Free Service srl Edizioni - Falconara M. (AN) - Supplemento n. 3 al n. 1/2 Gennaio-Febbraio 2011 di Regioni&Ambiente
N. 1 GENNAIO-FEBBRAIO 2011 - ANNO VII
NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
CN/CONV/0969/2010
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SOMMARIO GIVE ME FIVE! … ............................................................5 LOGIMA SRL CANTILEVER LOGIMA, I MIGLIORI SUL MERCATO ............7 ARRESTO CONSENTITO NEI CONFRONTI DEI GESTORI DEI VEICOLI FUORI USO .............................8 TECNOLOGIE PER L’AMBIENTE I FILTRI ANTIPARTICOLATO: GIOIE E DOLORI ..................11 QUALITÀ DELL’ARIA EMISSIONI DI PM10 ANCORA TROPPO ELEVATE ..........15 LA TEORIA DEI SETTE SPRECHI I COSIDDETTI “MUDA” ..................................................16
RAPPORTO ACI CENSIS 2010 GLI ITALIANI NON RINUNCIANO ALL’AUTO .....................22 BIOCARBURANTI DALL’UE UNA DECISIONE PER REGOLARIZZARE LE INFORMAZIONI ..............................26 TRASPORTO RIFIUTI NON PERICOLOSI NECESSARIA L’ISCRIZIONE ALL’ALBO .............................29 L’AMBIENTE IN EUROPA - STATO E PROSPETTIVE L’AGENZIA EUROPEA PER L’AMBIENTE FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE ...................................32 DATEGLI UN’AUTO VECCHIA E NE FARÀ UN’OPERA D’ARTE L’AUSTRALIANO JAMES CORBETT RIUSA VECCHIE PARTI DI AUTO PER COSTRUIRE OGGETTI .......36
CAR - CONFEDERAZIONE AUTODEMOLITORI RIUNITI UN ANNO DI LAVORO DA VIVERE INTENSAMENTE IL PRESIDENTE CAR, ALFONSO GIFUNI, STILA LA “TABELLA DI MARCIA” PER L’ANNO 2011 ................19
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Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti
GIVE ME FIVE! Non c’è pace per il Sistri a cura di Alberto Piastrellini
L’espressione dello slang americano di cui al titolo (letteralmente: “dammi il cinque”, pronunciata da coloro che salutandosi rimarcano l’entusiasmo per una riportata vittoria), cade a pennello in occasione di questo quinto, annunciato start/stop del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Vera e propria strenna 2010, puntualmente attesa dagli operatori sulla graticola da mesi, il 22 dicembre è stato licenziato il Decreto del MATTM avente per oggetto: “Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante l’istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti” e che dispone ulteriori scadenze per l’avvio del Sistri sul piano operativo. Vediamo in sintesi le novità. • 31 maggio 2011 è il nuovo termine fissato (il precedente, secondo il dettato del D. M. 28/09/2010 era fissato al 1° gennaio 2010) per l’avvio completo del sistema. (Ricordiamo che l’incerto percorso del Sistri ha già visto due rinvii e due correttivi in meno di un anno); • 31 maggio 2001 è la nuova data fissata per l’avvio del regime sanzionatorio per le violazioni agli adempimenti del Sistri (sarebbe dovuto scattare il 1° gennaio 2011); • 30 aprile 2011 è la data alla quale si rinvia il MUD relativo ai rifiuti prodotti e/o gestiti nel 2010, sulla base dei registri di carico e scarico, la cui compilazione era prevista entro il 31/12/2010 tramite un modulo da inviare al Ministero, ma allora non ancora disponibile. Per quanto riguarda i rifiuti prodotti e/o gestiti dal 1° gennaio 2011 sino al 31 maggio 2011 (periodo non coperto dal Sistri), il termine per la presentazione del MUD è fissato al 31/12/2011. A questo punto qualche dubbio è lecito circa cosa succederà a coloro che dovessero commettere irregolarità nella tenuta dei vecchi formulari e registri durante il periodo di “doppio regime” Per meglio fornire ai Lettori le più complete informazioni relative al D. M. in oggetto, pubblichiamo, di seguito, il testo originale. (Ndr. Si avverte che il testo del D. M. pubblicato in queste pagine non riveste carattere di ufficialità e non è in alcun modo sostitutivo della pubblicazione ufficiale cartacea)
MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 22 dicembre 2010 Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante l’istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. IL MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
3 agosto 2009, n. 102 recante: “Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini” e, in particolare, l’art. 14-bis; Visto il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 17 dicembre 2009, recante “Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’art. 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell’art. 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 gennaio 2010, n. 9, Supplemento ordinario; Visto il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 15 febbraio 2010, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante: “Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’art. 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell’art. 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - 27 febbraio 2010, n. 48; Visto il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 9 luglio 2010, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’art. 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell’art. 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - 13 luglio 2010, n. 161; Considerato che dal 1° ottobre 2010 è stato dato avvio al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI); Considerato che dal 1° ottobre 2010 i soggetti di cui agli articoli 1 e 2 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 (e successive modifiche e integrazioni), a cui sono stati consegnati i dispositivi, sono comunque obbligati ad operare nel rispetto del predetto decreto; Considerato che l’art. 12, comma 2, del Decreto Ministeriale 17 dicembre 2009, come modificato dal Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 28 settembre 2010, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto 17 dicembre 2009, recante “Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - 1° ottobre 2010, n. 230, prevede l’obbligo per i soggetti di cui agli articoli 1 e 2 del medesimo decreto di adempiere, fino al 31 dicembre 2010, anche agli obblighi previsti dagli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; Ritenuto opportuno prorogare il periodo di cui all’art. 12, comma 2, del decreto ministeriale 17 dicembre 2009, come modificato dal decreto ministeriale del 28 settembre 2010, al fine di consentire ai soggetti tenuti destinatari del predetto decreto di acquisire maggiore familiarità con il Sistri evitando soluzione di continuità nel controllo della tracciabilità dei rifiuti;
Visto il decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con legge
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
Considerato che l’art. 12, comma 1, del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 prevede che, entro il 31 dicembre 2010, i produttori iniziali di rifiuti e le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti che erano tenuti alla presentazione del modello unico di dichiarazione ambientale di cui alla legge 25 gennaio 1994, n. 70, comunichino al Sistri, compilando l’apposita scheda, le informazioni ivi indicate, relative al periodo dell’anno 2010 precedente all’operatività del sistema Sistri, sulla base dei dati inseriti nel registro di carico e scarico di cui all’art. 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; Ritenuto necessario prorogare, con riferimento alle informazioni relative all’anno 2010, i termini per la presentazione della comunicazione di cui all’art. 12, comma 1, del citato decreto e stabilire il termine per la presentazione della predetta comunicazione relativa all’anno 2011;
(e successive modifiche e integrazioni), sono apportate le seguenti modifiche: a) le parole “Entro il 31 dicembre 2010,” sono sostituite dalle seguenti: “Entro il 30 aprile 2011, con riferimento alle informazioni relative all’anno 2010, ed entro il 31 dicembre 2011, con riferimento alle informazioni relative all’anno 2011”; b) conseguentemente, le parole “relative al periodo dell’anno 2010 precedente all’operativita’ del sistema Sistri” sono soppresse. Art. 2: Entrata in vigore 1. Il presente decreto e’ pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. 2. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 22 dicembre 2010
Adotta il seguente decreto: Il Ministro: Prestigiacomo Art. 1: Proroga di termini e disposizioni transitorie 1. Il termine di cui all’art. 12, comma 2, del decreto ministeriale 17 dicembre 2009, come modificato dall’art. 1, comma 1, lettera b) del decreto ministeriale 28 settembre 2010, è prorogato al 31 maggio 2011.
Registrato alla Corte dei conti il 27 dicembre 2010 Ufficio controllo atti Ministeri delle infrastrutture ed assetto del territorio, registro n. 10, foglio n. 103
2. All’art. 12, comma 1, del decreto ministeriale 17 dicembre 2009
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CANTILEVER LOGIMA, I MIGLIORI SUL MERCATO
Parola del Sig. Cristoforo Filizzola di AUTOECOFIL di Filizzola Lorenzo & C (PA) di Silvia Barchiesi
Comodi, pratici, ma soprattutto resistenti e di ottima qualità. Il Sig. Cristoforo Filizzola di AUTOECOFIL di Filizzola Lorenzo & C (PA) promuove a pieni voti i cantilever della LogiMa s.r.l, giovane società di Porto d’Ascoli specializzata nella progettazione e vendita di soluzioni “salva-spazio” per la logistica e la gestione di magazzini. “Avevamo bisogno di riorganizzare il nostro centro e così abbiamo fatto una sorta di indagine valutando e comparando i cantilever presenti sul mercato – racconta il Sig. Filizzola. “Quelli LogiMa sono risultati i migliori. Sono robusti, resistenti e compatti. Inoltre non arrugginiscono, hanno un’ottima lavorazione e vantano il migliore rapporto qualità-prezzo sul mercato. Per questo - continua il Sig. Filizzola - abbiamo scelto di acquistare per il nostro centro di 4 mila metri ben 8 cantilever bifronti e 2 portaponti da LogiMa”. “Grazie ai cantilever, l’immagine del centro è cambiata - commenta soddisfatto il Sig. Filizzola - Lo stoccaggio della autovetture, che grazie a queste apposite scaffalature si sviluppa in verticale e non più a terra, oltre che più sicuro, è, infatti, anche più ordinato, più gradevole alla vista”. Certo, anche l’occhio vuole la sua parte, ma ordine, pulizia e sicurezza non sono gli unici vantaggi dei cantilever. La loro vera forza è l’efficienza. Lo stoccaggio delle autovetture tramite cantilever è infatti più produttivo: da un lato perché consente di razionalizzare al massimo lo
spazio a disposizione, dall’altro perché permette di sfruttare ogni parte della carrozzeria delle auto da rottamare, evitando l’inevitabile deterioramento dei pezzi causato da una “sovrapposizione selvaggia” delle auto. “Nel nostro centro - spiega il Sig. Filizzola - si possono trovare componenti e ricambi usati di qualità e in ottimo stato. Siamo, infatti, soliti demolire i veicoli con estrema cura, recuperando ogni elemento e componente che può essere riutilizzato. La scelta di investire nei cantilever è stata dunque una scelta strategica, in perfetta sintonia con la nostra mission aziendale”. Ma LogiMa non è solo cantilever. Ampia è la gamma di prodotti studiati ad hoc per una gestione razionale ed intelligente dei magazzini: scaffalature modulari ad aggancio, scaffali tradizionali, impianti a doppio e triplo piano, accessori, mezzi di movimentazione, carrelli elevatori e molto altro. Insomma, al di là della qualità dei prodotti, a fare la differenza, rispetto alle altre ditte presenti sul mercato, è l’ampia varietà di prodotti e l’estrema flessibilità delle soluzioni offerte, in grado di rispondere ad ogni esigenza. Di qui il valore aggiunto del marchio LogiMa, un marchio che è garanzia di qualità e professionalità.
PER CONTATTI: Giovanni Paolini 348 3034493 Giovanni Del Moro 393 9609502
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
ARRESTO CONSENTITO NEI CONFRONTI DEI GESTORI DEI VEICOLI FUORI USO a cura dell’Avv. Rosa Bertuzzi
La Corte di Cassazione, con la recentissima Sentenza n. 40945 del 19 novembre 2010, si è pronunciata in materia di rifiuti, ed in particolare su: Attività organizzate per il traffico illecito e veicoli fuori uso. “Non essendovi una deroga esplicita, né incompatibilità, anche per i veicoli fuori uso di cui al D. Lgs. 209/2003, trova applicazione, ove ne ricorrano i presupposti, l’ipotesi delittuosa di cui all’art.260. Sarebbe, peraltro, in contrasto con la stessa ratio ed i principi ispiratori del D. Lgs. 209/2003, che ha previsto una disciplina rigorosa per la raccolta ed il trattamento dei veicoli fuori uso, escludere l’ipotesi delittuosa ex art 260 in presenza di un’attività organizzata per il traffico illecito di detti rifiuti”. FATTO L’indagine era stata avviata a seguito di un sopralluogo eseguito dei Carabinieri N.O.E. di Napoli, unitamente all’ARPAC, presso una ditta di autodemolizione, dal quale emerse che tale ditta ometteva l’attività di bonifica (veniva
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eseguita solo una parte delle operazioni necessarie alla effettiva messa in sicurezza) e smaltiva le parti provenienti dal parziale trattamento unitamente ad altri rifiuti. Veniva a delinearsi, quindi, un illecito smaltimento di rifiuti speciali (pericolosi, quali i liquidi dei freni e delle batterie, e non): infatti ai rifiuti gestiti veniva, all’atto del conferimento, attribuito il falso codice CER 160106 (veicoli fuori uso non contenenti liquidi né altre componenti pericolose) invece di quello normativamente previsto (CER 160104 - rifiuti pericolosi costituiti da veicoli fuori uso). Gli inquirenti proseguirono le investigazioni con intercettazioni, ulteriori sopralluoghi sugli impianti, servizi di osservazione, controllo e pedinamento. Si accertava così la prosecuzione dell’irregolare gestione dei rifiuti per un’arco di tempo e quantità considerevoli (migliaia di tonnellate al mese per un totale di 68.000 tonnellate nel solo
periodo gennaio 2006-aprile 2007). Con ordinanza del 28 gennaio 2010 il Tribunale di Napoli rigettava la richiesta di riesame proposta dai dieci imputati avverso l’ordinanza emessa il 10 dicembre 2009 dal GIP del Tribunale di Napoli, con la quale era stata la custodia cautelare in carcere o l’obbligo di dimora nel comune di residenza in relazione ai reati di cui: a) art. 416 c.p. (“Associazione per delinquere”); b) art. 260 D. Lgs. n. 152/2006 (“Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”), secondo il quale “Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni”. Quattro imputati hanno proposto ricorso per Cassazione.
DIRITTO Nella motivazione della sentenza, si conferma l’impianto accusatorio accertato nel giudizio cautelare. Si è infatti appurato che “la bonifica dei veicoli non veniva svolta secondo le prescrizioni di cui al D. Lgs. 209/2003 e di cui agli stessi provvedimenti autorizzatori. Mentre infatti la regolare procedura prevedeva la raccolta dei veicoli da rottamare, la loro bonifica e messa in sicurezza, la pressatura e la riduzione in cubi, l’avvio per lo smaltimento presso le ditte autorizzate, si accertava che, di fatto, era omessa proprio l’attività di bonifica (venivano eseguite soltanto parzialmente le operazioni per la messa in sicurezza e, peraltro, senza l’adozione delle necessarie cautele). Sulla pavimentazione dove erano stoccati i veicoli fuori uso, bonificati in attesa di conferimento, erano presenti “vistose chiazze di liquidi scuri che percolavano dai cubi costituiti dalle autovetture pressate..”; dalla ispezione dei predetti cubi emergeva che essi erano composti da autoveicoli fuori uso che, pur privi di motore, cambio e batteria, erano ancora provvisti “di ruote complete di pneumatici, della tappezzeria, ammortizzatori, scatola guida, cruscotto e paraurti, parabrezza, pompa freno e frizione, nonché in cinque cubi su dieci-erano rinvenuti i filtri del carburante ancora gocciolante... Le analisi eseguite sui campioni sia dall’Arpac di Napoli che dall’Arpac di Udine e Brescia confermavano la natura “ibrida” e di fatto pericolosa dei rifiuti conferiti, “in quanto composti da autoveicoli fuori uso solo parzialmente bonificati e ancora dotati di parti pericolose, quali pneumatici, ammortizzatori, scatole guida, pompe freno e frizione, filtri carburanti”. Sulla base di tali precise circostanze indizianti il Tribunale è fondatamente pervenuto alla conclusione che gli autoveicoli convertiti in pacchi “siano rimasti un rifiuto speciale pericoloso: infatti solo alcune parti del veicolo (batteria, carburante, motore e marmitta) sono state prelevate, ma vi sono rimasti tutti i liquidi (condensatori, filtri e grassi costituenti anch’essi rifiuti speciali pericolosi). Altrettanto correttamente il Tribunale ha ritenuto che il “pacco” non potesse essere avviato allo smaltimento
come rifiuto non pericoloso e che, quindi, andasse attribuito il codice CER 16.01.04 / (rifiuti pericolosi costituiti da veicoli fuori uso) e non quello falso CER 16.01.06 (veicoli fuori uso non contenenti liquidi né altre componenti pericolose)”. Secondo la giurisprudenza costante della Cassazione, infatti, sussiste il carattere abusivo dell’attività organizzata di gestione rifiuti qualora essa si svolga continuativamente nell’inosservanza delle prescrizioni delle autorizzazioni, il che si verifica non solo allorché tali autorizzazioni manchino del tutto (cosiddetta attività clandestina), ma anche quando esse siano scadute o come, nella specie, palesemente illegittime e comunque non commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi diversa natura rispetto a quelli autorizzati e accompagnati da bolle false quanto a codice attestante la natura del rifiuto, in modo da celarne le reali caratteristiche e farli apparire conformi ai provvedimenti autorizzatori. Quanto alla gestione dei rifiuti “con più operazioni e l’allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate” la Cassazione rileva che pacificamente ci si trovava in presenza di molteplici cessioni, ricezioni ed azioni di trattamento, svolte in un lungo arco temporale, posti in essere mediante l’utilizzo di uomini, impianti, mezzi e risorse finanziarie. Anche in ordine al “fine di conseguire un ingiusto profitto” il Tribunale ha ineccepibilmente ritenuto che tale debba considerarsi il risparmio dei costi aziendali di smaltimento, che le imprese denunciate avrebbero dovuto sostenere se si fosse applicato in modi corretto la normativa di cui al D. Lgs. 209/2003. I giudici della Suprema Corte sostengono che “il Tribunale ha quindi ritenuto sussistenti tutti gli elementi costituivi (stabilità, continuità, organizzazione, ingente quantità) del delitto di cui all’art.260 b.L.vo 152/2006 e non delle contravvenzioni di cui al medesimo D. Lgs. Sono invero le modalità del fatto a consentire di stabilire se si verta nella ipotesi delittuosa o in quelle contravvenzionali. Non può, poi, essere accolta l’interpretazione prospetta-
ta dai ricorrenti in ordine alla applicabilità della disciplina “specifica e speciale” di cui al D. Lgs. 209/2003, che escluderebbe l’applicabilità della normativa di cui al D. Lgs. 152/2006”. Infatti, Il D. Lgs. 209/2003 si applica ai veicoli fuori uso ed ai relativi componenti e materiali a prescindere dal modo in cui il veicolo è stato mantenuto o riparato durante il suo ciclo di vita e dal fatto che esso è dotato di componenti forniti dal produttore o di altri componenti. L’art. 13 prevede delle ipotesi contravvenzionali (commi 1 e 2) nei confronti di chiunque effettua attività di gestione dei veicoli fuori uso e dei rifiuti costituiti dei relativi componenti e materiali in violazione delle disposizioni degli artt. 5 e 6. II trattamento sanzionatorio previsto dal predetto D. Lgs. riguarda quindi la violazione delle espresse previsioni contenute nel medesimo D. Lgs. in tema di raccolta e trattamento dei veicoli fuori uso, e conseguentemente non “esaurisce” e “sostituisce” ogni ipotesi relativa alla disciplina dei rifiuti prevista dalla normativa “generale” di cui al D. Lgs. 152/2006. Conseguentemente, non essendovi una deroga esplicita, né incompatibilità, anche per i veicoli fuori uso di cui al D. Lgs. 209/2003, trova applicazione, ove ne ricorrano i presupposti, l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 260. Sulla base di tali motivazioni, la Cassazione rigetta i ricorsi presentati dagli imputati.
Avv. Rosa Bertuzzi Consulente Ambientale
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I FILTRI ANTIPARTICOLATO: GIOIE E DOLORI a cura di Valentina Bellucci
È noto come l’inquinamento atmosferico causato dal traffico veicolare nel suo complesso (pubblico, privato e commerciale), incida per il 35% del totale delle emissioni emesse dalle attività antropiche. Orbene, accanto a dinamiche di riduzione della mobilità, del parco auto circolante e della miglior performance ambientale degli automezzi in circolazione; da vari anni, la ricerca applicata alla progettazione di nuovi autoveicoli ha prodotto alcuni accorgimenti tecnici volti, sostanzialmente, all’abbattimento e al contenimento delle microfrazioni solide contenute nei gas di scarico. Tali accorgimenti, che, si spera, siano diffusi ed applicati sul maggior numero di nuovi modelli (allorché ne venga certificata l’effettiva efficacia), sono commercializzati con sigla FAP e DPF, ad indicare i due principali sistemi di filtraggio antiparticolato dei gas di scarico dei motori diesel. Non si tratta di banali filtri, bensì di complessi ed ingegnosi sistemi installati sui motori diesel che, a differenza di quelli a benzina, presentano maggiormente la problematica delle emissioni di polveri sottili, le cosiddette PM 10, note per essere responsabili di molteplici patologie a carico dell’apparato respiratorio, cardiocircolatorio ed endocrino. Nel sistema FAP le emissioni sono filtrate, raccolte ed infine bruciate ad una temperatura di 450° C, ogni 300-500 Km, liberando il catalizzatore nel momento in cui l’auto supera una certa velocità. Nel sistema DPF, invece, il tutto avviene ad una temperatura di 650° C. Nello specifico, il filtro attivo antiparticolato (FAP) è il dispositivo introdotto a partire dal 2000 dal gruppo PSA Peugeot-Citroën per ridurre le emissioni di
particolato dai gas di scarico dei motori diesel. Il particolato: facciamo chiarezza Il particolato emesso dalla combustione del carburante è composto da particelle di fuliggine (residui carboniosi prodotti durante la combustione) delle dimensioni di 20-30 micron (Ndr: unità di misura pari ad 1 millesimo di millimetro) che inglobano per reazione chimico-fisica le particelle più piccole di idrocarburi aromatici policiclici (PAH) e i composti dello zolfo incombusti. Sono proprio i residui incombusti di idrocarburi (HC), l’acido solforico (H2SO4) e l’acido solfidrico (H2SO3) che rendono particolarmente
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
nocivo il particolato tanto per la salute umana, come si è detto poc’anzi, quanto per l’integrità dei manufatti edili artistici, particolarmente attaccati dalle cosiddette “piogge acide”, naturale conseguenza della reazione chimica che avviene nell’atmosfera fra il vapore acqueo e questi gas acidi. Come funziona il FAP La tecnologia FAP, adottata in primo luogo dal Gruppo Peugeot-Citroën e, successivamente, Volvo, Ford e Toyota, prevede la miscelazione al gasolio di un additivo catalizzatore: il biossido di cerio (CeO2, più noto col nome di “cerina”) allo stato liquido, al fine di facilitare la creazione di agglomerati di più grande dimensione tale che possano essere più facilmente captati dall’elemento filtrante. La cerina è contenuta in uno specifico serbatoio da 5 litri posto accanto a quello del gasolio e la miscelazione, tramite pompa elettrica, avviene in automatico e nella corretta percentuale ad ogni rifornimento di carburante (il segnale è fornito dal galleggiante del livello gasolio). Occorre tener presente, però, che la quantità minima per indurre la miscelazione di cerina prevede una immissione di almeno 7 litri di gasolio nel serbatoio. L’ossido di cerio è tossico e per evitare, per quanto possibile, l’inalazione e il contatto con l’organismo, viene fornito alle concessionarie in sacche di materiale plastico morbido da 1 litro o da 5 litri, dotate di innesto rapido al relativo serbatoio. Il tutto va effettuato con guanti monouso e mascherina a carboni attivi. L’aumento di temperatura necessaria alla combustione del particolato all’interno del FAP è ottenuto rendendo più caldi i gas di scarico che arrivano al filtro (nella marcia in città la temperatura dei gas di scarico è normalmente di appena 150°C). Tale processo viene indotto prolungando la combustione del gasolio ben oltre il punto morto superiore del pistone tramite una o due postiniezioni. Inoltre, si può bypassare l’intercooler (scambiatore di calore per raffreddare l’aria compressa in arrivo dal turbo) così da ottenere aria più calda in camera di combustione. Tuttavia, tale processo provoca, evidentemente, un aumento del consumo di carburante (che in certi casi può addirittura raddoppiare) e un lieve calo delle prestazioni e tali controindicazioni non possono essere trascurate nel quadro complessivo dei costi di gestione del veicolo, soprattutto in considerazione della notevole frequenza media prevista per la rigenerazione del filtro antiparticolato. Questa è controllata dalla differenza di pressione registrata dai due sensori posti in entrata e in uscita del FAP: con l’intasarsi progressivo del filtro, il salto di pressione aumenta finché il modulo di gestione elettronico del filtro non legge il valore limite di “rigenerazione”. Essa dovrebbe avvenire, a secondo delle condizioni di uso del veicolo, ogni 300-1.000 Km (10-15 ore di funzionamento), durante i percorsi extraurbani a velocità media di almeno 90 Km/h per un tempo di circa 10-20 minuti. Tuttavia, le statistiche hanno rilevato casi di rigenerazione dopo una percorrenza di appena un centinaio di Km.
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Va detto, però, che le misurazioni, non sono state effettuate su tempi abbastanza lunghi e quindi non comprendono la fase di rigenerazione del filtro, come affermano i detrattori di questo sistema. In più, va tenuto in conto il fatto che la post combustione necessaria a riscaldare opportunamente FAP e DPF nella fase di rigenerazione, provoca inevitabilmente una progressiva diluizione dell’olio motore a causa della percentuale di gasolio iniettato in ritardo che, restando incombusto, cola lungo le pareti dei cilindri e si deposita nella coppa. La pars destruens della ricerca afferma che è un errore ritenere che il particolato venga totalmente eliminato con tale processo, dal momento che la quantità di polveri misurabile con gli attuali strumenti viene solo in parte ridotta. Una buona percentuale viene trasformata in nanoparticelle volatili ancora più piccole che sfuggono all’attuale normativa e quindi agli strumenti di monitoraggio, ma non, purtroppo, ai filtri biologici e sicuramente più sensibili dei nostri bronchi! Altri studi sperimentali, peraltro, hanno dimostrato che il sistema FAP ha una notevole efficacia nella cattura del particolato emesso dai motori diesel. In particolare, secondo le misurazioni effettuate dall’Istituto Sperimentale per i Combustibili, sembra che le polveri vengano abbattute di 7 volte in massa e di 10.000 volte in numero! Tuttavia, persiste un diffuso sospetto circa la reale efficacia dei filtri antiparticolato e autorevoli pareri medici si sono pronunciati criticamente sul fatto che l’ulteriore riduzione dimensionale delle micropolveri attuata risulta essere ancor più nociva per salute degli organismi in quanto le nanoparticelle volatili, più piccole del PM10, hanno possibilità maggiori di raggiungere i polmoni ed annidarsi al loro interno. In Germania anche il TÜV (ente privato preposto al controllo ed omologazione di autoveicoli ed accessori) si è schierato decisamente contro l’utilizzo dei filtri antiparticolato. In Italia, al contrario, ha suscitato scalpore e curiosità fra gli addetti ai lavori e la stampa specializzata in questioni ambientali il caso della Dukic Day Dream, azienda vicentina che da tempo sta lottando per conseguire l’ omologazione di un diverso sistema di riduzione delle polveri. L’azienda veneta ha progettato, realizzato e brevettato il TreDCarVan, dispositivo che, attraverso un sistema elettromagnetico, permette la riduzione della massa di particolato emessa dai motori diesel, agendo “a monte”, prima del processo di combustione. Nel processo interno al sistema, un campo elettromagnetico stimola le particelle di gasolio che raggiungono uno stato di eccitazione prima di entrare nel motore, facilitando, infine, una miglior combustione all’interno della camera da scoppio. Ma il sistema non ha ancora ottenuto la necessaria omologazione, benché del caso si siano occupate anche alcune forze politiche. Perché in Italia il sistema Fap non attecchisce? E cosa dice la norma a tal proposito?
Ad oggi il comportamento dell’Italia non è in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea (la qual cosa sta diventando una spiacevole routine, soprattutto nel settore ambientale). Negli Stati membri dell’UE, le politiche e le leggi per l’ambiente sono decise esclusivamente a livello di Governo centrale ed applicate in modo univoco su tutto il territorio nazionale. In Italia, le singole Regioni ed i Comuni possono legiferare autonomamente in materia ambientale, in particolare, per ciò che riguarda le limitazioni alla circolazione dei veicoli a motore, al fine di ridurre le emissioni nocive. Questa grande anomalia ha portato ad una situazione di assoluta confusione e difformità comportamentale oltre che di non perfetta aderenza rispetto a precise Direttive Comunitarie. Ne è prova il fatto che, pur avendo recepito in tempo tutte le direttive emanate in materia di riduzione del particolato atmosferico, il Bel Paese non si è ancora adeguato ai parametri fissati dall’UE, né ha messo a punto un apposito Piano di Risanamento della qualità dell’aria, tuttora languente presso gli uffici del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Tanto per fare un esempio, poche settimane or sono il corrispondente RAI da Berlino spiegava che da quest’anno in Germania sarà limitata la circolazione in città per i veicoli Euro 1. In Italia, invece, per un eccesso di “prudenza”, si bloccano le vetture diesel nuove, appena immatricolate Euro 4! Ma la qualità dell’aria non migliora di un punto La tecnologia FAP, adottata in Francia sin dal 2000, col passare del tempo ha preso campo timidamente anche in Italia, ad esempio, la Provincia autonoma di Bolzano (2003) e la Regione Emilia Romagna (2004), hanno deliberato a favore delle automobili dotate di una qualche tecnologia di abbattimento del PM10, concedendo deroghe alle targhe alterne. Oggi molte Amministrazioni locali concedono deroghe al blocco del traffico alle automobili dotate di filtri come il FAP o che comunque, garantiscano un abbattimento del PM10: ultimi ad inserire la deroga sono stati i Comuni di Torino, Frosinone, Trento e Terni. Ma è ancora troppo poco… Nelle nostre città gran parte delle polveri sottili rilevate dalle centraline derivano dagli impianti di riscaldamento a gasolio e dai mezzi di trasporto pubblici. Sul piano legislativo, etico, giuridico e normativo europeo non è accettabile che un Sindaco di una qualsiasi città italiana, vanifichi precisi regolamenti, stabiliti a livello europeo e vieti la libera circolazione di veicoli nuovi, comunque prodotti nel pieno rispetto delle Direttive europee attualmente in vigore. Infatti la Direttiva 2003/76/CE-B (Euro 4) stabilisce dei limiti di emissione allo scarico ma non prescrive un metodo unico per ottenere gli stessi, né l’adozione obbligatoria di filtri allo scarico per le vetture diesel. Nel caso dei motori diesel Euro 4 i limiti previsti dalla suddetta Direttiva sono identici a prescindere dalla presenza o meno del filtro antiparticolato. Tanto è vero che, fino a circa un anno fa, non vi era alcuna possi-
bilità di identificare, dalla carta di circolazione, una vettura dotata di filtro antiparticolato rispetto ad un’altra che ne fosse priva. Gli automobilisti italiani e i vigili urbani se ne sono accorti a seguito dei primi provvedimenti che discriminavano la circolazione in alcuni centri urbani. I primi non potevano dimostrare che potevano circolare, ma anche i secondi non disponevano della prova contraria. A questo punto le Case costruttrici hanno sollecitato il Ministero dei Trasporti a fare chiarezza e ad introdurre le necessarie distinzioni sulle carte di circolazione. Nel frattempo, per le vetture già in circolazione dotate di filtro antiparticolato “non segnalato” alcune Case hanno fornito ai clienti apposita dichiarazione con cui apportare, tramite Ispettorati della Motorizzazione, l’aggiornamento sulla carta di circolazione. Attualmente, sulla carta di circolazione delle vetture diesel Euro 4 di prima immatricolazione dotate di filtro antiparticolato, viene riportata, dopo il codice della Direttiva 2003/76 CE-B a cui risponde la vettura, anche la dicitura “Euro 4 con disp. Antiparticolato”. A seguito delle recenti ordinanze comunali, in particolare nelle città di Roma e Milano, in tema di limitazione della circolazione nelle aree urbane, e delle immediate proteste delle associazioni dei consumatori, è tornato di grande attualità il Decreto interministeriale, già allo studio dalla metà del 2006, atto a disciplinare le modalità di omologazione dei dispositivi antiparticolato in “retrofit”, vale a dire montati post-vendita su veicoli diesel già circolanti che ne sono sprovvisti in origine. Vista l’urgenza, tale Decreto è stato sottoscritto il 1° febbraio 2010 ed autorizza i vari Centri Prove Autoveicoli (CPA), in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del citato Decreto, ad accettare eventuali domande di omologazione dei sistemi antiparticolato o effettuare verifiche e prove. Eventuali richieste riguardanti sistemi già omologati da altri Stati membri dell’Unione Europea, saranno esaminate a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del Decreto in questione. Vi è da precisare che in commercio già esistono filtri antiparticolato in after market adattabili alle vetture più diffuse. Tali dispositivi non trattengono il particolato per bruciarlo, ma lo convertono chimicamente con una efficienza del 50%. I Fap possono essere, come dimostrato, una risposta a molti problemi, essi però non coprono tutto il parco auto, ma solo una piccola parte. Poi, come detto in precedenza e come è stato rilevato da alcuni studi, possono comunque contribuire alla diffusione di nanoparticelle ugualmente dannose per la salute. Il dato di fatto è che le norme non sono chiare, l’Italia non è in linea con gli altri Paesi dell’Unione Europea e la questione FAP continua a rimanere in un limbo che sembra essere infinito… finché non ci saranno azioni in qualunque direzioni. l’Italia sarà sempre più dietro… come un FAP!
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Qualità dell’aria
EMISSIONI DI PM10 ANCORA TROPPO ELEVATE Italia deferita alla Corte di Giustizia europea di Agnese Mengarelli
Tra i fattori di inquinamento più diffusi nel nostro Paese, le polveri sottili o PM10 rappresentano la maggiore minaccia alla qualità dell’aria nei centri urbani. Le PM10 sono par ticelle microscopiche, il cui diametro è uguale o inferiore a 10 μm (millesimi di millimetro). Sebbene possano avere un’origine naturale legata all’erosione del suolo, alle eruzioni vulcaniche o alla dispersione di pollini, la principale causa della diffusione delle polveri sottili nell’aria è legata all’attività dell’uomo. I principali responsabili sono i processi di combustione, in particolare quelli relativi ai motori delle automobili, agli impianti di riscaldamento e alle attività industriali. La pericolosità delle polveri sottili dipende dalle loro dimensioni e dalla loro capacità di raggiungere le diverse par ti dell’apparato respiratorio: -
oltre i 7 μm: cavità orale e nasale; fino a 7 μm: laringe; fino a 4,7 μm: trachea e bronchi primari; fino a 3,3 μm: bronchi secondari; fino a 2,1 μm: bronchi terminali; fino a 1,1 μm: alveoli polmonari.
Asma, malattie cardio-polmonari e la diminuzione delle funzionalità dei bronchi sono le principali patologie legate alle PM10. Secondo una stima dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sulla base di uno studio condotto nel 2000 in 8 città del mondo, le polveri sottili sono responsabili dello 0,5% dei decessi registrati nell’anno. La legislazione europea, da sempre molto attenta alla salute dei cittadini, in materia di polveri sottili ha stabilito da diversi anni precisi valori limite per l’esposizione, ai quali gli Stati membri avrebbero dovuto conformarsi entro il 2005. La concentrazione annua non deve superare i 40 microgrammi al m3 e il valore limite della concentrazione quotidiana è di 50 microgrammi al m3, che non deve essere superato per più di 35 volte in un anno. L’Italia, nonostante sia stata più volte richiamata dall’Unione Europea, non si è ancora messa in regola e continua a non rispettare i parametri fissati da Bruxelles con la Direttiva 2008/50/CE, che impone agli Stati membri di limitare l’esposizione dei cittadini alle polveri sottili. Secondo le rilevazioni del 2009 in Italia i livelli annui di PM10 risultano quasi ovunque nella norma (ad eccezione di Torino, Asti, Alessandria, alcune zone della Lombardia, Venezia, Padova, l’area metropolitana di Firenze-Prato, Frosinone e Salerno), ma i valori giornalieri sono fortemente superiori ai valori massimi stabiliti dall’UE.Tra le città del Nord che rispettano i parametri sono presenti solo Asti, Alessandria, Trento, Udine, La Spezia e Imola. Nel Centro sono in regola alcune zone del Lazio, mentre al Sud solo Salerno e la maggior parte dei comuni pugliesi presentano valori nella norma.
Per questo motivo l’Italia, insieme a Cipro, Portogallo e Spagna, sarà giudicata dalla Corte di Giustizia di Lussemburgo e sarà costretta a pagare l’ennesima multa europea. Subito dopo l’entrata in vigore dell’ultima Direttiva Europea sulla qualità dell’aria, la 2008/50/CE, vigente dal 18 giugno 2008, l’Italia ha ricevuto il primo avvertimento da parte della Commissione Europea, mediante lettera di messa in mora, all’inizio del 2009. La direttiva permetteva di chiedere una proroga per adeguarsi alle nuove norme, dimostrando di aver adottato misure in grado di abbassare i valori di polveri sottili e di aver predisposto un piano per il miglioramento della qualità dell’aria. Il primo richiamo ha coinvolto 10 Stati membri (Cipro, Estonia, Germania, Italia, Polonia, Por togallo, Regno Unito, Slovenia, Spagna e Svezia) e subito dopo l’Italia chiese la prima proroga per circa 80 zone di 17 regioni e Province Autonome, che fu rifiutata per la maggior par te dei territori, in quanto la richiesta italiana non forniva adeguate garanzie sul rispetto dei tempi previsti. La seconda proroga richiesta dall’Italia nel febbraio 2010 riguardava 12 zone di Campania, Puglia e Sicilia, ma venne approvata una sola richiesta in Campania e fu seguita a maggio 2010 dal secondo e ultimo avver timento da par te della Commissione Europea. Per questo motivo, su raccomandazione del Commissario per l’Ambiente, Janez Potocnik, la stessa Commissione ha deciso di ricorrere alla Corte di giustizia, “in quanto Italia, Cipro, Portogallo e Spagna non hanno finora affrontato in modo efficace il problema delle emissioni eccessive di Pm10”. Dure critiche sono arrivate dalle Associazioni ambientaliste, che hanno accusato il Governo di non aver risolto il problema per tempo, nonostante i ripetuti allarmi e le annuali segnalazioni. “Ora pagheremo due volte. Con i nostri polmoni e con il nostro portafoglio - ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, Presidente Nazionale di Legambiente - La multa europea sarà, infatti, ben superiore al risparmio previsto dai tagli indiscriminati di Tremonti all’ambiente e alle politiche di disinquinamento e ci toccherà pagare con le nostre tasche”. L’Italia ora ha tempo fino a Dicembre 2011 per mettersi in regola con la normativa europea.
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
Imprese e sviluppo
LA TEORIA DEI SETTE SPRECHI I COSIDDETTI “MUDA” a cura dell’Ing. Paolo Melchiorre Consulente Aziendale - consulente in materia di Sicurezza e Lavoro
Proseguiamo, in questo numero, la riflessione su suggerimenti e processi per l’ottimizzazione dei cicli produttivi e l’intercettazione di risorse e finanziamenti iniziata dal Consulente Aziendale, Ing. Paolo Melchiorre, alle pagg. 26-27 del numero di Dicembre del Notiziario Autodemolitori. Dopo aver preso in considerazione il fattore Tempo, in questo numero l’Autore propone una sua riflessione sugli effetti economici dello “spreco” ed i vantaggi dell’ottimizzazione dei processi. Esamineremo ora quello che è ritenuto il peggiore ed il più comune elemento di diseconomia del processo aziendale: “lo spreco”. La casa automobilistica giapponese Toyota è stata la prima, negli anni 50, ad analizzare il processo produttivo dell’azienda per ridurre, innanzitutto, il problema degli sprechi aziendali. “Muda” è appunto il concetto giapponese che significa “spreco”. Sulla base di questo metodo di analisi aziendale è stata elaborata la moderna teoria del “lean ticking”, cioè del “pensiero snello” nella conduzione del processo produttivo. L’attività degli autodemolitori non si sottrae a questa fondamentale regola aziendale perché, come abbiamo detto in precedenza, è una attività produttiva imprenditoriale come tutte le altre, in quanto soggetta alle stesse regole di mercato, finanziarie, contributive, di prevenzione degli infortuni, di ispezione e controllo da parte degli Enti preposti. Solo se si entra in questa logica di piena consapevolezza aziendale è possibile avvalersi dei risultati e della metodologia messa a punto in tanti anni di esperienza da importanti aziende, per salvare l’attività produttiva imprenditoriale in periodi di crisi e per resistere alle sollecitazioni del mercato, crescendo o quantomeno “sopravvivendo” in attesa di momenti migliori. Nel settore dell’autodemolizione in particolare, a causa della caratteristica attività esercitata, i fattori che determinano spreco di tempo e quindi di denaro sono presenti in maniera accentuata, ma quasi mai gli operatori o i responsabili dell’azienda danno ad essi particolare peso, anzi spesso tali fattori diventano una usuale inevitabile “zavorra” con cui convivere o peggio non ci si accorge nemmeno della loro esistenza.
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Lo spreco diventa una subdola consuetudine, le persone ci si abituano e con il tempo non si pongono più neanche domande al riguardo. Un esempio è l’operaio che chiede al suo capo dove mettere certe “cose”, il capo è super occupato e quindi gli dice “per il momento mettile là”. Il giorno dopo l’operaio non si preoccupa nemmeno di chiedere al suo capo dove mettere le altre “cose”, le mette semplicemente “là”. E un giorno ci si accorge che “là” è pieno di “cose” sempre messe alla rinfusa, perché è diventata regola che tutte le cose vengono messe “là” e quando servono è impossibile trovare l’articolo che si cerca o utilizzare quello spazio o semplicemente passare agevolmente da quella parte. Allora ci si rende conto che bisogna prendere provvedimenti urgenti, anche a costo di sospendere una altro lavoro più importante, perché la situazione di “là” è divenuta insostenibile. Perciò, guidati dal capo, si comincia a riorganizzare il “là” con ordine e criterio smistando, sistemando magari in appositi scaffali, recintando l’area in modo che sia protetta o ben visibile, apponendo una segnaletica adeguata, ecc. Durante questa operazione però, altri lavori che richiedevano l’attenzione e la manodopera utilizzata per sistemare “là” sono fermi o vengono ritardati. Forse sarebbe meglio prevedere che qualcuno si occupi, anche a tempo parziale ma con continuità e competenza, di tale problema per evitare spreco di spazio, di risorse, di energie, di amministrazione, di opportunità mancate, in una parola spreco di tempo e quindi di danaro. Nel concetto di “Lean” (snello) uno spreco è un’attività che non aggiunge alcun valore al bene prodotto o al servizio. Lavorando male le aziende sprecano o perdono spesso molti soldi, e di questo spreco il cliente non ha bisogno e non avrà nessuna intenzione di pagarne il costo. Ecco perchè è utile fare una importante premessa: l’elemento più importante della “lean production” è il cliente. Il cliente “tira” la produzione e l’azienda deve adottare il sistema cosiddetto “pull” cioè tirato dal cliente.
Il cliente “chiama” e l’azienda “risponde” prontamente e senza sprechi. Il cliente è sempre molto attento ed interessato a due importanti fattori: il tempo di consegna del bene o del servizio e il suo prezzo di vendita, che deve essere competitivo rispetto alle altre offerte di mercato. L’eliminazione degli sprechi ha sicuramente influenza su entrambi questi fattori, riduce il tempo di attesa del cliente influenzando il “tempo di produzione”, ma riduce soprattutto parte dei costi di produzione che sono un elemento fondamentale del prezzo finale del bene o del servizio. Le attese, cioè i tempi morti, sono un costo “secco” per l’azienda, che è costretta a caricarlo sul proprio bilancio, con effetti negativi facilmente immaginabili dato il margine minimo di guadagno proveniente dalla vendita del prodotto, oppure deve caricarlo sul prezzo di vendita a carico del cliente, cosa che abbiamo visto essere molto rischiosa dal punto di vista commerciale. Taiichi Ohno, uno dei “padri” del Toyota production system, ha sintetizzato sette categorie di sprechi, evidenziando anche in che modo le aziende sprecano i soldi. Questi sette sprechi denominati in giapponese MUDA, come già detto, sono: 1. le attese; 2. i trasporti; 3. la sovrapproduzione; 4. le eccessive scorte; 5. la movimentazione; 6. i difetti; 7. la presenza di operazioni “inutili” nel processo. Analizziamo ora nel dettaglio ogni singolo spreco nell’ottica di suggerire alcune indicazioni, ove possibile, di come eliminarlo o comunque di ridurne il più possibile l’impatto sul processo e sui costi di produzione. 1. LE ATTESE (Waiting) Si riferiscono a tutti i tempi di attesa o di accodamento “non strettamente necessari” al ciclo di lavorazione; si tratta della differenza fra il tempo totale necessario per l’attraversamento dell’attività produttiva di un bene o di un servizio (Lead Time) ed il suo “tempo di fabbricazione”, che è dato dalla somma di tutti i tempi ciclo effettivi necessari per il
processo tecnologico di produzione. Le cause più comuni sono: • errori nella sincronizzazione delle fasi dei processi di lavorazione; • ritardo nell’arrivo dei materiali; • affollamenti o sovrapposizioni non previste; • ritardi dovuti al cattivo funzionamento degli impianti; • assenza dell’operatore; • attese per la preparazione o lo spostamento della macchina; • altro. A volte i tempi di attesa hanno origini diverse, spesso concatenate tra loro, come ad esempio: • errori nella predisposizione o indicazione delle linee di lavorazione; • mancanza di addestramento adeguato, • mancanza di controllo; • altro. Rimuovere le cause che provocano ritardi o inutili attese nel normale flusso produttivo è spesso difficile ed in alcuni casi molto costoso, ma bisogna tenere presente che ogni unità di prodotto "ferma" nel ciclo produttivo equivale ad un costo, come pure un costo è il valore immobilizzato e l’immobilizzazione spesso determina l’inefficienza dell’intero processo produttivo. Ad esempio il mantenere operatori o impianti attivi che non sono sfruttati completamente per le potenzialità che hanno, si traduce in ulteriori inutili costi che spesso non sono neppure facilmente quantificabili, ma che comunque esistono e influiscono negativamente sul prezzo del prodotto finale e perciò sul cliente. Quindi deve essere fatta una attenta valutazione dei tempi di attesa dei prodotti o dei materiali, tradurla in "costi" e, guardando il risultato, mettere a punto la migliore strategia possibile per ridurre o meglio eliminare tutti i ritardi non necessari nel normale processo produttivo. Dal punto di vista del cliente, di cui abbiamo parlato in precedenza, questi tempi di attesa influiscono direttamente ma negativamente sul "tempo di consegna" del bene o del servizio e quindi sul relativo costo finale, con il pericolo di rendere più conveniente un altro mercato.
2. I TRASPORTI (Trasporting) Si intendono tutte le operazioni di trasporto in arrivo e in partenza rispetto allo stabilimento o di semplice movimentazione dei prodotti da lavorare o di quelli finiti da un posto ad un altro, da un reparto ad un altro all’interno dell’azienda, operazioni che hanno comunque un costo soprattutto in termini di risorse e che spesso generano movimenti inutili legati alle stesse operazioni di movimentazione, che equivalgono a lavorazioni aggiuntive inutili e non produttive. Ad esempio il movimento dei mezzi pesanti per il lo scarico o il carico della merce, il movimento dei mezzi di trasporto interno per le varie fasi di lavorazione o dei carrelli elevatori per lo stoccaggio, ecc. Solitamente sono due gli aspetti su concentrare l’attenzione e poi intervenire : • il reale motivo per cui è necessario il trasporto, cercando di eliminare o ridurre i fattori che rendono necessario il trasporto stesso, ad esempio modificando la disposizione o lay-out della linea di lavorazione; • l’analisi e l’ottimizzazione del metodo del trasporto, in termini di: - frequenza; - distanza da percorrere; - tempo necessario; - attrezzatura disponibile; - procedura operativa; - altro. Lo scopo principale è l'eliminazione di tutti i trasporti ritenuti inutili, anche se talvolta ridurne il numero o l’entità potrebbe non essere possibile a causa di impedimenti non superabili avere come un costo maggiore, avere vincoli "fisici" ad esempio muri o altro. In ogni caso è importante operare per ottimizzare al massimo ogni spostamento all’interno del ciclo produttivo dell’azienda in generale. Non si deve chiedere un centesimo in più al cliente finale per qualsiasi operazione di spreco in termini di attesa (tempi morti) o di movimentazione interna o esterna all’azienda. Tutto ciò che si movimenta in più rispetto allo stretto necessario o che si movimenta male è un costo per il cliente.
E il costo per la perdita di tempo, non potendo essere addebitato al cliente, ricade inevitabilmente sul costo aziendale dei pezzi prodotti cioè sull’azienda, che vede così inutilmente ridotto il margine di guadagno spesso di per se già esiguo. Se il prezzo del prodotto finito deve essere aumentato del costo dello spreco il cliente va altrove, dove il prodotto costa meno perché, magari, non è caricato dello spreco. È in questo modo che si perde la produttività, la competitività e quindi, cosa più importante, si perde il cliente. Per evitare tutto ciò, per rendersi conto di dove e come intervenire nel processo aziendale per evitare gli “sprechi” e rimanere competitivi sul mercato, cioè per sopravvivere come spesso accade per le piccole e micro attività produttive, la Comunità Europea mette a disposizione contributi a fondo perduto per aiutare le Imprese che si rendono conto dell’importanza di tale problema e vogliono farsi guidare nella riorganizzazione o nella ottimizzazione del processo aziendale. Questi finanziamenti a fondo perduto sono concessi alle aziende in percentuale su un preciso progetto di riorganizzazione della filiera di produzione, anche con la possibilità di acquistare servizi, attrezzature e macchinari che sono necessari allo scopo. Per accedere a queste opportunità si deve individuare, tra i numerosi bandi che ogni anno vengono emessi dalle Regioni e dallo Stato, quello più adatto alle esigenze dell’azienda e preparare un progetto mirato, da ammettere a finanziamento. Il tutto sempre nell’ottica di lavorare meglio e risparmiare sui costi per non “perdere il cliente”, obiettivo questo che terremo presente anche quando analizzeremo gli altri cinque punti dello “spreco”. La riflessione prosegue nel prossimo numero.
Ing. Paolo Melchiorre Consulente Aziendale Consulente in materia di Sicurezza e Lavoro
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CAR - Confederazione Autodemolitori Riuniti
UN ANNO DI LAVORO DA VIVERE INTENSAMENTE Il Presidente CAR, Alfonso Gifuni, stila la “tabella di marcia” per l’anno 2011 di Alberto Piastrellini
attualmente definiti al 31 gennaio c. a., gli eventuali conguagli e i relativi obblighi. Purtroppo, la nostra richiesta di considerare la tariffa già pagata nel 2010 a coper tura dell’attuale annualità, non è stata giudicata ammissibile dal Ministero competente. Tuttavia, stiamo perseguendo la strada di avanzare ulteriori proposte di concerto con le altre Associazioni coinvolte.
Con l’uscita del primo numero dell’anno del Notiziario, è giocoforza dedicare uno spazio adeguato alla Confederazione Autodemolitori Riuniti - CAR, di cui, in questi anni, abbiamo sempre seguito l’evoluzione, sin dalla nascita. Per il settore automotive l’anno si è sicuramente aperto con le problematiche derivanti dalla situazione negativa rispetto al mercato auto; contemporaneamente sono ancora in essere parecchie questioni che interessano la categoria degli autodemolitori. In primo luogo, la questione Sistri, che giunto alla quinta proroga, ancora presenta aspetti di perplessità (anche se una notizia positiva è data dal fatto che il termine per il pagamento del contributo Sistri per l’anno 2011 è stata prorogata al 30 aprile p.v.). Poi c’è la questione relativa alla corretta denominazione dei ricambi usati esportati all’estero che continua a creare problemi nelle dogane. Infine, l’annosa ed irrisolta querelle con i Produttori per l’ingresso nelle Reti. Di tutto questo, abbiamo cercato di riflettere con il Presidente CAR, Alfonso Gifuni che ci ha fatto il quadro delle attività che la Confederazione intende intraprendere per l’anno appena iniziato. Presidente, può darci un’idea di cosa “bolle in pentola” per il 2011? Non è facile sintetizzare in poco tempo tutte quelle attività e proposizioni che ci hanno visto in prima linea negli ultimi mesi. Innanzi tutto, ritenendo assurdo dover pagare la quota per l’iscrizione al Sistri nel 2011, quando non si potuto procedere all’attuazione del Sistema stesso, abbiamo tentato di definire una posizione comune fra le Organizzazioni Sindacali interessate al fine di chiarire i termini di legge da rispettare,
Contemporaneamente, stiamo lavorando per trasformare in documento organico la summa delle risultanze del nostro apprezzato Convegno di Rimini (Ndr: “Autodemolizione: razionalizzare le regole” - Rimini, 5 novembre 2010. Per maggiori informazioni si veda l’articolo omonimo alle pagg. 19 - 22 del Notiziario Autodemolitori n 11 - Novembre 2010 e l’intervista di approfondimento al Presidente CAR, pubblicata sullo stesso numero di novembre, alle pagg. 23 - 24). È nostra intenzione formalizzare le posizioni della categoria emerse durante la kermesse riminese di ECOMONDO, allorquando si è manifestata la problematica di una normativa ambientale che, nei nostri confronti, probabilmente, va oltre le intenzioni dello stesso Legislatore. Mi spiego meglio: sicuramente all’origine della norma sussiste una ratio molto chiara che è quella del giusto perseguimento dei reati commessi contro l’ambiente. Però, per la nostra categoria, tale presupposto diventa occasione per perseguire pesantemente reati che non hanno un oggettivo rilievo dal punto di vista penale. In pratica, stiamo chiedendo al Governo di andare al verificare, così come emerso dal dibattimento riminese, l’effettività del dolo rilevato e non equiparare l’eventuale reato volontario con la possibile svista o imprecisione documentale la cui responsabilità non dovrebbe ricadere sul titolare dell’azienda che viene sottoposto a procedimento penale. Un altro aspetto del lavoro che, come Confederazione degli Autodemolitori Riuniti, ci vedrà operare su più fronti, riguarda l’annosa questione delle Reti ed il rapporto fra professionisti dell’autodemolizione e Costruttori di autoveicoli. Se per tutto il 2010 abbiamo analizzato le disfunzioni sul territorio nazionale ricorrendo alla base degli Associati che ci hanno testimoniato in centinaia di casi il disagio di lavorare in un rapporto impari di soccombenza nei confronti dei Produttori, ed allo stesso tempo, abbiamo cercato di non rinunciare ad un confronto sereno con le Case automobilistiche, a partire dall’anno in corso abbiamo l’intenzione di passare ad una fase meno dialogica con le nostre controparti. La volontà è quella di impugnare formalmente il meccanismo delle Reti che non si è rivelato quel meccanismo vir tuoso ed economicamente sostenibile che era nelle intenzioni del Legislatore, bensì uno strumento che avvantaggia pochi e limitatamente alla volontà soggettiva dei Produttori.
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
Lo abbiamo affermato più volte, tanto a voce, quanto per iscritto, i nostri Associati rilevano continuamente criteri di ammissione ed esclusione dalle Reti, quantomeno discutibili, come nel caso di intere Province d’Italia non coper te specificatamente da alcuna Rete, malgrado si offrano improbabili giustificazioni di saturazione; oppure in quello di ambigui criteri qualitativi opposti alla legittima domanda di un demolitore che chiede di entrare nella Rete. In questo caso, mi chiedo, se l’autodemolitore è in possesso delle autorizzazioni previste, quali possano essere ulteriori criteri qualitativi se si esclude la “simpatia”… È chiaro che in molti casi si assiste ad un condizionamento molto forte, ai limiti della prevaricazione del Produttore sugli autodemolitori, un condizionamento che non favorisce certo il ritiro a “Km 0” degli autoveicoli a fine vita e danneggia, pertanto, non solo le aziende, ma anche l’ambiente. Sempre su questo aspetto del nostro quotidiano, vorrei sottolineare, come già fatto in precedenza a Rimini, che pur considerando la dinamica eccessiva - a meno di non voler dubitare della legittimità delle autorizzazioni provinciali – abbiamo accettato positivamente la richiesta dei Survey da parte dei Concessionari. In sede di Convegno, abbiamo lanciato ai Concessionari la provocazione di un documento che certificasse la loro qualità, dal momento che ci conferiscono le auto da demolire. Certo, abbiamo messo il dito nella piaga, perché c’è tutto un mercato dietro al veicolo che viene affidato al Concessionario per la rottamazione. Ricordo che per la Legge, il Concessionario non è l’ultimo detentore del veicolo, né si evidenziano i motivi per i quali si dovrebbe verificare una triangolazione lucrosa prima che il veicolo venga effettivamente demolito,
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e a poco valgono le giustificazioni di chi vede nel cosiddetto “one to one” la realizzazione di un principio, perché l’esperienza e l’osservazione quotidiana ci insegnano che non c’è mai effettiva contestualità fra la consegna del veicolo da rottamare e il nuovo. Il nostro sospetto è che in questo modo si attui una indebita penetrazione nel circuito del fine vita del veicolo. Stiamo entrando in punta di piedi in una vicenda molto delicata, me ne rendo conto, ma è nostra intenzione arrivare alla verità per tutelare gli interessi dei consumatori e della nostra categoria. Per far sintesi, l’anno che ci aspetta sarà molto forte dal punto di vista del confronto e la nostra categoria deve uscirne con le idee molto chiare. Infine, ci preme la definizione totale della lunga vicenda del SISTRI. La proroga di cinque mesi, secondo noi, comunque non sarà sufficiente, almeno dalla valutazione della effettiva consegna delle black box o dal monitoraggio del programma. Poi c’è il fatto che alcuni soggetti all’interno della filiera ELV hanno deciso di non iscriversi affatto, cito ancora una volta i Concessionari, con i quali, evidentemente, non ci sarà un interfaccia nel momento in cui si dovrà andare a regime. Credo si debba lavorare tutti, in sintonia con il Ministero dell’Ambiente, per risolvere le tante lacune e perplessità del Sistema se si vuole attuarlo realmente. Come Confederazione siamo costantemente impegnati, non solo nel rilevare le problematiche sollevate dalla base, ma anche nello studio di adeguate proposte formative. Su questo particolare, dico subito che è in fase di studio per il
stiamo lavorando affinché i Ministeri competenti forniscano a chi di dovere l’interpretazione corretta e definitiva delle norme. Consideri che per le nostre aziende, tutto ciò sta causando costi notevoli in ritardi di consegna, mentre il mercato estero (Nord Africa ed Est Europa) sta cominciando a non acquistare più in Italia proprio a causa dei disagi interpretativi delle norme relative alle spedizioni dei ricambi usati.
mese di marzo un importante momento di formazione tecnica in collaborazione con gli Autori del gestionale Gest. CAR.. È nostro scopo raccogliere fino all’ultimo le novità su questo tema in modo da fornire agli Autodemolitori interessati il massimo in termini di conoscenza sul Sistri onde non ricalcare esperienze similari che, da mesi, però, diffondono solo informazioni generali e generiche. C’è un ultimo aspetto che mi preme affrontare, quello della corretta qualificazione giuridica dei pezzi di ricambio esportati. Cosa sta succedendo? Questo è un argomento di grande attualità e che stiamo affrontando con pervicacia già da molto tempo. Proprio recentemente mi sono trovato a far da consulente ad alcuni demolitori nelle operazioni di verifica di un container di ricambi usati fermato dalla Dogana di Salerno prima della sua spedizione all’estero. Sono lieto che dalla verifica del materiale e dopo il contraddittorio con gli Organi di controllo dal quale, in prima analisi era emersa una contestazione generica e vaga, sia poi risultato tutto in ordine. Proprio in questi giorni abbiamo chiesto un incontro alla Direzione Generale delle Dogane, dal momento che, sulla questione, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ci ha fornito risposte molto chiare, assicurandoci sulla legittimità dell’espor tazione di ricambi usati all’estero, che gli stessi non vanno considerati rifiuti e che, quando tale operazione ne pregiudica la funzionalità (come nel caso dei motori), si può addirittura ometterne la completa bonifica. Tutto ciò non è ancora molto chiaro alle Dogane e però
Quindi, ancora un anno di grande lavoro per la Confederazione Autodemolitori Riuniti? Cer to, tanto più in considerazione del fatto che non mi stancherò mai di ricordare come la nascita della nostra Confederazione sia giunta contemporaneamente ad un rinnovato sussulto di dignità da par te dei protagonisti della categoria nei confronti degli altri par tner della Filiera e ad una conseguente evoluzione e crescita del settore che, sempre più, si rende conto delle possibilità economiche che rappresenta per l’Italia. CAR ha appena tre anni di vita, eppure, in pochissimo tempo, rispetto ad iniziative sindacali analoghe, ha saputo catturare l’attenzione degli autodemolitori esprimendone il fermento e dando voce al dissenso quando se n’è presentata l’occasione. Da quest’anno, poi, è nostra intenzione aumentare il numero degli associati e, grazie alla credibilità ottenuta ed alla stabilità della nostra struttura, vogliamo garantire la crescita dei servizi ai Soci (già ora abbiamo un consulente legale stabile) e l’ottimizzazione delle tante risorse della Confederazione.
CAR INFORMA: Coloro che fossero interessati ad avere la registrazione audio/video del Convegno di Rimini: “Autodemolizione: razionalizzare le regole”, può farne richiesta presso la Segreteria CAR: Via Antonio Salandra, 18 - 00187 Roma Tel. 06 42272036 - Fax. 06 42274000
[email protected] - www. carautodemolitori.it
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
Rapporto ACI Censis 2010
GLI ITALIANI NON RINUNCIANO ALL’AUTO Ma la crisi ne riduce l’uso di Agnese Mengarelli
Guidare meno, guidare sempre. È questa la sintesi che emerge dal 18° Rapporto ACICENSIS “Automobile 2010” presentato a Roma dall’Automobile Club d’Italia, dal Presidente dell’ACI, Enrico Gelpi, e dal Presidente della Fondazione Censis, Giuseppe De Rita. Gli italiani non riescono a rinunciare alla propria auto, neanche per i brevi spostamenti. La mobilità con il mezzo privato è considerata una necessità irrinunciabile, sebbene la crisi economica, lo stress, il traffico facciano emergere una leggera riduzione dei kilometri percorsi. I tre filoni analizzati questo anno sono: mobilità, sicurezza stradale e mercato auto. Mobilità Dal Rapporto Aci-Censis 2010 emerge uno scenario di cambiamento della mobilità italiana. Gli italiani riducono l’uso dell’auto privata in termini di kilometri percorsi ma al tempo stesso aumentano la frequenza dei loro spostamenti; cresce inoltre l’abitudine d’uso del mezzo pubblico così come l’impiego di motocicli e biciclette. Nel 2009 l’auto è stato il mezzo più favorito dagli italiani, ma il suo uso cominciava ad essere più modico e consapevole: meno giorni a settimana e meno Km percorsi, con una conseguente crescita dell’uso dei mezzi pubblici e delle due ruote. Gli automobilisti, spaventati dalla crisi economica che avanzava, avevano cominciato ad adottare dei compor tamenti più “virtuosi” senza, però, rinunciare all’utilizzo del loro mezzo di traspor to privato. Un anno dopo, la congiuntura economica senza crescite significative, un tasso di disoccupazione in aumento, i continui rialzi del prezzo del carburante e il mercato dell’auto in picchiata non hanno fermato i patentati italiani, anzi, il desiderio di mobilità si è ampliato. I dati raccolti, infatti, richiamano i valori del 2007, quando la crisi non si era ancora manifestata. Cresce il numero medio dei giorni d’uso dell’auto privata in una settimana (festivi inclusi): 5,1 rispetto ai 4,9 del 2009 (nel 2007 era al 5,3); aumenta, fortemente, il numero medio degli spostamenti giornalieri (soprattutto feriali) con l’auto: 4,1, rispetto ai 3,4 del 2009 e ai 3,3 del 2007; cresce il numero medio degli spostamenti inferiori ad 1 Km, compiuti (nei feriali e nei festivi) con l’autovettura privata. Nei giorni feriali, la media è 0,6 spostamenti (come nel 2007) rispetto agli 0,2 del 2009; nei giorni festivi è, invece, 0,4 rispetto agli 0,2 del 2009. Nessuna sorpresa per quanto riguarda il mezzo preferito per gli spostamenti ricorrenti, l’auto privata conferma anche quest’anno il suo primato con il 90,4% delle preferenze. Dal grafico (di seguito), però, emergono anche alcuni cambiamenti significativi nelle abitudini degli automobilisti, probabilmente legati all’aumento del costo del carburante.
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Rispetto a 3 anni fa, le quattro ruote sono state sostituite da mezzi pubblici, due ruote, o passeggiate a piedi. Aumenta, infatti, notevolmente (+8,9 punti percentuali rispetto al 2007) il ricorso ai mezzi pubblici urbani (49,5%, era il 41,2% nel 2009) e cresce anche l’utilizzo sia di moto/scooter (17,9% rispetto al 14,9% del 2007), che di bici (18,7% rispetto al 13,7% del 2007). L’aumento è maggiore negli uomini, che erano i più restii all’utilizzo dei mezzi pubblici: nel 2007 gli automobilisti che se ne servivano erano il 19,2%, nel 2010 la percentuale ha toccato quota 31,0%. Tra le donne, invece, l’aumento è stato minore: + 5,8% (dal 31,4% del 2007 al 37,2% del 2010). La percentuale d’uso della macchina tra gli uomini appare, infatti, in leggero calo (dal 90,3% del 2007 all’88,9% del 2010) a vantaggio del trasporto pubblico e delle due ruote (19,7% nel 2007, 25,5% nel 2010). Cresce anche l’utilizzo dell’auto con altri passeggeri (+8% rispetto 2007), indice di un aumento costante nei sistemi di car sharing fai-da-te. Il 18% dei patentati (erano il 13,1% nel 2009) si accorda con amici, parenti o colleghi per risparmiare e ottimizzare gli spostamenti. Nonostante il ricorso ad autobus e metro sia considerevolmente incrementato, persiste una percentuale piuttosto alta (49,8% in crescita rispetto al 44,0% del 2007) di automobilisti che in qualche modo rifiuta il traspor to pubblico a causa dell’assenza di collegamenti diretti e di coincidenze inadeguate e allo lo scarso comfort del viaggio. Tra le azioni che potrebbero invertire questa tendenza emergono - in particolare tra le donne (26,3% rispetto ad un media totale del 25,4%) - le corse più frequenti, a seguire il diverso orario dei mezzi pubblici di traspor to (12,0%); il maggior
numero dei parcheggi di scambio (7,1%) ed i contributi sui biglietti o gli abbonamenti (5,1%).
i 18 e i 34 anni continua a circolare nelle zone ZTL senza autorizzazione. Per quanto riguarda, invece, le infrazioni ad elevato grado di pericolosità, primeggiano il superamento dei limiti di velocità (23,5%) ed il mancato uso delle cinture di sicurezza (18,4%). Percentuali già preoccupanti, che crescono ulteriormente nella fascia di età 18-34 (30,9%; 30,2%) e 35-44 anni (23,5%; 19,9%). Tra gli under 35 oltre il 30% supera i limiti di velocità, il 23,5% guida senza cintura, il 23,3% parla al cellulare senza vivavoce o auricolare. Il 4,1%, (quattro volte la media pari a 1%), ammette di guidare in stato di ebbrezza. La guida degli over 35, che dovrebbero essere più responsabili, è altrettanto preoccupante: Oltre il 30% supera i limiti di velocità, il 20% non indossa le cinture di sicurezza, l’11% passa con il semaforo rosso e il 6% non rispetta la precedenza in prossimità degli incroci.
Sicurezza stradale Secondo i dati Aci – Istat nel 2009 in Italia sono stati rilevati 215.405 incidenti stradali, causando la morte di 4.237 persone e lesioni di diversa gravità in altri 307.258 casi. Malgrado il positivo miglioramento del quadro generale dell’incidentalità stradale del 2010 (incidenti -1,6%; feriti -1,1%; morti -10,3%), preoccupano i dati, in netta controtendenza, legati all’aumento delle vittime fra i pedoni con un incremento del quasi 3%. La guida sotto l’influsso di alcol si attesta nettamente come la principale preoccupazione degli automobilisti (64,9%), seguita dall’eccesso di velocità con il 49,8%.
Alcuni comportamenti a rischio nel consumo di alcolici si associano fortemente ai giovani tra i 18 e i 24 anni e all’abitudine ad andare nelle discoteche e più in generale nei luoghi in cui ci sono occasioni di incontro e socializzazione. Tra chi frequenta assiduamente le discoteche (più di 12 volte nell’anno) la quota di quanti dichiarano un compor tamento di consumo a rischio è più alta. I giovani (18-34 anni) sono i più inclini a commettere infrazioni e fanno registrare percentuali più elevate della media nella quasi totalità delle violazioni. La frequenza delle infrazioni è, invece, più bassa tra gli over 55, per il ridotto utilizzo dell’auto e il crescere, con gli anni, del senso di responsabilità. Divieto di sosta (27,8%), doppia fila e/o marciapiede (21,7%) sono le infrazioni commesse più frequentemente dagli automobilisti italiani. Il mancato uso delle “frecce”, coinvolge ben il 10% degli intervistati, mentre il 7,6% dei giovani tra
Il tasso di infrazione più basso si registra tra gli over 60 ovvero tra coloro che, riducono il carico di impegni, interrompono il lavoro ed escono di meno la sera. Questa categoria tende a moderare l’uso dell’auto mentre, come hanno evidenziato i dati precedenti, è notevolmente più alto nella fascia d’età tra i 18 e i 44 anni, dove la percentuale di utilizzo dell’auto privata raggiunge la quota più elevata. “Tra i conducenti dilaga un senso di onnipotenza al volante, soprattutto tra i più giovani, che deve essere rapidamente con-
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trastato con specifiche iniziative istituzionali e nuove attività di sensibilizzazione. - ha dichiarato Enrico Gelpi, Presidente dell’ACI - L’inesperienza facilita una maggiore propensione alla trasgressione tra i neopatentati, verso i quali vanno delineati percorsi di formazione continua che favoriscano consapevolezza dei rischi e comportamenti più responsabili.” Quasi nove automobilisti su dieci (87,8%) riconoscono che il cellulare come principale fattore di distrazione al volante, eppure - nel 12,8% dei casi (percentuale che raggiunge quota 23,3% tra i 18-34enni) - lo usano lo stesso senza vivavoce.
Tra i principali problemi della sicurezza stradale cresce la percezione di una cattiva manutenzione delle strade (8,5% rispetto al 7,8% del 2009) e dell’inefficienza della segnaletica nei punti pericolosi (3,9 rispetto al 2,9 del 2009). I patentati inoltre non sono soddisfatti o solo “parzialmente” delle condizioni del manto stradale della propria città, dello stato degli attraversamenti pedonali e dell’illuminazione stradale. Mercato auto Come già ben evidenziato dai nostri ultimi ar ticoli, il mercato italiano dell’automobile è in crisi profonda. Nonostante questo settore, colpito dalla grave crisi economica che ha investito, seppur in misura diversa, tutti i settori economici del nostro Paese, avesse ricevuto nel 2009 una vera e propria “boccata d’ossigeno” grazie agli incentivi alla rottamazione, la loro assenza dall’aprile 2010 sembra aver profondamente danneggiato - unitamente ad un freno generale nei consumi degli italiani - il mercato dell’auto che appare, allo stato attuale, in caduta libera. Il 2011 non fa certo ben sperare, in quanto, in tema di acquisto di auto nuove gli automobilisti appaiono profondamente indecisi. Solo il 4,8% dichiara di averne acquistata una nel corso del 2010 ed è ancora inferiore la percentuale di chi pensa di farlo nel 2011, solo il 3,9%. Per le due ruote la situazione è leggermente migliore, infatti il 7,9% degli intervistati sono intenzionati all’acquisto di un nuovo veicolo nel 2011. L’indagine si è posta poi un’impor tante questione: come si potrebbe invertire la tendenza e rivitalizzare il mercato delle automobili? Al primo posto (47,5%) si segnala la reintroduzione degli incentivi. Seguono l’abolizione del bollo (24,3%) e, con percentuali che oscillano intorno al 16%, un calo netto del costo del carburante, sconti relazionati al reddito dell’acquirente, e un’assicurazione agganciata ai punti patente (più basso il nu-
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mero di infrazioni commesse, più basso il costo della polizza o del bollo). Le auto low cost spingerebbero all’acquisto solo il 5,7% degli automobilisti, mentre un’auto completamente made in Italy motiverebbe appena il 3,8% dei patentati.
Le auto preferite dagli italiani sono quelle straniere con il 54,7%, mentre per il 42,2% degli intervistati si affida ad un modello made in Italy. Il restante 3,1% ne possiede una per entrambe le provenienze. Coloro che preferiscono l’auto italiana giustificano la loro scelta per prezzo competitivo (29%), buon rappor to costo/ qualità (22%), condizioni di pagamento vantaggiose (15,6%), bassi costi di manutenzione (14,3%). Un buon 19,8% ha, in-
vece, acquistato un’auto italiana perché ripone fiducia nella qualità dei nostri prodotti, il 7,1% per portare avanti l’orgoglio nazionale e il 16,8% perché le nostre auto hanno una linea più gradevole. Le due principali ragioni di acquisto di auto straniere, invece, rimangono il buon rapporto qualità/prezzo (41,1%) e il costo competitivo (31,1%). Inoltre gli automobilisti italiani tendono a dare maggiore importanza agli standard di sicurezza (9,0%) e alla tutela dell’ambiente (9,7%), che risultano meno rilevanti nell’acquisto di un’auto italiana (rispettivamente 2,0% e 1,1%). L’acquisto di una macchina estera sembra, dunque, più “razionale”, mentre per l’auto italiana entrano in gioco fattori più emotivi. Si cerca di compensare l’assenza dell’italianità del prodotto con solidità, bellezza e sicurezza. Ecco l’auto ideale degli italiani: con il prezzo della benzina alle stelle gli automobilisti preferiscono un diesel (20,2%) o un’auto alimentata a GPL (13,2%). Maggiore perplessità destano il metano (3%) o l’ibrida (2,9%). L’auto elettrica, invece, continua a lasciare “indifferenti”. Un prezzo in linea con le auto tradizionali (32,8%) e un sistema rapido ed efficiente di ricarica delle batterie (27,3%) sono le caratteristiche che potrebbero spingere gli italiani verso l’acquisto di un auto elettrica; seguono comfort di guida, design e prestazioni in linea con le auto tradizionali (21,7%) e la certezza che questa tipologia di auto sia realmente meno dannosa per l’ambiente (15,4%).
e politiche d’offer ta di alcuni comuni), e i costi-assicurativi, frutto di una concorrenza più aggressiva (polizze online) o di scelte di risparmio da par te dei consumatori (franchigie, rinuncia ad incendio e furto, ecc.). Crescono, invece, di oltre il 10% il costo delle multe e le spese per la manutenzione straordinaria, probabilmente dovute all’invecchiamento del parco auto italiano. Secondo Enrico Gelpi, Presidente ACI, “L’automobile conferma il suo primato tra le abitudini degli italiani, ma dal rapporto emerge la richiesta sempre più diffusa di una nuova cultura della mobilità. È indispensabile che le istituzioni affrontino con determinazione i problemi: la pianificazione del sistema dei trasporti, il ripensamento del rapporto tra urbanistica e mobilità, l’accessibilità ai grandi centri urbani”.
da un punto di vista di genere, le donne vogliono un’auto maneggevole, economica e facile da guidare, le patentate preferiscono, in netta maggioranza (32,1% rispetto al 18,5% degli uomini), acquistare un’utilitaria mentre gli uomini si presentano più variegati e rivolti anche a macchine più “prestigiose” e potenti: il 20,9% acquisterebbe una berlina medio-grande rispetto al 13,2% delle donne. Per quanto riguarda la gestione, il costo annuo (ammor tamenti esclusi) si riduce di 3 punti percentuali rispetto al 2009, passando da 3.306€ a 3.191€. In leggera contrazione i costi-carburante (a causa della riduzione dei km percorsi e la crescita delle auto GPL), i costi-“custodia e parcheggio ad ore” (per risparmi “soggettivi”
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE
Biocarburanti
DALL’UE UNA DECISIONE PER REGOLARIZZARE LE INFORMAZIONI Non solo la qualità dell’aria negli intenti dei legislatori europei, ma anche la garanzia della tutela dei suoli, dell’acqua e del ripristino dei terreni degradati a cura di Alberto Piastrellini
Nella complessa partita che da tempo si gioca per la questione dell’abbattimento degli inquinanti immessi in atmosfera dall’utilizzo dei combustibili fossili e dalla combustione dei loro derivati in qualità di carburanti per autotrazione, un importante fronte di “scontro” è quello che vede impegnata la ricerca nel campo dei biocarburanti. La nuova panacea alla “mobilità-insostenibile-male-del-secolo”, secondo alcuni; una nuova tipologia di “affare” molto remunerativo ed eticamente spendibile, secondo altri. Di certo, non sono visti di buon occhio dalle lobby dei petrolieri né dall’industria chimica tradizionale, tuttavia, l’ipotesi di utilizzo massiccio di tali sostanze, non manca di ingenerare qualche perplessità anche negli ambienti più “eco”, a causa delle caratteristiche peculiari delle coltivazioni interessate (soprattutto in considerazione dell’acqua necessaria per l’irrigazione e delle sostanze nutritive necessarie). Ad ogni modo, e per fortuna, la ricerca va avanti e sono molte, attualmente, le sperimentazioni in atto, financo i primi utilizzi. Negli USA, ad esempio, l’Epa (Ente di protezione ambientale), ha già autorizzato l’utilizzo di carburante misto (benzina all’85% e bioetanolo per il restante 15%), nelle autovetture costruite dopo il 2007, mentre per i veicoli costruiti nel periodo 2001 – 2006, è prevista una nuova autorizzazione nell’anno in corso. Ma se il trend dei biocarburanti è decisamente in crescita, occorre tener presente che sull’altro piatto della bilancia “pesano molto” i prezzi dei generi alimentari (si consideri che le piante di partenza sono le stesse: mais, soia, canna da zucchero), quindi, sempre gli USA, hanno stabilito che al 2022 il 58% dei 136 miliardi di litri di biocarburanti che verranno prodotti oltreoceano, non dovranno derivare da coltivazioni alimentari. E in Europa? L’interesse è altissimo (vista la crisi economica e la necessità di rilanciare imprese, produttività e consumi, senza dimenticare la protezione dell’ambiente e della salute
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dei cittadini). Una recente decisione della Commissione, datata 12 gennaio 2011, e destinata agli operatori degli Stati membri, mira alla certificazione delle informazioni cui gli operatori saranno chiamati a fornire per ogni partita di biocarburante o bioliquido introdotto. Come spesso accade nei documenti UE, l’articolato è piuttosto scarno ed essenziale, ma si può ben intendere lo spirito sotteso alla decisione stessa. Per meglio fornire al Lettore le informazioni precise relative al documento in calce, pubblichiamo, di seguito, il testo completo della Decisione C(2011) 36, relativa ad alcuni tipi di informazioni sui biocarburanti e i bioliquidi che gli operatori economici devono presentare agli Stati membri. (NdR. Si avverte che il testo della Decisione pubblicato in queste pagine non riveste carattere di ufficialità e non è in alcun modo sostituibile della pubblicazione ufficiale cartacea)
DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 12 gennaio 2011 relativa ad alcuni tipi di informazioni sui biocarburanti e i bioliquidi che gli operatori economici devono presentare agli Stati membri [notificata con il numero C(2011) 36] (2011/13/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, vista la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE (1), in par ticolare l’ar ticolo 18, paragrafo 3, terzo comma, vista la direttiva 98/70/CE del Parla-
mento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e recante modificazione della direttiva 93/12/CEE del Consiglio ( 2 ), in particolare l’ar ticolo 7 quater, paragrafo 3, terzo comma, sentito il comitato consultivo istituito dall’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2009/28/CE, considerando quanto segue: (1) Gli Stati membri devono garantire che gli operatori economici riferiscano in merito alla conformità dei bioliquidi con i criteri di sostenibilità fissati dalla direttiva 2009/28/CE e alla conformità dei biocarburanti con i criteri di sostenibilità fissati dalla medesima direttiva nonché dalla direttiva 98/70/CE; essi devono inoltre fornire informazioni relative ad alcuni aspetti complementari di ordine ambientale e sociale. (2) Per quanto attiene ai suddetti aspetti complementari, la Commissione deve redigere l’elenco di informazioni adeguate e pertinenti da riferire. (3) Esistono o si trovano in fase di sviluppo diversi sistemi volontari volti a definire standard per la produzione di prodotti della biomassa che stabiliscono i requisiti riguardanti, parzialmente o integralmente, sia i criteri di sostenibilità, sia gli aspetti complementari di ordine ambientale e sociale, quali quelli che saranno ripresi nell’elenco della Commissione. La Commissione può considerare questi sistemi volontari fonti di dati affidabili e accettabili ai fini della dimostrazione di conformità con i criteri. Può inoltre riconoscerli come sistemi contenenti dati accurati relativi agli aspetti ambientali e sociali complementari. (4) Il calcolo dei gas a effetto serra per i biocarburanti e i bioliquidi compresi
nel regime di sostenibilità consente di fruire di un premio se la biomassa è ottenuta a par tire da terreni degradati ripristinati. (5) Il calcolo dei gas a effetto serra compreso nel regime di sostenibilità contempla un fattore che riflette la riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo attraverso una migliore gestione agricola. (6) Tenendo in considerazione la necessità di garantire che la trasmissione di informazioni relative ad aspetti ambientali e sociali non costituisca un onere amministrativo eccessivo per gli operatori economici, è opportuno stabilire che tali informazioni debbano essere comunicate sotto forma di una dichiarazione
che attesti se le partite di biocarburanti e bioliquidi sono state cer tificate o accettate in quanto conformi al sistema volontario riconosciuto che comprende tali aspetti; se si è fruito del premio di cui al considerando 4; e se è applicato il fattore di accumulo del carbonio di cui al considerando 5. (7) Il premio di cui al considerando 4 e il fattore di accumulo del carbonio di cui al considerando 5 riguardano le colture. Per tale motivo non è necessario fornire informazioni analoghe per quanto attiene ai biocarburanti e ai bioliquidi prodotti da rifiuti o residui, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1 Per ogni par tita di biocarburante o di bioliquido gli operatori economici sono tenuti a fornire informazioni indicanti: a) se la par tita è stata cer tificata o accettata in quanto conforme ai requisiti di un regime volontario riconosciuto dalla Commissione, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 2009/28/CE e dell’articolo 7 quater, paragrafo 4, secondo comma, della direttiva 98/70/ CE, come sistema contenente dati accurati ai fini di informazione sulle misure adottate per la tutela dei suoli, dell’acqua e dell’aria, sul ripristino di terreni degradati, sul contenimento del consumo di acqua nelle zone in cui la risorsa è scarsa e/o relativamente alle questioni di cui all’articolo
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17, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 2009/28/CE e all’articolo 7 ter, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 98/70/CE
to serra di cui all’allegato V, parte C, punto 1, della direttiva 2009/28/CE e all’allegato IV, parte C, punto 1, della direttiva 98/70/CE per la partita;
b) se la par tita è stata cer tificata o accettata ai sensi della lettera a), il nome del sistema volontario in questione; ad eccezione dei biocarburanti e dei bioliquidi prodotti a partire da rifiuti e residui, devono essere inoltre fornite informazioni indicanti:
d) se il fattore riguardante la riduzione delle emissioni dovuto all’accumulo di carbonio nel suolo tramite una migliore gestione agricola di cui all’allegato V, par te C, punto 1, della direttiva 2009/28/CE e all’allegato IV, parte C, punto 1, della direttiva 98/70/CE è stato impiegato nel calcolo dei gas a effetto serra di cui al medesimo paragrafo per la partita.
c) se il premio di cui all’allegato V, parte C, punti 7 e 8, della direttiva 2009/28/ CE e all’allegato IV, par te C, punti 7 e 8, della direttiva 98/70/CE è stato impiegato nel calcolo dei gas a effet-
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Articolo 2 La presente decisione lascia impregiudicato il diritto della Commissione di
richiedere agli operatori economici ulteriori informazioni ai fini dell’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva 2009/28/CE. Articolo 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 12 gennaio 2011. Per la Commissione Günther OETTINGER Membro della CommissioneIT (1) GU L 140 del 5.6.2009, pag. 16. (2) GU L 350 del 28.12.1998, pag. 58.
Trasporto rifiuti non pericolosi
NECESSARIA L’ISCRIZIONE ALL’ALBO Anche per lo svolgimento dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi anche propri connessa all’esercizio dell’attività di impresa. a cura di Alberto Piastrellini
Il legislatore, con le modifiche del 2008 (D. Lgs. n. 4/2008 e L. 30/12/2008 n. 205), ha inteso confermare tendenzialmente la necessità dell’iscrizione all’Albo - seppure con modalità semplificate - anche per lo svolgimento dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi anche propri connessa all’esercizio dell’attività di impresa, (e ciò in linea con le decisioni comunitarie che avevano riguardato l’art. 30 del D. Lgs. 22/97). L’espressione citata: “... a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti...”, rappresenta, ad avviso del Collegio, un opportuno chiarimento rispetto alla originaria formulazione contenuta nel comma 8, art. 212 D. Lgs. 152/2006, “Le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare”. Fatta tale necessaria premessa indispensabile per la verifica della sussistenza del reato alla luce delle modifiche normative, si deve rilevare come il rilievo del ricorrente si ponga ai limiti dell’inammissibilità nel momento in cui contesta che la corte abbia qualificato ordinaria e regolare l’attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti dall’ impresa. A stabilirlo è la Suprema Corte di Cassazione con Sentenza n. 44389 del 16 dicembre 2010 (udienza 21 ottobre 2010) Onde fornire ai Lettori del Notiziario le corrette informazioni circa la Sentenza in oggetto, ne pubblichiamo, di seguito, il testo completo.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sez. III Penale Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Giuliana Ferrua - Presidente Dott. Alfredo Teresi - Consigliere Dott. Amedeo Franco - Consigliere Dott. Silvio Amoresano - Consigliere Dott. Giulio Sarno - Rel. Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: 1) (omissis) - avverso la sentenza n. 6422/2009 TRIBU-
NALE di TORINO, del 08/01/2010 - visti gli atti, la sentenza e il ricorso - udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/10/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Giulio Sarno - Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fodaroni Maria Giuseppina che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso. - Udito, per la parte civile, l’Avv. // - Uditi i difensori Avv.// SVOLGIMENTO DEL PROCESSO (omissis) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale il tribunale di Torino lo aveva condannato alla pena dell’ammenda per il reato di cui all’articolo 256 co. 1 D. Lgs. n.152/06 per avere, nella qualità di procuratore speciale con delega ambientale della A.CO.FER srl, effettuato attività di gestione di rifiuti senza essere in possesso della prescritta iscrizione all’Albo smaltitori della Camera di Commercio di Torino. Fatto accertato il 19.6.07. Deduce in questa sede il ricorrente: 1) Violazione di legge limitando l’art. 212 co. 5 e 8 l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali delle imprese che esercitano la raccolta ed il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare, non rientrando, invece, alcuna di tali attività nel novero di quelle svolte dalla società in questione. 2) Mancanza e contraddittorietà della motivazione sull’elemento oggettivo e soggettivo del reato. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato. Per quanto concer-
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ne il primo motivo la decisione impugnata si appalesa esente da rilievi sotto il profilo della violazione di legge. Ed, invero, si rileva quanto segue. È doveroso premettere che la disposizione dell’articolo 212 originariamente contenuta nel testo unico 152/06 ha in realtà subito modifiche nel tempo con particolare riferimento ai commi 5 ed 8 richiamati dal ricorrente. Come esattamente rilevato dal ricorrente l’articolo 212, comma 5, nella stesura iniziale, stabiliva che: 5. L’iscrizione all’Albo e’ requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, di raccolta e trasporto di rifiuti pericolosi, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi, nonché di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di
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titolarità di terzi e di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, nei limiti di cui all’articolo 208, comma 15. Sono esonerati dall’obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, a condizione che dispongano di evidenze documentali o contabili che svolgano funzioni analoghe, fermi restando gli adempimenti documentali e contabili previsti a carico dei predetti soggetti dalle vigenti normative. Il successivo comma 8 stabiliva invece che: 8. Le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare nonché le imprese che trasportano i propri rifiuti pericolosi in quantità che non eccedano trenta chilogrammi al giorno o trenta litri al giorno non sono sottoposte alla prestazione delle garanzie finanziarie di cui al comma
7 e sono iscritte all’Albo nazionale gestori ambientali a seguito di semplice richiesta scritta alla sezione dell’Albo regionale territorialmente competente senza che la richiesta stessa sia soggetta a valutazione relativa alla capacità finanziaria e alla idoneità tecnica e senza che vi sia l’obbligo di nomina del responsabile tecnico. Tali imprese sono tenute alla corresponsione di un diritto annuale di iscrizione pari a 50 euro rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406. Il decreto legislativo n. 4 del 2008, all’art. 2 co. 30. ha stabilito che: All’articolo 212, comma 3, le lettere e) ed f) sono soppresse; al comma 5, le parole (prodotti da terzi» sono soppresse e dopo le parole «Sono esonerati dall’obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e e), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236,»
sono aggiunte le seguenti: «limitatamente all’attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti di imballaggio,»; il comma 8 è sostituito come segue: «8. Le disposizioni di cui ai commi 5, 6 e 7 non si applicano ai produttori iniziali di rifiuti non pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto dei propri rifiuti, ne’ ai produttori iniziali di rifiuti pericolosi che effettuano operazioni di raccolta e trasporto di trenta chilogrammi o trenta litri al giorno dei propri rifiuti pericolosi, a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti. (omissis) Dette imprese non sono tenute alla prestazione delle garanzie finanziarie e sono iscritte in un’apposita sezione dell’Albo in base alla presentazione di una comunicazione alla sezione regionale o provinciale dell’Albo territorialmente competente che rilascia il relativo provvedimento entro i successivi trenta giorni. Con la comunicazione l’interessato attesta sotto la sua responsabilità, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 241 del 1990: a) la sede dell’impresa, l’attività o le attività dai quali sono prodotti i rifiuti; b) le caratteristiche, la natura dei rifiuti prodotti; c) gli estremi identificativi e l’idoneità tecnica dei mezzi utilizzati per il trasporto dei rifiuti, tenuto anche conto delle modalità di effettuazione del trasporto medesimo; d) il versamento del diritto annuale di registrazione, che in fase di prima applicazione e’ determinato nella somma di 50 euro all’anno, ed e’ rideterminabile ai sensi dell’articolo 21 del decreto del Ministro dell’ambiente 28 aprile 1998, n. 406. L’impresa e’ tenuta a comunicare ogni variazione intervenuta successivamente all’iscrizione. Le iscrizioni delle imprese di cui al presente comma effettuate entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle presenti disposizioni restano valide ed efficaci.»; i commi 12, 22, 24 e 25 sono abrogati. Infine la Legge 30 dicembre 2008, n. 205 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171, recante misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare”, all’art. Art. 4-quinquies.(Semplificazione
degli adempimenti a carico delle imprese agricole) prevede che: Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni: a) - omissis b) all’articolo 212, comma 8, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non e’ comunque richiesta l’iscrizione all’Albo per il trasporto dei propri rifiuti, come definiti dal presente comma, purché lo stesso trasporto sia esclusivamente finalizzato al conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani con il quale sia stata stipulata una convenzione». Ciò posto, in punto di diritto si rileva in questa sede anzitutto che il legislatore, con le modifiche del 2008, ha inteso senz’altro confermare tendenzialmente la necessità dell’iscrizione all’albo - seppure con modalità semplificate - anche per lo svolgimento dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi anche propri connessa all’esercizio dell’attività di impresa, (e ciò in linea con le decisioni comunitarie che avevano riguardato l’art. 30 D. Lgs. 22/97). L’espressione “... , a condizione che tali operazioni costituiscano parte integrante ed accessoria dell’organizzazione dell’impresa dalla quale i rifiuti sono prodotti... “, rappresenta, ad avviso del Collegio, un opportuno chiarimento rispetto alla originaria formulazione contenuta nel comma 8 “Le imprese che esercitano la raccolta e il trasporto dei propri rifiuti non pericolosi come attività ordinaria e regolare”. Fatta tale necessaria premessa indispensabile per la verifica della sussistenza del reato alla luce delle modifiche normative, si deve rilevare come il rilievo del ricorrente si ponga ai limiti dell’inammissibilità nel momento in cui contesta che la corte abbia qualificato ordinaria e regolare l’attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti dall’ impresa.
sto 2006 al maggio 2007 ha effettuato oltre 150 trasporti di rifiuti prevalentemente da materiali di scavo e sostanze bituminose, logicamente ricavandone che la necessità di smaltire tali rifiuti si presentava con scansioni temporali condizionate dalle fasi di intervento che caratterizzano le varie tipologie dei lavori appaltati ma pur sempre rivestiva carattere di ordinari età e regolarità, non essendovi nemmeno prova che tali rifiuti siano stati mai conferiti ad altri trasportatori esterni. Infondato appare anche il secondo motivo di ricorso. In relazione al profilo oggettivo del reato, si richiamano le considerazioni svolte in precedenza. Va solo aggiunto che, così come indicato dal comma 10 dell’articolo 212, nell’originaria stesura, fino all’emanazione dei decreti previsti dalla predetta disposizione, continuavano ad applicarsi, per quanto compatibili, le disposizioni del decreto del ministro dell’ambiente 28 aprile 1998 numero 406. Ciò fa venir meno qualsiasi valenza all’argomentazione secondo cui vi sarebbe stata iniziale incertezza sulla disciplina normativa da applicare e nemmeno, in relazione al profilo soggettivo, appare giustificabile, quindi, l’ignoranza dell’obbligo che si riverbera sulla fattispecie penale. Al rigetto del ricorso consegue per il ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali. PQM La Corte Suprema di Cassazione Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 21.10.2010
Sul punto la decisione del tribunale appare adeguatamente e correttamente motivata. Il giudicante, infatti, ha rilevato come la società in questione si occupi di costruzioni generali, sia civili che industriali e che, per quanto documentato dei formulari in atti, dall’ago-
DEPOSITATA IN CANCELLERIA Il 16 Dic. 2010
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L’ambiente in Europa - stato e prospettive
L’AGENZIA EUROPEA PER L’AMBIENTE FA IL PUNTO DELLA SITUAZIONE
Futuro incerto sotto tanti punti di vista: serve più “olio di gomito” a cura di Agnese Mengarelli
Mentre la popolazione europea era indaffarata con i preparativi delle feste natalizie, a fine novembre veniva pubblicato il IV Rapporto SOER 2010, “Rapporto sullo stato dell’ambiente European Environment State and Outlook Report”. A dispetto di una generale indifferenza della stampa internazionale, il Rapporto rappresenta una valutazione esauriente di come e perché sta cambiando l’ambiente in Europa ed è considerato il maggior contributo che l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) fornisce a supporto della programmazione delle politiche ambientali dell’Unione Europea. Il Rapporto, che viene redatto ogni 5 anni, è rivolto sia ai politici, europei e oltre, coinvolti nell’elaborazione e attuazione di pratiche ambientali, sia ai cittadini, per capire meglio, proteggere e migliorare l’ambiente in Europa. Dal Rapporto SOER 2010 è emerso che, per garantire un ambiente sano e promuovere la prosperità e la coesione sociale, è necessario un approccio completamente integrato, volto a trasformare l’Europa in un’economia verde ed efficiente sotto il profilo delle risorse. “Non esistono facili soluzioni - ha dichiarato la Prof.ssa Jacqueline McGlade, Direttore Esecutivo dell’AEA - I legislatori, le imprese e i cittadini devono collaborare per trovare modi alternativi che
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consentano di sfruttare le risorse in modo più efficiente. Le premesse per le iniziative future esistono: il compito primario è favorirne il consolidamento e lo sviluppo” Dall’ultima valutazione dell’AEA arrivano, è proprio il caso di dirlo, una notizia “buona” e una “cattiva”. La notizia “buona” è che in Europa le politiche ambientali valide continuano a migliorare l’ambiente senza compromettere il potenziale di crescita. La notizia “cattiva”, invece, riguarda la domanda globale di risorse naturali per l’alimentazione, l’abbigliamento, l’alloggio e il trasporto della popolazione, che è in continuo aumento. Questa domanda crescente di capitali naturali esercita una pressione sempre più forte sugli ecosistemi, sulle economie e sulla coesione sociale in Europa e nel resto del mondo. “Sia in Europa, sia sull’intero pianeta, consumiamo più risorse naturali di quanto sia ecologicamente sostenibile. Il cambiamento climatico è finora il segno più evidente di instabilità, ma una serie di tendenze a livello mondiale fanno presagire rischi sistemici maggiori per gli ecosistemi in futuro - ha affermato la Prof.ssa Jacqueline McGlade - La natura della crisi finanziaria in corso dovrebbe fornirci un elemento di riflessione”.
Affinché la svolta in favore di un’economia verde sia veramente efficiente, è necessario che tutte le risorse ambientali, come la biodiversità, il suolo, il carbonio, i fiumi, i mari e l’aria che respiriamo, siano prese pienamente in considerazione nelle decisioni relative alla produzione, al consumo e al commercio globale. Il capitale naturale nei nostri ecosistemi è essenziale per la nostra salute, il nostro benessere e la nostra prosperità, in quanto offre servizi che trainano le nostre economie e creano le condizioni per l’esistenza della vita stessa, purificando l’acqua, impollinando le colture, decomponendo i rifiuti e regolando il clima. Il Rapporto SOER 2010 dimostra che l’incessante domanda di risorse naturali per alimentare, vestire, alloggiare e trasportare le persone sta accelerando a causa di pressioni globali. Il nostro capitale naturale è soggetto anche a nuove domande, come quella di prodotti chimici di origine vegetale o di biomassa per sostituire i combustibili fossili. In generale, queste domande crescenti di capitale naturale rappresentano gravi minacce all’economia e alla coesione sociale dell’Europa. L’Europa, però, ha diverse opportunità di mantenere il suo capitale naturale. Innanzitutto, si dovrebbe incrementare con urgenza l’efficienza delle risorse e migliorare l’attuazione dei principi del trattato di Lisbona in materia di protezione dell’ambiente. In secondo luogo, si dovrebbe fare di più per valorizzare l’ambiente in termini monetari e riflettere tali valori nei prezzi del mercato, ad esempio ricorrendo a tasse ambientali. Infine si dovrebbe rafforzare la nostra consapevolezza dello stato dell’ambiente e delle prospettive, impegnando diversi soggetti nella costruzione della base di conoscenze e nei processi politici in materia di ambiente in generale. Gli sforzi vanno intensificati in tutti i settori, altrimenti metteremo in pericolo il benessere della generazione presente e futura. Per quanto riguarda il cambiamento climatico, l’aspetto più basilare, è che gli sforzi internazionali tesi a ridurre le emissioni dei gas a effetto serra non sono ancora sufficienti per mantenere l’aumento medio delle temperature mondiali al di sotto dei 2°C. Oltre i 2°C, i pericoli si accentuano enormemente in relazione al tipo e alla portata del cambiamento ambientale e non esistono certezze sulla capacità dell’uomo di adattarsi a tali cambiamenti. Per quanto riguarda la natura e la tutela della biodiversità (Ndr: ricordiamo che proprio il 2010 è stato l’Anno della Biodiversità), la qualità delle acque dolci è migliorata in generale e la normativa sulle emissioni nell’aria e nell’acqua ha ridotto la pressione sulla biodiversità. Tuttavia, l’ambiente marino è fortemente colpito e dal 1985 si è registrato un declino generale delle catture di pesci. Le foreste, che sono cruciali per la biodiversità e i servizi ecosistemici, sono sfruttate in eccesso e l’agricoltura intensiva ha avuto pesanti ripercussioni sulla biodiversità. Per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, in Europa si è passati gradualmente dal deposito in discarica al riciclaggio e alla prevenzione. Tuttavia, metà dei 3 miliardi di tonnellate dei rifiuti totali generati nell’UE-27 nel 2006 è stata riversata in discariche. L’uso delle risorse sta aumentando, ma ad un ritmo più lento rispetto alla produzione economica. Questo sganciamento parziale è incoraggiante, ma l’Europa continua a usare sempre più risorse. Nell’UE-12, ad esempio, l’uso delle risorse è aumentato del 34% dal 2000 al 2007. In aggiunta, consumiamo più di quanto produciamo, e oltre il 20% delle risorse utilizzate attualmente in Europa è importato (in particolare combustibili e prodotti minerari). Di conseguenza, il consumo europeo provoca notevoli impatti ambientali nei paesi e nelle regioni di esportazione. Nel frattempo, l’uso dell’acqua è stabile o in diminuzione in Europa,
ma le risorse sono sfruttate in eccesso in alcuni paesi e bacini fluviali (con relativo aumento del rischio). Per quanto riguarda l’inquinamento idrico e atmosferico, si sono registrati notevoli successi nella diminuzione dei livelli di anidride solforosa (SO2), di monossido di carbonio (CO) e di ossidi di azoto (NOX). Anche le concentrazioni di piombo sono diminuite considerevolmente grazie all’introduzione della benzina senza piombo. Ma la qualità dell’aria e dell’acqua rimane inadeguata e gli impatti sulla salute sono i più disparati. Troppe abitazioni urbane sono esposte a livelli di inquinamento eccessivi. L’esposizione al particolato (PM) e all’ozono (O3) suscita tuttora particolari pericoli per la salute, legati alla ridotta aspettativa di vita, a effetti acuti e cronici di natura respiratoria e cardiovascolare, all’insufficiente sviluppo polmonare nei bambini e al ridotto peso alla nascita. L’esposizione continua a diversi agenti inquinanti e prodotti chimici e i timori sui danni nel lungo periodo per la salute umana richiedono l’elaborazione di ulteriori programmi di prevenzione dell’inquinamento su larga scala. Il rapporto completo è strutturato in quattro parti: • Valutazioni tematiche sulle questioni ambientali fondamentali, che analizza gli obiettivi che l’Europa ha raggiunto nei diversi settori della politica ambientale (cambiamento climatico, biodiversità, sfruttamento del suolo, inquinamento atmosferico, ambiente marino, consumi ecc.), ognuno accompagnato da fatti e tendenze pertinenti; • Valutazione integrata delle megatendenze globali rilevanti per l’ambiente europeo, in cui le tendenze ambientali vengono valutate in relazione a variabili di livello globale (es. la crescita della popolazione mondiale, l’analisi delle economie in via di
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NOTIZIARIO DI AGGIORNAMENTO DEL SETTORE sviluppo, etc.), con l’obiettivo di definire il contesto strategico della politica ambientale europea nei prossimi anni; • Valutazioni dei singoli Paesi: si tratta di una sezione affidata ai trentadue paesi membri dell’Agenzia ed ai sei paesi cooperanti, e sviluppata intorno ai seguenti contenuti: 1. “Comunanze” (Commonalities) attorno a sei temi comuni (sottoinsieme delle valutazioni tematiche affrontate al punto i), utilizzando la metodologia DPSIR (DriversPressure-State-Impact-Response); 2. “Diversità” (Diversity), che descrive le principali specificità ambientali e socio economiche, attuali ed emergenti di ciascun paese nel contesto della loro storia, tenendo conto degli sviluppi degli ultimi trenta anni, e 3. “Flessibilità” (Flexibility), in cui ogni paese può evidenziare aspetti specifici, o “success stories”, sia a livello locale (single-country perspective contribution), sia regionale, in collaborazione con altri paesi membri (multi-country perspective contribution). • una relazione di sintesi integrata, che fornisce una panoramica dello stato, tendenze e prospettive per l’ambiente in Europa ed integra le principali conclusioni su elementi fondamentali del Rapporto SOER 2010. Per la parte “Flessibilità” l’Italia ha proposto e prodotto i seguenti contributi: 1. “Impatti dei cambiamenti climatici nelle Alpi ed esigenze d’adattamento”, redatto con il coordinamento italiano ed in collaborazione con Austria, Francia, Germania, Liechtenstein, Svizzera e Slovenia. 2. “Bio, la via italiana al biologico”; 3. “Il regime di Certificati Bianchi” 4. “Autorità locali come soggetti chiave per l’eco-efficienza” Al contenuto italiano hanno lavorato l’Istituto Superiore
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per la protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), con il suo National Focal Point EIONET, il Coordinatore delle Valutazioni Tematiche (SOER Coordinator) e gli specialisti tematici (NRC – National Reference Centers), con la supervisione del Ministero dell’Ambiente - Direzione Generale per lo Sviluppo Sostenibile, il Clima e l’Energia, in qualità di membro del Management Board dell’Agenzia – e ha contribuito l’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). In generale, il Rapporto SOER 2010 conferma che la politica ambientale e le azioni condotte nei settori correlati nell’Unione europea (UE) e nei paesi vicini hanno permesso di conseguire miglioramenti sostanziali. Tuttavia, restano ancora da affrontare importanti sfide, che si presentano più complesse del previsto e che non possono essere affrontate isolatamente. Viviamo e dipendiamo da un mondo altamente interconnesso, che comprende sistemi multipli collegati tra loro - ambientale, sociale, economico, ecc. Questo significa che il danneggiamento di un elemento può causare impatti imprevisti altrove, nuocendo ad un intero sistema o persino provocandone il crollo. Ad esempio, il caos nell’aviazione causato da un lontano vulcano in Islanda dimostra in quale misura improvvisi dissesti in una zona possano incidere su interi sistemi. I responsabili politici europei stanno affrontando complesse interazioni sistemiche non solo nel continente. Si prevede che la popolazione mondiale supererà i nove miliardi entro il 2050 e che un numero sempre maggiore di persone vorrà uscire dalla povertà e aspirerà a consumi più elevati. Tali tendenze hanno enormi implicazioni per la domanda globale di risorse. I consumi sono in crescita vertiginosa, le nuove economie emergenti acquisteranno rilevanza economica e gli attori non statali potrebbero diventare più importanti nei processi politici globali. L’accelerazione della domanda globale minaccia i sistemi
naturali che ci sostentano, infatti, le riserve mondiali di risorse naturali stanno già diminuendo e nei prossimi anni, l’aumento della domanda e il crollo dell’offerta potrebbero intensificare la concorrenza globale per le risorse. Il Rapporto SOER 2010 non contiene avvertimenti su un imminente collasso ambientale, ma osserva che alcune soglie sono state superate. Tendenze ambientali negative potrebbero produrre, alla fine, danni drammatici e irreversibili per alcuni degli ecosistemi e servizi che diamo per scontati. È arrivato il momento di tradurre in azione molti dei “preallarmi” segnalati. Le politiche ambientali europee hanno apportato molti vantaggi economici e sociali in numerosi paesi: ad esempio la salute umana è migliorata e si stima che un quarto dei posti di lavoro europei sia collegato all’ambiente. L’attuazione completa delle politiche ambientali in Europa rimane quindi di fondamentale importanza, dato che molti obiettivi non sono ancora stati raggiunti. Mostrando i numerosi legami esistenti fra le diverse sfide, ambientali e di altro tipo, il Rapporto SOER 2010 ci incoraggia a integrare meglio i diversi settori politici al fine di massimizzare i vantaggi dei nostri investimenti. Ad esempio, alcune misure adottate per affrontare l’inquinamento atmosferico potrebbero
contribuire anche a combattere il cambiamento climatico, mentre altre in realtà lo peggiorano. Si deve rivolgere l’attenzione, ovviamente, a massimizzare le situazioni di vantaggio reciproco ed evitare le politiche con effetti collaterali negativi. Dobbiamo inoltre migliorare la ponderazione fra l’esigenza di preservare il capitale umano e quella di usarlo per promuovere l’economia. Aumentare l’efficienza del nostro utilizzo delle risorse è un’importante “risposta integrativa” a questo proposito. Riconoscendo che i nostri livelli di consumo sono attualmente non sostenibili, in sostanza dobbiamo fare di più con meno. È incoraggiante che questo sia un aspetto in cui gli interessi dei settori ambientale e commerciale sono potenzialmente allineati: le imprese prosperano o vacillano in base alla loro capacità di estrarre il valore massimo dai fattori produttivi, proprio come la conservazione del mondo naturale e il benessere umano dipendono da noi, che dobbiamo fare di più con un flusso di risorse limitato. Il Rapporto conclude che è possibile garantire un ambiente sano e contemporaneamente promuovere la prosperità e la coesione sociale, se si adotta un approccio completamente integrato, volto a trasformare l’Europa in un’economia verde ed efficiente sotto il profilo delle risorse.
PRINCIPALI RISULTATI E RACCOMANDAZIONI DEL RAPPORTO SOER 2010 Cambiamento climatico: l’Unione Europea ha ridotto le emissioni e ha aumentato la diffusione delle energie rinnovabili. Nel 2009, le emissioni nell’EU-27, infatti, sono diminuite del 17% rispetto ai livelli del 1990, avvicinandosi quindi all’obiettivo comune di una riduzione delle emissioni del 20% entro il 2020. Tuttavia, le tendenze settoriali non sono tutte positive. Nell’EU-27 le emissioni derivanti dai trasporti sono aumentate del 24% tra il 1990 e il 2008. Adattamento al cambiamento climatico: l’Europa dovrà prepararsi agli inevitabili cambiamenti climatici e una gestione accurata del capitale naturale può contribuire ad affrontare queste sfide. Biodiversità, ecosistemi e salute umana: la rete Natura 2000 delle aree protette, che attualmente copre circa il 18% del territorio dell’UE, ha contribuito a proteggere specie minacciate e a preservare aree verdi per il tempo libero. La normativa in materia di qualità dell’aria e dell’acqua ha ridotto la pressione sulla biodiversità e sulla popolazione. Tuttavia, l’intensificazione dello sfruttamento del suolo, la perdita di habitat e la pesca eccessiva hanno impedito all’UE di raggiungere l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010. Soluzioni integrate con prospettive globali: per ottenere miglioramenti più rapidi e ottimizzare i benefici connessi (per esempio, mitigare il cambiamento climatico e migliorare allo stesso tempo la qualità dell’aria), il Rapporto SOER 2010 ci spinge a intensificare le azioni integrate tra i diversi settori delle politiche interessate dalle diverse sfide, ambientali e di altro tipo. Efficienza delle risorse: Una gestione e un controllo dei prezzi che tengano conto pienamente delle conseguenze dello sfruttamento delle risorse sono essenziali per indirizzare le aziende e i consumatori verso una migliore efficienza delle risorse. La sicurezza del cibo, dell’energia e dell’acqua sono fattori chiave per lo sfruttamento del suolo, poiché vi è un aumento di domande spesso contrastanti (per esempio di alimenti, mangimi e carburante). Coinvolgimento dei cittadini: la politica da sola non può fermare o invertire le tendenze ambientali. Si deve aumentare il numero di cittadini impegnati a ridurre il proprio impatto sull’ambiente, coinvolgendoli nella raccolta di dati e attraverso i media sociali.
A PROPOSITO DELL’AGENZIA EUROPEA DELL’AMBIENTE (AEA) E DEL RAPPORTO SOER L’AEA ha sede a Copenaghen. L’agenzia ha lo scopo di contribuire a un miglioramento significativo e misurabile dell’ambiente in Europa, fornendo informazioni tempestive, mirate, pertinenti e affidabili ai responsabili delle politiche e al pubblico. I Paesi membri dell’AEA sono Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica ceca, Romania, Spagna, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera, Turchia e Ungheria. I sei paesi balcanici sono paesi cooperanti: Albania, BosniaErzegovina, Croazia, l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia. Il Rapporto SOER è la più importante valutazione dell’AEA, pubblicata ogni cinque anni e mirata a fornire informazioni sullo stato, sulle tendenze e sulle prospettive dell’ambiente in Europa, comprese le cause, gli impatti e le potenziali risposte. Il Rapporto SOER 2010 comprende quattro elementi chiave: 1. valutazioni tematiche sulle questioni ambientali fondamentali; 2. una valutazione delle megatendenze globali rilevanti per l’ambiente europeo; 3. valutazioni dei singoli paesi e 4. una relazione di sintesi integrata
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DATEGLI UN'AUTO VECCHIA E NE FARÀ UN'OPERA D'ARTE
L'australiano James Corbett riusa vecchie parti di auto per costruire oggetti di Silvia Angeloni
In Australia, a Ningi, (Queensland) c'è un uomo che per la sua produzione artistica non usa tempera e pennelli, per far quadri o marmo da scolpire, ma utilizza cambi, candele ingranaggi, radiatori di vecchie automobili che sa riciclare per farne canguri, uccelli che spiccano il volo, pecore il cui manto è formato da centinaia di candele di accensione del motore fuori uso e tanti altri meravigliosi oggetti. Si chiama James Corbett, ha 46 anni ed è un'artista a tutto tondo molto particolare. Sicuramente c'è voluta molta creatività per "pensare" che vecchi pezzi di ferraccio potessero diventare nuove forme di opere d'arte. Ha iniziato nel 1999, le sue opere d'arte hanno fatto il giro del mondo: dalla terra natìa alla vicina Nuova Zelanda, dall'Inghilterra, alla Svizzera, dal Giappone agli Emirati Arabi e gli Stati Uniti. L'ispirazione per creare questi oggetti gli è venuta mentre stava trattando una partita di auto a fine vita. La sua carriera artistica è iniziata così per caso. Mentre svolgeva l'attività di autodemolitore, aveva una passione che lo entusiasmava molto e che praticò a lungo: correre con le auto sportive. Vinse molti trofei in quegli anni, ma la loro qualità e le loro forme non lo impressionarono molto. "Pensai, posso farne di più belli, così iniziai a fare delle sculture dei modelli di auto con i quali amavo correre. Il riscontro dei colleghi che lavoravano con me, fu molto positivo. Feci diverse sculture e realizzai che avevo una sorta di talento per questo tipo di sculture. Il mio Per gentile concessione dell'autore
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interesse crebbe e intanto continuavo a costruire fino a quando arrivò una grossa commissione da "Motorama" concessionaria di Salisbury. Mi chiesero di fare delle creature selvatiche con delle parti di auto, per il loro showroom, e costruii un coccodrillo di quattro metri e mezzo, pellicani, goanna, canguri e altri animali". Da quel momento capii che dovevo svolgere questa attività a tempo pieno. Diedi via la mia attività di autodemolitore e cambiò la mia vita. Io e la mia famiglia ci trasferimmo in una casa più grande, con un locale adatto per il mio nuovo lavoro. Feci cambiare scuola ai miei ragazzi. Non mi sono mai voltato indietro". (Fonte: "Sunshine Coast Expressions", Inverno, 2002). Quando espose a Sidney, le sue opere sono state vendute appena entrarono nella Galleria d'arte. Le commissioni ricevute, iniziarono ad assorbire tutto il suo tempo ed iniziò a viaggiare per il mondo in lungo e largo, incontrando persone che volevano qualcosa di speciale fatto da lui. "Ho lavorato duramente per accontentare le richieste di tutti. Se qualcuno mi chiedesse di andare a Melbourne per parlare di un progetto andrei. Devo farlo". La sua prima opera fu un carrozzino per le corse fuoristrada. Dopo il 1999 a Brisbane, fece la sua prima mostra che riscosse un enorme successo, a seguito della quale gli fu chiesto di continuare. Il magazine "Unique cars" gli ha commissionato di costruire il trofeo per il "Car of the Century Award", che fu vinto da Ford per il suo modello "T".
Questo trofeo ora risiede nell'ufficio di Ford Australia, a Melbourne. Anche Yamaha Australia gli ha commissionato un lavoro: uno squalo per Greg Norman (ndr. Golfista australiano soprannominato lo Squalo Bianco per la sua capigliatura e per il suo modo di giocare a golf. Oggi è imprenditore e lo squalo è il logo della sua attività). Il culmine arrivò nel 2001 quando una delle opere di James apparve in un famoso show televisivo australiano il: "Burke's Backyard". Successivamente gli fu chiesto di partecipare con le sue opere al "Brisbane International Motor Show". In una intervista al giornale olandese "4 WD Magazine" afferma: "Per me è una soddisfazione molto grande trasformare materiale che non ha nessun valore per creare un lavoro che tocca le giuste corde con il pubblico". La sua fonte d'ispirazione sono gli animali delle praterie australiane: canguri, lucertole, scimmie e altri splendidi esemplari. La sue auto e motociclette sembrano staccarsi da terra e simulare il movimento. Opere meticolose, accurate, precise, talvolta aggressive, talvolta delicate; alcune di loro hanno anche dello "humor". Nella copertina d'inverno del "Sunshine Coast Expression" c'è la foto di una rana gigante che è il simbolo della: "Tree Frog Gallery", nel Queensland, nella città di Maleny, (dove l'artista espose le sue opere per la prima volta nel 2003), costruita da James ed esposta davanti alla galleria come insegna. "È stato molto difficile fare piatto
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il dorso della rana - così parla James a proposito di questa sua creazione - non potevo alzarmi e avevo la visuale coperta, ma è comunque venuta fuori bene". Ogni vecchio pezzo di auto nelle mani di James è immediatamente trasformato: i fanali sono diventati gli occhi della rana, i paraurti sono le zampe. Senza neanche dirlo James è costantemente alla ricerca di pezzi vecchi di automobili che egli considera adatti per le sue creazioni. L'artista ha affermato che costruire la rana gigante è stata una provocazione, comunque la richiesta più anomala che ha ricevuto è stata quella di fare un uomo seduto al computer, naturalmente fatto con parti di automobili. Una delle sue creazioni più straordinarie è una replica a trequarti di "Michael Schumacher" nella sua auto per il Motorshow di Essen, nel 2002 in Germania. Era lunga 11 piedi e per costruirla
egli utilizzò più di 600 pezzi di auto. In un mondo dove tutto viene usato anche una sola volta per poi disfarsene, questa trovata particolare di Corbett ha dello straordinario. "Pescare nel vecchio" per creare qualcosa di nuovo e mai visto, pezzi unici al mondo, riutilizzare invece di buttar via. Lo fa, inoltre, utilizzando materiali che sono difficili da smaltire. Saldare tutti quei pezzi e trovare oggetti, necessari a costruire una zampa, una testa, ad esempio per quanto riguarda la rana, o avere la fantasia per utilizzare delle vecchie candele per il manto della pecora sembrerebbe impossibile, ma non lo è. Chi avesse voglia di viaggiare può vedere le opere di questo artista esposte dal 12 marzo 2011, alla "John Davies Gallery", in Moreton in Marsh, nella contea di Gloucestershire, in Inghilterra.
CHI È JAMES CORBETT È un eclettico scultore australiano di 46 anni. Vive e lavora a Ningi, una piccola zona nelle vicinanze della Bribie Island, a 80 chilometri a nord di Brisbane, nello stato del Queensland. Per chi fosse interessato ad acquistare una sua opera, James espone attualmente alla "Tree Frog Gallery" di Maleny (Queensland, Australia), rintracciabile all'indirizzo e-mail: www.treefroggallery.com. Ulteriori opere ed informazioni sono reperibili al sito: www.jamescorbettart.com
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