17 aprile 2013
L'essenziale in un colpo d’occhio Obbligazioni
Azioni
Hedge funds
Proiezioni a 6 mesi
La comunità finanziaria iniziava a temere l’interruzione dell’abbondante flusso di liquidità immesso nel sistema dalle banche centrali, ma presto è stata rassicurata dalla mossa della Banca del Giappone: la fase di liquidità abbondante non è affatto conclusa, anche se il miglioramento dei fondamentali economici negli USA ha spinto la Fed a scalare di marcia. La BoJ ha annunciato un piano di reflazione dell’economia senza precedenti che rende, questa volta, credibile l’obiettivo ufficiale di riportare l’inflazione in territorio positivo, al 2%. E questo cambia molte cose. Ovviamente per il Giappone, ma anche per l’economia mondiale e in particolare per i mercati finanziari che trovano così un motore che può essere potenzialmente scollegato dai fondamentali degli attivi e dalle economie sottostanti. E per fortuna! Perché l’incoraggiante dinamica della crescita mondiale osservata in autunno ha lasciato il posto a un clima molto meno vivace. Negli Stati Uniti la normalizzazione del policy mix (riduzione dei deficit pubblici e dibattito ormai pressante sulla fine del Quantitative Easing) sta pesando sulla crescita, anche se di per sé è la prova migliore del miglioramento fondamentale della congiuntura americana. Nel mondo emergente la volontà di tenere l’inflazione sotto controllo porta a limitare il vigore della ripresa. In Europa la schiarita di fine anno ha avuto vita breve e il 2013 si annuncia di nuovo all’insegna della recessione nell’area euro. Ma il fiume di liquidità che continua a riversarsi nel sistema finanziario mondiale sostiene la crescita del prezzo degli attivi purché offrano un minimo di rendimento: obbligazioni governative europee, monete emergenti, azioni ad alto dividendo … Le ripercussioni della decisione della BoJ avranno molteplici ricadute.
Economia Stati Uniti ............................................................................... 2 L’attuale decelerazione ha delle « buone » ragioni
Questa pubblicazione si basa sulle informazioni raccolte fino al lunedì prima del giorno di diffusione. Pubblicazione del team Ricerche & Analisi SYZ Asset Management Tel. +41 (0)22 819 09 09
[email protected] Autori: Yasmina Barin Yves Gallati Maurice Harari Adrien Pichoud Fabrizio Quirighetti
Europa ..................................................................................... 3 Recessione, « credit crunch », disinflazione… Tutto spinge la BCE ad agire Giappone ................................................................................. 4 La Banca del Giappone riesce a sorprendere Economie emergenti ................................................................ 4 Stabilizzazione della crescita in Cina
Mercati Azionario ................................................................................. 5 Il richiamo dei titoli ad alto rendimento Obbligazionario ....................................................................... 6 Gli investitori giapponesi cercano il rendimento fuori dal Giappone Valutari ................................................................................... 6 Torna il « carry trade » finanziato in yen
Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Si declina ogni responsabilità per eventuali perdite dirette o indirette che possano derivare dall’uso delle informazioni ivi contenute.
17 aprile 2013
Economia Stati Uniti
Le anticipazioni scendono mentre il sentiment attuale sale.
All’inizio della primavera i dati economici provenienti dagli Stati Uniti hanno evidenziato l’appiattimento della dinamica fino a quel momento molto favorevole. Questa decelerazione ricorda quello che è successo negli ultimi tre anni, tutti segnati da un rallentamento della crescita verso metà anno. Ma questa volta la situazione è diversa: la perdita di velocità s’inquadra nella progressivo inasprimento della politica di bilancio USA e nella prospettiva del graduale ritiro delle misure di politica monetaria di sostegno all’economia. Il contenimento della dinamica di crescita di fatto si limita a confermare che a dispetto di un sensibile miglioramento dei fondamentali economici, la crescita nel 2013 non sarà superiore a quella del 2012 (cioè appena superiore al 2%). Su questo sfondo, i segnali di assestamento della crescita apparsi in marzo non sembrano preannunciare un’interruzione di questa dinamica. E’ vero che il rapporto sull’occupazione rivela la creazione di un numero di posti di lavoro sensibilmente inferiore alle attese (88.000 in marzo contro gli oltre 200.000 in media dallo scorso autunno), ma gli altri indicatori del mercato del lavoro non hanno evidenziato nessun marcato peggioramento, e questo ci porta a pensare che questo dato deludente possa avere risentito delle condizioni metereologiche avverse. La flessione degli indici ISM di attività sembra riflettere il ritorno a una situazione più realista più che una reale battuta d’arresto. Sia l’indice dei servizi che quello dell’industria restano a livelli indicativi di crescita, con prospettive che restano favorevoli per i prossimi mesi. Lo stesso vale per le altre statistiche economiche pubblicate di recente (vendite al dettaglio, attività nel settore delle costruzioni…)
Anche il quadro che emerge dagli indici della fiducia dei consumatori, alla fin fine, non è preoccupante quanto il loro recente calo poteva fare credere. Infatti, sono soprattutto le anticipazioni a puntare verso il basso, mentre il sentiment sulla situazione attuale è rimasto stabile. L’intersecarsi delle curve delle anticipazioni e del sentiment attuale che osserviamo all’inizio di quest’anno è un fenomeno comune, che si manifesta, e conferma, le uscite dalla recessione nella storia dell’economia americana (vedere grafico sopra). Negli ultimi episodi questo fenomeno è avvenuto quando i dispositivi di politica economica introdotti durante la crisi iniziarono a essere revocati (normalizzazione della politica di bilancio e inizio della fase di rialzo dei tassi della Fed). Ed è quello che sta succedendo ora negli Stati Uniti. Dalla metà dell’anno scorso l’inasprimento della politica di bilancio era ineluttabile, ed è avvenuto in due tappe: l’aumento di alcune aliquote fiscali dal 1 gennaio e, per il mancato accordo al Congresso, l’entrata in vigore di tagli automatici alla spesa pubblica dal 1 marzo. In realtà, le spese pubbliche hanno iniziato a scendere ormai da alcuni mesi e sono ora ai livelli più bassi degli ultimi due anni, mentre le entrate dello Stato federale sono in progressione e sono tornate ai livelli di inizio 2008. Di conseguenza, il deficit pubblico, ancora ingente, si riduce a un ritmo sempre più rapido. E l’economia sembra capace di “digerire” questo giro di vite che comunque ridurrà la crescita del 2013 di circa l’1.5%. Spese ed entrate dello Stato federale e saldo di bilancio (mrd USD) 000'S
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Andamento dell’indice sulla fiducia delle piccole imprese, anticipazioni e morale attuale delle famiglie (dal 1990) 200
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US - PUBLIC SPENDI NG (SUM 12M, USD BN)(R. H. SCALE) Source: T homson Reuters Datastream
Il risanamento dei conti pubblici degli Stati Uniti è in corso.
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0 90 91 92 93 94 95 96 97 98 99 00 01 02 03 CO NSUMER CO NF I DENCE - PRESENT SIT UAT IO N CO NSUMER CO NF I DENCE - EXPECT AT I O NS NF I B SMALL BUSI NESS O PT I MISM INDEX(R. H. SCALE)
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Source: T homson Reuters Datastream
Per quanto riguarda la politica monetaria, dopo il terzo programma di quantitative easing annunciato alla fine dell’anno scorso, le discussioni all’interno della Fed riguardo al rallentamento - o addirittura sospensione entro fine anno - dell’acquisto di bond si fanno sempre
Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Si declina ogni responsabilità per eventuali perdite dirette o indirette che possano derivare dall’uso delle informazioni ivi contenute.
17 aprile 2013
più insistenti. Sia la Fed sia il Tesoro USA ritengono ormai che la crescita economica sia sufficientemente solida da: 1 - non avere più bisogno di stimoli aggiuntivi e 2 - consentire la progressiva normalizzazione delle politiche di bilancio e monetaria. Questo, ovviamente, nel breve termine pesa sugli indici della fiducia e sull’attività, ma fondamentalmente rappresenta un segnale incoraggiante. In primavera e in estate 2013 non dovremmo vedere crescere i timori come invece è avvenuto negli ultimi tre anni. Europa Nell’area euro la situazione resta ostinatamente ferma, anche se per certi versi è molto diversa da quella dell’anno scorso. Sul piano dell’attività economica non si percepisce al momento nessun segnale di miglioramento tant’è che sembra lecito chiedersi da dove verrà la «la ripresa graduale nella seconda metà dell’anno» anticipata dalla BCE. La tendenza incoraggiante a fine 2012 è stata effimera. Come l’anno scorso l’Unione monetaria è alle prese con un sud affossato in una severa recessione mentre i paesi del nord stagnano, senza prospettive di un deciso miglioramento. Se sviluppo c’è stato, è piuttosto negativo, e non trascurabile: la Francia si avvicina sempre più ai paesi del sud in termini di dinamica economica e subisce sua volta gli effetti dell’austerità di bilancio, alla quale si aggiunge la mancanza di competitività. Indici PMI compositi in Europa
rebound di quattro mesi. Gli indici PMI di attività perdono di nuovo quota da febbraio ed evidenziano una marcata contrazione in Italia e in Spagna, un preoccupante deterioramento dell’attività in Francia e il rapido esaurimento del tentativo di ripresa osservato in Germania alla fine dell’anno scorso. Magra consolazione (perché riflette soprattutto che la domanda interna è depressa) l’eccedente commerciale dell’area euro continua ad aumentare e raggiunge i livelli più alti dalla creazione della moneta unica… Ma le cause del male che sta affossando la zona euro in una spirale recessiva sono ancora ben presenti: il disindebitamento a marcia forzata del settore pubblico e degli operatori privati che sta indebolendo la domanda interna e aggrava il trend di contrazione del credito in quasi tutta Europa. Il « credit crunch » strisciante dal 2011 non accenna minimamente a fare marcia indietro, come dimostra il ritmo record di diminuzione dei crediti al settore privato (circa -2% in un anno per l’area euro nel suo insieme, vedere grafico sotto). In Italia o in Spagna è diventato praticamente impossibile, anche per le famiglie o le imprese solvibili, ottenere prestiti a condizioni economicamente sostenibili … Tasso annuo di inflazione, tasso refi della BCE e variazione annua del credito al settore privato 6
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CREDIT T O DO MEST IC PRIVAT E SECT O R YoY %(R.H. SCALE) Source: T homson Reuters Datastream
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2007 EMU ITA
2008 2009 GER SPA
2010 FRA IRE
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La somma del « credit crunch » che assume proporzioni spettacolari e del rallentamento dell’inflazione rende ineludibile l’intervento della BCE nelle prossime settimane/mesi.
So urce: B lo o mb erg, SY Z A M
Sul piano della dinamica economica l’Europa non è molto diversa rispetto a un anno fa e il PIL del 2013 dovrebbe registrare un nuovo calo. La tendenza in Francia è particolarmente preoccupante …
Gli ultimi dati economici sono inequivocabili: tranne la Germania e l’Irlanda (due economie che esportano verso le regioni extra-europee), la disoccupazione avanza inesorabilmente e batte dei record storici: 26.3% in Spagna, 11.6% in Italia, 10.8% in Francia, 17.5% in Portogallo e 12.0% complessivamente nella zona euro, un record dalla creazione della moneta unica. L’indice del sentiment economico è arretrato in marzo dopo un
In questo quadro, ancora una volta, è dalla BCE che si attende una mossa perché è l’unica istituzione in grado di agire con decisione e per tutta l’Unione monetaria. Riguardo agli strumenti tradizionali di politica monetaria, un taglio del tasso di riferimento (attualmente a 0.75%) sembrerebbe sempre più giustificato (con l’inflazione che rallenta ed è ormai sotto il 2%) e quasi inevitabile (perché « facile » da decidere e da mettere in atto). Ma l’impatto di una mossa di questo tipo sull’offerta e la domanda di credito nei paesi in difficoltà sarà molto probabilmente marginale. Quello che rende le condizioni del credito del tutto inadatte alla situazione economica (dei tassi reali positivi in piena recessione!) è il premio di
Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Si declina ogni responsabilità per eventuali perdite dirette o indirette che possano derivare dall’uso delle informazioni ivi contenute.
17 aprile 2013
rischio associato all’economia italiana, spagnola e portoghese. A fronte di questo premio, un taglio di 25 o 50 pb del tasso refi peserebbe ben poco… Per riuscire a facilitare l’accesso al credito nei paesi dell’Europa bisognerebbe ricorrere a strumenti di politica « non convenzionali » che possano avere un reale impatto sul costo di finanziamento degli istituti finanziari italiani o spagnoli. Ma la Germania guarda a queste politiche con grandi riserve, soprattutto in periodo di campagna elettorale in vista delle elezioni che si terranno il prossimo settembre. Dove sta allora la differenza rispetto all’anno scorso? Immaginiamo cosa sarebbe successo sui mercati del debito sovrano dopo la raffica di cattive notizie che si è abbattuta sull’Europa (crisi di Cipro, timori di contagio a Malta e Slovenia, assenza di governo in Italia a due messi dalle elezioni, crisi economica e politica che scuote la Francia) se non ci fosse stato il deciso intervento della BCE per garantire la perennità dell’euro. Una volta allontanato il rischio sistemico (almeno per ora), resta però la dura realtà, che è quella di un’area euro ancora nel marasma, che ha sì la certezza di sopravvivere, ma non ha prospettive di guarigione nel prossimo futuro. Il suo destino è ancora una volta nelle mani della BCE. Nel Regno Unito, a parte le oscillazioni dovute ai giochi olimpici, la situazione economica sembra afflitta da due anni da un’incipiente forma di stagflazione. Gli indici di attività non rivelano un nuovo peggioramento (indici PMI intorno ai livelli di equilibrio, vendite al dettaglio in leggero aumento, disoccupazione stabile) ma non rispecchiano nemmeno segnali di ripresa. I motivi di questa stagnazione sono sempre gli stessi: la miscela di austerità di bilancio, inflazione alta e debole domanda interna (2.8% in marzo), il tutto aggravato dalla grande debolezza del principale partner commerciale del Regno Unito, l’area euro. Giappone Non era facile andare oltre le anticipazioni in costante aumento da dicembre. Eppure la banca del Giappone, dopo la prima seduta presieduta da Haruhiko Kuroda, ce l’ha fatta! Per raggiungere un tasso d’inflazione al 2% in due anni la BoJ ha schierato l’artiglieria pesante: raddoppio della massa monetaria in circolazione, raddoppio del portafoglio di obbligazioni governative detenute dalla banca centrale, allungamento della duration media di questo portafoglio da 3 a 7 anni e acquisto di ETF e di fondi immobiliari. Senza voler fare un gioco di parole di cattivo gusto, si è trattato di un vero terremoto sul piano della politica monetaria! E traduce finalmente in fatti le dichiarazioni volontaristiche sulla lotta all’inflazione. Le sue ripercussioni andranno di certo ben oltre le frontiere del Giappone, tenuto conto delle ingenti liquidità messe in circolazione e del ritorno della terza economia mondiale nella cerchia dei potenziali motori della crescita mondiale.
gli attori economici giapponesi sembrano oggi convinti della validità e delle possibilità di successo del nuovo piano di lotta alla deflazione. Economie emergenti La Cina ha visto la sua espansione stabilizzarsi (dopo il miglioramento a fine 2012) con una crescita nel primo trimestre 2013 che si attesta al +7.7%, in calo rispetto alla crescita dell’ultimo trimestre 2012 (+7.9%). Ma resta superiore all’obiettivo del + 7.5% fissato dalle autorità. Sul piano economico il trend di crescita si riflette già nel dato sul PMI manifatturiero la cui progressione rallenta, ma che resta (di poco) superiore a 50, evidenziando che l’attività economica cresce ancora. La delusione sul primo trimestre 2013 si riflette anche negli ultimi dati pubblicati sulla produzione industriale, meno favorevoli del previsto (+8.9% in marzo contro +10.0%) e degli investimenti (+20.9% per il primo trimestre contro +21.3%). Sul versante degli investimenti si osserva una fase di debolezza che è dovuta alle nuove misure restrittive introdotte nel mercato immobiliare allo scopo di smorzare l’euforia. La stabilizzazione della crescita, unita alle minori pressioni inflazionistiche, danno alle autorità politiche cinesi un margine di manovra più ampio nel caso in cui l’attività economica dovesse rallentare in misura imprevista. La banca centrale cinese potrebbe però essere reticente ad allentare le condizioni monetarie finché non potrà pienamente valutare l’impatto delle misure restrittive decise all’inizio dell’anno per il mercato immobiliare. Di conseguenza, il ribasso dei tassi potrebbe essere possibile solo se la crescita dovesse fortemente deludere e più probabilmente nella seconda metà dell’anno. Tirando le somme, noi riteniamo che la ripresa in Cina resterà sui binari ma la crescita non raggiungerà i livelli ante-crisi. Il nuovo governo cinese sta operando una transizione delicata che porterà la sua economia dal modello di “crescita forte” a quello di una “crescita di qualità”.
L’iniezione di fiducia del premier Abe e la nuova BoJ voluta da Kuroda sembrano produrre l’effetto ricercato, e non solo sullo yen ma anche a livello dell’economia. Tutti Questo documento è pubblicato esclusivamente a scopo informativo e non costituisce in alcun modo una raccomandazione di investimento, un’offerta di acquisto o di vendita di titoli, né un documento contrattuale. Le opinioni espresse riflettono il nostro giudizio al momento della redazione e possono essere modificate in qualsiasi momento senza preavviso. Si declina ogni responsabilità per eventuali perdite dirette o indirette che possano derivare dall’uso delle informazioni ivi contenute.
17 aprile 2013
Mercati Azionario I mercati finanziari continuano a muoversi in un contesto atipico, dove si mescolano le crisi politiche e finanziarie dell’area euro (l’ultima è la crisi cipriota) e i primi segni di debolezza dell’economia americana. Benché « i segnali di appiattimento della crescita (US) non sembrino preannunciare l’interruzione della dinamica» (vedere pag. 2) nei prossimi mesi non è prevista una diminuzione del rischio politico in Europa. Infatti, l’Italia non è uscita dalla paralisi seguita all’esito non risolutivo delle elezioni, e questo potrebbe risvegliare i timori e provocare nuovi episodi di volatilità dei mercati.
eccessivamente sensibile alle fluttuazioni del mercato e di conseguenza è uno strumento ideale per gli investitori con un orizzonte temporale lungo, alla ricerca di soluzioni d’investimento adatte a qualsiasi contesto economico. Tuttavia, una strategia basata sul rendimento presenta alcune trappole da evitare. La più frequente è il taglio dei dividendi che non sono garantiti. Basarsi esclusivamente sulla ricerca del massimo rendimento futuro non è consigliato perché (come mostra il grafico seguente) al di là di una certa soglia le possibilità di tagli diventano significative.
Andamento degli indici azionari mondiali e azioni globali ad alto 17/4/13 dividendo 112
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MSCI AC WORLD U$ - TOT RETURN IND MSCI WORLD HIGH DIV YIELD $ - TOT RETURN IND Source: Thomson Reuters Datastream
L’attrattiva esercitata dal dividendo si riflette nell’andamento dell’indice MSCI AC World dei titoli ad alto rendimento.
Ma il quadro difficile non ha penalizzato tutti gli indici di borsa, come dimostra lo S&P 500 salito ai suoi livelli storici più alti alla fine della scorsa settimana, spinto da una politica monetaria accomodante della Fed e dall’afflusso di liquidità su questa asset class. Dall’inizio dell’anno il Giappone è indiscutibilmente il campione. Beneficia della debolezza dello yen, dell’insediamento del nuovo governo e del programma aggressivo di alleggerimento quantitativo. I mercati emergenti, dal canto loro, sono penalizzati dai timori di rallentamento economico e di risveglio dell’inflazione che si sono tradotti con una performance negativa dell’MSCI Emergent in USD nel periodo in esame. In un contesto di tassi d’interesse bassi, i titoli ad alto dividendo hanno suscitato crescente interesse da parte degli investitori. L’attrattiva del dividendo si riflette nell’andamento dell’indice MSCI World dei titoli ad alto rendimento, che non solo hanno sovra-performato a lungo termine, ma soprattutto in modo molto regolare. Questo indica che questa strategia non è
Per evitare le cattive sorprese è quindi preferibile rispettare alcune regole come:
Partire dall’universo il più ampio possibile per evitare la trappola di un’eccessiva concentrazione su alcune industrie o regioni. Concentrarsi sulle aziende che offrono un rendimento ragionevole del 2% - 6%, il quale permette di conciliare dividendo e crescita del dividendo. Eliminare le aziende con caratteristiche fondamentali insufficienti.
In un secondo tempo l’analisi qualitativa più tradizionale permette di adottare criteri più selettivi includendo fattori come le prospettive di crescita, la qualità del management o la solidità del business model. In conclusione, la ricerca di rendimenti e la buona salute generale delle aziende (generatrici di rendimento) dovrebbero sostenere ancora per lungo tempo le strategie di investimento fondate sulle azioni ad alto dividendo e attrarre – purché gestite con rigore - la massima attenzione da parte degli investitori.
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17 aprile 2013
Obbligazioni
Valutari
I tassi a lungo termine governativi sono scesi in maniera significativa rispetto alla fine di marzo grazie al sostegno di un contesto favorevole: le notizie macroeconomiche a mezze tinte dagli Stati Uniti e preoccupanti in Europa, l’assenza manifesta di tensioni inflazionistiche (e la presenza perfino di un rischio di deflazione in Europa) e la prospettiva di un contesto di liquidità abbondante ancora a lungo grazie alla Banca del Giappone. Dopo l’annuncio della BoJ, tutti i tassi governativi sono calati tranne quelli giapponesi. Gli investitori giapponesi e i fondi speculativi sono « alla ricerca di rendimento » in tutto il mondo, ormai rassicurati in merito al perdurare della tendenza al ribasso dello yen. Il movimento ha avuto effetti benefici anche per i paesi dell’Europa periferica, come dimostra il decennale spagnolo sceso al livello più basso dal 2011.
Anche per il mercato dei cambi l’intervento della Banca del Giappone è stato l’evento più marcante delle ultime settimane. In primo luogo l’impatto si è fatto sentire sulla moneta giapponese: lo yen si era leggermente rafforzato con l’avvicinarsi della riunione della banca centrale (da 95 a 93 USD/JPY) ma è bruscamente risceso dopo l’annuncio delle iniezioni massicce di liquidità, sfiorando quota USD/JPY 100 (99.96 in seduta), un livello che non era stato raggiunto negli ultimi quattro anni. Nella stessa logica del movimento delle obbligazioni, le monete che offrono dei rendimenti positivi hanno attirato capitali mentre il piano della BoJ ha fatto dello yen il candidato ideale per finanziare il « carry trade ». Le monete emergenti si sono nell’insieme rafforzate (vedere grafico seguente). Yen e paniere delle monete emergenti contro dollaro USA
Tassi govenrativi a 10 anni dal 2012
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1.00 J F M A M US T REASURY 10Y RAT E CANADA 10Y RAT E UK G I LT 10Y RAT E G ERMAN BUND 10Y RAT E
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S O N D J F M A F RANCE O AT 10Y RAT E IT ALY BT P 10Y RAT E(R.H.SCALE) SPAIN BO NO S 10Y RAT E(R.H. SCALE) IRELAND G O VT 10Y RAT E(R. H. SCALE) Source: T homson Reuters Datastream
Sia gli emittenti ritenuti sicuri che quelli dell’Europa periferica hanno visto i loro tassi scendere dopo l’annuncio della BoJ.
In Europa anche le obbligazioni societarie hanno guadagnato terreno durante il periodo in esame, sebbene in misura inferiore rispetto alle obbligazioni governative. Questo movimento sembra accreditare la tesi dell’intervento di investitori asiatici e/o di fondi speculativi, più propensi ad assumere un’esposizione ai governi (per la garanzia di liquidità implicita della BCE e per la profondità dei mercati) piuttosto che alle aziende.
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YEN vs USD (USD/ JPY, INVERT ED) JPM ELMI+ CO MPO SIT E (USD)(R.H. SCALE) Source: T homson Reuters Datastream
L’annuncio della BoJ ha fortemente pesato sullo yen ed ha provocato un sensibile rafforzamento delle monete emergenti (rappresentate dall’indice JPM ELMI+, un paniere diversificato costituito da 23 monete emergenti). E’ il ritorno del « carry trade » finanziato in yen!
In questo contesto di « guerra delle monete », l’euro è stato penalizzato dalla relativa passività della sua banca centrale. Mentre in tutto il mondo sviluppato l’euro sarebbe di certo la moneta che ha più bisogno di deprezzarsi per sostenere le proprie economie, le reticenze (certo comprensibili e motivate) della BCE nell’ingranare la marcia superiore adottando delle politiche simili a quelle della Fed, della Banca d’Inghilterra e ora anche della BoJ, fanno dell’euro una moneta forte … L’euro di recente si è riavvicinato a quota 1.31 contro l’USD.
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