PERCORSI DI ETICA COLLOQUI
Direttore Luigi A Università degli Studi di Macerata
Comitato scientifico Francesco B Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Carla C Università degli Studi di Macerata
Antonio D R Università degli Studi di Padova
Carla D Università degli Studi di Macerata
Adriano F Università degli Studi di Pisa
Emmanuel F Institut Catholique de Paris
Francesco M Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”
Donatella P Università degli Studi di Macerata
Enrico P Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti–Pescara
Warren R Georgetown University of Washington
John R University of Toronto
Maria Teresa R Università degli Studi Roma Tre
Marie–Anne V Université de Lorraine, Institut Universitaire de France
Segretaria di redazione Silvia P Università degli Studi di Macerata
PERCORSI DI ETICA COLLOQUI
La collana presenta percorsi di riflessione che attraversano le frontiere — antiche e nuove — dell’etica, analizzando questioni emergenti all’incrocio tra filosofia e vita, e cercando di coniugare, in prospettiva interdisciplinare, il lessico della responsabilità, le forme della reciprocità e le ragioni del bene. La collana si articola in due sezioni: la prima (“Saggi”) ospita studi monografici come risultato di ricerche personali; la seconda (“Colloqui”) raccoglie dialoghi a più voci, costruiti a partire da un progetto organico, verificato e condiviso nell’ambito di seminari e gruppi di discussione. La ricerca di una coerenza di fondo fra i nuclei tematici presi in esame e il metodo dialogico della loro elaborazione fa della collana un prezioso strumento critico, in grado di alimentare il dibattito etico contemporaneo alla luce di istanze fondamentali di cura e promozione dell’umano. La collana è peer reviewed.
Per iniziativa della Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate e in collaborazione con il Servizio Nazionale della CEI per il progetto culturale.
Differenze e relazioni Volume . Le religioni nello spazio pubblico a cura di Carla Canullo Contributi di Sofia Alunni Gian Luigi Brena Carla Canullo Elisabetta Colagrossi Gerardo Cunico Marco Damonte Cecilia Maria Di Bona Fabiola Falappa Giovanni Ferretti Ezio Gamba Graziano Lingua Umberto Lodovici Roberto Mancini
Giulia Maniezzi Stefano Marchionni Silvia Maron Alessandro Paris Silvia Pierosara Martina Properzi Daniele Referza Claudio Tarditi Andrés Torres Queiruga Tommaso Valentini Giovanna Varani Sofia Vescovelli
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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: settembre
Indice
Premessa Carla Canullo
Introduzione Giovanni Ferretti
Parte I Relazioni introduttive
Pluralità, interdipendenza e convivenza delle religioni Gerardo Cunico
Quale neutralità per la sfera pubblica? Sul ruolo politico del linguaggio e dei simboli religiosi Graziano Lingua
Stato laico e presenza pubblica della religione Andrés Torres Queiruga
Parte II Spazio pubblico e religione Questioni
Il cristianesimo nello spazio pubblico Gian Luigi Brena
Alcune riflessioni provvisorie su religioni e spazio pubblico Umberto Lodovici
Apertura religiosa e intensificazione narrativa. Un legame possibile Silvia Pierosara
Religioni e filosofia. Il rischio dell’ideologia Claudio Tarditi
Differenze e relazioni
La questione dell’insegnamento scolastico di un’arte religiosamente ispirata nel contesto del pluralismo religioso Ezio Gamba
Religione e Stato sociale. Accettazione della diversità Silvia Maron
Dalle guerre di religione allo spirito d’intesa fra gli “uomini–in–cerca”. Vale ancora la pena di credere e specialmente in un Dio personale? Giovanna Varani
Parte III Spazio pubblico e religione Figure
Religioni e spazio pubblico globale. L’eredità di Hegel Fabiola Falappa
Il linguaggio religioso è traducibile in uno analitico? Martina Properzi
La religione e l’impossibile possibilità: l’amore tra gli uomini. L’amor mundi arendtiano in dialogo con Agostino e il Cristianesimo Stefano Marchionni
Attingere alla fonte, con la coscienza della parzialità, nel pensiero di Ricœur Cecilia Maria Di Bona
L’equivoco della religione. Note sul pensiero di Marco Maria Olivetti (–) Alessandro Paris
Pluralismo ragionevole dei valori e spazio pubblico in Charles Taylor Sofia Alunni
I totalitarismi come “religioni secolari”: le proposte storiografiche di Augusto Del Noce Tommaso Valentini
Indice
Parte IV Spazio pubblico e religione Dialogo interculturale e dialogo interreligioso
La tradizione tomista novecentesca e il dialogo interreligioso Marco Damonte
Verità delle differenze e verità nelle differenze: Jean Guitton e il dialogo interreligioso Giulia Maniezzi
Uno spazio per il dialogo interreligioso: il pluralismo di Hick, limiti e possibilità Sofia Vescovelli
La differenza assoluta. Jan Assmann e la “distinzione mosaica” Elisabetta Colagrossi
Lo “spazio” del dialogo interreligioso in Raimon Panikkar Daniele Referza
Conclusioni
Le fedi nello spazio pubblico: riflessioni per un bilancio Roberto Mancini
Differenze e relazioni ISBN 978-88-548-8597-4 DOI 10.4399/97888548859741 pag. 11–13 (settembre 2015)
Premessa C C
Nel si è concluso il ciclo di tre convegni organizzati dal Centro Studi Filosofici di Gallarate con il patrocinio del Servizio Nazionale della CEI per il Progetto Culturale e con la collaborazione del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Macerata. Il tema sviluppato nel corso del triennio, Differenze e relazioni, è stato svolto il primo anno a partire dalla coppia terminologica “il prossimo e l’estraneo”, il secondo anno a partire dal tema della “cura dei legami” e il terzo anno, di cui il presente volume costituisce gli atti, ha affrontato la questione delle “religioni nello spazio pubblico”. Se l’attualità di questo ultimo tema emerge con chiarezza da tutti i contributi, la sua ampiezza lo rende difficilmente cernibile e riassumibile. Non sfuggirà al lettore, infatti, i molteplici modi in cui l’argomento è stato declinato, e se i nomi di John Rawls, Jürgen Habermas, Charles Taylor, Josè Casanova e Jean–Marc Ferry ricorrono in più saggi, non mancano contributi che affrontano le Questioni in modo diverso rispetto a quanto fatto da questi autori e che propongono altre Figure che, in maniera forse inattesa, aprono prospettive non consuete sul rapporto tra spazio pubblico e religioni. Di tali prospettive si occupano le due sezioni (rispettivamente la seconda e terza del volume) che affrontano il tema del convegno dal punto di vista della filosofia cosiddetta “occidentale”. La quarta sezione, invece, raccoglie studi orientati al dialogo interculturale e interreligioso, tema quanto mai attuale in un’Europa in cui, con urgenza, si sta ponendo il problema della coabitazione tra religioni e fedi; problema per il quale il titolo di un’opera di Jean–Claude Monod, La querelle de la sécularisation , sarebbe quanto mai adeguato — sebbene l’autore affronti la questione soltanto dal punto di vista strettamente filosofico e non interrogando la prospettiva della co–abitazione nello spazio pubblico che, invece, il convegno ha affrontato. Prospettiva che è stata ben chiarita nelle sue principali implicazioni e declinazioni dalle tre relazioni introduttive, le quali hanno affrontato la questione della pluralità, interdipendenza e convivenza delle religioni (Gerardo Cunico), ripensando il ruolo politico del linguaggio e dei simboli religiosi (Graziano Lingua) e indagando le implicazioni dello Stato laico e la presenza . J.–C. M, La querelle de la sécularisation. Théologie politique et philosophies de l’histoire de Hegel à Blumenberg, Vrin, Paris .
Premessa
pubblica della religione (Andrés Torres Queiruga). Questioni che Giovanni Ferretti ha efficacemente esplicitato nell’Introduzione del volume e che Roberto Mancini ha ripreso nella sua sintesi conclusiva. Se questo volume vive della tensione tra sfera pubblica e religione, va rimarcato che esso vive anche della tensione tra “religione” e “pluralismo religioso”; tutti temi, questi, nei riguardi dei quali la filosofia può ancora dire molto. Lo osservava Adriano Fabris in un suo volume del , dove sottolineava il fatto che in una temperie culturale in cui la pluralità di fatto delle religioni apre a un astratto “supermercato delle religioni”, in cui assistiamo all’emergere di vari fondamentalismi e a una sempre più diffusa indifferenza religiosa, i compiti di filosofia e religione s’incrociano nella questione della ricerca di senso che, in modo diverso, le anima entrambe. In tale ricerca l’utilità “pubblica” della filosofia e, nella prospettiva di Fabris, della “filosofia delle religioni”, si palesa nella promozione di relazioni tra diversi mondi religiosi senza limitarsi alla loro pura descrizione ma promuovendo l’attuazione stessa di tali relazioni. Promozione di relazioni che si danno al plurale, così come la religione si manifesta sempre in tale forma plurale; ancora, promozione di relazioni la cui varietà le sottrae all’astratta totalizzazione della filosofia; infine, promozione di relazioni che, dicendosi “in molti modi” irriducibili e vitali, aprono prospettive sempre nuove . Negli ultimi anni, non di pluralità delle religioni ma di pluralismo delle fedi ha parlato Roberto Mancini, il quale si è soffermato sulla distinzione tra religione e fede non per proporre un’altra e nuova differenza (accanto a quella rilevata tra spazio pubblico e religione/religioni), ma per indicare, contro la cristallizzazione “delle religioni” in sistema di credenze, in « usi e costumi costruiti da questa o quella porzione dell’umanità », una fede che sia « adesione, risposta, consenso a un invito [. . . ] che ci raggiunge dal Dio sconosciuto » . Pluralismo delle fedi, dunque, che non è pluralismo delle rappresentazioni di Dio ma pluralità delle risposte all’Amore divino. Risposte che, insieme, convergono verso, e sono per, una nuova umanità . Le due prospettive (Fabris–Mancini) sono diverse, forse difficilmente conciliabili, ma ben rispondono alla scelta di questo progetto culturale e, segnatamente, del presente convegno, di parlare al plurale, dalla prima dualità (prossimo/estraneo), all’inevitabile pluralità dei legami e, infine, delle religioni. Forse, un contributo che coagula le questioni affrontate nel presente volume e, insieme, i due sensi in cui il pluralismo e la pluralità sono stati . Cfr. A. F, Filosofia delle religioni. Come orientarsi nell’epoca dell’indifferenza e dei fondamentalismi, Carocci, Roma . . R. M, Per un cristianesimo fedele. La gestazione del mondo nuovo, Cittadella Editrice, Assisi , p. . . Ivi, p. .
Premessa
appena declinati, indagando anche la tensione che si annida sullo sfondo del convegno (spazio pubblico/religioni), è offerto da Giovanni Ferretti in un testo del , Il grande compito. Tradurre la fede nello spazio pubblico secolare . Qui il pluralismo che sfida non è soltanto quello delle fedi o la pluralità delle religioni. A sfidare le religioni e le fedi è anche il pluralismo secolare che caratterizza il nuovo “spazio pubblico”, o la nuova agorà, nella quale la fede cristiana, ovvero le fedi e le religioni (diremo contestualizzando il discorso di Ferretti nello spazio dei testi qui presentati), ha da tradursi per non restare un « linguaggio misterico a solo uso interno » e per agganciarsi « a interrogativi e desideri umani profondamente sentiti » . Traduzione che è ospitalità data ma anche offerta, che vale per le lingue, per le culture ma anche « sia pur analogicamente, per la traduzione della fede nel linguaggio moderno secolare », nella consapevolezza che « tradurre la fede nel linguaggio della cultura moderna significa non solo rivestirla di nuove parole ma inserirla, con giusto discernimento, nei nuovi valori che questa cultura ha fatto emergere » . Questo richiamo alla fede e alle fedi solo in apparenza si allontana dal tema del convegno. Di fatto, ne esprime un aspetto che, pur se non direttamente, è presente in modo carsico ed esprime quello che tutti i contributi, ciascuno a suo modo, hanno cercato di chiarire ed evidenziare, vale a dire la fecondità della tensione che il plurale genera contro ogni idolatrica cristallizzazione. Allora, senza disperdersi, e addirittura contro ogni facile dispersione, il plurale fa ritornare le diverse tensioni (spazio pubblico/religione, religione/religioni, religioni/fedi) a quella capacità critica che ogni reductio ad unum troppo facilmente e sovente dimentica. Critica a ogni reductio ad unum che può rappresentare l’eredità che questo volume e, più in generale, questo progetto, dopo tre anni, danno da pensare: non una collezioni di questioni e figure, ma modi diversi di dire la verità delle differenze e delle relazioni; una verità che — in modo dialogico e plurale — non smette di darsi. Carla Canullo Università degli Studi di Macerata
. G. F, Il grande compito. Tradurre la fede nello spazio pubblico secolare, Cittadella Editrice, Assisi . . Ivi, p. . . Ivi, p. . . Ibid. . Ivi, p. . . Ivi, p. .
Differenze e relazioni ISBN 978-88-548-8597-4 DOI 10.4399/97888548859742 pag. 15–20 (settembre 2015)
Introduzione G F
Dopo aver declinato, nei due convegni degli anni scorsi, il tema “Differenze e relazioni” per quanto riguarda la coppia “il prossimo e l’estraneo” e l’impegno nella “cura dei legami”, nel presente convegno ci siamo proposti di affrontare tale tema in relazione all’odierno dibattito sulla presenza pubblica delle religioni, che la diffusione globale del pluralismo religioso sta per un verso trasformando e per altro verso rendendo sempre più acuto. Qui la “differenza” è anzitutto quella che si è prodotta nell’occidente cristiano con il processo di secolarizzazione. Come oggi comunemente si conviene, la secolarizzazione ha il suo nucleo strutturale forte nella “differenziazione”, e conseguente autonomizzazione dalla religione, delle diverse sfere sociali: scienza, economia, stato, politica, arte, filosofia; ed anche, ultimamente, la morale e la famiglia. Una differenziazione che ha comportato la “fine della cristianità”, ovvero di quel lungo periodo storico in cui la religione cristiana permeava di sé in modo egemone tutta la società occidentale. Una fine che ha avuto per conseguenza la “marginalizzazione” della religione cristiana ed un certo suo “declino” in termini di numero di adesioni, ma anche il suo stesso ”differenziarsi” per concentrazione nella sua propria specifica “differenza” religiosa. La differenziazione secolarizzante non ha però eliminato ogni forma di “relazione” della religione con le altre sfere sociali, come del resto di queste tra di loro. Poiché la persona umana non è fatta a compartimenti stagni, anche tra le varie sfere sociali in cui è immersa vi saranno quindi delle relazioni; le convinzioni profonde che animano la persona, come sono quelle religiose, non possono infatti non qualificare il suo modo di vivere nelle varie sfere sociali in cui si trova, comprese le sfere pubbliche dello stato e della politica. Con la secolarizzazione, la relazione tra la religione e le altre sfere sociali si è fatta però problematica, dando origine a quella inevitabile tensione che nasce ogniqualvolta, in periodo di “crisi” nel senso di rottura di un equilibrio e di ricerca di nuovi rapporti, si debbono rinegoziare le relazioni che si avevano in precedenza. Si pensi, ad esempio, alla parabola che ha portato dal ridimensionamento dell’influsso egemonico della religione sulla vita sociale, alla sua relegazione forzata nel privato, come nella laïcité alla francese, fino alla guerra politica
Introduzione
contro la religione in quanto giudicata anti–moderna e reazionaria, come nei regimi totalitari anti–religiosi o addirittura ideologicamente atei. Mentre in campo culturale si diffondeva la previsione della sua inevitabile scomparsa col progredire della visione scientifico–razionale del mondo e la raggiunta autonomia delle diverse sfere sociali. A questo processo storico di “esclusione” — come possiamo qualificarlo globalmente — la religione cristiana ha reagito in vari modi. Anzitutto con una “contrapposizione” frontale a tale processo, al fine di mantenere la precedente egemonia. Siamo alla fase “antimoderna” del cristianesimo, specie cattolico, culminata nella condanna, tra fine ottocento ed inizio novecento, delle rivendicazioni illuministico–liberali moderne, come la laicità dello stato, la democrazia, la libertà di coscienza. In seguito, la reazione ha preso la forma della “mobilitazione” democratica, con la nascita dei partiti politici cristiani e dell’Azione Cattolica, impegnati nella difesa di quei diritti che la chiesa riteneva di avere e di quei valori che giudicava importanti per la società. Ma nel frattempo si portava avanti un altro tipo di reazione alla secolarizzazione moderna, che aveva per effetto di modificare il modo stesso di essere e di autocomprendersi della religione cristiana nei confronti del mondo. Si pensi, ad esempio, a come la Chiesa cattolica, con il Concilio Vaticano II, sia giunta ad accettare ufficialmente la forma dello stato democratico “laico” (con la rinuncia quindi alla pretesa di essere l’unica “religione di stato”), abbia dichiarato la libertà religiosa un diritto fondamentale degli individui e abbia riconosciuto come legittima l’“autonomia” dalla religione delle diverse sfere sociali, in particolare quella della scienza e della politica. Modificazioni che certamente hanno fatto cadere molti motivi del giudizio di incompatibilità della religione cristiana con la modernità secolare. Ma si pensi anche, per avere la misura della modificazione della religione cristiana nella modernità, al profondo ripensamento teologico che si è avuto nel ’, guidato dall’intento di sganciare la fede cristiana dalla cultura pre–moderna in cui si era come “incarnata”, per reinterpretarla nel contesto della cultura moderna, caratterizzata dalla coscienza critica, dal senso della storia, dalla nuova visione scientifica, dall’emergere di una coscienza etica particolarmente sensibile al riconoscimento dei diritti umani ecc. Più in particolare, si pensi — in riferimento diretto al tema di questo convegno — alla individuazione da parte della religione del nuovo tipo di “spazio pubblico” in cui, anche in regime di “laicità” dello stato e della politica, è legittimo rivendicare il diritto di vivere e testimoniare la propria fede individualmente e comunitariamente. Non si tratta più dello spazio pubblico dello stato o della politica — ove la presenza della religione finiva per servirsi del potere politico per far valere le proprie convinzioni e i propri valori — bensì dello “spazio pubblico democratico della società civile”, ove
Introduzione
ciascuno può essere liberamente presente, individualmente o in gruppo, per far valere le proprie idee e convinzioni in ordine al bene comune, con il solo obbligo di rispettare le regole di tale spazio, come quella di intervenire in esso in regime di parità con gli altri agenti sociali, senza altra autorità che i propri argomenti e la propria capacità di convinzione, in spirito di dialogo con tutti ecc. Da parte sua anche lo stato democratico “laico” ha dovuto in qualche modo modificare il proprio atteggiamento nei confronti della religione, prendendo atto, ad esempio: . che il declino inevitabile della religione non si è verificato con il progredire della modernità e non è prevedibile che si verifichi. La teoria classica della secolarizzazione, che collegava strettamente la moderna differenziazione e razionalizzazione sociale con la marginalizzazione della religione nel privato e la sua progressiva scomparsa, è ormai entrata profondamente in crisi, tanto che in riferimento al superamento di tale teoria oggi sempre più si parla, sulla scia di Habermas, di epoca “post–secolare” ; . che le religioni, nello stato democratico, hanno trovato un nuovo spazio per la loro presenza pubblica, non più quello dello stato o della politica, ma quello della società civile, per cui si assiste a nuove forme di “deprivatizzazione della religione” e di “ritorno del religioso” non previste dalla teoria classica della secolarizzazione. Senza contare l’emergere inaspettato di forme arcaiche di fondamentalismo religioso, particolarmente evidenti e preoccupanti nell’islamismo intollerante e violento, ma presenti anche in campo cristiano ed ebraico; . che in regime democratico la presenza della religione nello spazio pubblico della società civile va accettata e legittimata, anche se a certe condizioni, affinché non si stravolga la natura di tale spazio, ove si forma quella “opinione pubblica” che indirizzerà la vita politica e la legislazione statale. Tra queste condizioni, ad esempio, l’accettazione del pluralismo delle presenze religiose e delle presenze “laiche”, la libertà per tutti di prendervi la parola, lo stile non autoritario ma . Questa distinzione tra spazio pubblico dello stato, della politica e della società civile, per quanto riguarda la presenza della religione nello spazio pubblico, è stata ben messa in luce da J. C, Public Religions in the Modern World, The University of Chicago Press, Chicago ; trad. it. di M. Pisati, Oltre la secolarizzazione. La religione alla riconquista della sfera pubblica, il Mulino, Bologna . . Il concetto di età post–secolare, come è noto, è stato introdotto da J. Habermas nel celebre discorso Fede e sapere, tenuto il ottobre , in occasione del conferimento del Friedenspreis des Deutschen Buchhandels, ed è stato ampiamente ripreso e discusso in seguito. Cfr. J. H, “Fede e sapere”, in Il futuro della natura umana. I rischi di una genetica liberale, trad. it. di L. Ceppa, Einaudi, Torino , pp. –.
Introduzione
dialogico e rispettoso delle posizioni altrui, l’impegno a motivare le proprie posizioni con argomenti accessibili a tutti ecc. Questo ultimo punto, delle condizioni per la legittimità della presenza pubblica delle religioni, comporta una vasta problematica in quanto solleva l’interrogativo di come debbano essere intese tali condizioni perché i credenti delle varie religioni, sia come singoli che come gruppi o chiese, le possano accettare senza sentirsi discriminati nello stato democratico. Ad esempio: si possono fissare a priori i confini tra privato e pubblico, questioni private e questioni pubbliche, definendo così una volta per tutte le questioni che si possono o non si possono dibattere nello spazio pubblico dalle religioni? Si può entrare nel dibattito pubblico anche con le proprie convinzioni “di fede” o soltanto con convinzioni “di ragione”? Rispettivamente, con “argomentazioni di fede” o soltanto con “argomentazioni di ragione”, ovvero “traducendo” in termini di ragione “secolare” accessibile a tutti le proprie convinzioni di fede ? È possibile far valere nel dibattito pubblico verità o valori ritenuti “assoluti” o soltanto verità o valori ritenuti “relativi” e “opinabili”? Possono convivere nello spazio pubblico fedi religiose “assolute” oppure esse, in quanto tali, sono in radicale contrasto con la vita democratica, che sarebbe per natura sua “relativistica”? Si devono ritenere razionalmente “oggettive” solo e sempre le verità scientifiche, mentre gli altri tipi di verità, in particolare quelle religiose, sono sempre e solo da considerarsi soggettive ed opinabili? Si dà una totale autonomia della morale dalla religione, per cui, nell’ambito pubblico si dovrebbero affrontare le questioni etiche con argomentazioni valide “etsi deus non daretur”, senza alcun riferimento di natura religiosa? La problematica è indubbiamente molto ricca e complessa, anche perché spesso si intrecciano questioni di diritto con questioni di fatto. Ad esempio: quali sono, di fatto, le forme di presenza nello spazio pubblico che le religioni rivendicano e che suscitano critiche in nome della laicità dello stato democratico? Interventi magisteriali delle chiese in occasione di legislazioni civili riguardanti temi eticamente sensibili come l’aborto, il divorzio, l’eutanasia, la fecondazione artificiale, le convivenze di fatto, il matrimonio tra omosessuali ecc.? Oppure interventi del magistero ecclesiale nel campo della giustizia sociale, dell’accoglienza degli emigranti, di forme di discriminazione razziale, di critica all’economia capitalistico–finanziaria che crea esclusioni e acuisce la disuguaglianza sociale? La presenza di simboli, distintivi o abiti religiosi in luoghi pubblici, come il crocifisso nelle scuole e nei tribunali o il velo delle donne islamiche? Il finanziamento pubblico delle . Sul tema della “clausola di traduzione”, cfr. le proposte avanzate da John Rawls e da Jürgen Habermas, che hanno suscitato molteplici discussioni.
Introduzione
scuole confessionali? La richiesta di riconoscimento civile di festività o di usanze religiose, come il riposo della domenica per i cattolici e del sabato per gli ebrei, o come le forme di relazioni famigliari o di macellazione degli animali praticate dai musulmani ecc.? Esempi che suscitano dibattiti in cui le condizioni teoreticamente enunciate si debbono confrontare con i singoli casi che hanno alle spalle lunghe consuetudini o presentano situazioni inedite, che richiedono nuove negoziazioni, riconoscimenti, formazione di ampi consensi. In proposito bisognerebbe tener presente che anche per quanto riguarda la differenza delle religioni tra di loro e nei confronti delle sfere sociali secolarizzate, non può esserci autentica relazione senza un qualche cambiamento nei termini che entrano in relazione. Così, ad esempio, ci si può domandare: come deve ripensarsi lo stato democratico post–secolare nei confronti del pluralismo religioso odierno e del nuovo protagonismo pubblico delle religioni? In particolare: come può ripensare il suo giudizio sulla valenza pubblica delle convinzioni religiose individuali o collettive? Può rimanere del tutto neutrale o agnostico? In che misura può mostrarsi favorevole o contrario? Ospitale o discriminante? E per quanto riguarda i credenti e le comunità religiose: come debbono ripensare la natura della propria adesione di fede e della propria proposta di fede nello spazio pubblico democratico pluralistico? La secolarizzazione, come è stato giustamente osservato, ha profondamente modificato lo statuto sociale stesso del credere, trasformandolo da un atteggiamento che si tramandava quasi per naturale osmosi sociale, data l’ovvietà della credenza di fede nella società di appartenenza, ad una scelta libera e problematica, conseguente alla individualizzazione del soggetto moderno, che può credere solo per scelta personale, secondo le convinzioni che ha maturato e va maturando in un contesto di molteplici forme di credenza e non credenza . Il che sollecita a un ripensamento della natura stessa degli elementi strutturali della fede: il dono di Dio, l’intelligenza, la libertà, perché effettivamente corrispondano alla esperienza dell’adesione di fede che l’uomo secolare individualizzato effettivamente vive. L’individualizzazione del soggetto moderno ha peraltro finito di spostare ultimamente la problematica della relazione tra religione/i e mondo secolare dal problema del rapporto tra chiese e stato a quello del rapporto tra chiese e rivendicazioni “laiche” di diritti individuali da riconoscere e/o garantire pubblicamente, come ad esempio, diritto all’eutanasia, all’aborto, a convivenze famigliari omosessuali, alla fecondazione artificiale, ad inter. Su questo aspetto della secolarizzazione ampie considerazioni in Ch. T, A Secular Age, Harvard University Press, Cambridge, MA, ; trad. it. di P. Costa, L’età secolare, Feltrinelli, Milano , che addirittura lo considera la caratteristica eminente del fenomeno della secolarizzazione.
Introduzione
venti nel dna dei figli ecc.; ma anche al diritto di piena libertà individuale in campo economico–finanziario su scala mondiale. Possono le chiese avallare col silenzio tutte le libertà che in tali campi si rivendicano come diritti? Mentre si riconosce in generale, da parte laica, che sia legittimo e auspicabile che le religioni svolgano un’azione pubblica di resistenza e contestazione nei confronti della assoluta autonomia di alcune sfere sociali, come lo stato, la politica, il mercato economico–finanziario globalizzato, potenziando la “dialettica dell’illuminismo”, ovvero la rilevazione critica degli esiti contradditori di alcune istanze libertarie della modernità, lo stesso spesso non è ritenuto legittimo per quanto riguarda la critica pubblica che le chiese fanno alla morale libertaria moderna per gli esiti contradditori cui sfocia quanto al rispetto della dignità della persona umana. Come si vede i problemi connessi alla questione della presenza pubblica delle religioni sono tanti, a vari livelli, vecchi e del tutto nuovi, accentuati dall’esplodere del pluralismo religioso, del riemergere di istanze fondamentalistiche, dalle rivendicazione dei cosiddetti “nuovi diritti” libertari individuali . Mi auguro che con il contributo di tutti si riesca a dipanare o chiarire almeno alcuni aspetti di questa ampia problematica, con la coscienza che il cammino nella ricerca di “relazioni” più autentiche tra le “diversità” che si incontrano, anche per quanto riguarda l’ambito della “presenza pubblica delle religioni”, sarà molto lungo e accidentato e che ci vorrà molto spirito di dialogo, ascolto ed accoglienza perché porti i desiderati frutti di reciproco arricchimento in umanità. Giovanni Ferretti Università degli Studi di Macerata
. Su alcuni punti di tale ampia problematica ci siamo recentemente espressi nel nostro Questioni filosofiche e teologiche nell’odierno dibattito sulla presenza pubblica della religione in età secolare, presentato come Introduzione al LXIX Convegno del “Centro di studi filosofici di Gallarate”, Roma – settembre , dedicato al tema “Secolarizzazione e presenza pubblica della religione”, e i cui atti sono in corso di stampa.