Lezione di Diritto Privato Comparato del 2 aprile 2014
Prof. Raffaele Lener Relatore Marco Giorgi
La lingua giapponese La lingua è il mezzo attraverso il quale si esprime il diritto. Prima di analizzare il sistema giuridico giapponese è fondamentale premettere brevi cenni sulla lingua giapponese. Il sistema di scrittura si compone di (i) due sillabari fonetici hiragana e katakana: il primo sillabario utilizzato congiuntamente agli ideogrammi per marcare i casi, le preposizioni e i suffissi del verbo; il secondo per utilizzato per scrivere nomi o parole straniere e le onomatopee; (ii) caratteri cinesi (ideogrammi) o kanji. I kanji hanno una doppia lettura (on e kun) cinese classica o giapponese.
Il Giappone pone al comparatista un primo ordine di problemi di traduttologia. La cultura giuridica giapponese antecedente l’importazione dei modelli occidentali di civil law (Restaurazione Meiji 1886) non conosceva i dogmi, gli istituti e le categorie del diritto occidentale sia quelle di derivazione romanistica sia le altre. La lingua era pertanto carente di tutto quell’insieme di termini, per lo più indicanti concetti astratti, che sono parte fondamentale della cultura giuridica occidentale.
Linguaggio giuridico giapponese 1/2 Il linguaggio giuridico moderno giapponese affonda le sue radici nella restaurazione Meiji (1868). La creazione di un sistema giuridico moderno sulla scorta dei modelli occidentali richiedeva l’introduzione di una terminologia tecnica di diritto e delle scienze sociali. La modernizzazione della lingua e l’introduzione delle idee occidentali non portarono ad una rottura con la vocazione della lingua giapponese all’appropriazione selettiva e alla rielaborazione delle cose che provengono dall’esterno. Un primo tentativo ufficiale di codificazione in materia civile si ha con Mitsukuri Rinsho, il quale fu incaricato dal Ministro della Giustizia del tempo di tradurre il Code Civil francese. Le parole ed i concetti provenienti dall’Occidente furono espressi dapprima attraverso neologismi composti da kanji accostati in maniera originale o attraverso parole già esistenti, alle quali veniva associato un significato nuovo, di cui veniva data un’ampia spiegazione. In un secondo momento a queste tecniche se ne affiancò una terza, che consisteva nell’introdurre le parole straniere tramite la trascrizione per mezzo dei kana (hiragana prima e katakana poi). Se da una parte il secondo metodo permetteva una maggiore fedeltà all’originale poiché, nei limiti della fonologia giapponese, ne riproduceva il suono, dall’altra tale approccio non rappresentava altro che un flatus vocis. Presupponeva la precomprensione del destinatario, o nel senso della conoscenza del termine straniero di partenza o comunque del significato a cui il termine in katakana faceva riferimento.
Linguaggio giuridico giapponese 2/2 In alcuni casi gli intellettuali dell’epoca preferirono utilizzare un metodo ibrido, scrivendo sia il neologismo in kanji che la parola occidentale corrispondente. Ogni scelta di traduzione presentava vantaggi e punti deboli. L’uso di parole già esistenti seguite da una dettagliata spiegazione di ciò che il termine corrispondente significava in Occidente permetteva ai traduttori di fornire un testo facilmente comprensibile al lettore giapponese, a scapito della fedeltà all’originale. Per converso, la creazione di neologismi attraverso i kanji, facendo leva sulla conoscenza da parte del lettore dei singoli ideogrammi, permetteva spesso una prima comprensione, anche se nel caso di termini astratti si poteva dare luogo ad equivoci. Nel lungo periodo furono proprio questi termini, le “parole della traduzione”, più precise e più fedeli all’originale, che sopravvissero e che, grazie soprattutto all’opera degli intellettuali dell’epoca, entrarono a far parte del vocabolario giapponese. Anzi, proprio il fatto che queste parole si distinguessero dal lessico quotidiano fece sì che il loro uso fosse visto anche come un segno di raffinatezza ed erudizione. Dopo un periodo in cui la terminologia nata dalla traduzione non era uniforme, dopo il 1880 le traduzioni dei concetti occidentali si erano quasi standardizzate.
Genesi storico-normativa Dalla Restaurazione Meiji sino alla II Guerra Mondiale 1/3 Il processo di modernizzazione del Giappone venne inaugurato nel 1868 con la caduta del vecchio apparato feudale (Shogun) e la riconsegna del potere temporale nelle mani dell’Imperatore. Tale processo di modernizzazione, noto anche come Restaurazione Meiji (nome derivato dall’Imperatore Meiji), si caratterizzò principalmente per: Riapertura dei traffici e dei rapporti con l’estero; • L’adozione di modelli sociali ed economici provenienti dalle nazioni più avanzate occidentali; • La creazione di un sistema industriale; • La ristrutturazione dell’apparato statale. •
Il processo di emulazione dei modelli occidentali fu particolarmente sentito nei decenni dal 1870 al 1890 e culminò nella Costituzione del 1889. Il carattere rivoluzionario della Costituzione del 1889 risiedeva principalmente nel riconoscimento formale dei diritti individuali, prima estranei al modello feudale dello Shogunato. La stessa Costituzione mantenne comunque numerose norme riferibili alla struttura sociale antecedente, e finì per riconoscere all’Imperatore la sovranità sulla nazione, rectius impero.
Genesi storico-normativa Dalla Restaurazione Meiji sino alla II Guerra Mondiale 2/3 Contestualmente all’adozione della Carta Costituzionale, si manifestò con sempre maggiore urgenza la necessità di dotare il nuovo stato del Giappone di una normativa avanzata in materia civile, penale e commerciale. Sebbene la recezione del diritto occidentale risalga agli ultimi anni dello Shogunato (si veda ad esempio le traduzioni dei codici Olandesi del tempo), un vero e proprio processo di codificazione si ebbe unicamente a seguito della Restaurazione Meiji. I modelli principali di riferimento furono le codificazioni francesi e tedesche, unitamente ai principi costituzionali e privatistici del diritto inglese. I primi tentativi di codificazione si ebbero in materia penale (si vedano il Codice Penale Provvisorio unitamente ai Principi del Nuovo Codice Penale del 1870). Con l’istituzione del Ministero della Giustizia del 1871, si assistette ad una forte accelerazione del processo di codificazione. Si preferì il modello di Civil law (codificazioni di diritto scritto) perché meno complesso di quello inglese e più adatto ad una introduzione e applicazione rapida. In una situazione di costante evoluzione, il Giappone adottò nel 1880 i primi due codici dell’epoca Meiji: il Codice penale e il Codice di procedura penale entrambi entrati in vigore il 1° gennaio del 1882.
Genesi storico-normativa Dalla Restaurazione Meiji sino alla II Guerra Mondiale 3/3 Il processo di codificazione in materia civile fu più travagliato di quello in materia penale. I tentativi di codificazione spesso si scontravano con le consuetudini e le tradizioni locali, soprattutto in materia di diritto di famiglia e successioni. Le oggettive difficoltà di individuare un modello confacente al sistema giapponese portarono all’istituzione nel 1880 dell’Ufficio per la Redazione del Codice Civile. All’interno dell’Ufficio si manifestarono due opposte tendenze, come del resto avveniva in Europa poco prima tra le scuole di Thibaut e Savigny. Un primo tentativo di codificazione si ebbe con il Progetto del Codice Civile del 1890 predisposto dal Boissonade , per altro mai entrato in vigore. Il giurista francese era vicino alla scuola di diritto naturale e proveniva da un contesto in cui l’impostazione prevalente era quella della scuola esegetica. Il modello francese (del Code Civil) venne ritenuto dai giuristi giapponesi formatesi sotto la guida del Boissonade quale modello universale civilizzato non soltanto un prodotto nazionale francese.
Negli anni immediatamente antecedenti l’emanazione del Codice civile, si assistette alla rinascita dello spirito nazionalistico che si opponeva alla recezione acritica dei modelli culturali occidentali. La disputa sulla codificazione all’interno dell’Ufficio di Progettazione finì per favorire un approccio storico di stampo pandettistico. La codificazione proposta ricalcava quella del futuro BGB, tranne che per l’ordine dei libri. Il nuovo codice civile (Minpo) entrò in vigore il 16 luglio 1898. L’impronta del modello tedesco si rivelò più marcata nell’organizzazione sistematica del codice che per quanto riguarda il contenuto, ancora maggiormente influenzato da elementi di derivazione francese (vedasi ad esempio art.176 sul trasferimento della proprietà per cui vige il principio consensualistico).
Principali fonti normative dell’epoca Meiji Codice Civile del 1898 – Min-po Si compone di 5 libri. Le disposizioni sul diritto di famiglia e successioni mantennero il retaggio della cultura tradizionale del Giappone. Il codice civile del 1898, seppur con qualche modifica, è rimasto invariato nella sua forma originaria sino ad oggi.
Codice di Procedura Civile 1893 – 1899 – Minji Sosho-ho Più eclettico nel contenuto rispetto al codice civile, inspiratosi non più prevalentemente al diritto tedesco, ma anche al modello francese e anglosassone. Seguì un percorso a tappe dal luglio 1893 sino a l completamento nel 1899.
Codice del Commercio del 1899 – Sho-ho La redazione del primo progetto fu affidata al giurista tedesco Hermann Roesler, il quale prese a riferimento il modello tedesco. A differenza dell’ordinamento italiano, la normativa concernente i rapporti commerciali e le disposizioni relative alle società sono state destinate ad un codice a parte. L’art.2 prevede che in caso di vacatio legis si debba ricorrere agli usi commerciali e solo in caso di assenza di questi ultimi, al codice civile.
Genesi storico-normativa Dalla II Guerra Mondiale ad oggi 1/2 La seconda e più recente fase della modernizzazione del Giappone inizia all’indomani del secondo conflitto mondiale ed è in genere riferita alla promulgazione della Costituzione del 3 novembre 1946 (Ken-po), entrata in vigore il 3 maggio 1947. Il documento ebbe un impatto rilevante sulla società civile, determinando un radicale cambiamento nella concezione della legittimazione del potere dello Stato: si afferma per la prima volta il principio della sovranità popolare. Si cercò di mantenere comunque una continuità con l’assetto costituzionale del passato, mantenendo l’imperatore quale figura di raccordo. Il nuovo assetto costituzionale introduce però elementi che contrastano con la tradizione politica e sociale giapponese: i diritti prima condizionati degli individui diventano ora diritti inviolabili del popolo; al nazionalismo fondato su una politica di aggressione militare viene contrapposto il principio del pacifismo, il controllo di costituzionalità degli atti legislativi viene affidato alla Corte Suprema. Durante il periodo di occupazione americana, il codice civile venne riformato: si introdussero pochi ma significativi principi destinati a rimodellare l’intera disciplina privatistica soprattutto in materia contrattuale. Fra questi i più rilevanti erano i principi del koukyou no fukushi (bene pubblico), del shingi seijitsu no gensoku (lealtà, onestà e buona fede) e del divieto di kenri no ranyo (abuso del diritto), tutti condensati nell’art. 1 del codice.
Genesi storico-normativa Dalla II Guerra Mondiale ad oggi 2/2 La forte influenza delle forze di occupazione americane si estrinsecò inoltre in una serie di provvedimenti primo tra tutti l’emanazione di una nuova normativa antitrust. La legge antitrust (Ant-Monopoly Act) del 1947, imposta dal governo americano, mirava allo smantellamento della struttura delle Zaibatsu (concentrazioni industriali e finanziarie a struttura verticale). La struttura monolitica delle zaibatsu era ritenuta terreno fertile per politiche di natura totalitaria e poneva una serie di ostacoli alle relazioni internazionali tra le imprese giapponesi e quelle americane. All’Anti-monopoly Act fece seguito il Deconcentration Act teso a facilitare l’implementazione e l’effettività della normativa antitrust.
In linea generale, se con la Restaurazione Meiji si introdussero in Giappone i modelli di diritto civile e penale propri della tradizione francese e tedesca, dalla fine della II guerra mondiale, per varie ragioni non ultima quella dell’occupazione americana, i modelli introdotti furono quelli del diritto statunitense. Tuttavia l’integrazione dei due distinti modelli, quello di civil law prima e quello di common law dopo, non ha comportato particolari criticità di «convivenza». La normativa post 1945 andava ad insistere principalmente nelle materie del diritto societario, diritto bancario e dei mercati finanziari, diritto della concorrenza, lasciando immutato l’apparato concettuale del diritto civile antecedente.
Principali fonti normative in materia commerciale (summary) Legge sulla concorrenza, l. 54 del 1947;
Legge sul cambio e sul commercio estero, l. 228 del 1949; Legge in materia di strumenti e mercati finanziari, l. 25 del 1948; Legge bancaria, l. 59 del 1981;
Nuova legge sulle società, l. 86 del 2005; Nuova legge fallimentare, l. 75 del 2004; Legge sulla responsabilità del produttore, l. 85 del 1994; Legge sul trust, l. 154 del 2004.
Dagli Zaibatsu ai Keiretsu Gli Zaibatsu erano dei conglomerati industriali e finanziari a struttura verticale controllati da singole famiglie. Nacquero con la Restaurazione Meiji e perdurano sino al secondo conflitto mondiale a seguito del quale vennero smantellati. Spesso vengono associati alle c.d. Big Four, i primi quattro storici gruppi: (i) Mitsubishi; (ii) Mitsui; (iii) Sumitomo; e (iv)Yasuda. Con l’introduzione dell’Antimonopoly Act, il sistema imprenditoriale ritenne che tali processi di deconcentrazione delle grandi imprese avrebbero messo a rischio la competitività e l’efficienza delle stesse. Il sistema paese rispose implementando un modello di controllo orizzontale costituito da raggruppamenti di imprese (Keiretsu) operanti i settori differenti, collegati da partecipazioni incrociate e ammantate da reti relazionali spesso di natura politica, tali da rendere l’acquisizione da parte di soggetti stranieri pressoché impossibile. Il mutato contesto socio-economico ha fatto sì che sul finire degli anni novanta, i limiti imposti dal Deconcentration Act non avessero più senso. Nel 1997 fu abbandonato il divieto alla costituzione di holding pure, rilegittimando anche in Giappone le concentrazioni di potere economico e industriale.
Struttura - Zaibtsu e Keiretsu Struttura tipo di uno Zaibatsu
Struttura tipo di un Keiretsu
La riforma del diritto societario del 2006 Il Codice delle Società o Kaisha-Ho (Legge 26 luglio 2005, n. 86), entrato in vigore nel 2006, disciplina l’intera materia delle società̀ commerciali. Le previgenti disposizioni contenute nel Codice di Commercio sono state per larga parte recepite nel nuovo codice, tuttavia il codice mostra un approccio più̀ sistematico e presenta numerose novità̀ in materia di corporate governance, procedimenti di fusione e scissione, forme societarie. Dalla nota esplicativa del Ministero della Giustizia pubblicata in lingua inglese al momento dell’emanazione del codice, emerge con forza l’intenzione da parte del legislatore giapponese di avvicinare l’intera materia societaria agli standard in uso nei paesi anglosassoni. Si abbandona quell’approccio tedesco (o comunque proprio del diritto dei paesi dell’Europa continentale) fortemente cautelativo e restrittivo della libertà decisionale del management delle società a favore di un regime regolamentare più̀ snello e meno “proceduralizzato”. Tutto ciò̀ al fine di rendere le società̀ giapponesi più̀ competitive in un contesto economico mutato che il Ministero stesso nella nota definisce di “Mega Competition”.
Le principali forme societarie Ante riforma 2006 •
Kabushiki Gaisha, società per azioni, capitale sociale minimo, 10.000.000 Yen;
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Yugen Gaisha, società a responsabilità limitata, organizzata sul modello tedesco delle GmbH, massimo 50 soci con capitale sociale minimo di 3.000.000 Yen, il capitale sociale è rappresentato da quote e non azioni. Le Yugen Gaisha a differenza delle Kabushiki Gaisha non richiedono l’istituzione di un consiglio di amministrazione o di un collegio sindacale (sufficiente un amministratore unico);
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Gomei Gaisha, società in nome collettivo, tutti i soci sono solidalmente e illimitatamente responsabili nei confronti dei creditori della società;
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Goshi Gaisha, società in accomandita semplice, composta da soci accomandatari e accomandanti, questi ultimi responsabili nei confronti della società solo per la quota investita.
Post riforma 2006 •
Kabushiki Gaisha, società per azioni, capitale sociale minimo 1 Yen, fortemente modificata nelle regole di governance;
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Godo Gaisha, società a responsabilità limitata, modellata sul tipo delle Limited Liability Company americane (LLC). Ideata per piccole realtà imprenditoriali dove la componente proprietaria è coincidente con quella amministrativa.
Rimangono sostanzialmente immutate le forme della Gomei Gaisha e della Godo Gaisha.
Caratteristiche principale della Kabushiki Gaisha e della Godo Gaisha Kabushiki Gaisha (S.p.A.) •
Capitale sociale minimo 1 Yen;
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La struttura minima di governance della KG cambia in funzione di alcuni parametri quali il capitale sociale o la presenza di vincoli alla circolazione delle azioni;
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In funzione del capitale sociale, le KG si suddividono in «società grandi» (Dai Gaisha) e «società piccole». Le «società grandi» sono quelle che hanno un capitale sociale superiore a 500 milioni di Yen o un debito superiore a 20 miliardi di Yen, le altre rientrano nel genus delle società piccole.
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In funzione della libera trasferibilità delle azioni, le KG si suddividono in «società aperte» o «società private». Le seconde nel caso la trasferibilità delle azioni richieda l’approvazione da parte della società;
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In ragione del tipo societario di KG si ha un sistema di governance più o meno complesso. Con la riforma del 2006 non vi è più la necessità di un organo amministrativo, è possibile unicamente per le società piccole e private dotarsi di un amministratore unico. Le stesse possono anche non dotarsi di un collegio sindacale.
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Gli amministratori a seguito della riforma del 2006 sono responsabili solo per colpa, mentre ante-riforma si aveva una responsabilità più di tipo oggettivo.
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Possibilità di esperire l’azione derivativa.
Godo Gaisha (S.r.l.) •
Capitale sociale minimo 1Yen;
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Sono ammessi conferimenti non in denaro;
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La rappresentanza legale della società spetta disgiuntamente ai soci, salvo che sia stato nominato un amministratore o un consiglio di amministrazione;
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Le modifiche statutarie possono essere effettuate unicamente con il consenso di tutti i soci (unanimità).;
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Non possono fare ricorso al mercato del capitale di rischio.
Tipologie di governance delle Kabushiki Gaisha Tipo 1 Previsto unicamente per le KG piccole e private. Amministratore unico senza la nomina di un collegio sindacale.
Tipo 2 Consiglio di amministrazione e collegio sindacale. In questo tipo e solamente per le società private, vi è la possibilità di limitare la competenza del collegio sindacale alla materia contabile (bilancio) purché esplicitato nell’atto costitutivo della società.
Tipo 3 Consiglio di amministrazione e Kaikei San-yo (Accounting Advisors).
Tipo 4 Consiglio di amministrazione, collegio sindacale e Kaikei San-yo.
Breve bibliografia •
McAlinn G., Japanese Business Law, Wolters Kluwer International, 2007;
•
Aoki M., Jackson G. e Miyajima H., Corporate Governance in Japan, Oxford University Press, 2008;
•
A. Ortolani, Giappone (Diritto Moderno), in Digesto delle discipline privatistiche, Utet, 2011;
•
Ajani Serafini Timoteo, Diritto dell’Asia Orientale, in Trattato di Diritto Comparato, Utet, 2007;
•
Bird A., Encyclopedia of Japanese Business and Management, Routledge, 2002.
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