liana, stanno crescendo mediamente del 19 per cento e tutto il mondo dei viaggi sta diminuendo del 22: vuol dire che c’è un gap forte sulle agenzie, quelle “fisiche” ovviamente.
Sono d’accordo con lei: il turismo è suggestione, non è neanche un prodotto, è un servizio, è totalmente immateriale ed è per questo che va su Internet Il materiale a scelta è di pura frui-
zione perché è un servizio: non viene a casa uno con un telefono piuttosto che con un microfono. E’ chiaro che la qualità del servizio conta molto ed è molto materiale. Questo mi sembra evidente.
Marco BROGNA Facoltà di Economia Università di Roma “La Sapienza” Invito a parlare Vittorio Marsiglio dell’Intercontinental Travel, ma mi dicono che è andato via. Vorrei che a questo punto intervenisse un operatore: un albergatore piuttosto che un responsabile di un tour operator. Vorrei farle una domanda specifica, secca. Da una ricerca piuttosto recente si ricava che attualmente esistono due tipologie di operatori in
Italia: di fronte alla crisi vi è colui il quale la mattina si mette al tavolo e legge il giornale dicendo: “Non ho lavoro; questa è la situazione, che devo fare?” e chi, invece, cerca in qualche modo di trovare una soluzione, di percorrere sempre strade nuove. La domanda è: lei, da che parte si schiera? Un’altra domanda che viene subito ad aggiungersi è: cosa ne pensa del
rischio, della tendenza a voler aggiustare il rapporto qualità-prezzo, che si dice tra i principali limiti della ricettività italiana e romana in particolare, lavorando solo sul prezzo; quindi del rischio di un prezzo al ribasso, senza invece lavorare sulla qualità, cioè raggiungere una performance ottimale riducendo i costi delle camere?”
Andrea CINOSI Responsabile Commerciale “Iperclub” Non ci siamo messi d’accordo in realtà, ma le domande calzano veramente a pennello, la prima in particolare, permettendomi di condividere con voi un piano di sviluppo d’impresa che abbiamo iniziato due anni fa e che adesso ci vede lanciare sul mercato un nuovo prodotto. Relativamente alla prima domanda, noi facciamo parte della seconda casistica, quella degli operatori che hanno assunto - ed hanno proposto al mercato - un ruolo assolutamente proattivo; senza nascondere nulla, siamo coloro che hanno cercato di
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accorciare la filiera del turismo, tant’è che da quattordici anni ci proponiamo come fornitori di soluzioni promozionali per aziende che vogliono incentivare oppure premiare i collaboratori dipendenti tramite buoni-vacanza. Abbiamo, cioè, fatto un ragionamento diverso, ricorrendo ad un nuovo modo per commercializzare, promuovere e distribuire il prodotto turistico attraverso le promozioni. Per dare qualche dato, venti milioni di italiani hanno in tasca una tessera-punti. Concorsi, collezionamenti, raccolte punti
sono forme di promozione molto sentite nel nostro Paese e noi siamo tra i principali fornitori di premi per grandi, piccole e medie aziende. L’iniziativa – che, ripeto, portiamo avanti da quattordici anni - ci ha permesso di testare un nuovo sistema di fare impresa, basato proprio sulla proattività: noi distribuiamo il prodotto turistico non attraverso le agenzie (ovvero fino a ieri non attraverso le agenzie) ma tramite una rete vendita di consulenti turistici – quindi il nostro è anche un nuovo modo di intendere la
professionalità di chi opera in questo settore – i quali, laddove si tratti di fornitura di vacanze, si recano a casa delle persone oppure portano direttamente in azienda i loro prodotti. Si può dunque affermare che la filosofia della proattività è parte del nostro DNA; in particolare, siamo allineatissimi con il titolo di questa sessione: “Uniti contro la crisi”, in quanto stiamo proponendo da pochi mesi (dal 30 di gennaio) un sistema di collezionamento chiamato Iperclub Travel Card, che mira a fondare un’alleanza tra 10 mila aziende, 2000 agenzie di viaggio e un bacino di circa 5 milioni di consumatori. Spiego come funziona. Il consumatore che decide di concentrare i propri acquisti in una rosa di aziende presenti in tutta Italia – lo stiamo costruendo, è un network commerciale che va dalla palestra alla pizzeria, all’erboristeria, al gommista e quant’altro - viene omaggiato di punti-vacanza, che gli daranno diritto a prenotare un soggiorno per ferie all’estero oppure in Italia, dal portale del commercio e del turismo made in Italy (è il nome che abbiamo scelto) raggiungibile all’indirizzo www.iperclub.it. In questa maniera permettiamo di creare un circuito virtuoso tra tutti gli operatori economici. Il consumatore concentra appunto i suoi acquisti in questi negozi, senza cambiare le proprie abitudini di consumo, ma soltanto stando attento a dove acquista e costruisce la propria vacanza durante tutto il
corso dell’anno: questo è un discorso che sviluppa il concetto della destagionalizzazione del prodotto turistico e quant’altro. Per darvi dei numeri, vi informo che in due mesi abbiamo associato cento agenzie di viaggio alle quali non prospettiamo soltanto uno strumento, ma proponendoci noi stessi come fornitori di strumenti, diamo in uso un sistema che permette finalmente anche alle agenzie di fare quello che finora non hanno potuto, ovvero di costruire un database clienti per comunicare con essi attraverso una piattaforma integrata che consente di inviare sms ed email, quindi delle offerte profilate in base ai loro gusti ed esigenze. E’ quello che dicevamo a proposito delle grandi aziende e delle multinazionali del largo consumo, che fanno questo da anni, ma da tale punto di vista il settore del turismo è ancora alquanto indietro. Iperclub Travel Card, dunque, rappresenta un nuovo modo, una nuova filosofia basata sulle tecnologie informatiche; nel nostro logo appare Iperclub Tourism & Marketing 2.0 appunto perché ci riconduciamo a questa filosofia della condivisione, della partecipazione. Il consumatore, di fatto, deve arrivare a potersi muovere online e offline, noi anzi vogliamo portarlo dall’online all’offline, creare un’unione fra questi due mondi. Ecco, ho voluto tracciare una panoramica anche per contestualizzare il mio intervento. In merito alla seconda domanda,
che verteva sul rischio di riqualificare la proposta turistica in termini di qualità-prezzo, posso dire che noi abbiamo fatto da tempo la scelta di intervenire sulla filiera della distribuzione, sul modo di creare il prodotto turistico: infatti adottiamo un sistema che si chiama “Vuoto per pieno” in cui il rischio d’impresa è piuttosto alto, ne facciamo volumi importanti, costruiamo un magazzino-prodotto che ci permette di spuntare un prezzo molto aggressivo in fase di vendita e di ripresentarci sul mercato in maniera molto competitiva dando la possibilità ai nostri soci, vale a dire a coloro che fanno parte di questo sistema, di prenotare dei soggiorni con dei costi molto ridotti. Questo che vi ho portato è solo un esempio contestualizzato alla nostra realtà; di fatto, personalmente sono anche fondatore di Assolowcost, l’associazione delle grandi imprese che si occupano di low cost e riconducendomi a quello che diceva il collega Fagiani poco fa, aggiungo che sicuramente il low cost, nato un bel po’ di anni fa, permette di commercializzare dei prodotti non necessariamente di qualità bassa: questi rientrano nel low price, che è tutto un altro mondo. Low cost permette di commercializzare prodotti di qualità a prezzi competitivi. Anche noi per certi aspetti ci siamo regolati così da anni e sicuramente continueremo su questa linea, vista la domanda. Lascio la parola alla collega perché sviluppi questo concetto.
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Diana RUSSO Titolare del Ristorante “Navona Notte” Sono un’imprenditrice nel campo della ristorazione: la mia attività riguarda ristoranti al centro di Roma e bar. Vorrei rispondere al dottor Pergi – che non vedo più in sala, tra l’altro – il quale si chiedeva come mai il 95 per cento dei ragazzi che frequentano la scuola alberghiera e si preparano per diventare cuochi, finiscano poi per non svolgere questo lavoro: ma viene detto, a questi ragazzi, che dovranno lavorare il sabato, la domenica e le altre feste? Che la loro attività non si contiene nelle 6,40 ore? Che guadagneranno, sì, molto di più di quel che è scritto sulla busta paga – non meno! – ma che dovranno sacrificare la loro vita? Nei master, viene detto questo? Ritengo di no. Chi si rivolge a me per cercare lavoro e presenta un curriculum di tutto rispetto riguardo alle scuole frequentate, scappa quando si sente dire qual è l’orario di lavoro che lo aspetta. I nostri lavoratori sono extracomunitari: ringraziamo Dio che ci sono, altrimenti le nostre attività sarebbero chiuse almeno al 50 per cento. Per quanto riguarda, invece, la qualità/prezzo - devo dire che qui io mi sento un po’ un pesce fuor d’acqua essendo abituata a stare sempre in prima linea, cioè alla cassa ora dell’uno ora dell’altro dei miei ristoranti e curando di mandarli avanti proprio come si faceva una volta – sapete che la qualità incide pochissimo sul prezzo finale? Nell’uso di un olio di semi o di un olio extra-vergine c’è una differenza talmente minima, che
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mi fa inorridire il pensiero che non venga usato l’extra-vergine. Si badi che io parlo di grandi numeri, perché uno dei miei due ristoranti fa grandi numeri! Lavoro con la ristorazione, ma col turismo: non ho mai speso un soldo per quel che riguarda la pubblicità, però i clienti che vengono da me, con un foglio scaricato da Web2.0 – non conosco questo linguaggio, non so neanche se si dica così – mi parlano di quello che altri clienti hanno mangiato da noi, della qualità e del prezzo che io faccio pagare: dieci euro. Mi domandano: cosa dà loro, il cartone? No, io do la qualità. Alcuni gestori di ristoranti vicino a me (pseudoristoranti, perché con la liberalizzazione seguita alla legge Bersani, servono solo cibo congelato; io, in uno solo dei miei locali ho dodici persone a lavorare, quasi nessuno italiano, purtroppo, per le ragioni che dicevo prima: tuttavia è come se lo fossero ormai, dopo vent’anni che lavorano per me) espongono il menu con i loro congelati a prezzi più alti di quelli che pratico io, vendendo materia prima fresca e tenendo impegnate in cucina tre persone che sudano per spadellare continuamente amatriciane, carbonare, cacio e pepe a decine! Tutto questo non mi sembra giusto, compresa la concorrenza su base di prodotti congelati diffusi ormai anche nei bar (che sotto questo aspetto si potrebbero chiamare “ristoranti”): lo trovo indecente, soprattutto perché così viene esportata nel mondo la
mancanza di qualità. Possibile che la gente debba fermarsi per sbaglio in un posto dove è scritto “ristorante”, ma che non ha cucina, dove si mangiano prodotti congelati? Possono anche essere gustosi, questi cibi, non voglio affermare il contrario, però i clienti hanno assoluto diritto di sapere che tipo di cibi mangeranno, anche perché si deve evitare che le persone tornino nei loro paesi dicendo: a Roma abbiamo mangiato male. Io mi vergogno! Mi vergogno! (Applausi).Sono la proprietaria del Navona notte, della Danesina, del Bar Tacito e del Bar Visconti. Abbiamo solamente prodotti freschi, con uno staff che cucina alla carta e non adopera sugo pronto: non so come faccia, ma la sua dedizione è notevole. Faccio presente che da noi si paga veramente poco e si mangia bene. Questa è la pura verità, altrimenti non la proclamerei ad una platea di addetti al settore. Io mi rifiutavo, fino a poco tempo fa di servire l’acqua della fontana a quelle persone che spendevano otto euro in due per mangiare non alimenti cotti nel microonde, ma cucinati dal cuoco e serviti di tutto punto a tavola dal cameriere. Perché, oltre a questa serie di prestazioni e al menu a basso prezzo, avrei dovuto mettere in campo anche brocca e bicchiere, oggetti in più da lavare? Ricorrevo, quindi, ad un’escamotage: dicevo che l’acqua del rubinetto non offriva le stesse garanzie di quella minerale. Sono stata punita…
Tommaso TANZILLI Direttore Generale di Federalberghi Roma Quando parlo di piccole e medie imprese, non intendo tanto una grandezza, quanto riferirmi al grado di evoluzione imprenditoriale. Poi può essere anche un grande sotto il profilo dei numeri. Questo non significa – come diceva in modo provocatorio Marco Borgna poco fa – che si abbia piacere se chiude il nostro vicino; anzi, c’è da dire che – e questo probabilmente Roma lo ha dimostrato negli ultimi anni – gli imprenditori romani sono stati abbastanza avveduti e non hanno fatto quell’opera di lobby come è acca-
duto altrove. Cito un dato oggettivo per tutti, che non offende nessuno: la chiusura della ricettività a Firenze è un provvedimento che ha danneggiato gli albergatori stessi, i quali avevano pensato di ricavarne un loro vantaggio chiudendo all’apertura di nuove strutture e invece ha finito per alimentare il mercimonio delle camere che gli alberghi si scambiavano l’uno con l’altro per potersi ingrandire ed aprire altre strutture. In questo territorio abbiamo fatto esattamente il contrario, abbiamo ali-
mentato e addirittura agevolato, con leggi regionali - non a caso, nell’altro intervento, citavo la legge regionale n.20 del 1997 – e atti amministrativi soprattutto del Comune di Roma, l’apertura di nuove strutture o l’ampliamento delle strutture esistenti. Prendo dunque la provocazione come tale, che sicuramente può essere estesa all’albergatore medio italiano, ribadendo che questo territorio ha probabilmente dimostrato un pizzico di evoluzione in più rispetto alla media.
Marco BROGNA Facoltà di Economia Università di Roma “La Sapienza” Ti ringrazio, Tommaso: allora siamo ancora amici! Chiedo ora a Marco Sperapani di FAITA Federcamping
Lazio, una realtà turistica senza dubbio importante - anche per Roma nonostante che essa abbia
enormi difficoltà da questo punto di vista – un intervento su questa tematica.
muove 2.700.000 presenze, equivalenti all’ 8,50 per cento. Evidentemente, anche se si tratta di una forma ricettiva poco conosciuta, essa muove un notevole quantitativo di turisti. Il nostro è un settore che presenta notevoli problemi, soprattutto strutturali e organizzativi. Devo dire che
questo nuovo regolamento sul turismo all’aria aperta dà alle imprese grandi possibilità di sviluppo tant’è che noi lo consideriamo, non tanto come un regolamento normativo, ma come uno strumento di sviluppo delle imprese; paradossalmente, infatti, abbiamo nel Lazio una notevole domanda, ma non riusciamo
Marco SPERAPANI FAITA Federcamping Lazio Io vorrei rappresentare il punto di vista di un settore forse non molto conosciuto: è il secondo settore di forma turistica ricettiva in Italia, con oltre 62 milioni di presenze all’anno. Il Lazio, con 120 imprese – parliamo di una percentuale bassissima, intorno al 2 per cento, sulle 6000 imprese ricettive esistenti –
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parallelamente a determinare un’offerta. Cito solamente un esempio: in Italia c’è un problema con l’installazione delle case mobili, cioè di quelle strutture su ruote che normalmente vengono paragonate alle roulottes; per un problema urbanistico, non è possibile inserirle. Molte regioni, tra cui finalmente la Regione Lazio, hanno potuto inserire una norma che, equiparando le case mobili con altre strutture di questo tipo, ha reso ciò fattibile. Per tanti anni i nostri imprenditori, vergognandosi di dire ai clienti stranieri che non era consentito installare le case mobili nel campeggio, adoperavano come motivazione che quest’ultimo era pieno. Francia, Inghilterra, Olanda e tutte le altre realtà europee, hanno già da anni, anzi da decenni, installato le case mobili e quindi recepiscono una domanda esistente. Altro problema grave che noi abbiamo è l’impossibilità di dar vita a nuove imprese. Noi saremmo contenti di aumentare le nostre imprese, ma da oltre quarant’anni, nessun comune ha mai apportato una variante al piano regolatore; tutte le varianti che sono state fatte hanno riguardato imprese esistenti. Abbiamo dovuto far reinserire nel regolamento regionale una norma transitoria che pure era attiva dalla legge n.59 del 1985, perché nessun comune aveva adempiuto a quella norma. Noi ci troviamo ancora,
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dopo oltre quarant’ anni, con campeggi operanti e non inseriti nel piano regolatore, risultanti perciò ancora aree di verde pubblico; e quando noi veniamo contattati da sindaci che vorrebbero inserire nei loro territori una nuova realtà turistica all’aria aperta, siamo costretti a spiegar loro che la prima cosa da fare nella loro qualità di amministratori, è quella di apportare una variante al piano regolatore. Risultato: dopo aver preso un caffè, ci salutano. Questo è un limite strutturale: in Francia ci sono novemila campeggi, in Inghilterra, mi sembra, dodicimila, in Italia soltanto 2.400, 2.500! Si tratta di un limite importante. Ripeto, una domanda c’è; l’Associazione ha sempre supportato le nuove iniziative, ma ci scontriamo continuamente con delle realtà negative. Abbiamo purtroppo casi, relativamente a comuni che non cito, che tentano di approvare piani regolatori, piani campeggi, ma non contattano neppure l’Associazione. A volte, quindi, c’è anche un problema di rappresentatività. Noi spesso cerchiamo di incentivare le imprese non solo ad associarsi, ma anche a partecipare fattivamente alle attività dell’Associazione, cosa che di fatto accade, per esempio, quando si provvede alla stesura di un nuovo regolamento. Cerchiamo anche sempre di spiegare che cos’è il turismo all’aria aperta, che non è
più solamente la tenda o la roulotte, ma sono spazi verdi, case mobili, e dove il prezzo non incide più assolutamente nella scelta di un turismo di questo tipo; fino a quindici anni fa, forse sì, ma oggi si decide di andare in una struttura ad aria aperta se vi sono case mobili, servizi per l’infanzia (anche per la prima infanzia), spazi verdi e se viene assicurato il rispetto dell’ambiente; molto spesso, infatti, i campeggi vengono accusati di scempi ambientali! A questo proposito c’è però da dire che, se questo in alcuni casi accade, per la maggior parte delle aziende l’ambiente rappresenta la prima componente del processo produttivo delle aziende stesse: andando a deteriorare l’ambiente, si deteriora sostanzialmente anche l’azienda. Sarebbe come se un albergo distruggesse le sue camere! Se un’azienda non tiene in considerazione l’ambiente, il cliente che avesse scelto il campeggio per assicurarsi una modalità di vacanza in un ambiente riservato, deciderebbe di non tornarvi più.
Marco BROGNA Facoltà di Economia Università di Roma “La Sapienza” Per restare in un campo simile, chiedo al dottor Francesco Maria Olivieri, segretario delle ACLI Roma, di parlarci del ruolo delle associazioni nel turismo sociale, di un set-
tore, cioè, considerato fino a pochissimo tempo fa una forma di turismo povero, ma oggi non più necessariamente tale e anzi in crescita, e di dirci in particolare se gli stru-
menti dei quali abbiamo parlato nel corso del pomeriggio debbano considerarsi utili, se non indispensabili, anche all’interno di questa realtà turistica.
rienza di associazione opera in tanti campi e, tra questi, anche nel turismo sociale dove è vero che storicamente si è partiti dal concetto di un turismo povero, fruito da gruppi particolari come potevano essere gli anziani o i gruppi giovanili senza grandi risorse economiche perché ancora nella fase degli studi; però, da queste categorie che faticavano a trovare i soldi per andare in vacanza, negli ultimi anni si è passati via via ad una nuova realtà in cui il turismo sociale ha visto affacciarsi tante altre persone, anche quelle che nelle epoche trascorse non erano poi così povere. Questo fenomeno si è verificato in quanto il turismo sociale ha dato delle risposte – in termini di destinazioni e, anche, di organizzazione - a delle necessità dei turisti, necessità che si sono evidenziate anche a questo tavolo. Il turismo, infatti, è un’esperienza per poter avere la quale è anche necessario condividerla; spesso, nel turismo sociale, l’organizzatore del viaggio si coinvolge in prima
persona viaggiando a sua volta con il gruppo e vivendo anche l’esperienza degli altri. E’ chiaro che cercherà, sì, di spuntare dei prezzi favorevoli, ma lo farà scegliendo degli alberghi che hanno un determinato livello di qualità, oppure delle case per ferie dalla ricettività tradizionalmente più orientata verso il turismo sociale; nello stesso tempo cercherà quei ristoranti che, in determinate realtà, possano assicurare la tipicità dei prodotti. Il fenomeno sta crescendo: l’ISNART ha presentato, un mese fa, il primo rapporto sul turismo sociale, quantificando anche le vacanze organizzate nell’ambito di questo settore, in 1.400.000 nell’anno 2007 (con un’incidenza a livello di nazione di circa il 4 e mezzo per cento). C’è, peraltro, anche il rischio che questo vada a coprire una parte di un turismo sommerso, in qualche modo nascosto, rischio legato alle sue stesse caratteristiche ed organizzazione. Noi siamo convinti – e parlo non
Francesco Maria OLIVIERI Segretario delle ACLI di Roma Comincio con una riflessione che deriva soprattutto dai risultati della discussione odierna, non soltanto da quello che pensavo potesse costituire una parte del mio intervento. Emerge sempre di più il fatto che il turismo è un bene relazionale, che si compone ormai di varie parti: una parte immateriale – qualcuno ha detto prima, invisibile – ma che è sempre di più una necessità, anche di socialità perché il turista viaggia, incontra. Quindi è un bene che, fino a qualche anno fa, era diventato indispensabile nel paniere dei beni di una famiglia, di una persona. Il rischio della crisi attuale è che, per una parte di queste famiglie e di queste persone, questo turismo potrebbe essere non più possibile, la soddisfazione di questo bene potrebbe venir meno; e ciò potrebbe accadere perché effettivamente, in una situazione di difficoltà generale, certi beni che non sono immediatamente riconducibili a delle necessità vengono tagliati. Di questo ci stiamo accorgendo dato che la nostra espe-
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solo dal punto di vista di un’associazione che opera nel turismo sociale, ma di organismo che intercetta i bisogni delle famiglie – che alcune volte si corra il pericolo di perdere il polso del Paese reale, cioè (noi lo vediamo attraverso i nostri sportelli di patronato, di CAF e quant’altro) di non sapersi rappresentare proprio la situazione di quei nuclei che, pur avendo difficoltà ad arrivare a fine mese, non vorrebbero togliersi la vacanza: infatti, alcune nostre realtà sono entrate in contatto con agenzie di viaggio che offrivano i buoni-vacanza, proprio per valutare una risposta di questo tipo. Siamo altresì convinti che tutto il sistema possa crescere - queste stesse famiglie, infatti, sono i lavoratori dell’albergo, i dipendenti di un’agenzia di viaggio – quindi che si possa anche partire da questo tipo di esperienza perché ha delle buone pratiche che possono essere condivise. Consideriamo, ad esempio, lo strumento del gruppo: esso consente di veicolare l’informazione in modo veloce; Internet è sicura-
mente un veicolo fondamentale per la prenotazione delle vacanze, che si può fare in modo veloce cercando di assicurarsi il prezzo dell’albergo minore nel periodo minore e regolandosi nello stesso modo per il viaggio aereo. C’è una parte della popolazione che non lo usa, però l’informazione deve arrivare e noi siamo convinti che il canale, il gruppo è un ottimo strumento di veicolazione dell’informazione; infatti i nostri CTA stanno utilizzando molto Internet per organizzare i viaggi. Tra gli altri punti sui quali stiamo lavorando, convinti che sia utile continuare ad impegnarsi in tal senso, c’è il discorso della qualità, innanzitutto interna nostra come dirigenti di organizzazioni che dobbiamo essere continuamente formati sulle nuove tecnologie, sulle nuove possibilità, e che si traduca in formazione di tutto il settore: infatti, anche in un periodo di crisi, un turismo di qualità si fa con operatori tutti di qualità, una qualità che deve essere percepita e fatta percepire al
cliente in un’ottica globale di valore. Questo tipo di strategia è anche quello di considerare il nostro territorio: perché non può esservi, in nessun territorio, turismo internazionale – quello che porta soldi – senza turismo domestico. Turismo domestico vuol dire: cominciamo a far viaggiare le nostre persone. Questo è il nostro obiettivo. I nostri CTA, quelli di Roma, fanno viaggiare anche nel resto del Lazio, consentono di poter dormire negli agriturismi di tutto il territorio laziale. Noi siamo convinti che sia questo il primo veicolo di comunicazione. Infine, un’attenzione particolare va data, sempre in quest’ottica, agli immigrati in quanto essi costituiscono ormai una parte importante della nostra popolazione e non solo lavorano, ma cominciano anche a far venire persone ed essi stessi a viaggiare preparandosi in tal modo a divenire un potenziale, ottimo veicolo d’informazione nell’ottica del turismo internazionale.
Marco BROGNA Facoltà di Economia Università di Roma “La Sapienza” Ringrazio il dottor Olivieri. Vuoi vedere che un’associazione, che nasce con scopi e confini sociali, possa in qualche modo certificare la qualità di un prodotto e garantire quel rapporto qualità-prezzo di cui tanto si
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parla? E’ ovvio, parliamo di nicchie particolari, di richieste particolari, di numeri, non elevatissimi, comunque interessanti, però mi domando: vuoi vedere che questo possa accadere?
Ha chiesto la parola il dottor Flavio Sesto, un giovane ricercatore della Facoltà di Economia a La Sapienza, per una riflessione.
Flavio SESTO Ricercatore presso l’Università di Roma “La Sapienza” Il mio sarà un intervento abbastanza semplice. Essendo cresciuto nell’epoca del personaggio Fantozzi, desidererei non finire nella stessa maniera. Mi spiego meglio: dopo circa venti volte che Fantozzi fu costretto a vedere la corazzata Potiomkin, egli riuscì ad immobilizzare chi lo aveva costretto a vederla e disse liberamente che cosa pensava del film. Io non vorrei fare la stessa fine riferendomi al futuro Ministero per il turismo, che ritengo una soluzione sbagliata in partenza; in primo luogo, perché, se tutto va bene, rappresenterebbe una soluzione vecchia di vent’anni (forse quindici, se facciamo riferimento al referendum); poi, ci sono anche le questioni di turismo-competitività, argomento della tavola rotonda. Competitività significa competere, gareggiare, col risultato di vincere o perdere, comunque essendo equipaggiati per poter fare questo. Abbiamo visto che ormai gli elementi sui quali bisogna essere equipaggiati sono moltissimi: dal
Web2.0 ai ristoranti ed alle attività del centro, che sono parte integrante, se non sostanziale, del turismo. Una prima domanda: alla fine, il turismo che cos’è? Perché, se il turismo è Internet, Web2.0, ristoranti, albergatori, agenzie di viaggio e tutto il resto, come si possono far coesistere tutte queste istanze assolutamente differenti e divergenti? Come si può, realmente, fare sistema? Inoltre, si dice sempre che il turismo è assolutamente trasversale; questo è vero, lo dimostra anche questo tavolo: però, come si portano avanti queste istanze? Ci sono i ministeri che già hanno compiti in campi ben precisi: attività produttiva, sviluppo economico, trasporti ed altro. Secondo me, riferendosi di nuovo alla competitività, bisognerebbe rivolgersi a due elementi chiave: il primo è quello della mobilità, che in Italia e verso l’Italia funziona male e, in molti casi, non funziona. Proviamo quindi a dare risposte in questa direzione: ci sarebbe già un ministero apposito,
quello delle infrastrutture. Ci sono, peraltro, progetti europei di costruzione di infrastrutture ad alta velocità e alta capacità: l’esempio di Freccia Rossa lo rende ormai evidente. Abbiamo poi un elemento molto forte, che spesso ci invidiano: il made in Italy, che in parte costituisce già il nostro Ministero per il turismo in giro per il mondo. Probabilmente, quindi, una soluzione differente sarebbe di pensare ad un ministero che si occupi in maniera specifica di mobilità made in Italy piuttosto che di politica del turismo (solo il nome mi fa venire la confusione poiché non riesco a capire di cosa debba realmente occuparsi). Che si occupino, invece, di turismo, i vari ministeri appositi: cioè quasi tutti. Ripeto, il turismo è un elemento molto importante – lo abbiamo visto anche al Globe e in altre tavole rotonde – che produce oltre il 10 per cento del PIL ed ha almeno due milioni di addetti. Secondo me, il Ministero del Turismo non s’ha da fare. Lascio a voi le riflessioni.
Cristina COMPAGNO Titolare dell’agenzia di viaggio “Elly Travel” Sono titolare sia di una piccola agenzia di viaggio, quindi un piccolo operatore. Sono nel settore da venticinque anni, i primi venti come dipendente, gli ultimi cinque, lan-
ciata:, in bene o in male ma comunque sempre in prima linea come titolare. Ho partecipato a questo appuntamento, attratta proprio dalla tematica in oggetto, cioè la prima
rivoluzione del mercato turistico, perché la mia scelta di aprire quest’azienda è nata dal fatto di aver studiato che cosa si verificava dentro e fuori dal mercato.
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Dopo aver passato tante notti su Internet – visto che parliamo di questo strumento meraviglioso - per capire cosa si poteva realizzare di diverso e, possibilmente, di nuovo rispetto a quanto in Italia si sia fatto finora, ho scoperto il filone del turismo naturalistico, dell’eco-turismo, del turismo sostenibile - un argomento assolutamente poco trattato – decidendo di approfondire questo segmento. E’ una strada difficilissima, dura, poco promossa. Come al solito, ci ritroviamo a parlare di promozione: purtroppo, non ci sono né conoscenza né promozione del territorio. Prendiamo in esame il Lazio, dove noi abbiamo un consistente prodotto per quanto riguarda il turismo scolastico. Secondo me, è proprio sulle generazioni nuove che bisogna lavorare molto, anche in riferimento all’aggancio fra tematica ed educazione ambientale: un discorso assolutamente interessante da sviluppare e da promuovere. Logicamente, nel territorio – all’interno di Roma stessa – abbiamo delle aree protette; ne abbiamo an-
che fuori, in tutta la regione e in tutta Italia. Il turismo classico si può abbinare senza difficoltà al turismo naturalistico; ci stiamo infatti accorgendo che la domanda è presente in abbondanza, anche da parte degli adulti oltre che da quella dei ragazzi. I ragazzi debbono essere molto spronati dalle scuole e, anche in questo campo, occorrerà affrontare un notevole lavoro di informazione da svolgere con gli insegnanti, i quali continuano a proporre le solite gite che tutti conosciamo a memoria. In realtà si possono benissimo abbinare le visite culturali a Roma o a Firenze a delle soluzioni complementari, non dico alternative, che diano una immagine anche diversa. Qui torniamo ai nuovi protagonisti della domanda: infatti, la richiesta c’è, ma bisogna logicamente andarla a cercare e proporre un prodotto interessante, anche competitivo ed innovativo in quanto si tratta di offrire lo stesso territorio in una forma diversa, prospettando anche le moltissime realtà che ancora non
conosciamo. Noi ci stiamo muovendo in questa direzione, aprendo alla visita della Tuscia come di altre zone fra le centomila che si possono scoprire in Italia: da quelle costiere alle montane, dai laghi alle località termali. Collaboriamo anche con le università, inserendo gli studenti, col ruolo di accompagnatori nelle nostre iniziative e preparandoli attraverso corsi di biologia, zoologia e molte altre tematiche che curiamo di cucire insieme in funzione del prodotto; infatti, parlare di turismo naturalistico significa introdurre programmi legati alla conoscenza dei fossili, delle farfalle, dei fenomeni marini eccetera, vale a dire temi specifici, utili per illustrare i caratteri dei diversi territori e calibrati sulla formazione scientifica di guide appositamente formate. Il ritorno di questo progetto è già interessante, anche se si tratta ancora di un turismo di nicchia sul quale continuare a far convergere il lavoro di tutti e l’attenzione delle istituzioni, fattori necessari per un allargamento del settore.
di una ulteriore serie di interventi da parte di Aeroporti di Roma, Alitalia, ADR ed anche di esperienze locali; tra queste, vi saranno quelle dei GAL, i gruppi di azione locale, a proposito di turismo ambientale ec-
cetera. Come AtLazio abbiamo promosso le iniziative dei GAL, in particolare per quanto riguarda i percorsi che privilegiano la Tuscia romana piuttosto che la Valle dell’Aniene o il versante laziale del
Marco MISISCHIA AT LAZIO Prima di passare la parola al nostro ospite, una brevissima replica, solo per dire che noi dell’AtLazio abbiamo molto lavorato e che dalle 9,30 in poi di domani – per chi potrà e vorrà – vi sarà la possibilità di fruire
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Parco Nazionale dell’Abruzzo. I percorsi che sono stati messi su un navigatore satellitare, un prodotto molto interessante realizzato a cura di Touring Club e che io personal-
mente ho proposto a Hertz, il principale servizio di noleggio internazionale, offrendolo peraltro anche a coloro che vengono con i bus operator tedeschi dalla Germania e dai
mercati di lingua tedesca. Com’è evidente, noi non lavoriamo soltanto per Roma, ma anche per una serie di destinazioni che non sono minori affatto, sono soltanto diverse.
pello, comunque, alle persone che si adoperano per un discorso di qualità, come la signora o quegli studenti che lavorano per la formazione nel settore turistico, in cui io stesso mi sono specializzato quattro anni fa. Mi fa piacere constatare che vi sono nuovi attori che stanno entrando nel mondo del turismo dalla porta d’ingresso principale, cercando di specializzarsi e di aggiornarsi sui servizi Internet come il Web2.0 e sulle tante tecnologie rivelatesi valide per raggiungere ed aggredire quella nicchia di turismo, che dal punto di vista turistico spesso cerca su motori di ricerca come Google l’Italia. Se non vado errato, però, Google nasce come un risponditore, non come motore di ricerca, nel senso che se cerchiamo sotto la voce “mare Italia”, escono tutte le proposte correlate. Non mi sono mai interrogato sulla figura del potenziale utente, vale a dire che non mi sono posto il problema del tipo di persona da “aggredire”. Quando parliamo di dover aggredire nuovi mercati, nuovi tar-
get, lo facciamo senza sapere esattamente che cosa questi vogliano, non siamo consapevoli se stiamo agendo bene o procurando un danno alla nostra struttura e al nostro territorio. E’ una domanda a cui io stesso non so rispondere, come non so dire perché dovrebbero scegliere me; è la stessa domanda che incontrerebbe l’incertezza di qualsiasi tipo di operatore! Mi dispiace che oggi vi siano più rappresentanti di associazioni, istituzioni ed enti che non operatori; tolta la signora, ve ne saranno forse due-tre e magari qualcuno in rappresentanza degli operatori, mentre avrei gradito ascoltare più che altro qualche loro intervento al fine di ricavarne le precise esigenze di addetti al mondo del turismo. Questo mio intervento ha dunque lo scopo anzitutto di ringraziare tutti per le opportunità di dibattito offerte, soprattutto l’ATLazio che ha organizzato questo primo incontro ed è encomiabile per gli sforzi che sta facendo con l’osservatorio: ho saputo che sta anche organizzando un sistema di ricerca per l’imple-
Gianfranco AZZOLA Twiss di Terracina Quella che rappresento è una società di ricerche e sviluppo nel settore marketing turistico. E’ la prima volta che partecipo ad una tavola rotonda, quindi quello di oggi rappresenta per me un evento particolare; prima di me ha partecipato un collega. Non dico che la giornata di oggi mi abbia deluso, perché tutti gli interventi sono stati molto interessanti e propositivi, però desidero osservare che si è parlato esclusivamente – correggetemi se sbaglio – di Roma, non delle altre città del Lazio: queste vivono in qualche modo di riflesso. In quanto a quelle che possono essere le competitività delle destinazioni, ho sentito soltanto qualche intervento all’inizio, che non è stato ripreso nel prosieguo. Questo mi porta a dire che uno dei grandi problemi che abbiamo in Italia – e soprattutto nella mia zona, il Sud pontino – è che il turismo è stato sempre visto come una sorta di lavoro di ripiego nel quale buttarsi senza molta riflessione o consapevolezza e senza la cognizione di quanta professionalità esso richieda. Debbo fare tanto di cap-
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mentazione delle analisi dei dati statistici, che l’APT oramai, andando a scomparire, non fornisce più. Soprattutto vorrei richiamare alla necessità di rivestirci, un po’ tutti, di umiltà per arrivare a capire che l’Italia è rimasta sempre il Bel Paese, ma da uno dei primi posti che occupava, a livello di scelta sul piano mondiale, è scesa adesso tra gli ul-
timi venti. Questa è la domanda più grande che dobbiamo farci: come possiamo risalire? Occorre toglierci quel velo di presunzione di essere comunque attori di un mercato italiano sempre preminente ed iniziare a dotarci un po’ di più della qualità dell’ ospitalità. L’Italia – scusate, forse vi apparirò un provocatore – è abbastanza inospitale, oltre
ad essere cara. Chi in Russia cercasse informazioni in Internet, alla voce “mare”, troverebbe che l’Italia è la più cara tra le realtà del SudEuropa. Che quanto ho detto serva da campanello d’allarme un po’ per tutti: era anche questo il senso del mio discorso. Mi scuso se vi ho rubato altri cinque minuti. Grazie per la disponibilità.
Marco BROGNA Facoltà di Economia Università di Roma “La Sapienza” Considerando il numero delle persone rimaste intorno al tavolo, si capisce che stiamo chiudendo. Vorrei comunque lasciare la chiusura al
dottor Marco Misischia nella sua qualità di padrone di casa, ringraziandolo per il grande lavoro che ha svolto e che sta continuando a
portare avanti da un po’ di tempo all’interno di questa struttura.
che ha parlato poco fa) e dei rappresentanti di categoria. Ve ne cito alcuni: Vannini Scatoli, presidente della Commissione Turismo del Comune di Roma, Claudio Nannocci delle Pro Loco, Mauro Picarilla, Assoturismo, la Confesercenti di Viterbo, Cesare Pambianchi, Roberto Laiata di Confindustria Lazio. Avremo moltissimi operatori prove-
nienti dalle altre province e godremo dei contributi da parte di consiglieri comunali e regionali, mentre in chiusura interverrà Pietro Marrazzo nella sua qualità di Presidente della Regione Lazio e quindi di “padrone di casa” . Vi ringrazio ancora.
Marco MISISCHIA AT LAZIO Desidero soltanto salutarvi e ringraziarvi della pazienza dimostrata durante le lunghe ore passate insieme; spero che siano state produttive e vi invito a venirci a trovare anche domani - stessa ora (dalle 9,30 in poi), stessa sede - per profittare dei tanti interessantissimi interventi che vi saranno, soprattutto da parte degli operatori (per rispondere all’ospite
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GRUPPO DI LAVORO VI Giovedi’ 16 aprile 2009 IL PUNTO DI VISTA DEI TURISTI
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Abbiamo quattro aree di indagine principali, che stiamo seguendo con il Governo e con alcune regioni: la prima riguarda la congiuntura. Come sapete, i dati Istat arrivano con un certo ritardo e noi, invece che operare in maniera censuaria, come la Spagna, la Francia e altri Paesi operiamo immediatamente in maniera statistica, quindi campioniamo e intervistiamo, per cui mediamente 20 o 25 giorni dopo la fine del periodo (si tratta di trimestri) conosciamo i dati della congiuntura. Una seconda area di analisi è quella degli italiani e una terza riguarda i tour operator esteri, cioè la domanda estera organizzata. In particolare, li intervistiamo una volta all’anno per capire quali evoluzioni si registrano. Ne cito una, tra le tante: nell’80-90 per cento dei casi in cui il turista entra in Italia, esce e non ha comprato “Italia” o l’ha comprata al 40 per cento. Quindi il bilancio di questi tour operator è fatto di un 40 per cento. Questi segni sono chiari e ci sono fattori di miglioramento. Infine – è questa la quarta ed ultima indagine che svolgiamo - campioniamo l’Italia, i prodotti, le regioni e, attraverso interviste sul campo con il turista, ne rileviamo la spesa, la soddisfazione, eccetera.
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A questo punto, direi di darci alcune regole di lavoro: se siete d’accordo, cerchiamo di non fare interventi lunghi, al termine dei quali possiamo fare un riassunto. Direi di partire dal documento che abbiamo predisposto e che offre alcune tendenze, alcune caratteristiche. Inizierei scorrendo le parti del documento che abbiamo evidenziato. Innanzitutto dalle analisi svolte sono emersi cinque o sei argomenti, il primo dei quali riguarda le principali scelte degli italiani che vanno in vacanza, curato dal gruppo “Il punto di vista del turista”. A mio avviso, nessuno può gestire se non sa misurare, quindi partirei dai dati più recenti che abbiamo rilevato relativi al 2008 che derivano da 17.500 interviste agli italiani e da 14.000 interviste ai turisti che espongono il loro punto di vista, o almeno io lo leggo come tale, anche se poi sicuramente va interpretato. Quindi, come dicevo, iniziamo dalle scelte degli italiani che vanno in vacanza in Italia e nel Lazio. Relax, bellezze naturali, divertimenti e beni culturali muovono gran parte degli italiani che scelgono il Lazio per trascorrere un soggiorno turistico (nel documento sono riportate le percentuali della regione rispetto all’Italia, un dato molto significa-
tivo). Nella prima tabella sono indicate le principali motivazioni della vacanza, mentre nella seconda vi sono i canali di influenza. Anche in questo settore nel Lazio, l’esperienza personale e il passaparola sono i principali argomenti: sottolineo l’informazione su Internet, che in tre anni, è passata dal 3 per cento al 18 per cento di influenza; si tratta, quindi, del passaparola dei social network, attraverso i quali le persone, pur non conoscendosi, si scambiano esperienze. Le attività svolte dai turisti italiani riguardano la cultura, lo shopping, le escursioni. Anche qui il Lazio è fortemente spostato verso le visite ai musei e ai siti di interesse archeologico, rispetto all’Italia (11 per cento). In una interruzione si fa osservare che la motivazione della scelta del Lazio è che si tratta del posto ideale per riposarsi, però poi ci sono visite ai musei e shopping. Ebbene, in primo luogo sono indicate le aspettative e poi che cosa in effetti si è fatto, anche per vedere la differenza tra quello che viene chiesto e quello che poi si fa. Circa le scelte degli italiani all’estero, nel Lazio non c’è una grande differenza (come c’è in Italia). Gli italiani che vanno in vacanza all’estero sono principal-
mente spinti dalla curiosità e dal patrimonio naturalistico ed ambientale dei paesi visitati. Determinante è la convenienza economica (21 per cento). Anche qui sono indicate le motivazioni: bellezze naturali, desiderio di vedere un posto nuovo, prezzi convenienti ed anche diverse attività, come le visite ai musei, alle bellezze naturalistiche, a monumenti e siti archeologici. E’ anche indicato un dato interessante: gli italiani, quando vanno all’estero, vanno a vedere i musei, che però in Italia visitano molto meno (tre volte meno). Nel Lazio, invece, non è così, c’è uno standard. Un altro capitolo è quello degli stranieri che vengono nel Lazio ed in Italia. Nell’immaginario collettivo – abbiamo tantissimo da recuperare, come emerge dai dati – questa Regione è una destinazione ideale in cui rilassarsi, trascorrere vacanze a contatto con la natura, all’insegna del divertimento, esplorare località sconosciute e fare vacanze culturali. Un quarto dei turisti stranieri l’ha scelta in base alle informazioni su Internet; tre su dieci conoscono il territorio e la scelgono perché consigliati da amici o parenti: è questa una delle motivazioni principali. Circa l’attività svolta, nella maggior parte dei casi visitano monumenti: il 63 per cento, con un distacco netto dal resto dell’Italia (ciò significa che almeno hanno provato a
fare la fila fuori dal Colosseo). Che voto ci assegnano italiani e stranieri? Le variabili che intervengono nella soddisfazione per un soggiorno turistico sono principalmente legate all’ospitalità, alla popolazione locale e alla qualità del mangiare e bere - aspetti molto importanti dai quali emergono spunti interessanti – e ancor più che l’accoglienza, le strutture ricettive e di intrattenimento. Mentre gli italiani sono più attenti alle carenze di organizzazione del territorio, gli stranieri rilevano e sono più attenti all’ambiente. Per il soggiorno, in una scala da uno a dieci, ci assegnano 7,3 nel Lazio, contro 7,7 in Italia, quindi una votazione più bassa rispetto a quella nazionale, probabilmente influenzata dall’ambiente e dal traffico. Alcuni fattori concorrono più che altro alla soddisfazione dei turisti soggiornanti nel Lazio e sono gli stessi apprezzati maggiormente nella destinazione Italia: la qualità della nostra enogastronomia, la cortesia e l’accoglienza delle persone, l’accoglienza ricevuta nelle strutture di alloggio. Per contro, fattori come il traffico – questi sono gli aspetti rilevati oggi anche dal vicesindaco, nel suo discorso - l’inquinamento, la carenza di organizzazione abbassano il punteggio. Non ci assegnano 2, ci danno la sufficienza, perché comunque siamo bravi. Circa le informazioni ai turisti, vi è
un tale caos di comunicazioni in Italia da non lasciare spazio ad un minimo di coerenza o continuità. A proposito dei comportamenti dei turisti, quasi l’80 per cento di coloro che soggiornano nel Lazio consuma i pasti in ristoranti e pizzerie, mentre quasi il 30 per cento va in bar o pasticceria. Acquistano souvenir 8 turisti su 10 e prodotti tipici 3 turisti su 10. Tra le quote di spesa del paniere di beni e servizi ai turisti, vi sono anche l’attività ricreativa e culturale (7 turisti su 10), le visite guidate, il cinema, le discoteche ed altri servizi di intrattenimento. Leggendo questi dati, si comprende che si usufruisce della “quotidianità”, mentre spesso diventano poco fruibili i beni. Oltre il 40 per cento dei turisti acquista servizi del mare e più di un quarto spende negli impianti sportivi. Questo è un quadro complessivo delle richieste del turista, delle attività che svolge, delle motivazioni che lo portano nel Lazio. Ribadisco che il nostro obiettivo è comprendere il punto di vista del turista, sul quale cedo la parola ai nostri ospiti.
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Carla BIZZARRI Ricercatrice dell’Università di Roma “La Sapienza” E’ molto interessante verificare che i turisti stranieri per circa il 25 per cento usufruiscono di bar e pasticcerie, mentre per quasi per l’80 per cento utilizzano i ristoranti. Si tratta di un dato molto significativo, anche perché gli italiani scelgono i bar per il 48 per cento e i ristoranti per il 74 per cento. Questo dato, che forse tra i tanti analizzati non è il più importante, è comunque rilevante perché fa comprendere che il turismo straniero in Italia, ed in particolare a Roma, costituisce una grande risorsa, che non viene capita. Infatti, i dati sottolineati e i giudizi che non superano il 7 e mezzo, massimo 7,9, fanno comprendere che offriamo una bassa qualità, aspetto questo che il turista straniero ricerca. La qualità nel servizio significa una diversificazione dei vari livelli.
Come dicevo, ho svolto una ricerca – della quale purtroppo non posso mostrarvi le proiezioni – dalla quale emerge con grande enfasi che i turisti stranieri spendono e vogliono spendere (potrebbero spendere anche 500 euro a notte): allora perché non lo consentiamo loro? A Roma dobbiamo minimizzare quella che viene chiamata la “rendita del turista”. Mi sono recata circa dieci anni fa in America, dove mi hanno fatto salire su un battello e mi hanno detto che mi avrebbero mostrato la cosa più interessante che avevano: una villa del 1900. Io mi sono messa a ridere. Per mostrarmela, mi hanno fatto pagare un biglietto per il battello ed uno per la villa dove vi era anche un duty free shop. Mi chiedo allora perché noi non offriamo que-
sto al turista straniero, il quale chiede qualità. Se spende tanto nei ristoranti vuol dire che vuole spendere e noi non glielo permettiamo non offrendogli la qualità. In realtà, i turisti, ad esempio, vogliono evitare le file e avere vie privilegiate: mi riferisco soprattutto a coloro che vengono dalla Cina, dalla Russia e dal Giappone. Questi tre segmenti di mercato vanno abituati al lusso e alla qualità, mentre, pur portando risorse, forse sono stati abbandonati. Sappiamo bene che oggi il ragazzo che viene a Roma va al McDonald’s e spende un euro per un panino. Porta solo costi e sacrifici che i residenti devono sopportare (ad esempio, i costi della nettezza urbana). Cosa fare? Occorre offrire ai turisti la qualità e quindi farli spendere.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Qualità o opportunità?
Carla BIZZARRI Ricercatrice dell’Università di Roma “La Sapienza” Direi entrambe. I turisti chiedono servizi che noi non siamo in grado di garantire, per cui ci dobbiamo attrezzare adeguatamente. Si tratta di
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servizi in più, come la diversificazione dei percorsi culturali o altro, aspetti di cui si è sempre parlato ma che non sono stati realizzati. Ren-
diamoci conto che il 40 per cento dei turisti spende in servizi benessere, servizi di alta qualità.
Andrea DI LEO RICCIO Viaggi del Mappamondo T.O. Scorrendo i numeri della relazione, tra le motivazioni dei turisti stranieri, i prezzi convenienti incidono per il 10,8 per cento, una quota bassissima. Quindi si può dire non che siano propensi a spendere, ma che lo sono se hanno un servizio di qua-
lità. Il problema di competitività che ha oggi l’Italia è quello del rapporto qualità-prezzo. In Italia, i servizi sono scadenti ma si pagano di più rispetto alle altre destinazioni europee.
Vorrei capire come mai nella quota di turisti, tra le voci di spesa, i biglietti di musei e monumenti incidono solo per il 4,5 per cento, a fronte di un numero elevatissimo di stranieri che visitano i musei e i siti archeologici.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche osso citare un esempio. Tre anni fa, è stata avviata l’idea di misurare in termini di biglietti venduti le sette meraviglie del mondo. In realtà, abbiamo deciso di considerare il Colosseo, la Tour Eiffel e le Piramidi. Nella misurazione è risultata prima la Tour Eiffel, poi le Piramidi, infine il Colosseo. Ci si è domandati il motivo. Probabilmente – ma si trattava solo di uno studio sulle infrastrut-
ture, sulla distanza tra noi Francia e Spagna – perché (questa è un’interpretazione personale e non statistica) non si è stati a Parigi se non si è visitata la Torre Eiffel; non si è stati in Egitto se non si sono visitate le Piramidi e non si è stati a Roma se non si è passati davanti al Colosseo; chi vi è entrato (io ci sono stato con mio figlio) può testimoniare il sogno e l’emozione di essere all’interno di
un anfiteatro romano, nonostante il “Cicerone” in tasca spiegasse aspetti tecnici, come l’abside ed altro, che io traducevo per mio figlio. In questo modo, però, non facciamo sognare i visitatori, ma restiamo attaccati alla nostra scientificità e corriamo il rischio di perderne l’attenzione.
Infine, vorrei fare una provocazione rispetto ai voti assegnati dai turisti stranieri ai vari servizi. Anche noi siamo turisti e all’estero, nelle grandi capitali europee, facciamo rilievi ed osservazioni, spesso solo luoghi comuni. Io che ho a che fare con la clientela estera ricordo che fino a
qualche tempo fa i voti che venivano dati all’Italia per le bellezze e gli aspetti naturalistici superavano il 10, poi però riguardo ai trasporti, alla pulizia e alla fruibilità si scendeva sotto il 5. La media che ho letto nei dati che ci sono stati forniti mi sorprende positivamente.
Andrea DI LEO RICCIO Viaggi del Mappamondo T.O. Probabilmente occorre anche considerare che in molti siti archeologici non vi sono costi di ingresso, o sono minimi. Come sappiamo, in altri paesi vengono costruite cose incredibili intorno a quello che hanno, facendo pagare ingressi non di poco conto.
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Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Deve considerare la variazione.
Andrea DI LEO RICCIO Viaggi del Mappamondo T.O. Sì, però mi sorprende positivamente e sono convinto che per molti aspetti siamo sotto la sufficienza. Dagli studi e dalle analisi fatte sono emersi molti punti che richiedono
un intervento. Da questo punto di vista, è importante che lavorino tutti gli operatori del turismo, quelli istituzionali e l’imprenditoria, fino all’ultimo personaggio che guida il
taxi o fa il barista. E’ necessaria una presa di coscienza della necessità di recuperare l’accoglienza e l’ospitalità italiana.
Lorenzo GALLICO Responsabile Progetti e Comunicazione Desidero intanto fare un rilievo formale, ma non banale, nel senso che in questo convegno sul turismo organizzato dalla Regione quello relativo al turista rappresenta il quarto tavolo, sta in fondo, mentre dovrebbe essere, come in una piramide rovesciata, il primo. Intendo dire che la Conferenza della Regione sul turismo doveva mettere il turista al primo punto. D’altro canto i simboli hanno sempre un loro significato. Tutti noi abbiamo viaggiato nelle città italiane e all’estero e sappiamo che esiste il problema delle sorprese, l’ultima delle quali l’ho avuta recentemente a Parigi, dove, scendendo dall’aereo e andando a prendere i bagagli, insieme con altri viaggiatori, li ho trovati già pronti.
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Ho la fortuna di conoscere l’ex direttore dello scalo di Fiumicino al quale ho raccontato il fatto; mi ha detto che, quando era direttore, aveva inserito nel piano di investimenti l’innovazione per quanto riguarda il nastro trasportatore e l’azionista l’ha bocciata, perché il turista è sempre all’ultimo posto e non al primo. Faccio un ultimo riferimento alle esperienze estere. Mi reco spesso a Berlino, che mi sorprende ogni volta per i cambiamenti. Attualmente è la città più vivace d’Europa e offre sempre qualcosa in più, qualcosa di sorprendente; come avviene in un settore specifico nel quale il turista è al primo punto dell’agenda: mi riferisco alle località sciistiche, dove l’innovazione registrata sui ser-
vizi forniti è impressionante. In Alto Adige o in altri posti, questo aspetto colpisce nettamente; ciò avviene perché tutta l’economia locale è basata sul turismo e quindi vi si pone la massima attenzione. Guardando le tabelle, in particolare i giudizi, mi sorprende quello dato sul costo dei trasporti locali, perché notoriamente rispetto alle altre città europee tale costo è più basso: a Roma il biglietto costa 1 euro, a Berlino 2.10 e a Parigi 1.60. In Italia costano poco ma non funzionano. Il dato, comunque, mette allo stesso livello il traffico e le informazioni turistiche, che sono due cose diverse. Roma ha avuto un grande vantaggio in questi anni, quello di realizzare l’Auditorium e di “imporre” il pac-
chetto Auditorium a chi viene. Esso è pubblicizzato su tutte le strade consolari di Roma e nei posti più incredibili (a Torpignattara c’è l’indicazione dell’Auditorium, cioè anche dove non esiste il mercato); San Pietro non è altrettanto pubblicizzato, come non lo è il Colosseo. Non so perché questo sia avvenuto, però senz’altro evidenzia un deficit di segnaletica. Nella cartella che ci è stata fornita, emerge anche una grande carenza di informazioni: tutto il Lazio è paese e va benissimo, però il turista come arriva a Pomezia? E’ abbandonato a se stesso; l’unica soluzione è fare come il giapponese che arriva con il programma già definito punto per punto, ristorante per ristorante e strada per strada; ma per la gran
massa di turisti costituita anche dai giovani che si inventano i percorsi, la carenza di informazione appare evidente. La mia agenzia, per la metropolitana, ha predisposto un opuscoletto “metro per metro” che suggerisce come visitare Roma attraverso i siti vicini alle fermate, sulle cinque linee, A e B e le tre gestite dalla metro. A mio avviso qualcosa di analogo andrebbe fatto con Trenitalia e Cotral. Infine, desidero dire qualcosa sull’aeroporto di Viterbo. Non si può localizzare un aeroporto per equilibri politici, a prescindere dalle infrastrutture, dai collegamenti ed altro. Forse era giusto localizzarlo lì tecnicamente, rispetto all’Enac e ai condizionamenti tecnici che ha po-
sto, però poi vi è il problema dei collegamenti, nel senso che il turista che arriva da Liverpool con la Ryan Air a Viterbo, poi rimane lì abbandonato perché occorre un’ora e mezza per arrivare in città! Questi aspetti vanno pensati e realizzati fin dall’inizio, mentre noi lavoriamo a macchia di leopardo e non sulla base di un progetto, di un sistema predisposto prima. Forse, verrà realizzato l’aeroporto di Viterbo, ma io ritengo che si tratti solo di un’illusione. Tra l’altro Viterbo rientra fra le località che hanno avuto giudizi positivi non solo per il turismo culturale, ma anche per quello del benessere ed un aeroporto in quella zona potrebbe produrre gravi danni.
possibilità che erano molto più semplici (Frosinone e soprattutto Latina – non lo dico perché è la mia provincia, ma perché un aeroporto già c’era) non sono state scelte, perché spostare i militari sarebbe costato 50 milioni di euro. Potremmo chiederci come si sia arrivati a prevedere quel costo per spostare circa 60 persone e soprattutto perché invece si sia optato per Viterbo, con un costo previsto di miliardi di euro. Ho fatto un po’ di polemica per arrivare a Roma provincia: devo dire che
rimango male quando leggo lo slogan “Lazio provincia di Roma” ed anche quando leggo dati come quelli che ci sono stati presentati, perché le province sono qualcosa di diverso da Roma. Il turista che viene nelle province laziali, lo fa per motivazioni diverse, non paragonabili a quelle per cui viene a Roma, segue circuiti completamente differenti. L’idea di portare il turista a Roma per poi farlo arrivare alla provincia è un’illusione. I circuiti turistici a Roma spesso sono molto veloci: i turisti russi, cinesi, giappo-
Sergio RIENZO Twiss - Confindustria LT. Purtroppo, come in tante altre cose, non si sceglie di costruire l’aeroporto perché serve, ma perché fa comodo a qualche politico. L’aeroporto di Viterbo non si farà, ma si allargherà quello di Fiumicino perché la Benetton ha acquistato tutti i terreni intorno al comune. D’altro canto, Viterbo è l’unica scelta impossibile, perché per realizzarvi un aeroporto, bisogna costruire la ferrovia che costa un miliardo di euro e nessuno vuole farla, oppure la strada, che costa miliardi di euro e nessuno la farà. Le altre due
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nesi, seguono circuiti incredibili restando magari mezza giornata a Roma e mezza a Venezia; figuriamoci se vengono nella provincia! Invece è vero il contrario, cioè che possiamo portare a Roma il turista che viene nella provincia. E’ una sua scelta: alcuni lo fanno, ad altri non interessa, anche perché il turista che viene nelle cittadine laziale per godere del relax, spesso si muove in treno e poi incontra i problemi di spostamento che tutti conosciamo. Arrivando a Terracina, ad esempio, alla stazione non vi è un collegamento per giungere al porto, quindi alle isole Ponziane e nessuno se ne occupa. Abbiamo svolto un’inchiesta – piccola perché i nostri turisti non sono molti e l’80 per cento di coloro che abbiamo intervistato ci ha detto che viene in questi posti perché vi si vive una vita reale e non turistica; non sono gli stessi turisti che vanno a Ri-
mini o Riccione; apprezzano il fatto di non essere trattati in maniera diversa perché sono turisti. Si tratta ovviamente di un numero limitato di persone rispetto a quelle che vengono a Roma. Circa la comunicazione, posso dirvi che in dieci comuni costieri l’unico sito in lingua straniera è il nostro, che è privato; quelli dei comuni sono solo in italiano e non capisco come facciano i turisti a trovarli. Noi lavoriamo solo su Internet e i turisti che vengono ci dicono che si sono trovati benissimo e che torneranno, ma che hanno trovato queste mete per caso e che se ci fosse stata un maggiore pubblicità sarebbero venuti tre, quattro volte in più. Abbiamo un tipo di turismo completamente diverso anche come provenienza: in provincia non vedremo mai cinesi o giapponesi; da noi vengono pochi russi e non più molti turisti dalla
Germania (con la sostituzione del marco con l’euro hanno chiuso); moltissimi visitatori provengono dal nord Europa. Cito l’esempio di alcuni turisti che in pieno agosto hanno telefonato pregandoci di trovare dei posti perché dalle loro parti pioveva da giorni e non ne potevano più. Vivono una situazione diversa e vengono da noi perché vogliono stare in pace, godere il sole, la bellezza, ma soprattutto vogliono la qualità e vogliono essere trattati bene, al limite come gli italiani. Lamentano però il fatto che, a volte, nei bar le consumazioni vengono fatte pagare il doppio, perché sono stranieri. Richiedono anche la precisione, nel senso che se si dice loro che la casa che stanno prenotando si trova a cento metri dal mare, deve stare semmai a 99 metri e non a 101. Si trovano benissimo, parlano bene delle vacanze trascorse da noi, fanno il passaparola, ritornano.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Noi pensiamo di avere le informazioni su Internet e ne abbiamo. Infatti dalle statistiche risulta che la disponibilità degli operatori a fare prenotazioni on line è del 70-80 per cento, ma poi approfondendo scopriamo che se a Roma questa disponibilità è diffusa negli alberghi, al di fuori della città la prenotazione si fa per e-mail. Gli operatori so-
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stengono che effettuano le prenotazioni attraverso “Amadeus”, che è stato fattore di sviluppo, perché ha consentito l’inserimento in rete, ma anche fattore di desviluppo, perché l’operatore non è motivato - mentre deve esserlo - poiché nel futuro Internet conterà molto di più. Praticamente, usando la e-mail, si manda subito la prenotazione, ma intanto
si cerca qualcos’altro, perché il problema va risolto subito. Allora la capacità di avere la prenotazione on line rappresenta una demotivazione per l’operatore, perché sa che domani, quando il cliente effettuerà la prenotazione – come già fanno i grandi alberghi – includerà anche il mazzo di fiori, la guida turistica, la macchina e il telefonino.
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ Farei anche un altro tipo di considerazione. Attualmente, oltre alle potenzialità di commercializzazione che Internet ha, bisognerebbe potenziare lo strumento informativo. Di recente il Politecnico di Milano ha fatto una pubblicazione sulla multicanalità legata al modo in cui i consumatori in generale scelgono di acquistare beni, ed anche beni turistici: la maggior parte delle persone utilizza Internet per informarsi su quello che vuole acquistare. In questo senso, i social network e gli altri strumenti sono fondamentali, perché danno delle informazioni che vengono dal basso. E’ sicuramente un vantaggio che il turista rimanga sorpreso, però bisognerebbe chiedersi perché viene nelle nostre località se non è in grado di capire quello che gli viene offerto. Questo è il rovescio della medaglia: intendo dire che è normale che vi sia stupore quando si giunge in un contesto territoriale nel quale si fanno mille scoperte (la qualità della vita e le bellezze), ma se si fosse stati in grado di costruire un sistema informativo on line più completo, il turista sarebbe maggiormente consapevole della sua scelta. Mi sembra, quindi, che il grande tema sia quello delle qualità turistiche, più che della qualità turistica, proprio perché la diversificazione e la specializzazione sono una prospettiva alla quale tendere. D’altro canto,
sono le nicchie ed i segmenti che danno i risultati più positivi attualmente. Il grande turismo di massa risente dei fattori di crisi, ma i dati sulle nicchie sono estremamente interessanti. La società con la quale collaboro si occupa di una nicchia specifica di mercato, quella dei turisti con disabilità. Parlavo della necessità di incrementare le qualità turistiche, che non possono essere di esclusivo appannaggio dei turisti normodotati, trattandosi di un concetto allargato. I dati che ci sono stati presentati danno spunti estremamente interessanti. Volendo dare vita all’identikit del turista con disabilità, le fonti a nostra disposizione non sono estremamente aggiornate, però ci sono dei punti di contatto con quanto si diceva in precedenza. Innanzitutto, dal punto di vista quantitativo, bisogna risalire al 1999 e al progetto “Italia per tutti”, che quantifica la domanda dei turisti con disabilità: circa tre milioni e mezzo di persone in Italia. Se teniamo in considerazione che nel penultimo osservatorio Censis del vino, la nicchia di mercato legata al turismo gastronomico viene quantificata in tre milioni e mezzo di persone, capiamo come anche quella del turismo accessibile sia una nicchia di tutto rispetto. Sì. Ovviamente la base di partenza è la stessa per tutti. Si tratta di dati Istat sullo stato di salute degli italiani, che
quantificavano la domanda in circa un milione di persone con disabilità reali. Prendendo in considerazione il fatto che chi ha disabilità normalmente viene accompagnato da parenti e si considerano anche gli anziani o le famiglie con bambini che hanno problemi di spostamento simili a quelli di chi ha disabilità motorie, il bacino di domanda si allarga, come ho detto. Volendo, invece, tracciare un identikit qualitativo delle persone con disabilità che viaggiano, bisogna far riferimento ad un’analisi della domanda effettuata nel 2004, nel corso di un progetto volto a costruire una rete europea delle città accessibili. In questo senso, ci sono dei punti di contatto con i dati Istat. Le persone con disabilità, come accade ad ogni altro turista, si recano nei luoghi ed amano visitare i monumenti; il turismo culturale è quello maggiormente apprezzato. Tra gli strumenti di conoscenza dei luoghi da visitare vi sono il passaparola e Internet, che è il secondo per importanza per le persone con disabilità. Tenete conto del fatto che quelli che fornisco sono dati del 2004, quindi molto probabilmente quelli attuali sono migliori, da questo punto di vista. D’altro canto, non disponiamo di dati aggiornati né a livello nazionale né a livello europeo. Si profila quindi la necessità di aggiornarli.
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Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Cosa chiedono? Esiste un decreto che stabilisce che in fase di ristrutturazione,
bisogna eliminare le barriere architettoniche, ed altro. Come riusciamo a
dare qualcosa a questi turisti, senza doverci rivolgere a Berlusconi?
diverse sfumature, dal progetto istituzionale che si occupa di accessibilità, alla commercializzazione vera e propria. In Emilia Romagna, ad esempio, sono stati realizzati parcheggi turistici, chiamati “Un benessere speciale”, che consentono l’accessibilità negli stabilimenti termali delle province di Parma, Forlì e Cesena. Con questa rilevazione, sono state individuate le strutture nelle quali le persone con disabilità motorie potessero avere soddisfatte le esigenze. I parcheggi sono commercializzati. Si è partiti, quindi, da una nicchia all’interno di una nic-
chia. I turisti chiedono la specializzazione, un’offerta in grado di rispondere alle loro esigenze specifiche. La disabilità è un concetto allargato che va declinato, per cui i pacchetti turistici devono essere altamente specializzati. Proprio per questo la sfida della Regione Lazio potrebbe essere quella di mettere a sistema quello che già esiste, interagendo con l’osservatorio regionale, con l’osservatorio nazionale su indagini che permettano di aggiornare i dati e, nello stesso tempo, di sfruttare ciò che già c’è.
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ Il dato interessante che emerge è il seguente: al di là del superamento delle barriere architettoniche – che per chi ha disabilità motorie sono un impedimento assoluto – l’elemento più importante è l’accoglienza nel territorio e le informazioni su quanto il territorio può offrire. Per questo motivo, sarebbe fondamentale procedere ad una sistematizzazione a livello regionale. La nostra associazione ha avviato un censimento delle progettualità esistenti a livello nazionale: ve ne sono molte - nella maggior parte delle regioni italiane - che hanno
Claudio PAIELLI Presidente della Federconsumatori Lazio Desidero sottolineare che da tre anni abbiamo istituito un osservatorio del turismo a Roma esclusivamente con i turisti che si rivolgono ai nostri sportelli, che sono 21. In questo periodo, si sono rivolti a noi circa cinquemila turisti. Comin-
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ciamo, quindi, a registrare un dato interessante. Normalmente si rivolgono a noi i turisti che hanno qualche problema (le associazioni dei consumatori sono investite da persone che hanno guai). Di essi circa 3500-4000 censibili in tre anni sono
stranieri. E’ sorprendente che la metà dei turisti che si rivolgono a noi è straniera! Le associazioni dei consumatori sono in tutta Italia ed è normale che vi si rivolgano gli italiani.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Però all’estero le associazioni dei consumatori sono molto più potenti.
Claudio PAIELLI Presidente della Federconsumatori Lazio Esatto. Sono molto più potenti e dispongono di leggi apposite, che da noi non esistono perché in Italia qualunque associazione (partiti, sindacati, chiesa, Stato) “pensa” ai con-
sumatori. Come dicevo, è interessante notare che la metà dei turisti che si rivolgono a noi è costituita da italiani e l’altra metà da stranieri. Ciò che ci colpisce è che un terzo
dei guai lamentati avviene nella porta d’ingresso nel Lazio, cioè gli aeroporti. Ho letto due giorni fa che è stato deciso di realizzare un aeroporto a Frosinone.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Ci hanno ripensato.
Claudio PAIELLI Presidente della Federconsumatori Lazio Gli aeroporti di Fiumicino e di Ciampino sono due vergogne nazionali. Ultimamente siamo riusciti a far dare ad Aeroporti di Roma una multa di 260 mila euro per uscita ingannevole; siamo riusciti a far togliere dai negozi dell’ADR la scritta duty free, che non ha senso in un negozio che sta in Italia (non nei moli A e B, ma nel molo C, cioè in Italia). Adesso in quegli stessi negozi pubblicizzano uno straordinario sconto del 43 per cento; siamo andati a vedere di cosa si tratta, ma è tutto finto: gli articoli costano il cento per cento
più che a Roma, ma, ad esempio, le bottiglie di liquore invece di contenere 70 cl ne contengono 100 e la differenza è del 43 per cento in più. Dei bagagli si è già parlato: si verificano fatti inauditi. Per quanto riguarda i taxi – e questo è un dato positivo – gli stranieri non li utilizzano più. D’altro canto, sono criminali: è noto che 110 tassisti sono pregiudicati; vi sono quelli che a Via Marsala o a Via Giolitti aspettano le persone e le fanno salire sul mezzo (i più criminali prendono le più importanti) e così via.
Parlo di aeroporti, ma anche di stazioni che sono porte di Roma e del Lazio e anch’esse sono indescrivibili. Le conosco quasi tutte: andate a visitare le stazioni Tuscolana e Tiburtina, all’interno delle quali c’è un’altra città che non conosciamo, tanto che bisogna camminare in punta di piedi o andare di corsa. Altra porta d’ingresso sono i porti dei quali non si parla abbastanza, considerato che sono un punto delicatissimo. I porti del Lazio sono tanti ed importanti; a parte Civitavecchia che è una sorta di monopolio, i porti turi-
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stici sono in mano letteralmente a realtà criminali, oppure a un tipo di gestione che non è criminale, ma è come quella che c’è in Sardegna. Questo spiega perché i velisti spagnoli, francesi ed altri si fermano in Corsica e non vanno oltre, dove il territorio è tabù. Che nelle porte di Roma ci sia questa situazione per noi è terribile ed infatti, coloro che si rivolgono a noi, per un terzo, lo fanno per problemi che si sono verificati proprio alle porte della città. I dati forniti sono interessantissimi, anche se purtroppo non scendono troppo nel dettaglio; in questo senso, per alcuni aspetti, Roma “cannibalizza” così tanto che è difficile conoscere i dati specifici. Quando dico “cannibalizza”, mi riferisco alla questione dei taxi e all’enogastronomia. La caratteristica di Roma rispetto alle quattro province sta nel fatto che l’enogastronomia delle province laziali è di altissimo valore non solo
nella qualità medio-alta, ma anche in quella media, mentre a Roma avviene il contrario, nel senso che vi è una qualità di lusso e un livello medio che si è spaventosamente abbassato, con prezzi altissimi (tenete conto che qui si mangiano solo cibi surgelati: atro che McDonald’s!); mentre in periferia vi è un’enogastronomia “povera” – in senso buono – più semplice, che non ricorre ad artifici. Per quanto riguarda gli aspetti artistici e culturali, sono evidenti le file chilometriche alla Bocca della verità, o davanti al Colosseo dove vi è anche chi si veste da centurione! (Per la verità a Parigi non ho mai visto nessuno vestito da Napoleone I!). Rispetto al rettangolo degli etruschi, Cerveteri e Tarquinia, e all’attività termale nel Lazio che è fantastica, e non è romana (il centro termale più vicino è Tivoli), vi è una pessima distribuzione (non si capisce perché). Io parlo perché leggo, cerco e tento di risolvere i problemi delle persone
per quanto riguarda i trasporti e l’atteggiamento nell’accoglienza, che a mio avviso è di livello bassissimo. Ho girato il mondo e devo dire che questo è un aspetto di cui ci vergogniamo moto. Ci si aspetta che si cerchi di abbandonare questo stupido autonomismo, per cui ogni piccolo paese, ogni provincia o anche ogni regione, ogni commerciante, ogni tour operator ritiene di fare da sé, perché così “le cose vengono bene”. Non è così: le cose vengono bene quando si fanno in rete, aumentando gli standard, dando suggestioni alle persone; altrimenti il nostro turismo rimarrà quello di coloro che fanno la fila per visitare i Musei vaticani e mentre aspettano acquistano una reliquia di plastica fatta in Cina. Il nostro giudizio è, quindi, fortemente negativo, ma questa negatività dà un enorme spunto: ci sono spazi enormi, giganteschi perché in questa regione avvengano cose importanti.
Emanuela MANCA Settore Turismo Sostenibile e Parchi – CTS Mi sembra molto triste giungere a consigliare ai turisti di non prendere più i taxi. Ciò che è più triste, però,
è che quanto è stato detto è vero, anche se non credo che la categoria dei tassisti sia costituita da una
Claudio PAIELLI Presidente della Federconsumatori Lazio Sono dei delinquenti per il dieci per cento!
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massa di delinquenti.
Emanuela MANCA Settore Turismo Sostenibile e Parchi – CTS Questo dieci per cento più volte ha portato anche me a chiamare un amico per venirmi a prendere quando arrivo di notte con il treno o con l’aereo, perché è pericoloso. Mi è capitato più di una volta di prendere un taxi in un orario tranquillo e di capitare con un delinquente che per portarmi a casa dalla stazione Termini (4 chilometri) mi hanno chiesto 30 euro. Poiché, con queste persone poi io litigo, corro un rischio. Mi metto nei panni del turista e mi fa molta tristezza pensare che dopo un lungo viaggio viene accolto in questo modo. E noi non abbiamo la forza di determinare un adeguato controllo su questi soggetti. E’ vergognoso. Vorrei sottolineare proprio l’aspetto del controllo: oltre alla denuncia e all’intervento, vi è bisogno di un monitoraggio, che può essere svolto an-
che attraverso le indagini statistiche. Infatti, chi meglio dei turisti ci può dire come vanno le cose? Poi, però bisogna agire, altrimenti i turisti giungono a Roma ed è come se arrivassero nel Far West. Ora vorrei fare riferimento ai marchi di qualità. Partendo dal discorso fatto sulle esigenze delle persone con disabilità o con bisogni specifici di qualsiasi tipo (penso alle famiglie e agli anziani), vi è la necessità fondamentale di avere una carta-qualità, quindi un sistema di tracciabilità rigorosamente riconosciuto. E’ fondamentale perché se il turista con problemi motori sa di avere un percorso accessibile, ma poi non lo trova, si trova di fronte ad una difficoltà enorme. Su questo, come CTS porto l’esperienza delle pubblicazioni e guide turistiche rivolti a tutti e riferite ai parchi nazio-
nali e regionali. Potete ben capire che è diverso parlare di una città piuttosto che di un parco o della costa di Latina. Anche qui il discorso dell’accessibilità è molto importante. Occorre guardare alle persone che hanno esigenze specifiche e quindi hanno la necessità di avere informazioni attendibili, sulle quali si possa contare; mentre spesso, anche i marchi di qualità che troviamo sono blandi e non si capisce da che punto di vista siano stati assegnati, per non parlare dei marchi ambientali o dei sistemi di qualità ambientale più o meno seri e rigorosi. Lavorando nell’ambito della sostenibilità, mi trovo spesso ad avere a che fare con una serie di interventi e sistemi che di sostenibile hanno solo il marchio.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Qual è il consiglio? Si rischia che i marchi spariscano.
Emanuela MANCA Settore Turismo Sostenibile e Parchi – CTS No, i marchi istituzionali e quelli assegnati dalla Commissione europea sicuramente sono affidabili.
Però, i giudizi assegnati da enti quali l’EMAS sono principalmente riferiti alle strutture ricettive o di ristora-
zione e riguardano le imprese che hanno deciso di adottarne il marchio. Tra l’altro, il turista incontra i
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problemi non solo all’interno della struttura ricettiva, ma anche nel territorio. Ritengo fondamentale non solo comunicare, ma anche controllare e verificare sul campo, attraverso l’opera di professionisti: sottolineo in particolare questo aspetto dal punto di vista dell’accessibilità. Comunque tutti i turisti hanno esigenze specifiche, come quella di rilassarsi o di divertirsi, per cui occorre creare un sistema di comunicazione controllato da professionisti in grado di verificare che determinati servizi esistano realmente in tutto l’arco dell’anno. Parlando del Lazio, ad esempio, se un sentiero è percorribile oggi, non è detto che lo sia tra sei mesi, un mese, o anche una settimana. Quindi, il discorso dell’informazione, della comunicazione e della rete è fondamentale, ma lo è anche verificare periodicamente quelle informazioni, perché il turista vuole utilizzare una certa offerta in un determinato momento e non in altri. Da questo punto di vista, individuiamo molte problematiche nel settore del turismo naturalistico, che non è limitato ai parchi (a Roma abbiamo diverse opportunità in questo
Marco TIRATERRA Regione Lazio Concordo sulla grande maggioranza degli interventi, però dissento profondamente dal primo.
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senso: cito il percorso dell’Appia antica, una meraviglia tra natura e cultura). La richiesta in questo senso è crescente ed è arricchita dal cicloturismo, al quale non sempre siamo in grado di rispondere adeguatamente. Proprio a Roma vi è l’esempio delle biciclette messe a disposizione, ma per le quali non si capisce dove si debba pagare, per cui il turista difficilmente riesce ad utilizzarle. I problemi esistono sia per il turista che opta per il turismo naturalistico, sia per i giovani che vengono a Roma invogliati dai voli low cost, che sbarcano a Ciampino. Da qui, magari con l’autobus, arrivano ad Anagnina e poi al centro, ma difficilmente riescono ad arrivare nel Lazio; a volte hanno addirittura difficoltà a soggiornare a Ciampino. Il turista giovane – ho letto il documento distribuito questa mattina con meno di 18 anni (in realtà, il turismo giovanile, in costante crescita, comprende persone che hanno fino a 35 anni, ma anche di più) che viene a Roma vuole divertirsi, eventualmente fare sport e andare anche oltre la città, purché si possa divertire. Invece, fa tristezza scoprire ad esempio cosa fanno
questi ragazzi d’estate: non riusciamo neppure a farli arrivare ad Ostia, poiché i trasporti notturni sono inesistenti. Da questo punto di vista, devo dire che bisogna assolutamente ragionare – lo sappiamo tutti perché lavoriamo nel settore – per target, ma sempre ricordando che occorre comprendere, quando si parla di comunicazione e di punti di servizio, dove sono i buchi e colmarli attraverso la programmazione. Dire che il Lazio viene vissuto come un’offerta turistica in più rispetto a Roma è normale, però lo è anche perché dalla capitale è difficile raggiungere, a volte, anche solo i Castelli romani, è difficile, per esempio, arrivare a Sperlonga (il treno arriva a Fondi e poi bisogna avere la fortuna di riuscire a prendere un autobus), che, dal punto di vista del turismo sportivo, è una delle mete più importanti per l’arrampicata. Esiste una serie di possibilità usufruibili però solo da chi arriva in automobile e, proprio dal punto di vista della sostenibilità, non è il massimo invitare i turisti a visitare il Lazio in automobile.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Qual era l’argomento?
Marco TIRATERRA Regione Lazio La signora intervenuta ha sostenuto che, a suo avviso, Roma e il Lazio non consentono al turista di spendere quanto vorrebbero. Ritengo che ciò non sia vero. Mi è capitato spesso di recarmi all’estero, dove quando si sente parlare qualunque delegato ENIT o comunque qualunque persona esperta di turismo, si comprende che l’Italia – ma il discorso vale anche per Roma e il Lazio – è una meta in cui i turisti hanno un fortissimo desiderio di venire, ma molto spesso co-
loro che vorrebbero venire, non lo fanno perché in primis è cara ed in secondo luogo – aspetto correlato – vi è un forte divario fra i costi e i servizi offerti. Questo è ciò che ci sentiamo ripetere da anni all’estero. Dalla ricerca ciò si evince, anche se i giudizi dati sono un po’ generosi. A proposito della ricerca, vorrei dire che emerge un dato sorprendente: il recentissimo blog di Roma ha presentato un interessante sondaggio di Gente viaggi - riguardante solo
gli internauti, cioè coloro che navigano su Internet – dal quale si evince che l’82 per cento dei turisti viene a Roma per il patrimonio artistico e culturale della città e del Lazio. Esiste poi il turismo balneare ed in particolare la costiera pontina, ben conosciuta in Europa e soprattutto in Nordeuropa, mete in genere non scelte dai turisti cinesi e giapponesi, salvo rarissime eccezioni. Ognuno ha il suo bacino e quando parliamo di cinesi e giapponesi, parliamo di Roma.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche I giapponesi non prendono il sole.
Marco TIRATERRA Regione Lazio No, non sono interessati al sole.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Mi risulta che il Giappone sta andando verso le città d’arte nel
mondo. Abbiamo fatto delle interviste in
quattro aree cinesi molto popolate, per sapere quante persone fossero
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venute a Roma o in Italia. Ha risposto una percentuale superiore a quella che ci aspettavamo, ma la cosa sorprendente è che nel 50 per
cento dei casi gli intervistati non sapevano dire dove fossero stati. Alla domanda se fossero stati in Italia, hanno risposto di sì, ma poi quando
veniva chiesto “Dove?” non sapevano rispondere. Per quanto riguarda i giapponesi, invece, la situazione è diversa.
città perché la vive, o del laziale che viene a Roma per fare shopping. I turisti percepiscono la sicurezza esclusivamente da ciò che leggono sui loro giornali. E’, quindi, fondamentale come noi appariamo sui loro media, perché è
da essi che hanno la percezione della sicurezza. Purtroppo, anche quando siamo bravi e buoni, veniamo dipinti peggio di come siamo in realtà.
Marco TIRATERRA Regione Lazio Un aspetto che, a mio avviso, manca nella ricerca, ma che è fondamentale ed è ritenuto fra i più importanti dal turista è la percezione di sicurezza. Non dobbiamo guardare a questo aspetto dal punto di vista del romano, che conosce la
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Quello della sicurezza è un problema così rilevante?
Marco TIRATERRA Regione Lazio Assolutamente sì. In tutti i luoghi in cui mi sono recato ed in tutti i sondaggi che ho visto si parla di questo problema. Spesso ci riesce difficile
immaginare cosa all’estero pensino di noi, ma normalmente si ha un’idea peggiore della realtà. I giornali tedeschi o americani riportano
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Quindi lei sostiene che noi perdiamo i turisti in partenza.
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una visione che non necessariamente è quella reale.
Francesca DUIMICH Confesercenti Guide Turistiche Vorrei riprendere il tema della sicurezza. I turisti fanno un’esperienza reale, a prescindere da quella a priori che deriva dai media. Quasi in ogni gruppo che rimane un paio di giorni, qualcuno a Roma viene scippato: si tratta di un’esperienza abbastanza drammatica per un turista, soprattutto se si tratta di anziani che magari viaggiano in gruppo. Quando poi il turista torna a casa la prima cosa che racconta è che è stato scippato e non che Roma è bella. Rimane quindi un marchio, un alone negativo. Guardando i dati, ciò che mi colpisce di più è l’importanza dell’ospitalità e della cortesia della gente. Mi sembra di capire che si tratti non tanto della cortesia delle persone che hanno dato i servizi, quanto la cortesia della gente
in generale e l’accoglienza. Questa dimensione è estremamente importante. Prima di fare la guida locale, sono stata accompagnatrice per tanti anni, viaggiando in tutto il mondo anche con i “Viaggi del mappamondo”, e ho potuto verificare che in certi paesi la cultura dell’accoglienza è molto più sviluppata che da noi, in particolare a Roma, dove non vi è una grande cortesia diffusa. Noi siamo simpatici, non siamo distaccati come può essere una popolazione del nord Europa, siamo chiacchieroni, però la cortesia come ospitalità che si può vivere in alcuni paesi europei e soprattutto in Asia, dove vi è un’influenza della religione buddista induista, non è paragonabile alla nostra. Questa differenza culturale non è
quella degli operatori turistici, si tratta della differenza di tutto un popolo che crea quel clima di cortesia e di accoglienza. Ho visto anche delle campagne in questa direzione: ricordo un periodo a Singapore dove si svolgeva proprio una “campagna cortesia”. Tutti coloro che lavoravano a contatto con il pubblico dovevano sforzarsi di avere un atteggiamento cortese. Da noi neppure si percepisce l’importanza di questa dimensione. La cultura dell’accoglienza di cui si è parlato questa mattina più volte, in vari interventi, dovrebbe essere insegnata nelle scuole di turismo, da quelle alberghiere, alle università.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Porrei il marchio proprio su questi aspetti.
Francesca DUIMICH Confesercenti Guide Turistiche Questo fa la differenza, perché tutti quelli che hanno un rapporto con il pubblico, dal cameriere, al receptionist, alle guide dovrebbero coltivare la cultura dell’accoglienza. Noi, come guide o accompagnatori, lo abbiamo sperimentato, trovandoci spesso a do-
ver affrontare disguidi per i quali la gente si arrabbia e fa scenate. In questi casi bisogna saper trattare con le persone arrabbiate, a volte giustamente, mantenendo un certo tono e senza scadere al livello di chi ha perso le staffe. Vi è una cultura in questo senso
che va insegnata. Tra i dati emerge anche l’importanza dei racconti di amici e parenti, il passaparola. Ciò vuol dire che il turista che torna soddisfatto fa promozione
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Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Se offrissimo al turista un piccolo cadeau, ci farebbe una campagna
pubblicitaria.
Francesca DUIMICH Confesercenti Guide Turistiche Non so se il cadeau avrebbe questo effetto. L’importante è che il turista torni contento. Parlerò chiaramente dal punto di vista della mia categoria: ci sembra di poter rilevare che una guida che illustra bene, accoglie bene, tratta bene è un fattore che fa tornare il turista contento. A volte, la guida o l’accompagnatore possono far “digerire” anche i disguidi. Noi, come categoria, abbiamo scritto varie lettere alle istituzioni perché ascoltiamo tutti i giorni il punto di vista dei turisti. Uno dei problemi che vengono spesso rilevati è quello dei bagni: non ce ne sono abbastanza. Però, poi, chi sta dall’altra parte deve dare una risposta, deve agire, non può solo prenderne atto. Inoltre, dovrebbe esserci un intervento sulla microcriminalità; vi è un problema di autobus turistici - che
ancora risente del Giubileo - assolutamente carenti: i gruppi devono fare marce sostenute; vi è poi una situazione – che può esistere solo a Roma – per cui vi sono regole per alcuni e regole per altri (figli e figliastri): i gruppi con la guida, che arrivano in pullman, devono camminare a piedi, ma sono state date decine di licenze ai pullman doppi che vanno davanti a Palazzo Madama, a Palazzo Chigi, al Quirinale. Non si capisce perché l’autobus doppio possa circolare e l’altro no. Nel periodo del Giubileo era stata abolita la possibilità per i pullman di circolare all’interno del raccordo anulare ed era stato adottato un sistema che non ha funzionato e ha prodotto disguidi a non finire. Queste regole sono ancora in vigore e vanno riviste. Fino ad ora non siamo riusciti ad ottenere ascolto su questo punto.
Altro aspetto che abbiamo denunciato è l’abusivismo e l’illegalità. Il turismo a Roma è nell’illegalità più totale: se girate intorno al Vaticano, potete vedere di tutto. Le agenzie serie, che pagano le tasse ed hanno un ufficio, sono in concorrenza con una marea di siti Internet che non hanno sede, vendono di tutto, operano da agenzia, usano guide abusive e accalappiano i turisti intorno al Vaticano e intorno al Colosseo (dove vi sono anche i gladiatori). Vi è un’illegalità spaventosa in un momento in cui il lavoro manca e non vi è alcun controllo. Allora, perché pagare le tasse e fare le cose per bene se all’autorità non interessa? I turisti sono continuamente accalappiati da queste persone, abbordati e portati in tour, magari saltando la fila. Infine, i prezzi non sono concorrenziali.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Lei si è dichiarato non d’accordo con la signora intervenuta per
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prima. Giustamente si è fatto riferimento al
concetto di opportunità, perché, a mio avviso, è vero che alcune fasce
di turisti e non altre potrebbero tendenzialmente spendere di più, però anche quelle fasce non credo abbiano piacere a pagare il doppio per il soggiorno in un albergo. Probabilmente sono disposti a spendere maggiormente per cose diverse, nuove. Se dispongono di un deter-
minato budget, continueranno a spendere il 60 per cento per l’alloggio e magari vorrebbero spendere certe somme nei ristoranti mangiando meglio. Questo si riallaccia al discorso sull’enogastronomia romana e al fatto che negli altri territori, con lo stesso
prezzo si ha un prodotto superiore. Emerge dalle statistiche che l’enogastronomia, essendo abbinata in modo molto forte al discorso artecultura, incide in misura rilevante sui dati. Normalmente chi cerca l’arte, cerca anche la qualità della vita, quindi del cibo e del vino.
Lorenzo GALLICO Responsabile Progetti e comunicazione Desidero iniziare affrontando il tema della sicurezza. Durante le vacanze anni fa, a giugno del 19821983, sono stato a New York, dove non ho avuto il coraggio di prendere la metropolitana e non ho visitato Harlem. Lo stesso anno sono andato, con moglie e figli, ad Istanbul e non ho avuto alcun tipo di problema. A Roma il problema esiste, soprattutto rispetto ai punti di accoglienza. Utilizzando la linea che porta a Ci-
vita Castellana – vi è morta la signora Reggiani lo scorso anno – ci si trova in un ambiente impressionante, da Terzo Mondo: si tratta di una linea che arriva nel cuore di Roma, a Piazza del Popolo. Nessuno ha fatto mai niente. Sempre su questo tema, desidero citare un altro esempio: la Stazione di Trastevere, che collega all’aeroporto, dopo essere stata ripulita in occasione del Giubileo, nel 2000, è diventata un suk. Il piazzale anti-
stante è stato completamente abbandonato e vi si verificano scippi, per non parlare del mercato di Porta Portese. Sul fronte dell’informazione, il turista che arriva all’aeroporto e, per arrivare a Roma, deve prendere il treno per Poggio Mirteto o Orte, che informazione ha? Intendo dire che bisogna dare l’indicazione per Roma.
Emanuela MANCA Settore Turismo Sostenibile e Parchi – CTS. Infatti, tutti sbagliano e prendono il sopraelevato express.
Lorenzo GALLICO Responsabile Progetti e comunicazione Certo, perché non capiscono che Trastevere, come Ostiense sono porte di Roma. E nessuno interviene. Dobbiamo chiederci come tradurre,
anche il dibattito odierno, in una possibilità reale di cambiamento. Domani avremo la possibilità di vedere cosa succede? Altrimenti si
tratta solo di un cahier de doléances. In altri paesi come Francia, Spagna, Germania, vi sono informazioni gra-
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zie alle quali il turista è quasi portato per mano. Da noi non è così: Roma un po’ si organizza, ma penso a Fara Sabina o a Tarquinia, dove il treno c’è ma arriva allo scalo, ai piedi della città, mentre la parte medievale – che ha lo stesso livello di San Gimignano – non è raggiungi-
bile perché non esiste un servizio di autobus, come non ci sono taxi, non c’è nulla. Purtroppo, chi è soddisfatto di una vacanza ne parla con tre persone e chi non è contento ne parla con nove. Tra l’altro, il turista se si trova male in un albergo, lo rende noto
attraverso Internet (altro che certificati di qualità!), per cui noi siamo bypassati da un sistema democraticissimo. Faccio parte di una rete che affitta le case, nella quale si può leggere il giudizio di chi ne ha usufruito, soddisfatto o meno.
andiamo a cercare nuovi mercati e nuova gente da “spolpare”, senza pensare a questi aspetti. Per quanto riguarda la comunicazione, noi operatori del turismo dobbiamo fare i conti con la nuova situazione di mercato: nella condizione di crisi che stiamo vivendo, i siti Internet la stanno facendo da padroni, perché gli operatori lavorano sulla base di una programmazione a monte e sono tagliati fuori. Inoltre, su Internet si trovano offerte a prezzi molto più bassi rispetto a quelli proposti nel catalogo (che potrebbe essere stampato in Australia) o anche alle offerte speciali. Avviene però che la clientela che si affida ad Internet incappi in brutte esperienze, mentre il tour operator rappresenta una garanzia della qualità dei fornitori e di una serie di parametri. Gli operatori devono fare i conti con Internet non cercando me-
todi per contrastarlo, trattandosi di un nuovo canale di vendita, ma probabilmente cambiando il tipo di prodotto da offrire. Prima si parlava di Italia reale e noi diciamo spesso che il tour operator vende sogni. Stiamo cercando di offrire un prodotto nuovo, non turistico. Ultimamente abbiamo proposto dei tour a Roma, a piedi, alle cinque di mattina. Per dare il sogno ad un cliente che viene dal Sudafrica dove fa il safari alle cinque di mattina per vedere gli animali, lo porto a Roma davanti alla Fontana di Trevi dove è solo, invece di proporgli l’incubo della Fontana a mezzogiorno, quando è piena di venditori che offrono palline colorate, o, come è avvenuto intorno a Pasqua, quando la gente cammina sulle statue. Intendo dire che dobbiamo cambiare la formula di ciò che offriamo.
Andrea DI LEO RICCIO Viaggi del Mappamondo T.O. Tornando al discorso dell’accessibilità, abbiamo enormi problemi quando si tratta di trovare una sistemazione per la clientela disabile o per le famiglie. Collocare la classica famiglia, mamma, papà e due bambini, è un dramma: è difficile trovare alberghi, a Roma e in Italia, che offrano sistemazioni a prezzi accessibili. In Spagna vi sono alberghi con servizi appositi per le famiglie. Circa i mercati, cerchiamo sempre di raggiungerne di nuovi, come quello cinese, ma la domanda che ci si deve porre è se noi operatori (albergatori, ristoratori, eccetera) siamo pronti ad accogliere quel tipo di clientela e quella cultura. Abbiamo avuto dei problemi con alcuni thailandesi, che si portano il cibo e i bollitori. Intendo dire che bisogna garantire a questa clientela un certo tipo di servizi. A mio avviso, non siamo pronti, tanto che
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Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche In Italia, entrando in albergo e prendendo un depliant che dà indicazioni sulla vacanza, ci si reca alla reception per chiedere ulteriori informazioni e l’addetto, per bravo che sia, telefona, oppure suggerisce
di chiamare. Negli Stati Uniti la mia esperienza è stata diversa: il receptionist ha chiamato l’addetto, il quale non solo mi ha fornito le spiegazioni, ma mi ha chiesto cosa volevo fare e quanto tempo avevo, per
potermi dare suggerimenti. In America, il cinque per cento della popolazione neppure sa che esistono le agenzie fisiche.
mente esistono strumenti specifici, utilizzati nel corso di progettualità precedenti per la rilevazione, che non sono esclusivamente diretti alle strutture ricettive, ma sono stati utili per le rilevazioni degli stabilimenti balneari, dei musei, delle strade in Emilia Romagna. Certo è che in partenza il nostro censimento ha riscontrato una disuniformità nelle informazioni. A proposito di qualità, la questione è la seguente: bisogna lavorare sulla costituzione di un marchio, oppure si potrebbe lavorare sulla declinazione di un marchio già esistente? E’ un punto aperto che comunque conclude un ragionamento. Diamoci le linee metodologiche; sistematizziamo quello che c’è; rendiamoci conto di come migliorare e poi lavoriamo sulla costruzione del prodotto. La grande sfida è la costruzione di prodotti specializzati che parta dall’oggettività della rileva-
zione. Al momento, una delle priorità che emergono è la sensibilizzazione, perché questi temi ai più non sono noti; in questa fase, stiamo cercando di essere più incisivi in questo senso, poiché esistono grandi margini di miglioramento. E’ in fase di approvazione un progetto interregionale sugli itinerari turistici, per cui inevitabilmente la questione della rilevazione e dell’identificazione di un brand comune si profilerà. Forse la vera sfida sarebbe quella di utilizzare i diversi criteri - considerato anche che abbiamo lavorato insieme su questi aspetti – e quindi non creare un marchio ad hoc, che poi sarebbe l’ennesimo di una serie, ma integrare i marchi esistenti, come cerchiamo di dire anche in sede comunitaria. Sarebbe fondamentale inserire criteri molto specifici, perché dichiarare che una struttura è accessibile vuol dire tutto e niente.
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ Vorrei riprendere il tema dei marchi di qualità legati all’accessibilità e non solo. Si è parlato di prodotti, anche alberghieri, dedicati alla famiglia. La situazione in proposito, a livello nazionale, è meno drammatica di quello che sembra; basti pensare a ciò che accade in Trentino o in Emilia Romagna. In Trentino vi è un tipo di prodotto, supportato dall’attività della società di consulenza che si occupa della costruzione dei prodotti turistici, dedicato espressamente alle famiglie. Vi è una serie di alberghi che hanno un marchio di qualità certificata e degli strumenti di comunicazione estremamente interessanti, espressamente dedicati ai bambini, come le azioni di co-marketing fatte con Topolino o altri giornali per ragazzi. Circa l’accessibilità, vi è l’esigenza di avere un’oggettività nella rilevazione, un aspetto questo più volte sollevato. Metodologica-
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Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Dobbiamo cambiare il termine, al quale con il tempo è stato dato un significato specifico.
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ Sì, però bisognerebbe evidenziare gli eventuali servizi dedicati a persone con problemi di alimentazione o per bambini piccoli. Il problema delle famiglie appare banale, però
un bambino da zero ad un anno ha un certo tipo di alimentazione; le famiglie hanno determinate esigenze e i club di prodotto, di cui si parlava prima, offrono una serie di
prodotti che vanno dalla baby sitter all’alimentazione. In realtà, bisognerebbe indicare questi aspetti uno per uno.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Lo dico per la parte pubblica: in Italia assistiamo a tutto. Il Trentino è serio, ma esistono molti posti in cui i club di prodotto non sono pubblici ma sono privati, si tratta di consorzi, per cui il servizio si ha ma a paga-
mento. Noi stiamo lavorando con alcune associazioni per disabili anche per trovare una spiegazione a quello che diceva Roberto Vitali, che ha suggerito di prevedere un livello minimo di accessibilità, cosa
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ Non è importante indicarli tutti.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Qualcuno ha suggerito di dare tutte le informazioni su Internet; poi saranno le persone a decidere se va
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bene o meno.
non facile, anche perché vi sono diverse situazioni: i celiaci hanno determinati bisogni, i disabili fisici ne hanno altri, gli anziani e le famiglie altri ancora.
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ Questo è l’approccio attuale, uno dei sistemi informativi dell’accessibilità più accreditati. Non è impor-
tante tanto elencare i servizi che si garantiscono, quanto creare le condizioni affinché chi vuole andare in
vacanza possa scegliere.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Per i disabili, si pensa di prevedere dei valutatori, che dovrebbero essere persone portatrici di handicap, che non hanno così bisogno di
prendere le misure; è sufficiente che sperimentino personalmente. Tra l’altro diamo la speranza di un nuovo mestiere.
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ La tecnica, infatti, è quella di far sedere gli ingegneri o gli architetti nella carrozzina.
Francesca DUIMICH Confesercenti Guide Turistiche Vorrei fare un commento sui dati relativi al giudizio medio sul soggiorno. L’estensione va dal 7,5 al 6,3: si tratta di giudizi positivi; non
credo che gli intervistati si siano intimiditi nel dare la risposta, ma forse non hanno osato dire “è tutto sporco, fa schifo”. Per esempio, per
quanto riguarda la pulizia dei luoghi, mi stupisce che abbiano dato giudizi positivi, perché per la nostra esperienza Roma è una città sporca.
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ Quello indicato è un valore medio e comunque il voto non è alto, considerato che gli intervistati tendono
a dare almeno il 6.
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Francesca DUIMICH Confesercenti Guide Turistiche A volte, in alcune parti di Roma, ci vergogniamo a portare i turisti proprio per la pulizia. Da anni denunciamo certe situazioni, ma nessuno interviene. Per esempio, vi è il passaggio del parcheggio del Gianicolo, dove ci fermiamo con i pullman per andare in Vaticano, che è una latrina. Scriviamo lettere da quando è stato costruito, ma pare che la responsabilità non sia di nessuno. Si tratta di un accesso al Vaticano che è un inferno, tanto che con l’arrivo del caldo i turisti devono coprirsi il naso con un fazzoletto. Vorrei riprendere il discorso dei thailandesi e dell’accoglienza di popoli diversi. Una guida, dopo anni, si
rende conto di come va trattato un certo popolo e del fatto che ognuno va trattato in modo diverso. Da questo punto di vista, impariamo sulla nostra pelle e sugli errori che commettiamo a trattare il francese in un certo modo, l’americano in un altro, il thailandese in un altro ancora. Sono d’accordo sull’idea di far arrivare nel nostro paese i cinesi, ma siamo sicuri che comunichiamo bene, che la città riesca ad accoglierli? Nel 2007 vi è stato un picco di arrivi a Roma - diminuiti nel 2008 - addirittura superiore a quello del Giubileo. Roma scoppiava e non siamo riusciti a dare buoni servizi: c’erano file chilometriche, mancavano i bagni, i pullman non pote-
vano circolare e così via. Bisogna vedere se la città e i servizi di accoglienza sono adeguati. Allora, prima bisogna adeguarli e poi si possono far arrivare queste migliaia di turisti. Inoltre, ogni popolo ha una psicologia diversa che va compresa, ognuno vuole vedere determinate cose e vuole essere trattato in modo diverso. Questo è un campo di ricerca - di cui io personalmente mi sto interessando - nel senso che l’operatore turistico deve fare mediazione interculturale, cioè deve conoscere la cultura dell’altro popolo, cultura nel senso più ampio possibile del termine.
marocchino, non lo volevano o alzavano i prezzi perché avevano paura che avrebbe danneggiato le camere. Lo stesso dicasi per gli ira-
niani che, per un pregiudizio politico, sono considerati pericolosi o terroristi.
blema principale. Poniamo che vengano sistemati tutti gli alberghi, ma poi i parcheggi per i disabili sono occupati da automobili, le carroz-
zine non possono passare sui marciapiedi perché sono rotti o perché non riescono a salire, alla fine qual è il risultato? Il cliente può chiedere
Andrea DI LEO RICCIO Viaggi del Mappamondo T.O. Bisogna eliminare anche i pregiudizi. Personalmente lavoro con il Marocco e mi è capitato che alcuni alberghi, sentendo che il gruppo era
Sergio RIENZO Twiss - Confindustria LT. Cogliendo spunti dagli interventi effettuati, in primo luogo salta all’occhio il discorso del raccordo con le istituzioni, che rappresenta il pro-
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all’albergatore determinati interventi, ma le istituzioni devono avere gli stessi tempi dell’economia e del turismo, altrimenti si arriva troppo tardi. Il discorso dei diversi popoli è importantissimo. Noi facciamo anche formazione e l’ultimo corso che abbiamo fatto “formazione nautica” comprendeva le lezioni di un’antropologa che spiegava l’accoglienza a bordo delle varie persone. Si è trattato di un corso non particolarmente lungo (16 ore) nel quale siamo riusciti a dare parecchie in-
formazioni ai ragazzi. Vorrei ora tornare nei panni del turista. Un punto che manca è fare le cose dalla loro ottica. Molti di voi hanno partecipato al blog: ma ci siete mai andati da turisti e non da operatori che sanno tutto? Se arrivate a Roma, alla Stazione Termini non trovate un cartello che indichi l’esistenza del blog. Allora, chiedete informazioni e vi viene detto che dovete prendere il treno. Ma quale? Non quello che va a Fiumicino perché guai se si fermasse in occasione delle fiere a metà strada! Dovete an-
dare a prendere la metro; scendere a Piramide dove qualcuno vi dirà che dovete andare a prendere il treno alla Stazione Ostiense; dopo di che arrivate ad una fermata fuori dalla Fiera di Roma - che non ha neppure una pensilina – dove vi è un pullman che porta all’ingresso della Fiera. Questo è sintomatico di tutta l’Italia! No, perché se andate a Rimini, il treno ferma dentro la Fiera. E la Fiera di Roma è nuova!
Lorenzo GALLICO Responsabile Progetti e comunicazione Quello di Rimini può essere un caso, ma io viaggio moltissimo in Italia e posso dire che vi sono località totalmente inaccessibili e stiamo parlando di città importanti. D’altronde l’Italia ha una spina dorsale…
Il problema è che nessuno si mette nei panni del turista per verificare la carenza di informazioni. Lo stesso si può dire per quanto riguarda il disabile: colui che effettua la verifica si deve sedere sulla sedia a rotelle. Per quanto riguarda la segnaletica,
sicuramente molti di noi vedono un cartello con le indicazioni e lo seguono, ma all’incrocio successivo non vi è indicazione. Questo all’estero non succede, perché?
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Per concludere, vorrei affrontare il discorso dei prezzi. Noi italiani, cittadini non dovremmo limitarci a dire le cose; dobbiamo imporci, andare oltre la nostra lamentela e fare anche azioni plateale, urlare. Forse è il solo modo per ottenere qualcosa.
Vorrei dire agli amministratori: voi fate i turisti? Passate mai davanti al Colosseo a vedere il vergognoso attraversamento pedonale, dove turisti e italiani non riescono ad attraversare? Non vi accorgete della carenza di bagni pubblici? E dei semafori che sono gialli per lungo
tempo, poi diventano rossi e non si capisce quando si possa attraversare? All’estero ci sono i contatori a secondi, oppure i semafori sonori. Possibile che gli amministratori non vedano questi problemi che sono sotto gli occhi di tutti? Sono una persona molto tranquilla,
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ma veramente sto arrivando all’esasperazione. San Francesco ha detto una cosa semplicissima che, secondo me, è la panacea di tutti i mali: fate l’ordinario. Intendo dire che ognuno deve svolgere il suo ruolo. Chi è pa-
gato per fare il registro delle imprese, deve farlo al meglio. Qualcuno prima ha detto: la colpa è degli altri. C’è un po’ di disfattismo. A proposito del turismo cinese, qualcuno diceva che, considerato
che sono più di un miliardo, se l’1 per cento dei cinesi è ricco e vuole spendere 5 milioni nel nostro Paese, noi abbiamo risolto i nostri problemi. Però potrebbe essere che quelli che hanno i soldi chiedono l’albergo sette stelle a Dubai.
L’Italia ha chilometri e chilometri di costa, ma ha molti meno porti turistici rispetto ad altre nazioni; inoltre i nostri porti sono più cari. Qualcuno diceva che è una giungla. Cito un esempio: sono vent’anni che si parla di realizzare un porto a Terracina, però l’idea è sempre esclusivamente rivolta verso la speculazione: costruisco un posto barca a ventimila euro e lo rivendo a centomila. Prima di questa, si sono svolte delle conferenze provinciali; io vi ho partecipato a Latina con l’assessore Mancini e il Presidente della Provincia. In quella sede ho detto che
quando si pensa ai porti turistici, bisogna considerare che sono un’attrazione per il turista di terra e non per quello che viene dal mare, che atterra, ad esempio, ad Anzio, lascia la barca e se ne va altrove; non lascia un euro, lascia solo la spazzatura. Queste barche si riforniscono e comprano da altre parti. Non è vero che il porto è una grande fonte di ricchezza; lo è se è fruibile da chi sta a terra. La maggior parte dei porti americani è fatta in questa maniera: è un’occasione di passeggio e di svago per le famiglie; vi è la zona con i ristorantini e i negozi ad hoc, legati alla nautica.
Sergio RIENZO Twiss - Confindustria LT. Abbiamo svolto un’indagine sui porti turistici ed è emerso che bisogna costruirne, ma per chi? Una società di una città vicina ad Aosta voleva realizzare un porto ed aveva già affidato alcuni lavori, ma per fortuna si è fermata, perché quando ha avuto l’intelligenza di chiedere all’associazione dei comandanti dei grandi yacht che girano per il mondo se lo avrebbero utilizzato, la risposta è stata “Certo, potremmo anche lasciarci la barca, ma non ci fermiamo nel posto perché chi viene con uno yacht del genere, quando scende a terra, vuole comprare un gioiello di Bulgari e altro che voi non avete”.
Emanuela MANCA Settore Turismo Sostenibile e Parchi – CTS. E per fare questo, occorre realizzare un porto?
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Sergio RIENZO Twiss - Confindustria LT. A Terracina un porto di questo tipo potrebbe essere realizzato in un anno, però non lo faranno mai perché pensano alla grande speculazione ed al grande porto. Vi è poi anche il problema delle correnti, nel senso che i comuni vicini temono che sparisca la spiaggia e quindi minacciano di intervenire se solo viene messa una pietra. In conclusione, il porto non si farà mai e neppure si riqualifica quello che esiste.Però ba-
sterebbe riqualificare quello che c’è: un bellissimo porticciolo turistico. Un grosso problema per i porti è costituito dai parcheggi. E’ stato affrontato anche il tema dei costi per l’ingresso nei monumenti. Abbiamo detto un milione di volte al comune di Terracina di non prevedere il biglietto di ingresso al Tempio di Giove così come è. Hanno deciso di prevederlo ed anche se la cifra è ridicola (tre euro per quella
meraviglia è nulla) ha fatto un danno, perché i visitatori, uscendo dal sito urlano e strepitano perché vi trovano staccionate vecchie ed erbaccia da tutte le parti, senza che vi sia un solo cartello con le spiegazioni. Allora anche i tre euro pagati, che sono nulla rispetto ad esempio alle cifre pagate in America per vedere una stupidaggine (che però è organizzata e precisa), pesano.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Bisognerebbe pagare anche per attraversare la piazza del comune, con il suo meraviglioso basolato ro-
mano.
Sergio RIENZO Twiss - Confindustria LT. Quanti dei bellissimi monumenti che si trovano in zona sono fruibili? Nessuno. La cattedrale cade a pezzi,
la strada è chiusa…
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Io alla fruibilità darei anche un altro significato: realizzare un sistema per far rivivere dei momenti particolari,
non so con quale sistema: in America si fa, perché non possiamo farlo anche qui?
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Sergio RIENZO Twiss - Confindustria LT. Si è parlato di percezione della sicurezza ed il collega ha detto che nel 1982 a New York non se l’è sentita di andare ad Harlem e di pren-
dere la metropolitana. Io l’ho presa molte volte e non mi è successo mai niente. Quanto volte viene detto che se si va a New York è meglio evitare
Harlem ed è pericolosissimo prendere la metropolitana? La stessa cosa viene detta agli stranieri quando vengono in Italia.
Claudio PAIELLI Presidente della Federconsumatori Lazio Credo che occorra un cambiamento – ahimé – culturale italiano, anche se si dice che l’Italia è il paese delle cento città, dei cento campanili. Anche questo, a volte, è un limite. All’estero, in Spagna o in Francia, l’offerta turistica è incentrata nel Paese e non in Catalogna o nelle varie regioni. Invece in Italia è differente, come si vede ad esempio nelle fiere, dove vi sono decine e decine di piccoli stand delle varie località, che sono una ricchezza ma anche un limite, nel senso che si sprecano molti denari per progetti, stampe di materiali, brochure per piccole frazioni. Ovviamente ognuno vuole lo spazio per agire nel suo territorio, però poi si perde. Vi è anche il problema dell’accessibilità, perché non è facile raggiungere, ad esempio, il paesino in provincia di
Campobasso. I campanili, le diverse culture sono da un lato una grande ricchezza, dall’altro un limite. Dovremmo sentirci protagonisti di una collettività, ma purtroppo, a causa delle nostre vicende storiche, abbiamo una cultura di tipo diverso. Ciò vale in qualunque settore e non solo in quello del turismo. Tutta la comunità cittadina di un borgo o di un paese dovrebbe poter fruire di questa ricchezza, dell’economia che si mette in movimento. Vi sono paesi che vivono solo di stagionalità: in Costiera amalfitana in inverno si va in letargo dal 5 novembre fino a Pasqua. Invece, con quelle bellezze e quella situazione meteorologica, si potrebbe lavorare tutto l’anno. Culturalmente vi è questo orienta-
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche La prima cosa che dobbiamo rilevare è che hanno sbagliato a metterci per ultimi: noi abbiamo i soldi
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e dobbiamo essere ascoltati prima degli altri gruppi.
mento “stagionale”; forse proprio per questo vi è la tendenza a far pagare 10 euro una bottiglia di vino e 150 euro una cena. Bisogna cambiare l’approccio e capire che disponiamo di un’enorme ricchezza. Occorrerebbe anche segnalare ciò che non va, ma spesso non lo si fa nella consapevolezza che nessuno risponde. Dobbiamo cercare di invertire questa tendenza ricorrendo alle associazioni dei consumatori e rendendole più forti. In Inghilterra, dove sono fortissime, vi è un programma TV il cui simbolo è un mastino con i denti affilati e la saliva che cola, che rappresenta la difesa del consumatore. Dobbiamo premere su chi, a livello istituzionale, porta avanti queste forme di interesse.
Sara FOI AT LAZIO Il punto di vista del turista è quello del cittadino, è il nostro: questo aspetto è fondamentale. Vi è una questione di etica, proprio perché le problematiche, al 90 per cento, sono anche nostre e non solo di chi viene e deve spendere. Per me il turismo è conoscenza ed esperienza, è un diritto ed io, come operatore
del turismo, devo offrire la mia esperienza nel miglior modo possibile, proprio perché io stessa devo avere questa possibilità. Da una parte vi sono problematiche che, per forza di cose, vanno in capo all’amministrazione e agli enti pubblici (infrastrutture, controllo, servizi); dall’altra vi è una questione
di etica che dovrebbe portarci a sentirci adeguati per quanto riguarda il rapporto qualità-prezzo di cui tanto parliamo: dobbiamo avere questo obiettivo nel costruire pacchetti, nell’affittare le stanze, nel fare la guida. Chiunque di noi, nella propria attività e nel proprio ruolo, deve sempre tener presente questo aspetto.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Non dimentichiamo che il turista si trova bene dove il cittadino vive bene, allora pensiamo prima a far vivere bene i cittadini e poi arrive-
ranno i turisti. Forse la propensione del turista è più alta nei confronti di una spesa per intrattenimento di quanto lo sia
verso la conoscenza di una cultura, tra l’altro in un periodo troppo breve.
Emanuela MANCA Settore Turismo Sostenibile e Parchi – CTS. Da quel punto di vista, l’informazione fatta in un certo modo, è importantissima. Io, ad esempio, posso
scoprire da sola come arrivare, senza prendere l’automobile, a Tarquinia; il turista deve saperlo prima,
per avere poi tempi veloci e sicuri.
Sergio RIENZO Twiss - Confindustria LT. Dovremmo istituire le ronde turistiche, a livello comunale. Intendo dire che quando qualcuno trova, ad
esempio, della sporcizia, deve chiamare chi di dovere, che deve rispondere.
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Emanuela MANCA Settore Turismo Sostenibile e Parchi – CTS. Il principio di base è il rispetto nei confronti degli altri, dei cittadini, dei turisti che possono essere visti come “cittadini onorari”, con qualcosa in più, quindi il senso dell’accoglienza, la voglia di trasmettere la propria cultura, facendola capire. Al di là di questo, ci deve essere il piacere di trasmettere un valore, come il rispetto del territorio. La parola chiave credo che sia “rispetto”, anche nei confronti di noi stessi. Quando intendiamo, come
spesso accade, “spennare” il turista non rispettiamo noi stessi. Tutti coloro che lavorano nel turismo, i tour operator, gli addetti alla reception, le guide turistiche sono interfaccia con il territorio, sono i veri e più importanti interfaccia tra il turista e il territorio, più del sindaco, più di chiunque altro. Io che lavoro come ricercatrice nel turismo ho sempre trovato affascinante il ruolo degli operatori turistici. Ribadisco che la parola chiave è “ri-
spetto”, anche nei confronti di coloro che vivono nel territorio. Vedere il turista come il pollo da spennare è prima di tutto non rispettoso e poi è controproducente in termini economici, perché seguendo questa filosofia, non offriamo una qualità elevata e ciò, nel lungo periodo, non offre un ritorno, tanto più se andiamo a vedere che il sistema di comunicazione più efficace è il passaparola.
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Abbiamo parlato del turista, del cittadino, dell’informazione. Forse dobbiamo includere anche il discorso degli accessi: porti, aeroporti, stazioni, porte. La situazione degli stranieri che ar-
rivano nelle stazioni con le valigie è drammatica! Nei treni, anche in quelli ad alta velocità Eurostar, non vi sono posti per i bagagli e i facchini non esistono più; ciononostante i trolley sono molto distanti
dai binari. In Canada, per i treni, esiste lo stesso servizio che si ha con gli aerei: si consegna il bagaglio e poi si riprende sul nastro.
allergici, quella per turisti, a due piani per guardare fuori, quella per uomini d’affari dotata di Internet e
wifi. Per i disabili c’è una carrozza apposita, aperta, con il bagno grande e l’accesso comodo.
Lucia CAVALIERE Associazione SI PUO’ In Finlandia chiedono che tipo di turista sei ed in base alla risposta, ti assegnano alla carrozza: quella per
Giovanni COCCO Direttore Generale dell’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche Inserirei anche il discorso dello skypass, che suggerisce una soluzione: lo sky-pass ha consentito di predi-
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sporre un tracciato del turista, il nome, l’albergo in cui risiede e tutto quello che fa.