Nel sacco del pastore Periodico della Parrocchia di Gesù Bambino n. 12 ottobre 2013
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TI AMO PERCHE’ LO SENTO: una concezione debole dell’amore! Cari amici, nell’ incontro con il clero in san Giovanni in Laterano nel settembre scorso, il papa è intervenuto sull’argomento dei divorziati risposati e, come al solito, i giornali non hanno perso tempo a tirare giù articoli dove, delle parole del papa, rimaneva ben poco. Dato che ero presente di persona a quell’incontro, riassumo brevemente quanto papa Francesco ha detto rispondendo ad una domanda avanzata da un sacerdote sulla riammissione alla Comunione dei coniugi di seconde nozze, successive ad un divorzio. Innanzitutto il papa ha fatto notare che il problema non è se riammettere o no alla partecipazione alla santa Comunione tali persone, ma di ben altro tipo. Egli ha richiamato una affermazione di Benedetto XVI, secondo la quale la metà dei matrimoni celebrati in Chiesa è nullo per mancanza di conoscenza (che tradotto in altri termini, a mio parere, significa una maggiore apertura a prendere in considerazione le richieste di nullità matrimoniale). Il papa ha poi raccontato un episodio della sua vita passata, della difficoltà di una persona, che chiedeva appunto la nullità del suo matrimonio, nel dovere percorrere trecento km per raggiungere il tribunale interdiocesano e nel dovere al contempo ottenere un intero giorno di permesso dal lavoro (che, sempre a mio parere e in altre parole vuol dire che se non si rende la pratica di nullità matrimoniale più accessibile nei tempi, nei luoghi, nei costi, si scoraggiano anche i più volenterosi e soprattutto si privilegia chi ha molte cartucce da sparare), cose tutte che non facilitano appunto l’andare incontro a chi, facendo la vita onesta di tutti gli uomini, non ha tanto tempo o denaro per affrontare un procedimento complesso. Infine il papa ha sottolineato che è necessario trovare una soluzione a chi è in seconde nozze e desidera vivere la piena comunione con la Chiesa e che a tal pro-
posito avrebbe nominato (come credo abbia già fatto) una commissione cardinalizia per studiare le vie possibili da percorre. Tuttavia il papa ricordava anche un’altra importantissima necessità, e cioè che la Rivelazione non si può stravolgere e va rispettata e che la strada da fare è molto lunga (che sempre a mio parere e tradotto in semplici parole, vuol dire che non ci sarà il divorzio cattolico, cioè la possibilità di sciogliere un matrimonio valido in tutti i suoi elementi di forma e contenuto….quanto invece hanno erroneamente sbandierato i giornali, interpretando ed estrapolando in modo parziale ed univoco le parole del papa). Che dire di tutto questo? Che quando c’è la volontà di dare risposta favorevole ad un quesito e ad un problema, c’è anche la speranza che si possa da un lato trovare il modo di andare incontro a tante coppie, che da anni vivono le seconde nozze dopo una separazione e dall’altro non infrangere i principi Rivelati, secondo cui un matrimonio validamente contratto non può essere semplicemente cancellato, dato che la Chiesa non ha questo potere. A noi sacerdoti, oltre che confidare nella sapienza di questo splendido pontefice, il compito di accogliere con umanità, affetto, misericordia e verità, chi vive situazioni di fallimento di un matrimonio e ha ricostituito una nuova famiglia, con figli, etc., e allo stesso tempo impegnarci a fondo nella preparazione dei fidanzati alle nozze e nell’accompagnamento delle giovani coppie. Quell’affermazione di Benedetto XVI, circa l’invalidità di tanti matrimoni celebrati nel sacramento per mancanza di conoscenza, resta tremendamente vera e riflette la concezione debole dell’amore, che soggiace attualmente alle nozze religiose e alle nozze in genere. Tale concezione debole fa corrispondere il sentire all’amore, escludendo dal cammino dell’amore l’uso dell’intelligenza: la verità e l’esistenza. dell’amore hanno il loro criterio nel sentimento. Ma i sentimenti sono mutevoli e spesso contraddicono le
scelte, che in passato abbiamo fatto con interiore convincimento. L’intelligenza, non senza i sentimenti, invece progetta, custodisce, ripara, attende, previene e soprattutto riflette. È con la forza dell’intelligenza, che taci invece di offendere, pazienti invece di pretendere, comprendi quando vorresti essere compreso, ascolti quando vorresti stare da solo in pace. L’intelligenza dice che l’amore cresce e matura anche grazie ai valori umani: la sincerità, l’onesta, la gratuità, la generosità, la magnanimità. Il sentimento (magari perché siamo soltanto giù di corda), da solo non basta a mettere al centro di un rapporto tutto questo, non basta per aspettare che torni il sole dopo le nuvole. Ma la cosa peggiore della concezione debole dell’amore è pensare che il matrimonio sia una specie di focolare romantico, dove si sta al calduccio, dove tutto deve andare bene, al riparo dalla durezza del vivere relegata necessariamente
al di fuori delle mura domestiche. Purtroppo non è così. Accanto alle dolcezze dell’amore, della casa, dell’intimità coniugale, la felicità conseguibile nel matrimonio deve fare i conti con durezze che abitano proprio dentro casa nostra e che è illusorio pensare non esistano o che a noi non capiteranno. La riuscita di un matrimonio e la crescita del legame di coppia passa per vie dolorose di umiliazioni, ferite, sofferenze, sacrifici, rinunce e spesso è proprio chi amiamo a procurarceli. L’amore, cari amici, è vita, sì, ma questa vita si raggiunge attraverso vita e morte. Questo è il significato più profondo del matrimonio cristiano e questo è l’insegnamento più puro che Cristo Gesù ci ha lasciato sulla croce: donarci agli altri fino a morire per essi, che nella via del matrimonio significa: io scelgo te, non solo al posto di tutti gli altri, ma anche al posto di me stesso. Don Gianfranco
La giornata missionaria: ci viene richiesto un gesto concreto di solidarietà a sostegno delle esigenze dei più poveri Il 27 ottobre nella nostra parrocchia si celebra la giornata missionaria, una giornata cioè dedicata a ricordarci di tutti i nostri fratelli che abitano in paesi dove la situazione politica, unita spesso all'estrema miseria, non permette loro di avere una vita degna di essere vissuta, né tantomeno di professare liberamente la fede. A farci riflettere sulla realtà di tutto ciò sono le notizie che in questi giorni giungono da Lampedusa riguardanti l'ennesimo tragico epilogo di un viaggio di migranti provenienti quasi tutti dai paesi del corno d'Africa ed in special modo dall'Eritrea. Che la situazione economico-politica dell'Eritrea fosse tragica forse si sapeva, ma i mezzi di comunicazione di massa non se ne sono mai molto interessati ; soltanto su qualche rivista " di nicchia" si poteva trovare qualche notizia più precisa. Ora invece notizie riguardanti l’Eritrea, la sua situazione politica, il suo endemico stato di carestia sono riportati dai più importanti organi di informazione. Su Avvenire di domenica 6 ottobre c’è tra l’altro un interessante articolo su un’intervista rilasciata da Sheila Keetharuth nominata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu Special Rapporteur sui diritti umani in Eritrea. L’intervistata fa sapere che nel paese l’unica informazione che circola è quella governativa, dopo gli arresti di giornalisti avvenuto nel 2000; che non esiste libertà di opinione, associazione, assemblea. In carcere sono finiti, oltre ai giornalisti, esponenti governativi, amministratori locali, professori, cittadini comuni, tutti colpevoli di aver espresso opinioni critiche al regime. I giovani vengono forzatamente arruolati nel ser-
vizio militare ancor prima di aver terminato le scuole superiori e per una durata illimitata: per cui è per loro impossibile intraprendere una professione o farsi una famiglia. Nelle campagne rimangono donne vecchi e bambini incapaci di prendersi cura da soli di campi e bestiame con conseguente aumento di mancanza di cibo. E’ una terra, conclude Sheila Keetharuth, dove non ci sono più speranze e dalla quale i giovani fuggono con ogni mezzo, sfidando ogni difficoltà, pur consapevoli del tragico destino cui possono andare incontro. Noi fortunati che viviamo nel benessere non possiamo però rimanere inerti a guardare e a compiangere: è necessario fare ognuno nel nostro piccolo qualcosa per dare la speranza di un futuro alla terra eritrea e al suo bellissimo popolo. Nella nostra parrocchia è attiva dal 2006 la Onlus Amanida che si è impegnata a sostenere un asilo proprio in Eritrea, nella città di Barentù ed un piccolo ambulatorio medico ad Asherà, ai quali periodicamente, tramite mons. Thomas Osman vescovo della eparchia di Barentù, vengono inviati fondi. In occasione della giornata missionaria i soci di Amanida vogliono ringraziare la parrocchia per il sostegno che offre alla onlus , consentendole lo svolgimento di eventi finalizzati alla raccolta fondi ed invitano chi volesse dedicare un po’ del proprio tempo libero alle attività della onlus stessa, a mettersi in contatto con Rita (3475040119), Titti (3402634230) o Gabriella (3331221932) .
Il ritiro del Gruppo Famiglie A metà settembre, come ogni anno, il Gruppo Famiglie della nostra Parrocchia ha passato due giornate a Porano Abbiamo iniziato il nuovo anno ritrovandoci a Porano. E’ un appuntamento ormai fisso per noi del Gruppo Famiglie. Due giornate che dopo le distrazioni estive serve a evidenziare di nuovo nelle nostre menti bersagli e obiettivi. Si arriva un po’ tutti disorientati a metà settembre, quando gli appuntamenti sembra che ci rotolano addosso: il caldo, la pausa lavorativa, qualche gelato di troppo e qualche nipotino affidato alle nostre cure giorno e notte e forse per qualcuno qualche serata in cui si è tirato troppo in là, hanno cambiato le abitudini di tutti. E così è bello arrivare ad un cancello aperto, un lungo viale tra i castagni, silenzioso e ombroso e ritrovare tra un prato, una fontanella, un refettorio e due strutture dormitorio, una cappellina, sempre la stessa dopo tanti anni, con lo stesso altare, gli stessi piccoli arredi…. lo stesso odore. Andavamo a Porano anche con Don Tonino e quando è cambiato il Parroco subito ci siamo chiesti: “E adesso quello nuovo dove ci porterà, sempre che abbia voglia e tempo di continuare ad organizzare un ritiro per il nostro gruppo?” Pensate che faccia abbiamo fatto, quando qualcuno, più telematico, smanettando su internet, ci ha comunicato che il nuovo Parroco era nato a Porano…. Quest’anno eravamo più del solito: cosa questa che ci riempie di gioia perché non ci rendiamo conto come mai un’esperienza così preziosa non veda una maggiore adesione: stare insieme in un ambiente più che confortevole, con quattro o cinque suore che si danno da fare per preparare cibi vari e abbondanti, cucinati spesso con i prodotti del loro orto e tutto questo ad un prezzo più che “politico”, e soprattutto vivere insieme da fratelli i temi che ci vengono proposti da un Parroco che si trova “a casa sua” e che quindi sembra essere parte di quell’atmosfera. In questo ritiro il te-
ma proposto era “La celebrazione eucaristica”, un po’ perché quest’anno abbiamo meditato lungo il corso degli incontri mensili sui sacramenti e all’appello mancava, appunto, l’Eucarestia, e un po’ perché cercare di capire come è strutturata la Messa rende la nostra partecipazione domenicale più sentita, più condivisa. “La Chiesa fa l’Eucarestia e l’Eucarestia fa la Chiesa” sono state le prime parole da meditare. La comunità cristiana da una parte è fondata sull’Eucarestia, dall’altra sgorga dall’Eucarestia. In essa si ritrova sottolineata la dimensione di essere insieme passato, presente e futuro. Nello stesso tempo memoriale, ben più che un semplice ricordo storico, ripresentazione reale dell’evento stesso, attualizzazione ogni giorno del sacrificio compiuto da Gesù proiettato con la resurrezione nell’attesa del suo ritorno. Porano è anche questo, ascoltare, ma anche fare proprio, perché accanto alle catechesi c’è anche il momento della meditazione personale, magari davanti al Santissimo o passeggiando tra i viali. Ma c’è anche l’allegria di ritrovarci insieme, in un vero spirito di famiglia, in cui i più piccoli possono giocare guidati da ottime baby sitter, e poi le risate, tante, che rendono lo stare insieme davvero una gioia.
Cresimandi in ritiro: la testimonianza di due catechiste ...
4-6 ottobre:
cuore, nella presenza dei momenti di riflessione e di preghiera condotti da Don Lorenzo.
i ragazzi della nostra parrocchia che il 20 ottobre riceveranno la Cresima, sono in ritiro ad Assisi!
Quindi tra una partita e l’altra, con il nostro Don portiere impenetrabile, è questa l’atmosfera che i ragazzi hanno respirato in quei giorni e che ha fatto di una gita un ritiro. E’ nei momenti di riflessione che è venuto fuori il cuore e una consapevolezza nuova nelle risposte alla domanda “Chi è Gesù per te?”.
Che dire, solo chi l’ha vissuta può capire appieno l’esperienza di una “uscita” con un gruppo di quattordicenni. E’ un turbinio di emozioni continue in una delle loro prime esperienze fuori casa, li aiuta a crescere, cementa amicizie…. debilita gli accompagnatori! in un continuo susseguirsi di lamenti e insofferenze per qualsiasi cosa non sia gioco o cibo (ma non quello dell’albergo, nooo.. quello di tutti i Mc e le pasticcerie che incontravano sul cammino!). Ma per fortuna ci sono le notti, tranquille notti in cui si ammucchiano coperte in una stanza da 5 per farla diventare da 9 con il conseguente “allegro cinguettio” risonante per l’albergo, notti in cui verso le 3 i ragazzi cercano di prendere il caffè dalle macchinette per non cadere nella tentazione del sonno! (con gli altri ospiti dell’albergo svegliati in piena notte entusiasti dell’idea, come ci hanno ben spiegato la mattina dopo). Il sacerdote e le catechiste, distrutti, “sull’orlo di una crisi di nervi”, evitano però, grazie all’affetto che li lega ai ragazzi da 5 anni e a una grande fede nel Dio dell’Amore, di risolvere alcuni problemi attraverso l’omicidio. Fin qui tutto nella norma di una gita con i ragazzi, ma il nostro è stato un ritiro, dove sta la differenza? La differenza sta nella presenza del sacerdote, nella meta, Assisi, scelta per la sua alta spiritualità, nella sequela di San Francesco che ha fatto di Dio la sua unica ragione di vita nella vera libertà del
“Ritiro” è isolarsi per guardarsi nel profondo, per acquisire la consapevolezza del sacramento che si riceverà. Chi più, chi meno, anche a quest’età. E anche quando, in alcuni casi, sembra che tutto ciò che in loro parla di Dio taccia, che il telefonino sia l’unica cosa veramente necessaria al mondo, che McDonald’s sia l’unica meta per la quale valga la pena di spendersi, lo Spirito che agisce e soffia dove vuole, arriva, inarrestabile e magari non oggi, non il 20 nel giorno della Cresima, ma un domani, verrà accolto e agirà nelle loro vite. E’ questa la nostra certezza, la certezza di ogni catechista. Ah! non vi abbiamo detto della grande grazia che abbiamo ricevuto appena arrivati ad Assisi!! In un ritiro prenotato un anno fa, quando nulla si sapeva di Papa Francesco, ci siamo ritrovati, appena arrivati al suo incontro con i giovani a Santa Maria degli Angeli! Ancora con le valigie abbiamo ascoltato le sue parole, camminando verso l’albergo l’abbiamo visto passare a pochissimi metri da noi e abbiamo ricevuto il suo bellissimo sorriso! L’incontro del Papa con i giovani! L’inizio perfetto per il nostro ritiro. Ringraziamo Dio, è stata una grande grazia, davvero grande, come lo sono per noi questi ragazzi che affidiamo con gioia al soffio dello Spirito!
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hanno seguito i ragazzi durante il percorso di preparazione
’esperienza di Assisi ha sempre qualcosa di speciale. Gli affreschi di Cimabue, Cavallini e Giotto non bastano a spiegare il fascino di questa cittadina medievale. La nostra Parrocchia organizza, ormai da diversi anni, il ritiro per i giovani cresimandi in questa città così suggestiva ed emozionante. Ma il ritiro di quest’anno è stato ancor più speciale in quanto abbiamo potuto vedere Papa te i quali non solo si cerca di preparare Francesco, anch’egli in visita ad Assisi. i ragazzi al sacramento della Cresima, ma soprattutto, come spesso ha sottoliIl ritiro con i cresimandi è un’esperienneato Don Lorenzo, a far suscitare in za molto importante che arriva dopo sé e a vivere la bellezza dell’essere cricinque lunghi anni di cammino, duranstiani. Durante il nostro ritiro abbiamo visitato la Porziuncola, dove nel silenzio di quelle mura, Don Lorenzo ha potuto spiegare l’esperienza di San Francesco e l’importanza del perdono, che fa di tale luogo una realtà della misericordia di Dio. Sono sicura che ogni ragazzo porterà sempre nel cuore l’esperienza di questo ritiro, porterà nel cuore la città di Assisi che, come ha detto Papa Francesco, è una grazia. Assisi ha la capacità di farti sentire bene.
Pellegrini con l’ombrello... chiuso Il 5 ottobre una settantina di parrocchiani hanno partecipato al pellegrinaggio al santuario di Santa Rita a Cascia e alla gita alla cascate delle Marmore Previsioni del tempo catastrofiche caratterizzavano la casellina dei siti meteo relativi al 5 ottobre… e chi, meno telematico, aspettava i bollettini del tempo prima del TG, non poteva che scuotere la testa. Ci eravamo da tempo prenotati per la gita a Cascia e alla cascate delle Marmore e ci rendevamo ben conto che con l’acqua a catinelle, che veniva promessa da ogni parte, non sarebbe stato lo stesso. Ma la Parrocchia può contare su baldi giovanotti e giovanotte che non ostante la loro età danno dei punti ai timorosi ragazzetti che si spaventano anche di una goccia d’acqua. E invece siamo tornati vittoriosi! Saliti su un pullman grosso e uno piccolino, perché si era sforato il numero dei 60 partecipanti e si è provveduto a prenotare un secondo pullman, non appena il motore ultrarombante del primo e poco rombante dell’altro sono stati accesi, la pioggia è cominciata a cadere, per fermarsi un paio di ore dopo, quando siamo scesi per la prima “sosta tecnica” che prevede colazione e bagno. A Cascia i nuvoloni neri hanno coperto la nostra ascesa al monastero e al santuario dedicato a santa Rita, senza darci fastidio, come del resto per l’intera giornata. Prima della Messa di mezzogiorno, un tragico annuncio: il ristorante a causa del maltempo non poteva contare su posti all’aperto, cosicché avremmo potuto entrare solo per le 14,30! Neanche questo ci ha sconvolto! Per occupare il tempo dell’attesa in modo proficuo è stato proposto un rosario, lì nel santuario. Ed è stato bello recitarlo lì, dove ognuno prega per quelle grazie
“impossibili” di cui santa Rita si fa portavoce…. In quel santuario, sempre affollato e pieno di rumore di gente, che spesso non è abituata a stare in chiesa e che si muove e chiacchiera anche durante la Messa, in un’ora in cui tutte le persone normali vanno a pranzo, è sceso un profondo silenzio in cui si muovevano appena le nostre sussurrate Ave Maria e i gorgoglii delle nostre affamate pance. E le nostre preghiere diventavano quasi palpabili: tutti quegli “impossibili” erano lì, concreti, veri, quasi toccabili. Il pranzo, manco a dirlo, è stato apprezzatissimo anche perché il ristorante è stato raggiunto dopo un giro tra negozi e negozietti di salami, funghi secchi, salsicce e spezie che con i loro profumi stuzzicavano il nostro stomaco in cui i succhi gastrici si erano già abbondantemente agitati. Poi, le Marmore. Che dire? Uno spettacolo maestoso, anche spaventoso, di potenza, di fragore: uno scroscio d’acqua che sembrava di lontano ben delineato, quasi dise-
gnato nei contorni, ma che invece, per i più avventurosi che hanno voluto salire per i sentieri, i ponticelli, le scalette, si è dimostrato frastagliato in milioni di spruzzi, di getti nebulizzati che ci hanno completamente innaffiati. Cosicché, se la pioggia non c’è stata, per alcuni è come se si fossero messi sotto un temporale! Ma lo spettacolo era tale che qualcuno ha potuto esclamare: cose così le ha potute fare solo il Signore! Tornando da una gita parrocchiale si fa sempre un bilancio: ci diciamo sempre che se fossimo stati da soli le cose le avremmo viste meglio e ne avremmo viste di più; ma
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l’atmosfera che si respira, di condivisione, di buonumore, di allegria è tale che, se anche qualche volta dobbiamo esercitare un po’ di pazienza, il vantaggio che ne traiamo è sempre assicurato.
Un salto di qualità….. sull’altare
omenica 6 ottobre Dario ha ricevuto dalle mani del nostro parroco, Don Gianfranco, la veste bianca del ministrante: è passato dalla "Talare" rossa con sopra la "Cotta" bianca all' "Alba" . Così viene chiamata la nuova veste ricevuta, come passaggio successivo nel cammino del servizio Liturgico all'altare. E' un segno importante per la nostra comunità, non solo per la costante dedizione e continuità nel servizio all'altare dimostrata da Dario negli ultimi anni , ma anche un grande esempio per i suoi coetanei: non è facile, purtroppo, trovare ragazzi di quell’età così dediti al prossimo, pronti a testimoniare Cristo non solo sull'altare ma anche nella quotidianità. La veste bianca, lunga fino ai piedi che caratterizza i ministranti adulti rievoca quella veste bianca che abbiamo tutti ricevuto con il Battesimo, segno del cambiamento avvenuto e della nuova dignità conferita dal sacramento appena ricevuto. La frase che allora pronunciò il sacerdote non possiamo ricordarla, ma riecheggia in noi tutte le volte che assistiamo al Battesimo di un bambino: “Sei diventato nuova creatura e ti sei rivestito di Cristo. Questa veste bianca sia segno della tua
nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza macchia per la vita eterna”: ci ricorda quindi che siamo tutti “rivestiti di Cristo” e che con la veste ricevuta in dono, Dio ti investe, appunto, di una missione che sarà la nostra strada. Nella stessa giornata avrebbe dovuto ricevere l'Alba anche Fabrizio, ma purtroppo è rimasto bloccato a casa da una brutta influenza, ma si provvederà quanto prima a riconoscere anche a lui il suo impegno nella comunità.
Evviva le giovani famiglie: La testimonianza di una sposa, neomamma , che ricorda l’esperienza del “corso prematrimoniale” e riflette sull’importanza di continuare il cammino iniziato allora Dall’ultima domenica di ottobre, una volta al mese, le giovani coppie saranno invitate ad iniziare un percorso che prevede un breve incontro sulla parola di Dio, la partecipazione comunitaria alla Messa e un momento di conoscenza e convivialità. Sono invitate tutte le coppie che abbiamo conosciuto durante il corso prematrimoniale, i genitori dei bambini che si sono affacciati in Parrocchia in occasione del Battesimo dei loro figli e soprattutto le giovani famiglie che non hanno mai avuto l’occasione di entrare nei locali parrocchiali.
C'era così tanta neve nei giorni in cui stavo per dare alla luce la mia bambina, un anno e mezzo fa, che quasi temevo di restare bloccata in macchina. Una settimana prima che la piccolina nascesse, il 3 febbraio, nel giorno della grande nevicata a Roma, avevamo davvero rischiato. Mio marito ci aveva scherzato su: "Domani saremo in tutte le pagine di cronaca: la piccola Fiocco di Neve è nata in un bar di Via Cola di Rienzo, mentre fuori infuriava la bufera...". Otto giorni dopo, la sera in cui la piccolina stava per nascere davvero, l'unico tempo che avevamo era quello di correre senza ansia. Avrei voluto chiamare mia madre, mio padre, i fratelli, e anche il gruppo parrocchiale. E invece siamo rimasti in due, silenziosi, divisi da una porta, io con la paura e la curiosità, mio marito pure. Non vedevamo l'ora di rivederci in tre. Avrei voluto avere la forza di telefonare a tutti nostri amici, i "tutor" del corso prematrimoniale, le altre giovani coppie che in questi anni abbiamo conosciuto. Altri parenti, altri zii con cui condividere una gioia grandissima, forse aspettata in silenzio anche da loro. Un giorno qualcuno mi ha insegnato che per diventare mamma occorre prima concepire nella testa e nel cuore e poi nella pancia. Così ogni giorno spero di meritarmelo, di essere madre. Mi sono chiesta anche se sono una buona moglie. Non posso rispondermi da sola. Spero di fare bene anche questo, ma spesso sono soprattutto i consigli di chi ha più anni e molta esperienza in più ad aiutarti. Sapere di continuare il "corso prematrimoniale" è
un po' come un'àncora nei momenti meno tranquilli che una coppia, vuoi o non vuoi, deve affrontare. E soprattutto all'inizio del matrimonio non tutto è facilissimo. Abbiamo voluto proseguire l'esperienza del corso prematrimoniale, perché il "corso" successivo lo potevamo scegliere senza scadenze e documenti da presentare. Quando sai di doverti sposare, quel famoso "corso" è un obbligo, e noi come molti ci siamo avvicinati a quell'impegno con un misto di dubbi e di diffidenza. E invece (posso esagerare con la parola?) ecco il piccolo "miracolo" avvenuto in parrocchia. Quel passaggio - anche se formalmente non "obbligatorio" - ci ha conquistati da subito, e quell'appuntamento del mercoledì si è trasformato immediatamente in "obbligatorio" ma non per burocrazia, bensì per il piacere di esserci. Il confronto con altre coppie giovani, il racconto dei nostri "tutor", le parole di Don Gianfranco ci hanno convinti che avevamo ancora bisogno di tutto
Un gruppo di fidanzati alla fine del percorso di preparazione:
questo. Anche dopo il fatidico sì. Avevamo e abbiamo ancora bisogno di confronti, consigli, sorrisi, racconti di vita, ironia... E quasi sempre, alla fine di questi incontri, ci confessiamo con un po' di pudore che tante delle cose raccontate da noi stessi in queste occasioni non avremmo avuto la forza, la serenità, o addirittura il coraggio di raccontarcele tra di noi, a tavola o a letto. Anche perchè i momenti da dedicarsi sono spesso pochi, frettolosi, frenetici. Ecco perchè, ancora oggi, ci lasciamo calamitare con gioia da quel richiamo, da quelle serate che mescolano preghiere e sorrisi, meditazioni e battute, confessioni e... pasticcini! Una miscela vincente e irrinunciabile, non trovate?
TORNANDO A CASA Non ci si può allontanare per pochi giorni dalla Parrocchia, perché ogni volta troviamo qualche novità ad aspettarci! E’ passata un’altra estate e rientrare nella nostra chiesa dopo aver “sperimentato” la Messa nelle località di mare o di montagna, fa sempre un bell’effetto. Se non fosse un paragone un po’ prosaico, si potrebbe dire che è come quando si ritorna a casa propria e si infilano le pantofole! Naturalmente lo sguardo spazia qua e là, perché prima di ritrovare un po’ di concentrazione, bisogna verificare se tutto sta come l’avevamo lasciato. Ma naturalmente il Don non se n’è stato pancia all’aria tutta l’estate – e sì che l’avrebbe proprio desiderato! Alzando lo sguardo c’è un chiarore nuovo, perché tutto il soffitto della chiesa è stato ridipinto e sono finalmente spariti i baffi scuri intorno ai bruciatori per il riscaldamento. Ok, il resto appare tutto come prima. Cerchiamo di metterci tranquilli a ritrovare il filo della preghiera. Ma pian piano ci accorgiamo che c’è qualcosa di diverso: un rumore lieve, uno stillicidio di acqua, anzi un gocciolio … di più, uno scroscio che ci chiama alla curiosità. Andiamo a controllare da dove viene quel rumore nuovo. Ed è lì, fuori dalle porte, in un angolo dove non guardavamo più, perché era l’angolo del disordine, dove abitava il freddo e l’umidità: quel pezzo di cortile dove arri-
va la scala che scende da via val di Fiemme. Quando ci capitava di scendere in chiesa da quella parte, ci eravamo abituati a non alzare neanche lo sguardo dall’ultimo gradino alla porta della chiesa; un po’ perché in quella scala ristagna sempre un po’ di umidità, proprio perché è esposta a nord e se non si guarda dove si mettono i piedi, non si sa mai come va a finire e un po’ perché non c’era proprio niente da vedere! E invece ecco: piante rigogliose fanno da corona ad una fontana con tanto di zampillo centrale intorno ad un groviglio marmoreo di foglie di acanto e grossi pesci rossi nuotano felici nell’acqua fresca. Che dobbiamo dire? essere cullati dall’acqua ci rilassa, tanto che ci sembra a volte di stare immersi in una seduta di rilassamento. Va tanto di moda il traning autogeno, la bioenergetica, lo yoga, che a volte ci scopriamo a respirare assecondando il ritmo dello zampillo. Beh l’augurio è che il rumore degli spruzzi e degli schizzi non smuova tanto l’apparato idraulico dei fedeli in preghiera, così che il bagno della sacrestia possa risultare insufficiente e si debba necessariamente provvedere alla costruzione di numerosi gabinetti per i più devoti.
Il drappello dell’accoglienza
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eh, tra le tante idee che il nostro Don ha realizzato da quando è con noi, una certamente ha coinvolto gli interessati trasformando la loro vita: fare parte del “drappello dell’accoglienza”. Si tratta, sia detto per i disattenti, di una decina di giovanotti attempati ai quali il don ha a suo tempo affidato il compito di una presenza mattutina tra sacrestia, chiesa, cortili che dovrebbe garantire da una parte la vigilanza della chiesa e dall’altra il disbrigo di faccende e faccenduole il cui numero lievita ogni giorno di più. Ma chi sono questi individui? Le definizioni – è inutile dirlo – sono state varie nel corso del tempo…. “Vigilantes”, “guardiani del tempio” ,“giannizzeri”, “volontari”… ma qualsiasi definizione non esprime il concetto giusto. E poi, mica sono tutti uguali! E pure i loro compiti, sono diversi. E così ognuno di loro, svolge il proprio compito con una accentuazione a seconda delle proprie inclinazioni. C’ è il mite che si riconosce nei compiti più umili, come grattare la cera sciolta dal porta candele munito di una palettina o passare la scopa sulla rampa … c’è il creativo che riesce a infiocchettare le mansioni più noiose trovando sempre uno spunto originale… c’è il pratico che va al sodo e non accetta consigli da nessuno… c’è lo spirituale che cerca ogni occasione per parlare di Dio … c’è il più spiritoso che trova l’occasione per ridere anche nei momenti più seri e il più intellettuale più affezionato ai compiti che richiedono un po’ più di cervello. Insieme fanno una bella accozzaglia! Ma siccome gli utenti mattinieri della chiesa durante i giorni feriali non li vedono mai tutti insieme… va bene così e ci siamo tutti abituati a chiedere i loro servigi con discrezione e prudenza, perché ovviamente non rispondono tutti allo stesso modo. E invece, ogni tanto, i nostri vigilantes si incontrano, perché si tratta di persone che dire socievoli è poco! Preferiscono adempiere ai loro compiti in due… ma a volte li trovi in tre, in quattro. Perché ai sette “titolari” che coprono i sei turni della settimana se ne sono aggiunti altri due o tre, che non sono proprio ufficiali, perché ancora fanno confusione tra un messale e un lezionario, tra un calice e una pisside, ma che sono attratti da quell’atmosfera cameratesca che
aleggia tra gli arredi sacri. Ogni tanto una risata, ogni tanto una barzelletta…. E qualche volta dalla sacrestia si alza un vociare disinvolto che mal si addice all’atmosfera di silenziosa preghiera che i vigilantes stessi contribuiscono a creare in chiesa, quando, al termine della Messa delle 8,30, accendono un piccolo hi fi che diffonde mistica musica sacra. Don Gianfranco a volte interviene promettendo il posizionamento di un enorme cartello con la scritta “SILENZIO!” in sacrestia…. Ma a volte sembra ai superstiti oranti mattinieri che il più caciarone sia proprio lui! Raramente i volontari si riuniscono in modo ufficiale perché ciò è previsto solo quando la situazione impone una “riunione” che chiarisca e definisca i compiti e in questo caso la caciara e la goliardia raggiungono vertici insuperabili! Il nostro Parroco ha a suo tempo definito, con la precisione che lo caratterizza, un preciso mansionario. Perché il “nonnetto” deve essere presente in sacrestia dalle ore 9,00 alle 12,00 , deve accogliere con disponibilità e gentilezza le persone che si affacciano per chiedere informazioni, chiamare i sacerdoti nel caso di richiesta di confessioni, registrare nel librone la prenotazione delle Messe di suffragio, preparare l’altare per la celebrazione della Messa successiva, tenere ordinata la sacrestia. Quanto alla prenotazione delle Messe, la mansione sembra richiedere una intelligenza e una precisione fuori dal comune, perché dopo anni, ancora c’è chi sbaglia e il Don deve continuamente richiamare all’ordine, perché c’è un’enorme differenza tra una Messa singola, in cui il richiedente è uno solo e una Messa di suffragio comunitaria nella quale i richiedenti possono essere molti. Spazi bianchi nel librone che debbono essere cassati, brutta calligrafia che impedisce la lettura corretta dei nomi, confusione e cancellature: tutto viene aspramente rimproverato. Quanto all’ordine in sacrestia, si tratta di uno di quei dogmi che non possono essere minimamente messi in dubbio. Tutto ciò che per sbadataggine o per errore viene lasciato in giro, è immedia-
tamente rimosso dal Don che per ordinare usa il cassonetto della spazzatura. I malcapitati volontari – e non solo loro - più volte hanno dovuto sperimentare questa tipologia del “mettere a posto” del nostro Parroco e quindi spesso terrorizzati entrano in sacrestia portando un carrello della spesa o una busta per la lavanderia, affidata da qualche moglie in cerca di aiuto e debbono necessariamente e immediatamente nascondere tali oggetti ad altitudini divine per impedire il repentino intervento del Don, spesso con esito negativo…. Tra le mansioni dei guardiani non c’è quella di passare la scopa…ma se qualcuno, armato da sacro fervore, decide di farlo o di cambiare una lampadina fulminata o spolverare un mobile…. Dio gliene renderà merito. Ma ciò che pochi osano fare è badare alle piante, a meno che se la sentano di ottemperare fedelmente alle “NORME PER INNAFFIARE IN CHIESA E IN CAPPELLINA” sancito da un terroristico cartello inchiodato nell’antibagno, che prevede vari commi. L’ultimo comma letteralmente recita in carattere grassetto: “ATTENZIONE A NON RIEMPIRE I PORTAVASI DI ACQUA RENDENDO LA TERRA ASFITTICA “ e suggerisce “prima di aggiungere acqua sentire se la terra è umida e/o se il portavaso contiene già acqua”. E prosegue citando il caso degli ”evidenti cenni di siccità” quando si consiglia di “dare molta acqua”…. Ma sono pochi quelli che osano avventurarsi in questa impresa dell’innaffiamento, perché se si sbaglia, le ire del Don diventano funeste.
la messa in scena del presepe. Di cui si è ampiamente parlato in queste pagine. Ma per tanto che se ne sia parlato, non se ne parlerà mai abbastanza. Dovete pensare che intere famiglie sono già, e siamo appena all’inizio di ottobre, coinvolte in questa impresa, che quest’anno come negli anni precedenti, avrà la sua premessa nella realizzazione del PIANO ZERO che occupa le menti e i sonni dei nostri volontari già da prima dell’estate. E così è stata già posizionata una lunga stuoia lungo il perimetro del tetto della chiesa a impedire gli sguardi curiosi. E da questa “tendina” spuntano già fuori, mattina e sera, quattro o cinque teste canute appartenenti ai nostri “presepisti”. Quest’anno si parla di tende, di montagne, di scenari che colleghino tra loro in un insieme armonico le “creazioni” già effettuate – mulini a vento, magi, pastori, dromedari … Chi vivrà, vedrà!
Dove invece i volontari, o meglio, un buon numero di essi, trovano la loro espressione più sublime è
A.A.A. Cercasi giovani papà o universitari che possano e sappiano impegnarsi a fungere da
ALLENATORI
Un appello importante L'abbiamo davanti tutti; anzi l'abbiamo dentro di noi. Che cosa? Il comandamento che abbiamo ricevuto con il Battesimo: Ama il prossimo tuo come te stesso. Ognuno di noi è invitato a mettere in atto azioni concrete, per dare attuazione concreta al conale dell'Ospedale Bambino Gesù-sia qui in Parmandamento dell'amore. rocchia per l'organizzazione delle due "Giornate Possiamo fare tante cose, basta poco per aiuta". re chi ha bisogno: le persone, specialmente i bambini malati donando loro un poco del no- Per far fronte a queste esigenze ed anche per sensibilizzare le persone e reclutare nuovi dostro tempo ed un poco del nostro sangue. natori - si è costituito ed opera nella nostra ParDonare il sangue è un gesto di solidarietà; signirocchia da oltre trenta anni il Gruppo Donatori fica dire con i fatti che la vita di chi sta soffrendel Sangue che - oltre ad effettuare le donazioni do mi preoccupa. periodiche - collabora nelle operazioni di supCome sappiamo due volte l'anno in Parrocchia porto alla donazione (affissione delle locandine, si organizza una Giornata della Donazione del invio delle lettere, organizzazione del Centro Sangue: medici, infermieri, operatori raccolgo- trasfusionale dell'Ospedale, ecc.). no il sangue destinato ai bambini ricoverato E, poichè anche in questo caso le esigenze sono presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. tante, è necessario che altre persone offrano la Grazie alla generosità di tante persone questi loro disponibilità per aiutare coloro che già piccoli pazienti possono ricevere le cure neces- operano; questo è anche un modo, per chi che sarie e spesso devono la loro sopravvivenza non può donare il sangue (per età o per motivi proprio al sangue di una persona anonima. sanitari) per essere "donatori di vita" in un moLa donazione è un atto importante, un vero atto do diverso. di amore verso il prossimo, che non costa nulla Quindi un invito a tutti: forza, "fatevi avanti" dema che può "rendere" tanto: la vita di un bam- dichiamo un poco del nostro tempo per aiutare bino. chi ha veramente bisogno. Le richieste di aiuto sono tante ed è quindi necessario, indispensabile, che un numero sempre maggiore di persone si renda disponibile per questo atto di amore.
Chi è disponibile può rivolgersi a Cristina D'Ambrosio: 339 Ma non è tutto. L'attività di raccolta richiede un 4488066 grande sforzo operativo sia al centro trasfusio