ISTITUTO SAN CARPOFORO Anno Scolastico 2011 – 2012
1° Edizione del concorso
PICCOLI SCRITTORI CRESCONO 1
INTRODUZIONE
Cari scrittori e cari lettori, questo libro è dedicato a voi, alla vostra voglia di creare e sognare insieme a noi, le vostre insegnanti. È nato tutto come un gioco, una piccola idea che poi si è trasformata, strada facendo, in una grande avventura. Quest’anno ci avete fatto capire che l’amore per la scrittura e la lettura non ha età, è un ponte che unisce tutti i cuori. Quindi vi ringraziamo profondamente e speriamo che anche per voi sia stata un’ esperienza di crescita importante. Con l’augurio che questo libro possa essere il primo di una lunga serie vi auguriamo buona lettura …
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Nei regni aperti della fantasia echeggiano
MESE DI FEBBRAIO Il racconto fantastico
suoni vibranti di mondi più nuovi intatti mondi felici. Alessandro Peregalli - Poeta
Classe Terza: LA RAGAZZA RAPITA di Denis, Alice, Federico, Marta C’era una volta una ragazzina che viveva in una casetta in mezzo al bosco. Un giorno andò a raccogliere dei fiori ed incontrò una maga che le diede un dono speciale : i capelli magici. La maga le disse che poteva usarli per qualsiasi cosa e la ragazza iniziò a sfruttarli subito, facendo apparire gioielli, unicorni, … Tornando a casa si imbatté in uno stregone che la rapì per sfruttare quel potere e la portò in uno strano castello abbandonato. Dopo un po’ la ragazza si ritrovò in cima a una torre. Sua mamma, non vedendola tornare a casa, si preoccupò: chiamò quindi un cavaliere affinché la andasse a cercare. Nel frattempo la mamma della ragazzina, avendo consultato la maga, aveva scoperto che la figlia era prigioniera in una torre. La donna chiese al cavaliere : -Andresti a salvare mia figlia che è rinchiusa in una torre in mezzo al bosco? Ogni volta che troverai una perla vorrà dire che sarai sempre più vicino. Allora il principe accettò e dopo aver trovato tutte le perle, trovò una ragazza in cima a una torre e capì che si trattava di lei. Si arrampicò su un albero e saltò dentro la finestra. Prima di uscire si ritrovavano davanti ai loro occhi lo stregone: la ragazza lo imprigionò con i suoi capelli e il principe prese la spada e lo colpì al petto. La ragazza ritornò a casa e sposò il principe azzurro e divennero re e regina e vissero felici e contenti. Classe Terza: L’ALBERO MAGICO di Greta, Francesca, Filippo, Francesco Un giorno un cacciatore vide un albero magico che produceva monete e ne prese un po’. Mentre tornava a casa i soldi che aveva preso gli caddero nel fiume, però non riuscì a recuperarli. Allora tornò all’ albero, raccolse altre venti monete e riprese la strada di casa; durante il cammino incontrò una vecchia che gli disse :- Mi aiuti ad attraversare la strada. -Ah non ci casco- disse il cacciatore - Poi va a finire che mi rubi i soldi – aggiunse e la mandò via . 3
La vecchietta, quando il cacciatore non la poteva più vedere, si trasformò in una strega, prese il suo libro e fece un incantesimo - Abra cadabra, mille muse contro le meduse - e tutti gli animali si rivoltarono contro il cacciatore che però li uccise tutti. La strega si arrabbiò così tanto, da trasformarsi in un drago. Il cacciatore si scontrò con il mostro e dopo una battaglia tutti e due caddero a terra, da tanto che erano stanchi e si dissero: - Perché non facciamo pace ? - e così la strega si trasformò in una bella dama. Il cacciatore le chiese scusa per come si era comportato e anche la strega , anzi la bella fanciulla. Dopo un mese decisero di sposarsi e vissero felici e contenti. Classe Quarta : FRATELLI PER LA PELLE di Giulia, Jacopo, Matteo In una giungla incantata vivevano due bambini molto coraggiosi: Sohn e sua sorella Sharon. I due bambini erano magici ed abituati a combattere il male. Sohn aveva i capelli biondi, portava un mantello nero ed aveva sempre con sè un amuleto della fortuna mentre Sharon indossava sempre la maglietta della magia e dei pantaloni volanti. Una brutta mattina, un mostro rapì Sharon grazie ad un braccialetto magico che prevedeva il futuro; esso era tutto fatto d'oro e luci ed era un'arma potentissima. Sohn con l'aiuto del folletto Slurp e del suo bastone magico si mise alla ricerca della sorella. ll bambino cominciò a combattere con il mago cattivo Tiodor che teneva rinchiusa Sharon in un castello. Nonostante Sohn gli avesse lanciato tre palle di fuoco, il mago non morì. Nel frattempo Sharon riuscì a scappare dal castello. << No, no,no>> disse Tiodor << Non è finita qui! Se vuoi tua sorella devi combattere ancora!>>. << Accetto >> rispose Sohn. Tiodor lanciò un fulmine, ma Sohn lo schivò. Sohn rispose con una palla di fuoco, ma Tiodor gliela rilanciò. Sohn stava per morire, ma sua sorella prese il bastone e fece le sette magie del bene: amore, pace, serenità, gioia, passione, aria e dolcezza, riuscendo a sconfiggere Tiodor. << Cos'è successo? >> chiese Sohn, dopo avere ripreso conoscenza. <> rispose Sharon sorridendo. I due bambini riuscirono così ad uccidere il mago che mai nessuno, neppure i loro antenati, era mai riuscito a sconfiggere. Classe Quarta : L’ISOLA DI PUNKA-PUNKA di Eliasa, Clara, Gianluca Sull'isola di Punka-Punka, nei tempi più remoti, avvenne un fatto molto particolare: venne scoperta una pietra leggendaria e luminosa che avverava i desideri delle persone. Ma come andò davvero? Ascoltate attentamente. 4
Tre amici di nome Eliasinho, Clarissa e Janliuk si recarono sull'isola alla ricerca della pietra magica, ma non erano i soli. Anche i tre famosi stregoni Salvador, Jecob e Juliett provenienti dal malvagio pianeta Pen Pad volevano impossessarsi della pietra per far trionfare il male. I tre amici dovevano assolutamente sconfiggere i tre stregoni perchè la pietra nelle mani sbagliate poteva distruggere il mondo intero. Eliasinho, Clarissa e Janliuk decisero così di incamminarsi nella fitta vegetazione dell'isola alla ricerca del tesoro e nel frattempo di escogitare un piano per allontanare gli stregoni. I tre avventurieri crearono una rete con fili di papiro e bambù per poter intrappolare i malvagi. Dopo mesi di cammino i tre amici arrivarono alla grotta dove era custodita la pietra. Guardiano della grotta era un drago sputa fuoco in grado di incenerire chiunque. Eliasinho con l'aiuto di Janliuk riuscì a distrarre il drago mentre Clarissa rubò la pietra. I tre stregoni, che avevano visto tutto, decisero di tendere un'imboscata ai tre amici ma Clarissa, con la sua astuzia, esaudì il suo primo desiderio e gli stregoni si ritrovarono nella rete di papiro e bambù sopra il cratere di un vulcano. Alla prima eruzione i tre cattivi diventarono cenere. Classe Prima media : CANE PESCE CANE di Emanuele Fra tante coloratissime barche, cumuli di reti aggrovigliati e qualche piccolo pesce addormentato vive Willy, un cane molto curioso e molto particolare. Willy, mascotte dei pescatori è vivace e dall'aspetto simpatico. Un folto pelo bianco tutto arruffato copre il suo piccolo corpo, sul viso due grandi macchie nere tanto grandi da sembrare occhiali da sole e la coda, come una bandiera marrone spruzzata di bianco. Puntuale, ogni mattina, al ritorno dei pescatori dalla lunga notte di pesca, il piccolo Willy passa in rassegna tutte le barche giusto per controllare se anche lui quel giorno potrà mangiare. Così tra uno scodinzolo e l'altro fra pesci, reti e nasse Willy ascolta attentamente i racconti dei pescatori, le loro avventure in mare aperto. Molte sono le storie che le sue buffe orecchie sentono raccontare, ma, la cosa che maggiormente lo incuriosisce è quando sente parlare di “certi pescecani”. “ Mah! Io sono un cane e non un pesce, chi saranno mai questi pescecani? Forse dei miei antenati?Forse dei miei parenti?” Così, detto fatto, decide di scoprire una volta per tutte questo mistero. Per qualche giorno Willy pensa a come poter fare, poi, una bella mattina all'alba, quando ancora una volta sente i pescatori parlare di pescecani, decide. Impaurito, ma assai più curioso, prende la rincorsa e si tuffa nelle gelidi acque dell'Oceano Indiano. “ Brrrr che freddo! Aiuto qui la luce del sole si vede sempre meno come farò? Ce la farò!” Nuota, nuota, nuota, incontra alberi strani, animali strani, tanti pesci, tutto un mondo diverso da quello che lui conosce ma non si spaventa. Ad un tratto vede da lontano qualcosa o qualcuno saltare, uscire dall'acqua poi rituffarsi, poi ancora, poi ancora e così per tante volte. 5
Willy pensa: “ ecco, forse sarà il pescecane.” Senza perdere neanche un minuto Willy riprende a nuotare così velocemente che in meno di un batter d'occhio arriva vicino all'ipotetico pescecane. “Ehi ehi pescecane” urla il piccolo Willy ma il pesce, il delfino, non lo sente e divertito continua nelle sue esibizioni. “Ehi pescecane sono qui … ascoltami!” ripete Willy. Ad un certo punto il delfino si accorge di lui o meglio vede un batuffolo, un gomitolo, qualcosa che si muove che non aveva mai visto prima d'ora. Incuriosito si avvicina e riconosce solo due grandi occhi, capisce che si tratta di un essere vivente ma non sa quale. “Ciao ma tu chi sei?” “Sono Willy, un cane!” “Un cane!!!” “Si, un cane!” “E da dove vieni? Non ho mai visto animali come te!” “Dalla terra, cerco i pescecani che forse sono miei parenti e vorrei tanto conoscerli.” Il delfino muore dalle risate poi dice: “No Willy, io sono un delfino, i pescecani sono dei pesci simili a me e non a te, terribili che potrebbero mangiarti in un solo boccone, non possono essere tuoi parenti.” Ma Willy non si rassegna e vuole a tutti i costi incontrarli. Il delfino che conosce bene i pescecani e soprattutto le loro abitudini, cerca di dissuadere il piccolo cagnolino dal fare questo incontro; impossibile! “Senti caro Willy” dice il delfino, “i pescecani sono carnivori e molto molto pericolosi, ma tu sei fortunato ad avermi incontrato perchè loro non attaccano i delfini, hanno paura di noi così io ti condurrò a questo incontro.” Willy, felicissimo e sempre più curioso riprende il viaggio con il suo nuovo amico. “Willy attento! Sento l'avvicinarsi di un branco di pescecani, sali sulla mia schiena ed aggrappati forte alla mia pinna dorsale.” Detto fatto. Ma nel salire sulla groppa del delfino Willy inciampa in una fune e si taglia una zampa L'acqua che li circonda si macchia di sangue, un grande richiamo per i pescecani che di lì a poco arrivano come schegge. “Willy Willy arrivano!” Dice il delfino con un tono un po' agitato. Ma Willy non sa che l'odore del sangue attira molto questi animali che si preparano per attaccare la preda; così sempre più incuriosito esclama: “Oh! Finalmente, così li conoscerò e capirò.” Di lì a poco un branco di pescecani mostrava i loro denti appuntiti. “Ciao ragazzi, state calmi ed ascoltatemi” dice il delfino. “Questo piccolo essere che porto sulla mia schiena non vuole farvi del male, ma solo conoscervi, lui è un cane e voi dei pesci-cane e vorrebbe solo sapere se siete dei suoi parenti.” Ma i pescecani non sono molto convinti. “Credetemi, Willy è un cane e pensa che voi siate i suoi parenti, i parenti cane che vivono nell'acqua, i pesci , i pesci-cane.” Nel frattempo il piccolo Willy che fino a quel momento non aveva mai mostrato segni di paura, ora, sul dorso del suo amico delfino, abbracciato stretto stretto alla grande pinna, tremava dalla paura ed era talmente tanta da non riuscire nemmeno a star fermo. 6
“Delfino amico mio riportami sulla terra ferma, ho tanta tanta paura, questi animali sono orribili e non possono essere miei parenti.” I pescecani si muovevano tutt'attorno continuando a mostrare i loro innumerevoli denti e spalancando quelle grandi bocche che sembravano dei forni. Avrebbero voluto divorare il piccolo Willy ma la presenza del delfino li impauriva, così dopo aver spaventato per bene il cagnolino, decisero di allontanarsi. Willy si rassegnò, aveva incontrato i pescecani ma si rese conto che nulla avevano a che fare con lui e che assolutamente non potevano essere suoi parenti. Il sole incominciava a tramontare, le acque dell'Oceano a calmarsi e il grande amico, il delfino, prendeva la direzione della terra ferma. Willy non aveva ancora smesso di tremare e gli sembrava di vedere pescecani sbucare da ogni onda ma, fortunatamente, non c'era più pericolo, grazie al suo amico delfino quei terribili non lo avevano sbranato. “Aveva proprio ragione il delfino, i pesci-cane non hanno nulla a che fare con me!” Giunti poco lontano dalla riva il delfino disse: “Willy sei arrivato, laggiù c'è la terra, la terra ferma da dove sei partito, forza, coraggio, vai!” Willy leccò affettuosamente il muso del delfino e si tuffò in acqua. Nuotò velocemente e dopo poche “zampate” approdò sulla spiaggia. Lì i pescatori avevano acceso un grande fuoco e stavano cuocendo i pesci della giornata quando videro il piccolo Willy uscire stremato dall'acqua. “Willy Willy da dove arrivi è tutto il giorno che non ti vediamo!” Willy racconta cosa gli è accaduto poi i pescatori gli fanno una gran festa di ben tornato e gli dicono: “caro Willy non devi farti ingannare dalle parole, tu sei un cane e non hai nulla a che fare con i pesci-cane, bisogna informarsi sulle cose che non si conoscono e soprattutto riflettere prima di prendere qualsiasi decisione.” Ma Willy è talmente felice di essere tornato sano e salvo che ascolta solo con un orecchio, ora quello che conta per lui è riposarsi, riempirsi il pancino e dimenticare quella brutta avventura ma non il suo amico delfino. Il caldo del fuoco lo asciuga, Willy con la pancia piena si addormenta e... sogna. Classe Prima media : IL PROFESSORE SCOIATTOLO di Elena In una bella, antica, affascinante città, Como, c’era una scuola, San Carpoforo. Era abbastanza grande e gli alunni, i professori, le maestre e le suore costituivano una grande famiglia. La scuola aveva un grande parco dove gli alunni giocavano e si divertivano insieme, a contatto con la natura. Alcuni fortunati affermavano di aver perfino visto degli scoiattoli! Un bel giorno, accadde che proprio uno scoiattolo giovane e molto curioso, si avvicinò alla scuola e sbirciò in una finestra. Vide una classe disattenta che faceva ghirigori, scriveva bigliettini, disturbava, mangiava di nascosto, mentre il povero maestro cercava di attirare l’attenzione. Lo scoiattolo rimase a guardare la scena per un po’ e successivamente, esasperato, cambiò finestra. Quello che vide in quel momento era una classe attenta dove l’insegnante non aveva problemi a spiegare. Lo scoiattolo si appostò lì e seguì anche lui la lezione. Dopo il suono della campanella, i bambini si prepararono per il pranzo e per l’intervallo. Lo scoiattolo era curioso di sapere come mangiavano gli umani e si 7
avvicinò alla finestra della mensa. Sentì un caos infernale , vide gli insegnanti che mangiavano ogni ben di Dio e gli alunni che facevano gli schizzinosi lasciando nei piatti parecchio cibo. Quando lo scoiattolo vide che i ragazzi avevano indossato le giacche, si nascose e li osservò giocare; quando il maestro li convocò per tornare in aula, lui uscì dal nascondiglio e si preparò a seguire una nuova lezione. Al termine della scuola, lo scoiattolo andò a raccontare tutto a sua mamma ed ai suoi fratelli. I giorni successivi, lo scoiattolo ripetè l’esperienza e alla fine della settimana, aveva imparato a capire e a parlare il linguaggio degli umani, a contare, a leggere e molte altre cose. Tornato dalla sua famiglia, chiese il permesso di continuare ad andare a scuola per poi insegnare quello che aveva imparato agli altri scoiattolini, come facevano i veri maestri e i veri professori . La mamma, orgogliosa del figlio, ma anche un po’ preoccupata, gli disse: “Certo figliolo, puoi farlo, ma attenzione non spingerti troppo vicino agli umani per imparare cose nuove, potrebbe essere pericoloso!”. Lo scoiattolo obbedì alla mamma; di giorno seguiva le lezioni a scuola, stando sempre ben attento a non farsi vedere e, alla fine della giornata, insegnava ai suoi simili. Continuò così per giorni e giorni finchè, durante un intervallo, lo scoiattolo notò un bambino molto triste, stava sempre da solo. Lo scoiattolo, usando molta prudenza, gli si avvicinò e gli chiese come mai fosse così triste. Il bambino, allibito, rispose: “Ma… ma ….tu…tu sai parlare! Sono infelice perché i miei compagni non vogliono che io giochi con loro e mi prendono in giro. Dicono che non so fare niente, né qui né in classe. Pensa che ho a malapena la media del 6!” Lo scoiattolo lo consolò dicendo che loro sbagliavano ma, poiché si era fatto tardi, gli diede appuntamento per il giorno successivo alle 16.15. A casa, lo scoiattolo cercò una soluzione per il problema del bambino, ma anche per lui era difficile aiutarlo. Avrebbe comunque cominciato a dargli la sua amicizia. Sentiva che poteva fidarsi di lui! La mattina successiva, come al solito, tornò a scuola e, mentre seguiva la lezione, sentì il maestro che diceva: “Cari ragazzi, come tutti gli anni, siamo stati invitati alle GENIOLIMPIADI. Chi vorrebbe partecipare?”. I migliori, chiamati dal bambino “i secchioni”, alzarono la mano. “Benissimo!” disse il maestro “Voi parteciperete”. Il bambino avrebbe voluto andarci, ma sapendo di non avere alcuna possibilità di vittoria, non aveva osato alzare la mano. Quando lui e lo scoiattolo si incontrarono all’ora dell’appuntamento, l’animaletto gli propose di fare insieme i compiti e gli garantì che con l’impegno e la sua compagnia sarebbe diventato il migliore studente del mondo (forse lo scoiattolo esagerò un po’!). Con immensa gioia del bambino, decisero di incontrarsi tutti i giorni dalle 16.30 alle 18. Da quel momento, felice per aver trovato un amico ed un compagno di studi, il bambino imparò molto in fretta. Quando venne interrogato in scienze, storia, geografia e matematica (la materia che riteneva più difficile!) prese tutti 10 e perfino una nota di merito. Il maestro, stupefatto, senza aspettare un minuto di più, decise di iscriverlo con i “secchioni” alle GENIOLIMPIADI che si sarebbero svolte tre giorni dopo. Ora il bambino si sentiva pronto alla sfida. Il giorno della prova, le domande erano parecchie, ma lui le affrontò con serenità perché sapeva di essere preparato. Era diventato forte! 8
Al momento della premiazione, sentì chiamare il suo nome e vide il giudice che gli si avvicinava con in mano un attestato ed una coppa d’oro! Il giorno dopo il bambino s’incontrò con lo scoiattolo per dargli la buona notizia della vittoria e per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto per lui. Lo scoiattolo fu molto felice. Ormai il bambino aveva trovato il metodo giusto per studiare, i bulli non lo infastidivano più; la sua amicizia con lo scoiattolo continuò, ma ora che il bambino era diventato indipendente nello studio, lo scoiattolo aveva molto più tempo per trasmettere il suo sapere agli altri scoiattolini che avevano una voglia matta di imparare. Classe Seconda media : UN SEMPLICE BALLO di Giulia Stasi E’ una serata davvero speciale. Ci sono molti gentiluomini che danzano con le loro fanciulle, vestite con abiti magnifici e abbaglianti; con nastri, lustrini, colori accesi e tanta eleganza. E’ la serata del ballo dell’incoronazione della nuova regina di Ballicci, piccolo paese a sud della Messalia. Tutti ballano, impazienti di vedere come si presenterà la loro futura regina e magari come sarà vestita (questo solo le donne … loro ci fanno sempre caso…). Nonostante questa impaziente attesa, tutti sfruttano questa serata per divertirsi al massimo. Tutti tranne la povera Sarah, figlia della futura regina, che sta ferma in un angolo a guardare quei poveri ragazzi che cercano disperatamente una dama con cui danzare. Ma per lei era tutta una cosa normale, quasi abituale, data la sua parentela reale e dato che siamo nel 700! Quindi non era affatto entusiasta di quella serata che considerava inutile per una semplice incoronazione. La musica regnava su tutta l’enorme sala, accompagnando i balli; ma tutto si fermò improvvisamente. Stava per entrare la nuova regina! Indossava un abito rosa acceso ma allo stesso tempo molto delicato. Era talmente bella che non si poteva toglierle gli occhi di dosso! Con il suo lungo vestito passava in mezzo alla gente che nel frattempo aveva creato un “corridoio” per farla arrivare al trono! Per Sarah, questo era troppo e dalla rabbia, quella donna non si meritava il trono, quindi uscì dalla sala correndo e sbattendo le porte! Corse per tutto il palazzo finché non arrivò in camera sua; ma la sorpresa l’accolse: in camera sua c’era un enorme quadro, tutto nero senza disegni. Non l’aveva mai visto era una novità assoluta. Non aveva mai visto un quadro del genere, quindi, per la curiosità, gli si avvicinò per toccarlo. Appena lo sfiorò venne come risucchiata da un vortice e mandata dentro il misterioso quadro. Non fu un viaggio molto lungo poiché, dopo pochi secondi, la ragazza atterrò su un morbido materasso. Durante il tragitto era svenuta dalla paura e dall’agitazione. Ma, appena i suoi occhi si riaprirono, l’agitazione aumentò ancora di più nel vedere cosa c’era intorno a lei. 9
Era sdraiata su un letto normale, come quelli che ci sono nelle case, l’unica “piccola” differenza era che il letto era sospeso per aria e volava. Non era in una stanza, ma per strada. Le strade erano sul terreno come da noi, ma una differenza c’era ancora: sulle strade non ci passavano le auto ma solo i pedoni, invece, in aria c’erano delle macchine. Queste macchine svolgevano la funzione delle auto di adesso ma non erano proprio uguali. Assomigliavano a delle navicelle spaziali, ma erano molto più piccole, avevano colori brillanti, con fulmini e saette disegnati sui fianchi. Si muovevano grazie a due “razzetti” sul fondo della macchina che permettevano loro di raggiungere una velocità molto elevata. Queste strane macchine si chiamavano “newmachine”. Tutto intorno c’erano palazzi altissimi con scritte e cartelloni luminosi. Sarah si guardò intorno per molto tempo finché non spuntò di fianco a lei un bambino. Era abbastanza piccolo, avrà avuto 7 o 8 anni. Appena comparve si presentò. Disse che era Cazù, nato in India e catapultato, proprio come lei, in questo misterioso mondo. Era stato incaricato di accoglierla e di aiutarla ad ambientarsi. Sarah era ancora molto scioccata da tutti questi avvenimenti e l’unica cosa che le interessava in quel momento era sapere il motivo per cui si trovava lì. Cazù le spiegò che era stata mandata qui perché doveva aiutare il popolo che viveva in quel posto. Vicino alla città c’era il mare, ma non era il mare che vediamo noi sempre: era sporco, pieno di spazzatura, ricoperto da una grande membrana marroncina. Ma la colpa non era dei cittadini, ma da una maledizione ricevuta, a causa della cattiva ospitalità che avevano dato a un potente stregone. Senza il mare anche il cibo scarseggiava e quindi la vita diventava difficile per molte persone. L’unica persona che poteva spezzare la maledizione era la povera Sarah. Nel sentire questa notizia si sentì cadere in un burrone; come poteva lei, una semplice ragazzina, salvare una città? La risposta arrivò presto e senza esitare Cazù le spiegò tutto: “Devi recarti sulla costa e urlare il tuo nome. A quel punto dal mare spunterà una newmachine acquatica, tu ci salirai e lei ti porterà sul fondo del mare. Una volta lì giungerai al Palazzo Principale dove vivono i governatori e loro ti aiuteranno a spezzare questa ingiusta maledizione”. Sarah, passata la notte, molto agitata, seguì per filo e per segno le indicazioni di Cazù: urlò il suo nome, entrò nella newmachine e arrivò al Palazzo Principale. Scese dalla newmachine ed entrò nel palazzo. Era un vero capolavoro, c’erano conchiglie bellissime appese su tutte le pareti, finestre enormi che mostravano le meraviglie del mare e dipinti marini tra quelle bellissime conchiglie. Il soffitto era altissimo, talmente tanto che si faticava a vederlo, e blu; tutto era blu. Percorrendo quel corridoio, Sarah, venne caricata di tutto il coraggio che aveva dentro di sè e entrò nella sala principale. Anche quella era blu e al centro c’era un lungo tavolo dove erano seduti quattro signori in giacca e cravatta. Sarah, timidamente, si sedette su una sedia e aspettò in silenzio. Un primo signore, alzandosi in piedi, la guardò con un sorriso gentile e la accompagnò verso la finestra per mostrarle come era davvero il mare in quel momento. Con grande sorpresa di Sarah, fuori dalla finestra si vedeva solamente sporcizia e oscurità. Così Sarah disse che era disposta a qualsiasi cosa per risolvere quel problema. 10
Appena finì di dirlo tutto tremò e un lampo di luce illuminò il mare. Tutto era tornato come prima, il mare era luminoso, i pesci nuotavano felici, i coralli riprendevano i loro brillanti colori e gli uomini potevano ancora pescare. Sarah era molto felice, ma non capiva come fosse possibile visto che lei non aveva fatto niente, così le spiegarono: per rompere la maledizione serviva una persona che si mettesse al servizio di quel mondo con tutto il suo coraggio per salvare una cosa che non la riguardava. Avevano fatto molti tentativi portando persone da ogni parte del mondo ma solo Sarah ce l’aveva fatta. Aveva reso le persone felicissime e appena riuscì dal mare vide tantissima gente che la applaudiva e la ringraziava. Anche Sarah era molto felice di essere stata utile a quelle persone. Fece a tempo a ringraziare tutti che si ritrovò nella sua camera, era tutto come prima ma il quadro non c’era più. Sarah capì che doveva accettare il destino del suo regno e non ostacolare la nuova regina perché ognuno ha suo modo ha il proprio posto nel mondo … bisogna capire quale mondo E ora, voi lettori, state attenti con i quadri, che chissà, può succedere anche a voi di esserne risucchiati … Classe Seconda media : IL BRACCIALE MAGICO di Daniele In un freddo pomeriggio invernale, l’iPhone 4s inserito nel dock dell’Audi attira la mia attenzione. All’altezza del ponte della ferrovia, sullo schermo dell’iPhone le icone si muovono all’improvviso, si scambiano di posto, sembrano combattere fra loro, poi sbiadiscono fino a scomparire. Ne rimane solo una, che diventa sempre più grande, fino ad occupare l’intero schermo: D.E.C.L. è il suo nome. Il mio sguardo è attratto come una calamita, l’icona si apre, si espande a macchia d’olio, esce dal telefono e mi inghiotte. Mi ritrovo dentro un vortice che mi fa girare a lungo, alla fine vengo sbattuto a terra. Mi sembra di scorgere intorno a me le mura di un tempio. Entro. Mi accoglie un vecchio saggio, che indossa un lungo abito scuro. Mi avverte che per raggiungere la Conoscenza dovrò superare molte prove, ben 36. E saranno prove di tutti i tipi: di forza, di lotta, di astuzia, di ragionamento, di pazienza. Tutte avranno pari valore, anche quelle che appaiono più facili. Poi il vecchio scompare. Io sono spaventato e scoraggiato. 36 è un numero che non mi aveva mai fatto paura … adesso invece … Dal cielo scende all’improvviso un bracciale di metallo che si aggancia al mio polso. Io lo guardo stupito. Su di esso è inciso un codice: 8104482. Chi me l’avrà inviato e perché? In pochi secondi mi ritrovo ad una griglia di partenza, i miei avversari sono dei mostri. Stanno per saltarmi addosso quando, in preda alla disperazione, sfioro il bracciale. Come per magia queste malefiche creature svaniscono davanti a me. Non faccio in tempo a riprendermi dall’emozione, che mi ritrovo subito in un labirinto inestricabile. A tratti vedo davanti a me muri simili a miraggi che, quando mi avvicino, si lasciano attraversare. Sul mio bracciale si accendono delle frecce che mi indicano il percorso verso l’uscita. 11
Esco. Sto per riprendere fiato quando un’ondata improvvisa di cifre e dati mi travolge come per accecarmi. Io ripeto in continuazione il codice inciso sul bracciale: 8…1…0…4…4…8…2, forse qualcosa accadrà. Incredibilmente, le cifre si dispongono in una lunghissima successione e vengono risucchiate all’interno del bracciale. Ma non c’è tregua per me: mi trovo davanti un enorme contenitore, forse un cestino, dentro cui il mio bracciale sta per cadere. Come farò senza il mio unico aiuto magico, quasi un amico? Mi assale il panico, ma il bracciale si impiglia nella stringa della mia scarpa destra e io, con un colpo di mano, riesco a recuperarlo prima che termini la sua caduta. Non è ancora finita, prove su prove mi attendono: Hard disk, siti, reti, file, stampanti, cavi, cartelle da salvare diventano mostri che mi assalgono in continuazione. Finchè….. Spalanco gli occhi e mi ritrovo seduto in una postazione dell’aula informatica 101 della Scuola Caio Plinio. L’esaminatore mi riconsegna la mia skill card, dove leggo un codice che conosco bene: 8104482. Ma allora è tutto vero! Non è stato un sogno! Tutta questa paura e attesa per il mio primo esame di informatica … Classe Terza media : MATILDE di Allegra Nella Londra del 1893, la piccola Matilde, che aveva da poco compiuto i dodici anni, viveva con i suoi genitori e un fratello maggiore in una grande casa, nella zona di Covent Garden. Non aveva molte amiche, la sua istruzione era affidata ad un precettore, e quindi Matilde passava quasi tutto il suo tempo all'interno di quel palazzo solitario. Finalmente però quell'estate arrivò per lei una notizia meravigliosa: la zia Jane la invitava, per tutto il periodo estivo, nella sua casa di campagna a Holmes Chapel. Il cuore di Matilde batteva forte forte quando quel mattino, rallegrato da un Sole caldo, arrivò a casa della zia. Iniziarono così per lei splendide giornate ricche di gite in carrozza a trovare le tante amiche della zia, di incursioni nella calda e golosa cucina della casa per assaggiare dolci squisiti preparati dalla cuoca Elisabeth e di fantastiche notti in quel lettone così soffice e morbido. Finché un giorno Matilde scoprì qualcosa che avrebbe cambiato la sua vita. Per caso, mentre passeggiava, intravide nel fitto fogliame del parco che circondava la villa, una porticina. Con non poca fatica riuscì ad aprirla e si ritrovò in un giardino dove i fiori, e quanti fiori, erano così vari e colorati da lasciarla senza fiato. Passato il primo momento di grande stupore, Matilde si avvicinò ad uno di loro: era di grande bellezza, statuario e regale. Con il suo inchino sul gambo lungo e sottile sembrava chiedere, e ottenere, che la natura gli rendesse omaggio. “Buon giorno, io sono il Giglio” disse all'improvviso, e la bocca di Matilde, per la sorpresa e lo spavento, si aprì a dismisura. “Ma tu parli...?” disse Matilde come riuscì a riacquistare la parola. “Certo” rispose il Giglio. “Vedi a noi tutti qui, tanto tempo fa, fu predetto da una fata buona, che un giorno sarebbe arrivata una giovane 12
fanciulla alla quale avremmo potuto spiegare il nostro linguaggio che esprime agli uomini affetto e sentimenti. Credo proprio che quella giovane sia tu”. “Ehi”, si sentì apostrofare Matilde, mentre le parole del Giglio si facevano strada nella sua mente confusa, e voltandosi, vide un piccolo fiore dall'aspetto delicato e allegro, e con un'irresistibile aria frivola: “Sono la Speronella e ti voglio raccontare quello che rappresento. Se tu mi regalerai a qualcuno significherà che per lui avrai un profondo affetto, e che conoscerlo, per te, è una gioia e un piacere”. Fu così, che passeggiando tra un Tulipano e una Verbena, un Geranio e una Margheritina, una Viola e un Giacinto, Matilde poté da quel giorno parlare con loro e conoscere così “Il messaggio segreto dei fiori,,. Scoprì così la grazia e la delicatezza del Lillà, che vuole significare l'inizio di ogni amore; la modestia del Mughetto, che vuole rappresentare il ritorno della felicità, perchè la sua fioritura raggiunge il culmine in Maggio, quando la primavera si avvia verso l'estate, e ci aspettano giorni felici e spensierati. Parlò a lungo con la dolce e profumata Rosa, che le spiegò essere l'emblema della passione e l'ambasciatrice di ogni affetto. Si stupì di fronte al radioso Girasole, e si intenerì di fronte alla bellezza del Bucaneve, che solleva lo spirito, con la certezza di giorni migliori. Fu così, che tornata in città, alla fine di quella lunga e meravigliosa estate, Matilde cominciò a preparare splendidi e fantasiosi bouquet, che la mamma per prima cominciò a donare alle sue amiche. Ben presto la fama di queste creazioni che avevano assolutamente qualcosa di speciale, si diffuse in tutta Londra, e Matilde diventò “Una consulente di EMOZIONI...” Da quel momento, ogni estate, per tutta la vita, Matilde tornò al suo giardino dei fiori incantati, passando lunghe giornate a condividere con loro tanti, grandi e piccoli segreti. I suoi bouquet si arricchivano sempre di più di significato, rendendoli adatti ad ogni occasione, e il riceverli era per tutti un grande privilegio. Classe Terza media : SPERANZA di Benedetta Sono le quattro del pomeriggio e fa caldissimo. Esco in giardino e vado sotto la grande quercia di fronte a casa, l’unico angolo in ombra. Vado a sedermi sopra un tappeto di foglie rossastre. Buio, silenzio. Mi accorgo che sto cadendo sempre più, e mi chiedo se questo vortice finisca, prima o poi. Quel tappeto di foglie nascondeva un buco, un enorme buco, dovevo immaginarlo. Mille emozioni stanno attraversando il mio corpo, un “tuffo” al cuore mi avvisa che ho finalmente toccato terra. Non so che tipo di terreno sia, e nemmeno dove sia, mai il fatto di non essere col sedere in aria, mi tranquillizza. Non ho il coraggio di aprire gli occhi, non ho la minima idea di chi o cosa mi circondi. Lascio passare qualche minuto e mi decido a socchiudere un occhio. Nulla. Vuoto. Silenzio. 13
In questa stanza ci siamo solo io, e due porte. Non sono io che fisso loro, ma loro che fissano me. La cosa più terrificante che abbia mai vissuto in tutta la mia vita. Inizio a girarmi intorno, e rifletto. L’unico modo per uscire è aprire una delle due porte. Il problema è quale delle due scegliere. Mentre passeggio per questa deserta stanza, mi accorgo di aver calpestato qualcosa. Un brivido percorre il mio corpo. Scosto il piede e abbasso lo sguardo: è un piccolo pezzo di ferro, abbandonato su questo mal ridotto pavimento. Non ne vedo l’utilità. Non capisco. Mobili: non ce ne sono. Macchinari: neanche per idea. Da dove viene? A cosa serve? A nulla, credo. Fisso il pavimento: vuoto. Guardo in su: il soffitto sembra il riflesso del pavimento, non c’è nulla. Fisso le due porte; ma non riesco a capire. Mi sento stupida, un’incompetente. Però non ci arrivo. Possibile? Si, purtroppo. Giro e rigiro nelle mie mani il pezzo di ferro, e lo fisso. E’ tutto intrecciato, e in questo momento è l’enigma più complicato della mia vita. Il mio sguardo si sposta verso una delle due porte. Ha una minuscola fessura, al centro. Mai vista una porta più strana, giuro. Ma qui è tutto strano, quindi penso che lo “strano” sia il “normale”, ormai. Quella lampadina un po’ contusa che ho in testa, finalmente si accende! Allora infilo il pezzo di ferro nella minuscola fessura. No, un attimo! Ritraggo la mano. E se questa fosse la porta sbagliata? Da qui potrebbe dipendere tutta la mia vita. Destra, sinistra, destra, sinistra, destra… basta, ho deciso, SINISTRA! Nulla di personale, ho solamente fatto “la conta”. Ripeto il passaggio di prima; infilo il ferro: nulla. Allora lo giro: ancora niente. Lo giro due volte: la porta fa uno strano rumore. Si apre. Chiudo gli occhi e faccio qualche passo avanti, mi gioco tutto subito. E’ un po’ come quando devi prendere una medicina amara; apri la bocca e tappi il naso. Qui io mi gioco il coraggio, però chiudo gli occhi. Percepisco delle urla, molte voci, troppe, sono confusa. Siamo sempre punto e a capo: apro gli occhi oppure no? Ne apro uno solo? Mezzo? Un quarto? Oddio no, non ci siamo. Conto fino a tre e li apro entrambi. Uno, due, tre… è fatta, ci siamo. Davanti a me un’immensa folla sbraitante; dentro di me il vuoto più assoluto. Non so dove sono, e per di più sono da sola, mi viene da piangere. Gli occhi si appannano, le mani diventano deboli e fredde. Mi giro, e vedo cinque ragazzi, cinque volti familiari. Due stanno venendo verso di me, ma sono troppo agitata per capire chi sono. Una ragazza mora, non molto alta e sorridente mi abbraccia. Dice qualcosa sottovoce, e dall’accento capisco tutto. Sono quei cinque ragazzi che ho sempre desiderato d’incontrare. Sono quei cinque ragazzi che mi hanno insegnato tante cose, solo tramite uno schermo. Mi hanno trasmesso tante emozioni. 14
E quel fiume di lacrime che prima scorreva velocissimo dentro di me, ora sta straripando. Sento le mie guance calde e bagnate. Ho davanti a me quei cinque ragazzi che la maggior parte degli adulti critica. Critica perché non vuole amare. Mi chiedo cosa avrei trovato dietro all’altra porta, quella che non ho aperto. Non m’importa, sono felicissima di aver scelto quella di sinistra. Penso alla mia famiglia, ai miei professori, ai miei amici, a chi mi critica, a chi mi chiede se questi cinque ragazzi sono la cosa più importante della mia vita… e vorrei averli tutti qui, adesso. Per fargli vedere i miei occhi, che stanno brillando. Vorrei chiedere cosa significano per loro questi occhi lucidi, che brillano. Se mi conoscono veramente, la risposta la trovano qui, nei miei occhi. Non posso dire che sono la cosa PIU’ importante della mia vita. Ma mi hanno aiutata a crescere. S’impara dappertutto, non solo a scuola. Qualsiasi persona ha qualcosa da insegnare, come ha qualcosa da imparare, sempre. La ragazza mora mi prende per mano, e io mi lascio guidare. Con lo sguardo cerco quello degli altri ragazzi, tutti stanno sorridendo. E sorridono con la bocca, ma anche con gli occhi e col cuore, e mi sento felice. Parte la musica fortissima, e mi porgono un microfono. Adesso capisco dove mi trovo, e con chi sono. Sono su un palco, davanti a miliardi di persone, con i cinque ragazzi che ho sempre desiderato incontrare, con i miei idoli. Se non sono ancora svenuta, è per miracolo! Canto, ballo e rido, col cuore. Quando il cuore ride, è perché è impregnato d’amore. E l’amore adesso sta scorrendo nelle mie vene, nella mia anima. La gioia che provo in questo momento non si può descrivere. Perché potrò usare tutte le parole più belle di questo mondo, ma uno non le interpreterà mai nella maniera in cui voglio che vengano interpretate. Lo capirà solo chi guarda i miei occhi, e vede che brillano. Lo capirà solo chi ha il coraggio di guardarmi con gli occhi del cuore. E solo adesso capisco cos’erano veramente quella porta e quella fessura al centro… La porta simboleggia la speranza, e al centro della speranza, c’è una piccola fessura; il coraggio. Speranza e coraggio viaggiano insieme. Un po’ come il pane e la nutella, il burro e la marmellata, le canzoni e i ricordi… Ho fatto una bellissima esperienza, e ho imparato anche una cosa molto importante. Ho conosciuto il significato di speranza e l’ho provato sulla pelle.
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«Siate realisti, chiedete l'impossibile»
MESE DI MARZO Il racconto realistico
Albert Camus - Narratore
Classe terza : IL MUSEO EGIZIO di Greta, Francesca, Clara Il 10 maggio noi , la classe terza , siamo andati , insieme alla classe quarta , al museo Egizio di Torino. Era una vera meraviglia! Per fortuna non c’erano insetti vivi! Perché altrimenti Greta , una nostra compagna di classe sveniva. C’erano però scarafaggi di pietra porta fortuna, vasi rovinati dal tempo, c’erano anche armi e sarcofagi con dentro delle mummie di faraoni. L’unica cosa che per noi non poteva essere vera era la sfinge, perché è impossibile portarla fino Torino dall’ Egitto. C’erano anche infradito antiche, molto simili a quelle di Aladino, erano divertenti !!! All’interno del museo abbiamo anche comprato dei souvenire: un nostro compagno che si chiama Daniele ha comprato una piccola sfinge alta 5 centimetri per la sua mamma. All’ una abbiamo pranzato e abbiamo mangiato le piadine: ovviamente Filippo si è abbuffato come al solito! Dopo mangiato siamo andati a fare i lavoretti: durante i laboratori ci hanno fatto fare dei piccoli vasetti d’argilla e ce li hanno fatti dipingere come volevamo. Alla fine dei laboratori siamo andati in un giardino, dove sono state esèpste copie di antiche statue; alla destra del giardino c’era un mosaico bellissimo, che rappresentava il Nilo, il fiume più importante dell’ Egitto, e tutti gli animali che vivono sulle sue sponde: coccodrillo, serpenti, uccelli,….. Sempre nello stesso giardino c’era una fontana di pietra, che rappresentava un angioletto: ogni volta che dalla bocca dell’angelo usciva l’acqua tutti noi provavamo una bella sensazione, come di speranza….chissà come mai!!! In questo parco c’erano dei tavolini, dove abbiamo fatto merenda e ci siamo rilassati un po’. Abbiamo anche fatto uno scherzo alla nostra maestra Valeria: mentre era seduta sul prato, Francesca le ha messo una coccinella sulla schiena e quando se n’è accorta ha urlato e si è messa a correre a più non posso. Visitare il museo ci ha fatto provare un’ emozione grandissima, chi ha fatto tornare indietro nel tempo, all’epoca degli egizi. Al ritorno, sul pullman, eravamo davvero tutti esausti: qualcuno si è addormentato e avrà sognato sicuramente di vivere nell’antico Egitto… Classe terza : IL RACCONTO MALDIVIANO di Filippo, Francesco, Denis L’ anno scorso sono partito per le vacanze di Natale e sono andato alle Maldive. Quando sono arrivato io e mia mamma abbiamo preso il deltaplano e sono arrivato su un’ isola grande , ricca di vegetazione ; la sabbia era bianchissima e piena di conchiglie. 16
Subito ho conosciuto due bambini di nome : Massimo e Andrea che erano molto simpatici. Il giorno dopo il mio arrivo sono andato a fare un’ escursione in un atollo vicino al nostro e ho visto tanti coralli e tante varietà di pesci, con colori bellissimi. Alla fine della giornata ero stanco, ma davvero felice. Il giorno successivo sono stato tutto il tempo al miniclub e siamo stati molto in acqua perché faceva davvero caldo. Ho giocato addirittura a pallanuoto con la pioggia e mi sono divertito. Durante tutta la vacanza sono stato con i miei due nuovi amici, con cui ho fatto anche un torneo di calcio. Il giorno della finale ero molto ansioso, ma alla fine ero felice perché avevamo vinto. Come premio per la mia vittoria, mia mamma, mi ha portato a mangiare un piatto tipico del luogo, conoscendo la mia grande passione per il cibo: sembrava cioccolato con sopra dei gamberetti, era squisito. Il mattino della partenza ero molto triste e sono andato a salutare i miei amici e ci siamo scambiati l’indirizzo e-mail, così potevamo scriverci ogni tanto o mandarci le foto della vacanza. Comunque mi piacerebbe tornare ancora alle Maldive!!! Classe quarta : UNA MAGNIFICA SORPRESA di Arianna Era da tanto tempo che avevo il desiderio di avere un cagnolino tutto per me, ma ogni volta che ne parlavo a mamma e papà, la risposta era sempre la stessa:<>. Sapevo in cuor mio che sarebbe stato difficile realizzare questo sogno, ma io sono una sognatrice e nulla mi avrebbe fermato. Ogni giorno facevo la stessa domanda ma la risposta era la medesima. Ormai non ci speravo più, ma ecco che all’improvviso ci fu una svolta: mamma e papà, di ritorno da un viaggio, mi dissero che una loro carissima amica aveva appena avuto una cucciolata di Jack Russel. Io non sapevo neppure come fossero questi cani, ma ero così emozionata all’idea di avere un piccolo batuffolo di pelo che avrei accolto qualsiasi bestiolina. Chiesi subito ai miei genitori di adottarne uno e loro, con mia grande sorpresa, acconsentirono a patto che me ne occupassi personalmente. Non ci credevo! Ero così felice! Pensavo al giorno in cui sarebbe arrivato da noi, a come l’avrei chiamato, a quanti giochi avremmo potuto fare insieme! Finalmente quel giorno arrivò e, proprio come tutte le sorprese, arrivò all’improvviso. Di ritorno dalla scuola, non appena aprii la porta, vidi corrermi incontro un cucciolo meraviglioso tutto bianco e con macchioline marroni. Era così dolce e soffice! Sentii la mamma chiamarlo Mustic. Ma che nome era? Di solito i cani si chiamano tutti Fufi, Rex, Lucky!Strano davvero! Chiesi alla mamma il motivo di questa scelta e mi rispose che era proprio in un’isola di nome Mustic che lei e il papà avevano deciso di prendere un cagnolino tutto per me. Pensai che fu una fortuna che l’isola non si chiamasse “Maciu Piciu” altrimenti che fatica chiamarla ogni volta!!!! Sono passati un po’ di anni e ogni volta che ricordo quel giorno mi commuovo.
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Classe Prima media : UNA VACANZA SPECIALE di Cesare Il mio più bel ricordo risale a due estati fa. Una mattina il nostro papà ci ha detto che due di noi avrebbero partecipato a una vacanza in barca a vela con la mia madrina e la sua famiglia. Per scegliere chi avrebbe partecipato decidemmo di tirare a sorte. Sono stati scelti i miei fratelli Giorgio e Giada. Io ero disperato perché ci tenevo molto a fare quella vacanza e perché, la barca a vela, mi piace un sacco. I miei fratelli, un po’ per amore un po’ allettati dalle promesse di grande divertimento da parte della mamma mi cedettero il posto. L’11 luglio partimmo da casa per Porto Baratti a Piombino in Toscana. Il viaggio in auto fu lungo, ma per niente noioso, perché Enea ed io ci dedicammo alla lettura di fumetti e piacevoli chiacchierate. Io ero eccitatissimo perché quella era la mia prima vacanza in barca a vela e in compagnia solo del papà e del mio grandissimo amico Enea. Arrivati al porto capii subito che lo skipper, Raffaele, era un ragazzo simpatico e certamente avrei trascorso delle ottime vacanze. Salpammo subito in direzione Isola d’Elba, ed io, sempre emozionatissimo non riuscivo a stare fermo un minuto, tanto che ho rischiato di cadere in acqua più volte. Ad un certo punto Raffaele mi chiese se volevo timonare la barca ed io accettai subito con grande entusiasmo, mi piaceva sentire il timone fra le mani, l’idea che la barca andasse dove io volevo, il vento nei capelli, le gocce d’acqua salata sul viso resero questi momenti indimenticabili. Dopo aver costeggiato parte dell’Elba puntammo verso l’Isola di Capraia. Al mattino era bellissimo svegliarsi per il rollio della barca e farsi cullare per un po’, era anche molto divertente insaponarsi tutti assieme sul ponte e poi tuffarsi in acqua per risciacquarsi. La colazione era un momento di allegria, c’era sempre pane fresco e dolcetti squisiti che Karl, il marito della mia madrina, puntualmente comprava nella pasticceria del paese. Eravamo ormeggiati in una piccola baia a Capraia e stavamo facendo snorkeling, il fondale era molto variopinto. Ad un certo punto vedemmo un polipo che si nascondeva fra le rocce. Chiamammo subito Raffa che arrivò armato di fiocina. Raffa era tutto felice perché era la prima volta che riusciva a catturare un animale con la sua fiocina. Tutti fecero una foto con il trofeo di caccia, Raffa dedicò l’intero pomeriggio alla pulizia e pestaggio del polipo sempre assistito da noi ragazzi. Quel giorno mangiammo la migliore insalata di polipo mai esistita. Dopo la Capraia fu la volta della Corsica con i suoi colori brillanti; guarda a caso, ci imbattemmo nella festa nazionale Francese. Quella sera Karl voleva ad ogni costo cenare sulla terra ferma e godere della magnifica serata e dei fuochi d’artificio. Quando eravamo praticamente pronti a lasciare la barca, come un cucù inciampai e finiì in acqua e mi dovetti cambiare da capo a fondo. Il mattino seguente, Enea ed io, sempre a caccia di avventure, decidemmo di farci trainare da una fune in mare per rinfrescarci. Sembrava che la barca andasse piano in realtà però attaccati solo con le mani ad una velocità di cinque nodi si rivelò un’impresa ardua. L’indomani tutti si svegliarono alle 5 del mattino in quanto era prevista la traversata più lunga, e servivano tutte le braccia disponibili per governare la barca. Io però mi svegliai alle sei perché c’era un grande trambusto sul ponte. Incuriosito misi la testa fuori per vedere cosa succedesse e mi dissero di guardare 18
bene perché c’erano tre delfini che nuotavano vicino alla ciglia della barca. Ci seguirono per un po’ e le loro schiene lucide entravano e uscivano dall’acqua con un ritmo frenetico. Devo proprio dire che sono delle creature magnifiche. Girovagammo ancora un paio di giorni per le coste dell’Elba, ma il porto di Piombino ci attendeva. Quando rimisi i piedi sulla terra ferma mi venne una specie di nausea che in gergo viene chiamata “mal di terra”. Nei miei occhi conserverò sempre le immagini bellissime dei luoghi che ho visto, nel mio cuore invece custodisco un ricordo così bello del tempo trascorso in compagnia del mio papà e dei miei amici più cari. Classe Seconda media : WILLY E LA DIVERSITA’ di Chiara e Carlotta “Willy pff.. sta sempre seduto, ha sempre bisogno di qualcuno e qualcosa che lo aiuti..” sentii dire da una mia compagna che mi prendeva sempre in giro. Ero stufo, stufo di questa vita: niente amici, anzi, solo uno … Bobby Rey. Era anche lui, come me, sempre preso in giro per un suo difetto: quei suoi buffi occhiali rotondi che appoggiava al naso. Avevo visto l’avviso sulla bacheca della scuola che annunciava il ballo di fine anno, era proprio scritto così: SABATO 16 GIUGNO NELLA PALESTRA DELLA SCUOLA CI SARÀ IL BALLO DI FINE ANNO! VI ASPETTIAMO NUMEROSI!! Ma c’era solo un piccolo problema, io non potevo ballare! Il mio amico Bobby poteva avere qualche possibilità di danzare con una ragazza, io no ! Quel giorno ero davvero triste, non rivolgevo neanche la parola a Bobby, non rispondevo neanche alle domande che stava facendo la professoressa. Quel pomeriggio ritornai a casa senza guardare in faccia nessuno andai in camera mia e per come potevo mi buttai sul mio letto piangendo disperatamente. Il giorno dopo invece di andare a scuola al solito orario entrai alle dieci e mezza, perché ero disperato e non volevo farmi notare dalla solita bulletta che mi prendeva sempre in giro. L’insegnante parlò molto con mia mamma di questo problema, della mia tristezza e del fatto che anche i miei voti ne risentissero. Il non sentirmi accettato mi stava facendo più male di quanto credessi. Perciò decisero di fare una lezione, alla mia classe e a tutta la scuola, sulla diversità. Da questa lezione ognuno capì che non si può essere perfetti. C’è chi ha problemi più seri e chi meno. Alla fine della lezione la bulletta si avvicinò a me, io tentai di scappare, ma con la mia sedia a rotelle andavo troppo piano. Ero bloccato. Restai immobile, lei avanzò frettolosamente. Stranamente non era seguita dai suoi amici, loro, in disparte, iniziarono a prendermi in giro. 19
Lei era arrivata, ma non per prendermi in giro, si avvicinò a me e cominciò a spingere la mia sedia. I volsi lo sguardo verso di lei. E sorrisi. C’era riuscita, aveva battuto il suo carattere per avvicinarsi a me. Alcuni giorni dopo mi invitò al ballo, non ci potevo credere! Pensavo che non interessavo a nessuno. Anzi lei, fece in modo che una sua amica invitasse Bobby al ballo. Saremmo andati tutti e 4 assieme. Quel giorno arrivò e fu un’esperienza bellissima. Certo, non potevo ballare, ma stavo in compagnia, e per questo mi sentivo sereno. Classe Terza media : BEATRICE di Benedetta, Alice, Henok e Andrea Beatrice cammina lentamente in riva al mare, le onde le accarezzano i piedi e l’aria marina le sfiora il viso. Continua a ripensare alla scena che ha vissuto poco fa, non capisce. Non riesce a spiegarsi come lui abbia potuto. Pochi giorni prima avevano giurato che sarebbero sempre stati onesti l’uno con l’altra, che si sarebbero aiutati nel momento del bisogno, anche quando magari si sarebbero lasciati. Una lacrima le riga la guancia arrossita dalla rabbia e dal nervosismo, si sente sola, indifesa, uno straccio. Guarda il mare, cerca di pensare ad altro, ma non riesce. Quell’immagine di lui con un’altra continua a tornarle in mente. Lei era bella, alta, un fisico da paura, dei lineamenti perfetti. Beatrice si sente minuscola in confronto a lei, Beatrice è solo Beatrice. E’ una ragazza normale; non si trucca, non porta vestiti vistosi. L’unica cosa che indossa sempre è il sorriso. Non si dimentica mai di sorridere, mai. Il suo sorriso rappresenta la sua forza, il suo coraggio di resistere, e di andare avanti. Sorride sempre, a parte ora. Si sente morire dentro. Lei sa che riuscirà a capire, prima poi, ma adesso ha bisogno di piangere. Ha bisogno di essere triste. Tutte le cose hanno il loro tempo, e questo per Beatrice, è il momento di piangere. Si sente sola, le sembra crudele il fatto che il mondo continui ad andare avanti indifferente, senza preoccuparsi di lei. Edoardo continua a chiamare Beatrice, non risponde. Le scrive messaggi, che non ha il coraggio di inviare. Edoardo non sa che Beatrice lo ha visto, mentre si baciava con un'altra. Edoardo non sa che Beatrice si sta sforzando con tutta la sua anima, per riuscire a capire cosa sia successo davvero. Edoardo cerca Beatrice, ma sta cercando qualcosa che non gli appartiene più. Cerca a vuoto, Edoardo è vuoto. E' confuso, indeciso. Gli manca Beatrice, eppure quel bacio con l'altra ragazza gli è piaciuto, si è sentito diverso, ha avvertito un'emozione strana dentro di se. Si chiede cosa dovrebbe fare adesso. Dovrebbe dirlo a Beatrice? Si risponde che forse è meglio di no. Deve capire se la ama ancora, o se per "quell'altra" rinuncerebbe a Beatrice. Si ritrovano ognuno nella propria camera, a riflettere. 20
Beatrice chiude gli occhi, vorrebbe essere lontano da dov'è ora, lontano da tutto e da tutti. Edoardo fissa il soffitto, vorrebbe tornare indietro nel tempo, per non commettere quello stupido errore. Si addormentano così, sfiniti, stanchi, lei delusa, lui confuso. La mattina dopo, Beatrice a fatica si alza dal letto, si veste a caso, e non fa colazione, non mangia nulla, non ha fame. Scende e saluta sua mamma con un sorriso modesto, cerca di mascherare tutto il dolore che ha dentro. Appena esce e chiude la porta alle sue spalle, si blocca. Vorrebbe scappare, vorrebbe avere i super poteri e teletrasportarsi in un altro continente, dove nessuno la conosce. Invece è lì, ferma, e può solo affrontare quello che si trova davanti: Edoardo. Un nodo le si stringe forte forte in gola, trattiene a stento le lacrime. Guarda per terra per non far notare che ha gli occhi lucidi, pieni di tristezza. Perché lui è qui? Cosa vuole? Chi si crede di essere? Poi le viene in mente che Edoardo passa tutte le mattine sotto casa sua a salutarla, prima di andare a scuola, e allora sta ancora più male. Di sicuro, lui, farà finta di niente. E invece no, aveva ragione. Edoardo è lì per parlarle, anche se non sa da dove cominciare. Non sa come dirgli che ha fatto la cavolata più grande della sua vita. -Ehi, Bea!- accenna lui. Lei non risponde, lo guarda. Lo fissa. Diventa nervosa. Sente le guance calde e bagnate, non è riuscita a trattenere le lacrime. Edoardo si sente uno schifo, capisce che Bea sa tutto. Non sa come ha fatto a scoprirlo, ma ora non gl'importa. -Lo so, ho fatto l'errore più grande della mia vita. Ti ho delusa, non ti merito. L'unica cosa che merito ora è un pugno in faccia. Non merito le tue lacrime. Sei una grande persona e io non sono riuscito a trattarti come avrei dovuto. Non riesco a proteggerti, anzi, ti faccio anche del male. Beatrice, ti amo, non so cosa mi sia successo ieri, davvero, credimi. Hai tutto il diritto di essere arrabbiata, ma so che capirai, anche se non mi perdonerai.Anche Beatrice lo ama, lo ama tanto. E la cosa che la fa arrabbiare è il fatto che lui ha potuto tradirla, lui ha potuto farle del male. La fa arrabbiare il fatto che lo ama ancora, non ostante tutto. -Non ti do nessun pugno, e non rinego neanche che con te sono stata bene. Hai tanti difetti, quelli di cui mi sono innamorata. Quelli per cui ero disposta a fare tutti i sacrifici necessari. E tu ne hai approfittato. Io perdono, io do una seconda possibilità e anche una terza se ce n'è bisogno. Ma non a te. Non posso perdonarti. Anche se ti amo, non posso far finta di niente. Non lascerò che questo episodio rovini i bei ricordi che ho di noi, ma, appunto, sono solo ricordi. Ora esistiamo io e te, non noi. Abbiamo due vite diverse, non sono più legate, da nullaBeatrice sta crescendo, se lo sente dentro. Sta diventando una donna, si sente forte, dopo le sue parole. Non ha paura di perdere Edoardo, lui vivrà per sempre dentro di lei, nei suoi ricordi. Però capisce che questa storia è finita. Si è conclusa una tappa che ha formato la sua vita. 21
Si gira, e se ne va. Non aspetta una risposta da Edoardo, non le serve. Edoardo lo sa, sa che Beatrice non ha bisogno di una sua risposta. Sa che non ha più bisogno di lui. Lo sa bene, e piange. Piange perché è l’unica maniera che ha per sfogarsi, piange perché anche Beatrice l’ha fatto, prima. Piange perché gli sta bene. Piange perché è stato uno stupido, e ora gli rimangono solo le lacrime per fargli compagnia. Piange perché sente che deve cambiare vita, ma era abituato alla sua vecchia. Gli andava bene così, e non vuole cambiarla. Gli vibra la tasca dei pantaloni, si accende il display del telefono: Beatrice ha scritto qualcosa sul suo profilo. Ha ancora i suoi aggiornamenti di facebook attivati. Sospira, e legge la frase: “Non è amore se la desidero ardentemente e lei non mi vuole, quella è ossessione. Non è amore se ci sto da tanti anni e non posso immaginare la mia vita senza lei, quella è assuefazione. Non è amore se ho occhi solo per lei e non riesco nemmeno a guardare un'altra, quella è abitudine. Non è amore se devo fare troppi compromessi e cambiare me stesso, quella è elemosina. Non è amore se solo lei può darmi ciò che voglio senza il bisogno di chiedermi se io le do ciò che vuole, quello è egoismo. Non è amore se sto bene con lei solo quando ci faccio sesso, quello è autocompiacimento. Non è amore se la reputo perfetta. Una persona perfetta non ha bisogno di me. Questa è sottomissione. E' amore se due persone si esprimono e nell'esprimersi stanno bene. E' amore se si verificano due presupposti fondamentali: volere la stessa cosa l'uno dall'altro, e insieme volere la stessa cosa dalla vita. Tutto il resto è materiale per i poeti.” Beatrice ha tutta la ragione di questo mondo. Sono cresciuti entrambi, è tempo di cambi ormai.
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MESE DI APRILE
Far poesia significa riconoscersi
La poesia
Sergio Solmi – Poeta
Classe terza: IL MARE di Fabio, Filippo, Alice È bellissimo il mare, ricco di pini marittimi e ha un colore splendente e naturale e vedo uccelli svolazzare. Sulla spiaggia giocatori di beach volley, vedo molti bagnini soccorrere adulti e bambini. Vedo delle sdraio colorate che sembrano quasi fatate, saporiti sono i pesci, con fatica vengon presi, c’è molta felicità sulla spiaggia e sulla riva. I bambini fanno molti tuffi belli e brutti. I bambini giocano a pallone e i papà mandano in confusione. Le mamme si vogliono riposare ma i bambini le fanno stancare. I ragazzini voglion giocare e le ragazze sporcare. Usano paletta e secchiello e fanno un castello alto quanto il Baradello. Mangiano il gelato alla crema e al cioccolato. L’estate è la cosa più bella che ci sia che porta felicità e allegria. 23
Classe Terza : LA MONTAGNA di Daniele, Federico, Francesco Colori splendenti ha la montagna …. Fiumi limpidi come il cielo, pesci che vanno di qua e di là, fiori di colori naturali. Orsi feroci e bestie affamate. Scoiattoli cadono in letargo addormentati. In montagna c’è un panorama da sogno: in inverno il bianco splendente e in estate un sole brillante. Le foglie luccicanti decorano gli alberi. Classe Quarta : AMICO MIO… di Tommaso, Matteo, Giorgia Sei come un fuoco d’artificio che illumina la notte di allegria. Sei come un sole al’imbrunire che mi riscalda il cuore. Sei come una stella che brilla nel cielo. Sei come un bignè dolce al cioccolato che mi addolcisce la mattina. Sei come una stella alpina forte e coraggiosa. Sei come una festa armoniosa. Sei come una porta che spalanca davanti a me la vita. Se come io ti voglio tu sei speciale amico mio… Classe Quarta : ALBERO DI PRIMAVERA di Davide, Elias, Federico, Arianna, Kamelia Albero di primavera ti sei vestito di rosa questa mattina come una sposa preparata a nozze. 24
Quando il sole ti bacia risplendono i tuoi colori e le tue foglie sospinte dalla delicata brezza appaion danzare e farti un inchino. Ai miei occhi appari come un amico che mi consola e mi riempie il cuore di gioia. Oh albero di primavera ora che la sera è giunta torni a dormire beato baciato dalla pallida Luna. Classe Prima media: COMO di Valentina Como, un tramonto sul lago una gita in barca e attorno solo i monti. Como, con Volta e la sua pila, Barbarossa e il suo Castello. Como, quello che non ti aspetti , senso di pace e fascino del silenzio che blocca il respiro. Classe Seconda media: SCUOLA di Daniele Scuola, luogo di amici stare insieme gustare momenti magici, partite infinite tutti vincitori nessuno sconfitto sguardi che parlano tacite intese. Condivido ricordi, vivo il presente e costruisco progetti. Classe Seconda media: APRO GLI OCCHI di Giulia Ho scoperto di non essere sola, di essere circondata da persone speciali. Ho aperto gli occhi e visto tutti loro, 25
sono intorno a me ora e sempre. Mi sostengono e mi aiutano, mi fanno affrontare le sfide della vita, che mi mettono alla prova ogni giorno. Sto crescendo. Mi sento diversa ma sono sempre uguale, piango per quello che non sono , e rido per quello che sono. Sto crescendo. Mi metto alla prova ogni giorno, camminando e parlando, giocando e studiando. Sto crescendo. Studio per il futuro e penso per il presente sono cresciuta. Classe Terza media: IL MIO ULTIMO ANNO Di Chiara Alla mattina ci si sveglia con il sol che ci abbaglia. Nel passeggiare per le vie della città sai che una cosa manca il fischiettio degli uccellini che svolazzan di qua e di là, ma in realtà nei tuoi pensier di fresca mente, è una cosa assai più divertente. Nell’aria c’è sapor di gioia È la vita che ti sorride e ti consola, il rumore e il frastuono di bimbi allegri e non solo, non vedon l’ora d’imparare e giocare. finalmente alla fine della mia strada vi si trova un antica sala, tutti attenti ad ascoltare la prof che sta per spiegare insomma non c’è niente da fare bisogna restare ad ascoltare, ma appena la prof si gira ci mettiamo a parlare e lei vispa e attenta ci da da fare un bel compito da poi ritirare. Non c’è niente da scherzare, quest’anno non è una passeggiata siamo qui per imparare e sostenere un esame. Ma poi la gioia sopraggiunge E la nostra gita ci confonde. Ormai siamo alle porte L’attesa è invadente 26
Io non son pronta Nè per l’esame, nè per dopo, che non sarà mai uguale chissà se saremo ancora insieme? Ora non so cosa fare, ci sono troppe cose da preparare La tesina da consegnare e i compiti da terminare. Mi resta ancora un po’ di tempo per riuscire a ideare quello che devo ancora fare. Fra poco ci sarà da festeggiare, il mio compleanno sta per arrivare Una bella, grande festa sogno di fare Con i miei compagni, Tuffi e tanti bagni. Questo è l’ultimo anno non posso farmi sfuggire neanche un giorno. Il mio incubo sta arrivando e la mia speranza arretrando Non voglio farmi scappare l’anno I miei compagni se ne andranno e Io …. La sveglia è suonata ed io mi son svegliata da quest’incubo, Prendo lo zaino e riparto perché Il mio sogno è più grande. Finirà si la scuola, ma una sola cosa mi consola È che insieme abbiamo fatto la gioia La gioia di pensare, volare, giocare e consolarci perché noi non saremo i più forti ne i più colti ma siamo una famiglia ed è una meraviglia. Grazie ai professori che non ci fan sentir soli, se un compito non va bene ti dan l’opportunità di rivedere l’errore che poi ristudi per ore e ore. l’ultimo anno mi attende, mi vien voglia di scappare ma prima o poi lo dovrò affrontare, al meglio io riuscirò a passare per superare gli ostacoli che nel nuovo anno mi si presenteranno. Classe Terza media: IL MIO ULTIMO ANNO di Rachele Il tempo sta per scadere Ma io non ci voglio credere: le emozioni, i pianti e i sorrisi sono tutti impressi sui nostri visi. Ultimo anno: mi sembrava ieri che è iniziato e invece guarda quanto veloce è volato. Tutte le giornate un po’ faticose o Quelle divertenti come a Natale 27
O la gita: sembrano il ricordo Di una vita. E ora rimane solo l’esame Dove affidarmi allo studio E all’impegno e al fato. E con tutto quello che abbiam passato; e tutto che ho studiato, alla fine di tutto, quest’anno, da me, non verrà scordato.
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La descrizione di un attimo
MESE DI MAGGIO
Tiromancino – Gruppo Musicale
La descrizione
Classe Terza: LA NOSTRA SCUOLA di Daniele, Denis, Francesca Noi frequentiamo la scuola di S. Carpoforo che si trova su una collina circondata dal bosco e si distingue benissimo perché è di colore giallo. Le nostre maestre sono molto pazienti, educate e simpatiche. Abbiamo un parco gigantesco in cui dopo pranzo giochiamo un ora, è pieno d’alberi: pini, agrifogli, platani...e c’è pure uno scivolo, un campo da calcio e un campo da basket. Il terreno è ricoperto di ghiaia e spesso giochiamo a tutti contro tutti. Vicino al nostro parco c’è il parchetto dell’asilo. In un punto del nostro parco, attraverso la rete si vede un paesaggio magnifico. Al piano terra ci sono le classi prima, seconda e il chiostro dove ci portano alla mattina e ci ritirano al pomeriggio i nostri genitori: lungo il perimetro del chiostro ci sono i portici, sostenuti da colonne. All’ inizio di una colonna parte la pianta di glicine che ogni anno fiorisce ed è bellissima e profumata. Per andare al piano di sopra dobbiamo salire le scale. Di sopra ci sono le classi terza, quarta, quinta e le medie. Di fianco alla nostra classe c’è l’aula dove la preside insegna inglese. Classe Terza: LA MAESTRA DEI NOSTRI SOGNI di Fabio, Greta, Federico, Marta La maestra dei nostri sogni si chiama Martina: ha i capelli biondi, gli occhi azzurri, il naso a patata e un piccolo neo vicino al labbro ed è alta un 1,63. Insegna matematica e per noi è fantastica! È molto vivace e gioca sempre (quasi sempre) con noi. Il suo colore preferito è il rosso, si veste con vestiti di tanti colori e usa le lenti a contatto. Porta quasi sempre una collana con un ciondolo a forma di cuore. Ha delle guanciotte bellissime ed un nostro compagno, di nome Federico, viene voglia di toccarle. E’ talmente golosa che quando qualcuno gli offre un cioccolatino lei lo accetta subito. E’ molto gentile, ma quando si arrabbia sembra un diavoletto. Ci dice sempre che ci ama e noi scherziamo e diciamo ”Bleah” perché ci sembra che ci vuole sposare. 29
Noi ogni tanto canticchiamo “Martina è la maestra più brava che ci sia e ci fa trascorrere gli anni in allegria”. Classe Quarta: IL CAGNOLINO PEPITO di Matteo Il cane di mia zia si chiama Pepito ed è un bassotto di nove mesi. Ha il muso lungo, il naso nero molto umidiccio, le orecchie nere e grandi e gli occhi marroncini. Ha una bocca con denti affilati e una lingua lunga, ruvida e “sbavosa”. Le sue zampine sono molto paffute con piccole unghie affilate e resistenti; è lungo, ma basso e cicciotto con il pelo nero e marroncino. Pepito è un po’ dispettoso e, da piccolo, faceva spesso i suoi bisogni in giro per casa della zia. Ama molto masticare gli oggetti, soprattutto le scarpine e le bambole di mia sorella Marta. Ha un carattere molto allegro ed affettuoso infatti mi lecca sempre tanto per dimostrarmi che mi vuole bene e quando mi vede mi corre incontro saltellante e festoso. Appena mi è possibile, lo porto fuori col guinzaglio e quando incontra un altro cane scodinzola e comincia a giocare proprio come un bambino! Purtroppo non ho molte occasioni per stare con Pepito perché la mia zia non vive vicino a me; per questo motivo vorrei tanto che anche noi, prima o poi, prendessimo un bel cagnolino…magari al canile, per poter aiutare così un amico abbandonato. Al momento continuo a divertirmi con Pepito, che mi vuole tanto bene e che mi piace definire “dispettoso/affettuoso”!!! Classe Quarta: UNA MAESTRA SPECIALE di Arianna La mia maestra è speciale. Ha grandi occhi espressivi, due guanciotte sempre rosse, un sorriso splendente sempre illuminato dai suoi lunghi capelli lucenti e neri come la pece. Non è molto alta…anzi….quasi quasi la raggiungo! Quel che mi colpisce di più sono i suoi modi gentili ed educati che ha nei confronti dei suoi alunni e di tutte le altre persone. E’ sempre disponibile e se qualcuno ha bisogno del suo aiuto si fa in quattro. In classe, quando qualche mio compagno non capisce determinati argomenti, la mia maestra ti rispiega le cose mille volte fino a quando non ci entrano in testa! Quando ha avuto la piccola Anna ero un po’ preoccupata e pensavo che il suo comportamento nei nostri confronti potesse cambiare. Mi sono ricreduta: è ancora più dolce; a volte è un po’ isterichina, ma la capisco…non deve essere facile diventare mamma per la prima volta!!! L’unica cosa che mi importava era che lei tornasse il prima possibile. Andare a scuola non mi piaceva più come prima; mi sentivo così scoraggiata e demotivata. Ora però non importa, la mia maestra è tornata e starà sempre con noi. Chissà quante cose ancora imparerò da lei! 30
Classe Prima media: IL BROLETTO di Desideria L'angolo di Como che mi ha colpito di più è stato il Duomo, il Broletto e la Torre del Broletto. Il Broletto è un edificio gotico-romano con fasce di marmo lombardo di colore rosso, grigio e bianco. Fu per molti secoli sede del governo comunale. Pare che qui fosse la "Pietra della Vergogna" sulle quali si facevano battere le natiche, in presenza del pubblico, ai bancarottieri e ai debitori insolventi. Annesso del palazzo del Broletto c'è la torre civica realizzata nello stesso periodo (XIII). Su di essa stava la campana Comunale, che serviva a chiamare a raccolta i cittadini per le adunate che si tenevano nella piazza o sotto i portici del palazzo. A me è piaciuto particolatamente questo angolo della città perchè conserva ancora quel "sapore" e quella magia che nè l'informatica nè le scoperte più moderne e all'avanguardia potranno mai cancellare. Potersi sedere sotto il Broletto o davanti al maestoso Duomo ti fa pensare a quanto talento e intelligenza nell'esecuzione avesse l'uomo di un tempo. Tu lì, dove il tempo si è fermato, rimani a bocca aperta a contemplare tanta bellezza. Classe Seconda media: IL SUO NOME E’ CHIARA di Giulia E' da molto tempo che la conosco, ho imparato ad apprezzarla, e vedere in lei tutte le cose belle che nasconde. Il suo nome è Chiara. E' una normale tredicenne, con i suoi sogni e i suoi dolori, con quel sorriso che non si spegne mai. E' alta, ha i capelli castani, gli occhi marroni da cerbiatto che ti avvolgono nella tenerezza. Corre molto, salta, gioca, non riesce mai a stare ferma, si diverte ad inventare passi di danza stranissimi che poi proviamo insieme. Piano piano mi sono avvicinata a lei, l'ho conosciuta, ho scoperto i mille tesori che non vuole mostrare a tutti, ma che tiene al sicuro dentro di se. E' una ragazza molto vivace, sempre pronta a tirarti su di morale, sempre pronta a far nascere i sorriso sul tuo viso. Ha sempre la battuta pronta, non si stufa mai di far ridere, si diverte a fare scherzi ai compagni e intanto noi ridiamo, non solo per gli scherzi, ma per come riesce a rendere unico ogni momento. Le piace pattinare, continua ad informarci su ogni nuovo salto che impara a fare anche se noi ci capiamo veramente poco. Parliamo tanto, di persona e per telefono, siamo sempre attente ad ascoltare i problemi l'una dell'altra. Si disegna sempre un cuoricino sulla mano, ed io quando stringo affettuosamente quella sua mano, so di stringere anche il suo cuore.
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Classe Terza media: LO SCIVOLO DEI NOSTRI SOGNI di Rachele Circondato dalla ghiaia e qualche filo d’erba soffocato negli angoli, quello scivolo nel parco mi è sempre sembrato una reggia, un luogo sicuro dove condividere i segreti con le amiche; in tutte le giornate di sole cerco di trovare l’ombra sotto il tettuccio di legno (che ha anche un buco di cui non ho mai compreso l’utilità). Tutto quel legno saprà più cose su di me e sulle mie compagne e tra un po’ gli rimarrà tutto inciso dentro e ci resterà fin che non marcirà. La vernice rosso vivo, che mi ha sempre fatto pensare al fuoco, si sta ormai rovinando pian piano; mi son sempre domandata da quanto sia lì quel castello, quanti bambini prima di me ci abbiano giocato sopra, quante bambine l’avranno usato per chiacchierare, come faccio io. Si ma non ha solo lo scivolo ci sono anche le corde sporcate e consumate dal tempo, dal sole dalle piogge e dalle scarpe dei bambini, quanti ricordi che mi fanno venire in mente… tutti i giochi che ci inventavamo: lì su una sbarra di ferro mi hanno insegnato a rotearci intorno, mi ricordo la paura che avevo di farmi male e tutte quelle volte che ho rischiato di cadere e farmi male e gli insegnanti che non volevano che le facessimo e ci sgridavano. E quando giocavamo alle elementari a nascondino che lo usavamo come “topola”, mi piaceva mettermi dietro e aspettare che chi contava si allontanasse per liberarmi. È anche sempre stato un ottimo nascondiglio per spiare le persone, con l’aiuto del binocolo che ora ha il vetro tutto offuscato e non si riesce più a vedere chiaramente. Se una persona lo vedesse penserebbe che è solo uno dei tanti castelli con lo scivolo che mettono per far divertire i bambini, ma per me non è così: è quasi come una seconda casa, un luogo protetto dove mi posso rifugiare. È l’angolo della scuola che preferisco, per tutti i ricordi che racchiude. Classe Terza media: LO SCIVOLO DEI SOGNI di Chiara Può sembrare un posto strano, piccolo, ma è come uno scrigno e dentro ogni scrigno c’è un tesoro. E’ un luogo, il nostro scivolo, dove ci si scambia segreti ben custoditi, un luogo per stare da soli sporgersi con fermezza allargare la braccia, chiudere gli occhi, alzare il mento verso il sole e un vento ti smuove i lunghi capelli. Ogni intervallo mi ritrovo su lì per vivere un’altra storia, magari in compagnia, con le mie amiche a chiacchierare a immaginare e soprattutto ridere, perché le risate sono le una di quelle cose che ti aiuta in ogni difficoltà. Da lontano può sembrare la torre del castello di Hogwarts, con quel piccolo cono sulla cima della struttura, con un po’ di immaginazione, ma poi cambia e può essere la nave più grande e conosciuta al mondo come Titanic con gli oblo come una vera nave da crociera, il castello di Re Artù con la scaletta che può sembrare un ponte levatoio o essere una eccellente spia come James Bond siccome sotto la torretta c’è un posto dove nascondersi e osservare la gente con il cannocchiale … ma poi quando ti allontani per tornare allo studio ti accorgi che è solo uno scivolo 32
rosso con una torretta coperta, sotto un cannocchiale per guardare il mondo, una scaletta di legno per raggiungere la torretta e affianco dei giochini come la corda, per i bambini dalle elementari. Questo è il mio luogo segreto che mi fa vivere magiche avventure in compagnia e con la mia fantasia.
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PER DIRE GRAZIE … Al termine di questo percorso fatto di tante parole ed intense emozioni, meritano un ringraziamento speciale i nostri piccoli scrittori che ci hanno mostrato come l’amore per la scrittura possa unire le diverse età e allo stesso modo sappia appassionare i lettori di qualsiasi età. Un ringraziamento particolare va alla giuria popolare costituita dai ragazzi di V, e alla loro maestra Luciana, che con serietà e senso di responsabilità hanno espresso il loro prezioso voto. Ai docenti e alle suore che con generosità si sono resi disponibili a leggere i testi per premiare il talento dimostrato dai nostri piccoli scrittori. Ai piccoli artisti della scuola dell’infanzia, che con la loro creatività hanno realizzato la copertina del libro. A tutti coloro che hanno creduto e che, con impegno e amore, hanno reso possibile la realizzazione di questo percorso coinvolgente e appassionante nel mondo della scrittura.
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