Anno I - Numero 49 - Martedì 4 dicembre 2012
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Filippo Corridoni n. 23
A casa i marò o a casa Terzi Perfino Umberto Bossi si occupa dei marò “terroni” (entrambi di origine pugliese):“Mario Monti è un bauscia, l’Italia di Monti è tanto stimata all’estero che non è riuscita nemmeno a (Gianni Fraschetti a pag. 4) portarli a casa dall’India. Gli scandalosi silenzi del Tg1
SI POSSONO CHIAMARE GLI ELETTORI ANCHE ALLA VIGILIA DI NATALE O DELLA BEFANA
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I comuni spremono: 5mld in più
Lazio, noi siamo pronti C alle primarie regionali Appello al centrodestra: deciderle prima di domenica prossima di Francesco Storace e il 10 febbraio si vota nel Lazio, non e' detto che ci si debba rassegnare alla sconfitta. E' vero che la sinistra e' col vento in poppa per le primarie che hanno incoronato Bersani. Ma e' sufficiente per affidare una regione all'incompetenza di chi non sa neppure da dove si comincia, come dimostrano le più svariate dichiarazioni di un gaffeur di nome Nicola Zingaretti, sui costi della politica come sulla sanità? Quando diciamo al centrodestra che entro domenica bisogna scegliere il candidato altrimenti noi partiamo con la nostra campagna elettorale, e' perché ci rendiamo conto che il tempo e' davvero breve. Anziché pensare alle primarie nazionali, che tanto non si faranno ne' il 16 dicembre ne' mai, e tutti lo sanno..., noi siamo pronti anche a collaborare ad uno sforzo organizzativo enorme per fare una veloce consultazione popolare per primarie regionali di coalizione, che del resto a sinistra
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non hanno fatto. Scelgano se farle prima di Natale, il 23 dicembre, o il sabato che precede la Befana, il 5 gennaio. Altre date non esistono. Decidano anche che ogni partito si presenti sulla scheda agli elettori con un candidato solo, così il Pdl sarà favorito ai nastri di partenza. Lo chiediamo entro domenica sia a loro che a Città nuove la lista della Polverini - lo chiediamo formalmente a tutti i partiti che erano rappresentati nella coalizione con i loro gruppi e monogruppi, l'Udc, l'Mpa e anche i finiani. Dentro o fuori, ma si dica una parola di chiarezza, perché ne hanno diritto quegli elettori che assistono increduli a uno spettacolo che deve cessare per il bene dei cittadini. Chiediamo a tutti un sussulto di responsabilità, perché abbiamo il dovere di provarci a trovare un'alternativa alla sinistra che sia immediatamente riconoscibile contro la sinistra di Zingaretti e possa attrarre tanta gente che aspetta un segnale netto per non rifugiarsi in un astensionismo che non servirebbe a nulla se non a
L’ex premier preme sui gruppi parlamentari del PdL
Telefonate a raffica di Berlusconi: election day o crisi di governo subito La situazione politica sembra volgere al brutto. Da ieri sera circolano con insistenza voci di telefonate perentorie da parte di Silvio Berlusconi ai vertici dei gruppi parlamentari PdL per spingere sul governo Monti e ottenere un decreto legge che unifichi le lezioni regionali nel Lazio, Lombardia e Molise con le consultazioni politiche e amministrative.
far vincere piu' facilmente chi farà stare ognuno molto peggio di ora. Se partiti e correnti non si capacitano che bisogna offrire una soluzione al popolo che non vuole il ritorno della sinistra alla Rgione Lazio - e poi, evidentemente e conseguentemente, al governo del Paese - e' adesso che bisogna svegliarsi. E' inutile rimandare la scelta. Se non si e' in grado di farla, la si affidi ai cittadini, an-
L’umore del Cavaliere sarebbe dei peggiori, in quanto più d’uno dei suoi interlocutori avrebbe opposto resistenza ad un ultimatum del genere al governo. Ma le preoccupazioni di Berlusconi riguarderebbero anche le ultime ipotesi di modifica della legge elettorale, all’interno delle quali sarebbe rispuntata la reintroduzione delle preferenze. Traboni a pag. 2
che sotto le festività, ma guai ad arrivare ad una settimana dal deposito delle liste nell'indecisione assoluta. Se non si possono organizzare primarie nemmeno per la regione, fate i vostri sondaggi e vedrete che la soluzione uscirà. Noi domenica ci vediamo al teatro Olimpico di Roma. Se non direte nulla, sentirete la voce nostra e quella del nostro popolo. Sarà il grido di chi non ci sta a perdere e co-
mincerà a raccogliere voto per voto, casa per casa. Mentre voi starete ancora li' ad allambiccarvi sul voto "moderato", noi ci preoccuperemo di quello degli arrabbiati. Che sono la maggioranza e voi non ve ne rendete conto. Io, ad esempio, ho molto diritto a essere arrabbiato. Sette anni fa mi tolsero la regione per uno scandalo che non sussisteva, ha detto il giudice. Ora lo ribadirà il popolo.
305esima vittima tra i nostri militari impegnati nelle missioni in Bosnia e Kosovo: è un maresciallo dell’Aeronautica di 50 anni, ma alla Difesa non interessa
L’uranio impoverito uccide ancora nell’indifferenza ra di Verona Paolo Marchi. Lascia 3 figli e la moglie nella più assoluta disperazione e nel silenzio. Quel maledetto silenzio che avvolge quei ragazzi che muoiono di tumore causato dalle operazioni condotte, senza protezione, in territori bombardati con uranio impoverito. Era nato nel 1962 Paolo e 2 dei 3 figli sono ancora minorenni. Dopo anni di onorato servizio e la famiglia che cresce in modo sproporzionato allo stipendio, il maresciallo dell’Aeronautica (specializzato in guerra elettronica) che aveva lasciato la natia Rimini all’età di 18 anni, fa il possibile per essere impiegato all’estero. Dall’aeroporto di Villafranca di Verona, dove presta servizio, partecipa a numerose missioni internazionali nei territori balcanici (Bosnia e Kosovo). Si ammala lo scorso giugno di cancro
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al pancreas (sono tantissimi i colpiti da questa specie di tumore), una malattia che non perdona e che in 6 mesi lo porta alla morte. Due giorni fa, nell’ospedale Borgo Roma di Verona. Oggi, alle 15.00, i funerali. La malattia gli ha lasciato poco tempo, solo quello indispensabile per capire dell’abbandono della sua Amministrazione. Perché appena un militare che ha il cancro, chiede aiuto, viene subito additato ed allontanato da tutti, quasi avesse la peste del XXI secolo. Nessuna causa di servizio, cure a spese proprie. L’età, lo stato di salute generale, i vaccini ricevuti, la storia ereditaria non lasciano scampo: l’ha ucciso l’Uranio impoverito. Nel silenzio delle istituzioni e dei mezzi d’informazione. Solo la trasmissione “Striscia la Notizia” conserva la memoria di questa
tragedia. Ci lascia così il 305° militare, ma ne restano altri 3000 malati, di cui almeno 30 in gravi condizioni. Inutile, fino ad oggi, qualsiasi appello. Il Presidente della Repubblica si è rifiutato d’incontrare i genitori. Alla Difesa si dicono “troppo impegnati”. Noi non molliamo: saremo vicini al dolore della famiglia, faremo il possibile per garantire giustizia ai figli, faremo l’impossibile per vincere un’omertà impressionante che offende la coscienza degli italiani. Se oggi viviamo questa crisi, non è certo per colpa di chi sta morendo per aver eseguito gli ordini. Domenico Leggiero Responsabile del Comparto Difesa dell’Osservatorio Militare (www.osservatoriomilitare.it)
Primarie
Sallusti
Campidoglio
Roma e il 9 dicembre
L’intervista
Pd: Bersani verso la resa dei conti
Probabile la grazia di Napolitano
Chi è Alfio Marchini, il “sindaco rosso”
Buonasorte, domenica successo per Storace
Baritussio: vincente La Destra in Friuli
Igor Traboni
a pag. 2
Salvatore Filippelli
a pag. 2
Micol Paglia
a pag. 3
Giuseppe Sarra
a pag. 7
Barbara Fruch
a pag. 8
osterà 5 miliardi in più agli italiani il saldo dell'Imu. Infatti, gli enti locali hanno deciso di aumentare le aliquote con lo scopo di far “respirare” le proprie finanze. A fare i conti in tasca dei cittadini - e ai comuni - è il Sole 24 ore, secondo il quale il conto finale della nuova imposta, il cui saldo dovrà essere versato entro il 17 dicembre, sale a 23 miliardi rispetto ai 18 previsti se si fossero applicate le aliquote nazionali. Nel passaggio dall'acconto al saldo - calcola il quotidiano - i rincari più pesanti riguardano le città del centro e del sud dove per 100 euro sborsati a giugno se ne dovranno sborsare 160 al saldo. La fetta più grossa del gettito arriverà dal Nord dove sono presenti il maggior numero di immobili e di contribuenti. Quasi tutte le città hanno alzato l'asticella del prelievo portandola allo 0,4% previsto per l'abitazione principale e allo 0,76% per gli altri immobili. Dalla tabella del Sole 24 Ore emerge che dalle abitazioni principali e dalle pertinenze l'acconto ha fruttato 1.680 milioni mentre il saldo richiederà 2.660 milioni, 980 in più. Il conto sulle seconde case, invece, è ancora più salato: si passa dai 2.330 milioni dell'acconto ai 3.860 del saldo, con un incremento di 1.530 milioni. L'aumento per l'imposta municipale propria sulle case affittate sarà del 41%: dai 750 milioni di euro a 1.060 milioni di euro, con un differenziale di 310 milioni. Il conto finale - esclusi i terreni agricoli e le aree fabbricabili - vede l’imposta salire dai 9.130 milioni dell'acconto ai 14.040 del saldo con un incremento del 53,8% pari a 4.910 milioni di euro. Nel centro Italia si passa dai 2.190 milioni dell'acconto ai 3.620 milioni del saldo. L'ammontare versato lievita del 65,3% pari a 1.430 milioni. Nel sud Italia si stima un aumento del 63,8% tra prima e seconda rata: 2.100 milioni a giugno, 3.440 milioni a dicembre, pari ad un aggravio di mille e 340 milioni. I cittadini del Nord pagheranno più di tutti, anche se l'aumento percentuale sarà ''solo'' del 44,2%. Si passa dai 4.840 milioni di giugno ai 6.980 milioni di dicembre. Un bel “regalo” di Natale. Giuseppe Sarra
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Attualità
Il 61 a 39 per cento nel ballottaggio contro il sindaco di Firenze non ha certo risolto i problemi del candidato premier
Per Bersani, ora c’è la resa dei conti Vendola, D’Alema e la Bindi si accingono a passare all’incasso dopo l’aiuto determinante per sconfiggere Renzi. Gli impegni riguardano sia il futuro governo che gli incarichi istituzionali e di partito.
ier Luigi Bersani domenica sera è andato a letto moderatamente soddisfatto per la vittoria al ballottaggio su Matteo Renzi, sicuramente più alta del previsto (61 a 39 l'esito finale a livello di percentuali) anche se il calo nel numero dei votanti (ben più dei 150mila sbandierati come dato fisio-
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logico da Luigi Berlinguer, il che ad appena sette giorni di distanza dal primo turno non è certo un successone) qualche preoccupazione la apre sul futuro del Pd e sulla prossima, vera competizione elettorale. Ma è ieri mattina, messi da parte comizi, frasi di circostanza e bagordi, che il candidato premier del centrosinistra si è ritrovato con
un mal di testa senza precedenti. All'incasso, infatti, sono già passati praticamente tutti. E non si può certo parlare del nuovo che avanza. Già domenica sera direttamente al cinema romano a far festa - e a cercare di fa subito la festa al segretario - c'erano infatti Nichi Vendola, D'Alema, la Bindi e non solo. Bersani ha provato a tenerli
Centrodestra condizionato dalle decisioni dell’ex premier
Aspettando Berlusconi Alfano insiste con Monti: election day o crisi ’è grande attesa nel centrodestra per le mosse di Silvio Berlusconi che, in settimana, deciderà se tornare direttamente in campo oppure no. Molti osservatori ritengono che il Cavaliere possa approntare 'il grande passo' e anche con rinnovato entusiasmo, considerando Pier Luigi Bersani, vincitore delle primarie del centrosinistra, un avversario battibile. Tutta un’altra storia sarebbe stata con la vittoria di Matteo Renzi. “La sinistra è sempre la stessa, sempre uguale e non cambierà mai” ha detto il Cav ai suoi fedelissimi dopo la vittoria di Bersani, mostrandosi dispiaciuto per il sindaco di Firenze “stritolato dalla vecchia burocrazia del partito comunista”. Intanto sull'eventuale 'spacchettamento del pdl torna il segretario Angelino Alfano: "La risposta non è quella di dividere ciò che è stato faticosamente unito, condannandoci tutti alla irrilevanza davanti ad una sinistra che ha saputo rilanciarsi dialogando con il suo elettorato L'obiettivo deve essere quello di recuperare la nostra forza con un programma capace di battere la sinistra e restituire alla nostra Italia un'autentica dialettica democratica, che superi definitivamente la parentesi emergenziale di un governo tecnico che abbiamo generosamente appoggiato pensando di fare il bene dell'Italia, anche quando non eravamo pienamente convinti di numerose scelte''. L’ipotesi di un eventuale confronto Bersani-Berlusconi non piace a Roberto Formigoni, che continua a fare il tifo per Alfano. Ma il governatore lombardo, in cerca almeno di un po’ della tanta
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visibilità perduta, è abbastanza isolato su questa posizione. A proposito di Alfano, il segretario del Pdl (incalzato anche dalla raffica di telefonate dell’ex premier ai vertici dei gruppi parlamentari) ha ribadito che, senza election day e quindi un considerevole risparmio per lo Stato, il Pdl è pronto a staccare la spina al governo Monti, trovando la massima apertura da parte della Lega: il segretario della Lega Nord, Roberto Maroni, ha infatti annunciato che si apriranno nuovi scenari anche nei rapporti tra Pdl e Lega se Alfano farà cadere il governo Monti e si potrà andare all'election day il 10 febbraio. Insomma, su un tema come questo dell’election day Alfano ‘rischia’ di fare un figurone, mentre sulla legge elettorale le idee restano poche, e anche abbastanza confuse, ma non di meno è questo l’altro tema che il Pdl dovrà affrontare e dirimere da qui a breve. Si sa che Berlusconi non vuole la reintroduzione delle preferenze e proprio su questo capitolo si gioca gran parte della possibilità di tenere ancora aperto il libro del Pdl. La panoramica sul centro-destra non può ancora escludere il tassello delle primarie, anche se con il passare delle ore, e nonostante le rassicurazioni fornire dallo stesso Alfano dopo il vertice di venerdì scorso ad Arcore, l’ipotesi si allontana sempre più. C’è però da tener conto di quello che più di qualche osservatore guià etichetta come “il partito degli irriducibili delle primarie”, dalla combattiva Giorgia Meloni a Guido Crosetto, fino alla new entry di Alessandro Cattaneo. I.T.
lontani dal palco e c’è riuscito almeno dal punto di vista logistico, facendo salire solo i giovani del suo comitato elettorale, come a segnare una certa rottura col passato, ma loro – i vecchi arnesi della politica – hanno fatto buon viso a cattivo gioco e si sono abbandonati ad un profluvio di dichiarazioni, ben sapendo che Bersani non potrà farne a meno. Vendola, vero sconfitto delle primarie, fa finta di esserne il vincitore per aver travasato i voti di Sel su Bersani e già reclama un posto da primo piano in un eventuale governo, ma soprattutto un marcato spostamento a sinistra delle politiche, soprattutto sul sociale. Il che, per dirla in soldoni, apre a Bersani non pochi problemi sul fronte moderato e della ricerca di una sponda nel mondo cattolico: puoi pure metterti il santino di papa Giovanni in tasca, ma se ci aggiungi quello del governatore della Puglia, dalle parti del Vaticano rischi di insabbiarti di brutto. Il redivivo Massimo D'Alema – al quale va senza dubbio l’oscar per la banalità delle dichiarazioni post primarie -
cerca un apripista per la volata giusta verso il Quirinale. La Bindi è tutta contenta perché ora non verrà rottamata (Renzi glielo aveva giurato) e anche lei si candida ad un ruolo da ministro di rilievo. Ma alla porta di Bersani già bussano altri personaggi non proprio di primissimo piano e pelo, però tutti convinti di salire sull’arca di Noè. E anche loro il segretario del pd dovrà giocoforza imbarcare in un eventuale governo. Ecco dunque Riccardo Nencini, leader dei socialisti, convinto di aver portato in dote 100mila voti al piacentino. Ecco perfino Oliviero Diliberto, poco rimpianto ex ministro, che ha fatto giusto in tempo a bisticciare con la federazione della sinistra e a risalire sul carro del vincitore. Ma il vero nodo scorsoio per Bersani resta senza dubbio quello di Vendola. “Questo voto chiede una svolta a sinistra” si è affrettato a dire Nichi, che poi nicchia su aperture varie, dallo stesso Renzi all’Udc, consigliando a Bersani di prendere il suo governo pugliese a modello. Inchieste giudiziarie a parte, immagi-
niamo, altrimenti il segretario pd è autorizzato a fare tutti gli scongiuri del caso. C’è poi da vedere cosa farà Matteo Renzi. Il sindaco fiorentino è uscito così come era entrato da queste primarie: da gran signore. Ha ammesso senza batter ciglio la sconfitta, anche numericamente più pesante del previsto, ringraziando tutti i collaboratori e prendendosi le colpe per quello che non ha funzionato, dai difetti di comunicazione all’aria da eterno ragazzino un po’ scapestrato. Ma obiettivamente ora sarà difficile tenerlo fuori da tutto, anche se in questa direzione – e pure ieri lo hanno confermato – spingono i vari Marini e Fioroni, oltre all’onnipresente Bindi. Però Matteo Renzi in pratica si è preso mezzo Pd, se è vero come è vero che alla fine Bersani è stato spinto, e non a titolo gratuito, soprattutto da quelli di Sel. E non è detto – come già ieri balenava nei comitati renziani – che questo mezzo Pd si batta allo spasimo per far vincere Bersani anche nella prossima e decisiva partita. Igor Traboni
Dopo l’incontro con il Ministro Severino, Napolitano “considera tutte le ipotesi del caso”
Possibile grazia per Sallusti Il direttore de Il Giornale al centro di un’incredibile vicenda giudiziaria, potrebbe avere il condono della pena. Berlusconi attacca i magistrati che hanno scritto la condanna i apre uno spiraglio nell’ incredibile vicenda giudiziaria del direttore de “Il Giornale”. Condannato in primo grado al pagamento di 5000 euro, in appello la multa era stata trasformata in una pena detentiva a 14 mesi di carcere, infine la detenzione confermata in Cassazione. Ora questa condanna potrebbe essere condonata. Questo, almeno, lascia intendere il portavoce del presidente della Repubblica, Pasquale Cascella, che in un messaggio affidato a Twitter, ha fatto trapelare le intenzioni di Napolitano. Infatti dopo l’incontro con il ministro della Giustizia, addirittura di domenica, ha fatto sapere Cascella, il Presidente della Repubblica “sta esaminando ogni aspetto della complessa vicenda Sallusti” e “considera tutte le ipotesi del caso, particolarmente complesso, che richiede responsabilità da tutti”. Per questo, il Capo dello Sato, sempre secondo le indiscrezioni, avrebbe chiesto al ministro Paola Severino il dossier completo sulla vicenda del direttore de “Il Giornale” e sollecitato anche un’accelerazione dell’iter parlamentare sulla legge per la regolamentazione dei reati di opinione. Revisione dell’attuale legge che viene richiesta anche dalla Corte Europea di Strasburgo. Ma il caso resta di difficile soluzione anche perché il direttore del Giornale probabilmente non chiederà la grazia al Presidente della Repubblica. E
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qualora Napolitano volesse farlo per propria iniziativa, come pure è previsto, è da scongiurare l’ipotesi di una condanna nella prossima udienza del 6 dicembre che vede Sallusti incriminato per l’ “evasione” di sabato. In tal caso, infatti, la grazia non potrebbe neppure essere richiesta. Con l’intervento dell’ex premier Berlusconi, poi, si è accesa anche la polemica politica. In una nota al vetriolo contro i magistrati che hanno firmato la sentenza di carcerazione, Berlusconi torna a rilanciare la “necessità di una riforma della giustizia”. Con l’auspicio che Sallusti possa “riprendere al più presto il suo ruolo di direttore e cancellare agli occhi del mondo questa pagina di giustizia negata”. S.F.
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Attualità
Movimenti, liste, partiti e partitini che spuntano come palle di Natale Non solo Fini e Casini con “Italia Futura,” anche Magdi Allam con la sua “Io amo l’Italia”, Giannino con “Fermare il declino” e per non farci mancare niente, arrivano gli “arancioni” di De Magistris (con la super-star Ingroia)
arà colpa del Natale alle porte. Sarà complice la profezia dei Maya sulla fine del mondo. Fatto sta che sulla scena politica italiana sembra che sia calata una strana frenesia. Tutti si candidano. Tutti fondano un loro movimento. Mentre nel PDL i colonnelli sono in apnea, in attesa del vaticinio del Grande Capo (scende in campo? Crea un nuovo partito? Resuscita Forza Italia?), il PD ha appena “incoronato” il suo nuovo Segretario, che poi è sempre lo stesso (e Dio solo sa che cosa faranno i renziani). Fini ha recitato il suo “de profundis”, sabato, al Teatro Capranica di Roma, pronunciando un vuoto e triste di-
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scorso, davanti ad una sala altrettanto vuota e triste. Ha di nuovo ribadito il suo sostegno a Monti. Strizzato l’occhio a Casini. Teso la mano a Montezemolo. Non si è ben capito quale sarà il suo elettorato, ma è talmente terrorizzato dal rimanere senza una poltrona che tappezza Roma di manifesti per “Italia Futura”. Li ha fatti mettere perfino suoi cassonetti gialli della CARITAS. Che suona un po’ come: “già che fate beneficenza, votate per me”. Ma non è certo Fini la vera novità. Ben più interessante è la nascita del “quarto polo” o “cambiare si può”. Il nome non è chiaro. Ma, tutto sommato, quanto conta il nome per un partito? Quasi nulla, specialmente se non sa
dove collocarsi. L’unica cosa sicura è che il suo leader sarà Luigi De Magistris. Sì, avete capito bene. L’ex PM, ex ospite fisso di Santoro, ex pupillo di Di Pietro è diventato grande e vuole camminare sulle sue gambe. Così si è inventato il “gruppo arancione”, che raccoglie un po’ tutti. Una grande corazzata Potëmkin che non disdegna nessuno. Dagli ex girotondini, ai seguaci di Paolo Ferrero. Dai delusi di Vendola ai delusi di Grillo. Insomma, un’umanità vasta e variopinta. Con mille bandiere e poche idee. “Io ci sto solo se si punta a vincere” ha detto il Sindaco di Napoli. Sì, ma vincere cosa? Le elezioni? Il totocalcio? L’unica certezza è l’appoggio incon-
dizionato della nuova, grande star del momento: Antonio Ingroia. È così richiesto, così popolare e così presente sui giornali da far invidia perfino a Belén Rodriguez. L’ex Procuratore aggiunto di Palermo non ha formalmente presentato la sua candidatura, si è semplicemente limitato a dire “sono con voi”. Tanto vale che alle prossime elezioni mandi su twitter una foto fatta col cellulare mostrando per chi ha votato, così la violazione costituzionale sarà completa. Altra novità è la lista di Oscar Giannino, che con la sua “Fermare il declino” (il nome è pretenzioso anzi che no), sostiene di raccogliere addirittura il 3% dei consensi (percentuale ancora più pretenziosa del nome). Ma la vera e propria chicca fra tutti questi nomi, nuovi e meno nuovi, è certamente quello di Magdi Cristiano Allam. L’ex giornalista, oggi europarlamentare, ha creato un suo movimento: “Io amo l’Italia”. Si candida a premier, ma anche a Sindaco di Roma. Poche idee ma ben confuse. Con quali proposte? Risponde lo stesso aspirante Presidente del Consiglio: “Siamo contro tutto ciò che è cultura della morte: l’aborto, l’eugenetica, l’eutanasia, il matrimonio omosessuale”. Praticamente lo stesso programma di Giuliano Ferrara quando si è presentato alle politiche del 2008. Ma non basta. “Vogliamo un’Italia libera, sovrana e fe-
deralista”. Bene, quindi la pensano un po’ come la Lega. No. Loro guardano molto più avanti (o più indietro). La loro Italia sarà senza Province e Regioni. Resteranno solo i comuni. Praticamente torniamo al 1300 senza rendercene conto. E comunque il corporativismo lo aveva già rispolverato Mussolini… Fatto sta che questo Natale avremo tanti partiti e movimenti tante quanto saranno le palle dell’albero. Toccherà vedere se sopravviveranno alle feste, vista la crisi. Micol Paglia
Per i custodi giudiziari misure poco incisive e incompatibilità tra produzione e risanamento
Ilva, giudici compatti contro il governo Il Governo si accontenta della promessa dei Riva di 3 miliardi in tre anni. Le polemiche non si placano e anche lo stipendio del Garante suscita perplessità. La discussione sulla possibilità di nazionalizzare l’azienda pubblica si fa sempre più ampia. Favorevole anche Tremonti Il decreto legge per salvare l'Ilva è arrivato ieri al Quirinale e, con la firma del presidente della Repubblica, il probabile conflitto istituzionale tra la procura di Taranto e il Governo si fa sempre più vicino. Probabile che si materializzerà nella prossima udienza, il 6 dicembre, per il riesame del sequestro dei prodotti finiti e semilavorati. Le due ipotesi al vaglio dei magistrati sono il conflitto di attribuzioni per l’annullamento del sequestro o l’eccezione di incostituzionalità a salvaguardia dell’azione dei Pm. La contromossa dei magistrati tarantini sarà comunque studiata appena si conoscerà il testo definitivo. I custodi giudiziari nominati dal Tribunale intanto si interrogano sulla concreta possibilità di bonificare con gli impianti in marcia. E criticano il decreto del governo stilato sulla base di soli due sopral-
luoghi in fabbrica. Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento avevano anche stilato un piano di risanamento che prevedeva l’investimento di 8 miliardi di euro da parte della proprietà e lo spegnimento di 3 altiforni e 7 batterie. Tutto ignorato dal Governo che sembra accontentarsi della promessa dei Riva di investire 3 miliardi di euro in tre anni. Criticata anche la scelta di restituire all’azienda il controllo sui lavori con la supervisione di un garante indipendente ma lautamente retribuito. “Escludo che sia un politico” assicura il Ministro Clini che si lancia in previsioni forse azzardate: “entro 6 mesi si vedranno i risultati”. “L’Aia è legge – continua il Ministro – e se l’Ilva non rispetta le scadenze rischia dalla multa alla nazionalizzazione”. Ipotesi quest’ultima, paventata anche dal-
l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti secondo cui un’Ilva pubblica può rappresentare il punto di partenza per un nuovo approccio dello Sato all’economia. Gli interventi che vengono richiesti all’azienda sono strutturali e straordinari, come hanno più volte sottolineato il procuratore Franco Sebastio e il gip Patriza Todisco. Per questo sono ancora più convinti di portare dinanzi alla Consulta le loro perplessità, in quanto “l’Aia non dimostra che sia venuta meno la situazione di concreto e grave pericolo a fronte della quale è stato disposto il sequestro”. La partita si gioca tra pochi giorni, e “parlare sulle ipotesi è prematuro e scorretto” ha ripetuto il Procuratore di Taranto. Il disappunto e l'irritazione per l'iniziativa del governo, però, traspare chiaramente. Salvatore Filippelli
Chi è Alfio Marchini, il volto (nuovo) pulito della sinistra lfio Marchini si candida a Sindaco di Roma, con una “lista civica di sinistra”. Lo ha confermato domenica a Lucia Annunziata, nella sua trasmissione “in ½ ora”. L’idea è quella di rendere la Capitale una città vera e propria, una “metropoli internazionale”. Il suo nome suona un po’ come quello di Alviero Martini, lo stilista. Ma no, lui con la moda non c’entra niente. È l’erede di una delle più famose (e rosse) famiglie di costruttori romani. O meglio, capitolini di adozione. Perché i Marchini sono originari di Città della Pieve, in Umbria. Alfio Marchini è uno da tripla A, che piacerebbe molto a Moody’s. La prime due A sono per suo nonno (che si chiamava come lui) e per lo zio Alvaro. Mentori del giovane costruttore, nonché coloro che ristrutturarono gratis la storica sede di Botteghe del PCI. L’omonimo nonno è uno che con i comunisti c’è sempre andato a braccetto. Durante la resistenza, partecipò al blitz che riuscì a liberare Sandro Pertini da Regina Coeli. Lo zio Alvaro, invece, meno impegnato politicamente, diventò Presidente della calcio, negli anni ’70. La terza A è quella di Kofi Annan, per cui il giovanissimo Alfio ha lavorato grazie alla fondazione dello “Shimon Peres Centre For Peace”. Fra le sue frequentazioni internazionali ci sono stati, fra gli altri, anche George Bush (padre) e Michail Gorbaciov. Insomma, Marchini è un imprenditore italiano, con un piede nel futuro. Ha solo 47 anni. Ha studiata dai gesuiti (di sinistra sì, ma si sa che quelle cattoliche sono le scuole frequentate dai rampolli della “Roma bene”). Un’unica moglie, che di questi tempi è di per se una notizia e 5 figli. Un volto nuovo e pulito. Tragicamente somigliante a quello di Ridge Forrester di Beautiful. L’unico quarto d’ora di popolarità ce l’ha avuto nel ’94, quando è diventato il più giovane consigliere Rai e, poco dopo, Presidente della Sipra, la concessionaria di pubblicità della tv pubblica. Non si candida con il PD perché, ha detto, “non è ancora un partito completo”. Per ora sceglie di scendere in campo da solo, con una sua lista. E quando l’Annunziata, tanto per farlo cadere in fallo, gli chiedere come risolverà il suo conflitto d’interessi, lui risponde che ha già avviato tutte le pratiche per la liquidazione delle società. Ma chi glielo fa fare a uno di successo, con un prestigio internazionale, a candidarsi a Sindaco di Roma e di buttarsi in politica? “Lo faccio per passione”, è la disarmante risposta. E c’è da credergli. L’unica anomalia è che, la sinistra, per risollevare le sue sorti, si affidi proprio ad un imprenditore. M.P.
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I due marò
Focus
Il ministro degli Esteri cerca di giustificare la sua inerzia con complicate e fumose argomentazioni pseudo-giurifiche
Riportiamoli a casa
Le elucubrazioni di Terzi
Come si permette, il titolare della Farnesina, a bollare come “sterili polemiche” le contestazioni che gli piovono sul capo da tutte le parti? Spieghi piuttosto l’atteggiamento passivo tenuto in questi nove (9!) mesi
18 dicembre: messa di Natale per Massimiliano Latorre e Salvatore Girone - La Comunità del SS. Nome di Maria con l’Ordine dei Cavalieri Teutonici ed i Volontari della Protezione civile dell’Ordine Teutonico, hanno promosso la Messa di Natale per i nostri ragazzi detenuti in India Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. - La Messa si terrà martedì 18 dicembre 2012 alle ore 19,00 nella chiesa del SS. Nome di Maria Largo del Foro Traiano 89, Roma. - La Celebrazione vuole testimoniare lo stringersi ai nostri Marò come fratelli in Cristo e scambiarci la gioia di Natale per intercedere il loro ritorno in famiglia.
di Gianni Fraschetti siamo così arrivati all’ ultima parte di questa lettera. La parte dove si tirano le somme e si traggono le conclusioni. Terzi insiste sulla tela di relazioni internazionali che ha tessuto e racconta un altro mare di frottole condite dalle solite storielle. Poi improvvisamente….ma leggete e fatevi da soli una idea, per non interrompere lascio la pagina di Terzi tutta attaccata. Io la mia la dico dopo. “...Questa “tela” pazientemente e insistentemente tessuta per ottenere consenso a livello internazionale e aumentare fortemente le pressioni sull’India ha un ruolo fondamentale in questo scenario, così da passare oltre alla logica “Italia vs. India” a compattare altre nazioni sulla nostra stessa linea. I nostri partner internazionali sono in effetti soprattutto preoccupati dagli effetti della negazione del principio fondamentale che i militari impegnati all’estero in missioni autorizzate dalla comunità internazionale debbano essere giudicati dai loro Paesi, cioè dai Paesi ai quali i militari appartengono, e non dai Paesi nei quali si svolgono le operazioni di pace o dei mari territoriali nei quali si svolgono le operazioni antipirateria. Anche recentemente, la scorsa settimana, abbiamo promosso nuove importanti azioni diplomatiche a favore dei nostri Marò in ambito ONU, in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con una protesta formale con il delegato indiano, nell’ambito di un incontro nel corso del quale nuovamente abbiamo presentato con incisività tutte le nostre rimostranze al riguardo ed evidenziato come le norme internazionali siano inequivocabilmente dalla nostra
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parte. Nel mentre, continuano le udienze in India. Siamo in attesa tra pochi giorni della sentenza sulla giurisdizione, che confermerà a meno il luogo dove i Marò verranno giudicati (India o Italia). La parte indiana contesta l’applicabilità della Convenzione ONU sul diritto del mare del 1982 – che detta le regole comuni a tutti gli Stati per quanto attiene alla navigazione marittima – criticando l’impostazione italiana fondata sul diritto internazionale, e ritenendo che la nazionalità delle vittime (cosiddetta “nazionalità passiva”) sia prevalente su ogni altro elemento di fatto e di diritto ai fini dell’esercizio della giurisdizione nazionale, in particolare dello Stato del Kerala. Il Procuratore dell’Unione dell’India invoca inoltre una normativa indiana del 1976, peraltro anteriore alla ratifica della Convenzione ONU, che prevede l’estensione del diritto penale indiano oltre il limite delle acque territoriali allo scopo di proteggere i diritti di pesca nella Zona Economica Esclusiva ed i pescatori indiani che lavorano in quelle acque. Ovviamente da subito abbiamo con forza contestato questa impostazione, rammentando la piena vigenza della Convenzione ONU del 1982, che per gli Stati che l’hanno adottata (quale è l’India) prevale su qualsiasi normativa interna, delimitato un quadro preciso dei poteri dell’India in qualità di Stato costiero e di quali siano gli effettivi limiti alla sua giurisdizione, e ribadendo il concetto indiscutibile di immunità funzionale e la sua applicabilità al caso in questione, in base alla quale i due militari italiani devono essere legittimamente giudicati solo ed esclusivamente dalle corti italiane. In ogni caso, nella denegata ipotesi in cui venga confermata la giurisdizione indiana sulla vicenda – cosa anche possibile, pur-
troppo – continueremo a batterci legalmente con ogni mezzo per affermare l’incidentalità di una morte tristissima – quella dei due pescatori indiani – che pure se eventualmente attribuibile ai nostri due Marò (e solo le prove e le perizie del processo potranno confermarlo) sarebbe frutto di un errore tragico e non certo di dolo ne di colpa grave. I primi ad essere davvero dispiaciuti per l’accaduto sono i nostri due ufficiali, che si sono caratterizzati fin da subito in questa vicenda come militari con un altissimo senso del dovere e di rispetto delle istituzioni, consci – loro si – che tutto si sta facendo al fine di agevolare quanto prima il loro rientro in patria. In ogni caso, se dovessero essere processati in India e durante il processo dovessero emergere inequivoche prove riguardo alla loro responsabilità nel tragico incidente che li ha visti loro malgrado coinvolti nell’espletamento del loro dovere, il nostro massimo sforzo dovrà essere indirizzato a garantirgli un processo equo e rapido, e ad ottenerne il sollecito rimpatrio per l’eventuale sconto della pena. E’ appena utile ricordare che le polemiche sterili che si sono create sul web, che delegittimano anche le nostri istituzioni e riducono quindi la nostra capacità di incidere positivamente su questo delicato processo, non aiutano certamente i nostri due Marò: confido quindi che chi è davvero interessato alla loro sorte, fuori da attacchi fatti solo per il gusto di farli, ci supporti in modo costruttivo e di giusto e continuo stimolo, e non sterilmente polemico, perché ciò che dev’essere compreso è che stiamo *tutti* lavorando nella stessa direzione. La mia speranza, da Ministro, ma prima ancora da cittadino della Repubblica, e che i nostri due ufficiali possano davvero tornare presto a
casa a riabbracciare le loro famiglie. Grazie a tutti. Giulio Terzi “ E finalmente l’uomo c’è arrivato, ha scritto la Divina Commedia solo per poter inserire questo capoverso, “…In ogni caso, nella denegata ipotesi in cui venga confermata la giurisdizione indiana sulla vicenda – cosa anche possibile, purtroppo – continueremo a batterci legalmente con ogni mezzo per affermare l’incidentalità di una morte tristissima – quella dei due pescatori indiani – che pure se eventualmente attribuibile ai nostri due Marò (e solo le prove e le perizie del processo potranno confermarlo) sarebbe frutto di un errore tragico e non certo di dolo ne di colpa grave…” Dunque a questo ci si sta preparando, ad una condanna. E tanto per provocare il massimo danno possibile, Terzi ammette quasi che i due pescatori siano stati uccisi da La Torre e Girone. Tutto il mondo sa che gli indiani hanno taroccato le prove, che se processo vi dovrà essere sarà una farsa ignobile ma Terzi pare non darsene cura. Continueremo a batterci con ogni mezzo dice, salvo poi affermare “...il nostro massimo sforzo dovrà essere indirizzato a garantirgli un processo equo e rapido, e ad ottenerne il sollecito rimpatrio per l’eventuale sconto della pena…”. Io non so come possa fare Di Paola a sedere accanto ad un soggetto del genere nello stesso governo. Francamente mi mancano proprio le parole, e questo tizio si permette anche di parlare di… polemiche sterili sul web. Ma quali polemiche sterili? Vi state preparando a farli condannare per riportarli poi in Italia a scontare la pena. State distruggendo il futuro di due padri di famiglia, di due soldati italiani che hanno fatto solo il loro dovere e vi permettete di parlare di polemiche sterili? Voi li avete mandati su quella nave, voi avete scritto le regole d’ingaggio e vostra è la responsabilità. A partire da La Russa che ha firmato una convenzione che faceva acqua da tutte le parti, per passare poi a Terzi e a Di Paola che si sono dimostrati e si stanno dimostrando due pusillanimi e se non gli sta bene il termine mi querelino, per arrivare infine a Mario
Monti che si sta rivelando su questa vicenda per quel che è: una nullità.
Tg1: vergogna I Il TG 1 delle 20 di sabato scorso ha raggiunto l’apice della vergogna. Lasciamo perdere per un attimo i chilometrici servizi-soffietto proCasini e pro-Fini (come si sanno riposizionare a tempo di record al primo telegiornale!) e concentriamoci sul tema della sicurezza in mare delle nostre navi. La giornalista Marilù Lucezio viene ospitata a bordo della “San Giusto” per pubblicizzare l’attività anti-pirateria curata anche dall’Italia su mandato dell’Unione Europea. Viene intervistato il solito ammiraglio, mostrate le immagini dell’addestramento, snocciolato il confortante bilancio degli interventi contro i banditi somali nel Golfo dell’Oman. Così ti viene subito da pensare: bene, ora sfrutteranno l’occasione per ricordare la vicenda dei nostri due marò tutt’ora sequestrati in India. Macché, neanche una parola. E allora la rabbia ti monta in un nano secondo. Ma come, hai un’occasione del genere e fai finta di niente? Allora, o sei una cretina analfabeta (e cretino analfabeta anche chi sta a Roma in redazione), oppure il silenzio su Latorre e Girone fa parte di un patto non scritto con la Difesa e la Marina Militare. Tertium non datur. Nel primo caso, c’e poco da dire. Nel secondo, è la conferma (se ce ne fosse bisogno) dell’autocensura dei giornalisti in carriera, quelli cui piace tanto –nelle occasioni ufficiali- riempirsi la bocca di autoglorificazioni circa le loro presunte (molto presunte) “schiene dritte”. E sono invece soltanto dei miserabili. Secondi soltanto ai miserabili che li hanno portati in viaggio-premio su una nave militare, ma solo in cambio della promessa di non turbare i silenzi “strategici” del ministro degli Esteri Giulio Terzi di Santagata etc. etc. e del suo degno compagno di banco, l’ammiraglio (sic !) Giampaolo di Paola. Un solo commento: vergogna. G.P.
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Martedì 4 dicembre 2012
Esteri
L’Egitto è in fiamme, ma i suoi “rivoluzionari” vicini di casa non stanno messi meglio
Il Medio Oriente tra le macerie della primavera araba In Tunisia si registrano scontri con la polizia e proteste in tutto il paese, mentre il governo assume una deriva islamista. La Libia liberata, invece, diventa il covo dell’estremismo sunno-salafita, e si fortificano i legami con Al Qaida
La questione palestinese Vogliono fare del rapporto con Israele la testimonianza del loro aver cambiato pelle, perchè vengono da una tradizione fascista ed antisemita". Così Massimo D’Alema si è espresso il 17 gennaio 2009, a margine della marcia della pace di Assisi. La polemica è rivolta contro una componente degli ex An confluita nel Pdl, che ha sostenuto Israele nell’operazione “piombo fuso” che ha provocato, in poco più di venti giorni, oltre mille vittime palestinesi. Il parlamentare Pd, al di là della piega strumentale che ha preso la controversia, con la sua dichiarazione ha colto nel segno. Le posizioni della destra, a fronte della questione palestinese, sono state condizionate dalle leggi razziali del 1938, che hanno probabilmente pesato sulla linea tenuta dal Msi prima e da An poi nello scacchiere mediorientale. A volte si è avuta l’impressione che quella classe dirigente, per porsi al riparo dalle accuse di antisemitismo, appoggiasse, come in un riflesso condizionato, Israele che, in più di un’occasione, ha anteposto la forza delle armi a quelle della diplomazia ponendosi in aperto contrasto con le risoluzioni Onu. Come ha però svelato Giuseppe Parlato, indagando sulle vicende dei “fascisti senza Mussolini”, i rapporti tra certo neofascismo e il mondo ebraico sono andati ben al di là di una solidarietà di facciata. Elementi della Decima Mas hanno addestrato, nel dopoguerra, reparti della marina israeliana. I vertici missini, dagli anni cinquanta, con le segreterie De Marsanich e Michelini, hanno sposato la causa sionista, nel quadro di una scelta di campo atlantista. Celebre è stata l’iniziativa di Giulio Caradonna che, nel 1973, ha visitato Gerusalemme, anticipando l’iniziativa finiana di “appena” trent’anni. Sebbene politicamente irrilevante e mediaticamente sopita esiste anche una componente filo palestinese che, specie nel mondo giovanile, gode di un certo seguito. Probabilmente l’aspetto che più ha nuociuto alla sua affermazione è stato il rischio di incorrere nella scomunica dei sacerdoti del politically correct. Chi sostiene da destra l’autodeterminazione del popolo palestinese, auspicando il ritiro dei coloni israeliani dai territori occupati nel
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1967 o denuncia l’indegna condizione igienico sanitaria in cui versa la gente di Gaza, viene accusato, nella migliore delle ipotesi, di celare, dietro le legittime critiche mosse alla politica sionista, atteggiamenti antisemiti. Una velenosa insinuazione da cui è immune chi, come D’Alema, proviene dal Pci i cui legami con l’Unione sovietica sono stati simbiotici. L’accanimento di Stalin contro gli ebrei è un dato conclamato. Solo la morte ha impedito al georgiano di portare a compimento il suo disegno criminoso. Le aperture dell’era Krusciov non hanno impedito, sino agli anni sessanta, una durissima campagna di stampa contro i cosiddetti “crimini economici” conclusasi con ottantaquattro condanne a morte, quarantacinque delle quali comminate a cittadini ebrei, senza che i comunisti italiani emettessero una sillaba di dissenso. Eppure, dopo che l’Armata rossa il 27 gennaio 1945 ha liberato il campo di Auschwitz, l’antisemitismo sovietico, nell'immaginario collettivo, rimane in penombra. Da qui la libertà delle sinistre di attestarsi su posizioni filo palestinesi senza subire le interdizioni che invece incombono sul lato destro dello schieramento politico. Quelle tesi, dapprima emarginate, hanno trovato un riscontro il 28 novembre scorso, nello storico pronunciamento dell’Assemblea generale dell’Onu che, grazie al voto favorevole di 130 paesi, ha riconosciuto la Palestina “stato osservatore non membro”. Status che le consente di chiedere al Tribunale penale internazionale di indagare su eventuali crimini commessi da Israele nel conflitto che si trascina da decenni. Eventualità che non scalfisce il governo Netanyahu che ha annunciato la realizzazione di tremila alloggi, tra Gerusalemme est e la Cisgiordania, da destinare ai coloni. Un'iniziativa provocatoria che ha suscitato l'irritazione persino della Casa Bianca. Continuare a sostenere una politica a vocazione colonialista, alla luce dei nuovi eventi, significa non soltanto porsi al di fuori dell'ordinamento internazionale, inseguendo un velleitario isolamento, ma anche favorire l'avanzata delle formazioni fondamentaliste. Fini e Cicchitto sono gli unici a non averlo capito. Alessio Aschelter
a svolta “autocratica” del presidente egiziano, Mohamed Morsi, sta rivelando dei risvolti preoccupanti. Il 15 Dicembre è stato indetto il referendum che deciderà se la nuova costituzione avrà o meno diritto ad esistere. La tensione non accenna a diminuire. Fino ad oggi il mondo ha assistito alle proteste dell’opposizione , scaturite in violenti scontri con la polizia o con i militanti dei Fratelli Musulmani. Centinaia sono stati i feriti. Ma poca rilevanza è stata data alle ultime manifestazioni organizzate a favore del governo. In 200.000 sono scesi in piazza armati di Corano e di slogan filo-presidenzialisti. Si allarga la forbice della spaccatura all’interno della società egiziana. Anche tra Occidente e Medio Oriente aumenta il divario delle opinioni. Europa e America sono unanimi nell’additare Morsi come “il nuovo faraone”. La svolta “dittatoriale” che ha preso il suo governo è palesemente contraria ai principi che noi occidentali vorremmo vedere attecchire in quella parte di mondo. Ma la situazione che si profila nelle nazioni in cui è passato il vento rivoluzionario parla diversamente. L’Egitto non è il solo ad attraversare un momento così importante di crisi politicosociale. Sono mesi che la Tunisia è in fermento. A Siliana, regione nel centro del paese, i manifestanti chiedono le dimissioni del governatore. Anche a Kef e Bargou si sono verificati gravi disordini. Ma ora le proteste più pressanti si rivolgono verso il governo centrale. A due anni dalla rivoluzione, l’instabilità politica nel paese si fa sempre più pesante e sono mesi che la riappacificazione diventa un sogno sempre più lontano. Il governo, anche qui,
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ha preso una piega islamista, ponendosi in chiara contrapposizione con i laici. Insomma una fotocopia di quanto sta accadendo in Egitto. E la lista dei paesi in difficoltà non finisce qui. Da quando la NATO ha sconfitto Gheddaffi non si osa più parlare della Libia, che ormai è diventata il paradiso del traffico di armi e del fondamentalismo islamico. Uno dei più importanti gruppi estremisti è Ansar-alSharia, che trascorre il suo tempo vendendo armi ai fondamentalisti in Mali e in Egitto. Secondo un ultimo rapporto della CIA, questa fazione di fanatici islamici ha stretto rapporti con AQMI (Al Qaida per un Maghreb Islamico), un gruppo qaidista molto attivo nel Maghreb e nel Sahel. Sempre secondo l’intelligence ameri-
Per qualche giorno il presidente russo si è mostrato claudicante e malandato
Svaniti i dubbi sulla salute di Putin Tutto faceva pensare ad un incidente sportivo, ma le paure sono state dissipate dalla visita in Turchia. L’uomo più importante e controverso di Russia adesso si prepara per altri viaggi in India, Belgio e Turkmenistan. er diversi giorni la Russia è stata avvolta da un alone di mistero e per qualche attimo l’Occidente ha potuto assaporare qualche amaro revanscismo di URSS. Correva voce, infatti, che il presidente russo, Vladimir Putin, fosse malato o addirittura moribondo. Il Cremlino ha negato tutto, ma sicuramente qualcosa bolliva in pentola. Che si fosse trattato di una caduta da cavallo o di un brutto colpo subìto in un incontro di judo (come suggerisce il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko), Putin ha comunque dovuto rinunciare ad un importante incontro con il premier giapponese, Yoshiniko Noda, e in più di un’occasione si è mostrato claudicante e malandato. Non proprio l’immagine che il presidente vorrebbe dare di sé, data la sua passione per gli sport più virili. Ma ben presto i dubbi hanno cominciato a dissiparsi. Proprio in questi giorni, Putin sta visitando Istanbul, dove deve accordarsi con il Recep Tayyip Erdogan su delicate questioni, quali il conflitto siriano, o l’invio di missili “Patriot” diretti verso le basi NATO in territorio turco. I due paesi stanno attraversando un momento di gelo diplomatico, proprio a causa della guerra civile siriana. Alcuni manifestanti sono scesi in piazza, scandendo slogan antiPutin, protestando contro la sua presenza e contro le sue politiche filo-Assad. Nonostante ciò, il presidente russo si fa avanti, debellando molti dubbi sulle sue condizioni di salute. I prossimi viaggi prevedono mete quali l’India, il Belgio ed il Trukmenistan. Non proprio il calendario di una persona malata. F.Ca.
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cana, è stata questa fazione a cundurre l’assalto al consolato di Bengasi, in cui sono rimaste uccise 4 persone tra cui l’ambasciatore americano Christopher Stevens. Si ritiene che siano circa 1.700 i gruppi armati in Libia, la maggior parte dei quali sembra che siano affiliati a fazioni islamiche estremiste. Lo Stato non riesce a fare nulla per contrastare queste bande armate, tanto che la città di Darma è sotto il completo controllo dei fondamentalisti di una delle tante sette islamiche. A quanto pare, dalla Primavera Araba, contro ogni aspettativa, ne sono scaturite solo “infuocate” stagioni, che nulla hanno a che vedere con libertà e democrazia. Federico Campoli
Erdogan alza i suoi F-16 come monito per Assad
Siria, alta tensione con Libano e Turchia I ribelli siriani hanno ingaggiato degli scontri a fuoco con i militari libanesi. Intanto, Damasco rassicura il mondo: no alle armi chimiche. Giornate cariche di tensione per la Siria. Damasco ha bombardato una cittadina sul confine turco, Ras al-Ain, dove alcuni terroristi si sono arroccati. Ma l’eco delle bombe siriane ha infastidito Erdogan, che ha subito dato ordine ai suoi F-16 di levarsi in volo. Un monito per Assad a non sconfinare sul territorio turco, onde evitare che la situazione degeneri. La Turchia ha già richiesto l’invio di alcuni missili “Patriot”, che la NATO gli fornirà entro breve tempo. Contro la spedizione di armamenti militari si è espressa decisa la Russia. Intanto, il sangue non smette di scorrere. Le battaglie più aspre continuano a combattersi intorno a Damasco e ad Homs, dove l’artiglieria siriana martella incessantemente gli insorti. Sale la paura anche per l’eventuale utilizzo di armi chimiche da parte del governo siriano, che potrebbe rivelarsi il “via libera” all’entrata in azione degli americani. Ma il presidente siriano, Bashar al-Assad, ha già smentito le voci, dichiarando che non verranno utilizzate armi chimiche. In particolare, il Ministro degli Esteri siriano ha ribadito che “in nessun caso verrà usato l’arsenale chimico contro il popolo”. Intanto il conflitto si trascina dietro altri vicini di casa. L’esercito libanese è rimasto coinvolto in un conflitto a fuoco con i ribelli siriani, al confine tra i due paesi. Gli scontri sarebbero iniziati quando i libanesi hanno scorto nel proprio territorio alcune pattuglie di insorti. I terroristi avrebbero aperto il fuoco per primi, per evitare che i militari si avvicinassero. F.Ca.
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Italia DA ROMA
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Martedì 4 dicembre 2012
Nonostante la mobilità sostenibile non sia mai stato il suo forte
Alemanno s’accontenta della Formula 1 elettrica Dopo aver a lungo inseguito il sogno del Grand Prix il sindaco presenta la corsa delle auto ecologiche di Ugo Cataluddi lla fine il nostro sindaco ci è riuscito e avrà il suo gran Premio cittadino. Bolidi super tecnologici sfrecceranno tra le meraviglie architettoniche della capitale per contendersi il primato. Solo che non saranno le canoniche vetture guidate dai vari Alonso, Vettel o Hamilton, bensì si tratterà di auto elettriche del Fia Formula E Championship. Per una strana legge del contrappasso quindi, le auto sostenibili, intorno alle quali il governo capitolino non è riuscito a creare delle politiche serie e di lungo raggio, permetteranno ad Alemanno di veder realizzato, almeno in parte, il suo sogno di creare nella città eterna un circuito automobilistico, dopo l’accantonamento del progetto Formula 1 di un anno e mezzo fa. “Siamo di fronte a uno strumento potente per far crescere la mobilità sostenibile, un messaggio molto forte per la città di Roma che può parlare ai giovani”. Queste le prime parole del primo cittadino, che ha tenuto a rassicurare tutti circa l’im-
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patto relativo che il progetto potrebbe avere sull’ambiente e sul territorio: “Il circuito è interessante e per il giorno della gara non c’è nessuna edificazione fissa, bensì mobile. Siamo orgogliosi – conclude Alemanno - di essere i primi in Europa a candidarci: è un grande segnale di modernità”. L’iter per presentare la formale candidatura non prevede il vaglio del Consiglio comunale ma basterà la semplice approvazione della Giunta e delle soprintendenze che comunque “hanno già dato parere positivo”. A presentare il percorso, che si snoda lungo le Terme di Caracalla a due passi quindi da Colosseo e Circo Massimo, sono intervenuti, oltre che il sindaco Alemanno anche l’ex team manager della Ferrari Jean Todt, ora presidente Fia e Alejandro Agag, Ceo di Formula E Holding. Il Campionato mondiale tutto all’insegna della velocità e della tutela ambientale, partirà nel 2014, ad ospitarlo saranno le principali metropoli europee ed extraeuropee. Roma è una delle prima ed essersi candidata.
Bancomat e tritolo liquido Esplosivo per svuotare gli sportelli automatici di tre banche Colpite filiali a Tuscolano, Axa e Cassia: rubati 80 mila euro
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re colpi messi a segno in una notte da un gruppo di banditi che ha fatto saltare in aria due casseforti di bancomat e la cassa continua di un supermercato. Tutti colpi ravvicinati ed eseguiti in pochi minuti. E’ avvenuto a Roma in tre diversi quartieri: Tuscolano, Axa e Cassia. Il bottino totale ammonta a 80 mila euro.. Poco dopo le tre di notte è avvenuto il primo colpo in una banca all’Axa dove l’esplosione, provocata dal tritolo liquido, ha mandato in frantumi le vetrate dell’agenzia. L’esplosivo ha fatto subito il suo effetto facendo sbriciolare il bancomat. Poi è stata la volta di un’altra banca nel quartiere Tuscolano. Infine è stato preso di mira un supermercato Todis sulla Cassia intorno alle 5 del mattino. La tecnica? Sempre la stessa. Gli assalti sono stati fulminei e portati a termine con determinazione. Nessun dubbio che si tratti di professionisti: le banconote non sono state rovinate dall’esplosione. La banda dei dinamitardi agisce nel fine settimana, quando le casseforti di bancomat e supermercati contengono più contanti rispetto ai giorni feriali. Ed è sempre inutile l’intervento delle forze dell’ordine perché i banditi fuggono con un’Audi dal motore modificato che semina facilmente le “vecchie” volanti.
Oramai, è un fenomeno che si verifica spesso nei quartieri romani. Era da tempo, però, che la banda dei dinamitardi non effettuava una serie di colpi così ravvicinati. L’ultima volta avvenne nell’aprile del 2011, quando un “commando” fece esplodere le casse continue di banche e supermercati portandosi via un bottino di decine di migliaia di euro. P. S.
Il progetto
Bandiere a scacchi Nel 2014 un circuito cittadino che si snoda attorno alle Terme di Caracalla ospiterà la gara, figlia minore del famoso “Circus” La Sovrintendenza ha dato l’ok, ora basterà una delibera di giunta
IL CASO DELL’ADOLESCENTE DEL LICEO CAVOUR
Quindicenne suicida “Non fu omofobia”
stigazione al suimai pensato che Ancidio: il pm Polidrea fosse omosesferno ed il prosuale, né che avesse curatore aggiunto Laricevuto maltrattaviani hanno deciso di menti a scuola per i cambiare in questi Gli inquirenti accantonano la pista suoi orientamenti. termini il capo di imQuel che è certo è putazione sul fasci- iniziale: ora indagano per istigazione che il ragazzo si è tolcolo dell’inchiesta rito la vita stingendosi di Paolo Signorelli guardante il 15enne una sciarpa al collo romano che si è tolto la vita in casa il 20 nonelle poche ore in cui era rimasto a casa da vembre, impiccandosi. Al momento comunque solo. Nessun segnale di crisi sino a quel monon ci sono indagati. mento. Invece, proprio in quelle ore, la traE’ stata così abbandonata, per il momento, la gedia. precedente pista dell’omofobia. Come è Oltre al genitore del ragazzo sono state sentite stato chiarito più volte, i pantaloni rosa, in alcune persone vicine ad Andrea, gli inseorigine bianchi poi scoloriti, erano stati usati gnanti del liceo Cavour, alcuni compagni di solamente a carnevale. classe e soprattutto la madre dello studente, Quanto allo smalto sulle unghie, sembra fosse che nei giorni scorsi ha rilasciato alcune inun’abitudine per eviterviste parlando di tare di mangiarsi le suo figlio e dei preunghie. sunti maltrattamenti Il padre del ragazzo, che avrebbe riceconvocato in procura vuto all’interno della la scorsa settimana, scuola. Nei prossimi ha spiegato al pm di giorni verranno senaver capito ben poco titi altri compagni di riguardo i motivi che classe ed alcuni cuhanno spinto il figlio gini. a togliersi la vita. E’ possibile che AnL’uomo ha, insomma, drea vivesse una cridefinito il comportasi più grave di quella mento del figlio “un che i suoi genitori gesto incomprensiavevano percepito bile”. Inoltre, ha didopo la loro sepachiarato di non aver razione.
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Italia DAL LAZIO
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Martedì 4 dicembre 2012
Parla il consigliere regionale e responsabile nazionale del partito
Verso il voto
Buonasorte: “Vogliamo un nuovo centrodestra” “A differenza di chi è in Parlamento ormai da 30 anni il nostro leader rappresenta ancora una forza fresca” di Giuseppe Sarra opo aver organizzato il corteo dei 20 mila del 3 marzo, ad una settimana dalla manifestazione di Francesco Storace a Roma, Roberto Buonasorte, responsabile nazionale dell’organizzazione e consigliere regionale nel Lazio del partito, spiega al “Giornale d’Italia” come il popolo de La Destra si sta mobilitando per l’evento. Tra pochi giorni Roma ospiterà la manifestazione di Storace. Come prosegue la mobilitazione del popolo de La Destra? Con tanto entusiasmo e soprattutto con tanta voglia di partecipazione, una parola, questa, che sembra essere scomparsa dal dibattito politico del centrodestra. Ci saranno delegazioni provenienti dalle province della nostra regione e saranno presenti anche dei gruppi provinciali di regioni limitrofe. Una festa di popolo. Che vuole dimostrare il proprio radicamento territoriale. Come si sta organizzando la federazione provinciale del partito? In qualità di segretario provinciale devo ringraziare i nove coordinatori delle macro aree che compongono la provincia di Roma, perché hanno saputo trasmettere a livello locale la giusta tensione ideale; per far comprendere l’importanza di questo momento: dall’imprenditore all’operaio, dallo studente alla massaia, dal disoccupato all’artigiano. Girando il territorio, si respira una grande voglia di destra. Ci racconti i primi due anni e mezzo di amministrazione regionale. Due anni e mezzo vissuti intensamente, nei quali abbiamo dimostrato grande lealtà alla coalizione. Avevamo più di un motivo per fare qualche “sgambetto”, se si pensa al fatto che non ci hanno concesso il posto nel listino, non ci hanno voluto in quel famoso Ufficio di Presidenza (in cui ormai tutti sono a conoscenza di cosa si combinava...). Invece no! Sempre i primi ad entrare in aula, gli ultimi ad uscire. Mai un ricatto, minacciando di far saltare il numero legale, queste cose le facevano altri. Noi siamo persone serie. Quali sono stati i provvedimenti di cui siete orgogliosi? Sicuramente la mozione che
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prevede, nel Lazio, la sperimentazione del metodo Zamboni per i malati di sclerosi multipla. La legge sul mutuo sociale, l’istituzione della banca del tessuto ovarico e la battaglia per decretare lo stato di calamità del settore agricolo. Sono temi di destra, sociale e popolare. La Destra è in continua crescita su tutto il territorio nazionale. Come mai? Perché è diventato l’unico punto di riferimento nella vasta area del centrodestra, oramai allo sbando. A tal proposito è significativo che un partito, non ancora presente in Parlamento, riesca ad attrarre così tante simpatie. Un solo esempio: La Destra è presente nei consigli regionali del Lazio, della Sicilia, dell’Abruzzo e da ieri, con l’adesione del consigliere Franco Baritussio, anche in Friuli Venezia Giulia. Dunque, oggi, circa 20 milioni di italiani hanno la possibilità di apprezzare e di essere rappresentati dall’azione politica portata avanti da La Destra. Quali sono le battaglie che state portando avanti? Invitiamo tutti i lettori de “Il Giornale d’Italia”, a collegarsi al sito de La Destra (www.ladestra.com) per scaricare e diffondere un semplice oposculetto: il manuale della sovranità. Dentro vi sono le nostre battaglie. Da lì deve ripartire il popolo e riappropriarsi della propria dignità. “Un militante nelle istituzioni”, così la definiscono i simpatizzanti de La Destra. Come mai? Basta cliccare sul mio sito (www.buonasorte.it), scorrere le immagini, la biografia, i video e dà lì si capisce il perché. Una vita contro corrente, così come reciterà lo slogan della mia campagna
Roberto Buonasorte, responsabile nazionale dell’organizzazione e consigliere regionale nel Lazio elettorale, che non è iniziata quando la Polverini si è dimessa, ma il giorno che sono stato eletto; perché per un politico serio la campagna elettorale inizia il giorno dopo la conclusione di quella precedente. Secondo lei, Storace dovrebbe candidarsi come sindaco di Roma o governatore del Lazio? Quanto è importante per la destra italiana? Storace ha ricoperto il ruolo di presidente della Regione Lazio, il ministro della Salute, il presidente della Vigilanza Rai e possiamo dire che in ognuno di questi ruoli ha lasciato il segno. Nella commissione della Vigilanza Rai si è battuto per la pluralità dell’informazione, da ministro per la riduzione dei prezzi dei farmaci, da presidente di Regione ha aperto gli ospedali, si è battuto per
Treni “vietati” ai disabili ecluso nel suo comune per non poter prendere il treno. E’ quanto accade ad un disab ile di Monte San Biagio e ce lo racconta Emilio Perroni, segretario provinciale di Latina de La Destra. “Nel luglio del 1993, la Commissione Europea, in accordo con le Nazione Unite, ha istituito per il 3 dicembre la Giornata Europea dei Portatori di Handicap. Purtroppo – spiega Perroni - le fasce sociali più deboli sono sempre quelle più penalizzate da scelte politiche locali, nazionali ed internazionali. Infatti – prosegue - nella stazione ferroviaria di Monte San Biagio, per via dell’ascensore fuori uso e della presenza di insormontabili barriere architettoniche, ancora oggi un disabile non può recarsi a Roma oppure a Napoli con il treno. Una vera ingiustizia. La Destra – continua - che del sociale fa prerogativa primaria, combatterà senza sosta contro questa intollerabile discriminazione, per permettere a chiunque di potere accedere ai servizi essenziali di un Paese che deve essere civile non solo a parole, ma nei fatti”.
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La Destra si mobilita Si avvicina l’appuntamento di domenica prossima: il 9 dicembre al teatro Olimpico di Roma Francesco Storace svelerà le proposte del suo movimento per la nazione
la libertà di cura (metodo Di Bella), contro la faziosità dei libri di testo, per gli anziani con la carta senior, l’istituzione del Giorno del Ricordo (Foibe) e potremo continuare molto a lungo (…). Storace a
differenza di Fini, Casini e D’Alema, che sono in Parlamento da trent’anni, lo è stato soltanto per otto anni. Dunque rappresenta ancora una forza fresca da offrire alla popolazione, a qualsiasi livello. Una
cosa è certa. Per ora sta contribuendo dal ruolo di direttore responsabile al rilancio de “Il Giornale d’Italia”.Da domenica gli italiani sapranno cosa può e possiamo offrire al nostro popolo.
VERSO LE REGIONALI: IL TERMOMETRO POLITICO
Corsi e... ricorsi
ieci febbraio? momento il nome Sì, salvo comnuovo sembra quello plicazioni. di Renata Polverini: Ovviamente la deci- Tornano grandi nomi, ma anche ovviamente è un sione di portare il nome "nuovo" tra virnumero dei consi- il pericolo di contenziosi sul voto golette, ma in merito di Robert Vignola glieri regionali da al fatto se la ridieleggere da settanta scesa in campo della a cinquanta porta con sé, grazie ad una non donna di Città Nuove sia o meno una bouparticolarmente brillante gestione dei decreti tade, qualche idea in più si avrà forse già sulle elezioni da parte del Viminale, il perioggi. Salgono le quotazioni di primarie di colo di contenziosi sul voto nel Lazio. I soliti coalizione, e probabilmente potrebbe essere ricorsi al Tar infatti potrebbero rimettere tutto questa una formula particolarmente adatta in discussione. Una folta schiera di consiglieri per il Lazio, laddove il Pdl non ha sicuramente è già sul piede di guerra per contestare un granché "autorevolezza", in questa fase poliprovvedimento che “sarà sicuramente imputica, per imporre nomi, né per impedire gnato – come afferma Donato Robilotta (Pdl) consultazioni preliminari all'ampio elettorato - perché sulla normativa statale prevale quella di area. Intanto Gilberto Casciani, consigliere statutaria”, gli fa eco anche il capogruppo alla della Regione Lazio e presidente di Ecla Pisana di Sel, Luigi Nieri che a suo dire il (Federazione Europea delle Liste Civiche), a decreto “presenta evidenti profili di incostitumargine di un Convegno organizzato da zionalità”. A tal proposito, però, entra in gioco decine di Associazioni sul ruolo che esse anche la dichiarazione di Francesco Storace: svolgono nella società civile, ha voluto dire la il consigliere regionale uscente, e uomo forte sua. "Faccio mio l'appello dell'amico e collega della scena politica del Lazio, auspica un Francesco Storace, affinché entro domenica il "gentlemen agreement" per evitare odiose centrodestra indichi il nome del candidato. ripetizioni del voto. "Sono i ricorsi contro la Forse finora si è perso troppo tempo: salvo riduzione dei costi della politica ad avveleeventi eccezionali - prosegue - i prossimi 10 e nare le elezioni regionali. La sinistra non 11 febbraio andremo a votare per il rinnovo del ricorra contro la riduzione di ben 20 consiConsiglio Regionale del Lazio, un consiglio per glieri della Pisana. Altrimenti si capisce chi è il quale dobbiamo immediatamente indicare che ha brigato per evitare la riduzione dei chi sarà il nostro candidato Governatore del parlamentari nazionali. Credo che Zingaretti Lazio, senza se e senza ma. Ce lo chiedono i debba avvisare i suoi alleati minori. Oppure li milioni di elettori verso i quali dobbiamo un escluda dalla sua coalizione: il vino della segnale di trasparenza e certezza, perché le Tuscia è esaurito". elezioni sono imminenti e il popolo di centroTiene però banco, soprattutto a centro-destra, destra deve conoscere il candidato e il la questione delle candidature. In questo programma da votare".
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Italia DAL NORD
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Il consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia aderisce a La Destra
Baritussio torna a casa e riabbraccia Storace
Impossibile difendere nel Pdl le tradizioni della politica sociale – Più facile ora essere vicini agli elettori di Barbara Fruch e mie radici sono queste. È questa la frase che utilizza Franco Baritussio per spiegare la sua scelta di entrare tra le fila de La Destra. A pochi giorni dalla sua iscrizione al partito diretto da Francesco Storace il consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia motiva le ragioni del suo gesto che l’ha portato ad abbandonare il Pdl dove ricopriva la carica di vicecapogruppo in cosiglio regionale. “Quando Storace prese la decisione di staccarsi per fondare un partito a sé stante, non la vidi di buon occhio. Solo ora riesco a capire le motivazioni che lo spinsero ad agire in quel modo – afferma Baritussio – Le tradizioni della destra sociale sono state interpretate in partiti che rendevano sempre meno chiara l’applicazione dei principi. Nel tempo sono andati scemando i pilastri che dovevano sostenere i movimenti ovvero valori, coerenza e punti di riferimento. Cosa che non è avvenuta nel partito di Storace: per questo, per me sarà più facile pensare alla gente e alla difesa della specialità del Friuli Venezia Giulia dall’interno di un partito come la Destra”. Sindaco, prima che consigliere regionale, Baritussio ricorda la sua esperienza politica mettendo in chiaro quanto sia importante dialogare e confrontarsi. “Quello che manca nei grandi partiti di oggi è la spinta dal basso, non fanno altro che
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L’ingresso
Una scelta ragionata “I grandi partiti hanno ormai smarrito i pilastri che dovrebbero sostenerli: valori, coerenza e punti di riferimento. In vista delle elezioni, è necessario sostenere Tondo”
determinare la politica dall’alto eliminando non solo il dialogo ma anche la semplice vita di partito, non esistono più congressi e occasioni di confronto”. Nel criticare le scelte dei partiti leader (come il Pdl), Baritussio pone però l’accento sull’importanza del bipolarismo, e lo fa anche in vista delle prossime elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia mettendo in risalto la necessità di sostenere l’attuale presidente Renzo Tondo. “È necessario sostenere il bipolarismo, anche se le riforme elettorali che si stanno studiando a tavolino mirano sempre di più a spaccare questo sistema – afferma amaramente il consigliere regionale – La nostra collocazione più naturale è quella del centrodestra, quindi sosterremo proprio Tondo. Non è certo il caso di supportare candidati autonomisti, grillini o il centrosinistra” conclude sorridendo Baritussio. Le ultime parole le spende per i ringraziamenti a chi lo ha prima spinto ad aderire a La Destra per poi accoglierlo a braccia aperte. “Un grazie a Valerio Toneatto, segretario provinciale del partito, a Ernesto Pezzetta, segretario regionale nonché mio amico fin dai tempi in cui facevo parte dell’Msi e al dirigente Guerrino Trangoni. Infine, un grazie a Francesco Storace”. Così la Destra dopo avre messo le sue radici nella regione autonoma chiama a raduno tutti quegli esponenti che appartengono storicamente all’area politica di riferimento.
MILANO
Pisapia manda i ghisa a vigilare le tombe di Francesco Cappuccio l sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, umilia i vigili urbani. Li chiama, da qualche sabato a questa parte, a fare i custodi dei cimiteri della città. Senza offesa per nessuno. Ma. Altro che maggiori poteri, magari di repressione in una città che dall’inizio dell’anno ha visto un’escalation di omicidi e sparatorie. I ghisa, chiamati così a Milano per la lega di fabbricazione del capello che indossano, sono stati degradati. Sostituiscono i lavoratori del servizio comunale cimiteriale che si rifiutano, il sabato, di voler fare gli straordinari. A sentire questi ultimi, comunque, si tratta di rifiutare la logica del sindaco Pisapia. Quella che insiste nel mantenere sotto organico la squadra addetta al servizio. Una situazione che ha fatto infuriare i “compagni” del rosso Pisapia. Quelli della Cgil, infatti, de-
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A sinistra un “ghisa” in bici: i Vigili Urbani di Milano non sono stati esattamente “valorizzati” dal sindaco Giuliano Pisapia; a destra, Franco Baritussio: il consigliere regionale del Friuli Venezia Giulia ha ufficialmente aderito a La Destra nunciano da mesi che non vogliono lavorare sotto organico e chiedono da tempo nuove assunzioni. “C’è bisogno – dice in una nota la Cgil Funzione pubblica – almeno di altri cento impiegati. Continuare in questo modo è per i lavoratori del cimitero impossibile e non siamo disposti a sostenere a lungo questa situazione”. Dati alla mano, i lavoratori del cimitero che si occupano delle faccende, adesso svolte anche dai vigili urbani, sono rimasti poco più di duecento. Con un processo di depauperamento di dipendenti che, da sei anni a questa parte, è arrivato a decurtare l’organico per almeno un terzo dei lavoratori. Il tutto a parità di servizi da coprire. “Oltre al lavoro d’ufficio, - si legge nella nota del sindacato – i duecentodiciotto lavoratori sono chiamati a gestire l’ordinaria amministrazione,
quali i funerali, nei sette cimiteri cittadini. E garantire il funzionamento del crematorio di Lambrate e dell’obitorio civico”. Una mole di lavoro insopportabile che ha costretto gli addetti allo sciopero bianco. “Niente straordinari”. A riposare in pace anche la voglia dei cittadini di sentirsi più sicuri. A loro ha fatto un certo effetto vedere i vigili urbani passeggiare fra i vialetti, curare le aiuole, e chiudere i portoni all’orario previsto. Mentre alla stessa ora, nelle zone soprattutto di periferia, la delinquenza ringraziava. Altro che militari. Ma il sindaco Pisapia, che le divise non vuole vederle presidiare il territorio per convinzione ideologica, sui vigili urbani si è difeso invocando il Patto di stabilità. “Le norme rigide – si legge in una nota di palazzo Marino – di questo strumento regolativo non ci consentono nuove assunzioni. E le mansioni che i lavoratori non fanno il sabato, perché in sciopero bianco, devono essere espletate comunque”. When the Saturday comes, verrebbe da dire pensando ai bobbies della perfida Albione. Poteri che i vigili urbani a Milano non avranno mai anche perché, adesso, la giunta Comunale deve rispondere a
forti pressioni. “I direttori dei cimiteri – continua la nota del Comune – hanno richiesto a più riprese e con forza di sostituire chi sciopera, altrimenti si rischiava la chiusura dei cimiteri”. In futuro il sindaco di Milano sta pensando ai lavoratori delle cooperative come unità da integrare ai poco più di duecento rimasti in organico. Restano gli uffici delegati all’organizzazione dei servizi cimiteriali. Il Comune sembra intenzionato a coprire i vuoti d’organico con personale impiegato attualmente in altri settori dell’amministrazione. Per una situazione che sicuramente non porta bene alle giunte che intendono occuparsene. La precedente amministrazione, quella guidata da Letizia Moratti, provò a mettere mano alla faccenda. Ipotizzando l’intervento di un soggetto privato che potesse occuparsi degli stessi servizi. Nei corridoi di palazzo Marino si ricorda ancora che il numero infinito di riunioni intavolate dall’ex sindaco venne interrotto dall’intervento della magistratura. Quando nel febbraio del 2009 accusò due funzionari del Comune di favorire, in cambio di tangenti, ditte di onoranze funebri.
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Martedì 4 dicembre 2012
Italia
DAL CENTRO E DAL SUD
La sconcertante vicenda di due giudici-amanti di Trani: ne sono protagonisti, il Gip Maria Grazia Caserta ed il pm Michele Nardi. E i veleni diventano pubblici
La storia Flirt in tribunale
La gelosia è uguale per tutti Quando la violenza è donna (e pure magistrato): dispetti, ricatti, borsettate ed sms inquietanti: entrambi adesso rischiano il processo per stalking a collera è crudele, l’ira impetuosa; ma chi può resistere alla gelosia? Era il 5 febbraio del 2012, quando il quotidiano “Il Giornale”, riportava la seguente notizia: Trani; botte e minacce tra giudici”. E’ passato quasi un anno e gli sviluppi hanno dell’incredibile. Le indagini sono chiuse e l’ex gip di Trani, Maria Grazia Caserta, verrà rinviata a giudizio. La Procura di Lecce, le contesta i reati di lesioni personali e stalking (art. 612 bis) per “l’asfissiante caccia all’uomo scatenata nei confronti del collega, il pubblico ministero Michele Nardi”. I comportamenti del Gip secondo il Csm (Consiglio superiore della magistratura) hanno creato vergogna e imbarazzo nell’immagine della magistratura”. Aggressioni e sms - “Maria Grazia Caserta - secondo il collega che l’ha denunciata - sarebbe piombata in un ristorante di Sassari senza preavviso: “Mi ha prima strattonato - afferma Nardi - E poi mi ha preso a calci e a pugni davanti a tutti i presenti. Mi ha infine apostrofato con i seguenti epiteti: figlio di puttana, stronzo, merda. Come se non bastasse, mi ha colpito con una borsettata in piena faccia: sono caduto, privo di sensi, in una pozza di sangue”. La famosa “borsettata”, costò al pm 17 punti e 70 giorni di prognosi. Successivamente, Nardi venne tempestato da sms inquietanti: “Tanto ci penseranno altri a fartela pagare. I tuoi figli sono merde come te”. Per poi continuare: “So cose su di te con cui posso schiacciarti come un verme. Stai attento e pensa a non far ingravidare tua figlia da un delinquente come te”. Per poi incalzarlo: “Non smetterò di respirare finche non ti avrò visto nel fango. Pagherai caro e non per mano mia. Aspetteremo di vedere il fiorellino che hai a casa (la figlia di Nardi, che ha solo 11 anni) da quanti sarà colto”. Per poi concludere: “Devi crepare”. Testimoni oculari - Nell’esposto che ha originato l’inchiesta, Nardi fa sempre riferimento con nomi e cognomi a testimoni oculari: la maggior parte, colleghi e dipendenti del tribunale di Trani. I motivi - I due magistrati - per ammissione di entrambi - erano
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amanti da diverso tempo. I rapporti si sarebbero incrinati dopo che Nardi prese la decisione di lasciarla. La controquerela - Ma la gip, Maria Grazia Caserta, offre un’altra versione dei fatti. Evidenziati nella controquerela avanzata ai carabinieri di Trani, nei confronti proprio dell’ex amante: “Dopo che l’ho lasciato - dice - ha iniziato a minacciarmi: Mi tempestava di sms. Mi diceva che mi avrebbe distrutto. Mi ha aggredito, verbalmente e fisicamente”. Registro degli indagati - Per queste accuse, Nardi è finito nel
registro degli indagati e anche lui, ora, rischia il processo. Trasferimento - Maria Grazia Caserta, invece, ha dovuto lasciare la Puglia: “In quanto le condotte contestate - scrive il Csm - appaiono sintomatiche di una carenza di equilibrio”. Altre sorprese - Il fascicolo, in mano alla Procura, potrebbe però riservare altre incredibili sorprese: le indagini, questa volta nei confronti di Nardi, continuano. Ulteriori colpi di scena, non sono esclusi. Federico Colosimo
L’ AQUI LA : S I S M A G I UD I ZI ARIO IN PROVINCIA
T R A S P O S P O R T I : D I S A G I I N C A M PA N I A
Ricostruzione: tre arresti
Autisti si danno malati in massa paralisi dei trasporti a Napoli
mbre sulla ricosocietà di impianti tecstruzione de nologici con sede a FogL'Aquila riprendogia, Franco Rossano Pano ad allungarsi dopo lazzo. Il dirigente Specchio è stato portato nel l'operazione scattata ieri ad opera della Guardia La Finanza scopre illeggittimità carcere di Teramo, mentre gli altri due sono agli di Finanza. Le Fiamme nell’affidamento degli appalti arresti domiciliari. Gialle del Nucleo di PoSecondo quanto reso lizia Tributaria del canoto dalla Finanza, i provvedimenti sono stati poluogo abruzzese hanno arrestato tre peremessi nel corso di una complessa ed artisone: corposi i capi d'imputazione, visto che colata attività investigativa orientata ad acdovranno rispondere di corruzione, truffa certare illegittimità nelle procedure di affiaggravata per il conseguimento di erogazioni damento degli appalti assegnati dall'Ammipubbliche, peculato, abuso d'ufficio e falso nistrazione Provinciale di L'Aquila nell'ambito ideologico in atti pubblici. delle opere di messa in sicurezza post sisma L'inchiesta è arrivata nel cuore delle istituzioni, e in particolare della Provincia de L'Aquila. delle scuole abruzzesi (fuori cratere) di AvezTra i tre arrestati c'è anche il direttore generale zano e Sulmona, nonché nella gestione di della Provincia, Valter Angelo Specchio, oltre beni e denaro pubblico, spiega la Gdf, ''in al procuratore speciale di una impresa di modo personalistico e dispersivo, a fini di costruzioni con sede a Cagliari, Giancostantino vantaggi personali''. Pischedda, e al legale rappresentante di una Barbara Fruch
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Un milione di utenti in crisi e oltre dueila posti di lavoro a rischio on migliora di certo la situazione dei trasporti pubblici in Campania. Dopo le proteste delle ultime settimane, i dipendenti della Sepsa, la società che gestisce numerose ferrovie locali nell'area napoletano, hanno scelto la strada di una dura ed "ufficiosa" protesta: si sono messi in malattia in massa. Ragion per cui, ieri alle falde del Vesuvio si è vissuta una giornata tragica. Decine i treni rimasti fermi sulla Cumana e sulla Circumflegrea, disagi anche su altre tratte quali la Circumvesuviana e la Metro Campania Nordest. Una nota del sindacato autonomo Orsa smentisce che la causa della paralisi sia uno sciopero asserendo che "dopo le ore 8, il servizio ferroviario è stato interrotto, non in seguito ad agitazioni del personale o a scioperi più o meno occulti, ma perché, come dice il Dirigente Regolatore, non c'erano
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treni atti a circolare". Ma sembra decisamente una comunicazione tattica. Il fatto è che le malattie di massa si sono verificate sempre più spesso negli ultimi tempi, e se ci si aggiunge che, con il Natale alle porte, la Sepsa non ha ancora corrisposto gli stipendi del mese scorso, si disegna un quadro eloquente e che non ha bisogno di troppe spiegazioni. Peraltro anche l'Anm, che gestisce le linee di trasporto urbano a Napoli, ha comunicato che il servizio viene assicurato con 250 autobus in meno, pertanto numerose linee risultano sospese o ridotte a causa di un susseguirsi di carenze e guasti alle vetture, la cui manutenzione è sempre più difficile a causa della mancanza di risorse economiche. Al momento non è prevedibile il potenziamento del parco bus, in servizio ne restano meno di
350 (ma ne servirebbero cento in più). Insomma, che la mobilità in Campania sia al fallimento è evidente. Le aziende di trasporto su gomma e su ferro sono al collasso, tanto da aver ridotto il servizio anche oltre il 51% rispetto agli anni precedenti, e si calcolano all'incirca 130 milioni di disavanzo complessivo. I posti di lavoro immediatamente a rischio sono già oltre 2mila. Ma potrebbero essercene molti altri. Da inizio anno sono fallite due società – Acms di Caserta ed Eav Bus (Napoli) – e per una terza – la Cstp di Salerno – è in corso una procedura di liquidazione. Ma la crisi è generale, ad essere colpiti infatti sono tutti i cittadini: in totale infatti oltre un milione di utenti del trasporto pubblico ogni giorno subisce secondo le statistiche disservizi da terzo mondo. Bruno Rossi
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Martedì 4 dicembre 2012
Cultura
Il musicista e compositore Armando Trovajoli si racconta in un’intervista a Repubblica
A novantacinque anni, una ‘Tosca’ più gentile “Chissà, forse avrei potuto essere un buon pianista, mi sarebbe piaciuto. Ma le mie mani sono orribili, da impastatore di salsicce, ironizza il Maestro. Sue le musiche di commedie musicali come: ‘Rugantino’, ‘Ciao Rudy’ ed ‘Aggiungi un posto a tavola’ Solo la musica mi fa sentire ancora bambino”. Eppure così bambino non è. Novantacinque anni, compiuti a settembre. Un grande della musica italiana. Armando Trovajoli, pianista e compositore eccellente. Con un’eccessiva modestia , si racconta in un’intervista a Repubblica: “Sono un uomo di poche parole e poca cultura. Lavoro. È così che inganno i miei giorni, nascondendomi alla morte. La morte, un nome grosso, diciamo nascondendomi all’ineluttabilità dei miei anni. Ogni giorno che passa è un punto a favore. Per ingannare il tempo che vola io scrivo musica.” Ad un uomo della sua età si è soliti non chiedere i progetti per il futuro. Eppure lui, come tutti i grandi, non smette di pensare e comporre. “Ho rivangato e sto portando a termine un vecchio progetto: trasformare il film che Gigi Magni trasse dalla “Tosca” nel ’73, con la mia colonna sonora, in un musical per il teatro. L’ho arricchita con molte parti nuove, nuove scene, nuovi pezzi, coreografie e cose varie. Ora sono al punto di iniziare la strumentazione, la partitura. Ci lavoro da molti mesi, ed è stato impegnativo poiché ho dovuto e voluto inventare qualcosa che rendesse più leggero, diciamo più gentile, la vicenda di ‘Tosca’, che di per sé è un po’ lugubre. Un mattone sullo stomaco”. Una cosa da niente, insomma. Un’opera meravigliosa potrebbe approdare presto a teatro ma il problema è: chi potrebbe interpretarla? “Nessuno” ri-
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sponde categorico a Laura Laurenzi, la giornalista che lo sta intervistando. Trovajoli rincara la dose: “Per fare la ‘Tosca’ a teatro bisogna avere degli attori che oggi non ci sono più: nel cast del nostro film c’era Gassman, c’era Monica Vitti, c’era Gigi Proietti, c’era Aldo Fabrizi. Oggi, a quarant’anni di distanza, non ci sono attori in grado anche di cantare paragonabili a loro, a parte il bravissimo Proietti”. Continua, provocatoriamente, indicando come preferiti, tre grandi cantanti, tre su quattro ormai defunti: “Frank Sinatra. E tra le donne Barbra Streisand, Whitney Houston ed Ella Fitzgerald”. L’argomento centrale resta sempre la musica, che il Maestro identifica con il segreto per non invecchiare. Un elisir di eterna giovinezza. Ed aggiunge: “La musica è una fonte inesauribile di infantilismo. Io credo che chi fa musica è sempre un bambino. Io ho novantacinque anni ma penso come se ne avessi sei. Perché abbiamo un altro mondo dentro: un mondo che suona, un continuo carillon, una continua ninna nanna che però non ti addormenta, ma è un accompagnamento, una nenia che ti culla per il resto dei tuoi giorni». Impossibile sottrarsi: «Nasci con questo suono dentro che non ti lascia mai. Anche nei momenti più disperati, e ne ho vissuti vari, ho seguitato a tirar fuori la musica, a scriverla. In uno dei momenti più bui della mia vita, in cui mi sarei addirittura sparato, ho scritto ‘Ciao Rudy’.” Carola Parisi
DEBUTTA QUESTA SERA AL QUIRINO DI ROMA, LO SPETTACOLO DAL FILM 4 VOLTE OSCAR
‘The Rain Man’ a teatro
Luca Lazzareschi, porta in scena Raymond, il ruolo che valse a Dustin Hoffman la statuetta. “ Cerco di rappresentare un uomo con dei problemi, cercando di non rendere il personaggio una macchietta.” ommosse il mondo intero, guadagnandosi quattro Oscar (miglior attore protagonista, miglior regia, miglior scenografia e miglior fotografia). Un film cult del 1988, “Rain Man”. Oggi, riprende vita, in versione teatrale. Lo spettacolo debutterà stasera al teatro Quirino di Roma. Diretto da Saverio Marconi e Gabriela Eleonori, che hanno deciso di affidare il palcoscenico ad interpreti di grande calibro. Raymond, il ruolo che valse a Dustin Hoffman l’Oscar, sarà interpretato da Luca Lazzareschi, attore con un ampio repertorio drammaturgico che spazia dai classici ai testi contemporanei. Il suo è un personaggio complesso: un uomo affetto da autismo che si ritrova ad ereditare l’intera fortuna del padre. Suo fratello Charlie, commerciante di auto pieno di debiti, interpretato da Luca Bastianello, che veste i panni di Tom Cruise nel film, decide di portare via Raymond dalla clinica psichiatrica, dove era ricoverato, con lo scopo di essere nominato tutore legale e mettere le mani sull’eredità. “ Interpretare un personaggio autistico non è facile- dichiara Lazzareschi- Non ho voluto rivedere il film, per non farmi influenzare. Poi ho cercato di arrivare al testo con cautela, per rappresentare una persona con dei problemi che sono più comuni di quanto si immagini. Cerco di non rendere il personaggio una macchietta, grottesco.” Sottrarre espressioni ed intenzioni per restituire al pubblico il mondo interiore del personaggio. Lazzareschi rende toccanti anche i quasi 90 ‘sì’ del copione, pronunciati senza colore né significato. Un lavoro attoriale che ha richiesto un’importante preparazione: “ Ho frequentato anche un centro a Prato- racconta il protago-
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TORNA SUGLI SCAFFALI LA NUOVA EDIZIONE DEL LIBRO CULT DEGLI ANNI ’50, PROPOSTA, IN ITALIA, DALLA CASA EDITRICE ‘BEAT’
Senza censura ‘Da qui all’eternità’ L’opera restaurata: più parolacce, un lessico crudo e descrizioni esplicite di scene di sesso. Un libro epico. Crudo, violento e sconvolgente”, The New York Times. “Straordinario e assolutamente irresistibile… Un romanzo che avvince e commuove”, Los Angeles Times. “Un’opera geniale” Saturday Review. Sono alcuni dei commenti che arrivarono dopo l’uscita del libro “Da qui all’eternità”, uno dei capolavori della letteratura americana del XX secolo. Scritto da James Jones e pubblicato per la prima volta nel 1951, negli anni di pieno fulgore dell’America puritana; oggi, a poco più di sessant’anni dalla sua apparizione, il romanzo torna sugli scaffali delle librerie nella sua versione integrale e senza censure. In Italia, Beat lo ripropone in contemporanea con il rilancio negli Stati Uniti. L’opera, tradotta da Chiara Ujka, è stata restaurata di tutti quegli elementi che furono esclusi dal manoscritto originale: un lessico crudo e scurrile e le descrizioni di esplicite scene di sesso. Primo capitolo di una trilogia che comprende anche ‘La sottile linea rossa’, ‘Da qui all’eternità’ segue le vicende di un gruppo di soldati stanziati nelle isole Hawaii, pochi mesi prima del terribile attacco aereo sferrato dalle truppe giapponesi sulla laguna di Pearl Harbor. È la storia del sergente Milt Warden, trombettista ed ex pugile, coinvolto in una relazione clandestina con Karen, la moglie del suo capitano. Racconta la vita di centinaia di giovani americani, ritrovatisi senza prospettiva e senza un posto dove andare dopo la crisi del ’29. Quegli stessi giovani a cui l’esercito degli Stati Uniti aveva regalato il miraggio di un paradiso crudele e artificiale, viene descritta nei minimi dettagli e nei suoi più intimi risvolti, senza trascurare le tutt’altro che infrequenti pratiche omosessuali in uso tra i soldati. Stavolta senza censure. Si può rileggere questo splendido capolavoro, vincitore del National Book Award, da cui fu tratta anche una pluripremiata pellicola con Burt Lancaster e Montgomery Clift, nella versione che il suo autore cercò di proteggere a tutti i costi. C.P.
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nista- specializzato nell’accoglienza e la cura di persone affette da autismo. Mi sono confrontato con medici e psicologi. Ho raccolto materiale e poi mi sono lasciato andare all’istinto. L’attore- continua- deve fare i conti con le intenzioni del personaggio, deve capire qual è il pensiero che sta dietro una parola, un gesto. Ma Raymond esige un percorso inverso”. Un protagonista silenzioso che non esprime volontà, né emozioni. Un mondo imploso difficile da decodificare. Anche la scenografia, curata da Gabriele Moreschi, segue l’introspezione della storia. Divisa in quadrati sottolinea i dettagli, così importanti per la memoria prodigiosa della mente degli autistici. Attraverso oggetti e proiezioni, si aprono squarci onirici, che ci guidano nella testa di Raymond, svelando un mondo diverso. C.P.
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Martedì 4 dicembre 2012
Società
Accadeva vent’anni fa: in tutto il mondo si festeggia l’anniversario del primo sms
Galeotti furono gli auguri di Natale… L’inglese Neil Papworth il fautore del primo messaggio che ha rivoluzionato il modo di comunicare Short message service’, è l’acronimo di cui ieri si è festeggiato il ventesimo anniversario in tutto il mondo. Un semplice ‘Merry Christmas’ inviato da un impiegato della Vodafone al proprio datore di lavoro in occasione delle vacanze natalizie. Si chiama Neil Papworth ed è salito alla ribalta della cronaca grazie a questo gesto che vent’anni fa ebbe qualcosa di fenomenale: comunicare con poche battute e in maniera istantanea con chiunque. All’inizio solo un metodo studiato per connettere i gestori telefonici con i propri clienti grazie alla rete Gsm: l’invio non avveniva direttamente cellulare-cellulare ma pc-apparecchio. Un’involontaria rivoluzione mediatica non solo a livello tecnologico, ma anche su quello comunicativo, visto che ha letteralmente obbligato l’uomo moderno ad abbandonare la prolissità a favore del dono della sintesi seppur portandolo alle estreme conseguenze, visti gli orrori linguistici quotidiani di cui siamo spettatori e protagonisti. Solo 160 caratteri per esprimere emozioni, pensieri o inviare semplicemente informazioni:
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un veicolo mediatico di non poca importanza nell’epoca delle grandi distanze. Ad avvalorare il successo degli sms arrivano i dati registrati in tutto il mondo: nel 2000 sono stati inviati 17 miliardi di sms, 500 miliardi nel 2004 e 4.100 nel 2008. Solo in Italia invece sono stati inviati nel 2011 89 miliardi di sms all’anno: cifre ancora in costante crescita nel primo semestre del 2012 con un +8,8% ovvero 48 miliardi di messaggi inviati da gennaio a giugno. Ma i tempi in cui Papwroth decise di mandare il primo sms sono cambiati: infatti a fare concorrenza sono arrivati servizi come Whatsapp e iMessage che grazie a dispositivi di ultima generazione permettono una comunicazione continua e soprattutto a costo zero. Cambiamento che sta già causando forti ripercussioni a livello globale: solo negli Stati Uniti c’è stata una contrazione nell’utilizzo degli sms del 3% nel terzo trimestre di quest’anno. Due però sono i punti a favore dei vecchi e cari ‘messaggini’: l’universalità e l’alta garanzia di copertura. Per il primo aspetto infatti gli sms funzionano con tutti i cellulari e operatori
e permettono la loro funzionalità anche in assenza di copertura Internet: clausole che non vengono rispettate con altre forme di comunicazione che sono strettamente dipendenti
dal tipo di supporto usato( smartphone per citarne uno) e dalla copertura 3G più o meno potente che assicura la trasmissione dati. In vista di un Natale sempre più hi-tech sa-
rebbe ‘rivoluzionario’ pensare di inviare gli auguri ricorrendo a uno strumento preistorico come un semplice sms. Francesca Ceccarelli
ORMAI AL VIA LA STAGIONE NATALIZIA 2012: PRIMI PRONOSTICI IN PERIODO DI CRISI
Nuovi scenari nel paesaggio sempre più vivo dell’ e-commerce
Babbo Natale arriva sul web
Google contro tutti: arriva BufferBox
Più di 5 milioni di italiani compreranno i regali su Internet, ma solo il 4% delle aziende vende con la Rete E’ iniziato ormai il conto alla rovescia in vista del Natale “che2012: via quindi alle riesumazione di alberi e presepi presto o tardi andranno ad abbellire le case degli italiani come ogni anno. Ma stavolta qualcosa di innovativo e rivoluzionario si intravvede all’orizzonte: addio alle code interminabili fuori dai negozi o al traffico in tilt per le strade dello shopping, il consumatore italiano sceglie il web. Nonostante la crisi in corso, non si vuole rinunciare al piacere di fare i regali. Due le opzioni: ridurre il numero limitandosi ai famosi ‘pensierini’ o effettuare una ferrea selezione dei destinatari che mette al bando conoscenti e persone poco gradite. E qui arriva il web che, nonostante una contrazione dei consumi pari al 2% circa, registra una crescita in Italia nel settore degli acquisti online pari al 18 % solo nell’ultimo anno. Non più solo viaggi o musica digitale: da questo Natale gli italiani compreranno su Internet di tutto di più. Scarpe, telefoni, indumenti o addirittura menù interi da condividere con la famiglia per coloro che vittima del tran tran quotidiano si riducono ad organizzazioni last minute. Un trend in continua crescita se si guardano anche le ultime stime emerse a Milano dall’Osservatorio e-Commerce della School of Management del Politecnico: i compratori italiani su Internet sono passati da 9 a 12 milioni e le stime indicano che in vista del prossimo Natale ben 5.3 milioni di persone acquisteranno almeno una parte dei loro regali con un click. I segreti di questo boom tecnologico nella cara e vecchia Italia? La comodità e la sicurezza. La possibilità di acquistare infatti da qualsiasi luogo ci si trovi e con la garanzia di un pagamento sicuro e magari anche scontato sono due prerogative che di certo non sfuggono all’attento consumatore nostrano: grazie non solo ai computer ma anche a supporti come smartphone e tablet che ormai circolano su stime che si attestano rispettivamente su 30 milioni per i primi e 2 milioni per i secondi. Amazon, E-Bay o Last Minute.com: piattaforme ormai di normale routine anche per gli italiani che sempre più spesso decidono di abbandonare gli scomodi carrelli optando per quelli online, più comodi e ahimè più spaziosi, pena conti in rosso su carte di credito
e simili. Fenomeno irrisorio se paragonato comunque al resto del mondo: solo in Cina la piattaforma ‘Alibaba’ fattura mediamente ogni giorno più di 3 miliardi di dollari, cifra che rischia di eguagliare quelle americane se si pensa in termini di popolazione. Anche l’Europa non è da meno: nel Regno Unito si spenderanno 316 euro via web pro capite per i regali contro i 200 degli italiani. Nonostante quindi la lenta e inesorabile conversione al web anche per gli acquirenti più incalliti, resta in Italia un gap tecnologico che esclude dallo shopping su Internet sia circa 50 milioni di persone che la maggior parte delle aziende che vendono online solo nel 4 % dei casi. F.Ce.
Il colosso digitale ha deciso di ampliare le sue mire alle aziende online oogle si lancia alla conquista dell’e-commerce: il colosso americano mira dritto sull’azienda canadese BufferBox che offre a ipotetici utenti la possibilità di spedire presso i magazzini del brand ciò che si acquista online così da conservarlo al sicuro in attesa di ritirarlo con la massima comodità. Un servizio che ha da subito riscosso molto successo nei clienti di Amazon, piattaforma statunitense che ne usufruisce, catalizzando di conseguenza l’attenzione di Google. Un servizio per ora gratuito che rientra quindi perfettamente nelle grazie del motore di Jeff Bezos che punta a diventare leader anche nel campo del commercio online: solo a fine anno è in programma di tassare con la modica cifra di 3-4 dollari una prestazione che garantisce la massima tranquillità al consumatore che acquista online, dan-
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do un magazzino come punto di riferimento reale e concreto, qualora non si potesse essere presenti alla consegna del prodotto comprato. Tutt’altro che semplice aspirazione per Google se, come le voci confermano, è arrivato a sborsare 17 milioni di dollari pur di portare a termine l’affare. L’equazione Natale e crisi come stimolo per lo shopping: è il feedback che Google ha già messo in atto con l’apertura di ‘Google Shopping’ e che si appresta a completare con l’inserimento nelle sue file di BufferBox. Se con le festività gli italiani trovano difficoltà non solo in termini economici ad adempiere all’arduo compito di fare i regali, arriva il web in soccorso dei più tecnologici. Chissà se tra una ricerca Google e un’altra non si riesca a riempire quello spazio vuoto sotto l’albero, croce e delizia dei più. F.Ce.
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