LUGLIO2016
A cura di Antonio Marchini
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INDICE CIRCOLARI Ministero del lavoro Nota N. 11241 DEL 1° giugno 2016. Installazione e impiego illecito di impianti audiovisivi. Inps Messaggio 9 giugno 2016, n. 2587 Visite mediche di controllo, chiarimenti INPS MEF CIRCOLARE N. 19 del 14 giugno 2016. Corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare - Rivalutazione dei livelli di reddito a decorrere dal 1° luglio 2016. INPS messaggio n. 2758 del 21 giugno 2016. Pensione ai superstiti INPS messaggio n. 2884 del 30 giugno. Trasformazione delle domande di NASpI in domande di DIS COLL e viceversa. INPS Circolare n. 127 dell'8 luglio 2016. Adempimenti sanitari ed amministrativi per i soggetti invalidi civili o con disabilità grave. PARERI • • •
Mobilità, per il preavviso conta l’anzianità maturata Mansioni superiori, le regole per la corretta assegnazione Patrocinio legale, tutela solo in presenza di un procedimento giudiziario PROVVEDIMENTI IN GAZZETTA UFFICIALE
Gazzetta ufficiale 18 giugno 2016 n. 141. Legge n. 106 del 6 giugno 2016 Riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e della disciplina del servizio civile universale. Gazzetta ufficiale n. 143 del 21 giugno 2016. • Decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 2016, n. 108. Regolamento recante approvazione dello Statuto dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. • Decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 2016, n. 109. Regolamento recante approvazione dello Statuto dell'Ispettorato nazionale del lavoro. • Modifica l'articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Testo Unico del pubblico impiego n. 149, in materia di licenziamento disciplinare nella Pubblica Amministrazione, inserendo la fattispecie della falsa attestazione della presenza in servizio. • Il provvedimento entra in vigore il prossimo 13 luglio. (Vedi approfondimento)
SENTENZE Corte di cassazione sentenza n. 13455 del 30 giugno 2016. Rientro tutelato per la neomamma.
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APPROFONDIMENTI • • •
Modifica al testo unico sui provvedimenti disciplinari Il part-time agevolato per i lavoratori anziani: disciplina Ferie non godute (settori privati)
ABC DEI DIRTTI http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7040 http://www.abcdeidiritti.it
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CARTA DEI DIRITTI UNIVERSALE DEL LAVORO http://www.abcdeidiritti.it/abcdeidiritti.html
ULTIME GUIDE INSERITE ABC DEI DIRITTI • Guida ai permessi retribuiti e non retribuiti http://www.abcdeidiritti.it/esperto.html#singleQpost?id=5317 • Guida al mobbing http://www.abcdeidiritti.it/esperto.html#singleQpost?id=6191
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CIRCOLARI Ministero del lavoro Nota N. 11241 DEL 1° giugno 2016. Installazione e impiego illecito di impianti audiovisivi. Nota Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha ribadito che, anche nella sua nuova formulazione, l'art. 4 della L. n. 300/1970 prevede che l'installazione di un impianto di videosorveglianza non possa avvenire antecedentemente al richiesto accordo con le organizzazioni sindacali, ovvero, in difetto, al rilascio della prescritta autorizzazione da parte dell'autorità amministrativa competente. Com'è noto, l'art. 23 del D.Lgs. n. 151/2015, in attuazione di quanto disposto dalla L. n. 183/2014, ha riscritto l'art. 4 della L. 20 maggio 1970, n. 300 e l'art. 171 del D.Lgs. 20 giugno 2003, n. 196, in materia di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo. L'intervento legislativo ha rivisitato la relativa disciplina in considerazione delle innovazioni tecnologiche degli ultimi anni, rispondendo, altresì, alle indicazioni fornite dal Garante della Privacy (cfr. comunicato stampa del 18/06/2015 MLPS). La nuova disposizione, nel confermare che gli strumenti di controllo a distanza possono essere installati solo per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale ed esclusivamente previo accordo sindacale o, in assenza, previa autorizzazione amministrativa da parte della DTL, sostituisce al principio generale del divieto quello positivo dell'utilizzabilità, pur nel rispetto delle cautele di legge. Nel fare ciò, il nuovo art. 4 della L. n. 300/1970 chiarisce che non possono essere considerati "strumenti di controllo a distanza" gli strumenti che vengono assegnati al lavoratore "per rendere la prestazione lavorativa", ossia gli "attrezzi di lavoro" . In tal caso sostiene il Ministero, anche per la
relativa consegna non sarà necessario l'accordo sindacale, in quanto si è fuori dall'alveo delle prescrizioni legali. 2
Inps Messaggio 9 giugno 2016, n. 2587 Visite mediche di controllo, chiarimenti INPS Nota Rispondendo ad alcune richieste di chiarimenti in merito, è stato anzitutto precisato che l'Inps può disporre direttamente visite ambulatoriali, avvalendosi dei propri medici ove siano necessarie "particolari verifiche sanitarie e/o amministrative", ai sensi dell'articolo 10 del decreto ministeriale 12 ottobre 2000. Ove tali controlli siano stati richiesti per specifiche esigenze del datore occorre la preventiva valutazione Inps circa l'opportunità di convocare direttamente il lavoratore a visita ambulatoriale, verificando se questi può, in relazione al proprio stato di salute, lasciare la propria abitazione. Quanto alle modalità con cui il lavoratore riceve la convocazione a visita ambulatoriale in caso di mancato reperimento a casa, se non è possibile utilizzare il modello VMCD/Ricevuta COD SR.149 (che consente la consegna dell'invito a terzi), il medico, per procedere al controllo con la massima tempestività, deposita l'invito nella cassetta delle lettere presso il domicilio. Tuttavia, dato che tale modalità, cioè l'invito a presentarsi alla visita medica nella cassetta postale del lavoratore, non dà certezza circa la ricezione della convocazione da parte dell'interessato, ove si verifichi la mancata presentazione alla visita ambulatoriale, la Sede Inps competente, senza sanzionare la mancata presentazione alla visita come assenza, procede inviando un nuovo invito con raccomandata AR oppure, se disponibile, all'indirizzo PEC dell'assicurato, avendo cura, in tal caso, di verificare l'avvenuta ricezione e conoscenza da parte del destinatario.
MEF CIRCOLARE N. 19 del 14 giugno 2016. Corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare - Rivalutazione dei livelli di reddito a decorrere dal 1° luglio 2016. INPS messaggio n. 2758 del 21 giugno 2016. Pensione ai superstiti Nota. L’INPS ha fornito precisazioni in merito al riconoscimento e mantenimento del diritto alla pensione ai superstiti in favore dei figli studenti durante il periodo di vacatio studi o nel periodo di svolgimento di attività lavorativa. I figli studenti hanno diritto alla pensione ai superstiti fino a 21 anni di età o 26 anni se sono universitari, anche nel periodo di mancata frequenza tra un ciclo di studi e l’altro, purché l’iscrizione avvenga senza soluzione di continuità al primo momento utile. La pensione ai superstiti spetta e continua ad essere liquidata anche se il figlio studente svolge un’attività lavorativa da cui percepisca un reddito annuo inferiore al trattamento minimi di pensione maggiorato del 30%. In caso contrario la pensione non spetta e, qualora venga liquidata, è soggetta ad essere revocata.
INPS messaggio n. 2884 del 30 giugno. Trasformazione delle domande di NASpI in domande di DIS COLL e viceversa. Nota In proposito l'Istituto ha chiarito che è possibile la trasformazione delle domande di NASpI in domande di DIS COLL relativamente alle domande di ASpI/NASpI erroneamente presentate in luogo di domande di DIS COLL 2015 e viceversa in applicazione del generale principio di conservazione dell’atto giuridico di cui all’art. 1367 c.c. Nel caso di domande di NASpI erroneamente presentate in luogo di domande di DIS COLL 2016 e viceversa, quindi in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi tra il 1° gennaio 2016 ed il 31 dicembre 2016, è possibile la sola trasformazione delle domande di DIS COLL, erroneamente presentate, in domande di indennità NASpI. Nell’ipotesi contraria di domanda NASpI presentata in luogo di domanda di DIS COLL la suddetta trasformazione non è consentita in quanto determinerebbe un’alterazione dell’ordine cronologico di presentazione delle domande, con possibile pregiudizio del diritto di altri assicurati che abbiano correttamente presentato una domanda di DIS COLL.
INPS Circolare n. 127 dell'8 luglio 2016. Adempimenti sanitari ed amministrativi per i soggetti invalidi civili o con disabilità grave. Nota Dall’8 giugno, giorno di pubblicazione della circolare 127/2016 dell’Inps, le autorizzazioni per i tre giorni di permesso mensili previsti dalla legge 104/1992 per i disabili gravi e rilasciate sulla base di un verbale soggetto a revisione non riportano più una data di scadenza, ma indicano che il provvedimento ha validità fino alla conclusione dell’iter sanitario di revisione.
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Con la circolare l’Inps è intervenuta nuovamente sulle modifiche introdotte dal decreto legge 90/2014 che ha previsto la possibilità di continuare a godere dei benefici previsti anche durante l’iter di verifica a seguito di una visita di revisione della condizione di disabilità grave. In precedenza, infatti, durante il periodo di verifica, l’interessato o i familiari perdevano la possibilità di richiedere permessi, prolungare il congedo parentale, quello straordinario o di fruire de i riposi alternativi. La circolare precisa che, durante l’iter di revisione, per i permessi non è necessario presentare una nuova domanda, anche se il verbale sottoposto a revisione riporta una data di scadenza che è stata superata. Se la verifica si conclude con una conferma, il disabile o il suo familiare non dovranno presentare una nuova domanda di permessi, nemmeno se viene prevista un’ulteriore revisione del nuovo verbale, a meno che nel frattempo sia cambiato il datore di lavoro o l’orario (da full time a part time o viceversa o se si deve modificare il tipo di permesso). Se l’esito è negativo, invece, il disabile, il familiare che lo assiste e il datore di lavoro verranno informati dall’Inps con effetto al giorno successivo alla data di definizione del nuovo verbale. Per quanto riguarda il prolungamento del congedo parentale, i riposi alternativi a questo, o il congedo straordinario si deve presentare domanda per continuare la fruizione nel periodo dell’iter di revisione della disabilità. Questo perché, precisa l’Inps, si tratta di prestazioni richieste al bisogno per periodi determinati di tempo. La circolare indica inoltre le procedure da seguire da parte delle sedi territoriali in caso di mancata presenza al controllo da parte dell’interessato e le relative conseguenze. Infine viene ricordato che sempre il decreto legge 90/2014 ha ridotto da 90 a 45 giorni il tempo massimo entro cui deve essere accertato dalle commissioni previste dalla legge 104/1992, lo stato di disabilità su richiesta dell’interessato. Di conseguenza, superato il nuovo termine, sono effettuati accertamenti provvisori da medici specialisti in servizio presso l’azienda sanitaria locale dove il disabile è assistito.
PARERI AVVERTENZA PRECISIAMO CHE I PARERI PUBBLICATI RAPPRESENTANNO ESCLUSIVAMENTE L’OPINIONE DEGLI ENTI E DELLE ISTITUZIONI CHE LI EMANANO. PERTANTO, NON RAPPRESENTANTONO L’INTERPRETAZIONE E L’OPINIONE POLITICA DELLA FUNZIONE PUBBLICA CGIL. Mobilità, per il preavviso conta l’anzianità maturata Domanda. Nel caso di dipendente assunto presso un ente a seguito di un processo di mobilità, ai fini della determinazione della durata del periodo di preavviso, si deve computare solo il servizio prestato lo stesso o anche quello reso presso l’amministrazione di provenienza? Risposta. La durata del periodo di preavviso, nel caso in esame, ai sensi dell’articolo 12 del Ccnl del 9 maggio 2006, deve essere calcolata con riferimento all’anzianità di servizio maturata sia presso l’ente presso il quale il dipendente attualmente lavora, sia presso la diversa amministrazione di provenienza, prima del trasferimento. Si ricorda, infatti, che, in base alle previsioni dell’articolo 30 del Dlgs n. 165/2001, in tutti i casi di mobilità di personale tra enti o amministrazioni pubbliche, il rapporto di lavoro del dipendente non si estingue ma continua con gli stessi contenuti e con le medesime caratteristiche con un nuovo e diverso datore. (Comparto Regioni e autonomie locali)
Mansioni superiori, le regole per la corretta assegnazione Domanda. È possibile, ai sensi dell’articolo 8, comma 5, del Ccnl del 14 settembre 2000 e dell’articolo 52 del Dlgs n. 165/2001, attribuire a un dipendente inquadrato nella categoria C, a titolo di mansioni superiori, quelle proprie dei profili della categoria D, con trattamento stipendiale corrispondente alla posizione economica D3? Risposta. Relativamente a tale specifica problematica, si ritiene opportuno precisare quanto segue: 1. la disciplina del conferimento delle mansioni superiori, come noto, è contenuta nell’articolo 8 del Ccnl del 14 settembre 2000 e nell’articolo 52 del Dlgs n. 165/2001; 2. al dipendente possono essere conferite, a titolo di mansioni superiori, solo quelle della categoria immediatamente superiore (articolo 3, comma 3, del Ccnl del 31 marzo 1999); 3. le ipotesi legittimanti il conferimento al lavoratore di mansioni superiori sono quelle indicate espressamente nell’articolo 8 del Ccnl del 14 settembre 2000 e nell’articolo 52 del Dlgs n. 165/2001; tra queste vi è anche quella della vacanza del posto di organico (articolo 8, comma 2, lett. a), del Ccnl del 14 settembre 2000);
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4. l’assegnazione deve avere carattere temporaneo; l’articolo 8 del Ccnl del 14 settembre 2000 stabilisce la durata massima dell’assegnazione a mansioni superiori del lavoratore per ciascuna delle ipotesi considerate; nel caso della copertura del posto vacante, l’assegnazione può aver luogo per una durata di sei mesi prorogabile per altri sei mesi solo qualora siano state già avviate le procedure per la copertura del posto vacante; 5. sulla base delle precedenti previsioni, a un dipendente inquadrato in profili della categoria C, possono essere affidate anche mansioni superiori relative a profili della categoria D3; 6. infatti, anche se all’interno della unica categoria D sono previsti due distinti gruppi di profili, aventi un diverso trattamento stipendiale iniziale, rispettivamente, in D1 e in D3, si tratta comunque di profili appartenenti alla medesima categoria (la D) e, pertanto, anche rispetto al personale in possesso di un profilo professionale avente l’accesso in C1, la categoria immediatamente superiore, ai sensi dell’articolo 52 del Dlgs n. 165 e dell’articolo 2 del Ccnl 31 marzo 1999, è sempre rappresentata dalla categoria D; 7. pertanto, per soddisfare temporaneamente le proprie esigenze organizzative, l’ente potrebbe attribuire anche al dipendente di categoria C le mansioni superiori del profilo di categoria D3, nel rigoroso rispetto delle precise prescrizioni sia dell’articolo 52 del Dlgs n. 165/2001 sia dell’articolo 8 del Ccnl 14 settembre 2000, con riferimento alle condizioni legittimanti l’applicazione dell’istituto ed ai limiti di durata temporale per lo stesso previsti; 8. l’assegnazione a mansioni superiori, non costituendo una forma di inquadramento definitivo nella categoria superiore né, comunque, una forma di accesso, non presuppone necessariamente il possesso da parte del dipendente interessato del titolo di studio ordinariamente prescritto per l’assunzione di personale nella categoria superiore (salvo evidentemente il caso in cui vengano in considerazione le mansioni di uno specifico profilo professionale che richiedano il possesso di un determinato titolo di studio e/o di abilitazione professionale: geometra, ingegnere, avvocato ecc.). Quello che rileva è la effettiva capacità del lavoratore a svolgere le nuove mansioni, come valutata, con conseguente assunzione di responsabilità, da parte del datore di lavoro pubblico; 9. spetta al singolo ente, nella sua veste di datore di lavoro, ogni valutazione in ordina sia alla sussistenza dei presupposti per il ricorso all’assegnazione delle mansioni superiori sia in ordine alla durata della stessa. (Comparto Regioni e autonomie locali)
Patrocinio legale, tutela solo in presenza di un procedimento giudiziario Domanda. L’articolo 28 del Ccnl 14 settembre 2000, sul rimborso delle spese legali, è applicabile anche alle spese legali e peritali sostenute dal dipendente in sede di mediazione oppure nell’ambito di procedimenti, quali ad esempio, l’accertamento tecnico preventivo (articolo 606 c.p.c.) e la consulenza tecnica preventiva (articolo 696-bis c.p.c.) che non sono propriamente procedimenti giudiziari, dato che non sono preordinati a concludersi con una pronuncia giurisdizionale? Risposta. Relativamente ai contenuti della particolare fattispecie prospettata, giova preliminarmente richiamare la disciplina dell’articolo 28 del Ccnl 14 settembre 2000, secondo la quale: a) “l’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento” (comma 1); b) in caso di sentenza di condanna esecutiva per fatti commessi con dolo o colpa grave, l’ente ripeterà dal dipendente tutti gli oneri sostenuti per la sua difesa in ogni stato e grado del giudizio (comma 2). Sulla base della formulazione testuale della disciplina contrattuale, la particolare tutela in materia di patrocinio legale può trovare applicazione solo in presenza di un procedimento giudiziario, civile o penale, in senso proprio. Pertanto nelle previsioni del citato articolo 28 non sembrano potersi ricondurre anche i prospettati casi degli articoli 696 e 696-bis del codice di procedura civile, in quanto gli stessi non sembrano potersi considerare propriamente un procedimento giudiziario, destinato a concludersi con una pronuncia giurisdizionale. (Comparto Regioni e autonomie locali)
PROVVEDIMENTI IN GAZZETTA UFFICIALE Gazzetta ufficiale 18 giugno 2016 n. 141. Legge n. 106 del 6 giugno 2016 Riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e della disciplina del servizio civile universale. Gazzetta ufficiale n. 143 del 21 giugno 2016. • Decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 2016, n. 108. Regolamento recante approvazione dello Statuto dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro. 5
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Decreto del Presidente della Repubblica 26 maggio 2016, n. 109. Regolamento recante approvazione dello Statuto dell'Ispettorato nazionale del lavoro. Modifica l'articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Testo Unico del pubblico impiego n. 149, in materia di licenziamento disciplinare nella Pubblica Amministrazione, inserendo la fattispecie della falsa attestazione della presenza in servizio. Il provvedimento entra in vigore il prossimo 13 luglio. (Vedi approfondimento)
SENTENZE Corte di cassazione sentenza n. 13455 del 30 giugno 2016. Rientro tutelato per la neomamma. Nota. La lavoratrice diventata mamma ha diritto di rientrare in servizio dopo la maternità nella stessa unità aziendale di provenienza o in altra unità produttiva nell'ambito del medesimo comune. A sancirlo è l’articolo 56 del decreto legislativo 151/2001 . Non è, perciò, ingiustificata la prolungata assenza della lavoratrice madre chiamata a riprendere servizio presso una sede diversa da quella di provenienza, risultando il provvedimento espulsivo adottato dal datore di lavoro privo di legittimità. È questo il principio espresso dalla Cassazione con la sentenza 13455/2016 , la quale afferma che, per valutare la legittimità del licenziamento per prolungata assenza dal lavoro, intimato nei confronti di una lavoratrice madre al rientro in servizio, non si può prescindere dall’applicazione delle speciali garanzie poste dal Dlgs 151/2001 a tutela della maternità. La Cassazione rileva, in proposito, che l’articolo 56, comma 1, del decreto prevede il diritto delle lavoratrici, salvo il caso in cui vi rinuncino espressamente, a rientrare al lavoro, al termine del periodo di maternità, nella stessa unità produttiva ove lavoravano all’inizio del periodo di gravidanza o in altra sede posizionata nello stesso territorio comunale. Il caso sul quale è stata chiamata a pronunciarsi la Suprema Corte era relativo a una lavoratrice madre, nei cui confronti il datore di lavoro aveva ordinato di riprendere servizio presso un’unità aziendale situata in un comune diverso da quello ove la donna prestava servizio al momento della gravidanza. A fronte di una prolungata assenza della dipendente, che aveva omesso di conformarsi all’ordine datoriale sulla nuova sede di lavoro, il datore di lavoro aveva disposto il suo licenziamento. La lavoratrice aveva impugnato il provvedimento espulsivo e rimarcato la natura discriminatoria del licenziamento. In primo e in secondo grado, il ricorso della lavoratrice era stato respinto, sul presupposto che la dipendente non aveva dato prova dell’effettiva esistenza di atti preparatori del licenziamento qualificabili alla stregua di azioni discriminatorie in ragione della condizione di madre della lavoratrice. La Corte di cassazione riforma la decisione della Corte d’Appello, rilevando che, a prescindere dalla mancata dimostrazione di un’effettiva condotta strumentale del datore di lavoro, il dato dirimente sul quale avrebbe dovuto soffermarsi la valutazione del giudice era di verificare se l’assenza dal lavoro, alla luce della disciplina speciale sulla tutela della genitorialità, potesse o meno ritenersi ingiustificata. Tale preliminare verifica non era stata operata nei due gradi di merito e, per tale ragione, la Cassazione ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Venezia (in diversa composizione), perché si proceda a un nuovo esame della fattispecie in applicazione del principio per cui la sede di rientro, dopo l’astensione per maternità della lavoratrice, deve coincidere con quella di provenienza o con altra sede ubicata nello stesso comune.
APPROFONDIMENTI MODIFICA AL TESTO UNICO SUI PROVVEDIMENTI DISCIPLINARI La violazione. Il 13 luglio entra in vigore il Dlgs 20 giugno 2016 n. 116 che apporta modifiche al T.U 165/2001. La falsa attestazione della presenza, secondo la riforma, si realizza quando il dipendente, con qualunque modalità, faccia risultare in maniera fraudolenta - anche avvalendosi di terzi - di essere in servizio, oppure tragga in inganno l'amministrazione circa l'orario di lavoro effettivamente svolto. Se la falsa attestazione della presenza viene accertata in flagranza, oppure mediante l'utilizzo di strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, l'Amministrazione deve disporre immediatamente - e comunque entro 48 ore dalla conoscenza del fatto – e con provvedimento motivato la sospensione cautelare del 6
dipendente, senza necessità di ascoltarlo preventivamente. Il superamento di tale termine non determina inefficacia della sospensione e non comporta la decadenza dall'azione (analogo principio è previsto per la successiva procedura disciplinare). Il procedimento disciplinare. La sospensione è una misura diversa dal licenziamento, ma i suoi effetti concreti di fatto anticipano le conseguenze dell'eventuale e futura misura di recesso dal rapporto; infatti, durante il periodo di sospensione non spetta lo stipendio, anche se deve essere riconosciuto un trattamento minimo alimentare, nella misura stabilita dalle disposizioni normative e contrattuali vigenti. Dopo la sospensione, deve essere avviato il procedimento disciplinare, finalizzato ad ascoltare le difese del lavoratore e ad adottare l'eventuale misura sanzionatoria, in caso tali difese risultino insufficienti; anche per questa fase sono previsti termini accelerati. Il dipendente è convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno 15 giorni, e l'ufficio conclude il procedimento entro 30 giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell'addebito; al termine della procedura il lavoratore può essere licenziato, se le giustificazioni addotte non sono considerate sufficienti. Il licenziamento. Dopo il licenziamento, il lavoratore potrà dire davanti al giudice del lavoro, al fine di rilevare eventuali irregolarità formali o sostanziali nella procedura; in tal caso, potrebbe essere invocata l'applicazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori nella versione originaria, stando a quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 11868/2016. Risarcimento del danno- Il lavoratore che attesta falsamente la presenza rischia di risarcire anche il danno di immagine prodotto alla pubblica amministrazione: il responsabile della struttura che ha sospeso il lavoratore deve, infatti, denunciare il fatto al pubblico ministero e trasmettere gli atti alla procura regionale della Corte dei Conti entro 15 giorni dall'avvio della procedura disciplinare. La procura, entro tre mesi dal licenziamento, può emettere nei confronti del dipendente un "invito a dedurre" in merito al risarcimento per danno di immagine alla pubblica amministrazione. L'eventuale danno viene liquidato dal giudice in via equitativa, tenendo conto della rilevanza che ha avuto la vicenda sui mezzi di informazione (ma in misura non inferiore a sei mensilità dell'ultimo stipendio percepito dal dipendente). La legge, infine, prevede che i dirigenti e i responsabili dell'ufficio che, avendo conosciuto l'illecito, non si siano attivati prontamente per applicare la nuova procedura, commettono una omissione che costituisce illecito disciplinare punibile con il licenziamento, e deve essere comunicata all'autorità giudiziaria ai fini dell'accertamento della sussistenza di eventuali reati.
IL PART TIME AGEVOLATO PER I LAVORATORI ANZIANI: DISCIPLINA Il part-time agevolato per i lavoratori anziani è stato previsto dalla legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma. 284 della legge 208/2015 ) e il decreto interministeriale 7 aprile 2016 ne ha disciplinato le relative modalità attuative. Successivi provvedimenti amministrativi dell'Inps (Circolare 26 maggio 2016, n.90 e Messaggio 27 maggio 2016, n.2394 ) hanno chiarito i principali aspetti operativi. Per accedere all’agevolazione il lavoratore interessato deve essere titolare, al momento della presentazione della domanda, di un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato con un datore privato, compatibile con la trasformazione in part-time: restano esclusi, pertanto, rapporti di collaborazione, domestici, lavoro a domicilio e intermittente, mentre sono ammessi contratti in somministrazione e rapporti di lavoro agricolo. L'Inps ha precisato opportunamente che si considerano datori privati anche i non imprenditori (inclusi, pertanto, i professionisti) e gli enti di diritto pubblico. 7
Per accedere al beneficio sono richieste, inoltre, l’iscrizione del lavoratore all'AGO, l'assicurazione generale obbligatoria, o a forme sostitutive o esclusive di essa, nonché la maturazione, al 31 dicembre 2018, dei requisiti che consentono il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia (20 anni di anzianità contributiva ed età anagrafica di 66 anni e 7 mesi). Da notare che i 20 anni di contribuzione devono essere stati già maturati al momento della data di presentazione della domanda di verifica del diritto al part time agevolato (Inps, Circolare 90/2016 ). Nel caso in cui il richiedente non sia in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, alla data di presentazione della domanda l'importo della pensione calcolato sulla base del coefficiente di trasformazione relativo all'età pensionabile non deve essere inferiore a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale. Pertanto saranno interessati uomini e donne che: • nel giugno 2016 hanno almeno 64 anni ed 1 mese (nati a maggio 1952), ovvero • nel luglio 2016 hanno almeno 64 anni e 2 mesi (oltre, naturalmente, i 20 anni di contribuzione alla data di presentazione della domanda di certificazione dei requisiti). A fronte della riduzione dell'orario di lavoro concordata col datore in misura compresa tra il 40 ed il 60 per cento e per un periodo non superiore a quello intercorrente tra la data di accesso alla agevolazione e la data di maturazione dei requisiti pensionistici, il lavoratore ha diritto alla erogazione di una somma pari alla contribuzione previdenziale ai fini pensionistici a carico del datore di lavoro commisurata alla prestazione non effettuata (la contribuzione è piena, ossia si applica l’aliquota ordinaria anche se il rapporto fruisce di sgravi o incentivi), nonché al riconoscimento della contribuzione figurativa previdenziale (a carico della fiscalità generale) commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata. La somma erogata non è imponibile sotto il profilo fiscale, previdenziale ed assicurativo. Precisazione importante riguarda l'incompatibilità del part time agevolato con qualsiasi altra attività lavorativa che preveda obblighi contributivi (quindi lavoro dipendente, rapporti di collaborazione ec.). Inoltre il possesso di una pensione o dei requisiti per il diritto alla pensione anticipata al momento della presentazione della domanda non escludono il beneficio; allo stesso modo il perfezionamento del diritto alla pensione anticipata in un momento successivo al riconoscimento del diritto al part time agevolato. Diversamente accade se il lavoratore, sempre successivamente al riconoscimento del beneficio, consegue la pensione anticipata. Si ricorda che Non possono fruire del beneficio i lavoratori già in part-time e che intendano ridurre maggiormente l'orario di lavoro, nè i lavoratori già in part-time che, per rientrare nel beneficio, trasformino il rapporto di lavoro a tempo pieno per poi successivamente trasformare lo stesso contratto di nuovo in tempo parziale. Il part-time agevolato non è applicabile ai dipendenti pubblici. _______________________________________________________________________________________ FERIE NON GODUTE (settori privati) La Costituzione, sancisce il principio dell'irrinunciabilità alle ferie da parte del lavoratore, espropriandolo della libera volontà di decidere se fruire o meno del periodo di riposo per ferie, in ragione del fatto che l'effettiva fruizione delle ferie garantisce l'inalienabile diritto alla salute. Il lavoratore, oltre ad avere il diritto di godere di un periodo di ferie, è allo stesso tempo "obbligato" a fruirne per recuperare tutte le energie psicofisiche spese durante il tempo di lavoro. Durata delle ferie . Il profilo quantitativo delle ferie è determinato dall'art. 2109 c.c. , il quale prevede che la durata è fissata dalla legge, dai contratti collettivi e dagli usi, tenendo conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del lavoratore. 8
La previsione (generale) del codice civile è poi integrata dalla legge speciale (art. 10, D.Lgs. 8.4.2003, n. 66 ), che si occupa di fissare il periodo di durata minima (almeno 4 settimane l'anno), l'obbligo di riconoscere comunque la retribuzione (benché il lavoratore non presti attività lavorativa), la modalità di distribuzione delle ferie nell'anno (due settimane nell'anno di maturazione e le restanti nei 18 mesi successivi, salvo quanto diversamente disciplinato dalla contrattazione collettiva), il divieto di monetizzazione in corso di rapporto di lavoro (fa eccezione il caso della cessazione del rapporto di lavoro). Ed infine, nell'ultimo gradino delle fonti, la disciplina della contrattazione collettiva, che può muoversi solo negli spazi lasciati liberi dalla legge e in melius per il lavoratore (aumento del periodo di ferie, distribuzione nell'anno, modalità di computo della retribuzione durante il periodo di ferie, cause di interruzione delle ferie ecc.). Obblighi del datore di lavoro . Il Ministero del lavoro, con la circolare n. 8/2005 , ha cercato di sintetizzare e semplificare la lettura e l'applicazione dei suesposti principi, fornendo ai datori di lavoro una sintesi degli obblighi e delle procedure da rispettare in tema di ferie: • l'obbligo inderogabile di concedere un periodo di ferie di due settimane nel corso dell'anno di maturazione; • l'obbligo di tenere unite tali settimane (due settimane consecutive) qualora il lavoratore ne faccia espressa richiesta; la richiesta del lavoratore dovrà intervenire nel rispetto dei principi dell'art. 2109 c.c., ovvero con tempestività e nel rispetto del contemperamento tra le esigenze dell'impresa e suoi interessi privati; • l'obbligo di consentire al lavoratore di fruire del restante periodo di ferie nei 18 mesi successivi all'anno di maturazione (o altro periodo previsto dal contratto collettivo). Monetizzazione delle ferie contrattuali. Lo slittamento delle ferie eccedenti le prime due settimane ai 18 mesi successivi all'anno di maturazione (o al più ampio periodo di differimento previsto dalla contrattazione collettiva), introdotto dal D.Lgs. n. 213/2004 , può innestare un meccanismo di cumulo progressivo delle ferie, attraverso il quale il lavoratore può comunque ritrovarsi, ogni anno, a dover fruire di più di 2 settimane di ferie. Infatti, alle due settimane minime da fruire nell'anno (ai sensi del citato art. 10, D.Lgs. n. 66/2003), si aggiungono solitamente le due settimane di ferie maturate, e non godute, nel corso dell'anno precedente, limitando la flessibilità della distribuzione delle ferie su più anni, di fatto esclusivamente per le ferie maturate nell'anno di assunzione. Il divieto non si estende alle ferie che per contratto collettivo eccedono le quattro settimane minime legali (altra eccezione, di natura transitoria, fu concessa ai ratei di ferie non goduti al 29.4.2003, giorno a partire dal quale è entrato in vigore il D.Lgs. n. 66/2003). In definitiva, il divieto attualmente a regime circoscrive la possibilità per il datore di lavoro di monetizzare le ferie al solo periodo minimo di quattro settimane l'anno. Possono invece essere monetizzate: • le ferie maturate e non godute fino al 29 aprile 2003 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 66/2003); • le ferie maturate e non godute dal lavoratore il cui rapporto cessi entro l'anno di riferimento (sempre ammissibile quindi il pagamento delle ferie per i contratti a tempo determinato di durata inferiore all'anno); • le settimane o i giorni previsti dalla contrattazione collettiva in misura superiore al periodo minino legale. Sanzioni. L'art. 18-bis, co. 3, D.Lgs. n. 66/2003, così come modificato dalla legge n. 9/2014, ha previsto che in caso di violazione delle disposizioni in materia di ferie: • si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 100 a euro 600 ; • se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero si è verificata in almeno due anni, la sanzione amministrativa è da euro 400 a euro 1.500 ;
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•
se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero si è verificata in almeno quattro anni, la sanzione amministrativa è da euro 800 a euro 4.500 e non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. Il Ministero del Lavoro nella nota del 26.10.2006, in riferimento alle quattro settimane di ferie considerate dal legislatore, ha affermato che le stesse, ove non godute entro il termine dei diciotto mesi successivi all'anno di maturazione, ovvero nel diverso e più ampio termine fissato dalla contrattazione collettiva, potranno essere fruite dal lavoratore anche successivamente, ove il datore di lavoro a ciò acconsenta. Ciò a norma dell'art. 2109 c.c. il quale, appunto, dispone che il "momento di godimento delle ferie è stabilito dal datore di lavoro che deve tener conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del lavoratore", ferme restando le conseguenze sanzionatorie previste dal D.Lgs. n. 66/2003. Mancato rispetto del termine dei 18 mesi: conseguenze previdenziali. Il differimento oltre i termini consentiti del residuo periodo di ferie impatta anche sugli adempimenti previdenziali e sugli obblighi contributivi. È noto, infatti, che in presenza di una previsione legale e/o contrattuale che impone un termine di maturazione di un diritto retributivo, la scadenza dell'obbligazione contributiva (sul corrispondente valore delle ferie non godute) coincide con lo stesso termine. Nello specifico, il momento impositivo coincide con il mese successivo al diciottesimo mese successivo al termine dell'anno solare di maturazione delle ferie o con il più ampio termine. I datori di lavoro, di conseguenza, sono tenuti a sommare alla retribuzione imponibile del mese successivo a quello di scadenza del termine, anche l'importo corrispondente al compenso per ferie non godute e a versare all'ente previdenziale i contributi relativi. Si ricorda che L'art. 23, legge n. 977/1967 prevede un periodo minimo di ferie più lungo per i ragazzi che non hanno compiuto i 16 anni: il minimo periodo annuale di ferie retribuite per tali lavoratori (dalla legge definiti "bambini") non può essere inferiore a 30 giorni. Trattamento contributivo dei giorni di ferie non goduti. È bene che il datore di lavoro, contabilmente, mantenga distinto il periodo residuo di ferie non godute degli anni precedenti da quello dell'anno in corso, in modo da poter monitorare costantemente il corretto assolvimento dell'obbligo contributivo sulle ferie non godute. Come già detto, in caso di mancata fruizione del periodo di ferie entro il termine previsto dalla legge (18 mesi successivi alla fine dell'anno di maturazione) ovvero entro il termine più ampio fissato dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro è tenuto a versare all'Inps i contributi sulle ferie maturate e non godute. L'obbligo, nei medesimi termini, riguarda anche il periodo di ferie eccedente le quattro settimane minime (Min. Lav., nota 26.10.2006, prot. n. 25/I/0005221 ). Il momento impositivo, cioè quello in cui sorge l'obbligazione contributiva, coincide con il mese successivo a quello di scadenza del periodo di fruizione, tenendo a riferimento l'anno civile 1° gennaio/31 dicembre. A titolo di esempio, la scadenza per la fruizione delle ferie maturate nell'anno 2014 va fissata al 30 giugno 2016; quella per le ferie 2015 al 30 giugno 2017 e così via. Superata la scadenza, nel mese successivo (luglio, se si applica il limite generale dei 18 mesi), l'imponibile previdenziale andrà aumentato di un importo pari a quello delle ferie maturate nel secondo anno precedente e non ancora godute alla fine del mese precedente (sia nella busta paga del dipendente per la parte di sua spettanza, che per la quota a carico azienda). Ferie non godute nel 2014: contribuzione nel 2016. Il prossimo versamento contributivo sull'eventuale residuo delle due settimane di ferie maturate nel 2014 e non godute entro il 30 giugno 2016, deve essere versato entro il 16 agosto 2016 (differito al 22.8.2016), con riferimento all'imponibile previdenziale del periodo di paga luglio 2016. 10
Praticamente, nel cedolino paga di luglio 2016 i datori di lavoro sommeranno alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali anche l'importo corrispondente al compenso per ferie non godute, sebbene non ancora realmente corrisposto, e su tale somma incrementata calcoleranno i contributi ordinari. Nel momento in cui le ferie già assoggettate a contribuzione verranno fruite dal lavoratore (ovvero in caso di pagamento per cessazione del rapporto di lavoro), il contributo versato a suo tempo sulla parte di retribuzione corrispondente al compenso per ferie non godute sarà recuperato, sia per la quota a carico del datore di lavoro che per quella a carico del dipendente (nel cedolino verrà effettuata una restituzione sul netto), mentre ai fini pensionistici il relativo compenso dovrà essere portato in diminuzione dell'imponibile dell'anno al quale era stato imputato. Si ricorda che L'assoggettamento a contribuzione del compenso per ferie non godute subisce una deroga nel caso in cui il mancato godimento delle ferie sia imputabile a una prolungata assenza dovuta aduna causa legale di sospensione del rapporto di lavoro (es: malattia, infortunio, maternità ecc). Il termine di 18 mesi, in tal caso, si deve intendere sospeso per un periodo di durata pari a quello del legittimo impedimento (Inps, msg. n. 18850/2006 ).
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