Le disabilità mentali È ancora difficile definire con chiarezza la disabilità mentale, poiché presenta una varietà sintomatologica molto forte, e non deve essere scambiata per stintomi di lesioni cerebrali, sindrome malformative o disturbi psicopatologici (depressione, ansia, iperattività…) Definizione: Il RITARDO MENTALE è proprio (essenzialmente) un’alterazione della mente che compromette, in modo duraturo, spesso permanente, la conquista delle funzioni più elevate dell’uomo. Che cosa significa RITARDO MENTALE? È un ritardo strutturale, ossia un disturbo dell’organizzazione della mente, che genera, a sua volta, una categoria o un insieme di categorie patologiche e queste categorie determinano una serie di meccanismi (mentali/comportamentali) che generano l’aspetto “basale” della sindrome patologica.
Il RM può essere interpretato in base a due paradigmi di riferimento: approccio neuropsicologico: indaga i limiti di specifiche funzioni cognitive (memoria, linguaggio, percezione, attenzione e ritardo, deficit strutturali) prospettiva psicometrica: studia come costruire gli strumenti di misura che differenziano persone normodotate da quelle con deficit cognitivo (test, questionari, scale, etc.).
La diagnosi del ritardo mentale Non è semplice diagnosticare il RM. Attualmente il riferimento è la classificazione categoriale del DSM IV (1994): 1. Lieve: QI da 50 a 70 2. Medio: QI da 35 a 50 3. Grave: QI da 20 a 35 4. Gravissimo/profondo: QI inferiore a 20 5. Casi bordeline: QI compreso tra 70 e 90 Elementi in comune: - riduzione della forza e dell’ampiezza delle funzioni psichiche superiori (attenzione, memoria, linguaggio, etc.); - condotte imitative e stereotipate che limitano l’autonomia e l’originalità; difficoltà di astrazione, deduzione, formulazione, ipotesi.
Quadro sintetico della classificazione evolutiva del Ritardo mentale
Principi sul perché intervenire Il RM, pur essendo un disturbo grave duraturo, non deve essere considerato immutabile e ineducabile. Il cervello umano è una struttura plastica estremamente modificabile nel tempo ed influenzabile anche quando è lesa o condizionata da messaggi genetici che ne rallentano lo sviluppo. Questa plasticità raggiunge il suo apice nell’età evolutiva; per questo è importante agire in maniera tempestiva su tutti i possibili fattori di disturbo. Tutti gli interventi e le strategie di recupero, di natura educativa, possono modificare le strutture neurali. Occorre, dunque, stimolare, sostenere, rafforzare le capacità cognitive, non dimenticando di armonizzare il tutto alla vita affettiva e sociale della persona: - percezione, motricità, linguaggio, etc.; - adattamento all’ambiente, autonomia, creatività, etc.
Il deficit visivo Non esiste il NON VEDENTE TIPO. Ogni persona privata della funzionalità visiva è a suo modo speciale. Legge 155/65, art. 2 “si intendono privi della vista coloro che sono colpiti da cecità assoluta o hanno un residuo visivo non superiore a 1 decimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione”. La legge 138/01 individua i ciechi gli ipovedenti non solo sulla base del visus (cioè dell’acutezza visiva), ma tenendo conto anche dell’ampiezza del campo visivo, che rappresenta la porzione di spazio che l’occhio è in grado di vedere davanti a sé. Tipologia di ciechi (secondo la legge): - cieco assoluto - cieco parziale - ipovedente grave - ipovedente medio e lieve (acutezza visiva da 1 a 3 decimi)
Cause Cecità sensoria: dovuta a cause periferiche ed oculari per compromissione della retina o delle vie ottiche. Essa deriva da malformazioni congenite o da lesioni dell’occhio o delle vie ottiche che portano gli stimoli visivi ai lobi occipitali Cecità cerebrale: connessa a cause centrali per interessamento dei centri nervosi dei lobi occipitali. La cecità sensoria, a differenza della seconda, non compromette il processo delle supplenze sensoriali (modalità di utilizzazione dei segni integri da parte del non vedente per ottenere informazioni sul mondo esterno) Importante è anche l’origine temporale
N.B. La memoria dell’esperienza visiva consente la costruzione di un sistema di rappresentazione molto differente.
Altre forme di cecità (fattori eziologici): infezioni o intossicazioni da eccessi di farmaci (primi mesi di gravidanza)
parti prematuri
malattie perinatali
infezioni postnatali, tumori, ferite oculari, distacco della retina.
Area motoria Il bambino cieco manifesta consistenti carenze di orientamento nell’ambiente e di movimento nello spazio Area cognitiva Le difficoltà percettive e le problematiche nella coordinazione delle azioni, che si associano alla condizione di cecità, rendono sicuramente complesse le esperienze senso-motorie che sono alla base dello sviluppo dell’area cognitiva (ritardi a livello di pensiero rappresentativo, del linguaggio) Area affettiva e sociale Il bambino non vedente all’inizio distingue 2 madri (in base al tono della voce): una buona e una cattiva. Nel gioco ha la tendenza a farsi scegliere e seguire le indicazioni degli altri, piuttosto che proporre.
Interventi educativi N.B. Il bambino cieco deve essere continuamente stimolato a toccare gli oggetti (con le dita). Egli si avvale: - dell’udito, che offre i criteri della direzione e dell’orientamento; del tatto, che fa valutare le forme degli oggetti; - dell’olfatto, che è più importante per l’orientamento, in quanto si associa agli altri sensi e li contempla nella conoscenza; - del gusto, che, in particolare con l’olfatto, riconosce i cibi. Il bambino cieco necessita di essere messo nella condizione di sfruttare pienamente la globalità delle stimolazioni sensoriali e di servirsene per esplorare l’ambiente che lo circonda. L’educatore o altro deve intervenire unicamente per aiutare il bambino a cogliere gli stimoli dell’ambiente per farlo suo. Tutte le stimolazioni sensoriali (tattili, motorie e acustiche) devono essere indirizzate, inizialmente all’esplorazione dell’ambiente familiare, per poi proseguire ad allargarsi. Consigli: CREARE TRAGITTI
Il deficit uditivo
La sordità si può presentare in 2 forme distinte: - la sordità prelinguistica, che si manifesta prima dell’apprendimento del linguaggio; - la sordità postlinguistica, che insorge successivamente allo sviluppo naturale della parola. Ambedue si differenziano, a seconda della perdita in Decibel in: - sordità lieve - sordità moderata - sordità media - sordità grave/profonda
Il decibel (dB) è l’entità di misura dell’intensità sonora, è un parametro relativo ottenuto considerando 0 dB la minima intensità sonora udibile. Per quanto riguarda l’intensità del suono è possibile dividere il campo dell’udibile in 3 parti: zona delle sonorità lievi (soglia di udibilità a 45 dB circa), dove il suono non è in grado di trasmettere informazioni a causa del rumore di fondo presente nell’ambiente (il limite di 45 dB corrisponde circa alla voce sussurrata, percepibile a 2 metri di distanza); zona delle sonorità medie (comprese fra 45 e 65 dB), dove generalmente comincia ad avvenire la conversazione; zona delle sonorità forti (comprese fra 65 e 100 dB), dove in genere avviene la conversazione. Fino a 85 dB è considerata la zona di comoda udibilità.
Un soggetto è considerato: normoudente, se presenta una soglia di sensibilità che corrisponde ad un’intensità da 0 a 20 dB per la voce umana (vale a dire a 125, 250, 500, 1000, 2000, 4000, 8000 Hz); affetto da ipoacusia di lieve entità, se presenta deficit acustico fino a 35 dB per la voce umana; affetto da ipoacusia di media entità (sordastria), se presenta un deficit acustico compreso fra i 35 e i 60 dB per la voce umana; affetto da sordità grave con residui utilizzabili, se presenta un deficit compreso fra i 60 e gli 85 dB per la voce umana; affetto da sordità gravissima senza residui utilizzabili, se presenta un deficit compreso fra gli 80 e i 100 dB per la voce umana.
Fattori eziologici sordità di trasmissione, dovute a lesioni dell’orecchio esterno e medio sordità di percezione, dovute a lesioni dell’orecchio interno, del nervo acustico e dei centri acustici Forme ereditarie, è di tipo percettivo e deriva da alterazioni già presenti nelle cellule germinali al concepimento
(prenatale, perinatale e post natale) 1. prenatale, l’agente patogeno può agire sull’embrione e sul feto. Le forme più frequenti sono dovute a: - cause virali (rosalia nelle prime settimane di gravidanza) - cause parassitarie (toxoplasmosi) - cause tossiche (eccessivi consumi di farmaci e alcol) 2. perinatale, da poco prima della nascita, compreso il momento del parto, a un breve periodo subito dopo la nascita (tossiemie nell’ultimo stadio della gravidanza, parto prematuro, traumi da parto, anossia o ipossia, incompatibilità materno-fetale per il fattore RH) 3. postnatale, provocate da tre cause principali: - traumatismi cranici; - malattie infettive (otite, meningite cerebrospinale, encefalite dovuta al virus del morbillo e della parotite); - intossicazione da farmaci.
Organizzazione percettiva Venendo a mancare l’udito, una parte che circonda la persona sfugge alla sua conoscenza e alla valutazione esatta. Area motoria Si constatano problemi riguardanti, inizialmente, la coordinazione motoria. L’udito viene, infatti, utilizzato, oltre che per la percezione del mondo sonoro e del linguaggio, anche per il riconoscimento dei volumi e delle distanze attraverso gli echi ei timbri dei suoni. L’audioleso valuta con difficoltà le distanze nell’ambiente. N.B. L’educazione ritmica, avente come scopo la facoltà di percepire sia i suoni amplificati che la coordinazione dei movimenti, deve essere particolarmente consigliata per il bambino sordo.
Linguaggio verbale e comunicazione Il deficit uditivo (della nascita) determina la mancanza acquisizione spontanea del linguaggio verbale, in quanto il bambino è impossibilitato a percepire gli stimoli acustici del mondo esterno. La LIS.
Metodi educativi oralistici misti bilingue Oralistici, puntano sull’allenamento acustico, per aiutare il sordo ad utilizzare al massimo i suoi residui uditivi, dall’altra sul potenziamento della lettura labiale su cui si basa la conversazione.
Prassi di intervento - controllare che il locale sia ben illuminato e che il viso dell’educatore sia sempre in luce - evitare il tono troppo innalzato della voce, che deforma l’articolazione - parlare con ritmo rallentato, non scandito, prolungando il suono delle vocali - esporre il pensiero in modo chiaro e ordinato, scegliendo il lessico in maniera accurata - evitare l’uso troppo frequente di frasi subordinate - essere disponibili a riformulare i messaggi ambigui - nel corso della spiegazione, ricorrere ad uno schema del discorso scritto alla lavagna - fare un uso quanto più possibile di materiale illustrativo (fotografie, immagini, etc.)
Disturbi dello spettro autistico ovvero disturbi pervasivi dello sviluppo Disturbo autistico (forma grave) Sindrome di Asperger (forma più lieve) Disturbo generalizzato dello sviluppo Non Altrimenti Specificato Sindrome Rett (Colpisce le femmine Disturbo disintegrativo della fanciullezza
L’autismo è caratterizzato da difficoltà qualitative (deficit) in 3 dimensioni: 1) interazione sociale 2) comunicazione (verbale e non verbale) 3) repertorio comportamentale. Principali aree “colpite”: - percezione e discriminazione (sviluppo) - attenzione - memoria - linguaggio - intelligenze - motricità N.B. La persona autistica sviluppa modalità percettive, immaginative, mnestiche, ideative, socio-affettive insolite, evidenziando un diverso modo di interpretare e capire la realtà L’autismo è una disabilità permanente, che accompagna la persona in tutto l’arco della vita.
Parametri diagnostici (DSM-IV) Compromissione qualitativa dell’interazione sociale (almeno 2) - marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali (sguardo diretto, espressione mimica, posture corporee e gesti che regolano l’interazione sociale) - incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei (adeguati al livello di sviluppo) - mancanza di ricerca spontanea nella condivisione di gioie, interessi o obiettivi con altre persone (es. non mostrare, non portare, né richiamare l’attenzione su oggetti di proprio interesse) - mancanza di reciprocità sociale ed emotiva
Compromissione qualitativa della comunicazione sociale (almeno 1) - ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato in soggetti con linguaggio adeguato - marcata compromissione della capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri - uso del linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico - mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei o di giochi di imitazione sociali adeguati al livello di sviluppo
Modalità di comportamenti (interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipi) (almeno 1) - dedizione assorbente a uno a più tipi di interessi ristretti e stereotipi anomali o per intensità o per focalizzazione - sottomissione del tutto rigida a inutili abitudini o rituali specifici - manierismi motori stereotipati e ripetitivi (es. battere o torcere le mani o il capo, complessi movimenti in tutto il corpo) - persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.