Le Guide DECRETO IRPEF cosa cambia a cura di Paolo Parisi • Bonus IRPEF - soggetti e condizioni - adempimenti • Rendite finanziarie • Misure per le imprese - riduzione IRAP - rivalutazione beni - fonti rinnovabili • Fatturazione elettronica • F24 • TASI Tavola sinottica - le novità - l’entrata in vigore delle norme Bonus IRPEF - come si calcola - come si applica in busta paga
DECRETO IRPEF
SOMMARIO IN SINTESI Decreto IRPEF: tutte le novità ..................................................................................................... 4 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
BONUS IRPEF Soggetti destinatari ................................................................................................................... 12 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
Destinatari particolari e soggetti esclusi ................................................................................... 16 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
Le condizioni per fruire del credito ........................................................................................... 19 di Maria Rosa Gheido e Alfredo Casotti - Consulenti del lavoro
Gli adempimenti dei sostituti d’imposta ................................................................................... 22 di Saverio Cinieri - Dottore commercialista e pubblicista
Rapporti di lavoro iniziati o cessati in corso anno .................................................................... 28 di Giuseppe Buscema - Consulente del lavoro, Commercialista e Revisore legale in Catanzaro
BONUS IRPEF IN PRATICA Come calcolare il bonus IRPEF per i lavoratori dipendenti ....................................................... 32 di Saverio Cinieri - Dottore commercialista e pubblicista
La procedura per il sostituto d’imposta .................................................................................... 37 di Giuseppe Buscema - Consulente del lavoro, Commercialista e Revisore legale in Catanzaro
Il bonus IRPEF in caso di pluralità di rapporti di lavoro ............................................................ 40 di Emanuele Innocenzi e Giuseppe Marianetti - Studio Tributario e Societario, Network Deloitte
Come si determina il reddito complessivo? .............................................................................. 46 di Maria Rosa Gheido e Alfredo Casotti - Consulenti del lavoro
Bonus IRPEF: come si applica in busta paga ............................................................................. 48 di Debhorah Di Rosa - Consulente del lavoro e pubblicista
RENDITE FINANZIARIE Tassazione rendite finanziarie al 26%: per quali redditi? ......................................................... 57 di Carlotta Benigni - Dottore commercialista
I redditi esclusi dall’aumento dell’aliquota ............................................................................... 62 di Carlotta Benigni - Dottore commercialista
Plusvalenze e minusvalenze da cessione di partecipazioni ...................................................... 65 di Carlotta Benigni - Dottore commercialista 1
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Aliquota al 26%: da quando e come si applica ..........................................................................69 di Carlotta Benigni - Dottore commercialista
Casse professionali salve da un ulteriore inasprimento del carico fiscale ................................74 di Riccardo Pallotta - Esperto di Previdenza Professionale, Organizzazione e Funzionamento della Pubblica Amministrazione
Rivalutazione o affrancamento? Calcoli di convenienza ...........................................................77 di Marco Piazza - Professore di economia e tecnica degli scambi internazionali presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Redditi di fonte estera: definitivamente abrogata la ritenuta in ingresso................................84 di Carlotta Benigni - Dottore commercialista in Milano
INTERVENTI PER LE IMPRESE Riduzione IRAP con effetto differito ..........................................................................................87 di Nicola Forte - Dottore commercialista in Roma
IRAP 2014: acconti previsionali con aliquote transitorie ..........................................................89 di Giovanni Petruzzellis - Studio tributario Forte
IRAP: calcolare l’acconto 2014...................................................................................................92 di Giovanni Petruzzellis - Dottore commercialista, Studio Tributario Forte
Rivalutazione beni d’impresa con imposte in tre rate ..............................................................95 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
Rivalutazione beni di impresa: come ottimizzare gli effetti ....................................................100 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
La riduzione delle spese fiscali sulle rinnovabili ......................................................................109
di Andrea Quaranta - Environmental risk and crisis manager
Aumenta la tassazione sulla produzione di energia da fonti agroforestali .............................113 di Andrea Quaranta - Environmental risk and crisis manager
Mini riforma per la riscossione con F24 ..................................................................................117 di Roberto Fanelli - Revisore contabile e pubblicista
TASI 2014 con versamenti differenziati ...................................................................................119 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
FATTURAZIONE ELETTRONICA Fatturazione elettronica con avvio anticipato .........................................................................123 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
I nuovi codici identificativi della fattura PA .............................................................................126 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista 2
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La piattaforma informatica di certificazione dei crediti ......................................................... 130 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
Fatturazione elettronica: aspetti tecnici e pratici ................................................................... 135 di Paolo Parisi - Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista
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DECRETO IRPEF
In sintesi
Decreto IRPEF: tutte le novità di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n. 89/2014, di conversione del decreto IRPEF n. 66/2014, diventano definitive le novità introdotte dal decreto Renzi: il provvedimento prevede cambiamenti tesi a ridurre la pressione fiscale in capo ai lavoratori dipendenti ed assimilati, la riduzione delle aliquote IRAP e dispone, in materia di redditi di natura finanziaria, l’aumento dei relativi livelli di tassazione.
art. 1
Riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati
art. 2
IRAP
Riconoscimento di un credito, pari ad un importo fisso di 640 euro, ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati; il credito è corrisposto limitatamente all’anno 2014. In particolare, è previsto il riconoscimento del credito, che non concorre alla formazione del reddito, ai titolari di redditi di lavoro dipendente e taluni redditi assimilati, in misura pari: - a 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; - a 640 euro, per i redditi superiori a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. In tal caso il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro. Riduzione per i diversi soggetti passivi delle aliquote da applicare al valore della produzione: - l’aliquota ordinaria del 3,9% passa al 4
Decorrenza 24 aprile 2014
Decorrenza Periodo di imposta successivo a
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art. 3
Redditi di natura finanziaria
3,5% (applicata dalla generalità dei soggetti passivi IRAP); - l’aliquota del 4,20% passa al 3,80% (applicata da parte di società di capitali ed enti commerciali titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche, diverse da quelle aventi ad oggetto la costruzione e la gestione di autostrade e trafori); - l’aliquota del 4,65% passa al 4,20% (applicata dalle banche e dagli altri soggetti finanziari); - l’aliquota del 5,90% passa al 5,30% (applicata dalle imprese di assicurazione); - l’aliquota del 1,9% è ridotta all’1,70% (applicata da parte dei soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative di piccola pesca e loro consorzi). Sono esclusi dal beneficio amministrazioni ed enti pubblici rispetto ai quali continua ad applicarsi la misura dell’8,5%. Aumento della tassazione di ritenute e imposte sostitutive su interessi, premi e ogni altro provento assimilato. L’attuale aliquota del 20% disposta su interessi, premi e ogni altro provento derivante da reddito di capitale (art. 44 TUIR) e sui redditi diversi viene innalzata al 26%. Resta inalterata l’aliquota di imposta attualmente determinata nella misura del 12,50% per gli interessi e gli altri proventi derivanti da titoli emessi dallo Stato e da amministrazioni statali. Le nuove disposizioni in materia di redditi di natura finanziaria si applicano agli interessi, premi e ad ogni altro provento di cui all’art. 44 TUIR divenuti esigibili a decorrere dal 1° luglio 2014 e ai redditi diversi derivanti da 5
quello in corso al 31 dicembre 2013
Decorrenza 1° luglio 2014
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art. 4
Redditi di natura finanziaria Disposizioni di coordinamento
art. 4
Riconoscimento di credito di imposta enti previdenziali gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie
plusvalenze (art. 67, comma 1, lettere da cbis a c-quinquies, TUIR) realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014. Per interessi e proventi derivanti da depositi e conti correnti, bancari o postali, nonché per quelli da obbligazioni o titoli similari, l’applicabilità della nuova aliquota opera sui proventi maturati dal 1° luglio 2014; per dividendi e altri utili da partecipazione, la nuova aliquota opera su dividendi e utili percepiti dal 1° luglio 2014. Coordinamento in ordine alla tassazione di ritenute e imposte sostitutive su interessi, premi e ogni altro provento assimilato. Tra l’altro, viene esclusa l’applicazione della ritenuta per i proventi derivanti da quote o azioni di OICR esteri armonizzati e non armonizzati, qualora tali quote o azioni siano possedute da compagnie di assicurazione e le stesse siano comprese tra gli attivi posti a copertura delle riserve matematiche dei rami vita. Inoltre agli OICR residenti in Italia non si applica l’imposta sostitutiva in parola per gli interessi, premi ed altri frutti di talune obbligazioni e titoli similari. Agli enti previdenziali gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie da trasformare in persone giuridiche private (tra cui le casse nazionali di previdenza avvocati e procuratori legali, dottori commercialisti, geometri, ingegneri e architetti, ENASARCO, ENPACL, ENPAM, ENPAF, ENPAV, ENPAIA, per impiegati imprese di spedizione e agenzie, marittime, INPDAI E ONAOSI) è riconosciuto un credito d’imposta pari alla differenza tra: - l’ammontare delle ritenute e imposte sostitutive applicate nella misura del 26% sui redditi di natura finanziaria 6
Decorrenza 1° luglio 2014
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art. 4
art. 4
art. 4
art. 4
art. 4
relativi al periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2014, dichiarate e certificate dai soggetti intermediari o dichiarate dagli enti medesimi, e - l’ammontare di tali ritenute e imposte sostitutive computate nella misura del 20%. Forme pensionistiche Elevata alla misura dell'11,50% dell’aliquota complementari dell’imposta sostitutiva delle imposte sui Regime tributario redditi sui fondi pensione da applicare sul risultato netto maturato in ciascun periodo d'imposta. Rivalutazione beni Ripristinate le modalità di pagamento delle d’impresa imposte sostitutive con la possibilità di effettuarne il versamento in tre rate (16 giugno, 16 settembre e 16 dicembre) relativamente al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013. Confermata l’opportunità di compensare gli importi dovuti. Rivalutazione quote Modificate le modalità di pagamento delle Banca d’Italia imposte sostitutive introducendo la possibilità di eseguire il versamento dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d’Italia in un’unica soluzione nella misura del 26% del valore nominale delle quote al netto del valore fiscalmente riconosciuto al 31 dicembre 2013. Società cooperative L'esclusione delle somme destinate a riserve indivisibili dal reddito imponibile delle società cooperative e dei loro consorzi, per la copertura di perdite è consentita e non comporta la decadenza dai benefici fiscali, sempre che non si dia luogo a distribuzione di utili ai soci cooperatori. TASI Dall’anno 2015, i Comuni dovranno assicurare la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti rendendo disponibili i modelli di pagamento 7
Decorrenza 1° gennaio 2014
Decorrenza Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013
Decorrenza Periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013
Decorrenza 24 giugno 2014
Decorrenza 24 giugno 2014
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art. 11 Pagamenti con F24
art. Rateazione 11-bis
preventivamente compilati su loro richiesta, ovvero procedendo autonomamente all’invio degli stessi. Viene inoltre disposto, per il solo anno 2014, che per i Comuni che non hanno deliberato in merito alla TASI entro il 23 maggio 2014 il versamento della prima rata dell’imposta è prorogato al 16 ottobre 2014. Ampliamento delle ipotesi di esclusivo utilizzo dei servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. Si dispone: - l’obbligo di eseguire i versamenti esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione all’Agenzia delle Entrate, nel caso in cui, effettuando compensazioni, il saldo finale della delega sia di importo pari a zero; - l’obbligo di eseguire i versamenti esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui: a) siano effettuate compensazioni e il saldo finale abbia importo positivo; b) il saldo finale del versamento sia di importo superiore a 1.000 euro. I contribuenti decaduti dal beneficio della rateazione possono richiedere la concessione di un nuovo piano di rateazione, fino a un massimo di 72 rate mensili, a condizione che la decadenza sia intervenuta entro e non oltre il 22 giugno 2013 e che la richiesta sia presentata entro e non oltre il 31 luglio 2014. Il piano di rateazione concesso non è 8
Decorrenza 1° ottobre 2014
Decorrenza 24 giugno 2014
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art. 22 Forfetizzazione del reddito derivante dalla produzione di energia elettrica da biocombustibili agroforestali
art. 22 Esenzione IMU per terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina
prorogabile e il debitore decade dallo stesso in caso di mancato pagamento di due rate anche non consecutive. Modificata la norma che disciplina l’energia elettrica da biocombustibili agroforestali effettuata da aziende agricole: a decorrere dal 2015, il reddito imponibile derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica da biocombustibili agroforestali effettuata da aziende agricole deve essere determinato apportando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione IVA il coefficiente di redditività del 25%. Della nuova disposizione bisogna tener conto anche nel computo del versamento dell’acconto delle imposte sui redditi da versare. Limitatamente all’anno 2014, costituiscono attività connesse - e si considerano produttive di reddito agrario - la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli. Individuati i comuni nei quali si applica l’esenzione sui terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina; con decreto del MEF sono individuati i comuni nei quali, a decorrere dall’anno di imposta 2014, si applica l’esenzione concernente tali terreni. Ai terreni a immutabile destinazione agrosilvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base allo 9
Decorrenza Periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014
Decorrenza 1° gennaio 2014
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stesso decreto, non ricadano in zone montane o di collina, è riconosciuta l’esenzione dall’IMU. art. 25 Fatturazione Anticipato l’obbligo della fattura elettronica elettronica per i per i pagamenti dovuti dalla pubbliche pagamenti della PA amministrazioni: il termine - inizialmente fissato al 22 maggio 2015 - è stato anticipato al 31 marzo 2015. Per assicurarne la tracciabilità dei pagamenti, sono fissati anche i dati che le fatture devono contenere: - il Codice identificativo di gara (CIG); - il Codice unico di Progetto (CUP). art. Semplificazione Sono esenti da imposte, tasse e diritti di 38-bis fiscale della cessione qualsiasi tipo gli atti di cessione dei crediti dei crediti certi, liquidi ed esigibili nei confronti delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture ed appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali, alla data del 31 dicembre 2013, nonché le operazioni di ridefinizione dei relativi debiti richieste dalla pubblica amministrazione debitrice e garanzie connesse. La disposizione non si applica all’imposta sul valore aggiunto. art. 39 Compensazioni di Eliminato il limite temporale di maturazione crediti P.A. con dei crediti del 31 dicembre 2012. La somme dovute in compensazione potrà operare anche nei base agli istituti confronti dei crediti maturati definitori della successivamente a tale data. pretesa tributaria e Gli istituti deflativi sono: deflativi del - accertamento con adesione; contenzioso - definizioni previste dagli articoli 5, tributario comma 1-bis, 5-bis e 11, comma 1-bis, D.Lgs. n. 218/1997; - acquiescenza; - definizione agevolata delle sanzioni tributarie; - conciliazione giudiziale. 10
Decorrenza 31 marzo 2015
Decorrenza 24 giugno 2014
Decorrenza 24 giugno 2014
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La compensazione può essere effettuata esclusivamente attraverso i servizi telematici e su istanza del creditore. art. 40 Notifica cartelle Differito al 30 settembre 2013 il termine di esattoriali e notifica delle cartelle esattoriali ai fini della compensazione con i compensabilità con i crediti non prescritti, crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei certi, liquidi ed confronti dello Stato e degli enti pubblici esigibili nazionali per somministrazione, forniture e appalti. È, quindi, possibile compensare i crediti non prescritti,certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo. art. 42 Registro delle fatture Obbligo di tenuta del registro unico delle presso le PA fatture nel quale annotare entro 10 giorni dal ricevimento le fatture o le richieste equivalenti di pagamento per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali emesse nei loro confronti.
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Decorrenza 1° luglio 2014
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Bonus IRPEF
Soggetti destinatari di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista Il decreto Renzi n. 66/2014 ha riconosciuto - limitatamente all’anno 2014 - un credito non soggetto ad imposizione fiscale e contributiva ai percettori di redditi di lavoro dipendente e di alcuni redditi assimilati, con un reddito complessivo IRPEF non superiore a 26.000 euro. L’importo del credito è pari ad un importo fisso di 640 euro se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro fino ad azzerarsi al raggiungimento di un livello di reddito pari a 26.000 euro. Il credito non concorre alla formazione del reddito dei titolari di redditi di lavoro dipendente e taluni redditi assimilati ed è così quantificato: 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; in misura decrescente, per i redditi superiori a 24.000 euro ma non a 26.000 euro fino ad azzerarsi, al raggiungimento della soglia di 26.000 euro.
Ambito soggettivo Il credito compete, in particolare, ai titolari di redditi di cui all’art. 49 (redditi da lavoro dipendente) con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a) - pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati - e all’art. 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l). Quindi, i potenziali beneficiari del credito, oltre i lavoratori dipendenti, sono i percettori dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art. 50, comma 1, TUIR. Si tratta in particolare: dei compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20%, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca (lettera a); delle indennità e dei compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità, ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato (lettera b); delle somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio 12
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o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante (lettera c); delle somme e valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita (lettera cbis); delle remunerazioni dei sacerdoti (lettera d); delle prestazioni pensionistiche complementari, comunque erogate (lettera h-bis); dei compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l).
Determinazione del credito Il credito spetta ai soggetti percettori dei suddetti redditi la cui imposta lorda risulta maggiore della detrazione spettante per reddito di lavoro dipendente e assimilati in base all’art. 13, comma 1, TUIR. È opportuno rammentare che - in base all’art. 1, comma 127, legge n. 147/2013 (legge di Stabilità per il 2014) - per la determinazione di tali detrazioni, il reddito complessivo va assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze. Non rileva la circostanza che l’imposta lorda del contribuente generata dai redditi di lavoro dipendente e assimilati sia ridotta o azzerata da detrazioni diverse da quelle previste dall’art. 13, comma 1, TUIR, quali, ad esempio, le detrazioni per carichi di famiglia previste dall’art. 12 TUIR. Per aver diritto al credito è necessario, infine, che il contribuente sia titolare di un reddito complessivo per l’anno d’imposta 2014 non superiore a 26.000 euro. Anche il reddito complessivo rilevante ai fini in esame è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.
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Diritto al credito
Spetta al contribuente titolare di un reddito complessivo per l’anno d’imposta 2014 non superiore a 26.000 euro
Il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare Il credito deve essere rapportato con riferimento al periodo di lavoro effettuato nell’anno. In pratica, compete con riferimento al numero di giorni lavorati nell’anno. Esempio Un lavoratore: con reddito complessivo pari a 22.000 euro; che ha svolto 120 giorni di lavoro nel 2014, avrà diritto a un credito pari a (640/365 x 120) = 210,41 euro Il sostituto d’imposta provvede a determinare l’importo del credito in esame suddividendone l’ammontare sui restanti periodi di paga. Il credito viene riconosciuto automaticamente da parte dei sostituti d’imposta di cui agli articoli 23 e 29, D.P.R. n. 600/1973; pertanto, i sostituti d’imposta possono riconoscere il credito spettante ai lavoratori interessati sulla base dei dati reddituali a loro disposizione, senza attendere una richiesta esplicita dei beneficiari. Il sostituto d’imposta determina l’ammontare del credito eventualmente spettante e riconosce tale ammontare sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga rapportandolo ai periodi di paga medesimi. Il sostituto d’imposta è tenuto a determinare in via previsionale l’ammontare del credito eventualmente spettante e a riconoscere tale ammontare sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga, rapportandolo ai periodi di paga medesimi. Le somme a credito spettanti in ciascun periodo di paga sono riconosciute entro la capienza del monte ritenute disponibile nel periodo di paga medesimo e, per la residua parte, utilizzando i contributi previdenziali del medesimo periodo di paga. I sostituiti d’imposta sono tenuti a indicare l’importo del credito riconosciuto nella certificazione unica dei redditi di lavoro dipendente e assimilati (CUD).
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DECRETO IRPEF
I sostituti d’imposta possono riconoscere il credito spettante ai lavoratori sulla base dei dati reddituali a loro disposizione
Non è necessaria una esplicita richiesta da parte del beneficiario
Con risoluzione 7 maggio 2014, n. 48/E, per consentire ai datori di lavoro il recupero di quanto corrisposto ai beneficiari è stato istituito l’apposito codice tributo 1655, denominato “Recupero da parte dei sostituti d’imposta delle somme erogate ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66”, da utilizzare in compensazione mediante il modello F24. Compilazione del modello F24 In sede di compilazione del modello di versamento F24 il codice tributo è esposto in nella sezione “Erario” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a credito compensati”, con l’indicazione nel campo “rateazione/regione/prov./mese rif.” e nel campo “anno di riferimento”, del mese e dell’anno in cui è avvenuta l’erogazione. Infine, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 14 maggio 2014, n. 9/E, ha chiarito che il bonus scatta anche per i lavoratori che percepiscono somme indirizzate a sostegno del reddito, come la cassa integrazione guadagni, l’indennità di mobilità e di disoccupazione e ha precisato, ancora, che non concorrono al superamento del limite di 26.000 euro le somme percepite a titolo di incremento della produttività che godono di una imposta sostitutiva del 10%.
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Bonus IRPEF
Destinatari particolari e soggetti esclusi di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista Il bonus IRPEF spetta anche ai lavoratori in cassa integrazione o che hanno perso il posto di lavoro e percepiscono l'indennità di disoccupazione o di mobilità, ai lavoratori dipendenti all'estero che sono tassati in Italia sulla base delle retribuzioni convenzionali, ai lavoratori frontalieri - tenendo conto del reddito di lavoro dipendente eccedente l'importo della franchigia di esenzione di 6.700 euro - e ai soggetti non residenti, a condizione che i redditi da lavoro siano imponibili in Italia. Il credito compete ai titolari di redditi da lavoro dipendente (con esclusione delle pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati) e assimilati al reddito di lavoro dipendente. La circolare n. 9/E/2014 dell’Agenzia delle Entrate prende in esame particolari casi di destinatari del bonus IRPEF e individua puntualmente i soggetti esclusi dal beneficio fiscale.
Casi particolari Lavoratori non residenti Con circolare n. 9/E del 14 maggio 2014, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il bonus deve essere erogato anche a lavoratori non residenti fiscalmente nel territorio dello Stato purché risultino titolari di redditi di lavoro imponibili in Italia sui quali sono applicate le detrazioni per lavoro dipendente. Per tali contribuenti, il reddito complessivo (ai fini del raggiungimento del limite di 26.000 euro) deve calcolarsi, a norma dell’art. 3 TUIR, tenuto conto dei redditi prodotti nel territorio dello Stato. Diversamente, invece, il credito in argomento non compete nell'ipotesi in cui il reddito di lavoro non sia imponibile in Italia per effetto dell'applicazione di convenzioni contro le doppie imposizioni o di altri accordi internazionali. Retribuzioni convenzionali Il credito deve essere erogato anche ai lavoratori che determinano il reddito in base alle retribuzioni convenzionali. Secondo l’Agenzia delle Entrate, infatti, tali lavoratori, ove sussistano i requisiti previsti dalla norma, possono tranquillamente fruire del credito, in 16
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quanto si tratta di contribuenti i cui redditi di lavoro dipendente, sia pure determinati con modalità diverse da quelle ordinarie, confluiscono comunque nel reddito complessivo. Lavoratori frontalieri Per i c.d. lavoratori frontalieri (per i quali è prevista una soglia di esenzione di 6.700 euro), la verifica della spettanza del credito e la determinazione del relativo importo in relazione al reddito complessivo va effettuata tenendo conto del reddito di lavoro dipendente eccedente l’importo di 6.700 euro. Cassa integrazione, indennità di mobilità e di disoccupazione Le somme percepite dai lavoratori a titolo di cassa integrazione guadagni, indennità di mobilità e indennità di disoccupazione possono usufruire del credito d’imposta, posto che tali somme costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente e, in base all’art. 6, comma 2, TUIR, costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti. Più nello specifico, l’Agenzia delle Entrate precisa che, in presenza di dette indennità, il credito d’imposta deve essere calcolato per le sole erogazioni effettuate nel 2014, tenendo conto dei giorni che danno diritto alle indennità. In tale circostanza, peraltro, l’INPS, in qualità di sostituto d’imposta, deve riconoscere il credito "in via automatica", determinando la spettanza del credito e il relativo importo sulla base dei dati reddituali a sua disposizione riguardanti i redditi percepiti dal lavoratore quali, ad esempio, i dati desunti dal casellario delle pensioni o quelli relativi a prestazioni previdenziali direttamente erogate ai medesimi lavoratori. Diritto al credito riconosciuto anche per le somme percepite dai lavoratori a titolo di: - CIG - indennità di mobilità
Se le somme percepite costituiscono proventi conseguiti in sostituzione di redditi di lavoro dipendente
- indennità di disoccupazione Lavoratore deceduto Il credito d’imposta spetta anche al lavoratore deceduto nei primi mesi del 2014, ovvero nel periodo antecedente all’erogazione del credito d’imposta (maggio o giugno 2014). In tale circostanza, sono applicabili le medesime disposizioni previste per i rapporti di lavoro cessati nei primi mesi dell’anno, per i quali l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto al contribuente la possibilità di richiedere il bonus in sede di dichiarazione dei redditi.
Soggetti esclusi Rimangono, invece, esclusi i titolari di redditi di pensione (ex art. 49, comma 2, lettera a) ed i titolari di alcuni redditi assimilati (ex art. 50 TUIR), quali, nello specifico: 17
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i compensi per l’attività libero professionale intramuraria del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale; le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni nonché le indennità percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo; le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite a titolo oneroso, diverse da quelle aventi funzione previdenziale; gli altri assegni periodici alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro.
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Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente che NON possono usufruire del bonus -
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Redditi da pensione Compensi per l’attività libero professionale intramuraria del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale Indennità, gettoni di presenza e altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni nonché indennità percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo Rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato, costituite a titolo oneroso, diverse da quelle aventi funzione previdenziale Altri assegni periodici alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro
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Bonus IRPEF
Le condizioni per fruire del credito di Maria Rosa Gheido e Alfredo Casotti Consulenti del lavoro A partire dai cedolini paga consegnati a fine maggio, i sostituti d’imposta hanno inserito il credito d’imposta istituito dal D.L. n. 66/2014 (convertito in legge n. 89/2014), in quanto spettante. Quando deve essere riconosciuto il credito?
Soggetti beneficiari Il credito è riconosciuto ai titolari di redditi di lavoro dipendente nonché ai possessori di alcune categorie di redditi assimilati a quello di lavoro dipendente di cui all’art. 50, comma 1, TUIR: a) compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative; b) indennità e compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità; c) somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale; c-bis) redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa; d) remunerazioni dei sacerdoti; h-bis) le prestazioni pensionistiche di cui al D.Lgs. n. 124/1993 comunque erogate; l) compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative.
Soggetti esclusi Sono esclusi dal beneficio i pensionati, mentre possono fruirne i percettori di misure a sostegno del reddito, stante la loro natura di redditi sostitutivi del reddito di lavoro dipendente. Il credito, che non concorre alla formazione del reddito, è di importo pari a: 640 euro annui, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro, il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro.
Condizioni e requisiti Per beneficiare del credito è pertanto necessario che il lavoratore sia titolare di un reddito complessivo, per l’anno d’imposta 2014, non superiore a 26.000 euro. 19
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Nota bene Il reddito complessivo va assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze di cui all’art. 10, comma 3-bis, TUIR.
Inoltre, occorre che l’imposta lorda generata da redditi sopra specificati sia superiore alle detrazioni per lavoro dipendente spettanti in base all’art. 13, comma 1, TUIR: a) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 8.000 euro. L'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro. Per i rapporti di lavoro a tempo determinato, l'ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 1.380 euro; b) 978 euro, aumentata del prodotto tra 902 euro e l'importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 20.000 euro, se l'ammontare del reddito complessivo é superiore a 8.000 euro ma non a 28.000 euro; c) [omissis] Sono pertanto esclusi dal credito: i contribuenti il cui reddito complessivo non è formato dai redditi indicati dall’art. 13, comma 1-bis, TUIR; i contribuenti che non hanno un’imposta lorda, generata da redditi sopra specificati, superiore alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilati, spettanti in base all’art. 13, comma 1, TUIR; i contribuenti che, pur avendo un’imposta lorda “capiente”, sono titolari di un reddito complessivo superiore a 26.000 euro.
Adempimenti del sostituto d’imposta È compito dei sostituti di imposta determinare l'importo e la spettanza del credito “sulla base dei dati reddituali a loro disposizione”. In particolare, i sostituti d’imposta devono effettuare le verifiche di spettanza del credito e del relativo importo in base al reddito previsionale e alle detrazioni riferiti alle somme e valori che il sostituto corrisponderà durante l’anno 2014. Si tratta comunque di una valutazione su base previsionale, resta perciò fermo che a fine anno o anticipatamente in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il sostituto dovrà operare l’eventuale conguaglio, recuperando l’eventuale maggior bonus erogato o integrando il maggior importo dovuto. Sarebbe alquanto sgradevole che il lavoratore dovesse restituire tutto o in parte quanto ricevuto in corso d'anno. Pertanto, è interesse del lavoratore stesso che non abbia i presupposti per il riconoscimento del beneficio, ad esempio perché titolare di un reddito complessivo superiore a euro 26.000 derivante da redditi diversi da quelli erogati dal sostituto d’imposta, darne comunicazione al sostituto d’imposta il quale potrà recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a 20
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quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Si specifica ancora che il contribuente che abbia comunque percepito dal sostituto d’imposta un credito di cui all’art. 13, comma 1-bis, TUIR in tutto o in parte non spettante è tenuto alla restituzione dello stesso in sede di dichiarazione dei redditi. I titolari di redditi di lavoro dipendente o assimilati erogati da un soggetto che non riveste la qualifica di sostituto d’imposta possono fruire del credito, avendone i requisiti, in sede di dichiarazione dei redditi.
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Bonus IRPEF
Gli adempimenti dei sostituti d’imposta di Saverio Cinieri Dottore commercialista e pubblicista I sostituti d’imposta devono provvedere al calcolo e all’erogazione del bonus, compensando l’importo erogato con le ritenute e, in caso di incapienza, con i contributi previdenziali.
Modalità operative Chi può percepire il bonus
Tutti colori i quali percepiscono: - lavoratori dipendenti (art. 49, comma 2, lettera a, TUIR); - soggetti con redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 50, comma 1, lettere a, b, c, c-bis, d, h-bis, l, TUIR), e sempre che l’imposta lorda sia superiore alle detrazioni per lavoro dipendente.
Condizioni per fruire del bonus
1) l’imposta lorda sul reddito di lavoro dipendente deve essere superiore alle detrazioni per lavoro 2) il reddito complessivo non essere superiore a 26.000 euro
Importo del bonus
640 euro Se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro, il bonus spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro. Il bonus va rapportato al periodo di lavoro nell'anno.
Chi eroga il bonus
Il sostituto d’imposta utilizzando, fino a capienza, l’ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga. Il bonus è automatico: i sostituti d’imposta devono riconoscere il credito spettante, in aggiunta alle retribuzioni erogate, senza attendere alcuna richiesta esplicita da parte dei beneficiari
Periodo di spettanza
Il bonus va ripartito tra le retribuzioni erogate successivamente alla data di entrata in vigore del D.L., a partire dal primo periodo 22
DECRETO IRPEF
di paga utile (retribuzioni di maggio) e sino al 31 dicembre 2014. Soggetti senza sostituto
Possono richiedere il bonus nel modello UNICO 2015, relativo ai redditi 2014
Chi può fruirne Potenziali beneficiari del credito sono innanzitutto i contribuenti il cui reddito complessivo è formato: dai redditi di lavoro dipendente di cui all'art. 49, comma 1, TUIR; dai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all'art. 50, comma 1, TUIR, di seguito specificati: - compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative (lettera a); - le indennità e i compensi percepiti a carico di terzi dai lavoratori dipendenti per incarichi svolti in relazione a tale qualità (lettera b); - somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale (lettera c); - redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (lettera cbis); - remunerazioni dei sacerdoti (lettera d); - le prestazioni pensionistiche di cui al D.Lgs. n. 124/ 1993 comunque erogate (lettera h-bis); - compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l).
Condizioni per fruire del bonus I contribuenti per avere il bonus devono rispettare due condizioni: 1) l’imposta lorda sul reddito da lavoro dipendente deve essere superiore alle detrazioni per lavoro spettanti (in pratica non si deve trattare di soggetti “a IRPEF zero” o “incapienti”); non incidono ai fini del suddetto calcolo le altre tipologie di detrazione, quali quelle per familiari a carico; 2) il reddito complessivo non deve essere superiore a 26.000 euro. Detto in altri termini, sono esclusi coloro i quali percepiscono redditi inferiori a 8.145 euro (limite di reddito per il quale le detrazioni per lavoro coprono l’IRPEF lorda) e superiori a 26.000 euro.
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I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate Imposta lorda
Non rileva la circostanza che l'imposta lorda del contribuente generata dai redditi di lavoro dipendente e assimilati sia ridotta o azzerata da detrazioni diverse da quelle previste dall'art. 13, comma 1, TUIR, quali, ad esempio, le detrazioni per carichi di famiglia previste dall'art. 12 TUIR.
Reddito complessivo
è assunto al netto del reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze.
Importo del bonus Il bonus (che non concorre alla formazione del reddito) è di importo pari a 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro. Nel caso in cui il reddito è compreso tra 24.000 e 26.000 euro occorre applicare la seguente formula: bonus spettante = 640 x [(26.000 - reddito complessivo)/2.000] Il bonus va rapportato al periodo di lavoro espresso in giorni. Inoltre, l’importo spettante va rapportato al periodo di lavoro del dipendente durante il 2014. Sul punto l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il credito di 640 euro, o il minore importo spettante per effetto della riduzione prevista per i titolari di reddito complessivo superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro, deve essere rapportato in relazione alla durata, eventualmente inferiore all'anno, del rapporto di lavoro, considerando il numero di giorni lavorati nell'anno. Il rapporto al periodo di lavoro, se non esplica effetti in caso di lavoro continuativo dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2014, ha, invece, ripercussioni nei calcoli in caso di interruzione del lavoro dopo maggio o di assunzione in corso d’anno. Per capire meglio tale meccanismo si rimanda agli esempi.
Adempimenti a carico dei sostituti d’imposta L’intera operazione è a carico dei sostituti d’imposta che sono tenuti ad erogare il bonus, se spettante, senza attendere alcuna richiesta da parte del dipendente. In sintesi, il sostituto, verificata la spettanza e calcolato l’importo, deve: attribuire il bonus sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga rapportandolo al periodo stesso; utilizzare, fino a capienza, l'ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo 24
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periodo di paga (anche se i contributi non si versano restano ferme le aliquote di computo delle prestazioni); indicare gli importi non versati per effetto delle nuove disposizioni nel modello 770.
I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate Compensazione con le ritenute
Rientrano nell'ammontare complessivo utilizzabile, a titolo di esempio, le ritenute relative all'IRPEF, alle addizionali regionale e comunale nonché le ritenute relative all'imposta sostitutiva sui premi di produttività o al contributo di solidarietà
Compensazione con i contributi
I contributi utilizzati per l'erogazione del bonus, determinati dall'incapienza del monte ritenute e non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali, sono scomputati dall'INPS dall'ammontare delle ritenute da versare mensilmente all'Erario nella sua qualità di sostituto d'imposta. L'INPS recupera i contributi non versati dai sostituti di imposta alle gestioni previdenziali rivalendosi sulle ritenute da versare mensilmente all'Erario nella sua qualità di sostituto d'imposta.
Contribuenti senza sostituto d’imposta I soggetti titolari nel corso dell'anno 2014 di redditi di lavoro dipendente e dei redditi assimilati rientranti nel bonus, le cui remunerazioni sono erogate da un soggetto che non è sostituto di imposta, tenuto al riconoscimento del credito in via automatica, possono richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2014 (modello UNICO PF 2015) secondo due diverse modalità: utilizzo in compensazione; richiesta di rimborso. Il chiarimento è contenuto nella circolare n. 8/E/2014 ed è rivolto a coloro, come le colf, che non hanno sostituto d’imposta. Inoltre, è stato precisato che la possibilità di richiedere il credito nella dichiarazione dei redditi si applica anche ai contribuenti per i quali il credito in commento, spettante per l'anno d'imposta 2014, non sia stato riconosciuto, in tutto o in parte, dai sostituti d'imposta, ad esempio perché relativo a un rapporto di lavoro cessato prima del mese di maggio.
Credito non spettante I contribuenti che non hanno i presupposti per il riconoscimento del beneficio, ad esempio perché titolari di un reddito complessivo superiore a 26.000 euro derivante da redditi diversi 25
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da quelli erogati dal sostituto d'imposta, devono comunicarlo al sostituto d'imposta il quale potrà recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Il contribuente che abbia comunque percepito dal sostituto d'imposta un credito in tutto o in parte non spettante è tenuto alla restituzione dello stesso in sede di dichiarazione dei redditi. Esempio n. 1 Si ipotizzi un dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un unico sostituto d’imposta durato per tutto il 2014. Il reddito di lavoro dipendente per il 2014 è di 19.200 euro (corrispondente ad un reddito mensile lordo di 1.600 euro) e il soggetto non ha altri redditi soggetti ad IRPEF eccetto l’abitazione principale il cui reddito è pari a 1.00 euro. Calcoli a cura del sostituto d’imposta 1° verifica: IRPEF lorda > detrazioni dipendente 1) IRPEF lorda su 19.200 euro: 4.584 euro 2) detrazioni per lavoro (calcolate tenendo conto del reddito complessivo di 19.200 euro al netto dell’abitazione principale): 1.375 euro La condizione, dunque, è verificata. 2° verifica: calcolo importo spettante Siccome il reddito complessivo è pari a 19.200 euro, spetta il bonus pieno di 640 euro ovvero, 80 euro per ciascun mese da maggio a dicembre. Esempio n. 2 Si supponga che lo stesso dipendente il mese di giugno 2014 riceva un aumento di stipendio di 700 euro lordi (stipendio mensile pari a 2.300 euro) Il sostituto d’imposta deve procedere al ricalcolo tenendo conto del nuovo reddito stimato pari a 24.100 euro (8.000 euro da gennaio a maggio e 16.100 euro da giugno a dicembre) e precisamente: 1) verifica IRPEF lorda su reddito lav. dipendente > detrazioni lavoro = 5.907 euro > 1.154 euro 2) bonus spettante: 640 [(26.000 - 24.100)/2.000] = 608 3) bonus spettante a conguaglio: 608 - 80 (bonus percepito a maggio) = 528 euro 4) bonus spettante da giugno a dicembre: 528 / 7 = 75,42 26
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che è l’importo che il sostituto d’imposta dovrà riconoscere al dipendente a partire da giugno salvo successive modifiche. Esempio n. 3 Si supponga che lo stesso dipendente venga licenziato il 30 settembre 2014 e rimanga disoccupato per il resto dell’anno. In questo caso, egli avrà percepito dal mese di maggio al mese di agosto un bonus pari a: 306,26 euro (80 euro a maggio e 226,26 euro da giugno ad agosto) Però la situazione cambia radicalmente. Infatti, il reddito di lavoro dipendente per l’anno 2014 sarà pari a 17.200 euro (8.000 euro da gennaio a maggio e 9.200 euro da giugno a settembre) e il periodo di lavoro sarà di 273 giorni. Occorrerà, dunque, procedere al ricalcolo e precisamente: 1) verifica IRPEF lorda su reddito lavoro dipendente > detrazioni lavoro = 4.044 euro > 1.096 euro 2) bonus spettante sino a settembre 2014 (reddito lordo 17.200 euro) = 640 / 365 x 273 = 478,68 euro 3) bonus spettante a conguaglio: 478,68 - 306,26 (bonus percepito da maggio a agosto) = 172,42 euro che è l’importo che il sostituto d’imposta dovrà riconoscere al dipendente a conguaglio nella busta paga di settembre.
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Rapporti di lavoro iniziati o cessati in corso anno di Giuseppe Buscema Consulente del lavoro, Commercialista e Revisore legale in Catanzaro A parte l’ipotesi del ricalcolo del credito per variazione reddituale, come deve regolarsi il sostituto d’imposta nei casi di rapporti di lavoro iniziati o cessati nell'anno? Con l’ausilio di qualche esempio si spiega come procedere alla determinazione del credito spettante.
Calcolo del credito in corso d’anno Il credito a favore dei lavoratori previsto dal D.L. n. 66/2014, anche dopo la conversione in legge n. 89/2014, deve essere riconosciuto automaticamente dai sostituti di imposta. Dunque da un lato non occorre alcuna richiesta da parte dei lavoratori, dall'altro i datori di lavoro debbono procedere autonomamente ed automaticamente ai calcoli necessari per la determinazione degli importi potenzialmente spettanti. Si tratta tuttavia di importi presunti in quanto, com'è noto, l'incentivo potrà essere accertato come effettivamente spettante in via definitiva, solo a consuntivo. È inevitabile che gli effetti della maturazione sulla base di elementi relativi al periodo di imposta 2014, non potranno in alcun modo ritenersi definitivi nel corso dell'anno, ma solo alla fine del periodo d'imposta. Tutti gli elementi necessari alla determinazione del credito si riferiscono, infatti, all'anno corrente. Prima di tutto il reddito di lavoro dipendente e quello ad esso assimilato, su cui occorre effettuare il calcolo dell'imposta lorda da confrontare con le detrazioni di lavoro dipendente spettanti ai sensi dell'art. 13, comma 1,TUIR. Si tratta esclusivamente del reddito che consente in astratto il riconoscimento del credito.
L'art. 13, comma 1-bis, TUIR, introdotto dall'art. 1, D.L. n. 66/2014 che ha previsto il bonus, stabilisce che: “Qualora l'imposta lorda determinata sui redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi del comma 1, è riconosciuto un credito, che non concorre alla formazione del reddito [...]"
Ma anche il reddito complessivo influenza la maturazione del credito. 28
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Prosegue l’art. 13, comma 1-bis: “il credito è [...] di importo pari: 1) a 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; 2) a 640 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. Il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro”.
Ricalcoli derivanti dalla variazione reddituale Tuttavia l'influenza del reddito complessivo per il sostituto di imposta può insorgere solo nel caso di comunicazioni da parte del lavoratore. In caso contrario, infatti, i calcoli non potranno che tenere conto esclusivamente del reddito erogato dal sostituto medesimo e cioè quello di lavoro dipendente ed assimilato. Conseguentemente, il sostituto di imposta procede al calcolo sulla base degli elementi in suo possesso inizialmente su base annua tenendo conto del reddito che presume di corrispondere fino alla fine del periodo di imposta (cioè fino al 12 gennaio 2015 in considerazione del c.d. periodo di imposta allargato). Terrà peraltro conto degli eventuali redditi comunicati dal lavoratore dipendente o assimilato. Successivamente, a fronte di variazioni del reddito a seguito di modifiche contrattuali (si pensi alla trasformazione di un contratto da tempo pieno a tempo parziale o viceversa), ovvero per promozioni, rinnovi di contratti collettivi, o ancora a seguito di comunicazioni da parte del lavoratore, il sostituto dovrà perdere alla rideterminazione del credito. Tale operazione, come ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 9/E del 14 maggio 2014, va effettuata anche prima del conguaglio fiscale e quindi il sostituto di imposta procede al conguaglio dell'eventuale credito erogato nei periodo di paga successivi. Naturalmente per operazioni di recupero intendono sia quelle che comportano la riduzione o perdita del credito e quindi a favore dell'erario, che quelle che risultano più favorevoli al lavoratore. La circolare dell'Agenzia delle Entrate citata lo precisa espressamente indicando che la maturazione a favore del lavoratore del diritto al credito in precedenza non spettante, comporta che il sostituto di imposta deve riconoscere il credito in via automatica a parte dal primo periodo di paga utile o, in mancanza, in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Esempio Si pensi al lavoratore che è stato assunto a tempo parziale con un reddito di importo insufficiente a far maturare un'imposta lorda superiore alle detrazioni di lavoro dipendente e che successivamente il 1° luglio, a seguito dell'accordo di trasformazione a tempo pieno, soddisfa invece tale requisito. 29
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In tal caso, se il rapporto di lavoro era in corso già all'inizio del periodo di imposta 2014, matura il credito nella misura intera di 640 euro annui (ipotizzando un reddito complessivo inferiore a 24.000 euro) che vengono ripartiti nei periodi di paga dal mese di luglio al mese di dicembre. L'importo da riconoscere, riprendendo l'esempio, è di 106.67 euro mensili se si opta per l'erogazione fissa mensile (ipotesi consentita dall'Agenzia delle Entrate, circolare n. 9/E/2014), ovvero col metodo ordinario e cioè dividendo l'importo totale di 640 euro per 185 cioè i giorni che intercorrono dal 1° luglio al 31 dicembre e moltiplicando il risultato per i giorni del periodo di paga (ad esempio, 31 nel mese di luglio).
Rapporti di lavoro iniziati o cessati nel corso dell'anno Quelli fin qui descritti sono i casi di ricalcoli derivanti dalla variazione reddituale che comportano l'aumento, la diminuzione, la maturazione o la perdita dell'intero credito annuo. Altre ipotesi di ricalcolo riguardano anche i casi di rapporti di lavoro iniziati o cessati nell'anno. L'art. 1, comma 2, D.L. n. 66/2014 prevede espressamente che "il credito di cui al comma precedente rapportato al periodo di lavoro nell'anno". Ciò significa, come confermato dall'Agenzia delle Entrate (circolare n. 9/E/2014), che il periodo di lavoro nell'anno, debba essere inteso facendo riferimento ai giorni che danno diritto alle detrazione per lavoro ai fini IRPEF e cioè quelle stabilite all'art. 13 TUIR. Conseguentemente, nel caso di assunzione avvenuta nel corso del periodo di imposta 2014, il sostituto d'imposta deve effettuare, oltre al calcolo della verifica reddituale che dà diritto al credito sulla base del reddito che presume di erogare nel periodo di imposta 2014, anche la rideterminazione dell'importo annuo sulla base del periodo di lavoro nell'anno. Esempio Ipotizzando che un lavoratore sia stato assunto il 1° aprile 2014 ed abbia diritto, tenendo conto dei dati reddituali l'importo massimo del credito pari a 640 euro, matura un credito di 482 euro, cioè 640 euro x 275 giorni (dal 1° aprile al 31 dicembre 2014 che è il periodo di lavoro nell'anno) diviso 365 giorni. L'importo di 482 euro viene erogato negli otto mesi da maggio a dicembre con i criteri descritti in precedenza. Analogo criterio va seguito nel caso di contratto a termine. Il sostituto d'imposta, infatti, già conosce il periodo di lavoro nell'anno considerando la data di cessazione del rapporto di lavoro e ne terrà conto nella determinazione del credito. Le due ipotesi descritte sono pianificabili sin dall'inizio ma analoghi conteggi vanno effettuati qualora si verifichi la cessazione del rapporto di lavoro non prevista (es. licenziamento o dimissioni). 30
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In tal caso, il ricalcolo comporta intanto la necessità di verificare che il reddito di lavoro dipendente su cui matura il credito sia sufficiente a far maturare un'imposta lorda superiore alle detrazioni di lavoro dipendente (vedi supra). Se il credito matura, occorre determinare la misura e calcolare l'importo effettivo sulla base del periodo di lavoro come descritto in precedenza. La differenza a favore o sfavore del lavoratore va inserita nella busta paga relativa all'ultimo periodo.
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Bonus IRPEF in pratica
Come calcolare il bonus IRPEF per i lavoratori dipendenti di Saverio Cinieri Dottore commercialista e pubblicista Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L. n. 66/2014 - in vigore dal 24 aprile 2014 - il bonus IRPEF per i lavoratori dipendenti è diventato pienamente operativo. Il bonus è automatico e va calcolato ed erogato dal sostituto d’imposta.
Modalità operative Soggetti interessati
Tutti colori i quali percepiscono: - redditi di lavoro dipendente, eccetto le pensioni (art. 49, comma 2, lettera a, TUIR); - alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 50, comma 1, lettere a, b, c, c-bis, d, h-bis, l, TUIR), e sempre che l’imposta lorda sia superiore alle detrazioni per lavoro dipendente.
Bonus spettante
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640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; 640 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. Il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro.
Modalità di erogazione
Il bonus è automatico e va rapportato al periodo di lavoro nell'anno. È erogato dal sostituto d’imposta ripartendolo fra le retribuzioni erogate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge, a partire dal primo periodo di paga utile. Il sostituto d’imposta utilizza, fino a capienza, l’ammontare complessivo delle ritenute disponibile in ciascun periodo di paga e, per la differenza, i contributi previdenziali dovuti per il medesimo periodo di paga.
Periodo di applicazione
Periodo d’imposta 2014.
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DECRETO IRPEF
Soggetti interessati ed esclusi Il bonus spetta solo ai percettori di reddito di lavoro dipendente e ad alcune categorie di soggetti con redditi assimilati a lavoro dipendente. Infatti, potranno beneficiare della misura coloro i quali percepiscono redditi di lavoro dipendente e assimilati (sono escluse i redditi per attività intramoenia, le indennità e gettoni per cariche pubbliche, le prestazioni di previdenza complementare e gli assegni periodici al coniuge). Occorrerà, però, il verificarsi di due condizioni: 1) l’imposta lorda sul reddito da lavoro dipendente deve essere superiore alle detrazioni per lavoro spettanti (in pratica non si deve trattare di soggetti a IRPEF zero o incapienti); non incidono ai fini del suddetto calcolo le altre tipologie di detrazione, quali quelle per familiari a carico; 2) il reddito complessivo non dovrà essere superiore a 26.000 euro. Detto in altri termini, sono esclusi coloro i quali percepiscono redditi inferiori a 8.145 euro (limite di reddito per il quale le detrazioni per lavoro coprono l’IRPEF lorda) e superiori a 26.000 euro. Resta confermata l’esclusione dei pensionati e dei titolari di partita IVA per i quali sono allo studio altre misure.
La misura del bonus Il bonus (che, si ricorda, non concorre alla formazione del reddito) è di importo pari: a 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; a 640 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. Il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro. In quest’ultimo caso la formula da applicare sarà: bonus spettante = 640 x [(26.000 - reddito complessivo)/2.000] Il bonus va rapportato al periodo di lavoro. Inoltre, l’importo spettante va rapportato al periodo di lavoro del dipendente durante il 2014. In altre parole, soffermando l’attenzione sull’importo massimo spettante, pari a 640 euro, in realtà, quanto dovuto per ogni mese, supponendo un rapporto di lavoro continuativo per tutto il 2014, è pari a 53,33 euro (640/12). Come si dirà meglio di seguito, però, il bonus spetta da maggio a dicembre nella misura fissata dalla norma (massimo 640 euro): ciò vuol dire che il sostituto d’imposta deve dividere quanto spettante per i mesi di lavoro (8 da maggio a dicembre) e quindi: 640/8=80 euro mensili in caso di rapporto continuativo nel 2014. Il rapporto al periodo di lavoro, se non esplica effetti in caso di lavoro continuativo dal 1° 33
DECRETO IRPEF
gennaio 2014 al 31 dicembre 2014, ha, invece, ripercussioni nei calcoli in caso di interruzione del lavoro dopo maggio o di assunzione in corso d’anno. Resta anche da chiarire se il rapporto va fatto a mesi o, come accade per le detrazioni di lavoro, a giorni. Per capire meglio tale meccanismo si rimanda all’esempio in fondo.
Modalità operative Il bonus è automatico e va calcolato ed erogato dal sostituto d’imposta. Ai fini del calcolo di quanto spettante, occorre seguire un iter che viene sintetizzato di seguito. In primo luogo, occorre tener d’occhio due valori che possono divergere anche di molto, valori a cui sono legate le condizioni per fruire del bonus Da un lato, il bonus spetta se l’imposta lorda sui redditi interessati (lavoro e assimilati) è superiore alle detrazioni per lavoro dipendente spettante. In pratica, la prima condizione da verificare è: IRPEF lorda su redditi di lavoro dipendente e assimilati > detrazioni lavoro dipendente Si tenga conto che mentre per la determinazione dell’imposta lorda si deve considerare solo il reddito di lavoro dipendente, per la determinazione delle detrazioni, ai sensi dell’art. 13, comma 1 TUIR, il parametro di calcolo è il reddito complessivo. Fatto ciò, il sostituto d’imposta deve determinare il reddito complessivo del dipendente per capire se lo stesso rientra o meno delle suddette fasce di reddito. Ciò potrà non essere agevole in quanto, siccome la misura nasce in corso d’anno e termina al 31 dicembre 2014, il sostituto d’imposta dovrà stimare il reddito che andrà ad erogare sino alla fine dell’anno, facendo, mese per mese, il calcolo in base al reddito stimato. Se ciò può essere relativamente semplice in soggetti con rapporto di lavoro “stabile”, lo stesso non può dirsi per tutti coloro i quali hanno rapporti di lavoro che variano nel corso d’anno (si pensi ai lavoratori a progetto) e per coloro che, ad esempio, cessano il rapporto prima del 31 dicembre 2014. In pratica, il calcolo che verrà fatto mese per mese non potrà che essere una stima, più o meno attendibile, stima che poi dovrà essere verificata a conguaglio a fine anno o a fine rapporto di lavoro se si verifica prima del 31 dicembre 2014. Non è dunque detto che qualche dipendente non si trovi a dover restituire parte del bonus che ha “indebitamente” percepito. Sul punto sarà necessario che l’Agenzia delle entrate si esprima con tempestività. Il calcolo può risultare complesso in caso di rapporti di lavoro cessati o iniziati durante l’anno 34
DECRETO IRPEF
Un ultimo aspetto da chiarire riguarda il valore di reddito da tener presente: la norma parla di “reddito complessivo”: con tale locuzione si intende il reddito del contribuente comprensivo non solo di quello di lavoro dipendete, ma anche di tutti gli altri redditi soggetti a IRPEF. Ciò rappresenta ulteriori complicazioni in capo al sostituto d’imposta che deve reperire i dati reddituali del dipendente prima di procedere con il calcolo. A ciò si aggiunge che non si può scegliere o meno di ricevere il bonus: esso è automatico e scatta al verificarsi delle condizioni di legge, senza possibilità per il dipendente di scegliere se riceverlo o meno (ciò, almeno, si desume dalla lettura del decreto, salvo, quindi ripensamenti dell’ultima ora o interpretazioni più elastiche da parte dell’Agenzia delle Entrate). Condizioni per fruire del bonus 1)
IRPEF lorda su redditi lavoro dipendente e assimilati > detrazioni lavoro dipendente
2)
Reddito complessivo <= 26.000 euro
Adempimenti del sostituto Le regole sono le seguenti: il sostituto d’imposta procede al calcolo del bonus spettante e lo eroga in automatico al dipendente a partire dalla prima busta paga utile (si presume la busta paga di maggio); l’importo da erogare viene reperito dal monte ritenute fiscali (in pratica si procede alla compensazione); se l’importo è insufficiente, si preleva la somma necessaria dai contributi previdenziali. Esempio n. 1 Si ipotizzi un dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un unico sostituto d’imposta durato per tutto il 2014. Il reddito di lavoro dipendente per il 2014 è di 18.000 euro (corrispondente ad un reddito mensile lordo di 1.500 euro) e il soggetto ha altri redditi soggetti ad IRPEF per 5.000 euro (il reddito complessivo è quindi 23.000 euro), e non ha né moglie e figli a carico. Per prima cosa il sostituto d’imposta deve verificare se l’IRPEF lorda sul reddito di lavoro dipendente risulti maggiore delle detrazioni per lavoro. Pertanto si avrà: 1) IRPEF lorda su 18.000 euro: 4.260 euro 2) detrazioni per lavoro (calcolate tenendo conto del reddito complessivo di 23.000 euro): 1.204 euro La condizione, dunque, è verificata. 35
DECRETO IRPEF
Siccome il reddito complessivo è pari a 23.000 euro, spetta il bonus che sarà pari a 640 euro ovvero, 80 euro per ciascun mese da maggio a dicembre. Esempio n. 2 Si supponga che lo stesso dipendente venga licenziato il 30 settembre 2014 e rimanga disoccupato per il resto dell’anno. In questo caso, egli avrà percepito dal mese di maggio al mese di agosto il bonus di 80 euro calcolato sul reddito complessivo “stimato” al 31 dicembre di 18.000 euro, per un totale di: 80 x 4 mesi = 320 euro. Però la situazione cambia radicalmente. Infatti, il reddito di lavoro dipendente per l’anno 2014 sarà pari a 13.500 euro (1.500 x 9 mesi). Occorrerà, dunque, procedere al ricalcolo e precisamente: 1) verifica IRPEF lorda su reddito lav. dipendente > detrazioni lavoro = 3.105 euro > 1.052 euro 2) bonus spettante sino a settembre 2014: 640 /12 x 9 = 480 euro 3) bonus spettante a conguaglio: 480 - 320 (bonus percepito da maggio a agosto) = 160 euro che è l’importo che il sostituto d’imposta dovrà riconoscere al dipendente a conguaglio nella busta paga di settembre.
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DECRETO IRPEF
Bonus IRPEF in pratica
La procedura per il sostituto d’imposta di Giuseppe Buscema Consulente del lavoro, Commercialista e Revisore legale in Catanzaro Nell’erogazione del bonus IRPEF un ruolo centrale è affidato al sostituto di imposta, tenuto a riconoscere il credito spettante ai beneficiari a partire dalle retribuzioni erogate nel mese di maggio. Dopo la conversione in legge del D.L. n. 66/2014, diventano definitive le regole da applicare al bonus che già col periodo di paga del mese di maggio è stato erogato ai lavoratori dipendenti ed assimilati. La novità più importante prevista dalla legge di conversione riguarda le modalità di recupero del credito da parte dei sostituto d'imposta. Viene infatti prevista espressamente la compensazione del credito mediante il modello F24. Il bonus, disciplinato dall'art. 1 del decreto, trova dunque la regolamentazione normativa, estremamente opportuna in quanto la versione originaria del decreto legge non prevedeva tale ipotesi ed era stata l'Agenzia delle Entrate in via amministrativa a prevedere il ricorso al modello F24. Tuttavia, era previsto che l'utilizzo riguardasse prioritariamente le ritenute fiscali e, in caso di incapienza, i contributi previdenziali dovuti all'INPS. La legge di conversione ha invece modificato l’art. 1, comma 5, del decreto prevedendo semplicemente la compensazione mediante F24 ai sensi dell'art. 17, D.Lgs. n. 241/1997 senza alcun legame con ritenute fiscali e contributi. Protagonista della gestione del credito rimane il sostituto di imposta. Sono tali soggetti, infatti, coloro che dovranno procedere all'immediata erogazione dell'incentivo, in forma automatica e sin dalle retribuzioni erogate nel mese di maggio.
A chi spetta il bonus IRPEF? Preliminarmente va ricordato che l'incentivo compete ai titolari di reddito di lavoro dipendente ed assimilati per i quali spettano le detrazioni irpef previste dall'art. 13, comma 1, TUIR ad esclusione di quelli da pensione. Inoltre, come conferma l'Agenzia delle Entrate, è necessario un ulteriore requisito e cioè che l'avente diritto deve avere un’imposta lorda, determinata su detti redditi, di ammontare superiore alle detrazioni da lavoro loro spettanti. Non rileva la circostanza che l’imposta lorda del contribuente generata dai redditi di lavoro dipendente e assimilati sia ridotta o azzerata da detrazioni diverse da quelle previste dall’art. 13, comma 1, TUIR, quali, ad esempio, le detrazioni per carichi di famiglia previste dall’art. 12 TUIR. 37
DECRETO IRPEF
Natura dell’agevolazione L'agevolazione consiste in un credito di imposta che spetta in misura fissa per coloro che conseguono in reddito complessivo nel 2014 fino a 24.000 euro e in misura decrescente, fino ad azzerarsi, per i redditi che eccedono tale soglia e fino a 26.000 euro. A tal fine, la circolare n. 8/E conferma che anche il reddito complessivo rilevante ai finta del bonus va assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze come previsto dall’art. 13, comma 6-bis, TUIR.
Misura e criteri di calcolo L'incentivo è pari a: 640 euro, se il reddito complessivo non è superiore a 24.000 euro; 640 euro, se il reddito complessivo è superiore a 24.000 euro ma non a 26.000 euro. Il credito spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro. Ad esempio Per un reddito complessivo di 25.000 euro il credito spettante è pari a 320 euro. In ogni caso, il credito va rapportato al periodo di lavoro nell'anno.
Modalità di erogazione e adempimenti del sostituto d’imposta L'erogazione avviene in forma automatica a cura del sostituto di imposta. L'art. 1 del decreto non prevede infatti alcuna richiesta da parte dell'avente diritto e l'Agenzia delle Entrate conferma che i sostituti d’imposta devono riconoscere il credito spettante, in aggiunta alle retribuzioni erogate, senza attendere alcuna richiesta esplicita da parte dei beneficiari. Tuttavia, l'Agenzia delle Entrate - circolari n. 8/E e 9/E - evidenzia che i contribuenti che non hanno i presupposti per il riconoscimento del beneficio sono tenuti a darne comunicazione al sostituto d’imposta il quale potrà recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Il credito, così come espressamente previsto dall’art. 1, comma 4 riconosciuto “ripartendolo fra le retribuzioni erogate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, a partire dal primo periodo di paga utile”. Le istruzioni dell'Agenzia evidenziano a tal fine che considerata la data di entrata in vigore del decreto, i sostituti d’imposta riconoscono il credito spettante ai beneficiari a partire dalle retribuzioni erogate nel mese di maggio. 38
DECRETO IRPEF
Solo nella particolare ipotesi in cui ciò non sia possibile per ragioni esclusivamente tecniche legate alle procedure di pagamento delle retribuzioni, i sostituti riconoscono il credito a partire dalle retribuzioni erogate nel successivo mese di giugno, ferma restando la ripartizione dell’intero importo del credito spettante tra le retribuzioni dell’anno 2014. In buona sostanza il sostituto ha anticipato le somme per conto dell'erario ma può procedere all'immediato recupero attraverso la compensazione mediante F24 ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs. n.241/1997 Per quanto concerne la determinazione del reddito complessivo che da diritto al credito, trattandosi di un reddito presunto, i sostituti di imposta, indica la circolare n. 8/E, devono determinare la spettanza ed il relativo importo sulla base dei dati reddituali a loro disposizione e quindi effettuando le verifiche di spettanza del credito e del relativo importo in base al reddito previsionale e alle detrazioni riferiti alle somme e valori che il sostituto corrisponderà durante l’anno. Naturalmente, si deve tenere conto delle eventuali comunicazioni effettuate dal lavoratore relative al possesso di altri redditi ad esempio per la presenza di altri rapporti lavoro. Nel caso in cui gli aventi diritto al credito non lo abbiano percepito ad esempio perché il reddito viene corrisposto da un soggetto che non è sostituto di imposta (ad esempio, rapporto di lavoro domestico), ovvero perché il rapporto di lavoro è cessato prima del mese di maggio, il recupero può avvenire mediante la presentazione della dichiarazione fiscale nel 2015. Infine, appare utile ricordare che il credito d'imposta spetta solo per il 2014.
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DECRETO IRPEF
Bonus IRPEF in pratica
Il bonus IRPEF in caso di pluralità di rapporti di lavoro di Emanuele Innocenzi e Giuseppe Marianetti Studio Tributario e Societario, Network Deloitte Il bonus IRPEF presenta problematiche applicative connesse soprattutto all’automatica applicazione da parte dei sostituti d’imposta. In tutti i casi di coesistenza di più rapporti di lavoro nel corso dell’anno ovvero di possesso di altri redditi personali, difatti, il lavoratore potrebbe essere chiamato a restituire il bonus percepito in fase di conguaglio di fine anno ovvero di dichiarazione dei redditi. Il bonus IRPEF presenta ancora delle aree di incertezza nonostante i chiarimenti forniti dall’Amministrazione con le circolari n. 8/E e n. 9/E del 2014.
Quadro normativo di riferimento Ai fini del diritto al bonus, il nuovo comma 1-bis dell’art. 13 TUIR richiede, in capo al lavoratore, la sussistenza dei seguenti requisiti: reddito complessivo formato dai redditi di lavoro dipendente di cui all’art. 49, comma 1, TUIR (con esclusione dei redditi da pensione) e/o da alcune tipologie di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente; imposta lorda, determinata sui predetti redditi, di importo superiore alle detrazioni da lavoro dipendente; reddito complessivo, al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze, non superiore, per l’anno 2014, a 26.000 euro. L’ammontare del bonus spettante (che deve essere rapportato al periodo di lavoro nell’anno) è pari a 640 euro per i contribuenti aventi un reddito complessivo fino a 24.000 euro. Per i contribuenti con reddito superiore a 24.000 euro, ma non a 26.000 euro, il bonus di 640 euro è ridotto in virtù del rapporto tra l’importo di 26.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 2.000 euro. Per quanto attiene alle modalità di fruizione, si evidenzia che il sostituto d’imposta è tenuto a riconoscere il credito spettante, senza attendere alcuna richiesta da parte del beneficiario, ripartendolo tra le retribuzioni erogate, a partire da quella del mese di maggio. Eventuali rettifiche del credito (in negativo ovvero in positivo) possono poi essere effettuate in sede di conguaglio di fine anno ovvero in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi. Si segnala come la stessa legge di conversione n. 89, modificando l’art. 1, comma 4, paragrafo 2, del decreto, ribadisca l’applicazione automatica del beneficio ad opera del sostituto d’imposta. 40
DECRETO IRPEF
Presenza di più rapporti di lavoro Il riconoscimento del bonus avviene in modo automatico da parte del sostituto d’imposta. Questo potrebbe generare dei problemi ove il lavoratore intrattenga più rapporti di lavoro nel corso dell’anno (ad esempio nell’ipotesi di due contratti part time). In assenza di indicazioni, difatti, ciascun sostituto d’imposta potrebbe erogare il bonus che poi potrebbe dover essere restituito in sede di conguaglio di fine anno (ove il dipendente chieda ad un datore di tener conto anche di altri rapporti) ovvero di dichiarazione dei redditi. La problematica appena descritta è ancor più evidente nell’ipotesi di redditi assimilati al lavoro dipendente soprattutto per quel che attiene ai rapporti di collaborazione a progetto. Deve essere comunque rilevato come la coesistenza di più rapporti di lavoro normalmente comporti criticità analoghe a quella evidenziata; si pensi, ad esempio, alle detrazioni per lavoro e per carichi di famiglia che decrescono al crescere del reddito. La differenza rispetto al bonus è che nel caso delle detrazioni viene richiesta al dipendente o al collaboratore una specifica dichiarazione volta ad agevolare le operazioni di sostituzione d’imposta, mentre nel caso di specie tale dichiarazione è solo eventuale ed è rimessa ad una iniziativa del lavoratore. Il rischio, dunque, è che quest’ultimo non sia informato e trovi inattese “sorprese” in sede di conguaglio ovvero di dichiarazione dei redditi. Probabilmente sarebbe stato preferibile coinvolgere anche il sostituto d’imposta nelle verifiche della sussistenza delle condizioni di spettanza del bonus. Nelle tabelle che seguono si sono ipotizzate alcune casistiche afferenti alla problematica appena descritta. Caso n. 1 Dipendente con due rapporti di lavoro, senza redditi personali, con richiesta di conguaglio Ipotesi restituzione bonus in conguaglio Rapporto lavoro A
20.000
Imposta lorda
4.800
Detrazione lav. dip.
1.338,80
Diritto al bonus
Sì
Ammontare bonus
640
Rapporto lavoro B
7.000
Imposta lorda
1.610
Detrazione lav. dip.
1.880 41
DECRETO IRPEF
Diritto al bonus
No
Bonus
0
Reddito complessivo
27.000
Diritto al bonus
No
Restituzione in conguaglio 640 Caso n. 2 Dipendente con due rapporti di lavoro, senza redditi personali, senza richiesta di conguaglio. Ipotesi in cui i singoli rapporti non danno diritto al bonus Ipotesi recupero bonus in dichiarazione Rapporto lavoro A
5.000
Imposta lorda
1.150
Detrazione lav. dip.
1.880
Diritto al bonus
No
Ammontare bonus
0
Rapporto lavoro A
7.000
Imposta lorda
1.610
Detrazione lav. dip.
1.880
Diritto al bonus
No
Ammontare bonus
0
Reddito complessivo
12.000
Imposta lorda
2.760
Detrazione lav. dip.
1.699
Diritto al bonus
Sì
Ammontare bonus
640
Recupero bonus dichiarazione
in
42
640
DECRETO IRPEF
La circolare n. 9/E del 2014 conferma l’assenza di obblighi specifici in capo al datore di lavoro posto che impone a quest’ultimo di tener conto di precedenti rapporti esclusivamente in caso di consegna del relativo CUD da parte del lavoratore ovvero di specifica richiesta dello stesso (cfr. punto 2.2). D’altra parte medesima conclusione è raggiunta anche nell’ipotesi di pluralità di rapporti di lavoro ove l’iniziativa per la rettifica del credito è comunque rimessa ad un’apposita comunicazione da parte del dipendente (cfr. punto 2.3).
Possesso di altri redditi Il bonus è condizionato alla titolarità di un reddito complessivo al di sotto di determinati limiti; pertanto, eventuali redditi personali del lavoratore potrebbero inficiare l’applicabilità della disposizione. In tal caso, mutuando le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, è sempre onere del contribuente comunicare al sostituto tale circostanza; in caso contrario il bonus erroneamente attribuito sarà poi retrocesso in sede di predisposizione della dichiarazione dei redditi. Per evitare le complicazioni che in passato avevano già interessato le detrazioni per lavoro dipendente e per carichi di famiglia, il decreto ha espressamente escluso la rilevanza, per la determinazione del limite reddituale, del reddito relativo all’abitazione principale. Sul punto possiamo rilevare che stante il riferimento al reddito complessivo si deve ritenere che non influenzino il limite di 26.000 euro i redditi assoggettati a tassazione separata ovvero ad imposta sostitutiva (la circolare n. 9/E/2014 ha chiarito che i redditi assoggettati alla cedolare secca devono essere considerati nella determinazione del reddito complessivo) o ancora a ritenuta a titolo d’imposta. Di seguito un esempio numerico. Caso n. 3 Dipendente con due rapporti di lavoro e ulteriori redditi personali (non comunicati al datore di lavoro) Ipotesi restituzione bonus in dichiarazione Rapporto lavoro A
16.000
Imposta lorda
3.720
Detrazione lav. dip.
1.519
Diritto al bonus
Sì
Ammontare bonus
640
Rapporto lavoro B
7.000
Imposta lorda
1.610
Detrazione lav. dip.
1.880 43
DECRETO IRPEF
Diritto al bonus
No
Ammontare bonus
0
Totale reddito lavoro di 23.000 lavoro dipendente Imposta lorda
5.610
Detrazione lav. dip.
1.203,5
Diritto al bonus
Sì
Ammontare bonus
€ 640
Modello UNICO PF 2015 Rapporto lavoro A
16.000
Rapporto lavoro B
7.000
Redditi personali
4.000
Totale complessivo
reddito
Diritto al bonus
27.000 No
Restituzione bonus in 640 dichiarazione dei redditi
Compensazione del credito Il D.L. n. 66/2014 disponeva che il sostituto d’imposta anticipa il credito in busta paga al lavoratore, provvedendo, successivamente, al recupero di quanto erogato mediante compensazione con l’ammontare complessivo delle ritenute fiscali, disponibili in ciascun periodo di paga. Qualora tali ritenute non dovessero risultare capienti, il datore di lavoro potrà compensare l’importo residuo abbattendo quanto dovuto a titolo di contribuzione previdenziale, per il medesimo periodo di paga. La legge di conversione ha radicalmente modificato il meccanismo inizialmente previsto; secondo il nuovo art. 1, comma 5, secondo periodo, D.L. n. 66/2014, difatti, le somme erogate ai sensi del comma 1 sono recuperate dal sostituto d’imposta mediante l’istituto della compensazione di cui all’art. 17, D.Lgs. n. 241/1997. Si deve segnalare che la stessa circolare n. 9/E aveva specificato che il recupero da parte dei sostituti d’imposta sarebbe dovuto avvenire mediante compensazione con le somme a debito utilizzando il modello di pagamento F24. 44
DECRETO IRPEF
La modifica introdotta dalla legge di conversione deve essere accolta con favore in quanto orientata a semplificare gli adempimenti dei datori di lavoro.
Considerazione finali In buona sostanza le aree di criticità innanzi descritte evidenziano non tanto difficoltà di tipo esegetico, quanto problematiche operative. La misura agevolativa può trovare la propria definitività esclusivamente al termine del periodo d’imposta in fase di conguaglio di fine anno ovvero in sede dichiarativa. Esistono, al riguardo, tutta una serie di situazioni, sopra accennate, che potrebbero condurre al recupero del bonus corrisposto al dipendente il quale, non essendo necessariamente un esperto delle dinamiche tributarie, potrebbe non aspettarsi di dover retrocedere dei soldi al fisco. Per tali motivi è consigliabile che i sostituti d’imposta, pur non essendo obbligati, procedano ad informare i propri lavoratori dei limiti e delle condizioni per usufruire del bonus focalizzando l’attenzione del contribuente sulla necessità di comunicare tempestivamente non solo altri rapporti di lavoro e/o collaborazione, ma anche altri redditi personali.
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DECRETO IRPEF
Bonus IRPEF in pratica
Come si determina il reddito complessivo? di Maria Rosa Gheido e Alfredo Casotti Consulenti del lavoro A partire dalle retribuzioni erogate nel mese di maggio, i sostituti hanno iniziato a corrispondere agli aventi diritto il credito di 640 euro annui previsto dal decreto IRPEF. L’operazione è, però, meno ovvia e semplice di quanto appaia: nella determinazione del diritto al credito entra in gioco il reddito complessivo del percettore. A partire dalle retribuzioni del mese di maggio i sostituti di imposta sono tenuti ad applicare le disposizioni dell’art. 1, D.L. n. 66/2014 e corrispondere agli aventi diritto il credito di 640 euro annui ivi previsti. L’operazione è, però, meno ovvia e semplice di quanto il disposto dell’articolo 1 sembri prospettare stante che il diritto al credito è condizionato da tre fattori: al reddito complessivo devono concorrere i redditi specificati dall’art. 13, comma 1-bis, TUIR (redditi di lavoro subordinato o parasubordinato); l’imposta lorda generata da redditi di cui sopra deve essere superiore alle detrazioni per lavoro dipendente e assimilati, spettanti in base all’art. 13, comma 1, TUIR; il contribuente, pur avendo un’imposta lorda “capiente”, non deve essere titolare di un reddito complessivo superiore a euro 26.000. Inoltre, il credito di 640 euro annuo, da suddividere nelle mensilità in cui è erogato, deve essere rapportato al periodo di durata del rapporto di lavoro. Precisa l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 8/E del 28 aprile 2014 che il sostituto di imposta è tenuto a corrispondere l’importo del credito in aggiunta alle retribuzioni erogate, senza attendere alcuna richiesta esplicita da parte dei beneficiari e sulla base dei dati reddituali a sua disposizione, nella previsione delle somme e valori che il sostituto stesso corrisponderà durante l’anno, “nonché in base ai dati di cui i sostituti d’imposta entrano in possesso, ad esempio, per effetto di comunicazioni da parte del lavoratore, relative ai redditi rivenienti da altri rapporti di lavoro intercorsi nell’anno 2014”. I contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a 26.000 euro, derivante da redditi diversi da quelli erogati dal sostituto d’imposta, sono tenuti a darne comunicazione al sostituto d’imposta il quale potrà recuperare il credito eventualmente erogato dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto. Con la circolare n. 9/E/2014, l’Agenzia ribadisce questa indicazione, al fine di evitare nel 46
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limite del possibile erogazioni indebite. Con la circolare n. 67 del 29 maggio 2014, l’INPS è intervenuto precisando che anche le prestazioni a sostegno del reddito rientrano nell’ambito di applicazione della normativa, in quanto considerate redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti (art. 6 TUIR). Il contribuente che abbia comunque percepito dal sostituto d’imposta un credito di cui all’art. 13, comma 1-bis, TUIR in tutto o in parte non spettante è tenuto alla restituzione dello stesso in sede di dichiarazione dei redditi. Entra in gioco, quindi, il reddito complessivo del percettore dal quale è, però, escluso il valore della rendita catastale dell’abitazione principale e delle relative pertinenze in quanto espressamente previsto dall’art. 13, comma 6-bis, TUIR. Come avviene per il calcolo delle detrazioni, pertanto, il sostituto attribuirà il credito in argomento sulla base degli elementi previsionali in suo possesso, con l’unico obbligo di tenere in considerazione le comunicazioni formali ricevute dal lavoratore. Questi ha comunque interesse a comunicare al datore di lavoro la presenza di redditi diversi da quelli da quest’ultimo gestiti, onde evitare di percepire somme non spettanti da restituire in sede di dichiarazione dei redditi. Giova sottolineare che l’art. 1, comma 3, D.L. n. 66/2014 dispone che il credito in argomento sia attribuito “sugli emolumenti corrisposti in ciascun periodo di paga rapportandolo al periodo stesso." Per le assunzioni in corso d’anno occorre, pertanto, riparametrare l’importo spettante (640 euro o il minor importo dovuto in caso di redditi compresi fra 24.000 e 26.000 euro) sulla base della durata del periodo di lavoro che, secondo l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 8/E/2014) è opportuno calcolare in giorni.
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Bonus IRPEF in pratica
Bonus IRPEF: come si applica in busta paga di Debhorah Di Rosa Consulente del lavoro e pubblicista La conversione in legge del D.L. n. 66/2014 ha confermato la disciplina di applicazione del bonus IRPEF per l’anno 2014 e posto le basi per un’estensione a regime con la legge di Stabilità 2015. Come deve operare il sostituto d’imposta?
Bonus fiscale: per molti ma non per tutti Il D.L. n. 66/2014, entrato in vigore lo scorso 24 aprile, ha introdotto, per il periodo d’imposta 2014, un credito fiscale una tantum in favore dei lavoratori dipendenti ed assimilati (cfr. tabella n. 1). La previsione è stata confermata nei suoi tratti distintivi anche dalla legge di conversione n. 89/2014: la misura, prevista in via sperimentale, è stata agganciata ad un intervento normativo strutturale per il quale si fa esplicito rinvio alla prossima legge di Stabilità 2015. Ad oggi risultano esclusi dal beneficio: tutti i titolari di reddito professionale o di impresa i soggetti fiscalmente incapienti, quali ad esempio i lavoratori assunti per poche ore al giorno: è requisito imprescindibile infatti la sussistenza di un debito IRPEF residuo al netto delle detrazioni per lavoro dipendente; al riguardo la circolare n. 8/E dell’Agenzia delle Entrate, ha confermato che il presupposto è che l’imposta lorda superi la detrazione per lavoro dipendente, senza considerare le detrazioni per familiari a carico. Tabella n. 1 Percettori di tipologie di reddito che hanno diritto al bonus assimilate al lavoro dipendente ex art. 50 TUIR Art. 49 TUIR Lavoratori dipendenti Art. 50 TUIR Soci di cooperative Lavoratori dipendenti che percepiscono compensi per incarichi da soggetti terzi Titolari di stage, borse di studio o altre attività di addestramento professionale Collaboratori coordinati e continuativi Sacerdoti 48
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Lavoratori socialmente utili Percettori, nell’anno 2014, di indennità di mobilità, prestazioni di esodo, cassa integrazione e ASPI/MINIASPI (NO in caso di anticipazione dell’indennità per l’avvio di un’attività di lavoro autonomo)
Il bonus spetta a condizione che il reddito lordo annuo complessivo, con esclusione di quelli soggetti a tassazione separata, conseguito dal lavoratore nel periodo d’imposta 2014 non superi 26.000 euro. Ne deriva che il sostituto d’imposta mensilmente, all’atto del riconoscimento del credito, deve presumere il reddito annuale del dipendente sulla base delle informazioni in suo possesso riguardo le condizioni contrattuali e sulla base di eventuali ulteriori dati reddituali forniti dal lavoratore. Dal reddito annuo di riferimento sono esclusi il reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, insieme alle relative pertinenze, i redditi detassati al 10% e l’eventuale parte di retribuzione dell’anno 2014 la cui erogazione avverrà in data successiva al 12 gennaio 2015. Tabella n. 2 Percettori di tipologie di reddito esclusi dal bonus fiscale -
Dipendenti pubblici: il bonus, per motivi tecnici, sarà erogato in un secondo momento Disoccupati Incapienti (soggetti che possiedono un reddito annuo lordo complessivo inferiore a 8.000 euro e dunque non imponibile IRPEF) Liberi professionisti e lavoratori autonomi Pensionati
Il bonus fiscale: tempi e modalità di erogazione L’ammontare del credito è stabilito in misura fissa pari a 640 euro per coloro che conseguono un reddito annuo complessivo, come sopra determinato, che non supera 24.000 euro, in misura decrescente per i redditi eccedenti fino al limite di 26.000 euro, calcolata secondo la seguente proporzione: (26.000 - reddito complessivo) 2.000 L’ammontare del credito è rapportato al periodo di lavoro nell’anno e viene ripartito tra le retribuzioni erogate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto e dunque a partire dal mese di maggio. 49
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Esempi di calcolo Lavoratore assunto ante 2014 - Reddito inferiore a 24.000 euro Giorni detrazioni dal 01/05 al 31/12 = 245 Importo del credito giornaliero = 640/245 = 2,61 2,61 x n. giorni del mese = importo del credito mensile spettante maggio 2,61 x 31 = 80,91 (cfr. LUL ESEMPLIFICATIVO) giugno 2,61 x 30 = 78,30 Lavoratore assunto durante l’anno 2014 - Reddito inferiore a 24.000 euro Assunzione avvenuta il 01/04/14 Giorni detrazioni dal 01/04 al 31/12 = 275 Importo credito spettante = (640/365) x 275 = 482,19 Importo del credito giornaliero = 482,19/245 = 1,968 1,968 x n. giorni del mese = importo del credito mensile spettante maggio 1,968 x 31 = 61,01 (cfr. LUL ESEMPLIFICATIVO) giugno 1,968 x 30 = 59,04 Lavoratore assunto ante 2014 - Reddito pari a 25.467,68 euro Giorni detrazioni dal 01/05 al 31/12 = 245 640 x [(26.000 - 25.467,68)/2000] = 170,34 Importo del credito giornaliero = 170,34/245 = 0,69 0,69 x n. giorni del mese = importo del credito mensile spettante maggio 0,69 x 31 = 21,39 (cfr. LUL ESEMPLIFICATIVO) giugno 0,69 x 30 = 20,7 L’importo del credito riconosciuto al dipendente va riportato nel CUD relativo al periodo d’imposta 2014, tuttavia, in caso di interruzione del rapporto di lavoro in corso di anno, è fatto obbligo ai datori di lavoro di rilasciare il modello CUD entro 12 giorni dalla richiesta degli interessati. Quindi il lavoratore, fino alla data di pubblicazione del CUD 2015, atto a certificare nello specifico i redditi del 2014 che sono interessati dal bonus, ha il diritto di 50
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ricevere il CUD 2014, nel quale oltre ad evincersi il reddito percepito imponibile fiscale, è indicato l’importo del credito erogato al lavoratore, nonché quello maturato e non erogato, da riportare nelle annotazioni del CUD 2014 con codice ZZ.
Regole e modalità di compensazione in F24 Il credito fiscale viene riconosciuto direttamente dal sostituto di imposta, datore di lavoro o committente, che è tenuto ad erogarlo in maniera automatica e senza necessità di alcun adempimento preventivo o richiesta formale da parte del lavoratore. La legge di conversione del D.L. n. 66/2014 ammette alla compensazione tutte le tipologie di sostituti d’imposta ricompresi negli articoli 23 e 29, D.P.R. n. 600/1973. Quest’ultimo non sarà in alcun modo ritenuto responsabile dell’eventuale sopravvenuta illegittimità del credito in capo al lavoratore, fattispecie che potrebbe verosimilmente riscontrarsi in caso di più rapporti di lavoro part-time coesistenti o di successioni di contratti a tempo determinato con più datori di lavoro. Sono piuttosto i contribuenti ad essere tenuti ad informare il datore di lavoro qualora non possiedano o perdano i requisiti soggettivi richiesti per la maturazione del beneficio. Il sostituto di imposta può, in un’ottica di trasparenza e cooperazione, informare il lavoratore dei rischi che derivano da simili fattispecie e dunque invitarlo a valutare l’opportunità di chiedere il non riconoscimento del credito, stante la possibilità, comunque ammessa, di recuperarlo, una volta accertata l’effettiva spettanza, direttamente in dichiarazione dei redditi. In qualunque momento il sostituto d’imposta potrà recuperare il credito erogato in eccesso trattenendolo dagli emolumenti successivi o direttamente in sede di conguaglio fiscale di fine anno. Il credito indebitamente goduto dal contribuente e non restituito in fase di presentazione della dichiarazione dei redditi sarà oggetto di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate con conseguente recupero ed applicazione di interessi e sanzioni. Nei casi di rapporti di lavoro che sono privi della figura di sostituto di imposta (esempio, rapporto domestico o eredi dell’avente diritto), il lavoratore può recuperare il credito in sede di dichiarazione dei redditi. Il D.L. n. 66/2014 aveva previsto che, in via ordinaria, l’erogazione del bonus effettuata dal sostituto d’imposta fosse recuperata attraverso la compensazione con le ritenute fiscali del mese e, in caso di incapienza, con i contributi previdenziali dovuti all'INPS per il medesimo periodo di paga. La legge di conversione invece ha opportunamente esteso la compensazione a tutte le tipologie di tributo esponibili in F24, ex D.Lgs. n. 241/1997, indipendentemente dalla loro natura.
Regole di compilazione del modello F24 Il codice tributo da utilizzare per la compensazione è il 1655, nella sezione “Erario” del modello F24, in corrispondenza delle somme inserite nella colonna “importi a credito compensati”, con l’indicazione nel campo “rateazione/regione/prov./mese rif.” e nel campo 51
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“anno di riferimento”, del mese e dell’anno in cui è avvenuta l’erogazione del beneficio fiscale, rispettivamente nel formato “00MM” e “AAAA”. Nota bene Il medesimo modello F24 non può contenere importi a credito ulteriori rispetto a quello relativo al Bonus IRPEF.
Esistono limiti alla compensazione? È stata posta da più parti la questione, di impatto rilevantissimo, riguardante la possibilità di effettuare la compensazione del bonus fiscale in F24 qualora il sostituto d’imposta abbia debiti erariali iscritti a ruolo per un importo complessivo superiore a 1.500 euro (divieto introdotto dall’art. 31, D.L. n. 78/2010). Al riguardo, come compiutamente argomentato nel parere n.1/2014 e nella circolare n. 14/2014 della Fondazione studi Consulenti del lavoro, va rilevato che né il D.L. n. 66/2014 né la successiva circolare n. 8/E/2014 dell’Agenzia delle Entrate hanno previsto che la compensazione del credito in questione debba avvenire ai sensi dell'art. 17, D.Lgs. n. 241/1997. Al contrario, il testo normativo pone in capo al sostituto d’imposta del contribuente avente diritto l’onere di anticipare il credito: dando dunque origine ad un preciso diritto alla immediata compensazione dello stesso. Non soltanto la finalità della disposizione, ma anche stessa la natura del credito riconosciuto, in nessun modo possono essere ricondotti ad una definizione di “credito derivante da imposta erariale” secondo la nozione contenuta nel D.Lgs. n. 241/1997: il credito in esame nasce da un atto legislativo e quindi al di fuori dell’ambito delle imposizioni erariali o dalle tradizionali modalità di riconoscimento di “crediti di imposta”. La circostanza che l’importo sia concesso anche per il tramite dei sostituti di imposta non altera la natura sopra descritta. La compensazione del credito originato dalla corresponsione del bonus non è soggetta all’obbligo di asseverazione previsto dall’art. 1, comma 374, legge n. 147/2013, in quanto non ricompreso nell’ambito dei crediti suscettibili di generare fattispecie di evasione fiscale.
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Esempi di cedolini compilati
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Rendite finanziarie
Tassazione rendite finanziarie al 26%: per quali redditi? di Carlotta Benigni Dottore commercialista Con il decreto IRPEF, il governo Renzi ha previsto un aumento pressoché generalizzato della tassazione dei redditi di natura finanziaria. La maggior parte dei redditi di capitale e delle plusvalenze verranno infatti tassati con la nuova, maggiore aliquota del 26%; per alcune tipologie di redditi, peraltro, la tassazione rimane invariata o addirittura diminuisce. A decorrere dal 1° luglio 2014, l'art. 3 del decreto Renzi n. 66/2014 prevede un innalzamento generalizzato al 26% dell'aliquota applicabile ai redditi di capitale e ai redditi diversi (articoli 44 e 67, lettere da c-bis a c-quinquies, TUIR).
Quali redditi sono coinvolti? Si tratta delle seguenti categorie di reddito che, se percepite per il tramite di un sostituto di imposta o di un intermediario, sono soggette ad imposizione mediante applicazione di imposta sostitutiva o ritenuta: interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti; interessi e altri proventi derivanti dalle obbligazioni e titoli similari, dagli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, nonché dei certificati di massa; rendite perpetue e prestazioni annue perpetue; compensi per prestazioni di fideiussione o altra garanzia; utili derivanti dalla partecipazione al capital o al patrimonio di società ed enti soggetti all'IRES; utili derivanti da associazioni in partecipazione; proventi derivanti da fondi comuni; proventi derivanti da contratti di riporti e pronti contro termine su titoli e valute; proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito; redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di polizze sulla vita e contratti di capitalizzazione; redditi derivanti dalle prestazioni pensionistiche complementari e dalle rendite vitalizie con funzione previdenziale; redditi imputati ai beneficiari dei trust; interessi e altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l'impiego di capitale. 57
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Con riferimento invece ai redditi diversi di natura finanziaria, l'incremento sarà applicato a: le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate (inferiori al 20% o al 5%, se si tratta di società quotate); le plusvalenze derivanti dalla cessione o dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato e di quote di OICR; i redditi realizzati mediante strumenti derivati su strumenti finanziari, valute, metalli preziosi, o merci; altre plusvalenze derivanti dalla cessione o dalla chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale o mediante cessione o rimborso di crediti pecuniari o strumenti finanziari. Rimangono escluse le plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate, che continuano a concorrere al reddito complessivo nella misura del 49,72% del loro ammontare. È stato infatti soppresso l'emendamento che prevedeva un innalzamento della tassazione anche con riferimento a tali plusvalenze. Con specifico riferimento ai redditi di capitale, è opportuno osservare che la formula letterale utilizzata dal decreto prevede l'aumento dell'aliquota non solo per i redditi di capitale, ma per tutti gli interessi, premi e altri proventi rientranti nelle fattispecie elencate nell'art. 44 TUIR. Pertanto, l'innalzamento dell'aliquota è previsto anche nei confronti di soggetti che per loro natura non percepiscono redditi di capitale ma redditi di impresa, come i soggetti IRES. È chiaro che in tale ipotesi l'aumento riguarda unicamente la misura della ritenuta a titolo di acconto e dunque la tassazione complessiva non subisce modifiche. Si tratta in ogni caso di un'anticipazione finanziaria della quale tenere conto. Subiranno al contrario un effettivo aggravio del prelievo fiscale i redditi di capitale o i redditi diversi come sopra individuati, quando percepiti da persone fisiche che agiscono da privati, società semplici, enti non commerciali per gli investimenti che riguardano la loro attività istituzionale (per gli altri, essi agiscono come soggetti commerciali e dunque sono soggetti ad IRES) e soggetti non residenti senza stabile organizzazione (o con stabile organizzazione, per i redditi prodotti al di fuori della stessa). Tali redditi, se percepiti nell'esercizio di impresa commerciale, continuano invece ad essere inclusi nel reddito di impresa. Da ultimo, è opportuno sottolineare che in sede di conversione è stato introdotto un emendamento che ha stabilito l'incremento della tassazione del risultato di gestione dei fondi di previdenza complementare, attualmente all'11% e viene portata all'11,5%. Tale incremento si è reso necessario per compensare l'esborso derivante dal credito di imposta del 6% concesso alle casse di previdenza private sulla differenza rispetto al prelievo del 20%.
Decorrenza La decorrenza delle nuove disposizioni è prevista per il 1° luglio 2014. Viene tuttavia previsto un regime transitorio per talune tipologie di redditi. Importanti 58
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chiarimenti possono essere rinvenuti nella circolare n. 11/E del 2012 che commentava l'unificazione dell'aliquota di tassazione dei redditi di natura finanziaria al 20%. Regola generale L'aliquota maggiorata del 26% si applica alle ritenute e alle imposte sostitutive applicabili sui redditi di capitale esigibili e sui redditi diversi realizzati a partire dal 1° gennaio 2014. Ad esempio La ritenuta alla fonte a titolo di imposta sugli interessi sui depositi e conti correnti è applicata con aliquota del 26% sugli interessi maturati a partire dal 1° luglio 2014. Per quanto riguarda i dividendi, invece, la nuova ritenuta è applicata ai dividendi percepiti a partire dal 1° luglio 2014. Interessi su obbligazioni Attualmente, gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni sono in linea di principio assoggettate alla ritenuta a titolo di imposta del 20%. Se le obbligazioni sono emesse da banche o da società quotate italiane o europee white list (c.d. "grandi emittenti"), gli interessi non sono soggetti a ritenuta ma ad imposta sostitutiva, nella medesima misura del 20%. Come espressamente previsto dal decreto, l'aumento dell'aliquota al 26% si applica agli interessi derivanti da obbligazioni e titoli similari maturati a partire dal 1° luglio 2014. A tal fine, gli interessi e gli altri proventi derivanti da obbligazioni e titoli similari emessi da "grandi emittenti", gli intermediari che intervengono nella riscossione dei proventi e che dunque applicano l'imposta sostitutiva sui proventi, provvedono ad effettuare gli addebiti/accrediti del conto unico (come se si procedesse ad una vendita del titolo e all'immediato riacquisto degli stessi). Considerando la simmetria dell'art. 3, comma 8, del decreto Renzi con l'analoga norma del D.L. n. 138/2011, dovrebbero rendersi applicabili alla prima le norme attuative della seconda. In tal caso, gli intermediari dovrebbero accreditare l'imposta sostitutiva del 20% commisurata agli interessi e altri frutti maturati fino al 30 giugno 2014 al conto unico relativo al mese di luglio 2014, addebitando il controvalore al titolare dell'obbligazione. Al contempo, l'intermediario dovrà addebitare al conto unico l'imposta sostitutiva del 26% calcolata sui medesimi premi, accreditando il relativo controvalore al titolare dell'obbligazione. In tal modo, gli interessi già maturati al 30 giugno 2014 vengono assoggettati a tassazione sul conto unico degli obbligazionisti, alla ritenuta del 20%. I titoli “riaccreditati” verranno iscritti al netto degli interessi già maturati, e dunque la cedola successiva verrà tassata solo per la componente maturata a partire dal 1° luglio 2014. Per i titoli con scadenza inferiore ad un anno alla data del 30 giugno 2014, gli intermediari possono optare per le operazioni di riaddebito/riaccredito appena illustrate nel mese di 59
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luglio 2014, ovvero direttamente nel mese di scadenza della cedola, o di rimborso o cessione del titolo, se antecedenti. Pronti contro termine Continua ad applicarsi l'aliquota del 20% ai contratti di pronti contro termine stipulati fino al 30 giugno 2014 e con scadenza inferiore ad 1 anno. Fondi comuni La modifica del decreto Renzi è applicabile ai fondi comuni di investimento mobiliare e immobiliare italiani ed esteri. L'aliquota del 26% sarà applicabile: ai proventi distribuiti in costanza di investimento da fondi immobiliari italiani o derivanti dal riscatto, cessione o liquidazione delle quote; ai proventi distribuiti in costanza di investimento o derivanti dal riscatto, cessione o liquidazione delle quote da fondi mobiliari italiani; alle plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di quote di fondi immobiliari e mobiliari italiani. Tuttavia, sui proventi realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014 e riferibili ad importi maturati al 30 giugno 2014 continuerà ad applicarsi l'aliquota del 20%. Si ricorda che, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 44/2014: le cessioni di quote di fondi immobiliari possono realizzare solo redditi diversi - plus o minusvalenze; dal rimborso in utile si realizzano redditi di capitale; dal rimborso in perdita redditi diversi - minusvalenze. Con riferimento ai fondi mobiliari: in caso di cessione o rimborso in perdita si realizza sempre un reddito diverso minusvalenza; in caso di cessione o rimborso in utile si realizza esclusivamente un reddito di capitale. Minusvalenze Parallelamente all'aumento dell'aliquota al 26%, il decreto (art. 3, commi 13 e 14) ha modificato le regole di determinazione del reddito imponibile nei regime del risparmio amministrato e gestito, nonché del regime della dichiarazione, stabilendo che le minusvalenze realizzate fino al 30 giugno 2014 possano essere portate in diminuzione delle plusvalenze realizzate a partire dal 1° luglio 2014 con le seguenti modalità: per una quota pari al 48,08% (pari al quoziente tra 12,5%/26%)del loro ammontare, se realizzate fino al 31 dicembre 2011; per una quota pari al 76,92% (pari al quoziente tra 20%/26%) del loro ammontare, se realizzati dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014; In tal modo si tiene conto dell'aumento dell'aliquota applicabile alle plusvalenze a partire dal 1° gennaio 2012 e dal 1° luglio 2014. Per le gestioni individuali di portafoglio, l'aliquota del 26% è applicata sui risultati maturati a 60
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decorrere dal 1° luglio 2014. I risultati negativi di gestione rilevati alla data del 31 dicembre 2011 e non ancora compensati sono portati in deduzione per una quota pari al 48,08% del loro ammontare, mentre per quelli rilevati tra il 1° gennaio 2012 ed il 30 giugno 2014 e non ancora compensati, per una quota pari al 76,92% del loro ammontare.
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I redditi esclusi dall’aumento dell’aliquota di Carlotta Benigni Dottore commercialista L'aumento al 26% dell'aliquota applicabile sulle rendite finanziarie previsto dal decreto Renzi riguarda la maggior parte dei redditi di capitale e dei redditi diversi. Sono previste tuttavia alcune deroghe, fattispecie reddituali che non subiscono l'aumento o che addirittura subiscono una riduzione dell'imposizione rispetto all'attuale regime. L'art. 3, commi 2 e 3, del decreto Renzi identifica le fattispecie escluse dall'aumento dell'aliquota delle ritenute e delle imposte sostitutive applicabili ai redditi di capitale di cui all'art. 44 TUIR e alle plusvalenze di cui all'art. 67, prevista dal comma 1. Si tratta in genere delle fattispecie alle quali non si era applicato nemmeno l'aumento introdotto a partire dal 1° gennaio 2012 dal 12,5% all'attuale 20%, in quanto "meritevoli di tutela da parte dell'ordinamento" come sottolineato nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 11/E del 2012, che commentava l'introduzione dell'aliquota unificata al 20%.
Le fattispecie escluse Sono escluse per espressa previsione normativa gli interessi, i premi e gli altri proventi di cui all'art. 44, nonché le plusvalenze di cui all'art. 67, lettera c-ter), derivanti dalle fattispecie indicate nella Tabella sottostante. Titoli pubblici italiani ed equiparati
art. 31, D.P.R. n. 601/1973
Titoli obbligazionari emessi da Stati white list
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Titoli di risparmio per l'economia meridionale
art. 8, comma 4, D.L. n. 70/2011
Rientrano nella fattispecie di cui alla lettera a) i titoli e le obbligazioni emessi dallo Stato e dalle amministrazioni statali, nonché dalle regioni, dalle province e dai comuni. Si tratta ad esempio di BOT, BTP, CCT, CTZ, emessi in Italia, ma anche di BOR, BOP e BOC, come indicato dall'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 11/E citata. Sono titoli pubblici anche i buoni fruttiferi postali emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti Spa, ma non gli altri titoli emessi dalla CDP. Sono titoli "equiparati" i titoli emessi da organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia, come ad esempio dalla Banca Europea degli Investimenti, dalla Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, dalla CECA 62
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(Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio), dall'EURATOM (Comunità Europea per l'Energia Atomica), dal Consiglio d’Europa, dall’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico, etc.. Gli interessi e gli altri proventi derivanti dai tali titoli rimangono soggetti a tassazione con aliquota del 12,5%. I titoli obbligazionari emessi all'estero non sono soggetti ad imposizione in Italia per mancanza del requisito di territorialità. Allo stesso modo continuano ad essere soggetti all'aliquota del 12,5% le obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella white list di cui al D.M. 4 settembre 1996, in attesa della lista di cui all'art. 168-bis TUIR. I titoli di risparmio per l'economia meridionale, ovvero gli strumenti finanziari con scadenza superiore a 18 mesi emessi dalle banche a norma del D.L. n. 70/2011, invece, rimangono soggetti all'aliquota del 5%. Non trattandosi di titoli partecipativi, la relativa plusvalenza da cessione non rientra nell'esclusione dall'aumento, e dunque sarà soggetta a tassazione con aliquota del 26%. L’art. 2, comma 3, del decreto Renzi elenca altre fattispecie che non subiscono l'incremento dell'aliquota. Si tratta di: interessi esenti perché possiedono i requisiti per beneficiare della direttiva Interessi e Royalties (art. 26-quater, D.P.R. n. 600/1973); dividendi esenti distribuiti a società controllanti che possono beneficiare della direttiva Madre-Figlia (art. 27-bis, DPR 600/1973); dividendi distribuiti ad altre società europee soggette ad imposta sul reddito nel loro Stato di residenza, soggetti ad aliquota ridotta dell'1,375% (art. 27, comma 3-ter, D.P.R. n. 600/1973) dividendi distribuiti a fondi pensione europei, che rimangono soggetti all'aliquota dell'11%. Non sembra applicabile l'aumento dello 0,5% previsto invece per i risultati di gestione maturati dai fondi pensione italiani, in mancanza di uno specifico richiamo normativo. Infine, l'art. 4, comma 7 prevede la riduzione al 12,5% dell'aliquota applicabile alle obbligazioni emesse dagli Stati e dagli enti territoriali white list. La modifica si è resa necessaria per equiparare il trattamento fiscale di tali strumenti a quello degli omologhi strumenti emessi dallo Stato italiano e dagli enti territoriali italiani, evitando così censure da parte dell'Unione Europea. Per questa categoria di strumenti finanziari, dunque, si assiste ad una riduzione dell'imposizione rispetto all'attuale imposizione. L'esclusione non include gli interessi derivanti da conti correnti bancari e conti depositi, che dunque ritornano a subire una tassazione similare a quella ante modifica dal 1° gennaio 2012 (prevista al 27%). 63
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Esclusione per le Casse Il decreto prevede un'ulteriore esclusione dall'aumento dell'aliquota del 26% (art. 4, comma 6-bis). Si tratta dei proventi di natura finanziaria percepiti dalla Casse di previdenza private. L'esclusione si è resa necessaria per evitare una riduzione delle prestazioni distribuibili agli iscritti. In ogni caso, il decreto Renzi annuncia una futura armonizzazione del trattamento fiscale delle Casse con quello dei fondi pensione a partire già dal 2015. Peraltro, proprio a causa dell'introduzione del credito di imposta, la tassazione dei rendimenti maturati dai fondi pensione italiani subisce a partire dal 1° luglio 2014 un aumento dello 0,5%, passando dall'11% al 11,5%. Nella pratica, i proventi percepiti dalle Casse hanno subito la ritenuta con la nuova aliquota maggiorata del 26% ma possono beneficiare di un credito di imposta pari al 6% dei proventi assoggettati alla maggior aliquota nel periodo compreso tra il 1° luglio 2014 e il 31 dicembre 2014. Il credito d'imposta, pari appunto alla differenza tra le ritenute applicate e le minori ritenute che sarebbero state applicabili in base all'attuale aliquota del 20%, non dovrà essere incluso nella base imponibile ai fini IRES e IRAP e potrà essere utilizzato a partire dal 1° gennaio 2015 in compensazione nel modello F24 con altre imposte, senza peraltro sottostare al limite di 700.000 euro ordinariamente previsto.
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Rendite finanziarie
Plusvalenze e minusvalenze da cessione di partecipazioni di Carlotta Benigni Dottore commercialista Dal 1° luglio 2014 si applica l'aumento - al 26% - della tassazione delle rendite finanziarie, introdotto dal decreto IRPEF; tuttavia, per le plusvalenze è prevista una fase transitoria, durante la quale i contribuenti possono affrancare le plusvalenze latenti evitando di incorrere nella maggiore tassazione anche sui guadagni anteriori al 1° luglio. Sono toccati dall'aumento dell'aliquota al 26% tutti i redditi di capitale di cui all'art. 44 TUIR e le plusvalenze di cui all'art. 67 TUIR, con l'esclusione delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate, di cui all’art. 67, lettera c). Le plusvalenze da cessione di partecipazioni qualificate, infatti, non sono soggette ad imposta sostitutiva ma concorrono a formare la base imponibile IRPEF nella misura del 49,72%. Dalla modifica deriva una conseguenza che già era stata "sfiorata" con l'aumento al 20%: a partire dal 1° luglio 2014 la cessione di partecipazioni qualificate sconta una tassazione inferiore rispetto alla cessione di plusvalenze non qualificate. Si tratta di una distorsione dell'attuale sistema contributivo italiano, nel quale il socio risparmiatore (titolare di solito di una partecipazione non qualificata) era sempre stato tutelato con una tassazione inferiore rispetto al socio imprenditore titolare invece di una partecipazione superiore al 20%). Ad esempio Un piccolo risparmiatore che detiene azioni di una società quotata italiana e cedendole guadagna 1.000 euro, è soggetto ad un'imposta pari a 260 euro (il 26%, appunto); il socio di maggioranza di una società, a fronte della medesima plusvalenza di 1.000 euro, è chiamato a pagare al massimo 213,8 euro (ipotizzando un'aliquota marginale del 43%, oltre ad eventuali addizionali). Durante l'iter di conversione, il Senato aveva invero proposto un emendamento in tal senso, che comportava la concorrenza delle plusvalenze qualificate al reddito del percipiente nella maggiore misura del 60,46%. Tale emendamento avrebbe allineato al 26% la tassazione massima di un socio imprenditore, ma allo stesso tempo avrebbe comportato una tassazione complessiva pari al 27.5% a livello della società oltre al 26% in capo al socio come dividendo o come plusvalenza, indipendentemente dalla tipologia di partecipazione detenuta. 65
DECRETO IRPEF
È chiaro che la via per riequilibrare la situazione avrebbe dovuto essere cercata nella riduzione dell'imposizione a livello delle società e non nell'aumento di entrambi i regimi impositivi, ma visto lo scopo della norma (e cioè trovare le coperture per il bonus IRPEF in busta paga), ciò non è stato possibile.
Decorrenza Con riferimento alla decorrenza dell'aumento, l'art. 3, comma 6, D.L. n. 66/2014 prevede che l'aliquota del 26% si applichi alle plusvalenze realizzate a partire dal 1° luglio 2014. Pertanto, se la cessione si è perfezionata entro il 30 giugno, la plusvalenza è soggetta ad aliquota del 20%, anche se le somme sono percepite dopo tale data. Le minusvalenze di precedenti periodi di imposta (entro il quarto), non ancora compensate con le plusvalenze a partire dal 1° luglio 2014, concorrono a formare il reddito nella misura del: 48,08% del loro ammontare se realizzate entro il 31 dicembre 2011; 76,92% del loro ammontare, se realizzate tra il 1° gennaio 2012 e il 30 giugno 2014.
Affrancamento Per evitare che l'ammontare della plusvalenza maturato (ma non realizzato) fino al 30 giugno 2014 sia tassato con la maggiore aliquota del 26%, è prevista la possibilità di affrancare il costo di acquisto della partecipazione di titoli, quote, azioni, valute e degli altri beni che generano plusvalenza ai sensi dell'art. 67, comma 1, lettere da c-bis) a c- quinquies), posseduti alla data del 30 giugno, pagando un'imposta sostitutiva del 20% ai sensi dell'art. 5, D.Lgs. n. 461/1997. Sono escluse dall'affrancamento: le obbligazioni emessi da Paesi ed enti territoriali white list (che non subiscono l'aumento al 26%) le quote di OICR, per le quali è previsto un apposito regime transitorio. Dal momento che in caso di opzione non è prevista la possibilità di un affrancamento parziale, devono essere incluse anche le plusvalenze già oggetto di precedente affrancamento (ad esempio, al 1° gennaio 2012) o rivalutazione (ai sensi di una delle norme sulle rivalutazioni delle partecipazioni non qualificate, da ultimo la legge n. 147/2013). Il regime di affrancamento è opzionale e la modalità di esercizio dell'opzione dipende dal regime applicato dal contribuente. Le modalità sono sintetizzate nella Tabella seguente.
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DECRETO IRPEF
Regime
Attività da affrancare
Esercizio dell'opzione
Versamento dell'imposta sostitutiva
Dichiarazione
Tutte le attività detenute al 30 giugno 2014 (tranne quelle escluse)
Direttamente in dichiarazione. Dovrà essere indicato l'ammontare del versamento e le compensazioni effettuate nel quadro RT di UNICO
Entro il 16 novembre 2014
All'intermediario entro il 30 settembre 2014
Dall'intermediario entro il 16 novembre 2014, su provvista del contribuente. È possibile compensare le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dall'affrancamento
Amministrato Tutte le attività detenute al 30 giugno 2014 se esistenti alla data di esercizio dell'opzione (tranne quelle escluse)
La base imponibile dell'imposta sostitutiva è calcolata scomputando (se non ancora compensati): preliminarmente le minusvalenze, le perdite o i differenziali negativi realizzati prima del 1° gennaio 2012 ancora non compensati (nella misura del 62,50%); successivamente le minusvalenze realizzate dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014; e da ultimo le minusvalenze che dovessero derivare dall'opzione stessa. In caso di base imponibile negativa, l'eccedenza di minusvalenze su plusvalenze può essere portata in deduzione delle plusvalenze realizzate dal 1° luglio 2014 secondo i limiti ordinari (entro il quarto esercizio, e nella misura del 76,92%). In caso di opzione per il regime del risparmio gestito, l'aliquota del 26% si applica sui risultati maturati a partire dal 1° luglio 2014. Il risultato di gestione fino al 30 giugno 2014, ancora soggetto ad aliquota del 20%, è calcolato considerando le minusvalenze di periodi di imposta precedenti nella misura del: 62,50% per le minusvalenze maturate fino al 31 dicembre 2011; 100% per le minusvalenze maturate dal 1 gennaio 2012 al 30 giugno 2012 8in quanto già assoggettate ad imposta con aliquota del 20%). A partire dal 1° luglio, le minusvalenze relative ai quattro periodi precedenti e non ancora utilizzate sono portate in diminuzione per una quota pari al: 67
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48,08% del loro ammontare, se realizzate entro il 31 dicembre 2011; 76,92% del loro ammontare, se realizzate tra il 1° gennaio 2012 e il 30 giugno 2014.
Sono poi previste specifiche previsioni al fine di tener conto, nel calcolo del risultato maturato della gestione, della tassazione dei titoli pubblici italiani ed esteri nella misura del 12,5%.
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Rendite finanziarie
Aliquota al 26%: da quando e come si applica di Carlotta Benigni Dottore commercialista Se per alcune tipologie di redditi risulta facilmente individuabile la decorrenza dell'aliquota del 26% per la tassazione delle rendite finanziarie (ciò anche in considerazione della chiarezza della norma), per altre fattispecie il fattore temporale deve essere attentamente analizzato. Ad eccezione delle fattispecie escluse dall'aumento della tassazione, come ad esempio i rendimenti dei titoli pubblici italiani e dei titoli equiparati, delle obbligazioni emesse da Stati white list, o dei titoli di risparmio per l'economia meridionale, dal 1° luglio 2014 la maggior parte delle rendite finanziare sono soggette alla maggiore aliquota del 26%. Ma l'aumento non scatta per tutti dal 1° luglio.
Conti correnti e depositi Sicuramente l'aliquota del 26% si sta già applicando agli interessi che maturano su conti correnti bancari e postali, per i quali fino al 30 giugno si applicava la ritenuta del 20%, e dal 1° luglio si applica quella maggiorata del 26%.
Dividendi Allo stesso modo, l'aliquota si applica già ai dividendi che verranno pagati dal 1° luglio in avanti, anche se deliberati prima di tale data. Ad esempio Anche se tutte le società italiane con esercizio coincidente con l'anno solare hanno già approvato il bilancio e la conseguente delibera di distribuzione dei dividendi entro il 30 giugno (anche nel caso di adozione del termine lungo dei 180 giorni), il socio che detiene meno del 20% del capitale della società subirà l'aggravio della tassazione, se il bonifico non è stato effettuato entro il 30 giugno. Aggravio che invece non si verifica nel caso di partecipazioni qualificate, per le quali il pagamento dei dividendi prima o dopo il 1° luglio 2014, comporta la tassazione in base all'aliquota marginale IRPEF sul 49,72% dell'ammontare del dividendo, senza applicazione di alcuna ritenuta.
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DECRETO IRPEF
Obbligazioni Anche con riferimento alle obbligazioni e titoli similari la nuova tassazione si applica sui redditi maturati a partire dal 1° luglio 2014. Ad esempio L'obbligazionista che riceve il 30 settembre 2014 una cedola annuale di 120 euro relativa ad un'obbligazione emessa da un soggetto diverso da un "grande emittente", anche se emessa prima del 1° luglio, sconterà una tassazione complessiva pari a: 90 x 20% + 30 x 26% = 25,8 euro.
Anche con riferimento alle obbligazioni emessi dai c.d. grandi emittenti di cui al D.Lgs. n. 239/1996 la nuova aliquota si applica sugli interessi "maturati" a partire dal 1° luglio 2014. Tuttavia, tali obbligazioni scontano non una ritenuta ma bensì un'imposta sostitutiva applicata dagli intermediari mediante accrediti e addebiti sul conto unico. Come chiarito anche dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 19/E del 2014, gli intermediari provvedono ad accreditare e addebitare sul conto unico e sul conto dei clienti rispettivamente l'importo degli interessi maturati fino al 30 giugno, e la relativa imposta sostitutiva con aliquota del 20%. Ad esempio Qualora l'obbligazione dell'esempio precedente fosse stata emessa da una società quotata, alla data del 30 giugno 2014 l'obbligazionista si sarebbe ritrovato accreditato un ammontare pari a (90 - 90 x 20%) = 72 euro, mentre alla scadenza della cedola (30 settembre), l'accredito sarebbe di (30 - 30 x 26%) 22,2 euro. Tale meccanismo di addebito/accredito sul conto unico e del relativo controvalore al cliente è obbligatorio per le obbligazioni dei grandi emittenti con scadenza oltre il 30 giugno 2015, mentre per quelle che scadono prima l'intermediario può decidere di effettuare l'addebito/accredito alla scadenza dell'obbligazione.
Assicurazioni Per i redditi compresi nei contrati di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, e i redditi derivanti dalle prestazioni pensionistiche di cui all'art. 50, lettera h-bis, TUIR erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzioni previdenziale, la compagnia di assicurazione calcola la tassazione applicabile in ragione del periodo di maturazione dei redditi, applicando le aliquote pro tempore vigenti. Si applicherà inoltre l'aliquota del 12,5% anche ai redditi maturati dopo il 1° gennaio 2012 70
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anche se relativi all'investimento da parte delle assicurazioni a copertura delle riserve tecniche sia effettuato in titoli pubblici ed equiparati soggetti all'aliquota del 12,5%. Le assicurazioni dovranno dunque effettuare il seguente calcolo: sulla base dei rendiconti/prospetti di periodo riferibili alla gestione assicurativa nella quale è inserito il contratto, con cadenza annuale, calcolare la percentuale dei titoli pubblici rispetto al totale dell'attivo; moltiplicare tale percentuale per il reddito tassabile in capo al contribuente (pari alla differenza tra quanto percepito e i premi pagati); moltiplicare l'ammontare sopra calcolato per il 37,50% se si tratta di proventi maturati dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014, o per il 51,92% per i proventi maturati dal 1° luglio 2014. In tal modo, si garantisce l'applicazione della ritenuta del 12,5% all'ammontare del reddito relativo ai titoli di Stato ed equiparati. L'ammontare ottenuto dovrà essere sottratto dalla base imponibile da assoggettare alle aliquote ordinarie. Ad esempio Assumendo che: sulla base dei prospetti periodici l'ammontare investito in titoli pubblici è pari al 15% degli investimenti, il reddito maturato fino al 31 dicembre 2011 è pari a 500; il reddito maturato dal 1 gennaio 2012 fino al 30 giugno 2014 è pari a 700; il reddito a scadenza (dopo il 30 giugno 2014) è pari a 1.200; dai rendiconti emerge che l'investimento in titoli pubblici è costante e pari al 15% dell'attivo, la compagnia di assicurazione dovrà innanzitutto calcolare l'ammontare relativo a titoli pubblici al 30 giugno 2012 e a scadenza: = (700 - 500) x 15% = 30 (ammontare dei redditi riferibili a titoli di Stato fino al 30 giugno 2014) = (1200 - 700) x 15% = 75 (ammontare dei redditi riferibili a titoli di Stato fino a scadenza). Dopodichè, sarà possibile calcolare la tassazione applicabile per ciascun periodo: sul reddito di 500 maturato fino al 31 dicembre 2011 = 500 x 12,5% = 62,5 sul reddito di (700 - 500) = 200 maturato dal 31 dicembre 2011 al 30 giugno 2014 = (200 - 30) x 20% + 30 x 12,5% = 37, 75 sul reddito di (1200 - 700) = 500 maturato dal 30 giugno 2014 a scadenza = (500 - 75) x 26% + 75 x 12,5% = 119,88
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Plusvalenze Per le plusvalenze diverse dalle quelle relative a cessioni di partecipazioni qualificati, l'aumento si applica sulle plusvalenze realizzate a partire dal 1° luglio 2014. Pertanto, il rischio è che se anche la plusvalenze è già maturata interamente prima del 1° luglio, l'aliquota del 26% si applichi sull'intero valore. Per ovviare a questo problema, il decreto Renzi prevede la possibilità di affrancare il valore fiscale delle partecipazioni non qualificate al 30 giugno, pagando un'imposta sostitutiva nella misura del 20%, così da tassare poi in sede di successiva cessione al 26% solo il differenziale prodotto a partire dal 1° luglio. Pertanto, i contribuenti possono calcolare il valore della plusvalenza latente, come differenza tra il costo storico (o il costo eventualmente già rivalutato grazie alle norme che ne prevedevano la facoltà) e il valore della partecipazione al 30 giugno 2014, e assoggettarlo a tassazione del 20%. Ad esempio Considerando una partecipazione non qualificata acquistata nel 2000 per 50.000 euro, rivalutata a 70.000 euro nel 2013 che secondo la perizia di stima al 30 giugno 2014 vale 100.000 euro, il contribuente può versare un'imposta sostitutiva pari a: (100.000 - 70.000) x 20% = 6.000 e considerare in sede di futura cessione come costo fiscale 100.000 euro. In caso di attività finanziarie per le quali il contribuente ha optato per il risparmio amministrato, l'opzione per l'affrancamento dovrà essere comunicata all'intermediario entro il 30 settembre. Nel caso di risparmio gestito, non è necessario procedere all'affrancamento in quanto i risultati sono assoggettati a tassazione sulla base del risultato maturato e non del realizzato. Il contribuente o l'intermediario calcoleranno l'ammontare dell'imposta sostitutiva dovuta, pari all'imposta del 20% sulla differenza tra plusvalenze e minusvalenze latenti. Dalla base imponibile potranno essere scomputate minusvalenze realizzate in anni precedenti non ancora utilizzate, ma con riferimento alle minusvalenze realizzate prima del 1° gennaio 2012, solo nei limiti del 62,50% del loro ammontare. Ad esempio Se un contribuente che ha optato per il regime del risparmio amministrato ha: minusvalenze realizzate prima del 1° gennaio 2012 pari a 200 euro plusvalenze latenti al 30 giugno 2014 pari a 1000 euro minusvalenze latenti al 30 giugno 2014 pari a 300 euro l'imposta sostitutiva da versare sarà pari a 1.000 - 300 = 700 - 200 x 62,50% = 575 x 20% = 115 72
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L'eventuale eccedenza di minusvalenze latenti "affrancata" (ad esempio se nel caso prima analizzato le plusvalenze latenti fossero state pari a 400) può essere riportata negli anni successivi, fino al quarto, solo nel limite del 76,92% del suo ammontare.
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Rendite finanziarie
Casse professionali salve da un ulteriore inasprimento del carico fiscale di Riccardo Pallotta Esperto di Previdenza Professionale, Organizzazione e Funzionamento della Pubblica Amministrazione La legge di conversione del D.L. n. 66/2014 pone rimedio all’originaria iniquità delle norme che inasprivano ulteriormente il carico fiscale sulla previdenza professionale. Il D.L. n. 66/2014 ha disposto - oltre al bonus IRPEF degli 80 euro - la riduzione del 10% dell’IRAP dovuta dalle imprese. Nell’indicare le coperture finanziarie di tale ultima misura, l’art. 3, comma 1, del decreto dispone che - a far data dal 1° luglio 2014 - l’aliquota di tassazione delle rendite finanziarie di cui all’art. 44 e all’art. 67, comma 1, lettere da c-bis a c-quinquies, TUIR è elevata al 26%, fatta eccezione per: 1) i titoli e le obbligazioni dello Stato ed i titoli di risparmio per l’economia meridionale di cui all’art. 8, comma 4, D.L. n. 70/2011; 2) il risultato netto maturato dalle forme di previdenza complementare. L’esclusione indicata al precedente punto 2) destava qualche perplessità “sistemica”; non tanto per l’agevolazione concessa alla previdenza complementare, che è giusto agevolare al fine di costruire e rafforzare il cosiddetto secondo pilastro del welfare del futuro, quanto - si perdoni il gioco di parole - per la “esclusione dall’esclusione” degli enti gestori della previdenza professionale. Tale scelta, infatti, penalizza (anche se indirettamente) il risparmio previdenziale dei liberi professionisti che - peraltro - già tre anni fa avevano dovuto sopportare un primo rilevante aumento delle aliquote di tassazione: aumento dal quale - anche allora - era stata esclusa la previdenza complementare. La legge n. 89/2014, di conversione del decreto, ha posto rimedio a questa iniquità. E va riconosciuto al Governo di essere stato “parte attiva” di questo revirement, nella misura in cui ha fatto proprie le proposte emendative emerse in Senato inserendole nel maxiemendamento sul quale ha chiesto ed ottenuto la fiducia.
La scelta fiscale in materia di tassazione delle Casse professionali Nel corso dell’iter di conversione, il Senato ha colto le “sensibilizzazioni” che da più parti erano state manifestate in ordine agli effetti depressivi della misura in commento. Effetti depressivi che avrebbero gravato non solo sui bilanci delle Casse di previdenza professionale 74
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che - lo ricordiamo - sono tenute ex lege ad assicurare l’equilibrio tra entrate contributive e spese per prestazioni in un orizzonte cinquantennale, ma anche - evidentemente sull’adeguatezza delle prestazioni previdenziali che sarebbero state in grado di garantire agli iscritti, in uno scenario di aumento del carico fiscale. E, infatti, all’esito di tali sensibilizzazioni erano state ipotizzate alcune proposte emendative, diversamente articolate, che andavano dalla pura e semplice inclusione delle Casse tra i soggetti esclusi dall’aumento dell’aliquota a soluzioni intermedie variamente declinate. Alla fine, il testo definitivo si pone su una linea intermedia che, per un verso, non affronta in maniera conclusiva la questione, introducendo un meccanismo indiretto di inutile complicazione della fattispecie. Per altro verso, tuttavia, neutralizza gli effetti economici dell’originario aumento dell’aliquota e, soprattutto, delinea - per il 2015 - la scelta di pervenire ad un definitivo ripensamento - più volte richiesto dal mondo delle Casse - del meccanismo generale di tassazione della previdenza professionale: meccanismo che rappresenta un unicum, in senso negativo, nel panorama europeo. Va detto, peraltro - per completezza - che date le notorie esigenze di bilancio e la esiguità dei fondi a disposizione, la soluzione individuata a favore delle Casse penalizza la previdenza complementare. Entrando nel merito della “nuova normativa”, il comma 6-bis, aggiunto all’art. 4, pone - in premessa - l’obiettivo di pervenire, dal 2015, ad una “armonizzazione” della disciplina della tassazione dei redditi di natura finanziaria delle Casse professionali con quella delle forme pensionistiche complementari. Posto che attualmente (o, meglio, prima del D.L. n. 66/2014) le Casse scontavano un’aliquota del 20% e la previdenza complementare una dell’11%, ciò dovrebbe voler dire che - quale sarà l’aliquota di “equilibrio che verrà individuata nel difficile esercizio di contemperare il sostegno alla previdenza e le esigenze del bilancio dello Stato l’aliquota “armonizzata” dovrebbe essere, per le Casse, inferiore a quella vigente nel primo semestre 2014. Una volta posto l’obiettivo “a tendere”, il comma 6-bis - affrontando la questione immediata della disciplina per il 2014 - non ha optato per la soluzione più lineare e diretta di indicare una diversa, specifica, aliquota per le Casse, ma ha introdotto, in loro favore un “credito di imposta” pari alla differenza tra l’ammontare delle ritenute ed imposte sostitutive calcolata alla confermata aliquota del 26% per il secondo semestre dell’anno, e l’ammontare delle ritenute ed imposte calcolata con l’aliquota del 20% previgente. Tale credito di imposta: 1) deve essere indicato sulla dichiarazione dei redditi delle Casse per il 2014; 2) può essere utilizzato esclusivamente dal 1° gennaio 2015 e solo nella forma della compensazione; 3) non concorre alla formazione del reddito ai fini dell’IRPEF e del valore della produzione ai fini dell’IRAP; Secondo i dati forniti dalla COVIP, l’originario aumento dell’aliquota al 26% avrebbe 75
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comportato complessivamente - per le Casse - un esborso di circa 20 milioni di euro con riferimento al solo secondo semestre 2014. Conseguentemente, la revisione della “scelta” operata nel D.L. n. 66/2014 comportava la necessità di reperire aliunde tali fondi. E il Governo - nei fatti avviando il percorso di armonizzazione di cui al primo periodo del comma 6-bis - ha optato per reperire tali risorse attraverso un leggero ritocco dell’aliquota da applicarsi alla tassazione delle rendite finanziarie delle forme di previdenza complementare: aliquota che passa - per l’intero anno 2014 (ma solo per esso e in attesa dell’armonizzazione) - dall’11 all’11,5%. Secondo le stime della COVIP, questo intervento dovrebbe comportare - sulla base degli introiti fiscali del 2013 - un maggior gettito di circa 24 milioni: una somma, quindi, che non solo copre per intero l’intervento sulla tassazione delle Casse, ma che per giunta, crea un avanzo di circa 4 milioni che verrà destinato ad incremento della dotazione del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.
Breve riflessione conclusiva Una riflessione sull’argomento deve essere necessariamente articolata su due distinti binari che corrono paralleli. Da un lato, nell’attuale quadro di risorse limitate e di prospettive previdenziali che pongono a rischio l’adeguatezza delle prestazioni, va sicuramente accolto con favore il revirement del Governo e, soprattutto, la manifestata intenzione di pervenire ad una fiscalità più “armonica” (ed auspicabilmente inferiore) per la previdenza professionale, che la avvicini di più ai propri omologhi comunitari. D’altro lato, non può tacersi che la “necessità” di pervenire al meccanismo articolato ed indiretto del credito di imposta sopra illustrato, ben avrebbe potuto essere evitata se - fin dall’inizio - si fosse perseguita la strada dell’armonizzazione, prendendo in mano il dossier da anni recapitato dalle Casse professionali ai Governi che si sono succeduti e che certifica come la tassazione della previdenza professionale italiana rappresenti un unicum negativo nel panorama europeo. Un unicum nel quale le risorse previdenziali vengono colpite sia nella fase “ascendente” dell’accumulo delle risorse (come nel caso di cui qui ci siamo occupati) che nella fase “discendente” della tassazione sui rendimenti pensionistici.
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DECRETO IRPEF
Rendite finanziarie
Rivalutazione o affrancamento? Calcoli di convenienza di Marco Piazza Professore di economia e tecnica degli scambi internazionali presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano Anche quest’anno, come nel 2012, i soggetti che detengono partecipazioni al di fuori dell’esercizio d’impresa hanno due possibilità, in certi casi concorrenti, di aggiornarne il valore fiscale. Ci si riferisce al regime di rivalutazione delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e al regime di affrancamento previsto dal decreto Renzi in occasione dell’aumento dell’aliquota “normale” delle imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria dal 20% al 26%. Anche quest’anno, come nel 2012, i soggetti che detengono partecipazioni al di fuori dell’esercizio d’impresa hanno due possibilità, in certi casi concorrenti, di aggiornarne il valore fiscale. Ci si riferisce: al regime di rivalutazione delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati, disciplinato dall’art. 5, legge n. 448/2001 nonché dall’art. 7, comma 2, lettere da dd-bis) a gg), D.L. n. 70/2011 (cfr. da ultimo la circolare 47/E del 2011); al regime di affrancamento previsto dall’art. 3, comma 15 e seguenti, D.L. n. 66/2014 in occasione dell’aumento dell’aliquota “normale” delle imposte sostitutive sui redditi di natura finanziaria dal 20% al 26% (il regime ricalca, con qualche variante, quello contenuto nel D.L. n. 138/2011, con cui le aliquote furono unificate al 20%, e disciplinato dal D.M. 13 dicembre 2011 nonché dalla circolare n. 11/E del 2011). Le partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e “non qualificate” rientrano nel campo di applicazione di entrambi i regimi, per cui diviene necessario decidere, ove si intenda fruire dell’agevolazione, quale dei due applicare. A questo proposito, però si deve tener conto che, in via teorica è anche possibile che siano utilizzati entrambi i regimi per una stessa partecipazione, dato che: l’opzione per la rivalutazione si doveva esercitare entro il 30 giugno, con riferimento alle partecipazioni detenute al 1° gennaio 2014; quella per l’affrancamento si esercita entro il 30 settembre, per le attività detenute presso intermediari finanziari in regime amministrato, ed entro il 16 novembre negli altri casi, con riferimento alle partecipazioni detenute al 1° luglio 2014. In questo caso, come si desume dalla circolare n. 11/E del 2011, par. 12.2, l’imposta 77
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sostitutiva di cui al D.L. n. 66 del 2014 viene calcolata sulla differenza tra il valore alla data del 1° luglio 2014 e il valore rideterminato in base all’art. 5, legge n. 448/2001, che ha sostituito l’originario costo fiscalmente riconosciuto. Nella tabella n. 1 vengono messe a confronto le caratteristiche principali dei due regimi. Tabella n. 1 Elemento
Rivalutazione ex lege n. 147/2013
Affrancamento ex D.L. n. 66/2014
Aliquota
2%
20%
Base imponibile
Valore al 1° gennaio 2014
Differenza fra il valore al 30 giugno 2014 e il costo fiscalmente riconosciuto con applicazione del criterio LIFO in regime dichiarativo e del costo medio in amministrato
Tipo di partecipazioni rivalutabili o affrancabili
Qualificate e non qualificate non negoziate in mercati regolamentati
Non qualificate negoziate e non negoziate in mercati regolamentati
Limiti temporali
Deve trattarsi di partecipazioni già detenute al 1° gennaio 2014
In regime dichiarativo deve trattarsi di partecipazioni già detenute al 30 giugno 2014; in regime amministrato deve trattarsi di partecipazioni già detenute al 30 giugno nei limiti delle quantità detenute alla data della comunicazione dell’opzione all’intermediario (fino al 30 settembre 2014)
Criterio di determinazione del valore
Valore al 1° gennaio 2014 della frazione del patrimonio netto della società determinato sulla base di una perizia giurata di stima, risultante da perizia di stima giurata entro il 30 giugno 2014 e
a) in caso di titoli, quote e diritti negoziati in mercati regolamentati, l'ultimo valore disponibile alla data del 30 giugno rilevato presso i medesimi mercati; b) in caso di titoli, quote e diritti non negoziati in mercati regolamentati, il valore alla data del 30 giugno della 78
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Elemento
Rivalutazione ex lege n. 147/2013
Affrancamento ex D.L. n. 66/2014
comunque, in regime di risparmio amministrato, prima della cessione (1)
frazione del patrimonio netto della società, determinato sulla base delle risultanze dell'ultimo bilancio approvato anteriormente alla medesima data. È consentito determinare il valore della frazione del patrimonio netto sulla base di un'apposita relazione giurata di stima (1)
Versamento
Il versamento dell’imposta sostitutiva doveva essere effettuato entro il 30 giugno 2014 in un’unica soluzione oppure può essere rateizzato fino ad un massimo di 3 rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3% annuo da versare contestualmente a ciascuna rata (30 giugno 2015 e 30 giugno 2016)
Il versamento dell’imposta sostitutiva deve essere effettuato, in unica soluzione, entro il 16 novembre 2014 dal contribuente, se in regime dichiarativo o dall’intermediario se in regime amministrato. In questo caso l'opzione è resa mediante comunicazione all'intermediario entro il 30 settembre 2014
Vincoli
L’affrancamento può riguardare anche singoli strumenti finanziari e può essere parziale. In caso di rivalutazione parziale si considerano rivalutate le partecipazioni acquistate per ultime. Le partecipazioni rivalutate si considerano acquistate al 1°gennaio 2014 (2)
L’affrancamento non può essere parziale. Deve riguardare tutte le attività finanziarie non qualificate (ad esclusione dei titoli pubblici e assimilati, italiani ed esteri e dagli OICR) detenute in regime dichiarativo alla data del 30 giugno, anche se non detenute alla data del 16 novembre 2014. In caso di regime amministrato, l’affrancamento deve riguardare tutte le attività finanziarie detenute nel medesimo rapporto con l’intermediario alla data del 79
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Elemento
Rivalutazione ex lege n. 147/2013
Affrancamento ex D.L. n. 66/2014 30 giugno e alla data dell’opzione (massimo 30 settembre 2014)
Possibilità di generare minusvalenze deducibili
Il valore rivalutato non può generare, in occasione della successione cessione della partecipazione, minusvalenze deducibili (3)
Nell’affrancamento si possono utilizzare le minusvalenze pregresse ridotte al 62,5% se realizzate fino al 31 dicembre 2011. L’affrancamento può determinare minusvalenze riportabili nella misura del 76,92%. Il valore affrancato, inoltre, può generare, in occasione della successione cessione della partecipazione, minusvalenze deducibili
Rilevanza ai fini della determinazione dei redditi di capitale
No (4)
No
Indicazione in UNICO
Sì, presumibilmente in UNICO 2014
In caso di affrancamento di partecipazioni in regime dichiarativo il valore affrancato va indicato in UNICO 2015
(1)
Alla relazione giurata di stima si applica l'art. 64 c.p.c. ed è redatta da dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali iscritti all'albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, nell'elenco dei revisori legali dei conti nonché da periti iscritti alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ai sensi del testo unico di cui al R.D. 20 settembre 1934, n. 2011. (2)
Circolare n. 12/E del 2002.
(3)
Cfr. circolare n. 1/E del 2013, risposta 4.1.
(4)
Circolari n. 12/E/2002 e n. 16/E/2005, con specifico riferimento al caso del recesso.
Notiamo, in particolare che: la rivalutazione costa meno dell’affrancamento in tutti i casi in cui la plusvalenza implicita nel valore della partecipazione è superiore al 10% del valore della partecipazione; tuttavia, l’affrancamento può avere un costo inferiore se il contribuente ha 80
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-
minusvalenze realizzate in precedenti periodi d’imposta che possono essere scomputate dal plusvalore da affrancamento previa riduzione delle minusvalenze stesse al 62,5% se sono state realizzate entro il 31 dicembre 2011; oppure se, dovendo effettuare l’affrancamento per tutte le attività finanziarie diverse dalle partecipazioni qualificate, dai titoli pubblici italiani ed esteri e assimilati e dalle quote di OICR detenute (in caso di regime amministrato, l’affrancamento deve riguardare tutte le attività finanziarie detenute nel medesimo rapporto con l’intermediario alla data del 30 giugno e alla data dell’opzione - massimo 30 settembre 2014) alcune di queste attività presentassero una minusvalenza latente compensabile; nel caso in cui, in occasione della successiva cessione della partecipazione, il corrispettivo di cessione fosse inferiore al valore rivalutato con il pagamento dell’imposta sostitutiva del 2%, la minusvalenza non sarà deducibile; invece, procedendo all’affrancamento la minusvalenza sarà deducibile.
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Alcuni esempi di calcolo di convenienza
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83 1.000 154 40 0
1.000 -400 -580 -446
rivalutazione affrancamento 147/13 66/14 0 0 1.000 1.000 -400 -400 -580 -580 -446 1.000 20 20 4 0 -1.000 -1.000 1.000 1.000 0 0 0 0 -446 0 valore costo Minusvalenze pregresse (2012) #### Minusvalenze pregresse (2012) equalizzate Imponibile rivalutazione Imponible affrancamento Imposta sostitutiva #### Minusvalenze residue post affrancamento Nuovo costo Prezzo di vendita Imponibile 26% Imposta Residua minusvalenza
valore costo Minusvalenze pregresse (2012) ### Minusvalenze pregresse (2012) equalizzate Imponibile rivalutazione Imponible affrancamento Imposta sostitutiva ### Minusvalenze residue post affrancamento Nuovo costo Prezzo di vendita Imponibile 26% Imposta Residua minusvalenza 1.000 27 7 0
1.000 -950 -30 -23
nessuna opzione
rivalutazione affrancamento 147/13 66/14 0 0 1.000 1.000 -950 -950 -30 -30 -23 1.000 20 20 4 0 -1.000 -1.000 1.000 1.000 0 0 0 0 -23 0
valore costo Minusvalenze pregresse (2012) #### Minusvalenze pregresse (2012) equalizzate Imponibile rivalutazione Imponible affrancamento Imposta sostitutiva #### Minusvalenze residue post affrancamento Nuovo costo Prezzo di vendita Imponibile 26% Imposta Residua minusvalenza
Caso 4: costo maggiore del 90% del valore; ùminusvalene compensabili: conviene l'affrancamento ex Dl. 66 del 2014.
valore costo Minusvalenze pregresse (2012) ### Minusvalenze pregresse (2012) equalizzate Imponibile rivalutazione Imponible affrancamento Imposta sostitutiva ### Minusvalenze residue post affrancamento Nuovo costo Prezzo di vendita Imponibile 26% Imposta Residua minusvalenza
nessuna opzione
700 0 0 -273
1.000 -950 -30 -23
nessuna opzione
700 0 0 -146
1.000 -400 -580 -446
nessuna opzione
-1.000 700 0 0 -23
20
0 1.000 -950 -30 -23 1.000
rivalutazione 147/13
-1.000 700 0 0 -446
20
0 1.000 -400 -580 -446 1.000
rivalutazione 147/13
20 4 0 -1.000 700 0 0 -300
0 1.000 -950 -30
affrancamento 66/14
20 4 0 -1.000 700 0 0 -300
affrancamento 66/14 0 1.000 -400 -580
Caso 3: costo minore del 90% del valore; minusvalene compensabili: conviene, nell'immediato, l'affrancamento ex Dl. 66 del 2014, a meno che non ci si aspetti di riuscire ad utilizzare entro 4 anni le minusvalenze pregresse
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Rendite finanziarie
Redditi di fonte estera: definitivamente abrogata la ritenuta in ingresso di Carlotta Benigni Dottore commercialista in Milano Il decreto IRPEF prevede la definitiva abrogazione della ritenuta in entrata su talune tipologie di redditi di capitale e redditi diversi rinvenienti da attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero. Con il venir meno dell’obbligo di ritenuta, i redditi tornano a dover essere indicati nel quadro RW. L'art. 4, comma 2, D.L. n. 66/2014 prevede la definitiva abrogazione dell'art. 4, comma 2 (omonimia legis) del D.L. n. 167/1990, ritenuta in entrata su talune tipologie di redditi di capitale e redditi diversi rinvenienti da attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero. La Legge europea 2013 (legge n. 97 del 6 agosto 2013) aveva riscritto l'art. 4, D.L. n. 167/1990 introducendo al comma 2 l'obbligo per gli intermediari finanziari residenti ai quali sono affidate in gestione, custodia o amministrazione le attività e gli investimenti dai quali derivino redditi di fonte estera, o che solamente intervengono nella riscossione, di applicare una ritenuta alla fonte su tali redditi secondo le norme ordinarie. Si trattava ad esempio degli interessi derivanti da mutui, depositi e conti correnti bancari, degli interessi su obbligazioni estere o dei proventi da organismi di investimento esteri. La norma avrebbe dovuto entrare in vigore il 1° febbraio 2014. In sostanza, l'obbligo di applicazione delle ritenute previste dal D.P.R. n. 600/1973 veniva posto a carico degli intermediari residenti non solo quando tali attività erano collocate in Italia, ma anche quando le attività erano collocate all'estero. Inoltre, il secondo periodo del comma 2 in commento prevedeva l'estensione dell'applicazione della ritenuta anche a fattispecie che prima non erano soggette a ritenuta, come ad esempio gli interessi derivanti da mutui, depositi e conti correnti non bancari, e i redditi di capitale di cui alle lettere c), d) e h) dell'art. 44, e segnatamente le rendite perpetue, i compensi per prestazione di fideuissione o altra garanzia e gli altri interessi derivanti da un impiego di capitale, diversi dai contratti aventi natura aleatoria. Anche i redditi diversi che concorrono a formare il reddito complessivo del percipiente avrebbero dovuto essere assoggettati alla ritenuta in ingresso ad opera degli intermediari residenti. Come chiarito dalla circolare n. 38/E del 2013, si trattava ad esempio delle plusvalenze da cessioni di immobili situati all'estero che non fossero state stipulate da un notaio residente o i redditi di locazione derivanti da immobili detenuti all'estero. Al contrario, non erano soggette a ritenuta le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non 84
DECRETO IRPEF
qualificate in quanto non concorrenti a formare il reddito complessivo del contribuente, ma assoggettate ad imposta sostitutiva. La ratio della norma era evidentemente antielusiva, dal momento che permetteva all'amministrazione finanziaria di mantenere un costante monitoraggio sui redditi esteri percepiti da contribuenti italiani. Tuttavia, da tali norme discendevano numerosi adempimenti a carico dei contribuenti e degli intermediari. Il contribuente era infatti tenuto a fornire all'intermediario: - tutti i dettagli necessari ai fini della individuazione della tipologia reddituale e del calcolo della ritenuta, se l'intermediario interveniva solamente nella riscossione (e non aveva in custodia, gestione o amministrazione le attività estere). Ad esempio, tutti i documenti per l'applicazione di eventuali ritenute convenzionali ridotte, o certificazioni di autorità estere necessarie a vedersi applicata la ritenuta solo su una parte del reddito, come nel caso di plusvalenze da cessioni di partecipazioni qualificate in società white list; - un'autocertificazione di "non assoggettabilità a ritenuta" dei redditi, per non vedersi applicare la ritenuta anche su redditi che non rientravano nelle categorie menzionate dalla norma. L'intermediario dal canto suo avrebbe dovuto implementare sistemi informativi appositi per gestire la documentazione sopra menzionate, e le eventuali richieste di rimborso di ritenute applicate erroneamente, che potevano essere rivolte dal contribuente anche direttamente agli intermediari coinvolti. Oltre alle criticità derivanti dalla numerosità degli adempimenti che la sua applicazione avrebbe importato, la norma si poneva potenzialmente anche in contrasto con le norme europee sulla libera circolazione dei capitali, e con gli accordi internazionali che prevedono l'esenzione dei trattamenti pensionistici erogati da organizzazioni internazionali. Alla luce di quanto sopra, l’Agenzia delle Entrate - con provvedimento del 19 febbraio 2014 (come spesso accade, fuori tempo massimo) - aveva disposto la sospensione dell'entrata in vigore fino al 1° luglio 2014, con obbligo di restituzione ai contribuenti delle somme prelevate nel periodo tra il 1° e il 19 febbraio. Nella medesima data è intervenuto anche il MEF che, con un comunicato stampa,considerava superata la necessità della ritenuta in parola, alla luce delle nuove misure di contrasto all'evasione fiscale internazionale varate dall'OCSE in materia di scambio di informazioni. Il nuovo art. 26 del Modello di Convenzione, infatti, include oltre allo scambio di informazioni sui redditi, anche lo scambio di informazioni sui saldi patrimoniali. L'ultimo tassello della vicenda è appunto l'art. 4, comma 2 del decreto IRPEF (convertito in legge n. 89/2014) che definitivamente abroga l'art. 4, comma 2, D.L. n. 167/1990 e conseguentemente l'obbligo di ritenuta. 85
DECRETO IRPEF
Le conseguenze per i contribuenti devono considerarsi positive, sia dal punto di vista degli adempimenti, sia, evidentemente, dei flussi finanziari. Il "lato negativo" è rappresentato dalla reintroduzione dell'obbligo di inclusione delle attività che dovevano essere soggette a ritenuta nel quadro RW. Infatti, contestualmente all'applicazione della ritenuta, il contribuente veniva esonerato dagli obblighi di monitoraggio fiscale già adempiuti dall'intermediario. I redditi che non hanno subito ritenuta all'ingresso tornano dunque a dover essere indicati nel quadro RW.
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DECRETO IRPEF
Interventi per le imprese
Riduzione IRAP con effetto differito di Nicola Forte Dottore commercialista in Roma Riduzione dell’IRAP, ma con effetto ritardato: è questa la soluzione scelta dal Governo. La riduzione viene realizzata tramite una “manovra” sulle aliquote e non sulla componente relativa al costo del lavoro. Da questo punto di vista il meccanismo (in diminuzione del tributo) risulta certamente più semplice, ma non immune da difficoltà operative. Il D.L. n. 66/2014 (convertito in legge n. 89/2014) prevede una diminuzione generalizzata delle aliquote a seconda della tipologia di soggetto: le imprese e i professionisti beneficeranno di una diminuzione dell’aliquota base dal 3,9 al 3,5%; le concessionarie fruiranno di uno sconto dal 4,20 al 3,80%; per le banche ed altri enti finanziari si passerà dal 4,65 al 4,20%; per le assicurazioni la riduzione porterà l’aliquota dal 5,9 al 5,30%; per le imprese agricole l’aliquota si ridurrà dall’1,90 all’1,70%. Si tenga però presente che la riduzione è stata “modulata” sulle aliquote standard. Si deve comunque tenere presente la possibilità utilizzata dalla Regioni di determinare un incremento dell’aliquota base anche in relazione al possibile deficit sanitario. La novità ha effetto con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013. In pratica per le società aventi periodo di imposta coincidente con l’anno solare la novità troverà applicazione con riferimento al periodo di imposta 2014. Al fine di fare quadrare il cerchio delle “coperture”, il decreto ha previsto che gli effetti finanziari della riduzione delle aliquote siano di fatto “differiti” al momento in cui le imprese verseranno il saldo del 2014, quindi al 16 giugno 2015 (per le imprese con esercizio coincidente con l’anno solare). In pratica, al momento del versamento del primo acconto IRAP (scaduto il 16 giugno 2014 o il 7 luglio del medesimo anno nell’ipotesi di proroga per i contribuenti soggetti agli studi di settore) le imprese che hanno applicato il metodo previsionale hanno potuto determinare le imposte dovute (la base ai fini del computo dell’acconto) applicando le aliquote intermedie individuate dal decreto, cioè superiori rispetto all’importo dell’aliquota base ridotta per effetto del provvedimento in rassegna.
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DECRETO IRPEF
Ad esempio Le imprese e i professionisti potrebbero aver determinato il primo acconto eventualmente dovuto e determinare il secondo acconto applicando l’aliquota intermedia del 3,75% (o il 4%; 4,50%, 5,70% e 1,80% per gli altri soggetti). Successivamente, in sede di saldo, applicheranno all’intero valore della produzione l’aliquota del 3,50% (o le altre aliquote ridotte) scomputando i maggiori acconti versati (calcolati con l’applicazione dell’aliquota intermedia)
Il contribuente in alternativa potrebbe decidere di applicare il c.d. metodo storico senza fare riferimento in via presuntiva al valore della produzione che risulterà dalla dichiarazione Irap del 2014. Al valore così determinato si applicheranno le aliquote in vigore per il periodo di imposta 2013 in modo da differire integralmente gli effetti della riduzione delle aliquote in sede di versamento del saldo di imposta del 2014 (al 16 giugno del 2015). Le aliquote intermedie per la determinazione degli acconti secondo il metodo previsionale sono differenziate (come il saldo) a seconda della tipologia di soggetto. In particolare, le altre imprese (concessionarie) applicheranno l’aliquota del 4%; le banche e gli altri enti finanziari il 4,50%; le imprese di assicurazione il 5,70% ed infine le imprese agricole l’1,80%. In questo modo il decreto mira a contenere il più possibile la riduzione delle entrate nel 2014 rinviando di fatto la diminuzione di gettito nel 2015.
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DECRETO IRPEF
Interventi per le imprese
IRAP 2014: acconti previsionali con aliquote transitorie di Giovanni Petruzzellis Studio tributario Forte Con l’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 66/2014, trova conferma il preannunciato taglio dell’IRAP a partire dall’anno d’imposta in corso. Viene tuttavia parzialmente rinviato al 2015 il beneficio in termini finanziari, con l’introduzione di un’aliquota intermedia per il calcolo degli acconti previsionali. Il decreto (art. 2) introduce una riduzione generalizzata delle aliquote previste per i vari comparti produttivi. In particolare, intervenendo sull’art. 16, D.Lgs. n. 446/1997, istitutivo dell’IRAP, il provvedimento opera una rimodulazione nei seguenti termini:
Aziende private e professionisti
dal 3,90 al 3,50%
Banche ed enti finanziari
dal 4,65 al 4,20%
Assicurazioni
dal 5,90 al 5,30%
Imprese titolari di concessioni per la gestione di servizi e opere pubbliche (diverse da quelle di costruzione e gestione di autostrade e trafori)
dal 4,20 al 3,80%
Produttori agricoli
dall’1,90 all’1,70%
Restano escluse dalla riduzione le Amministrazioni pubbliche, per le quali si continuerà ad applicare l’aliquota dell’8,5%. Con una modifica all’art. 16, comma 3, D.Lgs. n. 446/1997, inoltre, si riduce allo 0,92% (in precedenza era l’1%), il margine d’intervento lasciato in capo alle Regioni a statuto ordinario, in relazione alla facoltà di variare in diminuzione (fino all’azzeramento) o in aumento le predette aliquote. Il taglio delle aliquote ha effetto con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013. Pertanto, con riferimento alle società aventi periodo di imposta 89
DECRETO IRPEF
coincidente con l’anno solare, la novità trova applicazione con riferimento al periodo di imposta 2014. Tuttavia, per esigenze di copertura, il decreto prevede che gli effetti finanziari della riduzione delle aliquote siano “differiti” al momento del versamento del saldo 2014, quindi al 16 giugno 2015 (con riferimento ai contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare). A tal fine, la soluzione individuata dal legislatore consiste nell’introduzione di apposite aliquote transitorie, da utilizzare nel calcolo degli acconti con utilizzo del metodo previsionale. In buona sostanza, in sede di versamento degli acconti IRAP 2014, in scadenza a giugno e novembre, i soggetti passivi dovranno determinare le imposte dovute sulla base di tali aliquote intermedie, superiori rispetto all’importo dell’aliquota base ridotta dal decreto.
Le aliquote “transitorie” per gli acconti In sede di calcolo degli acconti previsionali dovuti per il 2014, i contribuenti dovranno tenere conto delle seguenti aliquote:
Aziende private e professionisti
3,70%
Banche ed enti finanziari
4,40%
Assicurazioni
5,60%
Imprese concessionarie
4,00%
Produttori agricoli
1,80%
Sul piano operativo, imprese e professionisti calcolano il primo e il secondo acconto applicando l’aliquota intermedia. Successivamente, in sede di determinazione del saldo - da effettuarsi a giugno 2015 - applicheranno al valore della produzione l’aliquota piena, scomputando i maggiori acconti versati in base all’aliquota intermedia. In ogni caso, è fatta salva la possibilità per i contribuenti di avvalersi, in sede di calcolo degli acconti 2014, del metodo storico, con conseguente rinvio integrale del beneficio finanziario derivante dalla riduzione delle aliquote al prossimo anno. In quest’ultima ipotesi, infatti, i contribuenti verseranno un acconto commisurato all’imposta dovuta nell’anno precedente (pari al 100% per le persone fisiche e le società di persone e al 101,5% per le società di capitali).
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DECRETO IRPEF
Esempio di calcolo Si consideri il caso di una società a responsabilità limitata (soggetta ad aliquota ordinaria) con un valore della produzione per il 2013, assunto ai fini IRAP, pari a 750.000 euro. Non si considerano, per semplicità espositiva, gli effetti derivanti dalle variazioni delle aliquote su base regionale. L’impresa in questione ha maturato un debito IRAP per il 2013 pari a 29.250 euro (il 3,90% di 750.000). In sede di calcolo degli acconti dovuti per il 2014, se l’impresa intende avvalersi del metodo previsionale, supponendo un valore della produzione stimato in ribasso, pari a 650.000 euro, procede nel seguente modo: 650.000 × 3,70% = 24.050 euro L’acconto così calcolato è dovuto in due soluzioni: 9.620 euro entro il 16 giugno 2014, pari al 40% dell’importo dovuto (il versamento della prima rata di acconto può comunque essere effettuato entro il 30° giorno successivo al termine con la maggiorazione dello 0,40%), utilizzando il codice tributo 3812. 14.430 euro entro il 1° dicembre 2014 (il 30 novembre cade di domenica), utilizzando il codice tributo 3813.
Attenzione L’acconto così determinato non deve comunque risultare inferiore al 101,5% dell’imposta relativa al valore della produzione netta imponibile da dichiarare nel 2015. Infatti, se la previsione dovesse risultare inesatta, troveranno applicazione le sanzioni per insufficiente versamento d’acconto (pari al 30% dell’importo non versato).
Nella diversa ipotesi in cui l’impresa abbia deciso di avvalersi del metodo storico, l’acconto viene determinato assumendo come base di calcolo il rigo IR21 “Totale imposta” del modello IRAP 2014, assunto in misura pari al 101,5%: 29.250 × 101,5% = 29.688,75 euro
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Interventi per le imprese
IRAP: calcolare l’acconto 2014 di Giovanni Petruzzellis Dottore commercialista, Studio Tributario Forte Ai fini della determinazione dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 determinato secondo il metodo previsionale, si deve tenere conto (in relazione ai contribuenti “ordinari”) dell’aliquota del 3,75%. L’art. 2 del D.L. n. 66/2014 (convertito nella legge n. 89/2014), ha previsto una riduzione generalizzata delle aliquote per tutti i settori di attività economica, con esclusione della pubblica amministrazione, introducendo specifiche aliquote transitorie ai fini del calcolo dell’acconto “previsionale” dovuto per l’anno d’imposta 2014. Per esemplificare le nuove modalità di calcolo, si consideri la seguente situazione riferibile alla società a responsabilità limitata ALFA, avente sede a Roma, operativa nel settore del commercio: Valore della produzione 2013, assunto ai fini IRAP
900.000 euro
Aliquota IRAP ordinaria in vigore per il periodo d’imposta 2013 (comprensiva della maggiorazione 4,82% deliberata dalla regione Lazio) Debito IRAP relativo al 2013
(900.000 x 4,82%) = 43.380 euro
L’importo in questione, al netto degli acconti liquidati nel 2013, doveva essere versato (utilizzando il codice tributo 3800), entro il 7 luglio 2014, senza alcuna maggiorazione, ovvero dall’8 luglio al 20 agosto 2014, con la maggiorazione dello 0,40% (per effetto del rinvio disposto, limitatamente ai contribuenti soggetti agli studi di settore, con D.P.C.M. 13 giugno 2014). Nei medesimi termini è dovuto il primo acconto relativo al periodo d’imposta 2014, sulle cui modalità di calcolo impattano le novità introdotte dal D.L. n. 66/2014. Il decreto, infatti, prevede che ai fini della determinazione dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 determinato secondo il metodo previsionale, si tenga conto (in relazione ai contribuenti “ordinari”) dell’aliquota del 3,75%.
92
DECRETO IRPEF
Ciò detto, è plausibile che la società ALFA propenda, per ragioni di convenienza finanziaria, per l’applicazione del metodo previsionale anche nell’ipotesi in cui non siano effettivamente ravvisabili scostamenti significativi nel valore della produzione atteso per il 2014. Ipotizzando un valore atteso “in linea” con quello conseguito nel 2013 si ha pertanto che: Acconto Irap 2014 (1) = 900.000 x 3,75% = 33.750 euro. L’acconto così determinato è dovuto in due rate: prima rata (entro il 7 luglio 2014) = 33.750 x 40% = 13.500 euro (2), utilizzando il codice tributo 3812. seconda rata (entro il 1° dicembre 2014) = 33.750 x 60% = 20.250 euro, utilizzando il codice tributo 3813. (1)
Per i soggetti IRES l’acconto non è dovuto in presenza di importi a debito inferiori a 51,65 euro. Se la prima rata di acconto è inferiore a 103 euro, il versamento si effettua per intero alla scadenza della seconda rata. (2)
Il versamento della prima rata può comunque essere effettuato entro il 20 agosto 2014 con la maggiorazione dello 0,40%.
La rateizzazione La rateizzazione - prevista ai sensi dell’art. 20, D.Lgs. n. 241/1997 - è consentita solo per il primo acconto, fino ad un massimo di 6 rate mensili, con applicazione degli interessi dovuti nella misura del 4% annuo. Il pagamento, in ogni caso, deve essere completato entro il mese di novembre dello stesso anno di presentazione della dichiarazione per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare. Nonostante l’assenza di un auspicabile intervento chiarificatore da parte dell’Amministrazione, tale soluzione appare coerente con il dettato normativo, volto ad una sostanziale riduzione della pressione fiscale. È opportuno rilevare che l’acconto così determinato non deve comunque risultare inferiore a quanto effettivamente dovuto per l’anno in corso. Se l’importo dovesse rivelarsi inferiore, infatti, troverebbero applicazione le sanzioni previste per insufficiente versamento d’acconto (in misura pari al 30% dell’imposta non versata, maggiorata degli interessi dovuti), con possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso. Nella diversa ipotesi in cui l’impresa ritenesse di non avere minori imposte da liquidare per l’anno in corso, invece, è fatta salva la possibilità di procedere al versamento dell’acconto 2014 applicando il metodo storico sulla base dell’IRAP dovuta per lo scorso anno (101,5% dell’importo indicato nel rigo IR 21 del modello IRAP 2014). L’applicazione del metodo storico, in definitiva, è sconsigliato a tutte quelle imprese che 93
DECRETO IRPEF
prevedano di mantenere nel 2014 la stessa base imponibile del 2013. In questo caso, infatti, la riduzione delle aliquote a regime comporta maggiori versamenti in acconto rispetto al dovuto, con conseguente maturazione di un sostanzioso credito d’imposta, spendibile solo in seguito alla presentazione della dichiarazione.
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DECRETO IRPEF
Interventi per le imprese
Rivalutazione beni d’impresa con imposte in tre rate di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista La legge di conversione del decreto IRPEF conferma la possibilità di versare le imposte sostitutive derivanti dalla rivalutazione dei beni di impresa in modo rateale, a differenza di quanto precisato dall'Agenzia delle Entrate nella circolare n. 13/E/2014, rivitalizzando un istituto che è stato tacciato fin da subito di scarso appeal per la sua eccessiva onerosità. Ancora una volta al centro delle attenzioni del Fisco vi è la disciplina che consente la rivalutazione dei beni d’impresa (ad esclusione degli immobili alla cui produzione o al cui scambio diretta l’attività d’impresa) e delle partecipazioni in società controllate e collegate risultanti dal bilancio concernente l’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2012. Nota bene - La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio, o rendiconto, relativo all'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012, sempre che il termine di approvazione dello stesso scada successivamente al 1° gennaio 2014; - contemporaneamente alla rivalutazione, consentito effettuare l'affrancamento del saldo attivo, mediante il pagamento di un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, dell'IRAP e di eventuali addizionali.
Le novità Con la circolare 4 giugno 2014, n. 13/E, l'Amministrazione finanziaria si sofferma sull'argomento e pone, tra l'altro, la sua attenzione sui presupposti soggettivi in presenza di operazioni straordinarie quali il conferimento, la fusione e la scissione: è ribadito il principio di continuità aziendale tra dante e avente causa consentendo, di fatto, la rivalutazione ai soggetti conferitari, alla società beneficiaria nella scissione o alla società incorporante nell'operazione di fusione. In particolare, nell'ipotesi di conferimento effettuato in neutralità fiscale nel corso del 2013, ai sensi dell'art. 176, comma 4, TUIR “le aziende si considerano possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di possesso del soggetto conferente" in applicazione del 95
DECRETO IRPEF
principio di continuità del possesso aziendale tra conferente e conferitario. Questo determina che il conferitario può rivalutare i beni oggetto di conferimento, anche se gli stessi figuravano iscritti nel bilancio del conferente relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2012. Operazioni straordinarie -
conferimento fusione scissione
Presupposti soggettivi Continuità aziendale tra dante e avente causa Il soggetto conferitario può rivalutare i beni anche se iscritti in bilancio del soggetto conferente al 31 dicembre 2012
Le medesime conclusioni vanno applicate all'ipotesi di fusione o scissione realizzate nel corso del 2013. In tal caso, la società incorporante o risultante dalla fusione e la società beneficiaria possono rivalutare i beni acquisiti se gli stessi figuravano iscritti nei bilanci della società incorporata o della scissa al 31 dicembre 2012.
Ambito oggettivo Possono formare oggetto di rivalutazione i beni d’impresa, con esclusione degli immobili alla cui produzione e al cui scambio diretta l’attività dell'impresa, nonché le partecipazioni in società controllate e collegate ai sensi dell'art. 2359 c.c. costituenti immobilizzazioni. Nella circolare n. 13/E, l’Agenzia precisa che la disciplina della rivalutazione dei beni d’impresa applicabile alle: - immobilizzazioni materiali ammortizzabili e non ammortizzabili.
-
-
Si pensi, ad esempio, agli immobili, ai beni mobili iscritti in pubblici registri, agli impianti e i macchinari, alle attrezzature industriali e commerciali; immobilizzazioni immateriali, costituite da beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati (ad esempio diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno, diritti di concessione, licenze, marchi, know-how, altri diritti simili iscritti nell'attivo del bilancio ovvero, ancorché non più iscritti in quanto interamente ammortizzati, che siano ancora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni normative); partecipazioni, costituenti immobilizzazioni finanziarie, in società controllate o collegate di cui all’art. 2359 c.c.
Inoltre, nello stesso documento, viene precisato che la rivalutazione applicabile anche ai beni completamente ammortizzati e alle immobilizzazioni in corso, risultanti dall'attivo 96
DECRETO IRPEF
dello stato patrimoniale del bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2012. La disciplina non trova applicazione in riferimento: ai beni materiali e immateriali alla cui produzione o al cui scambio diretta l’attività d'impresa (materie prime, merci, prodotti finiti, etc.); all'avviamento, ai costi pluriennali e ai beni monetari (denaro, crediti, obbligazioni, comprese quelle convertibili, etc.); alle partecipazioni che non siano di controllo o di collegamento ai sensi dell'art. 2359 c.c.; alle partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, ancorché considerate di controllo o di collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c.
Modalità operative Per attuare la rivalutazione dei beni di impresa è necessario che i beni da rivalutare risultino sia nel bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2012, sia in quello relativo all'esercizio successivo per il quale il termine di approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2014. Questa condizione applicata ai soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare determina che la rivalutazione possa essere eseguita nel bilancio o rendiconto chiuso il 31 dicembre 2013, in relazione ai beni risultanti dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2012. Ciò significa che i beni da rivalutare devono essere iscritti tra le immobilizzazioni sia nel bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2012 che nel bilancio relativo all'esercizio successivo. Altro punto importante della circolare ministeriale si riferisce al regime contabile adottato dal contribuente che intende rivalutare i beni di impresa. Viene confermata la possibilità di rivalutare sia ai soggetti in contabilità ordinaria che a quelli che fruiscono di regimi semplificati di contabilità. In tal caso, la rivalutazione va compiuta per i beni, acquisiti entro il 31 dicembre 2012, che risultano dal registro dei beni ammortizzabili o dal registro degli acquisti ai fini dell'IVA. Nell’ipotesi in cui i beni siano detenuti in leasing possono essere rivalutati dall'utilizzatore solo se stato esercitato il diritto di riscatto entro l'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2012, giacché possono essere rivalutati i soli beni in proprietà.
Il versamento dell’imposta L'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP dovuta sui maggiori valori iscritti in bilancio in sede di rivalutazione deve essere calcolata nella misura del 16% per i beni ammortizzabili e del 12% cento per i beni non ammortizzabili e va computata in diminuzione del saldo attivo della rivalutazione. 97
DECRETO IRPEF
Determinazione dell’imposta sostitutiva da versare (per imposte sui redditi e IRAP) Beni ammortizzabili
Beni non ammortizzabili
16 %
12 %
Riduce il saldo attivo di rivalutazione Diversamente da quanto indicato nella circolare n. 13/E/2014 dell’Agenzia delle Entrate in ordine al versamento delle imposte sostitutive da rivalutazione, la legge di conversione del D.L. n. 66/2014 conferma l’originaria possibilità di eseguire il versamento delle imposte in tre rate. La prima rata dell’imposta sostitutiva deve, quindi, essere versata per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare entro il giorno 16 giugno (ovvero entro il 30° giorno successivo a tale termine maggiorandola dello 0,40% a titolo di interesse) e può essere compensata nel modello F24. La seconda rata deve essere versata entro il giorno 16 del nono mese dalla fine del periodo d’imposta e la terza entro il giorno 16 del dodicesimo mese dalla fine del periodo di imposta. Questa modifica va, altresì, coordinata con la proroga dei termini disposta dal D.P.C.M. 13 giugno 2014 in relazione ai contribuenti soggetti agli studi di settore. La proroga riguarda, solo i soggetti tenuti ai versamenti, risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, da quelle in materia d’imposta regionale sulle attività produttive, dalla dichiarazione unificata annuale, entro il 16 giugno 2014, che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore e dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze (attualmente tale limite è di 5.164.569 euro). Nei confronti di questi soggetti, i versamenti devono essere eseguiti: entro il 7 luglio 2014, senza alcuna maggiorazione; dall’8 luglio 2014 al 20 agosto 2014, maggiorando le somme da versare dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. Tali date rappresentano per questi soggetti i nuovi termini di versamento della prima rata delle imposte sostitutive da rivalutazione. Si ricorda, infine, che l'esercizio dell'opzione per la rivalutazione dei beni d'impresa si perfeziona con l'indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggiori valori rivalutati e della 98
DECRETO IRPEF
relativa imposta sostitutiva. Nell'ipotesi in cui il versamento della relativa imposta sostitutiva sia omesso, o venga eseguito con un importo insufficiente e/o tardivo, non rileva ai fini del perfezionamento della rivalutazione. In tal caso, l'imposta sostitutiva non versata viene iscritta a ruolo fermo restando la possibilità di ravvedersi.
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DECRETO IRPEF
Interventi per le imprese
Rivalutazione beni di impresa: come ottimizzare gli effetti di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista La legge di conversione del decreto IRPEF ripristina le modalità di pagamento delle imposte sostitutive dovute per la rivalutazione dei beni d’impresa, con la possibilità di effettuare il versamento in tre rate relativamente al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013. Dal punto di vista operativo, la rivalutazione dei beni d’impresa comporta una serie di valutazioni contabili-fiscali per ottimizzare gli effetti che ne possono derivare. Attraverso alcuni esempi pratici, valuteremo le singole modalità di rivalutazione e quali effetti producono sia ai fini del bilancio che ai fini dell’imposizione fiscale.
Esempio di rivalutazione Situazione ante-rivalutazione Costo storico = 10.000 Aliquota di ammortamento = 20% Anno di acquisto = 2010 Valore di sostituzione = 20.000 (costo di acquisto di un bene nuovo della medesima tipologia) Valore di mercato 7.000 Piano di ammortamento originario anno
quota amm.to fondo
2010
1.000
1.000
2011
2.000
3.000
100
DECRETO IRPEF
Piano di ammortamento originario anno
quota amm.to fondo
2012
2.000
5.000
2013
2.000
7.000
2014
2.000
9.000
2015
1.000
10.000
Determinazione del valore massimo di rivalutazione (valore di mercato - residuo anno 2013) 4.000 = 7.000 - 3.000 Rivalutazione del cespite e del fondo
Coefficiente di rivalutazione
=
Riv. max / Val. residuo 2012
80%
=
4.000 / 5.000
Val. residuo ammortizzabile
=
Val. mercato + Amm.to teorico 2013
9.000
=
7.000 + 2.000
Costo storico rivalutato
=
Costo storico + Rivalutazione
18.000
=
10.000 + 8.000
Fondo amm. rivalutato
=
F.do al 31/12/2012 + Rivalutazione F.do
9.000
=
5.000 + 4.000
Rivalutazione effettuata
=
8.000 - 4.000 = 4.000
Residuo da amm.re
=
18.000 - 9.000 = 9.000
Questa modalità di rivalutazione prevede la contestuale iscrizione del maggior valore ad incremento sia del costo storico sia del fondo ammortamento; tale metodo consente di: mantenere inalterata la durata del processo di ammortamento; imputare a conto economico maggiori quote di ammortamento; 101
DECRETO IRPEF
-
aumentare il plafond rilevante ai fini dell’art. 102 comma 6 TUIR,
ma risulta di difficile attuazione pratica. Verifica del limite economico della rivalutazione: 1) Valore residuo 2013
+ Maggiori ammortamenti = Valore di mercato
5.400
+ 1.600 = 7.000
Rivalutazione del solo costo storico Costo storico = 10.000 Importo rivalutazione = 4.000 Costo storico rivalutato = 14.000 Nuovo piano di ammortamento magg.ne amm.to
anno
amm.to
fondo
2010
1.000
1.000
2011
2.000
3.000
2012
2.000
5.000
2013
2.800
7.800
800
2014
2.800
10.600
800
2015
2.800
13.400
1.800
2016
600
14.000
600
Rivalutazione fondo
Questa modalità di rivalutazione prevede l’iscrizione del maggior valore ad incremento del solo costo storico senza rivalutazione del fondo; tale metodo comporta: l’allungamento della durata del processo di ammortamento; la possibile imputazione a conto economico di maggiori quote di ammortamento; 102
DECRETO IRPEF
-
l’aumento del plafond rilevante ai fini dell’art. 102 comma 6 del TUIR,
e risulta di semplice attuazione pratica. Verifica del limite economico della rivalutazione: 1) Valore residuo 2013
+ Maggiori ammortamenti = Valore di mercato
6.200
+ 800 = 7.000
Riduzione del fondo di ammortamento Fondo al 2012 = 5.000 Importo riduzione = 4.000 Piano di ammortamento originario anno
amm.to
fondo
2010
1.000
1.000
2011
2.000
3.000
2012
2.000
5.000
Riduzione fondo
- 4.000
1.000
2013
2.000
3.000
2014
2.000
5.000
2015
2.000
7.000
2016
2.000
9.000
2017
1.000
10.000
Questa modalità prevede la diminuzione in tutto o in parte del fondo ammortamento; tale metodo comporta: l’allungamento della durata del processo di ammortamento; 103
DECRETO IRPEF
-
la non imputazione a conto economico di maggiori quote di ammortamento; il mancato aumento del plafond rilevante ai fini dell’art. 102 comma 6 del TUIR,
e risulta di semplice attuazione pratica. Verifica del limite economico della rivalutazione: 1) Valore residuo 2013
+ Maggiori ammortamenti = Valore di mercato
7.000
+ 0 = 7.000
I nuovi valori rivalutati trovano un limite normativo definito limite economico del bene: in sostanza, viene individuato un limite oltre il quale la rivalutazione può essere disconosciuta. I valori rivalutati, quindi, non possono mai superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo ai seguenti criteri ed elementi: consistenza; capacità produttiva; effettiva possibilità di utilizzazione economica nell’impresa; valori correnti e quotazioni rilevate nei mercati regolamentati italiani o esteri.
La compilazione del modello UNICO 2014 L'esercizio dell'opzione per la rivalutazione dei beni d'impresa si perfeziona con l'indicazione in dichiarazione dei redditi dei maggiori valori rivalutati e della relativa imposta sostitutiva. Di seguito si riportano le modalità di compilazione del modello UNICO 2014 ai fini della rivalutazione dei beni di impresa: quadro RQ - indicando l’importo delle riserve da rivalutazione e delle imposte sostitutive versate (16% e 12%) Impresa individuale
Sezione XXI-A
Società di persone
Sezione XXI-A
Società di capitali
Sezione XXI-A
104
DECRETO IRPEF
-
quadro RQ - indicando l’importo del saldo di rivalutazione della riserva vincolata e l’imposta sostitutiva dovuta (10%)
-
prospetto del capitale e delle riserve - (le società di capitali), indicando nel rigo RS139, colonna 2 (incrementi- Riserve in sospensione d’imposta) e colonna 4 (saldo finale al 31 dicembre 2013) la riserva costituita dal saldo attivo accantonato nell’apposita riserva.
Nota bene - La riserva deve essere indicata al netto dell'imposta sostitutiva come espressamente stabilito dal documento interpretativo 3 dell'OIC sulle novità introdotte dalla rivalutazione sugli immobili di cui al D.L. n. 185/2008. - Si ritiene che anche la riserva da affrancamento in UNICO SC 2014 debba essere indicata nel rigo RS139, colonna 2 e non in RS134, colonna 2 e ciò in considerazione che l’affrancamento deve considerarsi evento prodottosi nel 2014 e, dunque, nel prospetto di quest'anno la stessa, al netto della sostitutiva (16% o 12%), deve essere indicata tra quelle in sospensione d'imposta. Nel modello UNICO SC/2015 si ridurrà il rigo RS139 “Riserve in sospensione d'imposta” e si incrementerà il rigo RS134.
105
DECRETO IRPEF
-
quadro RV, sezione 1
Il versamento dell’imposta L'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell'IRAP dovuta sui maggiori valori iscritti in bilancio in sede di rivalutazione deve essere calcolata nella misura del 16% per i beni ammortizzabili e del 12% per i beni non ammortizzabili e va computata in diminuzione del saldo attivo della rivalutazione. Analogo discorso vale per l’imposta sostitutiva del 10% per l’affrancamento del saldo di rivalutazione. Determinazione dell’imposta sostitutiva (IRPEF/IRES/IRAP) da versare sui maggiori valori Beni ammortizzabili
Beni non ammortizzabili
16 %
12 %
Riduce il saldo attivo di rivalutazione Nell’iter di conversione dell’art. 4, comma 11, D.L. n. 66/2014 viene definitivamente stabilita la possibilità di eseguire il versamento delle imposte sostitutive in tre rate. La prima rata dell’imposta sostitutiva doveva, quindi, essere versata per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare entro il giorno 16 giugno (ovvero entro il trentesimo giorno successivo al predetto termine maggiorandola dello 0,40% a titolo di interesse) e può essere compensata nel modello F24. Il termine del 16 giugno 2014 è stata prorogato al 7 luglio 2014 per quei contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore e attualmente fissato a 5.164.569 euro: per tali soggetti, dall’8 luglio al 20 agosto 2014, il versamento delle imposte sostitutive deve contenere la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse. La seconda rata deve essere versata entro il giorno 16 del nono mese dalla fine del periodo d’imposta (di regola il 16 settembre 2014) e la terza entro il giorno 16 del dodicesimo mese dalla fine del periodo di imposta (di regola il 16 dicembre 2014). 106
DECRETO IRPEF
Codici tributo I codici tributo da utilizzare nel modello F24 sono: -
1811 - Imposta sostitutiva sulla rivalutazione dei beni d’impresa e delle partecipazioni art.1, c. 140, legge n. 147/2013, e succ. modif.;
-
1813 - Imposta sostitutiva relativa al saldo attivo di rivalutazione di cui all’art. 1, comma 142, legge n. 147/2013, e succ. modif.
In sede di compilazione del modello F24, i codici tributo devono essere esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “anno di riferimento”, dell’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “AAAA”.
Esempio di rivalutazione con affrancamento della riserva Una società di capitali ha effettuato la rivalutazione dei beni di impresa con affrancamento della riserva sui seguenti maggiori valori: -
beni ammortizzabili = 1.000.000
-
beni non ammortizzabili = 600.000
Su tali importi la società ha versato l’imposta sostitutiva optando per il versamento della stessa in tre rate annuali. L’imposta sostitutiva dovuta è del 16% per i beni ammortizzabili e del 12% per i beni non ammortizzabili e quindi rispettivamente pari a 160.000 e 72.000 euro e l’imposta sostitutiva relativa all’affrancamento della riserva di rivalutazione è pari a 160.000 euro. La compilazione dei singoli quadri del modello UNICO 2014 SC avverrà come segue:
In questa ipotesi la società procede anche alla compilazione della sezione XXI-C del quadro RQ al preciso fine di dare evidenza all’affrancamento della riserva da rivalutazione.
Si rileva che l’importo da iscrivere nel relativo prospetto delle riserve è pari alla differenza fra 107
DECRETO IRPEF
il saldo attivo di rivalutazione e l’imposta sostitutiva dovuta per la rivalutazione stessa (pari a 1.368.000 euro) mentre ai fini dell’affrancamento, tale importo deve essere, invece, assunto al lordo dell’imposta
108
DECRETO IRPEF
Interventi per le imprese
La riduzione delle spese fiscali sulle rinnovabili di Andrea Quaranta Environmental risk and crisis manager Il D.L. n. 66/2014 modifica le modalità di tassazione del reddito delle aziende agricole derivante dalla produzione di energia da fonti rinnovabili. Prevista anche la cancellazione dell’esenzione IMU sui terreni agricoli collinari. Negative le prime reazioni delle associazioni di categoria. Per coprire il previsto aumento di 80 euro in busta paga per i dipendenti il cui reddito lordo oscilla fra 8.000 e 24.000 euro, il Governo ha previsto sei diverse misure per risparmiare e rendere efficiente la spesa pubblica: fra queste, quelle volte alla riduzione delle spese fiscali.
Risparmi ed efficienza della spesa pubblica 1)
Razionalizzazione della spesa pubblica per beni e servizi
2)
Amministrazione sobria
3)
Trasferimenti e sussidi
4)
Aziende municipalizzate
5)
Razionalizzazione degli spazi della P.A.
6)
Digitalizzazione
Il nuovo reddito imponibile per la produzione di energia da FER La prima delle due modifiche riguarda la rideterminazione del reddito imponibile derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica e calore da: fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche; carburanti prodotti da coltivazioni vegetali provenienti prevalentemente dal terreno effettuata da imprenditori agricoli.
109
DECRETO IRPEF
La rideterminazione del reddito imponibile per alcune tipologie di FER Tempistiche
A partire dal periodo di imposta 2015 Il reddito è determinato apportando ai corrispettivi delle operazioni (cessioni) effettuate ai fini IVA il coefficiente di redditività del 25% (a legislazione vigente la produzione e la cessione si considerano attività connesse e produttive di reddito agrario, determinato, pertanto, in via catastale)
Modifiche in sede di conversione in legge n. 89/2014 Reddito agrario Oggetto: la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche; la produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo; la produzione di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli Modalità
costituiscono attività connesse e si considerano produttive di reddito agrario Limiti temporali: solo per l’anno 2014 Limiti fisici: - sino a 2.400.000 kWh/anno per le FER agroforestali sino 260.000 kWh/anno per il fotovoltaico Superamento dei limiti Per la produzione di energia, oltre i limiti suddetti, il reddito delle persone fisiche, società semplici, società di persone, S.r.l. e società cooperative che rivestono la qualifica di società agricola è determinato, ai fini IRPEF ed IRES: applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, il coefficiente di redditività del 25% 110
DECRETO IRPEF
È fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione Queste disposizioni si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 e di esse si tiene conto ai fini della determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi e dell’IRAP dovute per il predetto periodo d’imposta
I numeri
Secondo i dati del GSE, nel 2013 l’importo complessivamente attribuibile al fatturato in questione è pari a circa 616,5 milioni di euro: 110 milioni riguardano incentivi per la produzione di fotovoltaico a favore di soggetti identificati come produttori agricoli (tale importo costituisce a tutti gli effetti fatturato da produzione di agro-energia); 500 milioni concernono gli incentivi per l’energia prodotta da biomasse/biogas a favore delle imprese agricole, legati alla produzione agricola aziendale o all’utilizzo di liquami zootecnici; 6,5 milioni sono quelli relativi agli incentivi per la produzione di biocarburanti ottenuti da vegetali provenienti prevalentemente dal fondo
Analisi
Sulla base di studi effettuati analizzando un sottoinsieme dei contribuenti potenzialmente interessati (i contribuenti società agricole che, attraverso abbinamento con l’archivio IRAP per rilevare le diverse attività esercitate, hanno dichiarato di esercitare anche attività di produzione di energia elettrica o gas), e utilizzando i dati provvisori delle dichiarazioni dei redditi UNICO 2013 delle società di persone e di capitali ed analizzando i ricavi analitici (non soggetti a tassazione) rispetto ai ricavi forfettari / su base catastale utilizzati a legislazione vigente per il calcolo dell’imposta, è emerso che il peso relativo del reddito catastale rispetto ai ricavi analitici è modesto, inferiore allo 1%. La variazione di base imponibile a carico dei contribuenti in questione è pari a circa:
Effetti
616,5 x (25% - 0,7%) = 150 milioni di euro Pertanto, utilizzando un’aliquota marginale media del 30% (comprensiva di eventuali addizionali) in quanto si tratta di reddito impresa, il recupero di gettito IRPEF è pari a circa 45 milioni. 111
DECRETO IRPEF
Anticipo dell’acconto
Poiché la normativa proposta prevede che i contribuenti debbano ricalcolare l’acconto 2014 in sede di autotassazione, come se già nel 2013 fosse stata in vigore la modifica normativa, in termini di cassa con un acconto del 75% - si stima un aumento dell’IRPEF/IRES (in milioni di euro) di: + 33,8% per il 2014 + 45,0% per il 2015 e il 2016.
Cancellata l’esenzione IMU sui terreni collinari La seconda “modifica fiscale” concerne l’esenzione dall’IMU attualmente prevista per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, attraverso la previsione di un futuro decreto ministeriale, che avrà il compito di individuare i terreni che saranno assoggettati all’IMU. Ai terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che saranno esclusi dalle zone montane o di collina, sarà riconosciuta l’esenzione dall’IMU. Per tali terreni, inoltre, un altro futuro decreto del ministero dell’interno dovrà stabilire le modalità per la compensazione del minor gettito.
Contenuti del futuro decreto Titolarità
MiSE, di concerto con MIPAAF e il ministero dell’interno -
Modalità
Scopo
altitudine riportata nell’elenco dei Comuni italiani predisposto dall’ISTAT diversificazione fra terreni posseduti da: a) coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agricola b) tutti gli altri
Garantire un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal 2014
A partire dall’esercizio finanziario 2015, anche a seguito dell’emanazione del D.M. per il 2014 - che permetterà l’individuazione della distribuzione regionale del maggiore gettito derivante dalla norma in esame - precisa la relazione tecnica al decreto, gli effetti per il bilancio dello Stato potranno essere corrispondentemente considerati, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, anche in termini di minori spese.
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Interventi per le imprese
Aumenta la tassazione sulla produzione di energia da fonti agroforestali di Andrea Quaranta Environmental risk and crisis manager Con il decreto Renzi il Governo è intervenuto per ridurre le spese fiscali nel settore agricolo, stabilendo che la tassazione sulla produzione di energia pulita da fonti rinnovabili agroforestali sarà determinata non più su base catastale ma in modo forfettario. Previste maggiori entrate erariali.
Il precedente regime di tassazione delle fonti agroforestali La legge Finanziaria 2006 e i successivi interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, agroindustria e pesca, e in materia di fiscalità per l’impresa, hanno stabilito che: - la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse e si considerano produttive di reddito agrario. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 32 TUIR, la tassazione su tale attività era determinata su base catastale, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari.
La modifica operata dal D.L. n. 66/2014 Il c.d. decreto IRPEF adottato dal Governo Renzi è intervenuto in materia, stabilendo che: il reddito derivante da tali tipologie di produzione di energia elettrica “ determinato applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto il coefficiente di redditività del 25 per cento”; tali disposizioni si applicano “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013 e di esse si tiene conto ai fini della determinazione dell’acconto delle imposte sui redditi dovute per il predetto periodo d’imposta”. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 56-bis TUIR, per tali attività è prevista, quale regime naturale, una tassazione forfettizzata.
Gli effetti positivi: le stime del Governo Nella relazione tecnica il Governo evidenzia che la modifica introdotta porterà ad un recupero di gettito IRPEF di competenza pari a circa 45 milioni di euro su base annua: in termini di cassa, considerando l’anticipo di acconto del 75%, gli effetti nel triennio sono quelli indicati in tabella (le cifre sono espresse in milioni di euro). 113
DECRETO IRPEF
IRPEF/IRES
2014
2015
2016
+ 33,8
+45,0
+45,0
In sostanza, l’effetto positivo per l’erario in termini di recupero di gettito, in conseguenza della diversa modalità di determinazione dell’imponibile, viene stimato per differenza fra: -
la nuova modalità, che prevede l’applicazione di un coefficiente di redditività del 25% ai corrispettivi delle operazioni effettuate ai fini IVA, quella prevista dalla legislazione previgente, in base alla quale la determinazione del reddito veniva fatta su base catastale.
Per tale calcolo il Governo ha utilizzato i dati forniti dal GSE, secondo i quali nel 2013 l’importo complessivamente attribuibile al fatturato in questione ammonta a circa 616,5 milioni di euro, importo che comprende: 110 milioni di incentivi per la produzione di fotovoltaico a favore di soggetti identificati come produttori agricoli (importo che si afferma costituire a tutti gli effetti fatturato da produzione di agro energia); una stima di circa 500 milioni di euro di incentivi a biomasse/biogas a favore delle imprese agricole, legati alla produzione agricola aziendale o all’utilizzo di liquami zootecnici; un importo di incentivi per la produzione di biocarburanti, ottenuti da vegetali provenienti prevalentemente dal fondo, pari a circa 6,5 milioni di euro.
Le fonti rinnovabili coinvolte Produzione e cessione di energia elettrica e calorica: risorse agroforestali fotovoltaico carburanti prodotti da coltivazioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli
Gli effetti negativi: le reazioni del settore agricolo La previsione è contenuta nel D.L. n. 66/2014, che prevede 80 euro in più al mese nelle buste paga dei dipendenti con reddito lordo compreso fra 8.000 e 24.000 euro annui: l’inasprimento della tassazione del reddito per le aziende che producono energia rinnovabile, dunque, serve in parte per finanziare il bonus IRPEF.
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DECRETO IRPEF
Gli effetti positivi delle energie agroforestali I settori del biogas e delle biomasse: utilizzano materia prima agroforestale, effluenti zootecnici, sottoprodotti, con positive ricadute economiche sul territorio; danno un grande contributo alla diminuzione delle emissioni e più in generale alla tutela dell’ambiente Secondo le associazioni del settore agricolo, la pesante tassazione genera un gettito di gran lunga superiore a quanto stimato dal Governo: per questo è indispensabile rilanciare una strategia di settore che eviti provvedimenti estemporanei, con effetti retroattivi
Le reazioni non si sono fatte attendere: il coordinamento fra CIA, Confagricoltura e Alleanza cooperative agroalimentari ha affermato che “dopo gli interventi normativi introdotti con il decreto Destinazione Italia, che ha ridotto pesantemente i prezzi minimi di vendita dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, l’aggravio fiscale previsto con il provvedimento approvato dal Governo rischia di compromettere definitivamente l’equilibrio economico-finanziario delle imprese agricole che hanno investito nel settore delle rinnovabili […] e di avere effetti dirompenti sui piani d’investimento e sulle fonti di finanziamento bancario”.
L’IMU per terreni agricoli La seconda riduzione delle spese fiscali riguarda l’IMU per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina.
I criteri per l’individuazione dei Comuni nei quali si applica l’esenzione Altitudine riportata nell’elenco dei Comuni italiani predisposto dall’ISTAT Diversificazione eventuale fra: terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola altri
Attualmente, questi terreni sono esenti dall’imposta municipale propria: con la modifica introdotta dal Governo Renzi si prevede che, con successivo decreto del ministro dell’economia e delle finanze, tali terreni saranno assoggettati all’imposta. 115
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L’obiettivo è quello di garantire un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal 2014. A partire dall’esercizio finanziario 2015, anche a seguito dell’emanazione del D.M. per il 2014 che permetterà l’individuazione della distribuzione regionale del maggiore gettito derivante dalla norma, gli effetti per il bilancio dello Stato potranno essere corrispondentemente considerati, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, anche in termini di minori spese.
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Interventi per le imprese
Mini riforma per la riscossione con F24 di Roberto Fanelli Revisore contabile e pubblicista A partire da ottobre, il pagamento con F24 dovrà essere effettuato, tranne in casi marginali, anche dai soggetti senza partita IVA esclusivamente in forma telematica o direttamente o tramite intermediari della riscossione convenzionati con l’Agenzia delle Entrate. Ciò consentirà di contenere i costi da riscossione nell’ottica della Spending review. Il decreto IRPEF contiene anche una “mini riforma” della riscossione, finalizzata ad ottenere una riduzione dei costi che l’Erario sostiene per la riscossione fiscale delle imposte e dei contributi. Nello schema di provvedimento la norma che si occupa di ridurre i costi della riscossione fiscale è l’art. 11, che prevede l’abbandono del pagamento F24 in forma cartacea favorendo l’utilizzo di modalità telematiche di versamento. Infatti, la disposizione stabilisce che a partire dal 1° ottobre 2014: a) nel caso in cui, per effetto delle compensazioni effettuate, il saldo finale del modello sia di importo pari a zero, il contribuente potrà effettuare il versamento (rectius, presentare il modello a saldo zero) “esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle Entrate”. Ciò significa che non sarà più possibile presentare l’F24 a zero presso una banca, le poste o un intermediario abilitato (professionista, consulente, etc.). In pratica, il contribuente potrà presentare il modello esclusivamente mediante i servizi telematici, registrandosi presso l’Agenzia delle Entrate; b) nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni e il saldo finale sia di importo positivo (di qualunque ammontare), il versamento potrà avvenire “esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle Entrate e dagli Intermediari della riscossione convenzionati con la stessa”; c) nel caso in cui il saldo finale sia di importo superiore a 1.000 euro, il versamento potrà essere effettuato, come per il caso b), “esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle Entrate e dagli Intermediari della riscossione convenzionati con la stessa”. In pratica, dunque, dal 1° ottobre 2014 i versamenti saranno effettuati, come accade oggi per i soggetti con partita IVA, esclusivamente in via telematica, o direttamente (modalità obbligatoria in caso di delega di versamento “a saldo zero”, per la presenza di compensazioni 117
DECRETO IRPEF
fiscali) ovvero avvalendosi di intermediari della riscossione convenzionati con l’Agenzia delle Entrate. La norma riportata nello schema di decreto non disciplina l’ipotesi di versamenti senza compensazione di importo fino a 1.000 euro che, pertanto, dovrebbero continuare a poter essere effettuati, da soggetti senza partita IVA, presentando la delega di versamento in banca o in posta. Il comma 1 della norma stabilisce, peraltro, che al fine di ottenere la riduzione dei costi della riscossione fiscale, favorendo l’utilizzo di modalità telematiche di versamento nonché massimizzando le economie di scala ottenibili dall’incremento dei volumi dei versamenti, “l’Agenzia delle Entrate provvede alla revisione delle condizioni, incluse quelle di remunerazione delle riscossioni dei versamenti unitari […] effettuate da parte delle banche e degli altri operatori, del servizio di accoglimento delle deleghe di pagamento, in modo da assicurare una riduzione di spesa pari, per l’anno 2014, al 30 per cento e, per ciascun anno successivo, al 40 per cento di quella sostenuta nel 2013”. Il comma 3 della norma in esame, abrogato in sede di conversione, conteneva una interessante disposizione per semplificare le modalità di versamento telematico. La norma, infatti prevedeva che l’utilizzatore dei servizi telematici messi a disposizione da “intermediari della riscossione convenzionati con l’Agenzia delle Entrate”, avrebbe potuto inviare, oltre alla propria, anche la delega di versamento di un “soggetto terzo”, purchè l’addebito avvenisse sul proprio conto corrente
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DECRETO IRPEF
Interventi per le aziende
TASI 2014 con versamenti differenziati di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista Le scadenze del versamento della TASI per l’anno 2014 sono state modificate dalla legge n. 89/2014, di conversione del decreto IRPEF, e sono legate al comportamento tenuto dal singolo Comune in relazione alla tempistica della delibera di approvazione di aliquote e detrazioni. La TASI (ovvero la componente della tassazione immobiliare destinata a finanziare i servizi indivisibili dei Comuni) è stata introdotta dalla legge di Stabilità per il 2014 e deve essere versata da chiunque possieda/detenga fabbricati e aree fabbricabili (pertanto, lo stesso ambito applicativo dell’IMU fatta eccezione per i terreni agricoli). La TASI non sostituisce l’IMU, posto che quest’ultimo tributo è stato abolito solo per le abitazioni principali diverse da quelle di lusso (A/1, A/8 e A/9). Pertanto, per le abitazioni che scontano l’IMU, il proprietario è tenuto al pagamento di entrambi i tributi, sempre nel rispetto delle regole previste in materia di aliquote TASI. L’aliquota base della TASI è pari all’1‰ e il Comune può: ridurre l’aliquota fino all’azzeramento; determinare l’aliquota in modo tale che la somma tra la stessa e l’aliquota IMU non sia superiore all’aliquota IMU massima statale al 31 dicembre 2013; detta aliquota massima, si ricorda, è pari al 10,6 per mille, ovvero alle altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile e per il 2014 il Comune può aumentarle fino al 2,5‰. Inoltre, in virtù delle modifiche apportate dal D.L. n. 16/2014, per il solo anno 2014: il Comune può deliberare una maggiorazione dell’aliquota TASI non superiore complessivamente allo 0,8 per mille tra l'abitazione principale e gli altri immobili; in alternativa, la somma dell’aliquota TASI e dell’IMU può essere elevata dal 10,6‰ all’11,4‰. Tale deroga subordina l’applicazione della predetta aliquota maggiorata alla condizione che, per le abitazioni principali e le unità immobiliari ad esse equiparate, siano previste detrazioni d’imposta o altre misure, “tali da generare effetti sul carico d’imposta TASI equivalenti o inferiori a quelli determinatisi con riferimento all'IMU relativamente alla stessa tipologia di immobili anche tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 13 del decreto-legge n. 201, del 2011”.
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Determinazione della base imponibile L’imposta dovuta va calcolata applicando alla base imponibile le aliquote previste (tenendo conto dell’eventuale detrazione per l’abitazione principale deliberata dal Comune), rapportata al periodo e alla percentuale di possesso o in base al numero di locatari/comodatari. La TASI deve essere applicata con le medesime regole dell’IMU, ovvero conteggiando per intero il mese nel quale il possesso o la detenzione si sono protratti per almeno 15 giorni e deve essere rapportata in relazione al periodo di possesso. Ad esempio In contribuente che ha acquistato il fabbricato nella prima quindicina di maggio deve calcolare l’imposta dovuta per l’intero anno tenendo conto di 8/12 di possesso. L'aliquota TASI da applicare ai fabbricati rurali strumentali è pari all’1 per mille e non è possibile in alcun caso aumentarla, né applicare la maggiorazione dello 0,8 per mille: l’art. 1, comma 678, legge di Stabilità 2014 non consente tale aumento prevedendo, infatti, che l'aliquota TASI non possa comunque superare l'1 per mille.
Presupposto impositivo Come indicato dalla norma (art. 1, comma 669, della legge di Stabilità 2014), il presupposto impositivo della TASI è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di fabbricati come definiti ai fini IMU (ivi compresa l'abitazione principale e le aree edificabili), ad eccezione in ogni caso dei terreni agricoli. Presupposto impositivo della TASI
Possesso o detenzione a qualsiasi titolo di fabbricati come definiti ai fini IMU ad eccezione dei terreni agricoli
Il rinvio alla normativa IMU comporta, anche ai fini della TASI, l'applicazione dell’art. 13, comma 2, D.L. n. 201/2011, che disciplina il prelievo impositivo dei terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, e sui quali persiste l'esercizio delle attività agricole. Ricordiamo, infatti, che, non si considerano fabbricabili e sono, pertanto, esclusi dall’ambito di applicazione dell’IMU, i terreni posseduti e condotti dai predetti soggetti e sui quali persiste l'esercizio delle attività agricole. Per cui, posto che ai fini IMU detti beni vengono considerati terreni agricoli, opera l'esclusione degli stessi anche ai fini TASI. Al contrario, nel caso in cui le aree edificabili non fossero possedute da coltivatori diretti (CD) e da imprenditori agricoli professionali (IAP), iscritti alla previdenza agricola, ma fossero date in affitto a questi ultimi nell'esercizio delle attività agricole, la TASI è comunque dovuta 120
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poiché il terreno resta area edificabile. In tale evenienza, peraltro, l'imposta complessiva deve essere determinata con riferimento alle condizioni del proprietario e, successivamente, ripartita tra quest'ultimo e l'affittuario (o il comodatario) sulla base delle percentuali stabilite dal comune in cui è ubicato il terreno locato. I possessori sono coobbligati in solido al pagamento della TASI, a prescindere dalla quota di possesso e dal fatto che solo per uno dei comproprietari l’immobile sia adibito ad abitazione principale. Ognuno dei possessori deve pagare la TASI in base alla propria quota, applicando l'aliquota relativa alla propria condizione soggettiva. In presenza di più soggetti proprietari del bene immobile
I possessori sono coobbligati in solido al pagamento della TASI a prescindere dalla quota di possesso
L’art. 1, comma 681, della legge di Stabilità 2014 dispone che: “Nel caso in cui l’unità immobiliare è occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull’unità immobiliare, quest'ultimo e l'occupante sono titolari di un'autonoma obbligazione tributaria. L'occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo della TASI, calcolato applicando l'aliquota [...]. La restante parte è corrisposta dal titolare del diritto reale sull’unità immobiliare.” In base a quanto disposto dal comma in esame, per gli immobili concessi in locazione/comodato si configurano due distinte obbligazioni in capo rispettivamente: l’inquilino / comodatario sarà tenuto al versamento della TASI “nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell'ammontare complessivo della TASI”. La percentuale a carico dell’occupante è calcolata sull’importo dell’imposta complessivamente determinata in capo al proprietario, per cui nel caso in cui l’immobile locato costituisca per l’occupante “abitazione principale”, ma per il proprietario “seconda casa”, l’aliquota applicabile sarà quella prevista per i fabbricati diversi dall’abitazione principale (la quota a carico del detentore è sempre frazione del totale). il proprietario, o il titolare del diritto reale, è tenuto al versamento della restante parte non a carico dell’occupante. Se l’unità immobiliare è occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale
L'occupante versa la TASI nella misura compresa fra il 10 e il 30% dell'ammontare complessivo in base a quanto stabilito dal comune
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La legge di conversione del decreto IRPEF interviene su diversi aspetti delle imposte locali sugli immobili. In particolare, per l’anno 2014: entro il 16 giugno 2014
sono obbligati al pagamento della prima rata della TASI esclusivamente i soggetti i cui immobili sono ubicati nei Comuni che hanno pubblicato le delibere di approvazione delle aliquote e detrazioni sul sito informatico del Dipartimento delle Finanze entro il 31 maggio 2014 entro il 16 ottobre 2014 sono obbligati al pagamento della prima rata della TASI, sia per le abitazioni principali che per gli altri immobili assoggettati al tributo, esclusivamente i soggetti i cui immobili sono ubicati nei Comuni che pubblicheranno le delibere di approvazione delle aliquote e detrazioni sul sito informatico del Dipartimento delle Finanze successivamente al 31 maggio 2014 ed entro il 18 settembre 2014 entro il 16 dicembre sono obbligati al pagamento della rata dell’IMU in un’unica 2014 soluzione, esclusivamente i soggetti i cui immobili sono ubicati nei Comuni che non hanno pubblicato alcunché entro la scadenza del 18 settembre 2014 A partire dall’anno 2015, invece, i Comuni dovranno assicurare la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti rendendo disponibili i modelli di pagamento preventivamente compilati su loro richiesta ovvero procedendo autonomamente all’invio degli stessi modelli. A partire da tale anno il versamento del tributo avverrà sulla falsariga di quanto previsto ai fini IMU e, quindi, con una prima rata entro il 16 giugno e la seconda entro il 16 dicembre.
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Fatturazione elettronica
Fatturazione elettronica con avvio anticipato di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista Il decreto IRPEF ha anticipato l'obbligo di utilizzo della fatturazione elettronica nei confronti di tutte le Amministrazioni pubbliche. I soggetti che emettono fattura nei confronti di Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza sono obbligati già dal 6 giugno 2014; per quanti emettono fatture nei confronti delle Amministrazioni pubbliche, lo specifico sistema telematico dovrà essere applicato dal 31 marzo 2015. I soggetti che hanno effettuano le loro prestazioni nei confronti dei Ministeri, delle Agenzie fiscali e degli Enti nazionali di previdenza hanno l’obbligo di fatturazione elettronica già a decorrere dal 6 giugno 2014. Per cui, da tale data, le fatture inerenti prestazioni rese a favore di Ministeri, Agenzie fiscali e altri Enti di previdenza (ad esempio, INPS, INAIL, etc.) compresi uffici, unità organizzative locali e Istituti di Istruzione Statale (cioè la c.d. pubblica amministrazione centrale) non possono essere inviate e/o consegnate in formato cartaceo. Inoltre, in conformità con quanto specificamente previsto dalla vigente normativa di carattere comunitario, il decreto IRPEF ha anticipato al 31 marzo 2015 l'obbligo dell’utilizzo della procedura della fatturazione elettronica nei confronti di tutte le Amministrazioni pubbliche e, quindi, anche di quelle a carattere locale (rispetto alla disposizione originaria che prevedeva la decorrenza dal 6 giugno 2015).
Fornitura di prestazioni a favore di Ministeri, Obbligo di fatturazione elettronica dal 6 Agenzie fiscali e enti nazionali di previdenza giugno 2014 Obbligo di trasmissione delle fatture in formato elettronico per tutte le PP.AA. per pagamento
Termine anticipato al 31 marzo 2015
Soggetti interessati Tra gli enti interessati da tale disposizione vi sono le Regioni e le Province, Autonome o meno, i Comuni, le Comunità Montane (incluse le unioni di Comuni e loro consorzi e associazioni) nonché le Università e gli Istituti di Istruzione Universitaria Pubblici, le Aziende 123
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Sanitarie Locali, Aziende Ospedaliere, Policlinici, Agenzie Regionali Sanitarie ecc.), le Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura e Unioni regionali e le altre PP.AA. locali. Come anticipato, dal 31 marzo 2015 il nuovo sistema di fatturazione dovrà essere applicato anche nei confronti di altre importanti pubbliche amministrazioni quali la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri ed altri Organi costituzionali e di rilievo costituzionale nonché quelli di regolazione dell’attività economica (AIFA, AgID etc.), Enti produttori di servizi economici (Anas, Equitalia etc.), Enti e Istituzioni di ricerca (ASI, CNR etc.), Enti a struttura associativa (ANCI, UNIONCAMERE etc.), Autorità amministrative indipendenti (AGCOM, AEGG etc.) ed altre PA centrali (Enti produttori di servizi assistenziali, ricreativi e culturali etc.)
Utilità della procedura Nell’ambito del più ampio programma di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche definito dall’Agenzia per l’Italia digitale previsto al fine di accelerare il completamento del percorso di adeguamento all’utilizzo della fatturazione elettronica nei rapporti economici tra pubblica amministrazione e fornitori, è stato previsto che la trasmissione di tali fatture elettroniche che attengono alle forniture effettuate a favore della P.A., avvenga attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) istituito dal Ministero dell'Economia e delle Finanze sotto la supervisione delle piattaforme tecnologiche gestite dalla SOGEI S.p.A. e la gestione dell’Agenzia delle Entrate. Va tenuto in debita considerazione che l’utilizzo della piattaforma elettronica è finalizzato a tracciare e rendere trasparente l’intero ciclo della vita commerciale dei debiti afferenti l’emissione della fattura elettronica e la sua richiesta di pagamento. L’attivazione di tali funzioni è stata prevista a far data dal 1° luglio 2014. Ne consegue che gli operatori che intrattengono rapporti con tali enti pubblici dovranno curare di adeguarsi tempestivamente alle nuove disposizioni, in quanto, in difformità dalle stesse non sarà più possibile da parte delle PP.AA. interessate dar seguito ai pagamenti, neppure in misura parziale se non viene rispettato l’invio del documento contabile in formato elettronico, costituendo, pertanto, lo stesso l’unico documento che può essere accettato.
Modalità operative Da un punto di vista tecnico, si evidenzia che la fattura deve essere elaborata in formato XML (eXtensible Markup Language). L'autenticità dell'origine e l'integrità del contenuto della fattura elettronica è assicurato dall'apposizione della firma che è appunto una firma elettronica nonché dall’indicazione di un codice identificativo univoco dell’ente destinatario della stessa CIG (che è possibile rinvenire nell'Indice delle pubbliche Amministrazioni IPA). Al fine di ricevere la fattura elettronica, la legge prescrive l’obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni di inserire all’interno dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA) l'anagrafica degli uffici (centrali o periferici) destinatari delle stesse. Detti uffici vanno 124
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identificati con un Codice Univoco da comunicare ai fornitori che devono riportarlo in fattura. L’Indice è consultabile sul sito www.indicepa.gov.it/documentale/index.php Il file sottoscritto deve essere inviato al Sistema di interscambio. Tale sistema effettua le verifiche utili ad accertare la presenza dei elementi del documento indispensabili per essere acquisito dal destinatario ed esegue controlli idonei a prevenire situazioni di dati errati e/o non elaborabili. Il sistema di interscambio rilascia al soggetto che ha effettuato l’invio una ricevuta di consegna. In ipotesi di esito negativo rilascia una notifica di mancata consegna. In tale ottica, il sistema di interscambio esamina i dati contenuti all’interno della fattura relativi a: identificativo cedente/prestatore; tipologia di documento; data della fattura; numero fattura. In base all’art. 25, D.L. n. 66/2014, le fatture elettroniche da emettere nei confronti delle PA devono indicare, tra gli altri elementi fiscali previsti anche: il Codice identificativo di gara (CIG), eccezione fatta per i casi di esclusione della tracciabilità ex legge n. 136/2010); il Codice unico di Progetto (CUP) in ipotesi di emissione di fatture inerenti a opere pubbliche, manutenzioni straordinarie, interventi finanziari da contributi comunitari nonché se previsto ai sensi dell’art. 11, legge n. 3/2003. Il contribuente è tenuto ad indicare tali elementi; in ipotesi di dimenticanza, la PA non può procedere il pagamento della fattura. Tra gli scopi connessi a questo sistema vi è ad esempio quello di controllare che non si verifichi un accidentale reinvio della medesima fattura, ovvero che il documento che si sta esaminando non sia stato già trasmesso ed elaborato. Il sistema applicato, però, non ha alcun ruolo amministrativo e, quindi, non assolve a compiti relativi all’archiviazione ovvero alla conservazione delle fatture elettroniche. Va anche evidenziato che solo le fatture complete delle informazioni richieste (di invio, ricezione e Codice CIG) potranno essere acquisite dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni dei crediti verso le Pubbliche Amministrazioni e con cui i soggetti interessati potranno fruire delle correlate agevolazioni al fine dell’ottenimento del pagamento delle prestazioni rese verso la P.A. o avvalersi di altre prerogative tra cui l’attivazione delle compensazioni di debiti tributari e previdenziali in carico all’Agente della riscossione.
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DECRETO IRPEF
Fatturazione elettronica
I nuovi codici identificativi della fattura PA di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista Ai fini del pagamento delle prestazioni e dei servizi resi, i soggetti che intrattengono rapporti di fornitura con la Pubblica Amministrazione devono emettere fattura elettronica rispettando le specifiche modalità introdotte dalla recenti diposizioni, tra cui l’uso dei codici CIG e CUP. I soggetti che intrattengono rapporti di fornitura con la Pubblica Amministrazione dovranno provvedere a fatturare elettronicamente le prestazioni. La nuova modalità di fatturazione, che è obbligatoria prevede una duplice decorrenza: dal 6 giugno 2014 per le fatture emesse nei con fronti di Ministeri, Agenzie fiscali e altri Enti di previdenza; dal 31 marzo 2015 per tutte le altre fatture emesse nei confronti di Pubbliche Amministrazioni diverse da quelle sopra indicate e, quindi, anche quelle locali. Ne consegue che a decorrere da tali date le Amministrazioni Pubbliche interessate non potranno più accettare fatture dai propri fornitori se non prodotte nel rispetto delle citate modalità e, conseguentemente, non potranno procedere al loro pagamento.
Il Sistema di Interscambio Il documento informatico va inoltrato utilizzando l’apposita piattaforma elettronica denominata Sistema di Interscambio messa a disposizione degli utenti interessati dall’Agenzia delle Entrate (con il supporto tecnologico della SOGEI e quello amministrativo della Ragioneria Generale dello Stato). Esso deve contenere determinati elementi a fini di controllo e di corretto inoltro alle PP.AA. destinatarie, nonché alcuni codici obbligatori, identificativi del tipo di transazione sottostante alla fatturazione elettronica.
I codici da inserire in fattura Al fine di garantire l’effettiva tracciabilità dei pagamenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni, si evidenzia che le norme che regolano il funzionamento della piattaforma informatica e l’utilizzo della fattura elettronica hanno prescritto che essa debba contenere: il Codice Identificativo di Gara (CIG), tranne i casi di esclusione dell’identificazione dello stesso nelle transazioni finanziarie e i casi di esclusione dall’obbligo di tracciabilità di cui alla legge n. 136/2010; 126
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il Codice Unico di Progetto (CUP), in caso di fatture relative a opere pubbliche, interventi di manutenzione straordinaria, interventi finanziati da contributi comunitari a opere pubbliche e ove previsto ai sensi dell’art. 11, legge n. 3/2003.
Si evidenzia che ciascuna transazione posta in essere da detti soggetti, proprio al fine di consentire la tracciabilità dei correlati flussi finanziari, deve necessariamente riportare il Codice Identificativo di Gara (CIG), attribuito dall'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori (AVCP) su richiesta della stazione appaltante, ossia del singolo Centro di Responsabilità Amministrativa della P.A. Il CUP, in sostanza, è il codice che deve identificare e accompagnare, in maniera univoca, tutti i progetti di investimento pubblico sin dalla loro nascita ed esso può essere richiesto collegandosi all’indirizzo internet http://cupweb.tesoro.it/CUPWeb. Il CUP va riportato in tutte le fasi che attengono il pagamento di un progetto di investimento pubblico, indipendentemente dal valore della spesa. Al fine di inquadrare la casistica dei progetti di investimento pubblico che richiedono obbligatoriamente l’adozione del CUP da parte del soggetto appaltante del progetto stesso si segnala che essi sono quelli caratterizzati: da presenza di un decisore pubblico; da finanziamento con risorse pubbliche almeno parziale - anche se minimo - diretto o indiretto; da comune obiettivo di sviluppo economico e sociale; da un tempo specificato entro il quale l’obiettivo va raggiunto. Attenzione In regime transitorio, sino all’adeguamento dei sistemi telematici delle banche e della società Poste Italiane S.p.a., il CUP può essere inserito nello spazio destinato alla trascrizione della motivazione del pagamento (a titolo di causale). Il Codice Unitario Progetto (CUP), unitamente al CIG, deve essere inserito in corrispondenza degli elementi denominati “CodiceCUP” e “CodiceCIG” presenti in uno dei blocchi informativi propri della fattura elettronica: Dati Ordine Acquisto; Dati Contratto; Dati Convenzione; Dati Ricezione; Dati Fatture Collegate. In assenza di tali codici non sarà possibile effettuare il pagamento delle fatture in parola.
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Sanzioni Nel caso in cui tali codifiche non vengano indicate in occasione delle procedure relative alla richiesta di pagamento delle fatture elettroniche, è stata prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria che può variare dal 2 al 10% del valore della transazione stessa. La sanzione per mancata indicazione del CUP o del CIG è applicabile anche in occorrenza delle conclusive procedure di pagamento e, cioè, nel caso in cui essa si verifichi nel bonifico bancario postale, ovvero in altri strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni. Elementi obbligatori della fatturazione elettronica indirizzata alle PP.AA. In assenza di indicazione dei codici CIG e CUP
il pagamento non può essere effettuato
Conti correnti bancari o postali dedicati La tracciabilità dei flussi finanziari è finalizzati a prevenire infiltrazioni criminali, per cui gli appaltatori, i subappaltatori e i subcontraenti della filiera delle imprese nonché i concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici, devono utilizzare uno o più conti correnti bancari o postali dedicati, anche non in via esclusiva, in relazione a tali attività. Tra le tipologie di progetti che gli operatori possono intrattenere con una P.A. rientrano i seguenti tipi di interventi: lavori pubblici anche nel caso in cui essi siano finanziati solo con risorse private; concessione di incentivi a unità produttive; concessione di aiuti a soggetti diversi da unità; progetti di formazione; progetti di ricerca; progetti di ammodernamento della strumentazione della Pubblica Amministrazione; acquisto di beni “durevoli”; produzione e acquisto di servizi finalizzati allo sviluppo; acquisto di partecipazioni azionarie o partecipazione a operazioni di aumento di capitale.
L’Indice delle Pubbliche Amministrazioni Altro elemento da inserire in fattura è rappresentato dal Codice Univoco di Ufficio. I fornitori di una P.A. devono acquisire detto codice dall’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA). L’Indice individua gli uffici deputati alla ricezione delle fatture elettroniche, nell’ambito del quale ogni ufficio è identificato da uno proprio codice, denominato appunto Codice Univoco di Ufficio. Il Codice Univoco di Ufficio rappresenta l’identificativo che consente al Sistema di Interscambio, gestito dall’Agenzia delle Entrate, di recapitare correttamente la fattura 128
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all’Ufficio destinatario. Per cui, anche il Codice Univoco di Ufficio rappresenta un’informazione obbligatoria da includere nella fattura elettronica. Il codice identificativo dell’ufficio deve essere posto in corrispondenza del campo denominato “Codice Destinatario”.
Indice delle Pubbliche Amministrazioni
Codice Univoco Ufficio, da riportare nel campo denominato “Codice Destinatario”
Consente il corretto recapito della fattura elettronica all’Amministrazione pubblica destinataria della fattura
Elementi essenziali nella denominazione del file da trasmettere Vi sono specifici requisiti che deve avere anche il file della fattura oggetto di trasmissione. In particolare, oltre ai codici e agli altri elementi da inserire all’interno della fattura elettronica, bisogna curare anche la denominazione del file (che deve essere generato in formato xml) che richiede il rispetto di precise direttive. Il nome del file, infatti, deve riportare: il codice del Paese (espresso secondo lo standard ISO 3166-1 alpha-2 code, per l’Italia “IT”); il codice fiscale del soggetto trasmittente che ne rappresenta il suo identificativo univoco; un massimo di cinque caratteri per l’indicazione del numero progressivo del file. Per la corretta estensione della denominazione del file, inoltre, occorre che il secondo e il terzo elemento siano separati dal carattere underscore (“_”). Ad esempio Il nome del file-fattura potrebbe assumere la seguente definizione: ITabcdef01a45a001a_00001.xml
Funzione di controllo In ultimo si segnala che sul Sistema di Interscambio è stata prevista una funzione di controllo denominata Monitorare la FatturaPA, disponibile nella sezione Strumenti, attraverso la quale è possibile verificare il corretto inserimento di tutti i dati da parte del soggetto emittente. Tale modalità di accesso è fruibile per gli utenti che sono in possesso di credenziali di accesso a Entratel ovvero a Fisconline.
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La piattaforma informatica di certificazione dei crediti di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista Al fine di monitorare in modo continuativo l’andamento dei debiti della Pubblica Amministrazione e, contestualmente, la puntuale contabilizzazione del relativo pagamento, con il decreto IRPEF sono state introdotte significative modifiche all’utilizzo della piattaforma per la certificazione dei crediti (sistema PCC). L’utilizzo della piattaforma informatica consente una più facile rilevazione dei debiti commerciali e al contempo permette il monitoraggio dei processi di liquidazione e pagamento, agevolando gli adempimenti posti a carico degli uffici della PA coinvolti delle diverse fasi operative. Con l’art. 27 del decreto IRPEF, sono state introdotte significative modifiche all’utilizzo della piattaforma finalizzati alla certificazione dei crediti. In particolare è stato previsto che per evitare disguidi in relazione all’individuazione dei destinatari delle fatture, gli uffici preposti provvedano ad indicare l’esatta denominazione e codifica sulla piattaforma per la certificazione dei crediti con l’anagrafica pubblicata nell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA), la cui iscrizione è obbligatoria.
Adempimenti a carico delle parti I creditori devono riportare nella piattaforma i dati riportati nelle singole fatture mentre gli uffici della PA hanno il compito di valorizzare le informazioni connesse alle singole fasi del ciclo delle fatture o richieste equivalenti di pagamento relativi a debiti per somministrazioni, forniture e appalti e obbligazioni relative a prestazioni professionali, emesse, in cui di volta in volta intervengono. Va segnalato che gli adempimenti posti a carico dei privati in effetti sono gli stessi già previsti per trasmettere le fatture elettroniche e, quindi, sono quelli a cui tutti gli operatori commerciali che intrattengono rapporti con una PA dovranno necessariamente rispettare a far data, al più tardi, dal 31 marzo 2015. Da tale data, infatti, il processo telematico entrerà a pieno regime e tutte le informazioni riportate nelle fatture elettroniche, unitamente ai dati riferiti all’invio ed alla ricezione delle stesse, saranno tratte direttamente dal sistema di interscambio che gestisce la trasmissione delle fatture elettroniche.
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Utilità della piattaforma informatica L’utilizzo di sofisticati sistemi informatici consentirà alla PA di limitare il proprio intervento ad una calibrata implementazione dei dati già acquisiti dai soggetti privati. Inoltre, questi ultimi potranno trarre un diretto beneficio da tale sistema in quanto avranno la possibilità di verificare il puntuale adempimento, da parte degli uffici preposti, di tutte le fasi del processo, fino alla liquidazione di quanto dovuto. Tra le principali informazioni che saranno desumibili dalla piattaforma vi è quella relativa al ricevimento delle fatture (fase di ricezione) nonché, come detto, quella relativa alla liquidazione degli importi dovuti o, di contro, di quelli sospesi o non liquidabili (fase di contabilizzazione). Tali incombenze sono poste a carico delle pubbliche amministrazioni interessate. Gli operatori, tramite la consultazione della piattaforma, potranno, rilevare direttamente l’avvenuta emissione del mandato di pagamento. Tale adempimento assume una grande rilevanza consentendo, da un lato, la definitiva contabilizzazione del pagamento, e dall’altro, permettendo agli uffici di monitorare eventuali utilizzi di crediti già pagati, laddove rispetto a questi fossero impropriamente attivate procedure tese a ottenere anticipazioni da parte del circuito creditizio e/o cessioni di credito o, ancora, richieste di compensazione di debiti tributari e previdenziali.
Trasparenza nella gestione dei debiti contratti Per quanto riguarda il monitoraggio dei crediti, a fini di trasparenza, le PP.AA. interessate dovranno provvedere a comunicare entro il 15° giorno di ciascun mese le fatture per le quali è stato superato il termine di scadenza del relativo pagamento, c.d. comunicazione dei debiti scaduti. La piattaforma per la certificazione dei crediti segnala quali sono le fatture in scadenza ma, al fine di non incorrere in errati automatismi, è stato previsto che le PP.AA. provvedano, comunque, a confermare tali scadenze. Sempre con lo scopo di assicurare la trasparenza al processo di formazione ed estinzione dei debiti, i titolari di crediti per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali nei confronti delle amministrazioni possono comunicare, mediante la piattaforma elettronica i dati riferiti alle fatture o richieste equivalenti di pagamento emesse a partire dal 1° luglio 2014, riportando, ove previsto, il relativo Codice identificativo Gara (CIG).
Decorrenza La prima decorrenza di tale procedimento è stata fissata per i processi attivati dal mese di luglio 2014 rispetto ai quali la prima rilevazione avverrà a far data dal 15 agosto 2014. Le nuove procedure, dunque, fin dal prossimo 1° luglio 2014 consentiranno di tracciare e rendere trasparente l’intero ciclo di vita dei debiti commerciali per i quali sia stata emessa 131
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fattura nei confronti della PA per il pagamento relativi a debiti per somministrazioni, forniture e appalti e obbligazioni relative a prestazioni professionali dal 1° gennaio 2014. Esse saranno utilizzabili sia nel caso di emissione di fatture tradizionali (in forma cartacea) quanto per quelle cc.dd. elettroniche. Le medesime amministrazioni comunicheranno, mediante la piattaforma elettronica, anche le informazioni sulle fatture o richieste equivalenti di pagamento relative al primo semestre 2014, che saranno trasmesse in modalità aggregata. Inoltre, comunicheranno con lo stesso sistema, entro il 15 di ciascun mese, i dati relativi ai debiti non estinti, certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture e appalti e obbligazioni relative a prestazioni professionali, per i quali, nel mese precedente, sia stato superato il termine di decorrenza degli interessi moratori. Le informazioni riportate sulla piattaforma sono accessibili alle amministrazioni pubbliche e ai titolari dei crediti accreditati sulla piattaforma stessa, anche ai fini della certificazione dei crediti nonché al loro utilizzo. La certificazione deve indicare obbligatoriamente la data prevista di pagamento. Le certificazioni già rilasciate senza data devono essere integrate a cura dell’amministrazione con l’apposizione della data prevista per il pagamento.
Modalità operative Per ciò che attiene l’inoltro di fatture cartacee è stato previsto che i creditori, contestualmente all’invio delle fatture alle pubbliche amministrazioni destinatarie, possano inserirne i relativi dati sulla piattaforma per la certificazione dei crediti ossia sistema PCC, utilizzando una delle procedure di trasmissione disponibili: immissione manuale, caricamento massivo, trasmissione telematica. Nello specifico l’inserimento dei dati può avvenire manualmente, sempre via web, ma tale modalità è utilizzabile nel caso in cui i dati da inserire sono limitati. Diversamente, nel caso di grandi quantità di informazioni, si può procedere con un caricamento massivo dei dati tramite invio di file pre-compilati il che richiede, comunque, un’attività di tipo manuale. La modalità più avanzata propria della trasmissione di rilevanti quantità di dati è, invece, quella telematica, che non prevede particolari interventi manuali ma richiede sistemi informatici evoluti in quanto dovranno connettersi alle interfacce della piattaforma per la certificazione dei crediti. Nel caso di fatture elettroniche, invece, sarà il sistema di interscambio (SDI) a comunicare automaticamente al sistema PCC i dati delle fatture. Entrambe le modalità di inoltro (cartaceo o informatizzato) determineranno il caricamento della fattura nel sistema PCC, posizionando il relativo documento nella modalità “INVIATA”. Il processo di acquisizione, verifica e pagamento delle prestazioni rese a favore della Pubblica Amministrazione prevede, dunque, diverse fasi all’interno delle quali si colloca l’intervento dei diversi soggetti coinvolti nei predefiniti processi informatici. 132
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Nello specifico le fasi del processo di acquisizione dei dati e di elaborazione degli stessi sono classificabili in due categoria: A) dati necessari per il pagamento delle prestazioni rese; B) altre informazioni accessorie che consentono l’utilizzo di quei crediti che, pur a seguito della loro liquidazione, non siano stati ancora pagati. Nella prima categoria rientrano le seguenti fasi: l’invio della fattura da parte del creditore la ricezione della fattura da parte della PA la contabilizzazione della fattura da parte della Pubblica Amministrazione il pagamento della fattura da parte della Pubblica Amministrazione. Fasi del processo di acquisizione delle fatture elettroniche Fattura trasmessa dal creditore
Inviata
Fattura pervenuta alla pubblica amministrazione Ricevuta destinataria Fattura rifiutata dalla pubblica amministrazione Respinta destinataria Contabilizzata Fattura rilevata nel sistema contabile della pubblica - Indicazione importo liquidato amministrazione - Indicazione importo sospeso e/o non liquidabile Decorrenza termini di scadenza
In scadenza
Comunicazione da parte della PA scadenza fattura
Scaduta
Certificazione dei crediti della fattura
Certificata
Esito finale del processo
Pagata
Nella seconda categoria sono individuabili, invece, i seguenti processi: la comunicazione dei debiti scaduti la certificazione dei crediti da parte della pubblica amministrazione su istanza del creditore l’anticipazione e/o cessione dei crediti certificati ad intermediario finanziario abilitato la compensazione dei crediti certificati con somme dovute agli agenti della riscossione a seguito di iscrizione a ruolo, ovvero con somme dovute in base a istituti definitori della pretesa tributaria o istituti deflativi del contenzioso tributario.
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Vantaggio per tutti gli operatori In ultimo va segnalato che i dati necessari per alimentare la piattaforma elettronica devono essere confronti a quelli già fissati per le fatture elettroniche, il che determina, come principali conseguenze, il “riuso” delle eventuali implementazioni informatiche e li rende omogenei non solo con quelli propri delle fatture cartacee che ancora dovessero essere valevoli, ma con altri flussi informatici generati automaticamente dal sistema di gestione delle fatture elettroniche. Una delle principali e più importanti conseguenze che derivano da un sistema integrato come quello della PCC e del SDI consiste nell’uniforme modalità di acquisizione dei dati e, quindi, l’utilizzabilità delle medesime informazioni anche in relazione ai processi afferenti la certificazione dei crediti, oltre che per l’elaborazione di report ed altri indicatori, con vantaggio per tutti gli operatori coinvolti, pubblici e privati, ovviamente ciascuno per le informazioni di rispettiva pertinenza.
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Fatturazione elettronica
Fatturazione elettronica: aspetti tecnici e pratici di Paolo Parisi Professore di Diritto Tributario SSEF “Ezio Vanoni” di Paola Mazza Dottore commercialista e pubblicista Per la compilazione della fattura elettronica l’Amministrazione finanziaria ha predisposto uno schema che illustra la radice da cui essa si sviluppa che si presenta suddivisa in tre macro blocchi: FatturaElettronicaHeader, FatturaElettronicaBody, Signature. Le fatture - seppure predisposte in forma dematerializzata - devono rispettare le vigenti disposizioni tributarie e, quindi, riportare obbligatoriamente: la data di emissione e numero progressivo per la loro univoca individuazione; l’esatta denominazione della ditta o ragione sociale e nome e cognome, residenza o domicilio dei soggetti fra cui è effettuata l'operazione sia per quanto attiene il cedente/prestatore che il cessionario/committente; gli eventuali dati utili all’individuazione del rappresentante fiscale e dell’ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti; il numero di partita IVA del cedente/prestatore; il numero di partita IVA del cessionario/committente (o numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro di stabilimento per i soggetti stabiliti in altro Stato membro dell’UE) oppure numero di codice fiscale se non agisce nell’esercizio di impresa, arte o professione; la natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione; i corrispettivi ed altri dati necessari per la determinazione della base imponibile, compresi quelli relativi ai beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono; i corrispettivi relativi agli altri beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono; l’aliquota, ammontare dell'imposta e dell'imponibile con arrotondamento al centesimo di euro; la data della prima immatricolazione o iscrizione in pubblici registri e numero dei chilometri percorsi, delle ore navigate o delle ore volate, se trattasi di cessione intracomunitaria di mezzi di trasporto nuovi; l’annotazione che la stessa è emessa per conto del cedente/prestatore, dal cessionario/committente ovvero da un terzo. Oltre a tali dati, l’elaborazione del documento contabile elettronico dovrà essere effettuata in maniera tale da assicurare l’attestazione della data, l'autenticità dell'origine e l’integrità 135
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del contenuto. Tali requisiti saranno garantiti mediante l'apposizione del riferimento temporale e della firma elettronica qualificata dell'emittente.
Contenuto della fattura elettronica Nell’inserimento della fattura elettronica dovrà prestarsi attenzione al riporto (obbligatorio) di determinati dati necessari per le stesse esigenze di trasmissione e gestione telematica. Tra questi si evidenziano: IdPaese, che rappresenta il codice del Paese assegnante l’identificativo fiscale al soggetto trasmittente; IdCodice, che rappresenta il numero di identificazione fiscale del trasmittente (per i soggetti stabiliti nel territorio dello Stato Italiano corrisponde al Codice Fiscale; per i non residenti si fa riferimento all’identificativo fiscale assegnato dall’autorità del paese di residenza); Progressivo Invio, necessario per l’univoca e progressiva individuazione del file inoltrato al Sistema di Interscambio; Codice Destinatario, che identifica l'ufficio, appartenente all’Amministrazione al quale è destinata la fattura (deve corrispondere a quello presente nel campo Codice Ufficio riportato nella rubrica “Indice PA); Formato Trasmissione, che indica la versione del tracciato con cui è stato predisposto il documento fattura. Cedenti/prestatori In relazione ai cedenti/prestatori i dati che sotto un profilo puramente fiscale dovranno essere obbligatoriamente riportati nella fattura elettronica, sono da riferirsi sia ai soggetti residenti nello Stato che a quelli non residenti. Per quanto concerne tali soggetti, oltre a IdPaese e IdCodice, occorrerà compilare i campi: Denominazione, relativamente alla ditta, denominazione o ragione sociale del cedente/prestatore del bene/servizio da valorizzare nei casi di persona non fisica; Nome, relativamente al nome del cedente/prestatore del bene/servizio da valorizzare nei casi di persona fisica; Cognome, relativamente al cognome del cedente/prestatore del bene/servizio da valorizzare nei casi di persona fisica; la valorizzazione di questo campo presuppone anche la valorizzazione del campo Nome ed è in alternativa a quella del campo Denominazione; Regime Fiscale, che previa indicazione di un predeterminato codice, consentirà l’individuazione del regime fiscale del cedente/prestatore del bene/servizio; Indirizzo: relativamente all’indirizzo del cedente/prestatore del bene/servizio preceduto dall’afferente tipologia stradale toponomastica (via, piazza, etc.) e comprensivo numero civico. Numero Civico, relativo all’indirizzo specificato nel campo precedente da omettere se già lì riportato; 136
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CAP, per la segnalazione del Codice di Avviamento Postale relativo all’indirizzo; Comune per la segnalazione del comune cui si riferisce l’indirizzo; Nazione; per la segnalazione del codice della nazione.
Società Nel caso di società soggette al vincolo dell’iscrizione nel registro delle imprese occorrerà compilare anche i seguenti campi: Ufficio, in cui va riportata la sigla della provincia ove ha sede l'Ufficio del competente Registro delle Imprese; NumeroREA, cioè il numero di iscrizione nel Registro delle Imprese. CapitaleSociale, in cui va indicato per le sole società di capitali (SpA, SApA, SRL) il capitale sociale effettivamente versato ed esistente dall’ultimo bilancio SocioUnico, per indicare, nel caso delle SrL se sono composte da un unico socio o di più soci. Stato Liquidazione, per segnalare lo stato giuridico dell’ente in relazione alla sua eventuale liquidazione. Rappresentante fiscale Qualora il cedente/prestatore si avvalga di un rappresentante fiscale in Italia, i suddetti campi dovranno essere compilati con analoghe finalità e modalità. È previsto, inoltre, l’obbligo di compilazione di una serie di campi analoghi anche in relazione al cessionario/committente tra cui IdPaese, IdCodice, Codice Fiscale, Denominazione, Nome, Cognome, Indirizzo, Numero Civico, CAP, Comune, Nazione. Se la fattura viene emessa da un soggetto diverso dal cedente/prestatore va valorizzato il Soggetto Emittente. Gli altri dati obbligatori da riportare nella fattura elettronica riguardano: la tipologia del documento oggetto della trasmissione (fattura, acconto/anticipo su fattura, nota di credito, parcella, etc.), nel campo “Tipo Documento”; la valuta utilizzata per l'indicazione degli importi, nel campo “Divisa”; la data del documento, nel campo “Data”; il numero progressivo attribuito dal cedente/prestatore al documento, nel campo “Numero”. Nelle fattispecie in cui sia applicabile la ritenuta, vanno valorizzati i campi: Tipo Ritenuta (persone fisiche o persone giuridiche), Importo Ritenuta, Aliquota Ritenuta: (espressa in percentuale %), Causale Pagamento (corrispondente a quello utilizzato per la compilazione del modello 770S). Nei casi in cui sia prevista l’imposta di bollo, vanno valorizzati i campi Numero Bollo e Importo Bollo. Vi sono, poi, altri campi di immediata comprensibilità che vanno compilati in relazione 137
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all’obbligo di versamento di contributi previdenziali, da compilare, all’esistenza di un documento di trasporto collegato alla fattura, casi di fatturazione differita, o altre disposizioni di carattere specifico relativi ai dei beni e/o servizi forniti come Tipo, Descrizione, Quantità, Unita Misura, periodi di riferimento, Prezzo Unitario, Prezzo Totale e Aliquota IVA (questo campo, nel caso di non applicabilità, deve essere valorizzato a zero). Tra i campi da compilare sono obbligatori quelli relativi al progetto di investimento pubblico denominato Codice Unitario Progetto (CUP) gestito dal CIPE e il Codice Identificativo della Gara (CIG) da inserire nei rispettivi campi denominati Codice CUP e Codice CIG. Nota bene L’omissione di tali codici determinano l’impossibilità di pagamento e l’applicazione di una sanzione che va dal 2 al 10% dell’importo da corrispondere. Per quanto attiene, infine, il pagamento occorrerà provvedere alla compilazione di una specifica lista di campi utili alla identificazione del beneficiario (anche se diverso dal cedente/prestatore), la modalità di pagamento scelta, data di decorrenza del pagamento e scadenza della fattura, i codici del sistema creditizio per il pagamento (IBAN, ufficio postale di appoggio, estremi del quietanzante (in caso di pagamento cash presso tesoreria), eventuali sconti su pagamento anticipato e, ovviamente, l’importo dovuto. Per poter accedere al Sistema di Interscambio e procedere alla fatturazione elettronica verso la Pubblica Amministrazione è necessario autenticare il proprio canale di trasmissione (Web-service, Porta di Dominio o FTP). A tal fine è necessario utilizzare credenziali Entratel/Fisconline oppure una Carta Nazionale Servizi (CNS) precedentemente abilitata ai servizi telematici dell'Agenzia delle Entrate.
Modalità di invio Per quanto attiene l’invio della fattura elettronica esso può avvenire: tramite Posta Elettronica Certificata PEC dove il file da trasmettere va allegato al messaggio di posta e non può superare i 30 mega. Il primo invio deve essere effettuato alla PEC del SdI pubblicato sul sito www.fatturapa.gov.it a seguito del quale viene comunicato al soggetto un indirizzo dedicato da usare per le successive trasmissioni; via Web tramite la funzione di trasmissione telematica reperibile sul sito www.fatturapa.gov.it utilizzando il link “Inviare la FatturaPA”. Il volume complessivo di dati che è possibile trasmettere non può eccedere i 5 mega. La ricezione o lo scarto saranno certificati da apposito avviso; altre modalità di trasmissione tra cui si segnalano quella che avviene accedendo alle sezioni: Servizio SDICoop per il canale Web-service Servizio SPCoop per il canale Porta di Dominio 138
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Servizio SDIFTP per il canale FTP nel qual caso è assicurato l’invio di notifiche circa l’esito dell’invio.
Schema fattura elettronica Al fine della compilazione della fattura elettronica è stato predisposto uno schema che illustra la radice in cui essa si sviluppa. In essa si distinguono i seguenti tre macro blocchi: FatturaElettronicaHeader FatturaElettronicaBody Signature
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I soggetti interessati dovranno procedere alla progressiva compilazione dei campi relativi ai vari blocchi di dati utilizzando le codifiche riportate negli allegati rinvenibili sulla piattaforma elettronica e in precedenza illustrati. Tra i blocchi della FatturaElettronicaHeader vanno compilati: Dati trasmissione Cedente prestatori Cessionario committente. Di seguito i dati che sono da riportare in tali tre blocchi. Dati trasmissione
Cedente prestatori
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Cessionario committente
Tra i blocchi della FatturaElettronicaBody vanno, invece, obbligatoriamente compilati: dati generali dati beni servizi
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All’interno dei dati generali vanno compilati i “DatiGeneraliDocumento” che seguono.
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Si segnala che tra i dati “Comunicazione” e “ricezione” dei dati generali della FatturaElettronicaBody e precisamente tra gli elementi: DatiOrdineAcquisto DatiContratto DatiConvenzione DatiRicezione DatiFattureCollegate vanno riportati anche i dati relativi al CUP ed al CIG.
Per quanto attiene, invece, ai dati da inserire nel campo DatiBeniServizi” essi raggruppano quelli afferenti il dettaglio delle linee (contenente natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell'operazione) nonché i dati di riepilogo.
Ulteriori dati relativi alla prestazione sono raggruppati nell’ambito del macro gruppo 143
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dettaglio linea, tra cui vi sono i dati afferenti la descrizione della prestazione, il tipo di cessione/prestazione, il prezzo unitario, l’aliquota IVA e la ritenuta applicata.
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Vi è, infine, prima dei dati relativi alla firma del documento elettronico, il macro gruppo di dati relativi al pagamento della fattura di cui si riporta il dettaglio nel grafico che segue:
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