the custom of leaving the most beautiful grapes on the vine, gradually eliminating the ruined grapes, to help maintain it until Christmas time. The roundish grapes are a typical golden colour; the pulp is sweet and crunchy and rich of pips. The bunch is loose and the white and meaty pulp is appreciate for its sweet taste; the high concentration of sugar makes it appropriate to wine-making, the production is only local and exclusively a family business. It is a grape that has dual aptitude, thanks to its high sugar content and since 2006 it has been officially added to the list of wine grapes.
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Uva Cornicella La Campania ha una forte tradizione viticola, soprattutto nelle aree pianeggianti e collinari si produce una qualità di uva detta “uva cornicella”, perché presenta acini fortemente allungati e ricurvi, che ricordano dei cornetti. Gli acini sono verdi, di un colore che tende al dorato e rugginoso nelle parti più esposte al sole e la loro polpa è dolce, molto croccante e ricca di vinaccioli, mentre la buccia è piuttosto consistente. Grazie alla consistenza della buccia, la cornicella è dotata di una notevole serbevolezza, caratteristica che fa sì che ancora oggi sia molto diffusa sul mercato regionale, pur avendo perso il primato in seguito alla diffusione di cultivar più moderne.
Campania has a strong viticulture tradition, a quality of grape known as “uva cornicella”, named this way because it has long and curvy grapes that remind of croissants (cornetti), is produced especially in the hilly and plain areas. The grapes are green tending to a rusty gold in the parts that are exposed to the sun the most, their pulp is sweet, crunchy and rich of pips, while the skin is more consistent. Thanks to the skin, the cornicella keeps very well, making it a very common fruit in the regional market, despite it lost its first place after the diffusion of more modern cultivations.
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