MELT GENERATION
STORIE A COLORI
Vignetta di copertina Zerocalcare Vignetta quarta di copertina Alessio Spataro Foto Cesar David Nina Santos, Marco Caputi Testi Cristiana Cortesi, Alessandro Pera, Fabio Galati Prodotto finale del progetto Melt Generation, finanziato dalla Regione Lazio, nell’ambito dell’Avviso Pubblico “Fraternità: promozione di nuove frontiere per l’integrazione sociale”, realizzato da Rete Iside Onlus, patrocinato dal Municipio Roma VII, in collaborazione con il Centro di aggregazione B-Side e la Biblioteca Casa dei Bimbi. Roma Giugno 2015
INDICE
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PREFAZIONE
pag. 4
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IL CORSO DI FUMETTO
pag. 8
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IL CORSO DI AUTONARRAZIONE
pag. 16
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GLI INCONTRI ALLA BIBLIOTECA CASA DEI BIMBI CON I RAGAZZI/E DELLA 1B
pag. 20
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ISTRUZIONI PER L'ACQUISIZIONE DELLA CITTADINANZA pag. 26
PREFAZIONE
Il progetto MELT GENERATION - Storie a Colori, finanziato dalla Regione Lazio, nell’ambito dell’Avviso Pubblico “Fraternità: promozione di nuove frontiere per l’integrazione sociale”, realizzato da Rete Iside Onlus, in collaborazione con il Centro di aggregazione B-Side e la Biblioteca Casa dei Bimbi, e con il partenariato del Municipio Roma VII, promuove il protagonismo e i diritti dei giovani, in particolare dei ragazzi di seconda generazione. Le scuole, i parchi, i centri aggregativi della nostra città, ed in particolare delle sue periferie, sono attraversati da ragazzi e ragazze con storie e provenienze diverse, tanti immigrati ma soprattutto tanti figli di immigrati, ossia ragazzi delle seconde generazioni. Questi giovani non sono stati protagonisti della migrazione e del viaggio, molti erano piccoli per ricordarlo ma la maggior parte sono nati in Italia, solo da genitori non italiani. Queste “seconde generazioni” soffrono un vuoto legislativo che li classifica comunque come stranieri, eppure parlano benissimo la nostra lingua, hanno frequentato le nostre scuole ma non hanno gli stessi diritti. E in questo limbo anche la costruzione dell’identità, in una fase della vita delicata come l’adolescenza, diviene problematica. I materiali che troverete in questo opuscolo sono i prodotti di un articolato intervento realizzato nei primi sei mesi del 2015, svoltosi principalmente nel territorio del Municipio Roma VII, ed in particolare nei quartieri di Lamaro-Cinecittà, con alcune incursioni nei quartieri della città a più alta densità abitativa di cittadini migranti. Il Municipio Roma VII è da sempre caratterizzato da una attiva rete territoriale dedicata ai giovani (centri giovanili, biblioteche, associazioni) e una forte attenzione ai temi delle seconde generazioni a cui è dedicato il servizio della Civil Card, attivo da febbraio 2012, un “certificato di pre-cittadinanza” che raccoglie i dati storico anagrafici che facilita l’acquisizione della cittadinanza italiana. Tutte le attività proposte hanno perseguito l’obiettivo di far emergere e consolidare nei ragazzi/e di seconda generazione l’identità di italiani nati da stranieri, portatori di una cultura meticcia nata dall’incontro tra i racconti e i ricordi di una terra lontana mescolati all’esperienza della vita in Italia. Si è inoltre lavorato molto sulla costruzione di una comunità inclusiva ed accogliente, attraverso il coinvolgimento di numerosi ragazzi italiani, che sono stati sollecitati a conoscere e affrontare il tema della cittadinanza attraverso il punto di vista dell’altro. Le drammatiche vicende di Lampedusa e dei naufragi in mare dei profughi, avvenute durante lo svolgimento dei corsi, sono state occasione per affrontare il tema della migrazione, del viaggio, della ricerca di nuove speranze, ma soprattutto dell’accoglienza e delle legislazioni. È stato molto utile aver sempre lavorato su gruppi misti, sperimentando tutti in prima persona, operatori e ragazzi/e la “melt
generation”. Il lavoro prodotto ha consegnato a protagonisti una consapevolezza che rafforzerà processi di inclusione sociale di cui indirettamente beneficeranno anche le comunità di provenienza. Il cuore operativo del progetto sono stati due percorsi laboratoriali/corsi frequentati da un gruppo misto di ragazzi/e tra i 14 e 19 anni, che si sono tenuti nei locali del Centro Aggregativo Giovanile B-Side, sito in Via Messina, nel quartiere Lamaro, a Cinecittà. Il primo corso, tenuto dai fumettisti romani Alessio Spataro e Zerocalcareha portato alla realizzazione di vere e proprie storie, una delle quali interamente pubblicata in questo opuscolo e altre esposte nella mostra finale. Il secondo percorso laboratoriale, intitolato “Io mi racconto”, ha offerto ai ragazzi/e un’occasione per raccontare la loro storia, acquistando così una maggiore consapevolezza del proprio percorso e al tempo stesso offrendo la propria esperienza come contributo alla crescita della comunità. E’ stata un’operazione di scrittura e riscrittura, del senso e del significato della propria storia che non sempre le parole riescono contenere e a rappresentare e per questo motivo abbiamo lasciato la scelta del mezzo espressivo ai protagonisti, da qui è uscita una interessante produzione che trovate restituita nell’apposito capitolo di questo opuscolo. I corsi hanno riscosso un importante successo in termini di iscrizioni, che sono continuate ad arrivare anche ad attività avviate, e sono stati lo strumento attraverso il quale si è composto un gruppo di ragazzi/e in grado di riflettere sulle proprie diverse identità e che ha provato a costruire una narrazione delle differenze, con l’obiettivo ultimo di costruire una cittadinanza comune. Ai ragazzi/e di seconda generazione è stato dedicato inoltre un servizio specifico di orientamento per fornire loro le informazioni necessarie ad agire sui pochi diritti legali esercitabili, in particolare sulla possibilità di acquisire la cittadinanza italiana, procedura complessa che va attivata in un solo anno, tra i 18 e 19 anni. Tali incontri si sono svolti nel Centro di Aggregazione MaTeMù, nel quartiere Esquilino. Nell’ambito delle attività del corso di auto narrazione, sono stati organizzati degli incontri con due classi dell’IC Via Stabilini, nella Biblioteca Casa dei Bimbi, partner attivo del progetto. Tali incontri, seppur circoscritti, hanno costituito un momento qualificante dell’intero iter progettuale, nonché momenti emozionanti e coinvolgenti per tutta l’equipe. Quindi vi consigliamo di leggere la ricchezza del lavoro prodotto dai ragazzi della 1B! Questa piccola pubblicazione con difficoltà riesce a contenere la ricchezza della produzione di questo lungo e articolato intervento, crediamo di aver, nel nostro piccolo contribuito a costruire una cittadinanza comune, consapevole, attiva ed includente, per questo vogliamo ringraziare tutti coloro che con il loro impegno e la loro passione hanno contribuito.
Ci preme ringraziare innanzitutto l’equipe di progetto, composta da Cesar David Nina Santos, educatore di strada, i fumettisti Alessio Spataro e Michele Rech Zerocalcare, il nostro “Maestro di Parole” Alessandro Pera, l’avv. Gabriella Allegretta per il suo supporto legale, la responsabile del progetto Cristiana Cortesi, il supervisore Fabio Galati. Ringraziamo per il supporto tutti i partner istituzionali e non, quindi, oltre alla Regione Lazio finanziatrice del progetto, il Municipio Roma VII, Giovanna Scatena e tutto il personale della Casa dei Bimbi, Marco Caputi e tutti gli operatori della coop Diversamente. Quindi ringraziamo coloro che hanno attraversato un pezzetto della strada di questo progetto: Manuela Tittarelli e il Centro Famiglie di Villa Lais (in qualche modo accompagnatori del progetto), il Liceo Scientifico Teresa Gullace, dove è stata avviata una specifica attività di promozione che ha coinvolto 25 classi della scuola; il Centro Pronto Intervento Minori (C.P.I.M); il CIOFS/FB Centro Di Formazione Salesiana; Francesco Provenzano; il Centro Aggregativo Giovanile MaTeMù del Cies.
Roma, giugno 2015 Il Presidente della Rete Iside Onlus Giuseppe Pellegrini.
IL CORSO DI FUMETTO Come già descritto uno degli assi del progetto è stato un corso di fumetto per ragazzi/e tenuto da due affermati fumettisti romani Alessio Spataro e Zerocalcare. Il corso ha fornito gli strumenti formativi essenziali per realizzare graficamente una storia a fumetti breve (realistica o umoristica, autobiografica o inventata) che parli del tema delle seconde generazioni d’immigrati. Il corso di 28 ore, con incontri settimanali di due ore, ha visto la partecipazione seppur non sempre continua di 28 ragazzi/e ad ognuno dei quali ad inizio attività è stato fornito un piccolo kit del disegnatore costituito di pennarelli neri semplici, matite, una squadretta, alcuni fogli e un opuscolo esplicativo che illustrava gli accorgimenti grafici utilizzati dalle firme più all’avanguardia in Europa nei settori del fumetto e fungeva anche da piccolo compendio delle tecniche del fumetto.
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Il corso è stato molto prolifico in termini di produzione di disegni, che per ragioni di spazio in questa pubblicazione, abbiamo accuratamente selezionato. Come annunciato ai partecipanti si è deciso di pubblicare per intero solo una storia, mentre ad altri ragazzi/e è stata data l’opportunità di pubblicare una vignetta che rappresenta il protagonista della loro storia. Tuttavia tutte le tavole realizzate nel corso delle lezioni saranno affisse durante l’evento finale in una mostra aperta al pubblico. Di seguito il fumetto selezionato per intero, a cura di Chiara Di Grazia e le immagini dei protagonisti delle storie di altri partecipanti al corso.
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Matilda Graglia
Andrea Buzzi
Mirko Mangiapelo
Sabrina Scansani
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IL CORSO DI AUTONARRAZIONE Il laboratorio si è articolato in dodici incontri di due ore, svolti nel Centro Aggregativo B-side, in parte in strada, soprattutto durante la fase dedicata alle riprese. Il Laboratorio Io mi racconto ha rappresentato un’occasione per gli adolescenti e per i ragazzi/e per raccontare la loro storia, acquistando così una maggiore consapevolezza del proprio percorso e al tempo stesso offrendo la propria esperienza come contributo alla crescita della comunità. È un’operazione di scrittura e riscrittura del senso e del significato della propria storia che non sempre le parole riescono contenere e a rappresentare e per questo
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motivo abbiamo lasciato la scelta del mezzo espressivo ai protagonisti. Dopo alcuni incontri dedicati alle tecniche di comunicazione e di auto narrazione, i ragazzi sono stati accompagnati nell’esplorazione dei linguaggi più adatti alla loro specifica storia (la scrittura, il video, la musica, le immagini). Il laboratorio è stato facilitato da un esperto di scrittura creativa, Alessandro Pera, e da un animatore e tecnico video, Cesar Nina. I ragazzi stessi si sono orientati verso la costruzione di un prodotto unitario, realizzato tutti insieme, piuttosto che per una autonarrazione individuale. Sulla base di questa scelta condivisa è stato prodotto un video dal titolo Death match, dedicato con leggerezza e ironia al tema della morte; il filmato è al tempo stesso uno spaccato delle vite dei giovani oggi a Roma, crocevia di culture e di opportunità, terra di incontri. Alla realizzazione del video hanno contribuito molto ragazzi di seconda generazione e tutti insieme hanno costruito le diverse fasi, dall’ideazione, alla stesura del soggetto e della sceneggiatura, alla scenografia, alle riprese, interpretando loro stessi tutti i ruoli, eseguendo le riprese, scegliendo le musiche, portando avanti la post produzione. Si ringraziano in particolare per il loro eccezionale contributo Lia, Sabrina, Alessandro, Christopher, Daniel, David e Gabriele. Il cortometraggio sarà proiettato nel corso degli eventi finali del progetto, sarà pubblicato sul web e sui social network, mentre di seguito trovate il soggetto frutto del lavoro dei ragazzi/e del laboratorio.
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Death match Il cortometraggio dei ragazzi/e del laboratorio “Io mi racconto” Jason ha circa venti anni, sua madre è italiana e suo padre è brasiliano; non è molto soddisfatto della sua vita, fa un lavoro che non lo entusiasma, è annoiato, confuso, e anche la sua vita sentimentale non lo soddisfa. Un giorno, alla fermata dell’autobus, incontra Lorenzo che a differenza di lui è allegro e ciarliero e lo circonda con la sua vitalità. Mentre stanno alla fermata a chiacchierare, Jason vede due strani personaggi, uno che sembra quasi un fantasma, l’altro un ragazzo vestito in maniera stravagante e visibilmente malato o in difficoltà. Jason percepisce che il “fantasma” forse non è visibile per tutti, è un’apparizione riservata a lui. Quando salgono sull’autobus, nota che il ragazzo che accompagnava il fantasma si accascia sull’asfalto, come se stesse per morire. Nei giorni seguenti Jason si convince che il fantasma sia la morte stessa, che lo segue e lo perseguita. È spaventato, cerca di evitarla, si mischia tra la folla ma la morte appare sempre dietro di lui. La maggior parte delle persone non vedono nulla e lui si convince di essere segnato, che la sua morte è imminente. Nel suo girovagare per la città incontra altre persone che vedono la morte e si confida con loro. Ognuno reagisce in modo diverso, chi con terrore, chi con indifferenza o superficialità, chi con pacata tristezza. Con alcuni Jason affronta un dialogo.
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Jason si immerge nella vitalità della città e si trova attratto per reazione da situazioni di festa, di musica e di vitalità. Alla fine Jason reagisce e affronta di petto la sua avversaria: la consapevolezza di dover morire, la visione della morte stessa, gli donano un’energia che non sospettava di avere. E con questa rinnovata attenzione, gustando minuto per minuto, affronta i suoi giorni.
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GLI INCONTRI ALLA BIBLIOTECA CASA DEI BIMBI CON I RAGAZZI/E DELLA 1B 20
Nell’ambito delle attività progettuali sono stati organizzati degli incontri con due classi dell’IC Via Stabilini, una prima media e una quinta elementare, in un progetto di continuità. Gli incontri si sono svolti nella Biblioteca Casa dei Bimbi, con la partecipazione attiva del personale della Biblioteca e sono stati momenti emozionanti e significativi. Gli operatori del progetto hanno proposto delle attività, dei giochi e delle simulazioni per favorire nei bambini/e e nei ragazzi/e una riflessione sulla globalizzazione, sull’incontro e lo scambio di culture, sull’inclusione e la solidarietà, sulle difficoltà che i ragazzi/e nati in Italia da genitori stranieri devono affrontare per acquisire la cittadinanza italiana al compimento del diciottesimo anno di età. Nel primo incontro ai ragazzi/e della 1B è stata proposta la narrazione orale di una storia particolare, Mimmo, una storia non di Natale. Il racconto ha coinvolto ed emozionato i ragazzi e le ragazze; la storia ha un finale aperto, i ragazzi sono stati invitati anche sulla base delle riflessioni e dei percorsi avviati in Biblioteca a completare con la loro fantasia la storia di Mimmo e di Miriam e soprattutto del loro bambino (o bambina). I ragazzi/e hanno risposto con calore e competenza alla sollecitazione, producendo in una sola settimana delle bellissime storie, che partendo da una diversità affrontano ed attraversano tanti temi, dall’amicizia, all’amore, alla difficoltà di integrazione. Vista la ricchezza del lavoro svolto abbiamo deciso di pubblicare per intero le storie elaborate dai ragazzi/e della 1B in un libretto a parte che è stato consegnato alla classe nel corso dell’incontro con i genitori nell’ultimo giorno di scuola. In questa pubblicazione invece abbiamo valutato più opportuno realizzare un collage, estrapolando alcune frasi da ogni elaborato dei ragazzi/e, per restituire in poche pagine la forza e la ricchezza del lavoro prodotto.
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Mimmo, una storia non di Natale Stralci dai racconti dei ragazzi/e
C’era una volta un signore di nome Mohammed ma lui preferiva farsi chiamare Mimmo, e una signora di nome Miriam. Erano stranieri e convivevano insieme, abitavano in un villaggio. Un giorno, decisero di sposarsi mentre stavano nel bel mezzo della guerra. Mimmo lavorava la legna, era molto esperto, e Miriam raccoglieva e coltivava i pomodori. Miriam un giorno si accorse che era incinta e allora tutti vollero festeggiare. Loro cominciarono a mettersi i soldi da parte e avevano già qualche pezzo da 20, 50 e 100 euro. Mimmo il giorno dopo venne chiamato al telefono per un lavoro a Roma, in un’azienda e per loro era una vera fortuna. Corse subito da Miriam a comunicarle la notizia e lei disse di andare subito a Roma. Presero i risparmi e partirono col treno. Arrivati a Roma, andarono alla ricerca di un albergo, ma non si trovava niente e avevano pochi soldi. Entrarono in un albergo dove gli chiesero 350 euro a notte ma era troppo, allora andarono subito alla ricerca di un casale o agriturismo, ma era tutto pieno. A un certo punto Miriam si sente un forte dolore e questo era il segno che doveva partorire. Per strada un signore le disse di andare in un prato con un po’ di capanne in riva al fiume e le spiegò la strada. Appena arrivati lì, c’era una piccola capannina dove si posarono per dormire. Mimmo voleva andare a cercare un dottore, ma Miriam le disse di stringerle la mano e, a un certo punto, nacque una femminuccia. Lei era felicissima e lui aveva paura; la chiamarono Fortunata, la ricoprirono con una copertina e tutta la gente del posto le portò pannolini, giochi, coperte e cibo. La capanna era piena di cose. di G.F.
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La nascita di Afef (un bambino dalla pelle olivastra, sereno e visibilmente straniero) è stata una gioia per tutti, sia per Mimmo e Miriam, che per tutto il quartiere. di M.D.G. Afef e la sua famiglia vivono in una capanna vicino al fiume. La capanna è interamente costruita in legno e coperta di tegole. L’interno è messo peggio dell’esterno perché è tutto polveroso e ci sono molti oggetti in disordine. Oltre a questi difetti ci sono molti pericoli come i chiodi che escono dalle pareti e le crepe sul pavimento e sul tetto. La capanna non ha tutte le comodità di una casa. di A.D.I. Fin dalla mia nascita non ebbi mai una vita facile come tutti i miei amici, ma una vita dura e piena di imprese, soprattutto nei miei primi venti anni di vita, nei quali non ero cittadino italiano pur vivendo in Italia. Nato in una baracca, i miei genitori, anch’essi stranieri, mi chiamarono Afef. Mio padre lavorava in un’azienda dove fabbricava mobili, mentre mia mamma faceva la baby-sitter. Io purtroppo non andai all’asilo, dato che costava troppo, quindi mia madre mi portava con sé al lavoro. di F.C. Afef è un bambino di quasi un giorno, di una grandezza di circa 2 mani. Il piccolo ha i capelli neri, occhi verdi e il labbro inferiore della bocca un po’ largo. Lui è anche grassottello ed è sempre nelle mani della madre Miriam. Qualche mese dopo, Afef e i suoi genitori, trovarono una casa nella quale Afef fece il suo primo passo. Per la gioia i genitori si misero a piangere, ma qualche istante dopo si sentirono due paroline emanate da una vocina piccolina: «mamma e papà». di M.F. ... Jennifer ebbe 18 anni. La prima cosa che fece, dopo una festa, fu quella di diventare italiana. Fece i bagagli e partì per la Francia per rivedere Angela e mostrarle i vestiti che, nel frattempo, aveva cucito e fatto di stoffa. Ad Angela piacquero moltissimo e consigliò a Jennifer di diventare una stilista. Infatti, dopo l’Università, lo diventò. di L.C. Afef era un ragazzo dalla pelle olivastra, aveva dei capelli color nero come la cenere e folti, gli occhi erano marroni e si vestiva con colori abbastanza tenui (maglietta verde, pantaloni marroni chiari e mocassini). All’età di sei anni ha iniziato le elementari e i primi giorni sono stati difficili perché alcuni bambini lo prendevano in giro per il suo aspetto straniero. Poi passati un paio di mesi, arrivò un bambino di nome Ravi che era indiano, così non si sentì più solo. I genitori erano molto felici perché non vedevano più il loro bambino tornare a casa piangendo e cercavano di fare di tutto per non fargli mancare niente, nonostante il padre non avesse preso quel posto di lavoro. Ma comunque aveva trovato un lavoro part-time per tirare su la sua famiglia. di A.F. Afef a 5 anni comincia ad andare alla scuola materna, ma come il padre viene preso in giro per il suo strano nome, così decide di chiamarsi Alex. Dopo qualche giorno i suoi compagni non lo prendono più in giro, ma anzi, è diventato il loro migliore amico. Vive ancora nella baracca vicino a quelli
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del “Milan-Lecce” e si trova anche molto bene. I suoi genitori, Mohamed, soprannominato “Mimmo” e sua madre Miriam sperano che diventi un ragazzo-calciatore della Juventus. di F.S. Il primo giorno di scuola, Xuan era felicissimo di indossare la sua divisa, costituita da una maglietta di color giallo, perché gli donava molto e perché era il suo colore preferito. Infatti, questo colore metteva in risalto i suoi capelli lisci e folti di color nero corvino e anche i suoi occhi erano di color nero con la classica forma a mandorla. Tutto sembrava andare bene ma, arrivati in classe, nessun bambino voleva sedersi vicino a lui, perché lo vedevano diverso. di M.P. … arriva un nuovo ragazzo di nome Luca; a Jasmin piace molto, ma non è una semplice cotta, le piace come non le è mai piaciuto nessuno. Luca si avvicina a Jasmin per chiederle informazioni sui libri, sulle lezioni e altro ancora. Jasmin arrossisce e scappa via. Un giorno per caso Luca viene a sapere che a Jasmin piace molto. Intanto Jasmin si trova al mare e vede delle persone che fanno surf e anche lei se ne appassiona molto e pensa: «ora… ora ho capito, voglio diventare una surfista professionista». Come il suo grande idolo Bhettany Hamilton. di G.C. ... una volta finita questa scuola, all’età’ di 18 anni decise di andare a lavorare con il padre; però lui si dimenticò di chiedere la cittadinanza italiana e allora l’Italia dovette rimandarlo nel paese d’origine del padre. Però lì c’era una guerra che non terminava mai. Compiuti i 20 anni, Afef morì per colpa della guerra. Il padre credette che il figlio era vivo e che fosse sbarcato sulle coste della Grecia, ma purtroppo non fu così. di G.L. All’età di diciotto anni, visto che pensava che fosse ormai pronto, doveva andare in Serie A, ma prima Afef doveva firmare per la cittadinanza italiana, altrimenti doveva tornare al suo paese d’origine. Gli diede una mano la società sportiva per firmare la cittadinanza. In questo modo Afef aveva realizzato il suo sogno, quello di essere un calciatore. di S.F. Era bravissimo e felice finché, all’età di diciassette anni e nove mesi dovette andare a giocare in una squadra estera: il Barcellona. Ci andò, e giocò li per ben due mesi, finché a Mohamed e alla moglie non arrivò un messaggio dal loro figlio: «mamma, papà, il governo Italiano mi ha mandato una lettera; se non torno in Italia entro di dieci giorni, rischio di non poterci tornare più!». I genitori, letto il messaggio, si affrettarono ad andarlo a prendere con la loro macchina attraversando l’Italia e la Francia e impiegando dodici ore. Arrivati in Spagna, raggiunsero la Catalogna, e infine Barcellona. Lo trovarono lì, al campo di allenamento seduto, con la testa bassa. Quando li vide gli chiese di tornare a Roma, ci arrivarono in diciassette ore; appena in tempo, perché lo sportello “cittadinanza Italiana” stava per chiudere. Franco prese la cittadinanza, ritornò a giocare alla Roma e divenne un grande campione. di F.P.
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Dopo qualche giorno Marco chiamò Afef dicendogli che era diventato un cittadino italiano, Afef gli fece dei complimenti ma si ricordò che lui non aveva ancora fatto la richiesta e andò a farla. Per fortuna era ancora in tempo e tornato a casa, chiamò Marco e lo ringraziò, perché se non ci fosse stato lui se ne sarebbe dovuto andare via dall’Italia. di G.M. Andò al comune e presentò un mucchio di fogli. Dopo qualche mese era diventato italiano e ne era molto felice. All’età di vent’anni prese la laurea in fisica e fece una grande festa con i parenti e tutti gli amici. Afef divenne un ricercatore molto importante per le sue scoperte e di questo ringraziò sempre l’Italia. di S.M. Con i soldi guadagnati, pensa di fare una vacanza in Egitto con i genitori per festeggiare la sua laurea. Così Abdul, per la prima volta, vede le piramidi, la Sfinge, i sarcofagi e tutti i monumenti del Cairo. Tre mesi prima del suo compleanno, decide di sposarsi con una ragazza egiziana che si chiama Kashmir e in viaggio di nozze vanno in Madagascar, dove scoprono tutti i segreti della giungla. Tornati a Roma, Abdul fa vedere a Kashmir il Colosseo, i Fori Imperiali, il Circo Massimo e tutti i monumenti di Roma Antica, e così vivranno insieme felici per tutta la vita. di E.C.
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ISTRUZIONI PER L’ACQUISIZIONE DELLA CITTADINANZA a cura di Avv. Gabriella Allegretta
COME FARE DAI 18 AI 19 ANNI – IN COMUNE Chi nasce in Italia da genitori stranieri mantiene la cittadinanza dei genitori fino al compimento dalla maggiore età. Può diventare cittadino italiano attraverso una “corsia preferenziale”, ma ha solo un anno di tempo per poterne usufruire. La L. 91 del 1992, all’art. 4 co. 2, stabilisce che “lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diventa cittadino italiano se dichiara di voler acquistare la cittadinanza Italia entro un anno della suddetta data”. Ciò vuol dire che il cittadino straniero nato in Italia e sempre regolarmente residente, può chiedere la cittadinanza italiana tra i 18 e i 19 anni, presentandosi all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza, con una semplice dichiarazione di volontà da rendere all’Ufficiale di Stato Civile entro il compimento del diciannovesimo anno di età. L’Ufficio di Stato Civile, verificati i requisiti, procederà all’iscrizione del nuovo cittadino nei registri anagrafici solo dopo il giuramento di fedeltà alla repubblica italiana. Documenti da presentare: Ricevuta del pagamento del contributo pari a € 200 sul c.c. 809020 intestato al Ministero dell’Interno; passaporto in corso di validità; copia integrale dell’atto di nascita del richiedente; permesso di soggiorno: in caso di periodi di interruzione nel titolo di soggiorno, il richiedente potrà presentare documenti che possono verificare la sua presenza ininterrotta in Italia (es. certificazione scolastica, medica e altro); certificato storico di residenza. In caso di iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un Comune italiano occorre presentare una documentazione che certifica la permanenza del minore in Italia nel periodo precedente la registrazione anagrafica (es. certificati medici).
Il periodo di residenza legale deve essere dimostrato sin dalla nascita in Italia, tramite il certificato storico di iscrizione che rilascia l’anagrafe e il possesso del permesso di soggiorno. Spesso accade che i genitori non hanno provveduto a iscrivere all’anagrafe i figli nati in Italia oppure hanno chiesto in ritardo l’inserimento nel proprio permesso di soggiorno. Verrebbe a mancare, quindi, il requisito della residenza legale ininterrotta dalla nascita al compimento della maggiore età, pregiudicando il diritto alla presentazione della domanda.
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COME FARE DOPO I 19 ANNI – IN PREFETTURA Se superati i diciannove anni il cittadino straniero nato in Italia non ha “presentato la dichiarazione di volontà” al Comune, non potrà chiedere la cittadinanza italiana per “beneficio di legge” ma dovrà seguire un’altra procedura. Potrà richiedere la cittadinanza dopo 3 anni di residenza legale in base all’art. 9, comma 1, lett. a) della Legge 91/92. La domanda deve essere presentata presso la Prefettura di residenza compilando il modulo B e allegando la documentazione richiesta in originale e fotocopia. Rimane sempre la condizione di essere nato in Italia e dimostrare il possesso di un reddito non inferiore a 8.500 euro circa per anno, negli ultimi 3 anni prima della presentazione della domanda. Si tenga presente che il reddito di riferimento è quello del nucleo familiare. Quindi se si tratta di uno studente basterà dimostrare il reddito dei genitori.
Documenti da presentare: Ricevuta del pagamento del contributo pari a € 200 sul c.c. 809020 intestato al Ministero dell’Interno; passaporto in corso di validità; copia integrale dell’atto di nascita del richiedente; permesso di soggiorno: in caso di periodi di interruzione nel titolo di soggiorno, il richiedente potrà presentare documentazione attestante comunque la presenza in Italia (es. certificazione scolastica, medica e altro); certificato storico di residenza. In caso di iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un Comune italiano occorre presentare una documentazione che attesti la permanenza del minore in Italia nel periodo antecedente la regolarizzazione anagrafica (es. certificati medici).
In caso di esito favorevole, la Prefettura invia una notifica all’interessato entro 90 giorni dalla ricezione del decreto di cittadinanza da parte dell’Autorità. Una volta che l’interessato ha il decreto in mano, deve presentarsi al Comune di residenza, entro 6 mesi dalla notifica, per prestare il giuramento di fedeltà alla Repubblica come previsto dall’art. 10 della legge sulla cittadinanza.
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