LINEE GUIDA per il recupero e la ristrutturazione degli edifici scolastici esistenti nella Regione Abruzzo Un’iniziativa della Regione Abruzzo in collaborazione con WWF Italia “Scuole d’Abruzzo – Il Futuro in Sicurezza”
30 giugno 2011
Indice
Premessa...............................................................................................................................................3 Introduzione .........................................................................................................................................5 I caratteri dell’edificio ecologico .........................................................................................................6 Materiali, componenti e soluzioni tecnologiche ................................................................................12 Organizzazione e gestione del cantiere..............................................................................................17 Conclusioni ........................................................................................................................................20
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Premessa
Il termine “sostenibile”, nella sua più diffusa accezione, definisce comportamenti individuali e collettivi tesi ad una attenzione nei confronti dell’ambiente e delle risorse, tale da consentirne il mantenimento nel futuro delle loro attuali potenzialità. Da questa definizione discende una pratica nell’attuare le trasformazioni che, mostrando un maggiore interesse nei confronti della salvaguardia delle potenzialità dell’ambiente, tende a ridurre gli effetti negativi da esse comportate. La definizione, seppure indica una chiara finalità, non individua la modalità attraverso cui raggiungerla; la conservazione delle potenzialità, se scientificamente può avere un significato, nella pratica delle trasformazioni diviene un riferimento generico e dà adito ad un adattamento del termine e ad un suo uso inappropriato. Tralasciando l’utilizzazione strumentale del termine “sostenibile” tendente a favorire iter approvativi di opere, a facilitare una condivisione diffusa, a promuovere merci in un mercato, se ne incontra molto frequentemente una non corretta utilizzazione. Ad esempio, un edificio che porti al minimo il consumo energetico è un edificio sostenibile? Sicuramente esso contribuisce positivamente alla riduzione delle emissioni e quindi al contenimento dei mutamenti climatici, e sicuramente concretizza filiere produttive e sensibilità ambientali tra gli operatori e i fruitori. Ma se l’edificio è costruito in un ecosistema ad elevata naturalità, lontano dagli insediamenti esistenti, utilizza materiali con notevole energia incorporata, necessita di continue ed onerose manutenzioni, l’aggettivazione “sostenibile” appare inappropriata proprio in ragione della quantità di risorse che consuma e che rende inaccessibili alle future generazioni. Può essere sostenibile un grattacielo? Tale tipologia richiede un impegno di energia per il funzionamento e la manutenzione, per i caratteri dei materiali, per la cantierizzazione molto superiore a quella di altre tipologie e quindi, seppure potrebbe presentare vantaggi nella riduzione dell’occupazione di suolo (se non si considerano gli spazi asserviti dalle ombre portate, dalle necessità di illuminazione dei piani bassi, etc), non appare una tipologia abitativa sostenibile. Risultano strane, quindi, le aggettivazioni “sostenibile, ecologico, verde, naturale” che molto frequentemente vengono date a questi edifici per il solo fatto che, attraverso alcuni accorgimenti, riducono parzialmente l’enorme dispendio di energia che la tipologia richiede.
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La riduzione dei consumi di risorse e di energia sono condizioni necessarie ma non sufficienti al raggiungimento della sostenibilità delle trasformazioni. Ad esempio, se un edificio fosse costruito con materiali naturali e/o a basso contenuto energetico e ottenesse una significativa riduzione dei consumi di energia, ma non fosse un edificio necessario, esso avrebbe un impatto molto significativo; per quanto piccolo, infatti, quell’impatto si poteva evitare in quanto non indispensabile. E molti sono gli edifici non necessari: quelli che servono a garantire enormi superfici pro-capite, quelli che non vengono utilizzati continuativamente, quelli che rimangono vuoti per anni, quelli che sono costruiti più per produrre reddito che per abitare. Da sempre questo tipo di edifici esiste; da sempre è stato possibile che ci fossero in quanto la disponibilità di risorse (terreni e materiali) lo consentiva; ma oggi, alla luce delle condizioni dell’ambiente, è forse opportuno non svolgere più queste pratiche.
La Mission del WWF è di fermare il degrado dell'ambiente naturale del pianeta e di costruire un futuro in cui l'uomo possa vivere in armonia con la natura conservando la sua diversità biologica, assicurando che l'uso delle risorse rinnovabili sia sostenibile e promuovendo la riduzione dell'inquinamento e degli sprechi: costruire il necessario, intervenire a recuperare l’esistente, ridurre i consumi energetici, aumentare la qualità dei materiali non è più solo un obbligo etico ma una necessità dettata dalla situazione ambientale e sociale planetaria. Allora il significato di sostenibilità diviene indicatore di una azione che, viste le condizioni del pianeta, nel caso se ne vogliano conservare risorse e potenzialità, non può che essere di conservazione e di riqualificazione ambientale. Nell’ambito dell’iniziativa della Regione Abruzzo “Scuole d’Abruzzo – Il Futuro in Sicurezza”, il WWF Italia ha così scelto di orientare il proprio contributo verso Linee guida che riguardano nello specifico il recupero e la ristrutturazione degli edifici scolastici esistenti.
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Introduzione
Nell’architettura contemporanea si tende ad utilizzare diffusamente aggettivazioni che caratterizzano la qualità ambientale degli edifici. La frequente inappropriata apposizione dei termini “ecologici” e “sostenibili” non è solo una approssimazione ma è un grave danno culturale per la dequalificazione dei termini e quindi perdita di valore dei contenuti che essi rappresentano. Nominare correttamente gli oggetti e le azioni appare un atto inalienabile per chiarire i problemi e definire le risoluzioni, per non generare quell’indifferenziata omogeneità di comportamenti che, normalizzandoli, non dà valore agli atti. Il gravissimo stato di alterazione dell’ecosistema planetario e le enormi sofferenze a cui è costretta gran parte della popolazione mondiale impongono un impegno che va ben oltre l’indebita appropriazione terminologica. È necessario cambiare il segno dell’intervento antropico puntando ad una sostenibilità non generica ma precisamente ed esclusivamente volta a trasformazioni e comportamenti che riqualificano e conservano l’ambiente.
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I caratteri dell’edifico ecologico
L'edilizia ecologica nasce come reazione alla grave crisi ambientale, che imputa all'attività del costruire una grande responsabilità a causa del contributo che essa stessa possiede sul consumo totale di energia nel mondo. Le emissioni di CO2 e la produzione di rifiuti, per la costruzione ed il quotidiano funzionamento degli edifici, sono enormi. Considerando gli obiettivi internazionali decisi per la protezione del clima e la salvaguardia delle risorse, è inevitabile un’attenta regolamentazione del settore edile. L’edilizia ecologica tenta di individuare una progettazione capace di limitare le scelte tecnologiche potenzialmente impattanti e di prediligere il recupero dell’esistente alla nuova edificazione utilizzando materiali non tossici e riciclabili capaci di contenere i consumi e gli sprechi energetici. Di seguito una rassegna di quali sono i caratteri dell’edificio ecologico secondo il WWF Italia.
Indispensabile Il primo carattere del progetto ambientale degli edifici è che la loro costruzione sia effettivamente necessaria. Non vi è nessun impatto più elevato di quello prodotto per non ottenere alcun risultato. La costruzione di un edificio deve essere motivata dalla verifica delle reali necessità e della possibilità che non vi siano altre soluzioni praticabili, quali ampliamenti o ristrutturazioni di edifici esistenti. La verifica deve essere effettuata non solo nell’ambito delle disponibilità e dei desideri della committenza.
Adeguatamente localizzato L’edificio deve essere localizzato nel luogo in cui produce il minor impatto. Abitualmente la proprietà del terreno determina la localizzazione degli edifici così essi si posizionano casualmente nello spazio fisico prevalentemente in ragione della disponibilità o della convenienza economica. La scelta deve invece avvenire attraverso un confronto tra diverse localizzazioni perseguibili individuando quelle soluzioni che possono ridurre gli effetti negativi ed ottimizzare le relazioni tra nuova costruzione ed ambiente. È comunque possibile attribuire un maggiore impatto per gli edifici isolati ed in particolare per quelli posizionati all’esterno dell’edificato consolidato in quanto 6
necessitano di un maggiore impegno di energia in fase di realizzazione, di gestione e di infrastrutture.
Specifico per una località L’edificio dovrebbe collocarsi in un sito adattandosi alla morfologia e alla vegetazione esistente, alterando il meno possibile le condizioni preesistenti. Il progettista deve valorizzare gli elementi presenti per articolare il progetto, facendo sì che le soluzioni si arricchiscano della conservazione o riqualificazione dei segni naturali. Il progetto non si inserisce su di una tabula rasa, sul foglio bianco, ma interagisce con il sistema in cui si colloca.
Recupera l’esistente La costruzione che non spreca risorse ed energia quindi è indirizzata al recupero del patrimonio edificato disponibile, ad una sua riconfigurazione, ad una ottimizzazione dell’uso degli spazi costruiti.
Riduce le dimensioni degli spazi occupati L’edificio deve occupare lo spazio minimo necessario sia coperto che scoperto annesso. Il suolo è una delle maggiori risorse biologiche del pianeta; occupare suolo immotivatamente, eliminare quel sottile strato in condizione di fare crescere la vegetazione e fissare la CO2, sostituendolo con pavimentazioni comporta un impatto elevatissimo. Ma non è solo necessario pavimentare poco, e con soluzioni comunque permeabili, ma occorre anche ridurre gli spazi di sistemazione esterna che non conservino o ricostruiscano la qualità dell’ecosistema in cui si inserisce la costruzione. Lo stesso prato verde, così diffuso nei giardini, può divenire un elemento di alterazione del paesaggio quando collocato in un contesto mediterraneo e dove necessita di un grande impegno in termini energetici e di risorse (ad iniziare da quelle idriche).
Usa materiali a basso impiego di energia, salubri ed a basso impatto La riflessione sull’appropriatezza dei materiali attiene anche alla reperibilità e alla capacità di gestione da parte della popolazione locale. Così come la scelta di soluzioni tecniche e di una
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organizzazione del lavoro, la scelta dei materiali può implicare l’indebitamento della comunità, la sua dipendenza da agenti esterni, il suo impoverimento. L’edificio ecologico definisce, dunque, l’appropriatezza di un materiale non solo in relazione alla sua efficienza, alla capacità di ridurre il consumo di energia e le emissioni in fase di produzione, trasporto, montaggio, funzionamento e dismissione, alla salubrità, alle capacità di recupero di altre materie già utilizzate, ma verifica anche la connessione del materiale con la comunità, indirizzando verso scelte che migliorino l’autonomia e la caratterizzazione degli utilizzatori.
Riduce il bisogno di energia esterna Un edificio ecologico limita al minimo l’uso di energia, ovvero pone in atto quelle misure passive che ne limitano l’impiego. È’ un edificio che al suo interno provvede anche alla produzione di energia dolce (a basso impatto), ovvero pone in essere tutte quelle misure attive per fornire energia al funzionamento dell’edificio stesso.
È direttamente regolato dall’uomo L’abitante dell’edificio non deve essere attonito oggetto di automatismi. È necessario ripristinare, anche nel caso degli edifici più complessi, non solo l’autonomia della decisione dei singoli rispetto alle condizioni volute (e questo alcuni automatismi già lo prevedono), ma ripristinare quell’azione diretta che modifica manualmente le strumentazioni atte a produrre gli effetti desiderati. L’edificio funziona con l’intervento dell’utilizzatore che muove le persiane, apre le finestre, chiude le tende, crea il movimento dell’aria e non si limita esclusivamente a pigiare un sensore o ad adattarsi a delle condizioni preconfigurate. Non vi possono essere mediazioni automatiche tra le sensazioni di caldo e l’apertura della finestra, per non perdere la relazione tra abitazione, abitante e abitare, in questo caso aula scolastica e studenti e insegnanti.
Non è finalizzato a comunicare messaggi Accade di frequente che l’edificio divenga uno strumento per la comunicazione dei messaggi più che un sistema per rendere piacevole l’abitare. Così esso mostra il potere della committenza, la sua efficienza,la sua capacità tecnica. Una rappresentatività che spesso non risponde al benessere degli 8
utilizzatori o alle esigenze di tutta la comunità, sulla quale tuttavia ricadono oneri di esercizio e di manutenzione non appropriati. Un edificio ecologico non è finalizzato a comunicare messaggi che non siano quelli di una modalità qualificante ed a basso impatto dell’abitare; al contrario deve poter trasmettere la comunicazione della propria efficienza ambientale così come essa è stata realizzata.
Utilizza la capacità del progettista e della tecnologia per la migliore soluzione di problemi ambientali La capacità del progettista e la tecnologia non sono elementi da manifestare. Essi concorrono al raggiungimento dell’obiettivo di risolvere i problemi ambientali e di garantire la massima qualità di vita all’interno e all’esterno dell’edificio. Il segno del progettista non deve essere traino e motore del progetto ma deve scaturire dalla considerazione delle variabili ambientali e dalla utilizzazione delle tecnologie che consentono di migliorare l’efficienza e la qualità complessiva (culturale, ambientale e sociale) dell’edificio.
È finalizzato al benessere delle comunità Gli edifici hanno un obiettivo preciso: migliorare o mantenere le condizioni di qualità dell’abitare e pensare al benessere della comunità in cui l’edificio stesso si colloca. In questo quadro la tecnologia è lo strumento atto a migliorare la vita dei popoli e al servizio delle loro esigenze, individuando quelle soluzioni che realmente e fattivamente possono contribuire a questo scopo. Tecnologie, dunque, non imposte, ma accordate con il livello di uso, che mantengano una relazione con le soluzioni tradizionali (innovando senza perdere la memoria).
Non è prodotto di consumo Nell’affrontare le tematiche ambientali all’interno del processo edilizio si sono approfonditi argomenti afferenti alla riduzione degli impatti in fase di decostruzione degli edifici. Nell’evoluzione di questi approfondimenti sulla smontabilità ed il riuso dei materiali e delle componenti, gli edifici stanno assumendo i medesimi caratteri di un qualunque prodotto di consumo. Fino ad ora gli edifici sono stati tra gli oggetti meno colpiti dal morbo dell’usa e getta: gli edifici devono durare nel tempo, mantenendo a lungo le prestazioni di progetto, si adeguano, si mo9
dificano, si stratificano in essi le culture e i cambiamenti, si riparano. Tutto il contrario di quanto avviene per tutte le altre merci. Sebbene il problema della riorganizzazione e riqualificazione degli spazi urbani sia notevole non è possibile individuare nella sostituzione la principale misura operativa. Ipotizziamo che in un’area di un ettaro vi sia un edificio: ipotizziamo di abbatterlo e di costruirne un altro con una efficienza funzionale ed ecologica superiore. Il bilancio energetico dell’edificio nuovo, la sua “impronta ecologica”, non scaturisce solo dall’insieme dell’energia utilizzata per la sua costruzione e del suo funzionamento ma dalla somma dell’energia impegnata nella costruzione dell’edificio vecchio più quella necessaria per il suo abbattimento e smaltimento dei materiali unita all’energia impegnata per l’edificio nuovo. Ipotizzare quindi gli edifici come prodotti di consumo innalzerebbe l’impegno energetico e gli impatti connessi del settore edilizio in maniera esponenziale. L’edificio tecnologicamente ecologico è un edificio che si riusa, che ha la possibilità di evolversi nel tempo. È un oggetto che consente un suo continuo adattamento al variare delle necessità, che dura per generazioni, con costi energetici ed ambientali minimi. In questo è necessario prendere consapevolezza dell’afisicità apparente degli edifici; l’uso di una quantità ridotta di materiali non garantisce un ridotto consumo di energia; il rapporto tra quantità di materia e quantità di energia non è direttamente proporzionale ed è possibile che grandi quantità di materia abbiano bisogno di poca quantità di energia come in alcuni casi è possibile il contrario. La fisicità di un edificio non è dunque attribuibile alla “leggerezza” percettiva dell’edificio stesso ma alla sua leggerezza energetica. Un edificio massivo può essere energeticamente leggero soprattutto se valutato in funzione delle sue prestazioni e del comfort assicurato.
Esprime la capacità sociale del costruire L’edificio ecologico si caratterizza anche per le modalità di costruzione: una organizzazione del lavoro composta di maestranze, di competenze diversificate, di capacità tecniche diffuse, di materiali e risorse disponibili in loco, una organizzazione locale che consente la connessione tra il costruire e la società. L’edificio scaturisce da una comunità che produce cultura e capacità tecnica. Nel fare contemporaneo l’edificio impone sempre più soluzioni non gestibili da maestranze locali; spesso è la risultante dell’accorpamento di componenti industriali, attraverso una organizzazione del lavoro che vede gli operatori ignorare il progetto complessivo e non essere utilizzati per una 10
specifica capacità; spesso concentra tutta la capacità progettuale nella definizione dei prodotti e delle componenti e non nell’organismo progettato; spesso il suo disegno riduce la progettualità del gesto del singolo operatore ad un ruolo marginale e indesiderato. L’organizzazione dell’edificare contemporaneo configura una società in cui il sapere tecnico si concentra e non è partecipato, una società gerarchizzata che toglie ruolo e creatività agli individui che partecipano alla costruzione alienandoli e marginalizzando il loro contributo. L’edificio ecologico recupera la manodopera non solo in quantità ma nella qualità della partecipazione, organizzando il lavoro in stretta considerazione della comunità in cui l’edificio si colloca.
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Materiali, componenti e soluzioni tecnologiche Se il processo di progettazione è volto alla riduzione del “peso” ambientale, tutte le scelte, anche quelle formali, sono fatte con l’obiettivo del suo raggiungimento. Conoscere ed interpretare i caratteri dei materiali e delle tecniche è indispensabile per non inficiare, fin dall’inizio, la qualità dei risultati. Se infatti in generale solo alcuni materiali e tecniche sono in se stessi insostenibili, per molti è il loro uso inappropriato e l’incongruo obiettivo progettuale a renderli tali, e se alcuni di essi assumono valore positivo solo in determinate applicazioni, fornendo risposte specifiche valide in definiti contesti operativi, altri presentano caratteri ambientali positivi validi nella generalità delle condizioni di uso. Ad esempio, il polistirene è molto economico e di grande facilità applicativa; è però anche materiale energivoro la cui produzione, trasporto e lavorazione sono connesse a rischi per la salute umana e per l’ambiente e a difficoltà di smaltimento, caratteri questi che ne sconsiglierebbero l’uso diffuso. Il laterizio, al contrario, possiede alcuni caratteri ambientali e sociali che lo rendono di notevole interesse per una progettazione sostenibile, a partire dalla risorsa base, l’argilla, largamente diffusa, facilmente accessibile, non controllata da monopoli,alla distribuzione dei numerosi produttori di laterizi nel territorio, alla salubrità e duttilità, al suo utilizzo per azioni di autocostruzione progettata o diretta alla durabilità e facilità di manutenzione. Oggi, la preoccupazione in edilizia è principalmente concentrata sull’utilizzo delle risorse energetiche che rappresenta solo uno dei due fattori dell’edilizia ecologica; l’altro, quello dell’utilizzo dei materiali, rimane sotteso. Ma nella costruzione delle architetture e dei luoghi, accanto e insieme ad una “ecologia della tecnica”, è necessaria una “ecologia dei materiali”. La scelta di un materiale si deve fondare quindi, (oltre che sulle caratteristiche di prestazionalità, affidabilità e sicurezza nel tempo) sulla valutazione energetico ambientale degli stessi. Alcune variabili da considerare sono:
Disponibilità della risorsa. Verifica della disponibilità (quantità della risorsa e sua distribuzione nel pianeta) del principale materiale che compone l’oggetto dell’analisi.
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Modalità di giudizio: negativo per le risorse in esaurimento, per le risorse concentrate in luoghi determinati, per le risorse controllate da pochi soggetti; positivo per le risorse disponibili in quantità e localizzazione diffusa, controllate, conosciute e collaudate dalle comunità.
Rinnovabilità delle risorse. Verifica della rinnovabilità delle risorse per un numero limitato di materiali.
Effetti dei processi di trasformazione. Verifica degli effetti ambientali connessi al prelievo, prima e seconda trasformazione dei materiali. Giudizio negativo su materiali con effetti ambientali negativi (percentuale bassa tra materiali estratti e scarti, grandi consumi di acqua, emissioni e rifiuti nelle fasi di prelievo; emissioni e rifiuti nelle fasi di trasformazioni; concentrazione dei luoghi di trasformazione e quindi lontananza dai luoghi di utilizzazione).
Consumo di energia. Verifica delle quantità di energia necessarie per il prelievo e la trasformazione delle risorse (in processi, trasporti, messa in opera, smaltimento). Significativa è l’analisi ed il confronto dell’energia incorporata del materiale.
Caratteri positivi del prodotto. Assenza di tossicità, radioattività, emissioni polveri, odori, assenza di emissioni di fumi in caso di incendio, non contaminazione ambientale.
Riciclabilità e smaltimento. Valutazione sulla potenzialità del materiale ad essere riciclato o smaltito (con valutazione anche degli sfridi produttivi) e di recuperare materiali (riuso, uso degli sfridi di altre produzioni, materiali riciclati). I livelli di giudizio possono essere basati sulla quantità del materiale riciclabile e riciclato, e sui costi di smaltimento.
Durata. Capacità dei materiali di garantire prestazioni nel lungo, lunghissimo, periodo. La scelta di materiali duraturi incide fortemente anche sulle operazioni di manutenzione, onerose in termini ambientali ma anche economici.
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Effetti sul clima. Quantità di emissioni di CO2 (da valutare sulla base dell’energia consumata in fase di trasformazione e produzione al netto della quantità di CO2 immagazzinata dal materiale). Un edificio “ecologico”, come detto, si propone di garantire la qualità ambientale complessiva delle scelte operate estendendo le verifiche all’insieme dei temi ambientali e sociali che con esso interagiscono. In questo la scelta dei materiali, delle componenti e delle soluzioni tecnologiche adottabili non può essere operata esclusivamente sulla base delle prestazioni tecniche, anche se di tipo ambientale, ma dovrebbe essere basata sulla considerazione di altre variabili connesse con le modalità produttive e di uso degli stessi.
Semplicità del processo produttivo Preferire soluzioni la cui produzione derivi da un processo semplice, che può essere approntato e gestito senza particolare necessità ed in diversa maniera, da quelle più tradizionali a quelle più innovative, garantendone comunque la qualità del prodotto. I processi produttivi tradizionali fanno parte della cultura della popolazione e la loro innovazione non deve necessariamente alienare la capacità della produzione dalla comunità in cui essa si svolge, né deve comportare la perdita del patrimonio culturale e tecnico ad essa connesso. Semplicità e comprensibilità della produzione permettono la consapevolezza, e in molti casi la gestione diretta, da parte della comunità locale.
Diffusione geografica della produzione Preferire soluzioni che sono prodotte in luoghi posizionati nel territorio in vicinanza delle risorse e dei luoghi di utilizzazione. La concentrazione della produzione in pochi siti allontana la relazione tra produzione, risorsa, prodotto e utilizzatore elemento questo fondamentale per una produzione appropriata alle necessità, non solo tecnico-prestazionali, dei fruitore. Proprio in ragione della semplicità ed economicità dei processi è possibile la diffusione dei luoghi di produzione sul territorio in vicinanza delle risorse o del luogo di utilizzazione; in questa maniera, nonostante si ottenga una minore ottimizzazione del processo industriale, si riscontra una maggiore differenziazione delle modalità produttive e dei prodotti (più rispondenti alle specifiche necessità locali) ed una maggiore distribuzione dei profitti.
Ottimizzazione ambientale dei processi 14
Preferire soluzioni che comportano processi a ridotto impatto e basso rischio e che presentino ulteriori possibilità di intervenire ulteriormente per la riduzione degli effetti negativi, ad esempio attraverso il recupero di energia, la riduzione degli sfridi di produzione, attraverso ripristini e riqualificazioni.
Duttilità della produzione Preferire soluzioni e materiali che presentino una elevata capacità della produzione di essere orientata verso forme e soluzioni tecniche diversificate in ragione delle specifiche esigenze. Capacità di rispondere alle diverse necessità definite in sede progettuale in considerazione delle situazioni ambientali e di uso riscontrate. È il prodotto che si adatta al progetto e non il contrario.
Potenzialità tecniche Preferire soluzioni con capacità di assolvere al maggior numero di requisiti (di stabilità, di sicurezza dal fuoco, di sicurezza in uso, di tenuta, termoigrometrici e di efficienza energetica, acustici, di aspetto, di contributo alla idoneità degli spazi al loro utilizzo, di manutenibilità, di messa in opera e di integrazione con gli altri materiali) relativi all’edificio o ad alcune sue parti, in termini di caratteristiche qualitative o quantitative, e prestazioni in base al comportamento e alla resistenza in determinate condizioni d’uso e di sollecitazioni. In particolare la capacità di rispondere alla esigenza di risparmiare energia.
Facilità della messa in opera Preferire soluzioni con capacità di essere messi in opera in diverse maniere, dal cantiere più innovativo a quello più tradizionale, al tipo autocostruito. Tale scelta può permettere una organizzazione dei lavori adattabile ai caratteri ambientali e sociali locali.
Potenzialità innovative Preferire soluzioni all’interno di sistemi tecnologici innovativi al fine di ridurre il “peso” ambientale dell’edificio; adattabilità a soluzioni anche tecnologicamente innovative.
Favorire il recupero 15
Preferire soluzioni che presentino una adeguata capacità di essere disassemblate o comunque di favorire il recupero dei materiali ed il loro facilita le attività per il riciclo e riutilizzo.
Manutenzione diretta ed economica Il problema non è solo quello di avere una manutenzione più episodica possibile ma che essa sia fatta a bassi costi con personale facilmente reperibile non specializzato e quindi non “monopolizzato” da una ditta produttrice. Ovvero si tratta di evitare quanto si è consolidato nei prodotti industriali (elettrodomestici, autoveicoli, etc.) dove, a fronte di una migliore gestione del sistema produzione-vendita-manutenzione-dismissione della merce, secondo i criteri della produzione (quindi principalmente ottimizzazione dei costi e centralizzazione del soggetto gestore con concentrazione dei profitti), si è impoverito significativamente il tessuto sociale tecnico operativo e culturale connesso alla gestione e uso dei prodotti. Il problema della sostituibilità delle parti anche in questo caso è trattato ipotizzando l’acquisto di componenti dalla stessa ditta che produce la merce, riducendo la possibilità di soluzioni efficienti gestite con l’integrazione di parti disomogenee rispetto alle componenti prodotte. Ovvero si opera al fine di connettere allo stesso produttore tutte le fasi successive all’acquisto del prodotto. Così facendo si perde l’uso di materiali-base con cui riparare e integrare le diverse merci e si propongono un numero elevato di soluzioni conformi all’interno dello stesso catalogo delle ditte produttrici ma fortemente difformi al di fuori dell’ambito della ditta produttrice anche quando svolgono la medesima funzione. Per la curabilità si punta ad una durata elevata che garantisca la stessa efficienza nel lungo periodo ed ad una dismissione completa a fine del ciclo. All’uso di materiali e tecniche semplici che possono essere gestite direttamente senza ricorrere di nuovo al produttore.
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Organizzazione e gestione del cantiere
Il progetto ambientale si interessa della cantierizzazione in quanto il processo produttivo determina la qualità finale del prodotto. La diversità delle modalità di costruire mostra come culture diverse portino ad organizzazioni diverse del lavoro e ciò, pur non dimostrando una correlazione esclusiva, è comunque rappresentativo di una stretta connessione tra modalità di cantierizzazione, società e prodotto. Questa relazione è in qualche modo regolata dalla tecnica che in sé contiene i caratteri della cultura, dell’organizzazione del lavoro, della capacità di una comunità e del suo assetto produttivo e sociale. Le soluzioni tecniche adottate modificano l’organizzazione dei lavori. L’organizzazione del lavoro può migliorare l’efficienza ambientale di un progetto. Ad ogni soluzione tecnologica corrisponde una organizzazione del cantiere e, per ridurre gli effetti negativi dello stesso, in parte si può intervenire sul miglioramento delle pratiche di gestione e di mitigazione, in parte si deve intervenire sulla modificazione delle soluzioni con il conseguente cambiamento di organizzazione del cantiere. È in questo opportuno comprendere il livello di adattabilità del cantiere rispetto alle valenze ambientali e sociali, e dunque non solo produttive, che si mettono in gioco. Di seguito si elencano alcuni temi di riflessione:
Modificazioni in corso d’opera Il processo edilizio è difficilmente modificabile in fase attuativa in quanto il sistema e le parti sono definite precedentemente all’avvio della fase di costruzione. Questo carattere è certamente più accentuato nei processi produttivi industrializzati, dove le parti e le modalità di aggregazione delle stesse sono definiti e immodificabili. La modificazione in corso d’opera è difficilmente tollerata.
Manodopera Le attuali modalità di cantierizzazione mirano alla riduzione della manodopera. Ma l’uso della manodopera qualificata, oltre ad avere un effetto sociale, contribuisce al consolidarsi della cultura tecnica locale.
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Specializzazione Si è in presenza di una elevata specializzazione della manodopera e frazionamento delle attività con perdita della consapevolezza complessiva del processo. Anche questo appare un carattere proprio dei processi produttivi industrializzati. La possibilità di variare questo carattere sembrerebbe ridefinire appunto il modello adoperato.
Montaggio o costruzione L’assemblaggio di componenti prefabbricati aliena il processo dal contesto (il cantiere è sempre lo stesso). Se l’organizzazione del cantiere tende alla massima efficienza produttiva essa avrà sempre la stessa organizzazione e quindi non si adatterà al contesto aumentando in ragione di ciò l’impatto ambientale della trasformazione. Relazionare sistemi di produzione e sito è possibile con l’esclusiva clausola di doverli adattare di volta in volta alle condizioni del contesto.
Dimensioni I cantieri industrializzati hanno bisogno di grandi dimensioni. In caso contrario è difficile provvedere ad una organizzazione che consenta la messa in opera in questa forma o bisogna necessariamente ricorrere a soluzioni non specifiche. La convenienza delle grandi dimensioni non corrisponde sempre alla convenienza ambientale ed è possibile che vi possano appunto essere degli ordini di esigenze conflittuali alla riduzione degli effetti ambientali negativi.
Permeabilità La chiusura del cantiere all’esterno (i cantieri hanno una organizzazione per montaggio di parti di difficile interpretazione dall’esterno) risulta, invece, un elemento limitante che in alcuni casi è stato superato con sperimentazioni di contatto tra la cittadinanza e il cantiere.
Tempo Non è necessario avere sempre tempi brevissimi; ovvero non è un obiettivo quello della riduzione dei tempi di costruzione.
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Maestranze locali La distanza dei modelli costruttivi e della capacità delle maestranze locali è tipica dei processi industrializzati. In linea teorica vi può essere la possibilità di definire una prefabbricazione che scaturisce dalla considerazione della cultura e della capacità tecnica locale; è un esperimento molto interessante ma raramente applicato. Più semplice è preferire soluzioni che consentano la gestione diretta del cantiere da parte dei tecnici locali, senza necessità di dovere affidare integralmente a professionalità esterne al contesto.
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Conclusioni
Una società come quella attuale, in cui il progresso (e benessere) economico viene misurato in termini di crescita materiale, si caratterizza attraverso un atteggiamento intrinsecamente insostenibile. La transizione verso la sostenibilità deve essere un processo di apprendimento, di conoscenza, che necessariamente, per natura e dimensione del cambiamento, è vasto e articolato. Si deve partire da un’informazione delle tecnologie e dei materiali utilizzati nel progetto architettonico completa, esaustiva e trasparente. Il principale teatro della transizione verso l’edilizia ecologica sarà, infatti, la consapevolezza degli operatori maturata grazie ad un’analisi attenta delle condizioni ambientali, di contesto e di efficienza energetica. E’ necessario avere un approccio sistemico integrato, che evidenzi come la progettazione di un determinato organo edilizio rappresenti qualcosa di più rispetto alla progettazione delle singole parti che lo compongono.
Negli ultimi anni si è assistito alla nascita di regolamenti, leggi e norme che impongono un maggior rispetto per l'ambiente e maggiore sensibilità da parte degli attori per migliorare l'efficienza energetica di quella macchina complessa rappresentata dall'edificio. I protagonisti di questo processo sono senza dubbio i progettisti, i tecnici, i professionisti ed, ovviamente, i materiali (e i produttori) per gli aspetti di competenza, nel rispetto dell'utente finale, dell’ambiente e di garanzia di mantenimento nel tempo delle prestazioni dei componenti utilizzati. La scelta dei materiali isolanti, così come quelli da costruzione, appare di fondamentale importanza, in quanto influisce sull'ambiente e sulla salute degli abitanti. Si coglie l’occasione per affermare che il polistirene espanso, oggi molto utilizzato per raggiungere standard energetici alti perché caratterizzato da un basso valore di conducibilità termica (conduttività), da una facilità e rapidità nella posa in opera e da un costo molto competitivo, ha un impatto ambientale complessivo molto significativo per cui non può essere considerato un materiale ambientalmente sostenibile. La produzione di questo materiale, infatti, presenta processi energivori, inquinanti e produttori di gas serra; il polistirene è pericoloso per la salute e difficile da smaltire e da riciclare.
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Perseguire obiettivi di sostenibilità nel settore edilizio significa ripensare completamente e rinnovare le attuali prassi che conducono alla realizzazione dell’edificio, riconoscendo che le scelte operate investono l’intero ambito del processo edilizio, dalla produzione dei materiali utilizzati fino alla demolizione a fine vita dello stesso. Per poter restituire al concetto di sostenibilità il suo significato originario (“soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”), oggi purtroppo abusato e ridotto molto spesso a funzione di mera copertura, è indispensabile fornire un’informazione completa che sia capace di allontanare quelle tecniche, legate fondamentalmente alle politiche di marketing, che ostentano falsi interessi per le responsabilità ambientali (fenomeno del Greenwashing, neologismo coniato ispirandosi al whitewashing che vuol dire imbiancare, nascondere, coprire). Molto spesso l’informazione parziale tende ad evidenziare solo alcune caratteristiche ritenendole sufficienti per individuare la sostenibilità del prodotto,
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completamente altri aspetti che spesso rappresentano forti criticità. Controllo e Trasparenza Controllo e Trasparenza sono due prerogative dell’edificio ecologico efficiente energeticamente. Il traguardo dell’efficienza energetica e della sostenibilità ambientale si può raggiungere attraverso un accompagnamento in fase progettuale e cantieristica di un Ente neutrale e indipendente. La consulenza tecnica e la formazione continua consentono una scelta corretta dei materiali e una elevata cura dei dettagli, elementi indispensabili per raggiungere la qualità energetica e ambientale negli edifici nuovi o risanati.
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