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TU RA G E it ION Z ffe. U a c B l I tea TR ocra DIS s . w ww
Novembre/Dicembre 2014
Mensile di cultura e conversazione civile diretto da Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra
L’EDITORIALE
Etica e libertà di Salvatore Veca ome tutti i termini importanti dei nostri vocabolari di moralità e politica, anche l’idea di libertà si può considerare al centro di un’essenziale varietà di discorsi che, nello spazio e nel tempo, hanno scopi, natura e interessi differenti e, a volte, confliggenti. Provate a pensarci: è come se ci avvalessimo, sia nei discorsi teorici sia nel linguaggio di tutti i giorni, di più di una grammatica della libertà. Potremmo dire, allora, che l’insieme delle grammatiche che governano i differenti discorsi sulla libertà costituisce un campo di tensioni e di possibilità, la cui fisionomia e la cui geografia mutano nello spazio e nel tempo. E aggiungere due commenti: in primo luogo, questo campo ospita il repertorio dei nostri modi di descrivere, valutare, interpretare e narrare il fatto, il valore e il senso della libertà. In secondo luogo, il repertorio ha le sue radici nella storia, in una varietà di storie e narrazioni, alle nostre spalle. Storie e narrazioni
INTERVISTA IMPOSSIBILE DI Sisto Capra DA PAGINA 4 A PAGINA 10
Outsider Art espressione artistica di libertà o disagio In mostra a Pavia dal 24 novembre 2014 alle ore 14,30 Residenza Universitaria Biomedica - Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena Via Luigi Giulotto 12, Pavia
Alle pagine 2-3
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la Feltrinelli a Pavia, in via XX Settembre 21. Orari: Lunedì - sabato 9:00-19:30 Domenica 10:00-13:00 / 15:30-19:30
L’AUTUNNO DI FONDART Restauri al Castello di Sartirana
FONDAZIONE SARTIRANA ARTE
GIORGIO FORNI a pagina 11
Outsider Art. Espressione artistica di libertà o disagio è il titolo della mostra che si aprirà a Pavia il 24 novembre 2014 e che sarà visitabile fino al 31 gennaio 2015. Art Brut, Raw Art, Outsider Art sono i nomi che identificano un mondo di simboli, colori e forme emersi dall’immaginario e dal profondo di veri artisti fuori dagli schemi, inconsapevolmente rivoluzionari e liberi. Alla Residenza Universitaria Biomedica della Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena di Pavia, che si distingue da più di quarant’anni per il proprio ruolo innovativo nel panorama di grande tradizione dei Collegi di merito pavesi ospitando dottorandi, specializzandi, allievi di master e delle lauree magistrali dell’Università di Pavia, in gran parte stranieri - si inaugura una nuova importante mostraconvegno. Questa volta protagonisti sono gli Artisti Outsider della Haus der Künstler del Museo Gugging struttura costituita da una serie di importanti istituzioni-satellite e diretta da Johann Feilacher, vera autorità internazionale del settore e dell’Atelier bild.Balance di Vienna - volto alla promozione di artisti che producono Art Brut -, esposti con altri lavori, alcuni inediti e sorprendenti, raccolti dagli anni ‘70 ad oggi. Walla, Vondal, Fischer, Wikidal, Katarina Savic sono soltanto alcuni degli autori le cui opere, riunite nel Fondo Fabio e Leo Cei, sono per la prima volta presentate al pubblico (Fabio Cei è, tra l’altro, presidente della Fondazione Bussolera Branca). Esperti e studiosi italiani e internazionali si interrogheranno sul rapporto (difficile) tra arte, psicopatologia e psicoanalisi, in rapporto alla espressione libera da qualsiasi schema precostituito e svincolata dalle dinamiche del sistema ufficiale e del mercato. Sarà l’occasione per compiere un viaggio nella dimensione espressiva ed estetica di eccezione che mostra, senza filtri, quei fattori psichici naturali che sono alla base della creazione artistica e ne rivelano l’essenza originaria. Si tratta di un tipo di espressione che ha avuto la sua prima classificazione e riconoscimento grazie all’impegno di Jean Dubuffet, famoso pittore e scultore francese della prima metà del Novecento, il quale ha trovato e codificato la definizione di questa forma d’arte affrancata dalla “asphyxiante culture”: Art Brut. E per Art Brut si intendono i “lavori creati dalla solitudine e da impulsi creativi puri e autentici, dove le preoccupazioni della concorrenza, l’acclamazione e la promozione sociale non interferiscono e che sono, proprio a causa di questo, più preziosi delle produzioni dei professionisti”. L’Art Brut, che nel 1972 lo storico inglese Roger Cardinal chiamò Outsider Art, nasce da uno spirito creatore, un impulso che non segue modelli, che ignora tecniche e materiali, che dà vita a uno stile personale e a un proprio vocabolario artistico, totalmente al di fuori dal mainstream culturale.
Outsider Art espressione artistica di libertà o disagio In mostra a Pavia dal 24 Novembre 2014 alle ore 14,30 Residenza Universitaria Biomedica Fondazione Collegio Universitario S. Caterina da Siena Via Luigi Giulotto 12, Pavia
A sinistra Katarina Savic, Ritratto - A destra Bibesco, Progetto per una piccola storia, 2008 Sotto Ewald Wikidal, Obb-ferrovie austriache, 2005
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Anticipazioni ottocentesche di questi interessi si erano concentrate proprio in Italia, con gli studi che portarono Cesare Lombroso a pubblicare a Milano, nel 1864, la sua opera Genio e follia, dove lo studioso si proponeva di classificare un “immaginario deviante”. In seguito, soprattutto le ricerche degli psichiatri documentarono l’attività creativa di loro pazienti con particolari attitudini verso la produzione artistica. Il dottor Walter Morgenthaler, ad esempio, studiò il genio di Adolf Wölfli, che a Waldau presso Berna creò, dal 1905 fino alla morte, migliaia di opere di altissima qualità. Negli stessi anni, lo psichiatra tedesco Hans Prinzhorn collezionò i lavori dei suoi pazienti e li pubblicò nel 1922 nel suo volume sull’Artisticità dei malati mentali. Jean Dubuffet, come altri grandi artisti francesi dell’avanguardia surrealista, venne fortemente influenzato proprio dalla visione di queste opere. Iniziò lui stesso a collezionarle come documenti di un’arte “selvaggia” e incolta, fino a donare la sua vasta raccolta alla città di Losanna: la Collection de l’Art Brut, inaugurata nel 1976, è un’istituzione oggi conosciuta in tutto il mondo, con un percorso espositivo di grande fascino. Già con queste poche coordinate si comprende meglio come l’esposizione in oggetto possa essere anche momento di riflessione profonda sui confini dell’arte, sull’essenza della creatività e sull’ambigua e complessa relazione tra l’essere umano e la sua opera. L’evento è dunque interdisciplinare, in quanto unisce pittura, oggetti, musica e poesia e indaga sul rapporto tra libertà, sofferenza psichica ed espressione artistica. A integrare la visione e la lettura della mostra, c’è la musica di una persona affetta da autismo, Simona Concaro, trascritta da Pierluigi Politi, docente di Psichiatria a Pavia, e da Hanna Shybayeva che la eseguirà al pianoforte. Simona non ascolta musica, non sa leggerla, non è in grado di scriverla, ma la sua musica sembra esistere di per sé, mentre la suona non da sola e partecipa regolarmente alle sessioni musicali dell’Orchestra Invisibile. Accanto a questa artista le composizioni poetiche di un giovane anch’egli affetto da autismo, Ike Hasbani: colpisce per la nitidezza e la trasparenza del suo messaggio. “Io sento anche se non parlo” è il titolo dei suoi “pensieri per parlare”, con i quali descrive in maniera profonda complessi stati interiori, trasfigurati poeticamente con una semplicità che colpisce il cuore. Entrambi gli autori vivono a Cascina Rossago (a Ponte Nizza, in provincia di Pavia), prima “fattoria sociale” dedicata alle esigenze esistenziali ed espressive di giovani affetti da autismo. Le opere che, infine, completano la mostra sono di artisti Outsider e self-taught, provenienti da esperienze e paesi diversi, come Janz Franz, Claudio Costa e Roberto Maini, Bibesco, MarieClaire Guyot, Joškin Šiljan e altri, che riserveranno al pubblico ulteriori, imprevedibili e inedite sorprese.
ATELIER BILD. BALANCE: LEBEN OHNE BARRIEREN
LA HAUS DER KÜNSTLER DI GUGGING La Casa degli Artisti di Gugging, vicino a Vienna, è una delle più importanti istituzioni mondiali dedicate agli artisti Outsider. La Clinica psichiatrica del luogo, nella Bassa Austria, fu fondata nel 1885. In quello che era stato ridenominato Ospedale e Casa di Cura di Gugging vivevano centinaia di persone con problemi mentali. Lo psichiatra Leo Navratil (19212006) vi iniziò a lavorare nel dopoguerra, usando il disegno a scopo diagnostico e traendone materia per il suo libro Schizofrenia e Arte, pubblicato nel 1965. Navratil, dopo aver visitato a Parigi una mostra di Art Brut, alla fine degli anni ‘60 iniziò uno scambio epistolare con Jean Dubuffet sul tema dell’arte grezza e incontaminata. Alla ricerca di un luogo per i suoi pazienti in cui potessero vivere e lavorare, Navratil ottenne dall’Ospedale di aprire nel 1981 il Padiglione 11, che era in disuso, come Centro per la Psicoterapia artistica. Vi si trasferirono diciotto pazienti, il cui simbolo diventò ben presto la stella blu disegnata da Johann Hauser. Due anni più tardi, nel 1983, divenne assistente di Navratil lo psichiatra e artista Johann Feilacher (nato nel 1954), che spinse gli artisti di Gugging a dipingere la facciata esterna dell’edificio. In quello stesso anno, August Walla (1936-2001) si trasferì nel centro e rese la sua stanza, che dipinse completamente, un’opera d’arte globale unica al mondo: i simboli e la scrittura esprimono la sua mitologia personale e il suo universo magico. Nel 1986, Johann Feilacher, succedendo a Leo Navratil, trasformò il Centro per la Psicoterapia artistica in una comunità residenziale per artisti, appunto la Haus der Künstler. Il nuovo nome intendeva sottolineare che l’attenzione doveva essere rivolta al talento artistico degli “abitanti”, piuttosto che alla loro malattia. La definizione di “paziente” venne dimenticata, per lasciar posto alla persona e all’artista. In anni recenti la struttura è stata ancora trasformata nell’Art / Brut Center, che comprende un Museo, una Galleria e un Atelier, volti alla promozione e alla valorizzazione del gruppo di artisti che ci hanno vissuto - da Tschirtner a Korec, da Fischer a Kamlander - o che ancora ci lavorano - Garber, Kernbeis, Reisenbauer, Schmidt, Vondal e altri.
Sopra August Walla, Frau Bayer, 1999 A sinistra Janz Franz, Schöne Tage, 1999 A destra Oswald Tschirtner, Menschen, 1987 Sotto Johann Fisher, Im ersten Gwartal des Jahres, 1998
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L’Atelier viennese bild.Balance, Objekt Fuchsenfeld, fa parte della onlus austriaca Verein Balance, Associazione per l’integrazione e le pari opportunità dei disabili fisici e psichici. Balance fu fondata nel 1977 da un’iniziativa privata della signora Ruth Wonder, che lavorava come educatrice in una casa dello studente per i giovani disabili e aveva notato che per loro non esistevano forme di vita assistita dopo la scuola. I compiti fondamentali che Balance si propone sono il miglioramento delle attività di studio e di apprendimento di una professione per i giovani disabili e l’offerta di vacanze assistite ai disabili che vivono in istituti o in famiglia. Diversi sono i settori di attività di Verein Balance: oltre alla prestazione di servizi, ideazione e confezionamento di prodotti, offerta di day care e spazi per l’interazione sociale, è interessantissima quella di supporto alla creatività, sia come insieme di terapie con musica, espressione corporea e arti figurative, sia come vera e propria elaborazione artistica. A quest’ultimo campo si riferisce la creazione di opere di Outsider Art, non soltanto realizzate da persone prive di formazione artistica e in situazioni di disagio psichico, ma anche prodotte spontaneamente e non legate alla tematiche del mercato dell’arte. Gli atelier che sostengono l’attività di artisti disabili con il supporto di personale qualificato sono due: quello viennese di bild.Balance, Objekt Fuchsenfeld, e quello sito nel piccolo villaggio di Maria Ponsee (MaPo) nella Bassa Austria. Del gruppo viennese di bild.Balance, insieme a molti altri, facevano parte anche Gerhard Kobrc (1941-2013), che prediligeva l’uso di grafite e pastelli colorati; Rebecca Souradjou (1981), che fino a quando non ha lasciato l’Atelier, nel 2005, esprimeva micronarrazioni, anche avvalendosi di messaggi colorati; Ewald Wikidal (1942-2011), abilissimo soprattutto nell’incisione del legno con soggetti ripresi da ingrandimenti di francobolli o cartoline, ed Herbert Ziegler (1947-2010), che lavorava con gessetti a olio su carta, nei quali concentrava l’energia del movimento. Gli artisti del gruppo, che partecipano a collettive anche all’estero, si sono distinti per i riconoscimenti ottenuti in diverse rassegne d’arte.
INTERVISTA ...
…
L’incontro nell’agorà nel 431 avanti Cristo
Il viaggio con Anassagora. L’incontro con il Sileno. Benvenuto nell’Atene del 435 dalla prima Olimpiade!», esclamò il mio compagno di viaggio, l’antico filosofo greco Anassagora, che mostrava di essere perfettamente a suo agio e cominciò ad accennare a destra e a sinistra ai molti che lo riconoscevano e lo salutavano. Dal momento che gli antichi Greci contavano gli anni da quando Corebo aveva ottenuto per primo l’onore di una statua a ricordo della vittoria nei primi giochi panellenici a Olimpia che si svolgevano ogni quattro anni, l’anno 435 di Grecia possiamo considerarlo corrispondente per tradizione al 318 dalla fondazione di Roma e al 431 avanti Cristo. Più o meno, però, poiché mesi e giorni venivano calcolati in modo differente dai Greci e dai Romani rispetto a noi e quindi le tre date sono scarsamente confrontabili. Ma insomma: per farla breve, diciamo che la nostra storia si svolge nell’anno olimpico 435 o 318 di Roma o 431 dell’era precristiana.
ALLA PORTA
DI
a portici racchiuso da un colonnato, verso il quale ci incamminammo. In quel luogo la Via Panatenaica piegava quasi a gomito verso destra. «Quella è la Stoà di Zeus. - disse il mio compagno - È un porticato tra i più famosi ad Atene, uno dei luoghi dove gli intellettuali, i funzionari pubblici, i membri dell’Ekklesìa, cioè l’Assemblea generale della Polis, i filosofi, i retori, i commercianti e, insomma, tutti gli uomini rispettabili si ritrovano per scambiarsi le notizie di giornata, informarsi sui processi penali di grido che si tengono all’Areopago e sull’ordine del giorno dei lavori dell’Ekklesìa e apprendere le ultime su Sparta e sui Persiani. Ma soprattutto parlano di Pericle, il capo indiscusso di Atene, al cui cospetto fra non molto avrai la fortuna di essere ammesso». La giornata era splendida e laggiù, a occidente, spiccava la maestosa collina dell’Acropoli, e più oltre si intuivano le Lunghe Mura che collegavano Atene al porto del Pireo. A destra dell’Acropoli ecco la Pnice, la piccola collina dove si riuniva l’Ekklesìa.
I SEMI E IL NOUS DI ANASSAGORA
DIPYLON
«Ci troviamo alla Porta di Dipylon - continuò Anassagora - Come vedi, è situata sulla cinta muraria e da essa si diparte verso occidente la Via Panatenaica, che congiunge l’Acropoli al limitare del centro abitato ed è il teatro della grande processione delle Panatenee, e verso oriente la Via Sacra, che conduce fino al santuario di Demetra, nella città di Eleusi, a quaranta stadi da qui». Il filosofo mi indicò più avanti, alla nostra destra, un elegante edificio
Il giornale di Socrate al caffè Direttore Salvatore Veca Direttore responsabile Sisto Capra
IMPOSSIBILE
di Sisto Capra
I PUNTI SOCRATE
Il pensatore scienziato Anassagora di Clazomene era nato tra il 276 e il 272 (cioè tra il 500 e il 496 avanti Cristo), era stato esponente della scuola dei filosofi fisici pluralisti, era vissuto e aveva insegnato ad Atene introducendovi la filosofia, ed era stato autore, tra l’altro, dell’opera Sulla natura, in cui aveva fatto proprio il principio per cui nulla nasce e nulla perisce affermando le massime “Tutte le cose sono insieme” e “Tutte le cose sono in ogni cosa”. Anassagora aveva (Continua a pagina 5)
Ecco dove viene distribuito gratuitamente Il giornale di Socrate al caffè
Editore Associazione “Il giornale di Socrate al caffè” (iscritta nel Registro Provinciale di Pavia delle Associazioni senza scopo di lucro, sezione culturale)
Direzione e redazione via Dossi 10 - 27100 Pavia 0382 571229 - 339 8672071 - 339 8009549
[email protected] Redazione: Mirella Caponi (editing e videoimpaginazione), Pinca-Manidi Pavia Fotografia Stampa: Tipografia Pime Editrice srl via Vigentina 136a, Pavia
Autorizzazione Tribunale di Pavia n. 576B del Registro delle Stampe Periodiche in data 12 dicembre 2002
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La guerra del Peloponneso di Tucidide: uno strano messaggio Nella foto in alto, in tutte le pagine dell’intervista Sisto Capra con il ritratto marmoreo di Socrate conservato al British Museum di Londra
Nella pagina accanto L’agorà, centro politico e commerciale della città, in una ricostruzione dello storico Peter Connolly. Siamo intorno all’anno 400 a.C.: nella piazza si affacciano palazzi pubblici e tribunali, negozi e botteghe, e le stoài, lunghi edifici a portico tra le cui colonne si riuniscono gli Ateniesi per stipulare accordi commerciali o discutere di filosofia e politica. La strada che l’attraversa in diagonale è la via Panatenaica, che congiunge l’Acropoli alla porta di Dipylon, sulla cinta muraria.
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inventato la “teoria dei semi”, elaborando l’idea del “nous” o intelligenza ordinatrice del mondo, accogliendo e sviluppando così la lezione del filosofo Parmenide, fondatore della scuola eleatica, nato cinquant’anni prima a Elea, colonia greca situata sulla costa della Campania a sud di Paestum. Anassagora aveva vissuto nell’Atene di Pericle a partire dagli anni sessanta del quinto secolo avanti Cristo, quando Pericle era
Il discorso di Pericle agli Ateniesi: l’inno alla democrazia
asceso al potere, e aveva assistito personalmente al famoso discorso del fondatore della democrazia ateniese, nel 431 avanti Cristo. «Il mio compito disse il mio compagno di viaggio - è semplicemente presentarti alla persona che desidera incontrati al cospetto di Pericle per farti assistere al suo discorso sulla democrazia e formularti una proposta
animaleschi e silvestri che nella vulgata popolare si aggiravano per i campi coltivati devastandoli, ma erano anche ritenuti possedere una scienza misteriosa e l’arte del canto. «Caro amico viaggiatore - esordì - io sono Socrate. Non stare costì come inebetito. Io sono proprio quel Socrate, il filosofo. Ho pregato il mio amico e maestro
occasionalmente dalle parti della vostra Pavia, l’ho realizzata. Benvenuto a Atene!».
che, intuisco, sarà per te allettante. Fra pochi minuti ti lascerò in sua compagnia». Mi voltai ed era già sparito.
Anassagora di raggiungerti a Pavia, dove so che quel mio lontano allievo filosofo Salvatore Veca ha dato vita a un’impresa editoriale, la pubblicazione del Giornale di Socrate al caffè, che mi è capitato di leggere talvolta durante il mio riposo eterno. E così mi sono detto: mi piacerebbe invitare Il giornale di Socrate al caffè nella mia Atene per esaminarla da vicino, questa rivista periodica, specializzata in certe, come le chiamate?, “interviste impossibili” a personaggi defunti. E naturalmente per conversare un po’ con voi ed esaminarci vicendevolmente. Non vi piacerebbe intervistare colui al quale avete dedicato il nome della vostra pubblicazione? Eccomi qua. Così mi è venuta l’idea di organizzare una tua visita nella Grecia di duemilacinquecento anni fa e, complice Anassagora che a zonzo nell’Ade si trovava
Con quale mezzo nella Atene del quinto secolo avanti Cristo? È una lunga storia. Davvero volete che ve la racconti? Il messaggio era giunto tramite la Libreria Feltrinelli di Pavia alla posta elettronica del Giornale di Socrate al caffè in un pomeriggio di fine giugno del 2014. «Abbiamo in sede il volume La guerra del Peloponneso di Tucidide, edito da Mondadori, da lei ordinato a nome di Salvatore Veca. La preghiamo di venire a ritirarlo. Qui c’è scritto che passerà lei». Mi consultai subito con Salvatore, che restò perplesso. La cosa pareva anche a me oltremodo strana. Non era mai successo che Salvatore prenotasse un libro tramite me. E poi Tucidide! Sicuramente La guerra del
LA
COMPARSA DEL
SILENO
L’uomo che mi apparve sorridente nel bel mezzo dell’agorà, la piazza principale e centro politico e commerciale di Atene, doveva avere una quarantina d’anni. In realtà, come scoprii poco dopo, ne aveva 38. La prima cosa che mi colpì di lui era la sua bruttezza: anzi, era una delle persone fisicamente più sgradevoli che mi fosse mai capitato di incontrare. Assomigliava infatti a un sileno. Dovete sapere che nell’antica Grecia, i sileni erano esseri
TUCIDIDE ALLA FELTRINELLI Come avrei mai potuto io, mortale del ventunesimo secolo dopo Cristo, viaggiare in carne e ossa a ritroso nel tempo per quasi duemilacinquecento anni?
Sotto Il discorso di Pericle all’assemblea dei cittadini riuniti sulla Pnice, la collina a ovest dell’Acropoli di Atene. Incisione da un dipinto di Philip von Foltz, 1852.
Peloponneso era un libro della sua biblioteca da molto tempo prima che ci conoscessimo e, se avesse avuto bisogno di recuperarne una copia, non avrebbe certamente fatto ricorso a me. «Ma io, caro Sisto - confermò lui non ho prenotato tramite te alcun volume e, meno che meno, la Storia di Tucidide, che posseggo da anni. Che cosa curiosa! Ti prego di andare a vedere di che cosa si tratta e poi, se credi, mi riferisci». (Continua a pagina 5)
A sinistra Pericle. Copia romana in marmo di busto a opera dello scultore greco Cresila (Musei Vaticani, Roma). A destra Tucidide. Copia romana di scultura greca conservata a Mosca.
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(Continua a pagina 6)
Con Socrate alla Pnice: tre ore ad ascoltare l’”oratore perfetto” (Continua da pagina 5)
Effettivamente, presso la cassa della Libreria Feltrinelli giaceva, a nome di Salvatore Veca, una confezione dei due volumi della collana “I classici Mondadori” La guerra del Peloponneso di Tucidide. Li ritirai e pagai il dovuto, 12,90 euro. Opera fin troppo nota di uno dei massimi storici della Grecia antica, la famosissima storia della guerra tra Sparta e Atene. Tucidide era nato intorno al 455 avanti Cristo ad Atene, era stato generale ed aveva combattuto nell’epico scontro tra le due Città Stato rivali della Grecia, conclusosi dopo un trentennio con la vittoria dei peloponnesiaci intorno al 400, pochi anni prima della morte dello storico. Osservai i due volumi e qualcosa mi saltò agli occhi. Erano nuovi, in confezione cartonata e incellofanata, con tanto di prezzo, eppure non sembravano nuovi. Mi parevano anzi usati. Come se, ancora intonsi, fossero stati manomessi per una sorta di prodigio. Quando li estrassi dalla confezione, rompendo l’involucro, notai che il primo volume aveva la pagina 227 spillata da un fermaglio. Aprii la pagina e vidi, con grande stupore, che alcune righe erano sottolineate a matita. Si trattava della fine del paragrafo 34 del Libro secondo. Lessi con attenzione: “In onore di questi primi caduti fu scelto per tenere l’orazione funebre Pericle figlio di Santippo. Egli, quando fu il momento, lasciò il sepolcro e, fattosi avanti, salì su un’alta tribuna per essere udito il più lontano possibile dalla folla. Questo fu all’incirca il suo discorso …».
L’INNO
ALLA
DEMOCRAZIA
Seguiva, al paragrafo 35, il celebre discorso pronunciato da Pericle nell’anno olimpico 435 in onore degli Ateniesi caduti nel primo anno della Guerra del Peloponneso. Si trattava del più grande elogio della democrazia mai pronunciato da un politico dell’antichità, un vero e proprio testamento nel quale erano riassunti i principi fondativi dell’ethos e del sistema politico ateniese. Pericle, figlio di Santippo seguace del partito antioligarchico e di Agariste, del clan degli Alcmeonidi, era
nato ad Atene nel 495 a. C., aveva esordito nelle istituzioni nel 472 finanziando la tragedia “I Persiani” di Eschilo e aveva assunto la guida del partito democratico nel 461. Nel 431 aveva indotto alla guerra Sparta, dando inizio a quel lunghissimo conflitto che si sarebbe concluso nel 404 con la vittoria spartana. Nel 430 sarebbe morto di peste all’età di 65 anni. Quando quella sera mi addormentai, sinceramente l’ultima cosa che mi venne in mente è che potessi sognare Atene o Pericle o la Guerra del Peloponneso. E difatti non sognai. Ma mi accadde qualcosa che non avrei mai ritenuto possibile. Alle tre di notte, infatti, mi svegliai di soprassalto. Di fianco al letto stava in piedi un vecchio con la barba bianca, il volto splendente, rassicurante. «Alzati, presto, è ora di andare - esordì Non stai sognando. Sono Anassagora di Clazomene. Introdussi la filosofia ad Atene, allora governata da Pericle. Sono stato mandato dall’aldilà espressamente qui a Pavia, da te, per condurti ad Atene a vivere un evento accaduto nel 431 avanti Cristo. Assisterai al discorso di Pericle in onore della democrazia e incontrerai alcuni amici, intellettuali assai famosi nella loro epoca, e in particolare una persona che ha segnato la vita di Salvatore Veca e tua: il filosofo Socrate».
I
CONSIGLI DI
SALVATORE
Poteva mai essere costui il filosofo greco Anassagora? La mattina successiva telefonai subito a Salvatore per chiedere lumi. Egli si mostrò sorpreso fino ad un certo punto e mi disse: «Fossi in te non mi stupirei. Le interviste impossibili del nostro Giornale di Socrate al caffè sono state assai lette nei mesi scorsi e possono avere incuriosito, destato interrogativi, in ambienti molto diversi. Qualche anima bella dalle frequentazioni impensabili può avere risvegliato interessi eccezionali. Chi potrebbe mai escluderlo? Io ovviamente non credo che il buon Anassagora sia tornato in vita per noi. E tuttavia, vecchio mio, forse abbiamo scoccato inconsapevolmente una freccia che ha colto nel segno. Io con tutta franchezza non mi priverei della possibilità di
approfondire la conoscenza con una persona che compare all’improvviso al tuo fianco in piena notte e si presenta come Anassagora. Se è un folle, lo scoprirai presto. Se però hai qualche giorno di tempo, parti con lui. La prospettiva di una vacanza ad Atene dopo tutto non è da disprezzare». L’appuntamento con Anassagora era per la mattina del lunedì della settimana successiva alla stazione ferroviaria di Pavia. Alle 9 in punto mi trovai al binario tre in attesa dell’Intercity per Milano. Nessuno. Stavo per tornarmene indietro con la mia valigia, quando un signore piuttosto anziano spuntò dal sottopasso qualche minuto prima dell’arrivo del treno. «Bene bene, amico Sisto - disse allegro - vedo che sei puntuale. Ecco il nostro Intercity. Saliamo». Giunti a Milano Centrale, prendemmo la navetta per l’aeroporto di Malpensa dove il presunto Anassagora aveva prenotato un volo par Atene. Il volo durò tecnicamente tre ore, ma in realtà viaggiammo non solo geograficamente ma anche indietro nel tempo, per 2.445 anni.
CON SOCRATE PNICE
«Vedo che ti sei messo buoni calzari - riprese a dirmi Socrate - Dunque possiamo avviarci verso la Pnice, la collina a ovest dell’Acropoli. Cercheremo di sistemarci bene in modo da poter ascoltare distintamente Pericle. Sai, le indiscrezioni dicono che il capo della Polis farà un discorso fondamentale, che passerà alla storia e sarà ricordato ancora ai tuoi tempi. Finora è stato annunciato il titolo: “Elogio della democrazia”. Ma io, che già una volta ho vissuto tutti questi eventi, posso anticiparti che Pericle vi riassumerà i principi fondativi dell’ethos e del sistema politico ateniese». Si sapeva che il capo della Polis non aveva il piglio dell’arringapopolo. Aveva invece un’eloquenza misurata, era insomma il prototipo dell’oratore perfetto. Le sue parole cominciarono ad accarezzare le orecchie, le menti e i cuori dell’uditorio. A scaldarlo. I templi dell’Acropoli, lassù a occidente, facevano da cassa
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LA SCUOLA
ALLA
Raffaello Sanzio, nel affresco La Scuola d tra il 1509 d il 1511 Giulio II per la Sta (una delle quattro St all’interno dei Pa raffigura filoso e altri grandi d Al centro della scena Platone (qu il filosofo ateniese (I il volto di Leon È raffigurato a (qui a destra), nel Rinascimento di filosofo
di risonanza e per l’intera pianura le parole riecheggiavano maestose. “Il nostro governo - disse Pericle - favorisce i molti invece dei pochi e per questo è detto democrazia. Le leggi, qui ad Atene, assicurano giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora sarà, a preferenza degli altri, chiamato a servire la Polis, e la povertà non costituisce
un impedimento. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private. Ma in nessun caso si avvale delle sue cariche pubbliche per risolvere i propri affari privati. Ci è stato insegnato a rispettare i magistrati e le leggi, anche quelle non scritte. La nostra città è aperta ed è per questo che noi non cacciamo mai uno straniero». Pericle parlò per tre ore. Alla conclusione, Socrate mi fece
L’intervista al Maestro: la sua vita, la sua Atene, il suo pensiero Santippe, che mi diede tre figli: Lampsaco, Sofronisco e Menesseno. Santippe era insopportabile e bisbetica, a tal punto che, avendo imparato a vivere con lei, imparai ad adattarmi a qualsiasi altro essere umano. D’altronde, ero talmente preso dalle mie ricerche filosofiche che trascuravo ogni aspetto pratico dell’esistenza, finendo per condurre una vita quasi vagabonda, di simposio in simposio. Ero un bevitore leggendario. Com’era l’Atene in cui viveva?
A DI
ATENE
l grande e notissimo di Atene, realizzato 1 su incarico di Papa anza della Segatura tanze Vaticane poste alazzi Apostolici), ofi, matematici dell’antichità. a, con Aristotele, c’è i a sinistra): IV-III secolo a.C.) ha nardo da Vinci. anche Socrate , considerato o il modello ideale umanista.
cenno di seguirlo. Ci separammo dalla folla e dalla Pnice salimmo verso l’Acropoli. Egli allora mi spronò.
L’INTERVISTA
A
SOCRATE
Orsù, cosa aspetti a intervistarmi. Ti ho convocato qui apposta. Maestro, comprenderà che sono in forte imbarazzo. Non so da che parte incominciare.
Per metterti a tuo agio, ti parlo un po’ di me, della mia vita, della mia famiglia. Sono nato ad Atene intorno al 469 a. C. Mio padre Sofronisco fu scultore e mi trasmise il mestiere anche se io non l’ho mai svolto. Mia madre si chiamava Fenarete e faceva la levatrice (ai vostri tempi dite ostetrica). I miei genitori erano benestanti. Combattei come oplita nella battaglia di Potidea e salvai la vita al mio comandante ateniese Alcibiade venendo per questo decorato. Sposai
Era la culla del mondo. Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane, Platone, Erodoto, Tucidide, Senofonte, Fidia, Policleto, Mirone, oltre al sottoscritto … Una persona vissuta nel quinto secolo nello spazio di due generazioni li avrebbe potuti incontrare ad Atene. Sono i fondatori della cultura occidentale nella drammaturgia, nella filosofia, nella storiografia, nell’arte. Una riunione di menti eccelse che non si sarebbe mai più vista riunita insieme se non nel Rinascimento italiano. Un miracolo? Forse sì. Ma non bisogna pensare che l’Atene in cui io vissi fosse una specie di Arcadia pacifica e idilliaca, un’utopia trasformata in realtà. Perché fu intrisa di lotte politiche, guerre intestine, tragiche vendette. Dalla nascita alla morte la vita privata del cittadino greco si intrecciava costantemente con quella pubblica della Polis ed era regolamentata da un insieme di usanze e tradizioni che costituivano l’impronta culturale della comunità. Ma bisogna anche ricordare che questo club democratico così esclusivo detentore di tutti i diritti aveva al suo intorno una ben più numerosa folla di schiavi che questa democrazia tanto osannata manteneva. E poi non va dimenticato che l’altra metà del mondo, cioè le donne, erano escluse dalla vita politica e da quella intellettuale, appannaggio esclusivo del “club dei maschi”. E adesso, se permetti, parliamo un po’ di filosofia. Vediamo intanto se mi hai studiato. Qual è stata la mia prima lezione, quella per cui
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sono ancora ricordato ai tuoi tempi? Lei ha detto: «Sapiente è soltanto chi sa di non sapere». Bravo! Ho dedicato l’intera esistenza alla filosofia, fino al punto che per essa ho scelto di morire. È il più gran paradosso per la filosofia greca, non ti pare? La prima condizione della ricerca del sapiente e del dialogo filosofico è la coscienza della propria ignoranza. Alla mente umana sfuggono inesorabilmente i perché ultimi delle cose». Un altro paradosso è che Lei non ha lasciato nemmeno uno scritto. La Sua vita ha avuto un’eco profonda, paragonata a Cristo e a Budda, eppure non ha scritto alcun libro. Paradosso apparente. Hai letto il Fedro, il dialogo di Platone? Ricorda le parole che faccio dire al re egiziano Thamus rivolto a Theuth, inventore della scrittura: «Tu offri ai discenti l’apparenza, non la verità della sapienza; perché quand’essi, mercé tua, avranno letto tutte le cose senza insegnamento, si crederanno in possesso di molte cognizioni, pur essendo fondamentalmente rimasti ignoranti e saranno insopportabili agli altri perché avranno non la sapienza, ma la presunzione della sapienza». C’entra qualcosa questa Sua impostazione con quell’altro Suo motto famoso, che il filosofare è l’esame incessante di sé e degli altri? C’entra eccome. Nessuno scritto può dirigere il filosofare. Lo scritto può comunicare una dottrina, non stimolare la ricerca. Proprio perché so di non sapere, ho fatto mio il motto dell’oracolo di Delfi «Conosci te stesso», vedendo in esso la missione stessa del filosofo. Come ha ben sintetizzato il mio allievo Platone nel dialogo “Apologia”, «una vita senza esame non è degna di essere vissuta». In un primo periodo della Sua vita, tuttavia, Lei seguì con interesse le ricerche degli ultimi naturalisti, in particolare di quelli della scuola di Anassagora. E fu preso da
una vera passione per la scienza dell’indagine della natura. Veramente mi pareva una scienza altissima, conoscere le cause di ciascuna cosa e perché ogni cosa si genera e perisce da sé. Ben presto, però, mi convinsi del fatto che alla mente umana sfuggono inevitabilmente i perché ultimi delle cose e che ad essa non è dato di conoscere con certezza l’essere e i principi del mondo. Perciò, abbandonati gli studi cosmologici, cominciai a intendere la filosofia come un’indagine in cui l’uomo, facendosi problema a sé medesimo, tenta di chiarire sé a se stesso, rintracciando il significato profondo del proprio essere uomo. Di qui l’idea che conoscere se stesso è la motivazione ultima del filosofare. Solo chi sa di non sapere cerca di sapere. Per rendere consapevoli gli altri della loro ignoranza Lei si avvale di ciò che chiama “Ironia”. “Eironéia” vuole dire “dissimulazione” ed è un gioco di parole, il variopinto teatro di finzioni attraverso le quali il filosofo, denudando le coscienze soddisfatte delle loro formule cristallizzate e delle loro pseudo-certezze, giunge a mostrare il sostanziale non sapere a cui tali coscienze si trovano. L’ironia è il metodo che uso per svelare all’uomo la sua ignoranza e gettarlo nel dubbio e nell’inquietudine. Sono solito chiedere al mio interlocutore, per lo più un celebrato maestro di qualche arte, di renderlo edotto circa il settore in cui è competente. Dopo averlo adulato, lo martello di dubbi e alla fine lo smonto, gli faccio il lavaggio del cervello. Che cos’è la “Maieutica”? Vuol dire “Arte di far partorire”. L’ho appresa da mia madre, che faceva nascere i bambini. Io invece faccio l’ostetrico di anime, aiuto gli intelletti a partorire il loro genuino punto di vista sulle cose. Discerno se la mente del mio interlocutore partorisce fantasticheria e menzogna, oppure cosa vera e vitale. Come le levatrici sono sterile, ma in sapienza, non manifesto mai su nulla il mio pensiero. Chi entra in (Continua a pagina 8)
«Per essere uomini bisogna far filosofia, riflettere sull’esistenza»
Il metodo del dialogo, l’”ironia”, la ricerca della virtù
L’Acropoli di Atene in un dipinto del pittore, architetto e scrittore tedesco Leo von Klenze. La vista dell’Acropoli e quella di Atena Promachos sono idealizzate: l’artista immaginò la grande statua, che impugna una enorme lancia con la mano destra, visibile da lontano.
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relazione con me, anche se da principio si rileva ignorante, poi progredisce secondo come egli stesso intende. La verità è per me conquista personale e la filosofia un’avventura della mente. La vera educazione è sempre auto-educazione, ossia il processo attraverso cui il discepolo grazie all’opera del maestro viene aiutato a maturare autonomamente a partire dalle proprie inclinazioni interiori. Ma cosa fa partorire Lei ai suoi allievi? Il mio dialogo è “a spirale”, fatto di domande, risposte,
nuove domande, nuove risposte e così via. Il punto focale di tutto il processo è l’interrogatorio simboleggiato dal “ti ésti” (che cos’è) ossia la richiesta di una definizione precisa di ciò di cui si sta parlando. Ecco come si concretizza l’ “ironia”: metto in crisi il dialogante e poi lo conduco alla definizione soddisfacente dell’argomento. Il punto chiave della mia morale è la virtù come ricerca e come scienza. Così come sostenevano i Sofisti, la virtù non è un dono gratuito ma una faticosa conquista. Per essere uomini occorre riflettere, cercare, ragionare: in una
parola, bisogna far filosofia, ossia riflettere criticamente sull’esistenza. Bisogna che ciascuno impari il mestiere di vivere, ossia la scienza del bene e del male. Rispetto ai miei predecessori, io opero una rivoluzione della tradizionale tavola dei valori. I valori veri non sono legati alle cose esteriori - come la ricchezza, la potenza, la fama - e nemmeno al corpo - come la vita, la vigoria, la salute fisica, la bellezza. I valori veri, invece, sono legati all’anima. Io non abolisco i valori vitali del benessere e del vigore, semplicemente li
sottopongo alla disciplina della ragione. Gli psicoanalisti del Novecento e i filosofi cristiani l’accusano di intellettualismo etico, poiché, non distinguendo tra intelletto e volontà o non dando sufficiente importanza alle emozioni, Lei avrebbe esagerato la potenza della ragione. E l’accusano anche di formalismo etico, in quanto Lei non definirebbe in concreto la virtù. Ma tutta la mia filosofia è religione! Io ammetto l’esistenza della divinità,
IMPRESA CALISTI PAVIA 1928-2013 TRE GENERAZIONI IMPEGNATE NEL RESTAURO CONSERVATIVO DI EDIFICI E MONUMENTI STORICI
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che considero garante dell’ordine del mondo. La divinità è custode del destino degli uomini. È la mia morte che dimostra che le accuse dei moderni e degli antichi sono inconsistenti. Ecco, parliamo della Sua morte, del famoso processo del 399 avanti Cristo. Tu sai come sono andati i fatti. Tuttavia, meglio riassumerli. La mia influenza si era esercitata in Atene su un’intera generazione quando tre democratici oltranzisti Meleto, Anito e Licone - mi (Continua a pagina 9)
«Il mio compito per ordine divino è educare gli Ateniesi»
La denuncia, l’accusa, il processo, la condanna a morte
NELLA
FOTO
qui a destra
Fidia al lavoro su un busto di Zeus in un dipinto a olio su tela di Joseph Dorffmeister, datato 1802. Fidia, scultore e architetto ateniese vissuto tra il 490 e il 430 a.C. circa, è considerato l’artista che meglio riuscì a interpretare gli ideali dell’Atene periclea. Sopra Nel dipinto di Jean-Léon Gérôme del 1861 Socrate istruisce Alcibiade - militare e politico ateniese - nella casa di Aspasia.
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denunciano alla città. La motivazione? Sono colpevole di non riconoscere come dèi quelli tradizionali della città, ma di introdurre divinità nuove e di corrompere i giovani. Pena: la morte. Io potrei tentare di scagionarmi, oppure di lasciare Atene. Invece non voglio. Mi difendo esaltando il compito educativo che mi sono assunto nei confronti degli Ateniesi. Dichiaro che in nessun caso tralascerò questo compito, al quale sono chiamato da un ordine divino. Con una
piccola maggioranza vengo riconosciuto colpevole. Potevo allora andare in esilio o proporre una pena adeguata al verdetto. Invece, pur dicendomi disposto a pagare una multa di tremila dracme, dichiaro orgogliosamente che mi sento meritevole di essere nutrito a spese pubbliche nel Pritanéo, come si fa con i benemeriti della città. Ne segue la condanna a morte, a più forte maggioranza. Qualche studioso ha paradossalmente affermato che la cosa
più importante della Sua vita è stata la Sua morte. La mia condanna si colloca in un preciso contesto storicopolitico. Dopo la sconfitta subita ad opera di Sparta, si afferma nel 404 il regime oligarchico e filospartano dei Trenta Tiranni, capeggiato da Crizia. Io non mi comprometto con il nuovo regime, che viene rovesciato dalla reazione popolare ed è proprio la restaurata democrazia nel 399 a volere il processo. Le (Continua a pagina 10)
PAOLA CASATI MIGLIORINI
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Perito della Camera di Commercio di Pavia dal 1988 C.T.U. del Tribunale di Pavia
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L’ultima grande lezione di Socrate: «Rimango fedele a me stesso»
«Chi rifiuta le leggi del proprio Stato cessa di essere un uomo»
La morte di Socrate è il titolo del noto quadro del pittore francese Jacques-Louis David, realizzato nel 1787 e ispirato al dialogo platonico Fedone, che racconta l’ultimo giorno di vita del Sileno
Dopo aver bevuto la cicuta - racconta Platone - Socrate rimproverò i suoi allievi che non riuscivano a frenare il pianto: «Che stranezza è mai questa, amici? Si dice che sia bene morire fra serene parole di augurio». E serenamente spirò. Così nel Fedone. Ma che la cicuta desse una morte indolore è tutt’altro che certo, anzi. Si sa di grandi sofferenze provocate dal veleno, prima dell’ultimo respiro: Platone, probabilmente, ha voluto idealizzare gli ultimi momenti di vita del Maestro.
SANTIPPE Moglie di Socrate
FEDONE Discepolo di Socrate
PLATONE Nel suo dialogo Fedone ha raccontato le ultime ore di vita di Socrate, anche se non era presente
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accuse rivoltemi sono da porre in relazione alla fisionomia conservatrice assunta dalla rinata democrazia. Atene, pur recuperando la democrazia, guarda al passato glorioso come a un patrimonio da conservare e tende a chiudersi alle novità, facendo dell’antica religione un baluardo di coesione sociale e ideale. Per questo mi considerano politicamente pericoloso e
SOCRATE Forse indica con il dito l’Aldilà oppure sottolinea con il gesto un passaggio della sua ultima lezione
IL CARCERIERE Uno dei carcerieri scoppia in pianto dopo aver dato a Socrate il calice di cicuta
spregiudicato in filosofia. Ma io non cambio, resto fedele a me stesso e ai miei principi teorici. So che ai tuoi tempi, nel Duemila, si dice che io sia stato fautore di un aristocraticismo contrario alla nuova classe dirigente democratica e che abbia concepito il governo come arte e competenza, da affidare a poche persone solidamente preparate in materia. Fino al momento in cui i miei occhi si spengono per la
cicuta, resto fedele alla convinzione che ha informato tutta la mia vita, per cui chi rifiuta le leggi del proprio Stato o della propria civiltà cessa di essere uomo. Le leggi si possono cambiare ma non violare. E adesso, caro mio, è ora di dirci addio. Il mio tempo a disposizione per Socrate al Caffè e per Il giornale di Socrate al caffè è terminato. Voglio salutarvi con un omaggio particolare
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CRITONE Discepolo e coetaneo di Socrate, ha trascorso al suo fianco l’ultima giornata di vita del Maestro
in occasione del centesimo numero del giornale di Salvatore Veca e tuo. Vi dedico tre dei miei paradossi preferiti, rimasti celebri nella storia del pensiero morale. Grazie. Li consegnerò a Salvatore come uno scrigno prezioso. Eccoli. “Nessuno pecca volontariamente, chi fa il male lo fa per ignoranza del bene”. “Chi agisce fa
sempre ciò che ritiene per lui un bene”. “È preferibile subire il male che commetterlo”. Un leggero malessere mi colse. Un lieve obnubilamento. Ed eccomi risvegliato al binario tre della stazione ferroviaria di Pavia. Niente più Socrate, niente più Anassagora, niente più Atene.
Sisto Capra
FONDAZIONE SARTIRANA ARTE
Si chiude una stagione ricca di mostre e sagre … con un occhio all’Expo
Calciatori di Marco Lodola
di Giorgio Forni eteorologico, naturalmente, va concludendosi, in una carducciana atmosfera profumata di caldarroste, mosto oltrepadano e sapore di risotti di zucca bertagnina. In perfetto tema Expo si direbbe, se
non fosse per la pioggia insistente a rovinare la festa. Ciò nonostante abbiamo registrato pubblico numeroso e vivace, complici forse le sagre lomelline, molte in questa stagione dell’anno, e i nuovi curiosi abbinamenti con cui abbiamo rinnovato gli allestimenti delle opere di Bozzola. Con le manipolazioni fotografiche di Ugo Reitano a Mede, al Museo Regina.
A Valle e Sartirana con l’irruzione in scena del design (Kartell e Zanotta in particolare) e delle “plastiche” (resine, bacheliti, policarbonati, plexiglas ) artistiche di Carmi e Bonalumi, Ghinzani e Scanavino. Di Lodola soprattutto, con le opere tornate dal tour in America Latina. La “squadra di calciatori” spedita per i mondiali a Rio e San Paolo, ma pure la pin up che cavalca un
simbolico … salame di Varzi! Ma a legarsi con il mantrico ormai e un poco retorico … “nutrire il pianeta” sono arrivati gli storici frutti fusi nel bronzo da Alik Cavaliere, le zucche a china o pastello di Sandra Tenconi, i roast beef di Attilio Forgioli, il “formaggio” di Cattelan e alcuni abiti e accessori di Ken Scott, trovati al Vintage di Belgioioso, tutti fragole
e ciliegie … In qualche modo elementi tra i tanti che Niky de Saint Phalle riunisce per categorie e vertici di eccellenza nel Suo “Viva l’Italia”, caleidoscopica summa di quanto di meglio il Bel Paese abbia creato e ancora produca. Un gran sformato di impudente e allegra bellezza che, sembra, il pubblico abbia gradito e apprezzato. Con verifica dal passaparola ...
Restauri al Castello di Sartirana Sono partiti, cofinanziati da Fondazione Cariplo, gli interventi di restauro conservativo delle decorazioni pittoriche superstiti sui loggiati del castello di Sartirana. Pitture sparite del tutto dagli in tonaci (ammalorati e martellati) delle pareti della corte, che la storia sussurra fossero stati completamente e vivacemente dipinti “a strisce fiammeggianti” per la visita dell’imperatore Carlo V, in occasione della cerimonia di “infeudatura” del ducato di Sartirana e del marchesato di Breme a Mercurino Arborio Gattinara, fedele cardinale/segretario di Stato e primo ministro imperiale. Giunto è il tempo di occuparsi un poco anche del contenitore delle mostre e capofila delle iniziative di Fondarterritorio, affidandolo alle mani esperte di Daniela Bío e dei suoi collaboratori, dopo il primo intervento dello Studio Zanolini alla volta stellata della sala delle feste.
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contingenti, in cui la libertà variamente intesa - è per noi un valore, qualcosa che conta, che fa la differenza per i nostri modi di convivere. Valori come la libertà non sono dati naturali. Sono l’esito di processi, vicende e conflitti. La libertà delle persone presuppone il processo della liberazione delle persone da un variegato corteo di catene, di vincoli, di poteri, di norme, di pratiche e di tradizioni. Il filosofo politico Michael Walzer ha dedicato anni fa un celebre saggio, Esodo e rivoluzione, a mettere a fuoco la connessione fra la libertà come esito e la liberazione come processo, sullo sfondo delle vicende bibliche dell’Esodo. Quelle vicende cruciali, in cui risuona l’eco del detto del Deuteronomio: “Sii gentile con lo straniero perché sai che cosa ha voluto dire essere straniero in Egitto”. Il detto del Deuteronomio chiama in causa una possibile interpretazione del nesso fra etica e libertà, il tema su cui vorrei riflettere con voi. Se il vecchio Socrate, perplesso, lo consente. Ma prima di abbozzare la mia congettura, vorrei solo ricordare che qualsiasi discorso sulla libertà, quale che ne sia la grammatica, deve prendere sul serio il fatto che “Libero (frei) e il libero (der Freie) sono ricondotti alla radice germanica frija, ‘con collo libero’ (in opposizione allo schiavo) e vanno etimologicamente insieme a lieb (caro) e Freund (amico), (vedico priya). Essi indicavano l’appartenenza a una comunità di pari che protegge”.
L’EDITORIALE
non può essere esercitata responsabilmente nell’intorno di uno spazio sociale di non libertà, di oppressione, di umiliazione, di degradazione, di schiavitù di altri. Perché, in circostanze come queste, il fragile e prezioso schema di reciprocità collassa e va in pezzi. La promessa implicita di reciprocità è tradita. E riemerge in modo persistente l’immagine dell’Egitto del Faraone. In Esodo e rivoluzione Michael Walzer aveva fissato tre punti base nella sua BODHISATTVA in una narrazione: i) ovunque può scultura cinese esservi Egitto; ii) ci risalente al X-XI dev’essere un posto secolo, conservata migliore; iii) prendiamoci nella collezione per mano, sapendo che là permanente dell’Arte c’è il deserto da asiatica al Museo attraversare. E che ci Nelson-Atkins di saranno mormorazioni nel Kansas City (Stati deserto. Qui ha ragione Uniti) Gaber: libertà è partecipazione. La dimensione etica della libertà ci induce così a mettere a fuoco le reti della condivisione, i modi dello stare assieme, il senso del limite, la densità delle relazioni, che danno senso e significato alle vite che abbiamo da vivere. La libertà responsabile chiama in causa centralmente il rapporto fra il sé e l’altro. Consentitemi di rivolgermi, leggendaria canzone. Se ci per dare un vivido esempio di ciò, chiediamo che cosa si provi o si a una delle grandi tradizioni senta nello spazio delle orientali. Vi è, nella dottrina interpretazioni del senso della buddhista classica, una figura che libertà, allora la massima di Gaber ho sempre trovato esemplare e può indurci a riflettere sulla toccante. Si tratta del Bodhisattva. dimensione etica della libertà per Il Bodhisattva è uno che è sulla noi. Vediamo perché. soglia della liberazione dalla Si consideri che la libertà è, dopo dukkha, dalla sofferenza, e dal tutto, un valore sociale e, quindi, samsara, dal ciclo delle che essa presuppone un qualche reincarnazioni. Il Bodhisattva è spazio sociale, uno spazio di sulla soglia del nirvana. Ma si relazioni, connessioni e interazioni volta indietro e vede gli altri, fra me e altri. Ricordate la storia ancora condannati alla schiavitù del “collo libero” e della comunità del samsara. E li aspetta. E li di pari? Ora, la dimensione etica aiuta nel processo della loro della libertà si profila quando liberazione, scandito dalla proviamo l’esperienza del limite conformità alle quattro nobili della nostra libertà nello spazio verità dell’Illuminato. Nell’esercizio sociale. Come si usa dire, il limite della compassione per gli altri, il alla mia libertà è semplicemente la gesto del Bodhisattva esemplifica, libertà di altri. È in questo modo ancora una volta, quell’idea vaga e che emerge l’esperienza della preziosa di eguaglianza umana libertà di qualcuno, come risposta che abbiamo incontrato a alla libertà di altri. E si abbozza proposito della dimensione etica l’idea di una libertà responsabile della libertà. Ma dal repertorio nello spazio sociale. Sentendo della sapienza del gran discorso di l’altro o gli altri, sentiamo il limite Benares dell’Illuminato torniamo e, provando che effetto ci fa ora, dalle nostre parti, al retaggio convivere e condividere con altri lo della saggezza del recente spazio sociale delle libertà, Iluminismo europeo. E riflettiamo, incontriamo le radici di un pensando al modello della libertà elementare schema di reciprocità. di qualcuno e della non libertà di E affiora, se ci pensiamo su, altri, di molti, di troppi di noi, un’idea vaga e preziosa di sulla luminosa massima di un eguaglianza umana. Ricordate il grande illuminista europeo, Pietro detto del Deuteronomio e la Verri: “L’uomo è come nel deserto memoria dell’essere stati stranieri quando non trova i suoi simili. Il in Egitto? Qui vale la promessa vivere è noioso o si viva co’ esigente della reciprocità. Perché superiori o cogli inferiori. La la libertà, da un punto di vista uguaglianza è la sola che ammette etico, non può essere appannaggio società, gioia, cordialità”. Il di qualcuno. Deve indicare, allo richiamo all’Illuminismo ha luogo stesso modo, lo status di in tempi difficili. Tempi, in cui il suo retaggio e la sua preziosa chiunque. E i confini fra noi e altri non devono contare. Spesso sono incompletezza sono messi a muri fra le persone. Dovrebbero rischio. Tempi molto difficili, per essere ponti fra le persone. E chi voglia mantenere lealtà a un dovrebbero includere. Non grappolo di valori elementari, fra escludere. Perché a chiunque può cui ha spicco la libertà accadere di essere straniero responsabile delle persone di rispetto a qualcuno. E si danno scegliere se stesse, nel tempo. casi in cui noi diveniamo stranieri a noi stessi. Ora, la mia libertà Salvatore Veca
Etica e libertà
Il nesso fra etica e libertà è generato dalla congiunzione fra la memoria dell’essere straniero e la memoria del collo libero dalle catene di una qualche schiavitù. “Libertà non è star sopra un albero … libertà è partecipazione”. Così Giorgio Gaber, in una sua
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