Le sessioni di approfondimento di Francesca Mariani Coordinamento editoriale rivista Ambiente & Sicurezza sul Lavoro
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iprendiamo il resoconto della quarta edizione del Forum di Sicurezza sul Lavoro, tenutosi a Milano lo scorso 8 luglio. Nelle pagine che seguono proponiamo gli interventi delle sessioni pomeridiane di approfondimento. Nella sessione organizzata dall’Istituto Informa, Avvocato, Magistrato e Organo di vigilanza hanno ripercorso le vicende legate ad un procedimento penale in cui è incorsa un’azienda accusata di violazioni della normativa di sicurezza sul lavoro, consentendo ai partecipanti di analizzare il caso da tre diversi punti di vista e di entrare concretamente nelle logiche processuali. Nella sessione curata da Assosistema l’attenzione è stata focalizzata invece su sostanze chimiche e miscele pericolose, con un workshop tecnico dal titolo: “Classificazione ed etichettatura di sostanze pericolose. Occhio al marchio”. 22
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Un caso in aula: analisi a tre voci di un caso giudiziario A cura dell’Istituto Informa
Apertura lavori: D.ssa Silvia Vescuso, Direttore Istituto Informa
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Proponiamo l’analisi di un caso giudiziario, prendendo spunto da un caso reale (Cass. pen. Sez. IV, Sentenza n. 18444 del 4 maggio 2015) e ripercorrendo le vicende legate al procedimento, attraverso il punto di vista di tre figure in particolare: Avvocato, Magistrato e Organo di vigilanza. Sono presenti in sala l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria (rappresentato dal Dott. Marco Morone della ASL di Milano), che relazionerà sugli elementi probatori raccolti, l’Avvocato della Difesa (rappresentato dall’Avv. Lorenzo Fantini, Consulente esperto in politiche della prevenzione), che presenterà le argomentazioni a favore dell’azienda coinvolta, il Giudice (rappresentato dal Dott. Walter Saresella, del Tribunale di Milano), che spiegherà le motivazioni alla base della sentenza finale. Il caso in questione ha chiamato in causa 3 soggetti: il Datore di lavoro, il Dirigente e il Responsabile SPP. Dott. Marco Morone Ufficiale di Polizia Giudiziaria
Sono intervenuti alla Sessione curata dall’Istituto Informa: Dott. Walter Saresella Presidente Sezione XI Civile Tribunale Milano Avv. Lorenzo Fantini Consulente esperto in politiche della prevenzione Dott. Marco Morone SPSAL ASL Milano
A seguito di una segnalazione di infortunio sul lavoro, pervenuta direttamente dagli organi preposti, la ASL in qualità di Organo di Vigilanza, ha provveduto alle indagini del caso, con l’obiettivo iniziale di individuare i soggetti colpevoli e in seguito quello di evitare il ripetersi dell’evento doloso. Il metodo utilizzato - a livello nazionale - si chiama “Sbagliando si impara” e prevede di scomporre l’infortunio in più elementi per poi individuarne le cause, i modulatori e i determinanti. Il caso in questione riguarda 3 dipendenti che, durante una normale giornata lavorativa, trova-
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Forum Sicurezza sul Lavoro 2015 no il loro collega con il corpo incastrato all’interno di una pressa e la testa schiacciata all’interno della stessa. Chiamano immediatamente il 112, che a sua volta allerta gli organi interessati: Vigili del Fuoco, Pronto Soccorso e Forze dell’Ordine. Questi ultimi, giunti sul posto e compreso che si trattava di infortunio sul lavoro, interessano la ASL di competenza in base a quanto disposto dalla Direttiva della Procura della Repubblica. Come da procedura, la ASL informa la Procura di quanto accaduto per consentire al P.M., sulla base degli elementi in suo possesso, di intervenire direttamente o delegare gli organi di Polizia Giudiziaria per le indagini. Dai controlli effettuati sul posto teatro dell’infortunio, emerge che “la pressa” ha una lenta velocità di movimento e che i comandi di avviamento sono distanti dal luogo in cui è stato trovato il corpo. Si deduce quindi, un’oggettiva difficoltà da parte dell’infortunato di intervenire da solo per disattivare il macchinario. Queste prime conclusioni inducono gli investigatori a riflettere su due ipotesi: 1. omicidio volontario: in quanto l’evidente distanza tra i comandi e l’infortunato induce a pensare il coinvolgimento di un secondo soggetto che abbia inscenato un incidente per nascondere qualcosa di più inquietante, come un errore umano; 2. omicidio colposo: come seconda ipotesi,
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Dott. Marco Morone SPSAL ASL Milano
trattandosi ovviamente di morte sul luogo di lavoro. Indagano rispettivamente alla prima ipotesi, le Forze dell’Ordine e alla seconda, la ASL di competenza. Viene analizzata la scena e verificati tutti gli aspetti tecnici del luogo dell’incidente; esaminata la documentazione di sicurezza dei macchinari e convocati tutti i gli addetti o chiunque in grado di fornire informazioni che permettano di ricostruire l’avvenimento. Il primo sopralluogo ha accertato che l’infortunato il giorno della disgrazia, doveva effettuare la legatura di una balla di cartone, che però era già stata pressata dalla sera precedente e lascia-
Forum Sicurezza sul Lavoro 2015 la provenienza dei macchinari. Dall’indagine è emersa idonea marcatura CE delle macchine e inoltre: -- il Responsabile SPP regolarmente svolgeva le sue funzioni come da procedura, con verifiche periodiche e accertamenti; -- il DVR era lacunoso relativamente a quella specifica attività; -- i tecnici addetti a quel determinato macchinario, non avevano mai svolto una adeguata formazione e di questo la società, oltre che essere responsabile, risultava complice in quanto accettava i metodi di lavoro usati dagli operai stessi.
ta sconsideratamente all’interno del macchinario. Lo sventurato perciò, per completare l’operazione, ha incautamente infilato la testa nella pressa proprio nel momento in cui un collega, ignaro, si apprestava ad azionarla. Inutile è stato il tentativo di quest’ultimo di azionare lo stop di emergenza. I rilevi tecnici e i vari accertamenti, hanno assodato come la procedura meccanico/funzionale della pressa fosse stata manomessa, probabilmente per accelerare la produzione di lavoro. Nello specifico, la pressa è dotata di due sportelli, uno inferiore ed uno superiore e di un quadro comandi. Per funzionare correttamente entrambi gli sportelli debbono essere chiusi: quello inferiore per evitare la fuoriuscita del materiale; quello superiore funziona da blocco di sicurezza per l’altro. La macchina perciò, può essere avviata solamente con entrambi gli sportelli chiusi, azionando un microinterruttore che però, nel suddetto caso, è stato manomesso con un semplice fil di ferro per ingannare il blocco di sicurezza. La fase investigativa a questo punto, serve ad accertare se l’inosservanza da parte dell’azienda sia abituale, o possa essere classificata come un episodio isolato. Il reperimento dei documenti di manutenzione e il controllo di tutti gli altri macchinari ha riscontrato che effettivamente i dipendenti erano soliti usare la macchina con gli sportelli aperti, al fine di incrementare la produttività. Stabilita l’ipotesi di reato, si trattava di identificare i responsabili tramite indagine, oltre che sui funzionari addetti, anche sui responsabili SPP, nonché proseguire con l’accertamento del-
Nella relazione inviata alla Procura con gli eventuali verbali di prescrizione (ex D.Lgs. 758/94) vengono segnalate le figure che, da questa prima indagine, emergono come responsabili dei fatti. Il Datore di Lavoro per il reato di omicidio colposo, aggravato dalla violazione delle norme in tema di sicurezza (art. 71, comma 4, D.Lgs. 81/08) in quanto oltre a non aver vigilato sul corretto utilizzo dei macchinari, non ha garantito l’adeguata manutenzione degli stessi. Posizione del Datore aggravata inoltre, dalla mancata formazione che gli stessi operai erano obbligati a ricevere.
Dall’indagine è emerso che il Responsabile SPP regolarmente svolgeva le sue funzioni; il DVR era lacunoso relativamente a quella specifica attività; i tecnici addetti a quel determinato macchinario, non avevano mai svolto una adeguata formazione.
Il RSPP in quanto oltre ad aver omesso di segnalare le situazioni di rischio, presentava un programma formativo incompleto per quella specifica attività. Di diversa entità, non riconducibile pertanto all’evento infortunistico, è da attribuire una responsabilità al produttore del macchinario, perché ha immesso sul mercato un prodotto potenzialmente non conforme agli standard di sicurezza. Gli accertamenti del caso, verranno effettuati dal Ministero competente, che si pronuncerà sulla conformità o meno del prodotto.
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Forum Sicurezza sul Lavoro 2015 Avv. Lorenzo Fantini Avvocato della Difesa Inizierò subito spiegandovi il motivo per cui - a mio avviso - non è possibile in questo caso giudicare penalmente i miei assistiti che, per motivi di privacy, individuerò non con il loro nome ma con il ruolo che ricoprono, vale a dire Datore di Lavoro, Dirigente, RSPP. Gli elementi riferiti dagli ufficiali di Polizia Giudiziaria (P.G.), dimostrano chiaramente la mancanza di responsabilità dei soggetti coinvolti. Perché sia facilmente comprensibile, dividerò la Difesa in 3 parti: la prima parte che indicherà le possibili colpe attribuibili ai macchinari, la seconda alla mancata formazione degli operai e la terza a una colpa riconducibile esclusivamente alla condotta imprudente dell’infortunato. Le attrezzature di lavoro così come previsto dal D.Lgs. 81/08, hanno bisogno, per essere inserite sul mercato, di specifici requisiti di sicurezza e garanzia. Perciò, nel momento in cui il fabbricante ottiene la regolare approvazione da parte della Comunità Europea, queste sono regolarmente conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive e liberano lo stesso costruttore da qualsiasi responsabilità. Nessuna colpa pertanto, può essere attribuita né a lui quale produttore, né tantomeno alla figura del RSPP che ha esercitato le proprie funzioni in maniera univoca. Quest’ultimo difatti, così come disciplinato nell’ordinamento giuridico italiano dal D.Lgs. 81/08, ha il compito di collaborare con il Datore di Lavoro e le figure competenti quali il medico e il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, fornendo un supporto di consu-
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Avv. Lorenzo Fantini Consulente esperto in politiche della prevenzione
lenza e non di operatività e, nel caso in questione, non si rilevano approssimazioni nella scelta e selezioni delle apparecchiature. Premesso che la Difesa sostiene la tesi secondo la quale l’attrezzatura fosse a norma, ci sono delle oggettive incongruenze con quanto dichiarato nel primo verbale rilasciato dall’Ufficiale di P.G.. In primo luogo, volendo per un momento sostenere la teoria che la responsabilità sia del costruttore, è evidente che questo scagionerebbe il Datore di Lavoro; in secondo luogo si evince dallo stesso verbale, che l’azienda aveva svolto regolarmente tutti i corsi di aggiornamento e/o formazione, ma che - a parere dell’Autorità Giudiziaria - questi non erano validamente appropriati per quella specifica attività. Ne consegue perciò un parere soggettivo, non in linea con i documenti sequestrati ed esaminati in sede di sopralluogo che hanno invece accertato la corretta applicazione della normativa in tema di aggior-
Forum Sicurezza sul Lavoro 2015 namento, prevista dall’art. 37 del D.Lgs. 81/08 che rinvia al suo 2° comma all’Accordo in Conferenza Stato-Regioni del 21/12/2011, modificato dall’Accordo 25/07/2012. Tali normative prevedono una durata minima di 16 ore, che l’azienda ha correttamente eseguito e pertanto nulla può essergli imputato. È opinabile semmai, seppur rientri in un settore ad elevato rischio, l’insufficiente aggiornamento deliberato nelle normative stesse. Terzo punto riferibile alla condotta dell’infortunato. L’infortunato era un operaio specializzato, addetto ad una mansione qualificata per la quale aveva svolto un’idonea formazione e acquisito, nel corso degli anni, una piena conoscenza e padronanza delle apparecchiature. Nonostante questo però, ha eliminato le condizioni di sicurezza andando incontro ad un atteggiamento scientemente imprudente. Come ribadisce la Cassazione sez. 4 penale, ci sono delle condizioni in presenza delle quali il comportamento del lavoratore può essere giudicato come imprudente e interrompe il nesso di casualità con qualsiasi altro soggetto coinvolto/ responsabile. Cito la sentenza n. 6741 del 2015: “… esiste possibilità che ci sia un comportamento del lavoratore totalmente estraneo all’attività lavorativa e consapevolmente idoneo a neutralizzare i presidi antinfortunistici e le procedure poste in essere dal Datore di Lavoro…”. La Cassazione si è pronunciata in questo modo anche nelle sentenze n. 3455 del 2004, n. 10733 del 1995, n. 3510 del 1989 e n. 11311 del 1985. Per questi motivi la difesa chiede, per tutti i soggetti inopinatamente portati in giudizio, la com-
pleta assoluzione dalle accusa a loro ascritte. Dott. Walter Saresella Giudice A me compete un ruolo più Istituzionale, non direi ieratico, ma che mi obbliga comunque a dare delle risposte. Non emetterò una sentenza in sé, ma cercherò di spiegare i motivi che giustificano la Pronuncia. L’Ufficiale di Polizia Giudiziaria (P.G.), precisiamo, ha la piena autorità di intervenire in relazione di un evento lesivo - in questo caso trattasi di infortunio sul lavoro - o motu proprio o su delega dello stesso PM. In questo caso l’Ufficiale di P.G. è intervenuto perché chiamato da un organo pubblico competente e, per il ruolo che ricopre, è deputato a svolgere indagini giudiziarie. Non rileva il Corpo di appartenenza, ASL, Carabinieri o di Polizia; Dott. Walter Saresella Presidente Sezione XI Civile Tribunale Milano
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Forum Sicurezza sul Lavoro 2015 ogni ufficiale di polizia giudiziaria ha la piena legittimazione per l’esercizio dell’azione penale. Non entrando nelle competenze e nei metodi accertativi e investigativi dell’ufficiale di P.G., esporrò la sentenza rapportandomi agli elementi di fatto legittimamente acquisiti, non sulla base di un giudizio morale ma meramente giuridico. La Difesa ha svolto tutta una serie di riflessioni che si articolano, sostanzialmente, su tre punti. Il primo è particolarmente interessante, perché pone il problema della Marcatura CE e quindi della asserita esenzione da responsabilità del Datore di lavoro, in relazione ad una attrezzatura di lavoro marcata CE. Qui però dobbiamo fare una premessa: quando l’Italia aderisce al Trattato Istitutivo delle Comunità Economiche Europee e aderisce al Mercato Comunitario, si impegna a recepire le fonti normative comunitarie. Quello che a noi particolarmente interessa in questa sede sono le direttive, che si distinguono in due tipi: quelle di prodotto e quelle cosiddette sociali. Le direttive di prodotto sono quelle indirizzate al costruttore, al produttore e al progettista di un dispositivo, di una attrezzatura o di un impianto, che a partire da una determinata data viene immessa sul mercato con la cosiddetta marcatura CE. Le direttive sociali sono invece indirizzate ad altri soggetti, come il Datore di lavoro, o a chi per lui, nel momento in cui organizza un luogo di lavoro, oltre che al Dirigente, al Preposto, al Lavoratore – il quale ultimo è responsabile della sicurezza propria e di altri, una volta formato ed informato (ma su questo concetto di formazione interverremo dopo) - al RSPP ed al Medico Competente. La posizione della Difesa “affascina” perché si riferisce ad un concetto capzioso ma che non sempre è condivisibile e cioè il pensiero che: “io, Datore di lavoro, ho immesso nel mio luogo di lavoro una attrezzatura marcata CE, perciò sono esente da responsabilità”. La marcatura CE non è una omologazione. Non interviene nessun organo dello Stato che garantisce la conformità di un prototipo ad una produzione di serie. Non è un marchio di qualità (come ad esempio il marchio IMQ), ma è semplicemente la dichiarazione di conformità che il Costruttore, autonomamente o per tramite di un organismo notificato, fa della sua macchina ai requisiti essenziali di sicurezza. 28
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I requisiti essenziali di sicurezza sono i parametri tecnici che sono contenuti nelle direttive di prodotto, che sono sostanzialmente parametri voluti da un legislatore molto avanzato, come il legislatore comunitario. La marcatura CE quindi è un’autodichiarazione del costruttore. Ciò detto, sicuramente possiamo dire una cosa: la marcatura CE non è una “licenza di uccidere”. La responsabilità del Costruttore - che in questo caso non è chiamato in giudizio, perché non esistono vizi costruttivi della attrezzatura di lavoro, come descritta dall’Ufficiale di Polizia Giudiziaria - si limita, quindi, al momento progettuale della macchina. Al Datore di lavoro, che utilizza l’attrezzatura di lavoro, vengono demandate altre cose: di valutare il rischio macchina, di valutare
Il Datore di lavoro, in una situazione di questo tipo, deve garantire una valutazione del rischio che comporti formazione ed informazione specifiche, non generiche. Non è un caso che l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria ci ha parlato della «genericità» dei contenuti valutativi del DVR l’impatto della macchina all’interno del luogo di lavoro, di predisporre un sistema di gestione all’interno dell’organizzazione aziendale e di quella attrezzatura di lavoro, attraverso un sistema o un meccanismo a prova di culpa in eligendo e di culpa in vigilando. In più di una occasione la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che ciò che esonera da responsabilità il Datore di lavoro è unicamente il vizio occulto, vale a dire il vizio tipicamente di costruzione, e comunque quel difetto che non può essere scoperto da nessun qualificato professionista aziendale. Il qualificato professionista in tema di sicurezza all’interno della organizzazione aziendale è l’RSPP. Questo, a maggior ragione, dopo la sentenza del 2001 della Corte di Giustizia che ha richiesto una qualificazione ben specifica per l’RSPP. Quindi, al datore di lavoro residuano tutta una serie di incombenze in relazione alla gestione della macchina, che lo responsabilizzano anche se la attrezzatura ha la marcatura CE. Conferma ne è il fatto che della macchina con marcatura CE, introdotta all’interno del luogo di lavoro,
Forum Sicurezza sul Lavoro 2015 SISTEMI DI GESTIONE E RESPONSABILITÀ AZIENDALE Dott. Walter Saresella Se ci fosse stato un Modello Organizzativo esimente della responsabilità dell’Azienda, ai sensi della legge 231/01, questo avrebbe potuto integrare l’assenza di culpa in vigilando in capo al Datore di lavoro. Però bisognava dimostrarne l’effettività. Avv. Lorenzo Fantini Qui non è stata fatta la contestazione del 231, perché il fatto è sicuramente anteriore al 2007, e quindi per la banale ragione che non era ancora nel nostro ordinamento giuridico l’obbligo di fare l’indagine per il 231, perché non era ancora stato inserito nel catalogo dei reati presupposti. Inoltre se ci fosse stato il MOG, nel ruolo di Avvocato della Difesa lo avrei utilizzato per rievocare un obbligo di vigilanza correttamente ottemperato, attraverso il modello di sicurezza stabilito. Questo imprescindibilmente da quale risultato potessi ottenere. Perché la valutazione sulla idoneità del Modello di Organizzazione e Gestione è pur sempre una valutazione rimessa alla discrezionalità del giudicante, che potrebbe sì assentire alla presenza del modello di vigilanza sulla carta ma nel contempo, accertata la mancanza di una qualche sanzione disciplinare ad un preposto avrebbe certamente concluso sull’inefficacia del modello. Quello che faccio - da Avvocato - è spingere quante più aziende possibili verso il modello di organizzazione e gestione, perché non solo questo migliora realmente i dati infortunistici, ma aiuta anche gli Avvocati a difendere l’azienda a fronte di situazioni di questo tipo.
deve essere fatto - secondo quanto disposto dall’art. 29 del D.Lgs. 81/08 - un supplemento di valutazione del rischio, trattandosi di immissione di nuova tecnologia. Il Datore di lavoro, in una situazione di questo tipo, deve garantire una valutazione del rischio che comporti formazione ed informazione specifiche, non generiche. Non è un caso che l’Ufficiale di Polizia Giudiziaria ci ha parlato della «genericità» dei contenuti valutativi del DVR e della mancanza, sostanzialmente, di una valutazione «specifica» in relazione a quella attrezzatura di lavoro. Che formazione specifica può essere stata fatta, se il rischio non è stato valutato correttamente? La formazione e l’informazione, quindi, devono essere specifiche, perché sono una proiezione del documento di valutazione del rischio, la cui caratteristica non è la “genericità”, ma la “specificità” del rischio presente all’interno della organizzazione aziendale. Poco importa, quindi, che siano state fatte le 16 ore, se non abbiamo la dimostrazione che su quella macchina l’RSPP si sia curato di proporre al Datore di lavoro - art. 33, lettera b), del T.U. - una formazione specifica. Ma vi è di più. Affascinante poi è il discorso sul nesso eziologico da parte della Difesa che, sostanzialmente, ci dice: “vi è una interruzione dello stesso, sulla base del fatto che è imputabile al lavoratore un comportamento che di per sé solo sarebbe sufficiente a cagionare l’evento lesivo”.
Questa considerazione non è perfettamente coerente con quello che è il contenuto dell’art. 41 del codice penale, che essenzialmente afferma che ogni concausa deve essere considerata causa dell’evento lesivo. E questo ai fini penali. A meno che - ci spiega la Suprema Corte di Cassazione in più occasioni e la dottrina è coerente con questo principio- il comportamento tenuto da uno dei soggetti che concorrono nella determinazione dell’evento sia così esorbitante da interrompere la concausalità degli altri soggetti che hanno tenuto un comportamento elusivo. In più di un’occasione la Suprema Corte di Cassazione ha puntualizzato che quello che si deve tener presente è la cosiddetta «area di rischio» e cioè il concetto per cui un comportamento è abnorme, e quindi esorbitante, in quanto “ecceda” dalla fisiologia della gestione del momento di rischio. Non si ravvisa, in questo caso, la sussistenza di questa esenzione da responsabilità degli altri soggetti, in quanto il comportamento tenuto dal Lavoratore è un comportamento che bene si colloca all’interno dell’area di rischio nella gestione di quella attrezzatura di lavoro, tra l’altro manomessa, probabilmente anche per una maggiore redditività del ciclo produttivo. Questa manomissione evidenzia la corresponsabilità da parte di tutta una serie di soggetti, che avevano il dovere di garantire non solamente della bontà del sistema che era stato costituito, ma anche una vigilanza sul Sistema stesso. Non vi è, dunque, esclusione della culpa in vigilando.
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Forum Sicurezza sul Lavoro 2015 La culpa in vigilando è essenzialmente colpa e l’essenza della colpa è la prevedibilità e la prevenibilità. Non era certamente imprevedibile il fatto che una macchina che avesse subito una manomissione, quale quella di operare con carter di protezione aperto, potesse essere in una situazione di abnormità. Se la macchina fosse stata correttamente utilizzata con i suoi sistemi di sicurezza funzionanti, sicuramente quel comportamento tenuto dal Lavoratore non avrebbe cagionato l’evento lesivo a carico dello stesso. Quindi vi è una responsabilità anche in relazione alla gestione dell’attrezzatura di lavoro da parte dell’organizzazione. Trattasi dunque di un comportamento che si è dimostrato, alla luce dei fatti, non occasionale, ma sistematico e quindi prevedibile e ciò lascia intendere la sussistenza di colpa. Ma queste riflessioni ci portano anche a considerare che una parte di eziologia è riconducibile anche al Lavoratore, pur non escludendo che vi sia la corresponsabilità degli altri soggetti. Nel caso specifico è stata ritenuta la responsabilità del Datore di lavoro, del Dirigente e dell’RSPP, anche per la cattiva gestione della formazione e della informazione in relazione all’utilizzo di quella attrezzatura di lavoro. Questa è la ragione per cui ognuno dei soggetti imputati è stato ritenuto responsabile dalla Suprema Corte di Cassazione. Mi sia consentita una riflessione ulteriore e con-
clusiva. Se gli eredi del Lavoratore deceduto si fossero costituiti Parte Civile in relazione a questo evento - e ciò è previsto e permesso dall’art. 62 del D.Lgs n. 81/08, nel risarcimento del danno in sede civile opererebbe un principio diverso da quello penalistico sopra enunciato di concausalità equivalente: infatti, in sede civile ognuno risponde pro quota in relazione ai danni subiti dal Lavoratore deceduto. Ne consegue, quindi, che se gli eredi del Lavoratore avessero chiesto la liquidazione integrale del danno subìto dal loro congiunto, a loro sarebbe stata
Se la macchina fosse stata correttamente utilizzata con i suoi sistemi di sicurezza funzionanti, sicuramente quel comportamento tenuto dal Lavoratore non avrebbe cagionato l’evento lesivo a carico dello stesso. Quindi vi è una responsabilità anche in relazione alla gestione dell’attrezzatura di lavoro da parte dell’organizzazione. riconosciuta solamente la quota parte imputabile agli altri soggetti, detratta quindi la quota di responsabilità imputabile al Lavoratore, perché in sede civile, come detto, il principio è diverso rispetto alla equivalenza causale prevista dall’art. 41 del codice penale. In sede civile ognuno risponde in relazione alla quota parte di danno che ha cagionato.
LA RESPONSABILITÀ DEL RSPP Dott. Walter Saresella La sentenza sostiene che esiste una concausalità in capo all’RSPP per il fatto sostanzialmente di non avere proposto al datore di lavoro una formazione specifica sul modo di lavorazione di quella attrezzatura di lavoro. Normalmente il costruttore dà un libretto che si compendia delle schede tecniche e delle modalità per il corretto utilizzo di quella attrezzatura di lavoro. Ci è stato detto dall’Ufficiale di Polizia Giudiziaria che nessuno si è mai occupato di questi aspetti. Avv. Lorenzo Fantini Un’informazione a titolo generale. Sempre più spesso viene chiamato in giudizio l’RSPP, come concorso nel reato di altri, principalmente nel reato del datore di lavoro. L’elemento determinante per l’RSPP per potersi liberare di responsabilità è un comportamento professionalmente diligente, non quello della figura mitica del buon padre di famiglia, bensì quello in cui si richiede la diligenza del professionista. È esattamente corrispondente a quella che è la diligenza del medico, la diligenza dell’avvocato; quindi l’RSPP è un qualificato professionista. Paradossalmente inchiodato dal suo alto livello professionale. Quindi la tesi del vizio occulto non si potrebbe sostenere. Ricoprendo per l’occasione il ruolo della Difesa ho sostenuto questa tesi, ma contestualmente non sostengo la tesi che l’RSPP non ha visto qualcosa che in realtà avrebbe dovuto vedere, in base alle sue competenze tecniche. Quindi il vizio palese deve essere visto dall’RSPP. Se non lo fa perché è disattento, o non lo fa perché non competente, questo è giuridicamente rilevante. Perché il livello di professionalità che è richiesto al soggetto, è un livello che non è 10, come il livello di diligenza richiesto ad una persona comune, ma sale a 50, sale a 60, sale a 70. Questo sarà il parametro di riferimento del P.M., per quanto riguarda la formulazione dell’Accusa, ed il problema della Difesa per quanto riguarda la necessità di dimostrare che questo livello di diligenza è stato garantito dal professionista.
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Classificazione ed etichettatura di sostanze pericolose. Occhio al marchio A cura di Assosistema
Apertura lavori: D.ssa Patrizia Ferri, Segretario Generale Assosistema
Sono intervenuti: Patrizia Ferri - Segretario Generale Assosistema Ivan Montanari - Technical Quality Manager di Cartelli Segnalatori Gian Claudio Melchiori - Sales Manager di Ansell Healthcare.
Spesso le norme in materia di sicurezza sul lavoro, pur essendo modificate, presentano forti contraddizioni all’interno degli articoli che disciplinano la stessa materia. Ci chiediamo allora se l’evoluzione normativa è studiata in un’ottica di vera agevolazione delle imprese e dei lavoratori alla sua applicazione o semplicemente se effettuata in risposta ad input politici con un esclusivo fine di ritorno di visibilità e non con una concreta volontà di cambiamento. Ciò che è necessario fare è, dunque, procedere con un sostanziale riallineamento di tutte le normative esistenti in materia di sicurezza sul lavoro partendo dal fronte teorico della legislazione con un approccio interdisciplinare, non solo giuridico quindi, ma che tenga in debita considerazione anche gli aspetti tecnici ed organizzativi funzionali all’applicazione delle norme in azienda. Un buon esempio nell’ottica di semplificazione ci arriva dall’Europa con la rePatrizia Ferri cente Direttiva Segretario Generale Assosistema 2014/27/UE del Par-
lamento Europeo e del Consiglio che modifica le direttive 92/58/CEE, 92/85/CEE, 94/33/CE, 98/24/CE del Consiglio e la direttiva 2004/37/ CE allo scopo di allinearle al regolamento (CE) n. 1272/2008 relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele che i vari parlamenti e consigli europei avevano nel tempo gestito in modo diverso. Non vi è una modifica al campo di applicazione della Direttiva né una riduzione delle tutele. Lo scopo è certamente quello di mantenere e non ridurre il livello di protezione dei lavoratori. E’ necessario, alla luce dei progressi tecnologici in corso, garantire la coerenza della legislazione ed un livello adeguato di protezione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro dove sono presenti sostanze chimiche e miscele pericolose. L’etichettatura ha un ruolo fondamentale nell’orientare la scelta. Ma da sola non basta. È necessario scegliere prodotti e marche con un alto livello di affidabilità. Spesso, infatti, le etichette sono contraffatte e denunciano requisiti di fatto non in possesso dal fabbricante. Un esempio su tutti, sono i guanti, prodotti di largo consumo e ad immediato contatto con la pelle. A seguire l’intervento di Patrizia Ferri, le relazioni di due rappresentanti di 2 Aziende associate, molto qualificate, che Assosistema ha voluto coinvolgere affinché spiegassero nel merito gli effetti di quanto sopra. Ivan Montanari Technical Quality Manager di Cartelli Segnalatori Con la Direttiva 2014/27/UE, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno l’obiettivo di armonizzare il Regolamento CE n. 1272/2008 (il cosiddetto Regolamento CLP, classification, labelling and packaging - classificazione, l’etichettatura e l’imballo della sostanze pericolose) con la Direttiva del Consiglio 92/58/CEE (prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro) che contiene ancora riferimenti al precedente sistema di classificazione e di etichettatura. Con la nuova normativa 2014/27/UE la Direttiva 92/58 viene modificata per allinearla al nuovo Regolamento CE n. 1272/2008 sia per le etichette dei contenitori, delle tubazioni e dei segnali più in generale.
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Forum Sicurezza sul Lavoro 2015 Con il recepimento del Regolamento CLP, il cartello di avvertimento “sostanze nocive o irritanti” è cancellato. Al segnale di avvertimento “pericolo generico”, invece, è aggiunta la nota: “Questo cartello di avvertimento non deve essere utilizzato per le specifiche sostanze chimiche Ivan Montanari o miscele pericoloTechnical Quality Manager se, fatta eccezione di Cartelli Segnalatori nei casi in cui il cartello di avvertimento è utilizzato per indicare i depositi di sostanze o miscele pericolose”. Se non esiste alcun cartello di avvertimento equivalente per mettere in guardia dalle sostanze chimiche o miscele pericolose, occorre utilizzare il pertinente pittogramma di pericolo, di cui all’allegato V del Regolamento CE n. 1272/2008. Mentre per quanto riguarda i recipienti contenenti sostanze o miscele classificate pericolose conformemente ai criteri del Regolamento CE n. 1272/2008, nonché i recipienti utilizzati per il magazzinaggio di tali sostanze o miscele pericolose e le tubazioni visibili che servono a contenere o a trasportare tali sostanze o miscele pericolose devono essere etichettati con i pertinenti pittogrammi di pericolo in conformità di tale regolamento. Il regolamento CLP è uno degli elementi portanti del regolamento REACH che con l’aggiornamento dell’allegato II di quest’ultimo mette insieme i criteri delle nuove schede di sicurezza (SDS) adattate secondo i simboli GHS. Le schede di sicurezza, dove sono inserire tutte le informazioni di gestione delle sostanze, sono molto importanti per la scelta dei DPI necessari fra i quali i guanti oggetto della prossima relazione. Gian Claudio Melchiori Sales Manager di Ansell Healthcare Scegliere il DPI giusto non è facile, considerati i tanti prodotti chimici esistenti. Per quanto riguarda il DPI oggetto della mia relazione, il guanto per protezione chimica, l’o32
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biettivo è, infatti, quello di proteggere l’operatore dal rischio chimico. L’operatore potrebbe avere delle intolleranze e per questo è fondamentale consultare le schede tecniche del prodotto dove, ad esempio, può essere indicato che il guanto contiene lattice, che è uno dei tanti sensibilizzanti. In buona sostanza, a parte l’acqua di fonte, sono tutti prodotti chimici importanti da valutare per la protezione dell’operatore. I certificati di conformità, le schede tecniche e tutti i documenti con i sensibilizzanti presenti all’interno del guanto sono dunque fondamentali per la scelta del DPI. Occorre affidarsi a fornitori seri e professionali. Quando si parla di guanti, bisogna considerare che la pelle e le membrane mucose sono partecipi al 30% dei rischi di contatto con i prodotti chimici per le persone, a un altro 30% per l’ apparato digestivo e il restante 40% per quello respiratorio. La pelle è Gian Claudio Melchiori una meravigliosa Sales Manager barriera e spesso di Ansell Healthcare. ne abusiamo pensando che sia una barriera per tutto. Con i capillari è una spugna e tramite questi e il sangue fa passare all’interno del corpo tutti i prodotti chimici a seconda del loro peso molecolare. È per questo che si adoperano i guanti: per ridurre gli infortuni dei lavoratori, per proteggerli da bruciature, ustioni, irritazioni, rischi microbiologici. Le schede di sicurezza dei prodotti chimici sono utili per valutare il guanto giusto, ma per far questo devono essere alimentate costantemente dal motore di ricerca sui prodotti. Le banche dati dei fornitori dei Dpi devono essere aggiornate per poter fornire sempre un prodotto idoneo e sicuro. Le informazioni sulle qualità e proprietà dei DPI ci sono, è giusto pretenderle. n