Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia _______________________________________________________________________ VIII LEGISLATURA - ATTI CONSILIARI - PROGETTI DI LEGGE E RELAZIONI _______________________________________________________________________
CONSIGLIO REGIONALE CG/GO/db
N. 152-A
RELAZIONI DELLA IV COMMISSIONE PERMANENTE (Casa, ambiente, territorio: urbanistica, edilizia, ambiente, opere pubbliche, viabilità, porti, trasporti, traffici, protezione civile, bellezze naturali, caccia e pesca nelle acque interne)
(Relatori di maggioranza MOLINARO, FOLLEGOT) sulla
PROPOSTA DI LEGGE <
> Presentata dai Consiglieri Molinaro, Follegot, Di Natale, Asquini, Brussa, Gottardo il 29 giugno 2000
----Presentate alla Presidenza il 27 settembre 2000 ----152_A.doc
Signor Presidente, egregi colleghi, l’art. 4, comma 3 della legge 11 febbraio 1992 n.157 dispone che l’attività di cattura degli uccelli per l’inanellamento e la cessione a fini di richiamo può essere svolta da impianti della cui autorizzazione siano titolari le province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall’lstituto Nazionale per la Fauna selvatica. A tale disposizione normativa-quadro nel Friuli-Venezia Giulia è stata, solo formalmente assicurata l’attuazione con le disposizioni di cui alla legge regionale 1 giugno 1993 n. 29 e con i decreti del Presidente Giunta Regionale n. 02567/96 e n. 0357/98 e dell’Assessore Regionale all’Agricoltura, Caccia e Pesca n. 44/98. L’attività di cattura degli uccelli doveva essere, da ultimo riavviata, a partire dall’annata 1998 ma il T.A.R. del Friuli Venezia Giulia, con ordinanza n. 216 del 20.11. 1998, sospendeva l’efficacia di tali provvedimenti e con ordinanza n. 21/99 del 26/02/1999 rimetteva gli atti alla Corte Costituzionale per il pronunciamento di costituzionalità circa l’art. 3 della predetta LR 29/1993. “in quanto non facendo salva la gestione pubblicistica, con l’affidamento a personale dipendente dell’ente pubblico, debitamente qualificato, la gestione degli impianti di cattura degli uccelli, da destinare a richiamo per l’attività venatoria, nei termini di cui all’art. 4 della legge 11 febbraio 1992 n. 157, violerebbe gli articoli 4, punto 3) e 6) dello Statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia, ponendosi in contrasto con le norme statali di principio relative alla tutela dell’interesse nazionale alla protezione della fauna e con la legislazione statale in materia”. Tale giudizio, che fa seguito ad altro di pochi anni fa, non è stato ancora emesso con la conseguenza che la cattura degli uccelli, che nel Friuli Venezia ha una lunga e radicata tradizione, è di fatto sospesa sine die. Peraltro è presumibile che per ogni ulteriore ed eventuale atto amministrativo nella materia, si ingeneri ulteriore contenzioso in sede giurisdizionale. Da ciò la necessità di individuare una diversa soluzione normativa. Tale è la finalità del presente progetto di legge, per ripristinare, nel quadro delle norme nazionali ed europee, una situazione di parità normativa con le altre Regioni italiane, ma anche di consentire, entro precisi limiti, una attività lecita che, diversamente, trova sin troppa considerazione nell’ambito del bracconaggio! Una attività per la quale esiste la disponibilità a collaborare con le istituzioni preposte da parte di circa duecentocinquanta appassionati che hanno sostenuto apposito esame di idoneità per l’istituto Nazionale della Fauna Selvatica di Bologna. Con l’art. 24 della legge regionale 31 dicembre 1999 n. 30 si sono attribuite alle Province funzioni in materia di fauna, e tra queste anche l’organizzazione della cattura e della distribuzione degli uccelli ai fini di richiamo e allevamento. Per tale finalità, si é inteso dettare le modalità ed i limiti di esercizio di tale funzione, avuto riguardo all’esperienza nella cattura degli uccelli attuate negli anni trascorsi.
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I1 progetto di legge è stato esaminato nel corso della seduta del 13 settembre 2000 u.s. da parte della competente commissione permanente. Dopo la illustrazione del provvedimento da parte del primo firmatario si è sviluppato il dibattito generale con toni forti ed una netta divisione in due della commissione. Da una parte questi ritenevano tra 1’altro la proposta “violazione del comune sentire”, “meccanismo truffaldino per aggirare una situazione di fatto” “tentativo occulto di reintroduzione della uccellagione" evidenziando altresì come nell’ambito dello specifico ordinamento della tutela ambientale non sono riconosciute tradizioni ed usi del passato. Dall’altra i proponenti firmatari della proposta di legge impegnati a sostenere la sua collocazione nell’ambito delle norme statali ed europee, la sua opportunità per superare, almeno temporaneamente, una situazione bloccata e ad evidenziare i meccanismi di garanzia di una gestione pubblicistica. Nel successivo esame dell’articolato sono stati esaminati anche otto emendamenti modificativi o soppressivi e relativi ai contenuti dell’articolo 1. Con il comma 1 di tale articolo ribadisce la competenza in capo alle Province dell’attività di cattura degli uccelli; con un emendamento la finalità di tale cattura è stata resa coerente con l’art. 4, comma 3, della legge 157/92. La norma precisa altresì la possibilità da parte delle Provincie di avvalersi di operatori esterni qualificati valutati idonei dall’istituto Nazionale per la Fauna Selvatica. Il comma 2 individua le cinque specie per le quali è possibile la cattura. Il comma 3 introduce, con riferimento all’anno 1989, ultima annata nella quale è stata praticata per una intera stagione nel territorio regionale la cattura degli uccelli una serie di limitazioni e garanzie. Innanzitutto un numero massimo di 200 unità catturabili per ciascun impianto, un numero di impianti non superiore a quelli attivi in tale anno e una quantità complessivamente catturabile anch’essa numericamente non superiore a quella rilevata in tale anno. Va sottolineato che il numero massimo di unità catturabili, presso ciascun impianto è un primo elemento di discontinuità rispetto al passato, da taluno paventato come obiettivo occulto del provvedimento. Con il comma 4 si disciplinano le modalità di cessione ai cacciatori anche non residenti nel territorio provinciale: tale previsione trova fondamento nella necessità di utilizzo razionale di possibili eccedenza tra fabbisogno locale e catture. La disposizione del comma 5 intende alleggerire gli oneri gestionali a carico delle Provincie, prevedendo l’eventuale concorso degli operatori qualificati convenzionati anche per la custodia fiduciaria degli uccelli non ceduti ovvero di quelli utilizzati come richiami. Il comma 6 prevede la temporanea vigenza della norma stante 1a necessità di riconsiderare l’intera legislazione di settore successivamente al pronunciamento della Corte Costituzionale.
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L’art. 2 disciplina l’entrata in vigore delle norme con la procedura dell’urgenza. Si confida in una rapida approvazione della presente proposta di legge da parte dell’on. Consiglio Regionale. MOLINARO
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Signor Presidente, Egregi Consiglieri La presente Proposta di Legge ha come obiettivo la riattivazione nel territorio regionale della cattura di uccelli da utilizzare: quale richiamo per la caccia da appostamento. Dobbiamo anzitutto ricordare come la Regione Friuli-Venezia Giulia abbia competenza primaria in materia di caccia e competenza integrativa ed attuativa in materia di protezione della fauna; è proprio in forza di tali competenze che la Regione ha legiferato nel 1993, regolamentando la cattura degli uccelli nell’osservanza delle direttive comunitari e adeguandosi ai principi stabiliti dalla L.157/92. Proprio quest’ultima all’art. 4 c.3 prevede “l’attività di cattura per l’inanelamento per la cessione a fini di richiamo” da svolgersi su autorizzazione regionale, presso impianti provinciali gestiti da personale che abbia superato l’esame previsto presso l’istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (lNFS), con sede in Bologna. La L.R. 29/93 è stata promulgata dopo il controllo del Governo: nessuna contestazione era stata rilevata riguardo al fatto che tale legge regionale adeguava la normativa statale alle specifiche esigenze del territorio. L’unica differenza, rispetto alla normativa statale, consisteva nel fatto che la cattura poteva essere effettuata oltre che da soggetti abilitati, anche da coloro che avessero svolto la stessa attività, precedentemente, per almeno un biennio. La legge regionale demandava poi la disciplina dei mezzi di cattura, delle modalità di gestione degli impianti, dei criteri di determinazione degli esemplari catturabili in provincia, delle modalità di cessione degli esemplari catturati, ad un regolamento di esecuzione che, appena emanato, è stato impugnato dal W.W.F. Italia. Il Tribunale Amministrativo Regionale con sentenza n. 436/94, da un lato riconosceva la leggittimità della normativa che demandava alle provincie il rilascio della autorizzazione per l’attività di aucupio, dall’altro accoglieva il ricorso nella parte in cui venivano contestate le modalità di cattura, poiché i mezzi usati, previsti dal regolamento non erano, a suo giudizio, selettivi. Nel ‘95 fu emanato, con DPGR n. 256, un nuovo regolamento con il quale si autorizzava la cattura di uccelli solamente con impianti fissi, a reti orizzontali con dispositivi meccanici manuali, prevedendo inoltre altri adeguamenti restrittivi. Da allora in poi non sono stati più utilizzati, per la cattura degli uccelli, impianti naturali a reti verticali quali roccoli e bressane. Evidentemente l’obiettivo degli ambientalisti era quello di impedire l’uso di questi mezzi preferendo quelli meccanici, all’opposto di quanto avviene nelle altre regioni, contro ogni buon senso e qualsiasi logica.
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Non contenti di questo risultato ricorrevano contro il nuovo regolamento riproponendo questioni di legittimità Costituzionale, della LR. 29/93, già avanzate nel ricorso precedente e ritenute manifestamente infondate. Questa volta il TAR con sentenza n. 10/97, riteneva rilevante e non manifestamente infondata la questione della illegittimità Costituzionale dell’art. 3 della L R 29/93 “in quanto, non facendo salva la gestione pubblicistica con affidamento a personale dipendente dall’ente pubblico debitamente qualificato, la gestione degli impianti di cattura degli uccelli da destinare a richiamo per l’attività venatoria nei termini di cui all’art. 4 della L. 11.02.92 n. 157, violerebbe 1’art. 4 primo comma dello Statuto della Regione, ponendosi in con l’interesse nazionale della protezione della fauna”. In pratica veniva sollevata questione di legittimità Costituzionale laddove l’art. 3 L.R 29/93 prevede che gli impianti di cattura vengano gestiti da soggetti privati su concessione delle Amministrazioni Provinciali anziché direttamente dalle Provincie con personale valutato idoneo dall’lNFS e quest’ultima è ritenuta norma di principio dal collegio rimettente. Ora va ricordato che la Regione ha competenza integrativa e di tutela della fauna cosicché la stessa può elaborare la propria normativa, conforme ai principi della legge statale, tenendo conto delle esigenze, delle tradizioni e degli usi locali. Ora tutti sanno che l’uccellagione è stata, fin da tempi lontani, praticata sul nostro territorio e che pertanto qui, le caratteristiche tecniche e la preparazione di chi pratica tale attività sono ormai consolidate: quindi l’attribuire la concessione anche a chi non abbia superato l’esame presso l’INFS è un aspetto del tutto ininfluente, e risulta del tutto non rilevante il fatto che la Provincia sia titolare degli impianti o li dia in concessione essendo la legge regionale rispettosa dei principi stabiliti dalla normativa vigente. Con ordinanza depositata il 09 luglio ‘98 la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. Anche il successivo Decreto dell’Assessore Regionale all’Agricoltura, Caccia Pesca n. 44/98 e quello del Presidente della Giunta Regionale n. 0357/98, non hanno scampo: il TAR con ordinanza prima sospende l’efficacia di tali decreti e poi, sospeso il giudizio, rimette gli atti alla Corte Costituzionale, la quale dopo quasi due anni non ha ancora emesso alcuna decisione. Si intuisce facilmente come agli ambientalisti nulla importi se la Regione FriuliVenezia Giulia abbia, in materia, potestà esclusiva o integrativa, avendo come unico obiettivo l’abolizione completa e definitiva della pratica dell’aucupio. Vi è peraltro ancora chi fa confusione tra uccellagione e aucupio usando indifferentemente, i due termini, con lo stesso significato. Voglio ricordare che l’uccellagione, nel senso di cattura mediante reti ed uccisione di fauna volatile, è stata messa al bando già con la L. 157/92 e che già prima era proibito uccidere gli uccelli catturati; ma tant’è, facendo di tutta l’erba un fascio si vuole eliminare
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ciò che invece la legge permette, ricorrendo contro la legge, contro i regolamenti, contro gli usi e le tradizioni locali. Vi è, poi, chi non ammette che vi siano cittadini appassionati, e per costoro ha già paventato "contenziosi, conseguenze penali ed economiche”. Ma è giustificabile un tale accanimento da parte degli ambientalisti? Per quale fine si vuole scatenare una tempesta in un bicchiere d’acqua? La L. 11 febbraio ’92 n. 157 all’art. 4, commi 3 e 4, disciplina l’attività di cattura per l’inanelamento e la cessione a fini di richiamo e così viene disposto: “3. L’attività di cattura per l’inanellamento e per la cessione a fini di richiamo può essere svolta esclusivamente da impianti della cui autorizzazione siano titolari le Province e che siano gestiti da personale qualificato e valutato idoneo dall’Istituto Nazionale per la fauna selvatica. L’autorizzazione alla gestione di tali impianti è concessa dalle regioni su parere dell’Istituto Nazionale per la fauna selvatica, il quale svolge altresì compiti di controllo e di certificazione dell’attività svolta dagli impianti stessi e ne determina il periodo di attività. 4. La cattura per la cessione a fini di richiamo è consentita solo per esemplari appartenenti alle seguenti specie: allodola, cesena, tordo sassello, tordo bottaccio, storno, merlo, passero, passera mattugia, pavoncella e colombaccio. Gli esemplari appartenenti ad altre specie eventualmente catturati devono essere inanellati ed immediatamente liberati”. La Regione Veneto ha autorizzato anche quest’anno la cattura di uccelli senza che vi sia stata contestazione: essendo infatti una pratica lecita e legittima non si vede quali possono essere i motivi di un così duro contrasto, quale esiste in Friui-Venezia Giulia, che non sia legato al fondamentalismo ambientalista. Con delibera n. 2044 del 07 luglio 2000 la Giunta del Veneto ha infatti autorizzato le Province a gestire, per l’annata venatoria 2000-2001 n. 61 impianti per il rifornimento di richiami vivi, per un totale di 29.000 capi suddivisi tra le specie ivi elencate. Come si può ben vedere, e nonostante vi sia un contrasto con l’INFS sul numero degli uccelli da catturare, ogni impianti ha comunque garantito per l’anno in corso 476 catture elevabili fino a 663 qualora vengano accettate le osservazioni e valutazioni presentate dalla Regione e suffragate dai dati in suo possesso. Anche la Regione Lombardia si pone con occhio laico di fronte alla scelta di praticare o meno l’aucupio. Gli impianti previsti pur non essendo un numero elevato, 67 in tutto, possono catturare 395 uccelli ciascuno per un totale di 26.400 capi.
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Anche qui la cattura, a mezzo di reti verticali e orizzontali, avviene nel massimo rispetto della legislazione vigente, sia statale che comunitaria, per "assicurare un servizio pubblico” diretto a soddisfare il fabbisogno di richiami vivi per la caccia da appostamento. Con questa proposta di legge, in cui si prevede che gli operatori chiamati a collaborare con l’ente pubblico siano valutati idonei dall’Istituto Nazionale per la fauna selvatica, il numero degli impianti sarà di molto inferiore a quelli autorizzati in precedenza e il numero degli uccelli catturabili non elevato, essendo limitato a 200 gli esemplari catturabili per ogni impianto. La quantità non è certamente elevata se si considera che la rotta migratoria vede il Friuli Venezia Giulia come prima regione di transito. Da ciò la possibilità prevista di esaudire le richieste di uccelli provenienti anche da cacciatori di altre regioni. Le motivazioni a favore dell’aucupio possono essere così sintetizzate: 1. Gli uccelli catturabili non sono considerati protetti né dalle leggi nazionali né dalle direttive e convenzioni internazionali questo perché non è in pericolo la consistenza delle specie in oggetto in quanto godono di uno status demografico favorevole. 2. Appartengono a specie cacciabili soggette ad un prelievo ben più consistente attraverso l’esercizio venatorio. 3. L’aucupio è l’evoluzione naturale dell’uccellagione; molte cose sono cambiate: c’è un maggior rispetto della natura e dell’ambiente. 4. Poiché ogni cacciatore può detenere un numero limitato di uccelli, questa proposta di legge eliminerà il bracconaggio: l’offerta controllata infatti eliminerà del tutto 1’interesse economico a catturare di frodo. 5. Si potrà mantenere una tradizione che rispetta l’uomo e la natura facendo vivere le fiere venatorie, le mostre che attraggono un numero sempre consistente di persone, e forse renderemo un po’ meno pesante la solitudine di qualche anziano. Una maggiore sensibilità nei confronti della natura è d’obbligo; quello che non si può e non si deve accettare sono le posizioni non motivate, pretestuose ed intransigenti. FOLLEGOT
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