RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 20 gennaio 2015 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet del quotidiano. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
Indice articoli REGIONE (pag. 2) Tito chiede il commissario: «Il Cda non fa ben sperare» (M. Veneto, 2 articoli) La nomina del Capo dello Stato fa slittare Rilancimpresa Fvg (M. Veneto) Nel 2014 sono fallite 241 aziende (M. Veneto) Sale al 21% il taglio dei vitalizi più ricchi (Piccolo) CRONACHE LOCALI (pag. 6) Udine al top ma è sottofinanziata (M. Veneto Udine) Dipendente comunale sospeso per un mese (M. Veneto Udine) Ideal, verdetto in dieci giorni (Gazzettino Pordenone) Unindustria a difesa della Kronospan (Gazzettino Pordenone) Tutela di Pordenone, in campo Bolzonello (M. Veneto Pordenone) Casa di riposo unica, fondazione nel limbo (M. Veneto Pordenone) Precari, il 19 marzo discussi trecento ricorsi (M. Veneto Pordenone) Refel, operaio licenziato per il lancio di un petardo (M. Veneto Pordenone) Coop Operaie, in vendita il patrimonio immobiliare (Piccolo Trieste) Ogni giorno in 120 in fila al Centro per l’impiego (Piccolo Trieste) “Britannia” quasi pronta: fra un mese la partenza (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
REGIONE Tito chiede il commissario: «Il Cda non fa ben sperare» (M. Veneto) di Luana de Francisco UDINE Fuori da CoopCa amministratori e sindaci. È quanto ha chiesto la Procura di Udine, attraverso l’istanza di nomina urgente di un commissario giudiziale depositata ieri in tribunale. «Le precedenti condotte dell’attuale Consiglio d’amministrazione - ha affermato il procuratore facente funzioni, Raffaele Tito - non lasciavano affatto buone speranze per il futuro della cooperativa». Troppo inaffidabili e compromessi, insomma, per continuare a tenere le redini della società di Amaro, precipitata da mesi nel baratro della crisi finanziaria e alle prese con una corsa contro il tempo, tesa a evitare la dichiarazione di fallimento. Su quello stesso vertice cui si chiede ora di togliere i poteri, intanto, pende la spada di Damocle di un’inchiesta giudiziaria che ipotizza al momento le ipotesi di reato del falso in bilancio e del conflitto d’interessi. Il fascicolo è intestato a Tito e alla collega sostituto Elisa Calligaris e le relative iscrizioni sul registro degli indagati sono in corso di formalizzazione. La sostituzione dei vertici La Procura lo ha proposto in maniera elegante, facendo ricorso agli strumenti che le sono propri - la norma di riferimento, in questo caso, è l’articolo 161 della legge fallimentare -, ma la sostanza non cambia: mettere all’angolo gli organi societari di amministrazione e di controllo e sostituirli con un professionista “super partes”. Un commissario giudiziale, cui affidare il timone della cooperativa e la gestione di tutte le future incombenze, compresi i rapporti con i creditori. Qualora la richiesta dovesse essere accolta, è con lui e non più con il presidente Ermano Collinassi che i professionisti incaricati di predisporre il piano di concordato preventivo, nonchè i due saggi indicati di recente dalla Regione, dovrebbero continuare a confrontarsi. Davanti ai giudici L’istanza sarà esaminata con ogni probabilità nel corso dell’udienza di giovedì. Cioè quando il collegio per le procedure concorsuali presieduto da Alessandra Bottan (che è anche presidente del tribunale) e composto dai colleghi Lorenzo Massarelli (giudice delegato) e Andrea Zuliani, si pronuncerà sulla richiesta di proroga di 60 giorni dei termini per il deposito della documentazione e del piano di concordato preventivo, che l’avvocato Andrea Cabrini e il commercialista Maurizio Variola avevano presentato mercoledì. È verosimile attendersi che il decreto di nomina sia contestuale all’eventuale concessione di un differimento dei termini (scaduti sabato scorso). Il rischio fallimento Comunque finisca, l’appuntamento di giovedì sarà decisivo. Nel caso in cui la decisione dei giudici dovesse essere negativa, per Coop Carnica potrebbe scattare la dichiarazione di fallimento. A chiederla, nei mesi scorsi, era stato un fornitore veneto. L’istanza, l’unica finora presentata contro CoopCa, era stata però “congelata” a seguito del via libera del 20 novembre scorso alla procedura concordataria. All’udienza partecipano anche i creditori istanti - uno solo, in questo caso - ed è loro facoltà esprimere il proprio parere anche in merito alla proroga. A quanto appreso, il fornitore che ha chiesto la “testa” della cooperativa carnica appartiere all’area di Despar, ossia di una delle sue concorrenti. E questo non depone affatto per una conclusione favorevole della vicenda. Come a Coop operaie di Trieste Con la mossa di ieri, il caso di CoopCa assomiglia ancora di più allo scandalo delle Cooperative operaie di Trieste. Anche nel capoluogo giuliano, dove l’ex presidente Livio Marchetti deve rispondere a sua volta di falso in bilancio, per avere “gonfiato e abbellito” i conti della coop - questo l’assunto accusatorio - attraverso operazioni immobiliari infragruppo, si era optato per la nomina di un amministratore giudiziario. L’investitura risale al 17 ottobre ed è caduta su un professionista che nel curriculum annovera la presidenza dell’Ordine degli avvocati di Trieste, due anni di assessorato al Bilancio del Comune al fianco del sindaco di centrosinistra, Roberto Cosolini, e un incarico arduo come la gestione del post-Tonellotto della Triestina Calcio, insieme a due commissari a latere. L’esposto dei soci A sollecitare la nomina dell’amministratore giudiziario era stato anche l’avvocato Gianberto Zilli, legale del Comitato spontaneo di difesa dei soci prestatori di CoopCa (quasi 800, sui circa 3 mila presenti) ed estensore, per loro conto, dell’esposto-querela che ha aperto la strada alla Procura, per procedere nell’azione penale,
formulando ipotesi di reato altrimenti non procedibili d’ufficio. Zilli, che nel documento ha indicato un lungo elenco di presunti casi di mancata vigilanza e false comunicazioni sociali in danno ai creditori, oltre che l’ipotesi dell’abusiva attività di raccolta del risparmio e quella della truffa aggravata in relazione alla “lettera-beffa” inviata ai soci prima del crac, per sollecitare il deposito di nuove risorse finanziarie, si era rivolto alla Procura, chiedendo che fosse valutata anche l’applicazione di misure cautelari di tipo interdittivo, come la sospensione dell’esercizio delle funzioni di amministratori. «Se sarà nominato un commissario - ha annunciato il legale - insisteremo, affinchè ci venga consegnato l’elenco dei soci rimborsati poco prima del blocco dei risparmi». La somma che prese il volo, in appena un mese e mezzo, ammonta a 3,1 milioni di euro. I vertici della società presi in contropiede UDINE Non c’è la controprova, ma la sensazione è che i vertici di CoopCa siano stati presi in contropiede dalla richiesta del procuratore della Repubblica di Udine facente funzioni Raffaele Tito di nominare, da parte del tribunale, un commissario giudiziale a norma dell’articolo 161 della legge fallimentare. Il presidente della cooperativa finita nell’occhio del ciclone da un paio di mesi a questa parte, Ermano Collinassi, si riserva di commentare quando avrà più chiari i contorni della decisione di Tito. «Ho appena appreso la notizia - ha spiegato ieri pomeriggio - e vorrei approfondire la questione con tutti gli elementi del caso. Quando li avrò potrei fare delle dichiarazioni. In questi casi la fretta non è mai una buona consigliera, quindi per ora preferisco non commentare». Anche in ambienti della Regione ci si limita a una laconica presa d’atto. Si vuole intanto capire se la richiesta del procuratore sarà accolta, mentre poi ci potrebbero essere ulteriori sviluppi della situazione. Non bisognerà comunque aspettare molto. La decisione in merito alla nomina del commissario potrebbe essere presa nel corso dell’udienza di giovedì, quando il collegio giudicante si pronuncerà sulla richiesta di proroga di 60 giorni dei termini per il deposito della documentazione e del piano di concordato preventivo che l’avvocato di CoopCa aveva avanzato nei giorni scorsi al tribunale. Se dovesse essere effettivamente concessa la proroga, si getterebbero le basi del percorso di salvataggio, evitando così un fallimento che sarebbe deleterio per tutta l’economia carnica. Come è noto ci sarebbero delle manifestazioni di interesse per rilevare CoopCa, anche da parte di grandi gruppi multinazionali. Ma tutto dipende da come si pronuncerà il tribunale. Sulla necessità di avere più tempo si era espresso, qualche settimana fa, anche uno dei “saggi” della Regione. «La proroga - aveva detto Gianfranco Verziagi, uno degli esperti che la Regione ha inviato ad Amaro per scavare nei conti della società - è indispensabile perché in queste settimane, oltre ad analizzare i conti, abbiamo dovuto fare in modo che la gestione potesse continuare e non è stato facile». Senza dimenticare che, nell’inchiesta aperta dalla procura di Udine con le ipotesi di reato di falso e conflitto d’interessi, vi sarebbero già degli indagati nel cda. (m.ce.)
La nomina del Capo dello Stato fa slittare Rilancimpresa Fvg (M. Veneto) TRIESTE L’elezione del presidente della Repubblica fa cambiare il calendario dei lavori in Consiglio regionale. E dunque slitta a febbraio l’esame e l’approvazione di Rilancimpresa Fvg, la riforma delle politiche industriali della regione. A fine gennaio l’Assemblea si riunirà solo martedì 27, perché dal 28 i tre delegati del Fvg a eleggere il Capo dello Stato saranno a Roma. Il 27, quindi, dalle 10 ci sarà un’ora dedicata al question time, la successiva riservata a interrogazioni e interpellanze e la giornata si concluderà con la discussione di sei mozioni, da quella per il futuro delle infrastrutture e dell’intermodalità al documento contro la riapertura del Cie di Gradisca, dalla richiesta della Lega di chiamare il Fvg semplicemente Friuli e Trieste fino alle misure di sicurezza per evitare l’arrivo in regione di persone facenti capo all’integralismo islamico. Il 2 febbraio, invece, il Consiglio sarà dedicato all’elezione di tre componenti della Commissione regionale per la Cultura e all’approvazione del disegno di legge sulla razionalizzazione e la semplificazione dei procedimenti amministrativi di spesa. Il 3 e 4 sarà la volta di Rilancimpresa Fvg, mentre il 5 i consiglieri saranno impegnati con la mozione del centrodestra sulla grave crisi delle cooperative in Fvg e poi con la legge per tagliare i vitalizi agli ex consiglieri. Nel 2014 sono fallite 241 aziende (M. Veneto) UDINE Sono stati 241 i fallimenti registrati in Friuli Venezia Giulia nel 2014 e 1607 dal 2009 a oggi, durante gli anni della grande crisi. Una situazione preoccupante, ma che comunque relega la nostra regione agli ultimi posti in Italia. Nell’anno appena concluso infatti in Italia hanno portato i libri in tribunale in media 62 imprese ogni giorno, oltre due all’ora. Nel 2014 si sono registrati infatti 15.605 fallimenti, un numero in crescita del 9% rispetto al 2013 e del 66% rispetto al 2009, l’anno in cui la crisi economica aveva appena iniziato a condizionare la vita del tessuto industriale italiano. In sei anni si contano complessivamente 75.175 imprese chiuse, in un trend di costante aumento mostrato dalle rilevazioni trimestrali. Questo è quanto emerge dall’analisi dei fallimenti in Italia relativa al quarto trimestre 2014 realizzata da Cribis D&b, la società del gruppo Crif specializzata nella business information. La distribuzione sul territorio nazionale dei fallimenti è strettamente correlata alla densità di imprese attive nelle diverse aree del Paese e alla localizzazione dei settori in maggiore sofferenza nei diversi territori. Nel 2014 la Lombardia si conferma la regione d’Italia in cui si registra il maggior numero di fallimenti, con 3.379 casi, pari al 22,1% del totale nazionale. I macrosettori più colpiti dai fallimenti nel 2014 sono il commercio e l’edilizia, entrambi con oltre 4 mila casi. In questi due soli settori si concentra oltre metà del totale dei fallimenti registrati nel 2014. Entrando nel dettaglio dei microsettori, è la “costruzione di edifici” a far registrare il numero più alto di imprese con i libri in tribunale (1.899), seguito dagli “installatori” (1.309). Vengono poi il commercio all’ingrosso dei beni durevoli (1.197), i servizi commerciali (957) e il commercio all’ingrosso dei beni non durevoli (868 casi). Non è esente dal fenomeno però l’industria, in particolare quella dei manufatti in metallo (660 fallimenti), dei macchinari industriali e computer (330), del tessile-abbigliamento (241), del mobilearredo (233). E nemmeno i trasporti e servizi merci su gomma con 637 imprese fallite nel corso del 2014.
Sale al 21% il taglio dei vitalizi più ricchi (Piccolo) di Marco Ballico TRIESTE La partita non è chiusa perché Cittadini e Sel chiedono, e ottengono, un nuovo incontro mercoledì, mentre il Movimento 5 Stelle illustrerà già oggi una proposta di legge solo grillina. Ma a Palazzo spuntano le cifre, probabilmente definitive, del taglio ai vitalizi degli ex (un prelievo di durata triennale): dal 6% per chi incassa ogni mese un assegno inferiore ai 2mila euro lordi al 21% del politico di lungo corso che porta a casa più di 6mila euro dalla Regione con l’aggiunta di una seconda pensione pubblica. Le cifre Rispetto alle previsioni della viglia, l’incontro di ieri del gruppo di lavoro istituito in Consiglio per condividere una bozza da trasformare in norma ha sfornato una previsione di tagli lievemente superiori. Il documento consegnato ai partiti da Franco Iacop parla di una riduzione del vitalizio pari al 6% per chi porta a casa 2mila euro lordi al mese, del 9% per chi ha un assegno tra i 2 e i 4mila euro, del 12% tra i 4 e i 6mila e del 15% per chi va oltre 6mila, percentuali “tassate” di un altro 40% nel caso di doppio vitalizio. Il risparmio In Friuli Venezia Giulia i beneficiari della pensione regionale pubblica sono 213 (di cui 58 coniugi o eredi), pesano sul bilancio 9 milioni, incassano un bonifico mensile che va dai 614 ai 6.437 euro mensili lordi (oltre i 6mila ci sono al momento nove ex eletti: Roberto Antonaz, Giancarlo Casula, Giovanni Cocianni, Gianfranco Moretton, Antonio Tripani, Salvatore Varisco, Giancarlo Cruder, Ferruccio Saro e Piero Zanfagnini). Fatti i conti, l’operazione taglio, se concretizzata con gli importi che ieri sembravano condivisi, consentirà un risparmio di circa 900mila euro, il 10% delle risorse necessarie a rispettare i vecchi accordi con i beneficiari. Il nodo dell’età La questione, però, non riguarda solo il contributo chiesto agli ex come segnale di solidarietà a un paese colpito da una perdurante crisi economica. In ballo c’è anche l’età in cui poter incassare il vitalizio. Nessuno lo ammette, ma non mancano alcune resistenze trasversali non tanto a innalzare gli attuali 60 anni a quota 65, quanto a consentire la possibilità di anticipo fino a cinque anni per chi ha alle spalle due mandati in Consiglio e dunque un decennio di contribuzione. Si tratta di trovare un’intesa, che al momento non c’è, sulla penalizzazione economica da applicare per ogni anno di anticipo dell’assegno rispetto alla soglia dei 65 anni. La reversibilità Nella bozza anche le novità per quel che riguarda la reversibilità. La legge 38 del 1995 dispone il diritto a conseguire una quota pari al 60% dell’assegno, nel caso di morte del consigliere, per il coniuge o il convivente more uxorio; i figli fino al diciottesimo anno di età; i figli fino al ventiseiesimo anno se studenti o titolari di reddito inferiore a quello previsto per le persone fiscalmente a carico; i figli inabili al lavoro in modo permanente e assoluto. Gli interventi correttivi prevedono la cancellazione dell’espressione «more uxorio» (e quindi la pensione sarà "trasferita" solo ai coniugi) e il tasso massimo, per i figli, del diciottesimo anno di età. Cinquestelle da soli Molta carne al fuoco (compresa la proposta di Alessandro Colautti di dirottare i risparmi sul Fap, Fondo per l’autonomia possibile, ma pare che tecnicamente non si possa fare) su cui, evidentemente, non manca qualche malumore se, di fronte a un Pd che sembrava intenzionato a chiudere tutto già ieri, Cittadini e Sel, con Pietro Paviotti e Giulio Lauri, hanno invece chiesto ancora 48 ore per approfondire il testo. Non sorprende invece più di tanto la via solitaria dei grillini, che interverranno nell’iter verso l’aula (il 22 gennaio il deposito, il 29 la commissione, il 5 febbraio il voto) con un loro articolato con contenuti molti più radicali e il ricalcolo di tutti i vitalizi presenti e futuri secondo il meccanismo contributivo. ©
CRONACHE LOCALI Udine al top ma è sottofinanziata (M. Veneto Udine) Giacomina Pellizzari Cambia il sistema di finanziamento statale, ma l’università di Udine pur continuando a crescere, resta sottofinanziata. Ieri la denuncia del magnifico rettore, Alberto Felice De Toni, nel corso di una lunghissima inaugurazione del 37simo anno accademico. «Confidavamo che l’introduzione del costo standard per una percentuale del 20% sulla quota base del Fondo di finanziamento ordinario potesse almeno in parte ridurre lo squilibrio. Ma purtroppo così non è stato» ha spiegato il rettore soffermandosi su alcuni dati: «Con una differenza di soli 388 studenti in meno rispetto a Trieste, lo scorso anno Udine ha ricevuto 54,1 milioni di euro contro i 69,6 di Trieste. Vale a dire 15 milioni di euro in meno». Da qui l’appello alla Regione a garantire la perequazione dei fondi ministeriali così come prevista dalla legge 2/2011. I conti A sostegno della sua tesi, De Toni ha spiegato che la disparità di trattamento tra Udine e Trieste va imputata alla discutibile applicazione del principio del costo standard. «Oggi i costi standard oscillano da un minimo di 4.700 euro per studente (Macerata) a un massimo di 8 mila euro applicato a Bari. A parità di studenti, il finanziamento oscilla del 100%» ha aggiunto il rettore auspicando una revisione ministeriale visto che, per risolvere il problema, non basterà aumentare dal 20 al 100% la quota standard. La seconda causa indicata da De Toni è «lo squilibrio e l’introduzione di livelli minimi di salvaguardia per tutelare gli atenei che subirebbero altrimenti tagli pesanti». Udine insomma è cresciuta solo facendo leva sulle sue forze. «Grazie ai risultati ottenuti sul fronte della ricerca e all’aumento della quota premiale al 18%, l’ateneo friulano, rispetto al 2013, ha ricevuto 3,3 milioni di euro in più». La soluzione Per uscire dal tunnel del sottofinanziamento, il rettore dell’ateneo friulano ha proposto di riportare entro il 2018 l’Ffo ai livelli del 2009, con un 10% aggiuntivo da destinare al premiale. «Consentirebbe - ha evidenziato De Toni di ripristinare il turnover al 100% e di attivare un piano pluriennale di reclutamento di giovani ricercatori (1500 all’anno per 5 anni). Ma non solo perché la ricetta del rettore punta anche su fondi strutturali e su un fisco amico dell’università incentrato sulla defiscalizzazione delle spese di ricerca per imprese e pubbliche amministrazioni, sulla riduzione di Irap, Iva, Imu e Tari e sul rafforzamento del 5 per mille a favore degli atenei. Il tavolo regionale Riconfermata la collaborazione tra le università regionale. Al momento vanta 22 iniziative didattiche inter-ateneo. Le università di Udine e Trieste con la Sissa collaborano nel trasferimento tecnologico, nella formazione del personale, nei servizi bibliotecari e negli acquisti di beni e servizi. La qualità della ricerca A promuovere l’ateneo friulano per la qualità della ricerca è stato il presidente dell’Anvur (Agenzia di valutazione), Stefano Fantoni, il quale ha ricordato che Udine in nove settori supera il punteggio medio e tutti i dottorati si posizionano oltre la soglia. «Qui - ha aggiunto Fantoni - ci sono pochi fannulloni, ben al di sotto della media nazionale». Gli altri risultati Tra i risultati più importanti citati, ieri, dal rettore De Toni non manca l’aumento delle citazioni scientifiche passate dal migliaio registrato nel 2011 alle 9 mila dello scorso anno. Altrettanto interessante il portafoglio brevetti caratterizzato da 92 domande di tutela depositate. Lo stesso vale per i 4 doble degree magistrali (doppio riconoscimento del titolo di studio) stipulato nell’anno appena concluso. Personale e studenti Il personale ha rinnovato la richiesta di poter eleggere una rappresentanza in Consiglio di amministrazione e l’aumento del valore del voto nelle elezioni del magnifico rettore. Chiesto anche il riconoscimento del ruolo dei collaboratori esperti linguistici. Il presidente del Consiglio degli studenti, Lorenzo Genna, invece, si è soffermato sul rapporto tra università e studenti.
Dipendente comunale sospeso per un mese (M. Veneto Udine) MORTEGLIANO Un dipendente del Comune di Mortegliano è stato sospeso per 30 giorni dal lavoro per inadempienza nell’ambito delle proprie mansioni. Una sanzione piuttosto grave e non frequente, che comporta la decurtazione di un mese di stipendio. Sulla delicata vicenda abbiamo sentito il sindaco: «I procedimenti disciplinari – annota Alberto Comand, primo cittadino di Mortegliano - non sono trattati direttamente dal sindaco e dagli assessori, che a norma di legge sono esclusi dai passaggi relativi alle contestazioni e deferimento all’ufficio disciplinare». Comand spiega: «A Mortegliano negli ultimi anni si è chiesto molto al personale e devo dire che quasi la totalità dei dipendenti comunali ha risposto bene. Tanto è vero che mi risultano pochi procedimenti disciplinari. Quando si verifica – continua il sindaco - uno dei fatti previsti dalla norma come disciplinarmente rilevante (per esempio la violazione al codice di comportamento, l’omissione di atti oppure ritardi nei procedimenti), i responsabili dei servizi o il segretario comunale avviano la segnalazione all’ufficio disciplinare». Il provvedimento comminato al dipendente non è stato deciso, però, in loco, bensì da uno specifico organismo provinciale. «Vige per Mortegliano, come per la stragrande maggioranza dei Comuni friulani – spiega il sindaco -, la convenzione con la Provincia di Udine, che ha istituito un ufficio procedimenti disciplinari, di cui ci avvaliamo». Fin qui la prassi. «Se mi si chiede di fatti specifici – dice Comand - mio malgrado sono costretto a non dare risposta, che costituirebbe una violazione alla privacy. È, però, vero che nell’ultimo periodo l’ufficio provinciale ha emesso un provvedimento di sospensione piuttosto grave». È confermato, dunque, che un provvedimento disciplinare ha colpito un componente del personale comunale. Il quale può, entro 30 giorni, presentare ricorso al giudice del lavoro, come informano Alessandro Baldassi e Roberto Boezio della Cgil Funzione pubblica: «I provvedimenti disciplinari per i dipendenti della pubblica amministrazione – informano - vanno dal rimprovero verbale o scritto, alla multa, sospensione per 10 o più giorni, fino al licenziamento con o senza preavviso». Anche i sindacalisti confermano che una sanzione grave come questa è una rarità. Dall’altro lato, a Mortegliano è già successo non molti anni fa che un dipendente comunale sia stato licenziato. Paola Beltrame
Ideal, verdetto in dieci giorni (Gazzettino Pordenone) Davide Lisetto Il nodo da sciogliere è sempre lo stesso: trovare le condizioni affinché Ideal Standard ceda parte del capannone e degli impianti industriali del sito di Orcenico in modo da consentire alla Coop IdealScala di provare a far partire il piano di rilancio produttivo. L’accordo per consentire l’operazione non era stato trovato nonostante molti tentativi anche davanti al governo. Almeno fino a prima di Natale quando le parti si sono incontrate l’ultima volta. Da allora qualche piccolo passo avanti sarebbe stato fatto: la multinazionale ha firmato il vincolo alla riservatezza e la Cooperativa ha spedito il piano a Milano. Il nuovo passaggio - previsto per domani proprio nella sede della società nel capoluogo lombardo dove l’azienda e la Coop si incontreranno - richiesto dalla multinazionale è legato alla illustrazione dello stesso piano industriale. Ma è chiaro che nell’incontro di domani si dovrà capire se vi siano le condizioni di una cessione - e soprattutto con quali modalità - di capannone e impianti industriali che la società sarebbe orientata a trasferire nella fabbrica veneta di Trichiana. L’azienda ha sempre continuato a ripetere che la cessione non potrà avvenire a titolo gratuito, ma - in particolare per i macchinari - il criterio era quello del costo libro. Coop e sindacato - al vertice ci saranno anche Unindustria e Confcooperative, oltre alla società Bpi che illustrerà il piano - continuano invece a insistere sulle "condizioni di favore" previste dagli accordi sottoscritti. E hanno più volte sottolineato il prezzo "simbolico" per gli impianti e il comodato d’uso per la porzione di stabilimento. Difficile dire se nell’ultimo mese siano maturate le condizioni per giungere a un accordo. L’unico elemento certo - di cui tutti sono consapevoli - è legato al tempo: la vicenda dovrà essere sciolta, in un modo o nell’altro, entro la fine di gennaio. Questo infatti ha scritto il ministero dello Sviluppo economico nell’ultimo incontro prima di Natale dando l’ultimatum: entro fine mese la questione dovrà essere chiusa. Unindustria a difesa della Kronospan (Gazzettino Pordenone) SAN VITO – "Ostilità e disappunto" due termini usati in una nota di Unindustria Pordenone per esprimere proprio «disappunto per l'incomprensibile ostilità manifestata attraverso l’ordine del giorno presentato in Consiglio comunale dal capogruppo del Pd, Giacomo Collarile, sull’impianto Mdf della ditta Kronospan Srl, verso un progetto industriale, quello di Kronospan a Ponte Rosso, all'avanguardia sotto il profilo tecnico-ambientale e di valore strategico sotto il profilo degli impatti occupazionali». Gli industriali ricordano che tre impianti del tutto simili sono in funzione in regione senza che ciò abbia mai costituito un problema per la popolazione, semmai un positivo impatto sulla comunità locale con un migliaio di posti di lavoro creatisi nell’indotto. Ciò che non ha mai inquinato nei Comuni ove hanno sede tali impianti - Osoppo, Mortegliano e Bicinicco – non può iniziare a farlo in strutture più moderne dotate di elettrofiltri di ultima generazione come quelle progettate a San Vito da Kronospan». Unindustria rammenta poi che «l’ottenimento del parere favorevole della Via (Valutazione di impatto ambientale) è stato frutto del positivo incrocio tra le risultanze di studi compiuti da professionisti e l’Università di Udine, licenziataria di una relazione d’analisi dall’esito positivo. Dubitare, come viene fatto, della conseguente approvazione di Arpa significa farlo anche rispetto all’attendibilità della filiera di professionisti e Istituzioni coinvolti». Unindustria affermare quindi che «investimenti come quello di Kronospan rappresentano un modello di intervento sotto ogni profilo: consentono lo sviluppo di nuova occupazione in un momento di grave crisi come quella che stiamo attraversando e coniugano in modo altamente innovativo le ragioni dell'efficienza produttiva con quelle della massima tutela ambientale e del rispetto di tutte le normative in materia di salute e sicurezza». Iniziative come quella approdata in Consiglio comunale a San Vito, spesso amplificate in modo irresponsabile, rischiano di creare immotivata tensione e contrapposizione tra l’opinione pubblica e componenti virtuose del mondo produttivo.
Tutela di Pordenone, in campo Bolzonello (M. Veneto Pordenone) di Martina Milia La politica pordenonese batte un colpo. A fronte del rischio declassamento, che diventerebbe inevitabile con la chiusura della Prefettura (dalla quale dipenderebbe il depotenziamento di Questura e Agenzia delle Entrare, solo per citare gli enti più rappresentativi), il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello ha preso la palla al balzo e ha messo tutti attorno a un tavolo. Il vertice. Ieri sera, nella sede della Regione, l’assessore ha convocato i rappresentanti delle forze politiche governative (Pd, Nuovo centro destra, di cui è espressione il ministro Alfano e Udc). Convocati i parlamentari (che erano presenti nello spirito dell’incontro, ma impegnati a Roma in aula) Giorgio Zanin e Lodovico Sonego, l’assessore regionale Paolo Panontin, i consiglieri regionali democratici (Chiara Da Giau, Renata Bagatin, Renzo Liva e Armando Zecchinon), il sindaco e presidente della Provincia Claudio Pedrotti e i segretari provinciali dei tre partiti, Giuliano Cescutti (Pd), Isidoro Gottardo (Ncd) e Nicola Callegari (che faceva le veci di Maurizio Salvador dell’Udc). L’impegno. L’appuntamento è servito a fare quadrato su un tema dal quale dipendono molti altri e che finora ha visti impegnati Bolzonello e Serracchiani sotto traccia. L’incontro è servito per fare il punto della situazione e individuare dei compiti a seconda dei ruoli. «Il tema – si limita a dire Bolzonello – è quello di chiedere con fermezza e quanto prima la nomina di un prefetto visto che la figura è vacante da sei mesi». Pedrotti. Se la Regione si muoverà nell’ambito del Pd e i centristi nei confronti del ministro Alfano, il territorio deve dare segnali altrettanto chiari. «Non accetteremo un impoverimento, questo territorio ha ragioni strategiche, dalla presenza di una base militare all’alto tasso di immigrati alla de industrializzazione per rivendicare una presenza forte dello Stato – sottolinea Pedrotti –. Nei prossimi giorni farò una serie di azioni in qualità di rappresentante del territorio». E se c’è chi fa notare che la riunione avrebbe dovuto organizzarla il sindaco, Pedrotti ora ha in mano una palla molto delicata. Perché il centro destra ha già impostato la campagna elettorale sullo scippo del territorio pordenonese. I parlamentari. Pressing su Roma lo faranno anche i parlamentari. Il senatore Sonego, in una nota, ha fatto sapere di essere della partita pur evidenziando ancora una volta che «la politica delle riforme della pubblica amministrazione non può essere il destro per spogliare la provincia di Pordenone di presidi e servizi essenziali concentrandoli invece in altri territori. Vi sono infatti manifesti tentativi di concepire le riforme come mezzo per una grande redistribuzione del potere e della rappresentanza in Friuli Venezia Giulia». E proprio per evitare questo chiede «una intesa sulla dislocazione sul territorio regionale delle strutture amministrative, delle funzioni economiche e di governo, per tenere insieme la regione e governare bene la Regione». Anche per il deputato Zanin va fatto presente al ministero che «semplificazione non può tradursi praticamente nello sguarnire il territorio» e che «La specificità della realtà pordenonese ha effettivamente alcuni punti importanti, sottolineati giustamente dalla lettera promossa delle categorie» che aiutano a capire quale sarebbe il danno, in termini di servizi e qualità, procurati da una chiusura.
Casa di riposo unica, fondazione nel limbo (M. Veneto Pordenone) Il piano è pronto, anche i passi per recuperare – in dieci anni – un disavanzo di 880 mila euro nei conti di Casa serena. L’avvio del progetto della casa di riposo unica, però, potrebbe ritardare di qualche mese perché la forma giuridica che il Comune vorrebbe adottare – ovvero la fondazione di partecipazione, strumento di diritto privato che persegue finalità pubbliche – non sta in piedi secondo la Regione. Non sta in piedi se il Comune, come scritto nel piano, intende ricomprendere le farmacie comunali in quanto, secondo la Regione, sono soggetti a rilevanza economica e dovrebbero essere esternalizzati solo a soggetti privati quali Asp (azienda per servizi alla persona, qual è la casa di riposo Umberto primo)o spa. Il Comune, invece, ritiene che anche il ruolo delle farmacie, all’interno della fondazione, perderebbe il valore prettamente economico per assumere una funzione sociale (e il progetto declina come). «In queste settimane stiamo facendo incontri con la Regione e con un esperto della Bocconi – spiega l’assessore alle politiche sociali, Vincenzo Romor – proprio per cercare di sciogliere il quesito. Abbiamo fatto dei passi avanti, ritengo comunque che nel giro di un mese e mezzo al massimo dovremo definire la questione per non ritardare il processo che ci siamo posti e che prevede un pareggio del passivo nel giro di dieci anni. E’ chiaro che se decidessimo di escludere le farmacie dal nuovo polo sociosanitario ci troveremmo a diluire il passivo in un tempo più lungo». L’amministrazione sembra comunque propensa a non cedere sulle farmacie comunali «per cui potremmo valutare un’altra forma giuridica. Io sono comunque ottimista, una soluzione andrà individuata in tempi rapidi. Qualunque sia possiamo decidere di procedere per tappe – spiega l’assessore –, anche perché, come abbiamo sempre detto, questo non è un percorso che si compie nel giro di una tornata amministrativa. Ma è importante cominciare per garantire un futuro di qualità nell’assistenza dei cittadini più anziani». Il progetto, che punta a dare alla casa di riposo unica un ruolo attivo nel mantenimento della salute della fetta più anziana della popolazione, coinvolgerà le famiglie ma anche il personale delle strutture. (m.mi.) Precari, il 19 marzo discussi trecento ricorsi (M. Veneto Pordenone) Primo round in tribunale a Pordenone per 300 precari della scuola: il 19 marzo davanti al giudice del lavoro. In ballo c’è il posto di ruolo e Cisl scuola, ieri pomeriggio all’Itis Kennedy, ha aperto la fase dei nuovi ricorsi, con l’avvocato Cosimo Calabrò e la segretaria Antonella Piccolo. Servono tre anni di contratti stagionali a scuola e molta pazienza per i tempi lunghi della giustizia amministrativa. I ruoli a Pordenone? A settembre 2015: numeri da indovinare e ci sono gli esagerati che scommettono su centinaia di contratti. «Chiediamo l’assunzione in ruolo – ha confermato Antonio Chiumiento, il precario storico nazionale con 66 anni di cui 40 passati in cattedra –. Dopo la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, il 26 novembre, che ha accertato la violazione del diritto comunitario da parte del sistema di reclutamento degli insegnanti della scuola statale italiana, non molliamo». La sentenza non ha efficacia automatica. Si valuta, caso per caso, la posizione dei docenti precari (anche bidelli e amministrativi) per decidere se agire in giudizio, allo scopo di ottenere la stabilizzazione, oppure il risarcimento dei danni. «Oltre alla ricostruzione di carriera, che non sarebbe male – ci tengono tutti i precari con Chiumiento –. Una sanatoria è giusta e le vie legali sono necessarie per ottenere la stabilizzazione del contratto. Vale per gli abilitati inseriti nelle graduatorie provinciali e per i non abilitati e assunti per tre anni a tempo determinato». Ricorsi a pioggia dei docenti precari: le prime 300 cause dei precari Cisl sono approdate alTribunale di Pordenone e si accumulano dal 2011. Altre centinaia sono state portate avanti da altra sigla sindacale e ammonteranno forse a un migliaio da smaltire in tribunale. «Il giudice del lavoro ha atteso la sentenza di Bruxelles – ha spiegato Antonella Piccolo –. Le sentenze sono attese nel giro di qualche mese». Cisl e anche Flcgil, Gilda, Anief con altre bandiere autonome sindacali fanno causa allo Stato: i diritti di mille stagionali dell’istruzione locale sono sulla graticola della precarietà da anni. (c.b.)
Refel, operaio licenziato per il lancio di un petardo (M. Veneto Pordenone) SAN VITO E’ stato licenziato in seguito all’accusa, da parte dell’azienda, di aver fatto scoppiare un petardo all’interno dello stabilimento della Refel di San Vito al Tagliamento, impresa che conta 160 dipendenti. E’ quanto accaduto a un operaio, di origini straniere, tra l’altro componente della Rsu-Rls, che da 16 anni trovava impiego nella fabbrica che si occupa di prodotti refrattari elettrofusi per l’industria. Immediata la reazione dei sindacati: Filctem Cgil ha annunciato l’impugnazione del provvedimento dell’impresa, nel caso in cui quest’ultima non tornasse sui propri passi, e azioni di protesta da mettere in campo assieme a Femca Cisl e Uiltec Uil. Il fatto risale al mese scorso: a ridosso delle vacanze natalizie, nel sito produttivo sarebbero stati introdotti un paio di petardi, poi accesi e fatti scoppiare. La piccola esplosione, da quanto si è appreso, non avrebbe avuto conseguenze: nessun danno a oggetti o persone. Un’azione compiuta molto probabilmente con leggerezza, ma che è costata cara all’operaio straniero, accusato dall’azienda di essere l’autore del gesto. L’addetto non sarebbe comunque l’unico contro il quale l’impresa ha mosso accuse: altri dipendenti sono finiti nel mirino. E’ l’unico, però, a essere stato licenziato. Dura la reazione di Filctem Cgil, che ha giudicato «pretestuoso il provvedimento dei vertici dell’impresa. Un atto gravissimo». «Esprimendo solidarietà nei confronti della maestranza coinvolta – tuona Filctem –, condanniamo il licenziamento, in quando non sussistono i requisiti per tale provvedimento. Pertanto, chiediamo alla direzione di ripensare la misura adottata, anche perché la perdita del posto di lavoro è un dramma che riguarda l’intero nucleo familiare dell’operaio, che si ritrova privato di una fonte economica di sostentamento». E minaccia: «In assenza di tale ripensamento, ci rimettiamo alle decisioni dell’autorità competente (giudice del lavoro), fornendo al dipendente interessato tutte le tutele necessarie». Non mancheranno, infine, azioni di protesta congiunte, ancora da definire. «Con Femca Cisl e Uiltec Uil, unitamente alla Rsu, sosterremo, con specifiche iniziative, le mobilitazioni che saranno decise nelle assemblee con i lavoratori della Refel, volte a ottenere la revoca del gravissimo licenziamento». Da capire, quindi, cosa intenderà fare l’azienda. Opterà per un dietrofront o, determinata, procederà sulla strada intrapresa? Una cosa è certa: il sindacato è pronto a battersi in ogni sede contro «un provvedimento che ha messo sulla strada un lavoratore e la sua famiglia». Giulia Sacchi
Coop Operaie, in vendita il patrimonio immobiliare (Piccolo Trieste) di Matteo Unterweger Un lungo elenco di beni immobili e negozi con attività commerciali in essere, dal grande ipermercato delle Torri d’Europa al comprensorio di GranDuino fino ai cosiddetti supermarket rionali. Il patrimonio delle Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli e delle società controllate è in vendita: schede tecniche con informazioni puntuali si trovano sul sito web delle Coop all’indirizzo www.coopts.it. Accanto ad esse, anche i link per inviare richieste di approfondimento o vere e proprie offerte. L’amministratore giudiziario Maurizio Consoli mette tutto sul piatto, tentando di sfruttare al massimo la potenza dell’universo di internet: l’obiettivo è incassare il più possibile vendendo i vari pezzi a disposizione, così da poter portare a compimento il salvataggio delle Coop con la definizione del concordato preventivo, la cui procedura - autorizzata dal Tribunale di Trieste - è in corso. Immobili e beni mobili (di questi ultimi non è ancora disponibile la lista ufficiale) da cui ricavare denaro da riversare poi nelle casse dei creditori e restituire ai prestatori sociali che aspettano di poter riavere i loro soldi, garantendo nel contempo e al massimo livello possibile la tenuta occupazionale per i dipendenti oggi in organico. Il tutto nella consapevolezza di trattative concrete intanto già avviate e che guardano ognuna a beni differenti rispetto alle altre, non coincidono insomma: sono quelle in atto con Coop Nordest, Conad e un’altra società straniera il cui nome non è stato reso noto. Si sa che interesse è stato manifestato sicuramente per gli spazi delle Torri d’Europa, ipermercato incluso, e per GranDuino. Ma è anche chiaro che qualsiasi soggetto può mettere gli occhi su qualunque unità del patrimonio e farsi poi avanti. Beni commerciali/industriali Alla voce beni ad uso commerciale e industriale compaiono dieci punti (nella tabella il riepilogo generale). A cominciare dal Centro Distribuzione e sede generale delle Coop in via Caboto, che ha una superficie coperta da 9.285 metri quadrati e dove parte del magazzino al pianterreno è in affitto alla Reparto 7 srl. Segue il locale d’affari di via Gallina, ai cui sportelli della Cassa del prestito sociale si erano presentati subito tanti risparmiatori (trovando le serrande però abbassate) il 18 ottobre scorso dopo il fragoroso scoppio del caso giudiziario che ha investito le Coop Operaie. Altro immobile che sino al 2011 era “in servizio” da Centro distribuzione, il complesso di piazzale Atleti Azzurri d’Italia con superficie lorda complessiva di quasi 14mila metri quadrati e tre aree parcheggio. In via D’Alviano 31/1, non distante dalle Torri d’Europa, c’è un doppio foro commerciale che oggi è affittato a due diverse attività. Come pure quello in via dell’Istria 14, mentre il vano vendita e i magazzini di via Batagely 37 sono vuoti e così pure i due piani che una volta erano al servizio dell’Aci (nell’interrato c’erano posti auto) in via Cumano. A Domio, in via Morpurgo 7, c’è una proprietà estesa in una palazzina su parte del piano terra e su più di 2.400 metri quadri di primo piano, con anche un’area mensa, scale, montacarichi e cucina industriale. E ancora il centro di via delle Alpi Giulie 2, ad Altura, con annesso supermercato in attività, e il bar di GranDuino, nel cui edificio si vendono pure due appartamenti (ne riferiamo qui sotto) sopra l’area commerciale e ovviamente il ramo d’azienda con i relativi muri. Rami d’azienda Oltre a GranDuino con il suo supermercato da 3029 metri quadrati di cui 2122 di sala vendita, naturalmente spicca il “pacchetto Torri d’Europa”: ipermercato da 4.150 mq di area vendita, completo di laboratori, uffici, celle, zone lavorazione e magazzini, ma non solo. Al centro di via Svevo-via D’Alviano, infatti, Coop Operaie ha pure cinque fori commerciali al primo livello, tre al secondo e due al terzo. Questi ultimi più due su tre del piano numero due sono vuoti. Gli altri risultano locati con affitto di ramo d’azienda. Sempre alle Torri vi è inoltre l’intero quarto piano della palazzina uffici: 639 mq commerciali, attualmente non occupati e al grezzo.
Ogni giorno in 120 in fila al Centro per l’impiego (Piccolo Trieste) Anche in questi primi giorni del 2015, la scena che si materializza davanti all'ingresso del Centro per l'Impiego della Provincia è sempre la stessa: decine e decine di persone in fila di buon mattino con la speranza di trovare un'occupazione. Anche solo temporanea. Italiani e stranieri, uomini e donne, giovani diplomati o neolaureati, ma anche persone mature che per un qualche motivo sono rimaste tagliate fuori dal mondo del lavoro e cercano un non facile reinserimento. Nell'ultimo anno sono stati quasi 40 mila gli accessi allo sportello di Scala dei Cappuccini. Numeri che a causa della crisi negli ultimi anni sono in continua crescita: la media recente registrata è di circa 120 persone al giorno, con punte di 200. Del resto basta ricordare le 117 giovani che la scorsa settimana si sono messe in coda davanti a un negozio per un posto da apprendista.In Scala dei Cappuccini c’è chi, considerato il numero limitato degli ingressi giornalieri per accedere a colloqui, iscrizioni o aggiornamento dei dati personali, si presenta con un paio d'ore di anticipo rispetto all'apertura degli sportelli. Tante le storie che si possono raccogliere. «Dopo più di 25 anni di lavoro dal 2012 sono disoccupato, la mia azienda ha chiuso travolta da un'infinità di tasse e balzelli da onorare» - racconta Giorgio, 44 anni, moglie e due bambini -. «Da quel momento è iniziata la mia odissea: solo piccole occupazioni di pochi mesi e nient'altro. Se avessi qualche anno in meno non ci penserei due volte e andrei a lavorare nel Nord Europa, in Paesi dove la mentalità è quella di aiutare e non di affossare le aziende private». Francesca, 31 anni, si è laureata all'Accademia delle Belle Arti: «È la quarta volta che mi iscrivo allo Sportello, non ho mai ricevuto lo straccio di una proposta» - spiega -. «Sono molto preoccupata per il mio futuro: il sistema in generale è sbagliato, corrotto e senza vie d'uscita. Tante promesse ma poche risposte concrete». Vincenzo e Lorenzo, 51 e 43 anni, sono tornati a Trieste da pochi mesi dopo esperienze di lavoro all'estero, rispettivamente in Canada e a Santo Domingo: un rientro che per entrambi si è rivelato irto di difficoltà. «L'Italia è un luogo bellissimo e quando sei all'estero provi un gran senso di nostalgia» - affermano -. «Il problema è che poi ti trovi a fare i conti con un mare di regole e burocrazia: il lavoro in teoria ci sarebbe, ma diventa di fatto un percorso inaccessibile e pieno di ostacoli, dove non c'è spazio per la meritocrazia». Andrea e Tiziana sono due fidanzati di 24 e 20 anni: «Nonostante una laurea in Storia contemporanea e un diploma di ragioneria sappiamo che trovare lavoro sarà per entrambi un'impresa impossibile» - ammettono sconsolati -. «L'unica possibilità è andare all'estero. Una scelta non facile e che non si fa certo a cuor leggero. Ci sentiamo italiani e ci teniamo al nostro Paese. Il problema vero è che il nostro Paese non tiene a noi giovani». L’assessore provinciale al Lavoro Adele Pino sottolinea che «tutti gli strumenti che si stanno attuando a livello nazionale e regionale, come gli sgravi fiscali per le aziende che assumono o i supporti per le fasce più deboli del mercato del lavoro, sono finalizzati non tanto all'aumento dell'occupazione, quanto a incrementare i rapporti di lavoro più stabili e a combattere la precarizzazione. Dunque non aspettiamoci inversioni di tendenza a breve termine». Le file continueranno a lungo. Pierpaolo Pitich
“Britannia” quasi pronta: fra un mese la partenza (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Giuseppe Palladini Ultime settimane di “permanenza” a Monfalcone per la Britannia, il nuovo gioiello che Fincantieri sta ultimando per P&O Cruises, che con le sue 141mila tonnellate di stazza sarà la più grande nave costruita per il mercato inglese. Fra un mese - la data esatta non è ancora fissata, ma dal 20 febbraio in poi tutti i giorni saranno buoni - Britannia lascerà lo stabilimento di Panzano diretta a Southampton, dove in marzo (anche in questo caso il giorno dev’essere ancora stabilito) si terrà la “naming ceremony”. Una sorta di battesimo come quello nel giugno 2013 vide la duchessa di Cambridge, Kate Middleton, madrina della Royal Princess, la prima unità di questa nuova classe, costruita anch’essa a Monfalcone. La cerimonia si terrà comunque attorno a metà marzo, visto che il 28 dello stesso mese la Britannia partirà da Southampton per la crociera inaugurale, che farà scali a Madeira, alle Canarie, in Marocco, Spagna e Portogallo. In attesa di conoscere il nome della madrina, si sa comunque che per la “naming ceremony” non si baderà a spese. Non una ma ben quattro megabottiglie - 15 litri ciascuna, dai tecnici chiamate Nabucodonosor e pari a 20 bottiglie normali - del migliore brut inglese, prodotto dalla Wiston Estate Winery (West Sussex), saranno usate per “battezzare” la nave. E altre migliaia di bottiglie di brut della stessa casa verranno stappate nel corso degli eventi legati alla “naming ceremony”. Quello di Britannia, va ricordato, è un nome storico per P&O. L’unità realizzata a Panzano è la terza della compagnia inglese a portarlo sui mari. La prima entrò in servizio nel lontano 1835, quando la società di navigazione si chiamava General Steam Navigation Company (poi diventata The Peninsular Steam Navigation Company). Una cinquantina di anni più tardi, nel 1887, un’altra Britannia iniziò a navigare con la bandiera della futura P&O. La costruzione di quell’unità fu decisa per un’occasione del tutto speciale: nel 1887 vennero infatti festeggiati sia il Giubileo d’oro della Regina Vittoria sia quello della compagnia di navigazione. La terza Britannia è intanto già famosa per la più grande versione al mondo della bandiera britannica, lunga 94 metri e dipinta su entrambi i lati della prua. Per realizzarla, lo scorso settembre, sono stati impiegati 320 litri di vernice rossa e 100 di pittura blu. Altri 160 litri di vernice sono serviti a dipingere il logo della compagnia che campeggia sulla prua. A condurre la Britannia per i mari del mondo - in Europa nei mesi estivi e ai Carabi in quelli invernali - sarà il comandante Paul Brown, inglese doc, da molti mesi segue a Panzano la realizzazione della “sua” nuova nave. C’è un filo rosso che lega Paul Brown a Monfalcone: l’ultima unità che ha comandato è stata l’Azura (sempre P&O), 115mila tonnellate, costruita a Monfalcone fra il 2008 e il 2010. In precedenza aveva condotto la Ventura, costruita anche questa a Panzano, fra il 2006 e il 2008.Nato nella città portuale di Kingston upon Hull, il comandante Brown ha sognato fin da ragazzo di lavorare sul mare. Entrato nella marina mercantile nel 1982, quasi vent’anni con P&O, dal 2007 è stato al comando delle principali navi della compagnia: Aurora, Artemis, Oriana, e le già citate Ventura e Azura.