REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA ASSESSORATO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, BENI CULTURALI, INFORMAZIONE, SPETTACOLO E SPORT
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Progetto RESTAURO, RECUPERO FUNZIONALE E ALLESTIMENTO DEL PADIGLIONE DELL’ARTIGIANATO E. TAVOLARA A SASSARI Fase progettuale
PROGETTO PRELIMINARE
Titolo
RELAZIONE TECNICA
Progettista Arch. Riccardo Cianchi Ing. Elisabetta Pisano Rev
Consulenza storico-tecnica: Dipartimento di Ingegneria Civile Università di Roma Tor Vergata Resp. Scientifico: Prof. Sergio Poretti File
Verificato/Approvato
Data dicembre 2007
Scala
1. Introduzione 2. Stato originario 3. Stato attuale 4. Linee strategiche per il restauro e il riuso 5. Orientamenti per la progettazione definitiva: 5.1 L’impiantistica 5.2 La permeabilità delle pareti 5.3 Polifunzionalità 5.4 Allestimenti
1. Introduzione Il padiglione dell’artigianato sardo ‘Eugenio Tavolara’ di Sassari rappresenta una delle architetture di maggior valore del Novecento in Sardegna. Progettato nel 1953 da Ubaldo Badas, in stretta collaborazione con Eugenio Tavolara, che coinvolse altri artisti sardi quali Giuseppe Silecchia, Emilia Palomba, Gavino Tilocca per le decorazioni artistiche dell’edificio, viene inaugurato già nel 1956 ma definitivamente completato nel 1958. Destinato ad esposizioni temporanee e alla vendita diretta di prodotti tipici dell’artigianato sardo, ha subito negli anni molteplici trasformazioni e addizioni che ne hanno in parte compromesso l’immagine architettonica. Il progetto di intervento è finalizzato al restauro, al recupero funzionale e al nuovo allestimento espositivo per accogliere, da una parte, la sede del Museo E. Tavolara per l’artigianato e il design e l’esposizione permanente delle relative collezioni storiche, e dall’altra, la commercializzazione della produzione attuale dell’artigianato artistico sardo. L’intervento è orientato alla conservazione e/o al ripristino integrale dei caratteri architettonici, materici, cromatici originali, nel rispetto del vincolo apposto ope legis ai sensi del codice dei beni culturali. L’adeguamento funzionale e impiantistico deve quindi perseguire l’obiettivo di non alterare l’immagine originaria sia dal punto di vista architettonico che costruttivo.
2. Stato originario Il padiglione dell’artigianato sardo ‘Eugenio Tavolara’ si trova nell’area dei giardini pubblici frontistanti l’emiciclo Garibaldi, all’angolo tra viale Mancini e via Tavolara. La sua funzione originaria era quella di ospitare mostre di artigianato sardo da tenersi a cadenza periodica (annuale prima, poi biennale). L’edificio è composto essenzialmente di due corpi tra loro collegati. Uno, di pianta pressoché quadrata, è il ‘corpo delle botteghe’; l’altro, di pianta trapezia, è la ‘sala delle mostre’. Il primo corpo, che ha accesso dal piazzale su via Tavolara, è costituito da quattro bracci disposti intorno ad un cortile: tre bracci costituiscono il ‘salone delle botteghe’ (il nome si deve all’idea iniziale, mai realizzata, di ospitarvi dieci botteghe artigiane); il quarto braccio è la cosiddetta ‘galleria’. Il salone delle botteghe e la galleria erano destinati a spazi espositivi. Dalla galleria, grazie al piano pavimentale inclinato, è possibile raggiungere il piano seminterrato sviluppato sotto la sala mostre, dove si trovava un’altra sala di esposizione contornata da ambienti di servizio e magazzini. A questo piano seminterrato si può accedere direttamente dall’esterno dal fianco verso viale Mancini. Tra la galleria e il cortile vi è il corpo a doppia altezza che contiene le scale di collegamento del piano terra con la sala mostre e con la terrazza praticabile che copre il salone delle botteghe. La terrazza, protetta da pensiline, poteva ospitare manifestazioni all’aperto ed esposizioni temporanee. Alla sala mostre si può accedere sia dall’interno che dall’esterno, mediante la rampa che parte dal piazzale d’ingresso. La rampa conduce ad un atrio e da qui ad uno spazio soprelevato rispetto alla sala mostre: il ‘salone d’onore’. In fondo al salone vi è una piccola zona destinata ad uffici. Dal salone d’onore, attraverso una coppia di scale si passa alla sala mostre vera e propria. La sala era stata concepita sia come spazio espositivo, ma anche come spazio per manifestazioni varie (il salone d’onore poteva essere utilizzato come palcoscenico rivolto verso la sala). L’ingresso alla sala può avvenire anche attraverso tre porte finestre aperte sul fianco verso viale Mancini. Il padiglione ha una struttura portante di cemento armato poggiata su plinti e su travi continue; il primo solaio è controterra, gli altri sono a travetti di laterizio armato SAP. Le murature sono di mattoni forati, disposti in semplice o in doppio strato con intercapedine; vi sono anche tratti in mattoni pieni e in pietrame di trachite. I pavimenti degli spazi interni sono in lastre di marmo e in vari tipi di bullettonato (in gres e in marmette di cemento negli spazi di servizio); in acciottolato e in getto di cemento, i pavimenti esterni. Le pareti interne ed esterne sono rifinite con intonaci di vario tipo e rivestite con tesserine di ceramica smaltata, lastre di marmo, listelli di spacco di marmo o di ceramica smaltata. Le finestre e le porte finestre hanno vetri trasparenti o traslucidi (stampati o ‘greggi’) montati entro un telaio perimetrale di ferrofinestra con traversi e montanti interni. Il telaio perimetrale è tenuto staccato sia dagli stipiti che dall’architrave, e lascia una fessura di un paio di centimetri: non sono quindi assicurate né la tenuta all’aria né una perfetta tenuta all’acqua. Vi sono anche vetrate costituite da vetri traslucidi montati a persiana e sostenuti da montanti tubolari di ferro, anche questi privi di tenuta all’aria. Negli spazi espositivi le finestre sono fisse. Nei locali di servizio e nei magazzini (al piano interrato), nella galleria (solo la finestra orizzontale) e nelle stanze ad uso ufficio e servizi (al primo piano) le finestre sono apribili e a tenuta. Gli ingressi e le vetrine del corpo delle botteghe rivolte verso i giardini pubblici sono protette da cancelli riducibili.
In quanto ‘padiglione’, l’edificio è stato pensato come uno spazio protetto ma non separato nettamente dagli spazi esterni: il visitatore percorrendo prima i giardini pubblici e poi gli spazi espositivi non avrebbe dovuto avvertire la discontinuità tra esterno e interno. Il padiglione, nella sua versione originaria, è dunque un oggetto artificiale ma anche perfettamente integrato con gli elementi naturali circostanti (aria, acqua, spazi verdi). Anche gli spazi interni erano stati resi compatibili con le condizioni climatiche esterne ed è per questo che i serramenti sono semplici pannelli vetrati senza tenuta e non è stato installato alcun impianto di climatizzazione. Per meglio integrarlo con gli spazi esterni, l’edificio è stato completato con parti ‘effimere’: la pensilina a montanti e traversi di ferro, con copertura di ondulux sul lato verso viale Mancini; il ‘tunnel’ di protezione della rampa fatto di alte transenne di legno e di una copertura di ondulux. La principale sistemazione esterna è costituita da due vasche d’acqua: una, a perimetro curvo che, con bacini a due livelli, si sviluppa su due lati della sala mostre; l’altra (la ‘piscina’), di forma rettangolare, è posta in fondo al piazzale d’ingresso, intorno alla rampa. Completano l’esterno e gli interni del padiglione alcune opere decorative di artisti sardi realizzate come parti integranti dell’edificio: la fontana al centro del cortile, opera di Giuseppe Silecchia, che realizza anche la decorazione delle fioriere che si sviluppano lungo le vetrate delle botteghe; il fregio di piastrelle smaltate che corre lungo la veletta che rigira sulla parete vetrata della sala mostre, opera di Emilia Palomba; l’altorilievo a figure di terracotta sulla parete cieca della galleria (verso la rampa) opera di Gavino Tilocca; e non ultimo, la composizione di placche di steatite incise che decorano la parete del vano della scala, opera di Eugenio Tavolara (che realizza per il padiglione anche un arredo mobile, il bancone dell’accoglienza).
Interno della sala mostre
Scorcio del prospetto principale sul giardino
Il cortile del corpo delle botteghe
Prospetto su via E. Tavolara
Prospetto sua viale S. Mancini
La pensilina davanti alle vetrine delle botteghe e la rampa sulla vasca
3. Stato attuale Il padiglione, che nell’insieme conserva ancora l’aspetto e l’assetto originari, è stato utilizzato sin dalla prima mostra di artigianato sardo (1956) come spazio per ospitare esposizioni temporanee, manifestazioni di vario genere e, più di recente, una mostra-mercato permanente che occupava l’intero salone delle botteghe. Nel tempo l’edificio è stato oggetto di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, eseguiti soprattutto in occasione dell’allestimento delle mostre. Questi lavori hanno prodotto sia trasformazioni minute (nuove tinteggiature, riparazione degli intonaci e dei rivestimenti, sostituzione degli apparecchi di illuminazione), sia alterazioni o perdite significative (vedi, ad esempio, la parete di testata della sala mostre e la zona del salone d’onore, le vasche d’acqua e le parti di completamento in legno e ferro: pensiline, pergole, transenne ecc.). Invasivo è stato poi l’intervento di ristrutturazione funzionale e impiantistica compiuto tra il 1981 e il 1982. L’intervento mirava a creare uno spazio confinato regolato dal punto di vista termoigrometrico e adatto ad un impiego non solo stagionale. In tale occasione sono stati installati gli impianti di riscaldamento e di condizionamento dell’aria: la centrale frigorifera è stata posta al piano interrato; la centrale termica ha occupato una parte della galleria del pianoterra; l’unità di trattamento aria è stata posta all’esterno, sulla copertura del corpo scale, con le condotte che, racchiuse entro spesse intercapedini, hanno alterato la sagoma delle coperture. Contemporaneamente sono state coibentate le coperture e sostituiti tutti i serramenti esterni: solo pochi di essi si sono conservati: tra questi le due grandi vetrate a persiana della sala mostre e del salone delle botteghe. Sono stati infine eseguiti altri lavori di manutenzione e di riparazione: sulle coperture, sui pluviali, sulle finiture interne ed esterne. Delle trasformazioni più significative si avrà modo di riferire partitamente in seguito. Attualmente le strutture del fabbricato sono efficienti e complessivamente in buono stato, nonostante alcuni fenomeni di degrado sulle parti esposte agli agenti atmosferici (fessurazione del calcestruzzo, corrosione delle armature). In buono stato sono anche le murature e i serramenti, anche se alcuni richiedono un intervento di manutenzione. Le impermeabilizzazioni sono complessivamente efficienti, ma con difetti di tenuta che, in alcuni punti, hanno creato negli ultimi mesi danni vistosi. I materiali di finitura sono in gran parte quelli originari. Il loro stato si può considerare discreto, anche se le situazioni sono diversificate: vi sono danni significativi ma solo in parti di limitata estensione. Tutte le tinteggiature, esterne e interne, sono state rifatte, in genere con colori molto simili agli originali. Ultimamente alcuni fenomeni di degrado, anche per l’assenza di un’adeguata manutenzione, hanno subito una preoccupante accelerazione.
4. Linee strategiche per il restauro e il riuso
Nell’intervento di restauro e recupero del padiglione due sono gli aspetti architettonici, tra loro legati, da tenere ben presenti: • la strutturazione a grandi spazi integrati, ma ciascuno con un proprio, ben definito carattere; • la ‘atettonicità’ delle pareti. Gli spazi configurati da Badas sono nel contempo ‘flessibili’ e fortemente caratterizzati per forma e per costituzione materiale delle pareti. L’istanza della flessibilità, in questo caso, non ha dato luogo a spazi anonimi, semplici ‘contenitori’ di funzioni, ma ad ambienti riconoscibili, dotati di una propria identità. Tale identità, tuttavia, non esclude né l’integrazione tra gli spazi - nessuna barriera ostacola la circolazione dei visitatori -, né la simbiosi degli spazi dell’architettura con gli spazi naturali - nessuno schermo crea una separazione netta tra esterno e interno. La scatola muraria, apparentemente così bloccata in pianta, viene, da Badas, disarticolata e trasformata in una composizione di piani: le pareti, all’esterno, non si chiudono con spigoli pieni, ma proseguono oltre, quasi siano lastre indipendenti; i rivestimenti, quanto mai assortiti ma sempre apparecchiati in larghe e unitarie estensioni, sono usati in modo che il volume divenga un combaciare e un disgiungersi di superfici, o per far perdere alle pareti la loro ‘gravità’ muraria. Allo stesso modo è da vedersi l’insistenza con cui Badas usa elementi effimeri (transenne, pergolati, pensiline), caricandoli di un peso figurativo addirittura superiore - com’è il caso dell’incastellatura lignea apparecchiata intorno alla rampa - a quello delle pareti in muratura. La forte caratterizzazione dell’involucro nei suoi elementi costitutivi e i valori spaziali di alcuni degli ambienti portano a ritenere che il restauro e il riuso debbano proporsi una duplice finalità: la conservazione e/o ripristino scrupoloso dei materiali che costituiscono le superfici murarie; la conservazione (e, dove necessario, il recupero) dell’identità degli spazi interni ed esterni; operazione, quest’ultima che, pur nel rispetto dell’originaria ‘vocazione’ dell’edificio, lascia però ampi margini operativi nella definizione puntuale degli attributi funzionali. Le linee di intervento saranno di seguito presentate distinguendo tra: • indicazioni per il restauro conservativo (riguardano quegli elementi dell’edificio ritenuti strategicamente importanti per mantenere le caratteristiche architettoniche originarie) e • indicazioni per il riuso e la ristrutturazione (riguardano l’insieme degli interventi da fare per rispondere alle esigenze funzionali, di agibilità e di sicurezza). Ovviamente, nella definizione del progetto definitico, le indicazioni contenute nelle linee di intervento che seguono dovranno essere rese reciprocamente compatibili e complementari, in modo che il recupero funzionale sia condotto nel rispetto dei valori architettonici dell’edificio e dei materiali originali. Gli interventi di restauro conservativo riguardano in particolare i materiali originari: sono perciò concentrati su quello che potrebbe definirsi il ‘contenitore’, composto dall’ossatura portante in cemento armato, dagli orizzontamenti, dall’involucro murario esterno e, per l’interno, dalle parti che suddividono l’edificio in unità funzionali omogenee. Ne consegue, naturalmente, l’esigenza di non alterare l’immagine originaria dell’edificio - i volumi con nuove addizioni, le superfici con modifiche di forma dei vani e dei mate-
riali di finitura -, provvedendo ad eliminare aggiunte e superfetazioni e a ripristinare le soluzioni e lo stato originari. Gli interventi di ristrutturazione riguarderanno le opere necessarie alla riutilizzazione del padiglione: sono perciò il risultato della concezione della nuova organizzazione funzionale. Nel mettere in rapporto la ‘macchina funzionale’ e il ‘contenitore-immagine’ in cui sarà inserita, occorre seguire una linea strategica ben precisa. Il dato di partenza è la conservazione dei grandi, unitari ‘vuoti’, in quanto caratteristica peculiare del padiglione. L’impianto distributivo degli spazi interni, pur con articolazioni secondarie, è impostato sulla sequenza: salone delle botteghe - corpo scale - sala mostre. La riconoscibilità di queste tre unità spaziali (e il mantenimento o il ripristino dei modi d’accesso originari) e dei rapporti con le altre articolazioni (galleria, terrazza, ambienti seminterrati) costituiscono elementi di partenza su cui impostare il progetto di restauro e riuso. L’attuazione della strategia ‘dei grandi vuoti’ impone di concentrare le eventuali modifiche per adeguare l’organismo alle nuove destinazioni d’uso soprattutto in alcuni degli spazi accessori, in particolare negli ambienti seminterrati e nella zona uffici: spazi poco caratterizzati, e comunque già molto trasformati, dove le modifiche potranno essere sensibili. Al contrario gli spazi dei saloni principali possono sopportare solo interventi di entità limitata e di minimo impatto.
5. Orientamenti generali per la progettazione definitiva
La nuova destinazione d’uso richiede una serie di interventi finalizzati ad assicurare adeguate caratteristiche di fruibilità, di comfort ambientale, di sicurezza. Di seguito si forniscono indicazioni e orientamenti a livello d’insieme affinché, in fase di progetto definitivo, venga perseguito più agevolmente il duplice obiettivo di realizzare una struttura efficiente, con prestazioni in linea con gli standard attuali, e di conservare i caratteri architettonici originari del padiglione.
5.1 L’impiantistica La definizione dell’attrezzatura impiantistica è il problema che il progetto definitivo deve affrontare e risolvere preliminarmente poiché la soluzione fornita avrà conseguenze importanti sul modo d’uso e sulla fisionomia dell’edificio, oltre che sulle sue prestazioni tecnologiche. Perciò le definizioni dettagliate relative agli impianti, riferiti ai sistemi telematici e di sicurezza, alla climatizzazione, all’elettrico e all’idrico sanitario, e alle loro reti devono costituire parte essenziale e integrante del progetto definitivo. La questione principale riguarda l’impianto di climatizzazione. Originariamente il padiglione, come si è detto, non possedeva impianti di climatizzazione: la costituzione delle pareti, cieche e vetrate, era l’unico sistema di regolazione del microclima. Per quanto importante sia stata questa scelta nell’ideazione del padiglione e nella progettazione dei suoi elementi (il frangisole della sala mostre, le vetrate a persiana ecc.), il problema di adeguamento termoigrometrico per la nuova destinazione d’uso potrebbe non essere compatibile con le soluzioni originarie. Tuttavia il modo in cui negli anni ‘80 è stato operato il confinamento degli spazi interni e il modo in cui è stato impiantato il sistema di condizionamento non possono essere accettati alla luce dello stravolgimento attuato ai caratteri architettonici originari. Occorre dunque progettare un sistema meno invasivo compatibile con i caratteri dell’edificio. Tutti gli impianti dovranno essere definiti e dimensionati - sia nell’ingombro delle apparecchiature e nella loro collocazione, sia nel tipo e nella potenza di impianto, sia nello sviluppo delle reti - in modo tale che il loro impatto non risulti pregiudizievole, com’è attualmente, per le caratteristiche architettoniche dell’edificio. Dovranno perciò essere studiati l’ubicazione delle centrali (termica, frigorifera, di trattamento aria, elettrica, pompe) e i percorsi delle canalizzazioni evitando l’aggiunta di corpi in aderenza al fabbricato, modificando il meno possibile gli ambiti spaziali più importanti, salvaguardando le superfici di finitura più pregiate (pavimenti, rivestimenti). La posizione, il numero e l’aspetto degli apparecchi utilizzatori andranno definiti sia nel rispetto dell’ottimale funzionamento degli impianti che delle caratteristiche architettoniche dell’edificio.
Nell’intenzione di recuperare lo spirito del progetto di Badas, l’elaborazione di soluzioni tecnologiche ecosostenibili è da considerare un parametro nella valutazione del progetto definitivo a condizione che rispettino l’immagine originaria dell’edificio In particolare saranno apprezzate: soluzioni per il controllo del microclima (sfruttamento passivo degli apporti energetici solari, ottimizzazione dell’illuminazione e della ventilazione naturale) volte a limitare i consumi; utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ad integrazione delle tradizionali (soprattutto energia solare, per produzione di acqua calda sanitaria tramite collettori solari, produzione di calore con caldaie ad alto rendimento e pompe di calore e produzione di energia elettrica con sistemi di cogenerazione e pannelli fotovoltaici); utilizzo di materiali sostenibili e riciclabili per ridurre l’impatto ambientale; corretto utilizzo dell’acqua; accorto sfruttamento del verde.
Veduta d’epoca
5.2 La permeabilità delle pareti
Il problema dei serramenti, in relazione alla loro originaria permeabilità all’aria, va affrontato individuando una strategia unitaria (naturalmente legata alle scelte progettuali relative alla climatizzazione) che, punto per punto, nelle varie parti del padiglione, potrà trovare, se necessario, soluzioni differenziate. Si auspica il ripristino della soluzione iniziale con i serramenti non a tenuta, ma esigenze di comfort potrebbero imporre di riprogettare questa soluzione. In questo caso comunque si richiede un duplice atteggiamento progettuale: • soluzione tecnica della tenuta per le vetrate più caratterizzanti, da conservare; • ripristino delle soluzioni originali, laddove modificate, ridefinendo le scelte tecniche. Le vetrate originali ‘a persiana’ (della sala mostre e del salone delle botteghe) vanno senz’altro conservate e vanno rimosse le controvetrate, risolvendo ‘localmente’ il problema tecnico della tenuta all’aria. Si dovranno ripristinare (anche in questo caso risolvendo il problema tecnico della tenuta all’aria) le vetrate ‘a persiana’ già presenti sulle testate della galleria e sul frangisole della sala mostre. Gli altri serramenti esterni vanno riportati alla soluzione originaria per quanto concerne dimensioni generali, colore dei profili, divisione in specchiature, tipo di vetri (singoli o doppi vetri, trasparenti o traslucidi).
Veduta d’epoca della vetrata della sala mostre
5.3 Polifunzionalità
L’analogia tra l’originaria destinazione e la nuova destinazione in parte a Museo per l’artigianato e il Design con l’esposizione delle collezione storica dell’I.S.O.L.A. e in parte per esposizioni a tema, riferite all’identità storica, artistica e culturale della Sardegna e a spazi commericiali riservati ai prodotti tipici dell’artigianato sardo consente di mantenere alcune determinanti caratteristiche di fruibilità che l’organismo possedeva nella sua configurazione iniziale, e che in larga parte tuttora possiede. Nella versione originaria l’edificio aveva diversi accessi: la soluzione adottata da Badas mirava a consentire al pubblico di fruire dell’edificio nel suo insieme (per grandi manifestazioni) o solo in alcune sue parti (per iniziative più limitate). Questo carattere, conservato solo parzialmente, dovrà essere ripristinato. L’accesso al corpo degli spazi espositivi a tema e delle botteghe dal lato verso i giardini deve essere mantenuto come accesso principale; l’accesso alla galleria, dal fianco opposto, deve essere ripristinato, anche solo come uscita di sicurezza o come ingresso di servizio ai locali seminterrati. L’accesso alla sala mostre, se in prosieguo dello spazio espositivo del salone delle botteghe, continuerà ad avvenire attraverso la scala. Ciò consentirà di rendere autonomamente fruibile la terrazza che potrà accogliere anche attività espositive e ricreative. Se la sala mostre viene usata indipendentemente dal salone delle botteghe, dovrà essere possibile accedervi attraverso la rampa esterna; l’accesso al pubblico potrà avvenire anche dalle porte finestre poste sul fianco verso viale Mancini. Per accedere direttamente alla terrazza, senza attraversare altri ambienti interni, è possibile servirsi della rampa esterna. Data la difficoltà di inserire elementi di comunicazioni verticali meccanizzate, occorre-
Veduta d’epoca dell’interno della sala mostre
rà approfittare delle diverse possibilità di accesso dall’esterno da varie quote per poter raggiungere i vari piani. Sfruttando per lo più le rampe già disponibili dovranno essere eliminate le barriere architettoniche per i diversamente abili. Il sistema degli accessi e la distribuzione interna sono da progettare naturalmente tenendo presenti gli aspetti relativi alla sicurezza antincendio e antiintrusione. La realizzazione di vie di fuga rispondenti alle prescrizioni normative potrebbe richiedere sistemazioni degli ambienti interni e determinate prestazioni dei serramenti. Nel primo caso occorre comunque rispettare le caratteristiche originali degli spazi interni. Nel secondo caso, è possibile modificare i serramenti posti lungo le vie di fuga - sostituzione dell’intero serramento, se in funzione compartimentante, uso di maniglie antipanico, trasformazione di ante fisse in ante apribili, inversione del senso di apertura -; i nuovi serramenti dovranno però essere studiati in modo da ridurre al minimo le differenze rispetto al disegno dei serramenti originali (telai, specchiature, vetri).
5.4 Allestimenti Le strutture destinate agli allestimenti (permanenti e temporanei) dovranno rispettare integralmente l’obiettivo strategico della conservazione del carattere unitario dei grandi spazi della Sala mostre e del salone delle botteghe. A tale scopo occorrerà progettare strutture e apparecchiature che non determinino divisioni all’interno dei grandi ambienti e che non interrompano la continuità e l’unità delle pareti che delimitano gli ambienti stessi. Inoltre le strutture per gli allestimenti dovranno avere il requisito della smontabilità e non dovranno in alcun modo alterare l’integrità delle superfici delle pavimentazioni e del soffitti.
Veduta d’epoca del fronte verso il giardino