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Città del Vaticano
giovedì 8 agosto 2013
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Dopo lo scontro Ue-Malta
Strage per un’autobomba alla periferia di Damasco
Papa Francesco e la vita consacrata
In Italia i naufraghi della Salamis
Mosca e Roma rilanciano la conferenza sulla Siria
I sentieri della perfezione
BRUXELLES, 7. L’Italia ha accettato, dopo un intenso negoziato, di accogliere i naufraghi della nave Salamis e respinti da Malta. Oltre cento migranti salvati in mare, soprattutto eritrei, soccorsi a largo della Libia due giorni fa dall’imbarcazione battente bandiera liberiana, erano stati bloccati dalle autorità maltesi: tra loro ci sono quattro donne in stato di gravidanza, una ferita che necessita di ricovero, e un bimbo di cinque mesi. La Commissione Ue aveva chiesto a Malta di concedere lo sbarco per motivi umanitari, ma il Governo della Valletta si era opposto. In una conferenza stampa il primo ministro maltese Joseph Muscat ha ringraziato il presidente del Consiglio Enrico Letta per «l’impegno concreto» da parte di un partner affidabile, che ha capito l’emergenza maltese dopo gli arrivi di centinaia di immigrati in poche settimane che hanno mandato in tilt le strutture di accoglienza. Ieri il commissario Ue per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom, aveva chiesto alla Valletta di accogliere i naufraghi della Salamis. Muscat aveva tuttavia replicato dicendo di «essere in possesso di prove» che attestavano come il capitano della Salamis avesse «ignorato le indicazioni del Centro soccorsi italiano» di sbarcare i migranti nel porto più vicino, e cioè in quello libico di Khoms. La Procura generale di Malta aveva quindi ordinato alla Salamis di tornare sul punto dove aveva soccorso i migranti in mare aperto: la nave era stata bloccata da tre motovedette maltesi.
di ALBERTO FABIO AMBROSIO
Fori provocati da colpi di mortaio a Damasco (La Presse/Ap)
ROMA, 7. «Non possiamo più rimandare l’organizzazione della conferenza Ginevra 2» per una soluzione della crisi in Siria. Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, durante la conferenza stampa congiunta svoltasi ieri pomeriggio a villa Madama a Roma al termine della riunione tra i ministri degli Esteri e della Difesa di Italia e Russia. «Il Governo di Damasco ha già acconsentito a inviare a tale conferenza una delegazione senza precondizioni, siamo in attesa che anche l’opposizione faccia un passo simile», ha aggiunto Lavrov. Dello stesso parere il ministro della Difesa Shoigu, presente insieme con i ministri italiani Emma Bonino e Mario Mauro, convinto che sia necessario accelerare la di-
scussione oltre che su Ginevra 2 anche sull’invio di aiuti umanitari. A questo proposito il ministro degli Esteri italiano, Emma Bonino, ha precisato che «ci siamo riservati di approfondire modalità e possibilità di fornire aiuti umanitari anche all’interno» del Paese, «nell’ambito della comunità internazionale, attraverso in primo luogo le agenzie dell’Onu». Il ministro degli Esteri ha anche ricordato la vicenda del gesuita Paolo Dall’Oglio, affermando che il religioso «è stato sequestrato da un gruppo islamico». Lavrov incontrerà domani a New York il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, con il quale discuterà delle prospettive per la convocazione della conferenza
Più di cinquanta morti nell’esplosione di autobombe
Baghdad ostaggio delle violenze BAGHDAD, 7. Non c’è tregua nella capitale irachena, da tempo ostaggio delle violenze. Ieri in alcuni quartieri sono esplose diverse autobombe in zone affollate, con il preciso obiettivo di compiere l’ennesima strage. E il bilancio è pesante: più di cinquanta i morti. Oltre cento i feriti. Il ministro dell’Interno, riferisce l’agenzia Agi, ha parlato di
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in dall’elezione di Jorge Mario Bergoglio — gesuita di vocazione, francescano nella missione evangelica come ha detto spiegando la scelta del nome papale — molti religiosi si sono esercitati nel ricercare una qualche ascendenza nel proprio ordine di appartenenza. Quasi come si fa con le squadre di calcio, da diverse parti ci si è così potuti immedesimare con quella figura eletta al soglio pontificio, mentre altri sono andati a caccia di una derivazione per sentirsi a casa, nella stessa casa religiosa. Ho sentito addirittura sottolineare da un religioso la vicinanza del nuovo Papa con la sua spiritualità attraverso, se ricordo bene, una squadra di calcio argentina. Mi era sembrato un tantino azzardato, ma non ho osato dire nulla. E non ricordo i dettagli perché mi sembrava come un gioco da bambini. Ero più attratto dal quel desiderio di dire: sì, Papa Francesco è del mio ordine perché essendo religioso ha tutti i carismi. Scena quasi infantile, ma anche sorprendentemente bella. È proprio vera la parola di Gesù: «Se non ritornerete come bambini non entrerete nel Regno di Dio». È bello ritrovare i consacrati con una sacra gelosia del proprio carisma e volerla a tutti costi ritrovare nella figura di Francesco che è, nella sua vocazione originaria, un religioso. Da quasi due secoli non veniva eletto Papa un religioso ed è la prima volta di un gesuita. Lo si sa, ma questo fatto ha risvegliato in tutti i consacrati il desiderio di attribuirgli qualcosa del proprio carisma, perché esprimendo l’unità della Chiesa, in un certo senso li ha tutti, e non solo. Ogni consacrato, allora, può legittimamente vedere nel vescovo di Roma il proprio carisma. Chi scrive appartiene all’ordine dei frati predicatori, i domenicani. Si celebra l’8 agosto la festa di san Domenico e dopo aver visto le immagini di Rio non posso non pensare a una pagina della storia dell’ordine fondato da Domenico di Guzmán. Umberto di Romans, uno dei suoi primi successori, scrivendo ai suoi frati radunati in capitolo generale — proprio in questi giorni i domenicani lo stanno celebrando a Trogir in Croazia — delinea con parole bellissime il servizio del predicatore e di ogni missionario. Vedendo le immagini di Francesco a Rio insieme a milioni di giovani e non solo, non ho potuto trattenermi dall’andare a quella pagina dove è tracciato il ritratto del vero predicatore, del vero missionario. Le parole di Umberto di Romans parlano da sé, tanto per celebrare san Domenico quanto per ringraziare Dio di averci dato Francesco dopo Benedetto: «Insegniamo quindi al popolo, insegniamo ai prelati, ai sapienti e agli ignoranti, ai religiosi e ai secolari, ai chierici e ai laici, ai nobili e al popolo, ai piccoli e ai grandi, insegniamo i comandamenti, insegniamo i consigli evangelici, insegniamo le cose difficili e quelle sicure, insegniamo i sentieri della perfezione e ogni onesta virtù».
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«guerra aperta» alimentata dalle «violenze settarie». Del resto da mesi è palpabile il timore che nel Paese la situazione possa degenerare. Tra le cause di questa crisi figura il ridestarsi delle mai sopite rivalità tra sciiti e sunniti. Quest’ultimi denunciano, tra l’altro, la linea politica seguita dal primo ministro, lo sciita Nouri Al Maliki, il quale, secondo
loro, marginalizzerebbe e penalizzerebbe su vari fronti i sunniti. Dal canto suo, Al Maliki sta cercando di mediare, invitando le parti al dialogo e alla riconciliazione. Recentemente è stata l’Unione europea a esprimere la propria preoccupazione per uno scenario sempre più caratterizzato dal dilagare di attacchi e imboscate. È stata poi la volta del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, a sottolineare l’importanza di ripristinare ordine e sicurezza in un territorio reduce da anni di conflitto. E l’Onu, riferisce la France Presse, ha stilato in questi giorni un rapporto in cui si afferma che nel primo semestre di quest’anno le violenze hanno causato più vittime civili in Iraq che in Afghanistan. Nello stesso dossier si evidenzia anche che le forze regolari irachene stanno intensificando in questo periodo vaste operazioni con l’obiettivo di sconfiggere i gruppi armati che continuano a lanciare attacchi. In particolare, riferisce sempre l’agenzia France Presse, è in corso da giorni una delle operazioni più capillari dal rimpatrio dei soldati statunitensi nel 2011: vede impegnati migliaia di soldati soprattutto nelle montagne di Himreen.
una nota del ministero degli Esteri russo — rientra nell’ambito della visita di Lavrov negli Stati Uniti, dove venerdì, insieme al collega della Difesa parteciperà alla ministeriale “2+2” con gli omologhi statunitensi. Con Ban Ki-moon l’intento è quello di ricercare un coordinamento per affrontare i più urgenti problemi dell’attualità internazionale. Intanto, continuano a essere tragici i dati che riguardano i combattimenti e le condizioni degli sfollati e dei profughi. Sono almeno diciotto i morti e oltre sessanta i feriti a seguito di un attentato provocato da un’autobomba sulla piazza Siouf a Jaramana, nella periferia druso-cristiana di Damasco. Ne ha dato notizia la televisione siriana. Inoltre, 62 ribelli sono stati uccisi in un’imboscata nei pressi della capitale. «Violenti scontri» tra combattenti e forze regolari di Damasco sono in corso alla periferia di Aleppo, nel nord della Siria, all’indomani della conquista da parte dell’esercito libero siriano (Esl) dell’aeroporto militare di Minnigh, a nord della città, vicino al confine con la Turchia. Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con sede a Londra. I combattimenti, precisa l’Osservatorio, sono scoppiati nei pressi di una base dell’intelligence militare dell’aeronautica nel distretto di Layramun. Secondo la fonte sopra citata, nei sanguionosi scontri sarebbero coinvolti anche combattenti del gruppo ribelle Jabhat Al Nusra.
Nel trentacinquesimo anniversario della morte
La preghiera del Santo Padre sulla tomba di Paolo VI PAGINA 8
Videomessaggio del Pontefice per la festa argentina di san Gaetano
La cultura dell’incontro con i poveri
La meditazione del cardinale Grech il giorno dell’apertura del conclave
Il volto di Cristo brilla anche attraverso dense nuvole Iracheni di fronte alla carcassa di un’autobomba a Baghdad (Reuters)
PAGINA 7
L’allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio alla festa di san Cayetano (7 agosto 2009) PAGINA 8
L’OSSERVATORE ROMANO
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giovedì 8 agosto 2013
Punto nodale della crisi statunitense
Centinaia di persone costrette a vivere all’addiaccio anche alla periferia di Khartoum
Obama lancia la riforma del mercato immobiliare
Emergenza alluvioni nei campi profughi sudanesi
WASHINGTON, 7. Riformare il mercato immobiliare perché tornare «al sistema della bolla che ha causato le difficoltà finanziarie è inaccettabile». Sono parole dure quelle usate dal presidente Barack Obama per illustrare la riforma del sistema immobiliare americano. Parole dure, ma necessarie: la questione è infatti il punto nodale della grande crisi globale che ha investito l’economia occidentale nel 2007-2008, la cui morsa ancora non si è attenuata. In un discorso a Phoenix, ieri, l’inquilino della Casa Bianca ha presentato la sua ricetta: meno coinvolgimento pubblico e più capitali privati. Ma soprattutto «mettere fine all’era di salvataggio per Fannie Mae e Freddie Mac», i due colossi del credito ipotecario nazionalizzati durante la crisi. Proprio su questo punto il presidente ha lanciato un messaggio preciso: basta con i salvataggi a chi persegue in modo irresponsabile i profitti. «Per troppo tempo a Fannie Mae e Freddie Mac è stato consentito di realizzare grandi profitti, consapevoli del fatto che se le loro scommesse fossero andate male, il peso avrebbe gravato sui contribuenti americani». L’attuale sistema di finanziamento del mercato immobiliare — ha spiegato Obama — «dove il Governo garantisce più dell’ottanta per cento dei mutui con Fannie Mae e Freddie Mac, è insostenibile». Occorre invece continuare nella chiusura del 15 per cento all’anno delle attività delle due società che saranno sostituite da una sola società. Per delineare il proprio piano Obama ha scelto Phoenix, Arizona, una della città più duramente colpite dal crollo del mercato immobiliare. L’Arizona, insieme a California, Nevada e Florida, ha accusato un crollo dei prezzi delle case di circa il cinquanta per cento rispetto al picco del 2007. Ora è in ripresa, ma la strada è ancora lunga: i prezzi delle case a Phoenix in maggio sono saliti del 20,6 per cento rispetto all’anno precedente, a fronte del più 12,2 registrato a livello nazionale. In una nota la Casa Bianca ha fatto sapere: «I prezzi delle case sono in aumento, i pignoramenti sono scesi ai minimi
KHARTOUM, 7. Peggiorano giorno dopo giorno le conseguenze delle piogge torrenziali e delle alluvioni che hanno colpito varie zone del Sudan. Nella sola capitale, Khartoum, le vittime accertate sono undici, ma si teme che possano essere molte di più. In gran parte del Paese africano i dispersi, infatti, sono decine. Centinaia i feriti, molti dei quali ricoverati in ospedale, in gravi condizioni, mentre gli sfollati sono già oltre 100.000. La situazione più preoccupante, riferiscono testimoni sul posto, è quella nei campi profughi alle periferie di Khartoum e Omdurman, dove la gente è rimasta senza tende e ha perso anche quei pochi utensili che possedeva. Secondo le emittenti locali, i rifugiati sono costretti a vivere all’addiaccio senza alcuna possibilità di riparo dalle intemperie, che non accennano a placarsi. La situazione è particolarmente drammatica per i bambini. Si temono epidemie. Dal primo agosto, piogge torrenziali si sono abbattute lungo la zona settentrionale del Paese africano, dal Mar Rosso, a est, al Sud Darfur, a ovest. Oltre alle incessanti piogge, le alluvioni sono causate anche dalla mancanza di sistemi di drenaggio e di canalizzazione dell’acqua.
dal 2006, le vendite di case crescono a due cifre e le famiglie americane sono in corsa per acquistare quest’anno cinque milioni di abitazioni. Ma il lavoro non è ancora finito, la sicurezza della casa è una delle priorità del presidente». Il mercato immobiliare in forte aumento sta aiutando la ripresa economica americana: il pil cresce più del previsto e una spinta arriverà anche dagli scambi commerciali. Il deficit commerciale americano è infatti sceso in maggio ai minimi dal 2009, con le importazioni in calo e le esportazioni in aumento. Il presidente ha delineato il suo piano proprio mentre il dipartimento di Giustizia annunciava di aver avviato un’azione legale nei confronti di Bank of America, l’istituto accusato di aver ingannato gli investitori sui titoli legati ai mutui. Accuse a cui la banca replica: i titoli oggetto della causa erano rivolti a investitori sofisticati e hanno avuto — si legge in una nota di Bank of America, uno dei maggiori istituti statunitensi — performance migliori di titoli analoghi. Insomma, i manager non ci stanno a pagare il conto di altri. «Non siamo responsabili del crollo del mercato immobiliare».
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JUBA, 7. Con una mossa a sorpresa, il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, ha modificato l’Esecutivo nominato la scorsa settimana, introducendo cinque donne alle cariche di ministri e istituendo nuovi dicasteri. Lo riferisce la stampa locale, secondo cui la decisione segue le critiche rivolte al capo di Stato dalle associazioni dei diritti delle donne, che lamentano di essere sottorappresentate nelle istituzioni del più giovane Stato africano. Il nuovo Governo consisterà di trentatré rappresentanti, incluso il presidente e il suo vice, carica tuttora vacante dopo la destituzione, due settimane fa, di Riek Machar Teny. Kiir ha deciso di ritirare la nomina di Simon Mijok Mijak come nuovo ministro dei Trasporti, accordandogli un ruolo da vice ministro nello stesso dicastero. Al suo posto subentrerà Kuong Danhier Gatluak, in precedenza destinato al Lavoro e Pubblica amministrazione. Il ministero dell’Informazione non sarà più accorpato alle Telecomunicazioni e Servizi postali. La nuova lista è stata inviata all’Assemblea generale per l’approvazione. Lo scorso 23 luglio, l’improvviso scioglimento dell’Esecutivo deciso dal presidente aveva alimentato a Juba tensioni e incertezze.
Profugo sudanese in un campo nei pressi di Khartoum (La Presse/Ap)
A causa della mancanza di lavoro e della scarsa qualità dei servizi di base
Governo e Renamo sempre distanti
In Messico aumentano i poveri
Stallo nei colloqui in Mozambico
Dodici morti nel crollo di un palazzo in Argentina BUENOS AIRES, 7. Almeno dodici persone sono morte per un’esplosione causata da una fuga di gas in un edificio nel centro di Rosario, 300 chilometri a nord ovest di Buenos Aires. Lo hanno riferito fonti ufficiali, precisando che le conseguenze potrebbero essere molto più gravi. All’appello, infatti, mancano una quindicina di persone e si teme che possano essere rimaste intrappolate sotto le macerie. L’esplosione ha investito edifici vicini, causando crolli parziali. I feriti sono una settantina. L’esplosione — avvertita a diversi chilometri di distanza — è stata provocata da una fuga di gas nel sottosuolo del palazzo. In totale, gli appartamenti coinvolti nel crollo sono quasi sessanta. L’onda d’urto è stata così violenta che ha provocato ingenti danni in un raggio di oltre 300 metri. Secondo quanto ha precisato alla stampa il procuratore responsabile delle indagini, molte persone avevano nei giorni scorsi segnalato nella zona un forte odore di gas. Lo scorso 24 luglio, la società responsabile del servizio di gas nella zona aveva inviato un impiegato a fare delle verifiche. L’uomo è stato fermato dalle forze dell’ordine.
Il presidente del Sud Sudan modifica l’Esecutivo
Un uomo in un villaggio messicano nello Stato di Guerrero (Afp)
CITTÁ DEL MESSICO, 7. Aumentano i poveri in Messico. Secondo un rapporto del Consiglio nazionale di valutazione della politica dello sviluppo sociale (Coneval), le persone che nel 2012 vivevano sotto la soglia di povertà erano 53 milioni e 300.000, ben 500.000 in più rispetto al 2010. Lo studio segnala anche come la popolazione più «vulnerabile», tenendo conto delle entrate pro capite, sia salita da 6,7 a 7,2 milioni. Gli Stati più colpiti sono il Chiapas, il Guerrero e l’O axaca. Per il Coneval, le cause principali della povertà sono la mancanza di lavoro e i salari contenuti, l’aumento del prezzo degli alimenti, l’insufficiente copertura e la scarsa qualità dei servizi di base, la bassa produttività e competitività, gli insufficienti investimenti pubblici e privati. «I programmi di sviluppo sociale devono essere un complemento di politiche più integrali e profonde che alimentino la crescita economica e il reddito reale, così come l’accesso effettivo ai diritti sociali» osservano gli esperti del Coneval. Inoltre, preoccupa la disuguaglianza, un elemento-chiave per il prossimo decennio, anche in vista delle sfide fissate dalla comunità internazionale con gli Obiettivi del millennio, in scadenza nel 2015.
Rimosso il comandante della polizia militare di Rio de Janeiro BRASILIA, 7. Il comandante della polizia militare dello Stato brasiliano di Rio de Janeiro, colonnello Erir Ribeiro da Costa Filho, è stato esonerato dalla carica la notte scorsa, al termine di una riunione con il segretario statale di Sicurezza pubblica, José Mariano Beltrame. Alla base della decisione, la violenza che sarebbe stata usata da alcuni esponenti delle forze dell’ordine in occasione dei cortei di protesta avvenuti nel giugno scorso a Rio e in altre città. Recentemente, il comandante era stato criticato da Beltrame dopo avere deciso di revo-
care le punizioni contro alcuni agenti accusati di abuso di potere durante le manifestazioni popolari. La poltrona di Erir aveva traballato anche a seguito della scomparsa, lo scorso 14 luglio, di un residente della favela Rocinha. Si sospetta che l’uomo possa essere stato ucciso dalla polizia militare. Più in generale, il numero reale di omicidi in Brasile sarebbe maggiore di quello ufficiale. Lo rivela uno studio dell’istituto di ricerca economica applicata, secondo il quale circa 8.600 delitti commessi ogni anno non entrano nelle statistiche ufficiali.
GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile
TIPO GRAFIA VATICANA EDITRICE L’OSSERVATORE ROMANO
Carlo Di Cicco
don Sergio Pellini S.D.B.
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio caporedattore
Gaetano Vallini segretario di redazione
direttore generale
ha sottoposto all’Esecutivo. Per questo continua lo stallo sulla questione della composizione della Commissione elettorale e del segretariato tecnico dell’Amministrazione elettorale. Secondo Macuiane, la risposta alla questione della composizione dei due organismi è una condizione essenziale per garantire la giustizia e l’uguaglianza di diritti di tutti nel processo elettorale mozambicano.
Intesa in Italia per la ripresa dell’editoria ROMA, 7. L’editoria italiana trova l’intesa con il Governo su una piattaforma comune che possa rilanciare il settore. Il vertice finale si è svolto ieri pomeriggio: al termine è stato firmato un documento che, attraverso un’attenta analisi della situazione, si articola in un autentico piano strategico composto da undici obiettivi. «Il valore di quanto firmato ieri — ha spiegato Giovanni Legnini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega sull’editoria — sta nell’ampiezza dei soggetti che vi si riconoscono». Il nodo cruciale è il rifinanziamento
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MAPUTO, 7. Anche il tredicesimo round di colloqui in Mozambico tra il Governo e il partito conservatore Resistência Nacional Moçambicana (Renamo) si è concluso ieri con un nulla di fatto. Le parti rimangono ancora molto distanti, con la Renamo che cerca un accordo politico e l’Esecutivo di Maputo che invece afferma l’inviolabilità della Costituzione. Al termine dell’incontro, José Pacheco, ministro dell’Agricoltura e capo della delegazione governativa per il dialogo, ha detto che la Renamo non ha firmato gli atti della riunione, «mettendo in moto un ricatto per non fare chiudere la questione del pacchetto elettorale e ritornando a difendere un accordo politico per fare passare le sue richieste in Parlamento come condizione per continuare la discussione degli altri punti». Pacheco, come riportato dall’agenzia di stampa mozambicana Aim, ha ammesso che il Governo ha concordato con dodici dei diciannove punti presentati dalla Renamo sulla questione della legge elettorale; non ha tuttavia accettato altri punti perché violerebbero la Costituzione. Simon Macuiane, capo della delegazione della Renamo, ha detto che, dopo due settimane di attesa, il Governo non ha ancora avanzato nessuna risposta al documento che
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di misure come il credito agevolato alle imprese impegnate in processi di innovazione tecnologica e di ristrutturazione aziendale. L’attenzione è rivolta anche alle nuove imprese attraverso forma di incentivazione fiscale per i giovani. A siglare l’intesa con il Governo sono stati, tra gli altri, la Fieg, la federazione degli editori, la Fnsi, il sindacato dei giornalisti, l’Aie, associazione italiana editori, l’Ordine dei giornalisti, l’Inpgi, Mediacoop, i distributori dell’Anadis, i rappresentanti di quattro sindacati degli edicolanti.
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Prospettive positive per l’economia italiana ROMA, 7. L’Italia sta uscendo dalla recessione. «Credo di sì, credo che tra questo trimestre e il quarto trimestre l’economia entrerà in ripresa: siamo tecnicamente in quello che si chiama punto di svolta del ciclo» ha dichiarato ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ai microfoni di Sky Tg24. «Sì, ci sono tutti i segnali per il prossimo semestre. Gli strumenti ci sono. In questi cento giorni si è fatto molto» ha confermato il presidente del Consiglio, Enrico Letta, facendo un bilancio dei primi cento giorni del suo Esecutivo in un’intervista al Tg1. «Continueremo a incentivare il lavoro, sia per chi l’ha perso sia per i giovani; un intervento per rilanciare scuola e istruzione, mentre nei prossimi giorni lavoreremo per le donne, contro il femminicidio» ha aggiunto Letta. Mentre è atteso il via libero definitivo al nuovo decreto legge per rilanciare l’economia — oggi alla Camera dopo l’ok, ieri, del Senato — il capo del Governo rivendica la riduzione dei costi della politica: «Il taglio del 25 per cento dei manager pubblici è un fatto importante, un fatto di sobrietà».
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Secondo la Casa Bianca
Ma i Fratelli musulmani sfidano le autorità e non lasciano le piazze
Resta significativa la minaccia terroristica
Diplomazie al lavoro in Egitto
WASHINGTON, 7. Il presidente statunitense, Barack Obama, ha definito significativa la minaccia terroristica che ha portato alla chiusura di molte ambasciate e ha ricordato che l’estremismo è ancora un pericolo importante. Il capo della Casa Bianca ha anche difeso la strategia precauzionale di Washington e ha negato che gli Stati Uniti abbiano esagerato al riguardo: «Quando vediamo una minaccia che riteniamo sufficientemente determinata da poter prendere alcune precauzioni specifiche in un lasso di tempo definito, allora lo facciamo», ha osservato. «È un monito — ha detto — che nonostante tutti i progressi che abbiamo fatto, questo estremismo radicale violento è ancora lì». Negli ultimi dieci giorni l’Amministrazione Obama ha autorizzato una serie di raid con i droni nello Yemen, nell’ambito del tentativo di sventare il complotto terroristico di Al Qaeda che ha portato alla chiusura di ambasciate americane in tutto il mondo. Questa mattina in un attacco di droni contro due auto nel sud del Paese sono stati uccisi sette miliziani di Al Qaeda. È il quinto attacco di droni dal 28 luglio che nel totale hanno causato 24 morti. Intanto, il Governo yemenita ha reso noto di aver sventato un piano di Al Qaeda per far saltare in aria alcuni oleodotti e assumere il controllo dei principali porti del Paese. Lo Yemen è da alcuni giorni l’oggetto dell’allarme internazionale lanciato dalla Casa Bianca su un’incombente minaccia terroristica. Il portavoce del Governo, Rajeh Badi, secondo quanto ha riferito la Bbc, ha detto che l’obiettivo del complesso e audace piano era di far saltare oleodotti e prendere il controllo di alcune città, tra cui due porti nel sud, uno dei quali è il fulcro delle esportazioni petrolifere del Paese, dove lavorano un certo numero di stranieri. «Ci sono stati tentativi di controllare città-chiave come Mukala e Bawzeer», ha spiegato Badi. Nel frattempo, la decisione annunciata ieri da Washington di chiedere a tutti i cittadini americani di lasciare lo Yemen e ritirare il personale dalle sedi diplomatiche è stata criticata dal Governo di San’a che ha affermato che una decisione del genere «fa il gioco degli interessi degli estremisti e mina l’eccezionale cooperazione tra lo Yemen e l’alleanza internazionale contro il terrorismo». Ma anche la Gran Bretagna ha sgomberato il proprio personale dallo Yemen a causa «di crescenti timori sulla sicurezza». L’allerta terrorismo resta dunque alta. A preoccupare le autorità statunitensi sarebbero — secondo indiscrezioni — le nuove armi a disposizione di Al Qaeda: si tratterebbe, riporta l’«Independent», di un nuovo liquido esplosivo non rintracciabile attraverso le tecnologie a disposizione. Il liquido si teme possa essere usato per condurre un eventuale attacco: a metterlo a punto sarebbe stata proprio Al Qaeda nella penisola arabica.
I senatori John McCain e Lindsey Graham (Reuters)
IL CAIRO, 7. John McCain e Lindsey Graham — senatori entrambi repubblicani ma con mandato di negoziare conferito loro direttamente dal presidente statunitense, Barack Obama — hanno chiesto al Governo ad interim egiziano di rilasciare tutti i prigionieri politici. Nel corso della loro visita al Cairo, i due senatori statunitensi hanno anche esortato a promuovere un dialogo nazionale che includa tutte le parti coinvolte. Ciò che accadrà in Egitto nelle prossime settimane «sarà molto importante» e avrà «un impatto decisivo sul Paese ma anche sulla più ampia regione del Medio Oriente», ha dichiarato McCain nel corso di una conferenza stampa dopo aver incontrato il vice premier e ministro della Difesa, generale Abdel Fattah El Sissi. «Siamo fiduciosi del fatto che l’Egitto può ancora fungere da modello di democrazia inclusiva che può ispirare questa regione e il mondo, e continueremo a sostenere i nostri amici qui in ogni passo del loro cammino». Gli inviati statunitensi hanno aggiunto: «Abbiamo chiesto il rilascio dei prigionieri politici. Abbiamo chiesto un dialogo nazionale che includa rappresentanti di tutte le parti che rinunceran-
no all’uso della violenza. Abbiamo chiesto un’agenda per la revisione della Costituzione, le elezioni parlamentari, seguite dalle elezioni per la presidenza». Dal canto suo, il vice presidente ad interim e premio Nobel per la pace, Mohamed ElBaradei, sostiene che le priorità dell’Egitto sono «la difesa della sicurezza dei cittadini, delle loro vite e dei loro averi» e preservare «l’ordine e la legge». Amr Moussa, ex candidato presidenziale ed ex segretario della Lega araba, ha invece ribadito che i Fratelli musulmani devono «smettere di chiedere il ritorno di Mohammed Mursi». Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha nuovamente chiesto al Governo di liberare il presidente deposto e di avviare un processo di riconciliazione nazionale. In una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri egiziano, Nabil Fahmy, Ban Ki-moon ha sottolineato che «l’unica via di uscita possibile» dalla crisi è un processo politico pacifico e inclusivo, ha spiegato il portavoce del Palazzo di Vetro Martin Nesirky. Il ministro degli Esteri olandese è arrivato al Cairo, dove sembrano fallite le mediazioni per arrivare a una soluzione negoziale della crisi politi-
Proteste a Tunisi contro il Governo
Gabinetto di crisi in Libia per l’emergenza sicurezza TRIPOLI, 7. In un clima crescente di instabilità il premier libico, Ali Zeidan, ha creato ieri un Gabinetto ministeriale d’emergenza per far fronte al deterioramento delle condizioni di sicurezza. La decisione è stata annunciata formalmente dopo una serie di consultazioni con il presidente del Congresso generale nazionale, Nuri Abu Sahmain. Il Gabinetto di crisi, composto dai ministri della Difesa (Abdullah At Thani), degli Interni (Muhammed Sheykh), degli Esteri (Muhammed Abdulaziz), delle Finanze (Abdul Karim Al Kilani) e della Giustizia (Salah Marghani), si
Mosca auspica più collaborazione con la Nato ROMA, 7. Tra Nato e Russia «serve più fiducia per una maggiore collaborazione» che sfrutti a pieno il «loro potenziale», ma ci sono dei «problemi che non lo permettono, come a esempio lo scudo antimissilistico» europeo. Lo hanno dichiarato i ministri degli Esteri e della Difesa russi, Lavrov e Shoigu, al termine del vertice italo-russo svoltosi a villa Madama. «Siamo pronti a compiere passi concreti per il disarmo nucleare in nome del diritto internazionale, ma lo scudo antimissile resta un problema. Su questo — ha sottolineato Lavrov — abbiamo già espresso la nostra posizione». Anche il ministro della Difesa italiano, Mario Mauro, ha affermato che serve incrementare il rapporto di fiducia tra Nato e Russia.
ca. Timmermans incontrerà il presidente ad interim, Adly Mansour, e il ministro degli Esteri. Ma uomini armati di bastoni presidiano piazza Rabaa, nel centro del Cairo, la “cittadella” dei Fratelli musulmani che sfidano i militari, e chiedono che Mursi sia reinsediato alla presidenza come ha detto Mohamed El Beltagy, responsabile del partito Libertà e Giustizia, braccio politico dei Fratelli musulmani. Ma mentre oggi termina il mese sacro del Ramadan, i rischi che venga posta fine con la forza ai sit-in e agli accampamenti si fanno più concreti. La stampa già mette in conto un bagno di sangue. D’altra parte la mediazione non compie progressi con i ripetuti rifiuti della Confraternita al dialogo e l’altolà della presidenza, che per bocca del portavoce, Ahmed Al Moslemani, ha denunciato che «le ingerenze straniere hanno oltrepassato il limite». Intanto, una persona è morta e altre 35 sono rimaste ferite in scontri avvenuti nella notte ad Alessandria tra sostenitori e oppositori del presidente deposto. Lo riferiscono i media locali. I disordini sono scoppiati durante una marcia organizzata dai sostenitori dei Fratelli musulmani.
riunirà giornalmente o più volte se necessario. La decisione è stata presa in seguito all’ondata di violenze che ha travolto il Paese nei mesi scorsi — ieri centinaia di persone hanno manifestato a Tripoli contro le milizie armate — soprattutto nella città di Bengasi, scossa ogni settimana da assassinii e sommosse. Intanto, il dipartimento di Giustizia americano ha presentato le prime accuse contro Ahmed Abu Khattalah, leader di una milizia libica che si ritiene coinvolta nell’attacco dell’11 settembre al consolato americano di Bengasi, in cui restò ucciso l’ambasciatore Chris Stevens.
L’Iran pronto a negoziati diretti sul nucleare con gli Stati Uniti TEHERAN, 7. Il nuovo presidente iraniano, Hassan Rohani, ha espresso la disponibilità di Teheran a intavolare negoziati bilaterali diretti con gli Stati Uniti sulla questione del nucleare della Repubblica islamica ma solo a patto che Washington metta da parte le sanzioni. «Se gli americani vogliono seriamente negoziare» e «non cercano il linguaggio della pressione e delle minacce», ha insistito Rohani, «la via è aperta». Circa i negoziati multilaterali già in corso con le potenze del gruppo cinque più uno (i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina; più la Germania), Rohani ha annunciato che Teheran è pronta a incontri «seri e di sostanza» e ha sottolineato di essere «molto fiducioso» sul fatto che «se la controparte è pronta come lo siamo noi, le preoccupazioni» della comunità internazionale «saranno rimosse» in «un periodo che non sarà molto lungo». Anche in questo caso una soluzione può essere individuata «solo attraverso colloqui e non minacce». Un nuovo incontro con l’Iran «più presto possibile» è stato auspicato dall’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea, Catherine Ashton, in un messaggio di congratulazioni per l’insediamento di Rohani.
In Kuwait eletto il presidente del Parlamento KUWAIT CITY, 7. Il deputato Marzouq Al Ghanem è stato eletto nuovo presidente del Parlamento del Kuwait dopo le elezioni dello scorso 27 luglio, le terze in 18 mesi. Ghanem, stando alla televisione satellitare Al Arabiya, è stato eletto con 36 voti, rispetto ai 18 ottenuti dal deputato Ali Al Rashed e agli otto conquistati da Rawdan Al Rawdan. Nelle prime dichiarazioni dopo l’elezione, Ghanem ha promesso che ascolterà tutte le voci e che parlerà a nome del popolo che è «orgoglioso di rappresentare». «Gli elettori del Kuwait hanno sfidato il caldo durante il Ramadan e sono andati a votare perché hanno ancora speranze e perché vogliono cambiare la situazione», ha detto Ghanem. Intanto, Mustapha Al Shamali è stato nominato ministro del Petrolio. Lo ha riferito l’agenzia Kuna, dando notizia della formazione del nuovo Governo dopo le elezioni parlamentari del 27 luglio nel principale Paese produttore di petrolio al mondo. Il predecessore di Hani Hussein si era dimesso a maggio sotto pressione del Parlamento. Il ministero delle Finanze è stato affidato a Salem Abdelaziz Al Sabah, mentre Mohamed Khaled Al Hamad Al Sabah sarà il ministro dell’Interno.
Dopo le violenze lungo la linea di demarcazione
Pakistan e India cercano la distensione
Manifestanti nella capitale tunisina (Reuters)
TUNISI, 7. Decine di migliaia di manifestanti dell’opposizione (per gli organizzatori più di centomila) si sono riuniti ieri sera davanti alla sede dell’Assemblea nazionale costituente per chiedere le dimissioni del Governo guidato dagli islamici del partito Ennahdha. E con un annuncio che non è completamente giunto a sorpresa il presidente dell’Assemblea nazionale costituente, Mustapha Ben Jaafar, ha reso noto che, a partire da oggi e sine die, l’Assemblea nazionale costituente sospende la sua attività.
Una mossa obbligata, ha fatto capire chiaramente Ben Jaafar in una allocuzione di pochi minuti, e che ha disegnato un quadro drammatico della situazione politica, dilaniata dai contrasti tra partiti che ormai considerano gli avversari alla stregua di nemici e che ricorrono a un continuo appello alla piazza per rafforzare le reciproche posizioni, in un estenuante braccio di ferro. Un clima che Ben Jaafar (che è anche presidente di Ettakatol, partito, ormai ridotto al lumicino, della maggioranza tripartita) ha fatto capire di non potere più tollerare.
ISLAMABAD, 7. Per evitare che la tensione tra i due Paesi si acuisca, i responsabili delle operazioni militari di Pakistan e India hanno manifestato la volontà, ieri durante un colloquio telefonico, di «abbassare i toni» e assumere un atteggiamento conciliante. Ne dà notizia la France Press. A ridestare un clima poco idilliaco tra New Delhi e Islamabad è stata l’uccisione, ieri, di cinque soldati indiani lungo la linea di demarcazione in Kashmir: ma il Pakistan ha negato ogni addebito. Secondo fonti diplomatiche, il colloquio telefonico è servito a fare il punto di una situazione indubbiamente critica, caratterizzata dalle accuse reciproche di attacchi. Del resto poco prima che i responsabili delle operazioni militari si parlassero, le autorità pakistane avevano accusato l’esercito indiano di aver
aperto il fuoco, senza essere provocato, e di aver ferito due soldati di Islamabad. Una delle priorità indicate dal primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, dopo il suo insediamento, riguarda proprio il rilancio delle relazioni con l’India, nella consapevolezza dell’importante ruolo strategico rivestito da New Delhi nell’intera area. Dal canto suo, il Governo indiano aveva subito espresso fiducia in un rinnovato rapporto di amicizia e di collaborazione con il nuovo Esecutivo pakistano uscito dalle legislative dell’11 maggio scorso. Ora, rilevano gli analisti, gli ultimi sviluppi rischiano di minare questo legame se non si ferma la spirale di accuse e rappresaglie. Dopo l’uccisione di cinque soldati indiani, il Governo di New Delhi ha diffuso un comunicato in cui si sostiene che
quanto accaduto rappresenta una «nuova violazione» del cessate il fuoco in vigore dal 2003 sulla linea di demarcazione lunga 740 chilometri e che separa in due la regione himalayana contesa da oltre mezzo secolo. Tale comunicato non è stato gradito dalle autorità pakistane che hanno ribadito la totale estraneità a quanto avvenuto. Intanto nuove violenze hanno segnato il Pakistan. Ieri un attentato (una carica esplosiva collocata su una motocicletta e azionata a distanza) al termine di una partita di calcio a Karachi, ha provocato la morte di undici persone, tra le quali alcuni bambini. Più di trenta i feriti. Secondo quanto ha riferito l’emittente Express News, obiettivo dell’attacco era Jawaid Nagori, ministro del Governo provinciale, che è stato ricoverato in ospedale.
L’OSSERVATORE ROMANO
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giovedì 8 agosto 2013
La missione umanitaria dei delegati religiosi tra prigionieri e internati civili nella Grande guerra
Quando la croce liberava dal filo spinato coloro che per mesi e per anni visse- e altre organizzazioni cui aderivano Chiesa e dello stesso Pontefice» (p. ro in quella realtà», scarsa è stata, molti Stati — ad esempio l’Ufficio 36). Fu proprio nell’ambito del suddetosserva giustamente Monticone, «si- internazionale del lavoro — e diversi nora l’attenzione della storiografia» movimenti culturali e sociali, ma so- to progetto che la Sacra Congrega(p. 11). È perciò che egli giustamente prattutto perché in essa convivevano zione per gli Affari Ecclesiastici attribuisce una adeguata importanza le due principali confessioni cristiane Straordinari, «cioè quella che trattaalle missioni svolte dai rappresentan- entrambe radicate in una robusta va i rapporti con gli Stati, invitò, ti religiosi e dalle strutture umanita- tradizione culturale e in stretta rela- tramite le rispettive nunziature, tutti rie, tra le quali al primo posto si tro- zione con qualificati ambienti cristia- i vescovi dei Paesi belligeranti ad asva la Croce rossa internazionale. ni d’Europa e d’America e la sua sumere nella loro cura pastorale, sot«Per certi versi» però, osserva l’auto- classe dirigente mostrava viva sensi- to il profilo religioso e anche matere, facendo riferimento a migliaia di bilità per ogni forma di promozione riale, i prigionieri concentrati nei documenti conservati nell’Archivio umanitaria materiale e spirituale. Il campi presenti nelle loro diocesi» suo Consiglio federale annoverò tra (p. 51). Segreto Vaticano, soprattutto nei il 1914 e il 1918 evangelici e cattolici, Rispondendo al suddetto invito, i fondi: “Segreteria di Stato”, “Prima socialisti e conservatori che, con vari vescovi cattolici di Germania e di guerra mondiale”, “Prigionieri di ruoli e secondo il criterio elvetico Francia operarono in due direzioni: guerra” e “Nunziature”, da lui con- della rapida alternanza nei posti di «Da un lato interessandosi ai prigiosultati, la Santa Sede avrebbe svolto responsabilità, fecero della Confede- nieri presenti nelle loro diocesi, una missione ancora più efficace razione la centrale dell’assistenza re- dall’altro cercando di avere notizie e «attraverso le sue rappresentanze di- ligiosa ai prigionieri e agli internati di prendere contatto con i loro conplomatiche nei Paesi a di ogni nazionalità. Il contributo più nazionali catturati dagli avversari. A presenza anche mino- singolare della Svizzera in tale opera questo secondo fine si rivolsero al ritaria cattolica, sia di pastorale fu costituito dalla crea- Consiglio federale elvetico allo scomediante la coopera- zione di un gruppo di visitatori ec- po di provvedere, previe opportune zione degli episcopati, clesiastici di entrambe le confessioni, visite, al servizio religioso nei camsia con l’istituzione in che percorsero dal 1915 al 1919 le na- pi» (p. 51). Vaticano di un appo- zioni d’Europa in guerra, organizFu proprio grazie alla stretta colsito ufficio, chiamato zando il servizio religioso nei lager e laborazione del Governo elvetico Ufficio provvisorio in nei lazzaretti, celebrando liturgie, con l’episcopato francese e quello tequanto non facente amministrando sacramenti e confor- desco che il vescovo svizzero Andréparte delle formali tando i malati parlando nella loro Maurice Bovet fondò la Mission Castrutture di Curia, che lingua, facendosi interpreti delle ri- tholique Suisse en faveur des prisodurante tutto il con- chieste e delle lamentele dei prigio- niers de guerre, che diventerà anche flitto funse da centra- nieri, riferendo nel contempo al «punto di riferimento fondamentale le di informazioni e Consiglio federale e per il suo per l’azione umanitaria della Santa di distribuzioni di tramite a Governi e autorità ecclesia- Sede». Bovet incaricò l’abate Eugèaiuti di ogni genere in stiche quanto avevano potuto ne Dévaud, professore dell’Universitutto il continente eu- osservare e operare. Vennero scelti tà di Friburgo, «uno dei protagonisti ropeo e nell’area me- dal Dipartimento degli affari politici della pedagogia cattolica del Novedirettamente tra il clero evangelico cento», di svolgere la missione di diterranea» (p. 10). Avendo notato che più qualificato e d’intesa con l’epi- «visitatore cattolico nei campi di prigionia in Germania» «gli eserciti dei prin(pp. 52-53). cipali Stati belligeranPapa Benedetto XV I compiti della Misti disponevano, già sion si ampliarono ranei primi mesi del sostenne che la carità pidamente, «sia in conflitto, di cappellanon si sarebbe dovuta limitare ai cattolici senso umanitario — ni militari, più o meItaliani in coda per il rancio nel campo di Katzenau (1916) con la distribuzione di no strutturati a seconMa estendersi a tutti i reclusi denaro non solo per da della specifica con«senza eccezione di religione o nazionalità» scopi religiosi ai priche richiedevano la sua presenza in fessione cristiana, con forma di ricogionieri e con la traItalia (presidente dell’Azione cattoli- nosciuta competenza di una direziosmissione di notizie ai ca, deputato al Parlamento, senatore ne centrale ecclesiastica negli Stati a della Repubblica), impegni comun- netta prevalenza cattolica e con siste- scopato cattolico tra i cappellani mi- familiari — sia soprattutto per affronque che non gli hanno impedito di ma a rete in quelli a maggioranza litari dell’esercito federale, tra tare una delle più dolorose consecontinuare le sue ricerche nell’Archi- evangelica» (p. 12), Monticone giu- ecclesiastici docenti all’Università guenze della guerra: la ricerca dei vio Segreto Vaticano e in altri archi- stamente osserva che tali cappellani cattolica di Friburgo e tra sacerdoti dispersi militari e civili» (p. 64). Dopo aver descritto la missione di vi europei statali e privati. Frutto di «quasi nella totalità ignoravano la in cura d’anime» (pp. 13-14, 50, 343Eugène Dévaud, l’autore, sempre in una tale ricerca è La croce e il filo lingua o meglio le varie lingue dei 344). Il pastore protestante Theophile base ai documenti inediti d’archivio, spinato. Tra prigionieri e internati civili prigionieri e soprattutto che, per nella Grande Guerra 1914-1918. La quanto animati dalle migliori inten- de Quervain si propose, come scrive sottolinea l’enorme impegno a favore dei prigionieri di guerra del cardinamissione umanitaria dei delegati reli- zioni, rappresentavano per essi co- nel suo diario, «di offrire un servizio spirituale di soccorso all’uomo inte- le Desiré Mercier, arcivescovo di giosi (Soveria Mannelli, Rubbettino, munque il nemico» (p. 12). Malines (pp. 66-68), nonché sopratgrale quale dovere di carità nel senso Poiché con il prolungamento della 2013, pagine 361, euro 18) opera che tutto quello del benedettino svizzero rappresenta un’assoluta novità sia guerra e con essa del periodo della più alto, secondo il modello del sa- Sigmund de Courten. Fu proprio per il suo contenuto che per l’ap- sofferenza, si dovette passare «da maritano evangelico», proposta for- grazie a quest’ultimo che si realizzatemente condivisa «da tutti i suoi una situazione di emergenza vitale» proccio al problema in essa trattato. rono gli «accordi fra i belligeranti Sarebbe molto semplice descrivere a «una vera e propria pastorale della colleghi» sia protestanti che cattolici, attraverso la mediazione della Svizle singole battaglie, spiegare i motivi prigionia», diverse confessioni cri- «negli epistolari e nelle relazioni uf- zera e del Papa per lo scambio di alficiali» (pp. 15-16). dello scoppio delle guerre, capire stiane «avevano bisogno di un interAnche il Papa Benedetto XV so- cuni tipi di prigionieri» (pp. 73-115). l’attività diplomatica per porre fine mediario neutro al quale avessero acLa grande missione del benedettistenne che la carità non si sarebbe ai conflitti, evidenziare no svizzero fu altamente apprezzata dovuta limitare ai soli cattolici prile negative conseguensia dal mondo cattolico che da quelgionieri, ma estendersi «a tutti coloCon il prolungamento del conflitto ze economiche di tali lo protestante, specialmente dal paro che, senza eccezione di religione conflitti. Cosciente di store svizzero Theophil de Quervain. si passò da una situazione di emergenza o di nazionalità, sono detenuti» (p. questo rischio, MontiQuest’ultimo iniziò la sua attività 34). Perciò raccomandò di operare in missionaria a Parigi nel giugno 1916 a una pastorale della prigionia cone fa presente che spirito di pace e di riconciliazione, «nella storiografia sule subito entrò in una stretta collaboFu la Confederazione elvetica a garantire di rispettare il diritto delle genti e di razione con de Courten, collaborala Grande Guerra sostegno spirituale ai prigionieri in Europa fare si che l’aiuto umanitario non di- zione che presto si trasformò in 1914-1918 il tema dei ventasse «una sorta di complemento prigionieri è stato a «un’amicizia duratura, caratterizzata religioso a quanto messo in atto dal- da piena consonanza di intenti, da lungo considerato prevalentemente in funzione delle sue cesso diplomatici, ecclesiastici e rap- le autorità politiche, ma un contri- solidarietà nell’azione e da spirito buto efficace al fine di ottenere un cristiano e umanitario» (p. 97). ripercussioni sulle potenzialità degli presentanti degli stati maggiori e al Dopo quattro mesi di missione eserciti combattenti e delle rispettive quale affidare il compito di promuo- migliore risultato nel venire in aiuto nazioni di appartenenza ovvero sotto vere lo scambio di proposte, di con- ai prigionieri di ogni credo, naziona- nei campi di prigionia in Francia, de lità, grado e condizione sociale, conQuervain partì per Berlino, dove per il profilo degli effetti sociali, econo- fronto e di eventuali contestazioni, mici e politici al rientro in patria a nonché il transito degli strumenti e siderati quali persone degne di un ben due volte fu ricevuto dall’impeconclusione del conflitto» (p. 7). del personale necessari. Tale funzio- trattamento materiale e morale ade- ratore Guglielmo II (24 ottobre 1916 Egli, invece, concentra la sua atten- ne venne ben presto assunta dalla guato». In questo modo il Papa for- e 28 gennaio 1917) e da lui ricevette zione sulle persone rinchiuse nei neutrale Svizzera, non solo perché mulò, secondo le ricerche di Monti- delle promesse di rendere più facile campi di prigionia, «posti in spazi presso di essa erano accreditate le cone, «una sorta di progetto del suo la missione tra i prigionieri di guerra aperti, distanti dai quartieri cittadi- rappresentanze diplomatiche dei bel- pontificato, affrontando direttamente in Germania, senza riguardo alla loni» che «fu la vera novità del primo ligeranti e perché vi avevano sede la il problema della guerra e delle sue ro appartenenza nazionale, statale e conflitto mondiale» (p. 9). Quei ne- Croce rossa internazionale a Ginevra conseguenze sulla missione della religiosa. Un risultato degno di ogni fasti campi, per la prima volta applicati durante la prima guerra mondiale, erano, lo sappiamo grazie alle testimonianze dei detenuti conservate in diversi archivi e dal Monticone attentamente studiate, delle «vere e proprie città di baracche, capaci di contenere diverse migliaia di uomini, talora decine di migliaia, con la conseguente invenzione di una vita posticcia con proprie strutture, regolamenti, servizi, lazzaretti e cimiteri, giungendo a piena funzionalità solo dopo un ampio lasso di tempo con pesanti conseguenze per quanti erano costretti a passare mesi e anni circondati da recinzioni varie munite di filo spinato. Prese così le prime mosse quell’universo concentrazionario che andrà crescendo a dismisura e che rimarrà come stigma del lato oscuro della storia del nostro tempo» (p. 8). Nonostante il fatto che «la sfera dell’animo e della coscienza morale» Prigionieri di guerra tedeschi all’interno di una baracca fosse stata «uno dei punti critici di di MARKO JACOV
lberto Monticone è ben noto sia per via delle sue prestigiose opere, che del suo insegnamento universitario (Università di Messina, Università di Perugia, Università La Sapienza di Roma e Università Lumsa di Roma), ed è altamente apprezzato a livello nazionale e internazionale. E non fu un caso che Roger Aubert, uno dei più grandi storici dei nostri tempi (spentosi il 2 settembre 2009), lo avrebbe voluto come suo successore alla cattedra di Storia della Chiesa presso l’Università Cattolica di Lovanio. Il desiderio di Aubert non fu esaudito a causa degli impegni di Monticone
A
Adolfo Wildt, «Maschera del dolore» (1909)
lode, se gli ufficiali militari tedeschi, e per prospettare ulteriori sviluppi come osserva Monticone, non aves- dell’azione umanitaria, in certo senso sero ignorato gli ordini del Kaiser esso fu il fulcro della rete intessuta attraverso la Svizzera e la centrale di (pp. 125-129, 186). Tornato in Francia, de Quervain Paderborn con gli episcopati dei fu ricevuto, il 7 aprile 1917, dal cardi- Paesi belligeranti e con le rispettive nale di Parigi, Léon Adolph Amette, autorità politiche e militari» (p. 191). «Il compito richiesto a Dévaud e dal presidente della Repubblica, Raimond Poincarré, che lo ringrazia- diveniva di particolare rilevanza nei rono per la sua missione e lo prega- rapporti della Santa Sede con la rono di trasmettere la loro gratitudi- Germania sia per il succedersi rapine anche al Governo svizzero (p. do in un paio di mesi di radicali mutamenti nella situazione interna201). Paragonando lo stato d’animo dei zionale con importanti effetti sulla prigionieri tedeschi in Francia e di politica e sull’organizzazione militaquelli francesi in Germania, de re tedesca, anche in relazione ai priQuervain, scrive Monticone, consta- gionieri, quali la rivoluzione di martò che i primi «avevano tendenza a zo in Russia e l’intervento in guerra forme individuali di svago, suonan- degli Stati Uniti il 7 aprile 1917, sia do strumenti, o al più cantando al per l’improvvisa morte del nunzio in coro», mentre i secondi «erano più Baviera, mons. [Giuseppe] Aversa, e portati a fare gruppo e a manifesta- l’invio di Eugenio Pacelli in maggio zioni di intrattenimento di carattere quale suo successore» (p. 196). Quando però avvennero «la socollettivo, come il teatro». Per questo motivo «i francesi sopportavano spensione e il mutamento delle visite la prigionia meglio dei tedeschi» (p. dei delegati religiosi ai campi di prigionia», la Svizzera, entro le cui 130). Mentre gli ufficiali militari tede- frontiere si trovavano all’inizio del schi ostacolavano l’opera di Theo- 1917 quasi trentamila prigionieri di phile de Quervain, l’episcopato cat- guerra, divenne per loro «patria tolico tedesco, appoggiandosi temporanea» (p. 233). Anche in queall’esperienza del benedettino de Courten, cercava «di provvedere ad analoga missione presso i prigionieri di guerra in Russia» (p. 115). La scelta cadde sul gesuita Henri Werling, cittadino del Lussemburgo e residente in Olanda, soprattutto perché parlava il russo, il tedesco, il francese e il polacco. Sarebbe stato affiancato dal docente del Seminario vescovile di Friburgo Hubert Savoy, «persona di vasta cultura, di carattere cordiale ma deciso». L’iniziativa fallì a causa delle lunghe trattative con le autorità zariste, poi scoppiò la rivoluzione (pp. 116-117). Fu probabilmente anche la nuova situazione in Russia a mobilitare ancora di più la Mission, che, sotto la guida di Placide Colliard, vescovo di Losanna e GineIl cardinale Desiré Mercier, arcivescovo di Malines vra, divenne «la più importante struttura cattolica a disposizione della Santa Sede nel sto caso la Mission Catholique Suissoccorso ai prigionieri e nello stesso se svolse un ruolo eccezionale, che tempo un prezioso organo di media- continuò fino alla liberazione zione umanitaria per conto del Go- dell’ultimo prigioniero. verno elvetico tra i belligeranti» (pp. Sempre grazie a uno straordinario 139, 149). impegno della Santa Sede e della È in questo contesto che si inseri- suddetta Mission, come, anche in sce la missione di Sigmund de Cour- questo caso in base ai documenti ten nei campi di prigionia italiani in poco o per niente conosciuti, ci diAustria e in quelli austriaci in Italia, mostra Monticone, all’inizio del 1919 missione altamente apprezzata furono rimpatriati dalla Germania dall’imperatrice Zita, dalla quale fu 700.000 prigionieri francesi, inglesi, ricevuto il 10 marzo 1917 (pp. 152- belgi e americani, mentre rimase irri153). Due mesi più tardi (8 maggio solta la situazione di 1.200.000 pri1917) fu ricevuto anche da Benedetto gionieri russi, che «solo gradualmenXV, da cui ricevette mille lire «per la te lasciarono il territorio tedesco» (p. costruzione di una cappella nel cam300). Una parte di questi ultimi non po di prigionieri austriaci a Molini tornerà mai in Russia, mentre gli alVilla presso Montecassino per sopperire all’assistenza religiosa di quei tri finiranno nei gulag leniniani, dove si aggrapperanno alla croce come militari» (p. 176). È da sottolineare che tre mesi pri- unico mezzo di libertà sulla terra e ma (13 febbraio 1917), Benedetto XV di salvezza in cielo. Colpito dalla loaveva ricevuto Eugène Dévaud, desi- ro profonda fede, il convinto comugnandolo in quell’occasione delegato nista francese, Pierre Pascal, residenper le visite in Germania. Al classico te in Russia dal 1916 al 1927, partecitipo di missione Dévaud aggiunse pe della rivoluzione e addirittura «un servizio di più stretto collega- membro del Governo sovietico, non mento tra i prigionieri e le loro fami- esitò davanti alle autorità bolsceviche, che avevano proclamato l’ateiglie» (p. 233). «Quell’incontro fu per il Papa smo come religione di Stato, di conl’occasione per valutare tutta l’opera fessare la fede nel Cristo crocifisso e della Mission e del Governo elvetico risorto.
L’OSSERVATORE ROMANO
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Corrado Giaquinto, particolare della Madonna del popolo (volta affrescata della cupola della cattedrale di Cesena)
di SYLVIE BARNAY l termine summa non è di troppo per indicare la grandezza del progetto intellettuale di François Boespflug: illustrare per il XXI secolo il legame tra ciò che non può essere immaginato — Dio — e ciò che è stato immaginato: le immagini di Dio. Viene così offerta ai lettori (nel libro Dieu et ses images. Une histoire de l’éternel dans l’art, Paris, Bayard, 2008; in italiano Le immagini di Dio. Una storia dell’Eterno nell’arte, Torino, Giulio Einaudi editore, 2012) una summa dell’iconografia cristiana nel senso proprio del termine, imponente sia per le sue dimensioni sia per il suo contenuto. L’autore, storico dell’arte e teologo, non ha bisogno di presentazioni. Docente di Storia delle religioni all’università di Strasburgo, nel 2010 è stato titolare della prestigiosa cattedra del Louvre, appuntamento annuale dedicato alla ricerca nel campo dell’archeologia e della storia dell’arte, e nel 2012 è stato eletto titolare della cattedra Benedetto XVI dell’università di Ratisbona per l’anno 2012-2013; trent’anni di attività universitaria fanno di lui uno dei migliori specialisti in questo settore. L’opera di François Boespflug raccoglie così la sfida di proporre per la prima volta una visione storica “di lunga durata” delle immagini di Dio. La sua prospettiva fa venire
I
Viaggio alla scoperta delle raffigurazioni del volto di Dio dalla Chiesa delle origini al ventesimo secolo
Speleologi di immagini le vertigini: va dall’eredità ebraica del cristianesimo primitivo nel I secolo alle immagini di Dio del grande XX secolo. Di capitolo in capitolo, il lettore si muove agevolmente in questa storia, aiutato da una presentazione chiara, da definizioni rigorose e da una superba iconografia, come in un manuale scolastico, e viene innanzitutto ricondotto alle radici dell’eredità ebraica. L’aniconismo del cristianesimo primitivo, con-
dizionato dal peso del Decalogo (IIII secolo), succede così all’esplorazione visiva della divinità di Cristo (IV-VII secolo) contemporanea alla nascita dell’icona. I secoli medievali riflettono una fede visionaria, e testimoniano l’approfondimento delle tematiche antiche con l’emergere dell’immagine della Majestas Domini, la maestà del Dio-Cristo assiso sul trono, affiancato dai simboli dei quattro viventi. È anche il tempo dell’affermazione delle immagini della Trinità, a partire dal XII secolo: trono di grazia, trinità triandrica, paternità, trinità del salterio. Il processo di umanizzazione di Dio prosegue nel XIV e nel XV secolo, portato più a guardare la figura del Padre che quella del Figlio. E quando l’immagine dell’eterno nell’arte viene messa in discussione, dal 1510 al 1680, mostra una rottura che non è solo discontinuità rispetto all’antico universo del simbolismo medievale; il campo artistico diventa sempre più autonomo, e le immagini cambiano di conseguenza. Il XVIII secolo costituisce allora una fase acuta della crisi dell’immagine di Dio, che porta nei secoli seguenti a relegare i temi di Dio Padre e della Trinità negli stretti limiti dell’arte
Ma le immagini proibite restano una minoranza. Almeno in Occidente, aggiunge lo storico, la regola dev’essere stata «la libertà e la promozione sociale dell’artista, con il consenso delle autorità ecclesiastiche, consenso fatto di una mescolanza di convinzione teologico-spirituale (il Creatore è celebrato dalle creature), di compiacenza artistica (la Chiesa fu spesso mecenate e in generale amica delle arti) e d’incompetenza cronica (l’immagine è difficile da valutare, e ancor più da controllare, e i chierici formati per farlo sono sempre stati una minoranza» (ibidem, p. 288). Come si può ben vedere, la “speleologia” iconografica — termine preferito dell’autore per spiegare la profondità degli strati da sondare al fine di illustrare l’iconocosmo occidentale, un mondo di immagini — conduce al meglio: ossia a una riflessione sull’attualità dell’arte religiosa nutrita da una visione d’insieme di duemila anni di storia perfettamente dominata. In questa ottica, l’autore del resto fa attenzione a differenziare l’arte religiosa — che è quella che una religione ispira e dota di temi specifici — dall’arte cristiana, nata dal cristianesimo. Nel libro si ribadisce che «la figura pittorica di Dio trasmessa dall’arte occidentale, quali
Oriente, è stato alla fine molto più accogliente verso gli artisti rispetto ad altre tradizioni religiose, come l’ebraismo e l’islam» (Franc-parler du christianisme dans la société d’aujourd’hui, Parigi, Bayard, 2012, pp. 287-288). Bisogna dunque quindi disfarsi di un pregiudizio tenace. La storia dell’arte cristiana obbedisce a un flusso L’opera di François Boespflug storico che non si può ridurre alla storia dei raccoglie la sfida di proporre concili, dei dogmi o per la prima volta delle tensioni politicoreligiose, ha un prouna visione storica di lunga durata prio movimento. La viLa sua prospettiva fa venire le vertigini ta della storia delle immagini di Dio si sviluppa nella storia secondo un pro- che siano le sue possibilità di rieprio ritmo. Se è vero che il controllo mergere nella creazione contemporadelle immagini è esistito in terra cri- nea, resta presente negli archivi vistiana in alcuni momenti e in certe suali della nostra civiltà» (ibidem, p. circostanze precise, «non bisogna 492). In tal senso la situazione è dare rilievo a qualche caso che, tutto nuova: il patrimonio iconico è imsommato, costituisce l’eccezione» menso e i nuovi mezzi per conoscer(ibidem, p. 288). lo, per esempio le tecnologie di riCitiamo qualche esempio: la con- produzione e di archiviazione digitadanna delle immagini della Vergine le delle immagini, sono anch’essi alla fine del Quattrocento, o, più di nuovi. Dopo secoli di iperfiguraziorecente, nel 1955, la Via Crucis di ne in cui le immagini di Dio sono Gabriel Saury a Orchamps-Venne state sovrabbondanti, anzi, hanno Camilian Demetrescu, «Tranfiguratio, la morte come bacio di Dio», arazzo del ciclo «Hierofanie» (1994) nel Giura. contribuito a favorire un certo anticristianesimo quando sono state create senza rispetto e senso del mistero, sarebbe forse utile, conclude lo storico dell’arte, lasciando che se ne vada “quel buon vecchio Dio”, Un poemetto allegorico del brasiliano João Cabral de Melo Neto continua ad andare in scena in tutto il mondo come diceva Victor Hugo nella poesia L'année terrible. Sgombrando il terreno da queste immagini inconsistenti, un volto di Dio alleggerito del peso dell’inconscio visuale permetterebbe allora d’interpellare il presente della teologia visiva e ciò acqua: / basta che arrivi al ventre, / basta giorno di anticipo. Decide dunque di affretverini dalla «pancia grossa sulle stesse gamdi ISABELLA FARINELLI che ne consegue, ossia il lavoro d’inbe scarne», destinati alla stessa «morte seve- tare i tempi e di farla finita. «Sapevo che che sia fonda / quanto la sua fame». «Seveterpretazione fatto a partire dalle imO meu nome é Severino, / não tenho outro de rina»: di vecchiaia a trent’anni se va bene, o nel rosario / di borghi e di villaggi, / e an- rino, retirante, / il mare di cui parliamo / demagini, ma anche il lavoro interprepia. Così si presenta il protagonista e narra- di imboscata sotto i venti, e di fame un po’ che qui a Recife, / alla fine del mio viaggio, ve essere tenuto a freno, / in qualunque matativo che producono le immagini tore di Morte e vita severina, scarno dramma per giorno. Alla fine del monologo, la quali- / non sarebbe cambiata / la mia vita quoti- niera, / perché altrimenti allaga / e devasta stesse (imago interpres sui). Il cristiain versi del poeta e diplomatico brasiliano fica risolutiva sembra questa: «Io sarò quel diana: / ancora pale e vanghe, / falci e zap- la terra intera». Tutto il dialogo è un caponesimo deve forse porre fine ad alJoão Cabral de Melo Neto (Recife 1920 — Severino che in lor presenza emigra». È in- pe per sarchiare, / roncole e picconi / aspet- lavoro umanissimo di rilanci fra l’idea del cune immagini di Dio per ricominRio de Janeiro 1999), pubblicato agli inizi fatti un retirante: uno di quei profughi sta- tavano il mio braccio. / Ma, anche non cam- suicidio e la provvidenziale saggezza popociare con altre, facendo in modo così degli anni Cinquanta e messo in scena in gionali che la periodica desertificazione (fe- biando / la vita che sempre vissi, / mi illu- lare di Giuseppe falegname, che sa di cose e che le immagini dell’Eterno nell’arte Brasile, Francia e Portogallo con un succes- nomeno così diffuso fino a epoca recente da devo che almeno / aumentassero di un poco non di dottrina, né pretende di imporre le restino ben vive. Questa professione so che poi lo impose in tutto il mondo, gra- dar luogo a un ciclo letterario) spingeva dal- / l’acqua scarsa nella brocca, / nel piatto la une o l’altra. Più ancora quando, dalla sodi fede nell’arte è senza dubbio la zie anche all’accompagnamento musicale di le regioni interne del Nordeste alla costa, farina, / il cotone della camicia, / il mio glia della capanna, una donna gli annuncia vera firma di François Boespflug. che suo figlio ha appena emesso il primo vaChico Buarque de Hollanda. In Italia, dopo con esiti, nel migliore dei casi, di sopravvi- contratto con la vita». l’edizione del 1973 (a cura di Tilde Barini e venza. La vicenda, trasposta dall’autore sul A questo punto, Severino interpella l’abi- gito. Inizia un simbolico presepe in cui sfilano Daniela Ferioli, Einaudi), oggi si può rileg- piano letterario, valica i confini storici e geo- tante di una capanna lì da presso, apostrogere nella traduzione e cura di un gruppo di grafici. fandolo per nome come se già lo conoscesse: personaggi veri, ciascuno con il proprio dolavoro (Cristiana Bambini, Riccardo Greco, La prima parte è la via crucis di questo «Mastro Giuseppe, falegname, / voi che abi- no beneaugurante: «Tutto il cielo e la terra / Delia Occelli e Laura Rocchi) coordinato da Everyman, con altri personaggi simbolici tate in questo fango, / mi sapete dire se il gli cantano osanna. / È per lui che la marea Antonio Tabucchi (Robin Edizioni, 2003) in che modulano l’unico, insistito incontro con fiume / qui permette di guadare? … Per co- / stamani è ancora alta». «E lo sciame di occasione di un corso e una ricerca sulla la morte: il defunto Severino Zappatore, tra- prire un corpo umano / non ci vuole molta zanzare / che ogni notte si cimenta / a causa sua credo / che stanotte non si senta». «E geografia letteraria del Brasile. sportato in amaca da due “fratelli di destiquesto fiume d’acqua scura / per il tanto Il sottotitolo, Auto de Natal pernambucano no” che proclamano di non essere stati mangiar terra / mai riflette il cielo, / ma ogDopo il Palio dell’Assunta, dal 18 («Rappresentazione del Natale pernambuca- loro gli assassini; la veglia funebre di gi è pieno di stelle». «La sua bellezza / laagosto fino al 27 ottobre, la no», che continua tuttora a essere eseguita e un altro Severino; la prefica che, sciate che canti: / è un bambino gracile / cattedrale di Siena scoprirà il suo ha avuto versioni cinematografiche), inseri- quando il nomade medita di fercome ogni abitante, / ma la macchina umastraordinario pavimento a commesso sce l’opera nella tradizione del dramma po- marsi e cercare un lavoro, le na / pulsa in lui, incessante». «La sua belmarmoreo. Abitualmente, il prezioso polare, con ascendenza medievale e classica. propone il suo come lezza / ecco qui descritta: / è una creatura tappeto di marmo è protetto dal L’architettura essenziale del dramma, con unico mestiere possipiccina, / debole e settimina, / ma la mano calpestìo dei visitatori e dei largo e denso uso della repetitio cum variatio- bile in zona. Quando che crea / nella sua s’indovina». «Della sua numerosi fedeli e quindi non è ne, richiama le sequenze di persone e di in- lui pensa alfine di esbellezza / lasciate che dica: / suona come un totalmente visibile. Si tratta del tere generazioni (che sovente non hanno la- sere approdato in terbel sì / in un mondo che nega». «Bello perpavimento «più bello (…) grande e sciato altra traccia di sé) annotate nei registri ra fertile, incrocia il ché è una porta / che si apre in tante uscimagnifico», che mai fosse stato parrocchiali rurali: nome di battesimo, talora corteo funebre di un te». Le “profezie” indicano, senza enfasi o fatto, secondo la nota definizione di soprannome o patronimico, più raramente bracciante di latifondo. retorica, lo spiraglio di un mondo migliore. Giorgio Vasari. Il pavimento del un mestiere. Persino il fiume, in cui Letterariamente impeccabile, l’auto de Naduomo è il risultato di un complesso Dal canto suo, Severino, pur avendo di- pensava di trovare una tal non offre agganci al narcisismo dell’esteprogramma iconografico realizzato chiarato che questo è il solo nome ricevuto guida sicura, a un certo ta né del sociologo, non contenendo alcuna attraverso i secoli, a partire dal alla pia baptismal (il fonte), si fa un dovere punto «ha interrotto il parola vuota o vanamente ripetuta. Vi sono Trecento fino all’Ottocento. La di qualificarsi meglio esibendo una carta di suo viaggio». termini, come rosario, che con la loro ricortecnica utilizzata è quella del identità che tale non appare. Nella sua terra, Un nuovo monologo si renza ancor più che con le loro valenze amgraffito e del commesso con marmi il Nordeste brasiliano (regione di cui fa par- svolge presso un molo del bivalenti sembrano indicare un percorso; più di provenienza locale. I cartoni te lo Stato di Pernambuco con la capitale Capibaribe, il fiume che, fichiara ancora, e inequivocabile, è sin dal tipreparatori per le cinquantasei tarsie Recife), ci sono infatti molti uomini con il nalmente, è arrivato alla tolo l’inversione di polarità dell’umano itinefurono disegnati da importanti suo nome, che è di un santo assai venerato; meta insieme a Severirario: morte e vita (e non viceversa). artisti, quasi tutti senesi, fra cui il si specifica dunque che lui è Severino di no, all’oceano AtlantiAlla conclusione di Giuseppe né il retiranSassetta, Domenico di Bartolo, Maria, ma non basta: «Son tanti i Severini co. Solo che il retite né lo spettatore (né l’autore) hanno nulla Matteo di Giovanni, Domenico figli di qualche Maria, e perciò son Severi- rante si convince, da aggiungere: «È difficile difendere, / a paBeccafumi, oltre che da pittori no, di Maria, del defunto Zaccaria. Ma an- a questo punto, di role, la vita, / soprattutto quando è questa, / forestieri come l’umbro Pinturicchio, che questo dice poco». non aver fatto alla nostra, severina; / ma se non posso riautore, nel 1505, del celebre riquadro Tutti i tentativi di identificarsi — non tan- tro che seguire il spondere / alla domanda di prima, / è la vicon il Monte della Sapienza, to per sé quanto per Vossas Senhorias proprio funerale, ta che ha risposto / con la sua presenza viraffigurazione simbolica della via dell’uditorio — non riescono se non a im- salvo essere arrivaLo scrittore João Cabral de Melo Neto va». verso la virtù. mergerlo più a fondo in una umanità di Se- to con qualche della Chiesa. Le immagini si svuotano del loro contenuto teologico, scindendo così, per esempio nel caso delle rappresentazioni di Cristo, la natura umana dalla natura divina. Per più di un artista, il Crocifisso ora non è altro che il paradigma di una sofferenza assoluta disgiunta da ogni visione dell’aldilà, e anche da ogni prospettiva escatologica. Ma questa storia dell’iconografia cristiana, che segue pedagogicamente uno schema cronologico, rompe anche — ed è questo il suo aspetto più interessante — con una certa storiografia dell’arte cristiana. Questa analisi di lunga durata, oltre a rivelarsi una vera sfida lavorativa, permette in effetti di riconsiderare le suddivisioni cronologiche classiche e le pretese “rivoluzioni” delle immagini di Dio. In definitiva attesta che il corso della storia delle immagini di Dio è stato libero. François Boespflug mostra in effetti che la forza delle rappresentazioni è di essere sempre sfuggite alla valutazione dottrinale. «Da anni mi sforzo di mostrare da una parte che la Chiesa, in Occidente, ha esercitato solo in rarissime occasioni un controllo sulle immagini; dall’altra che il cristianesimo, persino in
Nemmeno una parola vuota
Il duomo di Siena scopre il pavimento
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 8 agosto 2013
I gesuiti argentini e le relazioni con la Chiesa ortodossa
Si moltiplicano gli attacchi contro case e luoghi di culto
Da Mosca a Buenos Aires e ritorno
I copti in Egitto minoranza da proteggere
di GIOVANNA PARRAVICINI Padre Gennadij Geroev, attualmente sacerdote in una grande parrocchia nel centro di Mosca, San Giovanni Guerriero, è stato per quasi sei anni (1988-1993) parroco della chiesa ortodossa dell’Annunciazione a Buenos Aires, e ha così avuto modo di incontrare la comunità gesuita locale, come pure di conoscere e vedere in azione padre Bergoglio. Quando gli telefono accetta immediatamente di incontrarmi, mi accoglie sulla soglia della chiesa e, direttamente lì, sotto l’iconostasi, comincia la nostra conversazione. La sua è la storia di un normale ragazzo sovietico, nato nel 1959 ed educato alla fede dalla nonna; questo ragazzo coltiva l’impossibile sogno di farsi prete e intanto studia lingue (con indirizzo romanzo) all’Università Lumumba per l’«Amicizia fra i popoli». Poi, con la perestrojka la situazione cambia radicalmente: si diffonde rapidamente un grande interesse per la religiosità, cade ogni ostacolo all’ingresso in seminario, anzi si scopre che la Chiesa ha bisogno di pastori che abbiano una buona cultura generale e siano in grado di parlare ai fedeli e alla società. Il metropolita Filaret, allora presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, venuto a sapere che il giovane padre Gennadij, fresco di ordinazione (1987), conosce le lingue, nel giugno 1988 lo invia in Argentina: «Concluse le celebrazioni del Millennio del Battesimo della Rus’, per
suiti in Argentina: vede appesa nella sua cella una foto che lo incuriosisce, e così viene a conoscenza della storia di padre Philippe de Régis, che aveva improntato la comunità al particolare ecumenismo proprio dello spirito della missione del Russicum. È evidente, dal tono di voce e dal sorriso di padre Gennadij, che l’incontro con quei sacerdoti — in particolare con padre Joan, morto nel 2004, di cui parla come di un santo — ha segnato la sua persona: «Sono rientrato dall’Argentina da ormai vent’anni (in seguito ho svolto varie missioni ad Alessandria d’Egitto, a Bari, in Marocco, oltre che a Mosca), ma sono ancora in corrispondenza con i gesuiti di Buenos Aires». Durante la missione in Argentina padre Gennadij ha naturalmente avuto modo di conoscere anche padre Bergoglio: «Un uomo di rare doti morali, generoso e comprensivo. Una persona semplice, accessibile, non abbiamo mai avuto problemi nei rapporti con lui. Sapevo che lavorava con i greco-cattolici perché era spesso circondato da ucraini. Ho partecipato insieme a lui a momenti conviviali, di festa. Quando poi è diventato cardinale (io ormai a quel tempo non c’ero più), veniva frequentemente nella nostra chiesa dell’Annunciazione in via Bulnes, in occasione delle festività, ed era in rapporti di amicizia con il nostro metropolita Platon». Gli chiedo che cosa ha provato, quando ha saputo dell’elezione del nuovo Pontefice. Non mi lascia neppur finire la domanda: «Non sono riuscito a prendere sonno tutta notte! E ho subito pensato che con la sua sincerità e apertura, con il suo desiderio di restituire alla vita della Chiesa la sua purezza ha saputo conquistarsi la fiducia di tutti gli elettori al conclave, infrangendo qualunque logica di divisioni e schieramenti; questa è sempre stata una sua caratteristica». Può significare qualcosa, nelle relazioni con il mondo ortodosso, l’elezione di questo Papa che viene da un altro continente ma che, paradossalmente, appartiene per storia personale (è stato educato alla fede da un sacerdote greco-cattolico) e per tradizione al mondo orientale? Ancora una volta la risposta è immediata: «Con la sua elezione noi tutti ortodossi siamo in attesa di un riavvicinamento e di una migliore comprensione, sia da parte nostra sia da parte del Vaticano. Papa Francesco conosce bene la Chiesa orientale, ha sempre nutrito grande interesse per la sua spiritualità e la sua testimonianza; la sua persona è il simbolo di una grande possibilità di rinnovamento, ci riempie di aspettativa». Non ha sorpreso nessuno, qui in Russia, che il quotidiano governativo «Rossijskaja gazeta» abbia titolato, il giorno dopo l’inaugurazione del pontificato, «Francesco delle sorprese».
Non c’era comunicazione fra i fedeli co, dettata da un’estrema necessità russi delle due comunità, e neppure di guadagnarsi il pane». Superare sospetti e divisioni, lavofra i sacerdoti: quando eravamo invitati ai ricevimenti ufficiali dell’amba- rare per l’unità e stringere rapporti sciata sovietica, ricordo che ci limita- di amicizia in questo contesto non vamo a un inchino di cortesia a di- era facile, se non attraverso singole stanza, ma difficilmente ci rivolgeva- iniziative: «Per esempio, avevamo mo la parola. Solo dopo la perestroj- proposto di erigere un monumento ka sono lentamente cominciati dei al principe Vladimir di Kiev, che rapporti, inizialmente molto circo- aveva fatto battezzare la Rus’, come spetti, qualcuno ha simbolo dell’unità spirituale fra cominciato a venire — ucraini e russi — ricorda padre Genquasi in incognito — nadij — e in occasione dell’inauguraalle nostre funzioni, e zione vennero alla spicciolata molti poi a fermarsi all’aga- ucraini greco-cattolici, perché si senpe. Ma ci facevano un tivano accomunati in questo simCon l’elezione di Papa Francesco i russi mucchio di domande bolo». Sono i gesuiti, per lo più sacerdoti sperano in un ulteriore miglioramento delle “provocatorie”, di carattere politico. Per lo- di rito bizantino giunti in missione relazioni tra le Chiese cattolica e ortodossa; ro noi eravamo “agen- dall’Europa, ad assicurare la cura anzi il 71 per cento della popolazione auspica ti di Mosca”, con tut- d’anime dei greco-cattolici, e il gioche il Pontefice visiti il Paese. Lo rivela un to quello che ne con- vane sacerdote moscovita fa amicizia sondaggio del Levada Center citato dalla rivista innanzitutto con loro. Chi conosce seguiva». «La Nuova Europa» in un articolo intitolato Ancor più difficili le minimamente la storia dei difficili Francesco delle sorprese; esso contiene una relazioni con i greco- rapporti tra cattolici (in particolare conversazione, che riportiamo quasi cattolici ucraini, «per- greco-cattolici) e ortodossi, si rende integralmente, con Gennadij Geroev, sacerdote ché, è innegabile — conto della straordinarietà di questo ortodosso russo, per anni in missione in prosegue padre Gen- fatto: «Quando sono arrivato, avevo Argentina. nadij — la Chiesa gre- anch’io i soliti pregiudizi e stereotipi co-cattolica ha sofferto sui gesuiti, ma dopo averli conosciumolto sotto il regime ti (e ne ho conosciuti almeno sei in le quali avevo lavorato nel comitato sovietico, è stata costretta a vivere Argentina), ho dovuto ricredermi: organizzativo, sono partito per la per decenni in clandestinità: una erano persone veramente luminose, nuova destinazione, insieme a mia volta, personalmente, mi è capitato cordiali, sincere, liete, insomma, permoglie e alla nostra bambina. Il ma- di incontrare a L’vov un taxista che sone di fede». Così, padre Gennadij schietto è nato qualche anno dopo, mi ha confidato di essere un vescovo comincia a frequentare la comunità a Buenos Aires. Ero stato nominato greco-cattolico, costretto a fare que- dei gesuiti, di cui ricorda in particolare Domingo Krpan, croato, e Joan parroco della chiesa dell’Annunciasto lavoro per vivere. I greco-cattoliStoisser, di origini austriache, enzione, che è anche la nostra cattedrale, e inoltre mi venne affidato ci erano persone molto semplici, po- trambi di rito bizantino: «Abitavano l’incarico di segretario della nostra vere, spesso assoldate e imbarcate a due isolati da casa mia, quando per il nuovo mondo senza neppure avevo un po’ di tempo libero andadiocesi». La situazione che attende padre essere informate della loro destina- vo a trovarli per poter parlare con Gennadij in Argentina non è facile: zione. Era difficile trovare un terre- qualcuno, oppure erano loro a venire no di dialogo con loro. La loro era «La popolazione di lingua russa, rida me». Attraverso padre Joan apsultante di tre ondate di emigrazione un’emigrazione a carattere economi- prende qualcosa della storia dei gedall’Urss (in particolare della seconda, negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale), era di circa mezzo milione di persone, con una maggioranza di Fedeli di Russia, Ucraina e Bielorussia accorsi a venerare la croce dell’apostolo ucraini. I fedeli erano dispersi su tutto il territorio argentino, in particolare esistevano grossi insediamenti nelle zone di confine con il Brasile, vicino alle celebri cascate Iguaçu. A quel tempo — aggiunge padre Gennadij — la nostra diocesi faceva anMOSCA, 7. Sono state più di un micora parte dell’esarcato dell’America lione le persone che, in occasione centro-meridionale, comprendente delle celebrazioni per il milleventiCile, Brasile, Colombia, Venezuela, cinquesimo anniversario del BattesiPanamá, con un vescovo residente in mo della Rus’, ha venerato la croce Argentina». sulla quale, secondo la tradizione, fu Ma le strutture del patriarcato di crocifisso l’apostolo Andrea. La reliMosca sono guardate con sospetto quia è stata esposta per ventitré dalla comunità ortodossa maggiorigiorni in Russia, Ucraina e Bielorustaria, che si riconosce nella Chiesa sia. A rendere noti questi dati sono Russa all’Estero, sorta fra l’emigrastati i responsabili del Fondo «Anzione all’inizio degli anni Venti inidrea il primo chiamato», secondo i zialmente per far fronte alla situazioquali «dall’11 luglio al 2 agosto oltre ne di emergenza venutasi a creare un milione di persone si sono ingidopo la rivoluzione, e che in seguito nocchiate davanti alla Croce di aveva rotto con il patriarcato di Mosant’Andrea, e in ogni città, a seconsca a motivo dei suoi compromessi da dei giorni di permanenza, il temcon il potere sovietico. Nel 2007 tra po di attesa dei fedeli in coda è anle due Chiese è stato siglato l’Atto dato dai trenta minuti alle nove di riunione che ha ripristinato la coore». In alcuni casi le chiese sono rimunione pur mantenendo a entrammaste aperte anche di notte per conbe l’indipendenza amministrativa. In sentire l’ingresso a tutti coloro che quegli anni però non era così, le due desideravano venerare la reliquia. comunità non avevano praticamente La croce è arrivata l’11 luglio a rapporti, come ricorda padre GennaSan Pietroburgo dalla città greca di dij: «La Chiesa Russa all’Estero posPatrasso, dove, secondo la tradiziosedeva ben tredici chiese, tra cui la ne, l’apostolo è stato crocifisso nel bellissima cattedrale della Trinità, la 62. Il Fondo «Andrea il primo chiachiesa più antica, costruita dallo zar mato» ha già organizzato nel 2011 Alessandro III alla fine del XIX secol’arrivo in Russia della “cintura della lo e consacrata nel 1905, che sorge Vergine”, custodita solitamente sul nelle vicinanze del porto ed è ben monte Athos, che aveva attratto cirvisibile dal mare. Noi, patriarcato di Mosca, avevamo in tutto due chiese. ca tre milioni di fedeli.
Francesco delle sorprese
Un milione per sant’Andrea
IL CAIRO, 7. Si moltiplicano gli attacchi e le violenze contro i cristiani in Egitto dopo che sabato scorso i siti e i blog islamisti hanno rilanciato il videomessaggio del leader di Al Qaeda che accusava i copti di aver ordito il “complotto” per destituire il presidente Mohamed Mursi. Assalti a chiese e abitazioni dei copti si sono susseguiti in tutto il Paese. Alcuni episodi sono stati segnalati ad Assiut e a Sohag. Ma i casi più gravi — come riferisce l’agenzia Fides — riguardano alcuni villaggi dell’area intorno a Minyā. Nel villaggio di Bani Ahmed, la sera di sabato 3 agosto, bande di fondamentalisti hanno provocato la fuga di tutta la popolazione e l’incendio di nove case e ventiquattro negozi di proprietà dei cristiani, oltre a bus e automobili bruciati per le strade. Nel villaggio di Reeda è
Lutti nell’episcopato Monsignor Jaime Luiz Coelho, arcivescovo emerito di Maringá, in Brasile, è morto — all’età di novantasette anni — lunedì 5 agosto presso l’Unità di terapia intensiva dell’ospedale Santa Casa, dove era ricoverato da alcuni giorni per un’insufficienza renale cronica. Nato a Franca il 26 luglio 1916, monsignor Coelho era stato ordinato sacerdote per il clero dell’arcidiocesi di Ribeirão Preto il 7 dicembre 1941. Nominato vescovo di Maringá il 3 dicembre 1956, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 20 gennaio 1957. Quindi il 24 marzo aveva preso possesso della diocesi. Il 30 novembre 1979, con l’elevazione della diocesi ad arcidiocesi metropolitana, era stato promosso primo arcivescovo di Maringá. Aveva rinunciato al governo pastorale, dopo oltre quarant’anni di episcopato, il 7 maggio 1997. Aveva inoltre partecipato alle quattro sessioni del concilio Vaticano II, tra il 1962 e il 1965. Le esequie dell’arcivescovo Jaime Luiz Coelho sono state celebrate dall’arcivescovo di Maringá, monsignor Anua Battisti, nel pomeriggio di martedì 6 agosto, nella cattedrale di Maringá. Il compianto presule è stato poi sepolto nella cripta. Monsignor Charles Valois, vescovo emerito di Saint-Jérôme, in Canada, è morto domenica 4 agosto. Aveva ottantanove anni. Era infatti nato il 24 aprile 1924 a Montreál. Aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 3 giugno 1950 da monsignor PaulÉmile Léger, divenuto poi cardinale. Nominato vescovo di Saint-Jérôme il 10 giugno 1977, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 29 giugno successivo. Quindi il 22 gennaio 1997 aveva rinunciato al governo pastorale della diocesi. Le esequie saranno celebrate, la mattina di venerdì 9 agosto alle ore 10.30, nella cattedrale di Saint-Jérôme dove nelle ore precedenti il compianto vescovo è stato esposto alla venerazione dei fedeli. Il feretro sarà quindi portato nella chiesa di Santa Teresa d’Avila di Sainte-Thérèse per un ultimo omaggio. Monsignor Valois sarà sepolto nel cimitero di SainteThérèse.
stata assaltata anche una chiesa protestante. «I cristiani — ha dichiarato il vescovo di Minya dei Copti, Botros Fahim Awad Hanna — rischiano di diventare ancora una volta il capro espiatorio delle tensioni che agitano il Paese. Capisco che c’è tanta gente delusa e ferita. I cristiani sono pazienti. Ma non possiamo pagare sempre all’infinito. Ormai è chiaro che le violenze islamiste si indirizzeranno sempre più contro i copti. Sono necessarie contromisure adeguate, per esempio aumentando la protezione delle chiese da parte delle forze di sicurezza».
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 8 agosto 2013
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La meditazione del cardinale Prosper Grech alla presenza di 115 cardinali il giorno dell’apertura del conclave che ha eletto Papa Francesco
Il volto di Cristo brilla anche attraverso dense nuvole Il bollettino ufficiale della Santa Sede «Acta Apostolicae Sedis» nel numero del 5 aprile - 3 maggio 2013 (disponibile sul sito www.vatican.va) pubblica la meditazione del cardinale maltese Prosper Grech indirizzata ai 115 cardinali presenti il 12 marzo scorso all’apertura del conclave che la sera successiva ha eletto Papa Francesco. Riportiamo qui di seguito il testo. Alla veneranda età di 87 anni sono uno dei più anziani del collegio cardinalizio, ma in quanto a nomina sono appena un neonato; e poiché la mia vita era sempre dedicata allo studio, la mia conoscenza delle vicende di Curia non supera la terza elementare. Solo in quanto tale oso presentare questa semplice meditazione in nomine Domini. L’atto che state per compiere dentro questa Cappella Sistina è un kairos, un forte momento di grazia, nella storia della salvezza, che continua nella Chiesa fino alla fine dei tempi. Siete coscienti che questo momento chiede da voi la massima responsabilità. Non importa se il Pontefice che eleggerete sia di una nazionalità o di
lici indifferenti che trascurano o rifiutano di battezzare i propri figli. L’annuncio del Vangelo del Regno di Dio si concretizza nell’annuncio di «Gesù Cristo, e questi crocifisso» (1 Cor 2, 2). Sia la figliolanza divina di Cristo sia la sua crocifissione costituiscono lo scandalum crucis, «stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio» (1 Cor 1, 18). È proprio questo scandalo della croce che umilia la hybris della mente umana e la eleva ad accettare una sapienza che viene dall’alto. Anche in questo caso, relativizzare la persona di Cristo ponendola accanto ad altri “salvatori” significa svuotare il cristianesimo stesso della sua sostanza. È proprio la predicazione dell’assurdità della croce, che in meno di trecento anni ridusse al minimo le religioni dell’Impero Romano e aprì la mente degli uomini a una visuale nuova di speranza e di risurrezione. Della medesima speranza è assetato il mondo odierno, che soffre di una depressione esistenziale. Il Cristo crocifisso, però, è intimamente lega-
Papa Francesco con i cardinali elettori nella Cappella Sistina (13 marzo)
un’altra, di una razza o di un’altra, importa solo se, quando il Signore gli rivolge la domanda «Pietro, mi ami?» egli possa rispondere con tutta sincerità: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo» (cfr. Gv 21, 17-19). Allora le pecorelle affidategli da Gesù saranno al sicuro, e Pietro seguirà Cristo, il sommo Pastore, ovunque vada. Con ciò non ho nessuna intenzione di fare l’identikit del nuovo Papa, e molto meno presentare un piano di lavoro al futuro Pontefice. Questo compito delicatissimo spetta allo Spirito Santo, il quale negli ultimi decenni ci ha regalato una serie di ottimi Pontefici santi. Il mio intento è quello di trarre dalla Scrittura alcune riflessioni per farci capire ciò che Cristo vuole dalla sua Chiesa, riflessioni che vi potranno aiutare nelle vostre discussioni. Durante la sua vita Gesù inviava i discepoli ad annunziare il Regno di Dio (Lc 9, 2). Il Regno ha molte sfaccettature, ma possiamo sintetizzare la sua essenza come il momento di grazia e di riconciliazione che il Padre offre al mondo nella persona e opera di Cristo. Regno e Chiesa non coincidono, il Regno è la sovranità paterna di Dio che comprende tutti i beneficiari della sua grazia. Dopo la sua risurrezione Gesù mandò gli apostoli nel mondo intero per fare discepoli di tutte le genti e di battezzarli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 29, 19). La Chiesa fa questo presentando il Vangelo senza sconti, senza diluire la parola; con le parole di Paolo: «Io infatti non mi vergogno del Vangelo, poiché è la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco» (Rm 1, 16). Quando si scende a compromessi con il Vangelo lo si svuota della sua dynamis, come se a una bomba a mano si rimuovesse il tritolo in essa contenuto. Non si deve cedere nemmeno alla tentazione pensando che, poiché il concilio Vaticano II abbia appianato la salvezza anche a coloro che sono fuori della Chiesa, si relativizzi la necessità del battesimo. Oggi si aggiunge l’abuso di tanti catto-
to alla Chiesa crocifissa. È la Chiesa dei martiri, da quelli dei primi secoli fino ai numerosi fedeli i quali, in certi Paesi, si espongono alla morte semplicemente andando alla messa domenicale. Ma la Chiesa crocifissa non si limita soltanto ai suoi martiri. Quando essa riflette la persona, l’insegnamento e il comportamento di Cristo, non fa altro che presentare la Verità, che è Cristo medesimo (Gv 14, 6). La Chiesa quindi chiede agli uomini di rispecchiarsi nello specchio di Cristo e di sé medesima. Tutti desiderano conoscere la verità, ma quando essa rivela i nostri difetti allora viene odiata e perseguitata: «Oculis aegris odiosa lux, quae sanis amabilis», (Conf. VII, 22) dice Agostino. E Gesù predice: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno voi» (Gv 15, 20). Perciò, la persecuzione è un quid constitutivum della Chiesa, come è la debolezza dei suoi membri, da cui non può prescindere senza perdere la sua individualità, è una croce che deve abbracciare. La persecuzione però, non è sempre fisica, c’è anche la persecuzione della menzogna: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno, e, mentendo diranno ogni sorte di male contro di voi per causa mia» (Mt 5, 11). Di ciò avete fatto esperienza recentemente per mezzo di alcuni media che non amano la Chiesa. Quando le accuse sono false non bisogna farne caso, anche se causano dolore immenso. Un’altra cosa è quando contro di noi si dice la verità, come è accaduto in molte delle accuse di pedofilia. Allora bisogna umiliarsi di fronte a Dio e agli uomini e cercare di sradicare il male a ogni costo, come ha fatto, con grande suo rammarico, Benedetto XVI. È solo così che si riguadagna credibilità di fronte al mondo e si dà un esempio di sincerità. Oggi tanta gente non arriva a credere in Cristo perché il suo volto viene oscurato o nascosto dietro un’istituzione che manca di trasparenza. Ma se recentemente abbiamo pianto su tanti avvenimenti spiacevoli accaduti a clero e laici, persino nella casa pontificia, dobbiamo pen-
sare che questi mali, pur gravi che siano, se comparati con certi mali del passato nella storia della Chiesa, non sono che un raffreddore. Come, con l’aiuto di Dio questi sono stati superati, si supererà anche la crisi presente. Ma anche un raffreddore bisogna curarlo bene perché non si sviluppi in polmonite. Lo spirito maligno del mondo, il mysterium iniquitatis, (2 Ts 2, 7) si sforza continuamente di infiltrarsi dentro la Chiesa. Inoltre, non dimentichiamo il monito dei profeti all’antico Israele di non cercare alleanze né con la Babilonia né con l’Egitto, ma di seguire una pura politica ex fide fidandoci solamente di Dio (cfr. Is 30, 1; 31, 1-3; Os 12, 2) e della sua alleanza. Coraggio! Cristo ci solleva d’animo quando esclama: «Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo» (Gv 16, 33). Facciamo adesso un passo avanti nella nostra domanda sulla volontà di Dio a riguardo della Chiesa. Non c’e dubbio che l’unita` del suo corpo sia il summum desideratum di Cristo, come dimostra la sua preghiera sacerdotale nell’ultima cena (Gv 17). Purtroppo, il cristianesimo è ancora diviso, sia nella fede sia nell’amore. I primi tentativi di ecumenismo immediatamente dopo la seconda guerra mondiale (mi ricordo di essere stato presente in alcuni incontri con Romano Guardini a Burg Rothenfels), come anche l’impegno suscitato dalla Unitatis redintegratio, stanno portando frutto, pur restando una lunghissima strada da fare. I pregiudizi muoiono molto lentamente e raggiungere un accordo teologico non è affatto facile. Siamo tentati di stancarci su questa strada che sembra spesso a senso unico. Ma desistere dal dialogo sarebbe andare esplicitamente contro la volontà di Dio. Più delle discussioni o gli incontri ecumenici, però, serve una preghiera fiduciosa e intensa da tutte le parti e un cammino convergente verso la santità e lo spirito di Gesù. Non meno facile per il futuro Pontefice sarà il compito di tenere l’unità nella Chiesa Cattolica medesima. Tra estremisti ultratradizionalisti ed estremisti ultraprogressisti, tra sacerdoti ribelli all’obbedienza e quelli che non riconoscono i segni dei tempi, ci sarà sempre il pericolo di scismi minori che non soltanto danneggiano la Chiesa, ma che vanno contro la volontà di Dio: l’unità a ogni costo. Unità però, non significa uniformismo. È evidente che ciò non chiude le porte alla discussione intra-ecclesiale, presente in tutta la storia della Chiesa. Tutti sono liberi di esprimere i loro pensieri circa il compito della Chiesa, ma che siano proposte nella linea di quel depositum fidei che il Pontefice insieme a tutti i vescovi hanno il compito di custodire. Pietro renderà il suo compito tanto più facile quanto lo condivide con gli altri apostoli. Purtroppo oggi la teologia soffre del pensiero debole che regna nell’ambiente filosofico, e necessitiamo un buon fondamento filosofico per poter sviluppare il dogma con un’ermeneuti-
ca valida che parli un linguaggio intelligibile dal mondo contemporaneo. Accade spesso, però, che le proposte di tanti fedeli per il progresso della Chiesa si basano sul grado di libertà che si concede in ambito sessuale. Certamente leggi e tradizioni che sono puramente ecclesiastiche possono essere cambiate, ma non ogni cambiamento significa progresso; bisogna discernere se tali cambiamenti agiscano per aumentare la santità della Chiesa o per oscurarla. Passiamo adesso a un capitolo ancora più scottante. Nell’O ccidente, almeno in Europa, il cristianesimo medesimo è in crisi. L’Europa non ha voluto nemmeno prendere in considerazione le proprie tradizioni storiche cristiane. C’è un laicismo e un agnosticismo dilagante che ha diverse radici, per menzionarne qualcuna: la relativizzazione della verità, frutto del summenzionato pensiero debole, tema sottolineato spesso da Benedetto XVI, un materialismo che misura tutto in termini economici, l’eredità di governi e partiti che avevano l’intento di rimuovere Dio dalla società, l’esplosione della libertà sessuale e quel rapidissimo progresso scientifico che non conosce freni morali e umanitari. Inoltre, regna un’ignoranza e una noncuranza non soltanto della dottrina cattolica, ma dell’ABC stesso del cristianesimo. Si sente perciò l’urgenza della nuova evangelizzazione che comincia dal kerigma puro e nudo annunciato a non credenti, seguito da una catechesi continua alimentata dalla preghiera. Però, il Signore che non viene mai sconfitto dalla trascuratezza umana sembra che, mentre in Europa gli si chiudono le porte, egli le stia spalancando altrove, specialmente nell’Asia. E anche nell’O ccidente, Iddio non mancherà di riservarsi un resto di Israele che non si genuflette di fronte a Baal, un resto che troviamo principalmente in tanti movimenti laicali dotati di carismi diversi che stanno dando un forte contributo alla nuova evangelizzazione. Questi movimenti sono pieni di giovani, tanto amati dagli ultimi due Pontefici. Sono essi la semente che, ben curata, crescerà in un albero nuovo pieno di frutti. Si guardi però che movimenti particolari non credano che la Chiesa si esaurisce in loro. Insomma, Dio non può essere sconfitto dalla nostra noncuranza. La Chiesa è sua, le porte degli inferi la potranno ferire nel calcagno, ma non la potranno mai soffocare. Finora abbiamo parlato di Papi, cardinali, vescovi e sacerdoti, ma c’è un altro fattore di speranza nella Chiesa che non dobbiamo trascurare, il sensus fidelium. Agostino lo chiama «il Maestro interiore» in ciascun credente, e San Giovanni “l’unzione” che ci insegna ogni cosa (1 Gv 2, 20.27;), essa crea nell’intimo del cuore quel criterio di discernimento del vero dal falso, ci fa distinguere istintivamente ciò che è secundum Deum da ciò che viene dal mondo e dal maligno (1 Gv 4, 1-6). Secondo la Dei Verbum 8, anche il sensus fidelium è un locus
«Il buon pastore»: illustrazione tratta dalla «Vita Christi» di Ludolphe de Sax, detto Le Chartreux, edita da Guillelmo Lemenand (1506, Lione, biblioteca comunale)
theologicus che bisogna sia preso in considerazione dai pastori della Chiesa. La brace della fede devota è tenuta viva da milioni di fedeli semplici che sono lontani da essere chiamati teologi, ma i quali, dall’intimità delle loro preghiere, riflessioni e devozioni, possono dare profondi consigli ai loro pastori. Sono questi che «distruggeranno la sapienza dei sapienti e annulleranno l’intelligenza degli intelligenti» (1 Cor 1, 19). Ciò vuol dire che quando il mondo, con tutta la sua scienza e intelligenza, abbandona il logos della ragione umana, il Logos di Dio brilla nei cuori semplici, che formano il midollo da cui la spina dorsale della Chiesa si nutre. Ma perché sto dicendo tutto questo? È perché, pur professando il luogo comune che lo Spirito Santo è l’anima della Chiesa, non sempre lo prendiamo in considerazione nei nostri disegni sulla Chiesa. Egli trascende ogni analisi sociologica e previsione storica. Supera gli scandali, le politiche interne, gli arrivismi e i problemi sociali, i quali, nella loro complessità oscurano il volto di Cristo che deve brillare anche attraverso dense nuvole. Sentiamo Agostino: «Gli apostoli vedevano Cristo e credevano nella Chiesa che non vedevano; noi vediamo la Chiesa e dobbiamo credere in Cristo che non vediamo. Aderendo saldamente a ciò che vediamo, giungeremo a vedere colui che ora non vediamo» (Sermo 328, 3). E voi, perché vi trovate qui? Nel 1961 Giovan-
ni XXIII ricevette in udienza il Corpo diplomatico presso la Santa Sede in questa Cappella Sistina. Indicò la figura dominante del Cristo giudice nell’affresco di Michelangelo, e disse loro che Cristo giudicherà anche l’operare delle singole nazioni nella storia. Voi vi trovate in questa medesima Cappella, sotto la figura di quel Cristo, con la mano alzata, non per schiacciare, ma per illuminare il vostro voto, che sia secundum Spiritum, non secundum carnem, cioè, «Non in sinistrum nos ignorantia trahat, non favor inflectat, non acceptio muneris vel personae corrumpat». È in questo modo che l’eletto non sarà solo il vostro, ma essenzialmente il Suo. Vorrei chiudere con una nota più leggera. Questo non è il primo conclave in cui sono stato presente. Io ero anche nel conclave di Paolo VI, come semplice sagrestano che preparava gli altari. Un giorno venne da me il cardinale Montini, che mi chiese di confessarlo, dopo due ore era Papa. Morto lui, si preparava il conclave, e c’erano presso di noi al Collegio S. Monica, tre cardinali, tra loro il cardinale Luciani. Essendo il più anziano presente mi toccò dare loro il saluto prima della loro partenza per la Cappella Sistina. Mi ricordo di aver detto: «Dire a voi auguri non è di buon gusto, dirvi arrivederci, è ancora peggio. Dico soltanto: Dio vi benedica». Sono un uccello di buon augurio! Il medesimo saluto porgo a voi: Il Signore sia con voi e vi benedica.
Inizio della missione del nunzio apostolico in Benin Monsignor Brian Udaigwe, arcivescovo titolare di Suelli, nuovo nunzio apostolico in Benin, è giunto all’aeroporto internazionale Cardinale Bernardin Gantin di Cotonou, il 24 giugno, dove è stato accolto dal direttore del protocollo del ministero degli Affari Esteri, Saturnin Tonoukouin. L’indomani il rappresentante pontificio è stato ricevuto dal ministro degli Affari Esteri, Nassirou Bako-Arifari, al quale ha potuto consegnare copia delle lettere credenziali. Il rappresentante pontificio si è intrattenuto con il responsabile della diplomazia beninese in un cordiale colloquio, nel quale si è parlato della recente visita del presidente della Repubblica a Papa Francesco e della spiccata sensibilità del Pontefice verso la povertà. Il 26 giugno, nel Palais Présidentiel, si è svolta la cerimonia di presentazione delle lettere credenziali al capo dello Stato, Thomas Boni Yayi. Dopo aver passato in rassegna la guardia presidenziale al suono degli inni nazionali della Santa Sede e
del Benin, monsignor Udaigwe ha consegnato le lettere credenziali al presidente della Repubblica. La cerimonia è stata seguita da una breve conferenza stampa. Nel colloquio il capo di Stato ha lodato la persona e la missione di Sua Santità Francesco, al quale ha chiesto al rappresentante pontificio di voler trasmettere i suoi deferenti saluti, e ha espresso un commovente ricordo di Papa Benedetto XVI, in visita al Benin nel novembre 2011. In seguito ha elogiato la Chiesa cattolica per il suo impegno nella vita e nello sviluppo umano e spirituale della Nazione beninese. Infine, ha sottolineato le fruttuose relazioni esistenti nel suo Paese fra i fedeli di tutte le religioni. Il presidente della Repubblica ha concluso ricordando l’udienza concessagli da Papa Francesco lo scorso 23 aprile e ha espresso la gioia per il prestigio conferitogli quale primo capo di Stato africano in visita a Sua Santità. Da parte sua, monsignor Udaigwe ha ringraziato per l’onore e per la possibilità accordatagli di essere stato ricevuto quanto prima e ha
presentato gli auguri e le felicitazioni del Santo Padre per Boni Yayi e per il popolo del Benin. Il nunzio non ha mancato di mostrare contentezza per il clima di pace che regna nel Paese e per l’impegno della Nazione a favore della concordia fra le religioni e le etnie. Il rappresentante pontificio ha altresì promesso che si adopererà affinché le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica del Benin portino copiosi frutti. Con il ricordo colmo di venerazione per il cardinale Bernardin Gantin, il nuovo nunzio apostolico ha voluto congedarsi dal capo di Stato. Nelle seguenti settimane, monsignor Udaigwe ha preso contatto con le ambasciate, consolati e istituzioni internazionali e, in data 18 luglio, nella sede della nunziatura apostolica, si è tenuto il ricevimento per le autorità civili, religiose e per i membri del corpo diplomatico. Erano presenti, in rappresentanza dello Stato, due ministri: Blaise Glèlè Ahanhanzo, ministro per lo Sviluppo, l’Habitat e l’Urbanizzazione, e il ministro per le Riforme
Amministrative e Istituzionali, Martial Sounton. In data 19 luglio, nella cattedrale Notre-Dame-de-Miséricorde situata vicino all’Ancient Pont Bridge di Cotonou, i vescovi, unitamente al clero e al popolo di Dio in Benin, hanno accolto ufficialmente monsignor Udaigwe, che ha presieduto la celebrazione eucaristica, durante la quale ha consegnato la lettera commendatizia del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, al presidente della Conferenza Episcopale del Benin, monsignor Antoine Ganyé, arcivescovo di Cotonou. Nella sua omelia, il nunzio apostolico ha ricordato la sollecitudine del Papa per la Chiesa del Benin, ponendo altresì l’attenzione sull’eroico impegno di molti missionari che, con grande carità e a volte a prezzo della vita, hanno portato avanti l’evangelizzazione del Paese. I media beninesi hanno dato un buon rilievo agli avvenimenti dell’inizio missione di monsignor Udaigwe, in modo particolare la televisione nazionale beninese (O.R.T.B.) e il settimanale cattolico «La croix du Bénin».
L’OSSERVATORE ROMANO
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Papa Francesco ai fedeli di Buenos Aires per la festa di san Gaetano
Nel trentacinquesimo anniversario della morte
La cultura dell’incontro con i più bisognosi È la cultura dell’incontro la proposta di Papa Francesco per i fedeli argentini che come ogni anno il 7 agosto, nella memoria liturgica di san Gaetano da Thiene, sfilano per ore davanti alla statua conservata nel santuario nel cuore del quartiere Liniers di Buenos Aires, zona periferica della città, per baciare il vetro della piccola nicchia che la contiene e farsi il segno della croce. Una pia tradizione alla quale Papa Bergoglio, quando era il pastore dell’arcidiocesi, non è mai mancato. Non potendo essere presente quest’anno ha inviato ai fedeli argentini un videomessaggio di cui riportiamo di seguito il testo in una traduzione in italiano. Buonasera. Come tutti gli anni, dopo aver percorso la fila, parlo con voi. Questa volta, la fila l’ho percorsa con il cuore. Sono un pochino lontano e non posso condividere con voi questo momento così bello. In questo momento voi state camminando verso l’immagine di San Gaetano. Per quale motivo? Per incontrarvi con lui, per incontrarvi con Gesù. Però oggi, il tema di questo pellegrinaggio — tema scelto per voi, selezionato tra tante possibilità — oggi il tema parla di un altro incontro, e dice: «Con Gesù e San Gaetano, andiamo incontro ai più bisognosi!». Parla dell’incontro delle persone che hanno più bisogno, di coloro che hanno bisogno che noi diamo loro una mano, che li guardiamo con amore, che condividiamo il loro dolore o le loro ansie, i loro problemi. Però la cosa importante non è guardarli da lontano o aiutarli da lontano. No, no! È andare loro incontro. Questo è cristiano! Questo è ciò che insegna Gesù: andare incontro ai più bisognosi. Come Gesù che andava sempre incontro alla gente. Egli andava ad incontrarla. Andare incontro ai più bisognosi. A volte, io domando a qualcuno: «Lei fa l’elemosina?». Mi dicono: «Sì, padre». «E quando lei fa l’elemosina, guarda negli occhi la gente
a cui fa l’elemosina»? « Ah, non so, non me ne accorgo». «Allora lei non l’ha incontrata. Lei ha gettato l’elemosina ed è andato via. Quando lei fa l’elemosina, tocca la mano o getta la moneta»? «No, getto la moneta». «E allora non lo hai toccato. E se non lo hai toccato, non lo hai incontrato». Ciò che Gesù ci insegna, innanzitutto, è incontrarsi e, incontrando, aiutare. Dobbiamo saperci incontrare. Dobbiamo edificare, creare, costruire una cultura dell’incontro. Quante divergenze, guai in famiglia, sempre! Guai nel quartiere, guai sul lavoro, guai ovunque. E le divergenze non aiutano. La cultura dell’incontro. Uscire ad incontrarci. E il tema dice: «Incontrarci con i più bisognosi», ovvero con quelli che hanno più bisogno di me. Con quelli che stanno passando un brutto momen-
to, peggiore di quello che sto passando io. C’è sempre qualcuno che se la passa peggio, eh? Sempre! C’è sempre qualcuno. Allora, io penso: «Sto passando un brutto momento, faccio la fila per incontrarmi con San Gaetano e con Gesù e poi esco ad incontrare gli altri, perché c’è sempre qualcuno che se la passa peggio di me». Con queste persone, è con queste persone che noi dobbiamo incontrarci. Grazie perché mi ascoltate, grazie perché venite qui oggi, grazie per tutto ciò che portate nel cuore. Gesù vi ama molto! San Gaetano vi ama molto! Vi chiede soltanto una cosa: che vi incontriate! Che andiate e cerchiate ed incontriate i più bisognosi! Però non da soli, no. Con Gesù e con San Gaetano! Vai a convincere un altro che si faccia cattolico? No, no, no! Vai ad incontrarlo, è tuo fra-
giovedì 8 agosto 2013
tello! E questo basta. E tu vai ad aiutarlo, il resto lo fa Gesù, lo fa lo Spirito Santo. Ricordati bene: con San Gaetano, noi bisognosi andiamo incontro ai più bisognosi. Con Gesù, noi bisognosi, che abbiamo più bisogno, andiamo incontro a coloro che hanno ancora più bisogno. E magari Gesù ti va indicando il cammino per incontrarti con chi ne ha più bisogno. Il tuo cuore, quando incontri chi ha più bisogno, comincerà ad ingrandirsi, ingrandirsi, ingrandirsi! Perché l’incontro moltiplica la capacità di amare. L’incontro con l’altro ingrandisce il cuore. Coraggio! «Da solo non so come fare». No, no, no! Con Gesù e con San Gaetano! Che Dio ti benedica e che tu concluda bene il giorno di San Gaetano. E per favore, non ti dimenticare di pregare per me. Grazie.
Il Santo Padre in preghiera sulla tomba di Paolo Solo, raccolto in un’intensa preghiera sulla tomba del predecessore. Così Papa Francesco ha voluto rendere omaggio a Papa Paolo VI nel giorno del trentacinquesimo anniversario della morte. Erano da poco trascorse le 14 di martedì 6 agosto, quando il Pontefice, dall’ingresso in Largo Braschi, è sceso nelle Grotte Vaticane e ha raggiunto la tomba di Papa Montini dove ha sostato in raccoglimento per un suo personalissimo ricordo. Poco più tardi all’altare della cattedra monsignor Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, bresciano e profondo estimatore di Paolo VI, ha celebrato la messa commemorativa alla quale hanno partecipato numerosi concittadini di Papa Montini e tantissimi fedeli che ancora portano nel cuore il ricordo degli anni trascorsi a Roma. Tra i fedeli erano una sessantina di giovani appartenenti a un gruppo vocazionale della diocesi di Brescia che hanno voluto rendere omaggio al loro Papa raggiungendo Roma a piedi da Poggio Bustone. Si tratta di un gruppo abbastanza composito, nel senso che a costituirlo sono coppie di fidanzati, giovani sposi, aspiranti seminaristi, seminaristi, catechisti e giovani che stanno facendo un percorso spirituale alla ricerca della loro identità cristiana. Dopo aver partecipato alla messa in memoria di Paolo VI hanno manifestato il desiderio di incontrare Papa Francesco, il quale informato
VI
della loro richiesta, l’ha accolta con piacere. E glielo ha detto personalmente quando poco dopo le 18 è uscito per incontrarli davanti a Santa Marta: «Vi ringrazio tanto per questa visita. Questo è bello, mi piace tanto». Erano tanto sicuri che Papa Francesco non li avrebbe delusi che avevano preparato anche un breve discorso di saluto. Lo hanno ringraziato per la fiducia che egli mostra di riporre nei giovani e per le indicazioni che aveva dato nei giorni della gmg. Tra l’altro la giovane interprete dei saluti di tutti gli altri ha citato a memoria alcuni passaggi nodali dei discorsi di Rio. Tanto che Papa Bergoglio, quando la giovane ha finito di parlare, le ha detto con tono piacevolmente sorpreso: «Ehi! Ma che bella memoria, te li ricordi proprio tutti?». Poi si è unito a loro. Li ha salutati a uno a uno, ha ascoltato le loro piccole grandi storie. Ai giovani che si accingono a entrare in seminario Papa Francesco ha raccomandato di iniziare questo nuovo cammino con serietà. «Vedrete è una gioia — ha detto loro — una gioia ma non un gioco. È una cosa seria. È come sposarsi. Dunque è una scelta seria di vita. Però quando si prende una cosa sul serio, allora diventa bella. Anche se è dura». Infine ha benedetto per loro una statuina della Vergine di Loreto, loro compagna di viaggio. E, prima di congedarsi, non si è sottratto al rito della foto di gruppo.
Il pellegrinaggio nel santuario del barrio di Liniers
Dal patrono del pane e del lavoro Il popolo di Buenos Aires sta celebrando proprio in queste ore la grande festa di san Cayetano, figura molto amata in tutta l’Argentina soprattutto dalla povera gente delle villas miserias e venerato in particolare come «patrono del pane e del lavoro». Come ogni 7 agosto — memoria liturgica di san Gaetano da Thiene — migliaia di persone si stanno recando in pellegrinaggio al santuario di San Cayetano situato nella periferia della capitale argentina, nel barrio di Liniers, che tra l’altro proprio quest’anno celebra cento anni di vita con particolare solennità. Il pellegrinaggio nel giorno di san Cayetano è un evento di grande portata spirituale e comunitaria. Un momento di gioia e anche di evangelizzazione, che fino allo scorso anno ha sempre visto in prima fila il cardinale arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio. Nel suo stile di pastore, dopo aver presieduto la celebrazione eucaristica, era solito percorrere in senso inverso la fila dei fedeli per ascoltare le loro storie e benedire i bambini, gli anziani, gli ammalati. Un atteggiamento di attenzione per far percepire a tutti la vicinanza della Chiesa. Sebbene distante migliaia di chilometri da Buenos Aires Bergoglio, divenuto Papa, non ha certo dimenticato l’appuntamento con la sua gente e si è rivolto direttamente ai fedeli argentini attraverso un videomessaggio che dalla mezzanotte, ora locale, viene trasmesso di continuo su Canal 21, la televisione cattolica di Buenos Aires, e anche sui grandi schermi collocati all’ingresso del santuario, per dare modo di vederlo e ascoltarlo ai fedeli in fila. Così, pur nell’assenza fisica, il cuore e la parola di Papa Francesco sono anche oggi accanto ai pellegrini di san Cayetano. E il suo videomessaggio li rassicura: anche quest’anno è con loro. Per l’occasione sono state stampate e distribuite tantissime immagini
del santo, della veneratissima Madonna di Luján, patrona della Nazione, e di Papa Bergoglio, nel ricordo della celebrazione da lui presieduta proprio un anno fa di questi tempi. Ed è stato anche riproposto il testo della sua omelia di allora, con l’invocazione a Dio per la benedizione del pane e del lavoro di tutti gli argentini: San Cayetano, bendice nuestra patria con pan y trabajo para todos furono le sue parole.
In suo onore è stata realizzata anche un’artistica vetrata che raffigura il primo Pontefice argentino. Per la comunità cristiana di Buenos Aires è anche l’occasione per ritrovarsi ancora più unita dopo l’elezione del loro arcivescovo a successore di Pietro. E non si manca di ricordare come dal giorno dell’elezione sia aumentata la partecipazione alle celebrazioni eucaristiche domenicali: in una parola, i cattolici di Buenos Aires sentono di dover rilanciare la loro missione pro-
prio seguendo la testimonianza del «loro» Papa. E con la sua gente, unito spiritualmente, Papa Francesco lo è stato anche nella notte scorsa, quando i fedeli di Buenos Aires si sono messi in fila, pregando, in attesa di passare davanti alla statuetta di san Gaetano da Thiene. Hanno aspettato pazientemente il loro turno per poter baciare, come vuole la tradizione popolare, il vetro della piccola teca. E intanto meditare insieme sul tema della festa, che quest’anno è «Con Gesù e san Gaetano andiamo incontro ai più bisognosi». Ad aprire le porte del santuario è stato il vescovo ausiliare monsignor Raúl Martín, vicario episcopale della zona Devoto. Momento centrale della giornata di pellegrinaggio è la messa presieduta alle ore 11 da monsignor Mario Aurelio Poli, arcivescovo di Buenos Aires. Tredici, in tutto, le celebrazioni eucaristiche a partire dalle 4 del mattino, mentre i confessionali resteranno sempre aperti affinché a tutti sia possibile accostarsi ai sacramenti. Ad assicurare l’accoglienza dei pellegrini provvedono oltre millecinquecento volontari laici, soprattutto giovani. Non mancano i seminaristi e le religiose. Circa trecento ragazzi del movimento scout provvedono alla distribuzione gratuita del pane e del mate, tipica bevanda argentina. A loro volta gli studenti delle scuole cattoliche argentine si prodigano nell’organizzazione e nell’animazione dei momenti di preghiera e di attesa. Negli anni il santuario di San Cayetano è divenuto anche un punto di riferimento per quanti vivono situazioni di difficoltà. Non mancano le mense e i centri di raccolta di medicinali e di vestiario che poi vengono distribuiti ai più poveri in tutta l’Argentina. È stato persino organizzato un piccolo ufficio di collocamento per cercare di dare una mano alle persone che stanno cercando un’occupazione.
Messa presieduta dal vescovo Marcello Semeraro
Castel Gandolfo ricorda Papa Montini Anche Castel Gandolfo ha ricordato martedì 6 agosto, l’anniversario della morte di Paolo VI, avvenuta tra l’altro proprio nella cittadina laziale, storicamente sede della residenza estiva dei Pontefici. La messa commemorativa è stata celebrata dal vescovo di Albano monsignor Marcello Semeraro. Nella sua omelia il presule ha voluto in qualche modo collegare la figura di Paolo VI con la Lumen fidei di Papa Francesco poiché «proprio la fede, ha notato, è stata la vera luce che ha illuminato tutta la vita di Montini». Per spiegarlo il vescovo si è soffermato su un episodio che egli ritiene emblematico in questo senso. Risale al 1963. Dal 5 agosto il Pontefice si era trasferito a Castel Gandolfo per trascorrere il periodo estivo. Nelle settimane seguenti visitò alcune cittadine dei colli: Albano, Genzano, Pavona. Proprio a Genzano, ha ricordato Semeraro, parlò della fede e la descrisse come luce. «Escluderla dalla propria vita, disse in quell’occasione, sarebbe come volersi privare della luce del sole, dell’aria per il respiro, del pane di cui si ha bisogno. E quindi aggiunse che “la nostra fede, carissimi, è necessaria, è necessaria. Senza la fede in Cristo la nostra vita non ha la sua vera interpretazione, il suo giusto epilogo”. E poi ancora che “la nostra fede è la nostra certezza, è la nostra base; è la nostra luce, il nostro conforto, la nostra speranza; sarà, domani, la nostra felicità”». L’espressione «“luce della fede” è ricorrente nell’eloquio di Paolo VI — ha notato il presule — ma qui vorremmo
solo ricordare alcune espressioni, che ci paiono vicine al magistero di Francesco quando nella Lumen fidei ricorda che la fede sa arricchire l’esistenza umana in tutte le sue dimensioni. Se, al contrario, “togliamo la fede in Dio dalle nostre città, si affievolirà la fiducia tra di noi, ci terremmo uniti soltanto per paura, e la stabilità sarebbe minacciata”». Quindi ha ricordato un discorso del 14 novembre 1973 nel quale Paolo VI «richiamò a gran voce la luce della fede: “La grande notte della negazione deve cessare, e il raggio pasquale del Signore, risorto, il lumen Christi del Sabato santo deve ridare senso al quadro oscuro della vita umana”. In quei giorni si riaccendevano luci di speranza per la soluzione dei conflitti nel Medio Oriente e nella Terra Santa. Erano però quelle piccole luci che si accendono e si spengono e oggi l’ansia per le perduranti tensioni è ulteriormente accresciuta». Tutto ciò per dire a noi «alunni della verità», di imparare ad ascoltare la voce di Cristo per aiutare lo spirito moderno «a uscire dall’oscurità in cui ora si trova», per aiutarlo «a superare lo stato d’incertezza metafisica nel quale oggi soffre e si disperde». Nulla è cambiato «ma tutto “è illuminato — sosteneva ancora Papa Montini — e ogni cosa mostra la sua forma, la sua posizione, i suoi colori, il suo scopo, il suo ordine”». E così «noi pensiamo — ha concluso con Paolo VI monsignor Semeraro — possa avvenire nello spirito dell’uomo moderno, se la luce della fede riappare dentro di lui».