Esistono particolari situazioni fisiologiche o patologiche, o alcune circostanze della vita, o alcuni mestieri e professioni, nei quali per le vaccinazioni vanno seguite specifiche precauzioni e quindi si richiedono alcune particolari conoscenze (Principi N et al., 1996; Siegrist CA, 1997). L’elenco è un po’ lungo, ma le circostanze e i problemi che si pongono al medico, e al pediatra in particolare, al momento della vaccinazione, sarebbero in effetti molti di più.
NATI DA PARTO PREMATURO E PICCOLI PER L’ETÀ GESTAZIONALE I nati pretermine e i nati di basso peso per l’età gestazionale sono più a rischio di sviluppare complicazioni di malattie prevenibili con le vaccinazioni, ma sono anche più a rischio di non ricevere le vaccinazioni alle età indicate nel Calendario nazionale (Saari TN e Committee on Infectious Diseases, 2003). Nei nati da parto prematuro e nei piccoli per la data, l’inizio della vaccinazione deve seguire semplicemente l’età cronologica postnatale, senza ritardare, come veniva consigliato in passato, l’inizio della vaccinazione a seconda del peso alla nascita o del grado di prematuranza. Anche quei bambini che hanno avuto un’emorragia intracranica o altri eventi neurologici gravi dopo la nascita devono seguire per l’inizio delle vaccinazioni solo l’età cronologica (Pullan CR et al., 1989; Conway SP et al., 1993). Va tenuto presente che a volte, poiché questi bambini soggiornano in ospedale per qualche mese, in attesa di aver raggiunto un peso sufficiente per tornare a casa, ci si può trovare di fronte alla necessità di eseguire le vaccinazioni del terzo mese di vita mentre il bambino è ancora ricoverato. In tutti i casi le dosi impiegate sono quelle previste per i singoli vaccini nella vaccinazione primaria, in uso per i nati con peso normale (tab. 5.1) e quindi non dosi ridotte, come da qualcuno veniva praticato nel passato.
Tabella 5.1
C A P I T O L O
5
LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Vaccinazioni di neonati pretermine
Vaccino
Età
Dose
Modalità di somministrazione
DTPa
2-3 mesi
Piena
Può essere somministrata anche al secondo mese
Polio IPV Epatite B Hib
2-3 mesi Piena 2-3 mesi*/** Piena 2-3 mesi Piena
Influenza
> 6 mesi
BCG
> 3-9 mesi
Serie di due dosi più un richiamo Mezza dose Prima dei 6 mesi di età, se necessario, vaccinare i membri della famiglia Piena Se il rischio è basso ritardare la vaccinazione
* Anche se il peso alla nascita era inferiore ai 2 kg ** Se si tratta di figli di madre HBsAg positiva, la vaccinazione va eseguita il prima possibile, indipendentemente dal peso
Nonostante queste raccomandazioni si è visto che per la vaccinazione con DTPa, polio e la prima dose di MPR, i bambini con peso molto basso alla nascita vengono vaccinati negli Stati Uniti con un certo ritardo: tale metodica in casi particolari potrebbe comportare dei rischi (Longkamp DL et al., 2001). Anche se nei nati prima della 27a settimana di gestazione, le risposte immunologiche alla vaccinazione con anatossine contro la difterite e il tetano sono caratterizzate da un livello anticorpale più basso alla fine della vaccinazione primaria, essa è comunque sufficiente per la protezione (Bernbaum JC et al., 1985). Infatti, per il basso rischio di una precoce esposizione verso questi agenti nei paesi industrializzati, è difficile che questa bassa sieroconversione abbia una qualche conseguenza clinica (Davis RL et al., 1999). Lo stesso dicasi per la vaccinazione contro la polio. Anche per quanto riguarda il vaccino contro l’Haemophilus influenzae tipo b (Hib), pur essendo le risposte anticorpali più basse, almeno alle dosi iniziali (Heath PT et al., 2003), la maggior parte dei nati di peso molto basso può beneficiare della vaccinazione contro l’Hib, quando la prima somministrazione avvenga alla stessa età cronologica dei nati a termine. La risposta al vaccino contro l’Hib è discreta anche
156
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
quando vengano usati vaccini combinati (Slack MH et al., 2003). La risposta dei bambini pretermine alla vaccinazione contro l’epatite B è stata molto studiata: ancora non è stato stabilito quale sia il periodo ottimale per iniziare la vaccinazione contro l’epatite B nei prematuri con peso inferiore ai 2 kg, per i quali sono stati riportati tassi di sieroconversione più bassi che nei nati a termine, soprattutto quando il peso sia inferiore a 1000 g (Chirico G et al., 1993; Huang FY et al., 1997; Kim SC et al., 1997; Patel DM et al., 1997). Per tale ragione l’American Academy of Pediatrics ha suggerito di ritardare la vaccinazione contro l’epatite B nei neonati con peso inferiore ai 2000 g (American Academy of Pediatrics, 2003). In caso di vaccinazione ritardata al momento della dimissione dall’ospedale è stata riscontrata una risposta positiva nel 90% dei soggetti, con valori di anticorpi uguali o superiori a 10 mIU/mL. Tuttavia, a distanza di tre anni dalla vaccinazione i pretermine immunizzati hanno
mostrato risposte anticorpali simili a quelle dei nati a termine, anche se a un livello lievemente più basso (Khalak R et al., 1998; Kesler K et al., 1998) per la maggior parte degli antigeni usati. Anche dopo sette anni dalla vaccinazione, la maggior parte dei nati da parto estremamente prematuro aveva mantenuto livelli anticorpali entro i limiti considerati protettivi. Inoltre l’avidità degli anticorpi, elemento essenziale nella valutazione delle difese conferite dalla vaccinazione, è in questi bambini confrontabile con quella dei nati a termine (Kirman KI et al., 2002). Solo le risposte al vaccino contro l’Hib e al sierotipo 3 del virus polio furono meno intense di quelle notate nei nati a termine (Munoz A et al., 1995; Kristensen K et al., 1996) (tab. 5.2). Nonostante tutte queste conoscenze, come abbiamo visto, tutti i nati da madri HBsAg positive devono essere sottoposti, al più presto possibile, a profilassi (immunoglobuline e vaccino), seguita da controlli immunologici dopo il completamento della vaccinazione (tab. 5.3).
Tabella 5.2 Risposte immunologiche nei nati da parto estremamente prematuro (PP) e in quelli nati a termine (T), per diversi vaccini (Kirman KI et al., 2002) Vaccino
Media geometrica anticorpale
Difterite Tetano Hib Pertosse Polio 1-2 Polio 3 Epatite B
Minore Minore Simile Simile Simile Minore Simile
Soggetti con titolo maggiore dei livelli di riferimento* Nati a termine Nati da parto estremamente prematuro Tutti Tutti 12/16 = Tutti Tutti 11/16
13/16 Tutti 10/16 = Tutti 12/16 12/14*
* Per livelli di riferimento s’intendono quelli al di sopra dei quali si manifesta la protezione
Tabella 5.3 Immunoprofilassi contro l’epatite B nei pretermine e nati con basso peso alla nascita per l’età gestazionale (Saari TN et al., 2003) Nati di peso >– 2000 g
Nati di peso < 2000 g
HBsAg positiva
• Vaccino contro l’epatite B + IgHB (entro 12 ore dalla nascita) • Immunizzare con quattro dosi a 0, 1, 2 e 6 mesi di età cronologica* • Determinare il livello di anti-HBs entro un mese dalla quarta dose • Se il lattante è HBsAg e anti-HBs negativo, va rivaccinato con tre dosi a due mesi di intervallo e successivamente di nuovo saggiato
• Vaccino contro epatite B + IgHB (entro 12 ore dalla nascita) • Immunizzare con quattro dosi a 0, 1, 2 e 6 mesi di età cronologica • Determinare il livello di anti-HBs entro un mese dalla quarta dose • Se il lattante è HBsAg e anti-HBs negativo, va rivaccinato con tre dosi a due mesi di intervallo e successivamente di nuovo saggiato
Stato di HBsAg sconosciuto
• Vaccino contro l’epatite B (entro 12 ore dalla nascita) e IgHB (entro sette giorni) se la madre risulti HBsAg positiva • Determinare immediatamente l’HBsAg nella madre
• Vaccino contro l’epatite B + IgHB (entro 12 ore dalla nascita) • Determinare immediatamente l’HBsAg nella madre e se i risultati non sono disponibili entro 12 ore dare al neonato anche le IgHB
HBsAg negativa
• Vaccinare con tre dosi: a 2, 4 mesi e dopo il compimento dell’anno** • Può essere usato un vaccino combinato • Non è necessario controllare successivamente il livello di anti-HBs e di HBsAg
• Vaccinare con tre dosi: a 2, 4 mesi di età e dopo il compimento dell’anno** • Può essere usato un vaccino combinato • Non è necessario controllare successivamente il livello di anti-HBs e di HBsAg
Situazione della madre
* Questa è la schedula italiana. Quella degli Stati Uniti prevede solo tre dosi ** Schedula italiana: quella degli Stati Uniti prevede una prima dose durante il primo mese di vita, seguita da una dose dopo uno-tre mesi e da una terza a 6-18 mesi di età
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Si è osservato che a distanza di tre anni dalla vaccinazione, eseguita all’età cronologica, di lattanti con peso alla nascita inferiore a 1000 g, il livello anticorpale ottenuto è simile a quello rilevato nei nati a termine per la maggior parte degli antigeni usati: come abbiamo visto, le risposte al vaccino contro l’Hib e al sierotipo 3 del virus polio furono meno intense di quelle riscontrate nei nati a termine (Munoz A et al., 1995; Kristensen K et al., 1996). Per il nostro Paese, tutte queste discussioni hanno un valore puramente teorico, perché la nostra legislatura prevede l’inizio della vaccinazione contro l’epatite B al terzo mese, cioè in un periodo che può andar bene anche per i prematuri di peso più basso. Le risposte del pretermine alla vaccinazione alla nascita con BCG sono fortemente ridotte: solo il 32% dimostra una positività alla prova con PPD da due a quattro mesi dopo la vaccinazione. Per tale ragione sembra corretto rimandare la vaccinazione con BCG dei neonati pretermine a 3-9 mesi, quando essi si trovino a basso rischio per una precoce esposizione (Sedaghatian MR et al., 1993). La vaccinazione contro l’influenza sarebbe molto utile nei pretermine con malattie croniche polmonari, come la displasia broncopolmonare. Tuttavia, poiché il vaccino contro l’influenza non può essere somministrato prima del 6° mese, anche perché gli effetti collaterali sembrano essere più imponenti nel lattante di pochi mesi, per proteggere i pretermine, i piccoli per l’età gestazionale o comunque quelli con malattie croniche gravi, si preferisce vaccinare i conviventi. I vaccini da consigliare oltre il 6° mese sono quelli a subunità o split. Rimane da discutere sui nuovi vaccini: quello contro lo pneumococco, il meningococco e la varicella. Poiché la prima dose del vaccino contro la varicella viene eseguita dopo l’anno di età, non è qui il caso di discutere sulla sua somministrazione nei primi mesi. Invece per lo pneumococco e il meningococco va ricordato che sono state dimostrate una maggiore frequenza e gravità nei pretermine e nei piccoli per la data della patologia invasiva, da parte di questi due agenti infettivi; questi soggetti vanno infatti inclusi nelle categorie considerate a rischio (Principi N et al., 2005), con la raccomandazione di associare la somministrazione del vaccino eptavalente contro lo pneumococco e del vaccino coniugato contro il meningococco C all’esavalente, ormai entrato di routine in tutti i centri vaccinali. Poiché è molto difficile eseguire tre somministrazioni di vaccino per via intramuscolare nella stessa seduta vaccinale, è possibile combinare la vaccinazione in vario modo: esavalente + vaccino contro lo pneumococco e dopo qualche giorno vaccino contro il meningococco, oppure esavalente + vaccino contro il meningococco e dopo qualche giorno vaccino contro lo pneumococco o, infine, il vaccino esavalente da solo e dopo qualche giorno gli altri due vaccini.
DURANTE GRAVIDANZA E PUERPERIO I neonati e i lattanti sono suscettibili a numerosi agenti infettivi, che aumentano la morbilità e la mortalità. Gli anticorpi materni trasmessi dalla madre, attraverso la placenta, prima della nascita conferiscono protezione verso malattie virali e batteriche, che sono spesso gravi nel primo mese di vita. In generale l’immunizzazione attiva non viene praticata con successo in epoca neonatale per l’immaturità della risposta immune, la lunghezza del tempo richiesto per lo sviluppo di un’immunità attiva e per l’interferenza degli anticorpi di origine materna (cap. 2, pag. 87). Ogni sforzo deve essere fatto perché la donna, prima di entrare in gravidanza, conosca in modo preciso e completo la sua situazione immunologica, nei confronti delle più rischiose malattie infettive: indicatori dell’epatite B, sierologia della sifilide, della rosolia, della toxoplasmosi, del CMV, ma anche del morbillo, della parotite e della varicella. Per quelle malattie, verso le quali si dimostri suscettibile e per la quali esista una vaccinazione, è bene che si provveda tempestivamente (soprattutto rosolia ed epatite B). Per le malattie verso le quali non esista vaccinazione debbono essere prese tutte quelle misure preventive, ormai ben conosciute e sistematizzate. Nel caso che una donna in età fertile venga vaccinata contro la rosolia, va avvertita che deve aspettare un mese prima di entrare in gravidanza. Con Decreto Legge 10.9.98 (GU 245 del 20.10.98), “Donne in gravidanza e tutela della maternità” è stata stabilita l’esenzione dai ticket in gravidanza per numerosi esami e prestazioni specialistiche, fra i quali la ricerca degli anticorpi verso il virus della rosolia (IgG e IgM) e verso il toxoplasma (EIA, IgG e IgM), entro la 13a settimana e comunque al primo controllo; l’antigene HBsAg va ricercato fra la 33a e la 37a settimana di gestazione.
L’IMMUNITÀ E L’IMMUNIZZAZIONE DELLA DONNA IN STATO DI GRAVIDANZA La gravidanza si associa a lievi modificazioni del sistema immune, specialmente dell’immunità cellulomediata, mentre la risposta umorale all’immunizzazione è invece usualmente normale. Le risposte immuni della madre in gravidanza sono buone nella difesa verso patogeni extracellulari, che innescano difese che interessano l’immunità umorale (anticorpi) con risposte del tipo Th2, nelle quali giocano un ruolo determinante le citochine IL-4, IL-5, IL-6, IL-9 e IL-10. Gli anticorpi della classe IgG, preferibilmente della sottoclasse IgG1, passano facilmente al feto durante tutta la gravidanza, ma il passaggio transplacentare aumenta
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nelle ultime quattro-sei settimane di gestazione con l’ingrandimento della placenta. Le concentrazioni di anticorpi, particolarmente della sottoclasse IgG1, possono addirittura essere più elevate nel nato a termine che nella madre, per effetto della “pompa placentare”. Le immunoglobuline della sottoclasse IgG1 sono trasportate attraverso la placenta prima delle IgG2 e sempre esse sono le preferite nel trasferimento dalla madre al feto (Malek A et al., 1996; Simister NE, 2003; Malek A, 2003). Il passaggio attraverso il sinciziotrofoblasto del villo coriale è mediato dal recettore Fc del neonato (FcRn) (Simister NE, 2003). Le IgG materne hanno un tempo di dimezzamento di tre-quattro settimane nel neonato, rimanendo pertanto per tutti i primi sei mesi di vita e oltre. La durata della protezione si correla con il livello di anticorpi presenti alla nascita. Le difese legate invece all’immunità cellulomediata, diretta verso agenti intracellulari, con risposte del tipo Th1 e con citochine INF-g, TNF-b e IL-2, è risultata poco efficiente e comunque, in linea di massima, non è trasferibile al feto. Nella donna in gravidanza esiste un fine gioco multidirezionale, fra le risposte immuni della madre al feto e all’infezione, la risposta locale all’infezione nella placenta e la risposta immune del feto (Reid TMS, 1998). Come si sa, anche il feto riesce a rispondere agli stimoli antigenici, ma in modo molto ridotto, in confronto all’adulto. Comunque l’immunità umorale acquisita dalla madre è essenziale per la protezione del lattante, dopo la nascita, verso una gran quantità di agenti virali e batterici (Halsey NA et al., 1990). Vi sono alcune prove che in qualche caso viene trasferita anche l’immunità cellulomediata, ma non si conosce ancora il meccanismo di trasferimento. I lattanti con alte concentrazioni di anticorpi di origine materna sono protetti per tutto il tempo che è richiesto al loro sistema immune per rispondere adeguatamente ai vaccini. I nati da parto prematuro è difficile che possano beneficiare dell’immunizzazione materna perché il trasferimento di anticorpi attraverso la placenta, prima del terzo trimestre di gravidanza, è basso. Una volta che la donna sia già entrata in stato di gravidanza debbono essere limitati al massimo i rischi connessi alla vaccinazione, cercando di evitare i vaccini che la pratica ha dimostrato essere molto reattogeni o a maggior rischio per il feto (rosolia), ma anche quelli per i quali esiste soltanto un rischio teorico, non ancora avvalorato dalla pratica. Per questo vanno evitati tutti i vaccini preparati con virus o batteri vivi attenuati, mentre saranno permessi, se se ne ravvisi la necessità, il vaccino contro il tetano e il vaccino contro l’epatite B. Il vaccino antipolio inattivato, tipo Salk, può essere somministrato a una donna in gravidanza. Non vi sono prove che i vaccini, a esclusione di quelli costituti da agenti vivi attenuati, determinino effetti indesiderati sulla madre o sul feto; l’anatossina
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
tetanica è comunemente usata in gravidanza nelle zone ad alta incidenza di tetano neonatale: va bene sia iniziare la vaccinazione che eseguire un’iniezione di richiamo in un soggetto che abbia già completato da tempo la vaccinazione primaria. Comunque quando si decida di somministrare un vaccino in gravidanza è meglio aspettare, quando è possibile, fino al 2° trimestre, come precauzione per ridurre il rischio di effetti teratogeni. Poiché le donne in stato di gravidanza sono usualmente escluse dalla partecipazione alle prove cliniche, le conclusioni sui rischi connessi alla vaccinazione sono spesso basati solo sui dati ricavati negli animali (Gruber MF, 2003; Brent RL, 2003). Sono preferiti anche i vaccini che elicitano alte risposte in anticorpi della sottoclasse IgG1, che, come abbiamo visto, passano facilmente attraverso la placenta. Per sfruttare al massimo la risposta l’intervallo fra la somministrazione del vaccino e il parto deve essere superiore alle due settimane. Meglio se i componenti del vaccino sono antigeni specifici e altamente purificati, cercando di evitare quelli costituiti da cellule batteriche intere o, come abbiamo visto, virus vivi (tab. 5.4). I vaccini vivi attenuati debbono essere infatti sempre e in ogni caso proscritti: unica eccezione nei casi in cui la suscettibilità e l’esposizione siano altamente probabili, per cui la minaccia della malattia naturale sia obiettivamente superiore ai rischi della vaccinazione. Il vaccino contro la febbre gialla, per esempio, può essere usato nelle donne in stato di gravidanza, qualora si accingano a fare un viaggio, che non possa essere in alcun modo rimandato, in aree di alta endemia dove si ritenga che il rischio sia molto alto. I vaccini, anche quelli inattivati, che si accompagnano con frequenza a effetti collaterali spiacevoli, come febbre o reazioni sistemiche, vanno valutati caso per caso, come per esempio l’IPV e il vaccino contro l’epatite A (Munoz FM e Englund JA, 2000; Munoz FM e Englund JA, 2001). Di recente da parte di alcuni ostetrici sono stati sollevati dubbi sulla vaccinazione in gravidanza, per la possibilità, tutta da dimostrare, che il feto, venuto in contatto precocemente con l’antigene, possa manifestare fenomeni di tolleranza immunologica. Come si sa, s’intende con questo nome la comparsa di un’inibizione specifica e centrale della risposta immunitaria nei confronti dell’antigene, successiva a un precedente contatto con lo stesso antigene. In generale il fenomeno della tolleranza si manifesta tanto più facilmente, e in modo più profondo e persistente, quanto più elevata è la dose di antigene e per quante volte essa è stata ripetuta. Fino a oggi le esperienze sono state condotte nell’animale da esperimento e non nell’uomo; d’altra parte, nonostante il largo impiego di vaccini in corso di gravidanza, non sono state mai rilevate prove sicure dell’induzione di una tolleranza immunologica nel prodotto del concepimento.
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Tabella 5.4
Vaccini da usare in gravidanza
Vaccini Da somministrare routinariamente • Vaccino inattivato contro l’influenza (intero, split o subunità) • Anatossina tetanica e difterica
Rischio per il feto
Nessun dato Nessuna conferma
Da somministrare, se indicato, in speciali circostanze • Polisaccaridi del meningococco Nessun dato • Meningococco C coniugato • Polisaccaridi dello pneumococco Nessun dato • Pneumococco eptavalente coniugato • Febbre tifoide Nessuna conferma • Peste Nessun dato • Colera Sconosciuto • Epatite A e B Nessuna conferma • Rabbia Sconosciuto • Encefalite giapponese Sconosciuto • Poliovirus inattivato Sconosciuto • Febbre gialla Nessuna conferma Controindicati • Morbillo, parotite, rosolia • Varicella
Commenti
• Per tutte le donne al 2° e 3° trimestre di gravidanza, durante la stagione influenzale • Da dare dopo il 1° trimestre di gravidanza, quando necessario
• Vaccino di scarsa efficacia • Le solite indicazioni per la profilassi • Le solite indicazioni per la profilassi • Meglio posporre il viaggio
Nessuna conferma Nessuna conferma
Vaccini del futuro • Streptococco gruppo B • Virus respiratorio sinciziale, HIV, virus parainfluenzale, virus herpes simplex, influenza attenuato
I due vaccini da usare routinariamente nelle donne in stato di gravidanza sono quello contro il tetano e quello contro l’influenza: le altre vaccinazioni non sono in genere consigliate in gravidanza (Faix RG, 2002), anche se non vi è dubbio che i rischi associati alla malattia siano più gravi dei rischi dovuti alla vaccinazione. Fra le malattie prevenibili vi sono quelle nelle quali la vaccinazione postesposizione si sia dimostrata utile, come la rabbia, l’epatite A e B, la difterite e altre: in questi casi è importante valutare l’entità dell’esposizione e del periodo d’incubazione della malattia. Se l’esposizione è certa e il periodo d’incubazione è superiore a quello richiesto per indurre l’immunità, le donne non immuni andrebbero immunizzate. La scelta fra l’immunizzazione passiva o attiva o la combinazione delle due va valutata caso per caso, in base alla disponibilità. La vaccinazione preesposizione viene consigliata in caso di soggetti appartenenti alle categorie a rischio: patologie cardiache e renali, diabete mellito, anemie croniche gravi, asplenia anatomica o funzionale. Vaccino contro il tetano
La vaccinazione di una donna in stato di gravidanza con anatossina tetanica, almeno sei settimane prime del parto, protegge il neonato dal tetano neonatale, stimolando la produzione di anticorpi specifici IgG, che attraversano la placenta. Nello stesso tempo essi difendono la donna dal tetano puerperale. L’immunizzazione della madre contro il tetano è pra-
• Attualmente prove cliniche
ticata largamente in tutto il mondo, tanto da determinare una riduzione molto evidente nell’incidenza del tetano dei neonati nella maggioranza dei paesi, senza presentare alcuna conseguenza per la madre o per il feto. Vaccino contro l’influenza
Sia la donna in stato di gravidanza che il lattante mostrano un’aumentata morbilità verso le infezioni da virus dell’influenza. Il rischio di ospedalizzazione è infatti più alto nelle donne in stato di gravidanza che nei giovani adulti: il rischio è maggiore nel terzo trimestre di gravidanza e in presenza di altre situazioni patologiche associate. Anche il lattante dei primi sei mesi di vita ha un’alta frequenza d’infezioni relativamente gravi, tanto da richiedere spesso l’ospedalizzazione (Neuzil KM et al., 2000). Il vaccino inattivato trivalente contro il virus dell’influenza viene raccomandato dall’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) e dal CDC per tutte le donne che si trovino nel secondo o terzo trimestre di gestazione durante la stagione influenzale e per quelle che si trovino in una situazione associata ad aumentato rischio, indipendentemente dallo stadio della loro gestazione. La vaccinazione è infatti sicura in ogni stadio della gravidanza sia per la madre che per il feto. Le donne vaccinate in stato di gravidanza presentano risposte immuni simili a quelle di donne di controllo, al di fuori della gravidanza: esse trasferiscono anticorpi virus-specifici ai loro prodotti del concepimento. In tal modo i neonati ricevono alti livelli di
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
anticorpi, che persistono per almeno due mesi. Purtroppo la vaccinazione contro l’influenza delle donne in stato di gravidanza è ancor oggi poco diffusa, per cui la morbilità, peraltro prevenibile, continua a essere presente nei lattanti dei primi mesi. D’altra parte le donne in stato di gravidanza possono essere vaccinate quando necessario in speciali circostanze, contro la polio con IPV, l’epatite A, la febbre gialla e il meningococco, l’epatite B e lo pneumococco. La vaccinazione contro la pertosse potrebbe fornire una protezione precoce al neonato e al lattante, prima che venga iniziata la vaccinazione a 2 e 4 mesi, capace di conferire una più durevole protezione (Edwards KM, 2003). Fra i vaccini del futuro è particolarmente atteso il vaccino contro lo streptococco gruppo B (GBS), un frequente patogeno nel periodo neonatale, che rappresenta la malattia maggiormente invasiva nei lattanti al di sotto dei 3 mesi di età. Un vaccino multivalente GBS sarebbe l’ideale per fornire protezione sia alla madre che al figlio contro la malattia, così comunemente causata dai sierotipi Ia, Ib, II, III e V (cap. 30, pag. 828). Gli anticorpi acquisiti dal neonato attraverso la placenta sono importanti per la protezione del lattante nei primi mesi di vita: essi tuttavia smorzano spesso la risposta anticorpale, del bambino dei primi mesi, all’infezione o alla vaccinazione (cap. 2, pag. 87). A differenza di quanto avviene negli animali, le immunoglobuline presenti nel latte umano non possono essere trasportate attraverso l’epitelio intestinale nella circolazione del neonato e del lattante. La maggior parte di queste immunoglobuline è della classe IgA e protegge le superfici epiteliali. La ghiandola mammaria della donna che allatta fa parte del sistema immune mucosale integrato, che porta alla sintesi di anticorpi locali (IgA). Questi anticorpi generalmente riflettono la stimolazione antigenica del tessuto linfoide associato alle mucose (MALT) da parte dei patogeni intestinali e respiratori. Così gli anticorpi presenti nel
latte della madre sono diretti principalmente verso gli agenti infettivi presenti nell’ambiente della madre e del lattante (Brandtzaeg P, 2003).
SOGGETTI TRATTATI CON IMMUNOGLOBULINE O ALTRI DERIVATI DEL SANGUE In linea di massima i vaccini costituiti da virus vivi attenuati (come quelli contro morbillo, parotite e rosolia) non vanno somministrati a soggetti che abbiano ricevuto nei mesi precedenti immunoglobuline, perché la risposta immunitaria al vaccino in questi soggetti potrebbe essere ridotta. D’altra parte le immunoglobuline possono essere usate solo in soggetti che siano stati vaccinati da più di 14 giorni, perché prima delle due settimane è possibile che ci sia una neutralizzazione dell’efficacia del vaccino vivo attenuato somministrato in precedenza. Fino a qualche anno fa il tempo richiesto fra la somministrazione di immunoglobuline (Ig) e la vaccinazione contro il morbillo era genericamente indicato fra i 2 e i 3 mesi. Recenti ricerche hanno invece dimostrato che quando si usino dosi elevate e soprattutto quando venga usata la via endovenosa sono necessari tempi più lunghi dei classici tre mesi. Anche se l’effetto inibitorio sul vaccino è più alto per il morbillo, la somministrazione di Ig inibisce la risposta anche al vaccino contro la varicella e quella al vaccino contro la parotite (Principi N et al., 1996; American Academy of Pediatrics, 2003a). Ma a parte le immunoglobuline, standard o specifiche, per IM o per EV, anche il sangue (sia sangue intero, che globuli rossi concentrati o plasma) e altri derivati del sangue possono diminuire le risposte immuni al vaccino MPR o ad altri vaccini. La somministrazione di emazie irradiate equivale alla somministrazione di emazie lavate, nei confronti del contenuto in immunoglobuline (CDC, 2002). Gli intervalli che oggi sono considerati sufficienti sono riportati
Tabella 5.5 Intervallo di tempo che deve intercorrere fra la somministrazione di immunoglobuline per via IM e la vaccinazione contro il morbillo (CDC, 2002) Indicazione
Unità o mL
Dose in mg di Ig/kg
Intervallo in mesi
Profilassi del tetano (Ig) Profilassi epatite A (Ig) • contatti • viaggi internazionali Profilassi epatite B (HBIG) Profilassi rabbia (RIG) Profilassi morbillo (Ig) • standard • ospite immunocompromesso Profilassi varicella (VZIG) Profilassi VRS (palivizumab)
250 U
circa 10
3
0,02 mL/kg 0,06 mL/kg 0,06 mL/kg 20 UI/kg
3,3 10 10 22
3 3 3 4
0,25 mL/kg 0,50 mL/kg 125 U/10 kg
40 80 20-39 15
5 6 5 Nessuno
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Tabella 5.6 Intervallo di tempo che deve intercorrere fra la somministrazione di immunoglobuline per via EV e la vaccinazione contro il morbillo Indicazione
Unità o mL
Trasfusioni di sangue • globuli rossi lavati • GR con aggiunta di soluzione salina/adenina • concentrato di GR • sangue intero • plasma/preparati di piastrine Terapia sostitutiva dei difetti immunitari Porpora piastrinopenica idiopatica
10 10 10 10 10
mL/kg mL/kg mL/kg mL/kg mL/kg
Virus respiratorio sinciziale (VRS-IgEV) Malattia di Kawasaki
Tabella 5.7 Linee guida per stabilire l’intervallo fra la somministrazione di Ig e vaccini contenenti virus vivi attenuati del morbillo Somministrazione contemporanea Ig e vaccino non vanno in generale somministrati contemporaneamente. Se la somministrazione contemporanea non può essere evitata, va eseguita in differenti sedi ed è necessario rivaccinare o eseguire le prove di sieroconversione dopo gli intervalli raccomandati (vedi tabb. 5.2. e 5.3) Somministrazione non contemporanea Preparato Intervallo minimo somministrato fra le dosi Primo Secondo Immunoglobuline Vaccino Vaccino Immunoglobuline
In relazione alla dose 2 settimane
nelle tabelle 5.5, 5.6 e 5.7: essi, come si può rilevare, sono strettamente collegati alla quantità di Ig e quindi di anticorpi somministrati, mentre l’intervallo necessario sarà quindi più lungo quanto maggiore è la quantità. Fanno ovviamente eccezione le Ig anti-Rho (D) per la loro bassa concentrazione e il vaccino palivizumab. Se la somministrazione di Ig diventa necessaria a breve distanza dall’inoculazione del vaccino MPR o dei singoli componenti, può verificarsi un’interferenza con l’efficacia del vaccino. Infatti la moltiplicazione del virus del vaccino e la stimolazione dell’immunità avvengono dopo uno-due settimane dalla vaccinazione. Ne consegue che se l’intervallo di tempo fra vaccino e uso delle Ig è inferiore ai 14 giorni, la vaccinazione deve essere ripetuta dopo gli intervalli, ricordati nelle tabelle 5.5, 5.6 e 5.7, a meno che le prove sierologiche non dimostrino che sono stati prodotti anticorpi specifici. Diversamente da quanto avviene con i vaccini vivi, non è stato dimostrato che la somministrazione di Ig, anche a distanza di tempo possa causare una diminu-
Dose in mg di Ig/kg
Intervallo in mesi
Trascurabile 10 20-60 80-100 160 300-400 400 1000 1600-2000 750 1600-2000
0 3 5 6 7 8 8 10 11 9 11
zione della risposta a vaccini inattivati o alle anatossine tetanica e difterica. Se la somministrazione del vaccino è contemporanea a quella delle immunoglobuline, come avviene in pratica nella profilassi della rabbia, del tetano, o dell’epatite B, nel neonato o in altre circostanze, la risposta immune non viene alterata e si ha il vantaggio di ottenere una difesa immediata da parte delle immunoglobuline e una difesa attiva, in ritardo di 10-14 giorni, ma che dura per anni. Le dosi dei vaccini debbono essere quelle usualmente impiegate per la vaccinazione. L’unico accorgimento da prendere è di non mescolare nella stessa siringa immunoglobuline e vaccino, ma di adoperare non solo due siringhe, ma anche due diversi distretti. Altri vaccini che non risentono dell’uso delle immunoglobuline, qualunque sia il lasso di tempo intercorso fra la somministrazione dell’uno e delle altre, sono il vaccino contro la polio per bocca (OPV), tipo Sabin, e il vaccino contro la febbre gialla. Questa opportunità può risultare importante nel caso si voglia intraprendere un viaggio. Analogamente le immunoglobuline non interferiscono con la vaccinazione DTPa, almeno in modo significativo. Infatti il calendario vaccinale in bambini che abbiano ricevuto le immunoglobuline non subisce alcuna modificazione per quanto riguarda la vaccinazione DTPa, l’Hib e la vaccinazione contro l’epatite B e la polio in seguito alla somministrazione di Ig.
LA VACCINAZIONE DI SOGGETTI NON-RESPONDER La parola non-responder viene usata in immunologia per indicare un soggetto, che, per ragioni genetiche, mostri un’incapacità totale o parziale (low-responder) a produrre cloni linfocitari attivi e quindi anticorpi, in risposta a uno stimolo antigenico adeguato. Le ragioni della mancata risposta possono essere molteplici: l’età
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del vaccinato, la via di somministrazione, la dose usata, l’inattivazione del vaccino, una situazione transitoria di anergia o, come sopra, una vera e propria incapacità genetica a rispondere a quello stimolo antigenico. Secondo Plebani e Ugazio possiamo suddividere i non-responder in vari gruppi (Plebani A e Ugazio AG 1991): a) Non-responder apparenti e transitori È conoscenza comune che dopo una qualsiasi vaccinazione (morbillo, parotite per esempio) una piccola percentuale di soggetti (intorno al 3-5%) non mostra successivamente anticorpi specifici, ma talvolta è capace di rispondere bene a una seconda somministrazione, a distanza di tempo. Dalla quantità di anticorpi che si viene a formare, dopo questa seconda dose di vaccino, è risultato che una parte dei non-responder lo era solo in modo transitorio e mostrava successivamente un tasso anticorpale elevato, con anticorpi della classe IgG, un’altra parte mostrava invece una risposta anticorpale in IgM, a testimonianza che in occasione della prima vaccinazione si era verifica una transitoria fase di anergia, presto superata; un’altra possibilità è che il vaccino alla prima somministrazione non avesse più o non avesse mai avuto i requisiti richiesti per indurre una risposta immunologicamente attiva. b) Non-responder legati all’età (la vaccinazione con antigeni polisaccaridici) Come ormai è stato ben accertato, con la vaccinazione contro l’Haemophilus influenzae tipo b, o contro il meningococco o contro lo pneumococco, quando viene usato il polisaccaride capsulare da solo, cioè senza supporto proteico, si ha una mancanza di risposta in bambini al di sotto dell’età di 4-5 anni, mentre la risposta compariva nelle età successive. Questa mancata risposta immunologica non avviene solo con i vaccini, ma riguarda anche la malattia naturale, che spesso proprio per questo, nei primi anni di vita, mostra una gravità estrema. Da un punto di vista immunologico, i polisaccaridi capsulari sono antigeni T-indipendenti, in grado di attivare direttamene i linfociti B, senza la funzione “helper” dei linfociti T. La scarsa rappresentazione delle cellule B, deputate alla risposta diretta agli antigeni polisaccaridici, nelle prime età della vita e il mancato stimolo sulle cellule T ci rende ragione dello scarso effetto immunizzante di questi antigeni. I polisaccaridi semplici sono anche sprovvisti del requisito, essenziale in immunologia, di indurre la memoria immunologica delle cellule B e delle cellule T. La scarsa tendenza alla risposta immunologica verso gli antigeni polisaccaridici è stata di recente aggirata (almeno per quanto riguarda la preparazione dei vaccini), usando proteine legate in modo covalente con i polisaccaridi. L’unione proteina-polisaccaridi viene a configurare un antigene timo-dipendente e quindi in grado di ottenere una risposta immunologica fin dai primi mesi di vita.
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
c) I veri non-responder (la vaccinazione contro l’epatite B) Si sa oggi sull’HBV e sulla vaccinazione contro l’HBV, più di quanto non si sappia per altri agenti infettivi e per malattie di più vecchia identificazione. Ebbene, circa il 4% dei soggetti adulti vaccinati con HBsAg non risponde alla vaccinazione. Nel neonato e nei primi anni di vita la risposta immunologica viene a mancare in un minor numero di soggetti (1-2% dei vaccinati). Ma questi, sia bambini che adulti, a differenza di quanto abbiamo visto avvenire col vaccino del morbillo o della parotite, non sieroconvertono anche dopo ulteriori dosi di HBsAg, o se questo avviene si tratta di percentuali molto basse. Lo studio dell’assetto HLA di questi soggetti ha mostrato che un particolare aplotipo (B8, SCOI, DR3), soprattutto in omozigosi, si associa alla caratteristica dei non-responder (Alper CA et al., 1989). Nei nonresponder è stato trovato un difetto delle cellule T che non proliferano e non secernono IL-2 in risposta alla stimolazione con HBsAg (Chedid MG et al., 1997). Successivamente si è visto che le risposte immuni al vaccino contro l’epatite B sono largamente determinate anche da altri geni, come HLA-DR, -DP e -DQ (Peces R et al., 1997; Desombere I et al., 1998). Se ne può concludere che anche la risposta alla vaccinazione con HBsAg è sotto controllo genico, esercitato soprattutto dal complesso di istocompatibilità maggiore e che di conseguenza i non-responder a questa vaccinazione sono dei veri non-responder, geneticamente determinati (cap. 15, pag. 376). La modificazione dello stato di non-responder
Abbiamo visto che spesso basta sottoporre i non-responder apparenti e transitori a una nuova vaccinazione, per avere una risposta: è quello che viene attuato, per esempio contro il morbillo, utilizzando una nuova dose di MPR a 4-6 anni; abbiamo visto che per i nonresponder legati all’età basta legare l’antigene polisaccaridico in modo covalente a una proteina per renderlo immunogeno anche al di sotto dei 2 anni di vita. Cosa fare nei veri non-responder per cercar di superare questa loro situazione? In questo caso il problema è più complesso e ha richiesto più tempo e più impegno per essere risolto: in gran parte di quella piccola percentuale di non-responder è possibile avere una risposta utile, ricorrendo ai cosiddetti “vaccini di terza generazione”, costituiti da antigeni che contengono oltre alla proteina S anche le proteine pre-S (pre-S1 e pre-S2). L’HBsAg, ottenuto con l’attuale tecnologia del DNA ricombinante e attualmente usato per la vaccinazione, è esclusivamente composta dalla proteina S; si tratta di ottenere un vaccino comprendente, oltre alla proteina S, anche le proteine pre-S per risolvere il problema. La ricerca è ora impegnata in tal senso e già sono comparse pubblicazioni che dimostrano la validità di questa impostazio-
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
ne, anche usando due sole somministrazioni (Zuckerman JN, 1996; Young MD et al., 2001). Comunque erano già stati fatti alcuni tentativi per ottenere una risposta anticorpale anche nei non-responder veri: da alcuni era stato suggerito di ricorrere alla vaccinazione con vaccino anti-HBV sieroderivato, in quanto in questo sarebbero presenti minime quantità di antigene pre-S1 e pre-S2 utili per stimolare cellule immunocompetenti, geneticamente incapaci di rispondere all’HBsAg. Un’altra strada è stata tentata, con qualche successo, utilizzando la via intradermica, invece della via intramuscolare, come di norma. Nel derma verrebbero stimolate cellule immunitarie (cellule di Langerhans), che pur facendo parte delle cellule “presentanti l’antigene” avrebbero caratteristiche immunologiche diverse. Va ricordato che la ricerca della capacità di risposta al vaccino contro l’epatite B viene al momento attuale limitata ai soggetti appartenenti alle categorie a rischio cronico, mentre, almeno per ora, non deve assolutamente riguardare le modalità di risposta della popolazione in generale.
DOPO LA PUNTURA CON UN AGO SOSPETTO Nel caso di puntura con aghi isolati o con siringhe, abbandonati in luoghi pubblici, in generale da tossicodipendenti, la persona è esposta al rischio di trasmissione per via ematica d’infezione, specie da HIV. Una stima, molto approssimativa, delle probabilità che l’ago abbandonato contenga patogeni a trasmissione ematica si può fare sulla base della prevalenza di queste infezioni nella comunità, ma spesso neanche questo serve a convincere la persona che si è punta dell’inutilità di ulteriori indagini. In questi casi è necessario procedere: • al trattamento immediato della ferita; • alla profilassi e; • alla prevenzione. Il rischio di acquisire un patogeno dipende (American Academy of Pediatrics, 2003): • dalla natura della ferita; • dalla capacità del patogeno di sopravvivere nell’ambiente; • dalla prevalenza dell’infezione nella comunità dei tossicodipendenti locali. Il trattamento della ferita è relativamente facile, perché non richiede quasi mai punti di sutura; da ricordare la somministrazione di anatossina tetanica o le Ig antitetano, a seconda della situazione vaccinale del soggetto (cap. 31, pag. 840). Più problematica è la profilassi delle infezioni a trasmissione ematica, come l’epatite B, C e l’HIV, per-
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ché non siamo sicuri né sulla possibilità di un’infezione, né sulla sorgente dell’eventuale agente patogeno. Fra tutti i patogeni il virus dell’epatite B è il più resistente, perché può sopravvivere per almeno sette giorni sugli oggetti. È quindi necessario considerarlo per primo. Dopo l’esposizione accidentale percutanea, attraverso la puntura di un ago, a sangue sospetto, la decisione di somministrare immunoglobuline specifiche e il vaccino deve tener conto di alcune considerazioni (American Academy of Pediatrics, 2003g, American Academy of Pediatrics, 2003b): • condizione nei confronti dell’HBsAg della persona che è stata l’origine dell’esposizione, attraverso l’ago usato; • condizione vaccinale per l’epatite B e risposta alla vaccinazione della persona esposta. La somministrazione di immunoglobuline non è indicata in un bambino che abbia ricevuto la vaccinazione anti-HBV con tre dosi. Se il bambino ha ricevuto solo due dosi del vaccino da quattro mesi o più, l’immediata somministrazione di una terza dose è sufficiente nella maggioranza dei casi. Se il lasso di tempo è inferiore viene considera utile, accanto alla somministrazione del vaccino, una dose di immunoglobuline antiepatite B. I bambini che non abbiano completato l’immunizzazione con tre dosi devono ricevere una dose di vaccino e, se indicato, devono seguire il Calendario per completare la vaccinazione con tre dosi (tab. 5.8). Per ogni tipo di esposizione di un soggetto che non sia stato vaccinato in precedenza viene sempre raccomandata la vaccinazione. Tuttavia è sempre utile saggiare il sangue, se è presente sulla punta dell’ago. Esistono in proposito norme ben precise (CDC, 1997) (vedi tab. 5.8). Ma per la persona esposta o per i suoi familiari la maggiore preoccupazione è l’HIV. Il rischio d’infezione da HIV dopo puntura con un ago è basso (inferiore allo 0,3%) e non sono disponibili dati sull’efficacia nei bambini di farmaci antivirali specifici nella profilassi postesposizione, per cui la profilassi con farmaci non viene raccomandata dalle autorità sanitarie americane, anche per gli effetti collaterali dei farmaci. Solo se si riscontra nella siringa del sangue fresco di un soggetto HIV positivo va presa in considerazione la profilassi con farmaci antivirali. Testare la siringa per l’HIV non è né pratico né reale, per cui non viene raccomandato (CDC, 2001a). Mentre la ricerca immediata dell’HIV nel sangue del soggetto vittima della puntura è controversa, perché dovrebbe risultare sempre negativa, nella maggior parte dei casi viene consigliato un prelievo di sangue da conservare. La ricerca dell’HIV in questo sangue viene eseguita solo quando, dopo sei mesi, a un controllo del sangue della persona vittima, risultasse una positività. C’è un accordo generale sulla necessità di praticare in tutti i soggetti punti con un ago la ricerca
164 Tabella 5.8
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Raccomandazioni per la profilassi contro l’epatite B dopo esposizione percutanea a sangue possibilmente infetto
Persona esposta
Non vaccinata Precedente vaccinata: • responder • non-responder • risposta non nota
Trattamento a seconda delle caratteristiche della fonte HBsAg positiva HBsAg negativa Non testata o non nota HBIG e vaccino anti-HBV
Vaccino anti-HBV
Vaccino anti-HBV
Non trattare HBIG* (1 o 2 dosi) la rivaccinazione o HBIg (due dosi)** Ricerca dell’anti-HBs: • se inadeguati HBIG + dose di richiamo • se adeguati***, non trattare
Non trattare Non trattare
Non trattare Se ad alto rischio, fare come se fosse HBsAg+
Non trattare
Testare la persona esposta: • se inadeguati HBIG + dose di richiamo • se adeguati, non trattare
* La dose di HBIg è di 0,06 mL/kg IM ** L’opzione di usare una dose di HBIg (0,06 mL/kg) e di ricomunicare la serie è preferibile per i non-responder che non abbiano completato la seconda serie di tre dosi. Per chi ha completato la seconda serie e non ha di nuovo risposto, due dosi di HBIg (0,06 mL/kg) sono preferibili: una dose il prima possibile e una dose dopo un mese *** Sono considerati titoli anticorpali adeguati, livelli uguali o superiori a 10 mUI/mL. I titoli vanno rivalutati dopo la dose di richiamo. Nei soggetti che abbiano ricevuto le HBIg in una dose, il titolo anticorpale va controllato quando gli anticorpi passivi non siano più misurabili, cioè dopo quattro-sei mesi. Se non sono state somministrate HBIg, il titolo deve essere misurato dopo uno-due mesi dal vaccino. Se gli anticorpi non sono adeguati (< 10 mUI/mL) dopo la dose di richiamo vanno somministrate altre due dosi
dell’HIV dopo sei mesi dalla puntura. Tuttavia le prove per la diagnosi di infezione da HIV sono indicate anche dopo 6-12 settimane dalla lesione, se compare un quadro clinico che sia compatibile con una sindrome acuta da HIV. Il terzo patogeno da considerare è il virus dell’epatite C. Anche in questo caso il rischio è basso, anche per la scarsa capacità di sopravvivenza del virus. Farmaci e immunoglobuline non si sono dimostrati protettivi nei confronti del virus dell’epatite C. La necessità di una ricerca immediata dell’HCV è controversa; meglio eseguire il prelievo al momento della ferita e conservare il sangue. Un controllo, anche in questo caso, va eseguito dopo sei mesi. In molti paesi, compresa l’Italia, è in atto un programma di scambio gratuito di aghi e siringhe usati dai tossicodipendenti, con aghi e siringhe sterili; in tal modo si riduce il rischio di trasmissione, riducendo il numero delle siringhe gettate. Utile è anche un impegno nella raccolta di aghi e siringhe nei giardini pubblici frequentati dai bambini.
• utilizzazione del vaccino secondo la procedura ritenuta più idonea o passaggio a un vaccino alternativo, privo della componente reattogena, oppure applicazione di schemi di somministrazione, che permettano d’indurre un’adeguata produzione di anticorpi senza pericolosi effetti collaterali (tab. 5.9). Per ridimensionare il problema conviene ricordare quanto osservato, una decina di anni fa, a proposito delle reazioni, in risposta alla vaccinazione contro il tetano: su 740 soggetti con storia di reazioni, il 33% aveva una storia di reazioni anafilattoidi. Però meno dell’1% aveva prove cutanee positive e tutti tollerarono il vaccino in dosi refratte (Jacobs RL et al., 1982). Un’esperienza più recente (Gold M et al., 2000) è ancora più tranquillizzante. In tre servizi di vaccinazione di Adelaide in Australia sono stati rivisti 469 Tabella 5.9 Approccio al bambino che ha avuto reazioni di tipo anafilattico a una precedente somministrazione di vaccino Storia clinica
VACCINAZIONE DI BAMBINI CHE ABBIANO AVUTO REAZIONI ALLA PRIMA VACCINAZIONE Le reazioni alla vaccinazione, in particolare le reazioni che riconoscono o meno una base allergica, vanno affrontate in tre direzioni (Novembre E et al., 1993): • un’esatta storia clinica, per essere in possesso di tutti i dati dai quali stabilire se c’è in effetti una dipendenza precisa fra vaccinazione e reazione e a quale tipo di reazione si debbano attribuire i sintomi e i segni; • indagine allergologica, allo scopo d’individuare la componente del vaccino, responsabile della reazione;
• La reazione è realmente da mettere in rapporto con la vaccinazione? • È stata davvero una reazione allergica o allergosimile? • Il bambino in precedenza aveva avuto manifestazioni allergiche di qualsiasi tipo? • Il vaccino usato si accompagna di frequente a manifestazioni allergiche? Indagine allergologica • Prick test e intradermoreazioni, anche col vaccino • Patch test • RAST, ELISA • Prova di Prausnitz-Kustner • Immunoblot Metodi per continuare • Somministrazione del vaccino o di la vaccinazione vaccino alternativo, in ambiente ospedaliero, adatto alla risoluzione di problemi di anafilassi • Applicazione degli schemi di desensibilizzazione
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
bambini che avevano presentato eventi avversi dopo la vaccinazione: di questi 293 avevano avuto effetti collaterali minori e 176 avevano presentato reazioni di tipo allergico o neurologico. La maggioranza di loro venne rivaccinata (421/469) e solo un soggetto presentò un significativo evento neurologico, che fu assolutamente transitorio e che si risolse spontaneamente. Da questa ricerca è stata tratta una precisa indicazione in Australia: “A eccezione dell’anafilassi e della encefalopatia, tutti gli altri eventi avversi alla vaccinazione non debbono essere considerati più come una controindicazione assoluta a continuare la vaccinazione con il vaccino sospetto”.
VACCINAZIONE DOPO ESPOSIZIONE A UN AGENTE INFETTIVO Ovviamente dovranno essere sottoposte a profilassi solo le malattie di una certa gravità, per le quali vi siano probabilità di complicanze importanti e per le quali a volte sia previsto il pericolo di vita. Da un punto di vista pratico le possibilità di prevenzione sono fondamentalmente di tre tipi: • antibiotici; • vaccini; • immunoglobuline. Tralasciando le malattie prevenibili con gli antibiotici e con le immunoglobuline, mi soffermerò su quelle nelle quali è possibile la profilassi con i vaccini (tab. 5.10). Tabella 5.10 Patologie per le quali è possibile una profilassi postesposizione (Principi N e Esposito S, 2002) Tipo di malattia
Agente infettivo
Malattie batteriche
• Pertosse • Malattie invasive da Neisseria meningitidis • Malattie invasive da Haemophilus influenzae tipo b • Streptococco gruppo B (Streptococcus agalactiae) • Infezioni gonococciche • Sifilide • Infezioni da Chlamydiae • Infezioni trasmesse da morso di animali • Tetano
Malattie virali
• • • • • •
Morbillo Varicella Epatite A Epatite B Rabbia Infezione da HIV
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Non è sempre possibile vaccinare prima che si verifichi il contatto con l’agente patogeno specifico. Bisogna quindi prevedere che in alcuni casi specifici sia necessaria la vaccinazione, una volta che sia già avvenuto il contatto fra l’agente infettivo e il soggetto suscettibile. La vaccinazione dopo esposizione va attentamente valutata ed è diversa da un caso all’altro e da una malattia all’altra. • Rabbia. La vaccinazione postesposizione è necessaria nei casi in cui sussista effettivamente un rischio reale. Da tener presente che in Italia non si verificano casi di rabbia da decenni. A seconda delle circostanze (cap. 27) alla vaccinazione vanno associate le immunoglobuline iperimmuni, di origine umana. • Morbillo. È ormai dimostrato che il vaccino del morbillo, somministrato entro tre giorni dall’esposizione, è efficace nel prevenire la malattia e nello stesso tempo è efficace nell’indurre difese immunitarie permanenti. Responsabile dell’effetto protettivo è la più rapida induzione dell’immunità da parte di un agente virale, introdotto per via parenterale, in confronto a quello naturale che si deve fare strada attraverso le mucose, moltiplicarsi attivamente e indurre la viremia primaria. Se sono passati più di tre giorni dall’esposizione, ma meno di sei o se si tratta di un soggetto nel primo anno di vita, la cosa migliore è la somministrazione d’immunoglobuline iperattive (0,25 mL/kg), per rimandare la vaccinazione a tempi successivi ai cinque mesi (vedi tabb. 5.5 e 5.6). Soggetti immunodeficienti o immunodepressi non debbono ricevere il vaccino del morbillo (a meno che non siano HIV positivi), ma immunoglobuline a dosaggio doppio (0,5 mL/kg). Per i lattanti al di sotto dell’anno di età è necessario fare una distinzione: per quelli che hanno meno di 6 mesi le immunoglobuline specifiche rappresentano il tipo preferito di prevenzione, mentre nel secondo semestre può essere usato anche il vaccino, tenendo conto che una sufficiente risposta immunologica non è sempre possibile, per cui questa vaccinazione non deve essere conteggiata come la prima dose, ma come una dose in più, seguita dopo il compimento dell’anno dalla prima vera dose e a 5-6 anni dalla seconda dose di MPR. • Parotite. L’uso del vaccino antiparotite, somministrato precocemente a soggetti che abbiano avuto un’esposizione, non protegge dalla malattia. Nonostante questa constatazione è sempre bene procedere alla vaccinazione dei soggetti suscettibili, esposti alla parotite, perché comunque si ottiene una difesa permanente. Il vaccino è consigliato nel caso di dubbio sia sul superamento della malattia sia su un’eventuale vaccinazione. La somministrazione d’immunoglobuline non è protettiva.
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• Rosolia. Dopo l’esposizione il vaccino non ha dimostrato alcuna efficacia nel prevenire la malattia, anche quando usato precocemente. Anche le immunoglobuline hanno un effetto dubbio: in gravidanza vanno usate solo se la donna, in caso di rischio reale e provato, decida di non abortire. • Epatite B. La vaccinazione postesposizione nel neonato figlio di madre HBsAg positiva si è dimostrata altamente efficace, in associazione alla somministrazione d’immunoglobuline specifiche. Anche per la profilassi dell’esposizione percutanea accidentale è raccomandata la somministrazione combinata di vaccino e d’immunoglobuline specifiche umane (vedi pag. 163). I bambini con rischio di esposizione cronica vanno vaccinati. • Tetano. Nel trattamento delle ferite sospette in un soggetto non vaccinato o di cui s’ignori lo stato vaccinale, è bene associare immunoglobuline umane specifiche e vaccinazione contro il tetano (Td, DT, DTPa o dTpa a seconda dell’età) (cap. 31, pag. 831). Per la somministrazione del vaccino e delle Ig specifiche vanno usate siringhe separate e sedi di somministrazione diverse. La somministrazione di Ig specifiche contro il tetano non interferisce con la risposta anticorpale al vaccino, iniettato contemporaneamente. • Epatite A. Secondo quanto rilevato nella vasta epidemia di epatite A, manifestatasi in Puglia nel 1996 (Malfait P et al., 1996), l’introduzione della vaccinazione è in grado di arrestare o almeno limitare il diffondersi dell’infezione. Quindi in casi di epidemia o di endemia è necessario prendere in considerazione l’uso del vaccino specifico, sia nei bambini che negli adulti. Qualche dubbio tuttavia esisteva fino a qualche anno fa sull’efficacia della vaccinazione postesposizione contro l’epatite A (Mele A, 1996). Questa possibilità, chiaramente dimostrata da una recente esperienza italiana (Sagliocca I et al., 1999), è di estremo interesse perché offre nuove vedute nella prevenzione postesposizione. Lo studio è stato condotto, con il vaccino Havrix, sui conviventi di casi sporadici di epatite A, che erano stati ricoverati all’Ospedale Cotugno di Napoli: i partecipanti alla ricerca sono stati sottoposti alla vaccinazione entro sette giorni dall’ammissione in ospedale del caso primario, o sono stati tenuti senza alcun trattamento, come casi controllo. Le conclusioni di questo studio sono state che il vaccino contro l’epatite A è efficace nella prevenzione delle infezioni secondarie e deve essere raccomandato ai familiari di casi di epatite A, in alternativa all’uso delle immunoglobuline, consigliate dalla letteratura. In un altro studio italiano sull’uso del vaccino contro l’epatite A nel corso di un’epidemia in un asilo,
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
sono stati ottenuti risultati simili (Bonanni P et al., 1998): in questa occasione sono stati vaccinati sia alcuni membri dello staff della scuola che i bambini della scuola materna, per interrompere un’epidemia che durava da sei settimane. I casi fra i bambini sono cessati dopo dieci giorni dalla vaccinazione, mentre i casi fra gli adulti non vaccinati hanno continuato a manifestarsi per altri due mesi. Nonostante questi evidenti risultati, secondo i ricercatori americani (Bell BP, 2000) il vaccino inattivato contro l’epatite A non può ancora essere raccomandato per la profilassi postesposizione, perché al momento mancano studi diretti a confrontare l’efficacia del vaccino rispetto a quella delle immunoglobuline (Ig): pertanto sia il CDC (CDC, 1999) che il Red Book 2003 (American Academy of Pediatrics, 2003i) che l’Harrison (Dienstag JL e Isselbacher KJ, 2001) continuano a consigliare la somministrazione di Ig, entro due settimane dall’esposizione. Non bisogna dimenticare d’altra parte che uno dei principali vantaggi del vaccino, in confronto alle Ig, è quello di conferire un’immunità duratura in una popolazione, che può essere peraltro considerata ad alto rischio.
VACCINAZIONI IN CORSO DI MALNUTRIZIONE Si pensa che oggi vi siano nel mondo circa 100 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni, più o meno in preda alla malnutrizione: alcuni di loro giungono anche nel nostro Paese o come bambini adottati o come facenti parte di famiglie di immigrati. Le infezioni sono d’altra parte la principale causa di mortalità e di morbilità nei soggetti gravemente malnutriti. È stato quindi sospettato, fin da alcuni decenni fa, che la malnutrizione danneggi in qualche modo il sistema immune. Nei bambini malnutriti è risultata infatti compromessa la risposta anticorpale agli antigeni del vaccino della febbre gialla, dell’influenza e della febbre tifoidea, mentre meno compromesse sembrano le vaccinazioni contro il morbillo, la polio, il tetano e la difterite. Il vaccino contro l’epatite B risulta invece, anche in corso di malnutrizione, altamente immunogeno (Lakshmi G et al., 2000). È risultato comunque consigliabile, avendo a che fare con bambini in preda alla malnutrizione, di attendere che le condizioni generali siano migliorate, prima di sottoporli alle vaccinazioni, se le condizioni epidemiologiche lo permettono. Più difficile è risultato comprendere appieno attraverso quali vie la malnutrizione riesca a influenzare la risposta immunologica: in linea generale tutte le deficienze nutritizie sono in grado d’influenzare negativamente i diversi componenti del sistema immune, linfociti T compresi (Suskind RM, 1988; Morgan G, 1997).
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
A ben considerare tuttavia è probabile che, a parte un abbassamento delle difese immunologiche, nella maggiore incidenza delle malattie infettive in corso di malnutrizione, possa giocare un ruolo anche la minore integrità fisica delle barriere epiteliale e mucosa, in modo tale da facilitare l’accesso ai tessuti e agli organi sottostanti e da permettere una più facile circolazione degli agenti infettivi attraverso il sangue, tanto da facilitare non solo le diverse malattie infettive, quanto una loro particolare gravità. Nella realtà i bambini malnutriti soffrono di rado di infezioni opportunistiche, in contrasto con quanto avviene nelle infezioni da HIV e nelle deficienze congenite di linfociti T. Probabilmente la malnutrizione, l’infezione e l’immunodeficienza aprono un circolo vizioso, nel quale ogni fattore a turno può aggravare i rimanenti due. L’immunodeficienza, presa isolatamente, non è particolarmente grave nei bambini malnutriti, specialmente a carico dei linfociti T: più evidenti sono le alterazioni della produzione di anticorpi a livello delle mucose. Fra i diversi meccanismi vanno quindi presi in considerazione il danno della mucosa, la deficienza di linfociti B, la presentazione anormale dell’antigene e la disregolazione dei linfociti T. La stessa vitamina A è un forte candidato a essere una delle cause dell’immunodeficienza secondaria, per la sua azione immunomodulatoria e per la sua azione a favore dell’integrità degli epiteli e delle mucose. È ormai accertato che in popolazioni malnutrite, la sola somministrazione di vitamina A è capace di ridurre la mortalità per morbillo in modo specifico. Tabella 5.11
SOGGETTI CON ALTERAZIONI DELL’IMMUNOCOMPETENZA L’esecuzione di una vaccinazione in un soggetto non immunologicamente competente, perché portatore di una situazione di immunodeficienza, primitiva o secondaria, comporta sempre una precisa valutazione dei rischi e dei benefici (Macchia P et al., 1996; Principi N et al., 1996; De Mattia D e Del Vecchio GC, 2002). La sicurezza e l’efficacia dei vaccini in questi bambini sono la conseguenza della natura e della gravità dell’immunodepressione. Questi bambini rappresentano un gruppo eterogeneo di patologie: spesso ci si trova di fronte a situazioni talmente rare, da far sì che il giudizio specifico venga fornito solo sulla base di considerazioni teoriche, senza avere ancora elementi sufficientemente ampi per poter esprimere un parere, basato sull’esperienza (tabb. 5.11, 5.12 e 5.13). Le condizioni di deficit immunologico possono essere suddivise in primarie e secondarie. Le immunodeficienze primarie sono in generale di natura ereditaria; esse comprendono: • alterazioni dell’immunità umorale (anticorpi) legata ai linfociti B; • alterazioni dell’immunità linfocitaria T (cellulomediata); • alterazioni del complemento; • alterazioni della funzione fagocitaria. Le immunodeficienze secondarie sono invece acquisite e comprendono:
Raccomandazioni dell’ACIP per l’immunizzazione di lattanti e bambini immunocompromessi (ACIP, 2003)
Vaccino
Non immunocompromessi
HIV/AIDS
Gravemente immunocompromessi(1)
Asplenia
Insufficienza renale
Diabete mellito
DTPa, DT, T, dT, dTpa Epatite B Hib IPV MPR Pneumococco coniugato Varicella
Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata
Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata Da considerare(2)
Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata Controindicata
Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata
Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata
Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Raccomandata Da considerare(3)
Raccomandata Da considerare(4)
Raccomandata Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Raccomandata Raccomandata
Usare se indicata Usare se indicata
Usare se indicata Raccomandata
Usare se indicata Raccomandata
Usare se indicata Raccomandata
Usare se indicata Raccomandata
Usare se indicata Raccomandata
Usare se indicata
Controindicata
Controindicata
Usare se indicata
Controindicata
Controindicata
Usare se indicata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Raccomandata
Vaccinazioni routinarie
Altre vaccinazioni Epatite A Influenza inattivato Influenza vivo attenuato Pneumococco polisaccaridico(5) (1)
Soggetti gravemente immunocompromessi, non in seguito a infezione da HIV La vaccinazione MPR è indicata nei soggetti non gravemente immunocompromessi, asintomatici o sintomatici In bambini HIV positivi scarsamente sintomatici o asintomatici, con percentuale di cellule T del 25% o superiore vanno usate due dosi di vaccino contro la varicella (4) Il vaccino contro la varicella non va somministrato in pazienti che abbiano immunodeficienze cellulari, mentre può essere usato in soggetti con alterazioni dell’immunità umorale. Il vaccino non va usato in soggetti che ricevano un trattamento immunosoppressivo (5) Bambini che abbiano completato la serie del vaccino antipneumococcico coniugato prima dei 2 anni e che appartengano ai gruppi a rischio devono ricevere una dose del vaccino polisaccaridico 23-valente a 2 anni o più (2) (3)
168 Tabella 5.12
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Raccomandazioni dell’ACIP per l’immunizzazione di adulti immunocompromessi (ACIP, 2003)
Vaccino
Soggetti non compromessi
Epatite B Hib Influenza inattivato Influenza vivo attenuato MPR Meningococco Pneumococco Td/dTpa Varicella(3) Vaccino Epatite B Hib Influenza inattivato Influenza vivo attenuato MPR Meningococco Pneumococco Td/dTpa Varicella
HIV/AIDS
Gravemente compromessi non HIV/AIDS
Trapianto di organi solidi o terapia immunosoppressiva
Usare se indicato Non raccomandato Raccomandato per pazienti ≥ 50 anni di età
Usare se indicato Da considerare(1) Raccomandato
Usare se indicato Raccomandato Raccomandato
Usare se indicato Raccomandato Raccomandato
Usare se indicato Usare se indicato Usare se indicato Raccomandato per pazienti ≥ 65 anni di età Raccomandato Usare se indicato
Controindicato Da considerare(2) Usare se indicato Raccomandato
Controindicato Controindicato Usare se indicato Raccomandato
Controindicato Controindicato Usare se indicato Raccomandato
Raccomandato Controindicato
Raccomandato Vedi nota (1)
Raccomandato Controindicato
Asplenia
Insufficienza renale
Diabete mellito
Alcolismo, cirrosi
Usare se indicato Raccomandato
Raccomandato(4) Usare se indicato
Usare se indicato Usare se indicato
Usare se indicato Usare se indicato
Raccomandato
Raccomandato
Raccomandato
Raccomandato
Usare se indicato Usare se indicato Raccomandato Raccomandato Raccomandato Usare se indicato
Controindicato Da considerare Usare se indicato Raccomandato Raccomandato Usare se indicato
Controindicato Usare se indicato Usare se indicato Raccomandato Raccomandato Usare se indicato
Controindicato Usare se indicato Usare se indicato Raccomandato Raccomandato Usare se indicato
(1)
I clinici devono decidere se la somministrazione del vaccino anti-Hib a persone infette con HIV debba essere preso in considerazione, tenendo conto del rischio del paziente per la malattia invasiva da Hib e dell’efficacia del vaccino in queste persone La vaccinazione MPR è raccomandata per tutte le persone HIV positive asintomatiche, che non hanno segni d’immunosoppressione, per le quali la vaccinazione MPR risulti peraltro indicata. La vaccinazione MPR è inoltre indicata per tutte le persone sintomatiche HIV infette, che non abbiano i segni della grave immunocompromissione o che abbiano già acquisito l’immunità contro il morbillo (3) Il vaccino della varicella non deve essere somministrato a persone che abbiano immunodeficienza cellulare, mentre le persone che hanno immunodeficienza umorale possono essere vaccinate. Il vaccino della varicella non può essere somministrato a persone che abbiano una storia familiare di immunodeficienze congenite ereditarie nei parenti di primo grado, a meno che non sia stata dimostrata la loro competenza immunologica attraverso gli esami di laboratorio (4) I pazienti con insufficienza renale in emodialisi vanno monitorati per l’anti-HBs dopo la vaccinazione: quelli trovati negativi vanno rivaccinati (2)
• infezioni da virus dell’immunodeficienza umana (HIV); • neoplasie maligne o trapianti; • terapie immunosoppressive, comprendenti i corticosteroidi, e le terapie radianti. In generale le persone con immunocompromissione non devono ricevere vaccini con microrganismi vivi attenuati, virali o batterici, per il rischio che l’agente infettivo possa determinare malattia. Come vedremo, questa regola non è valida in qualche caso particolare, quando possa essere ipotizzato un vantaggio nel vaccinando, rispetto alla controindicazioni generiche o il rischio di una ridotta immunogenicità: questo è quanto è avvenuto per la vaccinazione con MPR nei soggetti con infezione da HIV, non in grave immunocompromissione (CDC, 1993). È possibile invece usare i vaccini inattivati, perché il rischio che si corre con la loro somministra-
zione non aumenta nelle persone immunodepresse. Tuttavia, è bene sempre tener conto che anche le risposte ai vaccini inattivati possono essere insufficienti, cioè ridotte. Nelle forme con deficit immunitario secondario molto importante è stabilire da quanto tempo si è instaurata la soppressione e da quanto tempo sia stata interrotta. Nei casi in cui per esempio sia stata interrotta la terapia immunosoppressiva, una risposta adeguata riprende solo dopo tre mesi-un anno. Per esempio il vaccino inattivato contro l’influenza può essere dato ai bambini immunosoppressi dopo i 6 mesi di età, per ogni stagione influenzale. Nei bambini con tumori maligni la vaccinazione contro l’influenza può essere già effettuata da tre a quattro settimane dopo la sospensione della chemioterapia e quando la conta dei granulociti periferici e dei linfociti abbia raggiunto le 1000 cellule/µL (1 x 109/L).
169
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Tabella 5.13
Raccomandazioni dell’ACIP per l’immunizzazione non routinaria di persone immunocompromesse (ACIP, 2003)
Vaccino
Non immunocompromessi
HIV/AIDS
Fortemente compromessi non HIV/AIDS(2)
Trapianto di organi solidi o terapia immunosoppressiva
Malattie croniche(1)
Vaccini vivi BCG Ty21a (febbre tifoide) Vaiolo Varicella (adulti) Febbre gialla(4)
Usare Usare Usare Usare Usare
se se se se se
indicato indicato indicato indicato indicato
Carbonchio Polio (IPV) Rabbia Febbre tifoide inattivato
Usare Usare Usare Usare
se se se se
indicato indicato indicato indicato
Controindicato Controindicato Controindicato Controindicato Controindicato
Controindicato Controindicato Controindicato Da considerare(3) Controindicato
Controindicato Controindicato Controindicato Controindicato Controindicato
Usare Usare Usare Usare Usare
se se se se se
indicato indicato indicato indicato indicato
Usare Usare Usare Usare
se se se se
indicato indicato indicato indicato
Vaccini inattivati (uccisi) Usare Usare Usare Usare
se se se se
indicato indicato indicato indicato
Usare Usare Usare Usare
se se se se
indicato indicato indicato indicato
Usare Usare Usare Usare
se se se se
indicato indicato indicato indicato
(1)
Una grave immunocompromissione può derivare da immunodeficienze congenite, leucemia, linfoma, anemia aplastica, cancro generalizzato o trattamenti con agenti alchilanti, antimetaboliti, radiazioni o uso di grandi quantità di corticosteroidi Asplenia, insufficienza renale, diabete mellito, alcolismo e cirrosi alcolica (3) Il vaccino contro la varicella non deve essere somministrato in persone che abbiano immunodeficienze cellulari, ma possono essere vaccinate persone che abbiano alterazioni dell’immunità umorale. Il vaccino contro la varicella non dovrebbe essere usato in persone con malattie maligne, comprese le leucemie, le discrasie ematiche, i linfomi di ogni tipo o altri tumori maligni che interessino il midollo osseo o il sistema linfatico (MMWR 1999, 48(RR-6): 1-17, 1999). Il vaccino contro la varicella non deve essere somministrato a persone che abbiano una storia familiare di immunodeficienza congenita o ereditaria in parenti di primo grado, a meno che la competenza immunologica del potenziale vaccinando non sia stata clinicamente dimostrata o verificata in laboratorio. Per quanto riguarda i corticosteroidi possono essere vaccinate le persone che ricevono una terapia di sostituzione (4) Il vaccino contro la febbre gialla deve essere preso in considerazione per i pazienti per i quali non possa essere evitata l’esposizione alla febbre gialla (MMWR 42(RR-4): 1-7, 1993) (2)
BAMBINI CON IMMUNODEFICIENZE PRIMITIVE Come abbiamo visto, i bambini con alterazioni congenite delle funzioni immunitarie non vanno vaccinati con vaccini, costituiti da batteri o virus, vivi e attenuati. Si sono verificate infatti in questi bambini poliomielite postvaccinica e infezioni virali gravi e a volte fatali. Nel caso specifico della vaccinazione contro la polio, per evitare questi gravi effetti collaterali basta rivolgersi al vaccino tipo Salk, invece che al vecchio vaccino tipo Sabin. D’altra parte i bambini con alterazioni della anticorpopoiesi possono non manifestare un’adeguata risposta immunologica umorale, anche perché spesso essi sono sottoposti a un trattamento ciclico con immunoglobuline in vena. Vanno anche considerati i contatti di soggetti immunodeficienti con soggetti sani, fratelli o altri familiari, che siano stati vaccinati: ci riferiamo a questo proposito al vaccino tipo Sabin, che non andava assolutamente somministrato a conviventi di soggetti immunodeficienti, mentre il vaccino contro morbillo, parotite e rosolia può essere tranquillamente somministrato nei conviventi, perché i virus del vaccino non diffondono nell’ambiente circostante. Il vaccino della varicella viene raccomandato per i soggetti suscettibili, conviventi con bambini immunodepressi, perché la trasmissione del virus della varicella da soggetti sani vaccinati è eccezionale. Comunque i soggetti vaccinati che sviluppino un esantema specifico per la varicella debbono evitare, per tutta la durata dell’eruzione, i contatti diretti con i soggetti immunocompromessi.
Vediamo ora le diverse situazioni d’immunodeficienza primitiva.
Agammaglobulinemia X-recessiva (XLA) e immunodeficienza comune variabile (CVI) In queste immunodeficienze non vanno mai somministrati vaccini costituiti da virus vivi attenuati. Il passaggio dalla vaccinazione con OPV a quella con IPV, per le quattro dosi di vaccino contro la polio, ha permesso di superare il pericolo della polio postvaccinazione (VAPP), legata anche al fatto che la diagnosi di queste malattie viene posta oltre il primo anno di vita, per il ripetersi inconsueto della patologia infettiva. Le vaccinazioni contro morbillo, parotite, rosolia e varicella possono essere praticate nei conviventi, perché gli agenti costituenti il vaccino non diffondono nell’ambiente. I vaccini costituiti da patogeni uccisi o da antigeni purificati (DTPa, Hib coniugato, epatite A, influenza, peumococco polisaccaridico e coniugato, meningococco polisaccaridico e C coniugato) possono essere usati comunemente in queste patologie: tuttavia nella XLA essi sono completamente inefficaci, mentre nella CVI, in cui il difetto della anticorpopoiesi è soltanto parziale, il loro uso può indurre un certo grado di risposta anticorpale, anche se a livelli non sicuramente protettivi. Comunque posta la diagnosi, il trattamento ciclico con immunoglobuline, rende superflui i tentativi di vaccinazione. Anche i vaccini costituiti da proteine ottenute con le metodiche DNA ricombinanti (epatite B per esempio)
170
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
non sono pericolosi e sono quindi utilizzabili sia nell’XLA che nella CVI. Poiché la protezione verso il virus dell’epatite B è principalmente mediata dall’immunità cellulare (linfociti T), che risulta normale nella XLA, la vaccinazione contro l’HBV conferisce un discreto grado d’immunità pur in assenza di anticorpi. Poiché nella CVI la funzionalità dei linfociti T può essere parzialmente compromessa, l’efficacia della vaccinazione contro l’HBV è minore rispetto a quella ottenuta nella XLA. Bambini con deficienze più lievi di linfociti B e quindi di anticorpi possono avere un grado intermedio di risposte ai vaccini e possono richiedere il monitoraggio dei titoli anticorpali dopo la vaccinazione per confermare l’immunogenicità del vaccino.
Immunodeficienze combinate (SCID) (forme T-B–, T-B+, deficit di ADA, deficit di PNP, difetto di espressione degli antigeni HLA di classe II e/o I, difetto di trasduzione del segnale di attivazione linfocitaria) Nelle immunodeficienze combinate, nelle quali vi sia un difetto sia dei linfociti B che T, tutte le vaccinazioTabella 5.14
ni non sono di alcuna utilità e quindi non sono affatto indicate. Non vanno somministrati soprattutto i vaccini vivi attenuati, che oltre a essere inutili, possono risultare pericolosi (Bellini WJ et al., 1992). Casi di polio paralitica da vaccino, come quelli che sono stati descritti in pazienti con XLA, non erano frequenti nella SCID perché in questi pazienti la precocità delle manifestazioni cliniche permetteva di escluderli dalla vaccinazione. Anche in queste forme di immunodeficienza è possibile vaccinare con MPR e con varicella i contatti sani.
Altri deficit immunitari Bambini con deficit selettivo di IgA, con deficit di una o più delle sottoclassi delle IgG, con difetti dei fattori del complemento o della funzione granulocitaria (malattia granulomatosa cronica, deficit di mieloperossidasi, o di altri granuli citoplasmatici) vanno vaccinati secondo il corrente Calendario vaccinale (tab. 5.14). Anzi nei soggetti con deficit dei fattori del complemento è consigliata anche la vaccinazione contro il meningococco, per l’elevato rischio di malattie invasive da parte di questo microrganismo in soggetti
Immunizzazione di bambini e adolescenti con deficit primario o secondario dell’immunità (AAP, Red Book, 2003)
Tipo d’immunodeficienza
Immunodeficienza specifica
Vaccini controindicati
Efficacia
Primaria Linfociti B (umorale)
• Agammaglobulinemia legata all’X e comune variabile • Deficit selettivo di IgA e sottoclassi di IgG
• OPV* e vaccini batterici vivi; da considerare l’MPR e la varicella • OPV* e altri vaccini sembrano sicuri, ma viene consigliata prudenza
• L’efficacia del vaccino, se dipende dalla risposta umorale, è comunque dubbia. Le IgEV interferiscono con la risposta al vaccino contro il morbillo e la varicella • Tutti i vaccini sono probabilmente efficaci, con risposta possibilmente attenuata
Linfociti T (cellulomediata e umorale)
• Severa combinata
• Tutti i vaccini vivi**
• L’efficacia dei vaccini che dipendono dalla risposta umorale e cellulare è dubbia
Complemento
• Deficit della fase precoce (C1, C2, C3, C4)
• Nessuno
• Deficit della fase tardiva (C5, C9), properdina, fattore B
• Nessuno
• Tutti i vaccini sono probabilmente efficaci. Sono consigliati i vaccini contro pneumococco e meningococco • Tutti i vaccini sono probabilmente efficaci. Raccomandato il vaccino contro il meningococco
Funzione fagocitaria
• Malattia granulomatosa cronica • Difetto di adesione leucocitaria • Deficit di mieloperossidasi
• Batteri vivi
• Tutte le vaccinazioni di routine sono probabilmente efficaci • Considerare la vaccinazione contro l’influenza con vaccini inattivati
Secondaria
• HIV/AIDS
• OPV*, BCG, MPR, varicella nei bambini gravemente immunocompromessi • Virali e batterici vivi a seconda dello stato immunitario**
• MPR e varicella, come tutti i vaccini inattivati possono essere efficaci*** • L’efficacia dei vaccini dipende dal grado d’immunosoppressione
• Tumori maligni, trapianti, terapia radiante o immunosoppressiva
* OPV: non è più indicato in Italia nella vaccinazione contro la polio ** Vaccini virali vivi: MPR, OPV, varicella, febbre gialla, vaiolo; vaccini batterici vivi: BCG, vaccino Ty21a contro la Salmonella typhi *** I bambini infettati con HIV debbono ricevere le Ig dopo l’esposizione al morbillo, anche se sono stati vaccinati e possono ricevere il vaccino contro la varicella, se la conta dei linfociti CD4+ è uguale o superiore al 25%
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
con questo difetto. In questi pazienti sono raccomandate anche le vaccinazioni contro lo pneumococco, l’Haemophilus influenzae tipo b e i virus influenzali. Nelle immunodeficienze con difetto prevalente dell’immunità T (atassia, teleangectasia, sindrome di Wiskott-Aldrich) sono consigliate le vaccinazioni con vaccini costituiti da agenti uccisi o da proteine purificate (IPV, DTPa, epatite B, Hib) secondo il Calendario ufficiale. Questi vaccini al massimo possono risultare poco efficaci. ma non sono mai pericolosi. Al contrario i vaccini costituti da agenti vivi inattivati (compreso il BCG) non vanno mai usati: analogamente i contatti sani non andavano vaccinati con OPV, mentre possono ricevere il vaccino MPR e il vaccino contro la varicella. In particolare nella sindrome di DiGeorge (delezione del cromosoma 22q11.2) associata a ipoplasia timica e ad un ridotto numero di cellule T, nella quale si credeva fossero controindicati i vaccini costituiti da agenti vivi attenuati, di recente è stato messo in evidenza che questo tipo di vaccini non costituisce alcun tipo di rischio di reazioni avverse, in confronto a quanto avviene nella popolazione in generale (Perez EE et al., 2003; Azzari C et al., 2005). I bambini colpiti da questa sindrome non hanno infatti prove di una grave compromissione dell’immunità.
BAMBINI CON IMMUNODEFICIENZE SECONDARIE Infezione da HIV Dall’esperienza accumulata fino a oggi sulle conseguenze della somministrazione di agenti vivi attenuati, impiegati per la vaccinazione, risulta che sono presenti complicazioni di una certa gravità solo dopo vaccinazione con BCG (Arpadi SM et al., 1996; Edwards KM et al., 1996). Il BCG quindi è assolutamente controindicato. Tuttavia l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne consiglia l’uso in bambini infetti asintomatici in zone ad alta incidenza di tubercolosi. Nonostante quanto affermato in precedenza sulla limitazione dei vaccini vivi attenuati (MPR) in soggetti con immunodeficienze, è necessario fare un’eccezione per i soggetti affetti da infezione da HIV: in questi infatti l’acquisizione di un morbillo naturale rappresenta un rischio elevato, che può accompagnarsi fino al 40% di morti. Nel loro caso viene quindi consigliata la vaccinazione con MPR, inclusi i pazienti sintomatici, purché non gravemente immunocompromessi. Nel caso di bambini della prima infanzia viene consigliato l’uso del vaccino MPR un po’ prima dei 12 mesi di vita, da anticipare al 6°-9° mese, in caso di epidemia, seguito da due ulteriori dosi. Per chi venga vaccinato a 13 mesi, è necessario somministrare una seconda dose dopo appena un mese per indurre il più precocemente possibile una sieroconversione. Spesso la reim-
171
munizzazione, anche in bambini con immunosoppressione da lieve a moderata non porta a un incremento del titolo anticorpale. Comunque nei soggetti gravemente immunodepressi, con un numero di linfociti CD4+ molto basso (inferiore a 750 per mmc in bambini in età inferiore ai 12 mesi, o inferiore a 500 per i bambini fra 1 e 5 anni o, infine, inferiore a 200 per i soggetti in età di 6 anni o più; altrimenti con percentuale dei T linfociti CD4 inferiore al 15% dei linfociti totali per bambini in età inferiore ai 13 anni (o inferiore al 14% per soggetti di 13 anni o più), è bene astenersi dalla vaccinazione con MPR. La vaccinazione contro la varicella è controindicata in generale in bambini con HIV; tuttavia il vaccino contro la varicella può essere somministrato ai pazienti con una percentuale di CD4 superiore al 25% dei limiti per l’età (American Academy of Pediatrics, 2003c, h). Esiste per tutti i tipi di vaccinazione il rischio ipotetico di un aumento (probabilmente transitorio) del carico virale di HIV, come è stato dimostrato talvolta (Stanley SK et al., 1996; Rey D et al., 2000). Nell’adulto si è visto un aumento transitorio del carico virale di HIV-RNA dopo immunizzazione con il vaccino contro l’influenza e con quello contro lo pneumococco, anche se in altri studi questo fenomeno non è stato riscontrato. D’altra parte non ci sono prove che dimostrino che questo transitorio aumento influenzi la prognosi della malattia. Anche nei bambini i risultati di studi analoghi sono variabili e necessitano di ulteriori ricerche. Contro la polio, come nei bambini sani, va somministrato il vaccino IPV. Per gli altri vaccini va seguito il normale Calendario vaccinale (DTPa, epatite B, vaccino anti-Hib, IPV, vaccino coniugato contro lo pneumococco e il meningococco C). Con la somministrazione di un numero doppio di dosi di vaccino contro l’HBV la risposta anticorpale è migliore (Rey D et al., 2000). La vaccinazione annuale contro l’influenza è consigliata nei soggetti con infezioni da HIV (Lyall EGH et al., 1997; King JC et al., 1997): oltre i 5 anni è consigliato il vaccino polisaccaridico contro lo pneumococco. Il vaccino antipneumococcico coniugato può essere usato nei bambini HIV infetti nei primi mesi di vita (King JC et al., 1997). L’immunogenicità dei bambini con infezione da HIV è strettamente correlata col grado d’immunodepressione presente al momento della vaccinazione. Poiché questa risposta può variare da un caso all’altro, è sempre bene, anche in presenza di un bambino vaccinato, che sia stato esposto a una malattia infettiva, che sia praticata un’adeguata profilassi passiva e farmacologica. Per quanto riguarda il vaccino contro la varicella, è stato visto che, anche se è vero che in casi eccezionali può diffondere da soggetti sani vaccinati, è possibile vaccinare i contatti sani e che non è necessario prendere alcuna precauzione, a meno che non si svi-
172
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
luppi un esantema dopo la vaccinazione. In questi casi è necessario evitare ogni contatto con i pazienti immunodepressi. Tuttavia la malattia, anche se si sviluppa, è comunque lieve e non richiede né un trattamento con aciclovir, né con VZIG (immunoglobuline varicella-zoster).
Terapia immunosoppressiva per leucemie e tumori solidi In primo luogo nel bambino in terapia immunosoppressiva, prima di procedere alla vaccinazione, vanno considerati alcuni fattori, come la malattia di base, il tipo di trattamento immunosoppressivo in atto e infine la storia patologica remota nei confronti delle malattie infettive e dell’immunizzazione del paziente (Brydak LB et al., 1998). In linea di massima i vaccini, costituiti da batteri o virus vivi attenuati, vanno considerati come controindicati, almeno durante il trattamento chemioterapico e radioterapico, per il rischio di gravi effetti collaterali. Anche se casi del genere sono eccezionali (negli Stati Uniti su oltre 200 milioni di dosi sono state riportate cinque morti), i soggetti in tali situazioni non debbono ricevere vaccini con agenti vivi, anche se attenuati, per almeno tre mesi dalla sospensione della chemioterapia immunosopressiva contro il cancro. Il vaccino contro la varicella, per l’elevato grado di morbosità (30-50%) e di letalità (7-20%) che comportano le infezioni da virus VZ in soggetti con malattie linfoproliferative (vedi Circolare del Ministro della Sanità n. 8 del 1992) può essere usato con cautela nei bambini affetti da leucemia linfocitica acuta in remissione completa da 9-12 mesi, con l’accortezza di sospendere la chemioterapia da una settimana prima a una settimana dopo la somministrazione del vaccino. All’esame emocromo non deve risultare una linfopenia, cioè il numero dei linfociti non deve essere inferiore ai 1200/mmc. La funzionalità linfocitaria, valutata in vitro, deve risultare normale. Anche gli altri vaccini, costituiti da virus o batteri vivi attenuati (MPR, OPV, BCG) sono controindicati in soggetti in terapia immunosoppressiva (agenti alchilanti, antimetaboliti, radiazioni, steroidi ad alte dosi e per periodi di tempo superiori alle due settimane), perché affetti da leucemie o tumori solidi. I contatti sani di questi bambini non andavano trattati con OPV, mentre possono ricevere l’MPR. Questi vaccini possono essere somministrati dopo tre mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva, se l’interessato non è stato in precedenza vaccinato o non risulti che abbia superato la malattia naturale. L’intervallo di tre mesi è un lasso di tempo che viene comunemente considerato come sufficiente per la riacquisizione della immunocompetenza. I vaccini inattivati possono essere somministrati, se necessario, perché non sono rischiosi per i soggetti
immunocompromessi. Tuttavia può accadere che la risposta immune ad alcuni vaccini inattivati (DTPa, epatite B, IPV, pneumococco e influenza) risulti inadeguata e che quindi l’efficacia di tali vaccini sia di conseguenza ridotta. La capacità di sviluppare una risposta immunologicamente valida riprende a distanza di 3-12 mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva. Per il vaccino dell’influenza è consigliabile la somministrazione a bambini con tumori, solidi o liquidi, tre-quattro settimane dopo la fine della chemioterapia, e quando le conte periferiche dei granulociti e dei linfociti siano risultate maggiori di 1000 per mmc. In particolare i soggetti con morbo di Hodgkin, bambini (in età superiore ai 5 anni), adolescenti o adulti, debbono ricevere il vaccino antipneumococcico non coniugato e il vaccino coniugato contro l’Hib. Sotto i 5 anni è a disposizione il vaccino antipneumococcico coniugato, efficace anche in bambini di pochi mesi di vita. Sono questi infatti soggetti a rischio per le infezioni invasive sia da pneumococco che da Hib. La più intensa risposta anticorpale si ottiene quando i pazienti vengano immunizzati almeno due settimane prima dell’inizio del trattamento, perché durante la chemioterapia e per qualche tempo dopo la sospensione la risposta stessa risulta alterata: un intervallo di tre mesi dalla sospensione risulta sufficiente per avere una risposta immunologica normale, perché la capacità di questi pazienti di rispondere alle vaccinazioni migliora rapidamente. I pazienti che eventualmente fossero stati vaccinati durante la chemioterapia e la radioterapia vanno rivaccinati tre mesi dopo la sospensione del trattamento. I pazienti che avessero ricevuto, nei primi anni di vita o comunque prima della malattia, la vaccinazione DT, DTP, DTPa, antiepatite B e antipolio, nel caso il ciclo vaccinale sia stato completato, non debbono ricevere ulteriori richiami. Nel caso in cui il ciclo non fosse stato completato, la ripresa della vaccinazione deve avvenire dopo tre mesi dalla sospensione del trattamento chemioterapico e radioterapico. La vaccinazione antinfluenzale è consigliata anche per i familiari e per il personale che vive in stretto contatto con questi pazienti (tab. 5.15). Tabella 5.15 Vaccinazioni dei familiari di un bambino immunodeficiente Malattie prevenibili con la vaccinazione Poliomielite Pertosse MPR Influenza Varicella
Modalità consigliate
Vaccino antipolio inattivato (soltanto!) Dose di richiamo con dTpa, oltre i 6 anni di età Seconda dose, anche solo dopo 2 anni di età In età oltre i 6 mesi, con somministrazione annuale Nei soggetti con anamnesi negativa; due dosi in età superiore ai 13 anni
173
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Uso di corticosteroidi I bambini possono risultare immunodepressi dopo un trattamento con corticosteroidi: la frequenza, la durata, la dose giornaliera e totale, la malattia di base e l’associazione con altre terapie sono tutti fattori che influenzano il grado d’immunosoppressione. Nonostante il riconoscimento di questo fenomeno, ancora non sappiamo con sicurezza quali siano la durata e l’intensità della terapia corticosteroidea, necessarie per indurre costantemente un’immunosoppressione; probabilmente la risposta è individuale e non può essere prevista in modo preciso. Nonostante queste incertezze di base, sono oggi a disposizione dati sufficienti per poter stabilire, su basi empiriche, quando sia consentito somministrare, e quando no, un vaccino costituto da agenti vivi attenuati. In primo luogo è bene tener distinte due situazioni, che richiedono soluzioni diverse, cioè le terapie corticosteroidee in malattie che non comportano condizioni d’immunodeficienza, da quelle in corso di malattie che comportano di per sé immunodepressione. a) Terapia corticosteroidea in soggetti affetti da patologie che non comportano immunodeficienza I protocolli da seguire in questo caso sono (tabb. 5.16 e 5.17): Tabella 5.16 Immunizzazione di bambini in trattamento con corticosteroidi Modalità di somministrazione previste da tutte le vaccinazioni, comprese quelle con virus vivi attenuati* • Somministrazione locale o per aerosol • Somministrazione in dosi di mantenimento, fisiologiche • Somministrazione per via sistemica a dosi basse o moderate (< 2 mg/kg o < 20 mg/die) per qualsiasi durata • Somministrazione a giorni alterni di qualsiasi dose, con preparazioni di breve durata** • Somministrazione a dosi elevate (> 2 mg/kg o > 20 mg/die) per un periodo inferiore a 14 giorni** * In assenza di una situazione sottostante d’immunodeficienza ** In questi casi possono essere utili valutazioni dell’immunità indotta dal vaccino
Tabella 5.17
• Terapia topica o iniezione locale di corticosteroidi. La somministrazione sia per via transcutanea che per via inalatoria (aerosol) o per iniezione intraoculare, intra-articolare, intraborsale, o intratendinea non determina immunosoppressione e quindi non controindica la somministrazione di vaccini costituiti da agenti vivi attenuati. • Corticosteroidi somministrati in dosi fisiologiche di mantenimento. Non controindicano l’uso di vaccini con virus vivi. • Corticosteroidi somministrati in dosi farmacologiche basse o moderate per via generale, tutti i giorni o a giorni alterni. I bambini che ricevano dosi inferiori a 2 mg/kg/die di prednisone (o dosi equivalenti di un altro corticosteroide) o una dose totale inferiore a 20 mg/die e che pesino più di 10 kg possono essere ugualmente vaccinati con virus vivi (tab. 5.17 sulle equivalenze dei corticosteroidi). • Corticosteroidi somministrati ad alte dosi, per via generale, tutti i giorni, o a giorni alterni, per meno di 14 giorni. I bambini che ricevano una dose di prednisone (o equivalente di altri steroidi), uguale o maggiore a 2 mg/kg/die o una dose totale di 20 mg/die più se pesano più di 10 kg possono essere vaccinati con virus vivi attenuati, immediatamente dopo la fine del trattamento. Per alcuni anche in queste circostanze è meglio aspettare due settimane dalla sospensione del trattamento. • Corticosteroidi somministrati ad alte dosi, per via generale, tutti i giorni, o a giorni alterni, per più di 14 giorni. I bambini che ricevano una dose di prednisone (o equivalente di altri steroidi), uguale o maggiore a 2 mg/kg/die o una dose totale di 20 mg/die più se pesano più di 10 kg non debbono essere vaccinati con virus vivi attenuati, finché non sia trascorso almeno un mese dalla fine del trattamento. b) Terapia corticosteroidea in soggetti affetti da patologie che comportano di per sé una condizione d’immunodepressione Questi bambini vanno considerati a rischio e quindi non debbono ricevere di regola vaccini contenenti vi-
Potenza relativa e dosi equivalenti fra i diversi corticosteroidi
Nome del composto
Potenza antinfiammatoria
Idrocortisone Cortisone Fludrocortisone Prednisone Prednisolone 6a-metilprednisolone Triamcinolone Betametasone Desametazone
1 0,8 10 4 4 5 5 25 25
Potenza nel trattenere sodio 1 0,8 125 0,8 0,8 0,5 0 0 0
Durata di azione
Dose equivalente in mg*
S S I I I I I L L
20 25 – 5 5 4 4 0,75 0,75
S = corta (8-12 ore di emivita biologica); I = intermedia (12-36 ore); L = lunga (36-72 ore) * La relazione fra queste dosi si applica solo per le somministrazioni per bocca ed EV; per IM la potenza si differenzia fortemente
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
rus vivi attenuati. Tutte queste considerazioni riguardano la sicurezza dei vaccini, ma non assicurano necessariamente la loro immunogenicità e quindi la loro efficacia, perché è spesso in gioco una particolare risposta immunologica individuale. Tutti gli altri vaccini (DTPa, DTP, Hep B, IPV, Hib, vaccini coniugati contro lo pneumococco e il meningococco C) possono essere di regola somministrati, ma occorre tener conto che con dosi elevate di prednisone, la risposta anticorpale può risultare compromessa, per cui in generale, se non ci sono motivi di urgenza, viene consigliato di attendere un mese dalla sospensione del trattamento. L’uso, per la prevenzione delle malattie croniche polmonari, del desametazone nei pretermine, immunizzati contro la difterite, il tetano e la pertosse acellulare (tossina della pertosse, emoagglutinina filamentosa, pertactina e agglutinogeni 2 e 3 delle fimbrie) induce una riduzione nel titolo anticorpale della difterite e del tetano, sempre superando tuttavia i limiti di protezione (Robinson MJ et al., 2004). La risposta anticorpale verso tre (tossina della pertosse + i due agglutinogeni) dei cinque antigeni della Bordetella pertussis viene ugualmente ridotta, ma il significato clinico di questa osservazione non risulta chiaro. Si conclude che la corrente immunizzazione con DTPa è adeguata e che quindi non viene raccomandata una dose di richiamo in più durante gli anni successivi.
BAMBINI CON ASPLENIA ANATOMICA O FUNZIONALE L’asplenia può essere dovuta a una vera e propria mancanza della milza (di tipo anatomico), per cause congenite (per esempio sindrome di Ivemark) o più spesso per splenectomia, ma può essere anche funzionale, come in molte splenomegalie (malattie da accumulo, talassemia major e altre). Tutti i soggetti con asplenia, indipendentemente dalla sua causa, sono sottoposti a malattie gravi di tipo batterico, a volte di ti-
po fulminante. In confronto all’incidenza nei bambini sani, la sepsi nell’asplenia da splenectomia da trauma è aumentata di 50 volte, mentre nella talassemia o nella drepanocitosi, che comportano un’asplenia funzionale, la sepsi è più frequente di 350 volte. Il rischio di malattia invasiva è più alto quanto minore è l’età del bambino; per questo quando sia possibile, la splenectomia va posticipata al massimo. Gli agenti più spesso in causa sono quelli dotati di capsula, come lo pneumococco, l’emofilo e il meningococco. Il rischio di sepsi è più elevato negli anni immediatamente successivi alla splenectomia: tuttavia, in adulti la sepsi è insorta anche a distanza di 25 anni dall’asportazione della milza. Nei bambini è raccomandata, meglio se prima della splenectomia, la vaccinazione contro lo pneumococco con vaccino coniugato e contro il meningococco gruppo C con vaccino coniugato. Per quanto riguarda la vaccinazione contro lo pneumococco alle diverse età e nelle diverse situazioni vaccinali, si veda la tabella 5.18. Anche l’immunizzazione contro l’emofilo va eseguita il prima possibile con il vaccino coniugato, non appena sia stata posta la diagnosi di asplenia o non appena vi sia l’indicazione per la splenectomia. I bambini che abbiano avuto un ciclo completo, compresa la quarta dose di richiamo dopo il 12° mese di vita, non necessitano ulteriori dosi di vaccino. Per i bambini fra uno e 5 anni non vaccinati, o che abbiano ricevuto una sola dose di vaccino prima dei 12 mesi, viene raccomandata la somministrazione di altre due dosi, con un intervallo di due mesi l’una dall’altra; se questi bambini avessero già ricevuto due dosi prima dell’anno di età, è sufficiente somministrarne solo un’altra. Oltre i 5 anni è sufficiente una sola dose. I diversi vaccini possono essere somministrati contemporaneamente, ma in sedi diverse e con siringhe diverse. È sempre indicata anche la vaccinazione antinfluenzale, mentre sono possibili tutte le altre vaccinazioni, se indicate (vedi tab. 5.11). A prescindere dallo stato vaccinale, è utile intraprendere una profilassi antibiotica con amoxicillina
Tabella 5.18 Raccomandazioni per l’immunizzazione contro lo pneumococco con il vaccino coniugato e con il vaccino polisaccaridico, in bambini splenectomizzati Età
Dosi precedenti di vaccino antipneumococcico
Raccomandazioni
≤ 24 mesi 24-59 mesi
Nessun vaccino 4 dosi di PCV7
24-59 mesi
1-3 precedenti dosi di PVC7
24-59 mesi
1 dose di PS23
24-59 mesi
Nessuna dose di PS23 o di PCV7
PCV7 a seconda dell’età 1 dose di vaccino PS23 a 24 mesi di età 1 dose di vaccino PS23, 3-5 anni dopo la prima dose di PS23 1 dose di PCV7 1 dose di PS23, 6-8 settimane dopo l’ultima dose di PCV7 1 dose di PS23, 3-5 anni dopo la prima dose di PS23 2 dosi di PCV7, a distanza di 6-8 settimane l’una dall’altra, iniziando dopo 6-8 settimane dall’ultima dose di PS23 1 dose di PS23, 3-5 anni dopo l’altima dose di PS23 2 dosi di PCV7, a distanza di 6-8 settimane l’una dall’altra 1 dose di PS23, 6-8 settimane dopo l’ultima dose di PCV7 1 dose di PS23, 3-5 anni dopo la prima dose di PS23
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
(20 mg/kg/die per bocca) o con benzatina (600.0001.200.000 U per via intramuscolare profonda). In generale la profilassi antimicrobica (oltre alla vaccinazione) deve essere usata sistematicamente in tutti i bambini splenectomizzati prima dei 5 anni di età e va continuata per almeno un anno. Secondo molti la profilassi va continuata per 5 anni e secondo altri ancora per tutta la vita. L’età alla quale la chemioprofilassi va sospesa è spesso una decisione empirica, legata anche alla compliance del bambino. Quando venga usata la profilassi antibiotica vanno sottolineate ai genitori e ai pazienti le limitazioni dovute alla presenza di ceppi resistenti agli antibiotici dati per profilassi, che potrebbero determinare una sepsi fulminante. Nonostante le vaccinazioni e la chemioprofilassi, esiste sempre la possibilità che si manifestino episodi di sepsi. Quindi ogni episodio febbrile può essere potenzialmente grave, per cui il paziente va posto immediatamente sotto controllo medico.
tempo 0, la seconda dopo un mese e la terza dopo sei mesi. In confronto ai soggetti normali, i soggetti in emodialisi sviluppano una concentrazione anticorpale che è inferiore a quella della popolazione normale: in soggetti adulti in emodialisi, dopo tre dosi, si ha una risposta anticorpale del 64% (contro più del 95% della popolazione sana), mentre dopo quattro dosi da 20 µg ciascuna la risposta sale all’86%. Il bambino dopo quattro dosi da 20 µg sviluppa livelli protettivi nel 75-95% (Drachman R et al., 1989). Parallelamente allo sviluppo dell’immunogenicità si manifesta la protezione dall’infezione da HBV. Fra le persone che non risposero alla prima serie di vaccino (tre dosi), il 25-50% rispose a una quarta dose e il 50-75% rispose alla somministrazione di altre tre dosi. La risposta fu superiore quando la dose di antigene raggiunse i 40 µg per dose. Fra gli adulti che risposero alla vaccinazione primaria, gli anticorpi furono dimostrabili nell’80-100% a sei mesi, ma caddero al 58-100% dopo un anno. Tutti tuttavia risposero a una dose di richiamo. Fra le misure profilattiche suggerite dal CDC (CDC, 2001) vi sono in primo luogo quelle riguardanti la pulizia e la disinfezione delle strumentazioni usate per la dialisi, insieme all’isolamento massimo dei pazienti HBsAg positivi, che debbono disporre di apparecchiature personali. Nei pazienti in emodialisi è necessario procedere routinariamente alla ricerca delle infezioni da HBV (vari indicatori d’infezione) e da HCV. Per quanto riguarda la vaccinazione si veda la tabella 5.19. Tutti i soggetti in emodialisi vaccinati contro l’HBV debbono essere sottoposti alla ricerca anticorpale dopo uno-due mesi dall’ultima dose della serie primaria per determinare la loro risposta al vaccino: una risposta adeguata è uguale o superiore a 10 mUI/mL. I pazienti che non rispondono alla vaccinazione primaria debbono essere rivaccinati con altre tre dosi e successivamente saggiati per la risposta anticorpale. Non viene proposta nessuna dose in più in quelli che non abbiano risposto alla seconda serie. Non sono ancora disponibili dati riguardanti la recente disponibilità di un vaccino di terza generazione (pre-S1, pre-S2 e S). Oltre alla vaccinazione contro l’HBV è necessario
BAMBINI IN EMODIALISI Il numero dei bambini che, raggiunto lo stadio terminale dell’insufficienza renale, vengono sottoposti a emodialisi o a dialisi peritoneale, ammonta in Italia a poche centinaia. L’incremento negli ultimi anni del trapianto di rene ha avuto come conseguenza un accorciamento dei tempi di attesa. Il virus dell’epatite B e quello dell’epatite C diffondono facilmente da un paziente all’altro nei centri di dialisi, soprattutto dell’adulto. L’isolamento dei pazienti HBsAg positivi e delle loro apparecchiature ha prodotto da solo una riduzione dell’incidenza delle infezioni da HBV del 70-80%. Il vaccino contro l’epatite B viene raccomandato sia per i pazienti in emodialisi che per i componenti dello staff, fin da quando il vaccino divenne disponibile nel 1982. Negli ultimi anni tutti i bambini che frequentano i centri di dialisi sono stati vaccinati, insieme a gran parte del personale sanitario. Lo schema di vaccinazione è quello classico con un’inoculazione al
Tabella 5.19 Dosi e schedula del vaccino contro l’epatite B, per i pazienti in emodialisi e per il personale sanitario addetto alla emodialisi Gruppi di soggetti Dose Pazienti ≥ 20 anni di età Pazienti ≥ 20 anni di età*: • predialisi • dialisi-dipendente Sanitari ≥ 20 anni di età
Engerix B Volume
Schedula
Dose
Recombivax HB Volume Schedula
10 µg
1 mL
0, 1, 6 mesi
5 µg
0,5 mL
0, 1, 6 mesi
20 µg 40 µg 20 µg
1 mL 1-2 mL 1 mL
0, 1, 6 mesi 0, 1, 2, 6 mesi 0, 1, 6 mesi
10 µg 40 µg 10 µg
1 mL 1 mL 1 mL
0, 1, 6 mesi 0, 1, 6 mesi 0, 1, 6 mesi
* Dosi per le persone in età inferiore ai 20 anni, approvate dalla Food and Drug Administration; per i pazienti in emodialisi le dosi più alte possono essere più immunogeniche
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
che i bambini in emodialisi ricevano gli altri vaccini, ricordati nella schedula vaccinale nazionale; oltre a questi sono consigliati: il vaccino contro lo pneumococco (polisaccaridico o coniugato, a seconda dell’età), contro l’influenza, contro la varicella e contro l’epatite A (Rangel MC et al., 2000). Nei soggetti in emodialisi la risposta immunitaria è insufficiente spesso anche per altri vaccini oltre che per il vaccino contro l’HBV, come per esempio l’anatossina tetanica e difterica (Krüger S et al., 1999).
IN PREPARAZIONE E DOPO IL TRAPIANTO Il caso di un bambino che sia in preparazione o che abbia subito un trapianto di midollo è talmente particolare da richiedere una trattazione a parte. Il numero di bambini che ricevono trapianto di midollo osseo o trapianto di organi solidi è aumentato a dismisura negli ultimi anni e parallelamente è aumentato il numero delle complicazioni infettive. Nel trapiantato di cellule staminali, il maggior rischio di complicazioni infettive avviene durante il periodo della ricostruzione immune con le cellule del donatore, dopo la radio-chemioterapia soppressiva. I riceventi il trapianto di midollo infatti partono da uno stato di profonda immunodeficienza umorale e cellulare per passare a uno stato capace di risposte funzionali sia di tipo cellula B che T. La graduale maturazione del sistema immune dopo il trapianto modifica lo stato di non risposta per passare alla capacità immunitaria dei diversi vaccini. I riceventi un trapianto di organi solidi si trovano in una situazione simile, anche se apparentemente diversa. A questo punto, nonostante i progressi nelle capacità diagnostiche e nelle terapie antimicrobiche, l’immunoprofilassi è un’arma da considerare in un gran numero di pazienti.
TRAPIANTO DI CELLULE STAMINALI In primo luogo vanno considerati diversi fattori, quali l’immunità del donatore, il tipo di trapianto (autologo o allogenico), l’intervallo dal trapianto, i farmaci immunosoppressivi ricevuti e l’eventuale presenza di una reazione contro l’ospite (graft-versus-host disease, GVHD). Anche se molti di questi bambini acquisiranno l’immunità del donatore, altri non mostreranno alcuna prova sierologica d’immunità. Lo scopo della strategia d’immunizzazione per i riceventi il trapianto di cellule staminali (TCS) deve essere quello di mantenere o aumentare la concentrazione di anticorpi per raggiungere titoli, considerati protettivi, per i vaccini raccomandati per la popolazione
infantile e adulta e quindi per fornire protezione contro quegli agenti infettivi verso i quali i riceventi possano essere a rischio. Va subito premessa la conoscenza che la concentrazione di anticorpi verso quegli antigeni, somministrati per le vaccinazioni routinarie dell’infanzia, subisce un rapido declino dopo il TCS. Si è visto che il 50% dei soggetti positivi per il tetano prima del trapianto diventa sieronegativo dopo un anno dal trapianto (Ljungman P et al., 1990). Ugualmente, nei riceventi un trapianto allogenico, la perdita degli anticorpi verso i tre tipi di virus polio, il morbillo, la parotite e la rosolia fu rispettivamente del 33%, 14%, 49% e 58%, due o tre anni dopo il trapianto (Ljungman P et al., 1989). Stabilito che esiste una perdita dell’immunità protettiva in seguito alle vaccinazioni routinarie dell’infanzia, si sono susseguiti gli studi per esaminare la capacità del ricevente il TCS di rispondere alle immunizzazioni dopo il trapianto. La somministrazione al donatore di midollo osseo prima del trapianto di anatossina difterica e tetanica e l’immediata somministrazione, dopo il trapianto, al ricevente possono facilitare la risposta a questi antigeni. Si è visto che il titolo di anticorpi sierici del ricevente non aumenta quando la somministrazione di anatossine viene ritardata fino a cinque settimane dopo il trapianto. In linea teorica risultati simili, come vedremo, si possono attendere anche con altri antigeni inattivati, inclusa la pertosse, l’Hib, l’epatite B, l’epatite A, l’IPV e i vaccini contro lo pneumococco, coniugati e polisaccaridici, e il meningococco. D’altra parte si è visto che i riceventi il trapianto sono capaci di rispondere a dosi di anatossina tetanica e di vaccino inattivato contro la polio, somministrati con più dosi dopo 12 mesi o più dal TCS. Anche dosi del vaccino coniugato contro l’Hib forniscono protezione, quando somministrate a 12, 14 e 24 mesi dal TCS, qualunque sia l’età del ricevente. Analogamente è stata ottenuta una risposta immunologica quando il vaccino polisaccaridico contro lo pneumococco venne somministrato due o più anni dopo il trapianto. Alcuni esperti raccomandano una schedula che prevede la somministrazione del vaccino antipneumococcico coniugato (PCV7) e del vaccino polisaccaridico (PS23), a distanza di due o più anni dal TCS (vedi tab. 5.18). La seconda dose di vaccino antipneumococcico non è una dose di richiamo, ma offre una seconda opportunità ai soggetti che non hanno risposto alla prima dose. La risposta al vaccino MPR fu dimostrata dopo due anni dal trapianto. Questi risultati suggeriscono che i riceventi il TCS sono in grado di rispondere all’immunizzazione con antigeni vaccinali cellule T-dipendenti dopo il trapianto. Una seconda dose di MPR va data dopo un mese o più dalla prima dose, a meno che le prove sierologiche non abbiano dimostrato una risposta sufficiente alla prima dose. I pazienti con GVHD cronico non devono essere vaccinati con MPR
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
per timore di un’infezione virale latente e delle sue conseguenze (American Academy of Pediatrics, 2003b; e). Il vaccino contro la varicella è controindicato prima che siano passati 24 mesi dal TCS. Il vaccino IPV va usato a 12, 14 e 24 mesi dopo il TCS. Il vaccino contro l’influenza non è efficace prima che siano passati sei mesi dal TCS; anche il vaccino contro l’HBV va somministrato con tre dosi a 12, 14 e 24 mesi dal TCS. Sia in Europa (Ljungman P et al., 1995) che negli Stati Uniti (Huzly D et al., 1997; Henning KJ et al., 1997) sono state emanate Linee guida per la vaccinazione post-trapianto in bambini e adulti. Finalmente il CDC nel 2000 ha pubblicato le linee guida più aggiornate (CDC, 2000). La schedula d’immunizzazione raccomandata per i riceventi il TSC è riportata nella tabella 5.20. A parte l’immunità ottenuta vaccinando, a varia distanza di tempo, il soggetto sottoposto a TCS, va tenuto conto anche dell’immunità adottiva, che il ricevente ottiene dal donatore con il trapianto. È stato visto che un soggetto HBsAg positivo sottoposto a TCS da donatore vaccinato positivamente contro l’HBV è in grado di negativizzarsi a distanza di qualche settimana (Brugger SA et al., 1997). La vaccinazione del donatore con anatossina difterica e tetanica ha conferito al ricevente il trasferimento adottivo della capacità di formare anticorpi specifici (Saxon A et al., 1986). È risultato evidente che il trasferimento della memoria adottiva è legato al passaggio delle cellule della memoria antigene-specifiche. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche per la vaccinazione con l’Hib coniugato (Molrine DC et al., 1996). Ovviamente per mantenere la memoria immunologica acquisita dal donatore è necessario eseguire una o più vaccinazioni di richiamo, precocemente dopo il trapianto.
Tabella 5.20
TRAPIANTO DI ORGANO Si pensa che dal 1954, anno in cui venne eseguito il primo trapianto renale, siano stati eseguiti circa un milione di trapianti di organo in tutto il mondo: negli ultimi anni i miglioramenti della tecnica chirurgica e del trattamento immunosoppressivo hanno allungato notevolmente la sopravvivenza e la qualità di vita del trapiantato. Purtroppo le malattie infettive limitano questi successi: esse sono più facilmente acquisite per l’impiego del trattamento immunosoppressivo, per il quale spesso assumono aspetti di particolare gravità e risultano ricche di complicazioni, fra le quali lo stesso rigetto del trapianto. I vaccini, così efficaci e sicuri nei bambini immunocompetenti, si sono dimostrati utili anche nei soggetti trapiantati. Tutti i bambini in attesa di trapianto d’organo vanno vaccinati secondo il Calendario corrente, sebbene la maggior parte delle malattie verso le quali esiste un vaccino efficace sia relativamente rara nei riceventi un trapianto di organo solido. Le ragioni per le quali esiste la necessità per difendere questi bambini sono diverse: • spesso i livelli di anticorpi tipizzabili nei candidati al trapianto sono subottimali, come conseguenza dell’immunocompromissione, associata alla sottostante malattia renale o epatica; anche le risposte anticorpali ai vaccini sono scarse dopo il trapianto; • la sicurezza di un vaccino costituito da virus vivi attenuati, come l’MPR, non è stata ben stabilita, per cui questi vaccini sono controindicati in chi ha ricevuto il trapianto, quando sia in atto un trattamento immunosoppressivo; • la maggior parte dei soggetti riceventi il trapianto non è immunizzata dopo il trapianto per la possibilità di rigetto in seguito alla vaccinazione.
Vaccinazioni raccomandate per i trapiantati di cellule staminali ematopoietiche
Vaccino
DTPa (bambini < 7 anni) DT (bambini 7 anni o più) Hib Epatite B Pneumococco polisaccaridico 23-valente Pneumococco coniugato Epatite A Influenza Meningococco IPV Rabbia Malattia di Lyme MPR Varicella
12 mesi
Tempo dopo il trapianto 14 mesi
24 mesi
DTPa o DT dT/dTpa Hib coniugato HBV
DTPa o DT dT/dTpa Hib coniugato HBV
DTPa o DT dT/dTpa Hib coniugato HBV
PS23
Stima della risposta
PS23 Dopo 3, 6 e 12 mesi Non è indicata la somministrazione routinaria Somministrazione annuale, sia prima del trapianto, sia dopo 6 mesi o più Non è indicata la somministrazione routinaria IPV IPV IPV Non è indicata la somministrazione routinaria Non è indicata la somministrazione routinaria Somministrazione dopo 24 mesi Controindicato
Ottima Buona Buona Ottima Ottima Mancano dati Buona Mancano dati Buona Mancano dati Mancano dati Ottima
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
La vaccinazione dei candidati al trapianto non sempre avviene secondo i tempi normalmente previsti, perché a volte richiede l’applicazione di schedule accelerate, per l’imminenza del trapianto, mentre altre volte i periodi fra una dose e l’altra sono più lunghi di quelli normalmente previsti, per cui viene spesso richiesta una rivalutazione dello stato immunitario del vaccinando (Burroughs MH e Moscona A, 2000; Burroughs MH, 2002). Tabella 5.21
A differenza di quanto avviene nei pazienti con trapianto di cellule staminali, i riceventi un trapianto di organi solidi hanno ricevono un’immunosoppressione che dura tutta la vita. Anche se non esistono raccomandazioni univoche e ufficiali, la maggior parte dei centri di trapianto sospende le immunizzazioni finché il paziente assume i farmaci immunosoppressivi di base; in altri le vaccinazioni vengono riprese comunque a distanza di un anno dal trapianto.
Modalità di azione dei farmaci immunosoppressori nei riceventi un trapianto di organi solidi (Stark K et al., 2002)
Farmaco immunosoppressore
Uso clinico
Modo di azione
Corticosteroidi
• Immunosoppressione di base • Terapia a bolo per il rigetto acuto
Azatioprina
• Immunosoppressione di base
Inibitori della calcineurina (ciclosporina A, tracolimus)
• Immunosoppressione di base
Sirolimus
• Immunosoppressione di base
Micofenolato mofetil
• Immunosoppressione di base
• Modificazione della presentazione e della trasformazione dell’antigene • Inibizione della IL-1, IL-2, THFalfa, INFgamma, NFkappaB • Analogo del nucleotidi purina • Inibizione delle cellule proliferanti rapidamente • Inibizione della calcineurina • Inibizione del fattore nucleare di trascrizione delle cellule T attivate • Inibizione della crescita IL-2 dipendente e dei linfociti attivati • Inibizione diretta o indiretta delle cellule B • Inibizione del DNA e della sintesi proteica • Inibizione di molte citochine • Inibizione diretta o indiretta delle cellule B • Inibizione della inosina monofosfato deidrogenasi, un enzima della sintesi de novo delle purine • Blocco della inosina monofosfato • Inibizione delle cellule T e B
Tabella 5.22 Vaccino
Raccomandazioni per le vaccinazioni prima del trapianto (Stark K et al., 2002, modificata) Tipo di vaccino
N. di dosi
Intervallo fra le dosi
Tetano-difterite Anatossine DT, dT
3 dosi
Poliomielite
Vivo inattivato (IPV)
3
Influenza
Split o subunità
2-1 dose*
Epatite B
HBsAg DNA-ricombinante
3 dosi
4 settimane, 1-12 mesi dopo la seconda dose
3-4 dosi doppie** 2 4 dosi
4 settimane
Epatite A Pneumococco
Hib
Vaccino inattivato Eptavalente coniugato < 3 anni 23-valente > 3 anni Vaccino coniugato
Varicella
Vivo attenuato (Oka)
MPR
Virus vivi attenuati
4-6 settimane, 6-12 mesi dalla seconda dose 4-6 settimane, 6-12 mesi dalla seconda dose 1 mese*
6-12 mesi 1-2-3-12 mesi
1 dose 4 dosi < 3 anni 1 dose > 3 anni 1 2 > 13 anni 6 settimane 1***
* In bambini al di sotto dei 9 anni due dosi, alla prima somministrazione, poi una dose ogni anno ** Per pazienti in emodialisi o immunocompromessi *** Per i bambini è necessaria una seconda dose a 3-4 anni età
Intervallo per il richiamo
Commento
10 anni Dopo 2 anni 1 anno* Dosaggio anticorpale 1 mese dopo la terza dose 1-3 dosi doppie 10 anni
> 5 anni
Annualmente, all’inizio della stagione influenzale Se c’è risposta dopo la terza dose non c’è bisogno di richiami Controllo degli anticorpi dopo la terza dose
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
In particolare nei bambini in età superiore ai 12 mesi, in attesa di trapianto, se precedentemente vaccinati, vanno ricercati i titoli anticorpali di MPR; quelli risultati negativi vanno rivaccinati con MPR, almeno un mese prima del trapianto. Gli anticorpi antimorbillo vanno rivalutati a distanza di uno o più anni dal trapianto. Nei soggetti trapiantati che siano ancora suscettibili al morbillo o perché non vaccinati o perché non sono stati affetti da morbillo, il vaccino MPR può essere somministrato dopo tre mesi dalla sospensione della terapia immunosoppressiva a dosaggio elevato. In caso di esposizione è consigliabile ricorrere alle Ig specifiche, piuttosto che alla vaccinazione. Per quanto riguarda il vaccino contro l’influenza, quello contro lo pneumococco e quello contro l’Hib, esiste un consenso generale a favore della vaccinazione. La vaccinazione contro l’influenza è consigliata anche per i familiari. Nelle tabelle 5.21 e 5.22 sono riportati i vaccini che vengono usualmente consigliati nei bambini prima o dopo il trapianto di organi solidi. Studi sull’effetto immunizzante del vaccino DT e polio in soggetti con trapianto renale o epatico hanno dimostrato che mentre nei soggetti con trapianto renale il tasso anticorpale medio geometrico è più basso di quello dei controlli, i soggetti con trapianto di fegato avevano tassi uguali o superiori al normale (Ghio L et al., 1997; Balloni A et al., 1999). Per i riceventi sia di TCS che di trapianto di organi solidi, la più importante necessità è quella di disporre di un vaccino contro il CMV, che sia sicuro ed efficace. Viene sentita molto anche la necessità di conoscere meglio le risposte ai vaccini in soggetti sottoposti a trapianto e trattati con farmaci immunosoppressori.
BAMBINI CON ALTERAZIONI NEUROLOGICHE O CONVULSIONI Bambini con problemi neurologici, anche gravi, non presentano un aumentato rischio per nessun tipo di vaccinazione. Tuttavia in quelli che già nei primi mesi di vita mostrano gravi sofferenze neurologiche delle quali non si conosca ancora la causa precisa o che comunque non presentino un quadro stabilizzato, è buona norma rimandare le vaccinazioni, soprattutto quella contro la pertosse con vaccino intero, anche per non attribuire alle vaccinazioni eventi che non siano comunque a esse connessi. Purtroppo nei primi mesi di vita si manifestano molte delle malattie gravi del sistema nervoso, soprattutto di tipo metabolico, che possono rendere difficile l’identificazione di un rapporto sicuro fra vaccinazione ed evento. Per quanto riguarda le crisi convulsive, i due vaccini per i quali è necessario fare alcune considerazioni sono il vaccino intero contro la pertosse e il vaccino contro il morbillo.
In un bambino che abbia già avuto convulsioni, il rischio di presentare un attacco convulsivo dopo la vaccinazione contro la pertosse con vaccino intero, non più in commercio nel nostro Paese, è di sette volte superiore a quello di ogni altro bambino: per questo è bene che venga usato il vaccino acellulare, che non presenta rischi del genere. La vaccinazione contro il morbillo trova una precisa indicazione in un bambino che abbia già sofferto di convulsioni, perché il rischio per convulsioni nella malattia naturale è di molte volte superiore a quello della vaccinazione. Nel caso della vaccinazione contro la pertosse nel lattante, la somministrazione del vaccino DTPa può coincidere, come abbiamo visto, con il difficile riconoscimento di un’affezione associata a convulsioni, come gli spasmi infantili e altre forme di epilessia, che possono causare confusioni con il ruolo della vaccinazione contro la pertosse. Perciò la vaccinazione contro questa malattia, in un lattante che abbia avuto di recente una convulsione, va differita finché non sia escluso un disordine neurologico progressivo o finché non sia stata accertata con sicurezza la causa delle precedenti convulsioni. Al contrario, nel morbillo la vaccinazione viene eseguita a un’età nella quale la causa e la natura di una qualsiasi convulsione o comunque la situazione neurologica siano più facilmente stabilite. Questa differenza, fra vaccinazione contro la pertosse e vaccinazione contro il morbillo, è alla base della decisione di non rimandare la vaccinazione contro il morbillo nei bambini che abbiano una storia di recenti convulsioni. Una storia familiare per convulsioni non è d’altra parte una controindicazione alla vaccinazione sia contro la pertosse che contro il morbillo; e non è nemmeno lecito ritardarne l’esecuzione. Anche se dovessero insorgere convulsioni in questi bambini, esse sarebbero collegabili alla febbre e non comporterebbero alcun rischio di ripetersi successivamente, anche senza febbre. Comunque è sempre bene, come in ogni altro caso, avere un colloquio con i genitori per presentare loro i minimi rischi della vaccinazione accanto ai rischi, di molte volte superiori, della malattia naturale. Debbono in questi casi essere fornite indicazioni sul trattamento da intraprendere sia per prevenire la febbre (paracetamolo e diazepam per bocca) che per trattare eventuali convulsioni (diazepam per via rettale). Si vedano anche i capitoli dedicati alla pertosse (cap. 24, pag. 609) e al morbillo (cap. 22, pag. 551).
VACCINAZIONI IN CORSO DI MALATTIE CRONICHE Alcune malattie croniche aumentano nei bambini il rischio di gravi manifestazioni o di complicazioni altrettanto gravi. In linea di massima i vaccini che vengono offerti ai bambini normali vanno bene anche per
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questi soggetti (De Martino M et al., 1997; Principi N et al., 1996). Dei bambini con alterazioni dell’immunocompetenza abbiamo già parlato a pag. 167. Va ricordato che bambini con alcune particolari malattie croniche (come le alterazioni cardiorespiratorie, l’asma bronchiale moderata o grave, persistente, le malattie polmonari croniche (come la fibrosi cistica), le malattie metaboliche (diabete mellito in prima linea [Phillips MM, 2004] o renali) sono più portati all’insorgenza di complicanze in seguito alla pertosse, all’influenza o alle infezioni da pneumococco e da Haemophilus influenzae. Per tale ragione viene raccomandata la vaccinazione contro la pertosse, l’influenza, lo pneumococco e l’Hib. Nella maggior parte dei casi viene seguito il Calendario vaccinale, ma la vaccinazione contro la pertosse va eseguita anche al di fuori delle età nelle quali viene indicata nel Calendario: abbiamo a disposizione un vaccino dTpa per adulti che permette di vaccinare contro la pertosse senza limite di età. La vaccinazione antinfluenzale, al solito, viene consigliata anche per i conviventi. Per i soggetti con insufficienza renale cronica, e quindi in emodialisi (pag. 175), la vaccinazione contro l’epatite B è particolarmente consigliata: per questi soggetti, da considerare a un particolare rischio, è utile eseguire un controllo del livello anticorpale a distanza di un mese dal completamento della vaccinazione e ciclicamente ogni anno: se il titolo dovesse risultare inferiore a 10 UI/mL vengono consigliati ulteriori richiami. È consigliata anche la vaccinazione contro la varicella con due dosi. La vaccinazione contro l’epatite B e anche quella contro l’epatite A sono consigliate anche nei bambini con epatopatia cronica. Se sia giusto vaccinare bambini con rare malattie metaboliche (galattosemia, acidosi renale tubulare) è ancora oggetto di discussione. L’esperienza fino a oggi è scarsa o nulla. Di fronte a un bambino con malattia cronica grave si ripropongono i tre elementi fondamentali sui quali si basa l’atto stesso della vaccinazione: la sua utilità (cioè se serva a prevenire un rischio reale), la sua efficacia e la sua sicurezza. Ogni sforzo deve quindi essere rivolto non tanto a eludere in questi pazienti le vaccinazioni, bensì a renderle efficaci, in una proporzione di soggetti sempre più alta, tenendo presente che è spesso irragionevole temere il vaccino e non piuttosto la malattia e le sue conseguenze (Siegrist CA, 1997). Un posto a parte merita l’emofilia. La complicanza che si verifica con una certa frequenza in questi pazienti, dopo la somministrazione di vaccini per via intramuscolare, è l’ematoma. È stato visto che l’uso di un ago molto sottile, seguito da una forte pressione nel punto d’inoculazione non è accompagnato quasi mai dalla comparsa di ematomi, né necessita della somministrazione di una terapia coagulante specifica. Tuttavia, nel caso siano disponibili vaccini (rabbia per esempio) che
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
possano essere dati per via sottocutanea o intradermica, queste vie vanno scelte come alternativa alla via intramuscolare. È consigliabile in questi bambini la somministrazione del vaccino contro l’epatite A.
VACCINAZIONI IN PREVISIONE DI VIAGGI ALL’ESTERO Nel mondo viene calcolato che ogni giorno si spostino un milione e mezzo di persone; nel nostro Paese circa 15 milioni di persone si recano all’estero ogni anno. Alle persone che si recano all’estero per ragioni di lavoro, si aggiunge ogni anno un numero sempre più elevato di viaggiatori che, in occasione per lo più di viaggi organizzati, hanno il solo scopo di conoscere paesi stranieri ed esotici e società diverse dalla nostra, o di svolgere attività umanitarie. Con questi spostamenti viene aumentata la possibilità di ammalarsi di malattie infettive, peraltro rare o assenti nel nostro Paese, e quindi d’importare in Italia agenti patogeni, dai quali siamo assolutamente indenni. Molti si recano in aree a rischio, spesso senza tanto riflettere sui possibili pericoli: molti di questi visitatori sono bambini, in buona parte in età inferiore ai 2 anni. Per i lattanti e per i bambini che si accingano a intraprendere viaggi internazionali per prima cosa è necessario controllare se siano in regola con le vaccinazioni, obbligatorie e consigliate in Italia, per la loro età. Se il soggiorno dovesse prolungarsi per molti mesi o per anni è bene provvedere, prima della partenza, a praticare le vaccinazioni in scadenza (Cetron M et al., 1998; Meda M et al., 2002; Nicosia V et al., 2002; Guaraldi G e Borghi R, 2003). In secondo luogo bisogna considerare alcune malattie, come il colera, la febbre gialla, l’epatite A, la malattia meningococcica, la febbre tifoide, la rabbia, l’encefalite giapponese e l’encefalite da morso di zecca, per le quali esiste una vaccinazione e per le quali è presente una legislazione particolare in numerosi paesi; oltre a queste vanno considerate la vaccinazione contro l’epatite B, il morbillo, la polio, il tetano e la difterite. Fra queste la vaccinazione contro la febbre gialla va presa in particolare considerazione, perché la profilassi attiva contro questa malattia è obbligatoria in parecchi paesi (Nahlen BL et al., 1989). Insieme all’aumento del numero delle persone anziane, si assiste al forte incremento della loro mobilità, per cui esse rappresentano una quota importante fra i soggetti che intraprendono viaggi all’estero (1315%). D’altra parte è ormai dimostrato che i soggetti di oltre 65 anni presentano un’aumentata suscettibilità alle malattie infettive, in seguito a un rimodellamento del loro sistema immune (cap. 2, pag. 97), per la componente umorale e cellulare. È quindi possibile che la maggior parte degli aspetti della risposta immu-
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ne si modifichi con l’avanzare dell’età sia per la qualità e la grandezza della risposta immune, sia per la durata della protezione e della comparsa delle risposte, sia, infine, per gli effetti collaterali in seguito alla vaccinazione (Leder K et al., 2001). Per tutte queste ragioni esiste una precisa indicazione alle vaccinazioni per tutti i soggetti di 65 anni o più, che si accingano a intraprendere un viaggio in aree a rischio. I viaggiatori in zone tropicali o subtropicali sono inoltre esposti al rischio di malaria, dengue e altre malattie per le quali non esistono vaccini: in questi casi è necessario adottare le misure per la profilassi antimalarica, le precauzioni per le punture d’insetto e le misure preventive per il consumo di acqua e di cibi. I fattori chiave per determinare il rischio al quale il viaggiatore sarà esposto sono rappresentati da (WHO, 2003): • • • • • •
destinazione; durata della visita; scopo della visita; standard igienici degli alberghi; sicurezza alimentare; comportamento del viaggiatore.
A questo punto va fatta una considerazione: spesso la vaccinazione contro una malattia conferisce al vaccinato una sicurezza d’invulnerabilità che può rivolgersi tutta a suo danno; è necessario infatti sottolineare alla persona che si prepara per un viaggio all’estero in una regione a rischio, che la vaccinazione non deve eliminare affatto la necessità di rispettare le comuni norme igieniche per la prevenzione delle infezioni, di qualunque tipo esse siano. È solo dall’unione della vaccinazione con l’applicazione di corrette norme igieniche che sarà possibile raggiungere lo scopo finale della difesa dell’individuo (tab. 5.23). La prova alla tubercolina prima della partenza viene raccomandata per i viaggiatori che intendano risiedere nei paesi in via di sviluppo per periodi medio-lunghi. Viene comunemente raccomandato di controllare tutti i soggetti che rientrino dalle zone endemiche. Esistono molte pubblicazioni riguardanti i viaggi all’estero, la più importante delle quali è edita dalTabella 5.24
Tabella 5.23 • • • • • • • • • • •
La farmacia da viaggio
Termometro con custodia rigida Fasce, garze sterili, cerotti Disinfettanti cutanei, colliri Preparati repellenti contro gli insetti Creme solari a elevata protezione (> 24) Zanzariera impregnata di repellente contro gli insetti Compresse per la sterilizzazione dell’acqua Farmaci antimalarici Preparati per soluzioni saline (per esempio Dicodral 60) Antipiretici (paracetamolo), diazepam per convulsioni febbrili Antibatterici (cotrimossazolo, amoxicillina)
l’Organizzazione Mondiale della Sanità e vede la luce ogni anno (OMS, 2002). Un’altra fonte di informazioni è il volume Health Information for International Travel (conosciuto come Yellow Book), che viene aggiornato ogni due anni a cura dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention) di Atlanta (CDC, 2003). La vaccinazione, come vedremo, è solo una delle molte strategie di profilassi per i viaggi internazionali (tab. 5.24). Per avere notizie aggiornate da tutto il mondo è possibile collegarsi, via Internet, agli indirizzi sotto indicati. www.cdc.gov.travel www.who.int/ith www.istm.org/geosentinel/mail.html www.tropnet.net Esistono in letteratura pubblicazioni che descrivono le manifestazioni cliniche e formulano diagnosi delle più comuni e importanti malattie infettive che colpiscono le persone che hanno compiuto viaggi nei paesi in via di sviluppo (Ryan ET et al., 2002; Zuckerman JN, 2002; Cartwright R, 2004). Le vaccinazioni routinarie
Come abbiamo già detto, la prima cosa da fare di fronte a un lattante o ad un bambino che si debba recare all’estero è quella di controllare che sia in regola
Raccomandazioni per l’immunizzazione per viaggi in paesi in via di sviluppo
Misure da attuare
Revisione e aggiornamento delle vaccinazioni previste per legge Febbre gialla Epatite A Febbre tifoide* Meningite meningococcica** Rabbia*** Encefalite giapponese
Breve (< 2 sett)
Durata del viaggio Media (2 sett-3 mm)
Lunga (> 3 mm)
+ + + ± ± ± ±
+ + + + ± + ±
+ + + + ± + +
* Indicata per chi pensi di consumare cibi al di fuori dei centri turistici ** Per le regioni endemiche dell’Africa centrale *** Indicata per le persone che corrano elevato rischio di esposizione agli animali selvaggi o per speleologi
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con le vaccinazioni previste nel nuovo Calendario nazionale aggiornato: difterite, tetano e pertosse, antipolio, epatite B, Haemophilus influenzae tipo b, morbillo-parotite-rosolia. Va considerato nel singolo caso se non convenga, quando si preveda che il soggiorno duri per qualche mese, anticipare alcune immunizzazioni che sarebbero in scadenza entro poco tempo. Anche negli adolescenti e negli adulti è utile prendere visione delle vaccinazioni (tetano, epatite A e B, febbre gialla e altre) eventualmente già eseguite. Colera
La maggior parte dei vaccini contro il colera dà una protezione solo parziale e per brevi periodi di tempo. Inoltre è ormai dimostrato che la vaccinazione contro il colera non può prevenire l’introduzione della malattia in un paese, perché anche i soggetti vaccinati possono ugualmente albergare nell’intestino, senza alcun sintomo, il Vibrio cholerae. È per questo che l’OMS nel 1973 ha modificato il Regolamento Sanitario Internazionale e ha reso non obbligatoria la vaccinazione anticolerica per i viaggiatori: a questa decisione ha contribuito la conoscenza che la vaccinazione conferiva un falso senso di sicurezza. Nonostante ciò, fino a qualche anno fa, alcuni paesi, soprattutto africani, richiedevano il certificato di vaccinazione per le persone provenienti da paesi, nei quali si fosse presentato qualche caso o fosse in corso una vera e propria epidemia. Oggi nessun paese richiede più un certificato di vaccinazione contro il colera. Tanto che la nuova edizione del Certificato Internazionale non prevede più lo spazio riservato alla vaccinazione anticolerica. Se, nonostante le raccomandazioni dell’OMS, alcune autorità locali (come può capitare in Egitto) richiedono la documentazione della vaccinazione, è sufficiente un’annotazione sulla controindicazione alla vaccinazione per soddisfare le autorità locali (American Academy of Pediatrics, 2003f). La recente disponibilità del nuovo vaccino contro il colera (Dukoral) offre una possibilità di prevenzione: tuttavia questa nuova cura profilattica non ha ancora modificato le regole internazionali sul colera. Encefalite da morso di zecca (TBE) dell’Europa centrale
L’encefalite da morso di zecca è endemica in molti paesi dell’Europa centrale e orientale, inclusa la Russia, l’Austria, la Germania, la Repubblica Ceca e la Slovacchia. La situazione nella Repubblica Ceca è risultata negli ultimi anni particolarmente allarmante (Eurosurveillance Weekly, 28 marzo 2001): fra i 600 e i 700 casi ogni anno (nel 2000, 719 casi). I mesi nei quali i casi si sono concentrati sono quelli che vanno da giugno a settembre. Poiché la popolazione della
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Repubblica Ceca è di circa 10 milioni di abitanti, l’incidenza è di 7,2 casi su 100.000 abitanti, con un tasso maggiore nelle regioni a sud di Praga (cap. 12). Verso questo tipo di encefalite virale esistono vaccini efficaci e di prezzo relativamente basso (Encepur della Chiron-Behring, Ticovac della Baxter-RM), da usare solo in soggetti di 12 anni o più. Per i viaggiatori in quelle aree viene consigliata la vaccinazione sulla base di queste considerazioni: • la durata del soggiorno; • la sede del soggiorno (urbana o rurale); • l’intenzione di visitare le aree endemiche, come il sud della Germania e la Boemia occidentale. La vaccinazione è raccomandata per le persone che debbano soggiornare per più di tre settimane, nelle aree rurali delle regioni endemiche, in campeggio. La schedula è di tre dosi: la prima al tempo zero, la seconda uno-tre mesi dopo e la terza 9-12 mesi dopo la seconda; ma esiste una schedula per l’immunizzazione rapida, utile per i viaggiatori: al tempo zero, dopo sette e dopo 21 giorni. Viene consigliata ogni tre anni una dose di richiamo. Encefalite giapponese
L’encefalite giapponese, diffusa dalla zanzara Culex, è frequente nell’Asia sub-orientale, in Cina, in Russia orientale e nel subcontinente indiano (cap. 13). Il vaccino deve essere offerto a coloro che si pensa trascorreranno più di un mese in zone endemiche durante la stagione delle piogge, specialmente nelle aree agricole, ma anche a coloro che si pensi attraverseranno le zone epidemiche, indipendentemente dalla durata del viaggio (Thompson RF et al., 1999; Sood SK, 2000). Poiché reazioni allergiche gravi al vaccino, immediate o ritardate, si manifestano in circa lo 0,5% dei soggetti profilassati, i benefici potenziali del rischio della vaccinazione devono essere valutati accuratamente. Non vi sono dati disponibili sull’efficacia e la sicurezza del vaccino nei bambini di meno di un anno. L’immunizzazione richiede tre dosi da somministrare sottocute ai giorni 0, 7 e 30, da completare dieci giorni prima del viaggio nell’area endemica. Una vaccinazione accelerata prevede la somministrazione al tempo zero, sette e 14 giorni. Il vaccino è controindicato durante la gravidanza, a meno che l’importanza del rischio non ne giustifichi l’uso. Viene consigliato un richiamo dopo un anno e poi ogni tre anni. Epatite A
È un’infezione relativamente frequente fra i viaggiatori. L’immunoprofilassi contro l’epatite A è indicata in tutte le persone suscettibili che si preparino a viaggiare in zone a endemia media o elevata. Queste aree includono tutte le parti del mondo, eccetto l’Austra-
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
lia, il Canada, il Giappone, la Nuova Zelanda e l’Europa occidentale (escluse alcune fiammate epidemiche in Italia). I viaggiatori provenienti dai paesi industrializzati sono molto suscettibili all’infezione, per l’età relativamente avanzata alla quale sieroconvertono (20-25 anni). Il rischio è particolarmente elevato nelle zone rurali dei paesi in via di sviluppo, ma in realtà la maggior parte dei casi si verifica nei viaggiatori che soggiornano nei centri turistici e negli alberghi di alta qualità. Il rischio di contrarre un’infezione da HAV in persone suscettibili, durante un viaggio in un paese in via di sviluppo, è stato calcolato in un caso su 1000 turisti usuali, per settimana e di un caso su 200, sempre per settimana, per campeggiatori e per chi segua itinerari più avventurosi (Steffen R et al., 1994). Vecchi studi hanno messo in evidenza che il 28% dei missionari non immuni si infettava durante un soggiorno in Africa di due anni (Lange WR et al., 1990), mentre per persone che avevano soggiornato per più di 20 anni la sieropositività salì al 90%. Le immunoglobuline sono state usate, ormai da molti decenni, per la protezione contro l’epatite A. Esse sono sicure e molto efficaci, se somministrate prima dell’esposizione o entro 14 giorni dal contatto. La protezione è immediata, ma la loro durata è relativamente breve (due-tre mesi). In generale oggi, in soggetti oltre i sei mesi di età, si preferisce il vaccino, che si è dimostrato sicuro ed efficace sia nella prevenzione pre-esposizione che nella postesposizione; comunque le Ig rimangono in alternativa. Con il vaccino la durata della protezione è di dieci anni. Sebbene i CDC raccomandino che i viaggiatori ricevano il vaccino contro l’epatite A almeno quattro settimane prima della partenza (CDC, 1999), è risultato evidente che non sempre è possibile poter disporre di questo lasso di tempo: con il vaccino Havrix è stato visto che una dose può essere data anche solo due settimane prima di partire (Krause DS, 1998). Alcuni operatori sanitari consigliano di usare il vaccino senza tener conto dell’intervallo di tempo, prima della partenza. In caso di partenza imminente, possono essere invece usati contemporaneamente Ig e vaccino, iniettati in sedi diverse (CDC, 1999). La produzione di anticorpi è in questo caso un po’ inferiore, ma si raggiungono ugualmente livelli protettivi. Su 300 viaggiatori, 100 ricevettero insieme Ig e prima dose di vaccino: tutti erano sieropositivi dopo sette mesi, anche se i GMT furono leggermente più bassi per chi aveva ricevuto insieme Ig e vaccino (Wagner G et al., 1993). È disponibile anche nel nostro paese un vaccino combinato epatite A/epatite B (Twinrix pediatrico e adulti) (cap. 14, pag. 321). Epatite B
Il vaccino contro l’epatite B è raccomandato per i viaggiatori che si rechino in aree altamente endemi-
che, come molti paesi dell’Asia, dell’Africa e in alcuni paesi del Sudamerica, dove abbiano contatti stretti e prolungati con la popolazione locale (per almeno sei mesi) o che saranno esposti a sangue ed emoderivati. È stata diffusa una schedula accelerata delle diverse dosi del vaccino contro l’epatite B (Engerix B); le dosi possono essere somministrate a 0, 1 e 2 mesi; se si ricorre a questa schedula accelerata una quarta dose va somministrata a distanza di 12 mesi. Febbre gialla
La febbre gialla, urbana e della giungla, si manifesta ancora in parte dell’Africa e del Sudamerica. La gravità della malattia è testimoniata dall’alta letalità nell’adulto. In linea di massima il rischio per i viaggiatori è basso: aumenta se si recano nelle foreste di paesi endemici e nelle città le cui periferie siano state colpite da epidemie di febbre gialla urbana. Le aree dove circola il virus amarillico superano largamente le aree dichiarate ufficialmente. È possibile difendersi dall’infezione proteggendosi contro le punture di zanzara con repellenti per insetti. Da ricordare che i vettori della febbre gialla pungono soprattutto durante il giorno. Oggi il certificato di vaccinazione contro la febbre gialla è il solo che viene richiesto nei viaggi internazionali e solo per alcuni paesi, in molti casi indipendentemente dal paese di provenienza (tabb. 5.25 e 5.26). Ma a parte la richiesta di alcuni paesi, la vaccinazione è molto raccomandata da tutti gli igienisti, per viaggi al di fuori delle aree urbane, nei paesi compresi all’interno delle zone endemiche, anche se non siano stati segnalati casi di malattia (vedi tab. 5.25). Quando possibile, l’immunizzazione con questo vaccino, costituito da virus vivi attenuati, deve essere ritardata fino all’età di 9 mesi o più per evitare il rischio di encefalite vaccinica. Non bisogna comunque vaccinare bambini in età inferiore ai 4 mesi; per i lattanti fra 4 e 9 mesi la vaccinazione può essere presa in considerazione se il viaggio verso le zone endemiche non possa essere rimandato e si pensi non sia possibile attuare una buona prevenzione delle punture d’insetto, dopo aver consultato un esperto nel campo della medicina dei viaggi. La vaccinazione ha un’efficacia del 100%. Negli ultimi 50 anni sono stati vaccinati più di 300 milioni di Tabella 5.25 Paesi che richiedono il Certificato di Vaccinazione contro la febbre gialla a tutti i viaggiatori, indistintamente dalla loro provenienza • • • • • • • •
Benin Burkina Faso Camerun Ciad Congo Costa d’Avorio Guyana francese Gabon
• • • • • • •
Ghana Liberia Niger Repubblica centro-africana Rwanda Sao Tomè e Principe Togo
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Tabella 5.26 Paesi che richiedono il Certificato di Vaccinazione per viaggiatori provenienti da zone infette Afghanistan Albania Algeria Angola Antigua e Barbuda Antille olandesi Arabia Saudita Australia Bahamas Bangladesh Barbados Belize Bolivia Brasile Brunei Darussalam Burundi Cambogia Capo Verde Cina Colombia Ecuador Egitto El Salvador Eritrea Etiopia Fiji Filippine Gambia Giamaica Gibuti Giordania Grecia Grenada Guadalupa Guatemala Guinea Guinea Bissau Guinea equatoriale
Guyana Guyana francese Haiti Honduras India Indonesia Iran Iraq Isole Salomone Kenia Kiribati Laos Lesotho Libano Libia Madagascar Malawi Malaysa Maldive Mali Malta Martinica Mauritania Mauritius Messico Mozambico Myanmar Namibia Nauru Nepal Nicaragua Nigeria Niue Nuova Caledonia Oman Pakistan Panama Papua Nuova
Guinea Paraguay Perù Pitcairn Polinesia francese Portogallo Qatar Repubblica Dominicana Riunione Saint-Kitts e Nevis Saint-Vincent e Grenadines Samoa Samoa americana Santa Lucia Senegal Seychelles Sierra Leone Singapore Siria Somalia Sri Lanka Sudafrica Sudan Suriname Swaziland Tanzania Thailandia Tonga Trinidad e Tobago Tunisia Uganda Vietnam Yemen Zaire Zimbauwe
persone. La tolleranza al vaccino attuale è eccellente (solo il 2-5% dei vaccinati presenta mialgie e mal di testa), anche se di recente sono stati descritti alcuni casi fatali (Vasconcelos PFC et al., 2001; Martin M et al., 2001; Chan RC et al., 2001) per l’insorgenza di una grave insufficienza multiorgano o per un’encefalite postvaccinica; la sola controindicazione è rappresentata nel ricevente dalla presenza di anafilassi alle proteine dell’uovo o di un’immunodeficienza di tipo cellulare, sia congenita che acquisita (infezione da HIV per esempio) (cap. 43, pag. 1037). La somministrazione del vaccino durante la gravidanza è teoricamente pericolosa per il feto, ma questo rischio può essere bilanciato dalla minaccia della malattia (pag. 157). Il vaccino deve essere somministrato dieci giorni prima della partenza verso le zone endemiche. Il certificato di vaccinazione è valido solo se conforme al modello originale, proposto dall’OMS, se il vaccino sia stato approvato dall’OMS e somministrato in un Centro di Vaccinazione contro la febbre gialla legalmente autorizzato. Il periodo di validità di un Certificato Internazionale di Vaccinazione contro la febbre gialla è di dieci anni, a partire dal decimo giorno che segue la vaccinazione. Nel caso di una persona
rivaccinata prima della fine di questo periodo, la validità è prolungata di altri dieci anni a partire dal giorno della rivaccinazione. Se la rivaccinazione è stata registrata su un nuovo certificato, viene raccomandato ai viaggiatori di conservare il vecchio certificato per dieci giorni, finché il nuovo divenga valido. Il certificato dev’essere stampato in inglese e francese: può essere aggiunta anche un’altra lingua. Il Certificato di Vaccinazione Internazionale è un certificato individuale, non può essere utilizzato a titolo collettivo. I bambini debbono essere provvisti di un certificato personale. La data deve essere registrata nell’ordine seguente: giorno, mese, anno, con il mese scritto in lettere, per esempio 30 giugno 2005. Va annotato nell’apposito spazio il nome della ditta produttrice e il numero del lotto. Un certificato, appartenente a un bambino incapace di scrivere, deve essere firmato da uno dei genitori o da un tutore. L’uso di clorochina non modifica la risposta immune al vaccino o alla somministrazione di Ig. Il vaccino contro la febbre gialla non sembra deprimere la risposta immune alla prova intradermica alla tubercolina. La vaccinazione può essere eseguita da un medico o da un’infermiera, sotto il diretto controllo di un medico qualificato, ma il certificato deve essere firmato dalle persone abilitate dall’Autorità sanitaria nazionale. Il timbro ufficiale del centro non è considerato un sostituto valido della firma. La vaccinazione contro la febbre gialla viene eseguita presso i seguenti centri riconosciuti dall’OMS e autorizzati a rilasciare il relativo Certificato Internazionale. Nella tabella 5.27 sono riportati i Centri con i rispettivi recapiti telefonici. Febbre tifoide
La malattia è ancora molto diffusa in Africa, Medio Oriente, Asia e America Latina. Il vaccino attualmente disponibile, costituito dallo stipite Ty21 (un agente vivo attenuato), viene somministrato per bocca. Esso viene raccomandato per coloro che abbiano intenzione di consumare cibi e acqua in strutture non turistiche e per bambini che viaggino in aree endemiche. Da tener presente che la meflochina (ma non la clorochina), usata per la prevenzione e la terapia della malaria, inibisce la crescita nell’intestino del vaccino vivo attenuato contro il tifo (ceppo Ty21a) e quindi interferisce con la risposta immunitaria. Ugualmente la sua crescita è inibita dalla contemporanea somministrazione di antibiotici o di sulfamidici, per cui la sua somministrazione deve essere rimandata a uno-due giorni dopo la sospensione. Non deve essere somministrato a pazienti immunocompromessi. In alternativa può essere usato il vaccino polisaccaridico Vi, per via parenterale. È da ricordare, anche a questo proposito, che la vac-
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
Tabella 5.27
Dove vaccinarsi in Italia contro la febbre gialla
Servizi d’igiene pubblica delle seguenti ASL: Bologna – ASL 29 051/6421.111 Perugia – ASL 3 – 075/34.31 Firenze – ASL 10 – 055/27.581 Roma – ASL RM1 – 06/77.301 Milano – ASL 75/1 – 02/85.781 Torino – ASL RS1 – 011/57.541 Uffici di sanità aerea dei seguenti aeroporti: Bologna – 051/311.578 Torino Caselle – 011/31.94.733 Pisa – 050/43.076 Milano Malpensa (VA) – 02/868.005 Roma Fiumicino – 06/65.951
Uffici di sanità marittima e aerea di: Ancona – 071/20.74.697 Augusta (SR) – 0931/511.000 Bari – 080/52.14.300 Brindisi – 0831/521.120 Cagliari – 070/656.820 Catania – 095/532.123 Civitavecchia – 0766/20.268 Genova – 010/261.266 Imperia – 0183/20.608 La Spezia – 0187/28.211 Livorno – 0568/894.000 Manfredonia (FG)/ 0884/22.191 Messina – 090/673.648 Napoli – 081/55.27.358 Palermo – 091/580.460
cinazione non sostituisce le raccomandazioni sulle normali norme igieniche da seguire (cap. 32, pag. 860). Malaria
Purtroppo ancor oggi, nonostante numerosi tentativi, alcuni dei quali incoraggianti, non è a disposizione un vaccino contro la malaria. La malaria è la più grave e la più comune malattia tropicale. I viaggiatori che si rechino in aree malariche corrono un alto rischio di contrarre la malattia: ogni anno più di 10.000 viaggiatori si ammalano di malaria al ritorno da viaggi e circa l’1% di essi muore per il Plasmodium falciparum (Ryan ET e Kain KC, 2000, Croft A, 2000). Nel nostro Paese negli ultimi anni i casi di malaria da importazione hanno raggiunto e superato i 1006 nel 1999 (Bollettino epidemiologico 1999, Ministero della Salute), per diminuire negli anni successivi fino a 736 casi nel 2002 (Bollettino epidemiologico 2004, Ministero della Salute). La protezione individuale contro le punture di zanzara è la prima linea di difesa contro la malattia (cap. 45, pag. 1057). Infezioni da meningococco
Episodi epidemici di Neisseria meningitidis si verificano di frequente nell’Africa sub-sahariana (meningococco gruppo A), particolarmente nei mesi da dicembre a giugno, ma anche in India e in Nepal. Anche se il rischio per i viaggiatori in queste regioni è relativamente basso, è consigliabile l’uso del vaccino per chi si rechi nelle aree iperendemiche. La vaccinazione contro il meningococco è richiesta per i pellegrini alla Mecca (meningococco gruppo A, C, Y, W135), ma non è richiesta per nessun altro paese. Il vaccino, costituito da polisaccaridi semplici, non è immunogeno nei bambini al di sotto dei 2 anni e lo è in modo insufficiente al di sotto dei 4-5 anni; al momento è a disposizione un vaccino coniugato contro il meningococco gruppo C, immunogeno anche in lattanti di pochi mesi (cap. 21, pag. 537).
Pescara – 085/65.923 Porto Empedocle (AG) – 0922/636.640 Porto Torres (SS) – 079/514.155 Ravenna – 0544/422.493 Reggio Calabria – 0965/48.379 Roma Fiumicino – 06/601.558 Salerno – 089/225.955 Savona – 019/824.957 Siracusa – 0931/68.282 Taranto – 099/47.11.061 Trapani – 0923/27.033 Trieste – 041/52.25.542 Venezia – 041/52.94.111 Ufficio sanitaro della FAO, Roma
Morbillo
L’utilità della vaccinazione contro il morbillo deriva non solo dalla necessità di proteggere il bambino dalla malattia, ma risulta anche dall’obbligo di ridurre il rischio d’importazione del morbillo nel nostro Paese. Quindi chi non abbia una documentazione adeguata della vaccinazione, chi non sia provvisto della documentazione di una diagnosi clinica di morbillo, o chi non sia nato prima del 1957, deve essere necessariamente considerato come suscettibile. I nati dopo il 1956 debbono dimostrare di aver ricevuto due dosi di MPR. Lattanti di meno di 12 mesi, che abbiano più di sei mesi, debbono essere vaccinati se sono in procinto di un viaggio in aree nelle quali il morbillo sia endemico o epidemico. Ovviamente questi bambini vanno rivaccinati a 13-15 mesi e poi all’età di 4-6 anni. Poliomielite
I bambini che si rechino in aree endemiche per la poliomielite (Africa sub-sahariana, India) debbono aver ricevuto almeno tre dosi di vaccino antipolio prima della partenza. In casi particolari l’intervallo fra le dosi può essere ridotto a quattro settimane, anche se, va riconosciuto, che un intervallo di sei-otto settimane sarebbe più adatto nei confronti dell’immunogenicità e quindi dell’efficacia. Da ricordare che una quarta dose di IPV va somministrata, secondo il nuovo Calendario, nel quinto anno di vita. Rabbia
La profilassi pre-esposizione viene consigliata per tutte le persone che si preparino a un viaggio in regioni ad alta endemicità (Iran, Iraq, Egitto, India, America Latina). Per quanto riguarda i bambini, l’immunizzazione contro la rabbia viene consigliata per quelli che vivranno per più di un mese nelle aree nelle quali sia facile incontrare animali rabbiosi (specialmente cani) e se faranno attività che comportino un rischio maggiore (attività speleologica). La serie di tre dosi può essere somministrata per via intradermica o per via intramuscolare a seconda del tipo di vaccino usato.
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Poiché la somministrazione di clorochina (e forse di meflochina), usata per la profilassi antimalarica, può diminuire l’efficacia della vaccinazione antirabbica intradermica, in questi casi viene consigliata la via intramuscolare. Influenza
La vaccinazione contro l’influenza va offerta ai viaggiatori internazionali a seconda della destinazione, della durata del viaggio, del rischio di contrarre la malattia (in rapporto alla stagione influenzale) e dello stato di salute del viaggiatore. Va ricordato che la stagione influenzale è diversa nell’emisfero sud e nell’emisfero nord e che i vaccini possono essere diversi da un emisfero all’altro. Tutti i viaggiatori che cambiano emisfero all’inizio o poco prima della stagione influenzale devono farsi vaccinare una volta giunti a destinazione. È poco probabile che i viaggiatori possano procurarsi il vaccino efficace per l’altro emisfero prima di arrivare sul posto. I turisti corrono un rischio particolare perché essi circolano spesso in veicoli affollati, visitano luoghi molto frequentati, in una promiscuità che facilita la trasmissione dell’infezione. Più esposte sono le persone anziane, le persone affette da una specifica patologia polmonare o cardiaca, da diabete mellito o da affezioni che provochino un deficit immunitario. Un attacco influenzale grave nel corso di un viaggio può avere conseguenze importanti e talvolta mortali. Tubercolosi
Il rischio di contrarre la tubercolosi durante un viaggio internazionale dipende dalle attività del viaggiatore e dall’epidemiologia della tubercolosi nelle aree nelle quali si svolge il viaggio. In generale il rischio di contrarre la tubercolosi durante le usuali attività di turismo è molto basso, per cui non sono raccomandate le prove pre- o postviaggio atte a dimostrare la situazione del viaggiatore nei confronti del Mycobacterium tuberculosis. Quando il viaggiatore viva o lavori fra la popolazione di un paese ad alta incidenza di tubercolosi, il rischio può essere abbastanza alto. Per viaggi nei paesi a maggiore incidenza di tubercolosi vengono suggerite alcune norme generali per i bambini:
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
gio. Essi sono vettori significativi per l’introduzione di nuovi patogeni e di ceppi resistenti in parti del mondo precedentemente indenni (Abdullah ASM et al., 2004).
VACCINAZIONI PER PERSONALE DI ASSISTENZA E PER GLI ALTRI LAVORATORI DELLA SANITÀ Durante il 60° Congresso della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene industriale si è a lungo parlato degli aspetti del Decreto Legge 626/94 (Rischio biologico e profilassi vaccinale), riguardanti la tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. L’articolo 5 del Decreto Legge prevede che tutte le misure “necessarie per tutelare la salute durante il lavoro” siano obbligatorie, per cui viene definito un “obbligo generico” per tutte le vaccinazioni efficaci, da applicare a tutti i lavoratori a rischio. L’obbligo di realizzare il processo di valutazione, controllo e gestione dei rischi riguarda essenzialmente il datore di lavoro che si avvale del medico competente (DL 626/94). D’altra parte le vaccinazioni ritenute necessarie devono essere rese disponibili dal datore di lavoro con spese a suo carico, in riferimento al Piano Nazionale Vaccini, comprendente l’elenco delle vaccinazioni obbligatorie e di quelle raccomandate. Il DL 626/94 non consente al lavoratore il diritto di scegliere di rinunciare alle misure di protezione, prevedendo il dovere del lavoratore di tutelare la propria salute. Tuttavia va previsto anche in questo caso il consenso all’atto medico, dopo un’adeguata informazione sugli obiettivi, sui metodi e sui benefici che si intendono raggiungere. Se il lavoratore, una volta informato del significato della pratica vaccinale, insiste nel proprio rifiuto, il medico competente può formulare un giudizio di idoneità per la vaccinazione, con la prescrizione di effettuarla (Gallo G, 2002). Gli agenti biologici patogeni sono stati classificati in quattro gruppi:
Malattia sessualmente trasmesse
• agenti scarsamente patogeni; • agenti che possono dare malattia e per i quali sono in atto misure profilattiche e terapeutiche (HAV, Bordetella pertussis, Clostridium tetani, Legionella pneumophila, Vibrio cholerae e altri); • agenti che danno frequentemente malattia, che costituiscono il maggior rischio per la salute e per i quali sono possibili misure specifiche di profilassi e di terapia (brucelle, HBV, HCV, HIV, Mycobacterium tuberculosis); • agenti, altamente patogeni, nei confronti dei quali non esistono misure di prevenzione (virus delle febbri emorragiche, dengue e simili).
I viaggiatori sono particolarmente vulnerabili alle malattie sessualmente trasmesse, per aver praticato comportamenti sessuali, volontari o involontari, durante il viag-
La trasmissione nosocomiale di malattie prevenibili con la vaccinazione (morbillo, rosolia, parotite, epatite B, influenza e varicella) è un’evenienza molto fre-
• esecuzione della prova alla tubercolina dopo 8-12 settimane dal ritorno: questo suggerimento è valido soprattutto per i bambini che abbiano soggiornato per sei mesi o più in questi paesi; • esecuzione della vaccinazione con BCG poco dopo l’arrivo nel paese ad alta incidenza di tubercolosi.
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
quente: essa riguarda soprattutto il personale sanitario che ha contatti con pazienti affetti da malattie infettive contagiose. La diffusione dell’infezione non è importante solo per il personale, ma anche perché esso Tabella 5.28
può inavvertitamente trasmetterla ad altri pazienti (CDC, 1997). Le ragioni della trasmissione nosocomiale sono molteplici:
Vaccinazioni fortemente raccomandate per il personale di assistenza (CDC, 2003)
Vaccino
Schedula
Indicazioni
Precauzioni e controindicazioni
Considerazioni speciali
Epatite B
3 dosi IM nel deltoide: 0, 1, 6 mesi. Non sono necessari richiami per persone che abbiano sviluppato adeguati valori di anti-HBs.
Personale di assistenza a rischio di esposizione di sangue o di liquidi biologici
Storia di reazioni anafilattiche al lievito per il pane. La gravidanza non è una controindicazione
Nessun effetto terapeutico o nessun effetto indesiderato per persone già infettate con HBV; il rapporto costo-efficacia dello screening prevaccinale dipende dal costo della vaccinazione e della prova, e dalla prevalenza dell’immunità nel gruppo dei potenziali vaccinandi; il personale a rischio deve essere saggiato uno-due mesi dopo il completamento della vaccinazione per determinare la risposta sierologica. Se la vaccinazione non induce un’adeguata risposta anti-HBs (> 10 mUI/mL) va somministrata una seconda serie
Influenza, vaccino inattivato*
Somministrazione annuale con una dose del vaccino in uso in quell’anno
Personale di assistenza che ha contatto con soggetti ad alto rischio o che lavorano con pazienti con malattie croniche; personale che abbia più di 50 anni o che appartenga a una categoria a rischio
Storia di anafilassi a un componente del vaccino. In Italia è possibile non tener conto dell’ipersensibilità alle uova
Raccomandata per donne che siano al secondo o terzo trimestre di gravidanza, durante la stagione influenzale e per donne in qualunque trimestre di gravidanza portatrici di malattie croniche che si associno a un aumentato rischio per influenza**
Morbillo, vaccino vivo attenuato
Una dose da somministrare sottocute, una seconda dose ≥ 4 settimane dopo
Personale di assistenza nato dopo il 1957 senza documentazione di: 1) due dosi dopo un anno di età; 2) certificato medico di morbillo; 3) sierologia positiva per morbillo. Il vaccino va previsto anche per chi non ha prove di immunità, anche se nato prima del 1957
Gravidanza; immunocompromissione***, compresi i pazienti con HIV fortemente compromessi; anafilassi alla gelatina e alla neomicina; recente somministrazione di sangue e derivati (Ig)
È raccomandato il vaccino MPR
Parotite, vaccino vivo attenuato
Una sola dose sottocute
Personale di assistenza suscettibile: può essere vaccinato; i soggetti nati prima del 1957 vanno considerati immuni
Gravidanza; immunocompromissione***, compresi i pazienti con HIV, fortemente compromessi; anafilassi alla gelatina o alla neomicina
È raccomandato il vaccino MPR
Rosolia, vaccino vivo attenuato
Una sola dose sottocute
Personale di assistenza, sia maschio che femmina, che non sia stato vaccinato dopo il primo anno di vita, o risulti immunologicamente suscettibile: può essere vaccinato. I soggetti nati prima del 1957 possono essere considerati immuni, salvo le donne in età fertile
Gravidanza; immunocompromissione***; storia di anafilassi da neomicina
Donne in gravidanza vaccinate o che siano entrate in gravidanza entro quattro settimane dalla vaccinazione devono essere avvertite dei rischi per il feto. Va sottolineato tuttavia che il rischio di malformazioni è assolutamente trascurabile, per cui non è consigliabile l’aborto. Il vaccino MPR è quello raccomandato
* Un vaccino vivo attenuato contro l’influenza è stato approvato negli Stati Uniti per persone da 5 a 49 anni. Per la possibilità che il virus vivo del vaccino passi dal vaccinato ad altre persone e, in assenza di dati per il rischio di malattia in soggetti immunodepressi, infettati con virus influenzale vivo attenuato contro l’influenza, i vaccini inattivati sono da preferire nei soggetti che siano in stretto contatto con pazienti immunodepressi ** Vaccini in gravidanza dopo il primo trimestre sono da preferire, allo scopo di evitare un aborto spontaneo che è più comune nel primo trimestre. Non si ha d’altra parte nessuna sofferenza fetale in seguito alla vaccinazione con virus inattivato contro l’influenza *** Persone immunocompromesse per HIV, leucemia, linfomi, tumori metastatizzati o persone trattate con terapia immunosoppressiva (corticosteroidi, agenti alchilanti, antimetaboliti) o persone trattate con radiazioni
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• l’agente circola in molti ospedali, perché molte persone con malattie infettive trasmissibili richiedono le cure mediche; • una buona parte del personale di assistenza è suscettibile all’infezione. Da ricerche eseguite molti anni fa è risultato che dal 15 al 20% del personale di assistenza è suscettibile alla rosolia e dal 2 al 4% al morbillo; • molte delle persone colpite da queste malattie sono contagiose già prima di sviluppare i segni clinici, per cui se aspettiamo il quadro clinico completo per iniziare l’isolamento, in molti casi è già troppo tardi; • anche persone infettate in modo asintomatico possono propagare l’infezione; • possono essere fatti errori diagnostici che portano a un uso inappropriato dell’isolamento; • la trasmissione può avvenire in sala d’attesa, prima della visita del medico. Nell’ambiente ospedaliero il rischio di contrarre infezioni è soprattutto determinato da esposizione a sangue o a secrezioni infette. Non tutti gli agenti patogeni sono ugualmente trasmissibili: per esempio è stato calcolato che il rischio d’infezione da HIV dopo una puntura percutanea da ago contaminato si aggira fra lo 0,13 e lo 0,45%, mentre il rischio d’infezione da HBV è superiore di ben 45-120 volte. Ai fini della protezione dei lavoratori, non essendo possibile, per le ragioni sopraesposte, diminuire in molti casi la prevalenza dell’agente infettante, bisognerà concentrare gli sforzi nella riduzione dell’esposizione e nella modificazione della suscettibilità all’infezione, soprattutto quando esistano vaccini efficaci e sicuri (Beekmann SE e Doebbeling BN, 1999; American Academy of Pediatrics, 2003d). Il programma di vaccinazione deve comprendere il personale di assistenza, ogni anno. Le modalità di somministrazione dei diversi vaccini sono riportate nei rispettivi capitoli della parte II (tab. 5.28). Epatite B
Il personale degli ospedali, gli addetti ai laboratori o il personale dei servizi di emergenza vengono spesso in contatto con sangue di soggetti infetti dal virus dell’epatite B: questi soggetti sono a rischio di ammalarsi di epatite B. È stato calcolato che nel 1993 negli Stati Uniti, ben 1450 operatori sanitari si sono infettati con l’HBV. Il 5-10% di questi si è infettato in modo cronico e quindi i pazienti sono soggetti a presentare un’epatite cronica attiva, una cirrosi o un carcinoma epatocellulare. Essi rimangono inoltre potenzialmente infetti per tutta la vita. Lo screening sierologico prevaccinazione non è indicato per persone che debbano essere vaccinate per rischio professionale, mentre il test postvaccinazione per la ricerca degli anticorpi verso l’anti-HBsAg è in-
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
dicato per il personale di assistenza che abbia contatto con sangue o con pazienti HBsAg positivi e sia a rischio di lesioni con aghi o con strumenti taglienti (medici, infermieri, dentisti, flebotomisti, tecnici e studenti di queste professioni). La conoscenza della risposta anticorpale aiuta a determinare un’appropriata profilassi postesposizione. Le dosi di richiamo non sono ritenute necessarie anche a distanza di oltre 12 anni e anche se non fossero dimostrabili livelli anticorpali nel sangue circolante. Ugualmente non è ritenuto necessario monitorare i livelli anticorpali a distanza di tempo, dopo il completamento dell’iniziale serie di tre dosi, salvo le eccezioni prima ricordate. In Italia il vaccino contro l’epatite B è raccomandato e offerto gratuitamente (DM 4 ottobre 1991) alle categorie dei lavoratori a rischio, quali il personale sanitario, il personale degli istituti per ritardati mentali, il personale addetto alla lavorazione degli emoderivati e ad altre categorie. Influenza
Durante le comuni epidemie d’influenza, i pazienti ammessi in ospedale con questa malattia hanno spesso determinato una trasmissione nosocomiale della malattia, compresa la trasmissione dell’influenza dal personale di assistenza agli ammalati. La vaccinazione del personale sanitario è quindi consigliabile. La vaccinazione antinfluenzale è raccomandata per “i soggetti addetti ai servizi pubblici di primario interesse collettivo” (CM n. 10 del 24 luglio 1997). Morbillo, parotite e rosolia
Per il morbillo va ricordato che è stata più volte riscontrata una trasmissione sia negli studi privati dei medici, che nelle sale dell’accettazione, che infine nelle corsie degli ospedali. È stato calcolato che il rischio di morbillo nel personale di assistenza è ben tredici volte quello della popolazione in generale. È risultato negli Stati Uniti che il 4,8% di tutti i casi di morbillo avviene in ambiente sanitario: la maggior parte di questi (84%) non era stata mai vaccinata. Epidemie nosocomiali di parotite sono state descritte di rado. Tuttavia, è stata riportata con una certa frequenza la trasmissione non epidemica della malattia da paziente a paziente e da paziente a personale di assistenza. La facilità di vaccinare contro la parotite, insieme al morbillo e alla rosolia, offre un’opportunità che va sfruttata a favore del personale di assistenza. Le epidemie di rosolia sono particolarmente frequenti tra il personale sanitario (Weber DJ et al., 1991). Nonostante la malattia sia relativamente benigna nell’adulto, il rischio dell’embriopatia rubeolica va sempre tenuto presente. A maggior rischio è il personale degli ambulatori e dei reparti di ostetricia e di pediatria. Viene considerato immune solo chi è in possesso delle prove sierologiche positive o chi pre-
5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
senti una documentazione dell’avvenuta vaccinazione: tutti gli altri soggetti vanno sottoposti alla vaccinazione. Tuttavia persone nate prima del 1957 debbono essere considerate immuni da rosolia. Varicella
Il problema della varicella è particolarmente delicato, perché se la malattia colpisce un bambino immunodepresso essa può anche essere fatale, ma è ugualmente grave nella donna in stato di gravidanza (anche per la possibilità di diffusione al feto), nei bambini nati da parto prematuro e in quelli piccoli per la data. D’altra parte sono ben conosciute epidemie di varicella nei reparti di degenza, anche legate al fatto che il virus della varicella “vola” da una stanza a un’altra, trasportato dalla corrente d’aria. Le persone che non hanno di sicuro una storia di varicella (fra l’1 e il 3% degli adulti) vanno controllate sierologicamente; in quelli che risultino suscettibili va consigliata la vaccinazione contro la varicella, come pratica da considerarsi prioritaria (Weber DJ e Rutala WA, 1999). Il vaccino protegge dal 70 al 90% dei vaccinati dalla malattia e il 95% dalla malattia grave, per dieci anni e più dopo la vaccinazione: nei vaccinati contro la varicella, nei quali si sviluppi ugualmente la malattia, essa è nella maggior parte di limitata intensità. Tubercolosi e vaccino di Calmette-Guérin (BCG)
Gli operatori sanitari vengono inevitabilmente in contatto con la tubercolosi. Anche quelli che non sono in posizioni ad alto rischio hanno comunque un maggior rischio di contrarre la malattia in confronto alla popolazione in generale (Whitty CJ e Malin AS, 1999). Il BCG è l’unico vaccino disponibile che possa proteggere contro la tubercolosi. Nel nostro Paese la vaccinazione con BCG è prevista per legge (Legge 1088 del 14 dicembre 1970) per i soggetti cutinegativi, addetti a ospedali, cliniche e ospedali psichiatrici. Essa è inoltre prevista per gli studenti in medicina, cutinegativi, all’atto della loro iscrizione all’Università, nonché per i soldati, cutinegativi, all’atto dell’arruolamento. Altre malattie per le quali l’immunizzazione del personale di assistenza è o può essere indicata
La vaccinazione contro altre malattie (epatite A, malattia meningococcica, pertosse, febbre tifoide) va considerata in casi particolari.
VACCINAZIONI NEI BAMBINI ADOTTATI E NEI FIGLI DI IMMIGRATI E RIFUGIATI Le vaccinazioni nei bambini adottati, soprattutto da paesi del terzo mondo, e nei figli di immigrati presen-
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tano spesso problemi di difficile soluzione (Cookson S et al., 1998; American Academy of Pediatrics, 2003e). Soprattutto i nomadi, che risiedono nei campi, costituiscono sacche di soggetti talvolta non vaccinati che vivono in condizioni di promiscuità e di affollamento (Comodo N, 1997). I due casi (giugno 2001) di polio paralitica da virus selvaggio in bambini Rom, in un campo della Romania, non vaccinati, confermano appieno questo punto di vista: erano tre anni che nella regione europea non si verificavano casi di polio paralitica da virus selvaggio: l’esame del genoma del virus ha dimostrato che questi agenti infettivi provenivano dall’India. Fondamentalmente gli obiettivi del pediatra, che venga in contatto con questi bambini, sono due: • difendere, con le vaccinazioni, il bambino dalle possibili aggressioni da parte degli agenti infettivi, presenti nel nostro Paese; • nel contempo difendere (diagnosi e cura) la nostra popolazione, e soprattutto i bambini già presenti in famiglia, dall’aggressione da parte di agenti infettivi, di cui il bambino sia inconsciamente portatore (Miller LC, 2005). Poiché il secondo obiettivo esula dall’interesse di questa trattazione, l’attività del pediatra, una volta di più di tipo eminentemente preventivo, deve essere rivolta al controllo della situazione vaccinale del bambino, all’esecuzione di nuove vaccinazioni o al completamento di quelle già iniziate. Per la situazione vaccinale di questi bambini il pediatra può trovarsi di fronte a diverse evenienze: a) il bambino non è mai stato vaccinato e quindi va seguito il Calendario vaccinale nazionale o regionale, a seconda dell’età (cap. 2, pag. 55); b) il bambino è stato vaccinato regolarmente e la sua situazione viene sufficientemente documentata: viene seguito il nostro Calendario delle vaccinazioni, in collegamento con quanto è stato fatto; c) la documentazione presentata è dubbia o insufficiente: per accertarne la veridicità si esegue la ricerca degli anticorpi antitetano (Circolare Ministeriale n. 8 del 23 marzo 1993), se la ricerca è positiva si considera che il bambino sia coperto per tutto quanto dichiarato o al minimo per il tetano e la difterite. Ma se la ricerca è negativa si ricade nel punto a). Viene considerato protettivo un valore uguale o superiore a 0,1 UI/mL, è da richiamare un valore compreso fra 0,01 e 0,1 UI/mL, va vaccinato col ciclo primario per un valore 0 o inferiore a 0,01. Il rischio è che nell’attesa della risposta di laboratorio, il bambino non venga più ricondotto all’attenzione del pediatra. Insieme alla ricerca dell’antitossina tetanica può essere utile ricercare anche anticorpi verso altri antigeni vaccinali (vedi tab. 5.27);
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
d) non esiste documentazione: si ricade nel punto a); circa il 65% dei bambini adottati da altri paesi non possiede nessun dato scritto riguardante le vaccinazioni (Schulte JM et al., 2002); e) l’intervallo di tempo dalle ultime vaccinazioni è superiore a quello previsto dalla Circolare Ministeriale del 9 agosto 1982, n. 52: per situazioni particolari (cap. 2, pag. 69). Non vi sono comunque prove che indichino che la somministrazione di vaccino antimorbillo, parotite e rosolia, di vaccino contro l’Hib o contro l’HBV, in soggetti già vaccinati o che abbiano superato la malattia, sia in qualche modo pericolosa. L’unico vaccino per il quale non conviene superare come numero le somministrazioni previste nel Calendario vaccinale è quello contro il tetano. L’afflusso continuo di immigrati e rifugiati extracomunitari, compresi quelli che provengono dall’Est europeo, e più recentemente dall’Albania e dal Cossovo, e i cosiddetti “nomadi”, ha reso necessaria una presa di posizione del Ministero della Sanità, espressa con la Circolare Ministeriale n. 8 del 23 marzo 1993, in cui si consigliano, previo aggiornamento, le seguenti vaccinazioni: • per la vaccinazione antipolio: – ciclo completo di vaccinazione con IPV; • per la vaccinazione antidifto-tetanica: – soggetti in età inferiore ai 7 anni: DTPa a dose piena; – soggetti di 7 anni o più: formulazione ridotta per la difterite, in uso per gli adulti (dTpa); Tabella 5.29
• per la vaccinazione anti-epatite B: – soggetti appartenenti alle classi di età per le quali è prevista la vaccinazione obbligatoria per l’epatite B; – soggetti appartenenti a una delle categorie a rischio, prevista dal DM 4 ottobre 1991 (tab. 5.29). In una ricerca eseguita a Genova (Pedemonte P et al., 2002) su 45 bambini adottati da diverse parti del mondo, è risultato che il 44,4% aveva almeno un titolo anticorpale insufficiente o per poliovirus 1, 2 e 3, o per tetano o per difterite: fra questi 13 avevano un certificato di vaccinazione che prevedeva quelle vaccinazioni e sette ne erano sprovvisti. Molto interessante un’esperienza condotta in Olanda su bambini adottati provenienti da tutte le parti del mondo (Schulpen TWJ et al., 2001): su 98 bambini provenienti dalla Cina, solo i 3/5 risultarono pienamente protetti, un quarto era solo marginalmente protetto e il restante non era affatto protetto (14/98) per tetano e difterite. Per la polio dal 25 al 30% dei bambini, a seconda del tipo di virus, risultarono non possedere anticorpi protettivi. Tutto questo nonostante venisse riportata sui documenti una completa vaccinazione per tutti. L’esame di altri 35 bambini provenienti dall’Africa, dall’Asia, dal Sudamerica e dall’Europa dell’Est ha permesso di concludere che per questi soggetti la copertura vaccinale riportata sui documenti corrispondeva meglio ai risultati ottenuti con lo studio degli anticorpi. Viene suggerito per i bambini adottati dalla Cina, a
Valutazione dell’immunizzazione di bambini adottati da paesi diversi dall’Italia (CDC, 2002)
Vaccino
Raccomandazioni
Alternative
Epatite B
Ricerche sierologiche per l’HBsAg e l’anti-HBs
Difterite, tetano, pertosse acellulare (dTpa)
Vaccinare con DTPa o dTpa; valutazione sierologia degli anticorpi antitetano e antidifterite in presenza di una forte reazione locale alla prima dose
Haemophilus influenzae tipo b
Vaccinare a seconda dell’età
Poliovirus
Vaccinare con IPV
Valutazione sierologica degli anticorpi neutralizzanti per i tipi 1, 2 e 3 o somministrare una sola dose di IPV e successivamente ricercare gli anticorpi neutralizzanti nel siero per i tre virus della polio
Morbillo, parotite e rosolia (MPR)
Vaccinare con MPR o ricercare gli anticorpi contro il morbillo e, se positivi, fare ugualmente MPR per proteggere contro parotite e rosolia
Valutazione sierologica per gli anticorpi IgG verso i virus del vaccino MPR indicati sul certificato
Varicella
Vaccinare all’età appropriata nei bambini la cui storia sia negativa per varicella o che non abbiano nel siero anticorpi anti-VVZ
–
Pneumococco
Vaccinare a seconda dell’età
–
– Nei bambini, i cui certificati riportino tre o più dosi di DTPa, ricercare nel siero gli anticorpi IgG per le tossine della difterite e del tetano, o somministrare una singola dose di richiamo e dosare dopo un mese il livello anticorpale per difterite e tetano, pronti a rivaccinare, se appropriato
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5 - LE VACCINAZIONI IN PARTICOLARI SITUAZIONI
differenza di quanto consigliato per gli altri paesi, di sottoporli alla ricerca degli anticorpi contro il tetano, la difterite e la polio. Se la concentrazione risulta inadeguata deve essere impiegata la serie completa di somministrazioni, mentre se risulta adeguata va adottato il nostro Calendario vaccinale, tenendo conto dell’età del bambino e del livello di copertura vaccinale che era stato raggiunto. A riprova dell’insufficiente copertura vaccinale dei
bambini provenienti dalla Cina, va ricordata la comparsa di 12 casi di morbillo in bambini, provenienti da quel paese, adottati da genitori nordamericani (CDC, 2004). Nella pratica, anche un attento esame del tipo di vaccinazioni eseguite, secondo i documenti del bambino, e soprattutto delle date alle quali esse sono state praticate, permette a volte di sollevare dei dubbi sulla loro veridicità.
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