QUATTROZAMPE febbraio 2004 “Un eroe dei nostri giorni” di Rosanna Frati Non ha mai posseduto un animale domestico. Eppure, tramite l’associazione da lui fondata, lotta per i diritti degli animali. Per salvare cani dai canili lager, sottrarre gatti, cavie e sciemmie da laboratori di vivisezione è andato contro la legge, ha affrontato arresti e carcere. Ed è stato colpito alle spalle da un colpo d’arma da fuoco. Tutto questo perché maltrattamenti e torture degli esseri indifesi cozzano contro il suo alto senso di giustizia, come gli ha insegnato l’uomo che più apprezza, l’eroe della comunità afroamericana, Martin Luther King. Sono gli insegnamenti del compianto leader nero che hanno formato questo animalista a 360 gradi, l’attore hollywoodiano Chris De Rose. Grazie a un’altra associazione animalista, questa volta italiana, Oltre la Specie, anche i protettori e amanti degli animali nostrani hanno la possibilità di conoscere l’intensa attività che DeRose ha svolto e svolge negli Stati Uniti. Oltre la Specie ha infatti tradotto la biografia del divo che ha rinunciato agli onori di Hollywood per dedicarsi anima e corpo agli altri negletti del nostro mondo. A muso duro, questo il titolo del libro, è l’appassionante storia di un coinvolgimento personale, di un uomo che, sprezzante dei pericoli, ha condotto pericolose investigazioni ed è riuscito a incastrare i più corrotti e spietati ladri di animali e i torturatori più efferati.
NEW AGE febbraio 2004 “Nuove change per gli animali: Chris DeRose” intervista di Stefano Cagno L’ex attore è oggi uno dei leader del movimento animalista statunitense. Ha raccontato la sua storia nell’autobiografia A muso duro, recentemente tradotta anche in italiano, e ci ha parlato a lungo delle sue idee e delle sue esperienze. Chris DeRose è un vero personaggio, non tanto perché è stato un noto attore di Hollywood, ma soprattutto per la sua storia. È una persona che nella vita ha toccato con mano la sofferenza, fin da bambino. Ha svolto innumerevoli lavori: il poliziotto, l’investigatore privato, il pilota, il giornalista e infine l’attore. La sua sensibilità verso i più deboli l’ha pero di mostrata, inizialmente, diventando il ‘fratello maggiore” di una ventina di ragazzini di strada. Poi è venuto a contatto con la sofferenza degli animali e ha deciso di dare una svolta coraggiosa alla sua vita: ha rinunciato alla carriera, ai soldi e alla notorietà per battersi contro la vivisezione, la caccia, il furto degli animali e ogni forma di loro sfruttamento. Per questo non ha esitato a partecipare ad azioni di protesta e di denuncia non violente, finalizzate, a dare risalto attraverso i mass media alle tematiche animaliste. È stato cosi arrestato molte volte e ferito in due occasioni. Recentemente è stata pubblicata in Italia dalle Edizioni Cosmopolis la traduzione, curata da Oltre la specie, dei suo libro In Your Face, con il titolo A muso duro. Abbiamo avuto la possibilità di incontrarlo e intervistarlo durante il suo breve viaggio in Italia per presentare il libro. È stata una lunga chiacchierata, durante la quale Chris ha dimostrato non solo massima disponibilità, ma soprattutto la sua grande umanità e sensibilità, che, peraltro, traspare chiaramente anche nel libro. A muso duro, infatti, e un’autobiografia, in cui viene ripercorsa tutta la sua vita, dagli anni dell’orfanotrofio, passando per i molti lavori, l’ingresso nel mondo dello spettacolo, la scelta di dedicarsi alla causa degli animali, per finire alla cronaca delle sue innumerevoli iniziative non violente. A muso duro è un libro di emozioni forti, non è una cronaca distaccata, ma l’appassionata storia di un profondo coinvolgimento personale. Chris De Rose invita a condividere la sua rabbia, il sito dolo-
re e le sue vittorie, conduce in un viaggio per mostrare le ragioni della sua totale dedizione alla causa della giustizia. Come è nata la sua decisione di lasciare la carriera di attore per dedicarsi alla difesa degli animali? “Ero un attore conosciuto, avevo tanti soldi, molte donne e conoscevo numerose persone importanti, ma non mi sentivo appagato. A un certo punto della mia vita ho vissuto alcune esperienze che mi hanno fatto decidere di occuparmi degli animali. Prima di quel momento mi ero occupato soltanto di esseri umani, facendo il “fratello maggiore” di diversi ragazzi di strada. Proprio lavorando con i più piccoli ho capito che non esiste differenza tra la loro sofferenza e quella degli animali. Sono stati però tre avvenimenti che hanno dato una svolta alla mia vita. Nel 1979 frequentavo una scuola di recitazione e un giorno entrò in classe un cane che si mise ai miei piedi. Nonostante non fosse mio, mi seguì fino a casa. Cercai di tenerlo fuori, perché ero convinto che gli animali non dovessero stare in casa, ma lui la sera riuscì lo stesso a entrare e salire sul mio letto. Cercai almeno di convincerlo a stare ai miei piedi, ma dopo poco lo trovai al mio fianco che mi guardava e sembrava sorridere. In quel momento realizzai che gli animali sono esseri intelligenti. Il cane restò tre giorni con me, ma non essendo in grado di tenerlo a causa dei miei continui viaggi, lo portai al canile. Quando arrivammo, iniziò a impuntarsi e a guaire. In quel momento ricordai quando avevo sei anni e mia madre mi stava lasciando in collegio: in quell’occasione anch’io, come il cane, avevo iniziato a piangere e a stringere forte mia madre. Il comportamento di quel cane mi fece capire che anche gli animali provano sentimenti come le persone. Negli anni successivi iniziai a frequentare le associazioni che si occupavano della sterilizzazione di cani e gatti randagi: così cominciai a impegnarmi attivamente a favore degli animali. Successivamente alcuni amici mi chiesero se ero disposto a entrare nei laboratori dove si praticava la vivisezione per scattare delle foto e poter così documentare quanto veniva compiuto in quei luoghi. La terza volta che entrai in un laboratorio accadde qualcosa che condizionò la mia vita futura. C’era un cane con un catetere che usciva da un fianco e una lunga ferita che, mentre lo fotografavamo, si aprì. Il cane morì nel giro di pochissimi minuti. In quel momento realizzai che la vivisezione non solo non è giusta, ma non ha nulla a che fare con la medicina: è solo una follia! In quel momento, guardando gli occhi di quel cane morente, decisi che la mia vita, da quel momento, sarebbe stata dedicata a combattere tale follia.” Valeva la pena di essere arrestato diverse volte per azioni dirette non violente? “Sì, per molte ragioni. I miei arresti hanno contribuito a unire gli attivisti animalisti, che hanno seguito i periodi di carcerazione con sit-in continui davanti alla prigione. Ma soprattutto hanno avuto la capacità di attirare l’attenzione dei mass media sulla situazione nei laboratori di vivisezione. Ogni giorno avevo la possibilità di uscire 15 minuti dalla cella e di parlare al telefono con giornalisti, che poi riportavano le mie dichiarazioni sui giornali e nelle televisioni. I periodi passati in carcere mi hanno anche rafforzato nel carattere. Soffrendo infatti di claustrofobia, sono stato costretto a vivere in luoghi che stimolavano la mia paura. Attraverso la mia claustrofobia ho però potuto anche comprendere meglio cosa possono provare gli animali rinchiusi nei laboratori di vivisezione, con l’aggravante che, per loro, è anche impossibile capire il perché di quanto gli sta accadendo.” I colleghi attori come hanno preso la sua decisione di rinunciare alla carriera per dedicarsi agli animali? “Alcuni hanno pensato che ero diventato pazzo, ma la maggior parte ha rispettato e anche ammirato la mia decisione, come nel caso di John Travolta o Silvester Stallone. Qualcuno mi ha anche aiutato.” Lei ha fondato l’associazione Last Chance for Animals. In cosa consiste la sua attività? “Inizialmente l’attività dell’associazione consisteva prevalentemente in azioni di disobbedienza civile, ossia in picchettaggi, ad esempio, davanti ai laboratori di vivisezione. In altri casi entravamo proprio nei laboratori per fotografare e successivamente ci autodenunciavamo per dare maggiore risalto alla nostra iniziativa. Tutto ciò permise all’opinione pubblica di vedere cosa realmente succedeva dentro questi luoghi. In seguito Last Chance for Animals si è concentrata in attività di indagine su persone che commettevano reati contro gli animali. Anni di appostamenti e ricerche portarono in
alcuni casi a smascherare e condannare trafficanti di animali domestici che venivano rubati o comprati per poi essere venduti ai laboratori di vivisezione.” Qual è stato il risultato più importante che ha ottenuto a favore degli animali? “Molti anni di indagini nei confronti di persone che ritiravano animali domestici da famiglie che non li potevano tenere o addirittura li rubavano, hanno portato a diverse vittorie storiche. Negli Stati Uniti chi commercia animali domestici deve avere una licenza. Nel 1991, per la prima volta, una di queste persone, una donna che si chiamava Ruggero, fu condannata al massimo della pena, ossia a 6 anni e 3 mesi, per azioni contro gli animali. Negli anni successivi, sempre dopo lunghi periodi di ricerche, appostamenti e indagini, sempre per la prima volta negli USA, a un certo Stebane fu ritirata definitivamente la licenza, dopo che fummo in grado di documentare che prendeva cani e li uccideva per venderli ad asiatici come cibo. Ritengo però che il risultato più importante in assoluto sia recente, anche se gli accusati non sono stati ancora condannati. Le prove sono però così schiaccianti che sembra impossibile pensare a una loro assoluzione. Le indagini sono durate 15 anni, sono state condotte in molti Stati differenti, per poi concentrarsi nel Missouri e infine nell’Arkansas. Dalle attività investigative su di un certo CC Baird sono emerse molte violazioni delle leggi federali, non solo per quanto riguardava il trattamento degli animali. Così ben cinque agenzie federali, tra cui l’US Attorney Office, la polizia statale e l’ufficio dello sceriffo locale hanno lavorato insieme per fotografare e registrare i traffici illeciti. Infine è stata compiuta una spettacolare irruzione con la partecipazione di 30 auto della polizia. Tutto ciò ha avuto un’enorme eco da parte della stampa. Ritengo questo il risultato più importante, perché è quello che ha coinvolto il più alto numero di soggetti che indagavano e anche per la vastità stessa del traffico.” Se qualcuno volesse aiutarla dall’Italia, come potrebbe farlo? “Non è importante aiutare me, ma la causa e quindi impegnarsi con le associazioni italiane. Se qualcuno, però, volesse vedere come opera l’associazione “Last Chance for Animals” può visitare il sito www.LCAnimal.org/it.” Crede che un giorno i diritti degli animali verranno universalmente accettati? “No. Più persone accetteranno i diritti degli animali, ma non tutte. Troppi guadagnano molti soldi sulla pelle degli animali. Inoltre gli esseri umani, per la ricerca del potere, hanno la tendenza a opprimere qualcun altro e gli animali sono l’obiettivo ideale, perché sono i più deboli e non possono parlare.” Secondo lei, perché è importante impegnarsi a favore degli animali? “Perché è importante anche per gli esseri umani. Chi rispetta gli animali, per forza, è tenuto a rispettare anche gli esseri umani. Inoltre è l’ultima grande battaglia di civiltà perché gli animali non possono liberarsi da soli.” Una persona comune cosa può fare per aiutare gli animali? “Deve soprattutto entrare in un’associazione e concentrarsi su un argomento, senza perdersi in questioni personali, politiche, egoistiche o in dettagli inutili. Bisogna mirare sempre all’obiettivo, senza lasciarsi distrarre da nulla.” È importante l’educazione nel processo di riconoscimento dei diritti degli animali? “Certamente. L’educazione deve partire dai bambini e nelle scuole. Bisogna trasmettere ai più piccoli la capacità di provare compassione per gli animali e, più in generale, insegnare loro a pensare con la propria testa. Se sei in grado di pensare autonomamente, nessuno sarà in grado di influenzarti. Nella mia esperienza di interventi sui giovani ho potuto constatare che i bambini più ricchi e agiati hanno più difficoltà a capire i miei discorsi, mentre la sofferenza degli animali viene compresa maggiormente dai ragazzi che hanno sofferto come, ad esempio, quelli dei carceri minorili.” Come si possono unire le tante associazioni per la difesa degli animali? “È essenziale trovare un obiettivo semplice, condiviso da tutte le associazioni, in tal modo si possono
organizzare grandi iniziative comuni, in grado di ottenere anche un ritorno mediatico. Successivamente, da un obiettivo minore, che può fungere da “cavallo di Troia”, si passa a uno più importante. Nel nostro caso, ad esempio, siamo partiti dal furto degli animali domestici che venivano successivamente venduti ai laboratori di vivisezione, per passare a contestare proprio questa pratica.”
LA REPUBBLICA 22 gennaio 2004 “L’Arca di Noè” di Gabriella Crema Cosmopolis non è un satellite lanciato in orbita dalla Nasa e neppure l’utopica metropoli di un racconto di fantascienza. Ma la realizzazione di un progetto, che comincia con una frase scritta sul diario da una ragazza di 16 anni: “Da oggi non mangerò più nulla che abbia gli occhi”. Cosmopolis è la sola casa editrice “animalista” di tutta Italia, e nasce a Torino, nel 1998, dal coraggio e l’intraprendenza di quella stessa ragazza, Viviana Ribezzo, tenace militante animalista innamorata da sempre dei libri e degli animali. “Sono diventata vegetariana il giorno stesso in cui ho scritto quella frase sul diario di scuola. Da allora non ho mai smesso di occuparmi di diritti animali. Dopo anni da animalista militante, armata di quasi inutile laurea in Filosofia e di qualche esperienza in campo editoriale, il riflesso di unire l’amore per gli animali e quello per i libri è stato quasi automatico; così è nata Cosmopolis. In Italia non esiste nulla di simile; a me piace definirla una casa editrice “militante” che vuole toccare la sensibilità del lettore qualsiasi che non si è mai posto problemi etici di natura animalista”. Com’è successo a Monica, da più di due anni socia di Viviana; solo correggendo le bozze si è trasformata in convinta animalista. “Tutto quello che facciamo è sorretto dal principio di non-violenza e dal rispetto per tutti gli esseri viventi: un animalista, sia detto una volta per tutte, non è chi si cura del cane e del gatto, ma chi soffre e si batte per i diritti di tutti i deboli”. E ogni fine anno Cosmopolis versa una parte degli introiti ad associazioni impegnate nel sociale, come Emergency o l’Amref, ad esempio. Un bilancio di questi 6 anni? “Tanti sacrifici ma anche tante soddisfazioni: una trentina di titoli pubblicati - testi importanti come la traduzione italiana di Animal Teology di Andrew Linzey o la pubblicazionde della Guida ai prodotti non testati su animali, giunta ormai alla terza ristampa - e l’aver ottenuto la distribuzione nelle librerie Fnac e Feltrinelli di tutta Italia. A livello economico, pochi riscontri, ma questo è un tipo di editoria che porti avanti solo se ci credi; meglio accantonare le speranze di arricchirsi”. Cosmopolis collabora con le principali associazioni animaliste, “per esempio con la Lav abbiamo pubblicato Zoomafia di Ciro Troiano e con l’Enpa un bellissimo volume fotografico sui “prigionieri” del Bioparco di Roma”. Tutti libri ‘militanti’, dunque, ma non severi: “anche se gli argomenti trattati sono spesso duri e difficili, la veste grafica - in armonia con il messaggio che vogliamo trasmettere - non vuole essere triste e cupa, ma positiva e propositiva”. Il catalogo delle pubblicazioni è disponibile online sul sito www.edizionicosmopolis.it
D LA REPUBBLICA DELLE DONNE (allegato a La Repubblica del 10 gennaio 2004) “Chi è la belva?” di Daniela Condorelli Prendi un cucciolo dal muso schiacciato. Un cucciolo dalla mascella forte e dai denti aguzzi. Il suo nome è già un destino: pit bull, dove pit significa arena. Tienilo a digiuno al buio per giorni. Prendilo a bastonate chiuso in un sacco. Poi dagli carne cruda, o istigalo a sbranare cani e gatti randagi. Costringilo a correre undici ore di fila su un tapis roulant. Otterrai una creatura impazzita per il dolore e la sofferenza. Una belva pronta a uccidere. Vittima due volte: della violenza subita e della criminalizzazione sociale. Quel cucciolo è destinato a diventare un campione, per alimentare il giro d’affari della zoomafia. Oppure, se non ce la fa, se non è abbastanza cattivo, viene smerciato nei negozi o a privati che vogliono un cane da guardia. Ecco scoperto il legame tra gli efferati combattimenti tra i mastini della malavita e l’allarme morsi da pit bull che ha monopolizzato le cronache della scorsa estate. Ogni anno, oltre 15 mila cani sono coinvolti in combattimenti collegati alle scommesse clandestine; 5 mila rimangono uccisi. Per un giro d’affari che sfiora gli 800 milioni di euro l’anno. A tirarne le fila è la criminalità organizzata. Ne sa qualcosa Ciro Troiano, responsabile dell’Osservatorio zoomafia della Lav, Lega anti-vivisezione, da anni legata alle maggiori operazioni di polizia in difesa degli animali. “L’ultima conferma è dello scorso 30 settembre”, denuncia Troiano. “A Martano, in provincia di Lecce, è stato sequestrato un allevamento illegale di pit bull, che venivano addestrati per combattere nella proprietà di un uomo accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso”. Un fenomeno non solo italiano: le indagini hanno svelato l’esistenza di una rete internazionale, che organizza incontri in Giappone, Sud America, Kuwait, Messico, Croazia e Pakistan. Né solo legato alla malavita: l’ultimo rapporto sulla zoomafia della Lav racconta di colletti bianchi, professionisti, dirigenti, manager insospettabili che animano un giro di scommesse clandestine. Autore di Zoomafia (Edizioni Cosmopolis), Troiano stila ogni anno il rapporto per la Lav (www.infolav.org). E lui a raccontarci come vengono addestrati i cani destinati alle arene clandestine. “Una delle pratiche più diffuse per rinforzare flato e muscolatura è far correre il cane In modo estenuante, su una pedana elettrica o legato al guinzaglio dietro a un motorino. Un altro metodo, usato per rafforzare la presa e i muscoli del collo, consiste nel legare un copertone a qualche metro dal suolo: il cane deve morderlo e rimanere sollevato nel vuoto, a denti stretti, per non sfracellarsi a terra. A volte i futuri gladiatori sono tenuti a digiuno per giorni e poi nutriti con animali feriti, sanguinanti ma ancora vivi: questo li rende più feroci. Di solito la vittima è un gatto o un cane randagio, oppure conigli o galline che i cani sanno di poter ottenere solo alla fine di un giorno di addestramento”. E che dire del metodo della buca? Il cane più aggressivo della cucciolata viene buttato in una buca scavata nel terreno. Poi gli vengono gettati gatti che deve ammazzare. Per l’addestramento si usano collari e pungoli elettrici e tante, botte: chiusi in un sacco, i cani vengono bastonati furiosamente con spranghe di ferro per esasperarne l’aggressività. Ecco cosa ha dichiarato un addestratore: “Chiudo li cane In una stanza buia per tre giorni, senza cibo. Poi gli do carne cruda, tenendolo sempre bendato. Dopo due settimane, lo porto al parco e lo libero davanti alle papere del laghetto. Se il cane ne azzanna una è pronto. Allora incomincio a nutrirlo con galline vive e lo abituo alla lotta sul ring. Lo lascio di nuovo al buio senza cibo, solo con una lampada fortissima, da biliardo, sulla testa. Poi gli tiro addosso un gatto vivo legato per una zampa con una corda fissata al soffitto. Una volta sul ring, il cane troverà la stessa lampada alogena, intorno il buio e davanti un cane ringhioso. La sua aggressività scatterà automaticamente”. Ciro Troiano ha partecipato a diversi blitz con i carabinieri, in cui pit bull e altre vittime della zoomafia sono stati sequestrati. “Come a Pisa dove, dopo sette mesi di indagini, sono stati trovati 22 cani, di cui quattro cuccioli, infestati da mosche, coperti di fango e con cicatrici e ferite. Sotto un tendone c’erano tre tapis roulant su cui venivano fatti correre per molte ore a velocità sostenuta. Non tutti ce
la fanno’. Trovati anche cunei di legno che vengono infilati nella mascella dell’animale, per fargli mollare la presa. E ogni tipo di anabolizzante: i cani da combattimento sono trattati con anfetaminici e cocktail di ormoni, steroidi e anestetici per abbassare la soglia del dolore. Non è un gesto di pietà: lo scopo è renderli insensibili durante la lotta e quindi farli durare” più a lungo. Lo stesso obiettivo viene ottenuto legando le zampe del cane, costretto in posizione verticale fino a fargli perdere la sensibilità di un arto. Tra i cani sequestrati a Pisa c’era Sam, un pit bull annoverato tra i dieci campioni al mondo e stimato 150 mila euro. “Se li merita tutti: mai una volta che si sia rifugiato in un angolo”, ha dichiarato orgoglioso il padrone, molto noto nell’ambiente degli allevatori di pit bull, che ha ammesso di partecipare a combattimenti ma solo nei Paesi in cui è legale, come Croazia e Slovenia. Dal ‘97 la Lav ha istituito il numero Sos combattimenti (06.446.1206) per raccogliere, anche in forma anonima, tutte le segnalazioni utili. È stato così possibile stilare una mappa del fenomeno, e collaborare con le forze dell’ordine per arginarlo. La stessa Lav, custode di 80 cani sequestrati, ha attivato una campagna affidamenti e adozioni a distanza (vedi sul sito alla voce Campagna Sos combattimenti). Dopo una lunga riabilitazione, alcuni sono pronti a tornare alla vita normale. “Questi cani conoscono la vera ferocia: gliel’hanno insegnata gli uomini, trasformandoli in macchine da guerra”, commenta Paolo Manzi, presidente dell’Ente protezione animali. “Ora siamo noi a puntare su di loro: scommettiamo che torneranno a essere cani”. Poi c’è un’altra storia, che con questa ha molti punti di contatto. Quella della psicosi da pit bull che si è creata in questi mesi, quando sui media si sono improvvisamente moltiplicate le cronache di morsi e assalti. Va detto che ogni anno, in Italia, vengono denunciate 70 aggressioni, e solo una manciata è grave. Quest’anno non sarà diverso. Lo scorso giugno, prima della sequela di “fattacci”, l’Istituto di ricerca Cirm ha effettuato un sondaggio da cui è emerso che solo 11,6% degli italiani giudicava socialmente condannabile l’aggressione da parte di animali. Oggi sono aumentati a dismisura gli abbandoni di cani di grossa taglia (basta fare un giro su wwwpetnews.it per avere un quadro). Laura Rossi, presidente della Lega nazionale per la difesa del cane, denuncia che la scorsa estate gli abbandoni a Milano e dintorni sono cresciuti del 20-30%. E ovunque sono diminuite le adozioni. Per gli appassionati di razze forti, e cose non sono cambiate: in un mese, con un annuncio su un giornale, un privato ha venduto venti cuccioli di pit bull a 500 euro l’uno. Ma chi prendeva un amico in canile, ora se ne guarda bene, e aspetta tempi migliori. O almeno aspetta di sapere se dovrà pagare un’assicurazione dì 200 euro o girare con guinzaglio e museruola. Angelica Mereu dell’Oipa, Organizzazione italiana protezione animali (www.oipaitalia.com) si è fatta fotografare con la museruola, abbracciata a un pit bull a mascelle libere. Giorgio Celli, etologo di fama, denuncia l’incongruenza del provvedimento firmato dal ministro della Salute, chiedendo il rispetto delle leggi già in vigore. E puntualizza: “Non esistono razze più aggressive, ma cani provvisti di mandibole particolarmente forti che, se mordono, fanno più male. Così nasce l’evento mediatico: il morso di un barboncino non finisce in cronaca!”. Non dimentichiamo che negli Stati Uniti Il pit bull viene usato nella pet-therapy, per aiutare disabili e bambini. E intanto al parco, c’è chi guarda con sospetto persino i labrador. E vero, ci spiega Walter Caporale, presidente degli Animalisti Italiani: “I cani non adatti al combattimento, ma seviziati da un crudele allenamento all’aggressività, vengono smerciati nei negozi e acquistati da ignare famiglie che vogliono una guardia in giardino (in Italia sono 16.500 i cani da difesa)”. E basta un’occhiata a Secondamano per trovare cuccioli in vendita. Come il piccolo White Demon, un nome un programma, adatto a qualche bullo di strada, desideroso di esibire un cane che gli assomigli.