RASSEGNA STAMPA 27 Aprile – 3 Maggio 2016
LETTERE E COMMENTI 21
Domenica 1 maggio 2016
DE TOMASO
GIUSTIZIA TRIBUTARIA
Nostalgia di Moro >> CONTINUA DALLA PRIMA
E
ra consapevole, Moro, che anche le riforme più intelligenti spesso sfociavano nella loro caricatura, vuoi per l’atteggiamento menefreghistico e anarchico diffuso sullo Stivale, vuoi per l’inefficienza della pubblica amministrazione, che godendo del privilegio monopolistico poteva (e può) permettersi di sabotare - perché protetta dalla sfida della concorrenza qualsiasi prospettiva di modernità e innovazione. Di qui la cautela di Moro nei confronti della parola riforma. Un approccio diffidente assai simile, per altri versi, alla linea tendenziale del leader repubblicano Ugo La Malfa (1903-1979) che, dello statista pugliese, fu vice a Palazzo Chigi nel biennio 1974-76. Pur non provenendo da studi specifici nella «triste scienza», Moro sapeva distinguere la buona dalla cattiva scuola economica. In più, sapeva circondarsi di bravi consiglieri. Diffidava, in particolare, di quei colleghi convinti che il cosiddetto primato della politica corrisponda alla mediazione oliata dal pubblico denaro, concetto devastante per le finanze statali, come testimonia la cifra choc del debito pubblico. Ma era altresì persuaso, Moro, che una nazione storicamente spaccata in mille feudi e campanili, nonché provvista di un collante unitario di recente formazione, non poteva affrontare prove spericolate, da democrazia matura, pena l’allentamento del mastice na-
zionale, con il successivo ingresso nel girone infernale del non governo. Ecco perché l’uomo di Maglie ha trascorso tutta la vita a ricucire, non a scucire. Una democrazia piena di forze anti-sistema non poteva consentirsi il lusso di una conflittualità endemica. Spettava ai gruppi, alle élites più responsabili, il compito di guidare il Paese, senza strappi, verso il traguardo della democrazia matura, della legittimazione reciproca tra i competitori, dell’accettazione unanime delle regole del gioco. Compito più proibitivo di una scalata alpina sulla sedia a rotelle perché la demagogia al potere giova assai agli animi irresponsabili che si nascondono nelle varie sedi istituzionali. La demagogia chiama demagogia: un festival dell’incoscienza in cui i più spregiudicati si muovono con la disinvoltura di un Bill Gates nelle stanze di Microsoft. Anche per questa ragione alle aperture di Moro sul piano politico (le alleanze progressive devono completare il percorso di legittimazione vicendevole tra tutte le voci parlamentari) non corrispondevano analoghe aperture sul piano economico, dove il rischio della dissipazione del pubblico denaro era ed è sempre in agguato. Infatti non sbagliava chi (Eugenio Scalfari, ad esempio) definiva Moro un conservatore illuminato. In effetti, Moro era riformista in politica (strategia dell’attenzione, convergenze parallele...) e conservatore in economia (L’Italia è l’unico Paese al mondo in cui si va in pensione indipenden-
di CARLO CIMINIELLO
temente dall’età). Si dice. Oggi servirebbe un Aldo Moro, un punto di riferimento che possa guidare il Paese verso la fase delle regole condivise e del rafforzamento del sentimento nazionale. Certo che servirebbe. Ma la degenerazione del dibattito politico, il deficit culturale assai più grave del deficit economico, la volgarità montante alimentata da una Rete simile a una discarica non consentirebbero mai l’affermazione di un tessitore alla Moro, né, tantomeno, gli consentirebbero di aprire bocca senza, immediatamente, zittirlo a colpi di slogan beceri e irrazionali. Pare stravolto ogni codice di convivenza politica. Di galateo, neppure a parlarne. Si rischierebbe di passare per ridicoli, il che sarebbe micidiale per la nuova classe di potere, quasi tutta concentrata sulla Rete e quasi tutta restia agli approfondimenti e alla conoscenza. Non solo l’Italia. Anche l’Europa avrebbe bisogno di coesione e di leader capaci di favorirla, com’era Moro. Invece il Vecchio Continente rischia la lacerazione in mille stracci, il ritorno ai disastri degli Stati nazionali che tanto sangue costarono alle popolazioni. Ma lo spirito dei tempi è questo. Servirebbero i costruttori e i tessitori, invece dilagano i demolitori e gli scassinatori. Non avrebbe avuto vita facile Aldo Moro, oggi. Non solo come politico. Giuseppe De Tomaso
[email protected]
PIRRO
Alla Puglia serve ferrea volontà >> CONTINUA DALLA PRIMA
P
rocedo per punti. Il primo: mercoledi 27 si è svolto a Bari alla stazione crocieristica - con grande risalto mediatico - il 1° Forum nazionale sulla portualità e la logistica, voluto fortemente nel capoluogo pugliese dal ministro Delrio e dalle Autorità di sistema portuale della regione. Insieme al ministro e al suo staff, guidato dal prof. Ennio Cascetta, coordinatore della nuova Struttura tecnica di missione del ministero, vi hanno partecipato presidenti e segretari generali di numerose Authority italiane, top manager di Rfi e dell’Agenzia delle dogane, i vertici nazionali di grandi associazioni di categoria del comparto logistico, singoli operatori del settore, studiosi, comandanti di Capitanerie di porto, il presidente Emiliano, il sindaco Decaro e numerosi altri amministratori pugliesi. Ma perché è stata scelta proprio Bari per questo 1° Forum che ha voluto fare il punto sullo stato di attuazione del grande Piano strategico nazionale varato dal Governo? Perché la Puglia - e questo è un elemento sul quale dovremmo tornare a riflettere a fondo, ben al di là del nostro deprecabile municipalismo - è un grande pontile (geografico ancor prima che infrastrutturale) dell’Europa proteso nel Mediterraneo. E la sua attuale dotazione di scali marittimi - cominciando dall’imponente approdo di Taranto cui al convegno è stato nuovamente riconosciuto (soprattutto da altri) il ruolo di scalo di rilievo europeo - è tale da attrarre l’attenzione degli operatori nazionali e l’impegno continuo del ministro, ormai presente con cadenza mensile nella nostra regione. In Puglia pertanto - ove più che altrove è urgente raccordare strategie e interventi di Autorità portuali, Interporto, piattaforme logistiche e sistemi intermodali - si gioca una partita di rilievo nazionale e internazionale, essendo la regione il terminale di uno dei grandi corridoi europei TEN-T, quello Scandinavia-Mediterraneo. Lo ha ribadito con forza Delrio che, fra l’altro, ha voluto riaffermare il ruolo di forte coordinamento del suo Dicastero nella definizione delle strategie operative delle Autorità portuali e nella promozione dell’intermodalità a livello nazionale. Allora, siamo tutti veramente consapevoli della sfida cui siamo di fronte ? Sì ? E ci è chiaro perciò che dobbiamo stringere al massimo i tempi per costruire l’Area logistica integrata prevista dal Pon infrastrutture e reti 2014-2020 ? Su questo specifico terreno il presidente Emiliano e l’assessore Giannini con le altre Autorità competenti e gli stakeholder interessati - sono chiamati a un compito esaltante in cui sicuramente sapran-
no profondere impegno assoluto, competenza amministrativa e passione operativa. L’area logistica pugliese, come detto in precedenza, per la stessa posizione geografica della regione, sarà uno dei terminali o un punto di attracco del corridoio TEN-T che dal Mediterraneo centrale porterà al Baltico. In questi giorni, peraltro, giungono notizie confortanti dai dati delle movimentazioni portuali complessive del primo trimestre 2016, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo scalo di Taranto infatti registra un incremento del 12,6%, salendo da 5,1 a 5,8 milioni di tonnellate, mentre Bari segnala una movimentazione totale di 1,4 milioni di tonnellate, con un aumento del 15% sul primo trimestre 2015. Anche Brindisi registra aumenti apprezzabili. Per il molo polisettoriale dello scalo ionico, inoltre, alla scadenza del bando per la sua assegnazione, si sono registrate tre dichiarazioni di interesse che andranno vagliate da chi di competenza e con le procedure previste: ma quello pervenuto è un segnale evidente dell’attenzione che quel molo, le sue attrezzature di banchina e l’intero scalo registrano fra gli operatori del settore. E questo spazza via le piccole polemiche degli ultimi mesi sull’attuale gestione dell’Authority tarantina. Il secondo punto su cui voglio richiamare l’attenzione, e concernente il gruppo di imprese cui si faceva riferimento all’inizio, riguarda la notizia della quotazione in Borsa della Ladisa S.p.A. di Bari, operante nella ristorazione - che dovrebbe chiudere l’anno raggiungendo i 100 milioni di fatturato - l’iniziativa della Divella che ha portato alla costituzione con altre aziende agroalimentari nazionali del contratto di rete «GradiTa», e l’imminente conferimento il 21 maggio prossimo ad Acaya del «Premio Industria Felix» a ben 60 imprese eccellenti della regione, annunciato venerdi 29 dagli organizzatori dell’evento che, per il secondo anno consecutivo, hanno voluto assegnare riconoscimenti a quelle aziende che nel 2014 hanno conseguito i migliori risultati di bilancio: e fra queste società ve ne sono moltissime che appartengono al gotha dell’imprenditoria locale cui l’ambìto Premio contribuisce a dare ulteriore visibilità, mostrando come - anche in un periodo economicamente complesso e difficile come quello chiusosi nel 2014 - vi sono stati imprenditori che sono cresciuti ulteriormente, innovando, esportando e raggiungendo risultati contabili di assoluto rilievo. Ora, a ben vedere, i due punti che abbiamo richiamato - per quanto apparentemente separati - in realtà sono strettamente intrecciati per ragioni intuibili. Il sistema industriale pugliese, segnato dalla presenza di
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMzMC0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNS0wMlQxMTowMjo0NFojIyNWRVI=
tanti big player nazionali ed esteri, vanta anche un vasto contingente di imprese locali che hanno perseguito costantemente l’obiettivo di crescere, coniugando aumento dei volumi e buona redditività. E crescendo, hanno utilizzato non solo, ma sempre di più, per le loro esportazioni infrastrutture portuali e le loro gestioni che, sotto la spinta delle esigenze imprenditoriali, stanno adeguando i propri servizi, consapevoli che si cresce tutti insieme, aziende utilizzatrici e infrastrutture, rispondendo ad una domanda che ne giustifichi costosi incrementi di spazi e manutenzioni di banchina. Allora il messaggio di quanto è emerso nei giorni immediatamente precedenti e successivi al Forum del 27 aprile è chiarissimo per la nostra regione: abbiamo una posizione geografica e uno stock di infrastrutture di rilevanti dimensioni, certamente da migliorare molto con le connessione intermodali, ma comunque già oggi idoneo a rappresentare una piattaforma strutturale di proiezione sui grandi mercati esteri. Ma tutta l’imprenditoria pugliese - e non solo quella che sarà premiata con l’Industria Felix - deve voler crescere, aprendo anche, se necessario, il proprio capitale attraverso la Borsa ad altri azionisti, come già dimostrano da anni il Gruppo Exprivia guidato dal presidente di Confindustria Puglia, Favuzzi, e più di recente la Ladisa di Bari. E bisognerà sempre di più fare sistema, come dimostra anche la Divella aggregando il nucleo di un primo «paniere di prodotti alimentari» con aziende anche di altre regioni. Bisognerà pertanto spingere in ogni sede Regione, Città metropolitana, Camere di commercio, banche, Consorzi Asi, Confindustrie locali - per forzare il passo in direzione dell’export e si potrà così saturare progressivamente l’uso delle infrastrutture portuali esistenti, valorizzando inoltre l’intermodalità già oggi possibile in Puglia. Come ha detto il nuovo presidente della Confindustria, il salernitano Vincenzo Boccia - ed è significativo che lo affermi un meridionale - l’ossessione della crescita dovrà caratterizzare tutta l’imprenditoria italiana e in essa larga parte degli industriali pugliesi. Ne esistono tutti i presupposti infrastrutturali ed esempi di eccellenza da imitare. Ma la volontà di crescere deve essere ferrea, non possiamo permetterci alcun rallentamento di passo, anche perché la concorrenza nazionale ed estera non sta certo ad aspettarci. Ma il Forum di Bari ha detto che anche in Puglia abbiamo infrastrutture di pregio con cui possiamo giocarci una partita potenzialmente vincente. Federico Pirro Università di Bari
Accertamento e dichiarazioni
L
e dichiarazioni rese dai terzi in sede di verifica fiscale hanno mero valore indiziario e, perché possano rilevare ai fini probatori, necessitano di riscontri precisi e concordanti nella contabilità aziendale. È pertanto nullo l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate basato esclusivamente su dette dichiarazioni, senza alcun altro valido elemento di prova avente i requisiti della gravità, precisione e concordanza. A ribadirlo la prima sezione della Commissione tributaria Regionale di Potenza (Pres.: V. Autera; Rel.: G. Olita; A. Mauriello) con la sentenza n. 66/1/2016. LA VICENDA - Con ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Matera una società di costruzioni impugnava, per vederselo annullare, un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate e motivato sulla mera base di dichiarazioni rese da terzi. Difatti, le “testimonianze” raccolte in sede di verifica, sebbene senza alcun riscontro nella contabilità aziendale, venivano ritenute dall’Amministrazione finanziaria sufficienti per presumere maggiori ricavi non dichiarati. Con il ricorso introduttivo, la contribuente eccepiva l’illegittimità dell’atto stante la lacunosità delle dichiarazioni e la loro valenza di “semplici indizi”. Peraltro non confortati da altri e più probanti elementi. La CTP di Matera accoglieva il ricorso rilevando la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento ed attribuendo alle dichiarazioni dei terzi valore esclusivamente “indiziario”. Sottolineava, inoltre la CTP, che alcun requisito di gravità, precisione e concordanza poteva riscontrarsi negli elementi raccolti dai verificatori. Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate esponendo che le dichiarazioni dei terzi non erano da ritenersi soltanto considerazioni indiziarie, ma trovavano sostegno nelle indagini bancarie effettuate. LA SENTENZA - La Commissione Tributaria Regionale investita della vicenda ha ritenuto l’appello infondato ed ha pertanto confermato il decisum di primo grado a favore della contribuente. «I primi giudici», ha rilevato la CTR, hanno esposto, circa le dichiarazioni di terzi trasfuse nel p.v.c., che l’ulteriore attività di verifica delle scritture contabili «non ha evidenziato alcuna irregolarità e che non si poteva dubitare della loro attendibilità». Pertanto «l’unico sostegno motivazionale» dell’avviso di accertamento era rappresentato dalle «dichiarazioni di terzi». A tal proposito la CTR ha correttamente ribadito che il vizio motivazionale riscontrato dai primi giudici, che «non è riferito all’atto, ma alla carenza di “adeguata prova” a sostegno» della pretesa impositiva. Detto ciò, il collegio potentino ha dichiarato l’illegittimità della pretesa impositiva vantata dall’Agenzia delle Entrate, affermando che «la ricostruzione basata sulle dichiarazioni dei terzi non fornisce adeguata certezza dei metodi ricostruttivi». E tanto sia in considerazione del fatto «che le dichiarazioni non hanno trovato conferma nella contabilità», sia perché «risulta che parte delle somme che gli acquirenti terzi hanno dichiarato come pagati a mezzo assegni all’impresa non risultano mai incassati». In sostanza, quindi, secondo i giudici, l’avviso di accertamento è fondato esclusivamente sulle dichiarazioni dei terzi «relativamente ai maggiori prezzi pagati per acquisto degli immobili». La cui portata, in mancanza di ulteriori elementi, «resta esclusivamente di meri indizi da suffragare, eventualmente, con ulteriori elementi che, nel caso di specie non sono stati prodotti». CONCLUSIONI - La sentenza ha messo adeguatamente in luce il valore meramente indiziario delle dichiarazioni rese dai terzi in fase di verifica, ove non supportate da altri validi elementi di prova aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.. Cioè della “gravità” (intendendosi il grado di convincimento che la presunzione può produrre), della “precisione” (comporta che il fatto noto non debba essere vago ma ben determinato nella sua realtà storica) e della “concordanza” (per cui la prova deve essere fondata su più fatti noti che convergono nella dimostrazione del fatto ignoto). D’altronde se si attribuisse a dette dichiarazioni valenza probatoria si darebbe, di fatto, all’ufficio finanziario, la possibilità di utilizzare in giudizio sic et simpliciter la verbalizzazione delle dichiarazioni rilasciate da terzi in fase extraprocessuale. Con evidente violazione del divieto di prova testimoniale sancito dall’art. 7, comma 4 del d.lgs. 546/92. In altri termini, le dichiarazioni dei terzi riportate nel processo verbale di constatazione e prodotte agli atti del giudizio non rivestono il ruolo di prova testimoniale tecnicamente intesa, e quindi non contrastano né con il principio di uguaglianza né con il diritto di difesa del contribuente, soltanto laddove rivestite dal giusto ruolo di “elementi indiziari”. Nel senso che le stesse possono concorrere al libero convincimento del giudice ma non sono idonee, di per sé, a costituire il fondamento della decisione.
34
I M P O S T E E TA S S E
Mercoledì 27 Aprile 2016
Commissione tributaria di Milano consente la maturazione piena
Iva, interessi per sempre Calcolo anche per il periodo di sospensione DI
I
CLAUDIA MARINOZZI
nteressi da rimborso Iva dovuti anche in relazione al periodo di sospensione del rimborso disposto dall’Agenzia delle entrate per la presenza di carichi pendenti. Questo quanto affermato dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con la sentenza n. 3313/9/2016. In linea generale, in caso di credito Iva da dichiarazione il contribuente ha la facoltà di scegliere se computare l’eccedenza d’imposta in detrazione nell’anno successivo ovvero chiederne il rimborso (art. 30 Dpr 633/1972). Sulle somme rimborsate «si applicano gli interessi in ragione del 2 per cento annuo, con decorrenza dal novantesimo giorno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione» (art. 38 bis, c. 1 Dpr 633/1972). È tuttavia chiarito che non sono dovuti interessi per il «periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi
quindici giorni» (art. 38 bis, c. 1 Dpr 633/1972). Molto spesso, però, gli Uffici omettono di rimborsare gli interessi maturati sul credito Iva chiesto a rimborso non solo con riferimento al lasso di tempo intercorrente tra la richiesta e la consegna di documentazione ma anche in relazione a periodi in cui l’erogazione del rimborso è sospeso. Diverse sono le ipotesi di sospensione dei rimborsi d’imposta. Ad esempio in ambito Iva, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a sospendere il rimborso «nel caso in cui nel periodo relativo al rimborso sia stato constatato uno dei reati di cui agli art. 2 [Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti] e 8 [Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti] del Dlgs 74/2000» per un importo «fino a concorrenza dell’ammontare dell’imposta indicata nelle fatture o in altri documenti illegittimamente emessi od utilizzati» e ciò «fino alla definizione del
relativo procedimento penale». In linea generale, tra l’altro, i rimborsi d’imposta possono essere sospesi nel caso in cui il contribuente abbia dei carichi pendenti nei confronti dell’erario ovvero nelle ipotesi in cui sia «stato notificato atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni, o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi ancorché non definitivi» (art. 23 Dlgs 472/1972). Nessuna di tali disposizioni, tuttavia, prevede espressamente che alla sospensione del rimborso corrisponda anche la sospensione della maturazione degli interessi sul credito vantato dal contribuente. I giudici milanesi, investiti di una causa relativa tra l’altro alla mancata erogazione dell’importo relativo agli interessi che sarebbero dovuti maturare nel periodo di sospensione del rimborso (deciso dall’Ufficio per la presenza di alcune pendenze nei confronti dell’erario da parte del contribuente), hanno sancito l’illegittimità dell’omesso rimborso di tale ammontare.
LE PENDENZE PREGRESSE VANNO ALL’ENTE POST FUSIONE
Società sportive, debiti a traino
I debiti pregressi dell’associazione sportiva dilettantistica (Asd) sono assunti dalla società derivante dalla fusione, in solido con le persone che hanno agito precedentemente in nome e per conto dell’ente incorporato. La situazione, stante la congiuntura, è estremamente ricorrente ma, purtroppo, sul tema pochissime sono le norme di riferimento, con la conseguenza che si deve tenere conto di quelle inserite nell’art. 38 c.c., in tema di associazioni non riconosciute, e nell’art. 20 delle norme organizzative interne (Noif) della Figc, le quali dispongono che la fusione tra due o più società, la scissione di una società, il conferimento in conto capitale dell’azienda sportiva in una società interamente posseduta dalla società conferente, devono essere «effettuate nel rispetto delle vigenti disposizioni normative e legislative». Il problema riguarda la necessità di mantenere in vita un soggetto che sostituisca due o più associazioni e, soprattutto, si rende necessario verificare se il soggetto incorporante, rappresentato da una delle associazioni partecipante o, addirittura, da un nuovo soggetto terzo, assuma, oltre che il patrimonio, anche i debiti federali e/o fiscali (debiti verso la federazione e/o verso l’erario). Posti i vincoli dettati dalla federazione nazionale si evidenzia, infatti, che nella fusione per incorporazione, per esempio, si realizza l’unione fra due o più enti associativi, dei quali uno resta in vita (incorporante), mentre gli altri enti coinvolti dalla fusione si estinguono (incorporati). Stante l’assenza di una disciplina specifica, si deve far riferimento alle disposizioni generali contenute nell’art. 2504-bis c.c. (effetti della fusione), le quali stabiliscono che «la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali,
anteriori alla fusione». Pertanto, risulta del tutto evidente che, per effetto di tale operazione straordinaria, la prosecuzione dei rapporti comporta che tutti i debiti, compresi quelli verso l’erario e verso la federazione, transitano all’incorporante, la quale non può disconoscere i debiti pregressi delle incorporate. Tale situazione si deve ritenere confermata anche in presenza di un nuovo soggetto giuridico che, pur rispettando le condizioni imposte dalla federazione, assuma una nuova partita Iva, rilevando unicamente il cosiddetto «titolo sportivo», eludendo l’assolvimento delle obbligazioni assunte, tributarie o diverse, già facenti capo all’incorporata. Dal punto di vista tributario si deve prendere atto dei contenuti del comma 4, dell’art. 172, dpr 917/1986 (Tuir), il quale dispone, sempre in tema di fusione, che «dalla data in cui ha effetto la fusione, la società risultante dalla fusione o incorporante, subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relativi alle imposte sui redditi», salvo quanto prescritto dai commi 5 e 7, in tema di riserve in sospensione e di perdite. Infine, all’operazione di fusione di associazioni sportive (Asd) non costituite in forma societaria (associazioni non riconosciute) si rendono applicabili le disposizioni inserite nell’art. 38 c.c., il quale dispone che «rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione», con la conseguenza che il creditore può richiedere l’assolvimento delle obbligazioni pendenti (debiti pregressi di qualsiasi tipo) anche «unicamente» a coloro che hanno agito in nome e per conto dell’incorporata, atteso che l’adempimento da parte del coobbligato in solido libera gli altri debitori, ai sensi dell’art. 1292 c.c.-. Fabrizio G. Poggiani © Riproduzione riservata
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMyNy0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNC0yN1QxMjo1NjoyN1ojIyNWRVI=
La Commissione ha infatti affermato che l’art. 38 bis del Dpr 633/1972, in tema di interessi da rimborso, non prevede che gli interessi non debbano maturare durante «il tempo richiesto per l’espletamento relativo all’esame dei carichi tributari pendenti». Al riguardo la Commissione ha chiarito che «la presenza di carichi fiscali è una condizione che riguarda l’istituto del rimborso di somme di imposte che il fisco deve rimborsare al contribuente, e quindi non è una problematica che riguarda il calcolo degli interessi da corrispondere al contribuente su somme già rimborsate». Per l’effetto quindi i giudici hanno condannato l’Ufficio all’erogazione degli interessi maturati sul credito Iva chiesto a rimborso dal contribuente nel periodo di sospensione. © Riproduzione riservata
La sentenza sul sito www.italiaoggi.it/documenti
Sostitutive con codici In arrivo i codici aggiornati per la rivalutazione dei beni d’impresa e al saldo attivo. Sono stati, infatti, ridenominati i codici tributo 1811 e 1813 per il versamento delle imposte sostitutive tramite il modello F24. È quanto si legge dalla risoluzione n. 30/E dell’Agenzia delle entrate, di ieri. I codici tributo in questione, presenti nella risoluzione 33/E del 21 febbraio 2006 e n. 60/E del 9 giungo 2014 sono stati dunque rinominati, secondo l’articolo 1, c.891 della legge n.208/2015, nel seguente modo: 1811 «imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni»; 1813 «imposta sostitutiva relativa al saldo attivo di rivalutazione». I «nuovi» codici posso essere trovati, in sede di compilazione del modello F24 nella sezione «erario» in corrispondenza delle somme indicate nella colonna «importi a debito versati».
B&b, canone tv speciale Nel bed and breakfast il canone tv speciale assorbe il canone tv in bolletta. Nel caso, infatti, in cui un soggetto è titolare di un bed and breakfast dove già paga un canone tv speciale, potrà presentare, in caso di posesso nella sua abitazione di un apparecchio tv, la dichiarazione di non detenzione dell’apparecchio televisivo, compilando il quandro A del modello di non possesso. Questo è possibile a seguito dell’opera di presunzione di detenzione che è stato introdotta dalla legge di stabilità 2016 (208/2016). A spiegarlo, l’Agenzia delle entrate che ha pubblicato sul suo sito l’aggiornamento delle domande e degli esempi sul canone tv in bolletta e sul modello di esenzione del possesso dell’apparecchio. Per il caso degli anziani ricoverati nelle case di riposo, l’Agenzia spiega che se il soggetto non possiede un televisore ma è titolare di un’utenza elettrica con tariffa residenziale, per evitare l’addebito in bolletta del canone può compilare l’autodichiarazione sostitutiva. Se, invece, non possiede la tv e non è titolare di un utenza elettrica con tariffa residenziale ma è un abbonato Rai, dovrà inviare la disdetta allo Sportello Sat dell’Agenzie delle entrate. L’Agenzia, chiarisce una volta per tutte che le coppie di fatto rientrano nel concetto di famiglia anagrafica, definendo la «famiglia come un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso Comune (unico nucleo familiare); una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona». Un ulteriore chiarimento viene fatto in merito alla famiglia composta da moglie e marito, che risiedono in un’abitazione con un’utenza elettrica di tipo D3 (non residenziale o superiore a 3 Kw) intestata al marito e senza apparecchi televisivi. In questo caso per non vedersi addebitato il canone nella bolletta elettrica, il marito dovrà inviare un’autodichiarazione di non possesso compilando il quadro A del modello. Per i residenti all’estero, invece, le cose non cambiano rispetto al passato. Se hanno un’abitazione nel territorio italiano con dentro una televisione e un’utenza elettrica di tipo non residenziale, dovranno pagare il canone tv in bolletta. Nel caso in cui, non avessero nell’abitazione in Italia una televisione potranno presentare l’autodichiarazione di non possesso. Giorgia Pacione Di Bello
FISCO
Domenica 1 Maggio 2016
11
Dietrofront della Cassazione: l’istituto è manifestazione di un’attività discrezionale
L’autotutela è incontestabile
Non impugnabili davanti alle Ct i provvedimenti parziali DI
provvedimenti di autotutela parziale emanati dal fisco non sono impugnabili innanzi alle commissioni tributarie. L’autotutela dell’amministrazione pubblica riguardante atti impositivi divenuti definitivi non è soggetta a contestazione, in quanto è manifestazione di un’attività discrezionale, che non può arrecare alcun danno al contribuente. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza 7511 del 15 aprile 2016, con la quale ha rettificato un proprio precedente orientamento che aveva ritenuto contestabile l’annullamento parziale. I giudici di legittimità richiamano nella sentenza una propria pronuncia, dalla quale si discostano. Con la sentenza 14243/2015, infatti, si erano espressi in maniera difforme, ritenendo impugnabile l’annullamento parziale di un atto impositivo definitivo, trattandosi di un provvedimento che, pur se riduttivo dell’accertamento originario, non poteva privare «il contribuente della possibilità di difesa». Con la sentenza 7511, invece, superano questo orientamento e affermano che, anche a fronte di un annullamento parziale o di un provvedimento di autotutela di portata riduttiva rispetto alla pretesa impositiva contenuta negli atti divenuti definitivi, il contribuente non è più legittimato a proporre ricorso al giudice tributario. Un’autonoma impugnabilità del nuovo atto può essere consentita solo «se di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa». L’autotutela. Va ricordato che il provvedimento di autotutela può comportare l’annullamento totale o parziale dell’atto emanato, qualora vengano riscontrati vizi o errori nel procedimento di accertamento del tributo. Il
I
In sintesi
Pagina a cura SERGIO TROVATO
Autotutela: attività di riesame degli accertamenti emanati dal fisco
dei diritti del contribuente (legge 212/2000)
Presupposti: errori o vizi contenuti negli atti impositivi
Mancata indicazione: è competente il funzionario responsabile
Può essere attivata: su istanza del contribuente o d’ufficio
Provvedimento ammesso: in presenza di un avviso di accertamento definitivo o di una sentenza di rito
Organo competente: va indicato nell’atto Regola imposta: dallo Statuto
provvedimento di rettifica parziale non può essere considerato un nuovo accertamento e quindi non può essere impugnato. Tuttavia, per l’esercizio del potere di autotutela non è richiesta alcuna istanza del contribuente. Il potere non viene meno se la controversia pende innanzi al giudice, né se sia intervenuta una pronuncia né se l’atto sia divenuto definitivo per mancata impugnazione entro il termine di decadenza. Soltanto il giudicato sostanziale (vale a dire la sentenza non più impugnabile con i mezzi ordinari che non abbia pronunciato solo su questioni di rito) impedisce l’emanazione del provvedimento di riesame. L’orientamento altalenante della giurisprudenza. È stata piuttosto oscillante la posizione della giurisprudenza sia di legittimità che di merito sugli obblighi che incombono sull’amministrazione in caso di presentazione di un’istanza di autotutela del contribuente e in ordine alle conseguenze che derivano dalla mancata risposta. La Commissione tributaria provinciale di Campobasso, prima sezione, con la sentenza 195/2014 ha sostenuto che il comportamento dell’amministrazione finan-
Provvedimento escluso: emanazione di una sentenza definitiva di merito
ziaria deve essere sempre trasparente. Questo principio impone delle risposte precise se vengono contestati errori o omissioni commessi dal fisco nell’attività di accertamento. È sempre necessario adottare un provvedimento di accoglimento o di rigetto dell’istanza di autotutela proposta dal contribuente, entro il termine per ricorrere innanzi al giudice tributario. In caso contrario l’amministrazione deve essere condannata a pagare un indennizzo per aver dato luogo a un giudizio che poteva essere evitato. Si tratta di un comportamento dettato da mala fede o colpa grave che dà luogo a una responsabilità aggravata. L’ente impositore ha un obbligo non solo morale, ma anche giuridico di emettere un provvedimento espresso conclusivo del procedimento amministrativo. Per i giudici molisani, tenuto conto che il termine di legge per proporre ricorso contro un atto di accertamento non può essere superiore a 60 giorni, in presenza di un’istanza di autotutela del contribuente «l’ente impositore ha l’obbligo, non solo morale, ma giuridico di emettere il provvedimento conclusivo, positivo o negativo che sia, del predetto procedimento, prima della scadenza del termine». Altrimenti vengono
lesi i diritti del contribuente e l’amministrazione finanziaria risponde per responsabilità aggravata. In base a quanto disposto dall’articolo 96 del codice di procedura civile anche il fisco può essere condannato a un «indennizzo/punizione da determinare equitativamente» da parte del giudice. Questa sanzione è posta a carico della «parte che, con il suo comporta-
mento, anche preprocessuale, ha dato luogo a un giudizio che doveva essere evitato». Mentre la Cassazione (sentenza 698/2010) in passato ha stabilito che gli interessati possono rivolgersi al giudice ordinario per ottenere il risarcimento dei danni, materiali ed esistenziali, subiti in seguito al mancato o ritardato annullamento di un atto impositivo illegittimo. È stato più volte riconosciuto «ingiusto» il danno arrecato al contribuente per non avere l’amministrazione esercitato l’autotutela, nonostante si tratti di un’attività discrezionale, se il vizio dell’atto di accertamento è oggettivo e l’istanza del contribuente non viene neppure presa in esame. Il comportamento tenuto dalla pubblica amministrazione, che viola le più comuni regole di prudenza e di diligenza, può causare un danno economico al contribuente, che non può che essere risarcito e che comprende, tra l’altro, le spese sostenute dallo stesso per il professionista (Cassazione, sentenza 5120/2011). © Riproduzione riservata
Il fisco è sulla stessa linea Anche per l’Agenzia delle entrate (circolare 1E/2013) il provvedimento di autotutela parziale non è un nuovo accertamento e quindi non può essere impugnato. Con la risposta a un quesito posto dalla stampa specializzata, l’Agenzia ha chiarito che se i vizi non incidono sulla validità dell’atto impositivo (per esempio, un errore di calcolo), l’ufficio può rettificare la pretesa con un provvedimento di autotutela parziale, da comunicare al contribuente. Il riesame parziale, però, «non si configura come un nuovo atto, sostitutivo del precedente annullato, bensì come una rettifica dell’originaria pretesa impositiva». Pertanto, il termine di 60 giorni per la presentazione del ricorso decorre «dalla data di notifica dell’atto
originario». In effetti, se i vizi dell’atto impositivo sono tali da incidere sulla sua legittimità, l’amministrazione finanziaria è tenuta a disporne l’annullamento e a emettere un provvedimento sostitutivo, purché ciò avvenga entro i termini di decadenza. In questo caso si tratta di un nuovo atto, impugnabile nei termini ordinari. È invece possibile operare una rettifica parziale, comunicando l’esito sia al contribuente sia al giudice presso cui pende la controversia. Naturalmente, il provvedimento di rettifica deve essere più favorevole al contribuente rispetto all’atto originario. In caso contrario, si configura un nuovo accertamento soggetto ad autonoma impugnazione.
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMyOS0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNS0wMlQxMDo1Nzo1M1ojIyNWRVI=
Maxi-formato v Contaminazione di stili v 100% Case italiane
TUTTO NUOVO. IN EDICOLA è un magazine www.classabbonamenti.com
30
I M P O S T E E TA S S E
Martedì 3 Maggio 2016
In Gazzetta Ufficiale il dm sulle somme di spettanza delle commissioni tributarie
Taglio ai compensi in appello Cento euro a sentenza anche se raggruppa più ricorsi DI
VALERIO STROPPA
C
ompenso variabile dei giudici tributari parametrato al numero dei ricorsi in ingresso definiti. Con buona pace dei magistrati d’appello che, nonostante un contenzioso durato quasi cinque anni, percepiranno meno dei colleghi di primo grado se la Ctp riunisce le cause in un solo fascicolo (perché uno solo sarebbe l’appello in entrata in Ctr, anche se relativo a più atti impugnati). È quanto prevede il decreto del ministero dell’economia del 5 febbraio 2016, anticipato da ItaliaOggi del 18 febbraio e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 di ieri. La vicenda nasce nel 2009, dopo che la Direzione giustizia tributaria del Mef aveva fornito con propria circolare un’interpretazione innovativa rispetto al passato: nello specifico, il Df ha stabilito che laddove la Ctr definisca con una sentenza l’unico ricorso prodotto in appello, il com-
FISCO 2.0
penso aggiuntivo da riconoscere ai giudici è «parametrato» a detto unico ricorso, a prescindere dalla quantità dei ricorsi eventualmente accorpati e decisi dalla Ctp con la sentenza appellata. Un orientamento non condiviso da circa 80 giudici della Ctr Lombardia, i quali si sono rivolti al Tar Lazio, che con la sentenza n. 2586/2012 ha dato loro ragione. I magistrati amministrativi hanno censurato la circolare del Mef per un vizio di incompetenza, affermando la necessità di un decreto ministeriale (e non di una determina dirigenziale) per la fissazione dei compensi variabili previsti dall’articolo 13, comma 2 del dlgs n. 545/1992. Una posizione confermata, seppur dopo un rimpallo con la Cassazione per motivi di giurisdizione, pure dal Consiglio di stato nella sentenza n. 6086/2014. A distanza di quasi sette anni, però, nel febbraio scorso il Mef ha riproposto i criteri del 2009, stavolta avvalendosi dello strumento
EQUITALIA
Precompilate Granelli è il garante da ieri le modifiche riscossione Al via la fase due per la dichiarazione dei redditi precompilata. A partire dal primo pomeriggio di ieri e fino al 7 luglio, i contribuenti possono accettare, integrare o modificare il proprio 730, già compilato in tutto o in parte dal Fisco, e trasmetterlo all’Agenzia direttamente dal proprio Pc. Lo ricorda l’Agenzia delle entrate, sottolineando che da quest’anno ci saranno meno campi da riempire grazie all’inclusione di spese sanitarie (esclusi i farmaci da banco), spese universitarie, bonifici per ristrutturazioni e bonus energetico, previdenza complementare e spese funebri. Dal 9 maggio e fino al 30 settembre sarà possibile trasmettere online anche il modello Unico. Dal 15 aprile ad oggi, gli accessi per la sola visualizzazione della precompilata sono stati oltre 1 milione e 800 mila, il 16% in più rispetto all’anno scorso. Nello stesso lasso di tempo, nel 2015 gli accessi erano stati 1 milione e 564 mila. Per quanto riguarda gli accessi, il 55% dei contribuenti si è collegato tramite le credenziali dell’Agenzia delle entrate (Fisconline), mentre il 35,9% ha utilizzato il pin dell’Inps.
DI
VALERIO STROPPA
È Ermanno Granelli, magistrato della Corte dei conti, il nuovo presidente del Comitato di indirizzo e verifica dell’attività di riscossione mediante ruolo. Il «garante» su Equitalia, introdotto dalla legge n. 228/2012, è stato nominato con un decreto firmato il 18 aprile 2016 dal ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan. Gli altri componenti, che resteranno in carica per un triennio, sono Gabriella Palocci per il Dipartimento delle finanze (supplente Veneto D’Acri), Giampiero Riccardi per la Ragioneria generale dello stato (supplente Giovanni Ciuffarella), Adriana Noto per l’Agenzia delle entrate (supplente Fabrizio Coffa), Gabriella Di Michele per l’Inps (supplente Vincenzo Tedesco), Agatino Cariola per l’Inail (supplente Cecilia Luciani) e Andrea Sabbadini per la Conferenza delle regioni e delle province autonome (supplente Alessio Ferracani).
giuridico richiesto dai giudici amministrativi (dm invece che provvedimento amministrativo). Decisione assunta nonostante il parere contrario che il Cpgt, organo di autogoverno della magistratura tributaria, aveva espresso sulla bozza di decreto. Rispetto alla prima versione, tuttavia, è venuta meno la valenza retroattiva della norma sui compensi variabili anche alle liquidazioni pregresse, che avrà invece effetto solo pro-futuro. Si ricorda che per ogni ricorso definito la quota accessoria è di 100 euro lordi, che si suddividono in 26 euro a testa per i tre giudici del collegio (aumentati di 11,50 euro per il relatore), ai quali aggiungere 2,50 spettanti al vicepresidente di sezione, 3,50 euro al presidente di sezione e 4,50 euro al presidente di commissione. © Riproduzione riservata
Il decreto sul sito www.italiaoggi.it/ documenti
Fringe benefit in nero, beni manager sequestrabili I beni del manager possono essere sequestrati quando riceve un fringe benefit, come delle quote o partecipazioni societarie, non dichiarate dall’azienda. Lo ha affermato dalla Cassazione che, con sentenza n. 18146 del 2/5/2016, ha respinto il ricorso di un imprenditore che aveva ricevuto delle azioni a titolo di compenso. Azioni non dichiarate né da lui né dalla società che aveva iscritto in bilancio l’operazione sotto la voce costo per il personale. Dopo un’indagine della Guardia di finanza era scattata la misura per equivalente sui beni dell’uomo. Inutile il ricorso al Tribunale delle libertà e quello in Cassazione che ha reso definitivo il verdetto. La terza sezione penale ha infatti spiegato che in tema di reati tributari il pubblico ministero è legittimato, sulla base del compendio indiziario emergente dagli atti processuali, a chiedere al giudice il sequestro preventivo nella forma per «equivalente», in luogo di quella «diretta», all’esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio del soggetto fisico che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, incombendo al soggetto destinatario del provvedimento cautelare l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per disporre il sequestro in forma diretta. Insomma, tutti i motivi addotti dalla difesa per smontare l’impianto accusatorio sono stati dichiarati inammissibili. I Supremi giudici hanno quindi confermato la misura in relazione alla presunta dichiarazione infedele. Debora Alberici
ARCHIVIAZIONE
BREVI Tutelare i diritti dei lavoratori domestici e dei prestatori di assistenza, la maggior parte dei quali sono donne migranti, attraverso uno status giuridico comunitario. Lo chiede una risoluzione approvata nei giorni scorsi dal Parlamento europeo con cui si invitano gli stati a «professionalizzare» il lavoro domestico per trasformare la precarietà e il lavoro femminile sommerso in un lavoro riconosciuto, che consentirebbe a colf e badanti di godere di diritti sociali. L’assemblea dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli ha approvato all’unanimità il bilancio consuntivo 2015. «L’esercizio concluso», ha sottolineato Vincenzo Moretta, presidente Odcec Napoli, «ha delineato una continua lotta all’abusivismo. Inoltre notevoli sforzi sono stati compiuti per potenziare il ruolo del commercialista. Molto importante l’attenzione verso i giovani, al fine di indirizzare gli studenti verso la realtà professionale, con oltre 5 mila ragazzi che hanno partecipato alle iniziative». Parte il nuovo progetto «assistenza odontoiatrica per malati di Alzheimer», avviato grazie all’Associazione Alzheimer Milano in collaborazione con l’ospeda-
© Riproduzione riservata
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMwMy0wNS0yMDE2IyMjMjAxNi0wNS0wM1QxMjo1NDo0OFojIyNWRVI=
le Luigi Sacco Viene garantita la priorità nelle visite ambulatoriali e, nei casi più gravi, le visite a domicilio. Per attivare il servizio contattare il numero di Pronto Alzheimer: 02-809767.
Catasto interamente digitale
È stato assegnato al vicepresidente Cngegl (il consiglio nazionale dei geometri) Antonio Benvenuti il Premio Paolo Scolari, il riconoscimento che viene annualmente assegnato dalla giunta esecutiva di Uni e dedicato a esperti tecnici, amministratori, formatori, comunicatori, personaggi pubblici e professionisti impegnati nella diffusione, nello sviluppo e nel consolidamento della conoscenza dell’attività di normazione tecnica volontaria. «Per l’impegno profuso a favore dello sviluppo dell’attività di normazione in un settore innovativo e di grande importanza socio-economica come quello immobiliare: dalla stima del valore di mercato e del credito ipotecario alla qualificazione degli operatori»: con questa motivazione il presidente Uni Piero Torretta ha assegnato il riconoscimento a Benvenuti, coordinatore del gruppo di lavoro «Valore del credito ipotecario immobiliare» e componente dei gruppi di lavoro «Stima del valore di mercato degli immobili» e «Valorizzazione degli asset immobiliari».
Addio alla carta e spazio al digitale. Da ieri l’Agenzia delle entrate interrompe l’archiviazione cartacea degli atti di aggiornamento catastale a favore di quella informatica nell’ambito del Sistema di Conservazione dei Documenti digitali SCD. Una novità che attua quanto previsto dal nuovo Codice dell’amministrazione digitale e che porterà vantaggi sia per l’Agenzia sia per le categorie professionali e i cittadini, in un’ottica di trasparenza, efficienza e spending review. Dal 1° giugno 2015, la trasmissione telematica degli atti di aggiornamento catastale Pregeo e Docfa è stata resa obbligatoria per i tecnici professionisti. Da ieri, per il catasto terreni, sono conservati digitalmente gli atti di aggiornamento redatti con la procedura Pregeo, insieme all’eventuale documentazione integrativa, nonché gli attestati di approvazione e di annullamento degli stessi, firmati digitalmente. Per gli atti del catasto fabbricati, redatti con la procedura Docfa, la conservazione digitale viene, invece, effettuata direttamente dalle applicazioni informatiche. © Riproduzione riservata
D OTTO RI COMMERCIALISTI
Giovedì 28 Aprile 2016
39
I Giovani dottori commercialisti sulla necessità del riallineamento dei criteri di calcolo
Sos liquidazione compensi Rivedere i parametri per evitare disparità tra professionisti DI GENNARO CIARAMELLA* E GIANCARLO FALCO**
C
on la modifica all’art. 15 del dlgs n. 546 del 1992, il dlgs n. 156 del 2015 ha rafforzato il principio di soccombenza, orientando l’attenzione degli addetti ai lavori sulle modalità di liquidazione delle spese di giudizio. In particolare, il nuovo comma 2-quinquies stabilisce che i compensi agli incaricati dell’assistenza tecnica vadano liquidati sulla base dei parametri previsti per le singole categorie professionali. Tale previsione determina come logica conseguenza che: - i dottori commercialisti devono essere liquidati secondo i parametri stabiliti dal dm 140/2012; - gli avvocati secondo quanto stabilito dal dm 55/2014. La stessa previsione normativa stabilisce, al comma 2-quinquies, che gli altri assistenti tecnici sono parametrati ai dottori commercialisti; il comma 2-sexies stabilisce, infine, che per l’ente impositore (per esempio, Agenzia entrate) si applicano i compensi degli avvocati, seppure con una riduzione del 20%. Calando tale norma nella realtà operativa, ipotizzando un valore della pratica (determinato dalla somma di maggiori im-
Il nuovo art. 15 del dlgs n. 546/1992 [ ] […] 2-quinquies. I compensi agli incaricati dell'assistenza tecnica sono liquidati sulla base dei parametri previsti per le singole categorie professionali. Agli iscritti negli elenchi di cui all'articolo 12, comma 4, si applicano i parametri previsti per i dottori commercialisti e gli esperti contabili. 2-sexies. Nella liquidazione delle spese a favore dell'ente impositore, dell'agente della riscossione e dei soggetti iscritti nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, si applicano le disposizioni per la liquidazione del compenso spettante agli avvocati, con la riduzione del venti per cento dell'importo complessivo ivi previsto. La riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo il passaggio in giudicato della sentenza. poste, interessi e sanzioni) pari a euro 26.000, si viene a determinare la seguente situazione: per un ricorso in Commissione tributaria provinciale si ottiene per gli avvocati un compenso medio pari ad euro 3.800,75; per la stessa prestazione i parametri da applicare per i dottori commercialisti determinano un compenso medio pari a euro 1.560. Per l’ente impositore che, tra l’altro, in primo gra-
do può essere esclusivamente parte resistente, si determina un compenso medio pari a euro 3.040 (ovvero il compenso per gli avvocati ridotto del 20%). La differenza diventa ancora più marcata se passiamo al secondo grado di giudizio: per un ricorso un Commissione tributaria regionale, infatti, il compenso medio per i dottori commercialisti rimane immutato (euro 1.560), mentre cresce per gli avvocati
(euro 4.341) e, di conseguenza, anche per l’ente impositore (euro 3.473). È evidente dalla semplice lettura dell’esempio la disparità di trattamento creata dalla norma: a fronte di una stessa attività, infatti, emergono onorari sensibilmente diversi. Tale evidente disparità nel raffronto tra avvocati e dottori commercialisti (come già sottolineato dalla Fondazione centro studi Ungdcec , con riferimento anche ad altre aree professionali, in un articolo pubblicato in data 25 febbraio 2016 su questo giornale), risulta ancora più stridente lì dove il legislatore ha previsto per altri assistenti tecnici (di cui all’art. 12 comma 4 del dlgs n. 546/92) l’applicazione dei parametri previsti per i dottori commercialisti, ossia quelli più bassi; mentre per l’ente impositore (per esempio, Agenzia delle entrate), l’applicazione dei parametri previsti per gli avvocati (seppure con una riduzione del 20%), ossia quelli più alti. Si sottolinea, inoltre, che mentre l’ente impositore può recuperare le suddette spese mediante la veloce procedura dell’iscrizione a ruolo a titolo definitivo, il contribuente è costretto ad avviare un’ulteriore autonoma procedura (con relative ulteriori spese) lì dove, come avviene nella prassi quotidiana, i pagamenti tardi-
no ad arrivare. Ciò detto, se è vero che i giudici tributari non sono obbligati ad applicare tassativamente tali parametri per la determinazione delle spese di lite, è altrettanto vero che la ricerca di un giusto processo, da tutti invocato, non può che passare anche attraverso la correzione di queste norme. A tal fine la «Commissione processo tributario dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti esperti contabili» ritiene che una possibile soluzione, nell’ottica di determinare parametri uguali per tutti i soggetti coinvolti, potrebbe essere quella di modificare l’art. 5 comma 2-quiquies (e, di conseguenza, il comma 2-sexies) prevedendo che i compensi agli incaricati dell’assistenza tecnica non siano liquidati sulla base «dei parametri previsti per le singole categorie professionali», così come è previsto dall’attuale formulazione, bensì attraverso la determinazione di parametri specifici per il processo tributario provvedendo, dunque, a disciplinare un riferimento economico unico per tutti i soggetti coinvolti nel contenzioso tributario. * delegato Giunta Ungdcec ** presidente Commissione processo tributario Ungdcec
L’ANALISI DELLA CATEGORIA SUL RUOLO DEL COLLEGIO SINDACALE E DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA
Società, da evitare la sovrapposizione di incarichi La natura facoltativa sottesa all’adozione delle misure cautelative in ambito di responsabilità amministrativa da parte di società ed enti, ovvero del sempre più citato dlgs 8 giugno 2001 n. 231, non esime dall’obbligo della totale aderenza alla normativa, nel caso di attuazione della stessa. Pena pesanti sanzioni ricalcanti l’ambito penale, ovvero, ove una società ravvisi l’opportunità di adozione di un Modello 231, la stessa si dovrà attenere scrupolosamente alle peculiarità previste dalla norma, sia nelle fasi di adozione di un corretto modello, sia in quelle relative ai controlli dello stesso. Proprio inerentemente quest’ultima fattispecie, la norma identifica quale controllore dell’aderenza del modello adottato con la realtà aziendale, uno specifico Organismo di vigilanza (Odv), che, nella sua veste monocratica o pluripersonale, abbia il compito di «vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento», divenendo «de facto», organo centrale nella disciplina in attuazione. Non sono remoti i dibattiti in merito alla composizione di tale organismo di vigilanza, anche ravvisando l’eventualità in cui lo stesso coincida con nominato collegio sindacale della società. Con la legge di stabilità 183/2011, difatti, è stata introdotta per le società di capitali la possibilità di nominare quale organismo di vigilanza, il
collegio sindacale, ovvero il consiglio di sorveglianza o ancora il comitato per il controllo della gestione. Dal punto di vista prettamente normativo, non è quindi in discussione come il legislatore abbia inteso concedere la possibilità di poter affidare i ruoli di Odv e collegio sindacale ai medesimi soggetti. Le stesse norme di comportamento del collegio sindacale, nella loro ultima versione aggiornata al 14 settembre 2015, sottolineano la possibile coincidenza delle due funzioni in un unico organo e come ciò non comporti la loro sovrapposizione, né comprometta l’indipendenza dell’organismo di vigilanza. Tuttavia, tale previsione può, risultare restrittiva in determinate circostanze. Infatti, se resta indubbio come l’accorpamento dei due soggetti controllori possa rappresentare una semplificazione della struttura, vi sono almeno tre specifiche ragioni che precludono l’attribuzione della carica di Odv al collegio sindacale, ovvero nello specifico: - la coincidenza tra controllore e controllato, esplicitata dalla responsabilità penale dei sindaci per taluni reati societari; - l’obbligo di impedire l’altrui reato in capo ai sindaci, ma non in capo Pagina a cura dell’
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMyOS0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNS0wMlQxMDo1NzoxNlojIyNWRVI=
all’Odv; - le differenti competenze tecniche sottese alla natura dell’incarico, ovvero quelle contabili in senso lato richieste ai sindaci, mentre quelle specifiche in differenti materie richieste a un Odv. Poco consequenziale all’accorpamento dei due organi potrebbe poi essere la riduzione dei costi per la società, dato che in primis la doppia nomina genererebbe la lecita richiesta di aumento del compenso da parte dei professionisti e in secundis qualora all’interno del collegio sindacale non ci fossero determinati profili richiesti dai rischi specifici della società (legali, informatici, relativi all’ambiente, alla sicurezza sul luogo di lavoro ecc.), è da presumersi il ricorso a consulenze esterne, con un conseguente aggravio dei costi. Al riguardo anche l’Abi aveva manifestato opinioni contrarie, in particolare evidenziando come i poteri autonomi di iniziativa e controllo previsti dal dlgs 231/2001 per l’Odv non sembrino essere coerenti con la posizione ricoperta dal collegio sindacale, soggetto, peraltro, di per sé passibile di censure, proprio ai sensi del dlgs 231/01. Nonostante risulti evidente la facoltà di far ricoprire al collegio sindacale anche il ruolo di Odv, è necessario allora chiedersi se risulti opportuno procedere in tale direzione, ovvero in quali occasioni l’adozione di tale sovrapposizione possa risultare non
corretta. A tal fine, è importante valutare in quali rischi l’azienda possa incorrere, ovvero se tale impostazione possa in qualche modo compromettere la tenuta del Modello stesso. Come accennato, uno degli aspetti maggiormente critici, riguarda i cosiddetti reati societari, così come identificati dal del dlgs 231/01, che vedono spesso coinvolti in sede penale i sindaci, assieme all’organo amministrativo, nei casi in cui siano rimasti inermi verso l’impedimento di commissione di tali reati da parte degli amministratori o comunque di altri soggetti posti in posizioni apicali. A parere degli scriventi, in caso di volontà da parte della Società di sovrapposizione degli organi di controllo, la via maggiormente percorribile è la nomina di un solo membro del collegio sindacale nell’Odv: così facendo, si potrebbe ottenere un miglior riscontro in termini di efficienza nello scambio delle informazioni, mantenendo comunque l’indipendenza dei due organi, vista la sovrapposizione solo in minoranza. Risulterebbe sicuramente sbagliato generalizzare, ma lo sarebbe ancora di più sottovalutare i numerosi rischi connessi alla duplicazione dei ruoli, sia in ambito di compromissione della tenuta dell’intero Modello 231, sia in relazione alle sanzioni previste, capaci di mettere a repentaglio la continuità e la sopravvivenza stessa della società. Camilla Zanichelli e Gabriele Molinari, * Ugdcec di Parma
Venezia
GIOVEDÌ 28 APRILE 2016 LA NUOVA
21
Lite sull’Ici , Ca’ Farsetti Ciclista da rimborsare contro la comunità ebraica ricorso del Comune strada dissestata al lido
Tributi su immobili nell’area del Ghetto: impugnata la sentenza della commissione tributaria regionale che annullava una cartella esattoriale di circa 36 mila euro di Roberta De Rossi Continua la lite giudiziaria tra l’Ufficio tributi del Comune di Venezia e la Comunità ebraica, oggetto: l’Ici dovuta (o non dovuta) su 94 immobili che la comunità possiede nella zona del Ghetto. Al centro del contendere una cartella esattoriale da 36.886 euro del 2006, ma il cui destino giudiziario ha evidente ripercussione sulle imposte comunali nel frattempo mutate dall’Imu alla Tasi - che la comunità religiosa potrebbe essere chiamata a pagare. Un contenzioso iniziato nel 2011 e che nei giorni scorsi l’amministrazione ha deciso di portare avanti ricorrendo fino alla Suprema Corte di Cassazione, impugnando la sentenza con la quale la Commissione tributaria regionale di Venezia - nel settembre dell’anno scorso - ha ridotto a due soli negozi l’obbligo del pagamento dell’Ici. L’Ufficio tributi del Comune non ci sta e così la giunta, nella seduta dell’11 aprile («come atto dovuto, non entriamo nel merito delle decisioni dei nostri uffici», sottolinea l’assessore al bilancio Mi-
alla vigna
Il presidente Ance nominato cavaliere di San Marco
Il campo del Ghetto a Venezia
chele Zuin) ha autorizzato l’Avvocatura civica a presentare ricorso davanti alla Cassazione, impugnando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale. Ca’ Farsetti è disposta a riconoscere l’esenzione a 10 immobili, ma per gli altri 84 conti-
nua a chiedere il pagamento dell’imposta. Al contrario, la comunità ebraica di Venezia rivendica l’esenzione dal pagamento dell’Ici in base all’intesa tra la repubblica Italiana a l’Unione delle comunità del 1989 per almeno 10 immobili oggetto dell’ac-
certamento e l’imposta ridotta per altri 13, tra i quali anche la libreria e negozi del museo ebraico. La commissione tributaria di primo grado ha accolto in pieno il ricorso, annullando del tutto la cartella esattoriale. La Commissione regionale d’appello - alla quale è ricorsa il Comune - ha da parte sua riconosciuto l’esenzione per tutte le unità che non siano classificate come negozio, essendo qualificati dall’Agenzia del Territorio come esercizi commerciali non artigianali, compresa la libreria del museo: nel setaccio sono così rimasti due soli immobili tassati. «Sentenza contraddittoria», ritiene l’Avvocatura civica del Comune, in quanto il «giudice di secondo grado non ha spiegato espressamente gli elementi probatori che gli avrebbero consentito di ritenere sussistente l’esenzione dall’Ici per alcuni degli immobili oggetto del ricorso», immobili come uffici e studi privati, laboratori che per il Comune di Venezia non possono godere di alcuna esenzione dal pagamento delle imposte. Parola alla Cassazione. ©RIPRODUZIONERISERVATA
Il Comune dovrà rimborsare con 41 mila euro una donna che il 22 dicembre di quattro anni fa era caduta dalla sua bicicletta a causa di una strada dissestata del Lido, caduta provocata da un tombino che non sarebbe stato sistemato come doveva. Inoltre, dovrà versare altri settemila euro di spese legali. Il giudice del Tribunale di Venezia, alla quale la ciclista lidense si è rivolta, prima di decidere se dar ragione alla signora, che nella caduta aveva riportato lesioni, o a Ca’Farsetti, che si era opposta alla richiesta di risarcimento danni, aveva affidato ad un perito una consulenza tecnica d’ufficio, nella quale si legge che la sistemazione del tombino era insidiosa e che la donna è caduta dalla bicicletta a causa dell’impatto contro il manufatto. La giunta comunale, però, ha deciso di ricorrere in appello e per questo ci sarà una nuova causa in Corte, davanti ai giudici di secondo grado. Stando al legale dell’amministrazione lagunare, l’avvocato Andrea Cesare, il giudice di primo grado non ha preso in considerazione due circostanze. La prima è che il tombino non sarebbe stato così insidioso da causare una caduta dalla bicicletta e, inoltre, non
Il tribunale di piazzale Roma
avrebbe tenuto in adeguata considerazione la condotta negligente della ciclista. La donna, stando al legale che comunque ha perso la causa davanti al Tribunale, non avrebbe tenuto la sua destra, ma avrebbe viaggiato al centro dell a carreggiata, luogo che non è certo deputato alla circolazione della biciclette. Inoltre, il legale contesta anche la cifra decisa dal giudice per il risarcimento, sostenendo che sia eccessiva e addirittura che sia errato il cumulo di interessi e rivalutazione monetaria. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
Prima derubata e poi aggredita in treno Sul Venezia-Vienna disavventura di una ragazza austriaca: alla fine il controllore l’ha scortata Furti e aggressioni sul treno Venezia-Vienna. A raccontare le sue disavventure su quel treno è una ragazza, alla pari, austriaca di 22 anni che venerdì della scorsa settimana stava rientrando nel suo Paese. La ragazza è stata prima derubata, poi aggredita sullo stesso treno a distanza di nemmeno un’ora. Ha denunciato l’accaduto sia in Austria che al commissariato di San Marco. La ragazza ha raccontato alla polizia che poco dopo la partenza da Venezia Santa Lucia si è accorta che qualcuno le aveva rubato il portafogli contenente 300 euro, vari documenti e un buono acquisto da cento euro da spendere in un negozio
di una famosa catena di abbigliamento. Subito si è ricordata di quel signore che si era mostrato gentile nel sistemare la sua valigia sopra al portabagagli dello scompartimento. Era entrato nello scompartimento e solo lui poteva aver rovistato nella borsa prendendole il portafogli. Purtroppo quando si è resa conto di essere stata derubata l’uomo gentile era già sceso. Lei, disperata, si è messa a piangere. Mentre era lì con il suo dispiacere è entrato uno straniero di colore che parlava italiano. Le ha mostrato il biglietto di viaggio e lei gli ha risposto che il suo posto è in un’altra carrozza. Nonostante questo lui si è
seduto accanto a lei e le ha chiesto cos’è successo. La 22enne ha spiegato di essere stata derubata e lui, per tranquillizzarla, le ha detto che quando sarebbero scesi in Austria le avrebbe comprato un altro biglietto. Dicendole così le ha appoggiato una mano sulla gamba. Lei lo ha invitato a lasciarla stare e ad andarsene. Per fortuna è arrivato il controllore. Lo straniero è uscito. Cinque minuti dopo è rientrato nello scompartimento e l’ha aggredita, uno schiaffo, quindi la ha preso i bagagli e li ha scaraventati in corridoio. A quel punto la giovane ha chiamato il controllore, che le ha fatto da scorta fino al termine del suo viaggio. (c.m.)
Un treno notturno in stazione
Ugo Cavallin
Il presidente di Ance Venezia, Ugo Cavallin, è stato ammesso all’Associazione Cavalieri di San Marco, movimento costituito nel 1920 dal gondoliere Pietro Grossi allo scopo di richiamare e perpetrare i valori dell’antico ordine di cavalieri della Repubblica di Venezia. L’Associazione segnala e premia quanti si sono distinti in opere di bene a favore della propria comunità. La cerimonia di investitura si è svolta domenica scorsa nella chiesa di San Francesco della Vigna. I Cavalieri di San Marco sono oggi circa 1.300, provenienti da tutto il mondo. La loro sede è nella sala San Pasquale, a fianco della chiesa parrocchiale di San Francesco della Vigna nel sestiere di Castello a Venezia. Una chiesa molto cara ai veneziani perché qui si tramanda che Cristo sia apparso a San Marco.
l’iniziativa del carcere di santa maria maggiore
I messaggi dei bimbi tradotti dai detenuti
I disegni dei bambini della scuola elementare Giacinto Gallina
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMzMC0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNS0wMlQxMTowMzoyNFojIyNWRVI=
Con il fisico non possono evadere ma con il cervello sì e insieme creano ponti di pace. Ogni giorno nove detenuti del carcere di Santa Maria Maggiore provenienti dal Marocco, dalla Tunisia e dall’Italia consultano il vocabolario, il Corano, la Torah, la Bibbia e traducono i messaggi dei bambini veneziani e tunisini dall’italiano all’arabo e viceversa. Con questo lavoro il gruppo permette un dialogo tra piccoli studenti delle due sponde del Mediterraneo e abbatte muri culturali e religiosi. Il progetto – denominato “501 disegni a sei mani per 500 anni veneziani” – verrà presentato a fine mese in
carcere, alla presenza del sindaco Luigi Brugnaro, della direttrice del carcere Immacolata Mannarella e dei rappresentanti delle religioni cattolica, ebraica e musulmana. «La singolare iniziativa educativa e culturale» spiega Immacolata Mannarella «comporta il coinvolgimento di sentimenti e rappresenta il concetto dell’accoglienza tra i popoli. Il carcere è palestra di vita, scuola dello stare insieme e del progettare il futuro». Al progetto partecipano scuole elementari veneziane (Canal, Diaz, Gallina, Gozzi, Manzoni, Zambelli, Cerutti e Foscolo di Murano, Vivarini di Sant’Era-
smo), triestine, vicentine, trevigiane, tunisine e collaborano la Fondazione dei Musei Civici, la Scuola Abate Zanetti, l’Autorità Portuale e Apv Investimenti. Lo propone l’associazione di volontariato “Venezia: Pesce di Pace” che nel tempo ha ricevuto il plauso dei tre Presidenti della Repubblica Italiana e tre Pontefici. «Caro amico per me sei un amico speciale, peccato che non ci possiamo vedere di persona. Ti abbraccio con il pensiero». Così scrive Alessandro della 5A della scuola Giacinto Gallina e così risponde Nordin della Garderie Scolaire Pilote di Tunisi: «Veneziani, vi vogliamo bene e vi aspettiamo».
.*-"/0 $30/"$"
la Repubblica ."35&%¹ ."((*0
*OUFSSPHBUPSJPGJVNF JOJ[JBBDPMMBCPSBSF JMHJVEJDF7BTTBMMP
*-%&104*50"5.
6ODPNQMJDF QFSJMMBESP EJSBNF B$PMPHOP 4*.0/&#*"/$)*/
3
*MNBHJTUSBUPDPOUBCJMFTFOUJUPQFSPSFJOQSPDVSB TFOUFO[FQJMPUBUFQFSMFTPDJFUËOFJHVBJDPOJMGJTDP 4"/%30%&3*$$"3%*4
6
N interrogatorio fiume, partito poco dopo le 10 e terminato alle 18. Otto ore in cui il giudice tributario Luigi Vassallo, di fronte ai pm Laura Pedio e Eugenio Fusco e agli uomini del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, per la prima volta ha cambiato radicalmente la propria strategia difensiva, e ha fatto importanti ammissioni sui fatti che gli vengono contestati nell’inchiesta. L’interrogatorio è stato secretato e gli investigatori mantengono il più totale riserbo sulle dichiarazioni di Vassallo, che è a San Vittore da oltre quattro mesi. Nel lungo confronto in procura il giudice onorario, avvocato cassazionista e (ormai ex) professore universitario, assistito dal suo legale Fabio Giarda, ha ammesso che i soldi chiesti e incassati dagli imprenditori servivano per ammorbidire le loro pendenze col fisco. Vassallo viene arrestato lo scorso 17 dicembre con una busta con cinquemila euro, prima tranche di una tangente da 30mila euro, nello studio Crowe Horwarth, che assiste la multinazionale della chimica Dow Europe Gmbh in un contenzioso milionario col fisco. Un episodio che coinvolge anche un altro giudice tributario, la commercialista Marina Seregni, destinataria di una fetta della tangente, anche lei indagata per corruzione in atti giudiziari. Sono poi le perquisizioni nello studio e nelle cassette di sicurezza del giudice a portare gli investigatori su altri due casi di presunte corruzioni, che costano a Vassallo due altre ordinanze di custodia cautelare per altrettanti contenziosi pilotati nelle commissioni tributarie provinciali e regionali. Uno è quello da oltre 14 milioni relativo alla società Swe-Co dell’imprenditore Luciano Ballarin (indagato), per l’accusa ammorbidito in cambio di 65mila euro. E che coinvolge nuovamente il giudice Seregni, che viene arre-
volta arrivato in Salvador, l’uomo si è ritrovato nell’incubo che aveva lasciato emigrando in Italia. Gli avvocati del 23enne si preparano a presentare alla questura una richiesta perchè il ragazzo, nonostante il decreto di espulsione, possa tornare in Italia. Robert Ranieli, il legale che ha portato il giovane all’assoluzione dall’accusa di tentato omicidio per l’aggressione al capotreno, ora spiega: «Il nostro assistito ha diritto come tutti di assistere al processo in cui è imputato. Gli si dia quindi un permesso per essere presente ai processi per rapina che lo riguardano.Tanto più che in Salvador rischia la vita». E ancora: «L’espulsione, oltre a metterlo in condizione di rischiare la vita, ha interrotto un percorso di recupero avviato dai servizi sociali del Comune di Milano».
UBAVA il rame dal deposito di Cologno Nord, il capolinea della linea 2 della metropolitana, grazie alla presunta complicità di un dipendente Atm. Nel pomeriggio del Primo maggio un italiano di 35 anni, con precedenti per furto, aveva messi in macchina 27 chili di oro rosso. Ma i suoi movimenti tra l’auto e la ferrovia, il suo trasportare guide e cavi in rame entrando e uscendo dalla stazione, è stato notato da un passante che, insospettito da questo giovane che non sembrava essere un operaio, ha telefonato ai carabinieri per segnalarlo. Alla stazione di Cologno Nord sono arrivati i militari della compagnia di Brugherio, che hanno fermato il 35enne intercettandolo a Carugate. L’uomo, che risulta essere residente nella zona, è stato arrestato. E grazie al sequestro del suo cellulare da una prima analisi del traffico telefonico, i carabinieri hanno visto che quel pomeriggio, ma non solo, si teneva costantemente in contatto telefonico con una persona che è stata identificata nel dipendente Atm quasi suo coetaneo (34 anni) che il Primo maggio si trovava in servizio di vigilanza come custode del deposito. «I contatti tra i due sono risultati essere molto frequenti», hanno spiegato i carabinieri, e le indagini sul ruolo del dipendente Atm, che avrebbe anche dei precedenti minori, sono in corso. Non è chiaro se avesse solo agevolato il complice permettendogli di entrare dove non avrebbe potuto, o se invece il suo concorso nel reato del furto di rame lo veda protagonista anche della successiva, eventuale, fusione o vendita. Al momento, visto che il dipendente risulta indagato a piede libero, l’azienda lo ha sospeso dal servizio. Atm, come parte lesa, ha sporto denuncia per il furto del rame e ha avviato una indagine interna.
ª3*130%6;*0/&3*4&37"5"
ª3*130%6;*0/&3*4&37"5"
*-130$&440
-JOGFSNJFSBFSBTFO[BUJUPMJ EJSFUUSJDFEFMMB7FSEJNVMUBUB Lavorava come infermiera all’ospizio geriatrico Casa Verdi, pur senza abilitazione in Italia. Per questo, nel 2013, un’ucraina fu condannata per esercizio abusivo della professione. La donna decise di non fare ricorso in appello. Il processo è invece andato avanti fino al secondo grado per i vertici della struttura e della cooperativa di lavoro. La Corte d’Appello ha assolto Pierina Saldo e Maria Munteanu, “per non avere commesso il fatto”, mentre ha condannato a una multa da 250 euro Danila Ferretti, dirigente di Casa Verdi. stata a fine gennaio. Passa poco più di un mese, e i pm Pedio e Fusco ottengono una nuova ordinanza di custodia cautelare per Vassallo e per altri due giudici tributari onorari, il commercialista Luigi Pellini e l’avvo-
cato Gianfranco Vignoli Rinaldi (ai domiciliari), accusati di essere intervenuti, in cambio di 60mila euro, in favore dell’imprenditore Matteo Invernizzi, che ammette subito le tangenti. Ora Vassallo - che ha chiesto il
processo abbreviato - verrà interrogato nuovamente anche su altri contenziosi che lo hanno visto protagonista in commissione tributaria. E su cui la procura non ha mai smesso di indagare.
-*/%"(*/& -JODIJFTUBTVJ HJVEJDJDPOUBCJMJ WBBWBOUJEB BMDVOJNFTJ
ª3*130%6;*0/&3*4&37"5"
-"11&--0*-(*07"/&"440-50/&-3"*%"-$"1053&/0$0-."$)&5&'610*&416-40
i'BUFUPSOBSFOPTUSPGJHMJPEB&M4BMWBEPSw '3"/$07"//*
μ -"44"-50 "HJVHOPEFMMBOOP TDPSTPVOBHBOHBH HSFEÖVODBQPUSFOP
assolto dall’accusa di avere aggredito il ferroviere Carlo Di Napoli, colpito con un machete lo scorso giugno. Ma la questura ha emesso nei suoi confronti un decreto di espulsione. Protagonista della vicenda è un 23enne salvadoregno che ora, nel suo Paese, rischia la vita. Il giovane è infatti stato pestato a sangue da una gang. E i suoi genitori, che vivono in Italia, lanciano un appello: «Si consenta a nostro figlio di rientrare in Italia. Lasciarlo in El Salvador equivale a condannarlo a morte». Il giovane partì da El Salvador a Milano otto anni fa. I genitori lo convinsero a lasciare la sua città e a raggiungere Milano per sottrarsi alle violenze delle pandillas, gruppi criminali basati sulla strut-
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMwMy0wNS0yMDE2IyMjMjAxNi0wNS0wM1QxMjo1Njo0M1ojIyNWRVI=
STATO
*9
tura di clan, diffusi nel Centro e Sud America. Il giovane, ai tempi 15enne, aveva infatti aderito per un periodo a una gang per poi uscirne. Questo gli era costato una sorta di «condizione di perenne minaccia», come spiegano i genitori. Il salvadoregno era presente alla stazione di Villapizzone quando gruppo di sudamericani, l’11 giugno 2015, aggredì il capotreno Di Napoli, dipendente di Trenorde. Colpito con un machete, l’uomo rischiò di perdere un braccio. Per quell’episodio, il salvadoregno fu arrestato. Ma lo scorso febbraio il giudice per l’udienza preliminare Alfonsa Ferraro - che ha deciso condanne fino a 16 anni con rito abbreviato - lo assolse e lo fece scarcerare. La questura decise di espellerlo in nome di procedimenti aperti a suo carico per rapina. L’espulsione è stata eseguita. Ma una
38 Norme e tributi
Il Sole 24 Ore Mercoledì 27 Aprile 2016 - N. 115
FISCO
www.quotidianofisco.ilsole24ore.com
Adempimenti. La circolare 10/E dell’agenzia delle Entrate rende una serie di poste estranee alla formazione del reddito
Forfettari, plusvalenze fuori gioco Esclusa anche la rilevanza di minusvalenze e sopravvenienze attive e passive FOCUS
Matteo Balzanelli Giorgio Gavelli
pLe plusvalenze e le minu-
svalenze realizzate dai forfettari non assumono alcun rilievo fiscale. Allo stesso modo, risultano estranee alla formazione del reddito le sopravvenienze attive e passive. I contribuenti devono inoltre fare attenzione alla gestione delle rimanenze in caso di cambiamento di regime. Le eventuali eccedenze di contributi rispetto al reddito possono essere scomputate dal reddito del familiare, se il forfetario è a carico di quest’ultimo, mentre le perdite pregresse sono scomputabili secondo le regole ordinarie. Sono queste alcune delle importanti precisazioni fornite con la circolare 10/E/2016. Secondo l’agenzia delle Entrate, le plusvalenze e le minusvalenze realizzate in corso di regime non hanno alcun rilievo fiscale, anche se riferite a beni acquistati negli anni che hanno preceduto l’adozione del regime forfettario, posto che non vengono prese in considerazione dal comma 64 della legge 190/14. Tale presa di posizione è degna di nota in quanto nei precedenti regimi agevolati (quello dei minimi e di vantaggio) la rilevanza era, invece, espressamente prevista (articolo 1, comma 104 della legge 244/2007). Coerentemente, l’agenzia sostiene l’irrilevanza anche delle sopravvenienze, sia attive che passive. Sulla questione bisogna comunque fare attenzione perché una previsione ad hoc viene invece stabilita (articolo 1, comma 72, della legge 190/14) in ordine alle plusvalenze e minusvalenze che dovessero emergere a fronte di cessioni che avvengono una volta “abbandonato” il regime agevolato: 7 se i beni sono stati acquisiti in esercizi precedenti a quello di
adozione del regime forfettario, si assume come costo non ammortizzato quello risultante alla fine dell’esercizio precedente a quello dal quale decorre il regime; 7 se acquisiti nel corso del regime forfettario, il costo non ammortizzabile coincide col prezzo d’acquisto. Per i soggetti che, provenendo dal regime ordinario, sono passati al regime forfettario nel 2015 non si deve tenere conto delle rimanenze di merci (2014), in quanto hanno concorso al reddito dell’esercizio immediatamente precedente all’adozione del regime forfettario (par. 4.3.4). Dal reddito lordo, determinato applicando la percentuale (ovvero le percentuali, in caso di svolgimento di attività con differenti marginalità) di redditività prevista nell’allegato n. 4 annesso alla legge di Stabilità per il 2015, è possibile scomputare i contributi previdenziali ed assi-
LA PAROLA CHIAVE Ritenute 7I forfetari non sono tenuti ad operare ritenute, pur dovendo indicare in dichiarazione il codice fiscale dei soggetti cui sono stati corrisposti emolumenti, né le subiscono. Per non subire ritenute devono dichiarare al sostituto che applicano il regime in parola, bastando a tal fine apposita indicazione sulle fatture emesse. In caso, per errore, il forfetario subisca delle ritenute, è possibile richiederne il rimborso ovvero scomputarle in dichiarazione, al pari di quanto concesso ai soggetti che applicano il regime di vantaggio, ma a condizione che siano state regolarmente certificate.
stenziali versati nel 2015. In analogia a quanto previsto per il regime di vantaggio, qualora questi ultimi siano superiori al reddito lordo, l’eccedenza può essere dedotta dal reddito complessivo, ai sensi dell’articolo 10 del Tuir. Inoltre, se il contribuente risulta fiscalmente a carico di un familiare (tale ai sensi dell’articolo 433 del Codice civile), l’eccedenza può essere da questi dedotta. Dal reddito netto (ossia dal reddito decurtato degli oneri previdenziali ed assistenziali) possono essere scomputate anche eventuali perdite pregresse (articolo 1, comma 68, legge. 190/2014). In questo caso si applicano le regole ordinarie: 1 in caso di perdite realizzate in periodi con contabilità ordinaria, l’utilizzo può avvenire fino al quinto anno successivo a quello di conseguimento, esclusivamente dal reddito d’impresa; 1 se le predette sono invece maturate nei primi tre anni d’attività, sono utilizzabili senza limiti temporali, ma sempre solo in abbattimento del reddito d’impresa; 1 in caso di perdite realizzate in esercizi con contabilità semplificata, invece, non essendo previsto il meccanismo del riporto, non influenzano il reddito d’impresa realizzato nel periodo di applicazione del regime forfettario; unica eccezione è rappresentata dalle perdite maturate dalle start up negli anni 2006 e 2007, anche se realizzate da imprese in contabilità semplificata e da lavoratori autonomi, che possono essere riportate in avanti senza limiti di tempo; 1 se le perdite sono state maturate in costanza di applicazione del regime dei minimi o di quello di vantaggio, possono essere utilizzate in abbattimento del reddito forfettario fino al quinto anno successivo a quello di conseguimento; se realizzate in fase di start-up resta fermo il riporto illimitato.
Criterio di cassa. La posizione del fisco
Partita Iva aperta finché restano rapporti pendenti pI contribuenti in regime for-
Le novità in sintesi LA SITUAZIONE
IL POSSIBILE COMPORTAMENTO
PLUS/MINUS IN COSTANZA DI REGIME Mario Rossi, artigiano, dal 2015 applica il regime forfetario. Fino al 2014 determinava il reddito in base alle regole ordinarie. Nel 2015 vende un cespite che al 31.12.2014 risultava ammortizzato al 50%. In particolare, il costo d’acquisto ammonta ad € 5.000, a fronte di un fondo d’ammortamento di € 2.500. La vendita avviene per € 3.000, venendosi quindi a determinare una plusvalenza di € 500. Quest’ultima rileva ai fini della determinazione del reddito 2015?
No, la plusvalenza non rileva ai fini della determinazione del reddito 2015, in quanto per detto anno trova applicazione il regime forfetario. Secondo la C.M. n. 10/2016, infatti, le plusvalenze e le minusvalenze realizzate in corso di regime non hanno alcun rilievo fiscale, anche se riferite a beni acquistati negli anni che hanno preceduto l’adozione del regime forfetario, posto che non vengono prese in considerazione dal comma 64 della L. n. 190/14.
PLUS/MINUS USCITI DAL REGIME Giuseppe Verdi, commerciante, dal 2015 applica il regime forfetario. Essendosi manifestata una causa di esclusione, a partire dal 2016 determinerà il reddito in base alle regole ordinarie. Nel 2016 vende un cespite acquistato in esercizi precedenti. La plus/minus che emerge a fronte della vendita rileva ai fini della determinazione del reddito 2016? La risposta cambia a seconda del regime adottato nell’esercizio di acquisto del bene in oggetto?
L’eventuale plus/minus rileva ai fini del reddito 2016. In base all’art. 1, c. 72, L. n. 190/14, infatti, qualora i componenti in oggetto dovessero emergere a fronte di cessioni che avvengono una volta usciti dal regime agevolato, essi vanno determinati: • se i beni sono stati acquisiti in esercizi precedenti al 2015, assumendo come costo non ammortizzato quello risultante alla fine del 2014; • se acquisiti nel corso del 2015, il costo non ammortizzabile coincide col prezzo d’acquisto.
PERDITE Carlo Bianchi, professionista, applica a partire dal 2015 il regime forfetario. L’attività era stata iniziata nel 2014, accedendo al regime di vantaggio. Sempre nel 2014, primo anno di attività, aveva effettuato degli investimenti che hanno comportato l’emersione di una perdita di € 5.000. Nel 2015 il reddito forfetario ammonta ad € 11.000, già al netto degli oneri previdenziali sostenuti. È possibile scomputare dal reddito le perdite pregresse? Se sì, inquale misura?
È possibile scomputare dal reddito netto le perdite pregresse in base alle regole ordinarie. In particolare, la C.M. n. 10/16 (par. 4.3.3) ha ricordato che le perdite maturate in costanza di applicazione del regime di vantaggio possono essere utilizzate in abbattimento del reddito forfetario fino al quinto anno successivo a quello di conseguimento; se realizzate in fase di start-up resta fermo il riporto illimitato. Pertanto, potranno essere scomputate tutte le perdite pregresse
RITENUTE Gino Turchese, avvocato, ha applicato nel 2015 il regime forfetario. Nel corso del medesimo anno ha emesso (ed incassato) due fatture nei confronti di altrettante imprese. Tuttavia, in un caso il compenso è stato assoggettato (erroneamente) a ritenuta, nell’altro no. È possibile recuperare la somma non incassata? Se sì, in che modo? Devono essere effettuati adempimenti particolari in relazione alle somme percepite?
È possibile recuperare la ritenuta erroneamente subita attraverso rimborso (ex art. 38, DPR n. 602/73), ovvero scomputandole in dichiarazione, a condizione che le stesse siano state regolarmente certificate dal sostituto d’imposta. Le ritenute subite vanno indicate (in Unico PF 2016), nel rigo RS40, e riportate, ai fini dello scomputo, nel rigo RN33, colonna 4 e/o nel rigo LM41 “Ritenute consorzio”. Non deve porre in essere alcun altro tipo di adempimento.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
fetario che intendono cessare l’attività, in presenza di cessioni o prestazioni non ancora riscosse, non possono procedere alla chiusura della partita Iva e devono continuare a compilare il quadro LM, a meno che non decidano di imputare redditualmente i ricavi/compensi corrispondenti, nonostante non siano ancora stati incassati. È uno dei passaggi più delicati della circolare n. 10/E/2016 (paragrafo 4.3.5) e può considerarsi una posizione oramai consolidata delle Entrate su tutti i regimi caratterizzati dal criterio di cassa (professionisti, minimi, eccetera). Secondo l’Agenzia, quando esistono rapporti giuridici pendenti, l’attività non può dirsi cessata e la mancata manifestazione numeraria (incasso) impedisce, in regimi che non applicano il principio di competenza, di poter attribuire, anche fiscalmente, il credito al titolare, mantenendolo “in ostaggio” degli adempimenti dichiarativi sotto il profilo reddituale e Iva. Per uscire dall’impasse (tali crediti, infatti, potrebbero essere incassatidopomoltianni,oaddirittura mai) viene consentito al contribuente di anticipare la tassazione, emettendo le fatture e assoggettandoaimpostailcorrispettivocome se fosse stato regolarmente incassato.Quantosostenutoogginei confrontideiforfettariricalcaleinterpretazioni rese, in situazioni analoghe,pericontribuentiinregime “di vantaggio” (circolare n. 17/ e/2012) e per i professionisti, in regime ordinario o semplificato (circolare n. 11/E/2007, risoluzione n. 232/E/2009). Peraltro, sempre secondo l’Agenzia, il problema si pone anche per i componenti negativi di reddito, ossia per i costi non ancora pagati. Si sostiene, infatti che «la cessazione della partita Iva non potrà, inoltre, essere chiesta fino a quando non siano state ricevute tutte le fatture relative alle operazioni passive effettuate, tenuto conto dell’obbli-
go di regolarizzare delle fatture omesse ovvero emesse in forma irregolare, imposto al cessionario o committente dall’articolo 6, comma 8, del Dlgs 471/97». Ciò, tuttavia, non può che significare che nell’ipotesi in cui il contribuente forfettario decida, comunque, di cessare l’attività assoggettando, nell’ultimo periodo d’imposta precedente, i corrispettivi non incassati ad imposta sostitutiva, nello stesso periodo egli potrà imputare i costi già maturati ma finanziariamente non ancora sostenuti. Questo perdurare della posizione fiscale del contribuente, salvo anticipazione volontaria degli effetti reddituali e degli adempimenti Iva, ha suscitato in passato la perplessità delle cate-
LA SOLUZIONE
Per uscire dall’impasse si possono emettere le fatture assoggettando a imposta il corrispettivo come se fosse stato regolarmente incassato gorie professionali (si veda la circolare n. 1/IR/2008 del Cndcec), anche perché difforme da precedenti orientamenti della stessa Amministrazione finanziaria (risoluzione n. 475455/1991), mentre è stata in questi giorni confermata dalle Sezioni unite della Cassazione (sentenza 8059/2016). A ben vedere, le perplessità che emergono dalla posizione delle Entrate ruotano attorno a due considerazioni: 1 l’impossibilità di poter “riattivare” la posizione del contribuente dopo la chiusura della partita Iva, nel caso intervenisse l’incasso, in modo da assolvere i vari adempimenti richiesti; 1 l’assenza, nell’ambito dei regimi funzionanti “per cassa”, di una disciplina in grado di gestire le perdite su crediti. Ma.Bal. G.Gav. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Reddito d’impresa. Con le nuove regole del decreto internazionalizzazioni si aprono nuove possibilità
INTERVENTO
Via libera ai non residenti con il consolidato orizzontale
Giustizia tributaria, riforma con metodo
Davide Cagnoni Alessandro Germani
pIl consolidato fiscale è stato
istituito nel 2004 per consentire la compensazione intersoggettiva delle perdite a seguito dell’introduzione della Pex e dell’indeducibilità della svalutazione delle partecipazioni. Nel 2008 si è poi aggiunta la facoltà di dedurre maggiori interessi passivi sfruttando il cosiddetto Rol virtuale apportato dalle controllate estere, meccanismo di recente sostituito dal Dlgs 147/15 con l’inclusione nel Rol dei dividendi incassati da società estere. L’istituto ha sempre maggiormente interessato i soggetti residenti, in quanto i non residenti vi potevano partecipare solo a determinate condizioni: 7 interponendosi fra due residenticonsolidabilitradiloro(art.1 c. 1 lett. b de Dm 9.6.04) 7 esercitando l’opzione tramite una stabile organizzazione (So) nel cui patrimonio erano comprese le partecipazioni nelle consolidate. A livello nazionale la prima fattispecie era compatibile con la libertà di stabilimento, non invece la seconda, discriminatoria verso soggetti residenti in Stati europei diversi da quello in cui si opta per il consolidato (cause C-39/13, C40/13, C41/13). Di conseguenza, per adeguare la norma nazionale alledisposizionicomunitarie,l’articolo 6 del decreto internazionalizzazione è intervenuto a: a) introdurre il consolidato fra sorelle (“orizzontale”) b) prevedere la partecipazione della So anche quale consolidata c) eliminare l’obbligo di inserire nel patrimonio della So consolidantelepartecipazioniinclusenel consolidato. Il punto a) garantisce la libertà di stabilimento e permette alle multinazionali ramificate in Europa di incrementare le adesioni
al consolidato delle proprie entities italiane (subsidiaries e branch). Infatti la controllante Ue o See con effettivo scambio di informazioni, in presenza del requisito del controllo, in base all’articolo 117 c. 2-bis del Tuir, potrà: 7 dar vita al consolidato tra società sorelle residenti e So italiane di soggetti esteri 7 designando uno dei predetti soggetti ad assumere la qualifica di consolidante (la controllata designata non potrà consolidare le società da cui è partecipata, dovendosi configurare come soggetto di più alto livello nella catena del controllo).
RESPONSABILITÀ IN SOLIDO
Il sistema non si interrompe se la controllante effettua la sostituzione con un’altra sorella appartenente al «regime»
In base al punto b), invece, è stata introdotta la possibilità per le So di esercitare l’opzione anche quali controllate (articolo 117 comma 2ter), se appartenenti a soggetti Ue o See con scambio di informazioni e in presenza del requisito del controllo (articolo 120 c. 1-bis). Il punto c), infine, elimina il requisito della connessione patrimoniale delle partecipazioni, non richiedendosi più una concreta struttura operativa nel territorio dello Stato rappresentata dalla So. Nel consolidato orizzontale la designazione di una delle sorelle, valida anche in ipotesi di rinnovo dell’opzione, che presuppone l’identificazione della controllante europea mediante attribuzione del codice fiscale (provvedimemto 6.11.15) e l’invio telematico del modello, è di cruciale importanza in quanto la controllata desi-
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMyNy0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNC0yN1QxMjo1MDo0OVojIyNWRVI=
gnata assume tutti gli obblighi e oneri del consolidato, compresa la responsabilità formale in base all’articolo 127 del Tuir (ma la controllanteesterarestaresponsabile in via sussidiaria). Tale responsabilità resta salvaguardata anche nell’ipotesi di cessazione del requisito del controllo della designata. In tal caso, infatti, il consolidato non s’interrompe se la controllante effettua la sostituzione con un’altra sorella appartenente al regime, che assumerà in solido con la ex designata la responsabilità in base all’articolo 127 anche per i periodi d’imposta precedenti di validità dell’opzione. Rispetto alla previsione classica (articolo 124, comma 4) per cui le perdite in caso di interruzione del regime, salvo diversa opzione, restano nell’esclusiva disponibilità della consolidante, nel consolidato orizzontale, poiché la controllante è non residente e designa una controllata residente, sono attribuite alle controllate che le hanno prodotte, secondo i criteri stabiliti in sede di opzione o, in assenza, proporzionalmente. Con la circolare 12/E/2016 sono stati forniti importanti chiarimenti relativamente al caso di una società non residente A che controlla due sorelle B e C, con B che a sua volta controlla D (B e D in consolidato): 7 se A designa B, per il solo 2015 il consolidato fra B e D non si interrompe, effetto che viceversa avverrà a regime 7 se A designa C ma B e D optano per il consolidato con C, non si verificano effetti interruttivi per il 2015 (con perdite riattribuite a B e non utilizzabili nel nuovo consolidato), ma si verificheranno a regime 7 almeno in parte, quindi, dal punto di vista temporale, si sovrappongono due consolidati. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli schemi possibili La presenza dei soggetti non residenti ammessi nel consolidato. SO = Società con stabile organizzazione PRIMA DEL DLGS 147/15
caso A
Mera interposizione
caso B
Opzione tramite So residente
Consolidante residente
Società non residente
Società non residente
Stabile organizzazione
Consolidata residente
Consolidata residente
Consolidata residente
DOPO IL DLGS 147/15
Consolidato orizzontale con sole società residenti
Società non residente
Consolidata residente
Consolidata residente
Consolidante residente
Consolidato orizzontale con società residenti e SO Consolidata residente
Consolidata residente
Consolidato orizzontale con SO nel cui patrimonio non figurano le partecipazioni in società residenti
Consolidata residente
Consolidata residente
Società non residente
Consolidata residente
SO italiana
Consolidata residente
di Giancarlo Tattoli
S
embra proprio che il tema del giorno sia la giustizia tributaria. Da tempo se ne auspica un salto di qualità, chiedendone il completo affidamento ai giudici togati, ma l’improvvisa accelerazione desta preoccupazione. La sensazione, o meglio il timore, è che sull’onda emozionale di qualche mela marcia individuata tra i giudici tributari si vorrebbero ora realizzare in «ristretti limiti di tempo» storiche riforme rischiando di buttare via il bambino con l’acqua sporca. Posto l’obiettivo, che è quello di meglio assicurare indipendenza, terzietà, imparzialità del giudice tributario occorre individuare la via per raggiungerlo. Il prospettato “tavolo tecnico” potrebbe costituire un adeguato strumento per il giusto confronto tra gli «addetti ai lavori». Si dovrebbe mettere a punto l’evoluzione, il traghettamento di questa giustizia che, tutto sommato, non dimostra gli anni che ha, e riesce a mantenere il passo. Come è possibile stabilire la futura struttura, e quanti giudici serviranno (poco importa se nell’ambito di una magistratura tributaria autonoma o di quella ordinaria o amministrativa o contabile), se non si ipotizza il volume e le caratteristiche del futuro contenzioso e, soprattutto, cosa fare e con quali strumenti abbatterlo? Certo con l’istituto della mediazione-reclamo, che ha un limite che andrebbe adeguatamente aumentato, con qualche modifica per rendere “terza” la struttura. Poi con la “qualità” degli atti dell’amministrazione finanziaria, che dissuade (con la condanna alle spese) dall’intraprendere inutile contenzioso. Pericasidielevatovalore,poi,già da tempo si tocca con mano il più
adeguato livello di preparazione degliattitributarieirisultatiinsede contenziosa hanno visto spostare l’asticella a favore delle Entrate. Ma l’Agenzia dovrebbe anche porsi con maggiore convinzione dalla parte del contribuente e promuovere la rimozione di norme che ostacolano il “dialogo”e promuovere la modifica di quelle che generano, un ingiustificato contenzioso, come l’Irap dei professionisti: la Cassazione è stata costretta suo malgrado, a divenire specialista in autonoma organizzazione! Un caso a parte è quello delle notifiche, da cui nasce forse il 30% del contenzioso. I contribuenti, quelli che con l’amministrazione vogliono parlare, magari senza essere sottoposti all’incubo delle file, non hanno bisogno di notifiche: basta chiamarli al telefono. Per altri è giunto il momento di sostituire l’albo comunale con la Pec. E poi le questioni di “rito”: se un contribuente ha diritto a un rimborso si proceda: le questioni formali andrebberosuperate.Undiscorsoa parte per gli enti locali che contribuiscono al contenzioso con un buon 30% provocato dai metri quadri della Tari, dalle agevolazioni Ici/Imu ingabbiate dai Regolamenti comunali, da inestricabili questioni provocate da pubbliche affissioni e dall’imposta sulla pubblicità. A proposito di Cassazione, sarebbe opportuna una più frequente “corsia preferenziale” per alcuni temi caldi: iniziativa che eviterebbe il proliferare del contenzioso nel lungo periodo (alcuni anni) di attesa della prima sentenza.Adeguatiinterventisuicasi “seriali” ridurrebbero, anzi, “sopprimerebbero” il 50% del contenzioso. Forse da qui dovrebbe partire il tavolo del confronto. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Norme e tributi 47
Il Sole 24 Ore Martedì 3 Maggio 2016 - N. 120
CIRCOLAZIONE STRADALE
Infrazioni. I verbali spediti con raccomandata e recapitati da società diverse da Poste non sono ritenuti validi da norme e sentenze
Multe, notifiche «private» a rischio Tra le città che non si affidano all’azienda pubblica ci sono anche Palermo e Torino Nino Amadore Silvio Scotti
pI verbali per violazione del
Codice della strada notificati da società diverse da Poste Italiane rischiano l’annullamento perché inesistenti. Un problema complesso, che si pone per varie amministrazioni comunali tra cui quelle di Palermo e Torino. E che nasce perché di notifiche si sono occupate negli anni varie norme, ma nessuna si è coordinata con la una parziale liberalizzazione dei servizi postali (Dlgs 58/2011). Infatti, l’articolo 4 del Dlgs 261/1999 riserva ancora al «fornitore del servizio universale» le notifiche di atti giudiziari effettuate a mezzo posta (quelle regolate dalla legge 890/1982, ossia la maggioranza, non quelle per le quali si sceglie di avvalersi dei messi comunali) e non è stato cambiato dalla norma sulla liberalizzazione. Tanto che la Cassazione (sentenza n. 2035/2014) non ha dubbi sul fatto che esso debba essere individuato nelle Poste, perché «l’incaricato di un servizio di posta privata non riveste, a differenza dell’agente del fornitore servizio postale universale, la qualità di pubblico ufficiale, onde gli atti dal medesimo redatti non
godono di alcuna presunzione di veridicità fino a querela di falso». La conseguenza, evidente, è quella di rendere inesistenti le notifiche a mezzo posta effettuate da un servizio di postalizzazione alternativo a Poste. Nonostante questo, sono in attività ancora varie società che offrono anche il servizio di notifica. Tra i loro clienti, anche Comuni della dimensione di Palermo e
NORMA «INCOMPLETA»
Il Dlgs sulla liberalizzazione del servizio postale non ha tolto l’esclusiva sugli atti relativi a violazioni del Codice della strada Torino. Nel capoluogo piemontese si è scelta la via delle notifiche tramite una società privata per tutti coloro che sono residenti in città, mentre si utilizza Poste italiane per chi è residente altrove. Nel capoluogo siciliano, invece, sta montando la polemica, che potrebbe essere seguita da un esteso contenzioso. Tutto è partito da un’interrogazione presentata da Nadia Spallit-
ta, esponente del Pd e vicepresidente vicario del Consiglio comunale, basata sulla risposta dell’Avvocatura comunale a un suo quesito. Vi si afferma la legittimità del servizio per una serie di sentenze del giudice amministrativo ma poi in parte si riconosce la fondatezza delle obiezioni fatte dalla Spallitta scrivendo che «ipotetiche generalizzate impugnazioni vedrebbero il Comune quasi certamente soccombente, con la condanna al pagamento di spese di giustizia (in molti casi) in misura di gran lunga superiore al valore delle stessesanzioni irrogate». Il Comune di Palermo nel 2011 ha affidato a una propria società (la Sispi) la gestione dei verbali, invitandola ad avvalersi di personale comunale. Una scelta motivata con l’esigenza di una maggiore economicità rispetto al servizio affidato a Poste italiane. Cosa che non è avvenuta, visto che il servizio appaltato nel 2011 per 1,7 milioni costa oggi3,4 milioni, quasi 1,4 milioni in più rispetto ai due milioni che il Comune pagava alle Poste. Non solo: Sispi ha subappaltato il servizio a una società privata, il Consorzio Olimpo, giustificando la scelta con l’obiettivo di non distogliere i messi comunali
Le altre questioni
01 IL DOPPIO INVIO Spesso il contenzioso sulle multe stradali si concentra sulla fase della notifica del verbali. Anche per questo ci sono importanti sentenza sulla materia. Quella di maggior impatto è stata la n. 346 del 1998, con cui la Consulta stabilì l’obbligatorietà dell’invio di una seconda raccomandata al domicilio del notificato, se egli fosse assente al momento della prima consegna 02 IL MOMENTO DI CONSEGNA Sempre la Consulta, nel 2002, con
la sentenza n. 477 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’articolo 149 del Codice di procedura civile e dell’articolo 4, comma terzo, della legge 890/1982 (quella sulle notifiche a mezzo posta) nella parte in cui prevedeva che il perfezionamento della notifica avvenisse con la consegna del plico al destinatario. Attualmente, per il notificatore, vale quale termine di notificazione il momento in cui ha affidato materialmente l’incombenza all’ente notificante
dai loro compiti istituzionali. Così, sostiene Spallitta, avrebbe disatteso il Dlgs 58/2011 che, al comma 4 dell’articolo 1, affida a Poste la notifica a mezzo posta delle violazioni del Codice della strada. La conseguenza, secondo Spallitta, è che, «i cittadini che non hanno pagato possono impugnare i verbali in qualsiasi momento con probabile esito vittorioso. In primo luogo perché la notifica viene considerata inesistente e quindi non produttiva di effetti, in secondo luogo perché per legge le multe devono essere comunicate al cittadino entro 90 giorni a pena di decadenza». Già alcune sentenze dei giudici di pace sono andate in questa direzione, citando anche la Cassazione. Ai dipendenti del Consorzio Olimpo, forse proprio per evitare contenziosi, è stata fatta conseguire la qualifica di messo notificatore, prevedendo un corso di poche ore. Ma tali soggetti, secondo il consigliere comunale (che cita la legge 296/2006, articolo 1, commi 158 e seguenti), possono notificare solo atti di accertamento di tributi locali o in generale connessi con la riscossione delle entrate. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Eccesso di velocità. Controlli automatici leciti nei centri abitati anche se il viale non è classificabile «strada urbana di scorrimento» in tutta la sua lunghezza
Per l’ok all’autovelox basta un tratto Selene Pascasi
pMulta per eccesso di velocità
valida, se rilevata da autovelox fissi in città, anche se la strada non ha per tutta la sua lunghezza le caratteristiche richieste dalla legge per autorizzare i controlli automatici. Basta infatti che tali caratteristiche ci siano solo in un tratto, quello in cui il rilevatore è installato. Lo afferma il Tribunale di Firenze, con la sentenza n. 194 del 20 gennaio 2016, con la quale fa sostanzialmente proprio il parere emesso dal ministero delle Infrastrutture sulla classificabilità delle strade che non hanno caratteristiche omogenee in tutta la loro lunghezza. La pronuncia sana una parte del nutrito contenzioso nato negli ultimi anni tra il Comune di Firenze e molti guidatori multati dagli apparecchi fissi installati sui diversi viali cittadini. Il problema
principale era che questi viali non hanno le caratteristiche per essere considerate «strade urbane di scorrimento», cioè per rientrare nell’unica categoria di strada cittadina su cui la legge consente controlli di velocità effettuati in assenza di agenti (si veda la scheda a destra). La sentenza ha deciso sull’appello promosso da un automobilista contro la decisione del giudice di pace di confermare la sanzione. La sua contestazione era lineare: l’autovelox era installato su una via che non poteva dirsi «urbana
LA CONDIZIONE
È necessario solo che la postazione fissa si trovi in un punto dove le caratteristiche richieste sono percepibili da chi guida
di scorrimento», per la mancanza di due dei requisiti richiesti dall’articolo 2, lettera d) del Codice della strada per rientrare in tale definizione: avere semafori a tutti gli incroci e aree per la sosta solo esterne alla carreggiata. Ricorso bocciato dal giudice di pace. Prevedibile l’appello al Tribunale che, però, non ha cambiato rotta rispetto al primo grado di giudizio, perché la strada in questione sarebbe stata legittimamente inserita nell’elenco prefettizio di quelle su cui sono consentiti i controlli automatici di velocità. Nel ragionamento del Tribunale, se è vero che il Prefetto è tenuto – per poter classificare la strada come urbana di scorrimento – a verificare la sussistenza dei requisiti minimi di legge, è anche vero che secondo il ministero delle Infrastrutture (parere
1380/11) «raramente le strade hanno una medesima caratteristica lungo tutto il loro tratto». Di conseguenza, la «classificazione di una strada può esser operata» anche «per tratti purché i tratti siano ragionevoli e non siano una successione con alternanze tanto frequenti tali da non far riconoscere all’utente il tipo di strada sulla quale sta circolando». Dunque, spetta al giudice decidere se ci sono questi requisiti. Nel caso deciso dal Tribunale il viale poteva ritenersi – nel tratto su cui è installato l’autovelox – strada urbana di scorrimento, nonostante ci fosse un’intersezione a raso (cioè un incrocio, definito dal Codice come area comune a più strade, tese a consentire lo smistamento del traffico) non regolato da semaforo. Secondo il Tribunale, non si tratta di “vera” intersezione, perché l’area comu-
Incidenti. Per la Cassazione si risponde sia di omicidio stradale sia di corsa vietata
Gare mortali, il reato è doppio Guido Camera
pSe durante una corsa illega-
le si verifica un incidente mortale, il “vecchio” reato di omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale può concorrere con quello di gara in velocità (articolo 9-ter Codice della Strada). A condizione che si dimostri che la morte sia conseguenza diretta e immediata di un’infrazione diversa e ulteriore rispetto alla violazione del divieto di gareggiare in velocità. Lo dice la Cassazione, nella sentenza 16610/2016, che pare applicabile anche al “nuovo” reato di omicidio stradale, introdotto per gli incidenti accaduti dal 25 marzo. Anzi, in questi ultimi casi, l’interpretazione della Corte sembra rimediare a una “svista” del legisla-
tore, che non ha previsto la gara proibita tra le ipotesi in cui c’è omicidio stradale “aggravato”. Questi i fatti: tre automobilisti avevano gareggiato su un raccordo autostradale urbano con «reiterati e reciproci sorpassi, guidando pericolosamente, spostandosi repentinamente» di corsia e «comunicando l’un l’altro goliardicamente con reiterati colpi di clacson». In una galleria l’auto che era in testa aveva tamponato una vettura estranea in cui viaggiavano un bimbo, che moriva, e due adulti, rimasti feriti. Gli imputati hanno percorso diverse strade processuali: l’autore del tamponamento ha scelto il rito ordinario, gli altri due l’abbreviato, finito con la sen-
tenza della Cassazione. I giudici di merito avevano ritenuto che l’incidente fosse dovuto al mancato rallentamento entrando in galleria da parte del tamponante, istigato dai due avversari che lo tallonavano. Il passaggio repentino al buio aveva impedito di vedere l’auto tamponata. I ricorrenti erano stati condannati a quattro anni per gara proibita con morte e lesioni (articolo 9-ter, comma 2, del Codice della strada), più quattro per omicidio colposo con violazione delle norme della circolazione. La Cassazione - riqualificando il reato in quello meno grave di gara proibita (articolo 9-ter, comma 1) - è partita dal presupposto che non si può addebitare due volte a una persona la morte di un’altra, come aveva fatto la
condanna sia per gara con morte sia per omicidio colposo. Ma la Corte, visti i fatti, ha pure escluso che l’omicidio colposo dovesse essere assorbito dal delitto di gara con morte: la condotta di guida su cui si sorreggeva l’omicidio colposo non era «perfettamente sovrapponibile» alla gara con morte. La causa diretta dell’incidente era infatti da trovare non tanto nello svolgimento della gara, ma nel mancato rallentamento entrando in galleria, definito di «assoluta centralità nella catena causale». Il principio è condivisibile: àncora la responsabilità per la morte all’effettiva condotta colpevole dell’agente e allontana il rischio di sconfinare nella responsabilità oggettiva causata da un’applicazione troppo rigi-
Dove si può 01 IL PRINCIPIO GENERALE I controlli di velocità vanno effettuati da pattuglie di agenti, che quando è possibile devono fermare subito i trasgressori 02 LE ECCEZIONI La legge 168/2002 ha regolato i casi in deroga, in cui sono consentite postazioni fisse automatiche non presidiate da agenti. Esse sono sempre lecite su autostrade e strade extraurbane principali (cioè quelle a doppia carreggiata su cui c’è il segnale uguale a quello di «inizio autostrada» ma su fondo blu). Sul resto della viabilità extraurbana, le postazioni possono trovarsi solo nei tratti autorizzati dai prefetti. Nei centri abitati, i prefetti possono dare l’ok solo sui viali con le caratteristiche delle strade urbane di scorrimento
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MASSIMA Non potendosi e non dovendosi addebitare due volte la causazione di morte, oltre che di lesioni, da parte degli imputati, la soluzione da prescegliersi non è quella auspicata dai ricorrenti, cioè l’applicazione della norma del codice della strada, in quanto il reato di omicidio colposo...non si esaurisce nelle medesime violazioni del codice della strada costituenti l’in sé della condotta (relativa al reato di morte con lesioni, ndr)...ma si sviluppa attraverso una violazione di precetto, al contempo generico e specifico, ultronea rispetto (al reato di morte con lesioni, ndr)...,consistita nel «non rallentare al momento dell’ingresso in galleria»..., violazione che è risultata immediatamente e direttamente causativa delle gravissime conseguenze di cui si è detto. Corte di cassazione, sentenza 16610/2016
Trasporto pubblico. Il Consiglio di Stato boccia le opposizioni dei tassisti milanesi
Francesco Clemente
e non intralcia la concorrenza, il Comune può costituire un sistema di ricerca taxi informatizzato, più efficiente di quello classico delle “colonnine gialle”: gli interessi dei tassisti non possono bloccare l’innovazione né l’intervento della Pa su un servizio pubblico. Il Consiglio di Stato (sentenza 1415/2016) ha ribaltato il giudizio di primo grado (Tar Milano
2176/2015) contro la gara indetta nel 2014 dal Comune di Milano per fornitura, gestione e manutenzione di un software per chiamate su numero unico che cerca in automatico il taxi più vicino. Per il Tar, come contestato da tre operatori locali non partecipanti, la gara (vinta da Fastweb con l’offerta più vantaggiosa), ciò comportava «un’alterazione del mercato» con difficoltà per le centrali radiotaxi cui
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMwMy0wNS0yMDE2IyMjMjAxNi0wNS0wM1QxMjo1NTo1OFojIyNWRVI=
sbarrava l’accesso richiedendo competenze tecniche ed esperienze di gestione dimostrabili solo da informatici. Il Consiglio ha invece spiegato che il Comune, sostituendo solo il sistema di ricerca - via web, app o telefonata a un centralino -, «non ha introdotto un nuovo servizio sottraendolo alle società di radio taxi ma si è limitato a modificare il servizio che già svolgeva» e non c’è «alcuna ingerenza…in un set-
tore riservato all’operatore privato perché il settore è stato da sempre caratterizzato dalla coesistenza del servizio pubblico e privato». Che è «servizio di trasporto pubblico non di linea» (legge quadro 21/1992), da garantire e regolamentare da parte dei Comuni, a prescindere dal fatto che gli operatori ritengano di soddisfare «appieno» l’interesse generale. Per gli stessi motivi va esclusa la violazione delle norme Ue sulla
da del reato di gara con morte. Inoltre, così si contempera il principio di colpevolezza con le esigenze di difesa sociale alla base del nuovo reato di omicidio stradale: esso, nella versione “aggravata” dall’aver commesso infrazioni che non di rado si verificano in una gara proibita, prevede la pena base della reclusione da 5 a 10 anni. Una pena sulla carta simile a quella prevista dall’articolo 9-ter in caso di gara con morte (da 6 a 10 anni), ma che in concreto può essere ben superiore perché le si somma quella per il reato di gara proibita e, se c’è fuga (come nella vicenda in questione), scatta l’aumento di pena (da un terzo a due terzi) previsto dalle nuove norme sull’omicidio stradale. L’interpretazione della Corte evita anche, per il futuro, un possibile paradosso per le corse illegali con morti: pene più miti di quelle nuove sull’omicidio, nelle quali tali corse non sono tra le gravi infrazioni che fanno scattare le ipotesi aggravate. © RIPRODUZIONE RISERVATA
concorrenza (articolo 106 del Trattato): esse si riferiscono alla creazione di una nuova attività pubblica e la giustificano quando l’interesse generale non è garantito dalla gestione concorrenziale: il contrario del caso milanese. Il bando è regolare poiché «la diversa modalità e la correlata maggiore efficienza...sembra da ricondursi solamente alla evoluzione delle tecnologie che non può essere bloccata da interessi corporativistici». Peraltro il Comune aveva aperto le porte anche ai tassisti, prevedendo che potessero partecipare alla gara in associazione temporanea con terzi.
Taxi, round al numero unico comunale pSe non crea un nuovo servizio
ne, pur esistente materialmente, non è transitabile, per la presenza di una striscia continua sull’asfalto. E non importa la striscia sia fisicamente valicabile: conta il dato legale stabilito dal Codice della strada, secondo cui la striscia continua non può essere oltrepassata. Il tratto in questione non è lungo come richiede il ministero, ma ha il requisito di essere riconoscibile come diverso dal resto della strada: ci sono segnali che rendono l’idea della separazione tra la carreggiata principale e i “controviali” laterali. Da notare che il Comune, pur avendo ottenuto ragione, riporta una sconfitta sulla sua linea di difesa secondo cui l’ubicazione delle postazioni fisse sarebbe attività discrezionale non sindacabile dal giudice: la discrezionalità trova un limite nella legge, che nei centri urbani consente l’ubicazione solo sulle strade definibili «di scorrimento» a norme del Codice.
Classica. Una colonnina di chiamata
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Bollo auto. In attesa delle visite
Benefici a tempo ai disabili: pericolo di contestazioni pI disabili esenti dal bollo
auto ma soggetti a visita medica periodica rischiano di ricevere contestazioni per mancato pagamento della tassa anche se il controllo conferma che hanno i requisiti. In alternativa, potrebbe accadere che chi i requisiti non li ha più venga considerato esente. Sono le conseguenze della legge 114/2014, articolo 25, comma 6-bis, che instaura un regime molto “garantista” per il contribuente ma si innesta su una situazione degli uffici pubblici che lo rende difficilmente gestibile. La norma prevede che per i disabili “rivedibili” (cioè quelli per cuilostatodidisabilitàsiaritenuto non permanente ma soggetto a cambiamenti da verificare nel tempo) il diritto ai «benefici, prestazioni e agevolazioni» (compresa l’esenzione dal bollo auto) connessi al loro stato prosegua anche dopo la scadenza riportata nel verbale della visita in base al quale il beneficio stesso era stato concesso in modo temporaneo. L’esenzione - recita la norma - resta attiva «nelle more dell’effettuazione delle eventuali visite di revisione e del relativo iter di verifica». La norma prosegue stabilendo che le convocazioni alle visite sono di competenza dell’Inps. Per quanto riguarda il bollo auto, queste novità s’innestano in una situazione in cui le esenzioni sono concesse in base ai verbali che riportano gli esiti delle visite effettuate dalle Commissioni mediche locali, dunque in ambito Asl. La data della prossima visita di revisione non è fissata in modo esplicito e quindi si presume che coincida con la scadenza riportata dal verbale riguardo alla validità temporale dell’accertamento effettuato dalla Commissione. In base a questa presunzione, i sistemi informatici con i quali i gestori della riscossione del bollo riportano, come data fino alla quale vale l’agevolazione, la scadenza segnata sul verbale. Il risultato è che, passata questa scadenza, il disabile - salvo prassi particolari instaurate da Regioni attente - viene considerato senza più diritto al beneficio e, se non paga, la sua posizione viene segnalata come irregolare. Quindi, gli verrà inviata una contestazione, che lo costringerà a difendersi se non
vorrà pagare tassa e sanzioni. Ci si potrebbe difendere efficacemente dimostrando che la visita di revisione si deve ancora svolgere, perché è fissata per una data posteriore alla scadenza del verbale della Commissione. Ma attualmente nessuno può farlo, visto che la convocazione dovrebbe venire dall’Inps, che non ha ancora proceduto. Questo causa un vuoto nel quale gli uffici pubblici non sanno ancora bene come muoversi. L’incertezza è aumentata dalle voci secondo cui l’Inps starebbe lavorando per convocare a visita solo chi è titolare di un beneficio erogato dallo stesso istituto di previdenza. Quindi, chi fruisce solo dell’esenzione dal bollo potrebbe non essere mai convocato. Quest’ultimo dettaglio finirebbe col causare perdite di gettito per le Regioni nel caso si adotti una soluzione allo studio in queste settimane: concedere ai contribuenti di autocertificare chesièinattesadellavisita.Infatti, se la visita non ci sarà mai, resterà esente anche chi è perfettamente guarito. M.Cap. © RIPRODUZIONE RISERVATA
LEASING IN LOMBARDIA
Dalla Ctr due punti per la Regione pContinua
il contenzioso tra Regione Lombardia e società di leasing sulla responsabilità per il bollo auto. La Regione, almeno per il passato, la attribuisce anche a esse oltre che all’utilizzatore anche dopo l’interpretazione autentica data dal Dl 78/2015. La Commissione tributaria regionale, nelle sentenze 1001 e 1250, ha confermato il tenore di pronunce di quella provinciale (si veda Il Sole 24 Ore del 2 febbraio) secondo cui per il passato la responsabilità solidale è evidente, per com’era formulata la norma ante-2015 . La questione continua comunque ad essere controversa: ci sono altre pronunce di segno opposto. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Esami teoria. Quiz solo sui comportamenti
Revisione patente con test «leggeri» pDiventa di fatto più facile
l’esame di revisione della patente, cui deve sottoporsi soprattutto chi ha esaurito i punti: il programma dei quiz è stato modificato rispetto a quello previsto per chi la licenza di guida la deve conseguire, sfoltendo le parti non legate al comportamento del guidatore. Lo prevede il decreto ministeriale firmato il 15 febbraio dal responsabile delle Infrastrutture, Graziano Delrio, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 20 aprile. Lo scopo dichiarato della novità è rendere l’esame di revisione più aderente alle esigenze che portano a disporlo. Cioè accertare che il conducente conosca effettivamente le regole della circolazione stradale, visto che alla revisione (articolo 128 del Codice della strada) viene sottoposto chi ha fatto sorgere dubbi sulla sua idoneità tecnica (perché ha commesso un’infrazione molto grave), chi ha causato un incidente con lesioni gravi con una violazione che comporta la sospensione della patente o chi ha commesso una serie di infrazioni che, per frequenza e gravità, hanno portato all’azzeramento dei punti. Partendo da queste premesse, si è ritenuto che un conducente del genere debba dimostrare soprattutto di sapere che cosa è consentito su strada e cosa no, oltre ad avere coscienza
dei rischi legati a determinati comportamenti di guida e all’assunzione di alcol o droga. Dunque, i quiz si concentrano sulle norme di comportamento e sulla segnaletica. Prima, invece, il test era identico a quello previsto per i candidati a ottenere la patente e quindi conteneva anche nozioni su inquinamento, pronto soccorso, strade e meccanica dei veicoli. Ora queste parti sono state stralciate dal programma del test, per cui il conducente dovrà studiare soltanto il resto. Questo comporta una riduzione dei capitoli sui quali prepararsi: per esempio, nell’esame per la patente B, si scende da 25 a 19. Non solo: anche nei capitoli rimasti c’è stato uno sfoltimento. Per esempio, nella parte relativa alla segnaletica, ci si concentra sul significato dei segnali, tralasciando “finezze” come le regole su come e dove essi vanno collocati. Il numero di quiz cui rispondere e quello massimo di errori ammessi per superare l’esame rimane identico. Dunque, meno cose da studiare, facendo diminuire il numero di bocciati all’esame di revisione solo perché non ricordavano le norme su veicoli e strade, studiate ormai troppo tempo fa. Ma più domande sui comportamenti, con più rischi di farsi bocciare se non li si ripassa a sufficienza. M.Cap. © RIPRODUZIONE RISERVATA
giovedì 28 aprile 2016 L’UNIONE SARDA
www.unionesarda.it
31
PROMO PROMO ESTATE RAGGIO INVERNO ®
RISTANO
30 FINO
%
ORISTANO. I ritardi dell’organismo sono legati alla mancanza di personale e direzione
L’ESEMPIO Di recente, a causa di un ricorso non esaminato Equitalia ha fatto pignorare gli indennizzi assegnati dalla Regione ai pescatori di Santa Giusta. I casi come questo sono tantissimi. Nella foto l’aula udienze della commissione
no così in attesa di essere esaminati, come ha denunciato pochi giorni fa il commercialista Bruno Musu, della società Amm. A margine di una conferenza stampa Musu aveva posto in evidenza i ritardi accumulati dalla Commissione tributaria di Oristano, che finiscono col mettere in
ORISTANO
difficoltà gli studi tributaristi e gli stessi contribuenti. L’ESEMPIO. «Nel caso specifico Equitalia, in attesa del pronunciamento di un ricorso da noi presentato a tutela della cooperativa pescatori di Santa Giusta, ha spiegato Bruno Musu ha fatto pignorare gli in-
dennizzi assegnati dalla Regione. Purtroppo la situazione è uguale in tutta la Sardegna, tanto che a farne le spese sono i clienti che noi tuteliamo». ORDINE COMMERCIALISTI. I problemi maggiori sui gravi ritardi, che immobilizzano la Commissione (presieduta provvisoriamente
PALAZZINA
80 FINO
%
Vandali nella chiesa di S. Chiara
La Commissione tributaria non si riunisce da mesi: proteste conoscono, ma i ricorsi pendenti sarebbero oltre 600. La macchina della giustizia tributaria marcia a rilento anche in provincia di Oristano. I problemi della Commissione tributaria provinciale (una sola la sezione), da tempo anche senza un direttore, sono legati soprattutto alla carenza di personale. Un problema serio che interessa anche il resto della Sardegna: alla fine del 2015, come ha confermato recentemente il presidente della commissione regionale, Ettore Angioni, erano presenti 13mila contenziosi tributari. I CONTENZIOSI. La Commissione di Oristano, deve valutare ricorsi sull’Irpef, i tributi locali e altre decine di incombenze, compresi gli attualissimi accertamenti catastali. Ma deve fare soprattutto i conti con un buco nell’organico di 7 persone, tra giudici e cancellieri. LA DENUNCIA. Il risultato è che centinaia di ricorsi so-
76 ORISTANO
O RISTANO
Fisco, fermi oltre 600 ricorsi Le cifre ufficiali non si
VIA TIRSO
da Graziella Manca), sono legati in modo particolare ai contenziosi sugli accertamenti induttivi: «I tempi tecnici, quelli burocratici e la carenza di personale - ha osservato il presidente dell’Ordine dei commercialisti di Oristano, Remigio Sequi - stanno pesando non poco sul contribuente, già oberato da altri problemi, che deve dimostrare di non aver evaso o eluso le imposte». Sequi prosegue: «La complessità di questi contenziosi rallenta di parecchio l’attività delle giustizia fiscale. Anche ad Oristano, lo sappiamo, esiste il problema degli organici: il personale andato in pensione non è stato ancora sostituito. Non conosco i dati ma i ricorsi in attesa so che sono tanti». Almeno per il momento non è possibile avere una conferma sui dati, da parte del responsabile regionale, Martino Loddo, anche direttore della sede di Oristano, attualmente fuori sede. Elia Sanna
I vandali sono tornati in azione ieri pomeriggio e hanno danneggiato il vetro della bifora nella parte retrostante della chiesa di Santa Chiara. Il lancio di sassi o, forse, di qualche lattina ha richiamato l’attenzione delle monache di clausura che in quel momento erano riunite in preghiera. Un rumore sordo e forte ha interrotto il raccoglimento delle suore che, allarmate, hanno poi segnalato l’episodio alle forze dell’ordine. Purtroppo è l’ennesimo atto vandalico messo a segno ai danni del complesso monastico e in particolare nella chiesa. Nonostante la presenza di telecamere sistemate nella zona, i teppisti, che si ritrovano in vico Arquer proprio nel retro dell’antica chiesa, continuano indisturbati a compiere atti simili. E talvolta i risultati sono stati pesanti per i danni causati all’edificio. RIPRODUZIONE RISERVATA
RIPRODUZIONE RISERVATA
MASSAMA. Il segretario nazionale del Sappe denuncia sovraffollamento e disagi
Lite su zona franca Il Consorzio industriale di Oristano manda avanti una richiesta di istituzione di zona franca in alternativa a quella avanzata dal Comune di Santa Giusta. La notizia arriva con una nota del Consorzio. Il presidente, Claudio Atzori: «Alla luce della recente deliberazione con la quale la Giunta regionale ha riavviato la procedura per l’attivazione delle Zone franche, il Cda del Consorzio industriale ha stabilito di confermare la proposta già concordata nel 2013 insieme ai Comuni di Oristano e Santa Giusta, alla Provincia ed alla Capitaneria che verrà presentata dal Consorzio Industriale, che ha tra i suoi compiti statutari pure quello di gestire zone franche»
«Serve un direttore a tempo pieno» L’assenza di un direttore a tempo pieno sta creando delle disfunzioni nell’organizzazione del carcere di Massama. Lo ha denunciato Donato Capece, segretario nazionale del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, in visita in questi giorni nell’isola. Ieri mattina insieme ai segretari provinciali della Sardegna ha fatto il punto della situazione nelle carceri isolane, sempre più sovraffollate. Confermando come nell’Isola i detenuti siano ancora aumentati. «Il 31 marzo scorso c’erano
2.060 persone nelle carceri sarde, 2.007 uomini e 53 donne ha spiegato Donato Capece - un anno fa erano, complessivamente, 1.849. Questo dimostra come la situazione sia drammatica e non è certo ritornata alla normalità, come si vuol far credere». Nel dettaglio il Segretario del Sappe ha fornito le cifre aggiornate: gli istituti penitenziari sardi più affollati sono Cagliari (591 presenze), Sassari (427) e Oristano (293). Ma rimane alto anche il numero degli eventi critici: 219 sono stati gli episodi di
SEDILO. Antonello Marceddu ha patteggiato: otto mesi
autolesionismo con 35 tentati suicidi sventati in tempo dalla polizia penitenziaria. «Dopo il vertice di Oristano emergono chiaramente le disfunzioni all’interno della Casa circondariale di Massama - ha osservato Donato Capece - dove scarseggia la sicurezza e il benessere del personale, caratterizzato dalla carenza di uomini e dall’eccessivo carico di lavoro. Denunciamo nuovamente lo stato di abbandono in cui versano gli istituti di Oristano, Cagliari e Sassari, dove è necessaria una migliore or-
ganizzazione del lavoro. Il direttore di Oristano deve infatti occuparsi anche di altre strutture visto che in Sardegna i responsabili sono solo 5 su 15 strutture. Diciamo basta a un’amministrazione troppo distante dalla Sardegna - ha concluso Capece». Il segretari provinciali del Sappe di Oristano e Cagliari, rispettivamente Luca Fois e Luca Loi, hanno infine denunciato la situazione degli alloggi di servizio, praticamente inutilizzati. Elia Sanna RIPRODUZIONE RISERVATA
SIMAXIS. Ferito, non grave, un pensionato di Villaurbana
Avevano forzato un posto di blocco L’auto si ribalta e finisce fuori strada Rientravano da una cena con amici. Ma la serata di festa due giorni fa è finita male per due ragazzi di Sedilo che sono stati arrestati per aver forzato un posto di blocco e poi minacciato di morte gli agenti. E ieri Antonello Marceddu, 29 anni e Andrea Lampreu, 34 sono comparsi davanti al giudice del Tribunale di Oristano per il processo per direttissima. Marceddu, assistito dall’avvocato Giovanni Paolo Meloni ha patteggiato una pena di otto mesi; il giudice Carla Altieri ha disposto la confisca dei quattro coltelli che l’uomo aveva con sé e la sospensione della patente per un anno. Andrea Lam-
Un posto di blocco preu, difeso dall’avvocato Simone Prevete è stato invece assolto per non aver commesso il fatto. Marceddu e Lampreu stavano tornando da una cena e quando si sono ritrovati davanti a un posto di blocco della polizia stradale di Nuoro, hanno pensato bene di
VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQ2FtZXJhIyMjcHJlc0lWY29tIyMjUmlzdWx0YXRpIFJpY2VyY2EjIyMyOC0wNC0yMDE2IyMjMjAxNi0wNS0wMlQxMDo1MzowMlojIyNWRVI=
non fermarsi e proseguire. Subito è scattato l’inseguimento, i due sono stati raggiunti in una stradina di campagna e all’arrivo dei poliziotti hanno reagito male. In particolare Marceddu dopo essere stato arrestato, ha minacciato di morte un agente. Non si è voluto sottoporre nemmeno al test dell’etilometro ed è stato trovato in possesso di quattro coltelli a serramanico (tre erano nascosti in macchina, uno invece era tenuto addosso dall’uomo). Lampreu invece avrebbe opposto resistenza nei confronti di un poliziotto. (v. p.) RIPRODUZIONE RISERVATA
Nuovo incidente strada-
le lungo la Statale 388 a ridosso del pericoloso passaggio a livello di Simaxis. Nell’auto ribaltata dopo un’uscita di strada è rimasto ferito, per fortuna non in modo grave, Efisio Zucca, 78 anni, di Villaurbana. L’uomo è finito al San Martino con ferite e lesioni in varie parti del corpo: le sue condizioni per fortuna non sarebbero gravi. L’incidente si è verificato poco prima delle 13 nei pressi dell’uscita del passaggio a livello, dove sono in corso i lavori di realizzazione del nuovo cavalcavia ferroviario. Per cause ancora da accertare Efisio Zucca ha
L’incidente
[A.C.]
perso il controllo della sua Panda, mentre era diretto proprio verso il centro abitato di Simaxis. L’utilitaria ha sbandato ed è finita fuori strada capottandosi lungo la cunetta. Il pensionato è rimasto incastrato all’interno dell’abitacolo della sua Panda. Per liberalo c’è
voluto l’intervento dei Vigili del fuoco del Comando provinciale di Oristano. Il pensionato è stato così soccorso dall’equipaggio del 118 e trasferito in ospedale. Le sue condizioni, come detto non preoccupano i medici del San Martino. Il traffico ha subito dei rallentamenti per oltre un’ora. Sono stati i carabinieri della Compagnia di Oristano ad effettuare i rilievi, mentre il traffico è stato regolato dagli agenti della polizia stradale. In quel tratto della Statale si sono verificati anche di recente altri gravi incidenti.(e. s.) RIPRODUZIONE RISERVATA