Lezione 13 (29 ottobre 2008) Testo di Nietzsche: ‘Su verità e menzogna in senso extramorale’ (disp. pp. 106-14) – scritto nel 1873, quando FN aveva 29 anni (una carriera fulminea) – insieme a diversi altri saggi sul tema della verità e della figura del filosofo, ‘Su verità…’ doveva formare parte di una pubblicazione (supplemento al suo primo libro, la Nascita della tragedia dallo spirito della musica [1872]) mai portata a termine – trovato come manoscritto dopo la morte di FN – travaglio delle edizioni (+ o – protonaziste per mano della sua sorella Elisabeth) – oggi anche i tedeschi si fidano dell’edizione da parte di due studiosi italiani – ‘Su verità…’ un testo di riferimento per molti critici letterari di stampo ‘post-modernista’, per le sue riflessioni sull’inadeguatezza del linguaggio Il titolo : non è un contrasto diretto : verità/falsità e onestà/menzogna – anche l’uomo che si crede onesto viene ingannato nella sua ricerca della ‘verità’ – cfr. le considerazioni sul perché non vogliamo essere ingannati – per il danno che provoca (disp. pp 106-7) L’esordio (disp. p. 106) : ‘In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della «storia del mondo»: ma tutto ciò durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire.’ Descritto subito dopo come una ‘favola’: ‘c’era una volta’, ma si presenta anche come un ‘mito’ platonico – effetti ‘estranianti’ da un punto di vista esterno (e, per questo, più affidabile?): – uso di grandi spazi (‘angolo remoto’ – da dove?): noi siamo piccoli in confronto all’universo – tempi brevi (‘un minuto’– con quale orologio?; ‘pochi respiri’): la vita sulla Terra è passeggera – senza specificare gli esseri umani (‘animali intelligenti’): non siamo il centro dell’universo – ‘misero, spettrale, fugace, privo di scopo e arbitrario’ – paradosso di descrivere la scoperta della conoscenza (di solito, ‘l’umile servizio della verità’) è ‘tracotante e menzognero’: il tema del discorso Passaggio forse più noto (disp. p. 109) : Che cos’è dunque la verità? Un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state potenziate poeticamente e retoricamente, che sono state trasferite e abbellite, e che dopo un lungo uso sembrano a un popolo solide, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate e hanno perduto ogni forza sensibile, sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non più come monete. Se questa è una definizione della verità, allora la verità è una cosa da noi creata, anziché scoperta – dimentichiamo di aver elaborato le metafore con cui viviamo – esse formano un ‘esercito’ i cui movimenti sono quasi invisibili – cfr. le considerazioni sul formarsi di concetti a partire da stimoli nervosi (disp. pp 107-8)
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‘Noi dividiamo le cose in generi, designiamo l’albero come maschile e la pianta come femminile: quali trasposizioni arbitrarie!’ (p. 108) ciò che non è letteralmente vero è un’illusione
La metafora-metafora (‘portare attraverso’: cosa porta cosa?) – distinzione (anch’essa metaforica) tra metafore ‘vive’ e ‘morte’ – pace Nietzsche, persino le prime possono essere vere (ma non letteralmente tali) – le seconde sono significati letterali – per Nietzsche, l’origine di significato letterale intacca la nostra fiducia nell’idea della ‘letteralità’ – casi di metafore moribonde: si risuscitano quando vengono miste (‘vagliare al microscopio’) Una spinta verso il relativismo/scetticismo – si ‘vedono’ le cose per cui abbiamo concetti – i concetti che abbiamo sono determinati dal linguaggio che parliamo – il linguaggio che parliamo non è altro che un insieme di metafore inventate – se avessimo un linguaggio diverso, il mondo ci apparirebbe diverso – come possiamo dire di vedere il mondo dal punto di vista ‘giusto’?
Lezione 14 (31 ottobre 2008) Caratterizzazione un po’ formale della tesi del relativismo, considerato come analisi logica della predicazione Un minimo di terminologia – definizione intuitiva di ‘predicazione’: = ‘dire qualcosa di qualcosa’ – ‘RD è irriverente’ predica l’irriverenza di RD – afferma un predicato di RD: dice di lui che ha una certa caratteristica – ‘–– è irriverente’ sembra richiedere solo un termine (il ‘soggetto’) per avere senso compiuto: pare un predicato monadico – cfr. ‘RD ama il cioccolato’ : ‘–– ama ––’ richiede due termini (‘soggetto’ e ‘complemento oggetto’) per aver senso compiuto: pare un predicato diadico La tesi logica del relativismo: Non ci sono predicazioni monadiche vere – soprattutto il predicato ‘–– è vero’ ha sempre bisogno di un secondo termine (un ‘punto di riferimento’) per avere senso compiuto – la ‘vera’ forma del predicato-di-verità è diadica: ‘–– è vero per …’ – il punto di riferimento può essere un individuo (‘soggettivismo protagoreo’), una società o cultura (‘relativismo culturale’), un’instituzione o prassi (dottrina senza nome proprio: pensare a lingue, discipline accademiche, giochi), una specie … – il più esteso/pervasivo il punto di riferimento, il più plausibile (e meno interessante) il relativismo – un tic stilistico: ‘Buon giorno, dal mio punto di vista’ Cosa rende il relativismo attraente/convincente? Considerazioni logiche – talvolta, il rimando a un eventuale punto di riferimento viene soppresso a torto – ‘il marzapane è disgustoso’ sembra dire qualcosa del marzapane – impariamo, invece, solo qualcosa sui gusti di chi parla – ‘il marzapane è disgustoso’ non sembra contraddire ‘il marzapane è delizioso’ se le due frasi sono riferite a persone diverse (o la stessa persona in momenti diversi) Considerazioni epistemologiche – rispetto a certe questioni, nessuno ha accesso privilegiato alla (eventuale) verità – l’anti-relativista è spesso qualcuno che vuole imporre la propria autorità – dobbiamo accettare che gli altri possono aver formato le loro opinioni in modi simili a quelli in cui abbiamo formato le nostre – non sappiamo dimostrare le nostre opinioni in modo da convincere (tutti) gli altri A quali argomenti si applica il relativismo? Nelle ‘scienze dure’: – ‘la matematica non è un’opinione’ (ma nessuno sa se ogni numero pari sia la somma di due numeri primi o meno – ‘Congettura di Goldbach’) – ‘fisica ingenua’ (ad es. di caduta libera) vs Newton (per non parlare di Einstein)? – astronomia (nessuno crede Copernico ?) – un classico dello scontro tra ‘paradigmi’
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spiegazioni non-leggisimili (ad es. in termini di ‘psicologia ingenua’)?
Sessione del 30 ottobre (Sciopero contro la legge Gelmini) Per l’università italiana, le leggi 133 e 137 non rappresentano altro che un taglio di fondi di 1,4 miliardi di euro nei prossimi anni e l’imposizione di una restrizione alla sostituzione del corpo docente tale per cui, per ogni docente che va in pensione, solo uno verrà reclutato. Alcune questioni inerenti al modello di università imposto dalla legislazione italiana (1) Il sistema universitario italiano è già sottofinanziato – 0,9% del PIL contro una media OCSE del 1,5% – tagli non mirati non aiutano a debellare gli sprechi – è all’università che successivi governi guardano quando hanno bisogno di soldi (questa volta per Alitalia; sotto il governo Prodi, un taglio di 800 milioni da dare agli autotrasportatori) (2) Il problema delle proporzioni numeriche tra docenti e studenti – a Bergamo, per ogni 50 studenti, vi è un docente (nelle migliori università inglesi, la proporzione è 8:1, con docenti che lavorano almeno il doppio delle ore settimenali) – questo rende difficile un rapporto individualizzato nella didattica – tende a rafforzare l’enfasi sulla lezione frontale come unica via di insegnamento – non sono previsti seminari e altre forme di apprendimento partecipativo – il modello gentiliano (“Riforma” del 1923 ancora effettivamente vigente: ‘la più fascista delle nostre riforme’ [B. Mussolini]) assegna agli studenti un ruolo passivo (3) Il peso economico degli studi universitari – un problema che peggiorerà con i tagli – l’ipotesi di privatizzare le università in “fondazioni” – l’università diventerà un lusso per i benestanti – la poca competizione tra gli atenei è in parte una funzione dell’immobilità geografica degli studenti (nonché dei docenti) – perché ci sono così poche borse di studio per i meritevoli? (4) Le funzioni sociali dell’università – produzione di laureati con competenze specifiche per il mondo del lavoro o mero “esamificio” – abbassamento della qualità pur di far passare gli esami – finanziamenti in base alla proporzione tra matricole e laureati – spezzettamento degli insegnamenti in moduli – monetizzazione del sapere in CFU – mancanza di incentivi per inalzare il livello di insegnamento (5) Il controllo centrale da parte del MIUR dei programmi di studio – tutti i corsi di laurea in un dato settore scientifico-disciplinare hanno la stessa struttura – non è permesso esulare dalle indicazioni ministeriali – non può esserci un’offerta variegata sullo stesso territorio (concorrenza) – l’enfasi è sull’“interdisciplinarità”, che può equivalere a “dispersione”