Le produzione zootecniche di qualità
Agribusiness Paesaggio & Ambiente -- Vol. X (2006) n. 1, Marzo 2007
Le produzioni zootecniche di qualità
Quality Animal Husbandry Productions. The agricultural census of 2000 has taken into account, rather than the agricultural holding, the definition of rural as being a new reality which is in expansion and which is made of biological crops, farm holiday centres and forms of handicraft connected with agricultural production. The attention given to the biological aspects is the natural consequence of the maturity of public opinion: it is necessary to produce, without using agrochemical products, thus allowing for the increase of products obtained by biological methods. The statistical analysis describes the trends of the Italian zootechny quality referred to the last 2000 agricultural census through indicators which highlight the territorial concentration. Furthermore, with reference to the main species of livestock (cattle, sheep, pigs and poultry), the Gini index concentration has been applied to both the biological aspect and to the total number of heads. This is done in order to verify or refuse the main hypothesis that for each type of livestock a lower number of animal holdings concentrates higher parts (fractions) of the total amount of heads, hence verifying if these holdings have or do not have a greater concentration of the corresponding amount of heads.
Da qualche anno l’agricoltura sta attraversando una complessa fase di trasformazione e ridefinizione del proprio ruolo socioeconomico orientandosi sempre più verso una migliore LOREDANA DE GAETANO qualità della vita. In ISTAT - Roma questo contesto un elemento di particolare rilievo è costituito dalla crescente presenza di aziende agricole con produzioni di qualità ottenute con mezzi tecnici e pratiche colturali di natura biologica. E’ noto, infatti, che l’agricoltura biologica persegue una produzione agro-alimentare “pulita”, in perfetta armonia con la natura escludendo l’uso, nei campi e nelle stalle, dei prodotti chimici di sintesi (pesticidi, erbicidi, fertilizzanti,
antibiotici, etc.) e proponendosi per più obiettivi dichiarati: produrre cibi che conservino tutte le loro proprietà naturali; allevare animali sani, rispettandone il benessere; recuperare la biodiversità, preservando l’integrità del territorio e i suoi aspetti paesaggistici. Non è un caso che i consumatori iniziano ad essere consapevoli che tale orientamento produttivo, tanto che il consumo di prodotti biologici, anche nel nostro Paese, è in costante crescita. L’impegno normativo della Comunità in questo settore è notevole, anche se si manifesta a livelli molto diversi in funzione della natura e della priorità dei problemi. Ad esempio, in materia di sicurezza alimentare, l’impegno è iniziato negli anni ’60, si è potenziato negli anni ’90 con la realizzazione del mercato unico e dal 1994 si applica alla lotta contro la BSE. Sotto altri profili, senza citarli tutti, le riforme della PAC del 1992 e del 1999 hanno privilegiato le misure agroambientali e gli aiuti
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stragrande maggioranza di esse per produzioni vegetali (94 su 100 aziende). A livello di singola Regione le aliquote di aziende biologiche sui corrispondenti universi presentano una dinamica molto differenziata, oscillando tra lo 0,5% in Valle d’Aosta ed il 9,2% in Sardegna. Con riferimento alle singole tipologie di produzioni, per quelle vegetali i valori percentuali più marcati sono ascrivibili a Puglia (98,3%), Sicilia (97,2%) e Sardegna (97,4), mentre le incidenze più basse si riscontrano in Valle d’Aosta (45,5%) e Lombardia (66,7%), alle quali, per contro, spettano le aliquote più elevate per le produzioni animali, con rispettivamente 60,6% e 47,9%. Da evidenziare, per quest’ultimo tipo di produzioni, le aliquote notevolmente inferiori a quella nazionale (13,0%) riscontrate in Sardegna (6,6%), Sicilia (5,2%) e Puglia (appena il 3,4%) (Tab. 1). Pressoché analoga dinamica per le aziende che hanno dichiarato di realizzare produzioni di qualità sottoponendo le superfici aziendali per produzione integrata, biologica e/o sottoposta a disciplinare, e/o i propri allevamenti per produzione biologica e/o sottoposta a disciplinare. Al riguardo, le aziende cosi interessate sono risultate pari a 186.628 unità (7 su 100 aziende censite), quasi totalmente con produzioni di qualità di tipo vegetale (96 su 100 aziende). Anche per questo fenomeno, la maggiore diffusione si riscontra nelle regioni del sud, ed in particolare in Puglia (99,1%), Basilicata (98,7%) e Abruzzo e Sicilia (entrambe con 98,6%), anche se tra le regioni del Nord il Trentino-Alto Adige si attribuisce una aliquota molto vicina alle predette incidenze con il 98,3% di aziende interessate. Al contrario, la Valle d’Aosta si attribuisce appena il 41,1% di aziende interessate alle produzioni vegetali di qualità, ma l’aliquota maggiore per quelle animali (62 su 100 aziende con produzioni di qualità), seguita da Lombardia con 23 su 100 aziende (Tab.2).
all’estensivizzazione e sono anche stati istituiti dei marchi di qualità europei. Per ottenere cibi sani e di qualità, si è sviluppata in particolare nell’ultimo decennio, l’agricoltura biologica, un settore con precisi atti normativi dell’Unione Europea e da regolamentati provvedimenti legislativi nazionali. Il censimento del 2000 ha posto l’attenzione, piuttosto che sull’azienda agricola, sull’azienda rurale, nuova realtà in espansione, fatta di colture biologiche, agriturismo e forme di artigianato legato alla produzione agricola. L’attenzione verso il biologico è una conseguenza naturale della maturazione dell’opinione pubblica: è necessario produrre senza prodotti chimici, consentendo l’aumento dei prodotti coltivati con metodi biologici. Nel presente lavoro sono illustrati ed analizzati i dati relativi alle principali caratteristiche strutturali e tipologiche delle produzioni zootecniche di qualità. L’analisi statistica descrive le tendenze della zootecnia italiana di qualità alla luce dell’ultimo censimento 2000, attraverso indicatori che ne individuano la concentrazione territoriale. Inoltre, con riferimento alle principali specie di bestiame (bovini, ovini, suini ed allevamenti avicoli) è stato applicato l’indice di concentrazione di Gini, sia al patrimonio biologico che nel complesso al fine di verificare o smentire l’ipotesi di massima che poche aziende zootecniche della distribuzione concentrano in esse frazioni elevate dell’ammontare globale del patrimonio e quindi riscontrare se tali aziende detengono o meno una maggiore concentrazione del patrimonio.
1. Aspetti strutturali e tipologici dell’agricoltura biologica In Italia, nel 2000 l’agricoltura biologica1 risulta interessare complessivamente 45.707 aziende (1,8% dell’universo censito) e nella
1) Ai fini del Censimento, per agricoltura biologica si è inteso quella praticata in modo conforme agli standard ed alle norme specificati nel
Reg. CEE 2092/91 del Consiglio del 24 giugno 1991, modificato da ultimo dal Reg. CE 1488/97 della Commissione del 29 luglio 1997 o, se del
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caso, alla legislazione più recente relativa alla produzione biologica di prodotti agricoli ed alla indicazione di tale pratica sui prodotti agricoli e
Le produzione zootecniche di qualità
Le aziende biologiche classificate tipologicamente ammontano a 45.687 (appena l’1,8% delle aziende tipologiche), con un reddito di 876.771,6 di UDE (19,2 UDE per azienda contro 7,7 UDE per l’universo). L’82,9% di esse risulta classificato risulta caratterizzato da un indirizzo specializzato, con un reddito lordo standard di 702.724,4 di UDE (18,5 UDE per azienda). Nel rimanente 17,1% (aziende miste con duplicità o molteplicità di indirizzi produttivi) si riscontra un reddito lordo standard comples-
sivo di 174.047,2 UDE (con valore medio maggiore di quello delle aziende specializzate, vale a dire 22,3 UDE). L’87% delle aziende è specializzato a vocazione “vegetale”, soprattutto nelle coltivazioni permanenti (70,2%) e seminativi (13,3%). Per contro, soltanto il 6,4% risulta orientato esclusivamente o prevalentemente verso le produzioni zootecniche. Nell’ambito delle aziende miste, l’indirizzo produttivo più diffuso è la policoltura con 4.684 aziende (60,1% delle aziende miste) e
AZIENDE CON AGRICOLTURA BIOLOGICA REGIONI CIRCOSCRIZIONI TERRITORIALI Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli-Venezia Giulia Liguria
Totale
Produzioni vegetali
Produzioni animali
% su universo regionale
numero
2.203
1,8
1.832
83,2
568
25,8
33
0,5
15
45,5
20
60,6
numero
% di riga
numero
% di riga
1.015
1,4
677
66,7
486
47,9
512
0,8
418
81,6
154
30,1
1.224
0,6
995
81,3
340
27,8
213
0,6
163
76,5
80
37,6
261
0,6
209
80,1
119
45,6
Emilia-Romagna
3.407
3,2
3.275
96,1
358
10,5
Toscana
2.498
1,8
2.295
91,9
491
19,7
Umbria
736
1,3
679
92,3
145
19,7
Marche
1.402
2,1
1.296
92,4
261
18,6
Lazio
2.402
1,1
2.215
92,2
361
15,0
537
0,6
478
89,0
98
18,2
Abruzzo Molise
287
0,8
249
86,8
75
26,1
Campania
1.479
0,6
1.386
93,7
169
11,4
Puglia
4.581
1,3
4.505
98,3
157
3,4
Basilicata
1.052
1,3
988
93,9
222
21,1
Calabria
4.373
2,2
4.093
93,6
777
17,8
Sicilia
7.076
1,9
6.876
97,2
369
5,2
Sardegna
10.416
9,2
10.141
97,4
691
6,6
ITALIA
45.707
1,8
42.785
93,6
5.941
13,0
Italia Nord-Occidentale
3.512
1,4
2.733
77,8
1.193
34,0
Italia Nord-Orientale
5.356
1,4
4.851
90,6
932
17,4
Italia Centrale
7.038
1,5
6.485
92,1
1.258
17,9
Italia Meridionale
12.309
1,2
11.699
95,0
1.498
12,2
Italia Insulare
17.492
3,7
17.017
97,3
1.060
6,1
Fonte: ISTAT - 5° Censimento generale dell’Agricoltura 2000
Tab. 1 Aziende con agricoltura biologica per regione e circoscrizione territoriale
sulle derrate alimentari e/o alle norme comunitarie o nazionali equivalenti per la produzione biologica di bestiame. Sono rientrate sotto tale voce anche tutti i casi in cui il conduttore ha dichiarato di praticare l’agricoltura biologica pur non aven-
do ancora formalmente aderito alle specifiche dettate dal predetto Reg. Cee 2092/91 o altre normative concernenti tale oggetto. Sono state considerate biologiche anche quelle produzioni praticate su superfici in conversione. Per “produzioni di
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qualità” si intendono tutte quelle produzioni ottenute mediante pratiche finalizzate alla promozione dell’impiego di metodi di produzione agricola che riducano gli effetti inquinanti dell’agricoltura.
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producono per 99.795,9 di UDE (pari a 21,3 UDE per azienda), mentre il poliallevamento è praticato dal 9,3% delle aziende, con un reddito medio per azienda pari a 24,1 UDE. Le aziende che praticano l’agricoltura biologica soltanto per le produzioni zootecniche sono appena 2.911 aziende, di cui il 70,1% risulta specializzate. Per quanto riguarda la dimensione economica, 1/5 delle aziende biologiche si colloca nella classe 16 UDE ed oltre.
dano prevalentemente gli allevamenti bovini con 7.928 aziende (62,1%), di cui 5.246 per produzione solo sottoposta a disciplinare. Le relative consistenze bovine ammontano a 493.870 capi (appena l’8,2% dell’intero patrimonio bovino), di cui 384.011 capi per produzione solo sottoposta a disciplinare (Tab. 3). Ne conseguono dimensioni medie aziendali sensibilmente elevate, specialmente nelle aziende in cui sono praticate entrambe le produzioni (biologica e sottoposta a disciplinare) con 101 capi a fronte dei 73 nelle aziende con solo produzioni sottoposte a disciplinare e dei 35 capi in quelle con produzioni solo biologiche. Dinamica lievemente differenziata in termini di aziende interessate per suini ed allevamenti avicoli. Per i primi, infatti, le aziende allevatrici interessate alle produzioni in questione risultano maggiormente le sole produzioni biologiche (poco più di 56 su 100 azien-
2. Le produzioni di qualità nel comparto zootecnico Scarsamente diffuse tra le aziende con allevamenti le corrispondenti produzioni di qualità; appena 12.774 aziende (1,9% del totale degli allevamenti). Le produzioni di qualità riguar-
AZIENDE CON AGRICOLTURA DI QUALITA' REGIONI CIRCOSCRIZIONI TERRITORIALI Piemonte Valle d'Aosta Lombardia
Totale numero
Produzioni vegetali % su universo regionale
numero
% di riga
Produzioni animali numero
% di riga
21.372
17,7
20.440
95,6
1.644
7,7
1.723
26,1
709
41,1
1068
62,0
7.649
10,2
6.311
82,5
1.786
23,3
Trentino-Alto Adige
28.372
46,3
27.884
98,3
900
3,2
Veneto
16.563
8,7
16.011
96,7
903
5,5
1.867
5,3
1.704
91,3
231
12,4 12,9
Friuli-Venezia Giulia Liguria
1.217
2,7
1.158
95,2
157
Emilia-Romagna
21.034
19,5
20.253
96,3
1.486
7,1
Toscana
13.666
9,8
13.371
97,8
855
6,3
Umbria
2.223
3,9
2.157
97,0
202
9,1
Marche
4.292
6,4
4.151
96,7
404
9,4 6,1
Lazio
8.472
3,9
8.254
97,4
518
Abruzzo
4.633
5,6
4.569
98,6
135
2,9
726
2,1
690
95,0
81
11,2
Campania
4.582
1,8
4.467
97,5
232
5,1
Puglia
8.930
2,5
8.850
99,1
187
2,1
Basilicata
4.257
5,2
4.202
98,7
239
5,6
Calabria
6.296
3,2
6.078
96,5
804
12,8 2,9
Molise
Sicilia
16.035
4,4
15.865
98,9
465
Sardegna
12.719
11,3
12.468
98,0
754
5,9
ITALIA
186.628
7,2
179.592
96,2
13.051
7,0
Italia Nord-Occidentale
31.961
13,0
28.618
89,5
4.655
14,6
Italia Nord-Orientale
67.836
17,2
65.852
97,1
3.520
5,2
Italia Centrale
28.653
6,0
27.933
97,5
1.979
6,9
Italia Meridionale
29.424
3,0
28.856
98,1
1.678
5,7
Italia Insulare
28.754
6,0
28.333
98,5
1.219
4,2
Fonte: ISTAT - 5° Censimento generale dell’Agricoltura 2000
Tab. 2 Aziende con produzioni di qualità per regione e circoscrizione territoriale
76
Le produzione zootecniche di qualità
questi allevamenti la dinamica differenziata tra aziende e numero di capi interessati ai due diversi tipi di produzione comporta dimensioni medie nettamente dissimili: 600 capi per azienda solo “biologica” contro 23.098 avicoli per azienda solo “sottoposta a disciplinare”. Il 70,8% orientato verso indirizzi produttivi (vegetali e zootecnici) di tipo specializzato2. La stragrande maggioranza delle aziende con indirizzi zootecnici risulta specializzata nelle produzioni di erbivori caratterizzati quasi esclusivamente dalla presenza di allevamenti bovini (2/3 delle aziende specializzate e 47,2% dell’universo delle aziende interessate alle produzioni zootecniche di qualità). Nell’ambito di quest’ultime, la prevalenza spetta all’indirizzo specializzato in “bovini da latte” (pari al 67,4% del totale aziendale “erbivori”). Anche in questo caso la stragrande maggioranza delle aziende è indirizzata verso produzioni sottoposte a disciplinare.
de) attribuendosi, tuttavia, soltanto 41.179 capi (in media, 27 suini per azienda), mentre le aziende suinicole con produzioni solo sottoposte a disciplinare, pur rappresentando un’aliquota inferiore (41 su 100 aziende) allevano per tale produzione 1,9 milioni di capi (96,8% del patrimonio suino di qualità, pari a 1.795 capi in media per azienda interessata). Per gli allevamenti avicoli le produzioni solo biologiche interessano circa 81 su 100 aziende, a fronte di appena 17 su 100 aziende orientate unicamente verso le produzioni sottoposte a disciplinare, presentando, tuttavia, una netta ed uguale inversione percentuale in termini di capi. Alle produzioni solo biologiche è destinato appena il 10,2% del numero di capi complessivamente sottoposti a produzioni di qualità, mentre l’81,7% di essi risulta destinato soltanto per quelle sottoposte a disciplinare. E’ appena il caso di segnalare che anche per
Biologica
SPECIE DI BESTIAME
Totale
PER PRODUZIONE Sottoposta a Entrambe Biologica disciplinare Valori assoluti
Sottoposta a disciplinare
Entrambe
Percentuali di riga AZIENDE
Aziende con produzioni zootecniche
-
12.774
Bovini
7.928
Bufalini
-
2.436
5.246
-
-
246
30,7
-
-
66,2
3,1
81
33
15
33
40,7
18,5
40,7
Ovini
2.020
1.598
320
102
79,1
15,9
5,0
Caprini
1.041
855
150
36
82,1
14,4
3,5
Suini
2.662
1.501
1.083
78
56,4
40,7
2,9
Avicoli
2.359
1.905
398
56
80,7
16,9
2,4
Bovini
493.870
84.963
384.011
24.896
17,2
77,8
5,0
7.457
3.687
3.004
766
49,4
40,3
10,3
332.135
242.905
46.249
42.981
73,1
13,9
13,0
43.975
33.016
7.160
3.799
75,1
16,3
8,6
2.008.875
41.179
1.943.834
23.862
2,0
96,8
1,2
11.258.045
1.143.631
9.192.917
921.497
10,2
81,6
8,2
CAPI Bufalini Ovini Caprini Suini Avicoli
Fonte: ISTAT - 5° Censimento generale dell’Agricoltura 2000
Tab. 3 Aziende con allevamenti e con produzioni di qualità e relativo numero di capi per specie di bestiame
2) Delle suindicate 12.774 aziende complessivamente interessate alle produzioni di qualità risultano classificate secondo i criteri economici
previsti dalla tipologia comunitaria adottata in Italia 12.767 unità La differenza di 284 unità non classificate è imputabile a produzioni
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zootecniche per le quali non risulta determinato il relativo RLS (altri conigli, selvaggina, altri allevamenti, ecc.).
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Alquanto differenziato l’andamento della distribuzione per classe di dimensione economica. Infatti, limitando l’analisi a sole tre macroclassi dimensionali (meno di 6 UDE, da 6 a meno di 16 UDE e da 16 UDE ed oltre) si evidenzia quanto segue: • le aziende economicamente meno importanti rappresentano complessivamente il 24,2% del totale; di tale aliquota, le unità più piccole (meno di 2 UDE) se ne attribuiscono il 9,4%; • l’aliquota delle aziende “intermedie è del 22,0%, con una sensibile prevalenza delle aziende collocate nella classe dimensionale “812 UDE”; • il 53,8% del sottouniverso considerato ricade, pertanto, nella fascia delle aziende economicamente più importanti; di tale aliquota il 41,4% è dislocato nelle classi tra 16 e 100 UDE, con una concentrazione maggiore nella classe “16-40 UDE” (23,2%). Tale andamento ondulatorio è molto verosimilmente imputabile al verificarsi contemporaneamente di due fenomeni: ♦ le distribuzioni difformi per gli allevamenti caprini, suini e bufalini sottoposti solo a produzioni biologiche; ♦ la dinamica degli allevamenti bovini per produzione solo sottoposta a disciplinare, per i quali si registra la massima concentrazione nelle classi da 16 UDE ed oltre (68,1%), mentre in quelle “intermedie” ricade soltanto il 20,7%, ed, infine le aziende con bovini “meno importanti” si attribuiscono soltanto il rimanente 11,2%.
che alcune unità agricole concentrano una parte del patrimonio zootecnico e, quindi, di misurare in che modo un determinato tipo di allevamento è suddiviso tra le aziende zootecniche dell’intero territorio, si è ritenuto utile adottare una particolare ed appropriata misura statistica, quale l’indice di concentrazione3. Al riguardo è stata effettuata una analisi sulle aziende e le relative consistenze di alcuni principali allevamenti biologici, in particolare sulla distribuzione e la variabilità del numero di capi allevati a livello sia di singola regione sia nazionale. Tale analisi è stata suddivisa in due momenti: nel primo sono stati riportati, per regione ed in ordine crescente di consistenze, i valori assoluti e le incidenze percentuali delle aziende allevatrici e del relativo numero totale di capi, il numero medio e massimo4 di capi per azienda, nonché il peso che tali allevamenti hanno all’interno del loro universo di riferimento. Successivamente, invece, per verificare se la consistenza “biologica” rispetto sempre al patrimonio nazionale è equidistribuita oppure concentrata in poche unità si è fatto ricorso alla misura della concentrazione attraverso il calcolo del relativo indice integrato con la rappresentazione grafica della distribuzione delle consistenze attraverso la curva di Lorenz5 (Graf. 1). 3.1 Il comparto bovino Le aziende con bovini biologici sono 2.718 (appena l’1,6% delle aziende con bovini nel complesso) con un patrimonio di 97.393 capi (l’1,6% dell’intero comparto bovino) e di esse il 13,0% delle aziende è risultato maggiormente concentrato in Piemonte (11,7%), in Lombardia e il 9,7% in Sardegna. Diversa invece, la dinamica percentuale delle consistenze fra le varie regioni con, rispettivamente il 13,3% in Emilia-Romagna, il 13,1% in Lombardia e il
3. Metodologia Allo scopo di verificare l’ipotesi di massima secondo la quale si ritiene che allevamento “di qualità” è pressoché equidistribuita in tutte le unità statistiche (aziende zootecniche) oppure
3) Il ricorso all’adozione di indicatori di concentrazione generalmente è utilizzato per vedere se il fenomeno è pressoché equamente distribuito fra tutte le unità statistiche interessate oppure è concentrato in
poche unità. Al riguardo, tale indicatore è stato preso in considerazione per analizzare la distribuzione delle principali specie di bestiame. La formula applicata per il calcolo dell’indice di concentrazione è la se-
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guente: N
2* ∑ (k* X k ) N +1 k=1 Indconc= N N N * ∑ (X k ) k=1
- Il valore N si ottiene come numero
Le produzione zootecniche di qualità
Graf. 1 Indici di concentrazione delle principali specie di bestiame
dei records. - Il valore Ó(Xk) si ottiene come somma dei valori. - Il valore Ó(k * Xk) si ottiene sommando i prodotti dei valori letti singolarmente moltiplicati per la propria posizione nell’archivio, dopo l’ordinamento. 4) Si è ritenuto opportuno prendere in considerazione soltanto il numero massimo di capi per azienda, in quanto il numero minimo è quasi sempre uguale ad 1 capo. 5) Secondo il Ballatori, concentrazione ed equidistribuzione possono essere intesi come poli di una scala (continuum) lungo la quale si collocano le diverse situazioni. In pratica, tra le due situazioni estreme, quella di equidistribuzione (situazione in cui tutte le unità hanno la stessa porzio-
ne di ammontare complessivo del carattere) e la situazione di concentrazione (nella quale una unità soltanto ha il totale dell’ammontare del carattere) si collocano tutta una serie di situazioni intermedie nelle quali il carattere è diversamente concentrato. Tutte queste situazioni equivalgono ai vari gradi della concentrazione espressa con indici appropriati. In sintesi, si può affermare che la concentrazione è un aspetto della variabilità, dal momento che quanto più elevato è il grado di concentrazione delle unità tanto più elevata è la variabilità del carattere esaminato. Ciò premesso, per la rappresentazione grafica della curva di Lorenz, sull’asse orizzontale (P) è stato riportato il numero delle aziende con il tipo di allevamento di interesse, espresso con quote per-
79
centuali cumulate, mentre sull’asse verticale (Q) è stata riportata la consistenza totale detenuta da ciascuna quota di aziende. Se la consistenza dell’allevamento oggetto di esame fosse distribuita in parti perfettamente uguali, la curva di Lorenz coinciderebbe con la diagonale che va dall’origine al punto che è stato definito per convenzione C (retta di equidistribuzione). In questo caso, ad esempio, al primo 20% delle aziende corrisponderebbe una quota pari esattamente al 20% della consistenza nazionale, al primo 50% una quota pari alla metà, e così via. Appare superfluo sottolineare che nell’esame della concentrazione la curva di Lorenz si posiziona sempre al di sotto della retta di equidistribuzione.
Osservatorio dell'agribusiness
LOREDANA DE GAETANO
625, dopo la Calabria (646 capi) e l’Umbria (645 capi) (Tab. 4). Con riferimento al grado di concentrazione della consistenza dei bovini, il relativo indice, pari a 0,642 (0,710 per i bovini in complesso) consente di affermare che l’allevamento bovino risulta abbastanza concentrato. Come è possibile riscontrare anche dall’interpretazione grafica della curva di Lorenz, dalla quale emerge che mentre alla formazione del 10% del patrimonio nazionale concorre una quota cumulata di circa il 60% delle aziende allevatrici (ordinate in senso crescente di numero di capi), nell’ambito del biologico tale quota cumulata (60%) concorre alla formazione del 15% del patrimonio nazionale biologico. L’80% delle aziende biologiche tende a spiegare più del 30% del patrimonio biologico, mentre per i capi in complesso tale quota di aziende spiega appena il 30%. Ancora, il 90% delle aziende biologiche detengono il 50% del patrimonio biolo-
10,3% in Sicilia. A livello regionale, il rapporto tra le aziende bovine biologiche ed il rispettivo universo aziendale è mostra che le aziende biologiche raggiungono l’aliquota più alta in Liguria (4,9%), seguita dalla Toscana (3,7%). Al contrario se l’analisi viene limitata alla sola consistenza, è la Toscana che detiene il primato con il 5,4% del patrimonio bovino, seguita dal Veneto con il 5,1% di capi. La dinamica differenziata tra aziende allevatrici e relative consistenze ha comportato sensibili differenze fra le varie regioni nelle consistenze medie. L’Emilia-Romagna è la regione con il valore medio più alto (61 capi per azienda contro 36 capi a livello nazionale); al contrario la regione con il valore più basso è la Valle d’Aosta (8 capi per azienda). Infine, il valore “massimo” di numero di capi spetta all’Emilia-Romagna e al Veneto (entrambe con 1.500 capi), seguite dalla Sicilia con 723 capi. La Lombardia se ne attribuisce solo
Aziende REGIONI Valori assoluti
Numero di capi
% su universo Valori % regionale aziende zootecniche
Valori assoluti
% su universo Valori % regionale del comparto bovino
Medio per azienda
Massimo
Valle d'Aosta
11
0,4
0,7
91
0,1
0,2
8
23
Friuli-Venezia Giulia
25
0,9
0,7
380
0,4
0,4
15
70
Molise
48
1,8
1,2
854
0,9
1,5
18
184
Abruzzo
52
1,9
0,9
1.143
1,2
1,4
22
158
Liguria
83
3,1
4,9
1.346
1,4
7,9
16
92
Basilicata
56
2,1
1,5
1.604
1,6
2,1
29
169
Trentino-Alto Adige
95
3,5
0,8
1.677
1,7
0,9
18
182
Campania
74
2,7
0,5
1.874
1,9
0,9
25
216
Umbria
61
2,2
1,7
2.832
2,9
4,5
46
645
Marche
109
4,0
2,1
3.308
3,4
4,2
30
300
Puglia
89
3,3
2,0
4.122
4,2
2,7
46
500
Calabria
182
6,7
3,0
5.170
5,3
5,1
28
646
Toscana
183
6,7
3,7
5.523
5,7
5,4
30
339
Veneto
154
5,7
0,7
6.115
6,3
0,7
40
1.500
Lazio
155
5,7
1,4
7.541
7,7
3,1
49
615
Piemonte
353
13,0
1,9
8.621
8,9
1,1
24
405
Sardegna
263
9,7
3,0
9.450
9,7
3,8
36
467
Sicilia
196
7,2
2,2
10.039
10,3
3,3
51
723
Lombardia
317
11,7
1,6
12.765
13,1
0,8
40
625
Emilia-Romagna
212
7,8
1,8
12.938
13,3
2,1
61
1.500
2.718
100,0
1,6
97.393
100,0
1,6
36
1.500
ITALIA
(*) I dati regionali sono riportati in ordine crescente sulla base delle delle consistenze totali
Tab. 4 Indici relativi delle aziende con bovini e relative consistenze regionali in rapporto al numero medio dei capi (*)
80
Le produzione zootecniche di qualità
gico, mentre nell’intero patrimonio bovino tale aliquota cumulata detiene il 40% di capi. Ne consegue che, nell’universo degli allevamenti bovini biologici coesistono due realtà: una stragrande maggioranza di aziende con pochi capi, controbilanciata da una ristretta aliquota di unità notevoli dimensioni. 3.2 Il comparto ovino Le aziende che praticano all’allevamento ovino biologico sono 1.712 con un patrimonio di 265.387 capi (appena il 3,9% dell’intero comparto ovino). Il 24,8% delle aziende e concentrato in Sardegna, l’11,3% in Calabria. La distribuzione delle consistenze fra le varie regioni è, invece, rispettivamente del 38,4% in Sardegna e del 13,6% nel Lazio. Analizzando gli allevamenti ovini in termini di aziende e consistenze in rapporto al numero medio di capi si evince, come primo indicatore, che alcune regioni registrano una “con-
sistenza media” di ovini notevolmente più elevata di quella nazionale (155 capi), con i valori massimi nel Lazio (294 capi) e in Puglia (265 capi), mentre la Sardegna con 240 capi si colloca al terzo posto (Tab. 5). Al contrario, la Valle d’Aosta, con appena 11 capi, si attribuisce la dimensione media più bassa. In termini di numero massimo di capi, tale valore si presenta abbastanza disomogeneo nelle varie regioni, raggiungendo il suo massimo in Puglia con 3.500 capi, seguita dal Lazio (2.200 capi) che, tuttavia, risulta detenere appena il 13,6% della consistenza nazionale e il Veneto (1.500 capi). Con riferimento ai rapporti degli ovini biologici sull’intero comparto, Emilia-Romagna e Liguria risultano avere le aliquote più alte in termini di consistenza (rispettivamente 11,7% e 8,6%) rispetto al valore nazionale (pari al 3,9%). a significare una massiccia presenza di consistenze particolarmente elevate e particolarmente limitate. Estremamente diversificati,
Aziende REGIONI Valori assoluti
Valori %
Numero di capi % su universo regionale Valori assoluti aziende zootecniche
Valori %
% su universo regionale del comparto ovinicolo
Medio per azienda
Massimo
Valle d'Aosta
1
0,1
0,6
11
..
0,5
11
11
Friuli-Venezia Giulia
7
0,4
3,0
261
0,1
4,2
37
100
Trentino-Alto Adige
24
1,4
1,0
499
0,2
0,8
21
90
Liguria
26
1,5
1,9
1.586
0,6
8,6
61
760
Campania
26
1,5
0,3
2.083
0,8
0,9
80
800
Veneto
19
1,1
1,8
2.188
0,8
7,1
115
1.500
Lombardia
78
4,6
2,7
2.353
0,9
2,6
30
180
Molise
27
1,6
0,7
3.020
1,1
2,7
112
950
Abruzzo
40
2,3
0,4
3.498
1,3
1,2
87
1.200
Piemonte
103
6,0
4,7
6.238
2,4
7,1
61
460
71
4,1
3,8
9.292
3,5
11,7
131
1.000 1.600
Emilia-Romagna Basilicata
120
7,0
1,5
10.619
4,0
3,2
88
Umbria
64
3,7
1,7
10.895
4,1
7,3
170
800
Marche
91
5,3
2,4
12.044
4,5
7,4
132
1.250
89
5,2
1,4
14.481
5,5
2,0
163
900
193
11,3
3,4
15.858
6,0
6,7
82
1.100
Sicilia Calabria Puglia Toscana
61
3,6
2,5
16.181
6,1
7,4
265
3.500
124
7,2
2,7
16.279
6,1
2,9
131
1.153
Lazio
123
7,2
0,9
36.124
13,6
5,7
294
2.200
Sardegna
425
24,8
2,9
101.877
38,4
3,6
240
1.200
1.712
100,0
1,8
265.387
100,0
3,9
155
3.500
ITALIA
(*) I dati regionali sono riportati in ordine crescente sulla base delle delle consistenze totali
Tab. 5 Indici relativi delle aziende con ovini e relative consistenze regionali in rapporto al numero medio dei capi (*)
81
Osservatorio dell'agribusiness
LOREDANA DE GAETANO
infine, le aliquote delle aziende ovinicole biologiche sul totale delle aziende ovinicole regionali, raggiungendo i valori più alti alla media nazionale (1,8%) in Piemonte (4,7%) ed Emilia Romagna (3,8%) e i valori più bassi in Campania (0,3%) e Abruzzo (0,4%) . Per tali allevamenti il risultato ottenuto dall’interpretazione della curva di Lorenz, mostra un buon grado di concentrazione (pari a 0,649) anche se più contenuto rispetto all’indice del proprio universo di riferimento (0,744). Infatti, secondo l’ordine crescente delle consistenze, per il 20% del patrimonio biologico concorre una quota cumulata di poco oltre il 70% delle aziende allevatrici, mentre per il comparto nel complesso tale aliquota contiene il 10% del patrimonio ovino. L’80% delle aziende ovine biologiche spiega più del 30% del patrimonio ovino, mentre nel complesso tale quota cumulata aziendale spiega appena il 20% di capi. Ne consegue che per ottenere il 60% del patrimonio sia biologico che complessivo deve essere presa in considerazione una quota cumulata pari al 95% delle aziende.
aziende suinicole). Mentre i termini di consistenza l’aliquota più alta si registra il Puglia (4,8% dell’universo regionale) e in Trentino-Alto Adige (3,0%), mentre a livello nazionale la consistenza suinicola biologica rappresenta appena lo 0,6% dell’intero patrimonio suinicolo (Tab. 6). Molto marcata la concentrazione del patrimonio suino in poche aziende di dimensioni ragguardevoli evidenziata da un indice pari a 0,908 (0,956 per l’intero comparto). La relativa curva di Lorenz mostra graficamente che per raggiungere appena il 10% del patrimonio deve essere preso in considerazione una quota cumulata di circa il 96-97% degli allevamenti, a dimostrazione che tale tipo di allevamento, mentre è diffuso in numero di capi molto contenuto. Il 90% delle aziende detengono appena il 5% del patrimonio suino, tale valore sale al 10% se si esaminano i suini biologici, al contrario il restante 10% delle aziende spiega una quota abbastanza alta di patrimonio, con quote leggermente più alte per il settore biologico. 3.4 Il comparto avicolo Il 21,7% del patrimonio avicolo biologico è concentrato in Veneto risultando allevato nel 6,4% di aziende. In termini di consistenza media, a fronte di un valore nazionale pari a 675 capi, spicca al primo posto il Friuli VeneziaGiulia con 5.947 capi, seguita dal Molise (2.398 capi), Veneto (2.283 capi) EmiliaRomagna (1.797 capi), al contrario i valori più bassi sono ascrivibili a Valle d’Aosta (9 capi), Sicilia (28) e Basilicata (31). In termini di numero massimo di capi, tale valore si presenta abbastanza disomogeneo nelle varie regioni, raggiungendo il suo massimo in Friuli-Venezia Giulia con 180.000 capi, seguita dalla Campania con 100.000 capi, Marche con 80.000, Emilia-Romagna con 70.000 e Veneto e Umbria, entrambe con 50.000 capi; al contrario, la regione con il valore massimo più basso è la Valle d’Aosta, appena 30. Rispetto all’intero comparto avicolo, l’Abruzzo risulta la regione con la più percentuale di allevamenti avicoli biologici (3,1%), seguita dal Friuli-Venezia Giulia con il 2,3%, mentre a livello nazionale l’aliquota è appena dello 0,8%. Diversificati, infine, i valori per-
3.3 Il comparto suino Circa il 20,2% del patrimonio suinicolo biologico risulta allevato in una sola regione: la Sardegna con 10.393 capi allevati da appena 205 unità, seguita dall’Emilia-Romagna, con 7.462 capi presenti in sole 55 aziende. In termini di numero medio dei capi, tuttavia, le dimensioni più elevate spettano all’Umbria e all’EmiliaRomagna (rispettivamente 157 e 136 capi per azienda). Quest’ultima regione tra l’altro si attribuisce insieme alla Sardegna il valore massimo di capi (rispettivamente 5.092 e 4.800 capi), mentre l’Umbria con 4.355 capi si colloca al terzo posto per numero massimo di capi biologici. Al contrario, tali allevamenti risultano scarsamente significativi in Valle d’Aosta (solo 3 aziende con 3 capi) e Liguria (12 aziende allevatrici per 16 capi). Anche se i suini risultano poco diffusi in Valle d’Aosta, le aziende con allevamento di suini biologici rappresentano in tale regione il 2,8% dell’intero patrimonio regionale (a livello nazionale tale aliquota è appena dello 0,8%), insieme alla Sicilia (2,8% del complesso delle
82
Le produzione zootecniche di qualità
Aziende
Numero di capi
REGIONI Valori assoluti
Valle d'Aosta Liguria
Valori %
% su universo regionale aziende zootecniche
Valori assoluti
% su universo regionale del comparto suinicolo
Valori %
Medio per azienda
Massimo
3
0,2
2,8
3
..
0,3
1
1
12
0,7
3,2
16
..
1,1
1
3 100
Molise
25
1,5
0,3
235
0,5
0,5
9
Marche
65
3,9
0,4
309
0,6
0,2
5
58
Friuli-Venezia Giulia
32
1,9
1,0
434
0,8
0,2
14
100
Sicilia
67
4,1
2,8
658
1,3
1,6
10
61
Trentino-Alto Adige
48
2,9
0,8
665
1,3
3,0
14
250
Abruzzo
37
2,2
0,2
701
1,4
0,6
19
472
Lazio
76
4,6
0,4
838
1,6
0,9
11
116 315
Campania
67
4,1
0,2
840
1,6
0,6
13
Basilicata
116
7,0
1,0
1.072
2,1
1,3
9
518
17
1,0
1,3
1.292
2,5
4,8
76
1.000
Calabria
487
29,5
1,8
2.130
4,1
2,1
4
400
Toscana
96
5,8
1,8
2.554
5,0
1,5
27
548
Piemonte
68
4,1
1,9
3.438
6,7
0,4
51
1.500
Umbria
34
2,1
0,5
5.339
10,4
2,1
157
4.800
Lombardia
86
5,2
1,1
5.760
11,2
0,1
67
2.100
Veneto
55
3,3
0,5
7.290
14,2
1,0
133
4.355
Emilia-Romagna
55
3,3
1,2
7.462
14,5
0,5
136
5.092
205
12,4
..
10.393
20,2
0,1
51
6.000
1.651
100,0
0,8
51.429
100,0
0,6
31
6.000
Puglia
Sardegna ITALIA
(*) I dati regionali sono riportati in ordine crescente sulla base delle delle consistenze totali
Tab. 6 Indici relativi delle aziende con suini e relative consistenze regionali in rapporto al numero medio dei capi (*)
Aziende
Valori %
% su universo regionale aziende avicole
REGIONI Valori assoluti
Valle d'Aosta
Numero di capi
Valori assoluti
Valori %
% su universo regionale del comparto avicolo
Medio per azienda
Massimo
6
0,3
0,4
55
..
0,4
9
30
Sardegna
53
2,6
1,3
2.112
0,2
0,2
40
834
Sicilia
84
4,2
1,2
2.375
0,2
0,1
28
700
Trentino-Alto Adige
58
2,9
0,5
2.565
0,2
0,2
44
700
Puglia
30
1,5
0,8
2.885
0,2
0,1
96
1.500
Basilicata
148
7,3
0,9
4.585
0,3
0,9
31
300
Abruzzo
30
1,5
0,1
7.144
0,5
0,2
238
4.800
Liguria
21
1,0
0,2
8.726
0,6
3,1
416
7.500
Calabria
503
24,9
1,8
30.298
2,2
2,1
60
18.000
Toscana
192
9,5
0,5
34.252
2,5
1,0
178
25.060
Lazio
123
6,1
0,2
50.455
3,7
1,5
410
30.000
Molise
25
1,2
0,2
59.940
4,4
1,5
2.398
36.000
Umbria
49
2,4
0,2
67.075
4,9
0,8
1.369
50.000
Marche
99
4,9
0,3
94.962
7,0
1,2
959
80.000
136
6,7
0,5
96.509
7,1
0,7
710
40.000
Piemonte Campania
68
3,4
0,1
104.002
7,6
1,8
1.529
100.000
Lombardia
142
7,0
0,7
139.100
10,2
0,5
980
30.000
Emilia-Romagna
92
4,5
0,2
165.323
12,1
0,6
1.797
70.000
Friuli-Venezia Giulia
33
1,6
0,3
196.261
14,4
2,3
5.947
180.000
130
6,4
0,2
296.794
21,7
0,6
2.283
50.000
2.022
100,0
0,4
1.365.418
100,0
0,8
675
180.000
Veneto ITALIA
(*) I dati regionali sono riportati in ordine crescente sulla base delle delle consistenze totali
Tab. 7 Indici relativi delle aziende con allevamenti avicoli e relative consistenze regionali in rapporto al numero medio dei capi (*)
83
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LOREDANA DE GAETANO
centuali delle aziende con avicoli biologici rispetto all’intero universo aziendale, raggiungendo i valori più alti alla media nazionale (pari allo 0,4%) in Calabria (1,8%), Sardegna (1,3%) e Sicilia (1,2%) (Tab.7). Per gli allevamenti avicoli complessivamente considerati emerge una situazione pressoché analoga a quella degli allevamenti suini, con un indice di concentrazione pressoché simile (0,961). A conferma di tale marcato indice di concentrazione l’esame della curva indica per entrambe le tipologie (biologico e totale) non esiste differenza di concentrazione, infatti, si rileva che per raggiungere il 10% dei due patrimoni è necessario considerare una quota cumulata pari al 98% degli allevamenti, mentre, al contrario, il restante 2% circa di essi concentra il 90% circa del patrimonio, tuttavia per gli avicoli si registra una flessione più marcata. *
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