COLLEZIONE DI
OPUSCOLI DANTESCHI INEDITI
DA
G. L.
RARI
PASSERINI
VOLUME XX
S.
CITTA DI CASTELLO LAPI TIPOGRAFO-EDI T0 1895
1{
E
TORQUATO TASSO
POSmi
illi
Dlli
CBM
EDITE SniiL'AUTOaBAFO
DELLA
R.
BIBLIOTECA ANGELICA
ENRICO CELAMI CpN PBKFAZIOHE DI
TOMMASO CASINI
S.
CITTA DI CASTELLO LAPI TIPOaBAFO-BDITOBfi 1895
PROPRIETÀ LETTERARIA.
PREFAZIONE
Divina Commedia
L'edizione giolitina della postillata da
Torquato Tasso
L'esistenza di postille di Torquato Tasso so-
pra
un esemplare
segnalata più
di
Commedia
della
di
Dante fu
due secoli or sono da monsi-
gnor Ottavio Falconieri (morto nel 1676), in una 16 dicembre 1663 a Leopoldo dei
lettera
del
Medici
(figlio di
Cosimo
creato cardinale nel
II,
1667, morto nel 1675); nella quale egli parlava di un Dante " tutto fregiato di postille „ da T. Tasso, aggiungendo che lo " vide con ammirazione,
non
demici.
„^
è
gran tempo, uno dei nostri Acca-
Pochi anni
di poi,
il
26 marzo 1676^
Carlo Dati, l'elegantissimo
biografo de' pittori
antichi, scriveva allo stesso
monsignor Falconie-
ri: „
Farmi già d'aver udito
pa, e
me
della
Rena, che in
Hi,
lo
conferma
il
Roma
dire al sig.
sig.
M. Fop-
capitano Cosimo
appresso
i
padri Ge-
' Lettere inedite di uomini illustri, pubbl. da A. FabroFirenze, 1773, pag. 248 e seg.
8 suiti si conservasse
un Dante
postillato di
mano
di Torquato Tasso, alla margine del quale fos-
sero alcune esclamazioni ammirative esprimenti la
stima
che egli faceva di Dante
,
mi farebbero gran giuoco
in
una
glie Fiorentine, preparate
da
me
Il
quali
le
,
mie Ve-
delle
per la stampa.
padre Antonio Baldigiani a mia istanza ha
fatto diligente ricerca nella libreria
del Colle-
gio Romano, e non trova questo testo, e
mente non
v' è
;
perchè
dro Segni mi dice gionare
al sig.
duta da
altri.
d'
il
sig.
facil-
senatore Alessan-
averne anch' egli sentito
Foppa,
ma come
Se V.
S.
di cosa
Illustrissima
ra-
posse-
me
ne
qualche lume mi farebbe sommo non l'avendo, intender qual cosa da
potesse dare favore, e
monsignor pa. „*
conieri
Ma
Pellini, o
da
altri
alle ricerche del
non
indi a poco
amici del
sig.
Dati par che
il
FopFal-
potesse corrispondere, poiché mori ;
ne alcun
altro contentò di notizie
più precise sul Dante postillato dal Tasso
cademico fiorentino.
Il
l'
ac-
quale intanto, in quella
delle sue Veglie Fiorentine che intitolò Difesa di
Dante dalle accuse dategli
Casa nel suo Galateo,
*
da Monsignor della
pur affermando
l'
esisten-
^ Lettere di Carlo Roberto Dati, pubbl. da D. Mokbni, Firenze, Magheri, 1825, pag. 79-80. ^ Di questa veglia apologetica sono tre manoscritti nella Biblioteca Nazionale di Firenze (Magliabechiani VII-468 e VII-919 autografi, VII-466 apografo): fu edita da F. Fon-
za
un vuoto per aocoun saggio quando si fosser trovate.
di ooteste postille, lasciò
gliervene
Tasso, egli scriveva, fu grande ammiratore
" Il
di Dante, e
si
poema
valse felicemente nel suo
di alquanti versi di questo insigne scrittore, lui studiato
mano,
postillato di sua
EiOma nella
da
attentamente, come mostra un testo quale
il
si
conserva in In esso
libreria dei padri Gesuiti.
quando
•di
quando
le
seguenti esclamazioni
in
alla
margine
si
leggono
per cui s'esprime l'alto concetto, nel quale egli giustamente lo teneva.
^
„
Nelle dotte conversazioni accademiche di Ro-
ma il
e di Firenze, tra la fine del secolo
principio del
lare di cotesto la
memoria
XVIII Dante
si
XVII
e
dovette più volte par-
postillato dal Tasso,
di esso fu raccolta
si
che
da parecchi eru-
che v'accennarono vagamente, senza però
diti
aver mai visto
il
prezioso libro o averne avuta
alcuna notizia precisa e diretta
così
:
il
Fonta-
nini in quel suo zibaldone Della eloquenza italiana ricordò quelle postille, lettera di
ma
monsignor Falconieri
sulla fede della ^ ;
e
il
Salvini
TANi nelle note al suo Elogio di Carlo Dati, Firenze, Cambiagi, 1794, pag. 176-187; poi nel Giornale enciclopedico di Firenze del 1814, voi. VI, pag. 303-320, e finalmente nelle Prose scelte del Dati a cura di B. Gamba, Venezia, Alvisopoli, 1826, pag. 119-136. '
*
Prose
pag. 120. edizione dell' opera del Fontanini è quella
scelte, ediz. cit.,
La prima
10
annotando
i
libri
Della perfetta poesia dei
ratori, a proposito dello studio del te,
" si sa,
Mu-
Tasso su Dan-
scriveva, che tutto l'avea egli postil-
lato al par di Platone.
„
^
Era tanto vaga presso
gli eruditi del secolo scorso la notizia delle stille
po-
Commedia che un altro di quei Anton Francesco Zaccaria, visitando
tassesche alla
dottissimi,
le librerie e
i
musei
casa Giordani in
di Pesaro e imbattutosi in
un esemplare
della edizione del
Convivio^ fatta a Venezia da Melchiorre Sessa
nel 1531, postillato anch'esso dal Tasso, pensò
che
Fontanini fosse caduto in equivoco ©
il
avesse scambiato co.
Ma
^
fece
il
Serassi,
poi
un
il
poema
col
trattato
filosofi-
po' più di luce sulla questione
grave biografo del Tasso, Pier Antonio il
quale, certamente
per notizie avute
da Annibale degli Abati Olivieri Giordani
(il
fondatore della pesarese biblioteca Oliveriana)^ Eoma, Gonzaga, 1706; seguirono, sconfessate dall'autor» quelle di Cesena, Gherardi, 1724, di Roma, Mainardi, 1726, di Venezia, Malachini, 1727 e di Lucca, Marescandoli, 1731 : poi, approvata da lui, quella di Roma, Rocco Bernabò, 1736: postume furono quella di Venezia, Zane, 1737, e poi le due accresciute delle annotazioni di Apostolo Zeno, Veneziat Pasquali, 1753 e Parma, Mussi, 1803-1804. ediz. Della Perf. Poesia, lib. II, cap. I, nota 5 la con le note del Salvini fu quella di Venezia, Coleti, 1724. * A. F. Zaccaria, Excursus litterarii per Italiani ab anno MDCCXLII ad annum MDCCLII, Venezia, 1754, pag. 17. Il resoconto del viaggio erudito a Pesaro, che fu nel 1745, fu dallo Zaccaria scritto in forma di una lettera al card. Quirini, la quale prima fu data in luce nella raccolta dal Cadi
'
logerà.
:
P
I
It pubblicò che "le postille originali del Tasso sopra
Dante esistono tuttavia Giordani, ora
simo
sig.
in Pesaro nella Libreria-
degnamente posseduta dal
Annibale degli Abati Olivieri
dottis„' e
giunse altrove qualche maggior particolare
vendo
:
"
Anche
ag-
scri-
nella libreria Giordani di Pe-^
conserva un Dante della stampa del Gio-
sarò
si
lito,
fregiato di postille del nostro grand' Epico,,
veduta già con ammirazione da monsignor Ottavio Falconieri „ e facendo sapere che
una copia
di'
queste postille, fatta fare dal pontefice Alessan-
VII (1656-1667) esisteva nel "codice
dro
Chisiana num. 2322, pag. 73.
della
^
„
Se non che quella del Serassi fu luce insuffla cente a rischiarare della
il
Perchè un Dante
buio.
stampa del Giolito, come
incompiutamente
dicato
egli disse, è in-
non s'aggiunga
se
la
notazione dell'annoj essendo risaputo che due edizioni fecero fare in Venezia
i
Giolito da Trino,
l'una Giovanni Giolito nel 1536 per le di
Bernardino Stagnino nel 1555 coi propri
lito
Ottavio
cui
Leopoldo stille „
,
de'
stampe
e l'altra Gabriele tipi.
*
Poi
il
Gio-
Dante dr
Falconieri
aveva dato notizia
Medici era
"
cioè postillato da
ss
tutto fregiato di po-
cima a fondo mentre ;
Vita di Torquato Tasso, 1* ediz., Roma, 1785, pag. 91, Op. ett., pag. 539. • S. BoNQi, Annali di OabrieU Giolito de' Ferrari, Roma, 1890, voi. I, pag. 4 e 475, '
•
12
Serassi
canto
l'avesse
XXIV
colarità
Filippo stenza
codice chigiano,
ricopiate nel
le postille
il il
Quest'ultima parti-
dell' Inferno.
seppe solamente più tardi, quando
si
De Romanis, venuto
dell'
del 1823
se
non oltrepassavano
vedute,
a conoscere l'esi-
apografo chigiano, pubblicò sulla fine
in
ormai famose
un periodico
romano
letterario
le
postille, col titolo di Postille del
Tasso a un Dante, Divina Commedia di stampa del Giolito eh' è in Fesaro nella libreria de'
gnori Giordani nell'apografo:
'
e
con
la
nota finale eh'
ei
si-
trovò
"Queste brevi annotationi del
si-
gnor Torquato Tasso furono da lui fatte in Pesaro sopra un Dante di stampa del Giolito, eh' è nella libreria del sig. Camillo Giordani
breve proemio, messo innanzi stille, le
quali
danteschi
si
mente
Nel
al testo delle po-
riferiscono a oltre sessanta luoghi
dall' /w/"., I,
manis osservò che
2 al
XXIV,
dall' Olivieri
120,
il
De Ro-
Serassi ne aveva inesatta-
il
parlato, forse perchè
precise
„.
;
che
non ebbe la
notizie più
copia chigiana fu
da Alessan-
fatta fare
"
dro VII,
raccoglitore dei tesori della Chigiana;
il
per dotta sua curiosità
che un'altra copia ne possedeva
la
„
Barberiniana
eseguita da Federigo Ubaldini; e finalmente che "
per qualche diligenza fatta in Pesaro non
si
1 Effemeridi letterarie di Roma, Tomo XIII, ottobre novembre, e decembre MDOOCXXIII, Eoma, De Komanis, 1823, pag. 121-128.
è potuto sapere se
servi
il
prezioso libretto vi
si
con-
„.
Mentre
il
De Romanis
cercava a Pesaro, igno-
rando di averlo molto più vicino, viso dalla pubblicazione
il
Dante gio-
messo su
litino postillato dal Tasso, altri,
l'av-
della Veglia apologe-
tica del Dati, ritentava indagini volte a rintrac-
ciare nella libreria
romana
dei
Gresuiti
il
libra
vedutovisi nei tempi di monsignor Falconieri: inutilmente lo fece ricercare Marc'Antonio Pa-
un buon letterato centese, oggi presso che dimenticato, Gaetano Maiocchi; per il quale un amico, cui gli aveva commesse le ri-
renti, inutilmente
cerche, l'avvocato
1824
donò
Andrea Monari, non potendo
meglio trascrisse nuovamente nel gennaio
far di
dall'apografo chigiano, e gliene
le postille
la
Romanis mente
copia senz'avvertirlo che frattanto le
aveva pubblicate.
ricercò, tra
i
tesori
Ma non
^
della
a lui affidati. Luigi Maria Rezzi
;
il
D&
inutil-
Barberiniana il
quale
il
30
marzo del 1826, dando notizia a Griovanni Rosini dei commenti danteschi esistenti in quella biblioteca,
^
gli
prometteva
di
mandargli
la " co-
" Si veda il proemio di G. Maiocchi alla pubblicazion& che sarà citata più avanti (pag. VI- VII). Lettera a Giovanni Rosini professore di eloquenza nella università di Pisa scritta da Luigi Maria Rezzi profes''
t storia romana nella università di della libreria Barberini sopra i manoscritti barberiniani commenti alla Divina Commedia di Dante-
sore di eloquenza latina
Rovia
I
e bibliotecario
14 pia intera delle postille
„
che di
mano
del Tasso
leggevano nell'esemplare barberiniano della
si
-edizione di
Dante
Venezia dai
fatta in
quali
Sessa nel 1564, postille delle s'era potuto giovare
il
Rosini
una
allora in
allora
fratelli
delle
sue pubblicazioni di polemica dantesca \ e
annunziava d'aver trovato postille
altre
"
pur esse dal Tasso nei margini
„
gli
preziosissime d'
un
esemplare della edizione del poema, col com-
mento
Bernardino Daniello, fatta in Venezia
di
'da Pietro da
Fino nel 1568.
cbi, a festeggiare le
Intanto
il
Maioc-
nozze di Beatrice Rusconi
con Giuseppe Davia, rimetteva fuori in Bologna nel 1829 le postille già edite dal De Romanis^ di su la copia fatta per lui dal Monari, e proe-
miando
libretto
al
diceva :„
fra
mano
col
coment© del Landino;
in luce
ma
coi
potuto quasi
che in Pesaro ebbe
accertarmi che l'edizione, il
Ho
Tasso, fu quella di Venezia del 1536 la quale
venne bensì
ad istanza di Giovanni Giolito da Trino, Il non caratteri di Bernardino Stagnino.
vedersi nel frontispizio che
il
nome
del
primo
Eoma, V.
Poggioli, 1826, pag. 36 per le postille per quelle all'ediz. del 1568. ' Risposta del prof. G. B-osixi alla lettera cieli' amico e collega suo Prof. G. Carmignani sul vero senso di quel verso Poscia più ecc. Pisa, N. Caparro, 1826; Appen
all'ediz. del 1564, e pag. 33-34 e 36
:
quato Tasso
IV,
217-274).
(ristampata nelle Opere di G.
E., Pisa,
1835,
I
15 ^
per avventura, la cagione dell'abbaglio,
fu,
Maiocchi traeva
Il
che
postille
le
j,
sua persuasione dal fatto
la
presuppongono
la lezione della
edizione del 1636 in più d'un luogo, special-
mente
H moto lontana,
in Inf., II, 60 quanto
II,
121 perchè perchèrestai ?, IV, 49 Uscicci mai air cuno, X, 88 glio
ma
;
si
il
capo mosso:
XXIV,
20 quel pi-
fermò troppo presto nei suoi
raffronti,
poiché, se più compiutamente avesse ricercato,
sarebbe accorto che
il
si
suo ragionamento poggiava
sopra una falsa base, essendo vero che
ma
presuppongono quelle lezioni,
le postille
vero altresì
che quelle lezioni occorrono tanto nella giolitina del 1636 quanto in quella del 1556, anzi in tutte le
come quelle due, ripetono Aldo Manuzio. Poco dopo
edizioni dantesche che,
su per giù la
il
testo di
pubblicazione del Maiocchi,
in
un
il
solo corpo le postille tassesche delle tre
seri e segnalate sino allora; o
l'edizione del
ne ornò dapprima
poema dantesco da
Pisa nel 1830,^ e poi ne formò
lume
Resini raccolse
lui procurata in il
trigesimo vo-
della raccolta delle opere del Tasso uscito
in luce nel 1831.
'
Postille di Torquato Tasso sopra » primi XXI V canti della Divina Commedia di Dante Alighieri ora per la prima volta date alle stampe con alcune annotazioni a maggiore intelligenza delle medesime, Bologna, R. Masi, 1829, *
pag. VII. ^
cfr.
La Divina Commedia postillata da
Batinbs, •
I,
T.
TaMo, Pisa, 1830:
173.
Opere di T. Tasso,
voi.
XXX,
Pisa, 1831: cfr. Solbbti,
16
Delle postille del Tasso
si
occuparono in tempa
a noi più vicino Filippo Scolari,
^
Stefano Grosso
e Nicolò de' Claricini Dornpacher,
considerandole piuttosto rispetto e
letterario,
ma
^
al
^
tutti e tre
valore critico
senza dare troppa importanza alla
loro storia esteriore.
E pur
n on rimasero questioni
dopo questi
lavori, se
circa le postille lasciate
d al Tasso sugli esemplari delle edizioni veneziane del 1564 e del 1669, continuò a regnare la più
grande incertezza rispetto
alla qualità del
Dante
giolitino sul quale egli aveva scritto le postille ai primi ventiquattro canti dell' Inferno edite dal
De Eomanis
e dal
Malocchi.
Anch'io
feci già
qualche ricerca per trovare in Pesaro l'originale, che pur doveva esserci stato;
ma non
pere se non ciò che mi scriveva
il
si
potè sa-
dotto amico
marchese Ciro Antaldi, degnissimo bibliotecario "Delle relazioni amichevoli
dell'Oliveriana:
di
Torquato Tasso colla famiglia ducale Roveresca, e colla famiglia nobilissima de' Giordani di Pesaro, è superfluo dire.
Appendice
alle opere in
Ai tempi del Tasso
prosa di T. Tasso, Firenze, Le
fio-
Mon-
nier, 1892, pag. 14. '
da
La
Div. Comm. di D. A, difesa dalle censure appostevi Tasso, nella Rivista ginnasiale, a. 1855, fase. V-VI. Degli studi di G. I. Ferrazzi su Torquato Tasso ecc.
T. ^
sul Propugnatore, ghieri, '
a.
1881, voi. I, p. I, pag. 266, 11, e
V Ali-
pag. 7, 20, 45, 47. studio di T. Tasso in Dante Alighieri, Padova,
a. 1889, voi. I,
Lo
del Seminario, 1889.
tip..
17
uomo
rivano in questa, Giulio segretario ducale,
Matteo
letteratissimo, Pier
molto nome,
tematico di
Camillo
dei
da
libri
un Olaudiano.
Petrarca ed
no-
lui postillati,
minatamente una Divina Commedia
di
Dante, un
Presso a spegnersi
famiglia de' Giordani della prima linea nel
XVII
sec.
verso
XVIII
del sec. ditò
fine,
il
Abati-Olivieri, ed si
passò per adozione negli
rami minori verso
i
poti del sig.
fine
la
spensero essi pure, e ne ere-
conte Paolo Machirelli, uno
il
tissimo,
dei
proni-
Annibale degli Abati-Olivieri dot-
come
non era
sa:
si
Detto dei
pote; tutt'altro.
tale però
il
proni-
libri postillati, e chie-
dendosi della libreria, quanto il
distin-
Tasso ripetute volte abitò nella loro
Il
casa, e vi lasciò
la
II, figlio di
un gentiluomo
Giulio, riuscito esso pure tissimo.
suo fratello, ma-
II,
e
si
sa è questo, che
Annibale Olivieri vi attinse largamente,
sig,
recando molti
libri e
manoscritti in sua casa
mano
;
il
re-
sto, fino al
1820, rimase in
poi tutto
cederono per prezzo alla Biblioteca
Fra
Oliveriana.
i
libri
si
seppe, e del
Betti nelle te
che
sue
"
le postille
che quelle
al
ma
Dante ha
Machirelli, che
pervenuti fu
allora
Claudiano, che conserviamo, nulla
ai
lasciato scritto
Cose Pesaresi
„
20
—
il
eran di poco conto, come an-
Petrarca,
Betti
il
primieramen-
che ancora esistevano
come le prime. In altro stesso, come ne ho certissima
in casa Giordani (1808),
luogo poi
il
del Petrarca più
Opuscoli danteschi
2
18
memoria (non
è però facile rinvenirlo d'acchito,
trattandosi di
una
narra che
conte
il
tante sue digressioni),
delle
Paolo
detto, erede Giordani, fece
Monti del Dante
Machirelli di sopra
dono
Vincenzo
al cav.
postillato, e ciò
in ossequio
certo della fervida cavalleresca servitù che egli
aveva dedicata Perticari„.
Il
alla
figlia
di
Costanza
quello,
luogo del Betti, accennatomi dal-
l'Antaldi, è nel manoscritto Oliveriano 996 (to-
mo
V, parte 2\ § 34, anno 1678, carte 390-91), e sebbene non contenga nulla di veramente nuo-
vo
lo riferirò
adunque
per la storia della questione.
lo storico pesarese
sione in cui T. Tasso
si
"
:
Fu
Dice
questa l'occa-
trattenne alquanti giorni
in questa città in casa del dotto Giulio Giordani segretario e consigliere del
Dante e un Petrarca da
Duca
e vi lasciò
sé postillati.
Il
un
primo
fu veduto nel pontificato d'Alessandro VII con
ammirazione dal dotto prelato Antonio Falconieri; e
conviene che
il
detto papa fosse invo-
gliato di vedere queste postille e di averne copia,
trovandosi trascritte nel Codice 2323 della Chisiana, in fine
di
cui
si
legge
:
queste brevi ari-
notazioni del signor Torquato Tasso furon da lui fatte in
Giolito
Pesaro sopra un Dante di stampa del di' è
Giordani.
Il
nella
libreria
del
Camillo
signor
secondo, eh' è anch' esso di stampa
del Giolito e ne fa onorata
menzione
simo Zaccaria nella sua opera Excursus
il
chiaris-
liiterarii
19
per Italiani (T.
II, p.
e.
I,
carta queste parole, che
17),
ha
nell'
ultima
dotto Olivieri ricono-
il
sce essere state scritte da Girolamo Giordani suo
bisnonno
:
Questo Petrarca fu di T. Tasso e re-
stò in casa del
Giordani nel 1578 dove alloggiò
Le
per alcuni giorni.
postille per altro fatte a
questi due libri non hanno altro pregio se non
pugno del Tasso, non
quello di essere di proprio
consistendo quasi in altro che nel vedersi lineate
molte righe nel corpo della stampa, e ripetuta poi nel margine la parola in grazia di cui quelle linee
furon tratte.
I
due
peran-
libri suddetti esistono
che in questa biblioteca Giordani posseduta dal conte Paolo Maohirelli. to di
nuovo in braccio
Il
buon Torquato, torna-
della sua nera melanconia,
e giunto a sospettare perfino che
congiurasse contro di
lui,
il
nostro
Duca
volle assolutamente al-
lontanarsi per andare a Torino.
A
proposito di
queste postille del Tasso dirò qui per incidenza
che nella detta biblioteca Giordani esisteva al
tempo che egli
lo
Zaccaria venne qui in Pesaro, come
narra nell' j&cccMrsMS, anche un Dante impresso
in Venezia a istanza di
Trino l'anno 1636,
il
M. Giovanni Giolito da
quale fu di Domenico Gabi-
zio da Pesaro letteratissimo
uomo
il
quale vi ap-
pose anch' egli molte postille. Chi sia quest'uomo e in qual
tempo precisamente
Insomma -era
fiorisse
non
si sa.
„
l'autografo delle postille del Tasso
rimasto in Pesaro, pare, sino al principio del
20 secolo
;
ma
poco di poi non vi
sapeva dove fosse andato a
si
trovava più ne
finire
;
non
e così
si
si
poteva più sapere se l'apografo chigiano fosse compiuto ed esatto, e però se compiute ed esatte fossero le edizioni del
quello derivate. rir
De Romanis e
A me fu
del Maiocchi da
data occasione di chia-
questo punto; poiché avendo nello scorso in-
verno richiesta nella R. Biblioteca Angelica edizione giolitina della
Commedia
la
del 1555, per
chiarirmi se fosse esatta la descrizione data dal
Bongi nei suoi Annali, fermarono subito attenzione, appena ebbi sott' occhio
che dapprima non
si
l'
mia
esemplare
trovava per uno sbaglio di
segnatura nel catalogo, fermarono, dico, attenzione alcune postille, che letterata e
la
mi parvero
non ignota del cinquecento.
mia
la
di
mano
Mostrai il
Mario Menghini, il quale da più mesi aveva avuto occasione, in servizio del comune amico Angelo Solerti, di svolgere autografi del Tasso \ libro a
ed dar
egli, al il
primo vedere quelle
merito a chi
l'
postille (è
bene
ha di una scoperta, che poi
uno avrebbe voluto usurpare), le dichiarò scritte di mano del gran Torquato come poi ci più
d'
:
fu agevole confermare rafl'rontandole alle correzioni autografe che l'Angelica possiede alle rime
del Tasso, e
come
poi restò dimostrato, anche ai
ciechi, riscontrando
il
testo di esse postille
ma-
noscritte con le stampe fattene sull'apografo chi-
giano dal
De Romanis
e dal Maiocchi.
21
Questo esemplare dell'Angelica, che
il
signor
Bibliotecario a mia richiesta ha collocato fra
manoscritti
certo è
(e
uno dei più
i
preziosi cimeli
di quella libreria nobilissima),
non mi par dub-
bio che sia proprio quello che
il
Tasso lasciò in
Pesaro in casa Giordani nel 1578: ne a ciò contradice l'esistenza di
una diversa copia del Dante
giolitino del 1666 postillata da parecchie mani, tra
quali
le
si
del Tasso
;
è creduto
erudito pesarese, e ora è posseduta dal prof.
lini,
Oreste Antognoni,
ne
riconoscere anche quella
copia che fu già di Giuliano Vanzo-
fa nel
come
si
ha da un cenno
ch'ei
suo bel ISaggio di studi sopra ìa Com-
media di Dante.
'
Non
contradice, perchè
da
Pesaro viene sicuramente l'esemplare dell'Angelica; tra
il
quale a guisa di segno trovasi an-
cora una striscietta di carta, or fissata in principio,
che è manifestamente ritagliata dal titolo
d'un' opera drammatica rappresentata in Pesaro nel il
1726.
dopo quel tempo
Pare che anche
libro restasse
dove l'aveva lasciato
ma quando
il
suo an-
come emigrasse a Roma, entrando nell'Angelica, non si è potuto
tico possessore
;
trovare, sebbene
sia
certo,
e
per
le
segnature di
vecchia mano, che v'è da quasi un secolo.
' Livorno, G-iusti, 1893, pag. 8, nota 1; cfr. A. Solerti, Vita di T. Tasso, Torino, 1895, voi. II, pag. 114.
22
L'anno adunque che Roma celebra
feste cen-
tenarie al cantore di Goffredo ritorna alla luce
da lungo obblio
il
volume
di
Dante
Tasso studiò, e così riappariscono vincolo intellettuale
che più di tutti gli
i
nomi altri
dei
sul quale
stretti in
due grandi
poeti,
sentirono e resero
versi immortali l'anima del popolo italiano.
Soma
il
un
25 aprile 1895.
T. Casini.
in-
I
AVVERTENZA
L'edizione delle postille di Torquato Tasso divina Comedia che pubblico è stata fe-
alla
delmente condotta sull'originale vabile.
fin
qui intro-
Questa sola avvertenza basterebbe a giu-
stificare la
ristampa di esse, dacché per due vol-
te la pubblicazione loro fu eseguita in base al
noto manoscritto chigiano, ed una terza seguen-
do
la copia barberina;
trare
l'originale
come
con
con tutto ciò volli risconle
due prime edizioni,
dimostrerò in seguito,
il
confronto
e,
mi
parve rendesse la ristampa ancor più necessaria.'
Ma
se le anteriori edizioni riuscirono imperfette
confronto fu fatto con l'edizione del De Romanis Tasso a un Dante, Divina Comedia, di stantìa del Giolito, eh'è in Pesaro nella libreria dei signori Giordani. In Effemeridi letterarie di lioma, tomo XIII, Roma, 1823, pag. 121-128 e con quella di Gaetano Maiocchi: Postille di Torquato Tasso sopra i jtrimi XXI V canti della Divina Commedia di Dante Alighieri ora per la prima volta (!) date alle stampe con alcune annotazioni a maggiore intelligenza delle medesime. Bologna, 1829, in-8 pag. xii-27. Furono edite in occasione delle nozze Rusconi-Davia. Anche Luigi Maria Rezzi nel volume di quell'in*
Il
Postille del
XXX
24 la colpa
non va data a coloro che
persona colte e da senno^
ma
le
curarono,
al copista
che
le
postille del Tasso soppresse e svisò.
L'autografo, da tutti creduto scomparso, era
venne lavorava del Casini che mani prof. Tommaso alle attorno ad una bibliografìa dantesca. Era bensì noto che il Tasso aveva postillato un Dante delnella E. Biblioteca Angelica, e per caso
l'
edizione
del
Giolito
questo
e
libriccino
era
posseduto dalla biblioteca Giordani di Pesaro; colà lo seppe
il
Serassi che ne trattò nella Vita
di quel poeta, e sia nell'edizione fattane nel
del 1790 lo ritenne sempre
sia nell'altra
esistente in Pesaro.
Ma quando
il
anche
Pesaro.
la
prima
—
il
libro
come
Serassi pub-
—
e
non era più
a
blicava la seconda edizione di quella Vita fors'
1785
Infatti nei cataloghi dell'Angelica, che
furono terminati di copiare nel 1786, è registrato, e
non
di scrittura differente dalla primitiva
com-
pilazione dei cataloghi stessi; ciò prova che in
questo anno o poco dopo teca.
Se vi
sia
il
libro era già in biblio-
pervenuto per dono od acquisto
non sappiamo: chi ve l'abbia posto non è dubbio. Era allora bibliotecario dell'Angelica il p. Giorgi, un eruditissimo agostiniano, solito nella stagione felice edizione
delle opere del Tasso, stampata a Pisa nel
1831, ripubblicò le postille servendosi del
manoscritto che
è nella Biblioteca Barberini e che deriva da quello Chigiano. Quest'edizione, inutile a noi, rispecchia le stesse
mancanze riscontrate
in quelle del Malocchi e
De Eomanis.
25 estiva a recarsi
natia Rimini
alla
aveva in quel
possessi che
curamente che trovò modo in biblioteca.
Il
Pesaro circa
combina.
di Pesaro di
;
fu lui
si-
averlo e portarlo
Serassi deve averlo veduto in
1780
il
ed in certi
cronologicamente tutto
e
I cataloghi dell'Angelica nulla dice-
vano che quel Dante fosse postillato di mano del Tasso e questo valse per più d'un secolo a farlo credere perduto
;
ragione che obbligò tutti gli copia
editori delle Postille a valersi della
stente
in
un manoscritto chigiano
e in
esi-
altro
barberino, cadendo tutti nelle stesse omissioni e negli stessi errori.
È comune
a tutte e due le edizioni la
canza delle postille 16, 61, 52,
76
ITI,
;
ai canti I, ver. 30,
98 IV, ;
V, 78, 97; VI, 84; VII, 10, 17, 23, 78, 96;
man-
46; II,
2, 7, 26, 33, 45, 49,
16, 21, 24, 63,
IX, 45, 68,
75, 78,
69
;
105; Vili,
133
;
X,
16,
XI, 112 XII, 26, 46, 63, 65, 122;
62, 73, 88, 90;
;
XIV, 8, 42; XV, 66; XVI, 28, 30; XVII, 39; XIX, 53; XXI, 8; XXIII, 130, 132, 148; XXIV, 4, in più mancano a quella del Ma-
XIII, 117;
iocchi ai canti II, ver. 96; III, 117
;
XVI,
V, 24;
43,84; XVIII, 129.
Hanno
in
entrambe scorretta lezione
stille ai
canti
11, 88;
IV, 49; IX, 63; XIII, 25;
I,
ver. 4, 17, 60, 106; II, 60,
le po-
96
;
XIV, 96;
III,
so-
no in più errate quelle riportate dal De Romanis ai canti
I,
ver. 100,
127;
II,
93; III, 117;
26
IV, 20, 55; V, 141; VI, 59; Vili, 31; IX, 87;
XIV,
XV,
22;
45;
XVI, 84; XXI,
iocohi ai canti II, 60, 121
Queste sia
cifre
;
Ma-
dimostrano all'evidenza quale
valore delle
il
V, 12
;
33; dal
XIII, 57, 84.
pubblicazioni curate dal
De
^
Romanis e dal Maiocchi. Le postille del Tasso non hanno veramente un' importanza assoluta; non si estendono oltre al canto XXIV dell' Inferno, nel principio meno rade che
sul fine e critiche in
massima
parte,
non danno materia a commento recano in due o tre luoghi nuove illustrazioni al poema dan;
tesco e dimostrano la squisitezza del
sfuggire
i
l'
ingegno di chi
gusto, tale da
più piccoli nei, o
le
le scrisse
non
è
lasciargli
più minute bel-
lezze.
In questa edizione delle postille
tenne conto oltre che
si
anche dei versi danteschi che
Tasso in tutto od in parte sottolineò fatta dai precedenti editori di
non
ghi
il
luogo poeta,
importanza,
—
cosa
non
che mi sembrò
perchè in molti luo-
semplice tratto di penna posto dal Tasso
una
sotto
secò,
lieve
—e
il
o più parole,
la postilla
ma
il
pensiero di
non sarebbe
dimostra come in quel
fosse rimasta nella
difficile
lui,
che non
penna del si
estrin-
indovinare e ricostruire.
* n De Romanis sbagliò pure l'ordine delle postille confondendo quelle dei canti IX, X, XI, XII.
I
27
Sono chiose mute, tanto eloquenti.
Le
nella
e
mutezza loro pur
*
parole in carattere corsivo rappresentano
le postille
del Tasso
;
sottolineate,
quelle che
recano sotto un tratto di penna senza alcuna nota.
Roma,
aprile 1895.
Enrico Cela ni.
Per il testo abbiamo seguito la lezione data nell'edizione del Giolito perchè le postille spesso si riferiscono ad errori che in altre edizioni non rinvengonsi. '
POSTILLE
Di
TORaUATO TASSO-
CANTO
I
1.
Nel mezzo del camin di nostra vita
2.
Mi
8.
Ohe
4.
Et quanto a dir qual
ritrovai per
una selva oscura,
la diritta via era smarrita. era, è cosa
dura
strada potea dire
7.
Tant'è amara: ohe poco è più morte! Nota,
si riferis-'.e
tanto,
a quanto
12.
Ohe
17.
Vestite già de' raggi del pianeta
la
&
a poco
verace via abandonai.
Elocution di Virgilio
20.
Ohe nel lago del cor m'era durata
22.
Et come quei che con lena affannata,
23.
Po
29.
Ripresi via per la piaggia diserta,
eh' ei posat'
un poco
'1
corpo lasso,
32 U
pie fermo sempr' era
30.
Si che
33.
Che
42.
Di quella fera
46.
Questi parea che contro
il
più basso
.
macalato era coperta.
di pel
la Gaietta pelle,
me
venesse
venesse
53.
Con
la
paura, oh' uscla di sua vista,
paura 60.
attivo
Mi ripingeva
là
ailentia lunae.
dove
'1
Sol tace.
Virgilio Plinio
Lambino saura Ho-
ratio
100.
Molti son gli animali, a cui s'ammoglia, la
/emina s'ammoglia, dunque
il
maschio
si
ma-
rita.
106.
Di queli^ humile Italia epiteto
fia salute,
non opportuno
tolto
da
Vir.
che l'usò op-
portunamente.
tuo me' penso et discerno
112.
Ond'
116.
Vedrai gli antichi spiriti dolenti,
118.
Et vederai
124.
Che quello Imperador, che
io,
per
lo
color,
,
che 8on contenti la su regna,
33 In tutte parti impera,
VAI.
impera, reggere
20
che
non
che
si
—
e regge,
&
quivi regge:
regna par che voglia distinguere
da imperare
e che si
imperi a coloro anche
volentieri tibidiscono come sono
reggano
i
contenti di essere retti.
Oputcoli danU$ehi.
i
diavoli e
CAKTO
5.
SI de l camino,
7.
O
&
si
II
de la pietate,
Muse, o alto 'ngegno hor m'aiutate: Orfeo e Fiatoni.
8.
O
9.
Qui
mente, che scrivesti, ciò si
ch'i' vidi,
parrà la tua nobilitate.
14
Corruttibil' ancor ad immortale
15.
Secol' andò,
Non
&
crede
fu sensibilmente. postillatore così intenda il [poetaff
il
Eoma,
20.
Ch'ai fu de l'alma
27.
Di sua
28.
'Andovi poi
34.
Perchè se del venire
»
vittoria, lo
&
&
del papal
di suo 'mpero
ammanto
.
vas d'elettione,
i'
m'abandono.
Questa annotazione fa cancellata dai Tasso medesimo.
35 87.
Et qual
44.
Rispose del magnanimo quell'ombra
è quei,
che disvuoi ciò che volle,
47.
Si che d' honrata impresa Io rivolve,
18.
Come
51.
Nel primo punto, che
ombra
falso veder bestia, quand'
di te
mi
,
.
dolve.
dolve 52.
Io era tra color, che son sospesi, sospesi
55.
Lucevan la
60.
gii occhi suoi
più che la stella
Et durerà, quanto
'1
moto lontana;
Diuturna lontano diuturno, disse
Tullio fu tradotto
tano silentio
75.
;
assolutamente di Venere
stella,
da
'
diuturni siltntii
sjìositore antico
'
Tacette allhora;
&
poi comincia' io:
tacette
77.
L'humana
90.
De
specie eccede ogni contento
l'altre no;
che non son paurose.
paurose in significato attivo
i18.
Ne fiamma
94.
Donna
d'esto incendio
non m'assale.
è gentil nel oiel, che si
compiange
*
',
che
del lon-
36 95.
Di questo 'mpedimento, ov'
io ti
mando,
ne fiamma non nVassale, due negative non affer-
mano 121.
Dunque che è? ristai
da
perchè, perchè restai?
risto.
122.
Perchè tanta viltà nel cor
142.
Intrai per lo
cammin
al lette?
alto e Silvestro.
CANTO
11.
Vid' io scritte al
vidHo non
sommo d'una
Come
36.
Che visser sanza fama
quando a turbo
&
50.
Misericordia e giustitia
51.
Non ragioniam
55.
Et dietro
le
56.
Di gente,
ch'i
di lor,
venia
si
porta:
come nel Par. fui
io vidi sì
30.
la rena,
III
spira.
sanza lodo.
li
ma
sdegna
:
guarda
lunga
&
tiyitta
non averei creduto
tratta di gente
81.
Infin al fiume di parlar
88,
Et tu ohe
se' costi,
95.
I
"Vuoisi cosi colà,
mi
anima
anima viva quani
trassi.
viva,
l'altre noi siano
dove
si
io,
puote
passa.
38
&
vuole
96.
Ciò che
97.
Quinci fur quete
93.
Al nocchier de
8Ì
più non dimandare.
le lanose
gote
la livida palude, *-*
imit.
mal seme d'Adamo,
115.
Similmente
116.
Gittasi di quel lito ad
117.
Per
il
una ad una
cenni, com' augel per su' richiamo.
il
mal
seme,
ad una ad una come
sovra,
compara-
tione.
Ben puoi saper homai che
129.
'
Un segno
*
Lo
verticale al
stesso per
i
margine
versi 109-120.
'1
suo dir suona.
sinistro riunisce
i
versi
fl4-99»
CANTO
2.
Un greve
tuono,
si ch'i'
mi
IV
ri-
scossi, ris-coaai
7.
Vero
è,
ohe 'n su la proda mi trovai
proda 9.
11.
Che tuono accoglie
d'infiniti guai.
Tanto, che per ficcar lo viso al fondo, viso vista
13.
Hor discendiam qua giù
nel cieco
mondo
19.
Et
20.
Che son qua giù, nel viso mi dipigne
egli a
me:
Virgilio
26.
Non havea 7na che
,
l'angoscia de le genti,
ha pietà, non
pianto,
ma
l'hebhe degli sciaurati.
che di sospiri,
40 28.
Et
30.
D' Infanti,
33.
Hor vo che
eiò avenia di daol senza martiri,
&
di femine,
&
di viri.
sappi, inanzi che più audi,
€mdi
43.
45.
Gran duol mi prese
Conobbi, che
'n
al cor,
quando
lo 'ntesi
quel limbo eran sospesi.
sospesi
49.
Uscicc i mai alcuno o per su' merto, uscieei
56.
Trasseci
l'
ombra
del
uscivi e trasseci
59.
primo parente,
per uscinne
Israel con suo padre,
&
e trassene.
co' suoi nati
nati
Non
lascia vam
67.
Non
era Inng' ancor la nostra via
68.
Di qua dal sommo quand'i vid'un
64.
l'
andar, peroh' e dicessi
;
foco,
95.
Di quel Signor de l'altissimo canto,
96.
Ohe sovra
gli altri, com'aquila, vola.
98.
Volsersi a
me con
salutevol cenno;
;
;
41
I "
fui sesto tra cotanto senno.
ICQ.
Si, oh' i'
107.
Sette volto cerchiato d'alte mura,
112.
Genti v'eran con occhi tardi
117.
Si,
che veder
si
&
gravi,
poten tutti quanti.
123.
Cesar armato con gli occhi grifagni.
124.
Camilla
128.
Lucretia, Giulia, Martia,
132.
Seder tra Filosofica famiglia.
148.
La
sesta
vidi,
&
la Penthesilea
&
compagnia in due
Corniglia,
si
scema.
CANTO
pagne a guaio.
8.
Et tanto più
4.
Stavvi Minos horribilmente
6.
Giudica,
9.
Et quel conoscitor de
dolor, che
& manda
V
&
ringhia
secondo eh'aocinghia.
le
peccata
11.
Cignesi con la coda tante volte,
12.
Quantunque gradi vuol, che giù
sia messa.
tante, quantunqtie
14.
Vanno a vicenda
16.
O
18.
Lassando
22.
Non impedir lo su' fatale andare: Vuoisi cosi colà, dove si puote
23.
ciascun' al giudicio
tu che vieni al doloroso hospitio,
l'
:
atto di cotanto o£Stio,
:
48" 24.
Ciò che
si
vuole,
&
più non dimandare.
*
replicato
28.
I venn'in luogo d'ogni luce
muto
,
la 've 'l sol tace
31.
La bufera
35.
Quivi
38.
Enno dannati
infernal, che
le strida, il
mai non
compianto, e
resta,
'1
lamento:
peccator carnali,
i
54.
Fu Imperadrice
55.
Al
62.
Et ruppe fede
65.
Tempo
66.
Che con Amor
di
molte favelle.
vitio di lussuria fu si rotta,
al cener di Sicheo
si volse:
&
vidi
al fine
'1
:
grand' Achille
combatteo
,
.
Cosi nella morte d'Achille come in quella di Ulisse segue Homero, qui allude all' opinione di Polis-
non
sena.
78.
Per quel amor, ch'ei mena, ei
&
que verranno.
mena
96.
Mentre che
97.
Siede la terra, dove nata fui,
'1
vento,
come
fa, si tace.
nata fui.
» Una linea verticale riunisce è in margine.
i
versi 22-24 e la nota replicato
u 121.
Et
122.
Che ricordarsi
del
123.
Ne
&
eli'
a me: nessun
la miseria;
contro
141.
I venni
maggior dolore
tempo
ciò sa
'1
tu' dottore.
Epicuro
men
cosi,
com'
,
felice
io morisse,
compassione soura gli incontinenti.
CANTO
1.
Al tornar de tornar,
13.
VI
la mente, che si chiuse
si chiuse,
Cerbero, fiera crudele
&
diversa,
Jiera diversa
2B.
Qual' è quel cane; eh' abbaiando agugna,
34.
Noi passavam su per
b
1'
ombre, eh' adona
adona, abbatte
o6.
Sopra lor vanità, ohe par persona.
58.
Io gli risposi: Ciacco
•")9.
Mi pesa
si,
eh'
il
tu' affanno
'
a lagrimar m' invita:
eompassion saura
il
goloso.
' Questi due versi non sono sottolineati dal Tasso te ohe ad essi si riferisce la postilla posta a lato.
ma
è eviden-
46 65.
Verrann' al sangue:
69.
Con
72.
Come che
84.
Se
'1
&
la parte selvaggia
la forza di tal, che teste piaggia.
di ciò pianga,
&
che
n^ adonti.
ciel gli addolcia, o l'onferno gli attosca.
addolcia.
88.
Ma quando
89.
Pregoti, oh' a la
tu sarai nel dolce mondo,
mente
altrui
mi
rechi.
Desiderio di fama. 114.
Venimmo
al punto,
dove
si
digrada
:
I
CANTO
2.
Cominciò Pluto con
7.
Poi
si
VII
la voce chioccia:
rivolse a quelle enfiate labbia,
12.
Fé
16.
Cosi scendemmo ne la quarta lacca,
la
vendetta del superbo strupo.
Iacea
21.
Et perchè nostra colpa
si
ne scipa?
écipa
24.
Cosi oonvien, che qui la gente riddi. riddi
30.
Gridando, perchè tiene e perchè burli ?
38.
Che gente
89.
Questi chercuti a la sinistra nostra.
45.
Ove colpa contraria
è questa
&
se tutti fur cherci
gli dispaia.
48 53.
La sconoscente
60.
Qual
61.
Hor può
65.
O
67.
Maestro:
73.
Colui lo cui saver tutto trascende
94.
Ma
99.
105
non
ella sia, parole
ella è,
fé sozzi,
i
ci
appulcro.
Figliuol veder la corta bufPa
che già
s^
che
vita,
fu,
diss'
s'
di quest'
i
hor mi
lui,
è beata;
anime stanche
&
ciò
di
anche:
non ode;
elegctntisaimo
Quando mi mossi,
'1
troppo star
Entrammo giù per una
via diversa.
via diversa
e
si vieta.
CANTO
10.
Et
17.
Sotto
egli a
'1
me: su per
governo
d'
Vili
succid' onde
le
un
sol galeoto,
Galeoto
Che
28.
gli sia fatto,
&
poi se ne ramarca;
ramarca
Mentre noi corravam
31.
non compatisce
k
aW
la
morta gora,
iracondo
'
45.
Benedetta
50.
Che qui staranno, come porci in brago,
55.
Et
e^li a
colei, oh'
en
te
me: avanti, che
s'
la
incinse.
proda
Questa postilla si riferisce certo ai versi 37-42 ohe hanno una * ^^k-linea verticale sulla siuistra e non al verso 45 come i nell' edi-
^_^
20
—
Opuscoli danittchi.
50 ha nome Dite,
68.
S'appressa la città
70.
Et
77.
Ohe vallan quella terra sconsolata:
78,
La mura mi parea che
io:
Maestro già
e'
le
sue meschite
ferro fosse.
vallan
84.
Dicean: chi è costui, che senza morte
85.
Va
91.
Solo san torni per la folle strada
per lo regno de la morta gente?
94.
Pensa, Lettor,
95.
Nel suon de
96.
Che non
le
:
mi disconfortai
s' i'
parole maledette;
credetti ritornarci mai.
credetti
1 no nel capo mi tentiona
Ili.
Che
113.
Ma
114.
Che ciascun dentro a pruova
118.
Gli occhi a la terra
119.
D' oggi baldanza,
122.
Non
124.
Questa lor tracotanza non
127.
Sovr' essa vedestù la scritta morta:
'1 si,
ei
e
non
stette là con essi guari
sbigottir; eh'
.
;
si ricorse.
& le ciglia havea rase & dicea n'e .sospiri: i'
vincerò la pruova,
è
nuova;
CANTO IX
19.
Questa question
20.
Incontra
25.
Di poco era di
:
la carne
i
fec' io:
me
quei di rado di
nui
la carne nuda,
nuda delP anima
31.
Questa palude, che
32.
Cinge
d'
S6.
Ver
alta torre a la
45.
Guarda, mi
1'
&
mi rispose, che
gran puzzo
'1
spira,
intorno la città dolente,
cima rovente
*
disse, le feroci Brine.
tarine,
48.
Thesiphon
54.
Mal non vengiamrao
'è
nel mezzo;
in
Una linea verticale riaaÌ3ce lettera che sembra un N. '
1
&
tacque a tanto.
Theseo
l'assalto.
versi 37-42 ed a lato vi è u)ia
52 Cosi disse
58.
'1
&
maestro,
egli stessi
egli tteaii,
Che con
60.
le sue
ancor non mi chiudessi.
61.
O
62.
Mirate la dottrina che
63.
Sotto
voi,
e'
'1
havete
gì' intelletti sani, s'
asconde
velame de gli versi
strani.
'
Allegoria manifestata
Per
75.
indi,
ove quel fumo è più acerbo.
per indi
Fin eh' a la terra ciascuna
78.
abbica:
s'
abbica
Ch'
87.
i
stessi fermo,
&
inchinassi ad esso.
co 'l terso caso e senza
mi.
il
91.
O
92.
Cominciò egli in su i 'horribil soglia,
97.
Che giova ne
cacciati dal oiel, gente dispetta,
101.
Et non
127.
Et
fé
egli a
le fata
dar di cozzo?
motto a noi:
me: qui son
ma gli
fé
sembiante
Heresiarche
Heresiarche, Bembo.
Passammo
133.
tra'
martiri
&
gli alti spaldi.
spaldi
'
La
solita linea verticale rianiso3
i
versi 61-6&.
CANTO X
6.
P
Parlami,
&
sodisfammi a miei desiri
.
Idiotismo
15.
Ohe l'anima
col corpo
morta fanno.
fanno
36.
Com' havesse
62.
Colui, oh' attende
onferno in gran dispitto.
1'
là,
per qni mi mena,
per qui 69.
Non
fiere gli
occhi suoi
il
dolce lome?
72.
Supin ricadde:
&
73.
Ma
magnanimo, a cui posta
quell'altro
più non parve fora. *
imit,
82.
>
Et
se tu
mai nel dolce mondo regge,
Linea verticale a lato dei versi 72-76 ed a margine anche per i versi 8)-89 e 100-103.
imit. Cosi
le
parol»
54 88.
Poi c'hebbe sospirando
'1
capo mosso:
mosso
{)}.
Sanza cagion sarei con
gli altri
mosso
,
mosso
101.
Le
ne son lontano
cose, disse, che
;
lontano, avverbio
113.
Fat'
ei
saper, che
1
fai,
perch' io pensava.
CANTO
che
ausi
XI
un poco prima
senso
11.
Si,
26.
Più spiace a Dio:
44.
Biscazza, et fonde la sua facultate,
s'
&
il
però stan di sutto
82.
Incontinentia, malitia et la matta
83.
Bestialitate distingue
;
& come Dante
l'
»
incontinenza incontinenza dalla malitia aia
secondo la materia non secondo V abito
93.
Che, non
Ma
112.
men che
saver, dubbiar m'aggrata.
seguimi horaraai
;
che
'1
gir
mi piace
hora mai
1
Line» verticale
ai versi 26-33, 40-86, 82-^, 100-115.
:
CANTO
25.
XII
Vid' io lo Minotauro far cotale. fcvr cotale
46.
Ma ficca gli
occhi a valle, che s'approccia
approccia
63.
Ditel costinci, se non, l'arco
tiro.
rottinci
^.
Farem
noi h Chiron costà dipresso
:
di presto
due nature son consorti, '
84.
Ove
95.
Dann' un
122.
le
Tenean
de' tuoi, a cu' noi
la testa,
&
siamo a provo,
ancor tutto
'1
casso
1
Una
linea vertioale riunisce
i
versi 73-82.
casso:
CANTO
^.
I'
XIII
credo, eh' ei credette, eh' io credesse,
prima persona
36.
Non
40.
Come
41.
Da
42.
Et cigola per vento che va via;
hai tu spirto di piotate alcuno?
d'
l'un
un
stizzo verde, che arso sia
che da l'altro geme,
d' e lati,
furto delV Ariosto
43.
Si de la scheggia rotta usciva
44.
Parole
&
tiieiva
55.
E
56.
Oh'
57.
Perch'
sangue: ond'
i
i
'l
sing.
&
voi
non grave,
un poco a ragionar m'
Liaea verticale
cima
pur lontano
col dolce dir m' adeschi,
non posso tacer:
Desid. di
*
si
inseme
lasciai la
parole accorda co
tronco;
'1
i
fama
ai versi 55-67.
inveschi. '
68 honor tornare in
69.
Oh' e
70.
L' animo mio per disdegnoso gusto,
^.
Ch'
i
lieti
non
potrei
:
tristi lutti.
tanta pietà m' accora.
pietà de gli homieidi di sé
stesso.
&
91.
Allhor
92.
Si converti quel vento in cotal voce:
93.
Brevemente sarà risposto a
soffiò lo
tronco forte,
voi.*
103.
Come
114.
Oh' ode
117.
Che della selva rompean' ogni
l'altre
poi
verrem per nostre spoglie,
le bestie
&
le
frasche stormire.
rosta.
rosta
128.
Et quel dilacerare a brano a brano;
132.
Per
138.
Soffi col
le rotture
sanguinenti in vano.
sangue doloroso sermo
* Una linea verticale rinnisce scritto t'mif [azione].
i
'?
versi 91-fó e in
margine à
CANTO XIV
8.
Dico, che
arrivammo ad una landa,
landa
12.
Quivi fermammo
14.
Non
d'
i
altra foggia
piedi a randa a randa.
fatta che colei,
colei a cosa inanimata
22.
Supin giaceva in terra alcuna gente
;
alcuna gente supin 29.
Pioven
84.
Perch' e provide a scalpitar lo suolo
37.
Tale scendeva
42.
laeotendo da se l'arsura fresca.
di
fuoco dilatate falde,
1'
eternale ardore
:
iscotendo
'
Una
linea v«rticale riunisce
i
versi 34-36.
'
60 45.
Ch' a l'intrar de la porta incontro uscinci,
&
47.
Lo
'incendio,
48.
Si,
che la pioggia non par che
51.
Gridò; guai
55.
O
59.
Et me
i
fu' vivo, tal
saetti di tutta
'1
torto,
mat uri?
son morto
s'egli stanchi gli altri a
di,
&
giace dispettoso
muta
a
.
muta
sua forza,
non con
61.
Alhora
62.
Tanto, eh'
'1
Duca mio parlò
i
non
1'
avea
di forza
si forte
udito
:
eia.'
67.
Poi
si rivols' 'a
me con
69.
Ch* assisser Thebe,
70.
Dio in dispregio;
&
miglior labbia,
hebbe,
et poco par
&
par eh' egli
che
'1
habbi;\.
pregi.
scherzi
79.
Quale del Bulicame esce
87.
Lo
90.
Ohe sopra
'1
ruscello,
cui sogliare a nessun è serrato,
se tutte fiammelle
ammorta.
• Il De Bomanis, nota qui; Non ao quel ohe ai dicano questo tre lettera segnate cosi. Noi Piò, ohe io credo da plus usiamo dire alcuna volta ridendo ad una qualche rodomontata, o altra caricatura, a meno che sia per imitazione di quella esplosione
ohe fanno le vesciche. — Tutto questo per avere letto male una postilla che s'incontra parecchie altre volte!
61 9G.
Sotto
'1
casto
quale
si
cui rege fu già
mondo
'1
non par che convenga à V
casto
.
età del oro nella
viveva licentios amente,
111.
Et sta 'nsu quel, più ohe
113.
D' una fessura, che lagrime goccia,
115.
Lor corso in questa
116.
Fanno Acheronte,
123.
Perchè
ci
'n
su l'altro, eretto,
valle si diroccia,
Stige,
&
Flegethonta
appar pur a questo vivagno?
:
CANTO XV
2.
E
4.
Quale
5.
Temendo '1 fiotto, che 'nver lor s' aventa, Fanno lo schermo, perchè '1 mar si fuggia;
6.
fummo
'1
i
del ruscel di sopra adhuggia
Fiaminghi tra Guizzante
et
'21.
Come
22.
Cosi adocchiato da cotal famiglia,
24.
Per
35.
Et
39.
Sanz" arrostarsi,
44.
Per andar par
45.
Tenea, com'
1'
lo
vecchio sartor fa ne
lembo,
se volete, che con voi
quando
huom
Non puoi elo.
m' asseggia,
'1
ma
foco
'1
feggia.
il
capo chino
che reverente vada.
comp. non del simile
56.
cruna.
guai maraviglia?
e gridò:
di lui;
1p.
Braggia
ma
deWistesto
fallire a glorioso porto
;
63 ^2.
Ohe discese
65.
Et
66.
Si disconvien frnttare al dolce fico.
76.
In cui riviva la sementa santa
81.
De
92.
Pur che mia conscienza non mi
è ragion
1'
ab antico,
di Fiesole
;
che tra gli lazzi sorbi
humana natura
men
posto in bando
garra,
100.
Ne per tanto
112.
Colui potei, che dal servo de' servi
di
Desiderio di
'
Questa postilla
si
fama
parlando
vommi
'
riferisco alle
za però alcun richiamo.
:
ultime terzine del canto sen-
CANTO XVI
3.
Simil a quel, che r arnie fanno, rombo
&
vecchie da le fiamme incese;
11.
Recenti
13.
A
15.
Disse: a costor
17.
La natura
19.
Ricominciar, come noi ristemmo,
•21.
le lor
grida
il
mio dottor
si
s'attese,
vuol esser cortese.
del luogo
Fenno una ruota
,
i
dicerei
visaggio
25.
Cosi rotando ciascuno
Drizzava a me,
28.
Et se miseria d'esto loco sollo
si,
ej_
di se tutti e trei.
26.
ioli»
;
eh'
il
en contrario
il
collo
65 Cominciò
30.
l'
uno, e
'1
ti-isto
aspetto
&
brollo
;
brollo
Questo, T orme di cui pestar mi vedi,
34.
41.
E
42.
Nel mondo su dovria esser gradita.
43.
Et
Teggiaio Aldobrandi, la cui voce
io,
che posto son con loro in croce,
fama '
pietà
Quando
84.
ti
gioverà dicer: io fui
Desiderio di
124.
Sempr' a quel ver,
125.
De l'huom chiuder vero
'
e*
ha faccia
e'
ha faccia
le
i
—
,
menzogna
.
ei potè;
di menzogna
versi 52-57.
20
di
labbra quant'
Questa postilla è posta a lato
nisce
;
fama
Opuscoli Danteschi.
di
una
linea verticale che riu-
CANTO
XVII
6.
Vicin al
7.
Et quella so^za imagine
13.
Due branche havea
33.
Per ben cessar
39.
Mi
disse,
marmi.
fin de' passeggiati
pilose insia
la rena
hor va,
&
di froda
&
la
P
ascelle:
fiammella;
vedi la lor mena.
mena 59.
In uaa borsa gialla vidi azurro,
60.
Che
di leon
havea faccia
&
contegno.
91.
I m'asseta 'in su quelle spallacce:
92.
Si volli dir,
93.
Com
'i
ma
la
'
voce non venne
credetti: fa che tu m' abbracce.
119.
Far sotto noi un mirabile
121.
Alhor fu
io
più timido a
stroscio,
lo
scoscio
;
^ I versi 85-87 hanno una linea verticale sulla destra e a margine la lettera B, (che il De Romanis interpreta per 6eZ7o); quelli 100-108 e 115-120 la linea verticale e la solita parola im: dal 124 al 136 la sola linea senza alcuna postilla.
CANTO XVIII
5.
Vaneggia un pozzo assai largo ,
&
profondo,
Di cui su' loco conterò l'ordigno.
6.
il loco
conterà
Et ha distinto in diece valli
9.
il
fondo.
12.
La
14.
Et com'a
18.
Insin al pozzo, ch'ei tronca e racco gli.
21.
Tenne a
35.
Vidi
37.
Ai come facean lor leccar
'
I
parte, dov'è
tai
rende figura;
&
io dietro
mi mossi;
cornuti con gran ferce:
hanno
senza alcuna postilla.
sol,
fortezze da lor sogli
sinistra;
Dimon
versi 28-36
1
lo
'
berze
la aolita liuea vortitale
Similmente
i
versi 52-57.
che
li
riunisce
68 47.
Bassando
'1
Buffian
66.
Roffian, qui
72.
Da
73.
Quando
ma
viso;
si
poco
li
valse:
vergogna:
non son femine da conio.
quelle cerchie eterno ci partimmo. noi
fummo
là,
dovrei vaneggia
85.
Quant' aspetto reale ancor ritene
86.
Quelli è (jiason, che per cuore
87.
Li Cholchi del monton privati fene
92.
Isilile
93.
Che prima tutte
96.
Et anco di Medea
99.
Saper,
ingannò
&
!
&
per senno-
la giovinetta, l'altre
si
havoa 'ngannate.
fa vendetta.
di color che 'n se assanna.
103.
Quindi sentimmo gente, che
114.
Che da
129.
Si
gli
human
si
nicchia
privati parea mosso:
che la faccia ben con gli occhi attingile Ruffiano
si
vergogna
CANTO XIX
9.
Ch'a punto sovra
'1
mezzo fosso piomba.
&
11.
Che
14.
Piena
20.
Rupp'io per un che dentro v'annegava:
mosti-' in terra, in cielo,
25.
Le piante Per che
27.
Ohe spezzate havorian
32.
Guizzando più ohe
33.
Diss'io:
Da
37.
Et
45. 46.
mal mo«do.
la pietra livida di fori
26.
36.
nel
eran' accese a tutti intrambe:
si forte
&
guizzavan
le giunte,
ritorte
&
gli altri suoi
strambe.
con sorti.
cui più rossa fiamma succia?
lui saprai di sé, e de' suoi torti. io: tanto
m'è
bel,
quant'a
te piace:
Di quei che si piangeva con la zanca. qual che se' che '1 di su tien di sotto,
O
70 52.
Et
53.
Se tu già costi ritto Bonifatio?
ei
gridò
;
se'
tu già costi ritto, ,
costì ritto
qual non temesti torre a 'nganno
5n.
Per
65.
Poi sospirando,
70.
Et veramente fui
71.
Cupido
lo
si
&
con voce
di
pianto
fìgliuol de l'orsa
,
,
per avanzar gli oraatti,
108.
Puttaneggiar co
112.
Fatto v' havete Dio d'oro & d'argento: Et che altr'è da voi a l'idolatre.
113.
i
regi a lui fu vista:
Idolatre et heresiarche maschi in è contro Vosaer-
vatione del Bembo.
quanto mal fu matre,
Ilo.
Ai Constantin,
117.
Che da
12).
Forte spingava con
122.
Con
si
di
te prese il
primo ricco pntre!
ambo
le piote.
contenta labbia sempre attese
CANTO XX
9.
Che fanno
le
letane in questo mondo.
principio del casso;
12.
Ciascun tra M mento e
27.
Mi
29.
Chi è più scelerato di colni,
39.
Dirietro guarda,
disse
:
'1
ancor se tu de
&
gli altri sciocchi?
fa ritroso calle.
Dante ha pietà de
gli indovini e
Virgilio
prende.^
45.
Ohe rihavesse
49.
Hebbe
50.
Per sua dimora: ond'a guardar
57.
Ond'un poco mi
70.
Siede Peschiera bello
'
le
maschili penne.
tra bianchi
marmi
la spelonca le stelle
piace, che m'ascolte.
&
forte arnese
Qaesta postilla dovrebbe forse porsi
al verso 25.
il
ri-
72 75.
Et
78.
Fin' a Governo, dove cade in Po.
79.
80.
Non molto ha corso, che traeva una lama, Ne la qual si distende, & là 'mpaluda,
95.
Prima che
97.
Però
99.
La
fassi
t^
fiume giù pe' verdi paschi.
la
mattia da Casalodi
assenno che se tu mai odi
verità nella
menzogna
111.
In Aulide a tagliar
117.
De
le
la
prima fune.
magiche frode seppe
119.
C'haver inteso al coio
120.
Hora vorrebbe; ma
126.
Sotto Sibilla Cain
128.
Ben
130.
Si
frodi.
&
il
giuoco.
a lo spago
tardi si pente.
&
le spine.
ten' dee ricordar, che
non
ti
nocque
mi parlava: & andavamo introcque.
CANTO XXI
4,
Ristemmo per veder
6.
Et
l' altra
fessura
vidila mirabilmente oscura.
7.
Quale ne
8.
Bolle l'inverno la tenace pece
l'
Arzanà de Vinitiani
Arzanà 13.
Chi ribatte da proda
&
chi da poppa
32.
Et quanto mi parea ne Fatto acerbo
33.
Con
l'ale aperte,
Destro su
36.
Et
ei
&
,
sovr'a pie leggero.
l'ale.
tenea de' pie ghermito
38.
Ecc'un de
39.
Mettete
41.
Ogni huom v'è
45.
Con tanta
'1
:
gli
il
nerbo.
antian di santa Cita
sotto; ch'i torno per
:
anche
barattier, fuor che Bonturo;
fretta a seguitar lo furo.
74 51.
Non
54.
Si,
60.
Dop'uno scheggio, ch'alcun schermo
6B.
Perch' altra volta fui a tal baratta.
<ì6.
Mestier gli fu
69.
Che
72.
Ma
far sovra la
che, se puoi,
pegola soverchio.
nascosamente
d' haver
ei
t'
s'
arresta
:
gridò: nessun di voi sia fello.
74.
Tragas' avanti l'un di voi, che m'oda,
75.
Et poi
78.
Et venn' a
89.
Tra
90.
Sicuramente homai a
93.
Si ch'io temetti
95.
Oh'uscivan patteggiati di Capro na,
98.
Lungo
li
haia
sicura fronte.
ove
di subito chiede,
accaffi.
di roncigliarmi si consigli .
dicendo
lui
:
c he gli
approda?
scheggion del ponte quatto quatto,
'1
mi'
me
non tenesser
Duca;
& non
Et rispondean
114.
Anni compier, che qui
si, fa,
patto.
torceva gli occhi
chi glie n' accocchi
102.
:
ti riedi.
la via fu rotta.
.
I
76116.
A
124.
Cercate 'ntorno
126.
Che tutto
131.
Non
132.
Et con
riguardar,
s'
alcun se ne sciorina:
le
bollenti pane:
'ntero va sovra le tane.
vedi tu, che di grignan le ciglia
li
denti:
ne minacciali duoli?
134.
Lasciali di grignar pur a lor senno.
135.
Ch'ei fanno ciò per
136.
Per l'argine sinistro volta dienno
li
lessi dolenti. :
CANTO XXII
2.
Et cominciare stormo
&
gnaldane
5.
O
6,
Ferir torn eamenti,
9.
Et con cose nostrali,
Aretini,
&
&
vidi gir
& muover &
15.
Co
18.
Et de
21.
Che s'argomentin
22.
Talhor
cosi
30.
Cosi
ritrahean sotto
31.
Io vidi;
i
santi,
&
i
:
ghiottoni.
che 'ntro v'era incesa
di
campar
ad alleggiar
anco
,
giostra,
con istrane
in taverna co
la gente
si
far lor mostra,
il
cor
i
.
lor legno;
la pena,
bollori.
me
n'accapriccia,
452.
Uno
-a5.
Gli arroncigliò le 'mpegolate chiome,
aspettar cosi, com'egl' incontra.
IT 41.
Gli unghioni a dosso
che tu
si,
44.
Ohe tu
45.
"Venuto a
man
48.
I fui del
regno di Navarra nato
i
scuoi
lo
:
sappi, chi è lo sciagurato
de gli aversari suoi.
fui nato, stede la terra dove nata fai, io
nato
t cresciuto
50.
Ghem'havea generato d'un
52.
Poi fu famiglio del buon
5.3.
Quivi mi misi a far baratteria,
Ee Thebaldo:
60.
Et disse
63.
Saper da lui; prima ch'altri
66.
Sotto la pece?
67.
Poco
è
:
state 'n
&
là,
mentr'
quegli;
da un che fu di
ribaldo.
i'
io lo 'n forco.
'1
mi
disfaccia.
partii
la vicino
,
.
69.
Ch'i non temerei unghia, ne uncino.
7.5.
Draghinazzo ancho
74.
Giù da
75.
Si volse intorno con
le
i
volle dar di piglio-
gambe; onde
'1
mal
decurio loro piglio.
ciglio
95.
Ohe stralunava
98.
Incominciò
lo
gli occhi per ferire,
spanrato appresso,
fui-
78 104.
Quando
109.
Ond'ei, c'havea lacciuoli a gran divitia,
118.
O
126.
Però
127.
Ma
128.
Non potoro avanzar;
130.
Non
138.
Irato Calcabrina de la
140.
Ad
142.
Lo caldo sghermidor
t.43.
com'è nosbr'uso
sgffolerò,
tu che leggi, ndirai nuovo ludo
Ma
si
mosse
&
gridò: tu
se'
.
giunto.
a poco valse, che l'ale al sospetto
quegli andò sotto,
altrimenti l'anitra di botto,
artigliar
ben
lui;
buflEa,
& amendue subito fue:
però di levarsi era niente.
era niente di levarsi come aopra, nulla sarebbe di tornar più auso.
CANTO XXIII
2.
N'andavam
5.
Lo mi
l'un dinanzi,
Che cane a quella levre
34.
Già non compie' di
44.
Snpin
45.
Ohe l'un
48.
Quand'ella più verso
60.
Piangendo,
78.
Voi, che correte
87.
Poi
ai
Una
eh' egli acceffa,
^
tal consiglio rendere,
diede a la pendente roccia, de' lati a l'altra bolgia tura.
&
le
pale approccia,
nel sembiante stanca
si
&
per l'aura fosca;
volsero 'n se;
seco di
'
l'altro dopo,
pensier per la presente rissa,
18.
si
&
&
dicean seco
più
linea verticale riunisce
i
versi 22-27.
;
vinta.
80
Ma
97.
voi chi siete, a cui tanto distilla,
102.
Fan
cosi cigolar le lor bilance.
114.
E
frate Catalan, eh' a ciò
124.
Allhor vid'io maravigliar Virgilio
125.
Sovra colui ch'era disteso in croce
130.
Onde
'1
noi
s'
amendue posciamo
accorse,
uscirci
,
uscirci
132.
Che vegnan
d' esto loco
a dipartirc i.
dipartirci
134.
S'appressa un sasso, ohe da la gran cerchia
138.
Che giace
140.
Poi disse: mal contava la bisogne
144.
Ch'egli è bugiardo,
148.
Diatr'a le poste de le care piante.
in costa,
&
&
nel fondo soperchia
padre
di
'
menzogna
poste
*
Bisogne,
il
Tasso corregge T
.
é finale in a.
.
CANTO XXIV
1.
In quella parte del giovanett' anno
4.
Quando
la brina in su la terra
,
assempra
assempra
Ma
6.
poco dura a la sua penna tempra,
&
12.
Poi riede,
18.
Et cosi tosto
20.
Lo Duca
a
la speranza
al
me
ringavagna
mal giunse
si
lo 'mpiastro;
volse con quel piglio
ciglio
46.
Homai convien che
47.
Disse
'1
cosi
ti
spoltre,
maestro: che seggendo in piuma
54.
Se col su grave corpo non s'accascia
56.
Né 20
—
basta da costoro esser partito: Oputcoli danUaehi.
.
,
82
&
62.
Ch'era ronchioso, stretto
64.
Parlando andava per non parer fievole
73.
Da
74.
Che com'i odo quinci & non intendo,
75.
Cosi giù veggio,
83.
Di serpenti,
95.
Quelle fioca van per leren la coda
99.
Là, dove
l'altro cinghio,
'1
&
&
&
malagevole,
dismontian
;
muro;
lo
niente affignro.
di si diversa
collo a le spalle
105.
In quel medesimo ritornò
120.
Che
mena,
s'
annoda.
di butto.
cotai colpi per vendetta croscia
.
voce finta
122.
Perch' ei rispose
129.
Ch'io
132.
Et
136.
Ladro a
*
Una
'1
vidi
di trista
:
i
huom
piovi di Thoscana,
già di sangue et di corrucci.
vergogna
si
dipinse.
la sagrestia de' belli arredi,
linea verticale riunisce
i
verai 145-151.
'
NOTE ALL'EDIZIONE DI GAETANO MAIOOCHI
CANTO
I,
V. 4.1
—
E
notissimo che
il
Tasso ra-
pito spesso nello scrivere dalle idee e dai pensieri,
ebbe, però in lievissime cose, a restare molte volte
E qui, se non erro, ne abbiamo un nuovo argomento, perchè non poteva aver ingannato dalla mano. luogo in quel
sommo
intelletto
una tanta stranezza,
quale sarebbe quella che una strada possa in sé tre capirne
gendo
:
come bisognerebbe pur supporre
terzetto dell'Alighieri
il
colla
al-
leg-
variante pro-
posta dal Tasso, che verrebbe anche in certo
modo
ad apporsi
senso
alle intenzioni del
poeta intorno
al
allegorico che volle riporre sul vocabolo selva.
però avviso che quando
stese
la
mirasse alla voce via del terzo verso.
conosce
le originali scritture dei
meravigliare di questo
'
Io
presente postilla
Chi per poco
classici
non vorrà
frequento trascorrere della
Per migliore intelligenza del lettore il numero posto Malocchi è stato sostituito con quelli del canto
alle note dal
« del verso
ai
quali la nota
si riferisce,
{E. C.)
86
mano
sondo proprio dell'uomo tratta
di Torquato,
dall'impeto della fantasia lo scrivere talvolta
Né
in guisa dissimile dal suo concetto. noseritti,
ma
de tipografiche,
ma
delle
Non
penne
esempio)
che dalla
Remigio Fiorentino,
il
parlo delle men-
originali.
credo che alcuno vorrà negare (mi
stria e
ma-
soli
quel che più, molte stampe ponno pre-
starne prova incontrastabile.
sto solo
i
cose
mano
Né
io
permetta que-
si
stessa
di
quel
quale traslatò con tanta mae-
bontà di favella
le epistole
di Ovidio,
non
provenga l'abbaglio, che tuttora leggiamo in quel luogo della VII, ove
si fa
dire a Didone:
Mìsera me! che '1 mio cognato ancora Cerca bagnar la scellerata destra Del sangue mio, che già macchiata e tinta Fa di quel del mio tanto amato sposo.
Se non avesse scritto cognato in luogo di fratello, che tale fu ad Elisa l'assassino di Sicheo, Pimma-
come poteva far quello scambio il tipografo, come non doveva accorgersene Remigio nel rivedere i fogli di quella prima edizione del 1555 da
lione; e
lui dedicata a Pier
Francesco Ginori ?
In parecchi
esempi, che avrei potuto addurre, mi è piaciuto di recar questo, perchè dopo
ben diciotto edizioni
di
quel classico volgarizzamento, rimane tuttora scorretto questo passo, che,
anche senza
il
soccorso del-
la mitologia, col solo riscontro del testo latino po-
teva emendarsi.
L'Editore non soddisfatto piena-
mente intorno a questa postilla, volle consultarne il M. A. Parenti, la cui risposta si pubblica
eh. prof.
87 in questo luogo, onde f
I
i
lettori
possan conoscere
il
sensatissimo avviso di un tant'uomo.
Amico Riv.mo.
" " " di
"
Ripensando
penna, che vi
so al primo
presenta nelle postille del Tas-
il
me pare
pensiero del critico,
il
invece
quale ab-
bia voluto censurare di mala corrispondenza
" rire
con-
-
una via
Talmente
" incerta,
i
due ultimi versi; perciocché dallo smar-
" cetti dei
"
si
equivoco, o piuttosto allo scorso
terzetto di Dante, a
"d'intravedervi "
all'
il
che
diritta
ne conseguirebbe più natu-
torcere per il
una via una
obliqua, oscura,
trovarsi per
"dicessi: Tornai sulla via retta,
selva.
Cosi s'io
perchè
m'avvidi
"d'essere declinato per una via torta,
"potrebbe sembrar più giusta che
la
causale
se' dicessi: per-
"
che m' avvidi di essere in una selva.
"
nare qual esser potesse
"
intendo
"
taccia di cavillazione, presupporrei eh' egli avesse
"
incominciato a scrivere come oziando e distraen-
"
dosi dalle sue tetre melanconie.
Neil' accen-
idea del Tasso, io non
per
anzi
giustificarla,
Modena, 24 giugno
l'
difenderla
dalla
Vale. „
1829.
amico M. Ant. Parenti.
Il vostro aiF.mo
CANTO lib.
I,
V. 17.
—
Forse riguarda
6 ove descrivendo gli Elisi dice
campos aether
CANTO
I,
et
lumine
V. 53.
che in questo luogo
— "
vestii
:
al
passo del
Largior hic
purpureo.
Osservò pure
il
Magalotti
paura con bizzarra significa-
88 zione vale spavento in significato attivo, ed è forse l'
unico esempio che se ne trovi
(Div. "
Com. Padova,
tip. della
Il
De Romanis
Minerva, 1822) nota:
Maniera cercata nella nobiltà
arditi,,.
„
de' pensieri alti ed
Vi corrisponde l'addiettivo pauroso
spes-
so adoperato per orribile.
CANTO
I,
—
V. 60.
Non ho
sott'
occhio
il
co-
mento del Lambino sopra Orazio, che avrei consultato volentieri per vedere se, come dubito, il Tasso lib. 16, cap. 39,
quem
alii interluniij cUii silentis
lunae
scambiasse le parole di Plinio,
diem (coitus lunae)
appellant, con quelle di Virgilio, Aeneid,
per amica
silentii
a chi non
meno
lunae.
Cosa
facile
v. 255,
2,
ad accadere
dell'Alighieri vegliava sulle pagine
immortali del Mantovano poeta.
CANTO
II, V. 60.
—
Le
parole di Cicerone qui
addotte, son quelle colle quali incomincia l'Aringa
per M. Marcello; e
il
ricordato
volgarizzamento
bbiamo unito
all'
pendio da ser
Brunetto Latini,
alla pag. 73, cosi
l'
cia la sua versione
Lione, 1568, ove
ignoto antico traduttore incomin:
"
Questo presente giorno, Signori
Senatori, ho posto fine al mio lontano tacere, io
ma
lo
Etica di Aristotile ridotta in com-
il
quale
ho tenuto a questi tempi non per alcuna paura, parte per dolore, e parte per vergogna
„.
Tor-
quato fu dei pochi che nel suo secolo seppero francarsi dalla troppo ristretta scuola del
Bembo.
di se ne usciva dai vaghi labirinti per spaziare
in quelle venerabili selve, dove
i
Quin-
anche
buoni e svegliati
89-
ingegni san trarne quei leggiadrissimi
fiori,
che sul
beato e semplice sorriso della natura spuntarono a
perpetua
vita.
CANTO
V. 93.
II,
— Si tolgono nel
verso osser-
vato le due negative considerando che qualche volta
adoperarono
gli antichi
matici.
che
nh invece della congiun-
il
zione e; di che veggansi
vocabolario, ed
il
Avverte poi a questo luogo
i
gram-
De Romanis
il
codice Caetani legge E.
il
CANTO
—
III, V. 11.
Il
Tasso stesso in quella
veramente magistrale Lezione sopra
il
sonetto di
Monsignor Della Casa Questa vita mortai, ecc. ci somministra il cemento della postilla con queste pa-
Dante ancora nel primo canto del Paradiso, qual si conosce che fu da lui accuratamente po-
role il
lito,
:
"
come
prende, Fui
;
nel del, che piit della
che ridire;
e vidi cose
io,
questa maniera accomodare cose che ridire cali,
:
colore oscuro,
ma
come
fece
vidi,
III, V. 88.
cosi
ste parole, se
il
—
:
il
con-
sua luce
potendo in
Io fui, e vidi
concorso delle vo-
posposto avesse mag-
Queste parole di
sommo
come acconcia
per dir meglio, come guasta
E
verso
altrove:
Vid' io scritte al
potendo dire Io
CANTO
il
piacque
gli
che quell'/o
giudicò
gior forza, si
di Dio.
commette
tutti gli altri principii,
corso di molte vocali
il
d' il
Ruscelli
Perchè morte
può interpretarsi
l'
una ]wrta ; Ruscelli,
o,
„.
alla grazia
allegoria di que-
mai Dante avesse voluto riporvela.
90
Notò egregiamente
il
Magalotti, esponendo
il
sensa
non disse da codeste, perchè come anime eran vive disse da codesti, cioè uomini, dei "
letterale, che
;
quali
potea veramente dire che fossero morti
si
CANTO
VI,
V. 34.
—
„.
Corregge per avventura
il
LaDdino, che interpreta V Adona per raguna, e confosse costretto dalla rima a
Che Dante non
grega.
confermar cosi
il
verbo Adunare, come opinò, con
un moderno grammatico^
alcuni altri commentatori,
può vedersi nelle dette annotazioni dei Deputati scrittore di lui
al
Se ancor vivesse l'ultimo accennata
Decamerone.
avrebbe ora potuto sapere che sta contro
anche
certamente non era un
Tasso, che
il
pedante.
CANTO
VI,
passione sopra
V. 65. il
goloso
senza sottolinearli:
Verranno
al
—
Forse
rimpetto
sangue per notarne là,
come relativa a queste ultime VI,
V. 88.
Tasso notò comai
versi 58 e
59
che avrà fatto nelle parole
il
copista, senza pensare più in
CANTO
il
la frase.
Il
buon
riportò la postilla
parole.
'
— Torquato nel dicembre del
1578, tre mesi dopo ch'ebbe
fatte
queste
postille,,
scrivendo in Torino quel suo grave ed elegante dialogo Della Nobiltà,
che solo basterebbe per farlo
conoscere altissimo
filosofo,
della
*
Fama,
Il
ciò
dichiarava,
ove tocca
che in questo luogo veniva accen-
Maiocchi suppose
il
vero, Cf. nota a pag. 45.
91:
Ascoltiamo dunque
nando.
le
Antonio
sue parole.
Forni ed Agostino Bucci sono
introdotti a ra-
gli
gionare: Ant. Si potrebbe dire ch'ogni fama, qua-
lunque
miglior del suo contrario, cioè
sia, è
non esser conosciuto Dante,
:
e ciò proverei coli' autorità di
qual pone ne' dannati
il
Onde non
ardentissimo.
del
il
desiderio di fama
sol la desidera Pier delle
Vigne, che perseguitato dalla meretrice delle Cortr
mori per disdegnoso gusto Credendo col morir fuggir disdegno.
Né
sol se
ne mostra desideroso Brunetto Latini
terato grande, e altri siffatti, che nel
let-
mondo furon
di
come Ciacco parassito è di lei cupidissimo, del quale altra fama non si poteva spargere che
alcun pregio
;
di goloso e di bevitore.
E, ricercando io fra
la cagione, perchè finga che
ma non
che
d' altro
Ma
soddisfaccia. la
fama
l'
me
del male, non la trovo tale che si
mi
potrebbe dire che
ombra dell' essere onde perchè qualunque egli si sia, per;
essere,
anche non è inconvenevole che desideri
ciò
stesso
dannati desideran la fa-
per avventura
è quasi un'
ciascun desidera
i
buona, o non buona che
sia.
E
il
la
fama
desiderio dell'es-
sere è tanto, eh' io sento affermare da alcuni teologi
che
i
dannati tutto che sian crucciati da tormenti
grandissimi ed eterni, non vorrebbon però non essere.
Ag. Di
ed
io
per
di
non
ma
me
ciò è questione
affermo che
essere,
in quanto
i
grandissima tra teologi,
dannati posson desiderare-
non considerando il non essere per sè^ non essere è privazione di pena. On-
il
92 de
potrebbe dire a questa somiglianza che
si
rei
i
dovrebbono desiderare di non essere famosi, non per-
dendo to
il
non esser famoso per sé
vergogna
egli è privazion di
ma
stesso,
in quan-
nascondimento
e
dì
Ant. Quel che voi dite è tale, eh' io non posso non approvarlo, ma io non veggio come per esso si
fallo.
Ond'
Dante.
possa difender
io
direi
che è spogliata di tutti
contaminate tutte ser
i
eh' essendo
,
come quella
l'essenza de' dannati imperfettissima,
ed ha
doni della grazia
le doti della natura,
non può
es-
capace di bene se non imperfettissimo, e per
questo desiderio la fama, la quale, essendo ombra d' essere, è
conseguentemente ombra
ove voi dite che
di
bene.
fama rea
la privazione della
vrebbe desiderare come nascondimento di
si
Ed do-
fallo e pri-
vazione di vergogna, rispondo che questa dottrina
molto
non
confà con l'autorità di Dante; perciocché
si
tutti
i
gognosa
ma
dannati desideran fama,
mente che son
quelli sola-
alcuna colpa non del tutto ver-
rei d'
al giudicio degli uomini, fra quali é la fama.
Onde alcuno
si
vergogne, e non
dipinge di triste
vuole esser veduto;
altri
risponde che non parle-
rebbe, se credesse di parlar con persona che dovesse
tornare al mondo; ed dice che mal
brama anzi capo
le
si
altri,
del suo contrario, ed essendoli tratte dal
ciocche de' capelli, sopporta piuttosto
lore che la
vergogna
di palesarsi.
desideran fama, sono Abati,
essendoli promesso fama,
lusinga per quella strada, e che ha
almeno
biamo accennati.
i
i
traditori,
fraudolenti,
Ne
ciò finge
E
il
questi che
do-
non
come Bocca degli
come
gli altri
che ab-
Dante senza ragione,
93 perchè egli pone il
colmo del vizio nella frauda, e
il
colmo della fraudo nel tradimento
ditore è
che
'1
tra-
peggior di tutti gli altri dannati ed an-
il
Ma
più vile.
il
che
si
;
dannati non
i
fama, e tale è Pier delle brandi, Guido
desideran la
vili
Vigne, Tegghiaio Aldo-
Guerra, Iacopo Rusticucci,
tutti Farinata degli Uberti,
nell'inferno le virtù morali,
e
sovra
quale attribuisce sin
al
quando dice
Bispose del magnanimo quell'ombra, Si
che
fama.
ninna maraviglia
Ben
si
sia grandissimo, è
il
Ma
come che non
vizio della gola,
nondimeno vilissimo, onde
ancora che gli è data è s'
desideran
costoro
potrebbe dubitare come la desidera
Ciacco, perciocché
Che
se
è,
tale,
che di
la
pena
lui si dice
altra è maggior, nulla è si spiacente.
aveva alcuna parte buona,
forse Ciacco
la
quale egli desiderava che fosse rinnovellata nella
memoria degli uomini
„.
leggiamo di lui nel Landino;
Infatti
che fu uomo assai eloquente e pieno
d'
"Dicono
urbanità e
di motti e di facetie e di soavissima conversatione „.
CANTO
IX,
V.
127.
vertenza vedremo che
—
Da
un'altra simile av-
lo spirito della
accennare che questa terminazione in
presente
è di
di voce
ma-
e
schile nel
numero del più (maniera alcuna volta an-
ticamente
praticata)
Bembo quando
sfuggi
alle
del
osservazioni
disse sulle sue Prose, lib. 3.
"
Ma
94
qualunque delle vocali cada
tuttavolta, in
del
meno
pre in
i
Anche
cade.
Bembo
luogo del seguenti
—
:
"
il
numero
Castelvetro notò a questo
Dante ha
nomi maschili
fatto
CANTO gioli che;
X,
V. 6.
terminare in
i
„.
— Nota ingegnosamente
"l'espressione a miei desiri è
che riguardo a miei desiri
lo stesso
e
— della prima declinazione
greca, dicendo idolatre, omicide
'è
il
nelle voci del maschio, quello del più sem-
il
Pog-
elittica,
ed
„.
—
CANTO e seg.
XIII, V. 42. Orlando Furioso, VI, 27 Ricorda pure questo luogo della Divina Co-
media
il
canto
XXXIV,
v. 9,
10 e 11.
Il
amava
in ogni suo scritto di mostrarsi
mo
Dante,
di
imitatore
si
compiaceva ancora
sommo Lodovico,
il
memoria, ne
la
Tasso che
studiosissi-
di riconoscerne
e però correva a farne
buona logica consente che
il
signi-
questa voce furto, pronunciata qui dall'im-
ficato di
mortale cantore della Gerusalemme, s'abbia a cercare in altro luogo che nella lingua de' grandi poeti,
ove suona
lo stesso
che imitazione.
chiameremmo maligno
Il
perchè noi
e del tutto privo della cono-
scenza delle opere e della vita di Torquato, chi per questa postilla osasse dargli nota d'invido.
La no-
biltà di queir animo, superiore ad ogni vile passio-
ne, ebbe
pur troppe
manifesta. fossero
E
state,
e
lagrime voli occasioni per farsi
se piaciuto fosse a
documento luminosissimo, sto luogo, in
Dio che queste non ai posteri un
ne rimarrebbe sempre e
il
più acconcio per que-
quella lettera ad Orazio Ariosto, che
95
m
alcune rime non dubitava di attribuirgli senza
alcuna riserva la corona e "
italiano.
principato del Parnaso
il
Se questa corona
(gli
poetato, cosi
oiFertami
come non
non
rispondeva) è una
non ignobilmente ha
di quelle che si donano a chi
oserei di attribuirlami, così
Ma
la ricuso.
se voi, dopo
ch'avete
occupata la tirannide d'Elicona, volete riformar leggi antichissime, né vi piacciono tante corone;
distruggendo tutte
premio
1'
altre,
una sola ne riserbate per
che
soprano, questa
dell'eccellentissimo e del
ne anche offertami accetterei giudizio de' dotti, e del
le
ma
io
da
Ella già dal
voi.
mondo, e del parere, non
me stesso, il quale, se non annovenon debbo almeno essere escluso dal stata posta sovra le chiome di quel vostro,
d'altri, di
rato fra dotti,
mondo,
è
a cui sarebbe più
difficile il torla,
torre ad Ercole la mazza. la
mano
non
mano malvagia
riceverà volentieri
virtù?
il
e
ma
ma empio
nipote? e chi
contaminata di sceleraggine
segno e
Dunque né da
tanto ardisco,
l'
ornamento della sua
voi io l'accetterò, né per
tanto non
Milziade spesso
il
destavano dal
i
trofei
quelli
stro
le
eguali, o simiglianti,.
Ed
di
sonno, né questo
avveniva perché disegnasse egli distruggerli;
perchè desiderava d'alzarne per sua gloria che
me
Quel buon
desidero.
Greco, che vinse Serse, soleva dire che
gli
il
in quelle chiome venerabili? vorrete esser
solo temerario giudice,
poi da
che non era
Ardirete voi di stender
io
ma
altri a
non negherò
corone semper florentis Homeri, parlo del vo-
Omero
ferrarese,
non m'abbiano fatto assai non per desiderio
spesso noctes vigilare serenas ;
90 ch'io abbia mai avuto di sfiorarle, o sfrondarle, ina forse per soverchia
non
eguali, se
per conservar
d'acquistarne altre, se
voglia
non simili, lungamente
(userò le vostre
almeno che fossero
tali
metafore)
senza temere
verde,
il
gelo
il
della
morte
„.
(Tasso, Opere, Venezia, X, 192).
CANTO
XIV,
—
V. 62.
piuttosto, avvisando che
Interpreterei la P. per
Tasso abbia voluto accen-
il
nare che avrebbe letto volentieri: Allor lo
Duca mio
parlò di forza.
Cangiamento dal quale mi sembra che il verso acquisti più robustezza, e si accomodi meglio alla forza del concetto.
CANTO XIV, gli altri,
— Disse pur Giovenale, fra
V. 96.
siccome nota
Venturi
il
Saturno rege, moratam
CANTO
XVII,
:
Credo pudicitiam.
in terris.
V. 85.
—
I versi di
Dante
nifestano che questo segno indica Bello.
ma
ta di approvazione,
centi edizioni di Milano
XVIII,
ma-
tutta intera, fatta dal Tasso
in più luoghi del Convito, si
CANTO
ci
Simile no-
V. 6.
può vedere sulle
—
re-
Padova.
e di
Havvi
chi legge:
Di cui, suo loco, dicerò l'ordigno.
Così quel
suo
loco
Certe frasi intermedie
varrebbe come a suo luogo.
vanno accostanparticella reggente sua
al discorso
dosi al latino, rigettando la
grazia, vostra mercé, colpa di
:
lui,
ecc.
97
CANTO XX,
—
39.
V.
Pare che sempre giusta
"
sia la compassione, la quale si porta a coloro,
i
quali
sono condannati dal giudizio degli uomini, perchè, quantunque per altro fossero scellerati, mentre sene di
qua veggiono aperte
la quale le
Che prende
ma
di
coloro,
dannati,
braccia della divina bontà,
ciò ohe
si
rivolve a
lei,
che dal giudizio di Dio sono con-
ingiusta
è
le
ha cosi grandi
Cosi
„.
Tasso
il
nel
dialogo
Della Pietà.
CANTO
XXII,
—
V. 48.
Frasi dantesche che
si
rinvengono nella prima cantica.
CANTO XXII,
CANTO XXIV, stille sul codice
cancellato
come
il
al e.
toscana.
V.
—
143.
V. 20.
Inferno, IX, 57.
— Chi esemplò queste po-
Chigiano avverte che
piglio stampato.
XXII,
il
Tasso aveva
Correzione arbitraria
per non avere inteso la frase
v. 75,
Certi sdrucciolamenti degli uomini grandi
servono, se non altro, di lezione ai piccoli criticuzzi
che vanno senza piombo
CANTO XXIV,
V.
a'
120.
qui in senso metaforico.
piedi.
— Intendasi:
voce usata
INDICE
Prefazione di T. Casini
7
Avvertenza dell'editore
23
Postille di T. Tasso
29
Note
all'edizione di
Gaetano Maiocchi
85
University oi Toronto
Library
Acme
Library Card Pocket
LOWE-MARTIN CO.
Limited